Scarica Riassunto "Le norme scolastiche. Principi e caratteristiche" di Antonio Leo e più Dispense in PDF di Psicologia Scolastica solo su Docsity! Le norme scolastiche. Principi e caratteristiche di Antonio Leo INTRODUZIONE Il libro di Antonio Leo è stato realizzato con queste caratteristiche: si riferisce all’insegnamento nella scuola dell’infanzia e nella scuola Primaria, gli argomenti principali sono presentati con una prospettiva evolutiva per evidenziare le linee di tendenza dei cambiamenti in atto, ha la consapevolezza di non poter dire tutto (= si focalizza sui nuclei fondanti) e consiste nel presentare gli argomenti seguendo un ideale ingresso nel mondo scolastico da parte dei giovani studenti, ponendoli idealmente nella situazione che si auspica reale nel loro futuro. 1. CONCETTI GENERALI SULLA NORMATIVA SCOLASTICA atti normativi (= fonti del diritto) Un atto normativo è un atto idoneo a produrre norme, cioè un documento costituito da una serie di affermazioni in italiano, che definisce e regola una certa materia o un ambito più o meno vasto di argomenti. Vengono elaborati da organismi competenti, soprattutto il Parlamento. Sono il risultato di un’azione complessa, di un procedimento, cioè una serie di atti, compiuti da organi istituzionali diversi, preordinati e finalizzati al risultato finale, che è l’emanazione della legge formale (= contiene norme). Prima di entrare in vigore la legge viene discussa attraverso un iter parlamentare (= procedimento). Il testo definitivo della legge viene promulgato (= reso pubblico → come prevede la Costituzione all’art. 87, il Presidente della Repubblica promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti) dal Presidente della Repubblica, perciò pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, ossia la raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica Italiana. Tramite la pubblicazione dell’A.N. le nuove norme entrano a far parte di un insieme ordinato di norme che regolano la realtà → si parla di fonte normativa o fonte del diritto. Vari tipi di atti normativi: Legge, Decreto Legislativo, Decreto-Legge, Decreto del Presidente della Repubblica, Decreto Ministeriale, Ordinanza Ministeriale, … Identificati in modo univoco mediante: data pubblicazione, numero e oggetto (= materia in cui interviene). Gli A.N. possono avere un nome: Legge 107/2015 conosciuta come La buona scuola p.15. Dopo l’ultimo comma dell’unico articolo di questa legge, il 212, che precisa la data di entrata in vigore delle norme, troviamo la formula di rito, la data di promulgazione, la firma del Presidente della Repubblica, del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministero interessato. Partizioni: Un testo normativo è suddiviso in parti, gli articoli art., a loro volta suddivisi in commi c.. Queste sono le partizioni sempre presenti, ma ce ne possono essere altre quando testi ampi e articoli numerosi. Un esempio è il Testo Unico delle disposizioni legislative e materia di istruzione (D. lgs. 297/94), che è un testo normativo nel quale sono riunite tutte le norme di un settore. Partizioni di un testo legislativo = parte → titolo → capo → sezione (paragrafi) → articolo (commi). Gli articoli, nei testi normativi, sono sempre presenti. Alcuni ne hanno solo 1, come la legge n.107/2015. Un caso diverso di partizione del testo è la Costituzione, che è un testo di legge fondativo, che stabilisce la struttura del nostro Stato ed è il riferimento principale per tutte le altre leggi. le norme I testi di legge contengono norme, che sono regole con alcune caratteristiche distintive. Sono: - imperative: in quanto esplicazione di un potere, il potere legislativo, di cui è titolare il Parlamento. Le norme sono cogenti, cioè vanno rispettate obbligatoriamente; - generali: riguardano una generalità di persone, ci sono norme rivolte a tutti i cittadini, ma anche rivolte ad una generalità di persone che rientrano in una o più condizioni; 1 - astratte: identificano e regolamentano situazioni in astratto, per poi venire applicate nei casi concreti; - hanno forza di legge: hanno la capacità di innovare o escludere dall’Ordinamento (= insieme di leggi o atti normativi) una o più norme già esistenti che siano in contrasto con esse. Una norma è vigente o in vigore quando è pienamente valida ed esplica i suoi effetti; cessa di avere la capacità di regolamentare quando viene abrogata da un’altra norma, con pari grado rispetto a quella abrogata, che interviene sulla preesistente. Se si tratta di una norma di rango inferiore, l’abrogazione dev’essere espressamente prevista da una legge del Parlamento. L’abrogazione avviene o con un riferimento generale a norme incompatibili o con riferimenti espressi. La deroga è un’eccezione ad una norma, giustificata da circostanze eccezionali e limitata nel tempo. Un esempio è costituito dalle norme sugli esami di Stato negli anni scolastici interessati dalla pandemia. dispositivi