Scarica Riassunto il nuovo caratteri e comunicazione visiva - Fabrizio M. Rossi e più Sintesi del corso in PDF di Design solo su Docsity! Il nuovo caratteri & comunicazione visiva Fabrizio M. Rossi - Introduzione allo studio della tipografia Prefazione (pag. 15 - 17) Definizione di “carattere” =[segno tracciato, impresso o inciso cui si attribuisca un significato], [ la forma delle lettere di una scrittura], nella tipografia [i blocchetti parallelepipedi (detti anche tipi o caratteri mobili)]; in informatica, [ ciascuno dei simboli generalmente usati nei sistemi di elaborazione dati (e cioè le cifre da 0 a 9 e le lettere dell’alfabeto, che costituiscono i caratteri alfanumerici), e altri segni utili. La locuzione italiana carattere tipografico corrisponde all’inglese typeface o type family: una “famiglia” di caratteri che portano tutti lo stesso nome, affini per disegno e atti a essere usati insieme; una serie coerente di variazioni sul tema, di “varianti” o “stili”. I caratteri tipografici vengono solitamente denominati con il nome del disegnatore. Una singola “variante” o “stile” di un carattere tipografico sarebbe una font. Tipografia = tecnica e attività del comporre e stampare - o meglio luogo ove si stampa. Prima parte (pag. 25-89) Il linguaggio verbale scritto: nozioni di base (pag. 25- 39) 1. I segni dell’alfabeto latino Per alfabeto latino si intende un ampio repertorio di segni che trae origine dall’antichità romana e da successive elaborazioni. E’ un alfabeto che, si è adattato alle esigenze di scrittura di molte lingue. E’ composta di base da circa un centinaio di segni alfanumerici. Aggiungendo anche i segni d’interpunzione e una quantità variabile di altri glifi, si arriva a 200/250 segni, tutti diversi. -Testi e contesti, regole ed eccezioni Questo repertorio di segni ci permette di creare rappresentazioni condivisibile e adeguato al contenuto stesso. -Scrittura manuale e scrittura artificiale I segni tipografici ( la stampa), deriva dalla millenaria pratica calligrafica ( scrittura su papiro, pergamena, carta ecc.) ed epigrafica ( scrittura manuale su pietra). -lettere maiuscole (capitali o alte) Il maiuscolo tipografico prende origine dalla capitalis, la lettera capitale elaborata in epoca romana. (es. colonna Traiana a Roma). Le forme generiche (no “J” e “Q” ) delle lettere maiuscole ( o bilineari) si colorano entro due linee parallele, come fossero due binari, trasmettendo una sensazione di stabilità. 1 Da ciò deriva il “tono” del maiuscolo: “ a voce alta”. Lo utilizziamo per : -l’inizio di una frase o di un nome -evidenziare interamente una parola o una frase -creare una capolettera - Nella storia la capolettera conteneva anche elementi figurativi che illustravano il contenuto. - Lettere maiuscole basse Il minuscolo tipografico deriva sostanzialmente dalla lettera “maiuscola carolina”, il cui il nome proviene dalla riforma della scrittura valuta dall’imperatore Carlo Magno intorno all’800” d. C. Le forme generiche del maiuscolo di “movono” (quasi) all’interno di quattro allineamenti principali. - Lettere maiuscolette Il maiuscoletto si inserisce nel repertorio tipografico nel XVI secolo. Il suo disegno è caratterizzato da particolari e indispensabili accorgimenti, non facilmente riconoscibili se non accostati accanto alle maiuscole. Il maiuscoletto avrà un colore tipografico più debole rispetto al maiuscolo. Ha un tono intermedio e può essere utilizzato nelle titolazioni o nelle bibliografie. - Numeri Esistono numeri arabi maiuscoli e minuscoli. 