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Riassunto esame di Diritto Commerciale, testo consigliato Manuale Campobasso, 5a Edizione, Sintesi del corso di Diritto Commerciale

diritto commerciale

Tipologia: Sintesi del corso

2011/2012

Caricato il 09/06/2012

falco123
falco123 🇮🇹

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Scarica Riassunto esame di Diritto Commerciale, testo consigliato Manuale Campobasso, 5a Edizione e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Commerciale solo su Docsity! ©2012, Economia Tor Vergata Triennio Manuale di Diritto Commerciale Campobasso, V Edizione A.A. 2011-2012 Riassunto Manuale di Diritto Commerciale (5a Edizione) Il Codice Civile distingue diverse categorie di imprenditori secondo tre criteri fondamentali: 1) Oggetto di impresa (imprenditore agricolo o imprenditore commerciale); 2) Dimensioni di impresa (impresa piccola o impresa medio-grande); 3) Natura del soggetto che esercita attività di impresa. Tutti gli imprenditori sono assoggettati allo "statuto generale degli imprenditori"; gli imprenditori commerciali non piccoli sono poi assoggettati allo statuto tipico dell'imprenditore commerciale, che prevede ad esempio l'obbligo di iscrizione al registro delle imprese con funzioni di pubblicità legale dichiarativa e l'assoggettamento al fallimento (ai sensi dell'art. 1 L.F) ed alle altre procedure concorsuali. Ai sensi dell'art. 2082 è considerato imprenditore chi eserciti professionalmente una attività economica organizzata ai fini della produzione o dello scambio di beni e servizi. Dall'articolo si evince che l'impresa è attività produttiva di nuova ricchezza; questo esclude dalla categoria di impresa le attività di mero godimento (locazione). Deve essere tuttavia considerata impresa una attività che combina, allo stesso tempo, il godimento della cosa e la produzione di beni e servizi (albergatore). E' pacifico ormai che la qualità di imprenditore debba essere riconosciuta anche quando l'attività svolta dall'impresa sia illecita, al fine di tutelare i creditori di quest'ultima e di sottoporla alla disciplina fallimentare. Una impresa è illegale se l'attività è praticata nella violazione di norme imperative (ad esempio manca l'autorizzazione amministrativa); è invece immorale quando è illecito lo stesso oggetto di impresa. L'illecito svolto da un imprenditore immorale è più grave di quello commesso da un imprenditore illegale. L'imprenditore svolge una attività organizzata, creando un complesso produttivo formato da persone e beni strumentali. Tuttavia, la sempre maggiore fungibilità tra capitale e lavoro ha permesso di considerare imprenditore anche chi opera senza sfruttare prestazioni di lavoro subordinato, creando una attività basata sulla sola organizzazione del fattore capitale. Non è inoltre necessario che l'attività organizzativa si concretizzi nella creazione di un apparato fatto esclusivamente di beni mobili ed immobili.. In definitiva, la qualità di imprenditore non può essere negata, sia quando l'attività è svolta senza l'ausilio di collaboratori, sia quando il coordinamento dei fattori produttivi non si concretizza in un apparato aziendale materialmente percepibile. Va tuttavia considerato che la semplice organizzazione ai fini produttivi del proprio lavoro non può essere considerata attività imprenditoriale, poiché viene a mancare un minimo di etero-organizzazione. Sempre ai sensi dell'art. 2082 è essenziale che l'attività sia svolta con metodo economico, vale a dire tendendo alla copertura dei costi con i ricavi, assicurando in questo modo autosufficienza economica. Data la definizione di economicità è dunque pacifico capire che l'attività svolta non deve essere obbligatoriamente a scopo di lucro; infatti se si assumesse come requisito fondamentale questo scopo sarebbero escluse dalla qualifica di imprese tutte le imprese pubbliche, che in ogni caso non riuscirebbero a coprire completamente i costi con i ricavi effettuando le prestazioni richieste ad un costo "politico". Un altro requisito riscontrabile nell'art. 2082 è quello della professionalità. Con professionalità si intende l'esercizio abituale e non saltuario di una data attività produttiva. Non è tuttavia richiesto che l'attività sia esercitata in modo continuo e senza intervalli temporali; è invece sufficiente che l'attività sia svolta con la cadenza regolare propria di quella determinata attività. Non è richiesto che l'attività sia unica o principale. E' consentito allo stesso imprenditore di praticare più di una attività, e può costituire impresa anche un singolo affare, se per il compimento di questo si è resa necessario il compimento di operazioni molteplici e l'uso di un apparato produttivo complesso. Infine può essere qualificato come imprenditore anche chi produce beni o servizi destinati ad uso personale (impresa per conto proprio). Non sono considerati imprenditori i liberi professionisti, perché questi sono già assoggettati agli specifici statuti propri di ciascuna categoria. Questa esclusione porta alcuni vantaggi come l'esonero dal fallimento, ma porta anche alcuni svantaggi, come l'inapplicabilità dei segni distintivi e della concorrenza sleale. L'imprenditore agricolo In base alla nuova formulazione dell'art. 2135, che aggiunge diversi nuovi elementi rispetto alla precedente, è imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione diretta del fondo, selvicoltura, ©2012, Economia Tor Vergata Triennio Manuale di Diritto Commerciale Campobasso, V Edizione A.A. 2011-2012 allevamento di animale ed altre attività connesse, intendendo per attività connesse tutte le attività volte alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco e le acque dolci, salmastri o marine. Sono inoltre da considerarsi connesse tutte le attività aventi per oggetto la conservazione, manipolazione, trasformazione e commercializzazioni di prodotti provenienti prevalentemente dall'attività agricola di base. Rispetto alle attività agricole tradizionali, sono state aggiunte attività come l'allevamento in batteria, coltivazioni artificiali o fuori terra, che prescindono dall'uso diretto del fondo e quindi non erano considerate dal codice del '42. La sostituzione della parola "bestiame" con il termine "animali" ha permesso di ampliare anche questa categoria. La qualificazione di imprenditore agricolo è stata infine estesa anche all'imprenditore ittico. Si può essere imprenditori agricoli anche per connessione, vale a dire quando l'attività riguarda la manipolazione, trasformazione, conservazione, commercializzazione dei prodotti delle attività agricole di base. La connessione deve essere soggettiva (le attività connesse devono essere svolte dallo stesso soggetto che esercita una delle attività essenzialmente agricole ai sensi dell'art. 2135) ed oggettiva (le due attività devono essere omogenee e i prodotti utilizzati nell'attività connessa devono provenire prevalentemente, e non esclusivamente come prevedeva la disciplina precedente dall'attività agricola di base). L'imprenditore commerciale Ai sensi dell'art. 2195 è da considerare imprenditore commerciale colui che esercita: - Attività industriale legata alla produzione di beni e servizi; - Attività di intermediazione legate allo scambio di beni e servizi; - Attività di trasporto; - Attività bancarie e di assicurazione. Inoltre dovrà essere considerata commerciale ogni impresa non classificabile come agricola. Piccolo imprenditore Il piccolo imprenditore è sottoposto allo statuto generale dell'imprenditore ma è esonerato, anche se esercita attività commerciale, dalla tenuta delle scritture contabili e dall'assoggettamento al fallimento ed alle altre procedure concorsuali. Ai sensi dell'art. 2083 sono piccoli imprenditori i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e tutti coloro che esercitano una attività in cui sia prevalente l'utilizzo di lavoro proprio o della propria famiglia. In base alla più recente disciplina non è soggetto al fallimento l'imprenditore commerciale che dimostri di avere i seguenti requisiti, indicati tassativamente dal 2° comma dell'art. 1 L.F.: - attivo patrimoniale non superiore a 300.000€; - ricavi lordi per 200.000€; - debiti, anche non scaduti, per 500.000€. Le cifre sono calcolate su base triennale dall'ISTAT e possono essere riviste per adeguarle alle variazioni dell'indice dei prezzi al consumo. Basta superare uno solo dei requisiti per essere soggetti al fallimento. Imputazione dell'attività di impresa E' imprenditore il soggetto il cui nome è speso nell'attività di impresa. L'attività di impresa e di conseguenza gli atti giuridici necessari per il suo svolgimento possono tuttavia essere svolti da terzi. E' questo il caso del mandatario, soggetto che agisce nell'interesse di un altro soggetto e che può porre in essere i relativi atti giuridici sia spendendo il proprio nome (mandato senza rappresentanza), sia spendendo il nome del mandante (mandato con rappresentanza). Nel caso di mandato con rappresentanza gli effetti degli atti giuridici posti in essere dal mandatario ricadono direttamente nella sfera giuridica del mandante; nel primo caso invece gli effetti cadono nella sfera giuridica del mandatario e sorgono a carico di questo sia i diritti sia gli obblighi derivanti dagli atti compiuti con i terzi. L'imprenditore occulto E' largamente praticato l'esercizio dell'attività di impresa mediante interposta persona. Uno è il soggetto che compie in proprio nome gli atti di impresa, il c.d. prestanome, altro è il soggetto che dirige di fatto l'impresa e fa propri tutti i guadagni, c.d. imprenditore occulto. Poiché il prestanome ha agito in proprio nome si assume i rischi derivanti dall'attività di impresa, e diviene imprenditore commerciale. I creditori potranno quindi provocarne il fallimento. E' tuttavia vero che il prestanome è quasi sempre dotato di un patrimonio insufficiente, quindi i creditori ben poco potranno ricavare dal suo fallimento. Di conseguenza il rischio di impresa non sarà mai esercitato dal reale dominus dell'impresa, quanto piuttosto dai suoi creditori. Esistono due modi per ©2012, Economia Tor Vergata Triennio Manuale di Diritto Commerciale Campobasso, V Edizione A.A. 2011-2012 I commessi I commessi sono ausiliari subordinati cui sono affidate mansioni esecutive o materiali che li pongono in contatto con i terzi. Possono compiere gli atti che ordinariamente comporta la specie di operazioni cui sono incaricati. Non possono modificare le condizioni di vendita e non possono concedere sconti. L'Azienda Ai sensi dell'art. 2555 è azienda il complesso di beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio dell'attività di impresa. Non possono essere considerati beni aziendali i beni di proprietà dell'imprenditore che non siano espressamente destinati allo svolgimento dell'attività; sono invece considerabili beni aziendali i beni di proprietà di terzi di cui l'imprenditore può disporre liberamente per l'esercizio dell'attività di impresa (ad esempio beni concessi in locazione o in leasing). Il rapporto di strumentalità e complementarietà fra i singoli beni fa si che il complesso unitario dei beni acquisti un valore superiore rispetto al valore dei beni singolarmente considerati. Tale maggior valore si definisce avviamento. L'avviamento oggettivo è quello ricollegabile al rapporto intercorrente tra i vari fattori, che prescinde dall'identità del titolare. L'avviamento soggettivo dipende invece dall'abilità dell'imprenditore sul mercato ed in particolare sulla sua abilità di accrescere la sua clientela. Per aversi trasferimento di azienda non è necessario che l'atto di disposizione comprenda l'intero complesso aziendale. E' infatti necessario e nello stesso sufficiente che sia trasferito un insieme idoneo di fattori tali da consentire l'esercizio di una attività di impresa. I contratti che hanno per oggetto il trasferimento dell'azienda sono validi se stipulati nel rispetto delle forme contrattuali previste per il trasferimento dei singoli beni che compongono l'azienda. Chi aliena una azienda commerciale deve astenersi, per un periodo massimo di 5 anni, dall'iniziare una nuova impresa che possa, per qualunque motivo, sviare clientela dall'azienda ceduta. La norma tutela due esigenze; dapprima quella dell'acquirente di trattenere la clientela dell'azienda e quindi di godere dell'avviamento soggettivo, del quale di regola si è tenuto conto al momento della stipulazione del contratto di alienazione. Dall'altra parte c'è il diritto dell'alienante di non vedere compromessa la propria libertà di iniziativa economica (diritto peraltro riconosciuto nella stessa Costituzione) oltre un arco determinato di tempo ritenuto dal legislatore sufficiente per permettere all'acquirente di consolidare la propria clientela. Il divieto di concorrenza è derogabile ed ha un carattere relativo, sussiste cioè nei limiti in cui la nuova attività d'impresa dell'alienante sia potenzialmente idonea a sottrarre clientela dall'azienda ceduta. Per quanto riguarda la successione nei contratti aziendali è agevolato dal legislatore il subingresso immediato dell'acquirente nei rapporti contrattuali dell'azienda (per i rapporti personali è necessaria un'espressa pattuizione contrattuale e il consenso dei terzi), se non diversamente pattuito al momento della stipulazione del contratto di vendita. Al terzo contraente è riconosciuto il diritto di recedere dal contratto entro tre mesi dalla data di alienazione, se sussiste una giusta causa (il consenso del terzo all'alienazione non è più necessario per il regolare successo dell'atto; tuttavia il terzo può promuovere un'azione di risarcimento del danno verso l'alienante se dimostra che questi non ha osservato la normale cautela nella scelta dell'acquirente). Nella successione dei crediti aziendali la notifica al debitore e la sua accettazione è stata sostituita da una sorta di notifica collettiva, vale a dire dall'iscrizione dell'atto nel registro delle imprese. Per quanto riguarda la successione nei debiti invece, è necessaria l'accettazione da parte del creditore. Una deroga è prevista in caso di trasferimento di un'azienda commerciale. Dei debiti risponde in solido con l'alienante anche l'acquirente se questi risultano dai libri contabili obbligatori. Per quanto riguarda i debiti da lavoro invece, l'acquirente risponde il solido con l'alienante anche se questi non risultano dalle scritture contabili. L'azienda può inoltre formare anche oggetto di usufrutto. La costituzione in usufrutto di una attività di impresa comporta il riconoscimento di alcuni poteri-doveri. L'usufruttuario deve infatti esercitare l'azienda sotto la ditta che la contraddistingue, deve condurre l'azienda senza modificarne l'oggetto o la destinazione e deve conservare l'efficienza dell'organizzazione e degli impianti. La violazione di questi doveri determina la cessazione dell'usufrutto per abuso dell'usufruttuario. L'usufruttuario può però anche godere dei beni aziendali ed ha il potere di disporne nei limiti delle esigenza della gestione; può inoltre acquistare ed immettere nell'azienda nuovi beni. Al termine dell'usufrutto l'azienda sarà quindi composta in tutto od in parte da nuovi beni. E' pertanto previsto che debba essere redatto un inventario dei beni all'inizio ed alla fine dell'usufrutto e che la differenza fra le due consistenze venga regolata in denaro. La disciplina dettata per l'usufrutto di azienda si applica, per ©2012, Economia Tor Vergata Triennio Manuale di Diritto Commerciale Campobasso, V Edizione A.A. 2011-2012 espresso rinvio legislativo, anche all'affitto di azienda. Segni distintivi In un mercato in cui vige un regime di concorrenza che vede la coesistenza di più imprenditori, i quali producono beni e servizi identici o similari, ricopre una grande importanza il sistema dei segni distintivi. La ditta, l'insegna ed il marchio sono i tre principali segni distintivi previsti dall'ordinamento italiano. La ditta contraddistingue la persona dell'imprenditore, l'insegna identifica i locali dell'impresa ed il marchio identifica i prodotti dell'impresa. I segni distintivi permettono alla clientela di individuare con precisione l'imprenditore e quindi di operare scelte consapevoli. Essi rispondono anche all'interesse dei terzi che entrano in contatto con l'impresa a non essere tratti in inganno sull'identità dell'imprenditore. In generale l'imprenditore gode di ampia libertà sulla scelta dei suoi segni distintivi; ha diritto all'uso esclusivo di questi e può trasferire ad altri i propri segni distintivi, monetizzando il loro valore economico. La ditta è il nome commerciale dell'imprenditore; in mancanza di diversa scelta, corrisponde col nome e cognome civile dell'imprenditore. Nella scelta della propria ditta l'imprenditore incontra due limitazioni: infatti questa deve rispettare i principi di verità e novità; per la ditta originaria il requisito di verità è soddisfatto se la ditta contiene almeno il cognome dell'imprenditore. Nella ditta derivata il requisito di verità si riduce ad un requisito di verità "storica". Per quanto riguarda il requisito della novità, l'imprenditore che per primo ha adottato una ditta ha il diritto di utilizzo esclusivo di questa (per le aziende commerciali vale invece il principio di priorità di iscrizione). E' da sottolineare che l'obbligo di differenziazione sussiste nel solo caso in cui le due imprese producano beni o servizi uguali o assimilabili. La ditta è infine trasferibile, ma solo insieme all'azienda. Il marchio è il segno distintivo dei prodotti dell'impresa. Alcuni marchi producono effetti al solo livello nazionale o a livello europeo. La tutela internazionale del marchio è garantita da due convenzioni che consentono di semplificare la procedure per accedere alla tutela del marchio nei singoli Stati aderenti secondo le rispettive discipline nazionali attraverso l'istituto della registrazione. Su di uno stesso prodotto possono coesistere più marchi ma il rivenditore non può sopprimere il marchio del produttore. Il produttore può utilizzare un solo marchio per tutti i propri prodotti (marchio generale) ma può avvalersi di più marchi "speciali" quando vuole differenziare i propri prodotti. Il marchio può essere costituito solo da parole o da figure, suoni, lettere, cifre, disegni o colori. Il marchio può essere costituito anche dalla forma del prodotto ma deve essere una forma "arbitraria" e "capricciosa", non possono perciò essere utilizzate come marchi le forme imposte dalla natura. Per essere tutelato il marchio deve rispondere ai requisiti di liceità, verità, originalità e novità: - liceità: il marchio non deve contenere elementi contrari alla legge, all'ordine pubblico e al buon costume; - verità: il marchio non può contenere segni idonei ad ingannare il pubblico; - originalità: il marchio deve essere originale, non possono essere utilizzate denominazioni generiche; - novità: non deve già essere stato usato da un altro imprenditore dello stesso settore. La registrazione attribuisce al titolare del marchio il diritto all'uso esclusivo dello stesso su tutto il territorio nazionale. Il diritto all'esclusiva del marchio registrato copre non solo i prodotti identici ma anche quelli affini. Con la riforma del 1992 la tutela dei marchi celebri è stata svincolata dall'affinità merceologica. Oggi il titolare di un marchio registrato può far valere il suo diritto di esclusiva anche per prodotti e servizi non affini. Il diritto di esclusiva sul marchio registrato decorre dalla data di presentazione della relativa domanda presso l'ufficio brevetti. La registrazione dura 10 anni ed è rinnovabile per un numero illimitato di volte, sempre con scadenza decennale, salvo che non sia dichiarata la nullità del marchio per difetto originario di uno dei requisiti oppure quando sopravvenga una causa di decadenza. Costituisce causa della decadenza del marchio la volgarizzazione di quest'ultimo. Il marchio registrato è tutelato civilmente e penalmente. In particolare il titolare del marchio può promuovere l'azione di contraffazione volta ad ottenere l'inibitoria e la rimozione degli effetti degli atti lesivi. Resta fermo il diritto del titolare del marchio di procedere alla richiesta di risarcimento del danno se esiste dolo o colpa da parte del contraffattore. In caso di marchio non registrato invece, la tutela del diritto del titolare si basa sull'uso di fatto e sull'effettivo grado di notorietà raggiunto. Il marchio è trasferibile a titolo definitivo o a titolo temporaneo. La disciplina del trasferimento del marchio è mutata con la riforma del 1992; la novità più significativa è la possibilità di trasferimento del marchio con licenza non esclusiva. E' però fissato il principio che dal trasferimento o dalla licenza del marchio non deve derivare inganno nei caratteri dei prodotti o servizi che sono essenziali nell'apprezzamento del pubblico. La licenza non esclusiva è inoltre assoggettata ad un limite ©2012, Economia Tor Vergata Triennio Manuale di Diritto Commerciale Campobasso, V Edizione A.A. 2011-2012 "qualitativo": il marchio deve essere usato per prodotti con caratteristiche qualitative uguali a quelle dei corrispondenti prodotti messi in commercio dal concedente. Infine, l'insegna contraddistingue i locali dell'impresa o l'intero complesso aziendale. Anche l'insegna è sottoposta all'obbligo di differenziazione qualora possa generare confusione nel mercato. L'insegna deve essere lecita e avere sufficiente capacità distintiva. Nulla è invece disposto circa la possibilità di trasferimento dell'insegna anche se si ritiene che questo possa avvenire e che vada in merito seguita la disciplina illustrata per il trasferimento del marchio. Opere dell'ingegno, invenzioni industriali Le opere dell'ingegno e le invenzioni industriali sono le due grandi categorie di creazioni intellettuali tutelate dal nostro ordinamento. Le opere dell'ingegno sono protette dal diritto di autore indipendentemente dal loro pregio e utilità pratica; unica condizione è che l'opera abbia carattere "creativo", che presenti cioè un minimo di originalità. Fatto costitutivo del diritto è la creazione dell'opera, anche se non è necessario che l'opera sia divulgata. Il diritto di autore gode di una duplice tutela, sia morale, sia patrimoniale. I diritti morali sono irrinunciabili ed inalienabili in quanto posti a tutela della stessa persona dell'autore. Secondo i diritti patrimoniali, l'autore ha il diritto di utilizzazione economica esclusiva dell'opera. Il diritto patrimoniale di autore ha durata limitata e si estingue 75 anni dopo la morte dell'autore. Il diritto patrimoniale di autore è liberamente trasferibile; il trasferimento per atto inter vivos può essere sia a titolo definitivo sia a titolo temporaneo. I contratti specificatamente previsti sono il contratto di edizione, con cui l'autore concede in esclusiva ad un editore l'esercizio del diritto di stampare l'opera in cambio di un compenso pattuito, e il contratto di rappresentazione, con il quale l'autore concede non in esclusiva il diritto della sola rappresentazione in pubblico di opere destinate a tal fine. Il diritto di autore è protetto con specifiche sanzioni civili, amministrative pecuniarie e penali. Le invenzioni industriali sono idee creative che appartengono al campo della tecnica; possono essere distinte in: - invenzioni di prodotto: hanno per oggetto l'invenzione di un nuovo prodotto materiale; - invenzioni di procedimento: nuovo modello di produzione di beni già noti; - invenzioni derivate. Per espressa scelta legislativa non sono considerate invenzioni le teorie scientifiche o matematiche, i software e le presentazioni di informazioni. Le invenzioni tutelabili per brevetto devono essere lecite, devono essere nuove, devono implicare un'attività inventiva (non devono essere raggiunte utilizzando una ordinaria conoscenza) e devono avere un'applicazione industriale. La tutela giuridica dell'invenzione ha una componente sia morale sia patrimoniale. Il brevetto per invenzione industriale è concesso dall'ufficio brevetti in seguito a relativa domanda, che deve essere correlata, a pena di nullità, dalla descrizione dell'invenzione nonché dai disegni necessari alla sua intelligenza. Ogni domanda deve avere per oggetto una sola invenzione e deve specificare ciò che si intende debba formare oggetto di brevetto (rivendicazione). Il brevetto per invenzioni industriali dura 20 anni e non è rinnovabile. Il brevetto attribuisce al suo titolare il diritto di esclusiva non solo di fabbricazione ma anche di commercio. Il brevetto è liberamente trasferibile sia per atto inter-vivos sia per mortis-causa, indipendentemente dal trasferimento di azienda. Il brevetto è inoltre possibile oggetto di diritti reali di godimento o di garanzia. Il titolare del brevetto può altresì concedere licenza di uso dello stesso, con o senza esclusiva di fabbricazione. L'invenzione brevettata è tutelata con sanzioni civili e penali. La nuova disciplina in materia di invenzione non brevettata stabilisce che chi ha usato l'invenzione nella propria azienda, ne 12 mesi anteriori al deposito di brevetto altrui, può continuare ad usare l'invenzione nei limiti del preuso. Per la tutela dei modelli industriali il legislatore ha fatto ampio rinvio alla disciplina utilizzata per la brevettazione delle invenzioni industriali. La disciplina della concorrenza Contemporanea presenza sul mercato di numerose imprese in competizione tra loro, nessuna delle quali sia singolarmente in grado di condizionare il prezzo delle merci vendute. Questo è il modello ideale di funzionamento del mercato: la concorrenza perfetta. La concorrenza perfetta è appunto solo un modello ideale e teorico. Nei settori strategici della produzione la tendenza è verso un regime di mercato sempre più lontano dalla concorrenza perfetta. Si vengono così spesso a creare situazioni di oligopolio (mercato caratterizzato dal controllo dell’offerta da parte di poche grandi imprese). Gli imprenditori riescono a sfruttare questa situazione stipulando intese volte a limitare la reciproca concorrenza, arrivando anche al punto da controllare l’intera offerta di un dato prodotto (monopolio di fatto). La salvaguardia del regime di concorrenza non può prescindere da una preclusione delle situazioni limitative della concorrenza, che vanno tenute sotto controllo per evitare che ©2012, Economia Tor Vergata Triennio Manuale di Diritto Commerciale Campobasso, V Edizione A.A. 2011-2012 depositarlo presso l'ufficio del registro delle imprese. Nei consorzi con attività esterna è prevista l'istituzione di un fondo consortile che costituisce patrimonio autonomo e sul quale i creditori si possono soddisfare. Per le obbligazioni assunte in nome del consorzio è chiamato a rispondere esclusivamente il consorzio stesso, mentre per le obbligazioni assunte dagli organi del consorzio per conto dei singoli consorziati rispondono solidamente sia i consorziati sia il consorzio. Esiste una netta distinzione tra consorzio ad attività interna e società; la distinzione si fa tuttavia più sottile quando si confronta il consorzio ad attività esterna con la società. Lo scopo tipico dei consorzi (ricavare un vantaggio patrimoniale sottoforma di minori costi e maggiori ricavi) è diverso dallo scopo delle società lucrative. Tuttavia l'art. 2615-ter afferma che tutte le società (eccetto la società semplice) possono assumere come oggetto sociale gli scopi indicati dall'art. 2602, quindi uno scopo consortile. E' quindi lecito costituire una società per azioni nel cui atto costitutivo si indichi espressamente l'esclusivo scopo consortile. LE SOCIETA' Le società sono organizzazioni di persone e mezzi create dall'autonomia privata per l'esercizio in comune di una attività produttiva. Il legislatore nazionale pone a disposizione dell'autonomia privata otto tipi di società: società semplice, società in nome collettivo, società in accomandita semplice (vanno a costituire la categoria delle società di persone), società a responsabilità limitata, società per azioni, società