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Riassunto "La gestione della classe per l'inclusione", Sintesi del corso di Pedagogia

Riassunto del libro presente in bibliografia per l'esame di Pedagogia Speciale con il prof. d'Alonzo a.a. 2021-2022

Tipologia: Sintesi del corso

2021/2022

In vendita dal 09/07/2022

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Scarica Riassunto "La gestione della classe per l'inclusione" e più Sintesi del corso in PDF di Pedagogia solo su Docsity! Francesca Beia Pedagogia Speciale - Prof. D’Alonzo A.a. 2021-2022 1 INTRODUZIONE La nostra è certamente una società complessa e difficile. I requisiti minimi per accedervi ed essere accolti stanno aumentando. Le conoscenze richieste sono sempre più raffinate sul piano cognitivo: occorre sapere tanto, essere molto abili, relazionarsi con gli altri in modo efficace. La società affida alla scuola il compito di preparare le nuove generazioni, delega agli insegnanti l’importante missione di provvedere a rendere le persone capaci di inserirsi con efficacia nel mondo civilizzato odierno. È un compito arduo e assai difficile: i tempi cambiano velocemente, le tecnologie sempre più sofisticate mutano in modo repentino, le conoscenze hanno bisogno di essere continuamente riviste. Gli insegnanti devono, così, rispondere a queste esigenze e, non possono rinunciare al bisogno di aggiornamento continuo, di rinnovamento quotidiano del sapere. La scuola, però, ha anche il compito di educare gli allievi a diventare persone capaci di esprimere in piena maturità le proprie potenzialità, che non sono solo di ordine cognitivo, ma anche affettivo e sociale. Essa ha anche il compito di educare e di preparare tutti gli allievi. In Italia, da oltre 40 anni, è in atto l’esperienza di un modello pedagogico integrato che offre l’opportunità ad ogni allievo in età evolutiva di accedere al servizio scolastico senza preclusioni di età, di sesso, di razza e di deficit. Si è capita in Italia l’importanza di attuare, in classe e a scuola, processi formativi basati sulla convivenza sociale e relazionale. La situazione in Italia permette anche al soggetto grave sul piano cognitivo di poter accedere ai normali percorsi scolastici; offre l’opportunità a chiunque di poter effettuare le proprie esperienze nella normalità, in un ambiente scolastico comune, tanto che è lecito a mio avviso sostenere che la preoccupazione odierna degli insegnanti non sia più la presenza in classe dei soggetti con disabilità, ma la conduzione di tutti quegli allievi che non hanno deficit, ma che spesso sono di difficile gestione a scuola. Il contributo di D’Alonzo rivede ed amplia il saggio: “Gestire le integrazioni a scuola”. La corretta gestione del gruppo è, infatti, la condizione fondamentale per costruire il progetto formativo volto a sostenere e potenziare le abilità ci ciascun allievo presente in aula. CAPITOLO PRIMO: IL CAMMINO VERSO L’INCLUSIONE La vita in classe è per molti allievi l’unica opportunità per incontrare compagni, amici e educatori capaci di arricchire il loro bagaglio umano e sociale. I ragazzi problematici hanno bisogno degli altri per poter maturare abilità e potenzialità. La famiglia è certamente importante per la vita di ogni persona, ma la famiglia non basta; occorre che ogni persona in età evolutiva viva esperienze relazionali intense anche al di fuori di essa; perciò, è necessario che ogni soggetto vada a scuola. L’istituzione scolastica assume nella società contemporanea un ruolo e un’importanza fondamentali, non è solamente depositaria del patrimonio culturale della nostra civiltà, ma rappresenta anche un contesto formativo indispensabile per la crescita personale e sociale della persona. È a scuola che la persona con problemi cognitivi “nasce due volte”. Ha bisogno di nascere due volte per diventare un uomo: una prima volta quando viene alla luce, come tutti, e una seconda volta quando il deficit viene conosciuto e affrontato dagli altri in modo opportuno e con amore. Per nascere davvero ha necessità di entrare e di integrarsi in un’agenzia educativa istituzionale come la scuola. È solo in questo ambiente formativo che può trovare quelle risposte fondamentali e competenti in grado di proiettarlo con dignità nel mondo, è unicamente a scuola che può nascere una seconda volta. Francesca Beia Pedagogia Speciale - Prof. D’Alonzo A.a. 2021-2022 2 1. Il valore dell’esperienza educativa scolastica Al giorno d’oggi l’istituzione scolastica non rappresenta più la fonte primaria della trasmissione del sapere: altre agenzie stanno insidiandole questo ruolo; lo possiamo riscontrare dall’enorme crescita dell’offerta formativa dell’extrascolastico; sul mercato della formazione abbiamo corsi di ogni genere in quanto ricchissimo di opportunità. Se il mercato fiorisce, significa, conseguentemente, che la domanda cresce e ciò può dipendere dal fatto che molte famiglie considerano l’offerta del piano formativo della scuola italiana non più sufficiente a garantire, per i propri figli, un futuro adeguato: occorre qualcosa di specifico, di completo. D’Alonzo sostiene però che solo in essa il disabile può trovare risposte corrette e opportunità formative idonee alle sue esigenze, a contatto con adulti e coetanei capaci di metterlo nelle condizioni di progredire nel suo sviluppo e di realizzare una vita sociale affettiva e culturale ricca e forte. L’esperienza scolastica italiana di accoglienza delle persone con deficit ha, ormai, molti anni alle spalle, non possiamo non riconoscere il cammino che il nostro paese ha intrapreso nell’offrire opportunità di crescita fondamentali anche alle persone più diverse di tutti, come soggetti con deficit intellettivo. Il disabile ha fatto paura per secoli, il “minorato” è stato quasi sempre escluso dalla società, dalla lista delle persone “normali”, è relativamente da poco tempo che abbiamo accettato il diritto di queste persone di vivere in contesti educativi comuni, dove la norma non sia l’eccezione, ma la regola. Non sono trascorsi molti decenni da quando, a chi presentava dei deficit, erano precluse esperienze educative nelle scuole regolari. È con la legge 517 del 1977 che finalmente venne sancito il diritto della persona con disabilità di frequentare classi comuni. Lo stato italiano affermava ufficialmente che la persona con problemi aveva il diritto di essere integrata nelle nostre istituzioni educative senza preclusioni. L’istituzione speciale e la classe differenziale vennero abbandonate per far posto ad un modello pedagogico che dava l’opportunità di promuovere la maturazione dell’individuo all’interno di un processo formativo normale. Per fortuna il nostro Paese ha capito, prima di molti altri stati occidentali che il soggetto con disabilità ha diritto all’inclusione nella società. 2. La presenza della persona con disabilità L’inserimento nelle classi del soggetto con disabilità ha postulato che la scuola stessa dovesse non solo accettare tale novità, ma anche agire, promuovere, ideare un nuovo modello educativo didattico capace di far fronte ai grandissimi problemi che tale novità comportava. La scuola ha imparato non solo ad accettare ed accogliere l’allievo con deficit, ma ha aperto necessariamente le porte ai contributi esterni, ha appreso a dialogare con medici, psichiatri e specialisti della riabilitazione, innestando un processo di costruzione unitaria di percorsi educativi e riabilitativi e di comunicazione multidisciplinare e plurispecialistica, che ha enormemente aiutato la maturazione dell’istituzione educativa. L’inserimento stesso nel gruppo classe ha costretto gli insegnanti a promuovere un radicale cambiamento nel modello didattico tradizionale, la didattica classica ha lasciato il passo a metodi di insegnamento molto più attenti ai bisogni della persona, in grado di corrispondere effettivamente alle esigenze degli allievi. L’inclusione della persona con disabilità ha favorito, inoltre, l’abbattimento di un altro muro nel nostro modello scolastico, quello della incomunicabilità fra docenti. Si è capito che è irragionevole ostacolare la collaborazione in campo educativo e affrontare i problemi senza collegamenti ed unità d’intenti fra insegnanti. Si parla di teams, di gruppo docente. Si opera in modo competente e significativo solamente programmando in gruppo ed operando in modo condiviso con gli allievi, non solo all’interno di una classe, ma più globalmente anche a livello di plesso scolastico. L’introduzione della figura dell’insegnante di sostegno ha sollecitato questo processo innovativo che ha permesso alla scuola italiana di procedere spedita verso obiettivi ambiziosi. Francesca Beia Pedagogia Speciale - Prof. D’Alonzo A.a. 2021-2022 5 5. Gestire bene la classe per includere tutti La classe che ha successo nell’inclusione dei suoi allievi è una classe che è predisposta ad accettare le necessità personali, ma, soprattutto, sa accogliere tutte le diversità e incontrare i bisogni di ogni alunno. La scuola e soprattutto la scuola italiana, la quale ha già compiuto un lungo percorso di maturazione educativa e didattica, è chiamata a un ulteriore passo innovativo sulla visione pedagogica della diversità: ogni singolo ragazzo porta i suoi specifici bisogni che devono essere riconosciuti, accettati e ai quali occorre rispondere. La classe deve essere progettata come luogo educativo di incontro dei bisogni di tutti i suoi componimenti, poiché l’inclusione non è questione che emerga solamente quando viene inserito un soggetto con disabilità, ma deve rappresentare un modello formativo capace di rispondere con significatività alle esigenze specifiche di ogni studente. Questo modello pedagogico richiede la pianificazione della vita di classe e delle opportunità formative ed è volto a creare un clima educativo efficace. Considera pilastri indispensabili su cui costruire un processo educativo valido per tutti gli allievi questi aspetti: 1. Mettere in evidenza i bisogni e non le limitazioni 2. Scegliere di operare primariamente sulle risorse dell’individuo 3. Considerare il momento dell’accoglienza un aspetto prioritario 4. Sollecitare la partecipazione 5. Tenere presenti i fini ultimi dell’azione educativa L’allievo con disabilità non è un individuo di secondo livello, ma è una persona e come tale occorre considerarlo. Come tutti, chiede che i suoi bisogni vengano presi in considerazione dall’ambiente socioaffettivo di riferimento; soprattutto come tutti ha urgenza che tali bisogni vengano soddisfatti. Operare sulle loro risorse è un imperativo e gli educatori hanno il dovere di credere fermamente nelle possibilità di crescita dei loro ragazzi. È assolutamente importante programmare un’azione educativa che tenga in considerazione principalmente le risorse dell’individuo. Ruolo importante è quello del senso di autoefficacia che gioca nello sviluppo umano: esso rappresenta un costrutto personale molto delicato che richiede attenzione costante da parte degli educatori. Bandura sostiene che il senso di autoefficacia si riferisce alla convinzione nelle proprie capacità di organizzare e realizzare il corso di azioni necessario a gestire adeguatamente le situazioni che si incontreranno in modo da raggiungere i risultati prefissati. Le convinzioni di efficacia influenzano il modo in cui le persone pensano, si sentono, trovano le fonti di motivazione personale e agiscono. Anche il soggetto con disabilità, come tutti, ha bisogno di percepirsi come persona valida e capace. Secondo Bandura, inoltre, per il costrutto di autoefficacia sono molto importanti le fonti dalle quali l’allievo può ricavare indicazioni opportune circa la propria visione di sé. Egli ne enuclea essenzialmente 4: 1. Le performance: la fonte principale a disposizione dell’individuo per poter comprendere se si è o meno capaci; le prestazioni pratiche, i compiti eseguiti correttamente, i lavori realizzati con cura. 2. L’esperienza vicaria: ossia la capacità dell’individuo di operare nel mondo seguendo fedelmente modelli di comportamento altrui. 3. Le persuasioni verbali: le parole, i discorsi che persone a noi care ci rivolgono nell’arco della vita, con l’obiettivo di indicarci il cammino esatto per raggiungere una meta importante. 4. Gli stati emotivi: sono importanti in quanto un soggetto debole è condizionato dai suoi umori e dalle sue ansie, può rischiare di avere una visione inadeguata di sé. Francesca Beia Pedagogia Speciale - Prof. D’Alonzo A.a. 2021-2022 6 Ne deriva la necessità di ogni allievo, soprattutto se problematico sul piano cognitivo o personale, possa trovare un’accoglienza educativa ed affettiva tale da ingenerare in lui un autentico benessere individuale per affrontare le esperienze e le attività richieste con serenità. L’allievo deve sentire di essere parte di un gruppo di lavoro dove anche lui può, anzi deve, apportare il suo contributo. CAPITOLO SECONDO: LA GESTIONE DELLA CLASSE Nelle nostre scuole occorre fare un salto di qualità sul piano inclusivo. Gli insegnanti hanno tutte le abilità per affrontare una nuova sfida educativa poiché in questi anni il loro bagaglio di conoscenze si è arricchito enormemente rispetto al passato; non a caso l’iter formativo per diventare insegnante e educatore è lungo, difficile e sarà sempre più complesso. Emerge il problema di come favorire l’inclusione, di come agire, cioè, per impostare una vita di gruppo atta a soddisfare le esigenze specifiche di ogni ragazzo presente in aula: è questo il tema dell’efficace conduzione della classe, della gestione educativo-didattica di un gruppo di allievi. Le ricerche ci dicono come la conduzione della classe sia il fattore che più influenza l’apprendimento e la maturazione personale degli allievi. Nei nostri gruppi possiamo oggigiorno trovare studenti senza apparenti difficoltà insieme ad altri con problematiche comportamentali marcate: ragazzi a disagio sul piano esistenziale, figli di genitori separati o divorziati, bambini con esperienze di assunzione di droghe o alcool, soggetti con disabilità. La famiglia è scossa pesantemente da forme di aggregazione e riaggregazione, divorzi, separazioni, coppie di fatto, convivenze che rischiano di sconvolgere l’intera società. Sembra che non riesca più ad essere il collante della società civile. Di fronte a questa situazione emerge l’importanza della scuola o, meglio, l’importanza della vita e del clima educativo che si instaura in classe, delle relazioni interpersonali che permeano i processi di apprendimento. L’esperienza scolastica non può essere ininfluente nella vita degli studenti che trascorrono gran parte della loro esistenza più con gli insegnanti che con i loro genitori. Ci si domanda quali siano gli studi, le ricerche, le teorie pubblicati sul tema “gestione della classe”. 