2 il tipometro è lo strumento con cui effettuano presto e bene le misurazioni tipografiche. Percezione visiva dei caratteri (pag. 49- 69) -Leggibilità e visibilità “Il segno alfabetico” - Aldo Novarese Per leggibilità si intende il comfort di lettura. Visibilità dipende dalla forma delle lettere, ossia dal loro disegno. Si intende la soglia di riconoscimento immediato dei singoli segni. -Correzioni ottiche nella progettazione dei caratteri La forma della lettera deve essere calibrata con cura e deve tener conto di molti accorgimenti e compensazioni di tipo ottico. I più importanti, per ogni segno, sono: -baricentro spostato verso l’latro; -base più larga; -aste orizzontali più sottili; -aste curve più spesse e con fuoriuscita dall’allineamento orizzontale; -rastremazione nei punti di congiunzione. Composizione dei caratteri (pag. 70-83 ) -leggiblità e composizione I caratteri non nascono per vivere isolati ma per essere accostati gli uni agli altri. Sulla leggibilità o comfort di lettura influiscono questi parametri: 1. avvicinamento delle lettere - la giusta distanza dei segni all’interno di ogni parola. Tale distanza teoricamente varia per ogni corpo di composizione. In un corpo grande le lettere sono più ravvicinati e compatte, in un corpo grande le lettere sono più ravvicinate e compatte, in un corpo piccolo devo essere più distaccate. 2. La giusta spaziatura fra le parole - se le parole sono troppo distaccate si crea una serie di piccoli barriere alla percezione; se lo spazio è insufficiente si rallenta l’identificazione dei vocaboli e dei significati. 3. La giustezza o lunghezza delle linee di composizione. Un rapporto ottimale tra corpo del carattere e giustezza è di 1:25 ca. 60 segni per linea di scrittura. 4. la giusta interlinea - Dinamica orizzontale: avvicinamento e spaziatura Lo spazio orizzontale fra i caratteri viene misurato con un valore relativo: em o quadrato. Un em rappresenta uno spazio orizzontale in corpo 10 un em è pari a 10 punti; per il corpo 48, è pari a 48 punti. Questo sistema si usa per definire: 5 -spaziatura - spazio fra le parole -avvicinamento (tracking) - spazio fra le lettere di una o più parole -crenatura (kerning), lo spazio fra coppie specifiche di segni - Dinamica orizzontale: la giustezza La giustezza è la lunghezza della riga di testo più ambia, misurata in ciceri o in pica. Una giustezza “giusta” è quella che non scoraggia il lettore, non costringendo a una riga troppo lunga e faticosa o a una riga troppo breve. La giustezza “giusta2 si stabilisce in base a diversi fattori, tra cui: - tipologia del carattere con cui è composto il testo; - corpo del carattere: - interlinea; - allineamento del testo; - numero di colonne di cui si compone la pagina; - gabbia di impaginazione e formato della pagina; In una pagina di libro convenzionale la giustezza comprenderà un numero di caratteri fra 45 e 75. Per “caratteri”- o “battute” - s’intendono anche la punteggiatura e gli spazi fra le parole. La giustezza è da 20 a 40 volte il corpo del testo. Per le pagine a più colonne, il numero medio di caratteri per riga sarà compreso tra i 40 e i 60. Una giustezza troppo breve cause un affollarsi di caratteri o creerà dei vuoti fra le parole oppure uno spezzarsi continuo del testo. Invece una giustezza troppo ampia può causare un affaticamento della lettura. - Dinamica verticale: l’interlinea L’interlinea è la distanza tra una riga di testo e la riga successiva, si misura in punto dalla linea di base di una riga di testo alla linea di base della riga di testo successiva. -l’interlinea “normale” è pari alla misura del corpo usato più di 20% del corpo stesso. - Un testo breve può essere “sterlineato”, vale a dire un’interlinea negativa, pari o inferiore al corpo del carattere, a condizione che le aste ascendenti , le eventuali maiuscole accentate e le aste discendenti non si tocchino. - In tutti i seguenti casi è richiesta un’interlinea maggiore: 1. giustezza lunghe rispetto al corpo del carattere; 2. caratteri con forza d’asta scura; 3. caratteri con occhiali larghi; 4. caratteri con forte contrasto fra pieni e sottili e asse perpendicolare. 