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Riassunto e Analisi De Amicitia, Appunti di Latino

Riassunto e Analisi per capitoli dell'opera di cicerone.

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 18/11/2020

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5 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Riassunto e Analisi De Amicitia e più Appunti in PDF di Latino solo su Docsity! DE AMICITIA I (1-5) : Cicerone, che dedica l'opera ad Attico e spiega all'amico la fonte del dialogo e l'origine delle sue riflessioni sull'amicizia. La storia che si appresta a raccontare deriva dal racconto riferitogli da Quinto Mucio Scevola, a cui Cicerone era stato affidato dal padre quando aveva assunto la toga virile. In questo periodo (presumibilmente l'88 a.C.), Mucio Scevola avrebbe riferito a Cicerone la conversazione tenuta con il suocero Lelio e con l'altro suo genero, Gaio Fannio, poco dopo la morte di Scipione l'Emiliano (o Africano minore). I concetti contenuti nel trattato – spiega Cicerone – sarebbero quelli esposti da Lelio e la forma dialogica sarebbe stata scelta per rendere il discorso più diretto ed evitare ripetizioni. Cicerone, invitato più volte dallo stesso Attico a discorrere sull'amicizia, avrebbe scelto di dare voce a Lelio perché il sentimento che lo legava a Scipione l'Emiliano era il più degno da raccontare. Secondo Cicerone le sue argomentazioni, affidate a uomini più illustri, avrebbero un effetto più incisivo sul lettore. L'autore stesso paragona tale scelta a quella operata nel Cato maior, in quanto Catone gli sembrava la persona più idonea a parlare della vecchiaia. Invita Attico a dimenticare la mano dell'autore e a pensare che sia lo stesso Lelio a parlare. II (6-10) : Prende avvio il dialogo vero e proprio. Il primo a parlare è Gaio Fannio, elogia Scipione l'Emiliano ma soprattutto Lelio, il quale – racconta – viene chiamato sapientem per la sua sapienza e per l'amore della scienza, alla pari di personaggi come Catone (per la sua esperienza) e Lucio Acilio (per la conoscenza del diritto civile). Lelio sarebbe definito così per la sua sapienza e per l'amore della scienza. Diverse persone chiedono a Fannio come il suocero stia affrontando la morte dell'amico, notando anche la sua insolita assenza alla riunione degli auguri in occasione delle None. Interviene Mucio Scevola. Anche a lui la stessa domanda viene posta frequentemente e ai curiosi risponderebbe che Lelio sta affrontando con moderazione il lutto e l'assenza alle None sarebbe dovuta esclusivamente a motivi di salute. Lelio quindi conferma la versione di Scevola, ringrazia Fannio per le parole riservategli, ma lo ammonisce sulla poca importanza che sembra dare alla figura di Catone: nessuno sarebbe sapiente quanto lui e nessuno avrebbe sopportato come lui il dolore per la perdita dei figli. Paragona Catone a Lucio Emilio Paolo Macedonico e a Gaio Sulpicio Gaio, i quali anche loro avevano perso dei figli, ma nessuno si potrebbe anteporre alla figura di Catone. III (10-12) : Neanche Lelio si può anteporre a Catone, perché mentirebbe se dicesse di non sentire la mancanza dell'Emiliano. Nonostante la sofferenza, Lelio dichiara di non aver bisogno di alcuna medicina, perché gode già di quella che gli deriva dall'essere privo di errori, a Scipione non è accaduto nulla di male, in quanto la sua vita è stata piena di soddisfazioni, ottenendo tutto ciò che potesse desiderare. Sin da fanciullo – continua a raccontare Lelio – ha superato le aspettative della famiglia ed è stato eletto due volte console senza che si fosse mai candidato, ha spento future guerre sottomettendo Cartagine e Numanzia, lo ricorda come un uomo devoto alla famiglia, liberale nei confronti della madre e delle