1. Jacob Kounin Fu il primo ricercatore a presentare una dettagliata analisi degli effetti che determinati atteggiamenti dell’insegnante hanno sui comportamenti degli studenti nelle classi. Egli riteneva che vi fossero profonde differenze nelle modalità relazionali e comportamentali fra insegnanti generalmente ritenuti capaci del condurre le loro classi, e docenti che dimostravano, invece, di non riuscire a gestire in modo efficace un gruppo di allievi. Ipotizzava che gli insegnanti più capaci mettessero in gioco alcune specifiche abilità per mantenere una disciplina di gruppo in grado di favorire i processi di apprendimento degli allievi. Strumento fondamentale per Kounin fu l’utilizzo della telecamera per registrare la vita in aula di molti docenti; furono così filmate centinaia di classi e videoregistrate parecchie migliaia di ore di lezione. Si rese conto che le sue idee sulle abilità degli insegnanti circa la conduzione della classe dovevano essere riviste. Cercava di verificare i metodi che gli insegnanti utilizzavano generalmente e non solo quando si verificavano un fatto o un atteggiamento deprecabili. Riuscì a capire che gli insegnanti capaci di gestire una classe, quelli bravi, in grado di condurre un gruppo di allievi a risultati eccelsi sul piano degli apprendimenti, dimostravano di saper attivare specifiche abilità atte a prevenire atteggiamenti problematici da parte degli studenti. A differenza degli insegnanti che dimostravano di avere molte difficoltà nel controllo disciplinare, gli insegnanti validi utilizzavano svariate tecniche metodologiche volte a promuovere atteggiamenti idonei, anziché reprimere i comportamenti inadeguati. Francesca Beia Pedagogia Speciale - Prof. D’Alonzo A.a. 2021-2022 7 Gli allievi erano sollecitati continuamente ad essere attivi promotori del proprio lavoro così che raramente dai filmati i ragazzi sembravano annoiati e in ozio; le attività cambiavano spesso. Inoltre, questi insegnanti preparavano per i singoli allievi specifici piani di lavoro da realizzare individualmente, raramente sfuggiva alla loro attenzione qualcosa che potesse creare malessere nel singolo soggetto o nel gruppo. Kounin dedusse quali fossero le tecniche più efficaci a garantire una conduzione educativa della classe: • Conoscere sempre cosa succede in classe • Capire l’attenzione con impeto iniziale e consolidarla con la scorrevolezza e la continuità • Sapere utilizzare appropriatamente “l’effetto onda” • Condurre più attività contemporaneamente • Strutturare il programma in modo da impegnare sempre gli allievi 1.1 Conoscere sempre che cosa succede in classe Kounin capì, dopo aver visionato l’enorme mole di materiale audiovisivo a disposizione, che gli insegnanti erano sempre a conoscenza di ciò che avveniva in aula e, in ogni momento, erano perfettamente consapevoli di ciò che accadeva nel gruppo. Questa attitudine permette all’insegnante di poter operare preventivamente intervenendo immediatamente di fronte a un comportamento a rischio e l’atteggiamento educativo più efficace in quel determinato istante. Egli determinò questa abilità con il termine withitness (essere dentro), chiarendo anche gli aspetti che concorrono maggiormente alla sua efficacia sul piano educativo. Il primo riguarda l’abilità di sapere individuare esattamente l’allievo che sta agendo in modo non conforme. Spesso si creano situazioni molto imbarazzanti in classe quando di fronte a comportamenti problematici l’intervento del docente non mostra di saper individuare effettivamente il responsabile, ciò viene immediatamente avvertito come debolezza. Una seconda caratteristica relativa all’abilità di essere addentro agli accadimenti in aula è riuscire a intervenire immediatamente. L’educatore capace sa intervenire con giudizio, riesce a leggere la situazione relazionale critica e opera preventivamente per scongiurare ulteriori conseguenze negative. 1.2 Carpire l’attenzione con impeto iniziale e consolidarla con la scorrevolezza continua Kounin riuscì a comprendere che l’insegnamento più efficace era messo in atto da quei docenti che ghermivano fin dai primi momenti l’attenzione degli allievi con una proposta educativa forte sul piano motivazionale. Un nuovo argomento era presentato con un trasporto e un entusiasmo tali che inevitabilmente gli studenti venivano affascinati e motivati all’apprendimento. Non solo, ma tale “impeto” motivante non era abbandonato nel tempo. Il tempo in queste classi scorreva serenamente, l’argomento affrontato era gestito in modo continuativo senza interruzioni. Kounin chiamò questa abilità nel condurre un processo di apprendimento efficace momentum and smoothness, tradotto: “slancio e scorrevolezza”, termini molto chiari per sottolineare l’opportunità che una situazione d’apprendimento sia fecondata dall’atteggiamento iniziale vivace e attivo dell’insegnante e condotta alla conclusione con serenità e fluidità, senza fastidiose interruzioni nelle attività, o salti di programma e assenza di ritmo. È deleterio sul piano motivazionale, ad esempio, introdurre un nuovo argomento da affrontare frettolosamente, oppure, mentre i ragazzi sono occupati ad affrontare un’attività, improvvisamente, distogliere la loro attenzione chiedendo ad alta voce una notizia non attinente all’argomento affrontato. 1.3 Sapere utilizzare appropriatamente “l’effetto onda” Kounin si rese conto di quanto sia efficace, sul piano della gestione educativa della classe, utilizzare ciò che lui chiama ripple effect, ossia effetto onda. Gli insegnanti più capaci non hanno remore nell’adottare la tecnica di reprimere preventivamente un atteggiamento, o un comportamento ritenuto giustamente inappropriato, ammonendo l’allievo responsabile allo scopo di far capire la “lezione” impartita a tutti gli altri allievi. La ripple effect è molto efficace nella scuola dell’obbligo, dove i bambini possono essere condizionati in modo deciso da un atteggiamento risoluto dell’insegnante nei confronti di un compagno. Francesca Beia Pedagogia Speciale - Prof. D’Alonzo A.a. 2021-2022 10 essere sottoposto a continue manifestazioni di ingiustizia. Pensa che gli altri intenzionalmente vogliono ferirlo e di conseguenza la vendetta diviene un atteggiamento doveroso. La vendetta è una giustificazione utile per rivendicare un ruolo. Quando tale sentimento decade, quando il soggetto capisce che anche questa strategia non è adeguata, in quanto rimane sempre e comunque isolato nella sua battaglia contro il mondo e privo di riconoscimento sociale, ecco che allora, improvvisamente, può cadere nello sconforto più profondo e porta il soggetto a non lottare più e vivere la propria esistenza mostrando semplicemente la sua inadeguatezza. 2.4 Esibire inadeguatezza L’allievo avvilito per i suoi risultati negativi si isola ritenendo che in questo modo gli altri non lo disturberanno e lo accetteranno almeno per quello che è. La sua inadeguatezza esibita può essere una carta efficace per trovare posto in un ambiente sociale difficile ed ostile. Il ruolo del docente è molto delicato: può essere d’aiuto alla persona, come può concorrere ad incrementare nell’allievo atteggiamenti e comportamenti inadeguati. Infatti, per Dreikurs, esistono sostanzialmente tre diverse tipologie di insegnanti che condizionano pesantemente le reazioni degli allievi in classe: • Insegnante autocratico • Insegnante permissivo • Insegnante democratico Sia quello autocratico che quello permissivo sono molto validi, ma inadatti a comprendere le vere esigenze dei soggetti in età evolutiva. Quello democratico, invece, imposta una vita di classe basata sul rispetto personale e sulla condivisione partecipata delle regole di convivenza civile, in cui i ragazzi sono favoriti nel raggiungimento del senso di appartenenza. Dreikurs suggerisce delle strategie capaci di corrispondere al bisogno di appartenenza degli allievi che attuano azioni scorrette in classe: 1. Innanzitutto, occorre comprendere l’atteggiamento errato. Interpretare permette all’insegnante di assumere strategie educative efficaci per modificare eventuali atteggiamenti scorretti. Bisogna parlare con l’allievo, spiegando il disagio nei confronti dei suoi atteggiamenti negativi assunti, chiedendo le ragioni e aiutarlo a comprendere meglio le sue azioni. 2. Un’altra strategia è quella di rendere esplicite all’alunno le ragioni recondite del suo atteggiamento scorretto. Non sono rari i casi in cui i ragazzi di fronte a un richiamo di responsabilità per un atto scorretto commesso respingono gli approcci degli insegnanti al dialogo. In questo caso si cerca di continuare a ricercare un rapporto, un dialogo, in modo da convincerlo a recedere dal suo arroccamento; a questo punto l’insegnante deve comunicare la vera ragione del comportamento inadeguato. 3. L’educatore può interpretare l’atteggiamento comportamentale negativo in classe utilizzando due modalità: la prima propone che lo stesso insegnante controlli attentamente le proprie reazioni, i propri stati emotivi. La seconda modalità è di osservare le reazioni dello studente (→). 4. Occorre evitare di entrare in lotta con l’allievo. Si evita così di rinforzare ulteriori espressioni personali assai pericolose. Le escalation possono essere accese con conseguenze negative, il comportamento ignorato può, invece, calmare una situazione a rischio evitando di essere alimentato dalla reazione dell’insegnante. 5. Spesso il metodo di ignorare l’atteggiamento scorretto dell’allievo non funziona. In questi casi l’educatore può adottare una strategia: trasferire la contesa a due, ingenerata dall’allievo problematico, in un confronto Francesca Beia Pedagogia Speciale - Prof. D’Alonzo A.a. 2021-2022 11 diretto con l’intero gruppo. Se la classe è compatta può attutire in breve tempo le intenzioni provocatorie del soggetto. 6. L’insegnante non deve mai scoraggiarsi di fronte a questi atteggiamenti, ma insistere nel mantenere un indirizzo educativo capace di valorizzare sempre l’allievo, anche quello più difficile. 7. Infine, occorre evidenziare il ruolo dell’incoraggiamento nei confronti dei ragazzi che mostrano palesemente la loro inadeguatezza. Per aiutare questi studenti gli insegnanti devono mostrare un vivo interesse per la loro persona. Chi cade nell’inadeguatezza può anche essere un allievo molto ansioso incapace di far fronte alle pressioni di un ambiente scolastico. È importante, perciò, che gli insegnati si attivino con questi ragazzo in modo da non mostrare mai irritazione nei loro confronti, ma sostegno e supporto personale reale. 2.5 Incoraggiamenti ed elogi Dreikurs annette grande importanza al ruolo che in una relazione educativa possono assumere gli incoraggiamenti dell’insegnante. Lui suggerisce le seguenti strategie per incoraggiare gli studenti: • Essere sempre positivi; evitare commenti negativi • Incoraggiare gli studenti all’impegno per la crescita personale • Incoraggiare lo sforzo • Enfatizzare le qualità espresse • Insegnare agli studenti ad apprendere gli errori • Enfatizzare il fatto che gli sbagli non sono fallimenti • Sollecitare la motivazione intrinseca • Incoraggiare l’indipendenza • Mostrare agli studenti di credere nelle loro abilità • Offrire sostegni per superare gli ostacoli • Incoraggiarli ad aiutare i compagni in difficoltà • Inviare note positive a casa • Mostrare orgoglio per il lavoro eseguito dagli studenti • Essere ottimisti ed entusiasti • Cercare di programmare situazioni che garantiscono successo per tutti • Usare spesso frasi incoraggianti Gli elogi sono differenti dagli incoraggiamenti: mentre questi si focalizzano sull’impegno profuso dall’allievo, gli elogi sottolineano il valore del risultato ottenuto. Hanno per Dreikurs il grosso rischio di comunicare al soggetto che quanto ha valore, alla fine, è solamente la riuscita nel compito richiesto. Come conseguenza diretta una demotivazione fortissima a proseguire con il medesimo impegno. 2.6 Conseguenze logiche L’insegnante deve fin dai primi approcci con la classe operare positivamente in modo da favorire un clima relazionale incoraggiante nel rispetto delle regole. Ciò significa operare democraticamente facendo di tutto per aiutare i soggetti più difficili. I ragazzi devono saper fin da subito che il comportamento inadeguato o scorretto comporterà delle conseguenze spiacevoli non per volontà arbitraria del docente, ma per una loro precisa responsabilità personale. Le conseguenze logiche non sono sinonimo di “punizione”; infatti, devono essere condivise e addirittura approvate preliminarmente dagli allievi. Il concorso alla loro stesura da parte degli stessi studenti è fondamentale. Francesca Beia Pedagogia Speciale - Prof. D’Alonzo A.a. 2021-2022 12 3. William Glasser Si interessò alle questioni educative. Le sue tesi presero avvio dalla constatazione che occorre operare con le persone nel presente, nel reale, facendo leva sul principio che esse sono le sole responsabili del loro comportamento. Quindi, si possono aiutare gli allievi a modificare i loro atteggiamenti negativi a scuola se incompatibili con le regole, sollecitandoli a prendere coscienza della realtà e delle loro responsabilità attraverso un cammino relazionale che Glasser descrive in modo analitico. Innanzitutto, l’insegnante deve aiutare l’allievo a identificare il comportamento inadeguato. Quando un ragazzo viola con il suo atteggiamento una regola di vita sociale, occorre operare in modo che egli stesso si renda conto del suo operare errato. Glasser sostiene che occorre, primariamente, condurre al riconoscimento dell’azione riprovevole, evitando, però, di richiedere le motivazioni del gesto, i perché dell’atteggiamento sconveniente. Secondariamente, è necessario aiutare l’educando a capire le conseguenze delle azioni commesse. L’insegnante non deve essere invasivo, ma accompagnare con domande appropriate la presa di coscienza delle inevitabili ripercussioni, dei risvolti anche pesanti che possono provenire dagli atteggiamenti e dai comportamenti messi in atto. Una tappa ulteriore di questo processo deve aiutare l’allievo a prendere posizione, a giudicare l’azione commessa. È l’educando che deve arrivare a vagliare la sua azione, non l’insegnante, il cui compito rimane marginale rispetto al processo di assunzione di responsabilità. Infine, l’ultima tappa di questo cammino riguarda la pianificazione di una