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Riassunto diritto sindacale Santoro Passarelli, Sintesi del corso di Diritto del Lavoro

Riassunto completamente sostitutivo del libro riguardo l’argomento diritto sindacale

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

In vendita dal 13/08/2021

lucreziacini
lucreziacini 🇮🇹

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Scarica Riassunto diritto sindacale Santoro Passarelli e più Sintesi del corso in PDF di Diritto del Lavoro solo su Docsity! CAPITOLO 10 : LEGGE E CONTRATTO COLLETTIVO Tra la legge e il contratto collettivo, fonti di disciplina del rapporto di lavoro, si instaurano rapporti di: - gerarchia: la norma legale è inderogabile da parte del contratto collettivo - Integrazione funzionale: la legge opera rinvii alla disciplina pattizia L'autonomia privata è subordinata alla legge, e quest'ultima detta una disciplina inderogabile da parte del contratto collettivo. Pertanto il contratto collettivo non può peggiorare i livelli di trattamento e le condizioni stabilite direttamente dal legislatore (le clausole che si pongono in contrasto con le norme inderogabili di legge sono nulle). E invece ammessa la deroga in melius della disciplina legale da parte del contratto collettivo (principio del favor), ameno che la stessa legge non preveda una inderogabilità assoluta. = il rapporto gerarchico tra legge e contratto collettivo è fondato quindi sul principio inderogabilità in peius-derogabilità in melius della disciplina legale da parte di quella pattizia. Questo modello però incontra delle eccezioni, quasi sempre giustificate da esigenze economiche o di governo del mercato del lavoro. Tale schema fondato sul principio dell'inderogabilità in pejus e del favor non esaurisce però le forme di rapporto gerarchico tra legge e contratto collettivo: infatti la legge stabilisce in alcuni casi una disciplina assolutamente inderogabile, anche in melius, superando il principio del favor (esempio: articolo 2120 c.c., articolo 19 comma 12 bis del decreto legislativo del 2001). L'integrazione funzionale tra legge e contratto collettivo segna il passaggio da una tutela legale rigida inderogabilmente fissata dalla legge ad una tutela più flessibile, suscettibile di essere completata, integrata o derogata dal contratto collettivo. Distinguiamo i rinvii in funzione : 1) integrativa= sono frequenti i rinvii della disciplina legale al contratto collettivo in funzione integrativa (la legge detta una regolamentazione ed affida al contratto collettivo il compito di integrarta; Es : È rinviata ai contratti collettivi l'individuazione delle esigenze che possono giustificare il ricorso al lavoro intermittente). Nell'ambito di tali rinvii in funzione integrativa, assumono una particolare importanza quei rinvii che attribuiscono al contratto collettivo una più specifica funzione: e Rinvii in funzione gestionale : rinvii che attribuiscono al contratto collettivo il compito di stabilire limiti e condizioni per l'esercizio di poteri datoriali previsti dalla legge ed altrimenti liberi (esempio : determinazione dei criteri di scelta che il datore di lavoro deve osservare in caso di licenziamenti collettivi). Una particolare ipotesi di funzione gestionale è quella assolta dai contratti di solidarietà. Il contratto di solidarietà difensivo (dlgs n 148/2015) è stipulato dall'impresa con le associazioni sindacali nazionali aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale e prevede una riduzione dell'orario di lavoro e della retribuzione al fine di evitare riduzioni di personale. A fronte della riduzione dell'orario di lavoro è previsto l'intervento di un particolare ammortizzatore sociale, la cassa integrazione guadagni straordinaria, che copre una percentuale della retribuzione persa per le ore non lavorate. problema delicato dell'efficacia soggettiva di tali contratti, in quanto il contratto di solidarietà deve necessariamente applicarsi a tutti i lavoratori dell'impresa per assolvere la sua funzione —> la giurisprudenza afferma che il contratto di solidarietà opera nei confronti di tutti i lavoratori, iscrivendosi in una fattispecie complessa e comprensiva del provvedimento ministeriale di ammissione all'integrazione salariale. Il contratto di solidarietà interno non deve essere confuso con i contratti di solidarietà espansivi: contratti che prevedono sempre una riduzione dell'orario di lavoro dei dipendenti, ma tale riduzione è finalizzata ad incrementare gli organici con l'assunzione a tempo indeterminato di nuovo personale. e Rinvii in funzione regolamentare delegata : AI contratto collettivo è rinviata l'integrazione di normative destinate a tutelare interessi pubblici (esempio: individuazione delle prestazioni indispensabili in caso di sciopero nei servizi pubblici essenziali). Ma la disciplina pattizia non basta di per sé ad assolvere questa particolare funzione, in quanto deve essere valutata idonea da un apposito organismo pubblico quale la commissione di garanzia. Secondo la giurisprudenza costituzionale, i contratti gestionali o con funzione regolamentare delegata, non appartengono alla specie dei contratti normativi e non ricadono nell’ambito di applicazione dell'articolo 39 Cost.e tali accordi non spiegano efficacia direttamente sul rapporto di lavoro, in quanto gli effetti sui singoli lavoratori sono determinati dall'atto di esercizio del potere datoriale che gli stessi accordi si limitano a procedimentalizzare 2) autorizzativa= la legge rimette al contratto collettivo la valutazione circa la percorribilità di determinate soluzioni (esempio: installazione di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature necessarie per la sicurezza del lavoro che possono comportare il controllo a distanza dell'attività lavorativa). 3) Derogatoria= il contratto collettivo può essere chiamato dalla stessa legge ad intervenire in funzione di rogatoria: la legge detta una normativa e, allo stesso tempo, abilita il contratto collettivo a stabilire una disciplina peggiorativa (esempio Art 2120: i contratti collettivi possono determinare una diversa nozione di retribuzione rilevante ai fini del calcolo del TFR, migliorativa ma anche peggiorativa) Con la crisi economica degli ultimi anni però la funzione derogatoria del contratto collettivo rispetto alle norme inderogabili di legge sia posta sempre più al centro dell'attenzione : infatti mentre i tradizionali rinvii legali al contratto collettivo in funzione dei rogatoria erano previsti in specifiche norme ai soli fini dalle stesse contemplati, l'articolo 8 del decreto legge del 2011 ha stabilito una regolamentazione generale delle ipotesi in cui il contratto collettivo può derogare a norme inderogabili di legge. Tale disposizione (rubricata sostegno alla contrattazione collettiva di prossimità) consente la stipulazione di contratti aziendali o territoriali, con due effetti peculiari: - efficacia nei confronti di tutti i lavoratori interessati - possibilità di derogare a norme inderogabili di legge (oltre che ai contratti nazionali) A condizione che : 1) | contratti siano stipulati da soggetti collettivi particolarmente qualificati (associazioni comparativamente rappresentative o loro rappresentanze in azienda) e sulla base di un criterio maggioritario 2) La stipulazione risponda alle finalità indicate dalla legge (Maggiore occupazione, qualità dei contratti di lavoro, incrementi di competitività e di salario...) 3) La disciplina pattizia riguardi le specifiche materie indicate dallo stesso articolo 8 (impianti audiovisivi e introduzione di nuove tecnologie, mansioni del lavoratore, ripreso anche da numerosi interventi legislativi successivi, come se il legislatore lo avesse assunto a modello generale per ogni rinvio legale ai contratti collettivi: questi interventi normativi sono emblematici di una tendenziale considerazione del contratto aziendale quale fonte regolativa dei rapporti di lavoro ormai posta sullo stesso piano rispetto al contratto nazionale. CAPITOLO 11 : LA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA STRUTTURA ED EVOLUZIONE DELLA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA Non si può studiare il contratto collettivo come documento a sè stante se non sia presente che il contratto collettivo è il risultato della contrattazione collettiva -> processo attraverso il quale le parti regolano i loro interessi, metodo di composizione del conflitto, e attività sindacale più significativa di tutela degli interessi dei lavoratori. La contrattazione, pur manifestandosi vistosamente a cadenza periodica nelle fasi di rinnovo dei contratti collettivi, è tuttavia un processo continuo che permane anche durante la fase di applicazione e di amministrazione del contratto collettivo. Con la caduta dell'ordinamento corporativo nasce in Italia un sistema improntato all'autonomia delle relazioni sindacali incentrato sul solo livello di contrattazione nazionale. Tuttavia la struttura di vertice del sistema è la confederazione, una struttura non solo nazionale ma intercategoriale.le confederazioni non sono competenti a stipulare contratti nazionali ma gli accordi interconfederali, che hanno perciò un ambito intercategoriale (non regolamentano il contenuto dei rapporti di lavoro, ma singoli istituti o materie che interessano tutte le categorie merceologiche). Le federazioni nazionali di categoria sono le strutture legittimate a stipulare i contratti nazionali che disciplinano i minimi di trattamento economico e normativo e le relazioni sindacali tra i soggetti stipulanti. Immediato dopo guerra: lo sviluppo economico creò le premesse per un rafforzamento del sindacato e per la proposizione di strategie sindacali finalizzate ad affiancare alla contrattazione nazionale la contrattazione decentrata al livello aziendale. = luglio 62: le federazioni di categoria dei sindacati metalmeccanici firmarono con le associazioni delle imprese a partecipazione statale un accordo che stabiliva i principi del nuovo sistema contrattuale articolato su due livelli denominato di “contrattazione articolata”, poi recepito da diversi contratti nazionali di categoria. La contrattazione aziendale era essenzialmente acquisitiva, volta ad introdurre trattamenti ulteriori o migliorativi rispetto a quelli già previsti dal contratto nazionale; essa svolgeva però un'importante funzione per l'evoluzione della stessa contrattazione nazionale successiva—> infatti i miglioramenti introdotti dalla contrattazione aziendale venivano poi generalmente riproposti nei successivi rinnovi dei contratti nazionali e finivano per essere estesi ad una più ampia cerchia di lavoratori. Il contratto nazionale determinava le materie e gli istituti regolati dagli altri livelli contrattuali. Gli agenti contrattuali del livello territoriale erano di regola i sindacati provinciali (sindacati estemi all'azienda) in quanto all'epoca non esistevano strutture sindacali interne e la commissione interna non aveva competenza contrattuale. Tale contrattazione articolata fu più importante dal punto di vista del principio del decentramento che non dal punto di vista operativo : il contratto nazionale continuava ad essere il perno del sistema contrattuale e adesso spettava determinare le competenze ed i soggetti della contrattazione aziendale. Inoltre gli imprenditori non accettarono passivamente la contrattazione articolata, ma ottennero come contropartita la sottoscrizione da parte dei sindacati delle clausole di pace sindacale, finalizzate a non promuovere azioni o rivendicazioni in tese a modificare ed integrare quanto già concordato ai vari livelli di contrattazione nel periodo che intercorreva tra un rinnovo e l'altro. = fine anno 60 : iniziative spontanee di lotta sindacale dei lavoratori attraverso la costituzione dei Cub (= comitati unitari di base, organizzazioni di lavoratori che, senza