6 5. caratteri lineari 6. testo con abbondanza di esponenti, deponenti, segni diacritici, espressioni matematiche, uso frequente delle maiuscole. - Nel caso di testi a più colonne è opportuno allineare sempre le linee di base del teso principale tra una colonna e l’altra. - Dinamica laterale: allineamento del testo 1. Giustificato = giustezza fissa: spaziatura variabile, sillabato. Testo che presenta margini paralleli a sinistra e a desta. E’ una composizione adatta a testi abbastanza lunghi o molto lunghi. La giustificazione offre due punti di riferimento stabili (uno di partenza e uno di arrivo) all’occhio del lettore che viene in questa maniera abituato a un ritmo costante. 2. A bandiera = giustezza variabile: spaziatura fissa, non sillabato. E’ una composizione che presenta un margine uniforme da un lato (allineato) e , dall’altro, un margine variabile da riga a riga. Oltre alle difficoltà della giustezza variabile anche quella della sillabazione obbliga il lettore a “ricomporre” mentalmente le parole sillabate. Se il margine allineato si trova a sinistra e il margine variabile a destra, si definisce come: - A bandiera a sinistra : immaginando l’asta della bandiera a sinistra e le grande a destra. Per i testi corti o abbastanza lunghi. A differenza della bandiera a destra, qui viene dato all’occhio un punto di partenza, il margine sinistro, consueto nella lettura tipica dell’alfabeto latino; la variabile del punto di arrivo, a destra, viene mitigata dai frequenti a capo, dai da non stancare l’occhio del lettore, e del ritorno costante della spaziatura. La bandiera a sinistra, può essere opportuna in una pagine a più colonne di testo, e può valorizzare l’uso di molti caratteri lineari perché ne spezza la monotonia. -A bandiera a destra: immaginando in questo caso l’asta della bandiera a destra e le frange a sinistra. La bandiera a destra deve essere utilizzata solo nel caso di testi brevi. 3. A Epigrafe giustezza variabile: spaziatura fissa, non sillabata. E’ la composizione del testo secondo un asse centrale. E’ adatta a testi brevi a causa del variante continuo sia del punto di partenza sia del punto di arrivo nella lettura delle righe. 4. A Sagoma giustezza variabile: spaziatura variabile, sillabato. Si può adottare nel caso in cui il testo debba seguire i margini di un’immagine scontornata, purché la giustezza minima sia sufficientemente ampia e il testo abbastanza lungo da metterne in risalto la sagomatura. 7 Il corsivo minuscolo nella tipografia dei caratteri mobili viene “inventato” da Aldo Manuzio che lo commissionerà, intorno all’anno 1500, al grande incisore di caratteri Francesco Griffo da Bologna. Inoltre l’invenzione di Aldo del corsivo tipografico, meno ingombrante del tondo a parità del corpo formato a grande diffusione, quei “classici tascabili” voluti insieme a Pietro Bembo. Inizialmente il corsivo tipografico non coabiterà nelle stesse pagine stampate con il tondo minuscolo ma soltanto con il tondo maiuscolo. Anche nel caso del corsivo tipografico la lingua inglese registra un omaggio alle sue origini tutte italiane denominandolo italic. -Articolazione e gerarchizzazione Per molti secoli la tipografia non usò varianti di carattere che non fossero il tondo e il corsivo. Per articolazione e gerarchizzazione dei contenuti facciamo riferimento all’esempio della prima delle quattro pagine del “Times” del 22 giugno 1815. La gerarchizzazione del testo è affidata ai capilettera, ai caratteri in corpo più grande che evidenziano l’incipit delle inserzioni e al maiuscoletto, in un contesto minuscolo, enfatizza le “parole chiave”. -La nascita di nuove varianti di carattere Già nel XVIIe poi nel XVIII secolo la necessità di un carattere più sicuro che evidenziasse determinate parole veniva risolta dalla Gran Bretagna inserendo in un contesto alfabetico latino tondo e corsivo quei caratteri chiamati “gotici” (blackletter). Nel XIX le nuove esigenze comunicative della Rivoluzione industriale si impongono nella tipografia. Saranno utilizzati con lo stesso obiettivo caratteri più pesanti, come “egiziani”, fino all’esordio nel 1845 della prima variante di forza d’asta - il bold- interna ad un carattere (Clarendon) Nel corso dello stesso XIX secolo si aggiunge le varianti di proporzione insieme