Scarica Riassunto Il cristiano nel Mondo e più Sintesi del corso in PDF di Teologia solo su Docsity! IL CRISTIANO NEL MONDO INTRODUZIONE CARD. TETTAMANZI “Maestro, che cosa devo fare di buono?” (Mt 19,16) Rileggiamo l’episodio del giovane ricco nel Vangelo di Matteo, come spunto per lo studio della morale. Quando chiede a Gesù che cosa deve fare per essere buono, alla risposta di osservare i comandamenti dice che già li osserva. Alla proposta allora di vendere tutto quello che ha e dare il ricavato ai poveri, se ne va triste, perché possedeva molte ricchezze. 1. Il desiderio dell’uomo All’inizio della parabola c’è la domanda di un uomo che non è definito nel suo aspetto e nel suo ruolo. L’anonimato serve a rendere l’interlocutore un individuo qualsiasi e simbolo di ciascun uomo. Infatti egli chiede il modo per assicurarsi una vita eterna felice, per avere vissuto una vita piena: la felicità è il desiderio di ogni uomo e ogni scelta è volta alla sua conquista. C’è tuttavia una differenza tra i modi d’intendere la felicità: per la gente comune si tratta di qualche cosa di visibile, come la ricchezza, la salute. Per i sapienti si tratta invece di qualche cosa di più. Alla base della domanda c’è una convinzione universale, insita nell’uomo: per conquistare la felicità si deve fare qualche cosa, si deve agire; e quel qualche cosa è il bene. C’è pertanto nell’uomo un legame naturale tra la felicità e il fare bene: legame che possiamo chiamare coscienza. 2. La legge di Dio Gesù gli risponde dapprima interrogandolo sui motivi della domanda e poi gli fa notare che solo Uno è il ero Bene, e lo invita a rispettare i comandamenti, suddivisi nei tre della prima tavola che riguardano Dio, e nei sette della seconda tavola che riguardano il prossimo. Infatti Gesù li ha sintetizzati nei due comandamenti dell’amore. Ma il giovane risponde che già li rispetta e quindi la sua domanda rispecchia il desiderio di andare oltre. 3. La sequela di Gesù Gesù risponde proponendo di vendere tutto quello che ha e dare il ricavato ai poveri. Si potrebbe dedurre che la perfezione, l’amore, corrisponde solo alla carità verso il prossimo, a un impegno sociale. Invece il vero senso si spiega nella conclusione dell’invito di Gesù: vieni, seguimi! Perciò: l’amore verso il prossimo in funzione del Signore: questa è la morale cristiana. Come vivere nell’attualità questa morale? Il Maestro che ci insegna i comandamenti è sempre presente in mezzo a noi. Ha promesso agli apostoli lo Spirito Santo, che avrebbe ricordato loro ogni momento i comandamenti. Oggi la morale è ecclesiale: nella Chiesa si ricorda la Parola, si somministrano i Sacramenti e si testimonia la carità di Cristo, l’amore per l’uomo. È perciò una morale cristocentrica. C’è uno sviluppo verticale: la Trinità; c’è uno sviluppo orizzontale: la comunità cristiana. Epilogo Nella difficoltà del giovane a cambiare vita si può vedere la difficoltà dei giovani d’oggi a fare scelte di vita radicali. Nella difficoltà a rinunciare ai suoi beni si vede l’atteggiamento degli avari. Nell’uno e nell’altro caso, Gesù dice ai discepoli che difficilmente un ricco entrerà nel Regno dei Cieli. (è più facile che un cammello passi dalla cruna di un ago). Agli apostoli perplessi spiega che non intende con questo condannare all’impossibilità, perché se all’uomo la salvezza è impossibile, a Dio tutto è possibile: quindi occorre affidarsi a Dio. In ogni uomo c’è il desiderio di felicità eterna (tema iniziale) e però è difficile conquistarla rinunciando alla felicità terrena, perché i piaceri terreni possono allontanare dal desiderio di una felicità divina. È necessario non stancarsi di tenere presente al nostra guida, Gesù, per incamminarsi verso Dio, in cui trova pace il desiderio che l’uomo ha nel cuore. In vista di questa testimonianza, lo studio della teologia morale è auspicabile e prezioso. PARTE 1° - FEDE CRISTIANA E AGIRE MORALE - PADRE ARISTIDE FUMAGALLI CAP. I: I LEGAMI DELLA LIBERTÀ ‘Io sono la vite, voi i tralci’ (Giovanni, 15,15) In questa allegoria sta la morale cristiana, che consiste nel legame tra Gesù e gli uomini. 1. Morale ed etica Il vocabolo morale, usato in italiano anche come sostantivo, deriva da un aggettivo latino che significa abitudinario, legato all’usanza (mos.moris). Il sostantivo etica deriva dal greco e indica sia l’abitudine, l’usanza, sia il carattere. In italiano (e anche nel testo di Fumagalli) si usano come sinonimi, mentre il concetto di etica morale indica ciò che caratterizza l’agire umano. 2. La presunta libertà Nella civiltà classica l’etica si è sempre fatta dipendere da Dio, il comportamento dell’uomo era strettamente legato al volere divino, come un tralcio non può dare frutti se non è collegato alla vite. La filosofia moderna ha cercato di dare un valore autonomo all’etica (o morale); il massimo si è raggiunto con il filosofo Immanuel Kant: la sua etica dipende solo dalla ragione dell’uomo. Il filosofo Nietzche (pron. Nice in italiano) ha tolto di mezzo Dio e i filosofi postmoderni accentuano la liberazione da ogni dovere morale. La metafora più adatta per rappresentare l’uomo postmoderno è quella del turista, che vaga a piacimento e non prende dimora da nessuna parte, ma rimane in ogni posto fino a che ne ha voglia. Tuttavia, In questo modo la era libertà individuale sarà sempre qualche cosa di rincorso, ma mai raggiunto. Identifichiamo la libertà con il non avere nulla da fare, ma è impossibile non fare nulla. Perciò passiamo a identificarla col poter fare ciò che si ha voglia, ma anche questo è un concetto impreciso, perché spesso non coincide con ciò che si vuole che non è fatto di voglie passeggere, ma di qualche cosa di duraturo. Quindi sapere bene ciò che Da parte dei suoi avversari invece c’è stata incredulità: Giovanni dice ‘venne fra i suoi e i suoi non l’hanno accolto’. L’hanno crocifisso per dimostrare la falsità della sua convinzione d’essere figlio di Dio e hanno continuato a perseguitare i discepoli. Di fronte al sepolcro vuoto, anziché aprire gli occhi e credere nella resurrezione, hanno diffuso una diceria (l’hanno rubato). Il centurione che si converte, come i suoi che lo seguono in tutte le fasi della condanna (le pie donne, Maria, Giovanni) si accorgono dello splendore che Gesù emana, derivante dal suo dono della vita a favore dell’umanità. Queste vicende evidenziano i dinamismi essenziali della morale cristiana: A. Attrazione dello Spirito: a’, dono dello Spirito; a”, creazione della libertà (o ricreazione) B. Azione della libertà: b’, resistenza della libertà; b”, resa della libertà. In questi concetti sta il senso della libertà morale: Gesù emette lo Spirito a favore di tutti e ridona a tutti la possibilità di scegliere di seguirlo, la libertà non può resistere a quello Spirito e vi si arrende, per seguirlo. 