la mediazione delle strutture sindacali tradizionali, avanzano nuove rivendicazioni, come la riduzione dell'orario di lavoro, espressione di un egualitarismo in contrasto con i vincoli e la riserva di materie della contrattazione articolata). La protesta dei lavoratori era diretta contro la controparte imprenditoriale e contro il burocratismo e il verticismo delle organizzazioni sindacali. = la forte conflittualità dell'autunno caldo sindacale degli anni 68 e 69 e il conseguente rifiuto di sottoscrivere le clausole di pace sindacale travolsero la contrattazione articolata. Il contratto dei metalmeccanici del dicembre 1969 decretò anche la fine della contrattazione articolata, delineando un sistema nuovamente centralizzato. Il venir meno di un formale riparto di competenze tra contratto nazionale e contratto aziendale non significò l'eliminazione del secondo livello di contrattazione; anzi, alla contrattazione articolata, si sostituì la contrattazione non vincolata: un sistema di relazioni sindacali articolato ancora su due livelli, nazionale e decentrato, ma non più coordinati tra loro. Pertanto il contratto aziendale finiva per regolare nuovamente tutte le materie già disciplinate dal contratto nazionale. Tale identica competenza dei due contratti collettivi di diverso livello, in un periodo di espansione economica, si risolse in un miglioramento costante da parte del contratto di secondo livello. = però il periodo di recessione economica determinò un aumento considerevole dei prezzi e un conseguente aumento nominale dei salari, automaticamente adeguati al costo della vita per mezzo del meccanismo della contingenza (tale meccanismo fu considerato responsabile dell'aumento dell'inflazione e del valore nominale dei salari). I| contratto aziendale con l'accentuarsi della crisi comincio anche ad introdurre clausole peggiorative rispetto a quelle del contratto nazionale. La successiva evoluzione del sistema (dagli anni 80) continuò a caratterizzarsi per una progressiva centralizzazione della contrattazione, culminata nel 1983 con il primo protocollo triangolare che apri la stagione della concertazione. = L'accordo interconfederali del 1993 delinea nuovamente un sistema di contrattazione collettiva articolato in due livelli, quello nazionale (centrale) e quello territoriale e/o aziendale (decentrato). Il contratto collettivo aveva durata di quattro anni per la parte economica e di due anni per la parte retributiva. L'aumento delle retribuzioni in sede di rinnovo biennale era collegato al tasso di inflazione programmata.il contratto decentrato doveva intervenire su materie ed istituti diversi e non ripetitivi rispetto a quelli regolati dal contratto di primo livello, secondo le modalità definite dallo stesso contratto nazionale. Tale accordo del 93 regolava anche un particolare modello di rappresentanza sindacale in azienda, disciplinando le modalità di costituzione delle rappresentanze sindacali unitarie. Tali rappresentanze di fonte pattizia si affiancavano alle RSA (regolate dall'articolo 19 dello statuto dei lavoratori) E, nell'ottica dell'accordo, avrebbero dovuto sostituirle.il modello delineato da tale accordo ebbe una particolare fortuna e la disciplina delle RSU ha tenuto anche dopo la modifica referendaria dell'articolo 19 dello statuto dei lavoratori.oggi, anche gli accordi più recenti confermano i due livelli di contrattazione, la competenza delegata del contratto aziendale e il rilievo centrale delle RSU nel sistema di rappresentanza sindacale nei luoghi di lavoro. = dopo l'accordo interconfederali del 2009 (non sottoscritto dalla Cgil) intervengono due importanti accordi interconfederali sottoscritti unitariamente da Cgil, Cisl e uil: l'accordo interconfederali del giugno 2011 e il protocollo d'intesa del maggio 2013. Due accordi molto importanti: a livello interconfederale segnano la riaffermazione del principio di unità di azione sindacale, messo in crisi a partire dal 2009. Entrambi gli accordi vengono stipulati per dettare regole certe e condivise finalizzate alla gestione del dissenso sindacale, in ambito aziendale e a livello nazionale. Hanno l'obiettivo di garantire una maggiore stabilità della disciplina contenuta nei contratti collettivi, senza che l'eventuale dissenso si traduca in una paralisi della contrattazione nella nella stipulazione di accordi non unitari destinati a non tenere sul piano dell'effettività. “ Il contratto stipulato nel rispetto delle regole e delle procedure concordate unitariamente a livello interconfederale vincola tutti i soggetti che hanno accettato quelle regole, anche se dissenzienti rispetto ai contenuti del contratto “. = I contenuti di tali accordi sono stati poi trasposti con integrazioni nel testo unico sulla rappresentanza del gennaio 2014 tra Confindustria, Cgil, Cisl e uil. Ill testo unico è stato successivamente integrato dall'accordo interconfederali del 2017, e affiancato dall'accordo interconfederali del 2018 ->> le principali fonti di disciplina della contrattazione collettiva nel settore privato. e Molte sonole ragioni che hanno portato alla sottoscrizione del testo unico : 1) opportunità di riordinare in un unico documento contrattuale la disciplina della contrattazione aziendale e quella della contrattazione nazionale; 2) esigenza di delineare la disciplina dell'esigibilità degli impegni assunti con i contratti collettivi; 3) opportunità di tener conto della sentenza della corte costituzionale del 2013, che per esercitare i diritti sindacali attribuisce una grande rilevanza al concetto di partecipazione alle trattative; 4) esigenza di attuare i principi di riforma delle RSU delineati dall'accordo del 2013. e Il testo unico è articolato in quattro parti: © Misura e certificazione della rappresentanza ai fini della contrattazione collettiva nazionale di categoria Regolamentazione delle rappresentanze in azienda Titolarità ed efficacia della contrattazione collettiva nazionale di categoria e aziendale o Disposizioni relative alle clausole e alle procedure di raffreddamento e alle conseguenze dell'inadempimento Sulla scia del testo unico, l'accordo del 2018 reca contenuti ed indirizzi delle relazioni industriali e della contrattazione collettiva di Confindustria e Cgil Cisl uil. Questo accordo mira ad un ammodemamento del sistema delle relazioni industriali e della contrattazione collettiva. Il tentativo di questi accordi è ovviare alla mancanza di regole su punti cruciali di govemo delle relazioni industriali in un contesto esposto alle turbolenze dell'economia è caratterizzato da ricorrenti tensioni tra le confederazioni Sindacali e da rapporti difficili con le parti imprenditoriali (ma questi vincolano solo i soggetti stipulanti, e ciò alimenta la convinzione che sia necessario un intervento legislativo di sostegno per rafforzare le regole concordate). 231 del 2013 sembra delineare nella motivazione un concetto di rappresentatività che prescinde dalla contrattazione e che diventa il presupposto per accedere alle trattative. 2) Ai fini dell'esercizio dei diritti sindacali, resta un elemento di ambiguità nel dispositivo della stessa sentenza, non del tutto in linea con la motivazione della stessa. Infatti nel dispositivo si fa riferimento ad una nozione di rappresentatività fondata sul rapporto tra sindacato e controparte (desunta dalla partecipazione alle trattative e perciò dalla capacità di imporsi del sindacato). Pertanto la contrattazione continua formalmente a porsi come anteposto logico della rappresentatività. In definitiva, i rapporti tra rappresentatività e contrattazione si atteggiano diversamente a seconda della nozione di rappresentatività presa in considerazione e delle relative finalità: contrattazione nazionale ed esercizio dei diritti sindacali in azienda. Procedimento di contrattazione (Testo Unico). Sono coinvolte le federazioni nazionali ammesse alle trattative e la delegazione trattante o Le federazioni nazionali definiscono le piattaforme contrattuali e stipulano il contratto collettivo al termine delle trattative o La delegazione trattante conduce le trattative sulla base delle piattaforme presentate fino al raggiungimento di un accordo con la controparte 1) Le federazioni di categoria (per ogni singolo CCNL) devono individuare le modalità di definizione della piattaforma e della delegazione trattante e le relative attribuzioni 2) Il procedimento di contrattazione si apre con la presentazione delle piattaforme: l'accordo interconfederali prevede impegni in capo alle organizzazioni sindacali e in capo alla parte datoriale. Le organizzazioni sindacali favoriranno la presentazione di piattaforme unitarie; se ciò non avviene, la parte datoriale favorirà che la negoziazione si avvii sulla base della piattaforma presentata da organizzazioni sindacali che abbiano complessivamente un livello di rappresentatività nel settore pari almeno al 50% +1. 3) Una volta individuata la piattaforma rivendicativa, le trattative vengono portati avanti dalla delegazione trattante 4) Concluse le trattative e raggiunta un'ipotesi di accordo, la delegazione trattante ha esaurito il proprio compito e rientrano in gioco le federazioni nazionali, chiamate a sottoscrivere formalmente il contratto collettivo Il contratto collettivo stipulato può avere una particolare efficacia, non limitata alle federazioni stipulanti e ai lavoratori dalle stesse rappresentati, se si verificano tali condizioni: - il contratto nazionale viene formalmente sottoscritto dalle organizzazioni sindacali che rappresentano almeno il 50% +1 della rappresentanza - Il contratto viene approvato mediante una consultazione certificata dei lavoratori, a maggioranza semplice, secondo modalità da stabilire ad opera delle categorie per ogni singolo contratto = il rispetto delle procedure comporta: efficacia ed esigibilità degli accordi per l'insieme dei lavoratori e delle lavoratrici e per tutte le organizzazioni aderenti alle parti firmatarie della presente intesa. Secondo una interpretazione la consultazione certificata non deve essere considerata una ratifica ma una procedura che consente l'estensione ultra partes del contratto nazionale; se invece si ritiene che la previa consultazione debba precedere la stipulazione del contratto nazionale, si finisce per riconoscere alla maggioranza semplice dei lavoratori il potere di impedire ai sindacati che rappresentano la maggioranza del 50% +1 dei lavoratori di concludere il contratto collettivo. Il testo unico prevede, per risolvere preventivamente le problematiche connesse alla eventuale stipulazione non unitaria dei contratti nazionali di categoria: l'aver concordato sulle regole di contrattazione diventa condizione dell'efficacia del contratto anche nei confronti dell'organizzazione sindacale che non lo ha sottoscritto (questo ovviamente se la disciplina concordata a livello Inter confederale si dimostrerà effettiva e riuscirà a tenere anche di fronte all'eventuale dissenso di una grande federazione nazionale). Nell'ambito del procedimento di contrattazione, il testo unico a porta una importante novità : La sentenza della corte costituzionale numero 231 del 2013 infatti ha individuato nella “partecipazione alla negoziazione” un nuovo criterio selettivo per esercitare i diritti sindacali in azienda. Il testo unico provvede direttamente ad individuare tale nozione, cioè quel livello di interazione minima tra le parti che, pur non sfociando in un accordo, non si esaurisce nemmeno nel mero rigetto delle proposte avanzate dei sindacati. Si intendono partecipanti alla negoziazione le organizzazioni che presentano i seguenti requisiti : - abbiano raggiunto il 5% della rappresentanza - abbiano contribuito alla definizione della piattaforma - abbiano fatto parte della delegazione trattante Si tratta di una nozione pattizia che fa chiarezza solo tra le parti e solo con riguardo