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Riassunto — Figure, Riccardo Falcinelli, Sintesi del corso di Comunicazione Grafica

Riassunto del libro "Figure" di Riccardo Falcinelli (dalla bibliografia obbligatoria del corso di "Grafica editoriale" del Prof. Lo Curzio dell'ABACT).

Tipologia: Sintesi del corso

2021/2022

Caricato il 24/06/2022

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4.4

(9)

6 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Riassunto — Figure, Riccardo Falcinelli e più Sintesi del corso in PDF di Comunicazione Grafica solo su Docsity! RIASSUNTO 37% WI) Come funzionano le immag dal Rinascimento a Instagram EINAUDI 2 1. Spazio Il potere del centro § Da sempre, una cosa che occupa il centro, è protagonista. § La parola centro deriva dal greco kéntron (l’ago del compasso). § Esiste un centro solo in presenza di uno spazio definito. § Il centro è anche influenzato dalla predisposizione psicologica, dall’esperienza (es. un bambino di po- chi mesi non conosce bene il concetto di campo visuale o cornice). § Porre qualcosa al centro di uno spazio comunica calma, stabilità. § Decentrare qualcosa in uno spazio comunica instabilità, movimento. § Il centro conferisce solennità infatti era il modello: – ritratti ufficiali (clero, nobiltà) – pittura sacra (Cristo, divinità) § La prospettiva (Leon Battista Alberti, XV secolo) consacra l’importanza del centro. § Secondo Alberti un dipinto è come una finestra aperta sulla realtà, perciò deve rifletterla fedelmente (concetto ignorato fino ad allora). § Un disegno prospettico funziona solo se lo guardo frontalmente (posizione coincidente con il fuoco prospettico) es. Trinità di Masaccio in Santa Maria Novella (1427). § Anche la dimensione inizia giocare un ruolo fondamentale nella prospettiva (grande è vicino; piccolo è lontano). Nel Medioevo le dimensioni erano relative all’importanza del personaggio rappresentato. § Serlio (1545) inventa un tipo di fondale scenico basato sulla prospettiva; l’illusione prospettica fun- zionava solo se vista dal loggione centrale (posto destinato alle personalità più importanti). § Dopo la prospettiva, si susseguono altre scoperte destinate a rappresentare la realtà in modo og- gettivo (es. la camera oscura) fino ad arrivare alla nascita della fotografia (1838). § Nel 1980 il regista Kubrick sfrutta la prospettiva centrale di Alberti in Shining: lo spettatore è condi- zionato a guardare in un punto preciso, quasi ipnotizzato. Seduzioni di periferia § Nel Rinascimento e nel Neoclassicismo (es. Tiziano e David) il centro era la parte fondamentale di un dipinto; ai bordi non vi era nulla di significativo per la comprensione dell’opera. § La fotografia e gli impressionisti (es. Frissell e Degas) invertono le regole: i margini sono anch’essi protagonisti, parte della storia. L’epoca storica può influenzare l’aspetto dello spazio figurativo. § Décadrage (disinquadratura) termine cinematografico che identifica uno spostamento del soggetto fuori asse; scelta tecnica tipica durante un’inquadratura (es. Canaletto, usava camera oscura). § Nel disegno l’occhio e le mani si muovono, l’immagine viene costruita. § Inquadrare ci impone di selezionare, prelevare una porzione di realtà. § Se Alberti affermò che un dipinto è una finestra aperta sulla realtà, possiamo dunque sostenere che la grande invenzione del Rinascimento è immaginare che il mondo continui oltre i bordi del dipinto. § Gli impressionisti amano inquadrare, non dipingono soltanto: “tagliano” di proposito gambe, braccia, barche, cattedrali, ecc. 5 Dentro l’abisso § Negli anni ‘40 del Novecento, tra i generi cinematografici di maggior successo vi è il melò (una ver- sione sentimentale del noir) una macchina costruita per commuovere. Spesso per aumentare la ten- sione emotiva, i protagonisti appaiono raddoppiati, duplicati all’interno di specchi