sorelle e amato dall'intera Roma, nonostante alcuni sospettino che sia stato ucciso. IV (13-16) : Lelio dichiara di essere in disaccordo con chi crede che l'anima perisca insieme al corpo, perché le sue idee sono più vicine a quelle degli antichi, dei loro antenati oppure a quelle dei Greci (primo tra tutti Socrate), che credevano che l'anima sopravvivesse, anche Scipione era vicino a queste idee. Pochi giorni prima di morire avrebbe infatti tenuto una conversazione con Filo, Manio Manilio e tra gli altri lo stesso Scevola circa lo stato (Cicerone si riferisce qui al De Re Publica), dedicando l'ultima parte del discorso all'immortalità dell'anima. È inutile soffrire, se l'anima sopravvive, nessuno più dell'Emiliano ha diritto di ascendere agli dei; se l'anima perisce con il corpo, la morte non è positiva, ma neanche negativa. Il destino più duro è toccato a Lelio stesso, che gli è sopravvissuto, nonostante sia più anziano. Però potrà godere del ricordo della loro amicizia e si augura possa essere nota anche ai posteri. Fannio chiede a Lelio di esporre le sue teorie circa l'amicizia, Scevola invita il suocero a discuterne. V (17-20) : Lelio accetta di interloquire circa l'amicizia, ma spiega umilmente ai generi che discorrere all'improvviso è uso dei filosofi e non è compito facile, potrà spiegare loro solo alcuni aspetti, come ad esempio la necessità di anteporre l'amicizia a tutte le cose umane. Secondo lui l'amicizia sarebbe un sentimento esclusivamente dei buoni, scredita la visione degli stoici che legavano la bontà alla sapienza, ma che negavano che un uomo così sapiente (e quindi buono) fosse mai esistito. In ogni caso persone definite sapienti come Gaio Fabrizio, Manio Curio, Tiberio Coruncanio, erano palesemente buone. Furono ritenuti buoni perché seguirono, per quanto possibile agli uomini, la natura. Lelio definisce buone le persone dalla forte lealtà e generosità, privi di cupidigia e di vizi. L'uomo segue questo principio: i concittadini sono più cari degli stranieri e i familiari degli estranei, perché con questi è la natura stessa a generare l'amicizia. Nonostante ciò, l'amicizia è superiore alla parentela. VI (20-22) : L'amicizia è un accordo – secondo Lelio – tra le cose divine e umane, accompagnato dall'affetto. È una delle cose migliori date agli uomini. La ricchezza, la salute e la potenza sono meno importanti perché passeggere, mentre il piacere è proprio delle bestie. Chi considera la virtù come il bene maggiore, non è da biasimare perché l'amicizia è propria solo dei virtuosi. Lelio scarta definizioni troppo rigide e astratte di virtù, citando personaggi virtuosi (Paolo, Catone, Galo, Scipione, Filo). Citando Ennio (Incerta), Lelio inizia a elencare i numerosi aspetti positivi dell'amicizia: avere qualcuno a cui raccontare tutto, con cui condividere la buona fortuna e sopportare la cattiva sorte. L'amicizia racchiude in sé più beni. Anche l'amicizia volgare o mediocre giova, ma quella di cui Lelio parla è quella nobile, propria solo di poche persone. VII (23-25) : L'amicizia è superiore a tutte le cose perché dona speranza e non fa piegare l'uomo dinnanzi al destino. Guardare un amico è come rimirare se stessi e anche la morte sembra piacevole, perché accompagnata dal ricordo. La società si basa sull'amicizia, senza la quale neanche le case si ergerebbero, infatti allude a Empedocle (senza nominarlo), il quale diceva che l'amicizia compone e disgrega tutte le cose del mondo. Allude anche a un dramma di Marco Pacuvio (probabilmente Dulorestes), molto gradito al pubblico, in cui Pilade afferma di essere Oreste per salvare l'amico. Lelio dichiara di non avere altro da dire sull'amicizia e di chiedere altro a chi è solito discutere di filosofia. Fannio