e norme Il testo di legge costituisce il dispositivo. A volte si usano come sinonimi i termini ‘disposizione’ e ‘norma’ che hanno significato di regola, e ‘dispositivo’, che è più propriamente il testo che contiene una o più norme. Qui emerge la differenza fra testo normativo e norma propriamente detta: questa non sempre coincide con le partizioni in articoli e commi con cui il testo legge è organizzato. le fonti normative Le fonti sono gli atti normativi in quanto idonei a produrre le norme. Si distinguono per come sono originate (l’iter seguito), per i loro contenuti e per le relazioni che le collegano. La Carta Costituzionale è l’atto normativo fondamentale; a seguire, le altre fonti normative si possono dividere in categorie di grado decrescente. - COSTITUZIONE ITALIANA e LEGGI COSTITUZIONALI - FONTI PRIMARIE • Legge ordinaria • Leggi regionali • Leggi UE (recepiti in norme del nostro Ordinamento) • Atti aventi forza di legge o Decreto legislativo o Decreto-legge - FONTI SECONDARIE • Regolamento • Decreto ministeriale • Decreto interministeriale • Ordinanza ministeriale - FONTI INTERPRETATIVE • Circolari ministeriali • Note ministeriali ● la Costituzione Insieme alle leggi costituzionali (che la modificano) occupano il gradino più alto della gerarchia delle fonti. É la nostra Carta fondamentale, a cui si devono riferire e conformare tutte le norme. E’ stata promulgata il 27 dicembre 1947, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 27 dicembre 1947 n.298; è entrata in vigore il 1° gennaio 1948. Nell’ultimo suo titolo, Garanzie costituzionali, si prevede la Corte Costituzionale (= Consulta), formata da 15 giudici, che ha come compito principale quello di giudicare sulla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge dello Stato e delle Regioni. Conferma o meno la 2 qualità umane delle professionalità che vi lavorano: dalle persone dipende ciò che la scuola riesce a realizzare. Secondo la Costituzione, la scuola è governata da norme generali sull’istruzione, dettate dallo Stato, basate sui principi descritti dagli articoli 33, 34, 3 (sopra citati e descritti). l’istituto scolastico ● struttura dell’Istituto scolastico Gli istituti comprensivi (IC) comprendono vari gradi di scuola. La scuola primaria e secondaria di 1° formano il Primo ciclo di Istruzione e sono obbligatorie; pertanto sempre presenti negli IC, a differenza della scuola dell’Infanzia che non è obbligatoria. Dal punto di vista giuridico l’Istituto è un’unica entità amministrativa, dotata di personalità giuridica. Ogni Istituto ha un suo dirigente, che è il responsabile del suo funzionamento ed è coadiuvato da un Ufficio di Direzione, che comprende personale con ruoli diversi. L’IC è una realtà amministrativa finalizzata alla formazione (3-14 anni). ● principale riferimento per l’azione educativa Il riferimento normativo principale sono le Indicazioni Nazionali per il curricolo della scuola dell’Infanzia e del Primo Ciclo di Istruzione, emanate con Decreto Ministeriale del 16 novembre 2012 n. 254. La loro prima versione (2004) aveva sostituito i Programmi Ministeriali, in quelle vigenti (2012) si tracciano le coordinate principali di un percorso finalizzato alla progressiva e sempre più consapevole acquisizione di conoscenze, abilità e competenze, il cui risultato finale è esplicitato nel Profilo delle competenze al termine del primo ciclo di istruzione. In questo documento, la scuola dell'Infanzia viene assunta a pieno come parte integrante di un percorso pluriennale. ● nascita e sviluppo dell’Istituto Comprensivo Prima dell'istituzione degli IC, le scuole funzionavano in entità amministrative diverse, basate sull’idea separata delle varie fasce d’età: - Circoli Didattici → che comprendevano scuole Materne e Elementari (denominate così fino al 2004), capo d’Istituto era il Direttore Didattico; - Scuole Medie → capo d’Istituto era il Preside. Nella pratica, ciò aveva portato all’esistenza di realtà anche molto ridotte, soprattutto nelle zone di montagna (L. 97/1994). La nascita degli IC è stata originariamente una risposta ad una situazione emergenziale, quella dello spopolamento di zone montuose. La decisione di costituire IC spettava ai comuni montani singoli o in consorzio tra loro. La verticalizzazione ha permesso a molte scuole di non essere soppresse, ma di continuare a permanere in un insieme integrato di scuole che formavano un’unica realtà amministrativa. L'idea di IC prendeva corpo anche come idea di progetto pedagogico di ‘scuola verticale’. In anni più recenti, la generalizzazione degli IC è stata favorita dai piani di dimensionamento collegati all’Autonomia scolastica. Riassumendo, le evoluzioni delle precedenti realtà in IC ha avuto ispirazioni diverse: una è costituita dalle ragioni di razionalizzazione dell’offerta formativa (emergenza L. 97/94), un’altra di natura pedagogica (si è affermata l’importanza di creare una ‘filiera’ formativa che avesse carattere di continuità. L’IC è considerato un’occasione di riflessione sulla continuità degli interventi e sulla collaborazione dei docenti). Nel Veneto, gli Istituiti che comprendono scuole fino alla secondaria di 1° sono per la > IC. ● composizione e identificazione dell’Istituto scolastico L’IC è formato da diverse scuole di diversi gradi. Solitamente il processo di trasformazione dei precedenti Istituti (Direzioni Didattiche e Scuole Medie) ha seguito il criterio di accorpare in un unico Istituto le scuole che appartenevano allo stesso territorio comunale; questo non è stato possibile in tutte le realtà. Le singole scuole sono chiamate anche plessi o plessi scolastici (questo termine richiama ‘complesso’ e dà l’idea di aggregazione e confluenza, intreccio). Nella > parte delle realtà, ogni plesso ospita un grado di scuola e, sempre, ha una sua intestazione/nome che prima deve proporre al Comune, al quale compete la deliberazione finale. L’esistenza di omonimie è un dato di fatto; per identificare in maniera 5 univoca ogni plesso e ogni IC vengono usati i Codici meccanografici, che sono codici alfanumerici univoci di 10 cifre. Un Istituto ha il suo codice e le scuole appartenenti a quell’Istituto hanno ognuna il proprio codice. Le prime due lettere indicano la Provincia; le altre due indicano il tipo di Istituto, oppure il grado della singola scuola: ‘AA’ per l’infanzia, ‘EE’ per la primaria e ‘MM’ per la scuola secondaria di 1°. I codici si reperiscono nel sito della scuola o consultando il servizio Scuola in Chiaro. In ogni singolo plesso funziona un certo numero di classi (primaria e secondaria) o di sezioni (infanzia). In base al numero di classi viene assegnato all’Istituto l’organico, ossia l’insieme del personale docente e non docente. ● personale L’IC ha un capo d’istituto, il Dirigente Scolastico (denominazione che ha sostituito ‘Direttore Didattico’ o ‘Preside’). Ha la rappresentanza dell’Istituto ed è l’unico che può firmare documenti ufficiali in nome della scuola. Il personale docente è il più numeroso ed ha la responsabilità dell’azione educativa. I docenti, singolarmente o nei vari organi collegiali, prendono decisioni tecniche, che riguardano nel merito l’insegnamento e le sue modalità. L’insieme di tutti i docenti dell’istituto forma il Collegio dei Docenti. Prima che diventasse norma la formazione universitaria dei docenti di tutte le scuole, nelle elementari insegnavano maestri diplomati all’istituto magistrale (4 anni), nelle materne coloro che avevano frequentato la scuola magistrale (3) e alle scuole medie insegnavano docenti laureati → idea che la preparazione richiesta è minore man mano che diminuisce l’età dei discendenti (❌). Tale idea è stata superata con il riconoscimento della differenza fra il possesso di conoscenza e la capacità di porgere le conoscenze stesse nelle forme idonee all’età degli allievi. La didattica e non solo la conoscenza (i contenuti) è lo ‘specifico professionale’ dell’insegnante; ci sono > difficoltà man mano che l’età degli allievi diminuisce. Nell’istituto lavora anche il personale ATA (Amministrativo, Tecnico, Ausiliario). Il DSGA, Direttore dei Servizi Generali e Amministrativi (= segretario), sovrintende ai servizi amministrativi nell’ambito delle direttive del capo d’istituto. É fondamentale per il funzionamento della scuola e il suo lavoro, si svolge nella segreteria che fa parte dell’Ufficio di Direzione. I Collaboratori scolastici (= bidelli), oltre ad occuparsi delle pulizie dei locali scolastici, sono anche coloro che collaborano con i docenti in situazioni di emergenza e sono i primi interlocutori nei confronti di una persona esterna. gli ordinamenti Possono avere un significato molto ampio, quando indica il complesso delle leggi di uno Stato, ma ha anche un significato più specifico: l’insieme delle norme che regolamenta un determinato settore della vita del Paese. L’Ordinamento scolastico comprende numerose norme riguardo alle scuole presenti negli I.C.. Nel nostro ordinamento le scuole sono organizzate nel Sistema Nazionale di Istruzione e Formazione. L’attuale organizzazione delle annualità scolastiche è quella disegnata nella L. 53/2003, art.2: promosso l'apprendimento in tutto l’arco della vita, assicurate a tutti pari opportunità di raggiungere elevati livelli culturali e di sviluppare le capacità e le competenze, assicurato a tutti diritto all’istruzione e alla formazione e il sistema educativo di istruzione e formazione si articola nella scuola dell’infanzia, in un primo ciclo e in un secondo ciclo. All’emanazione di questa legge sono seguiti i Decreti Legislativi attuativi. I riferimenti principali di ordinamento delle scuole dell’Infanzia e del primo ciclo attualmente sono: - L. 28 marzo 2003 n.53 → Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale; - DPR 20 marzo 2009 n.89 (revisione assetto ordinamentale, organizzativo e didattico) e