condotta che eviti il ripetersi di determinati comportamenti inadeguati. Anche in questo frangente, è l’allievo che deve assumersi le sue responsabilità in prima persona. È certamente una fase difficile che ha bisogno di essere sostenuta dall’insegnante il quale offrirà fiducia al ragazzo e non deplorerà la sua condotta. Ma Glasser non si limita a sollecitare una relazione educatore-educando efficace, suggerisce altri metodi pedagogici, come, ad esempio, the classroom meetings, le riunioni di classe. In questi incontri l’insegnante non deve mai punire o biasimare l’atteggiamento degli allievi, ma veicolare direttive, consigli e soluzioni comportamentali. Con il 1985 abbiamo un’evoluzione del pensiero di Glasser. Prima di questa data, infatti, dipinge la scuola come un posto relativamente sereno che provvede a strutturare opportunità per gli studenti. Successivamente il suo pensiero muta: la realtà era ed è molto più articolata e gravosa, i problemi comportamentali e motivazionali condizionano pesantemente la vita della scuola e non possono essere certamente risolti proponendo i principi educativi che in un primo periodo propagandava. Lo sviluppo della società richiede obbligatoriamente alla scuola un rinnovamento marcato nei metodi e nelle direttive pedagogiche di riferimento. I comportamenti degli studenti, sempre più a rischio di devianza, incuranti delle regole e poco rispettosi dell’autorità, necessitano di essere gestiti con gli altri stili didattici, con inedite strategie educative. Non è più possibile portare avanti un modello educativo-didattico dove una minima percentuale di studenti raggiunge un livello elevato di obiettivi dell’apprendimento. La stragrande maggioranza degli allievi non è motivata dall’apprendimento e non si impegna affatto a raggiungere mete eccelse; è la stessa scuola che induce questi studenti a non impegnarsi, a non espandere le loro competenze, a non sviluppare le qualità personali. È necessario cambiare il modo di “fare scuola”, bisogna modificare i tradizionali curricoli, troppo poco ancorati alla realtà, incapaci di suscitare un interesse reale negli allievi. I bisogni fondamentali evidenziati da Glasser sono 5: 1. Il bisogno di sopravvivenza: legato più alle necessità fisiologiche, come il cibo, l’acqua ecc. Francesca Beia Pedagogia Speciale - Prof. D’Alonzo A.a. 2021-2022 15 Loro hanno bisogno di risposte competenti sul piano educativo per far sì che i loro bisogni siano soddisfatti; tali bisogni sono sostanzialmente di tre tipi. Innanzitutto, questi allievi possono avere necessità di ricevere attenzioni straordinarie da parte dei propri insegnanti. Spesso sono ragazzi lasciati a loro stessi e raramente incontrano adulti capaci di offrire loro attenzioni necessarie. In secondo luogo, i soggetti difficili possono avere un bisogno di contenimento intenso. Privi di regole, incapaci di gestire le proprie emozioni, lasciati a loro stessi, i loro atteggiamenti a scuola esplodono in comportamenti difficilmente governabili. Infine, sottolinea come questi soggetti necessitino di motivazioni intense verso i processi educativi scolastici. Molti di questi studenti non riescono a comprendere il valore dell’impegno e dello studio e il perché della presenza a scuola rimane sconosciuto. 4.5 Strategie per gli allievi difficili È molto importante per Canter prevenire i comportamenti difficili anticipando le reazioni alle proposte che gli insegnanti inseriscono nel programma. Gli educatori devono tener presente che dispongono di alternative nel dare risposte ai ragazzi: possono scegliere di non reagire in modo aggressivo, di non avere paura, di non permettere che i loro sentimenti siano colpiti dagli atteggiamenti degli allievi, i quali hanno estremo bisogno di capire che l’insegnante desidera prendersi cura della loro persona. Per ottenere la fiducia occorre costruire un rapporto interpersonale valido. A tal fine è importante trovare degli spazi e dei momenti appropriati per comunicare con il singolo allievo. Chiamarli al telefono, comunicare i propri sentimenti, le eventuali lodi personali, il disappunto per un’azione commessa, oppure interessarsi alla loro salute quando sono assenti per malattia. Con queste strategie l’allievo sarà certamente indotto a fidarsi dell’insegnante. Senza fiducia non si possono creare le condizioni per un’autentica maturazione. 5. Fredric Jones Ha ideato un modello di conduzione della classe fra i più conosciuti: Positive Classroom Discipline. Da sempre interessato alle problematiche relative alla socializzazione dei bambini in famiglia e a scuola, i suoi interessi ultimamente si sono focalizzati nel perfezionare il suo modello, organizzando corsi di formazione molto seguiti dagli insegnanti. Le sue idee sulla conduzione della classe presero il via da un’approfondita ricerca che lo portò ad impiegare moltissimo tempo in centinaia di classi nelle scuole elementari e superiori. I risultati di queste osservazioni di “campo” portarono Jones a conclusioni molto importanti. Innanzitutto, egli notò come gli insegnanti più capaci fossero coloro che utilizzavano frequentemente il loro corpo nelle relazioni con gli studenti e capì che il linguaggio non verbale, se opportunamente utilizzato, rappresentava uno strumento di grande efficacia. In secondo luogo, le sue ricerche lo portarono a comprendere le difficoltà di operare nel contesto scolastico. In una classe normale il docente è costretto a perdere molto del suo tempo a disposizione, circa il 50%, per occuparsi di come ridurre all’ordine i comportamenti inadeguati degli allievi. Il tempo perso in richiami, infatti, è pari a circa l’80% di tutto il tempo che gli insegnanti impiegano per ricondurre all’ordine la classe. Inoltre, constatò come siano particolarmente delicati sul piano disciplinare alcuni momenti tipici della lezione. Primo fra tutti, l’inizio dell’ora: raramente quando la campana suona, si è pronti a iniziare un lavoro proficuo, spesso anche gli insegnanti non sono a posto, addirittura alcuni allievi arrivano in classe deliberatamente dopo il suono della campana. Un altro momento molto delicato si verifica quando l’insegnante, terminata la spiegazione, indica il lavoro individuale da effettuare nel prosieguo della lezione. Francesca Beia Pedagogia Speciale - Prof. D’Alonzo A.a. 2021-2022 16 In seguito a queste osservazioni egli offre agli insegnanti una serie di consigli volti a promuovere una competenza professionale in grado di superare le difficoltà evidenziate e di procedere all’insegnamento e nella conduzione della classe con efficacia. 5.1 I punti del modello di Jones Fondamentale per Jones è che gli insegnanti si rendano conto che alcune idee devono essere riviste. Per lui gli studenti hanno bisogno di conoscere, di apprendere, di imparare a rispettare le regole, la routine di classe, gli standard comportamentali utili a una conduzione dell’esperienza educativa ottimale. Egli suggerisce di insegnare durante le prime settimane di scuola, in modo approfondito, le norme comportamentali necessarie per proseguire senza problemi. Gli insegnanti dovrebbero convincersi che solo da una corretta azione informativa ed educativa sulle norme e sulle regole potranno costruirsi i veri processi educativo-didattici. Fondamentale è illustrare agli allievi il loro ruolo nel contesto scolastico, che cosa caratterizza un buon clima di classe, i motivi di un impegno ottimale sul piano comportamentale, le responsabilità e i compiti dell’insegnante e degli allievi, quali comportamenti sono ammessi e funzionali al bene di tutti e di ciascuno. I punti fondamentali del suo modello sono: 1. Organizzazione della struttura della classe 2. Utilizzo del corpo per la comunicazione 3. Programmazione degli incentivi 4. Sostegni individuali 5.2 Organizzazione della classe Jones assegna molta importanza all’organizzazione fisica dell’ambiente di apprendimento. Se tutto deve essere organizzato in modo tale che la vita di classe diventi un momento efficace e fecondo sul piano educativo, è necessario che l’insegnante governi non solo l’assegnazione, ma anche l’organizzazione fisica dei posti. È necessario mettere vicino o accanto allievi che possano trarre beneficio dalla loro prossimità. È, inoltre, opportuno disporre i banchi in maniera tale che il docente possa in breve tempo raggiungere qualsiasi allievo che chieda spiegazioni o si trovi in difficoltà. L’insegnante per poter condurre in modo efficace la classe deve essere presente fisicamente, imporsi con la propria figura, camminare spesso tra i banchi. 5.3 Il ruolo della comunicazione non-verbale Per Jones saper utilizzare il proprio corpo per comunicare agli allievi il rispetto delle norme stabilite. Egli sostiene che il 90% dei problemi disciplinari che sorgono in classe possano essere risolti con l’uso accurato del linguaggio non verbale. Fondamentale è saper utilizzare adeguatamente la respirazione, il contatto oculare, la vicinanza fisica, il portamento, le espressioni facciali. L’allievo che ha vicino un insegnante capace non assume atteggiamenti inopportuni e, quando questi si verificano, le problematiche possono essere risolte dal docente agendo in modo che il proprio corpo possa diventare uno strumento più incisivo nei confronti del ragazzo. Jones annette grande valore al corpo, e quindi, la comunicazione non verbale assume in tutte le sue forme un’importanza consistente. 5.4 Strategia di conduzione della classe In seguito alle sue osservazioni e alle ricerche intraprese, ritiene di assegnare la causa della cronica mancanza di motivazione alle modalità che generalmente un insegnante adotta per aiutare un allievo bloccato nel comprendere un contenuto o nel proseguire nel compito assegnato. Gli insegnanti impiegano una strategia d’aiuto molto comune. Quando notano che i ragazzi sono in difficoltà di fronte a un compito spiegano loro cosa non capiscono e Francesca Beia Pedagogia Speciale - Prof. D’Alonzo A.a. 2021-2022 17 poi li aiutano ad eseguirlo correttamente. Questo metodo di aiutare l’allievo è identificato come “universal helping interaction”, ossia interazione d’aiuto universale. Questa strategia per Jones è inefficace. Pochissimi ragazzi posso essere aiutati con questo metodo. Jones suggerisce di modificare le modalità d’aiuto utilizzando 3 modalità: le lodi, i suggerimenti e l’allontanamento. Il primo passo è quello di non mettere in luce l’errore commesso ma di mettere in evidenza e lodare ciò che è corretto. Il secondo passo consiste nel suggerire all’allievo come proseguire. Il terzo passo consiste nell’allontanarsi e proseguire con un altro problema o un altro ragazzo in quanto lavorare controllati non è facile da sopportare. 5.5 Sistema di incentivi Jones non crede molto ai tipici incentivi utilizzati a scuola, come le note di merito, i regalini vari ecc. Questi incentivi sono inefficaci soprattutto perché premiano i più capaci, mentre sono fonte di sofferenze per i più deboli in quanto difficilmente sono in grado di conquistarli. Gli incentivi più idonei per Jones sono quelli che assumono anche una valenza educativa, generalmente gli allievi sono molto attratti se viene ipotizzato un premio al termine dell’attività capace di risvegliare interessi culturali e personali intensi come, ad esempio, la visione di un film, un tempo libero da dedicare alla pittura,… 6. Alfie Kohn Il suo pensiero ruota attorno al concetto che occorre impostare la vita di classe in modo da permettere negli allievi la crescita di un forte senso di comunità, con una conduzione della vita di gruppo che solleciti all’autonomia personale e alla risoluzione dei problemi. Le mete educative sono molto chiare, tutti gli insegnanti desiderano che i loro studenti diventino persone felici, responsabili, curiose, creative, piene di attenzione nei confronti degli altri. Esiste una contraddizione evidente tra presupposti educativi e conseguenze operative. Gli insegnanti giustamente ritengono che gli studenti debbano diventare individui capaci di governare sé stessi, ma poi scelgono di dirigere il gruppo in modo direttivo, dimenticandosi delle reali esigenze degli studenti, condizionandoli ad accettare regole e attività prive spesso di valore effettivo ai loro occhi. Tutto ciò si verifica perché la maggior parte dei docenti gestisce la vita della classe su presupposti concettuali errati. 6.1 La conduzione inadeguata della classe Kohn nella sua analisi è molto dettagliato e le conclusioni sono categoriche: non è possibile condurre l’esperienza scolastica degli allievi impostandola su regole che ostacolano il loro bisogno di crescere in un’atmosfera serena e coinvolgente. Gli insegnanti devono essere coscienti che le azioni direttive portano inevitabilmente a conseguenze negative; gestire la classe in modo impositivo non è efficace per l’azione educativa. Con ciò Kohn mette chiaramente in discussione il valore dei metodi tradizionali che si basano su 3 concetti sbagliati: 1. Gli allievi sono per natura portati a disturbare l’insegnamento in classe e a creare problemi 2. Si apprende meglio in un clima strutturato, con regole certe, dove la tranquillità e l’ordine imperino 3. Il ruolo dell’insegnante è chiaramente volto a mantenere tale atmosfera costringendo gli allievi ad essere disciplinati, ubbidienti e soprattutto tranquilli Per Kohn il reale problema con tutti i più popolari sistemi disciplinari, è che essi sono ideati per controllare le persone, riflettendo la visione di una scuola in cui il docente deve basare il suo insegnamento nell’adottare strategie educative atte a promuovere l’ubbidienza degli allievi. E questo è davvero uno dei maggiori problemi educativi. Non si fanno crescere i ragazzi forzandoli ad assumere comportamenti a noi graditi, non maturano se li costringiamo ad assecondare i nostri voleri condizionandoli ad essere ossequiosi, ubbidienti, disciplinati, piuttosto che genuini e spontanei. Francesca Beia Pedagogia Speciale - Prof. D’Alonzo A.a. 2021-2022 20 di regole violate e di questioni ad esse collegate rispetto agli insegnanti incapaci di instaurare con i propri allievi un’alta qualità di relazioni interpersonali. 