presenti nella scena. § Il tema di un’immagine inquadrata dentro un’altra ha origine a partire dalla pittura fiamminga nel XV secolo, di solito nelle annunciazioni. L’annunciazione fiamminga è un fatto vivo che accade ora, in un appartamento di due camere. Quelle aperture propongono una seconda immagine, spesso un pae- saggio, che entra in dialogo con l’azione principale. I dipinti spesso ospitano quadri dentro al quadro. § Quando in un dipinto è presente un altro dipinto che rappresenta qualcos’altro, si parla di mise en abyme “messa in abisso”, indica il vortice di duplicazioni in cui veniamo risucchiati (vedi Donna con bilancia di Vermeer). 3. Percezione Il braccio degli impressionisti § Nel 1870 a Parigi, l’artista più apprezzato era Bouguereau, pittore accademico per eccellenza (pen- nellate lisce, sfumate, morbide). § I quadri degli impressionisti erano altra cosa (il nomignolo deriva da impression, mano di pittura pre- paratoria per le pareti): piccole pennellate materiche di colore. Sembravano bozzetti, non opere finite. § Il pubblico si chiedeva a quale distanza osservare le loro opere. Renoir, stufo dalle continue domande, rispose di mettersi alla distanza di un braccio, quella che tiene un pittore mentre dipinge. § La parola “immagine” può riferirsi a diverse cose: – tela incorniciata – idea in testa § In inglese “image” è l’immagine in generale, di qualsiasi tipo; “picture” è la cosa concreta (pittura, foto, disegno). Una testa per una porta § Nel mondo antico l'arte ha spesso amato i motivi geometrici, tuttavia sono sempre stati la decora- zione di un oggetto d'uso, come un vaso o un tappeto, e non il soggetto di un dipinto. § Da Giotto in poi si disegna cercando di restituire il reale nella maniera più simile a come appare agli occhi: la principale ambizione del Rinascimento è in fondo tutta qui. § Una pittura è definita astratta in base a quanto si allontana dai parametri di veridicità fondati in Occi- dente a partire dal XIV secolo. § Il manifesto dell’arte di metà ‘800 è chiaro: l’arte non deve più illustrare temi religiosi o storici, deve avere una sua autonomia espressiva. § Cézanne affermò che dipinge una testa come fosse una porta. Con queste parole lascia intendere che mira a schematizzare, a lasciare solo la struttura portante delle immagini, senza alcuna verosimi- glianza con la realtà. § Mondrian fa suo il pensiero di Cézanne, teorizzando una nuova arte basata sulla stilizzazione, arri- vando allo scheletro delle cose (vedi alberi di Mondrian). § Zola, Cézanne e Denis sostengono che possiamo scordarci di una donna nuda e vedere solo mac- chie di colore. Purtroppo, non è così, in quanto entra in gioco il riconoscimento. 6 § Esiste un’area del cervello specializzata nell’individuare il corpo umano distinguendolo da tutto il re- sto: la extrastriate body area, si attiva di fronte alla visione di corpi sia fermi sia in movimento, ricono- sce la pelle umana. Un corpo nudo non è mai solo una macchia di colore. § Un altro aspetto è la memoria: quando guardiamo qualcosa la associamo da subito a ciò che sap- piamo. Di fronte alle immagini ci ricordiamo sempre di qualcosa, anche in modo inconscio. Il sistema di relazioni semplici e sensate (associazioni visive) si può chiamare intelligenza visiva. § Comprensione delle immagini: – vedere qualità plastiche (cromatiche, formali) – rintracciare figure anche negli scarabocchi (pareidolia) Il visitatore inaspettato § Nel 1967 Yarbus, un fisiologo, pubblica uno studio sui movimenti oculari. Fino a quel momento l’idea più diffusa era che l’occhio cogliesse la scena come un insieme. Dimostra che al contrario, per ragioni fisiologiche, l’occhio si muove di continuo: ossia, siccome la retina è foderata da recettori più densi nel mezzo e più radi in periferia, dobbiamo elaborare l’ambiente una porzione per volta, spostando lo sguardo e facendolo