2. L gradualità della morale cristiana Cristo attrae ogni cosa a sé e impone alla storia un movimento unitario: movimento verso l’alto, dato dalla collaborazione tra dono divino e risposta morale dell’uomo. Si tratta di un movimento graduale, in cui si possono identificare quattro stadi: • dono della creazione, narrato nella Genesi (da qui deriva la responsabilità dell’uomo nei confronti di Dio che l’ha creato a sua immagine e degli altri uomini che sono immagine di Dio e la morale religiosa è possibile solo nell’alleanza con Dio). • dono dell’alleanza con il popolo d’Israele, che culmina nel dono delle tavole sul monte Sinai (da qui deriva l’obbligo, per Israele e per tutta l’umanità, di osservare la legge, con l’idea di un cammino da compiere, come liberazione, come il cammino che il popolo sta facendo all’uscita dall’Egitto). • il per-dono della nuova alleanza in Cristo, narrato nei racconti della Pasqua, già citati (da qui deriva la nuova alleanza con Dio attraverso Cristo e la morale cristiana si trova in essa). • dono escatologico della vita eterna in Lui (è un dono non ancora compiuto, progressivo). Perciò la morale cristiana è dinamica, è rivolta alla vita eterna secondo il cammino di liberazione che ci viene proposto, un cammino che si basa sulle tavole dei comandamenti ed essenzialmente sui due comandamenti dell’amore,;quindi l’amore per il prossimo è la parte evidente di questo cammino, esasperata fino al perdono che si deve donare settanta volte sette, a sostituire la vendetta. 3. L’amore come legge La rivelazione di questi dinamismi dà il fondamento della teologia morale. Gesù rivela che, quando sarà salito al cielo, attirerà tutti a sé. Ciò avverrà attraverso lo Spirito santo, che infonderà (come precisa san Tommaso) la forza per seguire la legge divina non come precetti esteriori, ma come una morale fatta propria, che viene dall’interno: questa è la nuova morale prospettata e realizzata dal Cristo. Questa nuova morale, insita nell’uomo, si avvale anche di un testo scritto (le tavole) e quindi non è un tesoro sepolto nel cuore dell’uomo, ma deve essere portata all’esterno, per diventare atteggiamento di vita, agire. Sant’Agostino cita come emblema della morale cristiana il discorso della montagna (beatitudini) che è anche dimostrazione della libertà di scelta. Sempre, si tratta di una morale basata sull’amore. Il paradigma più forte e conclusivo, da Lui stesso dimostrato, è l’amore e il perdono per i nemici. La legge dell’amore è interpersonale, perché si esprime tra almeno due persone; è obbligatoria, perché è prevista anche dalla legge (non uccidere, non rubare ecc.); è universale e immutabile, perché riguarda categorie che valgono in ogni luogo e in ogni tempo; è graduale, perché non si ferma al primo gradino, ma segue un cammino continuo, un percorso che porta alla conquista dell’eternità. CAP. III: I DINAMISMI DELLA LIBERTÀ 1. Analitica dell’atto La legge morale è immessa nell’uomo dallo Spirito e presuppone libertà d’agire, altrimenti sarebbe un’imposizione violenta e non è ciò che Dio vuole dagli uomini. Come detto, seguire questa legge morale significa comportarsi secondo essa, cioè dimostrare di seguirla, con le proprie azioni e la propria vita. L’agire morale richiede una continuità e su di essa si pongono domande riferite al passato, al presente, al futuro: che cos’hai fatto, che cosa stai facendo, che cos’hai intenzione di fare. Se non si facessero queste domande, l’agire sarebbe valutato solo dopo la morte, quando sarebbe compiuto, ma in questo caso l’uomo non potrebbe valutare la sua vita e quindi verrebbe meno la sua responsabilità e anche la responsabilità morale. San Tommaso distingue tra gli atti propri del genere umano (naturali) e gli atti desiderati dall’uomo (liberi): distinzione antica. Ma l’uomo è insieme spirito e corpo, pertanto non possiamo incasellare ogni azione in una delle due categorie, ma ci sono azioni che sono intreccio di azione e passione, cioè un insieme delle due categorie. L’agire morale vede come limite inferiore l’azione ‘sfuggita’, cioè quella proprio istintiva; al limite superiore l’azione ‘differita’, cioè quella legata alla volontà, alla libertà di scelta e quindi preparata. Ogni azione differita ha perciò dei tempi: il tempo del volere, del progetto, della scelta, dell’efficienza e infine della gioia o soddisfazione. In questo tipo d’azione, la libertà è sempre presente e ogni azione richiede lunghezza di tempi diversa. All’interno di ciascuna azione ci sono un oggetto che non dev’essere solo fisico, ma collegato al bene o al male, quindi scelto; ci sono le circostanze, che rispondono al concetto già espresso di limiti della libertà, non modificano la qualità morale dell’azione, ma concorrono ad aggravarne il concetto positivo o negativo (Es..: se un povero fa l’elemosina, dona ciò che gli serve per vivere); c’è un fine, che a volte è diverso dall’oggetto: per esempio rubare ai ricchi (oggetto cattivo) per soccorrere i poveri (fine buono). 