in accomandita per azioni (vanno a costituire la categoria delle società di capitali), società cooperative, mutue assicuratrici. A questi tipi si sono poi recentemente affiancati la società europea e la società cooperativa europea. Ai sensi dell'art. 2247, con il contratto di società "due o più persone conferiscono beni o servizi per l'esercizio in comune di una attività economica al fine di dividerne gli utili". Tuttavia ad oggi, la s.r.l. (dal 1993) e la s.p.a. (dal 2003) possono essere costituite anche per atto unilaterale. Sia pure con tali eccezioni le società sono quindi enti associativi a base contrattuale che si caratterizzano per la contemporanea presenza di tre elementi: a) i conferimenti dei soci; b) l'esercizio in comune di una attività economica (scopo-mezzo); c) lo scopo lucrativo (scopo-fine). I conferimenti I conferimenti sono le prestazioni cui le parti del contratto si obbligano; essi costituiscono il contributo dei soci alla formazione del patrimonio iniziale della società. La loro funzione è quella di dotare la società del capitale di rischio iniziale; con il conferimento ogni socio destina stabilmente parte della propria ricchezza all'esercizio dell'attività e si espone al rischio di impresa. L'art. 2247 stabilisce che i conferimenti possono essere formati da beni e servizi. Può cioè costituire oggetto di conferimento ogni cosa suscettibile di valutazione economica. Patrimonio sociale e capitale sociale Il patrimonio sociale è il complesso dei rapporti giuridici attivi e passivi che fanno capo alla società. La consistenza del patrimonio sociale è accertata periodicamente mediante la redazione del bilancio di esercizio. Questo garantisce la garanzia principale od esclusiva dei creditori della società. Il capitale sociale è una cifra che esprime il valore in denaro dei conferimenti così come risulta dall'atto costitutivo della società. Il capitale sociale rimane inalterato per tutto il periodo di vita della società: può essere aumentato o diminuito soltanto attraverso la modificazione dell'atto costitutivo. Ha una importante funzione vincolistica e organizzativa. Vincolistica perché indica la frazione di patrimonio netto non disponibile e costituisce una garanzia patrimoniale supplementare per i creditori. Organizzativa perché il suo ammontare è determinante al fine del calcolo degli utili o delle perdite al momento della redazione del bilancio di esercizio. Inoltre può fungere da base di misurazione di alcuni fondamentali diritti soggettivi dei soci: diritti sia amministrativi (diritto di voto) sia patrimoniali (diritto alla percezione degli utili). Tali diritti spettano infatti in maniera proporzionale rispetto alla quota di capitale sociale sottoscritto. Oggetto sociale L'oggetto sociale è il c.d. scopo-mezzo e con questo si intende l'attività economica che i soci si prefiggono di svolgere; deve essere predeterminato nell'atto costitutivo ed è modificabile solo nel rispetto delle norme che regolano le modificazioni dell'atto costitutivo. Per tutte le società questo deve riguardare lo svolgimento di una attività economica, più precisamente lo svolgimento di una attività produttiva. Le società non possono essere costituite per il solo scopo di godimento dei beni conferiti dai soci (la disciplina che si applica in questo caso è quella relativa alla comunione). Illegittime sono anche le società immobiliari di comodo, ovvero società il cui scopo è limitato al concedere il locazione immobili a terzi o agli stessi soci senza fornire alcun servizio collaterale. ©2012, Economia Tor Vergata Triennio Manuale di Diritto Commerciale Campobasso, V Edizione A.A. 2011-2012 Società tra professionisti Gli interventi permissivi accolti in Unione Europea hanno spinto anche in Italia a lavorare per permettere la costituzione di società fra professionisti. Nel 2001 si è arrivati a permettere la costituzione di società tra avvocati, volta a facilitare il libero esercizio della professione di avvocato nell'ambito della UE. La società fra avvocati è regolata dalle norme della società in nome collettivo, ove non diversamente disposto. La società fra avvocati è iscritta in una apposita sezione del registro delle imprese e l'iscrizione ha solo la funzione di certificazione anagrafica e di pubblicità notizia. La società fra avvocati non è esposta al fallimento, in quanto non costituisce attività di impresa. Nella società fra avvocati vige il principio della diretta responsabilità del professionista nei confronti del cliente: questo ha il diritto di chiedere che l'incarico venga conferito ad uno o più soci da lui scelti (solo quello o quelli incaricati sono professionalmente ed illimitatamente responsabili). Nel 2006, con un ulteriore passo in avanti è stata consentita la prestazione di servizi professionali interdisciplinari da parte di società di persone oppure di associazioni tra professionisti (consulenza legale ed assistenza fiscale). Differenziazione tra società tra professionisti, società di mezzi e società di servizi imprenditoriali. Scopo fine L'ultimo elemento caratterizzante delle società è quello costituito dallo scopo perseguito dalle parti. Una società può essere costituita al fine di svolgere una attività economica con i terzi in modo da conseguire utili (lucro oggettivo) da suddividere poi fra i soci (lucro soggettivo). E' questa la società lucrativa o a scopo di lucro. Una società può però anche essere costituita per procurare ai soci un vantaggio patrimoniale diretto consistente in un risparmio di spesa o in una maggiore remunerazione del lavoro prestato dai soci nella cooperativa. Sotto il profilo dello scopo perseguibile le società possono essere distinte in: società lucrative, società mutualistiche e società consortili. In definitiva le società sono enti associativi che operano con metodo economico e per la realizzazione di un risultato economico a favore esclusivo dei soci: la società è quindi un fenomeno essenzialmente egoistico. Tipi di società Le società formano un sistema composto da una pluralità di modelli organizzativi, ciascuno dei quali costituisce una diversa combinazione di risposte legislative ai problemi di disciplina che solleva l’esercizio in forma societaria dell’attività d’impresa. Una prima classificazione è quella basata sullo scopo istituzionale perseguibile: le società cooperative e le mutue assicuratrici (società mutualistiche) si contrappongono a tutti gli altri tipi di società, definiti come società lucrative. Una seconda distinzione (nell’ambito delle lucrative) è quella basata sulla natura dell’attività esercitabile: la società semplice solo per l’esercizio di attività non commerciale; tutte le altre società lucrative possono esercitare sia attività commerciale sia attività non commerciale. Altra distinzione legislativa è quella fra società dotate di personalità giuridica (società di capitali e società cooperative) e società prive di personalità giuridica (società di persone). Nelle società di capitali: è prevista un’organizzazione di tipo corporativo (presenza di una pluralità di organi: assemblea, organo di gestione, di controllo…); il funzionamento degli organi sociali è dominato dal principio maggioritario (maggioranze assembleari calcolate in base alla partecipazione di ciascun socio al capitale sociale); il singolo socio ha il solo diritto di concorrere, con il suo voto, dell’organo amministrativo e/o di controllo (non ha alcun potere diretto); la partecipazione sociale è di regola liberamente trasferibile. Nella società di persone: l’attività si fonda su un modello organizzativo che riconosce ad ogni socio a responsabilità limitata di amministrare la società e richiede di regola il consenso di tutti i soci per le modificazioni dell’atto costitutivo; il singolo socio è investito del potere di amministrazione e di rappresentanza della società indipendentemente dall’ammontare del capitale conferito e dalla consistenza del suo patrimonio personale. Ne consegue che la partecipazione sociale è di regola trasferibile solo col consenso degli altri soci. Ultimo criterio di distinzione è quello basato sul regime di responsabilità: società nelle quali per le obbligazioni sociali rispondono sia il patrimonio sociale sia i singoli soci personalmente e illimitatamente; società nelle quali coesistono istituzionalmente soci a responsabilità illimitata (accomandatari) e soci a responsabilità limitata (accomandanti); società nelle quali per le obbligazioni sociali di regola risponde solo la società con il proprio patrimonio. Il legislatore del 1942 ha operato una netta distinzione: le società di capitali e le società cooperative sono persone giuridiche; la personalità giuridica è invece negata alle società di persone, che godono però di autonomia patrimoniale. ©2012, Economia Tor Vergata Triennio Manuale di Diritto Commerciale Campobasso, V Edizione A.A. 2011-2012 Con il riconoscimento della personalità giuridica, le società di capitali e le società cooperative sono trattate, per legge, come soggetti di diritto formalmente distinte dalle persone dei soci (piena e perfetta autonomia patrimoniale). I beni conferiti dai soci diventano beni di proprietà della società: questa è titolare di un proprio patrimonio, di propri diritti e di proprie obbligazioni distinti da quelli personali dei soci. I creditori personali dei soci non possono soddisfarsi sul patrimonio sociale, né i creditori sociali possono soddisfarsi sul patrimonio personale dei soci. Le società di persone godono invece di autonomia patrimoniale imperfetta: al creditore personale del socio non è permesso aggredire il patrimonio della società, ma è concesso di ottenere la liquidazione della quota del proprio debitore; i creditori della società non possono aggredire direttamente il patrimonio personale dei soci: tale operazione gli è consentita solo dopo aver infruttuosamente escusso il patrimonio sociale. Quindi, le obbligazioni sociali sono obbligazioni della società, cui si aggiunge a titolo di garanzia la responsabilità di tutti (o di alcuni soci nel caso della società in accomandita semplice). Imprenditore è la società (anche se il fallimento della società determina il fallimento dei soci illimitatamente responsabili). Chi costituisce una nuova società può liberamente scegliere fra tutti i tipi di società previsti dalla legislazione nazionale se l’attività non è commerciale, tutti tranne la società semplice se l’attività è commerciale. Se l’attività non è commerciale la scelta del tipo è necessaria solo se le parti vogliono sottrarsi al regime della società semplice. Anche quando l’attività è commerciale un’esplicita scelta del tipo non è tuttavia necessaria. Infatti, il silenzio delle parti in merito è interpretato come implicita opzione per il regime della società in nome collettivo. I modelli organizzativi per i singoli tipi di società non sono rigidi e consentono un parziale adattamento alle esigenze del caso concreto (clausole compatibili con la disciplina del tipo di società prescelto). È invece inammissibile la creazione di un tipo di società del tutto inconsueto e stravagante, che non corrisponde ad alcuno dei modelli legislativi previsti. La società semplice, la società in nome collettivo La società semplice può esercitare solo attività non commerciale. La società in nome collettivo (anche per attività commerciali) è soggetta all'iscrizione nel registro delle imprese con effetti di pubblicità legale (sezione ordinaria). Tutti i soci rispondono solidalmente ed illimitatamente delle obbligazioni sociali. Il contratto di società semplice non è soggetto a forme speciali, salvo quelle previste dalla natura dei beni conferiti. E' prevista l'iscrizione nel registro delle imprese, che avviene nella sezione speciale ed ha effetti di pubblicità legale dal 2001. Il contratto può essere concluso verbalmente o risultare da comportamenti concludenti (società di fatto). Per le società in nome collettivo, regole di forma e di contenuto per l'atto costitutivo sono prescritte solo ai fini dell'iscrizione della società nel registro delle imprese. E' irregolare la società non iscritta perché le parti non hanno provveduto a redigere l'atto costitutivo o perché non hanno provveduto alla registrazione dello stesso; in entrambi i casi si applica la disciplina della collettiva irregolare. L'atto pubblico deve essere quindi redatto per atto pubblico o per scrittura privata autenticata da un notaio e deve contenere: le generalità dei soci, la ragione sociale, i soci che hanno l'amministrazione e la rappresentanza della società, la sede, l'oggetto sociale, i conferimenti, prestazioni dei soci d'opera, i criteri di ripartizione degli utili e la durata della società. Società di fatto e società occulta La società di fatto si perfeziona per fatti concludenti; è regolata dalle norme della società semplice se l’attività esercitata non è commerciale. È regolata dalle norme della collettiva irregolare se l’attività è commerciale. È esposta al fallimento al pari di ogni imprenditore commerciale ed il fallimento della società determina automaticamente il fallimento di tutti i soci: dei soci noti e dei soci occulti (la cui esistenza venga successivamente scoperta). La società occulta è costituita con l’espressa e concorde volontà dei soci di non rivelarne l’esistenza all’esterno: può essere una società di fatto ma può anche risultare da un atto scritto tenuto ovviamente segreto dai soci. L’attività d’impresa è svolta per conto della società ma senza spenderne il nome. La società esiste nei rapporti interni tra i soci ma non viene esteriorizzata: nei rapporti esterni si presenta come impresa individuale di uno dei soci o anche di un terzo, che operano spendendo il proprio nome. Lo scopo è quello di limitare la responsabilità nei confronti dei terzi al patrimonio (di regola modesto) del solo gestore, di evitare cioè che la società e gli altri soci rispondano delle obbligazioni di impresa e siano esposti al fallimento. La recente riforma del diritto fallimentare con il nuovo art. 147, 5° comma, dispone che qualora dopo la dichiarazione di fallimento di un imprenditore individuale risulti che l’impresa è riferibile ad una società di cui il fallito è socio illimitatamente responsabile, si applica agli altri soci illimitatamente responsabili la regola del fallimento del socio occulto. Nel caso di socio occulto di società palese l’attività d’impresa è svolta in nome della società e ad essa è certamente imputabile in tutti i suoi effetti. Nel caso di società occulta invece l’attività d’impresa non è svolta in nome della società; gli atti di impresa non sono ad essa formalmente imputabili (chi opera nei confronti di terzi agisce in nome proprio, sia pure ©2012, Economia Tor Vergata Triennio Manuale di Diritto Commerciale Campobasso, V Edizione A.A. 2011-2012 Nel caso di amministrazione disgiunta, ogni amministratore può decidere e stipulare da solo atti in nome della società (firma disgiunta). Nell’amministrazione congiuntiva tutti i soci amministratori devono partecipare alla stipulazione dell’atto (firma congiunta). La rappresentanza è anche processuale (attiva e passiva): la società può agire o può essere chiamata in giudizio in persona dei soci amministratori che ne hanno la rappresentanza. Nella s.n.c. regolare le limitazioni del potere di rappresentanza degli amministratori non sono opponibili ai terzi se non sono iscritte nel registro delle imprese o se non si provi che i terzi ne abbiano avuta effettiva conoscenza. Nella s.n.c. irregolare l’omessa registrazione si ritorce contro i soci essendo tutelato l’affidamento che i terzi ripongono nel rispetto del modello legale di rappresentanza (si presume che ogni socio che agisce per la società abbia la rappresentanza sociale anche in giudizio). Nella società semplice le limitazioni originarie sono sempre opponibili ai terzi, sicché su costoro incombe l’onere di accertare se il socio che agisce in nome della società ha effettivamente potere di rappresentanza. I soci investiti dell’amministrazione possono essere nominati nell’atto costitutivo o con atto separato. La distinzione acquista rilievo ai fini della revoca della facoltà di amministrare: se l’amministratore è nominato nell’atto costitutivo la revoca deve essere decisa dagli altri soci all’unanimità e non ha effetto se non ricorre una giusta causa; l’amministratore nominato per atto separato è invece revocabile secondo le norme del mandato, quindi anche se non ricorre una giusta causa. Diritti e obblighi degli amministratori sono regolati dalle norme sul mandato. L’amministratore è investito per legge del potere di compiere tutti gli atti che rientrano nel progetto sociale. Nella s.n.c. gli amministratori devono tenere le scritture contabili e redigere il bilancio d’esercizio; devono inoltre provvedere agli adempimenti pubblicitari connessi all’iscrizione nel registro delle imprese. Dei numerosi obblighi ad essi imposti dalla legge o dall’atto costitutivo (sintetizzabili nel dovere generale di amministrare la società con la diligenza del mandatario) gli amministratori sono poi solidalmente responsabili verso la società, con conseguente obbligo di risarcire i danni alla stessa arrecati (tranne esenti da colpa). I soci amministratori avranno diritto al compenso per il loro ufficio (può essere costituito anche da una più elevata partecipazione agli utili). Ai soci esclusi dall’amministrazione sono riconosciuti ampi poteri di informazione e di controllo: diritto di avere dagli amministratori notizie dello svolgimento degli affari sociali, di consultare documenti relativi all’amministrazione, di ottenere il rendiconto al termine di ogni anno. Nella s.n.c., ma non nella società semplice, incombe su tutti i soci uno specifico obbligo: il divieto di concorrenza (è vietato esercitare per conto proprio o altrui un’attività concorrente con quella della società e partecipare come socio illimitatamente responsabile ad altra società concorrente). La violazione del divieto espone il socio al risarcimento dei danni e legittima gli altri soci a deciderne l’esclusione. Modifica dell'atto costitutivo e scioglimento della società Nella società semplice e nella società in nome collettivo, la modifica dell'atto costitutivo richiede il consenso di tutti i soci, se non è convenuto diversamente. Fra le modificazioni del contratto rientrano anche i mutamenti della compagine sociale e di conseguenza il consenso di tutti gli altri soci è atto necessario per il trasferimento della quota sociale sia per atto inter-vivos sia mortis-causa. In entrambi i tipi di società (per la società semplice dal 2001), le modificazioni all'atto costitutivo sono soggette a pubblicità legale e vanno iscritti nel registro delle imprese. Molto frequente è la clausola che prevede modificazioni dell'atto costitutivo per maggioranza ma questa deve rispettare due principi generali: l'obbligo di esecuzione del contratto secondo buona fede e il rispetto della parità di trattamento fra soci. Il socio può cessare di far parte della società per morte, recesso od esclusione. Con il venir meno di un socio non si ha lo scioglimento della società: è rimesso ai soci superstiti il decidere se porre fine alla società o continuarla. Nel caso in cui rimanga un solo socio superstite, questi ha la facoltà di associare a sé altre persone (continuando la società) oppure porvi fine. Se muore un socio, i soci superstiti sono obbligati a liquidare la quota ai suoi eredi nel termine di sei mesi (i soci non sono tenuti a subire il subingresso di eredi nella società). In alternativa possono: - sciogliere anticipatamente la società: gli eredi partecipano alla divisione dell’attivo che residua dopo l’estinzione dei debiti sociali; - continuare la società con gli eredi del socio defunto: è necessario il consenso di tutti i soci superstiti e degli eredi. Il recesso è lo scioglimento del rapporto sociale per volontà del socio: - se la società è a tempo indeterminato ogni socio può recedere liberamente comunicando la sua volontà ai soci con un preavviso di almeno tre mesi; - se la società è a tempo determinato, il recesso è ammesso per legge solo se sussiste una giusta causa. ©2012, Economia Tor Vergata Triennio Manuale di Diritto Commerciale Campobasso, V Edizione A.A. 2011-2012 Un’altra causa di scioglimento del rapporto sociale è costituita dall’esclusione del socio dalla società (in alcuni casi ha luogo di diritto; in altri è facoltativa, cioè rimessa alla decisione degli altri soci). Sono esclusi di diritto il socio che sia dichiarato fallito e il socio il cui creditore particolare abbia ottenuto la liquidazione della quota. Si può avere esclusione facoltativa quando si riscontrano: - gravi inadempienze degli obblighi che derivano dalla legge o dal contratto sociale (mancata esecuzione dei conferimenti, violazione del divieto di concorrenza); - l’interdizione e l’inabilitazione del socio; - la sopravvenuta impossibilità di esecuzione del conferimento per causa non imputabile al socio (es. perimento della cosa da conferire, sopravvenuta inidoneità del socio a svolgere l’opera conferita,…). L’esclusione è deliberata dalla maggioranza dei soci calcolata per teste. Nella società composta da sue soli soci, l’esclusione di uno di essi è pronunciata direttamente dal tribunale su domanda dell’altro. La delibera di esclusione ha effetto decorsi 30 giorni dalla data di comunicazione, periodo entro il quale il socio escluso può effettuare ricorso davanti ad un tribunale, il quale può anche sospendere l'esecuzione della delibera. Nel caso in cui la società sia formata da solo due soci, tale procedimento non è evidentemente possibile e la delibera di esclusione sarà pronunciata direttamente dal tribunale su domanda dell'altro socio. In tutti i casi in cui il rapporto sociale si scioglie limitatamente ad un socio, questi o i suoi eredi hanno diritto alla liquidazione della quota sociale (consistente in una somma di denaro che rappresenta il valore della quota). Il valore della quota è determinato in base alla situazione patrimoniale della società (valutata attribuendo ai beni il loro valore effettivo) nel giorno in cui si verifica lo scioglimento del rapporto. Il pagamento della quota spettante al socio deve essere effettuato entro sei mesi dal giorno in cui si è verificato lo scioglimento del rapporto (tre mesi in caso di scioglimento su richiesta del creditore particolare). Il socio uscente continua a rispondere illimitatamente delle obbligazioni sociali sorte precedentemente lo scioglimento. Le cause di scioglimento della società semplice, valide anche per la collettiva, sono indicate dall'art. 2272: - il decorso del termine fissato dall'atto costitutivo (la proroga può essere espressa o tacita); - la sopravvenuta impossibilità di raggiungimento dell'oggetto sociale (od il suo raggiungimento); - la volontà di tutti i soci (o della maggioranza, se previsto dall'atto costitutivo); - il venir meno della pluralità dei soci (se entro 6 mesi questa non è stata ricostituita); - le altre cause previste dall'atto costitutivo e ad altre cause speciali (liquidazione coatta amministrativa). Al verificarsi di una delle ipotesi la società entra automaticamente in stato di liquidazione, ma non si estingue immediatamente; si deve infatti prima provvedere al soddisfacimento dei creditori sociali ed alla distribuzione fra i soci dell’eventuale residuo attivo. Il procedimento di liquidazione inizia con la nomina di uno o più liquidatori che richiede il consenso di tutti i soci (in disaccordo sono nominati dal tribunale) . Con l’accettazione della nomina, i liquidatori prendono il posto degli amministratori i quali devono presentare loro il bilancio dell’ultimo periodo; insieme devono poi redigere l’inventario dal quale risulta lo stato attivo e passivo del patrimonio sociale. I liquidatori hanno il compito di definire i rapporti che si ricollegano all’attività sociale: conversione in denaro dei beni, pagamento dei creditori, ripartizione fra i soci dell’eventuale residuo attivo. I liquidatori possono compiere dunque tutti gli atti necessari per la liquidazione. In particolare, per procedere al pagamento dei creditori sociali, i liquidatori possono chiedere ai soci i versamenti ancora dovuti, ma solo se i fondi disponibili risultano insufficienti. Se occorre possono richiedere ai soci stessi le somme ulteriormente necessarie. Sui liquidatori incombe un duplice divieto: - non possono intraprendere "nuove operazioni": se violano tale divieto essi rispondono personalmente e solidalmente per gli affari intrapresi nei confronti dei terzi; - non possono ripartire tra i soci, neppure parzialmente, i beni sociali finché i creditori sociali non siano stati pagati. Estinti tutti i debiti sociali, la liquidazione si avvia all’epilogo con la ripartizione tra i soci dell’eventuale attivo patrimoniale residuo convertito in denaro. Il saldo attivo di liquidazione è destinato innanzitutto al rimborso del valore nominale dei conferimenti; l’eventuale eccedenza è poi ripartita fra tutti i soci in proporzione della partecipazione di ciascuno nei guadagni. Nessuna regola specifica è prevista per la chiusura del procedimento di liquidazione nella società semplice. Nella s.n.c. invece, i liquidatori devono redigere il bilancio finale di liquidazione (rendiconto della gestione dei liquidatori: entrate e uscite e situazione patrimoniale finale) e il piano di riparto (proposta di divisione fra i soci dell’attivo residuo). Nella s.n.c. irregolare la chiusura del procedimento di liquidazione determina l’estinzione della società. ©2012, Economia Tor Vergata Triennio Manuale di Diritto Commerciale Campobasso, V Edizione A.A. 2011-2012 Principi diversi valgono per la s.n.c. registrata e per la società semplice: approvato il bilancio finale di liquidazione, i liquidatori devono chiedere la cancellazione della società dal registro delle imprese. La cancellazione può anche essere disposta d’ufficio, quando l’ufficio del registro rilevo alcune specifiche circostanze sintomatiche dell’assenza di attività sociale (irreperibilità presso la sede legale, assenza degli atti di gestione per tre anni consecutivi, mancanza del codice fiscale). Con la cancellazione dal registro delle imprese la società si estingue, quand’anche non tutti i creditori sociali non siano stati soddisfatti: essi possono agire nei confronti dei soci, che restano personalmente e illimitatamente responsabili per le obbligazioni sociali insoddisfatte. Possono inoltre agire nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è imputabile a colpa o dolo di questi ultimi. I creditori della s.n.c. possono richiedere il fallimento della società entro un anno dalla sua cancellazione dal registro delle imprese (art. 10 L.F.). La società in accomandita semplice La società in accomandita semplice è una società di persone che prevede la presenza di due categorie di soci: - i soci accomandatari, che rispondono solidalmente e illimitatamente per le obbligazioni sociali (a loro spetta l’amministrazione della società); - i soci accomandanti, che rispondono limitatamente alla quota conferita (sono obbligati solamente ad eseguire i conferimenti promessi). Questo tipo di società consente l’esercizio in comune di un’impresa commerciale con limitazione del rischio e non esposizione al fallimento personale per i soci accomandanti. Proprio per questo ultimo fatto è un modello societario spesso soggetto ad abusi. Per la costituzione della s.a.s. valgono le regole esposte per la s.n.c. L’atto costitutivo dovrà indicare quali sono i soci accomandatari e quali gli accomandanti. L’atto costitutivo è soggetto ad iscrizione nel registro delle imprese. Quello che contraddistingue la s.a.s. dalla s.n.c. è la ragione sociale; questa deve essere formata con il nome di almeno uno dei soci accomandatari e con l’indicazione del tipo sociale. L’accomandante che consente che il suo nome sia compreso nella ragione sociale risponde di fronte ai terzi illimitatamente e solidalmente con i soci accomandatari per le obbligazioni sociali, perdendo così il beneficio della