ricadere nell’area di massima acuità. L’occhio dunque non vede la realtà in un lampo, ma la esplora come se si muovesse su una mappa. § Al giorno d’oggi questa operazione si chiama eye tracking e viene utilizzata di solito nelle statistiche commerciali. Permette di ricavare una “mappa di calore”, heatmap. § Composizioni diverse invitano l'occhio a comportarsi in modi diversi e dunque le immagini conten- gono già, nella loro struttura, il presupposto di come saranno guardate. § Ogni opera ha un suo modo di essere perlustrata, talvolta rapido, oppure lento. Una fototessera si osserva in pochi secondi, un'opera d'arte richiede un tempo indefinito. 4. Meccanismi Strade, stracci, coltelli e pistole § Quando guardiamo un’immagine c’è sempre qualcosa che attira il nostro interesse trascinandoci dentro. Ci sono cose che notiamo per prime, altre per seconde, e così via (es. dipinto “covone [punto di ingresso] ➝ albero [punto di uscita]”; foto “solchi terreno [punto di ingresso] ➝ casa [punto di uscita]). Questo “percorso visivo” indotto viene chiamato tensione. § Dati tre punti nello spazio, il nostro occhio non può fare a meno di unire i tre nodi con un filo invisibile, intravedendo un triangolo. Questo fenomeno si chiama induzione (Gestalt). § Oltre a strade e viottoli, nell’arte sono stati usati diversi espedienti per generare punti d’ingresso e indicatori, ad esempio: – drappeggi (es. natura morta di Cézanne) – coltelli (iconografia madonne fiamminghe con frutta in primo piano e coltello) – braccia e mani (nel medioevo come simboli, dal ‘500 in poi come indicatori) – pistole (cinema, serie tv) – occhi (cinema Ėjzenštejn) § Ciò dipende anche dalla nostra alfabetizzazione visiva: – occidentale (es. quadro di Corot, entriamo con lo sguardo e usciamo, è un ciclo) – orientale (es. rotolo cinese come oggetto di meditazione, scrutare con lo sguardo tutti i sentieri, non ha punti di ingresso né di uscita, bisogna perdersi nell’immagine) 7 La spinta degli alberi § A partire dal ‘500, il teatro ha formato la grammatica dello spazio visivo, tramite alcune invenzioni scenografiche in un gioco di influenze con la pittura. § Per tradizione gli elementi che formano il palcoscenico sono tre: – boccascena (cornice che inquadra la performance) – fondale (grande tela sul retro del palco, di solito con paesaggio) – quinte (pannelli laterali, nascondono opere di servizio di attori e tecnici) Questi elementi focalizzano lo sguardo sull’azione della scena. § Si inizia a parlare di quinta anche in pittura per indicare un elemento che entra in scena lateralmente, battezzato nel ‘600 repoussoir (respingere, allontanare): quando una sola quinta si trova in primo piano, questa spinge lo sguardo in profondità (maestro in questo fu il pittore Lorrain). § Il repoussoir più celebre del cinema lo troviamo in Via col vento. La scoperta del fulcro § Doré per far spiccare un personaggio immerso in una folla (es. inferno dantesco) non lo posiziona al centro, non lo fa più grande, ma illumina un solo punto della scena, usa le masse come puntatori, traccia diagonali con alberi, spade, onde, braccia. Le immagini non hanno più un centro ma un ful- cro. § Fulcro: un perno intorno a cui ruota e si muove tutta la composizione, simile a una calamita per l’oc- chio. 5. Topologia La gravità è nell’occhio di chi guarda § Non solo con i dipinti astratti si può cadere in errore, anche delle foto possono essere esposte a testa in giù per errori umani. § La condizione che permette che esistano un sopra non sotto non dipende dalle immagini, bensì dalla forza di gravità. Questa ci dà l’idea di essere spinti o tirati da qualche parte, è incastonata nel nostro sguardo. § Potremmo dire che stabilire ciò che sta sopra e ciò che sta sotto dipende da almeno tre fattori: – riconoscimento di quello che vediamo raffigurato con le sue qualità gravitazionali – interpretazione