7.2 La relazione nella gestione della classe Marzano è convinto che l’insegnante, mostrando una personalità forte, consapevole delle proprie responsabilità e del suo valore, rappresenti per l’allievo una guida e un punto di riferimento ineguagliabili. La dominanza è, quindi, l’abilità del docente di guidare con mano ferma attraverso le proposte didattiche le relazioni in classe. Per esibire una valida dominanza è però necessario che l’insegnante tenga presente 3 fondamentali aspetti della vita educativa in classe: 1. Stabilire aspettative e conseguenze chiare 2. Stabilire chiari obiettivi d’apprendimento 3. Esibire un comportamento positivo Occorre che il docente informi gli allievi sulle sue aspettative circa il loro comportamento, poiché i ragazzi devono sapere ciò che è bene non fare, quello che l’insegnante si aspetta da loro in termini di risultati d’apprendimento e di atteggiamenti maturi. Marzano ritiene che questo debba avvenire attraverso due modalità: 1. Fissare le regole 2. Avvisare gli allievi sulle inevitabili conseguenze dei loro atteggiamenti Marzano ritiene importante che il docente non imponga agli allievi le regole ma, di coinvolgerli nel fissare le norme; deve essere credibile agli occhi dei ragazzi, capace di tener fede agli impegni presi, proporre attività idonee, comunicare con chiarezza gli obiettivi didattici, fornire frequenti feedback circa i risultati ottenuti. L’idea di Marzano è fondata sulla chiarezza: egli struttura il suo modello di gestione della classe basandolo sulla compressibilità dell’azione educativo-didattica del docente. Ogni attività da proporre in classe, ogni regola e ogni norma, ogni obiettivo da raggiungere deve essere chiaro e facile da capirsi. Per strutturare un rapporto solido e valido in classe è poi necessario progettare una vita di gruppo a forte impatto cooperativo. La cooperazione è un valore da alimentare anche adottando utili strategie educative come, ad esempio, quella di offrire l’opportunità agli studenti l’opportunità di esprimere una loro preferenza. Importante è coinvolgere tutti, i bravi e i meno bravi, tenendo in considerazione i bisogni specifici dei singoli studenti adottando un comportamento educativo attivo, volto alla prevenzione e alla promozione di atteggiamenti adeguati al contesto sociale in cui essi vivono. 8. Nicholas J. Long 8.1 I veri problemi in classe Le sue considerazioni partono dal presupposto che nessun altro argomento in educazione riceve grande attenzione o causa più preoccupazioni a insegnanti, genitori e studenti della disciplina in classe. Long cita diverse ricerche che confermano le preoccupazioni della classe docente di fronte agli atteggiamenti sempre più difficili degli allievi, i quali mettono in seria discussione le loro abilità nel condurre un gruppo-classe in modo sereno e proficuo. Molti insegnanti e non pochi dirigenti negli Stati Uniti, infatti, negli ultimi anni abbandonano la scuola proprio perché troppo angosciati di fronte a un problema che sta certamente assumendo connotazioni rilevanti. Questi comportamenti problematici non solamente minano alla base il clima di classe ottimale per l’apprendimento, ma sono anche fonte di forte inquietudine per la maggioranza dei ragazzi che, invece, desidera vivere una vita scolastica tranquilla. Long sostiene che questo aspetto è certamente da collegare con il costante Francesca Beia Pedagogia Speciale - Prof. D’Alonzo A.a. 2021-2022 21 incremento nelle scuole americane di studenti che portano in aula armi da fuoco. La paura serpeggia a scuola e provoca reazioni di difesa estrema. Naturalmente anche i genitori sono fortemente preoccupati della situazione, si rendono conto dei pericoli e sollecitano le autorità competenti a prendere provvedimenti efficaci. La disciplina in classe ha bisogno di essere gestita con maggiore efficacia. Di fronte al termine disciplina, esistono svariate tesi. Molti docenti ritengono che si debba riferirsi alla capacità dell’educatore di esercitare il potere sugli alunni condizionandoli a rispettare regole e comportamenti idonei all’apprendimento. Tale azione autoritaria, impositiva ed esterna è, però, funzionale alla gestione ottimale della classe; gli allievi, infatti, se ben condotti e governati, possono trovare un ambiente adatto per l’acquisizione dei contenuti previsti dal programma. Altri insegnanti, però, ritengono che tutto questo sia errato; secondo loro, ciò che veramente è importante per gli studenti non sono i contenuti, ma i processi cognitivi per arrivare all’apprendimento. I veri valori non si acquisiscono se non si vivono e si sperimentano nella realtà; l’onestà, il rispetto per gli altri, lo studio disinteressato, la creatività, per essere appresi hanno bisogno di un clima educativo dove il soggetto si senta partecipe di una storia personale, di un impegno individuale e sociale non imposto dall’esterno ma compreso in sé per il suo valore e, quindi, maturato spontaneamente dalla persona. La disciplina è vista come un’opportunità per il singolo di poter sviluppare l’autocontrollo personale. Essa non sarà coercitiva, impositiva, ma rispettosa degli allievi, che la vivranno come conseguenza naturale e logica di azioni sbagliate piuttosto che come normativa estrinseca punitiva. Un altro motivo che Long annota per spiegare la difficile situazione di molti contesti scolastici riguarda la particolare situazione personale di molti allievi difficili. Abbiamo nelle nostre scuole un incremento notevole di soggetti in età evolutiva che presentano problematiche socio-emotive difficili da gestire. Si tratta di ragazzi con esperienze familiari negative, privi di contenimento educativo a casa, spesso lasciati soli nel condurre la loro vita, privi di rapporti profondi con i genitori. Sono ragazzi che giungono a scuola senza essere in grado di sopportare regole e frustrazioni dovute all’ambiente scolastico, carenti sul piano dell’autostima personale, che a fatica riescono a reggere una vita di classe ricca di relazioni sociali e di richieste educative a loro sconosciute. Un ulteriore motivo, sottolineato da Long, che condiziona la vita disciplinare di una classe riguarda il problema dei bisogni multiculturali degli studenti. Le differenze di lingua, cultura e costumi hanno una profonda influenza nei processi di apprendimento. Un insegnante deve sempre di più gestire un gruppo di allievi con dissonanze marcate e ciò condiziona la vita di classe. Occorrono molto impegno e capacità rilevanti per saper gestire situazioni così variegate. Proseguendo nell’elenco di motivi Long individua il fatto che, di solito, le azioni disciplinari che vengono adottate a scuola sono completamente insufficienti. Quando in un determinato gruppo classe la situazione precipita, le conseguenze disciplinari generalmente adottate sono molto drastiche (espulsioni, sospensioni, bocciature) o molto lievi (richiami, note a casa, colloqui con i genitori). Assai raramente vengono messe in atto azioni educative capaci di prendere le mosse da una progettazione formativa preliminare che contempli organicamente il problema disciplinare in un discorso didattico previsionale. Infine, ritiene che gli insegnanti abbiano una preparazione professionale insufficiente sotto l’aspetto della gestione della classe. I docenti imparano sulla loro pelle le strategie più idonee per governare le situazioni difficili; raramente i corsi, utili alla professione dell’insegnante, prevedono moduli e discipline capaci di dare le giuste competenze al riguardo. 8.2. La proposta di Long La sua proposta si fonda su una direttiva educativa generale volta a condizionare tutte le indicazioni susseguenti: le questioni educative che sorgono a scuola riguardano l’insegnante, non l’allievo. È l’educatore il vero motore della vita di classe, è sua la responsabilità nel gestire un’azione formativa capace di dare significato all’esperienza educativa dei ragazzi. La capacità del docente di entrare in relazione con loro e la qualità del suo insegnamento condizionano enormemente gli allievi. Francesca Beia Pedagogia Speciale - Prof. D’Alonzo A.a. 2021-2022 22 La gestione della classe deve mirare a favorire lo sviluppo negli studenti di valori finalizzati alla convivenza civile e democratica, come l’uguaglianza, il rispetto reciproco, la solidarietà, l’onestà, il lavoro. Per raggiungere tali mete occorre impostare una vita di classe in grado di far acquisire questi importanti obiettivi che, chiaramente, sono a lungo termine, ma che devono permeare fin dall’inizio l’impostazione educativa del lavoro didattico. È logico progettare un’azione educativa capace di favorire il loro raggiungimento. Inoltre, è molto importante che l’insegnante sia in possesso di competenze specifiche da mettere in atto frequentemente, come strategie tecniche educative capaci di prevenire problemi comportamentali che una volta messi in atto, potrebbero soffocare i necessari processi didattici. Long suggerisce di gratificare gli atteggiamenti positivi espressi dagli allievi, usare elogi descrittivi e sviluppare norme standard di comportamenti prosociali più idonei a governare sé stessi di fronte a un incidente relazionale capace di innestare cicli conflittuali pericolosi. Per Long, infine, sono rilevanti per la gestione della classe le strategie che l’insegnante adotta per fronteggiare i comportamenti inappropriati. Le tecniche suggerite sono: ➢ Ignorare in modo pianificato: molti comportamenti inappropriati se vengono ignorati e non sono considerati dall’insegnante, perdono di valore e autonomamente si estinguono ➢ Controllo prossimale: la presenza fisica del docente, il suo movimento verso il soggetto che sta agendo in modo inopportuno è una tecnica da utilizzare per scongiurare e ridurre i comportamenti inidonei ➢ Rimuovere oggetti che favoriscono la disattenzione: è consigliabile eliminare tutte le fonti di disattenzione che possono in qualche modo distogliere gli allievi dal compito ➢ Raggiro antisettico: è utile per calmare un comportamento che altrimenti potrebbe essere pericoloso. L’insegnante con una scusa realistica allontana l’allievo dalla classe ➢ Decontaminare la tensione attraverso lo humor: spesso è opportuno utilizzare la battuta felice, il sorriso scherzoso per favorire l’evolversi positivo di una situazione di crisi ➢ Restrizione fisica: la strategia di bloccare l’allievo che perde il proprio autocontrollo e portarlo fuori dalla classe. Long ha ideato The Life Space Crisis Intervention (LSCI), una strategia educativa in grado di condurre gli allievi ad assumere gli atteggiamenti più idonei. Il fulcro centrale di questo metodo consiste nello sfruttare appieno l’opportunità della crisi educativa, della situazione comportamentale grave, per convertire il conflitto in un’utile esperienza di apprendimento che possa aiutare l’allievo a scoprire meglio sé stesso e, soprattutto, i motivi che ingenerano i problemi. Quando avvengono la crisi educativa, il conflitto anche violento e il comportamento disadattivo, è innanzitutto importante comprendere l situazione. Long parla di ciclo conflittuale: l’insorgere e l’evolversi della dinamica conflittuale con l’allievo in classe ha delle fasi standard che occorre conoscere molto bene. The Life Space Crisis Intervention si suddivide in 6 fasi: 1. La crisi 2. La ricostruzione 3. Il fatto principale 4. La visione 5. Il nuovo atteggiamento 6. L’esperienza concreta Nella prima fase di crisi l’allievo deve essere aiutato a buttare fuori le proprie emozioni, calmando lo stato di collera del soggetto; in secondo luogo, è necessario che l’educatore assista il soggetto nel ripercorrere i passi che hanno portato alla crisi, comprendendo le ragioni della sua reazione; il terzo momento è riconoscere la ragione che ha Francesca Beia Pedagogia Speciale - Prof. D’Alonzo A.a. 2021-2022 25 come tale sistema sia tanto più predisposto ad essere modificabile quanto più l’individuo è giovane. La tesi del germogliamento cerebrale afferma che nel bambino esistono molti più neuroni che nel cervello di un adulto. Tale eccesso neuronale nel corso dello sviluppo andrebbe a mano a mano a scemare per arrivare addirittura, in alcuni casi, alla perdita dell’85% delle cellule iniziali. All’età di 7/8 anni il cervello del bambino raggiunge come dimensioni quello della maturità, ciò che lo differenzia da quello di un adulto è il fatto che ogni neurone del cervello del bambino possiede fino a 50% di connessioni in più, ramificate verso altre cellule cerebrali. Questo aspetto ha portato il sapere dell’insegnante a due fondamentali conseguenze: ritiene essenziale l’intervento precoce e credere nelle potenzialità dell’individuo, anche di colui che si presenta dimesso e senza prospettive, come la persona con disabilità. Dobbiamo assolutamente capire il valore dell’intervento precoce in campo educativo. Intervenire precocemente significa offrire una speranza di crescita e di sviluppo ottimale, occorre prestare grande attenzione all’età dei soggetti e credere fermamente che con opportune pratiche riabilitative e formative, il soggetto con disabilità può sviluppare abilità che a prima vista parrebbero irraggiungibili. Le ricerche sul cervello ci dicono come sia necessario progettare lo sviluppo della sensorialità e del linguaggio in quanto determinanti per una funzione regolatrice del comportamento; infine, ricordiamo la necessità di garantire la maturazione globale di tutte le intelligenze. Tali esperienze devono essere effettuate nell’ambiente sociale concreto, a contatto con la normalità, in piena inclusione con i coetanei e con la realtà quotidiana. È opportuno affermare il ruolo dell’inclusione perché tutti gli studi sul cervello e sul funzionamento del sistema nervoso centrale confermano il valore delle sollecitazioni funzionali concrete e delle esperienze attive nelle risoluzioni di problemi reali per l’effettiva attuazione delle potenzialità del singolo individuo. Non meno importante, infine, è riuscire a far sì che ogni soggetto in età evolutiva riesca a padroneggiare il messaggio simbolico. Occorre che l’educando venga aiutato a pensare in maniera simbolica, a riflettere sull’esperienza per arrivare a generalizzare le acquisizioni concrete che l’azione educativa produce. 2. Risultati scientifici e ricadute formative La ricerca scientifica, nonostante i progressi, sembra assente dalla pratica educativa, dalle nostre scuole e dalle proposte formative che il team docente predispone per i suoi alunni, si parla pochissimo di sviluppare appieno le potenzialità degli alunni. La sensazione è che non se ne parli in quanto ci si sente fortemente inadeguati. Ci sono poche certezze nel bagaglio di competenze scientifiche che l’insegnante ha a disposizione e tutto ciò contribuisce a rimuovere il problema perché troppo grande per affrontarlo e risolverlo con le sole forze del singolo educatore. I riferimenti per un’azione formativa basata sulle conoscenze scientifiche, volta a incrementare le potenzialità degli allievi esistono e, in questi anni, sono stati ampiamente sperimentati. Li riporto di seguito: 1. Credere nelle potenzialità. Se si vogliono ottenere risultati importanti nell’azione educativo-didattica, occorre che l’insegnante sia convinto che l’allievo, pur con i suoi limiti e le difficoltà che la sua condizione presenta, possiede le potenzialità per maturare e incrementare le sue abilità. È possibile ottenere grandi risultati da un’azione formativa corretta, è possibile accrescere e maturare le capacità dei nostri allievi solo se l’insegnante ne è convinto. 