alle trattative per il contratto nazionale. Tale nozione non è opponibile a soggetti terzi stante l'efficacia limitata del testo unico. Esiste un diritto delle associazioni sindacali ad essere convocate ai tavoli di negoziazione, e quali possono essere eventualmente i rimedi processuali in caso di violazione di tale diritto? Il testo unico su questo non interviene. - prima della sentenza della corte costituzionale numero 231 del 2013: la giurisprudenza ha sempre negato nel lavoro privato l'esistenza di un diritto a trattare.il datore di lavoro non aveva l'obbligo di avviare le trattative con un determinato sindacato ed il rifiuto di trattare non costituiva condotta antisindacale - Il diritto ad essere convocati non è stato riconosciuto nemmeno sulla base della clausola uno dell'accordo interconfederali del 2011, nonostante questa interpretazione privi la clausola di ogni contenuto precettivo. Infatti si deve preferire una interpretazione volta a valorizzare la clausola uno e a fondare il diritto ad essere convocate in capo alle associazioni che raggiungano la soia prescritta - Indicazioni in tal senso si ricavano anche dalla sentenza della corte costituzionale numero 231 del 2013, che riconosce la tutela dell'articolo 28 “al sindacato in ragione della sua acquisita rappresentatività nell'ipotesi di un eventuale e non giustificato suo negato accesso al tavolo delle trattative". Nel momento in cui la partecipazione all'attività negoziale diventa il presupposto per esercitare i diritti sindacali, è difficile negare l'esistenza di un diritto a trattare in capo ad un sindacato effettivamente rappresentativo (e lo stesso deve dirsi ai fini della contrattazione nazionale per l'associazione che rispecchia il requisito di rappresentatività del 5%). Riguardo i rimedi processuali in caso di mancata convocazione ai fini della contrattazione nazionale: è prospettabile un ricorso ex Art 700 c.p.c. al fine di ottenere un provvedimento d'urgenza che disponga la convocazione al tavolo delle trattative del sindacato escluso prima che le stesse si concludano e il contratto venga stipulato. La legittimazione a stipulare il contratto aziendale è riconosciuta alle RSU o alle RSA ed in entrambi casi il contratto può avere efficacia per tutto il personale in forza. Nel caso di stipulazione da parte della RSU: il contratto è efficace nei confronti di tutto il personale in forza e vincola tutte le associazioni espressione delle confederazioni sindacali firmatarie del testo unico e degli accordi interconfederali precedenti se approvato dalla maggioranza dei componenti della RSU stessa. Sottolineiamo però che : - quando si stabilisce l'efficacia per tutto il personale in forza : non si tratta di una vera e propria efficacia generale, in quanto tale efficacia è limitata in realtà ai soli lavoratori iscritti alle associazioni sindacali espressione delle confederazioni firmatarie (tale efficacia è infatti stabilita da un atto negoziale, il testo unico). Il contratto aziendale quindi produrrà effetti anche nei confronti dei lavoratori iscritti ad un'associazione dissenziente, ma sempre nell'ambito del campo limitato di applicazione dell'accordo interconfederali, mai nei confronti di un lavoratore iscritto ad un'associazione dissenziente e non aderente alle confederazioni firmatarie. - Il riferimento al criterio della maggioranza conferma la natura di organo collegiale delle RSU. Se le RSU non sono presenti, resta fermo il potere negoziale delle RSA. Il contratto aziendale, oltre ad intervenire sulle materie delegate dal contratto nazionale, può anche realizzare intese modificative delle regolamentazioni contenute nei contratti nazionali, laddove il riferimento alle modifiche deve essere principalmente inteso in senso peggiorativo. Il testo unico distingue la disciplina “a regime“ da quella “transitoria". e Aregime:l contratti aziendali possono prevedere deroghe alle regolamentazioni contenute nei contratti nazionali nei limiti e secondo le procedure previste dagli stessi contratti nazionali. o La delega attribuisce al contratto aziendale la competenza a regolare una materia che il contratto nazionale rinuncia a disciplinare o, in relazione alla quale detta solo una regolamentazione di principio destinata ad essere attuata ed integrata da quella di dettaglio affidata al contratto aziendale (tra le due regolamentazioni non c'è alcun concorso/confitto). o Conla deroga, il contratto aziendale interviene a regolare una materia stabilendo condizioni peggiorative rispetto a quelle già previste dal contratto nazionale (si verifica un concorso/conflitto tra discipline pattizie, il cui criterio di risoluzione consiste nella prevalenza della disciplina derogatoria dettata dal contratto aziendale). In ogni modo, in mancanza di un'espressa previsione del contratto nazionale, il contratto aziendale non sembra legittimato ad intervenire in senso peggiorativo. In linea generale, i contratti nazionali non hanno specificato le materie oggetto di deroga. e Disciplina transitoria : si applica nelle ipotesi in cui le intese modificative a livello aziendale non siano state previste e in attesa dei rinnovi dei contratti nazionali. Venendo meno il filtro del contratto nazionale, le deroghe peggiorative sono ammesse solo con riferimento agli istituti Del contratto nazionale che disciplinano determinate materie, seppure molto ampie come gli orari di lavoro, ai soli fini di gestire situazioni di crisi. | contratti aziendali che introducono deroghe peggiorative devono essere sottoscritti dalle rappresentanze sindacali operanti in azienda (RSU o RSA) d'intesa con le relative associazioni territoriali delle confederazioni sindacali firmatarie dell'accordo interconfederale. Questa disciplina consente la stipulazione di contratti in deroga anche quando questi non siano sottoscritti unitariamente dalle CAPITOLO 12 : LO SCIOPERO Lo sciopero è un diritto di rango costituzionale e l'articolo 40 della costituzione rinvia al legislatore ordinario il compito di regolarne le modalità di esercizio. Nella realtà la norma costituzionale è stata considerata, pur in assenza della normativa di attuazione, immediatamente precettiva (= applicabile direttamente dal giudice). L'assenza di una normativa di legge ordinaria spiega perché la giurisprudenza abbia dovuto assolvere una funzione di supplenza, risolvendo in cinquant'anni in via interpretativa tre ordini di problemi : la qualificazione dello sciopero e la conseguente determinazione delle finalità lecite del medesimo, la questione della titolarità del diritto di sciopero, le modalità di esercizio del diritto di sciopero. e le norme del codice penale sardo sancivano il divieto di coalizione e consideravano reati sia lo sciopero sia la serrata e Il codice penale Zanardelli del 1889 depenalizzé lo sciopero che, insieme alla serrata, restava reato solo se posto in essere con violenza o minaccia : lo sciopero fu considerato quindi un atto penalmente lecito, mentre continuava ad essere considerato un illecito civile, cioè un inadempimento tale da giustificare il licenziamento e Il codice penale Rocco del 1930 ha sanzionato penalmente ogni forma di sciopero e di serrata, sia nel settore privato sia nel settore pubblico. Oltre allo sciopero per fini contrattuali (diretto contro il datore di lavoro al fine di ottenere la modifica delle condizioni di lavoro stabilite nel contratto collettivo), è sanzionato anche lo sciopero per fine politico o per costringere la pubblica autorità ad emettere od omettere un provvedimento o ad influire sulle deliberazioni di essa (sciopero di imposizione politico economica), la serrata dei piccoli imprenditori senza dipendenti, l'abbandono collettivo di pubblici uffici da parte dei dipendenti pubblici. —> le finalità dello sciopero sono molteplici (in assenza di una definizione costituzionale dello sciopero + mancato intervento del legislatore ordinario nella regolamentazione del suo esercizio : hanno lasciato ampio spazio all'interpretazione creatrice della dottrina e della corte costituzionale nell'individuazione delle finalità legittime dello sciopero). = Una prima dottrina post costituzionale definì lo sciopero come astensione concertata dal lavoro per la tutela di un interesse economico professionale (fu pertanto così qualificato come diritto soltanto lo sciopero per fini contrattuali) = con la promulgazione della costituzione lo sciopero fu elevato a rango di diritto costituzionale e fu qualificato dalla dottrina come diritto potestativo. L'esercizio del diritto potestativo legittima il lavoratore a sospendere la sua obbligazione e colloca il datore di lavoro in una posizione di soggezione, in quanto non può evitare l'esercizio del diritto di sciopero. Qualificare lo sciopero come diritto potestativo comportò : 1) Il consolidamento della tesi della titolarità individuale del diritto di sciopero; 2) L'individuazione del soggetto passivo del diritto di sciopero esclusivamente nel datore di lavoro, e pertanto furono considerati legittimi soltanto gli scioperi diretti contro quest'ultimo. D'altra parte l'esercizio del diritto potestativo legittima sì il lavoratore a sospendere l'esecuzione della prestazione, ma il datore di lavoro, a fronte della sospensione dell'obbligazione di lavorare, è legittimato a sospendere la retribuzione, e non sembra pertanto che questo venga a trovarsi in una situazione di vera e propria soggezione. = successivamente la dottrina qualificò lo sciopero come diritto assoluto della persona : ciò ha individuato nello sciopero un mezzo per la realizzazione del principio di uguaglianza sostanziale (lo sciopero è uno strumento che elimina uno degli ostacoli che di fatto impediscono il pieno sviluppo della persona umana) e ha rafforzato la inscindibilità del binomio titolarità individuale-esercizio collettivo del diritto di sciopero. Tali ricostruzioni dottrinali sono state confermate anche dalla giurisprudenza della corte costituzionale e sono state il presupposto di diverse sentenze che hanno ampliato le finalità dello sciopero legittimo e il numero dei soggetti contro i quali tale diritto può essere fatto valere : - L'articolo 502 cp (che puniva lo sciopero per fini contrattuali) fu dichiarato incostituzionale per contrastare con l'articolo 40 Cost, sebbene la giurisprudenza della corte di cassazione avesse già riconosciuto la legittimità dello sciopero per fini contrattuali. - La giurisprudenza costituzionale ha ricompreso nella fattispecie prevista dall'articolo 40 non solo lo sciopero economico ma anche lo sciopero di imposizione politico-economica (sciopero effettuato per rivendicazioni nei confronti dei pubblici poteri rispetto alla disciplina nelle norme racchiuse sotto il titolo III della costituzione) esempio di scioperi di imposizione politico economica : sciopero per la riforma fiscale, sanitaria, della previdenza, per l'occupazione. In questi casi, il datore di lavoro subisce lo sciopero e il relativo danno, pur non avendo alcuna responsabilità e soprattutto non avendo alcuna possibilità di evitarlo. - La corte costituzionale ha successivamente affermato anche la legittimità dello sciopero politico in senso stretto: sciopero che si esercita contro atti politici del govemo (contro le missioni militari in paesi stranieri o contro iniziative del governo che possono compromettere l'equilibrio ambientale). La corte, dichiarando la illegittimità costituzionale dell'articolo 503 cp nella parte in cui incriminava lo sciopero per fini non contrattuali, ha sancito la rilevanza della libertà di sciopero in quanto tale, cioè indipendentemente dal diritto di sciopero —> secondo questa ricostruzione lo sciopero politico è uno strumento tipicamente democratico che consente al lavoratore un'attiva partecipazione alla vita nazionale. Configurare lo sciopero politico come libertà e non come diritto dovrebbe produrre