2.Metafisica dell’atto Per lungo tempo la riflessione morale si è concentrata sull’atto, l’atto preso singolarmente e in particolare l’atto negativo, cioè il peccato. Si giudicava l’atto senza giudicare il soggetto che l’aveva compiuto. La più recente teologia morale ha preso in considerazione l’agente, cioè colui ce compie l’atto. L’agente decide quale atto compiere, usufruendo della sua libertà. La scelta è pro o contro il Bene, pro o contro la Verità, pro o contro Dio. La scelta in confronto del bene fondamentale, Dio, è detta ‘opzione fondamentale’. L’opzione fondamentale non è una scelta particolare che porta a un singolo atto, ma è ancor più dell’insieme di tutte le scelte e di tutti gli atti della vita: essa va oltre ed è in continuo cammino, alla ricerca di un perfezionamento, si concreta nell’amore e non si completerà mai. Per capire e giudicare l’agire morale dell’uomo, bisogna tenere conto dell’insieme dei suoi atti e dell’opzione fondamentale, che sono strettamente intrecciati (ogni atto dell’uomo risente della sua opzione fondamentale, cioè della sua scelta di un criterio di vita). L’opzione fondamentale si attua mediante scelte consapevoli e libere: consapevolezza e libertà introducono il tema della coscienza morale. Grazie alla coscienza, l’uomo distingue il bene e il male. Per i filosofi moderni, detti maestri del sospetto, la coscienza è in generale una sovrastruttura che limita la libertà. Per la morale religiosa, la coscienza è la capacità di percepire e decidere quali relazioni intraprendere con il mondo esterno. La coscienza è una capacità percettiva, come ad es. l’udito. Come l’udito ha bisogno del suono per esercitare la sua funzione, così la coscienza ha bisogno della presenza o dello stimolo esterno, per operare la sua scelta in base ad esso, secondo la propria morale, volta al bene o al male. (Si dice ‘una scelta secondo coscienza’). Consideriamo alcune relazioni tra la coscienza e l’esterno: • relazione ambientale con la natura e la cultura • relazione interpersonale con il corpo • relazione interpersonale con il prossimo • relazione religiosa con Dio Dal Concilio vaticano II emerge che la coscienza è il sacrario dell’uomo, il nucleo più segreto dove egli si trova a stretto contatto con Dio. È un’eco della voce di Dio. In particolare, un’eco dello Spirito infuso nell’uomo. Quando l’uomo usa la coscienza, usa la propria libertà per entrare in relazione con Dio e, attraverso di Lui (sempre tenendo come riferimento i comandamenti dell’amore), in relazione con l’esterno. 3. Storia dell’atto Quando l’uomo agisce, opera pro o contro Dio. Quando fa una scelta di ordine morale, cioè compie il bene, ne entra in possesso e diventa buono. Da qui deriva la sua virtù, che può essere definita la storia buona della libertà. Se compie il male, ne deriva il vizio che è il contrario della virtù, con potere disgregante. Le virtù sono ramificazioni di uno stesso albero, il bene. Ci sono tre virtù teologali, cioè rivolte a Dio, nell’affidarci a Lui: fede (credere), speranza (nel conseguimento della meta del proprio cammino), carità (amore su cui si fondano le scelte del cammino). E tre virtù cardinali, cioè basilari: prudenza (saggezza), giustizia (da eseguire nei confronti del qui, lo scienziato Potter introduce il termine ‘bioetica’, cioè comportamento morale applicato allo sviluppo della vita. La vita è complessa e può essere letta da molti punti di vista. Con la bioetica è avvenuto un cambiamento che ha mutato gli equilibri tra i vari aspetti della vita, in particolare tra gli aspetti morale e scientifico (che si può definire tecnico); infatti si è introdotto un criterio tecnico di considerare la vita, soprattutto nella sua fase riproduttiva: ecco l’avvento dei farmaci anticoncezionali, della riproduzione eterosessuale, cosiddetta assistita, ecc. C’è quindi un intervento tecnico sulla natura, per arrivare al concepimento della vita. 2. L’identità della bioetica La natura è l’insieme delle leggi che governano l’universo. L’uomo ne risente, in quanto parte dell’universo. Per quanto riguarda la riproduzione, si parte dalla differenza sessuale, al desiderio, all’atto sessuale nella sua natura, fino alla riproduzione: questo è naturale (e la teologia richiede che sia fatto secondo il discorso morale, presente nella terza parte del libro). La teologia morale non approva che si intervenga con la tecnica, perché significherebbe dare al processo riproduttivo un aspetto esclusivamente fisico, uno strumento funzionale alla riproduzione; questo atteggiamento è riduttivo, perché trascura l’affetto e l’intimità della coppia, previsti dal disegno di Dio al momento della creazione (cioè uomo-donna come contributo alla creazione e loro atto previsto e seguito da Dio). L’uomo agisce secondo la natura e la morale, tenendo conto del bene da fare e del male da evitare; questo vale anche per gli interventi tecnici nella riproduzione, cioè nella bioetica, in quanto la tecnica ivi applicata è uno dei modi di agire dell’uomo. È Un modo nuovo di agire dell’uomo, perché supera la natura, quindi si tratta di un’etica all’interno dell’etica generale: un’etica speciale, un intreccio tra natura e tecnica, che interviene nei momenti più significativi della vita dell’uomo, quali il concepimento,la nascita, la guarigione dalla malattia, la morte. CAP. II: UN NUOVO MODO DI GENERARE? Nel 1978 nasce Louise Brown, la prima bambina generata in provetta. Vi sono reazioni diverse: alcuni sono perplessi di fronte alla manipolazione dei gameti da parte di scienziati e medici; altri esultano perché in questo modo si supera il concepimento naturale, soggetto al caso e alle emozioni: si passa dal concepire un figlio al ‘farlo’. 1. Le tecniche di procreazione medicalmente assistita Ci sono due procedimenti diversi di fecondazione assistita: in vitro (o extracorporea), quando l’incontro del gamete maschile con quello femminile avviene in provetta; corporea, quando l’incontro avviene nel corpo della donna, attraverso le vie genitali femminili. Il contributo esterno alla coppia può riguardare sia gli spermatozoi (maschio), sia gli ovuli (femmina), sia entrambi. Si è semplificata la donazione di sperma, in quanto gli spermatozoi si possono conservare congelati; si sta perfezionando la congelazione degli ovuli. Ma l’intervento di estranei può spingersi oltre, quando ad esempio (maternità surrogata) un’altra donna accoglie nel proprio utero l’ovulo fecondato di un’altra coppia, per portare avanti la gestazione. (anche qui, di chi è il figlio?). Al di là del discorso morale, c’è prima di tutto la frammentazione della figura paterna: chi è il vero padre? Va considerato che la procreazione è un procedimento complesso, che implica tutta la persona maschile e femminile, che è responsabile con tutta se stessa e non solo in parte. Tutta la persona: infatti ci sono tre fasi che portano a questo evento, la preparazione dalla pubertà all’età matura, in cui si manifestano le differenze sessuali dell’uomo e della donna, che cambieranno completamente il fisico e le reazioni; la gestazione dal concepimento al parto; la fase