2. Ritenere essenziale l’intervento precoce. Le ricerche ci confermano l’importanza di intervenire quanto prima di fronte alle difficoltà che si presentano negli allievi. L’insegnante ha il diritto-dovere di intervenire immediatamente di fronte alle difficoltà poiché è deleterio aspettare. Francesca Beia Pedagogia Speciale - Prof. D’Alonzo A.a. 2021-2022 26 3. Operare per permettere le influenze positive fra le capacità. Il coordinamento motorio è essenziale allo sviluppo cognitivo, il linguaggio è fondamentale per lo sviluppo del pensiero, le abilità sociali sono determinanti per la maturazione globale dell’individuo. Emerge perciò la necessità di un’adeguata programmazione interdisciplinare, in grado di coniugare queste certezze con una proposta formativa unitaria e condivisa sul piano degli obiettivi e su quello dei contenuti. 4. Sollecitare le percezioni analitiche e la contestualizzazione. Percepire è molto più di un semplice processo recettivo, è una capacità che coinvolge pienamente non soltanto i sensi, ma anche l’elaborazione mentale delle informazioni e l’abilità di significazione sottostante. Da qui la necessità di sollecitare continuamente il soggetto a porre la sua attenzione sui dati della realtà, sui particolari, in modo che egli impari a confrontarsi con essi. Si proporranno attività atte a sollecitare le abilità di contestualizzazione. 5. Programmare esperienze attive. Ciascun alunno ha bisogno di essere quotidianamente condotto ad operare attivamente, confrontarsi con le difficoltà naturali della vita e a risolvere problemi; è necessario, perciò, sollecitare l’allievo ad eseguire compiti e attività, dove sia costretto a confrontarsi con problematiche sempre più varie e complesse in tutti gli ambiti che contribuiscono allo sviluppo essenziale dell’uomo. 6. Affermare la funzione dell’inclusione. L’uomo, per espandersi in tutta la sua umanità, ha bisogno di percorrere i sentieri della vita normale e ciò ha una valenza anche maggiore per la persona con disabilità, il quale, per esercitare appieno le proprie potenzialità, ha bisogno di vivere nel mondo e con gli altri, di confrontarsi con le questioni della vita quotidiana, di comprendere i diritti e i doveri personali e sociali, di risolvere i nodi di un’esistenza sempre più complessa e difficile. 7. Considerare il potenziamento di tutte le intelligenze. Gardner ha proposto di considerare l’intelligenza non semplicemente come abilità personale unitaria, ma molteplice. Afferma che ogni persona dispone di una serie di intelligenze molto diverse tra di loro (linguistica, musicale, logico-matematica, spaziale, fisico- cinestetica, intersociale e intrasociale). Adesso è sicuro che siano otto, forse otto e mezza. C’è senza dubbio un’intelligenza naturalistica che implica la capacità di riflettere, di pensare a che cosa siamo, da dove veniamo, dove andremo dopo la morte, che cosa è l’amore che lega le persone tra di loro. Tutto ciò, a livello educativo e scolastico, significa considerare che l’obiettivo della nostra azione formativa deve essere non settoriale ma globale. → Nell’azione educativo-didattica, quindi, bisogna prendere in considerazione e potenziare tutte le intelligenze dell’uomo. 8. Tenere presente il ruolo centrale del linguaggio. Lo sviluppo linguistico è determinante per la nascita del pensiero e per la maturazione cognitiva, oltre che essere uno strumento indispensabile di comunicazione interpersonale e sociale. 3. La tesi di Robert Sylwester sulle basi biologiche nella gestione della classe Lui cerca di sintetizzare in una piattaforma organica le più recenti acquisizioni scientifiche sullo sviluppo e il funzionamento cerebrale, evidenziando le ricadute educativo-didattiche che da esse possono scaturire per la gestione della classe. È convinto che sia possibile esplorare le basi biologiche della gestione della classe attraverso un numero relativamente piccolo di concetti chiave. 3.1 Corpo e cervello: una struttura Innanzitutto, egli sostiene che occorre pensare a corpo e cervello come ad una struttura, utile per funzionare nel nostro mondo. Le ultime ricerche scientifiche ci invitano, infatti, ad abbandonare l’idea che il corpo sia separato dal cervello. Francesca Beia Pedagogia Speciale - Prof. D’Alonzo A.a. 2021-2022 27 3.2 Il nostro cervello modulare e plastico In secondo luogo, è convinto che l’uomo possieda un cervello modulare plastico: è modulare in quanto i processi cognitivi che si attivano al suo interno sono divisi fra un grande numero di sistemi di neuroni separati fra loro ma interconnessi in modo organico; ogni sistema è dedicato a specifici compiti. La capacità di adattamento dei sistemi neuronali è detta plasticità e rappresenta un aspetto fondamentale dello sviluppo neuronale. Egli sottolinea che anche la classe rappresenta un sistema che funziona in modo analogo ma che tanti allievi funzionano in modo differenziato. 3.3 Dinamicità dell’intelligenza L’intelligenza è da considerarsi come un complesso processo dinamico che coinvolge il nostro cervello, il nostro corpo e l’ambiente. Essa, inoltre, è distribuita: alla nascita noi abbiamo a disposizione solo potenzialmente l’intera gamma delle sue funzionalità; infatti, pur disponendo di una quantità davvero consistente di cellule neuronali, i nostri sistemi cerebrali, all’inizio dello sviluppo, funzionano solo a livello di sopravvivenza operativa; è solo con la crescita e le esperienze in relazione con l’ambiente e con la cultura circostante che inizia il lento processo di maturazione dell’intelligenza dell’uomo. Interessanti sono i suoi parallelismi: • Ingaggio → Tutte le attività cognitive dipendono da un’iniziale attivazione dei nostri sistemi integrati sensoriale/emozionale/attentivo. È biologicamente impossibile apprendere qualcosa se non siamo attratti emozionalmente verso le cose che per noi hanno significato. • Sensi → Il nostro sistema sensoriale è la nostra risorsa iniziale di informazione su cosa sta accadendo fuori o dentro di noi. I sensi rispondono soprattutto quando ci sono grandi cambiamenti e contrasti evidenti nell’ambiente: tutti concorrono ad offrire all’organismo le informazioni necessarie per costruire una risposta di significato, anche se quello visivo e quello uditivo sono dominanti. Nelle attività di classe occorre, perciò, stare molto attenti a queste funzioni e sfruttarle ai fini educativi e didattici. • Emozione → Con questo termine viene indicato un importante e complesso sistema termostatico che inconsciamente, interpretando e valutando le informazioni sensoriali, ci attiva e allerta affinché possiamo rispondere in modo adeguato agli stimoli dell’ambito fisico e sociale. È quindi fondamentale creare un clima di classe di serenità, armonia, benessere, in cui questo sistema, possano esprimersi al meglio. • Attenzione → Il sistema emozionale sia attiva e allerta in conseguenza ad eventuali minacce o opportunità che a breve possono accadere; il sistema attentivo che così viene attivato permette di selezionare e focalizzare gli elementi emozionali offerti dall’ambiente e mantenere la direzione precisa dei nostri interessi di fronte alla confusione dell’esperienza. Per gli educatori è molto importante progettare una gestione della classe che solleciti correttamente la maturazione delle tre funzioni separate del sistema che attiva l’attenzione: la funzione orientativa, tanto fondamentale da aiutare o ostacolare i nostri allievi nell’affrontare nuove attività; la funzione esecutiva, la quale si attiva nella nostra memoria per riconoscere la validità di un nuovo obiettivo da raggiungere, determinando il suo significato, concorrendo a separarlo dalla confusione dell’esperienza; la funzione di vigilanza, che possiede il compito di mantenere vigile e costante l’attenzione della persona sull’obiettivo scelto. Sylwester suggerisce di impostare la vita di classe su queste linee: ➢ Frequenti momenti di raccolta dati ➢ Utilizzare attività comuni per esplorare e innalzare l’energia della classe ➢ Impostare lo spazio biologico e culturale ➢ Impostare il tempo in modo ottimale ➢ Gestire il movimento Francesca Beia Pedagogia Speciale - Prof. D’Alonzo A.a. 2021-2022 30 ➢ Terza fase. Creare il secondo livello, il layer B. In questo secondo stadio, agli studenti viene richiesto di elaborare o applicare ciò che hanno appreso nello stadio C. ➢ Quarta fase. Raggiungere il livello finale, layer A. È lo stadio in cui gli allievi devono impiegare le capacità cognitive e di pensiero superiori, soprattutto quelle critiche. Essi sono invitati ad eseguire ricerche che abbiano come conclusioni riflessioni con approfonditi agganci a livello etico, morale e sociale. ➢ Quinta fase. È la fase finale in cui il lavoro svolto dall’allievo viene valutato con un confronto diretto, orale, con l’insegnante. Il ragazzo presenta il suo compito e nella discussione con il docente deve dimostrare di aver appreso gli obiettivi del programma. Queste fasi sono gestite in modo da corrispondere ai bisogni di ogni allievo e favorire il successo di tutti nell’apprendimento. Le strategie utilizzate nel Layered curriculum sono le seguenti. La gestione dello spazio: è necessario progettare lo spazio classe in modo che vi siano le opportunità per chiunque di poter apprendere in base alle proprie individuali predisposizioni. È opportuno quindi suddividere l’aula in diverse stazioni di apprendimento: • La stazione audio • La stazione video • La stazione informatica • La stazione video ripresa La gestione della classe si fonda sulla consapevolezza che i risultati si raggiungono se ogni studente è in grado di soddisfare il suo bisogno di autodeterminazione. In questi anni il Layered curriculum ha dimezzato il numero di allievi che falliscono nello studio, ha incrementato la motivazione allo studio nei ragazzi ed ha ridotto drasticamente i problemi di gestione della classe. 5. Incrementare la partecipazione La Nunley è convinta che per gestire la classe in modo adeguato occorre favorire negli allievi la sensazione che essi stessi siano i promotori dei cambiamenti nella loro vita. Per lei se gli insegnanti desiderano veramente aiutare i propri studenti a vivere ricche esperienze educative e didattiche in classe è necessario che mutino la conduzione educativa. In particolare, offre questi suggerimenti: • Invece di prescrivere compiti e attività, offrire una vasta gamma di proposte di apprendimento fra cui scegliere • Dare gli studenti l’opportunità di accrescere le loro competenze permettendo la libera scelta delle attività previste dal programma disciplinare • Cercare di includere nell’offerta formativa vari compiti e lavori in modo tale che tutti gli allievi possano avere successo impegnandosi in attività adatte alle loro abilità • La metodologia può includere varie proposte, fra le quali: lezioni tradizionali, videoregistrazioni, programmi al computer, ricerca bibliografica, studio sui libri, performance filmate, ecc. CAPITOLO QUARTO: ORIENTAMENTI PEDAGOGICI PER LA GESTIONE DELLA CLASSE Innanzitutto, è da chiarire che cosa intendiamo per “gestione della classe” che non è sinonimo di “disciplina”. Troppo spesso si confondono i due concetti; per disciplina intendiamo il controllo del comportamento inadeguato, nei suoi vari aspetti concernenti la nascita del problema in classe, la sua manifestazione sociale con gli atteggiamenti e comportamenti non conformi espressi, e le azioni educative conseguenti a tali manifestazioni atte a correggere e modificare simili condotte. Il concetto di gestione della classe è più ampio rispetto a quello della nozione di Francesca Beia Pedagogia Speciale - Prof. D’Alonzo A.a. 2021-2022 31 disciplina. Esso include tutte le cose che un insegnante deve fare per promuovere il coinvolgimento e la cooperazione dell’allievo nelle attività di classe e stabilire un produttivo ambiente di lavoro. La ricerca ha stabilito che le classi che funzionano bene sono il risultato di sforzi incessanti dell’insegnante per creare, mantenere e ripristinare le condizioni che sviluppano l’apprendimento. 1. Il ruolo dell’insegnante nella gestione della classe È l’insegnante il perno centrale di un ambiente educativo dove si svolgono processi didattici volti all’apprendimento degli allievi. Occorre ricordare che il lavoro dell’insegnante è condizionato da alcune variabili che non è possibile dimenticare. Prima fra tutti, il fatto evidente che ogni docente è chiamato ad interagire con un gruppo. Il setting ambientale e la realtà sociale di gruppo, infatti, presentano in sé degli elementi che influenzano l’operato del docente. Per Doyle sono i seguenti: 1. Multidimensionalità. Nell’arco dell’anno avvengono molti fatti ed eventi che influenzano la vita dei singoli componenti: le lezioni, le attività teoriche e pratiche, le ore libere e ricreative, le verifiche scritte e orali, le riflessioni sul comportamento e sulla disciplina. L’impegno e il lavoro sono spesso dovuti alla pianificazione operativa del docente, a volte gli allievi stessi sono chiamati a partecipare alle varie decisioni programmatiche. 2. Simultaneità. In classe molti avvenimenti avvengono simultaneamente. Mentre l’insegnante presenta il contenuto di una lezione, può succedere che alcuni allievi parlottino fra loro e che contemporaneamente qualcuno richieda spiegazioni. 3. Immediatezza. Il lavoro didattico ed educativo in un’aula con un gruppo di allievi risponde a una logica di immediatezza. L’insegnante offre in continuità e in modo repentino comunicazioni verbali e non-verbali ai propri allievi. 4. Imprevedibilità. Molti avvenimenti che succedono in aula non sono assolutamente prevedibili. Raramente un insegnante riesce a programmare una lezione e a rispettare tutto ciò che aveva ipotizzato. 5. Pubblicità. La vita di classe non permette di operare e agire salvaguardando la privacy degli allievi. Tutto si svolge pubblicamente, questo spesso causa problemi. 