delle masse tonali e cromatiche come portatrici di peso – convenzione storica, sociale e critica § Vedere un’immagine rovesciata non è sempre un errore. Lo stesso Kandinskij nel 1910 si meravi- gliò di un suo quadro figurativo poggiato per sbaglio a testa in giù. Decise che da quel giorno avrebbe disegnato forme libere da un riconoscimento immediato: era nato l’astrattismo. La direzione degli angeli e quella dei demoni § Cosa accade se un’immagine viene ribaltata orizzontalmente, ovvero invertendo la destra con la si- nistra? Nel 1435 Alberti consigliava l’uso di uno specchio in cui riflettere i propri disegni per control- lare eventuali errori. Anche Leonardo la pensava allo stesso modo: una pittura riflessa pare fatta da un’altra persona, permettendoci di giudicarla meglio. § Nel 1926 Kandinskij affermò che la destra è il luogo della casa, dell’appartenenza, mentre la sinistra rimanda alla lontananza. 10 § Nel 1668, Du Fresnoy scrive il “De arte graphica”, il primo manuale di composizione in senso mo- derno, dove si elargiscono consigli e suggerimenti sul buon dipingere. § La rivoluzione tipografica di Gutenberg cambia gli assetti consolidati e impone la carta come mate- riale nuovo e ricercato. Così di carta se ne producono quantitativi enormi. Da questo momento l'arti- sta può schizzare le sue idee. Comporre significa infatti provare e riprovare, arrangiare le cose in modi diversi fino a trovare quello più convincente; e la via più facile per provare è il disegno. § Le pitture del Quattro e del Cinquecento abbondano di “pentimenti” (quando l’artista cambia idea durante la lavorazione) segno che la composizione veniva variata in corso d’opera sul quadro stesso. § La composizione è l'aspetto più moderno delle attività visive: l'arte di tenere insieme un intero. Le regole dell’orizzonte § Inquadrare il mondo negli ultimi secoli è stata una pratica professionale. Oggi lo smartphone l’ha reso un gesto quasi banale. Muoviamo la mano, incliniamo il polso, lo ruotiamo, finché quello che vediamo non ci soddisfa. § Un altro aspetto della composizione che da secoli ha ossessionato gli artisti è in che modo lo spazio vada suddiviso: spostare il soggetto o spostare il punto di vista? Il secondo approccio prende forma nel Seicento. § Durante il Seicento gli artisti si muniscono di un “inquadratore” (frazer in inglese). Il disegnatore lo usa per copiare meglio la scena, trascrivendo sul foglio ciò che vede da un mirino attraverso un reticolo. Di questo dispositivo ne parlava già Leonardo, e Dürer ne illustra il funzionamento in una stampa. § Nel ‘600 l’impiego di ausili ottici diventa parte integrante delle attività artistiche sul piano della com- posizione. Con l’inquadratore l’artista concepiva la natura così come appariva, conseguenza, anche questa, della diffusione dell’idea che il quadro sia come una finestra. § Sin dall’antichità il meccanismo più semplice per impostare la composizione è sempre stato quello di tracciare gli assi di simmetria o le diagonali. A partire dal Seicento si prova a dare alla pittura fon- damenti teorici solidi: regole, principi, formule. Tra le varie formule: – rabatment (ribaltamento): “battere” il lato corto su quello lungo – sezione aurea: si traccia la diagonale del dipinto e la sua perpendicolare passante per l’angolo op- posto; l’incrocio stabilisce il cuore focale della composizione e l’altezza del cielo (vedi Lorrain, Tur- ner, Degas) § L’altezza dell’orizzonte è un tema che appassiona gli artisti. Nel cinema western, dove l’orizzonte esalta la vastità di Canyon e pianure, il cielo è protagonista. Nei cartoni animati con cani, gatti e topi, l’orizzonte è fortemente ribassato per farci stare all’altezza dei protagonisti, dentro la storia. § Nel 1797, Smith inventa la regola dei terzi: suddivisione in tre parti uguali dell’altezza e della larghezza di un’opera (griglia 