dichiara che preferisce chiedere a Lelio. Scevola osserva che questo non è comunque pari al discorso sullo stato (De Re Publica), durante il quale Lelio aveva abilmente discusso per difendere la giustizia. Fannio ribatte che sarà stato facile per lui essendo una persona giusta, così Scevola trova uno stratagemma per farlo continuare, dichiarando che per un uomo come lui sarebbe stato altrettanto facile difendere l'amicizia. VIII (26-28) : Quasi costretto a continuare, Lelio riflette su un altro punto: se alla base dell'amicizia ci sia la necessità di avere favori o qualcosa di più nobile. È infatti l'amore il primo motore dell'amicizia. Ci sono rapporti finalizzati a certi scopi, ma questi non sono di amicizia. Lelio crede che l'amicizia sia da legare alla natura piuttosto che alla riflessione sull'utilità che essa possa portare. Questo aspetto si può notare sia nelle bestie che nell'uomo, legati naturalmente con i figli da un rapporto di amore. Inoltre in un amico si scorge un alone di virtù. È proprio la virtù che porta ad amare qualcuno, anche tra chi non si è mai visto, come Gaio Fabrizio e Manio Curio. Invece si è portati a odiare chi non è virtuoso, come Tarquinio il Superbo, Spurio Cassio o Spurio Melio. La virtù ci rende più graditi anche i nemici, come Pirro e Annibale. IX (29-33) : L'amore è ancora più grande in coloro in cui si scorge la virtù e che ci sono legati. L'amore viene rinforzato dal bene ricevuto e dalla devozione. Questo, unito alla simpatia a pelle, possono far nascere una profonda amicizia. Gli Epicurei sostengono che l'amicizia nasce dalla debolezza e dalle mancanze degli uomini. Ma se così fosse solo chi ha bisogno, cercherebbe di creare un rapporto. Lelio espone l'esempio del deceduto Scipione che di certo non aveva bisogno di lui e spiega che il loro affetto si è fondato sulla stima reciproca. I favori che ne seguono non sono comunque fondamentali. Sostiene anche che, l'amicizia derivando dalla natura e questa essendo la natura immutabile, la vera amicizia dura in eterno. X (33-35) : Lelio inizia ad esporre quello che si diceva sull'amicizia tra lui e Scipione l'Emiliano. Quest'ultimo sosteneva che fosse difficile che un'amicizia durasse per sempre, per disaccordi politici che si possono creare o per i reciproci interessi che cambiano. Faceva l'esempio dell'amicizia tra giovani che si conclude presto per litigi di vario genere (partito di matrimonio, un bene che entrambi non possono raggiungere). Le cose che maggiormente possono distruggere un'amicizia sono la brama di denaro e la corsa a una magistratura, anche chiedere di fare qualcosa di disonesto a un amico può rovinare il rapporto. XI (36-39) : Analizza fino a quanto un amico può fare per un altro. Fa l'esempio di Coriolano o di Melio, che nessuno avrebbe aiutato. Cita anche Quinto Elio Tuberone che con altri avevano abbandonato Tiberio Gracco. Al contrario racconta di Gaio Blossio di Cuma che avrebbe fatto qualsiasi cosa per il tribuno. Secondo Lelio si dovrebbe sempre fare ciò che dice un amico, qualora però non crei disordini o inconvenienti. XII (40-43) : Ammettere di aver nociuto allo stato per un amico è una scusa inaccettabile. A causa delle amici di Tiberio Gracco, Scipione Nasica era stato costretto a lasciare Roma. Lelio è preoccupato di cosa possa accadere durante il tribunato di Gaio Gracco, perché la condizione è sempre più preoccupante, soprattutto dopo le leggi Gabina e Cassia; il popolo gli sembra sempre più potente e distante dal senato, quindi più difficile da controllare. Invita così gli uomini buoni di non assecondare ogni richiesta, anche malvagia, degli amici. Paragona Temistocle a Coriolano, i quali avrebbero dovuto tollerare in silenzio l'esilio. XIII (44-48) : Lelio