n.81 (riorganizzazione della rete scolastica); - L. 13 luglio 2015 n.107 → Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti. norme ordinamentali 6 SCUOLA DELL’INFANZIA istituzione → l’idea che lo Stato dovesse prendere in carico fascia 3-6 aveva alla base l’esigenza di superare una situazione che vedeva la preponderanza di scuole confessionali, sia l’affermazione di modelli pedagogici. Uno degli esponenti più illustri di questi cambiamenti ‘dal basso’ fu Bruno Ciari; identità → facoltativa (vengono emanati Orientamenti, non Programmi) e gratuita, ha una sua autonoma funzione educativa. Primi orientamenti sono del 1969, poi 1991. Questo impianto si trova nelle attuali e vigenti Indicazioni Nazionali del 2012; durata → 3 anni; orario → 40 ore; accesso → prima bambini che hanno compiuto 3-5 anni entro il 31 dicembre dell’anno scolastico, poi 3 anni entro 30 aprile; formazione delle sezioni → min 18, max 26. SCUOLA PRIMARIA istituzione → nata dall’idea base della necessità di elevazione del livello di istruzione dei cittadini. Prima legge che parla di scuola obbligatoria è la L. Casati (1859), mentre nel periodo fascista impostata sulla riforma Gentile. Dal 2^ dopoguerra c’è progressivo coinvolgimento dello Stato nel compito di creare condizioni per una scuola formativa e inserita in un’idea complessiva del sistema. Riforma 1990 → previsione di un organico più numeroso rispetto a 1 classe/1 insegnante, L’autonomia (1999) e la modifica del titolo V Costituzione, hanno portato a riconfigurare le finalità e l’impianto complessivo del sistema. Riforma 2015 → rafforzamento dell’autonomia degli Istituti Scolastici; identità → nuovo assetto della scuola, a partire dalla L. Delega n.53/2003, ha introdotto le denominazioni attuali e ha portato al passaggio dai Programmi alle Indicazioni Nazionali; durata → 5 anni, obbligatoria; orario → 27 ore; accesso → bambini che hanno compiuto 6 anni entro il 31 dicembre dell’anno scolastico; formazione delle sezioni → min 15, max 26. SCUOLA SECONDARIA DI 1° GRADO istituzione → la Scuola media Unica è stata istituita nel 1962; fu una conquista per l’allargamento delle possibilità a tutti e per l’attuazione dell’art. 34 della Costituzione (istruzione inferiore gratuita e obbligatoria per 8 anni). In precedenza, dopo le elementari, doveva operare una scelta tra Scuola Media e Avviamento professionale. identità → le Indicazioni Nazionali vigenti presentano come unitario il Primo Ciclo di Istruzione, distinguendo la Primaria dalla Secondaria solamente nella parte riguardante le scansioni del curricolo; durata → 3 anni, obbligatoria; orario → 30-36 ore; accesso → bambini che hanno terminato la scuola Primaria. Riforma 2004 → abolito l’esame di Stato di quinta elementare; formazione delle sezioni → min 18, max 27. Alcune norme per la formazione delle classi (contenute nel DPR 81/2009) sono in grado di influire sui meccanismi già visti: A. formazione delle classi iniziali in base al numero complessivo degli alunni iscritti. determinato il numero delle predette classi e sezioni, il Dirigente scolastico procede all’assegnazione degli alunni alle stesse secondo le diverse scelte effettuate; B. formazioni delle classi con alunni disabili, non più di 20 studenti a classe (solitamente). attività tipiche della vita dell’istituto in un anno scolastico ● tempi 7 l’erogazione del servizio di educazione, formazione e istruzione; ha dei doveri volti a perseguire il successo formativo degli alunni. la funzione docente nella normativa Dagli anni ‘90 molte funzioni sono passate dallo Stato agli uffici periferici, questo per superare la concezione dello Stato e della sua Amministrazioni visti in posizione di preminenza rispetto ai cittadini. Norme fondamentali che riguardano la funzione docente sono: 1. nel Testo Unico (D.lgs n. 297/1994) vengono individuate 3 funzioni: funzione docente. funzione dirigente e funzione ispettiva. Nell’art. 395 afferma che la funzione docente è l'esplicazione essenziale dell’attività di trasmissione della cultura e che i docenti, oltre a svolgere il loro normale orario di insegnamento, espletano le altre attività connesse con la funzione docente. 2. Il Regolamento dell’Autonomia scolastica (DPR 275/99) nell’art. 4, dice che bisogna costruire percorsi formativi concreti adatti agli alunni, che valorizzano le loro diversità e potenzialità. 3. Nelle Indicazioni Nazionali per il curricolo nel 1° Ciclo si afferma che, all’interno di ogni scuola, assume importanza la ‘comunità professionale dei docenti’, che si impegna a riconoscere le differenti capacità, sensibilità e competenze. 4. La L.107/15 ha introdotto il concetto di organico dell’autonomia, si chiama così perché una delle finalità di questa legge è quella di potenziare le possibilità offerte dall’autonomia. 