centrale che costituisce uno stacco e un cambiamento tra questi due momenti, cioè la fecondazione, quando le due cellule si compenetrano. Tutto questo comporta un coinvolgimento psicologico: generare un figlio significa anche generare un padre e una madre. C’è un impulso che spinge ad avere un figlio, impulso costituito da più elementi: desiderio di trasmettere i propri geni, di incarnare l’amore di coppia, di portare e nutrire un figlio nel proprio corpo, di allevare un bambino. Il legame tra il desiderare e l’agire è fondamentale. L’atto sessuale deriva da una preparazione affettiva comune e non può essere ridotto a un momento tecnico generativo. L’atto di generare ha anche forte valenza sociale, tuttavia la valenza sociale è quella più trascurata in quest’epoca. Il figlio infatti è desiderato non per ‘mettere al mondo una creatura’, che avrà una sua identità a prescindere da noi, ma è visto come necessario per una realizzazione di sé, una dimostrazione di fecondità, un appagamento di proprie aspirazioni. Si trascura la valenza sociale dell’adozione o dell’affido; si vuole un figlio proprio, un figlio di proprietà, per dimostrare di averlo. In questa luce, il nato maturerà l’idea di una costrizione, perché nato per scelta altrui. Si dimentica il disegno divino in questo contesto. Come fenomeno, è da notare che si porta sempre più avanti l’età in cui si hanno figli e soprattutto quella in cui si insiste per avere figli con metodi artificiali, anche oltre i quarant’anni, quando si dovrebbe avere maturato la coscienza morale relativa a procreazione ed educazione dei figli. È anche paradossale il fatto che si insista a volere generare un figlio con mille tentativi e prove, quando ci sono tanti bambini già nati che avrebbero bisogno di un contesto familiare in cui vivere. 3. Criteri di valutazione etica Il ricorso alla tecnica in caso di sterilità è mosso dal desiderio di avere un figlio, desiderio legittimo. Ma spesso la procreazione assistita non si limita ad interventi terapeutici, spesso serve ad ottimizzare il figlio. L’intervento medico scientifico non è più terapeutico, per ovviare alla sterilità e cercare dove possibile di curarla; pertanto, per soddisfare le richieste impellenti volte a realizzare desideri che vanno oltre il normale concepimento di un figlio, i medici trascurano quella che è l’analisi e la ricerca finalizzata a vincere la sterilità. Inoltre, il bambino dev’essere concepito da una coppia che ha maturato la sua apertura alla nuova vita come dono, quindi non come ricerca ossessiva. La morale implica anche il rispetto dell’embrione, che è già portatore di vita e non deve essere manipolato a piacimento, ma rispettato nel suo ambito naturale in cui è concepito e in cui si svilupperà. Attorno a questo argomento ci sono dibattiti culturali approfonditi, che tendono a spostare nel tempo il momento in cui l’embrione, o in seguito il feto, dev’essere considerato persona, secondo le fasi di sviluppo. Infine, la coppia che genera un figlio deve tenere conto anche del contesto sociale in cui egli entrerà a fare parte, come apporto volontario della coppia; non deve privilegiare l’affermazione individuale. 4. Ripresa sintetica In definitiva, il disordine e la confusione etica si manifestano quando non c’è il rispetto per l’embrione, quando lo si manipola, lo si trasferisce piacere e secondo la volontà della coppia. Soprattutto questo mette in luce l’assurdità delle quantità di embrioni conservati nel mondo, che non si capisce quale continuità avranno, se non saranno fatti sviluppare da coppie richiedenti. La sperimentazione scientifica non ammette che si abusi di altri esseri umani, comunque concepiti. Il rischio è che l’embrione sia considerato semplice materiale sperimentale e non essere umano concepito. Infine, è necessario che la procreazione sia compiuta con un atto di libertà, mentre la fecondazione artificiale, nelle sue tecniche differenti attualmente in vigore, è rivolta all’efficacia dell’esperimento, come qualunque intervento tecnico, senza ammettere il caso, l’eventualità, l’insuccesso. Tutto farebbe pensare a motivi solo egoistici. La procreazione con l’aiuto della tecnica può essere ammessa qualora risponda alla maturazione del desiderio di un figlio, che però non lasci spazio all’egoismo e al desiderio di affermare il possesso, la proprietà, del figlio concepito. “La scienza e la tecnica richiedono il rispetto dei criteri fondamentali della moralità” (enciclica Donum vitae, Il dono della vita, redatto dalla congregazione per la Dottrina della Fede.1987). L’uomo è stato invitato da Dio a procreare e deve tenere conto di questo dono e di questo incarico fondamentale, che non dev’essere distinto dalla libertà, dal desiderio, dalla responsabilità e, come abbiamo detto, dal rispetto per l’embrione come individuo concepito. Perciò la Chiesa condanna le pratiche esteriori all’atto coniugale, se non sono di carattere propriamente terapeutico, cioè finalizzate a superare la condizione di sterilità per una coppia davvero desiderosa di procreare. CAP.III: UN NUOVO MODO DI CURARE? Con la formulazione del codice genetico, portato a compimento nel 2000, ciascun individuo può sapere tutto di sé grazie a una sigla. La struttura genetica è coinvolta in tutti i campi della vita: salute, ambiente, medicina, antropologia, teologia ecc. Subito si è previsto che il codice genetico e la scoperta della bioetica avrebbero influenzato tutte le scelte e le azioni della nostra vita, dal nutrirsi al vestirsi, al muoversi, allo sposarsi… 1. Alcuni dati essenziali Il nucelo di ogni cellula del nostro organismo contiene il codice che regola il tutto- individuale caratteristico della nostra specie. Tale patrimonio è contenuto in un acido chiamato DNA ( acido desossiribonucleico). Da questo complesso sistema di lettura della composizione genetica umana deriva un nuovo modo di considerare l’uomo e il suo essere, quindi la scienza e la medicina si trovano implicate in un vasto processo sociale, per l’ampliamento delle possibilità d’intervenire sull’individuo e sulla sua salute. La morte appartiene all’uomo e deve viverla nel momento previsto. La morte dev’essere intesa come un momento del vivere, come parte integrante della natura umana. 