3x3). Un buon quadro ha l’orizzonte che copre un terzo o due terzi (vedi Courbet). La bilancia di Hitchcock § Spesso nel cinema alcuni oggetti nelle inquadrature non sono lì per sbaglio, ma hanno un ruolo ben preciso. Servono a dare più profondità, a bilanciare il peso visivo: servono a farci vedere nel modo giusto l’elemento primario (vedi scena Psycho [silhouette assassino/applique], Via col vento [O’Hara/lampada]). § Come il piatto di una bilancia che carichiamo per renderlo equivalente al suo gemello, così in un’im- magine possiamo aggiungere qualcosa per mitigare l’importanza di qualcos’altro o per indirizzare lo sguardo. § L’equilibrio perfetto lo troviamo nelle costruzioni simmetriche (composizioni sacre), danno l’impres- sione di posatezza. Spesso il bilanciamento è la manifestazione di un rapporto di asimmetria 11 (inserimento di un peso per bilanciare la composizione decentrata). L’equilibrio si può raggiungere anche modulando i contrasti cromatici (vedi Corot, Mondrian). § Le conquiste della pittura ottocentesca verranno applicate al graphic design (vedi Tschichold, Dwig- gins). Il vuoto si addice ai cerbiatti § Nell’arte cinese lo spazio libero è sempre stato importante quanto quello vuoto. Secondo gli storici, a introdurre in pittura il gusto per le lacune visive sarebbe stato Yuan Ma, paesaggista che pian piano comincia a spingere i soggetti verso i bordi del quadro, inventando quello stile che suona tipicamente orientale e che viene chiamato non a caso “pittura dell’angolo”. § Non tutta l’arte occidentale è centrata e piena, e l’orientale asimmetrica e vuota. Anzi, a partire dal XVIII secolo gli scambi culturali sono diventati sempre più frequenti e gran parte del gusto contem- poraneo nel design, nella grafica e nel cinema, lo dobbiamo proprio a queste contaminazioni. § L’ingresso ufficiale del vuoto nelle opere occidentali avviene a metà Ottocento quando le stampe giapponesi cominciano a diffondersi in Europa. Van Gogh ne è affascinato: una delle ragioni per cui i suoi quadri non hanno ombre né chiaroscuro è dovuto al rispetto che porta per le campiture piatte dei giapponesi. § Tipico insegnamento zen: il vuoto è inseparabile dal pieno, o meglio, è il vuoto che rende sensato il pieno (vuoto/pieno, bianco/nero, denso/liquido, ecc.). L’artista Watanabe è il maestro del vuoto mo- derno (vedi Quaderno di fiori e di uccelli). § Ne La grande onda di Hokusai, l’artista lascia un piatto della bilancia vuoto per innescare quel dise- quilibrio, quella tensione narrativa con cui raccontare il movimento dell’esistenza. § Le influenze sono reciproche e se in Europa e in America si impazzisce per il vuoto, negli anni ‘20 del ‘900, in Giappone scoppia la moda del pieno (perché essere occidentali è d’improvviso chic). Na- scono i Kukan: quadri dallo spazio pieno, popolato di figure, in senso positivo e desiderabile. § Nel film d’animazione Bambi della Disney nel 1942 in un fotogramma l’uso dello spazio è inconsueto per una pellicola occidentale: uno sperone di roccia sulla destra, il cervo abbarbicato che contempla il bosco. È simile alla “pittura dell’angolo”. L'art director del film, Tyrus Wong, era un cinese naturaliz- zato americano. § Nel XX secolo il vuoto ha successo nelle campagne pubblicitarie. Le aziende necessitano di foto e illustrazioni con una zona libera dove poter inserire un “copy”, il testo promozionale. Le ginocchia del reporter § Nel 1861 durante la guerra di secessione americana i fotografi, ispirandosi alla pittura, manipolavano le scene da fotografare sistemando i cadaveri in modo “artistico”. Gli stessi cadaveri comparivano in più foto in posizioni e scenari differenti (come facevano Cézanne e Morandi ma con ciotole e botti- glie). § In inglese straight è lo scatto così com’è nella realtà (es. reportage); staged è la foto costruita (es. foto di moda). § Ma la composizione non è solo una questione meramente artistica. È un sistema ordinativo, dà senso alle immagini, le rende più dirette e comprensibili (vedi foto Guerra del Vietnam, linea orizzonte bassa, alla stessa altezza della bambina e del fratello. Il fotografo per scattare ha piegato le ginocchia). 