5. Il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro parla di scuola come comunità e traccia un coerente profilo del docente. L’art.24 riguarda la comunità educante, l’art.26 contiene le declinazioni delle attività del docente; un buon insegnamento si basa anche su attività di coordinamento organizzativo. Nell’art.27 parla del profilo professionale del docente, che è costituito da competenze disciplinari, informatiche, linguistiche, valutative, … 6. Il Decreto Ministeriale 850/15 regolamenta l’anno di formazione e prova dell’insegnante neo-assunto. L’art. 4 esplica le competenze degli insegnanti dividendoli in 4 ambiti: - competenze culturali, disciplinari, didattiche e metodologiche; - competenze relazionali, organizzative e gestionali; - osservanza dei doveri connessi con lo status di dipendente pubblico e inerenti alla propria funzione; - partecipazione alle attività formative. l’organico dell’autonomia Un dato Istituto ha un suo organico; chi lavora stabilmente nell'organizzazione → fanno parte di un ‘corpo unico’ (= ognuno ha una sua funzione entro un insieme coordinato) → esiste un vincolo fra chi entra a far parte dell’Amministrazione e l’Amministrazione stessa → le azioni poste in essere dal singolo docente è come fossero poste in essere dall’Amministrazione stessa. L’Organico dell’Autonomia è la somma dell’organico per assicurare i compiti ordinamentali (= attività ordinarie) e dell’organico di potenziamento (= più docenti per arricchire l’offerta formativa o assicurare funzioni di coordinamento). norme sul lavoro dei docenti L'insieme dei diritti e doveri degli insegnanti deriva da fonti normative diverse, sia di carattere generale, sia locale. Ci sono norme che riguardano le modalità di svolgimento del lavoro, contenute nel Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro per il personale della scuola (CCNL). Alcuni ambiti vanno regolati con norme pattizie (= derivano da un patto fra le parti). svolgimento del lavoro Alcune norme nazionali di riferimento, contenute nel Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del Comparto Istruzione e Ricerca, riguardano modalità di svolgimento del lavoro, quindi di esplicazione della funzione. Art.28 → vengono dettate le norme per l’attività dei docenti (= obblighi): attività di 10 insegnamento (= ore settimanali di lavoro) e attività funzionali all’insegnamento (= ogni impegno inerente alla funzione docente previsto dai diversi ordinamenti scolastici. la formazione Formazione iniziale → acquisita con il corso di laurea specifico, a cui possiamo aggiungere la preparazione individuale per partecipare al concorso per l’immissione in ruolo. Formazione in servizio → alla quale il docente già assunto partecipa per aggiornare e migliorare le proprie competenze professionali. Un caso particolare è la formazione che il docente neo-assunto deve seguire nel suo primo anno di lavoro (= periodo di formazione e prova). La formazione non può essere frutto di un’adesione volontaria, ma è tutt’uno con la professionalità docente. Il Collegio docenti delibera un Piano di formazione annuale che è parte integrante del PTOF (= Piano Triennale dell’Offerta Formativa) e coordinato con il Piano di Miglioramento. La legge 107/15 ha voluto dare una connotazione molto concreta a questa impostazione, istituendo la carta del docente (titolo di credito di 500€ all’anno per attività coerenti con ciò che ho scritto prima). oltre gli orari La funzione docente coincide con lo svolgimento della professione = ‘insegnare’ significa esercitare un complesso di competenze che non riguarda la mera ‘trasmissione della cultura’, ma che ha finalità di rendere viva tale trasmissione per far si che gli allievi partecipino attivamente all'elaborazione della cultura. L’autonomia ha comportato una maggiore libertà di azione rispetto all’organizzazione precedente della scuola, ma anche una doverosa attenzione alla documentazione e rendicontazione della pratica dell’insegnamento. L’agire secondo regole, non è semplicemente imposto dalla legge, ma è suggerito princiupakemnte dalla necessità di perseguire e raggiungere efficacemente gli obiettivi istituzionali → se si ha a cuore la scuola, è fondamentale far coincidere il profilo legale della funzione e dell’autonomia con quello che meglio permette di raggiungere le finalità formative che ci si propone. 