6. Storicità. Ogni gruppo ha una storia che condiziona la vita dei singoli, sono davvero molte le ore che i ragazzi passano insieme nell’arco dell’anno. Il mestiere dell’insegnante nella scuola attuale è sempre più complesso; si evince chiaramente da quanto stiamo asserendo, che un docente per essere davvero tale, in grado di rispondere ai bisogni dei suoi allievi, ha necessità di mettere in atto competenze così raffinate e qualificate che solo vent’anni fa appartenevano al repertorio professionale di affermati specialisti. Ma le cose cambiano, viviamo in un mondo in continua trasformazione e la scuola non è immune da questo flusso incessante di novità; gli insegnanti non possono non aggiornare il loro sapere, d’altronde gli stessi ragazzi presenti in aula, con il loro atteggiamento e con le loro urgenze, sollecitano l’intera istituzione scolastica a una continua rivisitazione della proposta formativa. È molto importante cercare negli allievi una visione entusiasmante di ciò che si realizzerà coinvolgendoli nella proposta formativa da realizzare, presentando il programma e richiedendo loro di valutare insieme quali aspetti ritengono fondamentali per il loro apprendimento. Inoltre, è bene aiutare gli studenti a comprendere le connessioni che la nuova proposta formativa presenta con tutto ciò che era stato appreso negli anni precedenti: sono molto utili al riguardo le riunioni di classe per pianificare le attività di apprendimento e per comprendere le ragioni che spingono l’insegnante a proporre determinati percorsi cognitivi. Francesca Beia Pedagogia Speciale - Prof. D’Alonzo A.a. 2021-2022 32 La relazione è il pilastro centrale di una gestione della classe capace di equilibrare gli interessi dei singoli allievi con gli obiettivi del corso di studi intrapreso. È indispensabile promuovere un clima educativo costruttivo capace di attivare l’interesse e l’apprendimento negli allievi. Per ottenere ciò occorre avere dei pilastri sicuri in grado di sorreggere l’intera esperienza educativa, che sono: 1. Atmosfera formativa positiva 2. Fiducia e aspettative 3. Relazione interpersonale 4. Capacità ermeneutica 5. Vita comunitaria 1.1 Atmosfera formativa positiva Un’atmosfera positiva è un prerequisito fondamentale per l’azione didattica. Per poter crescere bene ogni persona ha necessità di fare le esperienze in serenità e in un ambiente dove l’individuo trovi benessere. La qualità dell’interazione personale con gli allievi, infatti, gioca un ruolo primario nel costituire un clima favorevole all’apprendimento. È necessario che la fiducia del docente si manifesti in ogni azione e in tutte le sue comunicazioni, assieme alle altre aspettative che egli esprimerà agli allievi. 1.2 Fiducia e aspettative Fiducia e aspettative saranno i pilastri per la costituzione di un clima formativo efficace. Gli insegnanti non sempre si comportano in egual maniera di fronte agli allievi; il loro atteggiamento è spesso difforme, anche se controllato, differisce a seconda delle caratteristiche del ragazzo. Gli insegnanti con i soggetti su cui hanno alte aspettative sono più propensi ad offrire il loro appoggio con comunicazioni non verbali tipiche quali: - Un contatto oculare più incoraggiante e più frequente - Un sorriso più caloroso - Un’attenzione maggiore - Minori critiche sul comportamento - Un’offerta maggiore di informazioni - Più incoraggiamenti - Più disponibilità Invece, con agli allievi su cui hanno basse aspettative: - Pongono meno attenzione nelle attività di apprendimento - Non li coinvolgono nelle domande chiarificatrici della lezione - Offrono loro meno tempo disponibile per rispondere ai quesiti posti in classe - Evitano di essere presenti nelle situazioni di insuccesso - Criticano pubblicamente il comportamento di questi allievi più frequentemente rispetto all’atteggiamento di coloro che sono investiti di alte aspettative - Elogiano meno i successi scolastici ottenuti da questi ragazzi rispetto agli altri - Offrono meno feed-back positivi circa le loro risposte - Richiedono meno impegno e meno lavoro a casa rispetto a coloro i quali sono investiti di alte aspettative - Interrompono le performance di questi allievi più spesso rispetto agli altri Francesca Beia Pedagogia Speciale - Prof. D’Alonzo A.a. 2021-2022 35 Per far raggiungere ai nostri allievi una motivazione intrinseca così importante è necessario lavorare sui bisogni di ciascuno. 3. Impostazione didattica affascinante Una variabile determinante per la gestione della classe e rispettosa delle esigenze di tutti gli allievi, in grado di favorire le integrazioni al suo interno è l’impostazione didattica. Il modo in cui l’insegnante propone i contenuti d’apprendimento, le tecniche che utilizza per favorire l’attenzione degli allievi, i passi nodali del processo di svolgimento della lezione, il taglio partecipativo e coinvolgente dell’attività presentata, influenzano enormemente la vita degli studenti. Se il docente si prepara, se il contenuto da presentare viene attentamente programmato, difficilmente avrà un esito negativo. Come agire per favorire processi di insegnamento-apprendimento efficaci per tutti gli studenti? 1. Prima di tutto è importante la carica emotiva del docente, la sua passione nel presentare le attività didattiche 2. Secondariamente occorre variare il modo di insegnare: lezione frontale, spiegazione, lettura del testo, interrogazione, verifica scritta mensile 3. In terzo luogo, è opportuno incoraggiare alla partecipazione 4. In quarto luogo, è necessario ancorare il contenuto del programma alla realtà 5. In più, è efficace impostare le attività sollecitando la curiosità naturale degli allievi ponendo questioni, domande, interrogativi 6. Infine, è utile presentare compiti e attività in modo tale da permettere a tutti gli studenti di capitalizzare con successo il loro impegno 4. La grande importanza del contesto: l’aula e le sue componenti Non è possibile, inoltre, parlare di una impostazione didattica che deve affascinare l’allievo senza accennare al problema dell’ambiente in cui il processo di insegnamento- apprendimento avviene concretamente, ossia l’aula. È molto importante essere coscienti che l’apprendimento e la qualità dell’insegnamento passano anche attraverso un’attenta progettazione degli spazi all’interno dell’aula, della disposizione dei banchi per le varie attività, degli arredi di supporto, della collocazione degli strumenti per le varie attività: lavagne tradizionali e multimediali, computer, ecc. La disposizione dei banchi all’interno dell’aula assume una funzione importante: essa può favorire le relazioni interpersonali fra gli allievi o può ostacolare i contatti sociali. L’ideale sarebbe utilizzare l’ambiente a disposizione in base agli obiettivi che l’insegnante si prefigge. 4.1 Disposizione dei banchi 1. Disposizione a file di banchi tradizionale ➢ Permette agli allievi di concentrarsi sul compito ➢ È utile per le lezioni frontali ad un gruppo numeroso ➢ L’insegnante tende ad avere una relazione attiva con gli studenti seduti centralmente di fronte alla cattedra 2. Disposizione a file di banchi a isole ➢ Favorisce la relazione fra studenti ➢ È utile per i lavori comunitari Francesca Beia Pedagogia Speciale - Prof. D’Alonzo A.a. 2021-2022 36 ➢ Promuove la costruzione sociale dell’apprendimento 3. Disposizione dei banchi a ferro di cavallo ➢ Sollecita la partecipazione permettendo il contatto oculare fra gli studenti e l’insegnante ➢ L’insegnante può muoversi velocemente verso gli allievi ➢ Sollecita le discussioni di gruppo 4. Disposizione a banchi ad anfiteatro di Jones ➢ Favorisce un lavoro di gruppo ma anche individuale ➢ Promuove le relazioni fra studenti ➢ L’insegnante può raggiungere facilmente ogni allievo Oltre alla disposizione dei banchi degli studenti assume significato anche l’ubicazione all’interno dell’aula della cattedra: - Di fronte alla classe significa promuovere un lavoro educativo-didattico centrato sulla direttività docente - Dietro la classe designa un lavoro educativo-didattico centrato sulle esigenze personali degli studenti - In mezzo all’aula significa avere in programma un lavoro di classe in cui si richiede spesso l’intervento del docente - Di lato dalla classe significa lanciare un messaggio preciso agli allievi: l’’insegnante ha bisogno di lavorare senza essere disturbato La scuola non può essere estranea al progresso tecnologico, non può progredire senza adottare e far proprie le innovazioni oggi disponibili: computer, internet, e-mail, videocomunicazione, App, Cloud; fotografia digitale, ecc. Di conseguenza occorre prevedere uno spazio per questi dispositivi poiché la loro collocazione all’interno dell’aula riflette una precisa idea del fare scuola; se si posizionano in aula si intende impostare l’insegnamento contemplando quotidianamente il loro impiego, mentre se si preferisce allestire uno spazio apposito si preferirà utilizzare i computer in determinate e programmate fasce orarie, in ogni caso bisogna posizionarli facendo attenzione alla luminosità dell’aula: è importante la luce naturale che favorisce l’attenzione e la partecipazione. 5. Semplicità e condivisione delle regole L’importanza che la vita di classe sia regolata da norme è indiscutibile. Nel nostro modello formativo la pianificazione delle regole è certamente uno fra i momenti più importanti e delicati; infatti, le regole, le norme, le procedure comportamentali che il gruppo adotta coloreranno la struttura organizzativa del nostro format didattico e in qualche modo indicheranno, agli allievi che si incammineranno nell’avventura scolastica, la strada da percorrere, il tragitto da solcare. Sarebbe importante sollecitare i soggetti scolastici alla partecipazione e alla condivisione delle scelte e delle norme. Occorre, infatti, che i ragazzi conoscano molto bene le regole all’interno del gruppo classe: più il ragazzo condivide le regole disciplinari, più sarà in grado di rispettarle. 5.1. Linee guida Presentiamo alcune linee guida pratiche che possono essere utili nella pianificazione delle regole: - Lo studente sa come comportarsi a scuola. Fin dalla scuola primaria conosce le regole per un buon comportamento anche se può trasgredire alle regole Francesca Beia Pedagogia Speciale - Prof. D’Alonzo A.a. 2021-2022 37 - Se si parla di regole, non si riesce a progredire nel programma. Se non si affrontano le regole adeguatamente non si potrà mai realizzare un piano di lavoro educativo - È inutile parlare delle regole da rispettare in quanto i ragazzi poi non le osservano se non sono minacciati. Non è sufficiente parlare di regole ma è necessario insegnarle - Gli studenti non amano le regole. Falso, in quanto gli allievi non amano vivere in un ambiente educativo e formativo disordinato e indisciplinato - Gli allievi non amano gli insegnanti che fanno rispettare le regole. È compito dell’insegnante fare in modo di creare un clima di apprendimento rispettoso per tutti - Le regole devono essere chiare. Cioè comprensibili - Le regole devono essere ragionevoli. Non riuscire a rispettare le regole può essere dannoso e inutile - Le regole devono essere attuabili. Cioè sempre applicabili CAPITOLO QUINTO: LA GESTIONE DELLA CLASSE PER L’INCLUSIONE 1. La conduzione inclusiva dell’apprendimento Dopo oltre 40 anni sono statti scritti moltissimo e importanti libri e articoli sul tema inclusione. La vera ragione che porta gli insegnanti ad avere un atteggiamento diverso rispetto a pochi anni fa, è semplicemente dovuto alla consapevolezza che ora nella scuola italiana i problemi più vivi, più marcati, sono altri e non riguardano solo la presenza dei soggetti con disabilità in classe. A provocare ansie e forti preoccupazioni sono i ragazzi difficili presenti in gruppo e che compromettono la vita di classe per il loro atteggiamento, condizionando le esperienze educativo-didattiche di tutti, anche degli allievi con disabilità. I comportamenti di molti allievi hanno costretto gli insegnanti a comprendere che la soluzione passa solo attraverso un’attenta opera educativa capace di far vivere forti esperienze di impegno comunitario. L’OMS nel 2001 pubblica una nuova classificazione, l’ICF: classificazione internazionale del funzionamento, della salute e della disabilità. Scompare finalmente il termine handicap in quanto si desidera sottolineare il fatto che non esiste l’handicap e neanche l’handicappato, ma solo persone che presentano problemi più o meno gravi, più o meno preoccupanti, più o meno evidenti, limitate nella partecipazione sociale. Le battaglie fatte in questi anni per dare dignità alle persone con problemi sono valse a ben poco, continuando a travisare sui termini; si insiste ancora, di conseguenza, a non capire che l’handicap non è qualcosa di insito nella persona, ma è una condizione dovuta alla mancanza di prospettive e opportunità socio-relazionali e ambientali. Giustamente l’OMS propone la classificazione ICF, eliminando gli errori di questi anni. Le esigenze di un individuo che presenta dei deficit ma che ha tutti i diritti di essere considerato “persona” e, come tale rivendica un’attenzione ai suoi bisogni non in quanto soggetto “diverso”, ma proprio come tutti gli uomini, come persona che non ha il diritto, come diceva Rosmini, ma è il diritto. 2. I bisogni degli allievi Il secondo pilastro del nostro modello prende spunto dalle ricerche effettuate sul ruolo dei bisogni nello sviluppo maturativo della persona. Possiamo suddividere questi bisogni in due categorie: fondamentali e specifici. → Rientrano fra i bisogni fondamentali quelli che influenzano in modo marcato la vita degli allievi in classe, a tutte le età e in ogni grado scolastico. Esistono dei bisogni comuni agli studenti in età evolutiva che non è possibile ignorare in quanto responsabili del comportamento e dell’impegno nello studio. Molto potenti e dominanti, in quanto legati alla sfera Francesca Beia Pedagogia Speciale - Prof. D’Alonzo A.a. 2021-2022 40 5. Incremento di produttività, creatività e collaborazione con il passare del tempo. I risultati devono sollecitare gli insegnanti del team a comprendere la necessità di lavorare bene in gruppo per ottenere maggiori successi educativi 3.4 Il ruolo del dirigente scolastico Il ruolo del dirigente scolastico è di fondamentale importanza per le integrazioni. Sommerso dalle questioni amministrative e burocratiche di istituti sempre più grandi, chiamato a guidare, a volte, più realtà formative. Egli deve operare per favorire un clima professionale ottimale, dove gli insegnanti trovino le motivazioni adatte per agire e impegnarsi con allievi mettendo in luce tutte le loro qualità. 