responsabilità limitata e lo perde per tutte le obbligazioni sociali e nei confronti di qualsiasi creditore sociale. L'amministrazione della società può essere affidata solo ai soci accomandatari. Gli accomandanti non possono compiere atti di amministrazione, né trattare o concludere affari in nome della società, se non in forza di procura speciale per singoli affari. Più esattamente per quanto riguarda l'amministrazione interna l'accomandante è privo di ogni potere decisionale autonomo in merito alla condotta degli affari sociali. Per quanto riguarda l’attività esterna, l’accomandante può concludere affari in nome della società in forza di procura speciale per singoli affari, ma non può agire di fronte a terzi come procuratore generale o institore. Se l’accomandante viola questo divieto risponde di fronte ai terzi illimitatamente e solidalmente per tutte le obbligazioni sociali che siano imputabili alla società (in caso di fallimento, anch’egli sarà dichiarato fallito al pari degli accomandatari). È esposto inoltre all’esclusione dalla società, con decisione a maggioranza degli altri soci. I soci accomandanti hanno il diritto di concorrere con gli accomandatari alla nomina e alla revoca degli amministratori (se l'atto costitutivo prevede la nomina di questi per atto successivo separato), che avviene con il consenso di tutti i soci accomandatari e l’approvazione di tanti soci accomandanti che rappresentano la maggioranza del capitale da essi sottoscritto. I soci accomandanti possono prestare la loro opera, manuale o intellettuale, all’interno della società sotto la direzione degli amministratori. Inoltre, se l’atto costitutivo lo consente, possono dare autorizzazioni e pareri per determinate operazioni, nonché compiere atti di ispezione e di controllo. Per quanto riguarda la disciplina del trasferimento delle partecipazioni sociali, i soci accomandatari sono sottoposti alla disciplina prevista per la s.n.c. (il trasferimento per atto fra vivi della quota degli accomandatari può avvenire solo col consenso di tutti gli altri soci e per la trasmissione a causa di morte sarà necessario anche il consenso degli eredi). Per quanto riguarda gli accomandanti, la loro quota è liberamente trasferibile per causa di morte senza che sia necessario il consenso dei soci. Per il trasferimento per atto fra vivi occorre il consenso dei soci che rappresentano la maggioranza del capitale sociale, salvo che l'atto costitutivo non disponga diversamente. La s.a.s. si scioglie, oltre che per le cause previste per la s.n.c., quando rimangono soltanto soci accomandatari o soci accomandanti, sempre che nel termine di sei mesi non sia stato sostituito il socio che viene meno. Inoltre, se sono venuti meno i soci accomandatari, i soci accomandanti devono nominare un amministratore provvisorio (anche un socio accomandante), i cui poteri sono per legge limitati al compimento degli atti di ordinaria amministrazione (l’amministratore provvisorio non diventa socio accomandatario). ©2012, Economia Tor Vergata Triennio Manuale di Diritto Commerciale Campobasso, V Edizione A.A. 2011-2012 Il notaio che ha ricevuto l’atto costitutivo deve depositarlo, entro venti giorni, presso l’ufficio del registro delle imprese, allegando all’atto costitutivo i documenti che comprovano l’osservanza delle condizioni richieste per la costituzione. Se il notaio non provvede, l’obbligo incombe sugli amministratori. Nell’inerzia di entrambi (punita con sanzione amministrativa pecuniaria) ogni socio può provvedervi a spese della società. Al notaio spetta la verifica del rispetto delle condizioni stabilite dalla legge per la costituzione, quindi deve svolgere un vero e proprio controllo di legalità, sia formale sia sostanziale. Se il notaio chiede l’iscrizione nel registro delle imprese di un atto costitutivo nel quale risultano inesistenti le condizioni richieste, egli stesso è soggetto a una sanzione amministrativa. Se tale controllo ha esito positivo, il notaio richiede l’iscrizione della società nel registro delle imprese; con l’iscrizione, che ha effetto costitutivo, la società acquista la personalità giuridica e viene ad esistenza. Non è configurabile una società per azioni irregolare, come era invece possibile per la società in nome collettivo. Può verificarsi che nel periodo fra la stipulazione dell’atto costitutivo e l’iscrizione della società nel registro delle imprese vengano compiute operazioni in nome della costituenda società. Per tali operazioni sono illimitatamente e solidalmente responsabili verso i terzi coloro che hanno agito (è da escludersi ogni responsabilità della società non ancora venuta ad esistenza). Prima dell’iscrizione nel registro delle imprese è vietata l’emissione delle azioni, ad eccezione della costituzione per pubblica sottoscrizione. La nullità della S.p.A. Prima della registrazione vi è solo un contratto di società e tale contratto può essere dichiarato nullo o annullato nei casi e con gli effetti previsti dalla disciplina generale dei contratti ai sensi dell'art. 1418 C.C.. La situazione muta radicalmente dopo l’iscrizione nel registro delle imprese; con questa viene ad esistere una società, anche se invalidamente costituita. L’ordinamento non può ignorare che la legalità sia stata violata, ma la sanzione deve essere comminata alla società-organizzazione (può consistere anche nello scioglimento della stessa). Per questo motivo nasce la disciplina della nullità della s.p.a. iscritta. In seguito all’iscrizione nel registro delle imprese, la s.p.a. può essere dichiarata nulla se: - manca la stipulazione dell’atto costitutivo nella forma dell’atto pubblico; - l’oggetto sociale è illecito; - l’atto costitutivo è privo di indicazioni riguardanti la denominazione della società, i conferimenti, l’ammontare del capitale sociale o l’oggetto sociale. La possibilità di dichiarare invalida una società è circoscritta a casi eclatanti e di difficile accadimento. La dichiarazione di nullità della s.p.a. non pregiudica l’efficacia degli atti compiuti in nome della società dopo l’iscrizione nel registro delle imprese. Inoltre i soci non sono liberati dall’obbligo dei conferimenti fino a quando non sono soddisfatti i creditori sociali, né hanno diritto di chiedere indietro i conferimenti già eseguiti. In sintesi, la dichiarazione di nullità della società opera come semplice causa di scioglimento della società. La nullità della società iscritta non può essere dichiarata se la causa di essa è stata eliminata e di tale eliminazione è stata data pubblicità mediante iscrizione nel registro delle imprese, prima che sia intercorsa la sentenza dichiarativa di nullità. S.p.A. unipersonale Il codice civile del 1942 vietava la costituzione di una s.p.a. da parte di una singola persona e sanciva la nullità della società in mancanza di pluralità di soci fondatori. In base all’attuale disciplina, approvata nel 2003: - è consentita la costituzione della s.p.a. con atto unilaterale di un unico socio fondatore; - anche nella s.p.a. unipersonale per le obbligazioni sociali di regola risponde solo la società col proprio patrimonio. La limitazione di responsabilità dell’unico socio fondatore opera solo per le obbligazioni sorte dopo l’acquisto della personalità giuridica da parte della società. Sia in sede di costituzione della società, sia in sede di aumento del capitale sociale, l’unico socio è tenuto a versare integralmente, al momento della sottoscrizione, i conferimenti in denaro (quindi non solo il 25%). È importante la trasparenza: per consentire ai terzi di conoscere agevolmente se la società è unipersonale, negli atti e nella corrispondenza della società deve essere indicato se questa ha un unico socio. I dati anagrafici dello stesso devono essere iscritti nel registro delle imprese a cura degli amministratori. Anche l'omissione di tale pubblicità impedisce che operi per l'unico socio il regime di responsabilità limitata. Una particolare disciplina è introdotto per assicurare maggiore trasparenza tra i rapporti che intercorrono fra la società e l'unico socio. I contratti conclusi tra società ed unico socio sono opponibili ai creditori della società solo se risultano dal libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio di amministrazione o da un atto scritto avente data certa anteriore al pignoramento. ©2012, Economia Tor Vergata Triennio Manuale di Diritto Commerciale Campobasso, V Edizione A.A. 2011-2012 Per quanto riguarda la responsabilità per le obbligazioni sociali della s.p.a. unipersonale vale la regola opposta a quella dettata dal codice del 1942: l’unico socio non incorre in responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali. Quindi ora anche la s.p.a. (oltre alla s.r.l.) può essere utilizzata per l’esercizio sostanzialmente individuale dell’attività d’impresa, senza che ciò determini di per sé la perdita del beneficio della responsabilità limitata. Sono previste tuttavia due eccezioni che comportano, in caso di insolvenza della società, la responsabilità illimitata dell’unico socio: - quando non sia osservata la disciplina dell’integrale liberazione dei conferimenti; - fino a quando non sia stata attuata la specifica pubblicità dettata per la s.p.a. unipersonale dall’art. 2362. I patrimoni destinati La creazione di patrimoni destinati consente di limitare il rischio di impresa. Con la creazione di questi sono individuati uno o più patrimoni separati che rispondono solo delle obbligazioni relative a predeterminate e specifiche operazioni economiche. L’attuale disciplina offre due modelli di patrimoni destinati: a) la s.p.a. può costituire uno o più patrimoni ciascuno dei quali destinato in via esclusiva ad uno specifico affare, sia pure entro i limiti del 10% del proprio patrimonio netto; b) la società può stipulare con i terzi un contratto di finanziamento di uno specifico affare, pattuendo che al rimborso totale o parziale di un finanziamento siano destinati i proventi dell’affare stesso o parte di essi. La prima modalità che prevede la costituzione di un patrimonio destinato avviene con apposita deliberazione adottata dall’organo amministrativo della società a maggioranza assoluta. La delibera costitutiva deve contenere una serie di dati volti a consentire l’identificazione dell’affare, dei beni e dei rapporti giuridici compresi nel patrimonio destinato. La deliberazione deve essere verbalizzata da un notaio, è soggetta ad iscrizione nel registro delle imprese e diventa produttiva di effetti da quando sono decorsi sessanta giorni dall’iscrizione. Decorso tale termine si producono gli effetti della separazione patrimoniale. I creditori della società non possono più far valere alcun diritto sul patrimonio destinato al singolo affare. Nel contempo, delle obbligazioni contratte per realizzare lo specifico affare la società risponde di regola solo nei limiti del patrimonio destinato. Per ciascun patrimonio destinato dovranno essere tenuti separatamente i libri e le scritture contabili. Realizzato l’affare, o se lo stesso è divenuto impossibile, anche per fallimento della società, gli amministratori redigono un rendiconto finale che deve essere depositato presso l’ufficio del registro delle imprese (se permangono creditori insoddisfatti, questi possono chiedere entro novanta giorni la liquidazione del patrimonio destinato). Più semplice è la disciplina dettata per la secondo modalità: in questo caso si tratta di un contratto di finanziamento di uno specifico affare, con previsione che al rimborso totale o parziale del finanziamento sono destinati, in via esclusiva, tutti o parte dei proventi dell’affare stesso. Il patrimonio separato è in tal caso formato dai proventi dell’affare, dai relativi frutti e dagli investimenti eventualmente effettuati in attesa del rimborso al finanziatore. Delle obbligazioni nei confronti del finanziatore risponde esclusivamente il patrimonio separato. Tuttavia se la società fallisce prima del compimento dell'affare il finanziatore potrà insinuarsi nel fallimento per le somme non riscosse. In alternativa, se il fallimento della società non impedisce la realizzazione dell’operazione, il curatore può decidere di subentrare nel contratto assumendone gli oneri relativi; ovvero il finanziatore può chiedere di realizzare o di continuare l'operazione per conto proprio o affidandola a terzi. I conferimenti Nella S.p.A. possono formare oggetto di conferimento solo le prestazioni di dare. I conferimenti costituiscono i contributi dei soci alla formazione del patrimonio iniziale della società; la loro funzione è quella di dotare la società del capitale di rischio iniziale per lo svolgimento dell’attività d’impresa. Il valore in denaro dei conferimenti promessi dai soci costituisce il capitale sociale della società. Esiste una specifica disciplina dei conferimenti che persegue una duplice finalità: - quella di garantire che i conferimenti promessi dai soci vengano effettivamente acquisiti dalla società; - quella ulteriore di garantire che il valore assegnato dai soci ai conferimenti sia veritiero. Nella s.p.a. i conferimenti devono essere effettuati in denaro se nell’atto costitutivo non è stabilito diversamente. Per garantire l’effettività almeno parziale del capitale, è disposto l’obbligo di versamento immediato presso una banca di almeno il 25% dei conferimenti in denaro o dell’intero ammontare se si tratta di società unipersonali. Costituita la società, gli amministratori possono chiedere in ogni momento ai soci i versamenti ancora dovuti. Dal titolo azionario devono risultare i versamenti ancora dovuti e in caso di trasferimento delle azioni l'obbligo di versamento dei conferimenti residui ricade sia sull'acquirente sia sull'alienante. La responsabilità dell'alienante è però limitata nel tempo (3 anni dall'iscrizione dell'atto di trasferimento) e sussidiaria rispetto alla responsabilità dell'acquirente. Il socio in mora nei versamenti non può esercitare il diritto di voto. La società (in caso di inadempimento del socio) è tenuta ad offrire le azioni agli altri soci, in proporzione della loro partecipazione e per un corrispettivo non inferiore ai conferimenti ancora dovuti. In mancanza di offerte, la società può far vendere le azioni a mezzo di una banca o di un intermediario autorizzato. Se la vendita coattiva non ha esito, gli amministratori possono dichiarare decaduto il socio, trattenendo i conferimenti già versati e salvo risarcimento ©2012, Economia Tor Vergata Triennio Manuale di Diritto Commerciale Campobasso, V Edizione A.A. 2011-2012 dei danni ulteriori arrecati. Le azioni del socio escluso entrano a far parte del patrimonio della società e questa può ancora tentare di rimetterle in circolazione entro l’esercizio. Svanita anche quest’ultima possibilità, la società deve annullare le azioni rimaste invendute riducendo di pari importo il capitale sociale. Non tutte le cose diverse dal denaro possono essere conferite in s.p.a., al contrario della società di persone. È infatti espressamente stabilito che non possono formare oggetto di conferimento le prestazione di opera o di servizi, per la oggettiva difficoltà di valutarle economicamente; queste possono formare oggetto solo di prestazioni accessorie. Esistono limitazioni anche per quanto riguarda i conferimenti dei beni in natura e dei crediti (stessa disciplina della società di persone). Al momento della sottoscrizione, il socio deve porre in essere tutti gli atti necessari affinché la società acquisti la titolarità e la piena disponibilità del bene conferito, e le azioni corrispondenti a tali conferimenti devono essere immediatamente liberate. È ammissibile invece il conferimento di diritti di godimento, dato che la società acquista col consenso del conferente l’effettiva disponibilità del bene ed è in grado di trarne tutte le utilità. Per quanto riguarda i beni immateriali, è conferibile ogni prestazione di dare suscettibile di valutazione economica oggettiva e di immediata messa a disposizione della società (es. diritti di brevetto per marchi o invenzioni industriali). La valutazione ed il controllo della stima I conferimenti diversi dal denaro devono formare oggetto di uno specifico procedimento di valutazione regolato dall’art. 2343, la cui finalità è quella di assicurare una valutazione oggettiva e veritiera e di verificare che il valore nominale attribuito al bene non sia superiore al suo valore reale. Chi conferisce beni in natura o crediti deve presentare una relazione giurata di stima di un esperto designato dal tribunale: si deve attestare che il loro valore è almeno pari a quello ad essi attribuito ai fini della determinazione del capitale sociale. La relazione deve essere allegata all'atto costitutivo e deve restare depositata presso l'ufficio del registro delle imprese. Entro centottanta giorni dalla costituzione della società, gli amministratori devono controllare le valutazioni contenute nella relazione di stima e, se necessario, devono procedere alla revisione. Nel frattempo le azioni corrispondenti sono liberate ma inalienabili e devono restare depositate presso la sede della società. Se dalla revisione risulta che il valore dei beni o dei crediti conferiti è inferiore di oltre un quinto rispetto a quello per cui avvenne il conferimento, la società deve ridurre proporzionalmente il capitale sociale e annullare le azioni che risultano scoperte. Al socio è concessa una duplice alternativa per evitare queste conseguenze: può versare la differenza in denaro oppure recedere dalla società (ha diritto alla restituzione in natura del bene conferito ed alla liquidazione delle azioni possedute al loro valore attuale). Il descritto procedimento di stima non è necessario nei casi in cui il valore del bene conferito sia ben desumibile da altre circostanze; in particolare non si richiede una relazione giurata di stima: - per i titoli quotati nel mercato dei capitali; - quando il valore equo risulti dal bilancio approvato da una società sottoposta alla revisione legale dei conti; - quando il valore equo risulti da una relazione di stima non anteriore di 6 mesi rispetto al conferimento. Se non intendono contestare il valore della stima gli amministratori procedono ad una dichiarazione, da iscrivere nel registro delle imprese, nella quale prendono atto delle circostanze che giustificano l'esenzione dal procedimento illustrato dall'art. 2343. Fino all'iscrizione di tale dichiarazione le azioni corrispondenti sono inalienabili. E' necessaria la preventiva autorizzazione dell’assemblea ordinaria e la presentazione da parte dell’alienante della relazione giurata di stima di un esperto designato dal tribunale per l’acquisto da parte della società di beni o crediti dai promotori, dai fondatori, dai soci attuali o dagli amministratori quando: - il corrispettivo pattuito è pari o superiore al decimo del capitale sociale; - l’acquisto è compiuto nei due anni dall’iscrizione della società nel registro delle imprese. Oltre l’obbligo dei conferimenti, l’atto costitutivo può prevedere l’obbligo per i soci, o per alcuni di essi, di eseguire prestazioni accessorie non consistenti in denaro, determinandone anche contenuto, durata, modalità e compenso. Le prestazioni accessorie costituiscono un utile strumento per vincolare stabilmente i soci ad effettuare a favore della società prestazioni che non possono formare oggetto di conferimento. Le azioni Le azioni sono le quote di partecipazione dei soci nella società per azioni. Sono partecipazioni-tipo omogenee e standardizzate, sono liberamente trasferibili e di regola rappresentate da documenti (titoli azionari) che circolano secondo la disciplina dei titoli di credito. Nella s.p.a. infatti il capitale sociale è diviso in un numero determinato di parti di identico ammontare, ciascuna delle quali costituisce una azione e attribuisce identici diritti nella società e verso la società. Una singola azione è per sua natura indivisibile. In relazione al capitale sociale sottoscritto ogni socio diventa proprietario di un determinato ammontare di azioni, che restano tendenzialmente distinte ed ©2012, Economia Tor Vergata Triennio Manuale di Diritto Commerciale Campobasso, V Edizione A.A. 2011-2012 I vincoli sulle azioni Le azioni possono essere costituite in usufrutto o in pegno e possono formare oggetto di misure cautelari ed esecutive. In questi casi il diritto di voto compete al creditore pignoratizio o all’usufruttuario, che dovranno esercitarlo senza ledere gli interessi del socio, a pena di un risarcimento dei danni nei suoi confronti. Se le azioni sono poste sotto sequestro il voto è esercitato dal custode. Gli altri diritti amministrativi spettano invece disgiuntamente sia al socio sia al creditore pignoratizio o all’usufruttuario. Se le azioni sono poste sotto sequestro sono invece esercitati dal custode. Il diritto di opzione spetta invece al socio, il quale deve provvedere almeno tre giorni prima della scadenza al versamento delle somme necessarie per l’esercizio del diritto di opzione. In mancanza, gli altri soci possono offrire di acquistarlo. In caso di aumento gratuito di capitale, il pegno, l'usufrutto o il sequestro si estendono automaticamente alle azioni di nuova emissione. Il socio deve provvedere al versamento delle somme dovute sulle azioni non liberate. In mancanza il creditore pignoratizio può far vendere le azioni tramite una banca o altro intermediario autorizzato, con trasferimento del pegno sul ricavato (della vendita dell’azione). In caso di usufrutto, l’usufruttuario deve provvedere al versamento, salvo il suo diritto alla restituzione delle somme versate al termine dell'usufrutto. Limiti alla circolazione delle azioni Le azioni sono in via di principio liberamente trasferibili. La libera trasferibilità è tuttavia esclusa o limitata per legge in determinate ipotesi. Vi sono dei limiti legali che impediscono l’alienazione di azioni liberate con conferimenti diversi dal denaro prima del controllo della valutazione del valore. Inoltre le azioni con prestazione accessoria non sono trasferibili senza il consenso del CdA. I limiti convenzionali sono determinati da accordi intercorsi fra i soci; possono risultare dall’atto costitutivo della società (limiti statutari) o da patti parasociali (non presenti nell’atto costitutivo). I limiti imposti dai patti parasociali alla circolazione delle azioni vengono definiti sindacati di blocco; questi hanno lo scopo di evitare l’ingresso in società di terzi non graditi e vincolano solo le parti contraenti. Essi sono assoggettati ai limiti di durata ed agli specifici obblighi informativi previsti per i sindacati di voto, a cui sono frequentemente accompagnati. L’inadempiente sarà tenuto solo al risarcimento dei danni nei confronti degli altri soci contraenti. L’inopponibilità ai terzi dei patti parasociali incentiva la conclusione di accordi all’interno dell’atto costitutivo. In tal modo le clausole limitative acquistano efficacia reale: vincolano tutti i soci, anche futuri. Le clausole statutarie più diffuse sono le clausole di prelazione, di gradimento e di riscatto. La clausola di prelazione è la clausola che impone al socio, che intende vendere le azioni, di offrirle preventivamente agli altri soci e di preferirli ai terzi a parità di condizioni (questo per impedire l’ingresso in società di soci non graditi senza impedire all’azionista uscente di realizzare il valore economico della partecipazione). La violazione del patto di preferenza comporta l’inefficacia del trasferimento; i soci beneficiari hanno il diritto di riscattare dal terzo acquirente le relative azioni. Le clausole di gradimento possono essere distinte in 2 sottocategorie - clausole che richiedono il possesso di determinati requisiti da parte dell’acquirente (ad es. cittadinanza italiana, professione, …) - clausole che subordinano il trasferimento delle azioni al consenso di un organo sociale (ad es. CdA). La validità delle clausole di gradimento del primo tipo è sempre stata fuori discussione. Per quanto riguarda invece le clausole di gradimento del secondo tipo (definite clausole di mero gradimento) la disciplina attuale ne consente l'inserimento nell'atto costitutivo, se prevedono in caso di rifiuto del gradimento, un obbligo di acquisto a carico della società o degli altri soci o il diritto di recesso da parte dell'alienante. È oggi prevista anche l’introduzione di clausole statutarie che prevedono un potere di riscatto delle azioni da parte della società o dei soci al verificarsi di determinati eventi. Il valore di rimborso è determinato applicando le disposizioni in tema di diritto di recesso dell’azionista e trova applicazione anche il relativo procedimento di liquidazione. Le clausole statuarie limitative della circolazione possono essere introdotte o rimosse nel corso della vita della società ma è pacifico che in questo caso (salvo diversa disposizione dello statuto) è consentito il recesso dalla società ai soci che non hanno concorso all'approvazione della delibera. Le operazioni della società sulle proprie azioni Le operazioni della società sulle proprie azioni sono considerata con estremo sfavore dal legislatore e sono in linea di principio vietate, sia pure con alcuni temperamenti. Le situazioni attualmente regolate sono tre: sottoscrizione, acquisto ed altre operazioni. In nessun caso la società può sottoscrivere azioni proprie. Il divieto ha carattere assoluto ed offre una sola parziale deroga, introdotta nel 2003, per l'esercizio del diritto di opzione sulle azioni proprie detenute dalla ©2012, Economia Tor Vergata Triennio Manuale di Diritto Commerciale Campobasso, V Edizione A.A. 2011-2012 società. Il divieto colpisce sia la sottoscrizione diretta (fatta per nome e per conto della società), sia quella indiretta (fatta per conto della società ma in nome di terzi). La sanzione è tuttavia singolare: non è disposta la nullità ma le azioni devono intendersi sottoscritte e devono essere liberate dai soggetti che materialmente hanno violato il divieto, al fine di assicurare l'effettivo versamento dei conferimenti. Meno rigido è invece l'atteggiamento per quanto riguarda l'acquisto di azioni proprie da parte della società (operazione che può dar luogo ad una riduzione del capitale reale senza l'osservanza della relativa disciplina e senza la diminuzione del capitale sociale nominale). L'operazione è consentita ma la società deve rispettare 4 condizioni: - le somme utilizzate nell'acquisto non devono eccedere l'ammontare di utili distribuiti e delle riserve disponibili; - le azioni da acquistare devono essere interamente liberate; - l'acquisto deve essere autorizzato dall'assemblea straordinaria; - nelle società che fanno ricorso al mercato di capitale di rischio il valore nominale delle azioni acquistate non può eccedere un quinto del capitale sociale. Le azioni acquistate in violazioni di una di queste condizioni devono essere vendute entro un anno dal loro acquisto. In mancanza dovranno essere annullate, con conseguente riduzione del capitale sociale. La disciplina illustrata si applica anche nel caso in cui l'acquisto sia effettuato mediante interposta persona. Per contro, sono previsti dei casi eccezionali in cui l'acquisto di azioni proprie non è sottoposto a suddette limitazioni, vale a dire quando l'acquisto è effettuato ai fini della riduzione del capitale sociale da effettuare mediante riscatto ed annullamento delle dette azioni. I diritti sociali relativi alle azioni proprie sono sterilizzati. Le azioni proprie sono tuttavia computate ai fini del calcolo del quorum costitutivo e deliberativo dell'assemblea. Gli amministratori non possono disporre delle azioni proprie senza la preventiva autorizzazione dell'assemblea, la quale dovrà definire anche le relative modalità (l'autorizzazione alla vendita può essere contestuale all'autorizzazione all'acquisto [trading di azioni proprie]). Le altre operazioni sulle azioni previste dal legislatore sono l'assistenza finanziaria per l'acquisto o la sottoscrizione di azioni proprie e l'accettazione di azioni proprie in garanzia. L'assistenza finanziaria consiste nel