effetti diversi sul rapporto di lavoro (mentre esercitare il diritto di sciopero produce la sospensione del rapporto di lavoro, l'esercizio della libertà di sciopero si risolve in un'astensione ingiustificata dal lavoro : dovrebbe essere considerata una forma di inadempimento del prestatore di lavoro e dovrebbe legittimare l’irrogazione da parte del datore di lavoro di una sanzione disciplinare). Ma non vi sono effetti diversi sul rapporto di lavoro, in quanto l'irrogazione della sanzione disciplinare può essere considerato comportamento antisindacale ex Art 28 statuto dei lavoratori (lo sciopero politico, pur non essendo qualificabile come diritto, è comunque una forma di esercizio di attività sindacale). A ciò si aggiunge la previsione dell'articolo 2, comma 7 della legge sull'esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali: ha previsto la non applicabilità delle disposizioni in materia di preavviso e indicazione della durata nelle ipotesi di astensioni proclamate in difesa dell'ordine costituzionale (dunque tali scioperi, che non hanno natura economico-contrattuale, sono configurati come una forma di esercizio del diritto costituzionale e non come una mera libertà. Così anche sul piano legislativo si può ritenere ridimensionata la distinzione tra sciopero-diritto e sciopero-libertà). La corte costituzionale ha comunque lasciato in vigore l'articolo 503 cp solo in due casi : 1) quando lo sciopero politico sia diretto a sovvertire l'ordinamento costituzionale; 2) quando, oltrepassando i limiti di una legittima forma di pressione, lo sciopero si converta in uno strumento che impedisce od ostacola il libero esercizio di quei diritti e poteri nei quali si esprime direttamente o indirettamente la sovranità popolare. La consulta, senza dichiarare l'incostituzionalità dell'articolo 505 cp che punisce lo sciopero di solidarietà, con una sentenza interpretativa di rigetto ha riconosciuto la legittimità di questa forma di protesta ogni qualvolta il giudice ordinario accerti l'esistenza di un collegamento necessario degli interessi economici del gruppo che si astiene dal lavoro a sostegno delle pretese di un altro gruppo già in sciopero. Secondo l'opinione prevalente, lo sciopero è un diritto individuale ad esercizio collettivo : - individuale perché titolare del diritto è il singolo lavoratore - Adesercizio collettivo perché lo sciopero è finalizzato a tutelare un interesse collettivo e non semplicemente un interesse individuale del lavoratore Ma la distinzione tra titolarità individuale ed esercizio collettivo può sollevare qualche perplessità: lo sciopero può essere attuato solo per la difesa di un interesse collettivo, dovrebbe essere pertanto il soggetto collettivo a valutare l'opportunità di esercitare il diritto di sciopero. Per questa ragione alla formula della titolarità individuale ed esercizio collettivo dello sciopero potrebbe contrapporsi la formula della titolarità collettiva e dell'esercizio individuale o della doppia titolarità, sia individuale che collettiva. Tuttavia, in assenza di una disciplina legislativa che regolamenti la relazione tra il profilo collettivo e quello individuale dello sciopero, ogni discorso sulla titolarità collettiva dello sciopero è destinato ad infrangersi contro un muro di difficoltà, in primis quella di selezionare i soggetti legittimati a proclamare lo sciopero. La titolarità collettiva del diritto di sciopero presuppone che la proclamazione sia un requisito di legittimità dell'esercizio di tale diritto; invece la titolarità individuale del diritto di sciopero non riconosce alcuna rilevanza alla proclamazione dello sciopero ai fini della legittimità dell'astensione dal lavoro ed impone di considerare il diritto di sciopero come diritto indisponibile. Se osserviamo la realtà, è molto frequente l'ipotesi in cui il contratto collettivo di livello superiore demandi la regolamentazione di certe materie al livello inferiore ed esclude espressamente la riapertura del conflitto per le materie già regolate dal livello superiore (le clausole di tregua sindacale)—> in questi casi non si tratta di accertare quale sia stata la volontà delle parti collettive, si dovrebbe anzi verificare se i lavoratori, in virtù dell'iscrizione al sindacato stipulante, abbiano accettato di non ricorrere allo sciopero per il periodo di vigenza del contratto collettivo e per quelle materie dallo stesso regolate (Ma non è agevole desumere dalla sottoscrizione di questi atti la volontà espressa di ciascun lavoratore di non scioperare). Pertanto, fino a quando nel nostro ordinamento sarà prevalente la tesi della titolarità individuale del diritto di sciopero, sarà difficile attribuire efficacia normativa alle clausole di tregua sindacale. Titolari del diritto di sciopero : 1) tutti i lavoratori subordinati in senso tecnico, ad eccezione dei militari, del personale della pubblica sicurezza, dei marittimi nel periodo di navigazione.la legge pone limiti nei confronti degli addetti agli impianti nucleari e degli assistenti di volo 2) La titolarità del diritto è stata riconosciuta anche ai lavoratori autonomi parasubordinati, in quanto soggetti contrattualmente deboli nei confronti del committente: ad esempio i collaboratori continuativi e coordinati e a carattere lavoratori, senza riguardare l'esercizio del diritto di sciopero). Allora neppure le clausole del contratto FCA possono essere utilizzate per fondare un nuovo tipo di responsabilità dei singoli a fronte di comportamenti collettivi in nome dell'esigibilità. Il contratto FCA del luglio 2015 prevede l'ulteriore e specifica responsabilità individuale del componente del Consiglio delle RSA. Tale consiglio viene istituito al fine di limitare la legittimazione alla proclamazione dello sciopero, escludendo che possa essere proclamato dalle singole RSA. Il consiglio è un organo collegiale che decide a maggioranza dei suoi componenti e viene qualificato come l'unico titolare all’interno dell'unità produttiva della potestà di attivare le misure di autotutela sindacale per il tramite delle procedure di raffreddamento (secondo tali procedure, da esperire obbligatoriamente, lo sciopero deve essere proclamato a maggioranza dei componenti del consiglio, con un preavviso di 24 ore e previo esperimento di una serie di incontri conciliative con la direzione aziendale). La violazione di tali procedure comporta responsabilità dei singoli RSA e delle organizzazioni sindacali che hanno determinato la maggioranza in seno al consiglio ai fini della deliberazione di scioperare (lo sciopero è illegittimo perché risultano violate le procedure conciliative che detta votazione devono precedere). Le sanzioni per l'illegittimo operato di un organo collegiale riguardano l'organo stesso: in caso di reiterate violazioni, è prevista la decadenza del consiglio, insieme a quella di tutte le RSA (l'affermazione di una responsabilità anche a carico dei singoli componenti del consiglio per i voti espressi appare incoerente con la natura collegiale dell'organo). L'articolo 16 dello statuto dei lavoratori vieta i trattamenti economici collettivi che hanno finalità discriminatoria ex Art 15. CAPITOLO 13 : LO SCIOPERO NEI SERVIZI PUBBLICI ESSENZIALI Prima che entrasse in vigore la legge 146 del 1990, lo sciopero nei servizi essenziali era regolato da norme penali, amministrative e dei codici di autoregolamentazione. - il codice penale Rocco del 1930 prevedeva i reati di abbandono collettivo e individuale di un pubblico servizio.norme penali formalmente abrogate dalla legge del 1990, sono state oggetto di una serie di sentenze della corte costituzionale che hanno avuto il merito di elaborare la nozione di servizio essenziale. = La giurisprudenza ha infatti individuato, tra i servizi pubblici, quelli essenziali perché di preminente interesse generale e diretti a garantire valori fondamentali legati all'integrità della vita e della sicurezza. In secondo luogo, ha sottolineato l'esigenza di contemperare l'esercizio del diritto di sciopero con l'esercizio di altri diritti di pari o superiore rango costituzionale. In terzo luogo, ha messo in evidenza che nell'ambito del servizio essenziale alcune prestazioni devono considerarsi indispensabili, non possono non essere assicurate agli utenti. In questo contesto, la giurisprudenza costituzionale ha avuto modo di precisare gradualmente un principio ordinatore secondo cui l'esercizio del diritto di sciopero non deve compromettere l'esercizio di altri diritti costituzionalmente garantiti. La legge numero 146 del 1990 (regolamentazione del diritto di sciopero nell'ambito dei servizi pubblici essenziali) : ha accolto il principio elaborato dalla giurisprudenza secondo cui sono essenziali i servizi che hanno carattere di preminente interesse generale ai sensi della costituzione e diretti a garantire i diritti della persona di preminente rilievo costituzionale. e Art 1comma 1: elencati i diritti della persona che non possono essere sacrificati dall'esercizio dello sciopero, come il diritto alla vita, alla salute, alla sicurezza e Art 1comma2: elencati in via esemplificativa i servizi funzionali alla loro soddisfazione Il dl n 146/2015, convertito in Ln 182/2015 : Ha considerato come servizio pubblico essenziale, da garantire in caso di sciopero, la fruizione dei beni culturali e del patrimonio storico ed artistico, attraverso l'apertura regolamentata al pubblico di musei e luoghi della cultura. In tal modo il legislatore opta per una concezione molto più ampia del diritto della persona, ricomprendendovi dentro non solo la salvaguardia e la conservazione del patrimonio culturale (già prevista dalla legge 146/1990) ma la sua fruizione al pubblico. Tale impostazione è stata recepita dalle parti sociali, che hanno sottoscritto il 23 febbraio e l'8 marzo 2016 i relativi accordi sulle prestazioni indispensabili, relativamente alla fruizione del patrimonio culturale di appartenenza statale e regionale. La legge 146 1990 distingue tra servizio essenziale e prestazioni indispensabili, eppure in qualche caso tale elencazione dei servizi conduce a qualche sovrapposizione, in quanto include tra i servizi essenziali attività che sono classificabili come prestazioni. Per quanto riguarda i servizi strumentali dei servizi essenziali: questi sono servizi funzionalmente collegati a quelli essenziali, la cui sospensione può pregiudicare l'erogazione del servizio pubblico finale e di conseguenza gli utenti che ne sono fruitori. (la commissione di garanzia ha considerato strumentali nel settore del trasporto aereo : assistenza e controllo del volo, catering e pulizia degli aerei). Il legislatore è intervenuto nuovamente in materia con la legge numero 83/2000, che ha cercato di risolvere i punti critici dell'impianto della legge numero 146. ->>Le norme sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali non si applicano soltanto ai lavoratori subordinati ma anche ai lavoratori autonomi, professionisti e piccoli imprenditori (tale estensione dell'ambito di applicazione costituisce lo sviluppo normativo dell'orientamento volto a qualificare come sciopero e non come serrata l'astensione del lavoro dei piccoli imprenditori senza dipendenti). Fonti di regolamentazione dello sciopero nei servizi pubblici essenziali La legge ha cercato di coniugare una parte immediatamente precettiva con un parte che affida il governo del conflitto ad altre fonti, in particolare alla contrattazione collettiva. Tuttavia anche sindacati hanno difficoltà a realizzare il compito ad essi affidato dalla legge per la frammentarietà della rappresentanza sindacale, favorita dal fatto che il legislatore non ha dettato criteri per individuare i soggetti legittimati a proclamare lo sciopero. Contributi interessanti provengono dall'ordinamento intersindacale, in particolare nell'ambito di un servizio pubblico essenziale di