5. ORGANI COLLEGIALI E FIGURE DI SISTEMA DELL’ISTITUTO SCOLASTICO: LA GOVERNANCE La normativa scolastica prevede una suddivisione delle competenze per il governo dell’Istituto; le decisioni per il funzionamento della scuola sono attribuite ad organi monocratici, cioè individuali (= dirigente) e ad organi collegiali (= insieme di persone qualificate per deliberare in una o più materie). Gli organi collegiali sono stati istituiti mediante il Decreto 416/74 (originavano da una legge delega dell’anno prima) → intento di rendere più partecipe la scuola. Il contenuto del Decreto 416/74 è stato trasfuso nel Testo Unico della normativa scolastica (D.Lgs 297/94) che rimane il principale in materia. Governance → assicurata sia dalla presenza degli organi collegiali sia da figure di sistema che curano il funzionamento e lo sviluppo di settori particolari. composizione e attribuzioni degli organi collegiali Gli organi collegiali funzionano a vari livelli. A livello di plesso o di classe funzionano i: Consiglio di Intersezione → per ogni plesso di scuola dell’Infanzia. Formato dalle insegnanti delle diverse sezioni di ogni singola scuola dell’Infanzia. [DOCENTI DELLE SEZIONI DELLO STESSO PLESSO]; Consiglio di Interclasse → per ogni plesso di scuola Primaria. Formato dagli insegnanti delle diverse classi di ogni singolo plesso scolastico di Primaria. [DOCENTI DELLE CLASSI DELLO STESSO PLESSO]; Consiglio di Classe → ogni classe di scuola Secondaria. Ogni classe ha un proprio consiglio di classe, formato dai docenti che vi insegnano [DOCENTI DELLA STESSA CLASSE]. I consigli con la sola presenza degli insegnanti sono definiti tecnici; si occupano di valutazione dell’andamento didattico, di coordinamento didattico, di raccordi interdisciplinari, … 11 Ai consigli partecipano anche i rappresentanti dei genitori → in questo caso il Consiglio si riunisce in forma plenaria. In entrambe le situazioni (con/senza genitori) i Consigli hanno potere di proposta riguardo a problematiche più generali sulle quali delibera poi il Collegio dei docenti o il Consiglio di Istituto. Durano in carico 1 anno → per la parte docente sono automaticamente formati dai docenti in servizio. A livello dell’Istituto nel suo insieme funzionano i: Collegio dei docenti → è formato da tutti i docenti in servizio nell’Istituto ed è presieduto dal dirigente scolastico. Si tratta di un organo collegiale di durata annuale, perché l’organico non rimane lo stesso da un anno all’altro. Vi partecipano i docenti di ogni grado di scuola presente nell’Istituto. Il Collegio si divide per articolazioni (è molto numeroso) e può essere convocato per una o più di esse. Una può essere per il grado di scuola (es: solo scuola Infanzia), per classi parallele (es: docenti prima classe), per Dipartimenti disciplinari (es: docenti di lingua italiana) o per Aree disciplinari (esempio: Italiano, Storia, Geografia). Nell’ambito della sua autonomia didattica, il Collegio è titolato ad agire “adottando tutte le iniziative utili al raggiungimento del successo formativo” degli alunni. Ha compiti tecnici → delibera sugli aspetti riguardanti il funzionamento didattico → le sue deliberazioni costituiscono buona parte del Piano Triennale dell’Offerta Formativa: elabora PTOF, esamina proposte dei Consigli, delibera suddivisione dell’anno scolastico in periodi didattici, delibera Piano della Formazione in servizio, individua Funzioni Strumentali all’Offerta Formativa, valuta andamento, delibera criteri generali di valutazione, adotta libri di testo, elegge rappresentanti di Consiglio di Istituto, elegge membri del Comitato per la Valutazione dei docenti, formula proposte per la formazione e la composizione delle classi, … Consiglio di Istituto e Giunta Esecutiva → il Consiglio di Istituto è composto da appartenenti a tutte le componenti scolastiche: il dirigente, i rappresentanti dei docenti e quelli del personale ATA, i rappresentanti dei genitori. Dura in carica 3 anni. Il consiglio elegge: il Presidente, la Giunta Esecutiva (= prepara i lavori del Consiglio e si rapporta con soggetti esterni). Quest’ultima è formata da: dirigente scolastico, DSGA, 1 rappresentante docenti, 2 rappresentanti genitori e 1 del personale ATA. Il Consiglio delibera il Regolamento dell’Istituto e approva il Piano triennale dell’Offerta Formativa (PTOF), delibera il bilancia preventivo e consuntivo, delibera adattamenti del calendario scolastico e l’adesione a reti di scuola,m e fissa i criteri di utilizzo dei locali scolastici. Comitato per la Valutazione dei docenti → eletto dal Collegio dei Docenti. il dirigente e il DSGA Dirigente scolastico → organo monocratico (= individuale). Una svolta decisiva è stata l’autonomia scolastica nel 1997; in attuazione delle norme lì contenute è stato emanato il D.Lgs 59/98, con cui si disciplinava l’attribuzione della qualifica dirigenziale ai capi di Istituto. Si acquisiva la qualifica mediante un apposito corso-concorso selettivo di formazione → chi ha superato le prove ha conseguito la qualifica dirigenziale; sono perciò diventati titolari della funzione dirigenziale. Ha l’onere generale di far funzionare la scuola ‘secondo criteri di efficienza ed efficacia formative’. Gli spettano autonomi poteri di direzione, coordinamento e valorizzazione delle risorse umane. Direttore dei Servizi Generali e Amministrativi (DSGA) → cosiddetto segretario, che ha competenze in materia amministrativo-contabile e di organizzazione del personale ATA, nell’ambito delle direttive impartite dal dirigente. altre figure di sistema la L. 107/15 prevede che il dirigente possa individuare nell’ambito dell’organico