concedere prestiti o fornire garanzie di qualsiasi tipo a favore di terzi o dei soci per la sottoscrizione o l'acquisto di azioni proprie. Tali operazioni sono consentite previa approvazione dell'assemblea straordinaria, sulla base di una relazione degli amministratori nella quale deve essere indicato lo specifico interesse della società nel concedere assistenza finanziaria. La società non può invece accettare azioni proprie in garanzia. Le partecipazioni reciproche Le partecipazioni reciproche fra società di capitali danno luogo a pericoli di carattere patrimoniale e amministrativo. Pericoli che si accentuano quando fra le due società intercorre un rapporto di controllo, dato che la controllata può facilmente subire le direttive della controllante nella scelta dei propri investimenti azionari e nell’esercizio del voto. Nel caso della sottoscrizione reciproca del capitale due società si costituiscono od aumentano il capitale sociale sottoscrivendo l’una il capitale dell’altra, creando una moltiplicazione illusoria di ricchezza (aumenta il capitale sociale mentre resta invariato il capitale reale). Nel contempo ciascuna delle due società dispone di un pacchetto di voti da gestire nell’altra. Al contrario, l’acquisto reciproco di azioni lascia inalterato il capitale nominale, ma determina una riduzione dei rispettivi capitali reali. Questo processo determina un indiretto rimborso dei conferimenti degli azionisti delle due società (la società A rimborsa i soci della società B e viceversa), con effetti incrociati del tutto identici a quelli cui dà luogo l’acquisto di azioni proprie. In sintesi, l’acquisto reciproco di azioni è possibile senza alcun limite quando fra le due società non intercorre un rapporto di controllo e nessuna delle due è quotata in borsa. Se l’incrocio è realizzato fra società controllante e sue controllate, l’acquisto da parte della società controllata è considerato come effettuato dalla controllante stessa; è perciò assoggettato alle limitazioni previste per l’acquisto di azioni proprie (le azioni o quote acquistate in violazione di tali condizioni devono essere alienate entro un anno dal loro acquisto). Diversa è invece la disciplina nel caso in cui una o entrambe le società siano quotate in borsa, ma fra le stesse non intercorra alcun rapporto di controllo. In tale caso sono previsti solo limiti quantitativi: - se entrambe le società sono quotate, l'incrocio non può superare il 2% del capitale con diritto di voto; - se una sola è quotata, questa non può arrivare al 10% del capitale della società non quotata. In caso di violazione la società che ha superato il limite: - non può esercitare il diritto di voto per la parte eccedente il tetto stabilito; - deve alienare l'eccedenza entro 12 mesi; - in caso di mancata alienazione il divieto di diritto di voto si estende all'intera partecipazione. Qualora il voto venga comunque esercitato, le deliberazioni sono annullabili e l'impugnazione può essere disposta dalla Consob. ©2012, Economia Tor Vergata Triennio Manuale di Diritto Commerciale Campobasso, V Edizione A.A. 2011-2012 Le partecipazioni rilevanti e i gruppi di società L’attuale disciplina prevede un obbligo di comunicazione alla società partecipata ed alla Consob per: - tutti coloro che partecipano, direttamente o indirettamente, in una società con azioni quotate in misura superiore al 2% del capitale di questa; - le sole società con azioni quotate che partecipano, direttamente o indirettamente, in società con azioni non quotate o in società a responsabilità limitata in misura superiore al 10% del capitale di queste. Le percentuali vengono calcolate tenendo conto solo del capitale rappresentato da azioni o quote con diritto di voto e solo delle azioni o quote che , direttamente o indirettamente, attribuiscono il diritto di voto. In caso di violazione degli obblighi di comunicazione vengono comminate sanzioni pecuniarie, mentre è mantenuta ferma per le sole partecipazioni in società quotate l’ulteriore sanzione della sospensione del voto. Qualora la società ammetta ugualmente il socio a votare, la relativa deliberazione assembleare è impugnabile se il voto di quel socio è stato determinante per la formazione della maggioranza. Oltre che alla società partecipata, le partecipazioni rilevanti vanno comunicate alla Banca d’Italia (partecipazioni in società bancarie, di intermediazione mobiliare, di gestione del risparmio,…), alla Consob (società di intermediazione mobiliare, digestione nel risparmio,…) e all’Isvap (società di assicurazione). L'acquisto di partecipazioni rilevanti in società quotate Il passaggio di proprietà di partecipazioni di controllo di società quotate deve avvenire con la massima trasparenza e con modalità che consentano a tutti gli azionisti di partecipare al premio di maggioranza che l'operazione può comportare. Per realizzare tali obiettivi sono stati introdotti due principi cardine: - l'offerta pubblica di acquisto (OPA) è la sola procedura che consente di tutelare gli azionisti di minoranza in caso di cambiamento del gruppo di comando. L'opa è perciò resa obbligatoria quando è trasferita una partecipazione di controllo; - l'opa deve svolgersi nel rispetto di determinate regole di comportamento, inderogabilmente fissate per legge. L'opa successiva totalitaria consente agli azionisti di minoranza di società con titoli quotati di uscire dalla società a seguito del mutamento dell'azionista di controllo. Per titoli si intendono tutti gli strumenti finanziari che attribuiscono il diritto di voto nell'assemblea ordinaria o straordinaria. E' tenuto a promuovere una opa chiunque, in seguito ad acquisti, venga a detenere una partecipazione superiore al 30% dei titoli che consentono di esercitare una influenza sulla gestione della società. L'offerta deve avere ad oggetto l'acquisto di tutti i titoli quotati ancora in circolazione. E' fissato per legge anche il prezzo minimo, reso più oneroso dalla riforma del 2007: è il prezzo più elevato pagato dall'offerente per l'acquisto di titoli della medesima categoria nei 12 mesi anteriori all'offerta. Per le categorie di titoli rispetto alle quali l'offerente non ha effettuato acquisti a titolo oneroso il prezzo è quello medio ponderato di mercato degli ultimi 12 mesi o del minor periodo disponibile. Chi intende acquisire il controllo di una società quotata può lanciare un'opa volontaria preventiva che lo porti a detenere una partecipazione superiore al 30%. L'opa preventiva può essere parziale o totale. L'opa totale non è soggetta a condizioni e l'offerente può fissare liberamente il prezzo di acquisto. L'opa preventiva parziale deve avere per oggetto almeno il 60% dei titoli di ciascuna categoria. L'esonero dall'opa successiva totalitaria deve però essere autorizzato dalla Consob ed è subordinato all'approvazione dell'offerta da parte degli azionisti di minoranza della società bersaglio. L'obbligo di opa non sussiste se la partecipazione del 30% è stata acquisita mediante una stessa opa o una offerta pubblica di scambio totalitaria o se il superamento del 30% è dovuto ad operazioni dirette al salvataggio di imprese in crisi o per trasferimenti tra società dello stesso gruppo. Inoltre la legge impone a chi consegue una partecipazione quasi totalitaria di acquistare i titoli ancora in circolazione. L'obbligo di acquisto residuale è previsto: - se l'offerente viene a detenere almeno una partecipazione pari al 95% del capitale, è obbligato ad acquistare tutti i titoli di coloro che ne facciano richiesta; - se l'offerente viene a detenere una partecipazione superiore al 90% non provvede entro 90 giorni a ripristinare un adeguato flottante. Nel contempo chi viene a detenere in seguito al lancio di una qualsiasi opa più del 95% del capitale rappresentato da titoli ha diritto ad acquistare coattivamente tutti gli altri titoli rimasti in circolazione, purché nel documento di offerta abbia espressamente dichiarato di volersi avvalere di tale diritto. La violazione dell'obbligo di lanciare un'opa o di acquisto residuale è punita con sanzioni particolarmente dissuasive: - il diritto di voto inerente all'intera partecipazione detenuta non può essere esercitato; - i titoli eccedenti le percentuali che fanno scattare l'obbligo di opa o di acquisto residuale devono essere alienati entro 12 mesi. Sono previste anche sanzioni pecuniarie. Le offerte pubbliche di acquisto e di scambio L'offerta pubblica di acquisto (corrispettivo in denaro) o di scambio (altri strumenti finanziari) è una proposta irrevocabile rivolta a parità di condizioni a tutti i titolari di prodotti finanziari che ne formano oggetto. L'offerta ©2012, Economia Tor Vergata Triennio Manuale di Diritto Commerciale Campobasso, V Edizione A.A. 2011-2012 Il gruppo insolvente Manca ancora oggi una disciplina del gruppo insolvente. Può trovare applicazione generale la regola enunciata con riferimento all’amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi, la quale dispone che in caso di direzione unitaria del gruppo, gli amministratori delle società che hanno abusato di tale direzione rispondono in solido con gli amministratori della società dichiarata insolvente dei danni da questa cagionati alla società stessa. L'assemblea La s.p.a. è caratterizzata da tre distinti organi: - l’assemblea dei soci, ha funzioni esclusivamente deliberative (decisioni di maggior rilievo della vita sociale); - organo amministrativo, che si occupa della gestione dell’impresa sociale (gli amministratori hanno la rappresentanza legale della società e danno attuazione alle deliberazioni dell’assemblea); - l’organo di controllo interno, con funzioni di controllo sull’amministrazione della società. Per quanto riguarda l’amministrazione e il controllo sono previsti due organi di nomina assembleare: l’organo amministrativo e il collegio sindacale. Con la riforma del 2003 il controllo contabile è stato affidato ad un organo di controllo esterno alla società: revisore contabile o società di revisione. Questa riforma ha introdotto altri due sistemi alternativi tra i quali la società può scegliere: - il sistema dualistico: amministrazione e controllo sono esercitati da un consiglio di sorveglianza, di nomina assembleare, e da un consiglio di gestione (nominato dal consiglio di sorveglianza); - il sistema monistico: amministrazione e controllo esercitati rispettivamente dal c.d.a. (nominato dall’assemblea) e da un comitato per il controllo sulla gestione costituito al suo interno. L’assemblea è l’organo composto dai soci. È un organo collegiale che decide secondo il principio maggioritario. La volontà dei soci riuniti in assemblea, che rappresentano la maggioranza di capitale, vale come volontà della società e vincola tutti i soci, anche se assenti o dissenzienti, purché siano state rispettate le norme che regolano il procedimento assembleare. Nelle assemblee che adottano il sistema tradizionale o monistico, l’assemblea ordinaria: - approva il bilancio; - nomina e revoca gli amministratori, i sindaci e i presidenti del collegio sindacale (quando previsto il soggetto incaricato della revisione dei conti); - determina il compenso degli amministratori e dei sindaci, se non è stabilito nell'atto costitutivo; - delibera sulla responsabilità degli amministratori e dei sindaci; - delibera sulle autorizzazioni eventualmente richieste dallo statuto per il compimento di atti degli amministratori; - approva l’eventuale regolamento dei lavori assembleari. Più ristrette sono le competenze dell’assemblea ordinaria nelle società che optano per il sistema dualistico. L’assemblea, in sede straordinaria, delibera: - sulle modifiche dello statuto; - sulla nomina, sulla sostituzione e sui poteri dei liquidatori; - su ogni altra materia espressamente attribuita dalla legge alla sua competenza. Diversi sono i quorum costitutivi e deliberativi richiesti per l’assemblea ordinaria e quella straordinaria. Per evitare che l’assenteismo degli azionisti impedisca di deliberare, è poi prevista una seconda convocazione con quorum inferiori, per l’assemblea sia ordinaria che straordinaria. Nelle società che hanno emesso diverse categorie di azioni, all’assemblea generale si affiancano delle assemblee speciali. Alle assemblee speciali si applicano le norme dettate per l'assemblea straordinaria se la società non è quotata, le norme dell'assemblea degli azionisti di risparmio se la società è quotata. Il procedimento assembleare La convocazione dell'assemblea è di norma decisa dall'organo amministrativo ogni qualvolta questi lo ritenga opportuno. La convocazione dell'assemblea da parte degli amministratori è obbligatoria: - almeno una volta l'anno, entro 120 giorni dalla chiusura dell'esercizio per consentire l'approvazione del bilancio. Lo statuto può stabilire un termine maggiore ma in ogni caso non superiore a 180 giorni in quelle società tenute alla redazione del bilancio consolidato. - quando ne sia fatta richiesta da tanti soci che rappresentano almeno 1/10 del capitale sociale (1/20 nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio). Se gli amministratori oppure in loro vece i sindaci non provvedono, la convocazione dell'assemblea è ordinata con decreto dal tribunale, il quale designa anche la persona che deve presiederla. Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio un numero di soci che rappresenta almeno 1/40 del capitale sociale, può ©2012, Economia Tor Vergata Triennio Manuale di Diritto Commerciale Campobasso, V Edizione A.A. 2011-2012 chiedere l'integrazione dell'ordine del giorno di un'assemblea già convocata, con domanda scritta da presentare entro 10 giorni dalla pubblicazione dell'avviso di convocazione. La convocazione dell'assemblea deve essere disposta dal collegio sindacale ogni qualvolta gli amministratori non ne abbiano provveduto o quando nell'espletamento del suo incarico ravvisi fatti censurabili di rilevante gravità e vi sia urgente necessità di provvedere (nelle società quotate il potere di convocazione può essere esercitato anche da 2 soli membri del collegio sindacale). L'assemblea è convocata nel comune in cui ha sede la società. Nelle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, la pubblicazione dell'avviso di convocazione avviene sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica, almeno 15 giorni prima del giorno fissato per l'adunanza. Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, l'avviso di convocazione deve essere pubblicato non meno di 30 giorni prima sul sito internet della società e con le altre modalità fissate dalla Consob. L'avviso deve contenere l'indicazione del giorno, dell'ora e del luogo dell'adunanza e l'elenco delle materie da trattare (ordine del giorno). Pur in assenza di convocazione, l'assemblea è regolarmente costituita quando è rappresentato l'intero capitale sociale (con diritto di intervento) e partecipa la maggioranza dei componenti degli organi di amministrazione e di controllo (assemblea totalitaria). Una volta costituita, l'assemblea è presieduta dalla persona indicata dallo statuto o, in mancanza, da quella eletta con il voto della maggioranza dei presenti (il presidente è assistito da un segretario designato nello stesso modo). Il presidente verifica la regolarità della costituzione dell'assemblea, accerta l'identità e la legittimazione dei presenti, regola il suo svolgimento ed accerta i risultati delle votazioni. Ai soci intervenuti, che raggiungono 1/3 del capitale è consentito chiedere il rinvio dell'assemblea di non oltre 5 giorni. Le delibere assembleari devono constare da verbale, sottoscritto dal presidente e dal segretario o dal notaio (se si tratta di assemblea straordinario il verbale deve essere redatto da un notaio). Validità delle deliberazioni Si definisce quorum costitutivo la parte del capitale sociale che deve essere rappresentata in assemblea perché questa sia regolarmente costituita e possa iniziare i lavori. Si definisce invece quorum deliberativo la parte del capitale sociale che si deve esprimere a favore di una determinata deliberazione perché questa sia approvata. L’assemblea ordinaria in prima convocazione è costituita dai soci che rappresentano almeno la metà del capitale sociale con diritto di voto; delibera col voto favorevole della metà più una delle azioni (maggioranza assoluta). L’assemblea ordinaria di seconda convocazione può validamente deliberare qualunque sia la parte del capitale rappresentata in assemblea e le delibere sono approvate con il voto favorevole della maggioranza delle azioni che hanno preso parte alla votazione (maggioranza relativa). Per l’assemblea straordinaria, nelle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, in prima convocazione non è espressamente previsto un quorum costitutivo, anche se lo stesso risulta indirettamente dal fatto che il quorum deliberativo è rappresentato da aliquote dell’intero capitale sociale con diritto di voto e non del solo capitale intervenuto in assemblea (come per l’assemblea ordinaria). L’assemblea straordinaria di seconda convocazione è regolarmente costituita con la partecipazione di oltre un terzo del capitale sociale e delibera col voto favorevole di almeno i due terzi del capitale rappresentato in assemblea (per talune delibere sono richieste maggioranze più ampie anche in seconda convocazione). Per le società che fanno ricorso al capitale di rischio, e quindi anche per le società quotate, il quorum costitutivo minimo è almeno la metà del capitale sociale in prima convocazione e più di un terzo in seconda convocazione. I quorum deliberativi, sia in prima che in seconda convocazione, sono di almeno i due terzi del capitale rappresentato in assemblea. Sono state soppresse tutte le maggioranze rafforzate in precedenza richieste per delibere di particolare importanza, con eccezione dell'esclusione del diritto di opzione. Lo statuto può modificare solo in aumento le maggioranze previste (ma non per l'approvazione del bilancio e per la nomina e la revoca delle cariche sociali). È consentito infine che lo statuto preveda convocazioni ulteriori la seconda, a cui si applicano le discipline illustrate per la seconda. Nelle società che fanno ricorso al mercato di capitale di rischio, lo statuto può stabilire che l'assemblea si celebri in un'unica convocazione alla quale si applicano direttamente le maggioranze più basse. Il diritto di intervento ed il diritto di voto Possono intervenire in assemblea, oltre al rappresentante comune degli azionisti di risparmio, gli amministratori ed i sindaci, coloro a cui spetta il diritto di voto, quindi gli azionisti con diritto di voto, l'usufruttuario o il creditore pignoratizio ed il socio che ha dato le proprie azioni in pegno o usufrutto. Nelle società non quotate la condizione che legittima l'intervento in assemblea, ovvero il diritto di voto, deve sussistere nel giorno stesso dell'adunanza. Lo statuto può però stabilire l'onere di preventivo deposito delle azioni entro un termine prefissato presso la sede della società. Nelle società quotate la condizione che legittima ad intervenire si determina immodificabilmente con riferimento alla situazione esistente "al termine della giornata contabile del settimo giorno di mercato aperto" predecedente l'adunanza (data di registrazione). Le azioni restano liberamente alienabili, ma i trasferimenti delle azioni "non rilevano ai fini della legittimazione". Lo statuto può inoltre ©2012, Economia Tor Vergata Triennio Manuale di Diritto Commerciale Campobasso, V Edizione A.A. 2011-2012 consentire l'intervento in assemblea mediante mezzi di telecomunicazione o l'espressione del voto per corrispondeza o in via elettronica. La rappresentanza in assemblea Gli azionisti possono partecipare all’assemblea sia direttamente sia a mezzo di rappresentante. L’istituto di rappresentanza in assemblea consente la partecipazione indiretta dei piccoli azionisti alla vita della società e agevola il raggiungimento delle maggioranze assembleari nelle società con diffuso assenteismo dei soci. È però, nel contempo, istituto che può prestarsi ad abusi. La delega deve essere conferita per iscritto e deve contenere il nome del rappresentante, che può farsi sostituire solo da altra perdona indicata nella delega stessa. La rappresentanza non può essere conferita ai membri degli organi amministrativi e di controllo e ai dipendenti della società (divieti soggettivi). La stessa persona non può rappresentare più di venti soci; se si tratta di società che fanno ricorso al capitale di rischio, non più di cinquanta, cento o duecento soci a seconda del capitale sociale. Con la riforma del 2003 è stata circoscritta alle sole società quotate la regola secondo la quale la rappresentanza può essere conferita soltanto per singole assemblee, anche se ha effetto per le convocazioni successiva della stessa. E' stato poi permesso di conferire delega per via elettronica, secondo modalità stabilite dallo statuto. Se lo statuto non dispone diversamente, la società tenuta a nominare per ciascuna assemblea un soggetto al quale gli azionisti possono conferire senza spese una delega con istruzione di voto su tutte o su alcune proposte dell'ordine del giorno. Sono stati soppressi i limiti quantitativi al cumulo delle deleghe da parte del medesimo rappresentante e sono caduti anche i divieti soggettivi. Il rappresentante deve comunicare al socio per iscritto le circostanze da cui deriva una sua condizione di conflitto di interessi ed in questo caso la procura dovrà contenere specifiche istruzioni di voto da parte del socio per ciascuna delibera per cui è stata conferita la rappresentanza. Con la riforma del 1998 sono stati introdotti gli istituti della sollecitazione e della raccolta delle deleghe. La sollecitazione è la richiesta del conferimento di deleghe di voto rivolta da uno o più soggetti (promotori) a più di 200 azionisti su specifiche proposte di voto accompagnata da raccomandazioni o altre dichiarazioni idonee ad influenzarne il voto. La raccolta di deleghe è la richiesta di conferimento di deleghe effettuata da associazioni di azionisti esclusivamente nei confronti dei propri associati che comunque non sono tenuti a conferire la delega. La Consob deve assicurare trasparenza e correttezza nella raccolta delle deleghe tali da consentire all’azionista una decisione consapevole. Limiti all'esercizio del voto. Il conflitto di interessi Con l’esercizio del diritto di voto il socio concorre alla formazione della volontà sociale in proporzione del numero di azioni possedute. L’esercizio del diritto di voto è rimesso all’apprezzamento discrezionale del socio, il quale deve esercitarlo senza arrecare danno al patrimonio sociale. Se la maggioranza sia ispirata esclusivamente ad interessi extra sociali, danneggiando la società, le deliberazioni sono annullabili. Se un azionista, in una determinata delibera, ha un interesse personale contrastante con quello della società, si ha conflitto di interessi. In questo caso la delibera approvata con il suo voto determinante è impugnabile qualora possa recare danno alla società. A tal fine sono necessarie due condizioni: che il voto sia determinante e che l'esercizio del diritto di voto possa nuocere la società. L’articolo 2373, riguardo i casi di conflitto di interesse, vieta ai soci amministratori di votare nelle deliberazioni riguardanti la loro responsabilità; nel sistema dualistico, vieta ai soci componenti del consiglio di gestione di votare nelle deliberazioni riguardanti la nomina, la revoca o la responsabilità dei consiglieri di sorveglianza. La disciplina del conflitto di interessi consente di reprimere gli abusi della maggioranza a danno del patrimonio sociale. Alcune deliberazioni possono essere adottate dalla maggioranza per danneggiare i soci di minoranza (con conseguente annullabilità della delibera). Sono rari i casi in cui si è pervenuti all’annullamento di delibere assembleari per abuso del diritto di voto (è difficile per il socio di minoranza provare che la delibera sia stata presa al solo fine di ledere la sua posizione). I sindacati di voto I sindacati di voto sono accordi (patti parasociali) con i quali alcuni soci si impegnano a concordare preventivamente il modo in cui votare in assemblea. Possono avere carattere occasionale o permanente (a tempo determinato o indeterminato). Si può stabilire che il modo come votare sarà deciso all’unanimità o, più frequentemente, a maggioranza dei soci sindacati. I sindacati di voto danno un indirizzo unitario all’azione dei soci sindacati e se questi vengono a costituire il gruppo di comando, il patto di sindacato consente di dare stabilita di indirizzo alla condotta della società. L’accordo di sindacato consente una migliore difesa dei comuni interessi quando è stipulato fra i soci di minoranza. ©2012, Economia Tor Vergata Triennio Manuale di Diritto Commerciale Campobasso, V Edizione A.A. 2011-2012 - se viene a mancare più della metà degli amministratori nominati dall’assemblea, i superstiti devono convocare l’assemblea per sostituire i mancanti; - se vengono a cessare tutti gli amministratori, il collegio sindacale deve convocare l’assemblea per la ricostituzione dell’organo amministrativo. Nel frattempo il collegio sindacale può compiere gli atti di ordinaria amministrazione (o meglio di gestione ordinaria). La nomina e la cessazione della carica degli amministratori è soggetta ad iscrizione nel registro delle imprese. Compenso, divieti Gli amministratori hanno diritto ad un compenso per la loro attività, che può consistere in una partecipazione agli utili della società o nell’attribuzione del diritto di sottoscrivere a prezzo predeterminato azioni di futura emissione (i c.d. stock options). Modalità e misura del compenso sono determinati dall’atto costitutivo o dall’assemblea all’atto della nomina. Gli amministratori di s.p.a. non possono assumere la qualità di soci a responsabilità illimitata in società concorrenti, né esercitare un’attività concorrente per conto proprio o altrui, né essere amministratori o direttori generali in società concorrenti (divieto di concorrenza), salva eventuale autorizzazione dell'assemblea. L’inosservanza del divieto espone l’amministratore alla revoca all’ufficio per giusta causa e al risarcimento degli eventuali danni arrecati alla società. Il consiglio di amministrazione (CdA) Il c.d.a. è retto da un presidente scelto dallo stesso consiglio scelto fra i suoi membri. L’attività è esercitata collegialmente. Il c.d.a. è convocato dal presidente che fissa l’ordine del giorno, coordina i lavori e provvede affinché tutti gli amministratori siano adeguatamente informati sugli argomenti. Per la validità delle deliberazioni è necessaria la presenza della maggioranza degli amministratori in carica, a meno che lo statuto non preveda maggioranze più elevate. Le deliberazioni sono approvate con il voto favorevole della maggioranza assoluta dei presenti (voto per teste). Quando la delibera consiliare lede direttamente un diritto soggettivo del socio, questi avrà diritto di agire giudizialmente per far annullare la delibera. L'attuale disciplina dispone inoltre che possono essere impugnate tutte le delibere del CdA che non sono prese in conformità con la legge o con lo statuto. L'annullamento delle delibere consiliari non pregiudica i diritti acquisiti in buona fede dai terzi in base ad atti compiuti in esecuzione delle stesse. Una particolare disciplina è introdotta in caso di conflitto di interessi. L’amministratore che in una determinata operazione ha un interesse non necessariamente in conflitto con quello della società: - deve darne notizia agli altri amministratori e al collegio sindacale; - se si tratta di amministratore delegato, deve astenersi dal compiere l’operazione; - il c.d.a. deve adeguatamente motivare le ragioni e la convenienza per la società dell’operazione. La delibera del c.d.a., qualora possa recare danno alla società (danno potenziale), è impugnabile sia quando l’amministratore interessato ha votato e il suo voto è determinante, sia quando sono stati violati gli obblighi di trasparenza, astensione e