grande rilevanza come quello del trasporto ferroviario : in tale servizio è stato siglato nel 2015, tra le società del gruppo delle ferrovie dello Stato e le maggiori organizzazioni sindacali, un accordo per il rinnovo e il funzionamento della RSU, nella quale si delinea un preciso nesso tra titolarità negoziale della RSU e titolarità del conflitto —> così, la possibilità di proclamare scioperi viene assoggettata a due condizioni : 1) Chela proclamazione provenga congiuntamente da una o più delle organizzazioni sindacali che hanno firmato il CCNL 2) Che essa sia inoltre assunta dalla maggioranza qualificata del 50% +1 dei componenti la RSU Dunque tale accordo pone delle precise limitazioni sull'esercizio del diritto di sciopero, in quanto individua il soggetto titolare a programmarlo in ragione della sua rappresentatività, presupponendo con ciò la legittimazione di tale soggetto a valutare l'interesse collettivo. In sede di esame dell'accordo, la commissione non ha adottato una delibera di valutazione di idoneità (che avrebbe conferito allo stesso una efficacia erga omnes). L'autorità di garanzia si è limitata a prendere atto dell'intesa tra le parti firmatarie, esprimendo un vivo apprezzamento, sul presupposto che l'accordo “ nel coniugare l'esercizio del diritto di sciopero con l'effettiva rappresentatività del soggetto collettivo che lo proclama, risponde ad un principio di proporzionalità e garantisce il contemperamento fra il diritto di sciopero e i diritti dei cittadini costituzionalmente tutelati“. L'accordo, pur nella sua efficacia soggettiva limitata ai soli soggetti che lo hanno sottoscritto, rappresenta comunque un importante espressione dell'esigenza di individuare forme di selezione dei soggetti legittimati a proclamare scioperi nel contesto dei servizi pubblici essenziali. La legge numero 146 ha previsto inoltre come fonti di disciplina dello sciopero: il contratto collettivo, il regolamento di servizio emanato sulla base dell'accordo collettivo, i codici di autoregolamentazione propri dei lavoratori autonomi, il lodo emanato dalla commissione di garanzia, il potere di regolamentazione provvisoria della stessa commissione e l'ordinanza di precettazione. La legge indica diversi limiti TASSATIVI all'esercizio dello sciopero : 1) Il preventivo esperimento delle procedure di raffreddamento e conciliazione del conflitto. 2) L'obbligo del preavviso 3) L'obbligo di comunicare per iscritto la data, la durata, le modalità e la motivazione dello sciopero, sia al datore di lavoro sia alle autorità indicate nell'articolo otto della legge (presidente del Consiglio dei Ministri o prefetto, a loro volta tenuti a trasmettere immediatamente tale comunicazione alla commissione di garanzia). 4) Il divieto dell'effetto annuncio 5) Il rispetto delle regole di rarefazione, cioè il rispetto di intervalli da osservare tra l'effettuazione di uno sciopero e la proclamazione del successivo, che operano in senso soggettivo e in senso oggettivo. Generalmente tale intervallo non è inferiore a 10 giorni. 6) Il divieto di concomitanza, ex Art 13 che demanda alla commissione di garanzia il compito di rilevare l'eventuale concomitanza tra interruzioni o riduzioni di servizi pubblici alternativi, che interessano il medesimo bacino di utenza, per evitare che servizi pubblici alternativi siano contemporaneamente interessati da astensioni 7) Il rispetto di misure dirette a consentire l'esecuzione delle prestazioni indispensabili (1)PROCEDURE DI RAFFREDDAMENTO DEL CONFLITTO E CONCILIAZIONE IN FUNZIONE REGOLATIVA DELLO SCIOPERO Una delle novità più rilevanti, introdotta dalla legge 83/2000, riguarda le procedure di raffreddamento e di conciliazione, che devono essere obbligatoriamente effettuate da qualsiasi soggetto collettivo che intenda effettuare uno sciopero nel settore dei servizi pubblici essenziali, prima della proclamazione di questo e, al pari delle prestazioni indispensabili, devono essere inserite. Tali procedure intervengono quando è già in essere uno stato di agitazione e configurano un ulteriore tentativo di evitare l'astensione dal lavoro (anch'esse svolgono una funzione regolativa dello sciopero). contratto di essere un efficace strumento di regolamentazione del conflitto, perché è incerto se i singoli lo osserveranno o no. = la legge 146/1990 assegna al contratto collettivo, oltre alla sua funzione tipica, anche quella di dare soddisfazione agli interessi degli utenti, quando siano costituzionalmente garantiti (= la legge affida ad un atto di autonomia privata la cura di un interesse pubblico, e il riconoscimento di questa funzione al contratto impone all'interprete di affrontare il problema dell'efficacia soggettiva del contratto). AI riguardo, l'articolo due della legge 146 ha affidato al contratto collettivo la funzione di integrare un precetto che trova la propria fonte in una norma primaria. Anche in questo caso, il contratto sembra assolvere una funzione regolamentare delegata. Nello sciopero nei servizi pubblici, l'obbligo per i singoli lavoratori di svolgere le prestazioni indispensabili non è un effetto direttamente collegabile al contratto collettivo, ma deriva direttamente dalla valutazione di idoneità che su esso esprime la commissione di garanzia. Anche rispetto ai lavoratori autonomi, la generalità del vincolo del codice di autoregolamentazione dipende dalla valutazione positiva della commissione di garanzia. La valutazione positiva della commissione non produce l'effetto di estendere l'efficacia delle regole procedurali in tema di raffreddamento e conciliazione nei confronti delle organizzazioni che non hanno partecipato alla loro negoziazione (l'imposizione di una tale obbligazione contrattuale al sindacato che non abbia stipulato il contratto costituirebbe una lesione del principio di libertà dell'organizzazione sindacale ex Art 39 Cost). La legge 146 1990 riconosce ampio spazio ai codici di autoregolamentazione dello sciopero dei lavoratori autonomi, professionisti e piccoli imprenditori: le associazioni dei lavoratori autonomi, professionisti e piccoli imprenditori devono provvedere unilateralmente a limitare l'astensione dal lavoro dei loro iscritti attraverso l'adozione di codici di autoregolamentazione per contemperare l'esercizio del diritto di sciopero con l'esercizio dei diritti della persona costituzionalmente garantiti. L'obbligo di garantire l'esecuzione delle prestazioni indispensabili è sancito dall'articolo 2, comma 3 e incombe : 1) Sui soggetti che promuovono lo sciopero, o che vi aderiscono ->> tale formula così ampia legittima alla proclamazione dello sciopero non solo le organizzazioni sindacali, ma ogni struttura sindacale anche non associativa e occasionale. La proclamazione dello sciopero è obbligatoria e va effettuata in forma scritta, con l'indicazione del preavviso, della durata, delle modalità di attuazione e delle motivazioni dell'astensione. Le limitazioni procedurali alla proclamazione (condizioni di legittimità degli scioperi) gravano non solo sulle organizzazioni dei lavoratori che proclamano lo sciopero o vi aderiscono, ma anche sui singoli lavoratori, che non possono legittimamente scioperare se non sono stati effettuati tali adempimenti. 2) Sui lavoratori che esercitano il diritto di sciopero ->> | lavoratori che esercitano il diritto di sciopero sono obbligati a garantire, durante lo sciopero, le prestazioni indispensabili individuate preventivamente dalla contrattazione collettiva.in assenza di accordi collettivi, i lavoratori devono attenersi alle modalità stabilite dalla provvisoria regolamentazione adottata dalla commissione. 3) Sulle amministrazioni e le imprese erogatrici dei servizi ->> obbligate a garantire le prestazioni indispensabili il cui oggetto non è costituito esclusivamente dalle prestazioni dei lavoratori, ma anche dall'attività di organizzazione dell'imprenditore e dalla sua attività di cooperazione all'adempimento dell'obbligazione lavorativa. L'articolo 2 Ln 146 prevede, a carico degli enti erogatori di servizi pubblici essenziali, importanti obblighi di informazione a favore dell'utenza al fine di garantire la concreta attuazione degli scopi indicati nella legge : a) Le amministrazioni o le imprese erogatrici dei servizi sono obbligate ad informare gli utenti almeno cinque giorni prima dell'inizio dello sciopero dei modi e dei tempi di erogazione dei servizi nel corso dello sciopero e delle misure per la riattivazione degli stessi + devono garantire e rendere nota la pronta riattivazione del servizio, quando l'astensione dal lavoro sia terminata; b) Il servizio pubblico radiotelevisivo è obbligato a dare tempestiva e completa comunicazione sull'inizio, la durata, le misure alternative e le modalità di sciopero nel corso dei telegiomali e giornali radio + sono tenuti a dare le medesime informazioni i giornali quotidiani e le emittenti televisive che si avvalgono di agevolazioni tariffarie o fiscali previste da leggi dello Stato; c) Le amministrazioni e le imprese erogatrici dei servizi di trasporto sono obbligati a comunicare agli utenti, contestualmente alla pubblicazione degli orari dei servizi ordinari, l'elenco dei servizi che saranno garantiti comunque in caso di sciopero e i relativi orari. La rilevanza che tali informazioni rivestono peri fruitori dei servizi essenziali è rafforzata dal fatto che la legge legittima le associazioni degli utenti ad agire in giudizio nei confronti delle amministrazioni, degli enti o delle imprese che erogano i servizi, qualora non vengano fornite adeguate informazioni agli utenti, con conseguente pregiudizio del diritto degli stessi di usufruire dei servizi pubblici secondo standard di qualità e di efficienza. 4) Sulle associazioni dei lavoratori autonomi, professionisti e piccoli imprenditori in solido con i singoli iscritti. LA COMMISSIONE DI GARANZIA Può essere annoverata fra le autorità indipendenti, autorità dotate di un elevato grado di autonomia e indipendenza che si collocano al di fuori dell'organizzazione gerarchica della pubblica amministrazione, in posizione di terzietà e neutralità rispetto agli interessi regolati dalla loro azione (un tipo di amministrazione autocefala, soggetta soltanto alla legge, che ha come principale funzione quella di controllare la legittimità dello sciopero nei servizi pubblici). La commissione può essere considerata il terzo attore nella definizione della regolamentazione e delle procedure che governano lo sciopero nei servizi pubblici; essa Spinge le parti a stabilire le regole e valutare la conformità del comportamento delle parti rispetto ad essi; tende a creare con la sua giurisprudenza orientamenti per le parti sociali, finendo così per assolvere alla funzione nomofilattica propria della cassazione. La legge numero 146 attribuisce alla commissione una serie di poteri : e Potere d'ordine : La commissione può invitare i soggetti che hanno proclamato lo sciopero a differire la data dell'astensione dal lavoro e può invitare le amministrazioni o imprese a desistere da comportamenti che possano determinare l'insorgenza o l'aggravamento di conflitti in corso. Tali inviti sono provvisti di una certa natura cogente, perché alla mancata ottemperanza di essi può far seguito, a conclusione del procedimento di valutazione del comportamento del soggetto inottemperante, l'applicazione di sanzioni. ® Potere di valutare positivamente o negativamente l'idoneità delle prestazioni indispensabili e delle procedure di raffreddamento e di conciliazione e delle altre misure individuate con accordo delle parti sociali e dirette a realizzare il contemperamento del diritto di sciopero con i diritti costituzionalmente garantiti. Qualora tali accordi manchino o non siano valutati idonei, la commissione di garanzia sottopone alle parti una proposta sull'insieme delle prestazioni, procedure e misure da considerare