dell’autonomia fino al 10% di docenti che lo coadiuvano in attività di supporto organizzativo didattico dell’istituzione scolastica. ● collaboratori del dirigente scolastico Sono 2 e sono scelti dal dirigente. Unp è il docente con funzioni vicarie (= primo collaboratore) che sostituisce il dirigente quando questi è assente, l’altro redige i verbali del Collegio dei docenti. ● coordinatori di plesso 12 elementare e media; b) Provincia: esercita in maniera di edilizia scolastica che sono connessi alla istruzione secondaria superiore e alla formazione professionale. Le Province, quindi, hanno compiti e funzioni riguardo la scuola secondaria di 2°, mentre i Comuni esercitano i loro compiti e funzioni nei riguardi delle scuole dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione. I Comuni insieme alla collaborazione con i presidi sanitari nel territorio assolvono al dovere di agevolare il diritto allo studio degli alunni diversamente abili fornendo personale preparato o attrezzature necessarie. Di competenza dei Comuni: - contribuiscono a fornire personale o le attrezzature necessarie (per agevolare il diritto allo studio degli alunni diversamente abili); - manutenzione ordinaria e straordinaria di edifici e attrezzature; - riscaldamento e illuminazione; - mense scolastiche; - spese normali di gestione; - chiusura scuole in emergenze, poiché l’autorità sanitaria del territorio è per legge il Sindaco. Il Regolamento DPR 275/99: articolazioni e strumenti dell’autonomia scolastica Le leggi ordinarie rimandano ai regolamenti la definizione di norma attuative e di dettaglio; quindi, in caso dell’Autonomia scolastica, la L. 59/97 stabilisce principi e vincoli per il regolamento di attuazione → emanato con DPR 275/99. • Autonomia funzionale della scuola: norme da intendersi come inserite in un più ampio sistema. L. 107/15 presenta alcune modifiche apportate nel sistema scolastico, con l’intento di realizzare appieno l’Autonomia scolastica. ● il Piano Triennale dell’Offerta Formativa (PTOF) Nel regolamento dell’autonomia scolastica, all’art. 3, si afferma: «ogni istituzione scolastica predispone il piano dell’offerta formativa» Successivamente la L. 107/15 ha reso il POF triennale (PTOF), modificando alcuni aspetti e ribadendone altri. Nel piano vi sono contenuti di maggiore respiro e altri che possono variare, come singole progettazioni, il Piano di formazione dei docenti e altri: • deve esserci coerenza “con gli obiettivi generali ed educativi determinati a livello nazionale” e le scelte devono “riflettere le esigenze del contesto culturale, sociale ed economico della realtà locale”; • il piano viene elaborato dal Collegio dei docenti (sulla base degli indirizzi definiti dal dirigente scolastico) e viene approvato dal Consiglio d’Istituto; • il PTOF deve contenere anche indicazioni per la copertura del fabbisogno: di personale nei diversi ruoli e di infrastrutture e attrezzature materiali; • nei PTOF viene esplicitata l’organizzazione dell’istituto e delle singole scuole; • ne fanno parte anche i criteri generali di valutazione degli alunni, il Piano per la formazione dei docenti e la programmazione delle attività formative per il personale ATA, il Piano per l’inclusione, il Piano di Miglioramento dell’Istituzione Scolastica. Nel PTOF sono riunite tutte le decisioni che caratterizzano l’Offerta formativa dell’istituto, ed in coerenza con l’obbligo di trasparenza l’istituto pubblica il suo documento fondamentale nel sito ufficiale, ma anche nel Portale unico dei Dati della scuola, secondo la L. 107/15. ● Autonomia didattica Art. 4 del DPR 275/99 → Le scuole, nel rispetto della libertà di insegnamento, di scelta educativa delle famiglie e finalità generali del sistema, possono intervenire nella costruzione di percorsi educativi e adottare iniziative che promuovano le potenzialità degli alunni rispettando le diversità. Il comma 2 specifica le modalità: • articolazione modulare del monte ore disciplinare; 15 • definizione di un’unità di insegnamento non coincidenti con l’orario delle lezioni; • attivazione di percorsi didattici individualizzati; • articolazione modulari di gruppi di alunni provenienti da classi o anni diversi; • aggregazione delle discipline in aree e ambiti disciplinari. I vincoli da rispettare sono il monte ore annuale delle lezioni e l’orario complessivo dei docenti. Il testo prosegue affermando che la scuola assicura la realizzazione di attività di recupero e di sostegno. Un’altra azione rientrante nell’autonoma decisione dei docenti è la scelta degli strumenti, come i libri di testo → è possibile scegliere strumenti alternativi, purché in coerenza con il Piano dell’offerta formativa. ● Autonomia organizzativa Art. 5 del Regolamento → anche riguardo l’impiego dei docenti, le scuole adottano ogni modalità organizzativa che sia espressione di libertà progettuale e sia coerente con gli obiettivi generali e specifici di ciascun tipo