motivazione. L’impugnazione può essere proposta dal collegio sindacale e dagli amministratori assenti e dissenzienti (entro novanta giorni dalla delibera). La società può agire contro l’amministratore per il risarcimento dei danni derivanti dalla sua azione o omissione. Maggiori cautele sono imposte per le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio per quanto riguarda le operazioni con parti correlate: vale a dire operazioni aventi come controparte uno dei soggetti indicati dalla Consob, rispetto ai quali è maggiore il rischio di decisioni assunte in conflitto di interessi. Per tali operazioni si prevede che l'amministrazione adotti procedure che assicurano la trasparenza e la correttezza delle decisioni. Delle operazioni più rilevanti concluse con le parti correlate deve darsi informazione alla Consob ed al pubblico con le modalità fissate dal regolamento. Comitato esecutivo, amministratori delegati Se l’atto costitutivo o l’assemblea lo consentono, il c.d.a. può delegare le proprie attribuzioni ad un comitato esecutivo ad uno o più amministratori delegati. Il comitato esecutivo è un organo collegiale. Le sue decisioni sono adottate in riunioni alle quali devono assistere i sindaci e le deliberazioni devono risultare da un apposito libro delle adunanze e delle deliberazioni. Gli amministratori delegati (uno o più) sono invece organi unipersonali cui di regola è affidata la rappresentanza della società (se sono 2 o più essi possono agire congiuntamente o disgiuntamente). I membri del comitato esecutivo e gli a.d. sono designati dallo stesso c.d.a., che determina inoltre l’ambito della delega. In base all'attuale disciplina non possono essere delegati: la redazione del bilancio di esercizio, la facoltà di aumentare il capitale sociale e di emettere obbligazioni convertibili per delega, gli adempimenti posti a carico degli amministratori in caso di riduzione del capitale sociale per perdite e la redazione del processo di fusione o di scissione. La disciplina, peraltro, stabilisce che gli organi delegati curano che l'assetto organizzativo, ©2012, Economia Tor Vergata Triennio Manuale di Diritto Commerciale Campobasso, V Edizione A.A. 2011-2012 amministrativo e contabile della società sia adeguato alle dimensioni dell'impresa e riferiscono periodicamente al consiglio di amministrazione ed al collegio sindacale sull'andamento della gestione. Nel contempo si dispone che tutti gli amministratori devono essere informati e che ciascuno può chiedere agli organi delegati che siano fornite in consiglio informazioni riguardanti la gestione della società. Con la concessione della delega larga parte della gestione corrente della società è svolta dagli organi delegati, nei quali in fatto si concentra il potere decisionale. Rappresentanza della società In presenza di un CdA, gli amministratori investiti di un potere di rappresentanza devono essere indicati nello statuto. Deve essere specificato se essi hanno il potere di agire disgiuntamente o congiuntamente. Di regola la rappresentanza della società è attribuita al presidente del CdA e/o a uno o più a.d. Il potere di rappresentanza degli amministratori è generale e hanno inoltre la rappresentanza processuale (attiva e passiva) della società. Due sono i principi cardine secondo l’attuale disciplina: - è inopponibile ai terzi in buona fede la mancanza di potere rappresentativo dovuta all’invalidità dell’atto di nomina; - la società resta vincolata ai terzi anche se gli amministratori hanno violato eventuali limitazioni volontarie poste ai loro poteri di rappresentanza. Le limitazioni al potere di rappresentanza che risultano dallo statuto o da una decisione degli organi competenti, non sono opponibili ai terzi, anche se pubblicati, salvo che si provi che questi abbiano agito intenzionalmente a danno della società. Restano invece opponibili ai terzi i limiti legali del potere di rappresentanza degli amministratori (es. amministratore che stipula un contratto in conflitto di interessi con la società). Il contratto sarà annullabile su richiesta della società, se il conflitto di interessi era conosciuto o riconoscibile dal terzo. La responsabilità degli amministratori verso la società Gli amministratori sono responsabili civilmente del loro operato in tre direzioni: verso la società , verso i creditori sociali e verso terzi. Gli amministratori incorrono in responsabilità verso la società e seno tenuti al risarcimento del danno dalla stessa subito quando non adempiono i doveri ad essi imposti dalla legge o dallo statuto con la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico e dalle loro specifiche competenze. Se gli amministratori sono più, essi sono responsabili solidalmente. In "ogni caso" gli amministratori sono responsabili solidalmente se, essendo a conoscenza di atti pregiudizievoli, non hanno fatto quanto potevano per impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose. Ne risponderanno però solo per culpa in vigilando. La responsabilità degli amministratori è comunque per colpa e non per responsabilità oggettiva. L'esercizio dell'azione di responsabilità contro gli amministratori deve essere deliberato dall'assemblea ordinaria oppure dal collegio sindacale a maggioranza dei 2/3 dei componenti. L'azione deve essere esercitata entro 5 anni dalla cessazione dell'amministratore dalla carica. La deliberazione dell'azione di responsabilità comporta la revoca automatica dall'ufficio degli amministratori contro i quali è proposta, solo se la delibera è approvata con voto favorevole di almeno 1/5 del capitale sociale. La società può rinunciare all'esercizio dell'azione di responsabilità o pervenire ad una transazione con gli amministratori. L'una e l'altra devono però essere espressamente deliberate dall'assemblea ed è necessario che non vi sia il voto contrario di una minoranza qualificata (1/5 di capitale, ridotto a 1/20 per le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio). Con la riforma del 1998 l'azione di responsabilità può essere promossa anche dagli azionisti di minoranza che rappresentino almeno 1/20 del capitale sociale (1/40 per le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio). La responsabilità verso i creditori sociali Gli amministratori sono responsabili anche verso i creditori sociali. Infatti: - rispondono solo per l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale; - l’azione di responsabilità può essere proposta dai creditori quando il patrimonio sociale risulta insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti. Il risarcimento dei danni da parte degli amministratori verrà corrisposto direttamente ai creditori fino alla concorrenza del loro credito. Il danno subito dai creditori è un effetto riflesso del danno che gli amministratori hanno arrecato al patrimonio sociale rendendolo insufficiente a soddisfare i primi. Ne consegue che se l’azione risarcitoria è già stata esperita dalla società e il relativo patrimonio è stato reintegrato, i creditori non potranno più esercitare l’azione di loro spettanza. La responsabilità verso terzi o verso i soci Anche il singolo socio o il terzo che sono stati direttamente danneggiati da atti dolosi o colposi degli amministratori, posso esperire l’azione di responsabilità verso questi. Per poter richiedere il risarcimento dei danni devono ricorrere due presupposti: - il compimento da parte degli amministratori di un atto illecito nell’esercizio del loro ufficio; - la produzione di un danno diretto (e non riflesso) al patrimonio del singolo socio o del singolo terzo. ©2012, Economia Tor Vergata Triennio Manuale di Diritto Commerciale Campobasso, V Edizione A.A. 2011-2012 Caso classico di danno diretto è quello che gli amministratori provocano facendo approvare un finto bilancio che induce i soci o i terzi a sottoscrivere un aumento di capitale a prezzo eccessivo. Direttori generali I direttori generali sono dirigenti che svolgono attività di alta gestione dell’impresa sociale. Sono al vertice della gerarchia dei lavoratori subordinati dell’impresa ed operano in rapporto diretto con gli amministratori, dando attuazione alle direttive generali dagli stessi impartite. Essi sono perciò investiti di ampi poteri decisionali, e di conseguenza sono parificati agli amministratori sotto il profilo delle responsabilità penali. Il collegio sindacale Il collegio sindacale è l’organo di controllo interno della s.p.a., con funzioni di vigilanza sull’amministrazione della società. La riforma del 1974 aveva introdotto per le società quotate anche un controllo contabile esterno da parte di una società di revisione, dando però vita ad una sovrapposizione di funzioni col collegio sindacale che si è rivelata scarsamente funzionale. Con la riforma del 2003 il controllo contabile è stato definitivamente sottratto al collegio sindacale ed è stato attribuito ad un revisore contabile o ad una società di revisione. Composizione, nomina, cessazione Il collegio sindacale delle s.p.a. non quotate si compone di tre o cinque membri effettivi (struttura semirigida, ostacolo soprattutto nelle grandi società), soci o non soci; devono inoltre essere nominati due membri supplenti. Dal 1998 l’ostacolo è stato rimosso per le società quotate: l’atto costitutivo può oggi determinare liberamente il numero dei sindaci, adeguandolo alla complessità dell’impresa sociale. I primi sindaci sono nominati nell’atto costitutivo; successivamente dall’assemblea ordinaria. Quindi i sindaci sono di regola nominati dallo stesso organo che nomina gli amministratori: questo è un ulteriore motivo di scarsa funzionalità del collegio sindacale, dato che controllanti e controllati sono espressione dello stesso gruppo di comando. La situazione per le sole società quotate è mutata dal 1998: l’atto costitutivo di tali società deve prevedere che almeno un membro effettivo sia eletto dalla minoranza. Esistono dal 2003 requisiti di professionalità: almeno un sindaco deve essere scelto fra gli iscritti nel registro dei revisori contabili (possono iscriversi persone fisiche in possesso di specifici requisiti di professionalità ed onorabilità, che abbiano superato un apposito esame di ammissione). In base all’attuale disciplina non possono essere nominati sindaci: il coniuge, i parenti e gli affini degli amministratori; coloro che sono legati alla società da un rapporto di lavoro o di consulenza che ne compromettano l’indipendenza. La retribuzione annuale dei sindaci (compenso) deve essere determinata dall’assemblea all’atto della nomina ed è invariabile per l’intero periodo di durata del loro ufficio. I sindaci restano in carica per tre esercizi e sono rieleggibili. L’assemblea può revocarli solo se esiste una giusta causa; la delibera di revoca deve essere approvata dal tribunale al fine di verificare se ricorre giusta causa. Costituisce causa di decadenza dall'ufficio il sopraggiungere di una delle cause di ineleggibilità, nonché la sospensione o la cancellazione dal registro dei revisori. In caso di morte, di rinuncia o di decadenza di un sindaco, subentrano automaticamente i supplenti in ordine di età. La nomina e la cessazione dall'ufficio dei sindaci devono essere iscritte, a cura degli amministratori, nel registro delle imprese. Il controllo sull'amministrazione Il collegio sindacale vigila sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento. La vigilanza del collegio sindacale può estendersi in ogni direzione: è il potere-dovere dei sindaci di intervenire alle riunioni dell’assemblea, del CdA e del comitato esecutivo, nonché di impugnare le relative delibere. Gli amministratori hanno numerosi obblighi di comunicazione nei confronti del collegio sindacale: devono riferire tempestivamente sull’attività svolta, sulle operazioni compiute di maggior rilievo economico, su quelle a rischio di conflitto di interessi. I sindaci hanno il potere-dovere di procedere in qualsiasi momento ad atti di ispezione-controllo, nonché di chiedere agli amministratori notizie sull’andamento delle operazioni sociali o su determinati affari. Il collegio sindacale può convocare l’assemblea qualora ravvisi fatti censurabili di rilevante gravità e vi sia urgente necessita di provvedere o quando gli amministratori non provvedono a farlo. Il funzionamento del collegio sindacale Nelle società non quotate il presidente del collegio sindacale è nominato dall’assemblea. In quelle deve essere scelto fra i sindaci nominati dalla minoranza. Il collegio sindacale si riunisce ogni 90 giorni, è regolarmente costituito con la presenza della maggioranza dei sindaci e delibera a maggioranza assoluta dei presenti. Deve essere redatto un verbale delle riunioni. I sindaci possono avvalersi di dipendenti e di ausiliari per lo svolgimento di operazioni di ispezione e di controllo. Ogni socio può denunciare al collegio sindacale fatti che ritiene censurabili. Quando una denuncia proviene da tanti soci che rappresentano il 5% del capitale sociale (2% per le società che fanno ricorso al mercato ©2012, Economia Tor Vergata Triennio Manuale di Diritto Commerciale Campobasso, V Edizione A.A. 2011-2012 Accanto al controllo interno e al controllo contabile, l’ordinamento prevede un articolato sistema di controlli esterni sulle s.p.a. Comune a tutte le s.p.a. è solo il controllo esterno sulla gestione esercitato dall’autorità giudiziaria in presenza di situazioni patologiche che ne alterano il corretto funzionamento. A partire dal 1974 le società con azioni quotate in borsa e quelle che operano sul mercato mobiliare sono assoggettate al controllo della Consob (organo pubblico con poteri regolamentari e di controllo finalizzati alla tutela degli investitori, nonché alla trasparenza del mercato mobiliare e delle società che vi operano). Il controllo giudiziario sulla gestione Il controllo giudiziario sulla gestione delle s.p.a. è una forma di intervento dell’autorità giudiziaria nella vita delle società volta a ripristinare la legalità dell’amministrazione delle stesse. Il procedimento può essere attuato se vi è fondato sospetto che gli amministratori in violazione dei loro doveri abbiano compiuti gravi irregolarità nella gestione che possano arrecare danno alla società (irregolare tenuta della contabilità, redazione di un bilancio falso). Le gravi irregolarità possono essere denunciate: dai soci che rappresentano almeno 1/10 del capitale sociale; dal collegio sindacale; nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio dal pubblico ministero o dalla Consob. Il gruppo di comando può evitare l’ispezione ordinata dal tribunale ed ottenere dal tribunale stesso la sospensione del procedimento per un periodo determinato se l’assemblea sostituisce amministratori e sindaci con soggetti di adeguata professionalità, che si attivano senza indugio per accertare se le violazioni sussistono e, in caso positivo, per eliminarle, riferendo al tribunale sugli accertamenti e le attività compiute. Poteri e durata in carica dell’amministratore giudiziario sono determinati dal tribunale. L’amministratore giudiziario ha il potere di proporre l’azione di responsabilità contro amministratori e sindaci, e ha la rappresentanza anche processuale della società. La Consob La Consob (commissione nazionale per le società e la borsa) è un organo pubblico di vigilanza sul mercato di capitali. È una persona giuridica di diritto pubblico e ha sede a Roma. Svolge un ruolo centrale per assicurare un’adeguata e veritiera informazione del mercato mobiliare sugli eventi di rilievo che riguardano la vita della società che fanno appello al pubblico risparmio, in modo da consentire agli investitori scelte più consapevoli. Tutte le società con azioni e obbligazioni diffuse tra il pubblico devono tempestivamente informare il pubblico secondo le modalità stabilite dalla Consob, di qualsiasi fatto la cui conoscenza può influire sul prezzo degli strumenti finanziari. La Consob può inoltre chiedere che siano resi pubblici notizie e documenti necessari per l’informazione del pubblico. Il bilancio La società per azioni deve redigere annualmente il bilancio di esercizio. A partire dal 2005 alcune società (società con azioni o strumenti finanziari quotati o diffusi fra il pubblico in maniera rilevante) sono obbligate a redigere i propri bilanci in base ai principi contabili internazionali. L’adozione dei principi contabili internazionali non è consentita a quelle società che possono ricorrere al bilancio in forma abbreviata (società di medio piccole dimensioni). Per tutte le altre s.p.a. l’adozione dei principi contabili internazionali è facoltativa (una volta adottati, la scelta non è revocabile). Il bilancio d’esercizio è il documento che rappresenta la situazione patrimoniale e finanziaria della società. È costituito dallo stato patrimoniale, dal conto economico e dalla note integrativa; deve inoltre essere corredato dalla relazione sulla gestione degli amministratori, nonché dalle relazioni del collegio sindacale e del revisore contabile. La sua funzione è quella di accertare periodicamente la situazione patrimoniale (aspetto statico) e la redditività (aspetto dinamico) della società. Il bilancio rappresenta per i soci il solo strumento legale di informazione contabile sull’andamento della società e permette ai creditori sociali di comprendere la consistenza del patrimonio. Il bilancio di esercizio delle s.p.a. ha inoltre rilievo anche riguardo l'applicazione della normativa tributaria, in quanto costituisce per il fisco la base per il calcolo dell'Ires. I principi cardine della redazione del bilancio sono la chiarezza e la rappresentazione veritiera e corretta. La valutazione delle voci di bilancio deve essere fatta secondo prudenza e nella prospettiva di continuazione dell’attività. Inoltre si deve tener conto delle entrate e delle uscite di competenza dell’esercizio indipendentemente dalla data dell’incasso o del pagamento. Per il principio di continuità, i criteri di valutazione non possono essere modificati da un esercizio all’altro, se non in casi eccezionali e con l'obbligo per gli amministratori di motivare la deroga nella nota integrativa. La struttura del bilancio Il bilancio di esercizio si articola in tre parti: lo stato patrimoniale, il conto economico e la nota integrativa. Le singole voci devono essere inserite secondo l’ordine fissato dalla legge. Le voci sono organizzate in grandi categorie omogenee (lettere maiuscole), a loro volta articolate in sottocategorie (numeri romani), in voci (numeri arabi) ed in alcuni casi anche in sottovoci (lettere minuscole). Si viene così a creare un sistema di voci ©2012, Economia Tor Vergata Triennio Manuale di Diritto Commerciale Campobasso, V Edizione A.A. 2011-2012 chiaro, ordinato e facilmente comprensibile. Per ogni voce dello stato patrimoniale e del conto economico deve essere indicato l’importo dell’esercizio precedente. È vietato compensare costi e ricavi che per legge devono essere iscritti distintamente. Le società che non superano determinate dimensioni possono ricorrere alla redazione del bilancio in forma abbreviata, nel quale è ridotto il numero di voci. Lo stato patrimoniale rappresenta la composizione quantitativa e qualitativa del patrimonio della società e la situazione finanziaria nel giorno della chiusura dell’esercizio. Deve essere redatto nella forma a colonne, iscrivendo prima le attività, poi il patrimonio netto e le passività. Le voci dell’attivo sono aggregate in quattro categorie, ordinate, tranne la prima, secondo il criterio di liquidità crescente: A) Crediti verso soci per versamenti ancora dovuti: B) Immobilizzazioni: I) immobilizzazioni immateriali [7 voci] (costi di impianto e di ampliamento, diritti di brevetto industriale, avviamento) II) immobilizzazioni materiali [5 voci] (terreni e fabbricati, attrezzature industriali) III) immobilizzazioni finanziarie (partecipazioni azionarie, crediti, azioni proprie) C) Attivo circolante: I) rimanenze [5 voci] (materie prime, prodotti in corso di lavorazione, prodotti finiti e merci) II) crediti che non costituiscono immobilizzazioni [7 voci] (crediti tributari) III) attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni, es. partecipazioni, azioni proprie e altri titoli di cui si prevede l’alienazione in tempi brevi IV) disponibilità liquide [3 voci] (cassa e banca) D) Ratei e risconti attivi. Il passivo dello stato patrimoniale si articola in cinque categorie: A) Patrimonio netto (capitale sociale nominale+riserve+utili-perdite); B) Fondi per rischi e oneri (accantonamenti per coprire eventuali perdite); C) Trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato; D) Debiti [14 voci]; E) Ratei e risconti passivi In calce allo stato patrimoniale devono infine essere iscritti i conti d’ordine (la loro funzione è quella di informare sull’esistenza di rischi futuri che non incidono attualmente sul patrimonio sociale, es. garanzie prestate dalla società). Il conto economico espone il risultato dell’esercizio attraverso la rappresentazione dei costi e degli oneri sostenuti, nonché dei ricavi e degli altri proventi conseguiti nell’esercizio. Deve essere redatto in forma scalare (prima i componenti positivi e poi quelli negativi). È articolato in cinque sezioni scalari: A) Valore della produzione [1-5](ricavi di competenza sommati alle variazioni delle rimanenze di magazzino); B) Costi della produzione [6-14](ammortamenti, svalutazioni e accantonamenti) Sottraendo B da A si ottiene il risultato lordo della gestione ordinaria della società; C) Proventi e oneri finanziari [15-17bis](proventi derivanti da partecipazioni in altre società, gli interessi attivi e passivi, gli utili e le perdite sui cambi. Segue il relativo totale); D) Rettifiche di valore di attività finanziarie [18-19] (rivalutazioni e svalutazioni delle stesse. Segue il totale); E) Proventi ed oneri straordinari [20-21]. La somma algebrica dei diversi totali costituisce il risultato globale di esercizio, che va indicato prima al lordo e poi al netto delle imposte sul reddito. Si ottiene così l’utile o la perdita d’esercizio che va riportato nello stato patrimoniale. Oltre lo stato patrimoniale e il conto economico, gli amministratori devono redigere la nota integrativa (che illustra e specifica le voci dello stato patrimoniale e del conto economico) e la relazione sulla gestione (allegato esterno al bilancio che deve analizzare la situazione della società e l’andamento della gestione con particolare riguardo ai costi, ai ricavi e agli investimenti). I criteri di valutazione La redazione del bilancio comporta il compimento di una serie di stime da parte degli amministratori, volte a determinarne il valore da iscriverne in bilancio. Sopravvalutazioni arbitrarie delle attività o sottovalutazioni arbitrarie delle passività gonfiano artificiosamente l'utile di esercizio o ridimensionano le perdite e viceversa. Il ©2012, Economia Tor Vergata Triennio Manuale di Diritto Commerciale Campobasso, V Edizione A.A. 2011-2012 legislatore fissa i principi base della prudenza e della continuità nei criteri di valutazione. Un altro criterio base accolto è quello del valore storico. Le immobilizzazioni di ogni tipo sono iscritte in bilancio al loro costo di acquisto o di produzione. Il loro valore deve essere sistematicamente ammortizzato in ogni esercizio in relazione alla residua possibilità di utilizzazione del bene. Se tuttavia il valore di un'immobilizzazione risulta durevolmente minore del costo storico regolarmente ammortizzato, dovrà essere iscritta in bilancio per tale valore (svalutazione). Tuttavia regole particolari sono dettate per alcune immobilizzazioni: a) Le immobilizzazioni finanziarie costituite da partecipazioni in imprese controllate e collegate possono essere valutate con il metodo del patrimonio netto; b) I costi di impianto e di ampliamento, di sviluppo e di pubblicità possono essere iscritti nell'attivo solo se hanno un'utilità pluriennale. Inoltre, devono essere ammortizzati; c) L'avviamento può essere iscritto nell'attivo solo se acquistato a titolo oneroso e nei limiti del costo per esso sostenuto. Anche l'avviamento deve di regola essere ammortizzato in 5 anni. I crediti devono essere sempre valutati secondo il valore di prudente realizzo. I cespiti dell'attivo circolante diversi dai crediti devono essere iscritti al valore di realizzo desumibile dall'andamento del mercato. Le attività e le passività non costituenti immobilizzazioni in valuta vanno iscritte al tasso di cambio a pronti alla data di chiusura dell'esercizio e la differenza rispetto al cambio del giorno di compimento dell'operazione darà luogo alla formazione di utili o perdite su cambi da imputare al conto economico. Le immobilizzazioni in valuta devono invece essere iscritte al tasso di cambio al momento del loro acquisto. Il procedimento di formazione del bilancio Il bilancio di esercizio è un atto della società alla cui redazione cooperano nel sistema tradizionale di amministrazione e controllo (e in quello monistico) tutti e tre gli organi sociali: amministratori, collegio sindacale ed assemblea, nonché il soggetto incaricato del controllo contabile. Nel sistema dualistico il bilancio è predisposto dal consiglio di gestione ed è approvato dal consiglio di sorveglianza. L’assemblea ordinaria deve essere convocata almeno una volta all’anno per l’approvazione del bilancio (entro 120 giorni dalla chiusura dell'esercizio o 180 per le società obbligate alla redazione del bilancio consolidato). Nelle società quotate gli amministratori si avvalgono della cooperazione di un dirigente proposto alla redazione dei documenti contabili societari, il quale deve predisporre adeguate procedure amministrative e contabili per la formazione del bilancio. Il progetto di bilancio deve essere comunicato al collegio sindacale almeno trenta giorni prima della convocazione dell’assemblea. Inoltre deve restare depositato in copia nella sede della società durante i quindici giorni che precedono l’assemblea. L’assemblea può approvarlo, respingerlo o modificarlo. Entro trenta giorni dall’approvazione, deve essere depositata dagli amministratori una copia del bilancio presso l’ufficio del registro delle imprese. Le azioni di annullabilità e/o di nullità non possono essere più esercitate dopo che è stato approvato il bilancio dell’esercizio successivo. Se il soggetto incaricato della revisione non ha formulato rilievi, la delibera di approvazione del bilancio può essere impugnata da tanti soci che rappresentano almeno il 5% del capitale sociale (nelle società quotate anche dalla Consob). Utili, riserve, dividendi L’assemblea che approva il bilancio delibera sulla distribuzione degli utili ai soci. Non tutti gli utili però sono distribuibili fra i soci sotto forma di dividendi. Se negli esercizi precedenti si è verificata una perdita del capitale sociale, non si possono ripartire gli utili fino a che il capitale sociale non sia reintegrato o ridotto in misura corrispondente. Dagli utili netti annuali deve essere dedotta una somma del 5% degli stessi per costituire la riserva legale (fin quando la stessa non abbia raggiunto il 20% del capitale sociale). La riserva legale, se viene diminuita, deve essere reintegrata. La riserva legale costituisce un accantonamento contante di utili imposto per legge alla salvaguardia dell’integrità del capitale sociale. Funzione simile assolve la riserva statutaria; a differenza di quella legale, la riserva statutaria è imposta dallo statuto (che stabilisce la quota degli utili da destinare alla stessa). Gli utili accantonati a riserva statutaria non sono distribuibili ai soci. Le riserve facoltative sono quelle discrezionalmente disposte dall’assemblea ordinaria che approva il bilancio. Gli utili di cui l’assemblea che approva il bilancio può disporre a favore dei soci sono costituiti perciò dagli utili distribuibili di esercizio e dagli utili accertati e non distribuiti dagli esercizi precedenti. Il potere dispositivo dell’assemblea in tema di distribuzione degli utili può essere limitato da clausole statutarie che riconoscono a determinate categorie di azionisti il