2. Eutanasia ed esubero terapeutico Eutanasia significa ‘morte bella’ ed era una pratica intesa rendere piacevole anche il morire. Attualmente indica il processo di accelerazione della morte, per compassione verso il malato che soffre. È attiva, quando si fa qualcosa per procurare la morte (iniezione); è passiva, quando si interrompono le terapie che mantengono in vita (ossigeno, flebo ecc.). In entrambi i casi, si trascura il valore etico. Esiste anche il suicidio assistito, in cui il medico non agisce, ma dà al malato le conoscenze e gli strumenti per agire da solo. Il contrario dell’eutanasia è la distanasia o esubero terapeutico, in cui si forniscono al malato supporti terapeutici superiori al moralmente lecito, per tenerlo in vita ad ogni costo, anche in condizioni gravemente compromesse. Entrambe le procedure sono contro la morale teologica, in quanto non tengono conto della dignità della persona che muore. 3. Quasi una conclusione: vivere la propria morte L’apparente contraddizione di questo titolo si spiega con la necessità di essere educati alla consapevolezza che avremo una fine e che questa non dipende da noi e non deve dipendere da altri esseri umani. 3° PARTE - SESSUALITÀ E MATRIMONIO - MARCO PALEARI CAP. I: GLI ENIGMI DELL’AMORE Perché ‘enigmi?’, perché l’amore sfugge a ogni definizione precisa. 1. Tra teologia morale, diritto e teologia sistematica Il concilio Vaticano Secondo, e in particolare l’enciclica Gaudium et Spes, compilata in seguito ad esso, modifica i contenuti della dottrina morale relativamente al matrimonio. In precedenza, si rifaceva a un documento de 1930…… in cui il matrimonio era l’atto religioso e riconosciuto a termini di legge, che consentiva la procreazione, cioè l’obbedienza a un ordine divino, che però non teneva conto della sessualità, né dell’innamoramento e dell’affetto che è necessario tra uomo e donna, per arrivare appunto alla decisione del matrimonio. La purezza dell’atto coniugale e la fedeltà dei coniugi erano prescritte dai comandamenti ‘non commettere atti impuri’ e ‘non desiderare la donna d’altri’ Il matrimonio in generale era considerato come sacramento. Si metteva in evidenza la sua funzione di fondamento della famiglia, per la procreazione e l’educazione dei figli. La morale relativa ad esso prevedeva che fosse usato come strumento per la procreazione e che il godimento che derivava dall’atto coniugale fosse considerato un premio per questa procreazione, che risultava gravosa. Il peccato derivava dal non rispetto di queste regole e si considerava il caso singolo, esaminato durante la confessione. 2. Una scelta metodologica: ascoltare il contesto Nell’enciclica citata c’è l’invito deciso a considerare il tempo in cui si vive, le sue manifestazioni, le sue circostanze, per riuscire a interpretare la realtà del momento e dare le giuste regole alla luce del Vangelo. Giovanni Paolo II ritorna su questi dettami, precisando questo invito in merito alle vicende dell’amore tra uomo e donna, precisando che è necessario studiare in quali contesti essi si muovono, per tenere conto della loro vita complessiva ed esercitare l’opera di evangelizzazione nel modo adeguato. Per esercitare tale opera, l’evangelizzazione si serve d’altre discipline, come la pedagogia e la sociologia. Si muove tenendo presenti tematiche attualmente centrali, come la felicità, il piacere, la comunicazione; e valorizzando il linguaggio dell’uomo, scelto da Dio per comunicare con l’uomo. Dal punto di vista teologico, si tratta di accostarsi alla sessualità nella coppia con lo stesso amore di dio che l’ha voluta. Occorre accostarsi con l’amore divino all’amore dell’uomo. La Chiesa, indirizzando il credente su queste basi, farà sì che egli possa avere uno scorcio del disegno della Trinità sulla realtà coniugale e possa rispondere a tante domande, ansie e speranze dei giovani sposi e genitori d’oggi. 3. Gli odierni enigmi della sessualità e della vita di coppia Tra le domande, speranze e ansie sopravvale la dimensione sessuale. Fino agli anni Sessanta tutto ciò che riguardava il sesso era taciuto e relegato all’istituto matrimoniale; in quegli anni è avvenuta una rivoluzione che ha portato l’argomento ad essere espresso e vissuto senza regole, sfuggendo a ogni contenimento. La nostra cultura sembra allergica alle relazioni, viste come legami, come vincoli. Prima queste parole erano usate per sottolineare la necessità di rispetto e di fedeltà; adesso sono viste in senso negativo, di costrizione alla fedeltà. Ecco alcuni trend che troviamo nella fenomenologia della relazione di coppia nella cultura occidentale (italiana in particolare): a. la creatura umana è maschio o femmina e quindi, nominandola, si fa richiamo alla sua sessualità, ogni contatto tra le persone ha una forte carica sessuale e nella nostra cultura esso è visto solo nella dimensione fisica. b. se il matrimonio era il binario su cui viere rettamente la funzione attuale, attualmente l’istituzione matrimoniale e la pratica sessuale seguono vie differenti; negli ultimi anni si è abbassata l’età del rapporto sessuale, senza bisogno di istituzione. c. ogni rapporto maschio-femmina nasce da una decisione libera molto più che in altre epoche e culture, anche quando non è finalizzato al matrimonio. d. da tutto questo deriva che la continuità di una relazione affettiva dipende molto da quello che i due sentono, senza tener conto dell’impegno preso, senza tener conto del sentire dell’altro. e. in questo modo,viene meno anche il ruolo che una persona riveste a livello sociale, in quanto non c’è più la necessità del senso di appartenenza Se la decisione di amare una persona è libera e immediata, invece arrivare al matrimonio richiede un tempo di decisione molto lungo: fidanzamento, poi eventuale convivenza senza matrimonio. Quando i due decidono di sposarsi, ecco che ciascuno sa d’essere significativo per l’altro e si aspetta molto dall’altro. Perciò, da una parte si ha maggiore consapevolezza della qualità che deve caratterizzare il rapporto; dall’altra, si ha il rischio che non si riesca a mantenere il rapporto sempre ad un livello elevato e pertanto si ricorre alla via legale della separazione. Non si tiene più conto della rilevanza sociale del matrimonio, come base di un nucleo familiare; ancora meno si considera la rilevanza religiosa; più che altro, lo si intende come una