indispensabili. Se entro 15 giorni dalla notifica le parti non si pronunciano sulla proposta, la commissione esercita il potere di provvisoria regolamentazione delle prestazioni indispensabili, delle procedure di raffreddamento e di conciliazione, comunicandola alle parti interessate, che sono tenute ad osservarla fino al raggiungimento di un accordo valutato idoneo. La natura autoritativa dell'atto di provvisoria regolamentazione della commissione e l'obbligo imposto a quest'ultima di motivare adeguatamente i casi particolari in cui si discosta dalle percentuali che devono contrassegnare lo svolgimento delle prestazioni indispensabili mettono in evidenza l'ulteriore problema del sindacato del giudice sugli atti di natura autoritativa della commissione. Le regolamentazioni provvisorie sono divenute i pilastri del sistema di regole vigenti in molti servizi pubblici essenziali e il rapporto tra negoziazione collettiva e regolamentazione provvisoria è una relazione dialettica che si svolge con scambi di proposte e di contro proposte. e Potere sanzionatorio, che può comportare l'irrogazione di : © Sanzioni individuali nei confronti dei singoli lavoratori: i prestatori di lavoro partecipanti ad uno sciopero illegittimo sono soggetti a sanzioni disciplinari proporzionate alla gravità dell'infrazione. L'applicazione delle sanzioni disciplinari, pur essendo affidata al datore di lavoro, non si può dire che costituisca esercizio del potere disciplinare : la sanzione è irrogata per garantire un interesse pubblico e non un interesse del datore di lavoro. La commissione valuta il comportamento dei singoli lavoratori e se rileva violazioni o inadempienze delibera le sanzioni e prescrive al datore di lavoro di aprire il procedimento disciplinare nei confronti dei lavoratori che non abbiano posto in essere l'attività richiesta, applicando le relative sanzioni. o Sanzioni collettive nei confronti delle organizzazioni sindacali dei lavoratori che proclamano o aderiscono ad uno sciopero in violazione dell'art 2 (consistono nella sospensione dei permessi sindacali retribuiti e dei contributi sindacali). Minimo di 2500 € e massimo di 50.000 € stabiliti dalla legge; la stessa autorità di garanzia delibererà e quantificherà caso per caso l'entità della sanzione. Anche le sanzioni collettive sono applicate dal datore di lavoro, il quale deve procedere senza alcuna discrezionalità. Egli dovrà versare all'Inps la relativa somma trattenuta ed è sanzionato dalla legge ogni suo ritardo ingiustificato. È prevista anche un ulteriore sanzione di tipo collettivo, irrogabile solo in aggiunta a quella esaminata, consistente nella esclusione dalle trattative per un periodo di due mesi dalla cessazione del comportamento. o Sanzioni amministrative pecuniarie nei confronti dei dirigenti responsabili delle amministrazioni pubbliche e dei legali rappresentanti delle imprese che non osservino le disposizioni previste dall'Art 2, o gli obblighi derivanti dalla regolamentazione provvisoria della commissione di garanzia, o che non prestino una corretta informazione all'utenza. o Sanzioni amministrative pecuniarie nei confronti delle associazioni e degli organismi rappresentativi dei lavoratori autonomi, professionisti e piccoli imprenditori, in solido con i singoli lavoratori autonomi, che aderendo alla protesta si siano astenuti dalle prestazioni, o della regolazione provvisoria CAPITOLO 15 : LA SERRATA La serrata è una forma di lotta sindacale dell'imprenditore, e consiste nella chiusura, totale o parziale, dei luoghi di lavoro da parte del datore di lavoro e nella conseguente sospensione dell'attività lavorativa. Il lavoratore durante la serata mantiene il diritto alla retribuzione pur non eseguendo la prestazione lavorativa, poiché l'impossibilità di rendere la prestazione è imputabile esclusivamente al datore di lavoro. La costituzione non tutela in termini espliciti l'interesse alla serrata né la qualifica come diritto: solo lo sciopero all'articolo 40 Cost è espressamente riconosciuto come diritto di rango costituzionale. ->> il silenzio sul punto indica la volontà del costituente di non equiparare queste due forme di lotta sindacale, ma di prendere atto della disparità di posizione tra lavoratori e imprenditori, riconoscendo ai primi il diritto di sciopero e negando ai secondi il diritto di serrata. Dato che la serrata non è un diritto, è necessario accertare se si tratti di una libertà di fatto (un illecito civile penalmente irrilevante come era nel periodo liberale pre corporativo) o se con l'avvento della costituzione debba qualificarsi come libertà garantita dalla costituzione : - la corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale l'Art 502 CP nella parte che incriminava il reato di sciopero per fini contrattuali e nella parte che incriminava il reato di serrata per fini contrattuali. La corte affermò che la serrata per fini contrattuali rappresentava pur sempre una manifestazione del principio di libertà sindacale garantito dall'articolo 39 Cost, e pertanto non poteva essere considerata una condotta penalmente perseguibile. Da tale impostazione, consegue che al legislatore ordinario non è più consentito incriminare come reato la serrata per fini contrattuali. Esistono tre forme di serrata : 1) serrata offensiva: diretta a conseguire una modificazione in danno dei lavoratori di condizioni preesistenti 2) Serrata difensiva: diretta a scoraggiare iniziative dei lavoratori in tese a conseguire condizioni più favorevoli 3) Serrata di ritorsione: reazione ai modi di conduzione della lotta sindacale da parte dei lavoratori Sono considerate reati ex Art 505 cpla serrata per protesta e la serrata di solidarietà: la libertà costituzionale di serrata opera nel quadro dei rapporti fra datori di lavoro e lavoratori, ma diversamente dallo sciopero, non comprende i comportamenti estranei all'ambito di quei rapporti. La serrata dei piccoli esercenti senza dipendenti viene qualificata dalla corte di cassazione come sciopero. Se la serrata per fini contrattuali è un comportamento penalmente lecito, sul piano civile integra un'ipotesi di mora del creditore -> quando l'imprenditore ricorre alla serrata, cessa di cooperare all'adempimento dell'obbligazione del lavoratore; effetti (articoli 1206 e seguenti c.c.) si concretano nel risarcimento del danno derivante dalla mora dello stesso imprenditore che serra l'azienda. e secondouna dottrina: il risarcimento del danno sarebbe commisurato alle retribuzioni non corrisposte al lavoratore, e tale risarcimento non tollererebbe alcuna detrazione relativa a quanto il lavoratore abbia percepito lavorando altrove (ciò in quanto nella legge sull'impiego privato si prevede che, in caso di sospensione di lavoro per fatto dipendente dal principale, il risarcimento non possa essere inferiore alle mancate retribuzioni) e Secondo un diverso orientamento: l'obbligazione retributiva permane anche in presenza della situazione di mora credenti dell'imprenditore che serra l'azienda, con la conseguenza che le retribuzioni sono dovute come corrispettivo dell'obbligazione lavorativa e non come misura del risarcimento del danno Tuttavia è consentito all'imprenditore rifiutare legittimamente la prestazione di lavoratori non scioperanti quando questa non sia proficuamente utilizzabile in concreto, a causa dello sciopero di altri dipendenti nella stessa azienda. Non ricorre ex Art 1206 c.c. la mora del creditore qualora l'imprenditore rifiuti la prestazione di lavoro per un motivo legittimo. La giurisprudenza ha ritenuto che la serrata di ritorsione (la chiusura dei cancelli in risposta ad uno sciopero articolato) può costituire un motivo legittimo che esclude la mora del creditore -> di conseguenza la sospensione dell'attività produttiva sarebbe un atto lecito da cui non potrebbe derivare l'obbligo a carico del datore di lavoro di risarcire il danno o di corrispondere retribuzioni. Ciò avviene soltanto in due casi : A) Nello sciopero a singhiozzo, se la prestazione lavorativa offerta risulti parziale e comunque non utile per il datore di lavoro B) Nello sciopero a scacchiera, qualora l'astensione dal lavoro di un gruppo di lavoratori renda impossibile ai lavoratori di un altro reparto di effettuare l'esecuzione della prestazione. L'esclusione della mora non si verifica se lo sciopero a singhiozzo o a scacchiera non determina una situazione di oggettiva impossibilità o effettiva inutilità della prestazione di lavoro (l'onere della prova dell'impossibilità oggettiva delle prestazioni offerte grava sul datore di lavoro). La serrata può rilevare come comportamento antisindacale qualora l'azione del datore impedisca l'esercizio dei diritti sindacali e generalmente l'esercizio dell'attività sindacale (esempio della chiusura dell'azienda da parte del datore di lavoro nel giorno in cui si sarebbe dovuta tenere l'assemblea sindacale). Il giudice, qualora accerti la sussistenza di una condotta antisindacale, ordina la sospensione del comportamento contestato e la rimozione degli effetti. L'illecito che deriva dalla condotta antisindacale non solo genera l'obbligo del risarcimento del danno, ma comporta anche la sanzione particolarmente incisiva del ripristino della situazione lesa dalla condotta antisindacale. CAPITOLO 16 : LA REPRESSIONE DELLA CONDOTTA ANTISINDACALE L'articolo 28 dello statuto dei lavoratori legittima il giudice a reprimere ogni comportamento del datore di lavoro diretto ad impedire o limitare l'esercizio della libertà e dell'attività sindacale, e il diritto di sciopero. e L'introduzione della tutela giurisdizionale in un'area tradizionalmente riservata ai rapporti tra le parti è estremamente innovativa ed opera un importante bilanciamento dei poteri tra datore di lavoro e le organizzazioni sindacali. ® Tale tutela è molto ampia, perché è sia inibitoria (comporta la cessazione del comportamento illegittimo), sia ripristinatoria (attraverso la rimozione degli effetti della condotta antisindacale e il ristabilimento della situazione precedente). Tale tutela rappresenta una garanzia dell'interesse sindacale molto più efficace dei rimedi tradizionali del risarcimento del danno e delle forme di invalidità ed inefficacia dell'atto. L'articolo 28 dello statuto dei lavoratori è una norma “in bianco" : non definisce una fattispecie specifica (la condotta del datore di lavoro si configurerà come antisindacale ogni qualvolta questa impedisca o limiti l'esercizio effettivo della libertà sindacale, dell'attività sindacale o del diritto di sciopero). Tale indeterminatezza deriva dal fatto che i beni oggetto della tutela possono essere lesi da una varietà di comportamenti che non è possibile determinare a priori. Il legislatore pertanto ha sanzionato la condotta lesiva del datore di lavoro preferendo ricorrere ad una definizione aperta, che vieta tutte quelle condotte oggettivamente idonea a recare offesa ai beni protetti. Non è necessaria la prova dell'intenzionalità del comportamento del datore di lavoro: la condotta deve essere oggettivamente idonea ed attuale a produrre il risultato vietato dalla legge e consistente nella lesione dei beni giuridici tutelati (esercizio della libertà sindacale, attività sindacale e diritto di sciopero). L'idoneità del comportamento a ledere i diritti e gli interessi del sindacato non implica l'effettiva lesione di queste posizioni soggettive, ma è sufficiente che la condotta denunciata sia potenzialmente idonea a ledere l'interesse del sindacato. Il riferimento all'interesse ad agire richiamato dall'articolo 28: consente di chiarire che il requisito dell'attualità della condotta indica l'attualità degli effetti della condotta (il comportamento denunciato come antisindacale può considerarsi attuale qualora persistano gli effetti della condotta al momento della presentazione della domanda). Non ogni reazione del datore di lavoro