a: caratteri ombreggianti, distorti figurati, che spesso infrangono le norme elementari delle correzioni ottiche. -Caratteri con grazie e senza grazie I caratteri con grazie (ovvero “grazianti” o ancora “ grazianti”), presentano terminazioni dei tratti principali denominate, appunto “grazie” (serif). I caratteri senza grazie in italiano sono detti anche “lineari” o “bastoni”. Oltre all’assenza di grazie, presentano tratti principali poco modulati, ovvero “monolineari”. (Sans-serif, gothic). -Novità tecnologiche nella tipografia del XIX e XX 10 secolo L’Ottocento rappresenta un secolo di grandi cambiamenti in molti campi. Abbiamo una maggior richiesta di stampanti. Tra Settecento e Ottocento il mondo della stampa è rivoluzionato da cambiamenti fondamentali nella struttura del torchio da stampa, dalla capacità di produzione della carta, anch’essa non più manuale ma meccanizzata, realizzata non solo in fogli ma in bobine continue, dall’applicazione della forza vapore alle macchine. Un’altra innovazione importante del XIX è la fusione e la composizione dei caratteri. La macchina da scrivere venne inventata da Giuseppe Ravizza nel 1837, chiamandolo “cembalo scrivano”, utilizzando i tasti del clavicembalo. Un’altra rivoluzione è la Linotype e la Monotype. Nel Postmodernismo è l’epoca che vede il passaggio dei caratteri in metallo alla fotocomposizione, dalla stampa in rilievo alla stampa offset, con la comparsa inoltre dei caratteri trasferibili. Sono gli anni in cui il movimento punk afferma che chiunque può far musica, grafica, tipografia. Con la fotocomposizione d’incrementano la velocità di composizione dei caratteri e i campionari disponibili, si manomette l’identità delle lettere e aumenta la destoricizzazione dei caratteri. Con i movimenti politici degli anni Sessanta e Settanta, prima con la controcultura punk poi, si pongono le basi concettuali della grafica e della tipografia “autoprodotta”, prima che sopraggiunga il mezzo tecnico che ne sancirà l’affermazione, ovvero il personal computer. Un gruppo di ricercatori della californiana Stanford University, mettono a punto Metafont: è un linguaggio di programmazione che permette di desumere tutti gli elementi di una famiglia di caratteri dal disegno di una sola lettera, attraverso il tratto pieno di una specie di “pennino virtuale”, basato sulle curve di Bézier ma con particolare attenzione al problema della rasterizzazione su schermo a mappa di bit. E’ uno strumento di impaginazione e fa parte del progetto TeX. Rappresenta uno dei primi esempi di Open Source, iniziato nel 1977 e con successive versioni che sono alla base dei sistemi attuali di progettazione dei caratteri. Passaggio fondamentale è quello ai linguaggi di programmazione dedicati al disegno vettoriali dei contorni dei caratteri. Nel 1983 nasce la PostScript. La Adobe in California svilupperà Type1 e Type 3 nel 1984. Apple e Microsoft collaboreranno per dare vita al formato di caratteri TrueType, nel 1991. Microsoft e Adobe lavoreranno nel 1996 a Open Type, il formato multipiattaforma per Windows e Macintosh che esordirà nel 2000. Da qua in avanti i caratteri non sono più legati ad alcun particolare dispositivo, ossia sono dispositivi per qualunque tipo di stampa, a qualunque risoluzione, iniziano anche a cambiare i metodi di progettazione. Il disegno ormai diventava un passaggio alternativo. Il ducts calligrafico e la tipografia (pag.120-127 ) La forma dei caratteri tipografici è influenzata in modo decisivo dalla prassi esecutiva delle scritture manuali. 