diritto alla percezione annuale di un dividendo minimo. Nelle società quotate lo statuto può riconoscere una maggiorazione sul dividendo percepito dagli azionisti di minoranza che conservino le loro azioni per un determinato periodo di tempo, non inferiore ad un anno. ©2012, Economia Tor Vergata Triennio Manuale di Diritto Commerciale Campobasso, V Edizione A.A. 2011-2012 La riduzione reale del capitale sociale Al pari dell'aumento anche la riduzione di capitale sociale può essere reale o nominale, a seconda che la riduzione dia luogo o meno ad un corrispondente rimborso ai soci del valore dei conferimenti; sia o meno accompagnata da una contestuale riduzione del patrimonio sociale. La riduzione reale del capitale sociale è circondata da una serie di cautele sostanziale e procedimentali, in quanto rappresenta una operazione potenzialmente pericolosa per i creditori sociali e per i soci di minoranza. Il capitale sociale non può essere ridotto al di sotto della soglia minima fissata per la s.p.a. per legge (120.000€). L'avviso di convocazione dell'assemblea da parte degli amministratori deve indicare le ragioni e le modalità di riduzione. La delibera può essere eseguita soltanto 90 giorni dopo l'iscrizione nel registro delle imprese. Entro questo termine, i creditori sociali anteriori all'iscrizione possono fare opposizione. L'opposizione sospende l'esecuzione della delibera fino alla pronuncia di giudizio da parte del tribunale. La riduzione reale può aver luogo mediante liberazione dei soci dall'obbligo dei versamenti ancora dovuti, o mediante rimborso agli stessi del capitale. La società può anche procedere all'acquisto di azioni proprie per poi annullarle. In caso di estrazione a sorte per l'annullamento delle azioni, agli azionisti estratti rimborsati vengono assegnate delle "azioni di godimento". Le azioni di godimento partecipano alla distribuzione degli utili solo dopo che sia stato corrisposto alle altre azioni un dividendo pari all'interesse legale sul valore nominale. Per lo stesso motivo le azioni di godimento partecipano alla ripartizione del saldo attivo di liquidazione solo dopo che alle altre azioni sia stato rimborsato il valore nominale. Le azioni di godimento non attribuiscono il diritto di voto. La riduzione nominale del capitale sociale per perdite La riduzione del capitale sociale per perdite consiste nell'adeguare la cifra del capitale sociale nominale all'attuale minor valore del capitale reale. La società non è obbligata a ridurre il capitale sociale fino a quando la perdita dello stesso non sia superiore ad 1/3. Non si ha perdita del capitale fin quando l'importo delle perdite non supera l'ammontare di riserve. La riduzione facoltativa per perdite segue la disciplina generale delle modificazioni dell'atto costitutivo. La riduzione del capitale sociale diventa invece obbligatoria quando il capitale è diminuito di oltre 1/3. Se il minimo legale non è stato intaccato, gli amministratori o nel caso di loro inerzia il collegio sindacale devono convocare senza indugio l'assemblea straordinaria e sottoporle una situazione patrimoniale aggiornata della società. L'assemblea così convocata prende "gli opportuni provvedimenti". Non è quindi tenuta a decidere l'immediata riduzione del capitale sociale. Tuttavia, se entro l'esercizio successivo la perdita non risulta diminuita a meno di 1/3, l'assemblea ordinaria deve ridurre il capitale. In mancanza la riduzione è disposta d'ufficio. La disciplina diventa più rigorosa se il capitale scende al di sotto del minimo legale. In tal caso l'assemblea deve necessariamente deliberare la riduzione e il conseguente aumento ad una cifra non inferiore al minimo legale o la trasformazione della società. Se l'assemblea non adotta una di queste decisioni, la società si scioglie ed entra in stato di liquidazione. Le obbligazioni La s.p.a. può emettere obbligazioni (strumento per la raccolta di capitale di prestito fra il pubblico). Le obbligazioni sono titoli di credito che rappresentano frazioni di uguale valore nominale e con uguali diritti di un’unitaria operazione di finanziamento a titolo di mutuo (sono titoli di massa). I titoli obbligazionari documentano quindi un credito verso la società. Mentre l’azione attribuisce la qualità di socio e quindi di compartecipe ai risultati dell’attività d’impresa, l’obbligazione attribuisce invece la qualità di creditore della società e il diritto ad una remunerazione periodica fissa, sottoforma di interessi, svincolata dai risultati economici della società finanziata. L’obbligazionista ha diritto al rimborso del valore nominale del capitale prestato alla scadenza pattuita, mentre l’azionista ha diritto al rimborso del suo apporto in sede di liquidazione, sempre che residui un attivo netto dopo che sono stati soddisfatti tutti i creditori, compresi gli obbligazionisti. Vi sono tipi speciali di obbligazioni che la pratica societaria ha creato e continua a creare, per incentivare la propensione dei risparmiatori verso tali forme di investimento: - le obbligazioni partecipanti, in cui la remunerazione periodica del capitale è commisurata agli utili di bilancio della società emittente; - le obbligazioni indicizzate, che mirano a neutralizzare gli effetti della svalutazione monetaria e ad adeguare il rendimento dei titoli all’andamento del mercato finanziario; - le obbligazioni convertibili in azioni, che attribuiscono all’obbligazionista la facoltà di trasformare il proprio credito in una partecipazione azionaria; - le obbligazioni con warrant, che attribuiscono all’obbligazionista il diritto di sottoscrivere o acquistare azioni ferma restando la posizione di creditore per le obbligazioni possedute (ciò le distingue da quelle convertibili); - obbligazioni subordinate, nelle quali il diritto degli obbligazionisti al pagamento degli interessi e al rimborso del capitale è subordinato all’integrale soddisfacimento degli altri creditori. ©2012, Economia Tor Vergata Triennio Manuale di Diritto Commerciale Campobasso, V Edizione A.A. 2011-2012 I limiti all'emissione delle obbligazioni In base all'attuale disciplina la società per azioni può emettere obbligazioni, nominative o al portatore, per somma complessivamente non eccedente il doppio del capitale sociale sottoscritto più le riserve. I sindaci attestano il rispetto di tale limite. La legge prevede tuttavia alcune deroghe per l'emissione di obbligazioni in eccedenza: - le obbligazioni emesse in eccedenza sono destinate ad essere sottoscritte da investitori istituzionali soggetti a vigilanza prudenziale; - le obbligazioni sono garantite da ipoteca di primo grado su immobili di proprietà della società sino a 2/3 del valore di bilancio di questi; - ricorrono particolari ragioni che interessano l'economia nazionale e la società è autorizzata con provvedimento dell'autorità governativa. Restano in ogni caso salve le disposizioni di leggi speciali relative a particolari categorie di società, quali società con azioni negoziate in mercati regolamentati e le società bancarie, per le quali ogni limite all'emissione di azioni è stato definitivamente soppresso con la riforma del 2003. Per le altre società la legge si preoccupa di garantire che il rapporto tra capitale sociale più riserve ed obbligazioni permanga per tutta la durata del prestito obbligazionario. Il procedimento di emissione L’emissione di obbligazioni è deliberata dagli amministratori. La delibera di emissione deve risultare da verbale redatto da un notaio, è soggetta a controllo di legalità da parte dello stesso e ad iscrizione nel registro delle imprese. Essa produce effetti e può essere eseguita solo dopo l'iscrizione. L’ammontare delle obbligazioni emesse deve risultare da un apposito libro delle obbligazioni, in cui va annotato anche l'ammontare delle obbligazioni via via estinte, nonché l'identità dei titolari (in caso di obbligazioni nominative), i trasferimenti ed i vincoli relativi a quest'ultime. Le obbligazioni convertibili in azioni Le obbligazioni convertibili in azioni devono essere offerte in opzione agli azionisti ed ai possessori di obbligazioni convertibili precedentemente emesse. Competente a deliberare l'emissione di obbligazioni convertibili è l'assemblea straordinaria. Tuttavia, così come previsto per gli aumenti di capitale, l'assemblea può conferire delega agli amministratori per l'emissione di obbligazioni convertibili, fino ad un ammontare determinato e per il periodo massimo di 5 anni. La delega contiene anche il contestuale aumento di capitale sociale. La stessa assemblea che delibera l'emissione deve determinare il rapporto di cambio, nonché il periodo e le modalità di conversione. Deve inoltre contestualmente deliberare l'aumento di capitale sociale per un ammontare corrispondente al valore nominale delle azioni da attribuire in conversione. L'aumento di capitale così deliberato sarà sottoscritto, anche parzialmente, via via che gli obbligazionisti eserciteranno il diritto di conversione. Durante pendenza del periodo di conversione, in caso di aumenti del capitale sociale a pagamento e di nuove emissioni di obbligazioni convertibili, il diritto di opzione sugli stessi spetta anche ai possessori di obbligazioni convertibili. In caso di aumento gratuito o di riduzione per perdite, il rapporto di cambio è automaticamente modificato. La società, inoltre, non può deliberare la riduzione volontaria, la fusione o la scissione da altra società ed alcune modificazioni allo statuto fin quando non siano scaduti i termini per l'esercizio del diritto di conversione. L'organizzazione degli obbligazionisti È prevista un’organizzazione di gruppo degli obbligazionisti volta a tutelare l’interesse degli stessi verso la società, ed articolata in due organi: l’assemblea e il rappresentante comune. L’assemblea delibera: - sulla nomina e sulla revoca del rappresentante comune; - sulle modificazioni delle condizioni del prestito; - sulla costituzione di un fondo per le spese necessarie alla tutela dei comuni interessi. L’assemblea è convocata dagli amministratori della società o dal rappresentante comune degli obbligazionisti. Il rappresentante comune degli obbligazionisti è nominato dall’assemblea degli obbligazionisti. Tutela gli interessi comuni degli obbligazionisti nei confronti della società e dei terzi, in particolare: esegue le deliberazioni dell’assemblea degli obbligazionisti e ha la rappresentanza processuale degli obbligazionisti. Lo scioglimento della S.p.A. La società per azioni si scioglie ed entra in stato di liquidazione col verificarsi di una delle cause previste dall'art. 2484: 1) Il decorso del termine di durata fissato nell'atto costitutivo; l'assemblea straordinaria può tuttavia prorogare tale termine. Per le società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio per la delibera di proroga del termine è richiesta una maggioranza rafforzata (1/3 del capitale sociale anche in seconda convocazione). In tutte ©2012, Economia Tor Vergata Triennio Manuale di Diritto Commerciale Campobasso, V Edizione A.A. 2011-2012 le s.p.a. è comunque riconosciuto il diritto di recesso ai soci che non abbiano partecipato all'approvazione delle delibera; 2) Il conseguimento dell'oggetto sociale o l'impossibilità sopravvenuta del suo raggiungimento (deve essere assoluta e definitiva); 3) L'impossibilità di funzionamento o la continua inattività dell'assemblea (deve precludere l'adozione di delibere necessarie per il funzionamento della società); 4) La riduzione del capitale sociale (per perdite) al di sotto del minimo legale (questa causa di scioglimento non opera se l'assemblea insieme alla delibera di riduzione adotta anche quella di aumento al di sopra del minimo legale, oppure opta per la trasformazione della società); 5) La delibera dell'assemblea straordinaria di scioglimento anticipato; 6) La delibera dell'assemblea straordinaria di scioglimento della società in seguito al recesso di più soci; 7) Altre cause previste dall'atto costitutivo o dallo statuto o per altre cause previste dalla legge. Dopo la riforma del 2003 non costituisce più causa di scioglimento la dichiarazione di fallimento della società. Verificatasi una causa di scioglimento gli amministratori devono procedere senza indugio al suo accertamento e all'iscrizione nel registro delle imprese della relativa dichiarazione o della deliberazione assembleare di scioglimento. In caso di omissione, il tribunale può procedere d'ufficio. Gli effetti della dichiarazione di scioglimento decorrono dal momento di iscrizione della stessa nel registro delle imprese. La società in stato di liquidazione Il verificarsi di una causa di scioglimento non determina un’immediata estinzione della società: si deve prima provvedere, attraverso il procedimento di liquidazione, al pagamento dei creditori sociali e alla ripartizione fra i soci dell’eventuale residuo attivo. Gli amministratori restano in carica fino alla nomina dei liquidatori e sono responsabili della conservazione dei beni sociali fino a che non li abbiano consegnati ai liquidatori. Gli amministratori vedono limitati i loro poteri: conservano il potere di gestire la società ai soli fini della conservazione dell’integrità e del valore del patrimonio sociale. Per gli atti posti in essere violando tale limitazione, gli amministratori sono personalmente e solidalmente responsabili dei danni arrecati alla società, ai soci, ai creditori sociali e ai terzi. Con gli amministratori risponderà nei confronti dei terzi anche la società. La società può in ogni momento revocare lo stato di liquidazione e tornare ad una fase di normale esercizio con delibera dell’assemblea straordinaria (con maggioranze qualificate e con l'assenso dei creditori); è inoltre consentita la fusione con altre società prima che si verifichi la distribuzione tra i soci dell'eventuale residuo attivo. Ai soci che non hanno concorso alla deliberazione di revoca dello stato di liquidazione è riconosciuto il diritto di recesso. Il procedimento di liquidazione e l'estinzione della società La liquidazione si apre con la nomina dei liquidatori da parte dell’assemblea straordinaria, che ha il potere di revocarli. Con l’iscrizione della nomina dei liquidatori nel registro delle imprese, gli amministratori cessano dalla carica e devono consegnare i documenti della società ai liquidatori. I liquidatori devono: - adempiere i loro doveri con diligenza e professionalità; - compiere tutti gli atti utili per la liquidazione; - redigere l’inventario del patrimonio sociale. I liquidatori devono provvedere al pagamento dei creditori sociali. Se necessario i liquidatori possono chiedere ai soci i versamenti ancora dovuti. Completata la liquidazione del patrimonio, i liquidatori redigono il bilancio finale, che va approvato dai singoli soci. Approvato il bilancio i liquidatori devono chiedere la cancellazione della società dal registro delle imprese. Intervenuta la cancellazione dal registro, i creditori sociali rimasti insoddisfatti possono far valere i loro diritti: - nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione; - nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è imputabile per condotta colposa di questi. La domanda, se proposta entro un anno, può essere recapitata presso l'ultima sede della società. La cancellazione dal registro delle imprese segna l'estinzione della società anche se siano rimasti dei creditori insoddisfatti; questi possono comunque provocare il fallimento della società entro un anno dalla cancellazione ai sensi dell'art. 10 L.F. ©2012, Economia Tor Vergata Triennio Manuale di Diritto Commerciale Campobasso, V Edizione A.A. 2011-2012 L’atto costitutivo può prevedere cause di esclusione del socio per giusta causa. Il trasferimento delle quote sociali Per assicurare la trasparenza nella cessione delle quote e la conoscenza dell'effettiva composizione della compagnia societaria i trasferimenti per atti inter-vivos devono risultare da scrittura privata con sottoscrizione autenticata da un notaio, oppure da un documento informatico sottoscritto dalle parti mediante firma digitale. Il notaio deve depositare entro 30 giorni l'atto di trasferimento per l'iscrizione nel registro delle imprese. Il trasferimento della quota è valido ed efficace fra le parti per effetto del semplice consenso. È però produttivo di effetti nei confronti della società solo dal momento in cui è iscritto nel libro dei soci. Se la quota è alienata con successivi contratti a più persone, prevale chi per primo effettua l’iscrizione nel registro delle imprese, purché sia in buona fede. Alla società è fatto divieto, in ogni caso di procedere all'acquisto di quote proprie. La quota inoltre, può formare oggetto di espropriazione da parte del creditore personale del socio, con conseguente vendita forzata o assegnazione della stessa al creditore procedente. Gli organi sociali, le decisioni dei soci Il modello base di partenza resta sempre la tripartizione assemblea-organo amministrativo-collegio sindacale propria della s.p.a. Sono tuttavia rimesse inderogabilmente alla decisione dei soci: - l’approvazione del bilancio e la distribuzione degli utili; - la nomina degli amministratori; - la nomina dei sindaci, del presidente del collegio sindacale e del revisore; - le modificazioni dell’atto costitutivo; - la decisione di compiere azioni che comportano una sostanziale modificazione dell’oggetto sociale o una rilevante modificazione dei diritti dei soci. Le decisioni dei soci sono adottate col voto favorevole di una maggioranza che rappresenti almeno la metà del capitale sociale nel caso in cui le deliberazioni siano approvate con una procedura più snella, che prevede consultazione scritta o il semplice consenso espresso per iscritto. In mancanza di diversa indicazione nell'atto costitutivo, l’assemblea è convocata dagli amministratori con lettera raccomandata spedita ai soci, almeno 8 giorni prima dell'adunanza. L’assemblea (ordinaria) è regolarmente costituita con la presenza di tanti soci che rappresentano almeno la metà del capitale sociale e delibera a maggioranza assoluta del capitale intervenuto. Per le modificazioni all'atto costitutivo è necessario il parere favorevole dei soci che rappresentino almeno la metà del capitale sociale. Le decisioni che non sono prese in conformità della legge o dell’atto costitutivo possono essere impugnate dai soci che non vi hanno acconsentito anche individualmente, nonché da ciascun amministratore o dal collegio sindacale entro novanta giorni dalla loro trascrizione. Possono essere impugnate da chiunque vi abbia interesse nel termine di tre anni le decisioni aventi oggetto impossibile o illecito e quelle prese in assenza assoluta di informazione. Possono infine essere impugnate senza limite di tempo le deliberazioni che modificano l’oggetto sociale prevedendo attività impossibili o illecite. Amministrazione e controlli L’amministrazione è affidata a uno o più soci, nominati con la decisione dei soci, che restano in carica a tempo indeterminato. Quando l’amministrazione è affidata a più persone, queste costituiscono il CdA, anche se l’adozione del metodo collegiale non è inderogabile. L’atto costitutivo può prevedere che gli amministratori operino non già come CdA, bensì disgiuntamente o congiuntamente come nelle società di persone. La disciplina del potere di rappresentanza degli amministratori coincide con quella dettata per le s.p.a.; i contratti conclusi dagli amministratori con rappresentanza in conflitto di interessi possono essere annullati su domanda della società. Possono essere impugnate le decisioni adottate dal CdA col voto determinante di un amministratore in conflitto di interessi, qualora cagionino un danno patrimoniale alla società. Gli amministratori sono responsabili verso la società e verso i singoli soci o i terzi direttamente danneggiati, ma non verso i creditori sociali. Responsabili solidalmente con gli amministratori sono anche i soci che hanno intenzionalmente deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per la società, i soci o i terzi. L’azione sociale di responsabilità contro gli amministratori può essere promossa anche dal singolo socio. L’atto costitutivo può prevedere la nomina di un collegio sindacale o di un revisore determinandone competenze e poteri. Nelle S.r.l. la nomina di un revisore è obbligatoria se il capitale sociale non è inferiore a centoventimila euro, la società è tenuta alla redazione del bilancio consolidato, non ricorrono le condizioni per la redazione del bilancio in forma abbreviata, la società controlla una società obbligata alla revisione dei conti. Ogni socio non amministratore ha diritto ad avere dagli amministratori notizie di svolgimento degli affari sociali e di consultare i libri sociali e i documenti relativi all’amministrazione. Gli altri aspetti della disciplina sono in larga parte coincidenti con quelli della S.p.A. ©2012, Economia Tor Vergata Triennio Manuale di Diritto Commerciale Campobasso, V Edizione A.A. 2011-2012 Le società cooperative Le società cooperative sono società a capitale variabile che perseguono uno scopo prevalentemente mutualistico. Il nostro ordinamento ne favorisce la diffusione e lo sviluppo ai sensi dell'art. 45 Cost. La relativa disciplina resta ancora oggi articolata e complessa anche con l'intervento riformatore del 2003. Questo introduce tra l'altro la distinzione fondamentale tra società cooperative a mutualità prevalente ed altre società cooperative, ignota al codice del 1942. Le società con scopo mutualistico Le società cooperative si distinguono dalle altre società per lo scopo economico perseguito. Lo scopo prevalente dell'attività di impresa delle società cooperative consiste nel "fornire beni o servizi od occasioni di lavoro direttamente ai membri dell'organizzazione a condizioni più vantaggiose di quelle offerte sul mercato". L'attività di impresa si distingue dunque per la cosiddetta gestione "di servizio" a favore dei soci. I soci di una cooperativa mirano perciò a realizzare un risultato economico ed un proprio vantaggio patrimoniale, conseguendo un risparmio di spesa o una maggiore retribuzione. La legge consente tuttavia la presenza di soci non specificamente interessati alle prestazioni mutualistiche ed il cui ruolo è esclusivamente quello di apportare capitale di rischio (soci sovventori). Scopo mutualistico e scopo di lucro Le società cooperative, come già detto, sono caratterizzate da uno scopo prevalentemente mutualistico. Se l'atto costitutivo lo prevede, esse possono svolgere attività oggettivamente lucrativa. Incompatibile con lo scopo mutualistico resta però l'integrale distribuzione ai soci degli utili prodotti dalla cooperativa. Dalle norme si evince la percentuale massima degli utili distribuibili alle varie categorie di soci. Le cooperative a mutualità prevalente L'attuale disciplina generale delle società cooperative si basa sulla distinzione fra società cooperative a mutualità prevalente e altre società cooperative. Le prime godono di tutte le agevolazioni mentre le secondo non godono delle agevolazioni di carattere tributario. Elementi caratterizzanti delle cooperative a mutualità prevalente sono: - la presenza nello statuto di clausole che limitano la distribuzione di utili ai soci cooperatori; - la circostanza che la loro attività deve essere orientata prevalentemente a favore dei soci, ovvero deve utilizzare prevalentemente il lavoro dei osci o beni e servizi da loro stessi apportati. Perdono la qualifica di cooperative a mutualità prevalente le società cooperative che non rispettano le suddette condizioni per due esercizi. Le società cooperative a mutualità prevalente sono iscritte d'ufficio in un apposito albo tenuto a cura del Ministero dello sviluppo. In una distinta sezione dello stesso albo sono iscritte le altre società cooperative. L'atto costitutivo della società deve stabilire le regole per lo svolgimento dell'attività mutualistica con i soci e che nei relativi rapporti deve essere rispettato il principio di parità di trattamento. L'atto costitutivo deve altresì determinare se alla società è consentito di svolgere la propria attività anche con i terzi. Caratteri strutturali La disciplina delle società cooperative è modellata su quella delle S.p.A. per le cooperative medio-grandi; è invece modellata sulla disciplina della S.r.l. per le piccole cooperative. È previsto un numero minimo di soci per la costituzione e la sopravvivenza della società. Si richiede che i soci cooperatori abbiano specifici requisiti soggettivi (per assicurare che la compagine sociale sia composta da persone appartenenti a categorie sociali interessate a fruire dei servizi offerti dalla cooperativa). Sono fissati i limiti massimi alla quota di partecipazione di ciascun socio e alla percentuale di utili agli stessi distribuibile (favorendo l’allargamento della base societaria e disincentivando la partecipazione per fini lucrativi). Le variazioni del numero dei soci e le variazioni del capitale sociale non comportano modificazione dell’atto costitutivo (facilitando l’ingresso di nuovi soci e il recesso di quelli non più interessati all’attività mutualistica). L’assemblea vota per numero di teste. Le società cooperative sono sottoposte a vigilanza dell’autorità governativa al fine di assicurare che venga il regolare funzionamento amministrativo e contabile. La costituzione della società Per la costituzione è necessario che i soci siano almeno 9. Sono tuttavia sufficienti tre soci persone fisiche se la società adotta le norme della S.r.l. La società si scioglie ed è posta in stato di liquidazione se il numero dei soci scende al di sotto del limite legale e non è reintegrato nel termine di 1 anno. Possono partecipare alla società cooperativa coloro che siano in possesso di requisiti volti ad assicurare che i soci svolgano un’attività compatibile con quella che costituisce l’oggetto sociale della cooperativa. Non possono essere soci quanti esercitano in proprio imprese concorrenti con quella cooperativa. Tali requisiti non sono richiesti per i soci sovventori. Le indicazioni dell’atto costitutivo coincidono in parte con quelle delle s.p.a. Bisogna tuttavia inserire: - l’indicazione specifica dell’oggetto sociale, con riferimento ai requisiti e agli interessi dei soci; ©2012, Economia Tor Vergata Triennio Manuale di Diritto Commerciale Campobasso, V Edizione A.A. 2011-2012 - i requisiti per l’ammissione di nuovi soci; - le condizioni per il recesso e l’esclusione dei soci; - le regole per la ripartizione degli utili. La denominazione sociale può essere formata liberamente, ma deve contenere l’indicazione di società cooperative. L’atto costitutivo deve essere iscritto nel registro delle imprese e nell'albo delle società cooperative tenuto dal Ministero dello Sviluppo economico. Conferimenti e responsabilità dei soci La disciplina dei conferimenti è identica a quella delle s.p.a., salvo che lo statuto non abbia optato per la disciplina delle s.r.l. Nelle società cooperative, per le obbligazioni sociali, risponde solo la società col suo patrimonio. Il socio che non esegue in tutto o in parte i conferimenti dovuti può essere escluso dalla società. Risponde verso la società per un anno dal giorno del recesso, dell'esclusione o della cessione della quota. Il creditore particolare del socio cooperatore non può agire esecutivamente sulla quota o sulle azioni dello stesso. Le quote, le azioni Nelle società cooperative le partecipazioni dei soci possono essere rappresentate da azioni o da quote, a seconda che la società decida di seguire la disciplina dettata per le S.p.A. o per le S.r.l. Per stimolare l’allargamento della compagine azionaria, nessun socio persona fisica può avere una quota superiore a centomila euro. Nelle società cooperative con più di 500 soci, l'atto costitutivo può elevare tale limite fino al 2% del capitale sociale. Le quote e le azioni dei soci cooperatori non possono essere cedute senza l’autorizzazione degli amministratori (il cui provvedimento deve essere comunicato al socio entra 60 giorni dalla richiesta). L'autorizzazione