alle pretese del sindacato è configurabile come condotta antisindacale: ne consegue che la condotta del datore di lavoro può essere definita antisindacale quando si oppone al conflitto e non quando si oppone alle pretese del sindacato (quindi non può configurarsi come condotta antisindacale: il rifiuto del datore di lavoro di concludere un contratto collettivo a certe condizioni richieste dal sindacato, il rifiuto di procedere alla convocazione di una procedura di raffreddamento e conciliazione, la disdetta di un contratto collettivo da parte del datore di lavoro senza la preventiva consultazione del sindacato). La struttura di norma in bianco dell'articolo 28 ha favorito l'emersione di una casistica giurisprudenziale amplissima; È considerata condotta antisindacale : - La violazione sistematica di clausole normative del contratto collettivo nei confronti dei lavoratori iscritti ai sindacati stipulanti - Il rifiuto ingiustificato di procedere su richiesta dei lavoratori alla trattenuta sullo stipendio dei contributi sindacali e al relativo versamento all'associazione indicata - La sostituzione di lavoratori assenti per sciopero. Al riguardo la giurisprudenza ha specificato che integra una condotta antisindacale solo l'assunzione di altri lavoratori in luogo di quelli scioperanti (non è sanzionabile ex Art 28 la sostituzione dei lavoratori scioperanti con il personale dipendente che non partecipa allo sciopero, perché non può essere negato al datore di lavoro di continuare l'attività aziendale, crumiraggio interno). È però antisindacale la sostituzione di lavoratori in sciopero con personale di livello superiore quando l'adibizione a mansioni inferiori violi l'articolo 2103 c.c. - Omessa informazione e consultazione delle rappresentanze sindacali aziendali nel trasferimento di azienda e nelle procedure di licenziamento collettivo - Violazione delle clausole sui diritti e sulle attività del sindacato contenute negli accordi relativi allo sciopero nei servizi pubblici essenziali Il processo di privatizzazione è stato ampiamente sostenuto dalle grandi centrali sindacali, perché la contrattualizzazione del rapporto ha favorito la sindacalizzazione di questo settore da parte dei sindacati confederali. Anche se la privatizzazione è ormai un fatto compiuto, osservazioni: 1) il rapporto di lavoro e la conseguente contrattazione collettiva nel settore pubblico conserva un tasso di specialità perché il datore di lavoro conserva la natura di soggetto pubblico tenuto ad agire secondo i criteri dell'imparzialità e del buon andamento dell'amministrazione; 2) la privatizzazione non è riuscita a ridurre il divario tra alto costo e produttività scarsa delle pubbliche amministrazioni: le riforme più recenti, come la riforma Brunetta, hanno cercato di incrementare la produttività del lavoro pubblico. Attualmente, le norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche sono contenute nel decreto legislativo numero 165 del 2001. La disciplina in materia di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche è stata riordinata e razionalizzata dalla riforma madia (legge 124 del 2015) : questa riforma condivide con la precedente riforma Brunetta l'attenzione agli aspetti della produttività delle pubbliche amministrazioni, ma sul versante delle fonti prende le distanze dall'intento centralista della riforma Brunetta volto a depotenziare la contrattazione collettiva. L'art 2 dlgs 165/2001 stabilisce che le norme del codice civile e delle altre leggi in materia di lavoro subordinato si applicano ai rapporti alle dipendenze della pubblica amministrazione fatte salve le disposizioni contenute nel presente decreto (la specialità del rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni può continuare ad affermarsi esclusivamente nei limiti tracciati dalle disposizioni specifiche contenute nel dlgs n 165/2001 che operano in deroga alla disciplina privatistica) . Per eliminare trattamenti particolari ad esclusivo vantaggio di piccoli gruppi, si era favorito un generale processo di delegificazione, riconoscendo al contratto collettivo successivo il potere di derogare a norme di legge e a regolamenti recanti discipline speciali del rapporto di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni. Dopo una netta inversione di tendenza da parte del dlgs 150/2009 (che aveva subordinato la possibilità di derogare alle norme di legge particolari solo in caso di espressa previsione in tal senso da parte delle stesse disposizioni), il principio originario è stato oggi riaffermato dalla riforma madia. Infatti il dlgs 75/2017 modifica l'art 2 del dlgs 165/2001: eventuali disposizioni di legge, regolamento o statuto che introducano discipline dei rapporti di lavoro la cui applicabilità sia limitata ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche, possono essere derogate, e per la parte derogata non sono ulteriormente applicabili, a tre condizioni : a) Nelle materie affidate alla contrattazione collettiva b) Nel rispetto dei principi stabiliti dal decreto legislativo 165 del 2001 c) Solo da parte di contratti o accordi collettivi nazionali Le disposizioni del dlgs 165 del 2001 vengono qualificate a carattere imperativo; il legislatore vuole collegare alla nullità delle clausole dei contratti collettivi (ex Art 2) un meccanismo di sostituzione automatica della disciplina contrattuale dichiarata nulla con quella legale. L'attività e l'organizzazione sindacale nel lavoro pubblico L'attività sindacale nel lavoro pubblico ha assunto tratti completamente distinti da quella del settore privato : - prima della privatizzazione: il contratto collettivo non era contemplato come fonte del rapporto di lavoro che, era regolato esclusivamente da leggi, regolamenti ed atti amministrativi. Dunque l’attività sindacale non aveva come obiettivo finale la stipulazione del contratto collettivo (come avveniva invece nel settore privato).pertanto i sindacati si trovavano esclusi dal pubblico impiego ed operavano al massimo come gruppi di pressione sul potere politico al fine di ottenere l'emanazione di leggi, regolamenti e provvedimenti che tenessero in considerazione gli interessi dei dipendenti. - Legge quadro 93 del 1983: comincia ad ufficializzare un momento di negoziazione collettiva nell'ambito del tradizionale statuto pubblicistico del pubblico impiego - Conla privatizzazione: il contratto collettivo diventa fonte diretta di disciplina del rapporto di lavoro - Dopola privatizzazione: l'alto tasso di formalizzazione della rappresentatività sindacale e della contrattazione collettiva da parte delle norme di legge, fa sì che venga a mancare nel settore pubblico il sindacalismo di fatto che caratterizza quello privato. Infatti principi come l’unità di azione e l'effettività non hanno assunto un valore pregnante a fronte di norme di legge che regolano nel dettaglio la contrattazione e l'esercizio dei diritti sindacali. RSA->> in ciascuna amministrazione sono costituite le rappresentanze sindacali aziendali (ex Art 19 statuto dei lavoratori) su iniziativa delle organizzazioni sindacali ammesse alle trattative per la sottoscrizione dei contratti collettivi. Alle RSA spettano, in proporzione alla rappresentatività conseguita, le garanzie previste dagli articoli 23, 24,30 dello statuto dei lavoratori e le migliori condizioni derivanti dai contratti collettivi. | diritti e le prerogative sindacali riconosciuti dallo statuto dei lavoratori alle RSAnel settore privato sono garantiti anche nel settore pubblico privatizzato. RSU->> L'articolo 43 del dlgs 165/2001 stabilisce che, in ciascuna amministrazione che occupi più di 15 dipendenti, debba essere costituito un organismo di rappresentanza unitaria del personale, su iniziativa anche disgiunta delle organizzazioni sindacali, attraverso l'elezione garantita a tutti i lavoratori. L'istituzione degli organismi di rappresentanza unitaria del personale (denominati in seguito all'accordo quadro del 1998 : rappresentanze sindacali unitarie) è indispensabile per il funzionamento dell'intero sistema contrattuale, in quanto dalle votazioni effettuate in questa struttura si ricava il dato elettorale. Le RSU sono interamente elettive e vengono eletti a suffragio universale; la ripartizione dei seggi è proporzionale ai voti conseguiti dai sindacati ammessi alle trattative a livello nazionale e anche da altri sindacati, purché siano costituiti in associazione, abbiano un proprio statuto, e abbiano aderito agli accordi o contratti collettivi che disciplinano l'elezione e il funzionamento dell'organismo. Inoltre l'accordo quadro del 1998 stabilisce che le RSU subentrano alle RSA o ad analoghe strutture sindacali esistenti. Riguardo la titolarità del diritto di assemblea: la cassazione ha precisato che il diritto di indire assemblee dei dipendenti spetta alla RSU quale organismo elettivo a struttura collegiale (la RSU assume ogni decisione a maggioranza dei componenti e si vede riconosciuta la titolarità dei diritti di informazione e consultazione). Ex Art 43 del dlgs 165/2001: sono ammesse alle trattative per il rinnovo del contratto nazionale le organizzazioni sindacali che abbiano una rappresentatività non inferiore al 5% nel comparto. Per calcolare tale percentuale viene considerata la media tra il dato elettorale e il dato associativo (dato associativo: espresso dalla percentuale delle deleghe per il versamento dei contributi sindacali rilasciate nell'ambito considerato; Dato elettorale: espresso dalla percentuale dei voti ottenuti nelle elezioni delle rappresentanze unitarie del personale rispetto al totale dei voti espressi nell'ambito considerato). Anche se i sindacati già rappresentativi sulla base del solo dato associativo non sono obbligati a partecipare all'elezione della rappresentanza unitaria (in quanto possono non partecipare alle elezioni e conservare la propria RSA) un'eventualità del genere non sembra verosimile perché i suddetti sindacati sono fortemente incentivati a partecipare alle elezioni della RSU. Infatti, in assenza del dato elettorale, per essere ammessi alle trattative a livello nazionale i sindacati devono avere un dato associativo molto elevato, cioè una percentuale di iscritti pari al 10%, difficile da conseguire. Le confederazioni sono considerate rappresentative per il solo fatto di affiliare sindacati che rispondano ai criteri appena indicati e, quindi, risultino rappresentativi in almeno due comparti o aree (le confederazioni hanno una rappresentatività derivata dalla rappresentatività delle organizzazioni sindacali loro affiliate). Condotta antisindacale-> L'articolo 63 del dlgs 165 del 2001 pone fine ad una lunga vicenda giurisprudenziale che aveva giustificato una disciplina separata per la condotta antisindacale delle pubbliche amministrazioni. - precedentemente: il giudice ordinario era competente a giudicare le controversie relative alla condotta antisindacale della pubblica amministrazione nei confronti del sindacato, mentre restavano devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie relative alla condotta antisindacale plurioffensiva nei confronti del singolo lavoratore. - L'articolo 63 del DI Gs 165 2001: ha affermato la giurisdizione del giudice del lavoro non solo per le condotte antisindacali pluri offensive nei confronti dei pubblici dipendenti con rapporti di lavoro privatizzati, ma anche con rapporti di lavoro non privatizzati (come i magistrati e il personale militare) . La contrattazione collettiva nel lavoro pubblico La legge quadro 93 del 1983 aveva innestato la contrattazione collettiva sul modello autoritativo del pubblico impiego. Per realizzare ciò ritenne indispensabile la recezione del contratto collettivo in un regolamento, con la conseguenza che la legge quadro aveva formalizzato ed irrigidito la contrattazione (strumento di per sé dinamico) e aveva privilegiato la