3.5. La competenza degli insegnanti nell’affrontare le problematiche speciali Le problematiche degli allievi costringono la scuola e gli insegnanti ad essere sempre più competenti. I bisogni dei ragazzi richiedono agli operatori educativi il fatto che non improvvisino il lavoro; ogni azione didattica, ogni intervento disciplinare in aula deve essere un’azione pensata e sorretta da considerazioni scientifiche che non è possibile trascurare. Soprattutto la diversità, il disagio, il disadattamento, esigono azioni competenti. Occorre, infatti, conoscere non solamente la disciplina da insegnare, ma soprattutto gli aspetti relazionali e formativi. Le classi che funzionano meglio sono gestite, infatti, da insegnanti capaci di imporre la propria personalità, di attrarre i ragazzi con metodi educativi adatti, di comprendere i bisogni dei singoli allievi, di proporre attività idonee per soddisfarli, di creare un clima educativo collaborativo idoneo a favorire il benessere dei singoli. In classe le problematiche speciali sono sempre presenti; è opportuno, quindi, che la formazione degli insegnanti diventi solida sulle questioni riguardanti la diversità e il disagio. 4. Adattamenti Fra le competenze che l’insegnante deve assolutamente possedere ci sono quelle relative alle capacità di saper adeguare il curriculum, l’ambiente e le metodologie d’insegnamento alle varie esigenze degli allievi. È necessario che le integrazioni a scuola si realizzino tenendo presenti le esigenze delle persone e adattando i normali canoni d’insegnamento-apprendimento agli specifici bisogni. Occorre arrivare a pianificare una lezione per l’intera classe pensando di soddisfare le necessità di tutti gli allievi; in questo senso si parla di adattamento. Occorre adottare un modello di “adattamento” in cui l’insegnante utilizzi i contenuti del programma e le metodologie di insegnamento per favorire la maturazione personale di ogni alunno. Per ottenere ciò è indispensabile che il docente programmi l’evento educativo-didattico definendo preliminarmente gli obiettivi per ogni soggetto. In secondo luogo, occorre considerare i diversi livelli di abilità cognitive che i ragazzi presentano: il soggetto con difficoltà intellettive avrà certamente bisogno di approfondire la presentazione orale fatta dall’insegnante con un supporto visivo in grado di evidenziare i passaggi cognitivi, avrà necessità di vedere concretamente di cosa si sta parlando; il soggetto che conosce poco l’italiano, di contro, avrà bisogno di schemi di riferimento capaci di fargli comprendere i passaggi essenziali dell’attività programmata. Alcuni accorgimenti possono essere utili nel permettere ai ragazzi di poter affrontare con successo le attività curricolari: - Prevedere, per alcuni soggetti che ne abbiano la necessità, di avere sottomano un testo scritto già sottolineato nei suoi passaggi fondamentali - Permettere all’allievo difficile di conoscere in anticipo i contenuti della lezione Francesca Beia Pedagogia Speciale - Prof. D’Alonzo A.a. 2021-2022 41 - Suggerire al ragazzo che ne abbia bisogno di ripassare, prima che la lezione inizi, i contenuti preliminari al programma che si presenterà - Offrire una sintesi scritta dell’attività effettuata, da consegnare ai soggetti più deboli per comprendere meglio i vari passaggi - Registrare la lezione orale in modo tale da permettere al soggetto bisognoso di risentire i contenuti - Utilizzare più esempi per favorire meglio la comprensione degli allievi in difficoltà - Presentare i contenuti utilizzando cartelloni, sistemi audiovisivi, lavagna luminosa - Se in classe ci fossero dei ragazzi con problematiche visive, presentare i materiali facendo attenzione ai contrasti cromatici I tempi sono essenziali nei processi di apprendimento. Alcuni allievi, per poter offrire il meglio di sé, hanno necessità di poter avere a disposizione momenti più flessibili, più adatti ai loro bisogni. Occorre quindi non essere rigidi su questo aspetto. Inoltre, è molto importante programmare diversificati livelli di supporto educativo. L’assistenza del docente al compito assegnato non può essere uguale per tutti: colui che può farcela senza aiuti deve poter realizzare il compito senza supporti; il ragazzo, invece, che presenta delle difficoltà cognitive deve essere indirizzato, e quindi, la presenza dell’insegnante al suo fianco contribuirà a risolvere le questioni difficili. Infine, occorre prevedere e accettare modi differenti di dimostrazione delle competenze: potrà esserci chi sintetizzerà a voce, chi per iscritto, chi potrà essere aiutato a rispondere ai quesiti posti dalla lezione in una interrogazione di gruppo, chi invece avrà bisogno di un contatto personale con il docente per confermare le sue acquisizioni. 5. Strategie da insegnare L’apprendimento è un processo complesso che coinvolge globalmente e attivamente la persona, coinvolge le capacità di comprensione e le abilità di memorizzazione e applicazione. I cognitivisti sottolineano il grande ruolo che assumono gli schemi mentali, vere strutture cognitive in grado di accogliere le nostre acquisizioni e di immagazzinarle efficacemente, disponibili a seconda dei nostri bisogni. È importante impostare un’azione didattico-educativa volta a favorire strategie di pensiero utili per proseguire nei vari gradi scolastici con adeguatezza e ciò anche per favorire le integrazioni. Molti allievi falliscono a scuola o hanno delle difficoltà evidenti, proprio perché non riescono a elaborare un pensiero idoneo a risolvere le problematiche insite nell’apprendimento. Le difficoltà potrebbero essere superate se le strategie di apprendimento venissero accuratamente prese in considerazione dagli insegnanti nella loro azione didattica. Esse sono di enorme aiuto a tutti, anche a coloro che presentano difficoltà evidenti sul piano intellettivo. Le ricerche, in questo senso, suggeriscono come sia opportuno insegnare le strategie di apprendimento e dimostrano che, quando questo succede, le performance degli allievi e i successi scolastici si incrementano. Molti soggetti con difficoltà cognitive trovano enormi problemi nell’utilizzare le strategie d’apprendimento. Essi raramente le mettono in atto perché sono inconsapevoli del loro valore e non le utilizzano perché non le utilizzano perché non ne hanno mai sperimentato concretamente l’utilità pratica. È importante, perciò, insegnare a questi allievi le strategie più idonee riconoscendo preliminarmente le loro difficoltà. Francesca Beia Pedagogia Speciale - Prof. D’Alonzo A.a. 2021-2022 42 5.1 Le strategie di studio Molti allievi hanno bisogno di imparare non solamente i contenuti di studio, ma anche “come imparare ad imparare”, “come studiare per apprendere meglio”, “come organizzarsi” per rispondere alle necessità della proposta formativa. Come afferma J. Hoover, un allievo per poter avere risultati adeguati a scuola deve maturare e utilizzare abilità per: 1. Completare i compiti assegnati efficacemente ed effettivamente 2. Minimizzare il tempo improduttivo a scuola 3. Completare il lavoro nei tempi previsti 4. Completare i compiti autonomamente 5. Prendersi carico dei propri apprendimenti 6. Essere responsabili dei propri apprendimenti 7. Rileggere la prova assegnata e rivederla prima di consegnarla 8. Pianificare e realizzare giornalmente, settimanalmente o mensilmente efficaci programmi 9. Operare per rendere i compiti più complessi, meno difficoltosi e più comprensibili 10. Completare i compiti a casa 11. Lavorare con gli altri compagni di classe 5.2 Quali strategie Le strategie d’apprendimento si suddividono in semplici e complesse. → Fra le strategie semplici possiamo contemplare: prendere appunti, porre una domanda all’insegnante, interrogare sé stessi circa un problema da risolvere, rileggere un brano quando non si capisce il senso, valutare il proprio lavoro, stilare uno schema degli argomenti da trattare prima di scrivere un testo, utilizzare libri come risorsa,… Rientrano tra le strategie complesse quelle necessarie ad affrontare problematiche legate all’apprendimento di non semplice natura e che richiedono il concorso di due o più strategie in sequenza, come scrivere un testo, leggere un brano, rispondere a domande. Per imparare a scrivere bene, ad esempio, occorre mettere in preventivo tre stadi fondamentali: pianificazione, scrittura e revisione. Più che parlare delle strategie di apprendimento specifiche è importante mettere in evidenza le abilità di studio, definite come strumenti che gli studenti usano per acquisire il materiale che essi stanno per apprendere, mezzi che aiutano e facilitano l’acquisizione di qualsiasi contenuto scolastico. Hoover propone di insegnarne adeguatamente 11: 1. Efficace utilizzo delle modalità di lettura → dovrebbero variare in base allo scopo del compito 2. Ascolto → fondamentali per la maggior parte dei compiti di apprendimento scolastico 3. Prendere note/ sottolineare → strumento indispensabile per favorire acquisizione e memorizzazione 4. Scrittura di documenti 5. Presentazione orale 6. Utilizzo di grafici → permette di affrontare in modo migliore la mole di lavoro che si presenta a scuola 7. Eseguire prove valutative, verifiche → superare ansie e paure che nascono davanti alle verifiche 8. Fruizione di librerie → saper reperire notizie utili, informazioni e contenuti di libri 9. Uso del dizionario 10. Gestione del tempo 11. Autodeterminazione del comportamento Analizziamone alcune che possono garantire al soggetto con problemi i requisiti minimi per un’inclusione di classe. Francesca Beia Pedagogia Speciale - Prof. D’Alonzo A.a. 2021-2022 45 1.3. La gestione Il ragazzo con disabilità intellettiva, per poter dare il meglio di sé, ha necessità di vivere ricche esperienze scolastiche impostate sulla serenità e sul benessere personale. Deve sentirsi a proprio agio all’interno del gruppo classe per poter esprimere al meglio le sue potenzialità. Ronald L. Rubenzer ha studiato i fattori che possono compromettere il benessere dell’allievo con problemi nella realtà scolastica. Essi sono: 1. L’insensibilità dei compagni che trattano il soggetto come persona incapace di raggiungere risultati adeguati 2. Il disorientamento personale nell’autopercezione di sé, dovuto alla grande discrepanza di risultati ottenuti a scuola 3. La dipendenza dall’insegnante di sostegno per i compiti più complessi 4. Il fatto che per determinate attività sia costretto a seguire piani formativi individualizzati a latere della classe 5. La titubanza nel chiedere spiegazioni aggiuntive all’insegnante per paura di andare incontro ad ulteriori frustrazioni È necessario creare un clima di classe positivo, dove il soggetto possa trovare la gioia dell’accoglienza e dell’accompagnamento da parte di insegnanti e compagni. È importante il sorriso, il saluto mattutino, l’entusiasmo, creare una relazione interpersonale intensa fra insegnante e allievo e credere nelle sue potenzialità. 2. L’allievo con disabilità intellettiva lieve Gli allievi con disabilità intellettiva lieve tipicamente sviluppano capacità sociali e comunicative negli anni prescolastici (da 0 a 5 anni di età), hanno una compromissione minima delle aree senso-motorie, e spesso non sono distinguibili dai bambini senza ritardo mentale fino ad un’età più avanzata. 2.1 Le peculiarità L’allievo con disabilità intellettiva lieve, se ben guidato, può raggiungere un livello di autonomia personale molto avanzato in grado di proiettarlo socialmente sia nel mondo del lavoro che nella comunità di vita dove viene a risiedere Per raggiungere un grado di autonomia adeguato e compatibile con un’inclusione comunitaria che sempre avrà bisogno di un minimo di tutela esterna, necessita di un programma significativo di apprendimento di abilità sociali Le sue abilità intellettive non gli precludono di acquisire importanti competenze scolastiche che generalmente si possono riferire a quelle tipiche di un ragazzo che termina la quinta elementare Nel mondo del lavoro, inserito in un contesto operativo adeguato che richiede costanza, disponibilità e rispetto dei tempi, può dare il suo decisivo contributo Spesso, se introdotto in un ambiente accogliente e attento ai suoi bisogni relazionali, riesce ad attivarsi con tutte le energie disponibili Il comportamento rimane spesso immaturo rispetto alla sua età cronologica Le sue abilità metacognitive sono deficitarie Il suo pensiero astratto è debole 2.2 L’allievo in classe Un allievo con disabilità intellettiva lieve presenta certamente un quadro di personalità che richiede un’attenzione costante. L’allievo si rende perfettamente conto di non essere all’altezza della situazione; sa che è meno abile e meno competente nell’affrontare le attività didattiche: occorre, perciò, evitare frustrazioni ulteriori offrendogli supporti utili a comprendere la sua realtà, dandogli iniezioni potenti di fiducia in sé stesso. Francesca Beia Pedagogia Speciale - Prof. D’Alonzo A.a. 2021-2022 46 Fattori che possono condizionare il soggetto a vivere con malessere l’esperienza scolastica: 1. L’atteggiamento ostile o insofferente dei compagni che può arrivare anche a comportamenti pericolosi, lesivi della dignità della persona 2. La vergogna di sentirsi “diverso” 3. L’incapacità o l’insensibilità degli insegnanti di comprendere i suoi bisogni 4. L’errore pedagogico di non avere come obiettivo prioritario dell’azione educativo-didattica, l’autonomia personale, comportamentale e di movimento dell’allievo 5. Il fatto di trovarsi di fronte a un piano educativo individualizzato non basato sulle sue reali necessità, ma strutturano semplicemente riducendo la complessità dei contenuti presentati ai compagni di classe nel corso dell’anno 2.3 La gestione È necessario creare un ambiente educativo di classe dove il soggetto trovi benessere e si senta accolto e valorizzato. È necessario agire, perciò, promuovendo un clima di classe positivo, ricco di relazioni interpersonali, dove le persone si “incontrano” e non solamente si siedono attendendo le direttive dell’insegnante. Al riguardo sono molto efficaci il lavoro cooperativo e la metodologia della peer-education. Inoltre, è molto importante mettere in evidenza il ruolo delle riflessioni personali relative alle esperienze effettuate e ai risultati ottenuti. È molto indicato chiarire sempre al soggetto gli obiettivi di un’attività, creare un rapporto interpersonale intenso fra allievo e insegnante e infine avere delle aspettative nei confronti dell’allievo. 