non potrà essere validamente concessa qualora l'acquirente non possegga i requisiti soggettivi fissati. Il silenzio vale assenso e il provvedimento che nega l’autorizzazione deve essere motivato. L’atto costitutivo può autorizzare gli amministratori ad acquistare o rimborsare quote o azioni della società, sotto l'osservanza di determinati limiti. Le altre forme di finanziamento Per favorire la raccolta del capitale di rischio da parte delle società cooperative, sono stati elevati i limiti massimi della partecipazione di ciascun socio ed i limiti massimi dei prestiti dei soci ammessi a godere delle agevolazioni fiscali. Nel contempo sono state consentite nuove forme di raccolta del capitale di rischio con la previsione della figura dei soci sovventori e delle azioni di partecipazione cooperativa. La figura dei soci sovventori consente la raccolta del capitale di rischio anche fra coloro che non possiedono i requisiti richiesti per partecipare all’attività mutualistica. I conferimenti dei sovventori sono rappresentati da azioni nominative o quote nominative liberamente trasferibili. È stabilito che il tasso di remunerazione dei soci sovventori non può essere maggiorato più del 2% rispetto a quello previsto per gli altri soci. Inoltre i voti attribuiti ai soci sovventori non possono superare un terzo dei voti spettanti a tutti i soci. I soci sovventori possono essere nominati amministratori, ma la maggioranza di questi deve essere di soci cooperatori. Le azioni di partecipazione cooperativa presentano affinità con le azioni di risparmio: sono prive del diritto di voto e sono privilegiate nella ripartizione degli utili e nel rimborso del capitale. Sono liberamente trasferibili e godono dell’anonimato (al portatore). Inoltre sono privilegiate sotto il profilo patrimoniale, vantando una partecipazione agli utili maggiore e un diritto di prelazione nel rimborso del capitale. È prevista un’organizzazione di gruppo dei possessori di tali azioni, per la tutela degli interessi comuni. Le società cooperative possono emettere obbligazioni per la raccolta del capitale di prestito e di strumenti finanziari secondo la disciplina prevista per le s.p.a. Gli organi sociali, l'assemblea Ogni socio persona fisica ha diritto ad un solo voto qualunque sia il valore della quota o il numero delle azioni possedute. Solo ai soci persone giuridiche possono essere attribuiti più voti (ma non oltre cinque). Hanno diritto di voto solo coloro che risultano iscritti nel libro dei soci da almeno novanta giorni (si evita così di manipolare le maggioranze ammettendo un numero massiccio di soci all’ultimo momento). Il socio può farsi rappresentare in assemblea solo da altro socio e ciascun socio non può rappresentarne più di dieci; il voto può essere dato anche per corrispondenza. I quorum costitutivi e deliberativi sono determinati dall’atto costitutivo. Vi è la possibilità di una formazione progressiva della volontà assembleare attraverso il meccanismo delle assemblee separate (deliberano sulle stesse materie che formeranno oggetto dell’assemblea generale ed eleggono dei soci-delegati che parteciperanno a quest’ultima). Le assemblee separate sono obbligatorie in società cooperative con più di 3000 soci. ©2012, Economia Tor Vergata Triennio Manuale di Diritto Commerciale Campobasso, V Edizione A.A. 2011-2012 Trasformazione, fusione e scissione La riforma del 2003 ha profondamente modificato l'ambito operativo e la disciplina della trasformazione. Occorre innanzitutto distinguere fra trasformazione omogenea (fra società) e trasformazione eterogenea (da società di capitali in altri enti e così via). La trasformazione omogenea è il cambiamento del tipo di società. Non si ha però estinzione della società preesistente: è la stessa società che conserva i diritti e gli obblighi e prosegue tutti i rapporti dell’ente che ha effettuato la trasformazione. La trasformazione è uno strumento che serve ad adattare l’assetto organizzativo della società alle nuove esigenze sopravvenute durante la vita della stessa. È espressamente vietata la trasformazione di una società cooperativa a mutualità prevalente in società lucrative, mentre la riforma del 2003 ha consentito la trasformazione delle altre società cooperative in società lucrative o consorzi. La trasformazione può avvenire anche in pendenza di una procedura concorsuale. La trasformazione omogenea: il procedimento di trasformazione La trasformazione omogenea deve essere deliberata secondo le modalità previste per le modificazioni dell'atto costitutivo e con l'osservanza delle relative maggioranze. L'attuale disciplina non richiede più il consenso di tutti i soci; è sufficiente il consenso della maggioranza dei soci determinata secondo la partecipazione attribuita a ciascuno negli utili. Al socio che non ha acconsentito alla trasformazione è riconosciuto il diritto di recesso. Per le società di capitali è necessaria la delibera dell'assemblea straordinaria. Per la trasformazione delle società cooperative diverse da quelle a mutualità prevalente in società di persone o di capitali è richiesto il voto favorevole di almeno la metà dei soci (2/3 quando i soci sono meno di 50). La delibera di trasformazione fissa le basi organizzative della nuova veste giuridica della società; deve rispondere perciò ai requisiti previsti per l’atto costitutivo del tipo di società prescelto. Nel caso di trasformazione di società di capitali, gli amministratori devono predisporre una relazione per illustrare motivazione ed effetti della trasformazione. Nel caso di trasformazione di società di persone in società di capitali la delibera deve risultare da atto pubblico. Alla delibera di trasformazione deve essere allegata una relazione giurata di stima del patrimonio sociale. La delibera di trasformazione in società di capitali è soggetta a controllo di legittimità ed all'iscrizione nel registro delle imprese. Ogni socio ha diritto all'assegnazione di azioni o di quote proporzionali alla propria partecipazione. La trasformazione delle società cooperative in società lucrative è soggetta ad una procedura speciale. La responsabilità dei soci È richiesto il consenso dei soci che assumono responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali in seguito alla trasformazione. Nell’ipotesi inversa (viene meno la responsabilità illimitata), i soci non sono liberati dalla responsabilità per le obbligazioni sociali anteriori all'iscrizione della delibera nel registro delle imprese. È stabilito che: - il consenso dei creditori alla trasformazione vale come consenso alla liberazione di tutti i soci a responsabilità illimitata; - il consenso alla trasformazione si presume se ai singoli creditori è stata comunicata per raccomandata ed essi non hanno negato espressamente al loro adesione. La trasformazione eterogenea Una società di capitali può trasformarsi in consorzi, società consortili, società cooperative, comunioni di azienda, associazioni non riconosciute e fondazioni. Per questo tipo di trasformazione è richiesto il voto favorevole di almeno i due terzi degli aventi diritto e il consenso dei soci che assumono responsabilità illimitata. La disciplina della trasformazione eterogenea in società di capitali è più articolata, dettando una specifica disciplina per ogni singola trasformazione. Le trasformazioni eterogenee hanno effetto solo dopo che siano decorsi 90 giorni dall'ultimo adempimento pubblicitario richiesto. Entro tale termine i creditori dell'ente possono proporre opposizione alla trasformazione. La fusione La fusione è l'unificazione di due o più società in una sola. Può essere realizzata in due diversi modi: - con la costituzione di una nuova società che prende il posto di tutte le società preesistenti (fusione in senso stretto); - mediante assorbimento in una società preesistente di una o più altre società (fusione per incorporazione). La fusione può aver luogo sia fra società dello stesso tipo (fusione omogenea), sia tra società di tipo diverso (fusione eterogenea). La fusione fra società eterogenee si caratterizza anche per la trasformazione delle società che partecipano alla fusione. La partecipazione alla fusione non è consentita alle società che si trovano in stato di liquidazione e che hanno già iniziato la distribuzione fra i soci del residuo attivo. La fusione è uno strumento di concentrazione delle imprese societarie che consente di ampliarne la dimensione e la competitività sul mercato. Il passaggio da una pluralità di società ad una sola determina la riduzione ad unità dei patrimoni delle singole ©2012, Economia Tor Vergata Triennio Manuale di Diritto Commerciale Campobasso, V Edizione A.A. 2011-2012 società e la confluenza dei rispettivi soci in un’unica struttura organizzativa che continua l’attività di tutte le società preesistenti, mentre queste ultime si estinguono. La società incorporante o che risulta dalla fusione assume i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione. I creditori delle società estinte potranno quindi far valere i loro diritti sull’unitario patrimonio della società risultante dalla fusione. Il progetto di fusione Il procedimento di fusione si articola in 3 fasi: progetto di fusione, delibera di fusione e atto di fusione. E' espressamente previsto che gli amministratori delle società partecipanti devono redigere un progetto di fusione nel quale sono fissate le condizioni e le modalità dell'operazione da sottoporre all'approvazione dell'assemblea. Il progetto di fusione deve avere identico contenuto per tutte le società partecipanti e dallo stesso devono risultare: - il tipo, la denominazione o ragione sociale, la sede delle società partecipanti alla fusione; - l'atto costitutivo della nuova società risultante dalla fusione o di quella incorporante; - il rapporto di cambio delle azioni o quote. Il progetto di fusione deve essere iscritto nel registro delle imprese del luogo ove hanno sede le società partecipanti. Inoltre è prescritta la redazione preventiva di ulteriori 3 documenti: - la situazione patrimoniale: da redigere con l'osservanza delle norme che regolano la redazione del bilancio di esercizio; - la relazione degli amministratori: relazione che illustra e giustifica il progetto di fusione e in particolar modo il rapporto di cambio; - la relazione degli esperti: relazione sulla congruità del rapporto di cambio e sull'adeguatezza del metodo seguito dagli amministratori per stimarlo. I documenti previsti e in più i bilanci degli ultimi 3 esercizi delle società partecipanti, devono restare depositati in copia nelle sedi di ciascuna società partecipante durante i 30 giorni che precedono l'assemblea e fino a quando la fusione non sia stata deliberata. La fase preparatoria della delibera di fusione può essere tuttavia semplificata in alcuni determinati casi individuati dal legislatore. La delibera di fusione Per l'approvazione del progetto vanno rispettate le norme che regolano le modificazioni dell'atto costitutivo. Nelle società di persone è sufficiente la maggioranza dei soci, calcolata attraverso la partecipazione che ognuno di questi ha nella distribuzione degli utili. Nelle società di capitali, la fusione deve essere deliberata dall'assemblea straordinaria e per le società non quotate sono necessarie maggioranze rafforzate. Nel caso di fusione eterogenea ai soci che non hanno acconsentito alla fusione è riconosciuto il diritto di recesso; diritto che invece è riconosciuto, per fusione omogenea, solo nel caso di S.r.l. Le delibere di fusione delle società devono essere iscritte nel registro delle imprese, previo controllo di legalità. La tutela dei creditori sociali E' stabilito che la fusione può essere attuata soltanto 60 giorni dopo l'iscrizione dell'ultima delibera nel registro delle imprese. Entro questo termine i creditori sociali possono presentare opposizione. In questo modo la fusione si sospende fino all'esito del relativo giudizio. Il tribunale può tuttavia autorizzare comunque l'attuazione della fusione, previa prestazione da parte della società coinvolta di garanzie idonee a favore dei soli creditori opponenti. Se alla fusione partecipano società con soci a responsabilità illimitata e la società risultate dalla fusione è una società di capitali, questi soci continuano ad essere illimitatamente responsabili delle obbligazioni sociali sorte antecedentemente l'iscrizione nel registro delle imprese della delibera di fusione. L'atto di fusione Il procedimento di fusione si conclude con la stipulazione dell'atto di fusione. L'atto di fusione deve essere sempre redatto per atto pubblico. Deve essere iscritto nel registro delle imprese nei luoghi in cui sono iscritte le società partecipanti e nel comune in cui ha la sede la nuova società risultante dalla fusione. Dall'ultima iscrizione nel registro delle imprese decorrono gli effetti della fusione. Una volta eseguite le iscrizioni dell'atto di fusione prescritte per legge, l'invalidità dell'atto di fusione non può più essere pronunciata, salvo il diritto al risarcimento del danno per eventuali danni causati a soci o a terzi dalla fusione. La scissione Con la scissione il patrimonio di una sola società è scomposto e trasferito in tutto o in parte ad altre società, con contestuale assegnazione ai soci della prima di azioni o quote delle società beneficiarie del trasferimento patrimoniale. La scissione può essere: - totale: l'intero patrimonio della società viene trasferito a più società. La prima società perciò si estingue; - parziale: solo una parte del patrimonio della società viene trasferito ad altre società; la società scissa resta quindi in vita con un proprio patrimonio, anche se ridotto. Beneficiarie della scissione possono essere sia società di nuova costituzione, nate per gemmazione dalla società ©2012, Economia Tor Vergata Triennio Manuale di Diritto Commerciale Campobasso, V Edizione A.A. 2011-2012 che si scinde (scissione in senso stretto), sia società preesistenti (scissione per incorporazione). Come per la fusione è espressamente stabilito che non vi ci possono partecipare le società in stato di liquidazione che hanno iniziato la distribuzione ai soci del residuo attivo. Il procedimento Il procedimento di scissione ricalca in grande parte quello illustrato per la fusione. Gli amministratori delle società partecipanti devono redigere un unitario progetto di scissione, sottoposto alla stessa pubblicità prevista per il progetto di fusione. Il progetto di scissione deve contenere sia l'esatta descrizione degli elementi patrimoniali da trasferire sia i criteri di distribuzione ai soci delle azioni o delle quote delle società beneficiarie del trasferimento. Nella scissione totale, le attività di incerta attribuzione sono attribuite alle società beneficiarie in maniera proporzionale alla quota di patrimonio netto distribuita a ciascuna di esse. Delle passività di dubbia imputazione risponde la società in solido con le società beneficiarie. Nella scissione parziale, le relative attività restano in testa alla società trasferente. Delle passività rispondono in solido sia questa sia le società beneficiarie. Per la situazione patrimoniale e le relazioni è pienamente richiamata la disciplina della fusione, così come per le altre fasi della scissione. Se beneficiarie della scissione sono società di nuova costituzione, l'atto di scissione vale come atto o contratto di costituzione. La scissione diventa efficace a partire dalla data in cui è stata eseguita l'ultima iscrizione dell'atto di scissione nel registro delle imprese del comune dove ha sede la società beneficiaria. ©2012, Economia Tor Vergata Triennio Manuale di Diritto Commerciale Campobasso, V Edizione A.A. 2011-2012 I titoli di credito I titoli di credito sono documenti destinati alla circolazione che attribuiscono il diritto ad una determinata prestazione, che può consistere nel pagamento di una somma di denaro, nel diritto alla riconsegna di merci depositate o viaggianti). Vi sono inoltre titoli che rappresentano una situazione giuridica complessa ed i relativi diritti (titoli di partecipazione). Fra i titoli di credito ve ne sono poi alcuni che vengono di regola emessi ognuno per una distinta operazione economica ed altri che rappresentano frazioni di uguale valore nominale di una unitaria operazione economica di finanziamento ed attribuiscono ciascuno uguali diritti. Ancora, alcuni titoli di credito presuppongono un ben determinato rapporto giuridico, mentre per altri il rapporto giuridico può variamente atteggiarsi. Il codice civile del 1942 ha introdotto una disciplina generale dei titoli di credito, precedentemente regolati solo da leggi speciali. La previsione di regole comuni a tutti i titoli di credito consente di colmare eventuali lacune delle discipline speciali e risponde allo scopo di fissare uno statuto generale applicabile a tutte le nuove figure di titoli atipici. Funzione e caratteri essenziali dei titoli di credito I titoli di credito svolgono un ruolo fondamentale in una moderna economia basata sul credito e sulla circolazione della ricchezza. La loro funzione è quella di rendere più semplice, rapida e sicura la circolazione dei diritti di credito, neutralizzando i rischi e gli inconvenienti che al riguardo presenta la disciplina della cessione de credito. Poiché le regole di circolazione più semplici e sicure sono certamente quelle previste per i beni mobili; bisogna perciò creare un modello di circolazione del credito che consenta di far circolare i crediti secondo regole analoghe a quelle che governano la circolazione di beni mobili (la proprietà si trasferisce con il semplice consenso). La finzione giuridica consiste nel ritenere che oggetto di circolazione sia il documento anziché il diritto in esso contenuto; si tratta però di una finzione che consente di stabilire un collegamento giuridico del tutto particolare fra documento e diritto. Tale collegamento si esprime affermando che nel titolo di credito il diritto è incorporato nel documento e si concretizza in quattro principi cardine fissati dalla disciplina generale dei titoli di credito: a) Principio dell'autonomia in sede di circolazione del diritto cartolare: chi acquista la proprietà del documento (cosa mobile) diventa titolare del diritto in esso contenuto anche se ha acquistato il titolo a non dominio purché sia in buona fede. b) Principio della letteralità e dell'autonomia in sede di esercizio del diritto: chi acquista un titolo di credito acquista un diritto il cui contenuto è determinato esclusivamente dal tenore letterale del documento. Acquista inoltre un diritto che è di regola immune dalle eccezioni (tranne le eccezioni reali) fondate sui rapporti personali intercorsi fra debitore e precedenti possessori del titolo. c) Principio di legittimazione: chi ha conseguito il possesso materiale del titolo nelle forme prescritte dalla legge è senz'altro legittimato all'esercizio del diritto cartolare. d) I vincoli sul diritto menzionato in un titolo di credito devono essere effettuati sul titolo e non hanno effetto se non risultano dal titolo. In estrema sintesi, si può dire che il titolo di credito è un documento necessario e sufficiente per la costituzione, la circolazione e l'esercizio del diritto letterale ed autonomo in esso incorporato. La creazione del titolo di credito: rapporto fondamentale e rapporto cartolare La creazione ed il rilascio del titolo di credito trovano giustificazione in un preesistente rapporto fra emittente e primo prenditore (rapporto fondamentale) ed in un accordo fra gli stessi con cui si conviene di fissare nel titolo di credito la prestazione dovuta dal primo al secondo in base a tale rapporto (convenzione di rilascio). Il titolo di credito, emesso in attuazione della convenzione di rilascio, riproduce in forma semplificata e schematizzata l'obbligazione derivante dal rapporto fondamentale. La dichiarazione risultante dal titolo di credito costituisce il rapporto cartolare ed il diritto dalla stessa riconosciuto al prenditore del titolo il diritto cartolare destinato a circolare. Titoli di credito astratti e causali I titoli di credito possono distinguersi in due grandi categorie: titoli astratti e titoli causali. Sono titoli di credito astratti quelli che possono essere emessi in base ad un qualsiasi rapporto fondamentale. Sono invece titoli causali quelli che possono essere emessi solo in base ad un determinato tipo di rapporto fondamentale, predeterminato per legge. Nei titoli astratti il contenuto del diritto cartolare è determinato esclusivamente dalla lettera del titolo; i titoli astratti sono perciò definiti anche titoli a letteralità piena o completa. Nei titoli causali il contenuto del diritto cartolare è invece determinato non solo dalla lettera del titolo, ma anche dalla disciplina legale del rapporto obbligatorio tipico richiamato nel documento. Questi titoli si definiscono perciò a letteralità incompleta o per relationem. Anche ai titoli causali è applicabili il principio dell'autonomia del diritto cartolare in sede di esercizio. Il rapporto cartolare resta indipendente dal rapporto fondamentale ed al terzo portatore non sono opponibili le eccezioni derivanti da quest'ultimo in quanto eccezioni fondate su rapporti personali. Qualche ulteriore puntualizzazione è necessaria per i titoli di credito rappresentativi di merce. Questi attribuiscono al ©2012, Economia Tor Vergata Triennio Manuale di Diritto Commerciale Campobasso, V Edizione A.A. 2011-2012 proprietario il diritto alla consegna delle merci in essi specificate, il possesso delle medesime e il potere di poterne disporre mediante trasferimento del titolo. Resta però ferma l'inopponibilità al terzo possessore di ogni eccezione desunta dalla disciplina convenzionale del rapporto che ha dato luogo all'emissione del titolo. La circolazione dei titoli di credito Uno dei profili caratterizzanti della disciplina dei titoli di credito è la distinzione fra la titolarità del diritto cartolare e legittimazione all'esercizio dello stesso: titolare del diritto cartolare è il proprietario, legittimato al suo esercizio è il possessore del titolo nelle forme prescritte dalla legge. Le qualità di proprietario-titolare e di possessore-legittimato di regola circolano congiuntamente e coincidono nella stessa persona. Nel corso della circolazione del titolo si può tuttavia verificare una dissociazione. Al riguardo è necessario distinguere tra circolazione regolare e circolazione irregolare. Si ha circolazione regolare quando il titolo viene trasferito in forza di un valido negozio di trasmissione. E' opinione prevalente che anche in materia di titoli di credito trovi applicazione il principio consensualistico, secondo il quale il diritto cartolare si trasferisce in base al singolo consenso fra le parti. La circolazione irregolare si ha quando la circolazione del titolo non è sorretta da un valido negozio di trasferimento. In tal caso il possessore del titolo non acquista la titolarità ma ha la possibilità di fatto di esercitare il diritto (legittimazione) e di far circolare ulteriormente il titolo. Chi ha perso il possesso del titolo può esercitare azione di rivendicazione e se si tratta di titoli all'ordine o nominativi potrà avvalersi della procedura di ammortamento che gli consente di ottenere un surrogato del titolo smarrito o distrutto. Tutto ciò fino a quando il titolo non pervenga nelle mani di un terzo in buona fede. Scatta infatti a tutela di quest'ultimo il principio di autonomia in sede di circolazione. "Chi ha acquistato in buona fede il possesso di un titolo di credito non è soggetto a rivendicazione". Perché si perfezioni l'acquisto a non dominio devono ricorrere 3 presupposti: - un negozio astrattamente idoneo a trasferire la proprietà del titolo; - l'investitura dell'acquirente nel possesso del titolo; - la buona fede dell'acquirente. La legge di circolazione, i titoli al portatore In base alla legge di circolazione i titoli di credito si distinguono in titoli al portatore, titoli all'ordine e titoli nominativi. Sono al portatore i titoli di credito che recano la clausola "al portatore", anche se contrassegnati da un nome. Essi circolano mediante la semplice consegna del titolo; il possessore è legittimato all'esercizio del diritto in base alla sola presentazione del titolo al debitore. L'emissione di titoli di credito al portatore contenenti l'obbligo di pagare una somma di denaro è consentita nei soli casi previsti dalla legge. Per i titoli al portatore non è di regola consentito ammortamento. I titoli all'ordine I titoli all'ordine sono titoli intestati ad una persona determinata. Circolano mediante consegna del titolo accompagnata dalla girata. Il possessore del titolo si legittima in base ad una serie continua di girate. La girata è una dichiarazione scritta sul titolo (solitamente sul retro) e sottoscritta, con la quale l'attuale possessore (girante) ordina al debitore cartolare di adempiere nei confronti di altro soggetto (giratario). La girata può essere in pieno o in bianco. E' piena quando contiene il nome del giratario con la sottoscrizione del girante. E' in bianco quando non contiene il nome del giratario ed è costituita dalla sola firma del girante. Chi riceve un titolo girato in bianco può: - riempire la girata col proprio nome o con quello di altra persona; - girare di nuovo il titolo in pieno o in bianco; - trasmettere il titolo ad un terzo senza riempire la girata e senza apporne una nuova. In questo caso la circolazione successiva avviene mediante semplice consegna come nel caso dei titoli all'ordine. La girata non può essere sottoposta a condizione e qualsiasi condizione apposta si considera non scritta. Quando vi siano più girata, l'attuale possessore si legittima in base ad una serie continua di girate, di cui l'ultima a lui intestata o in bianco. E' cioè necessario che il nome di ogni girante corrisponda a quello del giratario della girata precedente, fino a risalire al primo prenditore. Il debitore è tenuto a controllare solo la regolarità formale delle girate, non è invece tenuto a verificarne autenticità e validità. Di regola la girata non ha funzione di garanzia. Il codice regola due tipi di girata con effetti limitati: la girata per l'incasso o per procura e la girata a titolo di pegno. Nella girata per procura, il giratario assume la veste di rappresentante per l'incasso del girante; il girante non può ulteriormente girare il titolo se non per procura. La girata a titolo di pegno (girata in garanzia) attribuisce al giratario un diritto di pegno sul titolo, a garanzia di un credito che il giratario stesso vanta nei confronti del girante. I titoli nominativi I titoli nominativi sono titoli intestati ad una persona determinata. Si caratterizzano per il fatto che l'intestazione deve risultare non solo dal titolo, ma anche da un apposito registro tenuto dall'emittente. Il possessore è quindi legittimato per effetto della doppia intestazione a suo favore. Le procedure per il trasferimento della ©2012, Economia Tor Vergata Triennio Manuale di Diritto Commerciale Campobasso, V Edizione A.A. 2011-2012 legittimazione nei titoli nominativi sono complesse; è in ogni caso necessaria la cooperazione dell'ente emittente dovendosi procedere alla mutazione dell'intestazione anche nell'apposito registro. La doppia annotazione del nome dell'acquirente può avvenire attraverso 2 procedure: - Transfert: la prima prevede il cambiamento contestuale delle due intestazioni a cura e sotto la responsabilità dell'emittente stessa (transfert). Il transfert può essere richiesto sia dall'alienante sia dall'acquirente. L'alienante deve esibire il titolo e deve provare la propria capacità di agire mediante certificazione di un notaio, di un agente di cambio o, per le azioni, anche di una banca a ciò autorizzata. L'acquirente che richiede il transfert deve invece esibire il titolo e deve inoltre dimostrare il suo diritto mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata da un notaio o un agente di cambio. - Trasferimento mediante girata: la doppia annotazione è eseguita da soggetti diversi