elenca le leggi che devono regolare un'amicizia: non chiedere cose disoneste agli amici, anzi bisogna ammonire i cattivi comportamenti e dare consigli; tenere larghe le redini di un'amicizia e tirarle a piacimento, l'amicizia dovrebbe portare alla tranquillità, per questo, come alcuni ritengono, non si può basare sulla ricerca di favori o potere. Anche se l'animo dell'uomo sapiente è sensibile al dolore, questo non deve comunque sottrarsi all'amicizia per paura o seguendo l'idea stoica secondo cui sarebbe da evitare tutto ciò che turbi la pace, perché sarebbe come ripudiare la virtù stessa. XIV (48-51) : Nulla è piacevole quanto il contraccambio dei servigi, quando c'è l'amicizia, ed entusiasmarsi per i successi altrui. Inoltre l'amicizia si basa sulla somiglianza: i buoni attirano a sé uomini buoni e giusti. Questa stessa bontà si estende anche all'altra gente, perché l'amore, non essendo egoista, punta a voler proteggere interi popoli. Non è l'utilità che deve spingere l'uomo a creare l'amicizia, ma la gioia di vedere l'amore dell'altro. Non è l'amicizia a seguire l'utilità, ma l'utilità a seguire l'amicizia. XV (52-54) : Chi vuole essere amato senza amare e vivere nella ricchezza, è un tiranno. Quando i tiranni cadono si capisce quanto fossero privi di amici. La sua fortuna tiene stretti uomini che lo servono, ma che in realtà non nutrono nei suoi confronti una sincera amicizia, perché soggiogati dall'alterigia e dall'arroganza. Tutti i beni acquistabili, non sono duraturi e utili quanto l'amicizia. XVI (56-60) : Circa il limite dell'affetto da provare verso un amico, ci sono tre opzioni, che Lelio non condivide: la prima è di voler bene a un amico quanto a se stessi, la seconda di voler bene nella misura in cui loro ce ne vogliono, la terza che una persona si stimi nella misura in cui gli amici lo stimano. La prima porta a fare troppo per gli amici, la seconda riduce il rapporto a un vincolo di doveri e la terza smorza la speranza di migliorarsi. Scipione criticava la massima di Biante sull'amicizia, secondo cui ci si doveva avvicinare a un amico pensando che quello un giorno sarebbe potuto diventare un nemico. XVII (61-64) : Secondo Lelio l'amicizia può essere profonda solo quando i costumi di entrambi siano corretti, in modo che qualunque favore fatto a un amico non porti disonore. C'è un limite d'indulgenza verso gli amici, perché bisogna sempre tener presente la virtù. Bisogna scegliere bene i propri amici, così da circondarsi di persone costanti e diligenti. Bisogna verificare il carattere quando si è all'inizio dell'amicizia, così da eventualmente mantenere le distanze. Trovare la vera amicizia è difficile soprattutto tra gli uomini politici, perché il potere e il denaro corrompono l'uomo. Molte persone disprezzano gli amici nella fortuna o abbandonano quelli in difficoltà. Chi invece è costante in entrambi i casi, è un uomo di carattere. XVIII (65-66) : Fondamentale nell'amicizia è la buona fede, che comprende stabilità, schiettezza e vicinanza d'interessi. Nell'amicizia non ci dev'essere nulla di finto e bisogna difendersi dalle accuse, senza essere sospettosi. Ciò va unito a un modo di fare dolce e indulgente. XIX (67-70) : Non bisogna stancarsi di una vecchia amicizia e sostituirla con una nuova (cita un proverbio già ricordato da Aristotele nell'Etica Nicomachea: “Multos modios salis simul edendos esse, ut amicitiae munus expletum sit”). Anche se si presenta una nuova amicizia, le vecchie vanno mantenute e coltivate. Importante è anche sentirsi pari a chi è inferiore. Cita l'esempio di Quinto Massimo, fratello dell'Emiliano, che era stato da lui onorato e trattato sempre da pari. Chiunque abbia raggiunto qualche successo, deve condividerlo con chi gli è vicino.