3. L’allievo con ADHD (disturbo da deficit di attenzione/iperattività) Il disturbo da deficit di attenzione/iperattività è caratterizzato da livelli invalidanti di disattenzione, disorganizzazione e/o di iperattività-impulsività. La disattenzione e la disorganizzazione comportano l’incapacità di mantenere l’attenzione su un compito, l’apparente mancanza di ascolto e la perdita di oggetti, a livelli inadeguati all’età o al livello di sviluppo. L’iperattività-impulsività comporta un livello di attività eccessivo, agitazione, incapacità di rimanere seduti, intromissione nelle attività altrui e incapacità di rimanere seduti, intromissione nelle attività altrui e incapacità di aspettare- sintomi che sono eccessivi per l’età o il livello di sviluppo. 3.1. Le peculiarità La disattenzione è la caratteristica principale dell’allievo con disturbi di attenzione e iperattività; nelle attività sociali, scolastiche o lavorative manifesta spesso sbadataggine Sono facilmente distraibili da sollecitazioni esterne poco importanti, ma che rappresentano per loro un’attrazione troppo forte da controllare Sul piano sociale riescono con difficoltà ad avere rapporti interpersonali e di gruppo significativi, essendo troppo volubili e incostanti nel mantenere contatti relazionali stabili Lo stare seduto su una sedia dietro un banco spesso è motivo di sofferenza che si esprime chiaramente con i movimenti delle gambe e del tronco Sono impazienti e fanno molta fatica a rispettare gli altri se hanno necessità di intervenire sulle questioni che la quotidianità pone L’iperattività si dimostra in un bisogno irrefrenabile di movimento che si esprime anche in situazione di riposo I compiti assegnati sono portati a termine in modo disordinato Questi allievi passano spesso da un’attività ad un’altra senza completarne alcune Non amano essere coinvolti in compiti dove l’organizzazione e la costanza siano preminenti Nelle attività operative sono spesso maldestri e poco rispettosi delle regole infortunistiche Francesca Beia Pedagogia Speciale - Prof. D’Alonzo A.a. 2021-2022 47 La confusione è un’altra tipica caratteristica Dimostrano spesso di essere agitati Un’altra caratteristica è l’impulsività Non riescono a rispettare le direttive 3.2 L’allievo in classe Questi studenti vivono con sofferenza l’esperienza scolastica; i loro bisogni contrastano enormemente con le richieste educative e didattiche. A causa delle loro difficoltà, non imparano come gli altri, presentano marcate insufficienze in quasi tutte le discipline, ma soprattutto sono ragazzi che spesso vivono isolati e raramente hanno relazioni interpersonali adeguate poiché gli altri compagni non accettano i loro atteggiamenti eccessivi, non capiscono le loro difficoltà e tendono a isolarli. 3.3 La gestione Mary Fowler suggerisce le seguenti linee guida di intervento educativo: • È importante che gli insegnanti, chiamati a lavorare con questi studenti, siano altamente motivati e disposti a un impegno che certamente andrà al di là delle normali ore canoniche scolastiche • È utile organizzare per l’allievo un ambiente educativo adatto dove: • Le regole siano chiare • Si assegni giornalmente al soggetto una lista oraria di attività e compiti da svolgere • Si specifichi chiaramente il tempo a disposizione per eseguire ogni attività • Si predisponga attentamente un posto banco all’interno della classe in linea con le esigenze del soggetto • Si prevedano molti momenti di pausa • Si utilizzino frequenti segnali per attrarre la sua attenzione Inoltre, per la Fowler sono opportuni interventi idonei atti a modificare il curriculum: • Proporre al soggetto attività molto interessanti rispetto ad altre meno attraenti • Provvedere a utilizzare frequentemente il computer per le attività d’apprendimento • Semplificare le presentazioni delle attività e incrementare l’uso del linguaggio visivo piuttosto che quello verbale • Insegnare le abilità per organizzarsi e studiare efficacemente • Utilizzare le strategie d’apprendimento, soprattutto quelle mnemoniche e colleganti • Utilizzare materiali visivi per le istruzioni verbali È importante organizzare l’ambiente in modo tale che l’attenzione di questi allievi venga aiutata a soffermarsi su cose importanti. Si suggerisce di farli sedere in prima fila, di fronte alla lavagna o alla cattedra; se troppo iperattivo è opportuno trovare un posto dove egli possa liberamente muoversi senza compromettere l’attività di classe, potrebbe essere opportuno porre un limite territoriale entro cui soddisfare il suo bisogno di movimento. Per lo svolgimento dei compiti è opportuno utilizzare più momenti di pause per condurre in porto un lavoro positivamente. Francesca Beia Pedagogia Speciale - Prof. D’Alonzo A.a. 2021-2022 50 2. Sviluppo del sé 3. Maturazione delle abilità sociali 5.3 La gestione Naturalmente la presenza del grave impone un’attenzione educativo-didattica particolare e una programmazione dell’intervento formativo che non può limitarsi alla singola classe in cui è inserito l’allievo. Per gestire l’inclusione del “grave” in classe occorre mettere in evidenza alcuni pilastri educativo-didattici imprescindibili per operare in modo significativo sia per l’allievo con disabilità grave sia con i compagni di classe che meritano le medesime attenzioni. Essi sono: 1. Unitarietà degli intenti. Cioè una effettiva collaborazione educativo-didattica: collaborazione con l’istruzione scolastica, il ruolo del dirigente nell’indicare il lavoro unitario come prioritario per l’istituto, la costanza nel programmare insieme, gli spazi fissi nell’arco della settimana dedicati al lavoro di programmazione unitaria. Deve estendersi a tutti gli specialisti che si occupano dell’allievo: psicologi, neuropsichiatri, terapisti, assistenti sociali ecc. 2. Pianificare i momenti dell’accoglienza e dell’accompagnamento. Cioè l’allievo si deve sentire parte integrante della classe, instaurando rapporti interpersonali con i suoi compagni. 3. Minimizzare le modifiche alle routine scolastiche. Si tenta di costruire un impianto orario e normativo speciale. 4. Piano formativo a “porte aperte”. La pianificazione curricolare di plesso a porte aperte può aiutare l’allievo con esigenze speciali a sentirsi parte di una vita scolastica significativa sul piano formativo 5. Il ruolo del bisogno di competenza. È importante che anche loro possano arrivare a fare esperienze di successo, i fallimenti continui non lo aiutano certo a progredire e ad impegnarsi per raggiungere ulteriori traguardi. Importante è l’autonomia personale, di movimento e mentale. 6. L’allievo con disabilità visiva Se parliamo di disabilità visiva occorre distinguere molto bene la cecità congenita o acquisita, che si caratterizza dall’assenza di visione e l’ipovisione, termine che designa una riduzione grave della funzione visiva. 6.1 Le peculiarità Il soggetto è costretto ad utilizzare altri canali sensoriali L’apprendimento per imitazione è gravemente compromesso L’elaborazione cognitiva dello spazio è inficiata Le acquisizioni sensomotorie e le rappresentazioni simboliche rischiano di essere pregiudicate se l’azione educativa è deficitaria Il tatto, l’udito, il comportamento motorio, le informazioni verbali esterne sono i canali che offrono le indicazioni utili alla costruzione del mondo L’assenza delle informazioni visive porta inevitabilmente a problemi nella motricità per quanto riguarda postura ed equilibrio 6.2 L’allievo in classe La qualità della vita del soggetto con disabilità visiva dipende enormemente dall’efficacia degli interventi educativi a casa e a scuola e, quindi, dalla competenza degli educatori. L’allievo con disabilità visiva ha bisogno di fare le sue esperienze, anche se il suo deficit pone di fronte al problema della sua incolumità: viviamo, in effetti, in un mondo complesso e sovente pericoloso. È importante che egli possa attraverso un’azione educativa e didattica idonea attrezzarsi per agire nel mondo e per scongiurare il rischio di costruirsi un’esistenza fatta solo di parole e di suoni. Francesca Beia Pedagogia Speciale - Prof. D’Alonzo A.a. 2021-2022 51 6.3 La gestione Per favorire l’inclusione in classe dell’allievo con disabilità visiva è opportuno: • Fare familiarizzare il soggetto con disabilità visiva con lo spazio classe • Sistemare l’allievo in una posizione idonea al suo deficit • Descrivere in dettaglio le attività di apprendimento previste • Identificare sé stessi per nome • Prima di agire farsi riconoscere e offrire il proprio sostegno • Non è necessario parlare alzando il tono di voce • Informare i compagni di classe dei suoi problemi • Lavorare sull’autonomia personale • Favorire il lavoro comunitario • Sollecitarlo all’utilizzo dei vari strumenti informatici • Leggere ogni cosa che viene scritta alla lavagna • In caso di presentazione verbale di qualche contenuto in classe occorre prevedere un aiuto con materiale aggiuntivo e di sintesi per completare il suo apprendimento 7. L’allievo con disabilità uditiva La perdita dell’udito può avvenire a causa di un mancato sviluppo sensoriale, di trauma, di infezioni o degenerazioni di qualche parte del sistema uditivo. La perdita può essere parziale o totale, temporanea o permanente, in un orecchio o in entrambi. 7.1 Le peculiarità L’allievo con disabilità uditiva a causa del suo deficit può: Presentare un vocabolario limitato Parlare non chiaramente e con un’intonazione alterata Isolarsi facilmente dal resto del gruppo Avere difficoltà a seguire le direttive verbali Seguire spesso gli altri in modo gregario evitando di condurre un’attività Mostrare difficoltà nella socializzazione e nei rapporti interpersonali 7.2 L’allievo in classe L’abilità richiesta in classe è la capacità di riconoscere frasi e discorsi, non solo singole parole, in un ambiente sociale con interferenze di rumori, suoni, voci diverse, per un tempo prolungato, contemporaneamente rispetto ai compagni udenti, quindi in modo tempestivo ed efficace. Tale abilità per un sordo profondo o grave, seppur ben protesizzato, non è possibile perlomeno senza accorgimenti contestuali, supporto mirato e tempi adeguati. La soluzione delle protesi acustiche, ritenuta come definitiva e risolutiva, spesso purtroppo non lo è, pur apportando al soggetto enormi vantaggi. Occorre, inoltre, alla sua autostima. Il rischio è che a scuola egli si percepisca differente non solo a causa dei suoi problemi uditivi ma anche per il fatto che ha un impianto coclearie. A ciò si aggiunge la difficoltà a comunicare con compagni che possono essere assai crudeli nei confronti della diversità. Francesca Beia Pedagogia Speciale - Prof. D’Alonzo A.a. 2021-2022 52 7.3 La gestione Per favorire una corretta inclusione in classe dell’allievo con disabilità sensoriale è molto importante rinforzare i legami sociali all’interno del gruppo classe. Lo studente con deficit uditivo dovrebbe avere sempre una chiara visione del viso dell’insegnante e dei compagni che collaborano con lui; favorire le discussioni di gruppo, porre in circolo i ragazzi, ricordare di parlare uno alla volta e di rivolgersi con il viso al compagno, utilizzare strumenti visivi come la lavagna, i lucidi, power point, video. È evidente che il soggetto con difficoltà uditive, per poter seguire e comprendere, deve mettere in campo una capacità attentiva che comporta un dispendio di energie personali consistente; può, quindi, distrarsi facilmente quindi l’insegnante deve essere in grado di richiamare la sua attenzione magari toccandolo dolcemente o muovere le mani… CONCLUSIONI In un mondo sempre più complesso e difficile come il nostro, emerge l’esigenza di ogni uomo di incontrare ambienti, affetti, persone, capaci di dare senso e valore all’esistenza. Purtroppo, molti allievi presenti nelle nostre scuole hanno grandi difficoltà a trovare le giuste motivazioni per potersi incamminare felicemente lungo un progetto di vita che li realizzi come persone; un numero crescente non ha gli strumenti idonei per potersi adattare in una società esigente come la nostra; altri non possiedono le abilità sufficienti per poter pensare autonomamente a un progetto personale valido per soddisfare i propri bisogni. I ragazzi “senza difficoltà” sono sempre meno. Le diversità di bisogni che presentano sono problemi reali che preoccupano enormemente gli insegnanti. È questo uno dei maggiori ostacoli che la scuola italiana è chiamata a fronteggiare nei prossimi anni. Come offrire risposte educativo-didattiche efficaci a persone che presentano bisogni educativi specifici ed eterogenei? Innanzitutto, appare evidente il ruolo dell’insegnante che oggi assume una rilevanza che mai ha avuto in passato. Anche l’istituzione scolastica (oltre che alle famiglie -divorzi, separazioni,…) ha vissuto momenti di forte crisi, ma i profondi cambiamenti intervenuti non hanno scalfito la sua missione; piuttosto hanno valorizzato il suo compito, soprattutto per quanto riguarda le fasce deboli. In questi anni, infatti, scuola e Chiesa sono state le uniche che hanno cercato di dare una risposta qualificata e differenziata. Per molti soggetti la scuola è un luogo accogliente dove incontrare persone di valore importanti per la vita (soggetti disabili ad esempio). La disponibilità è di certo un prerequisito essenziale per poter insegnare, com’è altrettanto importante essere intenzionalmente portati a farsi carico delle problematiche educative che gli allievi presentano. La capacità di gestire la classe per le integrazioni è oggi più che mai indispensabile. Gestire la classe non significa mantenere una disciplina ferrea impositiva, non significa costringere gli allievi al rispetto cieco delle regole, ma vuol dire progettare e promuovere attività educativo-didattiche capaci di favorire l’interesse degli alunni verso un impegno scolastico e personale di valore. Ciò che conta veramente è permettere ad ogni allievo di incamminarsi verso il proprio progetto esistenziale con l’aiuto degli insegnanti, accanto ai propri compagni, rispettando le diversità culturali e sociali, vicino alle sofferenze altrui. La scuola è chiamata a corrispondere a diverse esigenze, è chiamata ad educare le nuove generazioni al rispetto per tutti; poco importa se l’altro è di colore, cattolico, musulmano o con deficit, indispensabile è vedere in lui una persona che ha dignità e che è chiamata con me a impegnarsi nella vita. Per includere serve saper gestire la classe, occorre progettare azioni didattiche valide e interessanti, ciò significa promuovere per prevenire azioni di disturbo o comportamenti inadeguati degli allievi: questa direttiva deve essere assunta pienamente nei nostri contesti educativi.