7. Medium 12 Le dimensioni di un volto § La riproduzione diviene un aspetto importante del funzionamento dell’arte, proponendo insieme alla diffusione della pittura nuovi problemi tecnici e teorici (es. dimensioni delle opere nei libri, alterate per esigenze d’impaginazione). Una grande tela storica può sembrare simile a un santino; una minuscola natura morta può risultare grande quanto una battaglia. § La fotografia ha portato una rivoluzione nella storia delle immagini: due stampe di uno stesso nega- tivo sono entrambe esemplari originali di una stessa foto. La caratteristica principale della fotografia è l’ubiquità, la capacità di essere in ogni luogo nello stesso momento (es. foto di Moholy-Nagy in mostra a Berlino e contemporaneamente a NY). § La fotografia ha pure la capacità di essere di qualsiasi dimensione. Il negativo è ingrandibile o rimpic- ciolibile quanto si vuole. Negli anni questo processo è stato impiegato anche per la riproduzione di opere d’arte: il dipinto viene fotografato e il negativo usato per produrre stampe di vari formati. L’opera si fa carico di riassumere in un paio di centimetri l’intera istituzione (museo): è una sineddo- che, la parte che sta per il tutto. § Al cinema la grandezza è stata sempre una peculiarità. Un viso alto cinque metri esercita un potere diverso da quello di un francobollo. Agli albori del film in Italia andare al cinema si diceva andare ai “faccioni”, mentre gli americani li chiamavano “dumb giants” (i giganti muti). § In ambito pittorico questo stratagemma fu impiegato da Giovanni Bellini che nel ‘400 dipinse alcune “sacre conversazioni” in cui Maria e Gesù sono grandi quanto persone vere: se uno ci si mette davanti ha difatti l’impressione di chiacchierarci. Prima di allora le figure non erano mai state così grandi e vicine. La sensibilità delle forbici § Nel 1937 il presidente degli Stati Uniti Roosevelt istituisce la Farm Security Administration (agenzia che nasce col compito di documentare i territori rurali degli USA, raccontando come vivono gli strati più disagiati della popolazione). Vengono ingaggiati molti fotografi tra cui Walter Evans e Dorothea Lange. Osservando i negativi originali si è visto che molte fotografie riprodotte e diffuse hanno subito dei tagli arbitrari, stravolgendo l’impatto emotivo dello scatto. § Nel 1947, Henri Cartier-Bresson e Robert Capa fondano l’agenzia Magnum con lo scopo di evitare che i loro scatti fossero stravolti quando venivano pubblicati. § Per il fotografo americano Newman (che studiò pittura) è sempre il taglio che fa la foto (vedi foto Igor Stravinskij del 1946). Se fatto bene, il taglio può cambiare il contenuto di un’immagine. Ogni taglio finisce per raccontare una storia diversa. § Secondo Moholy-Nagy tagliare e giustapporre le figure è un processo analogo al montaggio cine- matografico. Destino di un torero § Nell’Ottocento i pittori si dedicavano anche all’incisione, per favorirne il mercato. Le incisioni erano più economiche, pratiche. Famosa è l’opera di Manet Torero morto: l’olio con le sue dimen- sioni imponenti, è una parola definitiva sulla morte; l’incisione è otto volte più piccola, il tono tra- gico ne esce attenuato. § Col perfezionarsi della tecnologia i dipinti cominciano però ad essere riprodotti sempre più spesso anche sui giornali e sulle riviste, e in generale su molti prodotti di consumo con finalità commerciali. § Benjamin afferma che la riproducibilità tecnica delle opere avrebbe comportato una perdita della loro aura (fascinazione suscitata nello spettatore da esemplari originali di pitture sculture). La