relazione privata, un contratto che interessa solo i due e spesso ciascuno dei due pensa solo a se stesso. Spesso l’uomo e la donna si uniscono in una ‘relazione pura’, che dura solo per il periodo del soddisfacimento personale, senza prevedere un’unione duratura. Secondo Chiara Mondello, che ha dedicato uno scritto all’aumento della fragilità matrimoniale, è sempre più difficile che tra i componenti della coppia si riconoscano due persone complete e indipendenti fra loro, capaci di essere innamorate, che scelgono di unire queste loro indipendenze per arrivare ad una collaborazione e unione salda e duratura. Spesso invece il legame nasce prima e da esso, in seguito, nascerà l’unione affettiva. Perciò il suo limite è di basarsi su un concetto di dare- avere, che viene meno quando non c’è più la parità dei conti. È anche necessario ridiscutere i ruoli che si hanno all’interno della coppia e dell’eventuale famiglia, che è continuamente chiamata a rispondere a compiti ed esigenze quotidiani. Se prima i ruoli uomo-donna erano esattamente distinti, ora si è modificato anche il modo di condurre le decisioni più normali e necessarie. Di fronte a questi problemi, le coppie attuali puntano a vincoli meno rigorosi, più fluttuanti, aumentano i casi di convivenza senza matrimonio, i casi di coppie che non vogliono figli. CAP. II: IL SACRAMENTO DELL’AMORE Gli enigmi dell’amore non si svelano da soli: occorre un apprendistato che comincia con l’ascolto. 1) L’evidenza ecclesiale: il matrimonio celebrato La Chiesa propone si propone ai fedeli con una serie di riti; tra questi c’è anche la celebrazione del matrimonio. Accanto al sacramento c’è il rito, momento di riflessione su come la forza dello Spirito santo penetra l’unione dei due sposi, la costituisce e la sostiene. Da questa riflessione la coppia deve lasciarsi plasmare e ascoltare la voce che ne deriva, per accogliere il dono dello Spirito santo come forza che spiega il valore dell’amore coniugale. Nell’enciclica Familiaris consortio, Giovanni Paolo II spiega che durante il rito si devono ricordare gli aspetti del senso morale del matrimonio: la dimensione comunitaria, la presenza dello Spirito, il fatto che i due sposi sono i ministri del sacramento. Infine, lascia al celebrante il ruolo di scegliere le letture da fare, indicando quelle che più mettono in evidenza il disegno di Dio sull’uomo e sulla donna, a partire dalla Genesi (creazione di uomo e donna con scopo preciso), fino al Vangelo di Matteo (risposta al giovane ricco, già citata, che chiede che cosa deve fare e Gesù risponde di seguire le leggi, in particolare ‘onora il padre e la madre’). Sacramento dell’amore indissolubile: i due non diventano uno solo istantaneamente, ma nel tempo. Se i due vogliono davvero unirsi totalmente, devono mettere in gioco la loro storia sotto tutti i punti di vista, tutta la vita di cui si dispone. Raggiunto questo, l’unione non si scioglierà più. Il Diritto Canonico prevede l’unità e l’indissolubilità del matrimonio. La volontà di accettare questi principi è espressa nelle promesse sacramentali. Con queste promesse, si risponde ai dettami di Cristo. Per il cristiano, la rottura del vincolo matrimoniale non è solo un fatto giuridico, ma significa arrogarsi un potere che non si ha e truffare l’altro, che aveva promesso insieme e si era fidato di tali promesse; truffare anche un eventuale figlio o figli, a cui si era presentato un avvenire promettente e sereno. Donare la vita a una creatura è un gesto di partecipazione a perdere la vita: il rischio è per entrambi e mai come in quel momento la vita del bambino è fragile. Anche il figlio ha diritto d’essere voluto e accettato nella sua identità, perciò da quel momento il matrimonio che diventa famiglia non si limiterà ai due, ma le scelte devono essere fatte anche per il bene e nell’ottica del futuro del figlio. Nel momento in cui Dio sceglie due genitori per compiere il suo disegno dell’avvenire, li investe della responsabilità di diffondere il Suo amore alla nuova creatura e di garantire la serenità di quell’avvenire, così come Lui stesso ha fatto con le Sue creature. CAP. IV: I SENTIERI DELL’AMORE Parlare di morale può far pensare a regole rigide alle quali conformare il proprio comportamento. È quindi necessario riscoprire il significato della morale cristiana, che non dev’essere confusa con il moralismo o la semplice osservanza d’una legge. Va vista come impegno della propria libertà e della propria coscienza a ricercare il bene e dargli attenzione. 1. Sentieri che si aprono La via dell’amore comincia dal grembo materno e procede fino a farci riconoscere e accettare la persona con cui intraprendere un legame coniugale. Per arrivare a questo, occorre un coinvolgimento complesso della personalità: prima di tutto la costruzione di una solida identità personale e quindi la conoscenza della diversità dell’altro. Il primo compito dei fidanzati è il prendersi cura l’uno dell’altro: questo è il passo fondamentale per considerarsi soggetti attivi del proprio matrimonio. Hanno una loro storia distinta, un cammino (o non cammino) dopo il battesimo. L’impegno della conoscenza reciproca deve partire da loro, ma è importante che abbiano anche una guida spirituale a cui affidarsi, che insegni loro come aprire il loro amore di coppia verso i più prossimi e quindi estendersi a livello sociale come testimonianza dello Spirito e dell’amore di Cristo che opera in loro. La comunità cristiana ha come compito morale di formare i credenti e anche le coppie. 2: Sentieri quotidiani Dopo la celebrazione delle nozze, si dà avvio alla vita coniugale. Col sacramento del matrimonio si riceve il dono di amare il proprio coniuge e i seguenti figli come Gesù ha amato noi e la Chiesa. Per riuscire in questo intento, è necessario che gli sposi conducano una vita cristiana, sulla quale fondare la loro quotidianità. 