in momenti diversi. L'annotazione sul titolo è eseguita dall'alienante (girata); quella nel registro dell'emittente è ad opera dell'emittente stessa e si rende necessaria solo quando l'acquirente è deciso ad esercitare il suo diritto. Nel frattempo l'acquirente può ulteriormente trasferire ad altri il titolo, mediante ulteriori girate. La girata dei titoli nominativi è assoggettata a particolar regole di forma ed ha effetti diversi dalla girata dei titoli all'ordine. La girata deve essere datata, deve contenere l'indicazione del giratario e deve essere sottoscritta anche da quest'ultimo se il titolo non è completamente liberato. La girata deve inoltre essere autenticata. La girata di un titolo nominativo attribuisce solo la legittimazione ad ottenere la legittimazione, vale a dire il diritto di ottenere l'annotazione nel registro dell'emittente. Prima di tale annotazione la girata non ha effetti nei confronti dell'emittente. Per i titoli azionari l'annotazione nel registro non è tuttavia necessaria per l'esercizio dei diritti sociali. In base all'attuale disciplina, il terzo che si dimostra possessore di un titolo può esercitare tutti i diritti sociali. L'esercizio del diritto cartolare, la legittimazione La disciplina dei titoli di credito si caratterizza per l'elevata semplicità delle modalità di esercizio del diritto. Il possessore di un titolo di credito ha diritto alla prestazione in esso indicata verso presentazione del titolo (legittimazione attiva). È così spostato sul debitore l’onere di provare i difetti di titolarità, ove intenda resistere alla richiesta di adempimento. Nel contempo, il debitore, che senza dolo o colpa grave adempia la prestazione nei confronti del possessore, è liberato anche se questi non è il titolare del diritto. La liberazione del debitore è quindi legittima anche quando, pur essendone a conoscenza, egli non disponga di mezzi di prova pronti e sicuri per contestare il difetto di titolarità o, quantomeno, non sia in grado di procurarseli con l’ordinaria diligenza. Le eccezioni cartolari Il regime delle eccezioni cartolari che il debitore può opporre al portatore del titolo per sottrarsi al pagamento è fissato dall'art. 1993. Le eccezioni cartolari si distinguono in reali e personali. Le prime sono opponibili a qualunque portatore; le seconde sono invece opponibili solo ad un determinato portatore e non si ripercuotono sugli altri. Costituiscono eccezioni reali: a) le eccezioni di forma: la mancata osservanza di determinati requisiti formali richiesti dalla legge a pena di nullità; b) le eccezioni fondate sul contesto letterale del titolo; c) la falsità della firma (non rientra nell'eccezione la contraffazione autorizzata di firma altrui); d) il difetto di capacità o di rappresentanza al momento dell'emissione del titolo; e) la mancanza delle condizioni necessarie per l'esercizio dell'azione: la richiesta di pagamento è priva di un requisito richiesto dalla legge. Sono invece eccezioni personali tutte le eccezioni non classificabili come reali: a) le eccezioni derivanti dal rapporto fondamentale, opponibili solo al primo portatore; b) le eccezioni fondate su altri rapporti personali con i precedenti possessori, opponibili solo a colui che è stato parte del relativo rapporto; c) l'eccezione di difetto di titolarità del diritto cartolare, opponibile al possessore del titolo che non ne ha acquistato la proprietà o l'ha successivamente persa. Le eccezioni di cui ai punti a) e b) si definiscono eccezioni personali fondate su rapporti personali, quelle di cui al punto c) si definiscono eccezioni personali in senso stretto. Il legislatore ammette tuttavia che a determinate condizioni, le eccezioni personali possano essere opposte anche ai portatori successivi. Nel caso di eccezioni personali in senso stretto è applicabile la disciplina dell'acquisto del diritto a non dominio. L'eccezione è opponibile ai terzi portatori in malafede e con colpa grave. Per le eccezioni personali fondate su rapporti personali è invece necessario anche l'exceptio doli. ©2012, Economia Tor Vergata Triennio Manuale di Diritto Commerciale Campobasso, V Edizione A.A. 2011-2012 La cambiale in bianco La cambiale in bianco è la cambiale sprovvista di uno dei requisiti essenziali (è sufficiente che siano presenti nel momento in cui il portatore chiede il pagamento). All’emissione della cambiale in bianco si ricorre infatti quando alcuni dati cambiari non sono attualmente determinabili. Chi rilascia una cambiale in bianco resta esposto al rischio che la stessa sia riempita dal prenditore in modo difforme da quanto pattuito. Il rischio è più grave se l’immediato prenditore, dopo aver completato il titolo in difformità degli accordi, lo giri ad un terzo. L’eccezione di abusivo riempimento non è opponibile al terzo possessore (si tratta infatti di una eccezione personale), se questi abbia acquistato la cambiale in buona fede. Il portatore decade dal diritto di riempire la cambiale in bianco dopo tre anni dall’emissione del titolo. Capacità e rappresentanza cambiaria L'assunzione di obbligazione cambiaria costituisce sempre atto eccedente l'ordinaria amministrazione. Il rappresentante legale del minore o dell'interdetto può assumere obbligazioni cambiarie in loro nome solo previa autorizzazione del giudice tutelare, salvo che sia stato autorizzato alla continuazione di impresa commerciale. Per l'inabilitato o il minore emancipato non autorizzato all'esercizio di impresa commerciale, è previsto che la loro firma sia autorizzata da quella del curatore con la clausola "per assistenza" o altra equivalente. In mancanza, il curatore è obbligato personalmente. L'obbligazione cambiaria può essere assunta anche a mezzo rappresentante. Questi deve far risultare dal titolo tale sua qualità attraverso la formula "per procura" o equivalente. Il rappresentante generale di un imprenditore commerciale può assumere obbligazioni cambiarie salvo che non sia stato espressamente disposto diversamente dall'atto costitutivo. Il rappresentante generale di un imprenditore non commerciale, invece, non può assumere obbligazioni cambiarie, salvo che non sia stato disposto diversamente. Il rappresentante cambiario senza poteri è per legge obbligato cambiariamente come se avesse firmato in proprio; di contro il rappresentante senza poteri che ha pagato può agire cambiariamente nei confronti degli eventuali obbligati cambiari di grado anteriore. Le obbligazioni cambiarie La cambiale è un titolo di credito destinato ad incorporare più obbligazioni. Nasce con l'obbligazione del traente o dell'emittente ed altre se ne possono aggiungere durante la vita del titolo. Innanzitutto, l'invalidità di una singola obbligazione cambiaria non incide sulla validità delle altre. Inoltre, tutti li obbligati cambiari sono obbligati in solido nei confronti del portatore del titolo alla scadenza, che perciò può richiedere il pagamento della somma a ciascuno di essi. Tuttavia, gli obbligati cambiari non sono obbligati allo stesso modo; essi sono distinti in due categorie: obbligati diretti ed obbligati di regresso. L'azione nei confronti dei primi non è subordinata a particolari formalità. L'azione nei confronti dei secondi, presuppone il verificarsi di determinate condizioni sostanziali ed è subordinata a determinati adempimenti formali. Sono obbligati diretti: l'emittente, l'accettante ed i loro avallanti. Sono obbligati di regresso: il traente, i giranti, i loro avallanti e l'accettante per intervento. Diversa è anche la posizione degli obbligati cambiari nei rapporti reciproci. Nei rapporti interni infatti gli obbligati cambiari sono disposti per gradi, secondo un ordine tassativamente fissato per legge. Nella cambiale tratta accettata, obbligato di primo grado è l'accettante, obbligato di secondo grado è il traente, obbligato di terzo è il primo girante e così via. Nel vaglia cambiario obbligato di primo grado è l'emittente, seguono poi i giranti. L'avallante assume un grado cambiario immediatamente successivo a quello dell'obbligato per il quale l'avallo è stato dato ed identica regola vale anche per l'accettante per intervento. La graduatoria delle obbligazioni cambiarie comporta che, se paga l'obbligato di primo grado, gli altri sono tutti liberati; se paga un obbligato di grado intermedio, liberati saranno soltanto gli obbligati di grado inferiore, mentre il solvens ha azione cambiaria per il recupero dell'intera somma dagli obbligati anteriori. L'accettazione della cambiale L'accettazione è la dichiarazione con la quale il trattario si obbliga a pagare la cambiale alla scadenza. Con l'accettazione il trattario diventa obbligato principale di primo grado e diretto. La presentazione della cambiale per l'accettazione costituisce di regola una facoltà del portatore anche se il traente può vietare che la stessa cambiale sia presentata per l'accettazione. La presentazione per l'accettazione è tuttavia obbligatoria: - nella cambiale a certo tempo vista; - quando la presentazione per l'accettazione è prescritta dal traente o da un girante, con eventuale fissazione del termine. L'accettazione deve essere scritta sulla cambiale ed espressa con le parole "accetto" o "visto", seguite dalla ©2012, Economia Tor Vergata Triennio Manuale di Diritto Commerciale Campobasso, V Edizione A.A. 2011-2012 sottoscrizione del trattario, con l'indicazione del luogo e della data di nascita, ovvero dal codice fiscale. L'accettazione deve essere incondizionata. Può però essere limitata ad una parte della somma ed in tal caso il portatore potrà agire anticipatamente contro gli obbligati di regresso per la parte residua. Ogni altra modifica apportata dall'accettante al tenore della cambiale equivale a rifiuto e consente il regresso anticipato. Per evitare questa conseguenza il legislatore prevede l'istituto dell'accettazione per intervento. In caso di rifiuto da parte del trattario, l'accettazione può essere eseguita da un terzo. L'accettante per intervento non diventa in alcun caso obbligato principale. L'avallo L'avallo è una dichiarazione cambiaria con la quale un soggetto garantisce il pagamento della cambiale per tutta o per una parte della somma. L'avallo è una tipica garanzia cambiaria; deve risultare dal titolo o dal foglio di allungamento. E' espresso con le parole "per avallo" o equivalenti, seguite dalla sottoscrizione dell'avallante. L'avallo può essere dato per uno qualsiasi degli obbligati cambiari e l'avallante deve indicare per chi l'avallo è stato dato; in mancanza l'avallo si considera dato per il traente o per l'emittente. L'avallante è obbligato nella stesa misura di colui per il quale l'avallo è stato dato. Nei confronti del portatore del titolo, l'avallante è obbligato in solido con l'avallato e con gli altri obbligati cambiari al pagamento della cambiale. Nei rapporti interni, l'avallante è invece un obbligato di grado successivo rispetto all'avallato. Ha perciò azione cambiaria di rivalsa per l'intero contro l'avallato e contro gli obbligati di grado anteriore. L'avallo può essere prestato anche da più persone (coavallo). I coavallanti sono obbligati di pari grado tra loro. L'avallo è una obbligazione di garanzia collegata con quella dell'avallato, ma è un'obbligazione autonoma ed è valida "ancorché l'obbligazione garantita sia nulla per qualsiasi altra causa che un vizio di forma". La circolazione della cambiale La disciplina della circolazione della cambiale in larga parte coincide con quella dettata per i titoli di credito all'ordine, sia pure con alcune peculiarità. Il trasferimento della cambiale mediante girata può essere escluso dal traente o dall'emittente, apponendo sul titolo la clausola "non all'ordine" o altra equivalente. In tal caso la cambiale è trasferibile solo nella forma e con gli effetti di una cessione ordinaria. La girata deve essere apposta sulla cambiale e deve essere sottoscritta dal girante nel modo fissato dall'art.8 per tutte le sottoscrizioni cambiarie, altrimenti la girata è nulla. Anche la girata può essere in pieno o in bianco. La girata deve essere incondizionata e qualsiasi condizione apposta si ha per non scritta; è invece nulla la girata parziale. La girata trasferisce la legittimazione dell'esercizio dei diritti cartolari ed il possessore in buona fede del titolo diventa proprietario del titolo e titolare del diritto. La disciplina della cambiale si distacca da quella dei titoli di credito per quanto riguarda la funzione di garanzia della girata. Nella cambiale infatti il girante risponde per legge come obbligato di regresso ma con apposita clausola può esonerarsi da ogni responsabilità cambiaria. La cambiale può infine essere girata per procura o a titolo di pegno. Il pagamento della cambiale Legittimato a chiedere il pagamento è il portatore della cambiale che giustifica il suo diritto in base ad una serie continua di girate, anche se l'ultima è in bianco. Le girate cancellate si hanno per non apposte. Chi paga alla scadenza è tenuto a controllare solo la regolarità formale delle girate e la continuità delle stesse (il nome del girante deve coincidere con quello del giratario precedente); non è invece tenuto a controllare la regolarità sostanziale. Eseguiti tali controlli ed individuato il possessore, il debitore è liberato anche se paga al non titolare, a meno che da parte sua non vi sia exceptio doli. La cambiale deve essere presentata al trattario o all'emittente per il pagamento. L'omessa presentazione nei termini stabiliti comporta la perdita dell'azione cambiaria nei confronti dei soci di regresso. Il portatore della cambiale non è tenuto a ricevere il pagamento prima della scadenza ed il pagamento anticipato avviene a rischio e pericolo del debitore; il portatore della cambiale non può rifiutare il pagamento parziale. Il pagamento totale dà diritto alla restituzione del titolo. Anche il pagamento della cambiale può essere effettuato per intervento; colui che paga per intervento può essere un terzo o una persona già obbligata cambiariamente, tranne l'accettante. Il pagamento per intervento non può essere parziale e deve essere effettuato massimo il giorno seguente l'ultimo giorno consentito per elevare il protesto per il mancato pagamento. Il pagamento per intervento libera gli obbligati di grado inferiore, mentre chi paga acquista i diritti cambiari verso gli obbligati anteriori. ©2012, Economia Tor Vergata Triennio Manuale di Diritto Commerciale Campobasso, V Edizione A.A. 2011-2012 Le azioni cambiarie In caso di rifiuto del pagamento o di accettazione, il portatore del titolo può agire contro tutti gli obbligati cambiari. La relativa azione è però regolata diversamente a seconda che si tratti di obbligati diretti o di regresso. L'azione diretta non è soggetta a particolari formalità ed in particolare non è soggetta alla levata del protesto, inoltre non è soggetta ad alcun termine di decadenza. Il portatore è tenuto ad osservare solo il termine di prescrizione di 3 anni, che decorre dalla scadenza della cambiale. L'azione contro gli obbligati di regresso può essere innanzitutto esercitata alla scadenza, se il pagamento non ha avuto luogo. Può però essere esercitata prima della scadenza se: l'accettazione è stata rifiutata, il trattario o l'emittente sono falliti e in caso di fallimento del traente di una cambiale non accettabile. In caso di fallimento, per esercitare il regresso basta produrre la relativa sentenza dichiarativa. Negli altri casi l'esercizio dell'azione di regresso è per legge subordinato al protesto. Il protesto per mancato pagamento deve essere levato entro i due giorni feriali successivi alla scadenza della cambiale. L'omessa levata del protesto nei termini comporta la decadenza del portatore dalle azioni di regresso. Il portatore può tuttavia essere dispensato dal protesto con apposita clausola "senza spese" o "senza protesto". Pur se dispensato dal protesto il portatore è tenuto a dare avviso del mancato pagamento al traente, al proprio girante ed ai loro avallanti, entro i 4 giorni feriali successivi alla levata del protesto o al giorno della presentazione; l'omissione dell'avviso espone il portatore al risarcimento dei danni. Anche l'onere di avviso è derogabile con la clausola "senza avviso". Rispettate le condizioni necessarie per l'esercizio dell'azione di regresso, il portatore può agire a sua scelta contro uno qualsiasi degli obbligati. L'obbligato cambiario che ha pagato libera definitivamente i coobbligati di grado successivo; ha invece azione cambiaria di regresso contro gli obbligati di grado anteriore e può chiedere a ciascuno il rimborso integrale di quanto pagato, oltre gli interessi e le spese. L'obbligato cambiario che ha pagato non ha invece azione cambiaria neppure pro quota nei confronti degli eventuali coobbligati di pari rado. L'azione di regresso del portatore del titolo è soggetta al termine breve di prescrizione di un anno, che decorre dalla data del protesto levato in tempo utile o dalla scadenza, se vi è la clausola "senza protesto". L'azione di ulteriore regresso cambiario del solvens si prescrive in sei mesi dalla data di pagamento. Il protesto Il protesto è l'atto autentico necessario per la conservazione delle azioni di regresso. Con esso si constata la mancata accettazione o il mancato pagamento della cambiale. Sono abilitati alla levata del protesto i notai, gli ufficiali giudiziari e i loro aiutanti o, in mancanza, i segretari comunali. Il notaio e l'ufficiale giudiziario possono avvalersi del supporto di "presentatori" nominati dalla corte di appello. I presentatori presentano il titolo, ne incassano l'importo o constatano il mancato pagamento. L'atto di protesto è redatto successivamente dal notaio o dall'ufficiale giudiziario ed è sottoscritto anche dal presentatore. Il protesto può essere annotato sulla cambiale o può essere fatto per atto separato ed ha sempre valore di atto pubblico. I protesti per mancato pagamento sono pubblicati in un apposito registro tenuto dalle camere di commercio. L'illegittima levata del protesto può essere fonte di responsabilità per danni del creditore e del pubblico ufficiale, per il discredito che arreca al debitore. Il protesto può essere sostituito da una dichiarazione scritta di rifiuto dell'accettazione o del pagamento, anche questa soggetta a pubblicità legale e registrata nei termini stabiliti per il protesto. Le eccezioni La cambiale originariamente il regola con il bollo vale come titolo esecutivo ed il possessore della stessa può perciò iniziare la procedura esecutiva sui beni del debitore senza attendere la relativa sentenza di condanna. Se la cambiale non era originariamente il regola con il bollo invece, il portatore può avvalersi dell'ordinario procedimento di cognizione diretto ad ottenere la sentenza di condanna. Su istanza del creditore, il giudice deve emettere sentenza provvisoria di condanna se le eccezioni opposte dal debitore sono di lunga indagine, imponendo al creditore il versamento di una cauzione ove lo ritenga opportuno. Le eccezioni opponibili sono reali o personali ed in più per la cambiale possono essere oggettive o soggettive. Sono eccezioni oggettive quelle che possono essere opposte da tutti gli obbligati cambiari; sono eccezioni soggettive quelle che possono essere opposte solo da un determinato obbligato cambiario. ©2012, Economia Tor Vergata Triennio Manuale di Diritto Commerciale Campobasso, V Edizione A.A. 2011-2012 Gli assegni bancari di importo superiore ai 12.500 euro devono essere emessi con la clausola di non trasferibilità, al fine di prevenire operazioni di riciclaggio di denaro provenienti da reati. La banca che paga a sé un assegno non trasferibile a persona diversa dall’originario prenditore, o dal banchiere giratario per l’incasso, risponde del pagamento. L’assegno turistico è un assegno bancario che viene tratto da una banca su una propria filiale o corrispondente estera. L’ammortamento La disciplina è modellata su quella della cambiale. La procedura di ammortamento è esclusa per l’assegno non trasferibile, dato che lo stesso non può circolare. Il prenditore ha diritto di ottenere un duplicato (a proprie spese) denunziandone lo smarrimento, la distruzione o la sottrazione sia al trattario sia al traente. L'assegno circolare È un titolo di credito all’ordine che contiene la promessa incondizionata della banca emittente di pagare a vista una somma di denaro. La sua emissione avviene dietro versamento da parte del richiedente dell’importo corrispondente (è a copertura anticipata). Nel caso di assegno bancario la banca non è cambiariamente obbligata al pagamento e pagherà la somma indicata nel titolo solo se sussiste la “copertura” (disponibilità di fondi utilizzabili dal cliente mediante l’assegno). In caso di assegno circolare è la banca che si impegna cambiariamente a pagare la somma portata da titolo; il possessore dell’assegno circolare non corre il rischio che l’assegno sia stato emesso a vuoto. La banca può emettere assegni circolari solo per somme che siano presso di essa disponibili al momento dell’emissione. Sono requisiti di validità dell’assegno circolare la denominazione di assegno circolare, la promessa incondizionata di pagare una somma determinata, l’indicazione del prenditore, data e luogo nel quale l’assegno è emesso, la sottoscrizione della banca emittente. All’assegno circolare si applica in parte la disciplina del vaglia cambiario a vista, in parte la disciplina dell’assegno bancario. ©2012, Economia Tor Vergata Triennio Manuale di Diritto Commerciale Campobasso, V Edizione A.A. 2011-2012 Le procedure concorsuali La crisi economica dell’impresa e il conseguente dissesto patrimoniale coinvolgono una gran massa di creditori, che sono impossibilitati a realizzare quanto loro dovuto. I creditori di un imprenditore sono a loro volta in gran parte imprenditori e la mancata realizzazione del credito concesso può provocare, di riflesso, la crisi economica delle loro imprese. Questi eventi coinvolgono molti interessi collettivi: primo fra tutti, l’interesse alla salvaguardia dell’occupazione attraverso il risanamento delle imprese. In queste situazioni di crisi economica i mezzi di tutela individuali dei creditori si rivelano inadeguati e insufficienti. La sistemazione del dissesto degli imprenditori agricoli e dei piccoli imprenditori commerciali resta affida agli strumenti di diritto comune. Per il dissesto dell’imprenditore commerciale non piccolo sono state invece previste speciali procedure, denominate procedure concorsuali. La legge regola cinque procedure concorsuali: il fallimento, il concordato preventivo, la liquidazione coatta amministrativa , l’amministrazione straordinaria e l’amministrazione straordinaria accelerata. Le procedure concorsuali sono procedure generali perché coinvolgono tutto il patrimonio dell’imprenditore. Sono procedure collettive perché coinvolgono tutti i creditori dell’imprenditore. Volendo assicurare la par condicio credito rum, le forme di tutela personali dei creditori sono sostituite da forme di tutela collettiva che mirano a ripartire fra tutti i creditori le conseguenze patrimoniali del dissesto dell’imprenditore. Le singole procedure concorsuali Diverso può essere il rilievo economico e sociale dell’impresa in crisi; diverse sono di riflesso le esigenze dei creditori coinvolti nella crisi dell’impresa. Da qui la necessità di predisporre una differenziazione delle procedure concorsuali. Al fallimento sono soggetti gli imprenditori commerciali insolventi, salvo che ricorrano i presupposti per l’applicazione delle altre procedure concorsuali. Il fallimento è una procedura giudiziaria che mira a liquidare il patrimonio dell’imprenditore insolvente e a ripartirne il ricavato fra i creditori. La riforma della legge fallimentare ha concesso maggiore autonomia al curatore nel determinare le modalità di liquidazione del patrimonio, che devono privilegiare la cessione in blocco dell’azienda alla vendita dei singoli crediti. È stato inoltre rafforzato il ruolo del comitato dei creditori nel valutare gli atti del curatore. È stata ridotta la funzione del giudice delegato ad organo di sorveglianza. È stata inoltre agevolata la proposta di concordato fallimentare. In generale si è provveduto a evitare che la crisi di impresa sfoci in fallimento. Il concordato preventivo può essere richiesto dall’imprenditore per evitare il fallimento. Possono essere scelte due soluzioni: la liquidazione di tutto il patrimonio o il risanamento dell’impresa e la prosecuzione dell’attività. La liquidazione coatta amministrativa trova applicazione nei confronti di determinate categorie di imprese che svolgono attività di particolare rilievo economico e sociale, e perciò sono sottoposte a vigilanza governativa. Porta all’eliminazione dell’impresa dal mercato e alla disgregazione del complesso produttivo, soddisfacendo gli interessi dei creditori. A differenza del fallimento è una procedura amministrativa e non giudiziaria. L’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi consente alle imprese che versano in una particolare esposizione debitoria, il soddisfacimento dei creditori con il salvataggio del complesso produttivo e la conservazione dei posti di lavoro. Si apre con la dichiarazione dello stato di insolvenza da parte dell’autorità giudiziaria, che solo in un secondo momento, dopo aver accertato che ricorrono concrete possibilità di riequilibrio economico dell’impresa, concede l’amministrazione straordinaria, altrimenti dichiara il fallimento. L’amministrazione straordinaria speciale (accelerata) consente l’immediata ammissione dell’impresa all’amministrazione straordinaria da parte del Ministero dello sviluppo economico su semplice richiesta della stessa, finalizzata a realizzare un piano di risanamento. Il fallimento I presupposti per la dichiarazione di fallimento sono: - la qualità di imprenditore commerciale del debitore; - lo stato di insolvenza dello stesso; - il superamento di almeno uno dei limiti dimensionali fissati dall'art. 1, 2° comma L.F.; - la presenza di inadempimenti superiori all'importo fissato per legge. In merito al presupposto soggettivo va puntualizzato che l'ambito di applicazione del fallimento subisce una duplice limitazione: - il fallimento è sostituito dalla liquidazione coatta amministrativa per alcune categorie di imprenditori commerciali; - il fallimento cede il passo all'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza quando ricorrono i presupposti specifici per l'applicazione di tale procedura. Primo presupposto oggettivo del fallimento è lo stato di insolvenze dell'imprenditore. L'imprenditore versa in ©2012, Economia Tor Vergata Triennio Manuale di Diritto Commerciale Campobasso, V Edizione A.A. 2011-2012 stato di insolvenza quando "non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni" (art. 5 L.F.). L'insolvenza si manifesta di regola con l'inadempimento di uno o più obbligazioni. L'insolvenza può tuttavia manifestarsi anche indipendentemente dagli inadempimenti, attraverso altri fatti esteriori, più o meno eclatanti, rivelatori del dissesto. Non è insolvente l'imprenditore che non paga per cause che comportano solo una temporanea difficoltà di adempimento. Ferma restando la differenza tra insolvenza ed inadempimento, la disciplina attuale richiede che per aprire il fallimento si verifichino entrambe le circostanze. Non si fa luogo alla dichiarazione di fallimento se l'ammontare di debiti scaduti e non pagati risultati dagli atti dell'istruttoria fallimentare è complessivamente inferiore ad € 30.000. Infine è necessario che il debitore abbia superato anche uno solo dei limiti patrimoniali, reddituali e di indebitamento ai sensi dell'art. 1, 2° comma L.F. La cessazione dell'attività di impresa o la morte dell'imprenditore non impediscono la dichiarazione di fallimento. Il fallimento può però essere dichiarato solo se non è trascorso più di un anno dalla cancellazione dell'imprenditore dal registro delle imprese e che l'insolvenza si sia manifestata prima di tali eventi od entro l'anno successivo ai sensi dell'art. 10 L.F.