11 Uno degli elementi esecutivi delle scritture manuali che ha lascito- letteralmente- la sua traccia nei caratteri tipografici è il ductus calligrafico. Il ductus “dal latino “condurre) è il numero, la sequenza e la direzione dei tratti di un carattere. Lo studio del ductus è di fondamentale importanza per l’apprendimento della calligrafia e per lo studio delle scritture manuali antiche, ma è utile anche per comprendere la ragione di alcuni aspetti formali dei caratteri tipografici modulari, come la presenza di tratti pieni e sotto secondo un certo “ritmo”. - Scrittura semantica (di Marco Giovenale) Di una scrittura asemantica o asemica (asemic writing, in inglese) è lecito parlare come di una sorta di linguaggio disturbato, interrotto, spezzato davanti allo sguardo de lettore un momento prima dell’approdo al significato. Seconda parte pag. (128-) Riconoscere i caratteri (pag.128-131 ) La classificazione dei caratteri è abbastanza complicato, in particolare nei ultimi anni, in quanto la “rivoluzione digitale” ha infatti provocato una brusca accelerazione nella disseminazione della tipografia. Questa tipografia eccellente è fatta di caratteri consapevolmente progettati. A cosa serve la classificazione dei caratteri ? Ci serve sia nella didattica sia nella pratica quotidiana, professionale e non. La tipografia inoltre anche essa rappresenta un patrimonio storico che manifesta tutti gli ambiti dell’invenzione umana. Una buona classificazione ci aiuterà a distinguere- passo dopo passo- forme, dettagli, “atmosfere visive”, altrimenti non percepibili consapevolmente. La storia della classificazione dei caratteri è ricca di interesse. Ciascuna di esse è l’espressione di un preciso punto di vista concettuale ed estetico, di un periodo storico, di esigenze pratiche connesse alla tecnologia tipografica del momento. Classificare i caratteri (pag.132-155) - La classificazione dei caratteri di Thibaudeau Tra i primi esempi di classificazione dei caratteri tipografici vi è quella di Francis Thibaudeau (1860-1925). Presentata fra il 1921 e il 1924, si basa sulla presenza o assenza delle grazie e, se presenti, sull’osservazione delle caratteristiche di tali elementi. Consiste in quattro gruppi principali di lettere: Antiques (Lineari), E’gyptiennes (con due sottogruppi), Romain Elzévir (con sei sottogruppi), 12 classificazione di Vox, con l’obiettivo di includere quelle forme difficilmente classificabili di molti caratteri dell’epoca digitale. - 1. Umanistici i primi caratteri mobili vennero realizzati in Germania nella metà del 1400; il loro disegno si ispira alla scrittura manuale “gotica” in uso in quell’area culturale. - 2. Romani antichi (o Rinascimentali) I prototipi storici sono i tondi e i corsivi rinascimentali elaborati a Venezia e a Parigi. Non più così calligrafico, anche perché lo sviluppo delle tecniche di incisione e di stampa permettono transizioni più fluide e dettagli più sottili. - 3. Transizionali Nel lungo periodo di “transizione” che va all’incirca dall’epoca di Garamont ( metà del XVI sec.) alla comparsa dei Romani moderni (seconda metà del XVIII sec.) assistiamo a continue risposte del modello dei Romani antichi, ma con differenze significative nel corso del tempo. A) Transizionali >Manieristi La tipografica manierista inaugura l’uso del tondo e del corsivo nella stessa pagina ( ma di rado nella stessa riga di testo), così come l’introduzione di maiuscole inclinate insieme al minuscolo corsivo. Quest’ultimo ha spesso un’impronta “cancelleresca” tendente al decoratissimo nei tratti allungati, presenti anche nei caratteri in corpo grande da titoli. B) Transizionali >Barocchi Nei prototipi del XVII- inizi del XVIII secolo continua il gioco delle variazioni sul tema dei Romani antichi. L’asse del carattere può variare tra una lettera e l’altra, le lettere sono più disegnate che scritte, grazie e tratti sono modulati in un dialogo di forme in contrasto. Si stabilisce l’uso del tondo e del corsivo sulla stessa riga di testo. C) Transizionali > Neoclassici L’estatica neoclassica è connessa alla cultura razionalista e illuminista. Nelle lettere neoclassiche si può ancora scorgere un’eco del segno della penna a punta larga, ma costretta a un asse verticale (o razionalista) e importata a una rigorosa solidità costruttiva. - 4. Romani moderni (o protoromantici) 15 La definizione di “Romantici” si basa sull’osservazione del nuovo, forte contrasto che