3. La spiritualità coniugale Spiritualità quindi significa presenza dello Spirito, trasmesso attraverso il sacramento. La vita cristiana non deve basarsi sulla semplice obbedienza a leggi, ma deve derivare dall’agire autonomo dello Spirito santo, attraverso il quale l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori. (Giovanni Paolo II). Proprio lo Spirito è il propulsore, perché ogni giorno accrescano la grazia che è in loro e progrediscano verso una sempre più profonda unione tra loro a tutti i livelli. Le regole dell’etica matrimoniale (già abbiamo elencato) non sono vincoli, ma percorsi lungo i quali l’amore sessuale diviene comunione integrale; esse intendono salvaguardare i comportamenti della coppia, perché rispondano al desiderio di divenire una cosa sola; riguardano l’intimità sessuale, in quanto distintiva dell’unione matrimoniale. Ciascuno dei due deve donarsi all’altro nella propria totalità e nel contempo deve accettare l’altro, disponendosi in modo da stabilire con l’altro un’unione amorosa. La regola della castità matrimoniale esprime la necessità che si accolga l’altro in tutte le sue dimensioni, senza che l’imposizione maschile o la seduzione femminile abbiano la prevalenza. Inoltre, l’atto non deve ridursi a solo rapporto fisico, senza amore o sentimento, o alla sola ricerca del piacere erotico o della procreazione. L’atto coniugale porta alla procreazione. Per una procreazione responsabile, i metodi naturali che rispettano la fecondità della donna sono accettati, in quanto mantengono l’integrità corporale dei due. I metodi contraccettivi sono invece la negazione dell’atto che permette la completa comunione interpersonale. 3. Sentieri tortuosi Ci sono possibili deviazioni, che oscurano la relazione d’amore con Cristo. La via del matrimonio è difficile da percorrere, perché sono due che devono portarla insieme. Il criterio fondamentale per riuscire è quello di rimanere fedeli a Cristo. La testimonianza di questa fedeltà si ha soprattutto dal comportamento, dai fatti e non tanto da ciò che si dice. Non è considerata trasgressiva solo l’instabilità del divorzio, ma anche la stabilità d’un matrimonio che non sia dono completo dei coniugi. Questo consente alla Chiesa di valutare la possibilità di sciogliere matrimoni non cristianamente regolari, anche se celebrati. Unione irregolare è quella di persone battezzate che vivono insieme senza avere contratto matrimonio: conviventi, sposati solo civilmente, divorziati risposati; situazioni difficili sono invece quelle di separati e divorziati. Tuttavia, la Chiesa è propensa a riconoscere la possibilità di un nuovo sacramento, per chi non riesce a rimanere solo, in quanto un vincolo unico è meglio della fornicazione. L’obiettivo è che le unioni siano più possibili uniche e stabili, per essere davvero emblema dell’amore tra Cristo e la Chiesa. PARTE 4° - PERSONA E SOCIETÀ - EROS MONTI CAP. I: UN’ETICA SOCIALE CRISTIANA 1. Tre domande per cominciare Cerchiamo di rispondere a queste tre domande: • Che cos’è società oggi? • Quali sono le sue caratteristiche? • In che senso mi riguarda, o ci riguarda? 2. Sguardo all’attuale fenomeno sociale La società attuale si presenta complessa, contiene molti elementi, è in continuo mutamento, perciò rappresenta una sfida sempre nuova da affrontare. Il suo tratto sintetico è la globalizzazione: un fenomeno storico-antropologico da capire anche risalendo alle sue cause. La tensione fondamentale sembra essere quella fra individuo e società: l’uomo si sente individuo isolato e completo, ritenendo la società una realtà esterna a lui. Per ricuperare un’eredità comunitaria forte, oltre che alla famiglia e al proprio circondario di amici si ricorre ad associazioni e circoli di vario genere (culturale, sportivo, ricreativo, benefico ecc.). Essi sono visti di solito non come scelta libera di molti, ma come necessità- imposizione, per non sentirsi isolati. Servono innanzitutto ad avvicinarsi (e affezionarsi o voler bene) a persone fuori dal nostro ambito quotidiano (famiglia, amici, colleghi) e servono come realtà vive per dare continuità alle tradizioni, abitudini, cultura. Nel mondo d’oggi, quale verità sociale si può definire, in un ambiente multireligioso, multietnico, multitradizionale? Il mondo occidentale ha sviluppato obiettivi sociali avanzati e positivi: dignità della persona, parità di diritti, giustizia sociale, scuola e sanità pubblica ecc., che sono unanimemente condivisi. Difficile è condividere e definire altri elementi, come famiglia, educazione, pace, solidarietà, difesa dell’ambiente, di cui si parla tanto, senza arrivare ad una definizione che vada bene per tutti. La libertà dell’uomo di decidere quali proposte e criteri sociali seguire (religione, educazione, abitudini) deve essere presente in tre dimensioni: personale, comunitaria, istituzionale. 3. Un metodo per l’etica sociale Il percorso per arrivare a questa libertà si può dividere in tre tappe: a. Fenomeno sociale (storia) b. Rilettura alla luce della fede cristiana (bibbia) c. Etica sociale (dottrina sociale della Chiesa). Al primo posto c’è l’uomo, come protagonista della società e del suo sviluppo storico. Al secondo la Bibbia, come rivelazione divina all’uomo e rivelazione dell’uomo a se stesso. Al terzo posto la necessità di un’etica che guidi il compimento della libertà da parte dell’uomo. 4. La verità dell’agire sociale La Bibbia dev’essere letta non come un manuale di comportamento, ma come la rivelazione divina. Nell’Antico Testamento è proposta la legge (Pentateuco, Decalogo). Troviamo delle novità rispetto alla legge arcaica: • Il presupposto: non ci sono cittadini astratti, ma il ricco e il povero, l’uomo e la donna… • La natura: la giustizia è riferita all’altro (prossimo) e non a un ente astratto tuttavia di lettere in un contesto esortativo, quindi l’invito a obbedire ad ogni costo va preso proprio come esortazione, non come discorso logico generale. Se prendiamo in considerazione le parti del Nuovo Testamento riferite al potere politico in particolare, ci rendiamo conto della sua ambivalenza: va ridimensionato nella sua capacità effettiva d’essere servizio; si pone come potere sugli altri, invece deve tenere conto di partecipare al disegno salvifico di Dio e quindi dipendere da Lui. Chi esercita il potere politico deve fare una scelta precisa tra agire a proprio vantaggio e mettersi al servizio degli altri. La storia propone tanti esempi diversi nell’uno e nell’altro senso. Lo stato istituzionale attuale si presenta come • Assoluto, quando il sovrano ha tutto il potere, ritenuto necessario per la coesione dello stato • Liberale, al servizio del cittadino che ha diritti inviolabili • Totalitario, che decide tutto per il cittadino, semplice cellula del sistema • Democratico, con sovranità popolare, governanti eletti dai cittadini e tenuti a rappresentare le loro idee e necessità • Nello stato postmoderno si cerca di conseguire la giustizia con la politica: giustizia come equità, in base al principio di Rawls: cioè distribuzione in modo eguale di tutti i beni e le risorse. L’ingiustizia è semplicemente la distribuzione ineguale. Le eventuali differenze riguardano soprattutto le cariche e possono essere accettate solo se rispondono anche al vantaggio dei meno favoriti. 