centralizzazione a discapito della contrattazione collettiva decentrata. Nel nuovo quadro normativo disegnato dalle due privatizzazioni: il contratto collettivo non è più un elemento necessario di un procedimento che si chiude con la recezione del contratto collettivo in regolamento, ma è considerato un atto di autonomia privata che regola direttamente i rapporti di lavoro dei dipendenti pubblici allo stesso modo in cui il contratto collettivo di diritto comune regola i rapporti di lavoro privati. Art 40 dlgs 165/2001: la contrattazione collettiva disciplina il rapporto di lavoro e le relazioni sindacali e si svolge con le modalità previste dal dlgs 165. La stessa disposizione elenca alcune materie nelle quali la contrattazione collettiva è consentita entro i limiti previsti dalla legge, ed altre materie rispetto alle quali la contrattazione del del tutto esclusa. rispettivi ordinamenti + richiama la clausola di rinvio al contratto collettivo contenuta in tutti i contratti individuali di lavoro dei dipendenti pubblici. Il problema dell'efficacia del contratto collettivo nei confronti delle pubbliche amministrazioni datori di lavoro: può essere risolto osservando che l'Aran ha la rappresentanza legale di tutte le pubbliche amministrazioni interessate al contratto collettivo. Regolazione in via legislativa di una procedura per la stipulazione del contratto collettivo + Particolare atteggiarsi dell'efficacia soggettiva del contratto collettivo + Necessità di rispettare la soglia di rappresentatività complessiva ai fini della valida stipulazione = differenziano fortemente il contratto collettivo del settore pubblico da quello privato. Ulteriori elementi che fanno riflettere riguardo la natura giuridica di questo contratto : 1) inserimento obbligatorio nel contratto di clausole che prorogano l'efficacia temporale del contratto o ne sospendono l'esecuzione totale in caso di accertata esorbitanza dei limiti di spesa 2) Previsione di una norma che sancisce la nullità dei contratti integrativi in contrasto con i vincoli e con i limiti previsti dai contratti nazionali 3) Stipulazione di accordi di interpretazione autentica con effetto retroattivo : transazioni collettive che dispongono di diritti di lavoratori già entrati nel loro patrimonio 4) Facoltà del giudice di sospendere il giudizio quando deve definire una controversia sulla validità o efficacia delle clausole di un contratto Anche l'articolo 420 bis C.p.c. prevedeva una procedura analoga nelle controversie su validità ed efficacia delle clausole del contratto collettivo nel settore privato. D'altra parte ormai l'articolo 360 c.p.c. ammette il ricorso per cassazione per violazione o falsa applicazione delle clausole dei contratti collettivi (= la corte di cassazione assolve la funzione di nomofilachia rispetto alla legge, ai contratti collettivi nazionali sottoscritti dall'Aran e ai contratti collettivi nazionali che disciplinano i rapporti alle dipendenze dei datori di lavoro privati. La forma scritta e la pubblicazione sulla GU del testo dei contratti collettivi sono ulteriori elementi che consentono di considerare questo contratto collettivo un contratto nominato, e quindi diverso dal contratto collettivo di diritto comune (innominato). Tali elementi inducono a chiedersi se questo contratto abbia la stessa natura giuridica del contratto collettivo nel settore privato. La contrattazione nel settore pubblico è tenuta a farsi carico anche di interessi diversi da quelli delle parti contrapposte, e perciò sarebbe secondo questa dottrina funzionalizzata (quindi il contratto collettivo si configurerebbe come un contratto di diritto pubblico, fonte del diritto dotata come tale di efficacia generale). —> questa tesi può suscitare qualche perplessità, ma tuttavia ha segnalato i molteplici limiti che incontra l'autonomia contrattuale delle parti individuali e collettive in ragione della natura pubblica del datore di lavoro. Questo contratto, allo stato dell'attuale legislazione, presenta una duplice natura: di atto negoziale e di fonte extra ordinem. Infatti la legge salvaguarda l'autonomia contrattuale quando garantisce alle parti di regolare da sé i propri interessi e d'altra parte, certe disposizioni garantiscono l'efficacia generalizzata che vincola anche i non iscritti e legittima il medesimo contratto a disporre dei diritti dei lavoratori iscritti e non iscritti (sotto questo profilo può dirsi che il contratto collettivo si atteggia alla stregua di una fonte). Inoltre la natura pubblica del soggetto datore di lavoro rileva come limite esterno dell'autonomia contrattuale del soggetto pubblico (il contratto collettivo non è chiamato a realizzare l'interesse pubblico ma certamente non può svolgersi in contrasto con esso). La natura di limite estemo è confermata dall'art 2 dlgs 165/2001: il legislatore ha stabilito con chiarezza che i limiti all'autonomia contrattuale sia della pubblica amministrazione sia dei dipendenti, oltre che dalla disciplina generale del rapporto di lavoro nell'impresa, sono stabiliti esclusivamente dalle disposizioni del dlgs 165 del 2001. CAPITOLO 18 : DIRITTO SINDACALE NELL'UNIONE EUROPEA Comitati aziendali europei Il comitato aziendale europeo (CAE) è stato istituito con la direttiva CE del 1994, attuata nel nostro ordinamento dal dlgs 74/2002. Direttiva successivamente abrogata dalla direttiva CE 38/2009, introdotta per incrementare l'utilizzo dei CAE. Il legislatore italiano a recepito tale direttiva solo nel 2012, con il dlgs 113/2012. Il CAE è un comitato istituito da ogni impresa o in ciascun gruppo di imprese di dimensioni comunitarie. È costituito da dipendenti dell'impresa o del gruppo di imprese di dimensioni comunitarie, con la finalità di informare e consultare i lavoratori con modalità tali da garantirne l'efficacia e consentire un processo decisionale efficace nell'impresa o nel gruppo di imprese. Laddove il dlgs 113/2012 indica : a) definizione di impresa di dimensioni comunitarie : occupa almeno 1000 lavoratori e almeno 150 lavoratori per Stato membro almeno in due Stati membri o un'impresa marittima che impiega almeno 1000 lavoratori marittimi su navi battenti bandiera e comunitarie. b) Definizione di gruppo di imprese: gruppo costituito da impresa controllante e da imprese da questa controllate; Per quanto conceme la nozione di impresa controllante e controllata, il legislatore in sede di recepimento della normativa comunitaria, sceglie di trasporre fedelmente la direttiva, introducendo ai soli fini del presente decreto una nozione peculiare di impresa controllante e controllata. c) Definizione di imprese di dimensioni comunitarie: i) Il gruppo impiega almeno 1000 lavoratori negli Stati membri o impiega almeno 1000 lavoratori marittimi su navi battenti bandiere comunitarie ii) Almeno due imprese del gruppo si trovano in Stati membri diversi ii) Almeno un'impresa del gruppo impiega 150 lavoratori in uno Stato membro e almeno un'altra impresa del gruppo impiega almeno 150 lavoratori in un altro Stato membro d) Definizione di informazione : trasmissione di dati da parte del datore di lavoro ai rappresentanti dei lavoratori per consentire a questi di prendere conoscenza della questione trattata e di esaminarla. e) Definizione di consultazione: instaurazione di un dialogo e scambio di opinioni tra i rappresentanti dei lavoratori e la direzione centrale, nei tempi e secondo modalità che consentano ai rappresentanti dei lavoratori di esprimere un parere in merito alle misure proposte Le parti hanno il compito di istituire per via negoziale il CAE (la direzione centrale o il dirigente dell'impresa hanno l'obbligo di creare le condizioni necessarie all'istituzione dei CAE). Il legislatore individua anche la rappresentanza dei lavoratori, denominata delegazione speciale di negoziazione. Necessità di proporzionare i membri della delegazione al numero di lavoratori occupati in ciascuno Stato membro dell'impresa. Le organizzazioni sindacali hanno l'obbligo di informare l'impresa circa la composizione della delegazione. Ai membri della delegazione speciale di negoziazione e a quelli del CAE, nell'esercizio delle loro funzioni, vengono riconosciuti permessi retribuiti, non retribuiti e tutele in caso di trasfer. Contenuti e forme del dialogo sociale Tra le fonti che regolano il dialogo sociale sono inclusi i rapporti tra le parti sociali e i rapporti tra queste e le istituzioni comunitarie. Il dialogo sociale evoca un modello di relazioni industriali che sostituisce al tradizionale bipolarismo conflittuale, il tripolarismo delle parti proprio dell'esperienza concertativa, in ragione della presenza incisiva della commissione. Art 154 TFUE : La commissione ha il compito di promuovere la consultazione preventiva delle parti sociali a livello dell'unione, attraverso l'adozione di ogni misura utile a facilitame il dialogo, provvedendo ad un sostegno equilibrato delle parti. La commissione, prima di presentare proposte nel settore della politica sociale, consulta le parti sociali sul possibile orientamento di un'azione dell'unione. All'esito della consultazione, qualora ritenga opportuna una azione dell'unione, la commissione consulterà le parti sociali direttamente sul contenuto della proposta stessa. Le parti sociali trasmettono alla commissione un parere; nel corso della consultazione tuttavia possono anche informare la commissione della loro volontà di avviare trattative negoziali. Per evitare che la procedura si presti a manovre dilatorie, l'inizio delle trattative sospende l'iniziativa della commissione per nove mesi. Art 28 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (che, a seguito del trattato di Lisbona, ha assunto lo stesso valore giuridico dei trattati) : È riconosciuto espressamente ai lavoratori, ai datori di lavoro e alle rispettive organizzazioni il diritto a negoziare e concludere contratti collettivi, conformemente al diritto dell'unione e alle legislazioni o prassi nazionali. La possibilità di concludere accordi era già prevista, ma questa sola disposizione non era ritenuta idonea a fondare un principio simile a quello del nostro articolo 39 Cost. L'Art 155 TFUE distingue due tipi di accordi : - accordi liberi: nessun oggetto predeterminato, nessun vincolo procedimentale, dovrebbero essere attuati secondo procedure e prassi proprie delle parti sociali e degli Stati membri. - Accordi istituzionali: possono intervenire solo nell'ambito dei settori contemplati dall'articolo 153 e, richiesta richiesta congiunta delle parti firmatarie, possono essere trasposti all'intero di una decisione o di una direttiva del consiglio. La disciplina contenuta negli accordi europei sarebbe poi destinata a frammentarsi in diversi contratti collettivi nazionali con i problemi che derivano nelle ipotesi di mancata efficacia erga omnes degli stessi. In realtà, la libertà negoziale presuppone che le parti sociali abbiano una rappresentatività sufficiente a garantire un'omogenea applicazione nel territorio della comunità (ma non è chiaro in che termini le organizzazioni sindacali possano essere vincolate nell'applicazione di accordi conclusi a livello europeo). Manca inoltre a livello europeo la relazione fondamentale del rapporto tra lavoratori rappresentati e sindacato rappresentante : lo statuto della confederazione europea dei sindacati infatti non ammette l'iscrizione dei singoli lavoratori, ma conta tra i propri affiliati unicamente associazioni sindacali. Ed inoltre, la legittimazione dei sindacati a livello comunitario dipende da una scelta della commissione piuttosto che da un'investitura dal basso. È evidente quindi che spetta all'iniziativa delle parti sociali europee stipulare l'accordo se ne hanno la forza contrattuale e se sono effettivamente rappresentative. Spetta alle parti nazionali provvedere spontaneamente, secondo le proprie procedure, ad attuare tale