viene introdotto nei segni alfabetici, assimilato a una delle tematiche del romanticismo. - 5. Nuovi transizionali Caratteri ispirati a prototipi perlopiù ottocenteschi, meno contrasti e con minori dettagli rispetto ai Romani moderni. Le nuove esigenze di comunicazione della nascente civiltà industriale, particolarmente nella stampa di quotidiani, a partire dagli inizi del XIX secolo impongono alte tirature, carta di qualità inferiore, forte impatto visivo dei caratteri a scapito della qualità inferiore, forte impatto visivo dei caratteri a scapito della qualità e finezza del disegno, colore tipografico più marcato. - 6. Egiziani I caratteri Egiziani prendono il nome dall’interesse per l’Egitto suscitato dalla campagna napoleonica del 1798 -1801. I loro prototipi sono caratteri ispirati a forme storiche ma semplificati nel disegno, adatti anch’essi, come i Nuovi Transizionali, alle nuove esigenze di comunicazione del XIX secolo. Uno dei primi esempi di questo genere viene disegnato dall’inglese Vincent Figgins nel 1815 col nome di Antique. Gli Egiziani si dividono sostanzialmente in egiziani inglesi e francesi - 7. Lineari Si suddividono in quattro sottogruppi A) Lineari grotteschi (o Benton) Per il nome “grotteschi” si veda sull’origine dei lineari (p.111) Sono detti anche “Benton” dal nome di Morris Fuller Benton, che ne disegnò diversi prototipi, in particolare il Franklin Gothic. B) Lineari neogrotteschi I Lineari neogrotteschi si diffondono dagli anni Cinquanta del Novecento, particolarmente grazie alla scuola svizzera di design con caratteri emblematici com l’Univers e l’Helvetica. C) Lineari umanistici 16 Benché privi di grazie, presentano tratti finemente modulati e, in genere, reminiscenze della scrittura manuale, calligrafica o epigrafica; le maiuscole sono speso improntate alla “proporzione antica”. Sono caratteri che mitigano l’essenzialità tipica dei lineari, con un comfort di lettura talvolta adatto anche a testi di una certa lunghezza. D) Lineari geometrici Traggono origine dai movimenti funzionali e modernisti della prima metà del Novecento. Ne abbiamo traccia per esempio negli alfabeti sperimentali della Bauhaus, peraltro mai commercializzati. Caratteri generalmente disegnati piuttosto che scritti, sono basati su forme geometriche disegnati come il cerchio, rettangolo, il quadrato. -8. Lapidari I caratteri tipografici di questo gruppo si ispirano alla scrittura manuale incisa o epigrafica. Impossibile individuare elementi distintivi univoci: possono avere grazie o non averne, essere più o meno contrastati eccetera; quel che dobbiamo intuire è lo strumento e il materiale dei loro modelli. Spesso esistono soltanto nella versione maiuscola (o maiuscoletta), almeno nelle intenzioni originarie. - 9. Calligrafici I calligrafici si ispirano alla scrittura manuale di ogni tempo, ma eseguita in calligrafia o lettering. Anche questi caratteri richiedono che si percepisca il materiale (papiro, carta, pergamena, superficie muraria eccetera) e gli strumenti (penna, calamo, pennello, pennino, pennarello) con cui vennero eseguiti i loro modelli di riferimento. L’ora tipografica di Beppe Chia (pag. 159-163) - Scegliere i caratteri Non scegliamo un carattere “per” un progetto come se la tipografia fosse un accessorio intercambiabile e del tutto marginale: il carattere è - quanto meno- “nel” progetto; di certo lo condiziona. Uno dei “campioni” della pretesa tipografica neutrale - l’Helvetica- ha in realtà un “DNA progettuale” forte, capace di condizionare molti elementi, a cominciare dallo spazio intorno a sé; il suo amplissimo uso, attuato per molti decenni, ha determinato una sua “fenomenologia visiva” assai vasta e altrettanto dibattuta. Per scegliere un font dobbiamo farci cinque domande: - qual è il messaggio da trasmettere ? - a chi è destinato il messaggio? - quale sarà il “tempo di lettura”? - quali mezzi di comunicazione userà? - quali sono le risorse economiche e il tempo che ho a disposizione ? 17