3. Etica e politica nell’insegnamento sociale della Chiesa Nell’enciclica Gaudium et spes (1965), Giovanni XXIII sancisce i ruoli della Chiesa nel mondo e dice che la politica e la Chiesa sono due entità separate. La Chiesa non risente di alcun pensiero politico. L’agire politico (ricordiamo l’agire del cristiano, di cui spesso si è parlato in questo lavoro) si articola su tre livelli: creden te etico sociale carità servizio al bene comune finalità condivisa Non esiste la politica neutrale, ogni applicazione della politica per il cristiano comporta il livello credente, basato sulla carità (comandamenti dell’amore), che attraverso un livello etico, tenendo presente che si agisce a servizio del bene comune, raggiunge il livello sociale, dove la finalità è condivisa a vantaggio di tutti. La Chiesa insegna che il primo principio a cui attenersi per questo procedimento è la dignità della persona umana. L’uomo è il punto convergente della dottrina Sociale della Chiesa. I principi riguardano la realtà nel suo complesso e quindi hanno valore fondamentale e universale. Hanno una stretta implicazione nella vita economica e sociale e si concretizzano nelle forme già citate di solidarietà, partecipazione, sussidiarietà. (Torna il discorso della giustizia come equità). Ogni giudizio politico e sociale (che sta alla base di ogni decisione) è collegato l disegno divino, secondo il quale la città dell’uomo (il luogo dove si esercita la politica) deve svilupparsi in modo armonico e non scomposto secondo le idee personali di pochi o di uno. In una nota pastorale della Conferenza Episcopale Italiana si chiarisce che il politico cristiano deve tener conto sia dei contenuti della politica, sia dei metodi per applicarli. Sempre a tenuta presente la centralità della persona coi suoi bisogni e obiettivi, con occhio particolare alle fasce più deboli e riguardo all’occupazione, famiglia, istruzione,per una vita di pari dignità a tutti. L’opzione preferenziale della Chiesa è per la democrazia, che dev’essere laica, in quanto aperta a tutti, I valori proposti dalla Chiesa valgono per tutti, anche per i non credenti. È necessario che si attuino le prospettive, in un dialogo tra il cittadino e chi egli ha scelto per governarlo; e un dialogo tra chi governa da cristiano credente e eventuale cittadino che non è credente, che deve riconoscere l’equità delle scelte, se davvero sono fatte in conformità alla dottrina della Chiesa. CAP. IV: UN DIRITTO PER LA VERA GIUSTIZIA 1. Legge e giustizia nella Sacra Scrittura Nell’Antico Testamento la Legge esprime l’Alleanza tra Dio e l’Uomo. Indica un cammino da percorrere.. Intanto c’è la profezia di una nuova Legge (quella di Gesù), la profezia è fatta di fronte ad Adamo ed Eva dopo il peccato, al serpente (metterò inimicizia fra te e una donna, fra la tua discendenza e la sua: Gesù). Nei Vangeli ci sono spesso diatribe tra Gesù e il modo di intendere la giustizia all’epoca. Nel processo a Gesù vediamo che c’è la tendenza a seguire delle regole e non a mettersi in gioco per scoprire la verità. La vera giustizia è quella divina, prospettata al di sopra della condizione umana. 2. Diritto morale e costume nel corso della storia Il diritto, di solito universale e perenne, codifica i beni, i valori, i diritti che hanno rilevanza pubblica. Nell’antichità romana si basa su tre principi: vivere onestamente, non ledere la proprietà degli altri, dare a ciascuno il suo. Nel Medio Evo diviene più complesso ed è strettamente collegato alla giustizia. La giustizia, sempre condizionata da chi la pratica, non è mai perfetta. Il suo perfezionamento avviene attraverso la carità (amore cristiano). L’età moderna vede un aggravarsi del divario tra giustizia e diritto: il diritto pretende di fare rispettare le leggi, senza tenere conto del bene comune. Dall’Illuminismo a oggi si è sviluppata l’attenzione per la persona umana: l’uomo è al centro delle decisioni e quindi si agisce tenendo conto dei suoi diritti. 3. Significato e limiti del diritto Il diritto è un linguaggio al servizio della giustizia e della verità ed è al servizio di tutti. Deve approssimarsi il più possibile alle esigenze dell’etica. Il legislatore ha la responsabilità di avvicinare la legge più possibile alle esigenze dell’epoca in corso, nella massima oggettività e tenendo presente il bene comune: cioè deve coordinare e promuovere il buon agire di tutti. Deve predisporre leggi unitarie e coerenti. In periodo di globalizzazione, anche se in uno stesso Paese le presenze sono eterogenee, è possibile promuovere leggi al di sopra delle differenze, che si muovano per il bene di tutti: la persona al centro dell’agire, quindi anche al centro del fare le leggi. A livello personale è richiesto il rispetto delle leggi, in quanto espressione storica del diritto. Quando la coincidenza fra legge e bene comune viene meno, sono ammesse l’obiezione di coscienza o la legittima difesa, sempre rivolti alla ricerca del bene comune. Sempre è necessario agire tenendo presente la carità. 4. L’educazione alla legalità. Gli uomini sono socialmente una comunità di persone, con vincolo di solidarietà. I diritti e i doveri sono organizzati spontaneamente. Se mancano regole di convivenza, chiare e legittime, non ci saranno libertà, giustizia e pace fra gli uomini. Sono necessarie alcune condizioni: • Esistenza di chiare e legittime regole di comportamento • Correttezza e trasparenza dei procedimenti di decisione • Stabilità delle leggi che regolano a convivenza civile • L’applicazione di tali regole nei confronti di tutti • Efficienza delle strutture sociali che consentono di ottenere i propri diritti • Attenzione privilegiata ai più deboli Il filo conduttore dev’essere il senso morale comune, legato all’etica cristiana.