e indirizzo di studio. Anche l’orario del curricolo è flessibile, mantenendo però il rispetto del monte ore annuale. Quindi, il lavoro dei docenti può non avere modalità standard. ● Autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo Art. 6 del Regolamento: le possibilità di ricerca, sperimentazione e sviluppo (elencate nel comma 1) riguardano la valutazione, la formazione del personale, l’innovazione metodologica e disciplinare, l’utilizzo delle tecnologie, la documentazione educativa, gli scambi di informazioni esperienze e materiali, l’integrazione tra le diverse articolazioni del sistema. Mentre nel c.2 afferma che, per ricerche che modificano la flessibilità curricolare serve l’autorizzazione mediante un Decreto del Ministro dell’Istruzione. ● Reti di scuole Le reti di scuola sono un utile strumento per la realizzazione delle finalità istituzionali in autonomia. Le scuole possono consorziarsi in reti attraverso accordi formali sottoscritti dai dirigenti scolastici e deliberati dai Consigli di Istituto. Possono inoltre stipulare convenzioni con Enti esterni (es. università) o con enti e associazioni del territorio (es. biblioteche). ● Curricolo dell’autonomia Art. 8 del regolamento specifica elementi che hanno la finalità di assicurare l’unitarietà del servizio sul territorio nazionale.: • lettere a) b) obiettivi generali del processo formativo e gli obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni; • lettere c) d) e) le discipline, il loro monte ore annuale, nonché l'orario annuale complessivo dei curricoli; • lettera g) gli indirizzi generali per la valutazione degli alunni. Nel comma 3 e 4, inoltre, si sottolinea l’esigenza che la scuola sia in costante contatto con il territorio. Testi di riferimento 1) DPR 8 marzo 1999, n. 275 con 8 articoli (DPR 275/99): Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche; 2) Legge 13 luglio 2015, n. 107 con un articolo (L. 107/15): Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti. 7. LE INDICAZIONI NAZIONALI PER IL CURRICOLO il contesto culturale e legislativo all’origine delle indicazioni nazionali 16 Le Indicazioni Nazionali vigenti sono del 2012 e costituiscono il punto di arrivo di un cammino legislativo nel quale ci sono state diverse versioni successive del documento. Per inserirsi nel mondo del lavoro e per rimanervi, occorre avere a disposizione: conoscenze, abilità e competenze che vanno al di là della mera accumulazione di conoscenze; la disponibilità ad imparare ben al di là degli anni della carriera scolastica; e la disponibilità a scambi di beni immateriali quali competenze e formazione. Il nodo principale sta nel nesso tra acquisizione del sapere e capacità di costruire progressivamente l'entrata e la mobilità nel mercato del lavoro: è il concetto di occupabilità. È necessario, dunque, assicurare una formazione in grado di consentire un apprendimento ulteriore → la priorità è apprendere ad apprendere. Gli obiettivi prioritari diventano il potenziamento delle abilità formali e l’integrazione di esperienza e conoscenza. Secondo il concetto di long life learning, l’acquisizione dei contenuti e dei metodi disciplinari rappresenta il modo attraverso cui la scuola educa e promuove la formazione della persona e del cittadino. Completa il quadro generale un'evoluzione del diritto verso istituti di partecipazione consapevole all'amministrazione, di avvicinamento dello Stato al cittadino. Sono fondamentali alcuni concetti, come: competenza, qualifica, apprendimento. Le due Raccomandazioni del Parlamento Europeo e del Consiglio in materia di competenze chiave per l'apprendimento permanente Un primo documento fondamentale è la Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006 → si invita a tener conto della prospettiva del long life learning, quindi a creare strutture adeguate per l’apprendimento permanente. Segue un allegato che contiene le otto competenze chiave per l’apprendimento permanente, per sostenere le situazioni di svantaggio e collegare politiche occupazionali, sociali e culturali. La Raccomandazione è stata rivista e sostituita dalla Raccomandazione del Consiglio del 2018 → si afferma da un lato un maggiore ruolo delle tecnologie in tutti gli ambiti, dall’altro la persistenza di una quota significativa di persone con competenze base insufficienti. Si afferma la centralità dello sviluppo sostenibile, si individua l’importanza dello sviluppo delle competenze in ambito STEM e l’importanza dell’apprendimento non formale e informale. Il quadro europeo delle qualifiche per l'apprendimento permanente (EQF) L’EQF fa parte della Raccomandazione del 2008. La Raccomandazione prosegue con delle definizioni: • Qualifica: risultato formale di un processo di valutazione e convalida, acquisito quando l'autorità competente stabilisce che i risultati dell'apprendimento di una persona corrispondono a standard definiti. • Risultati dell’apprendimento: descrizione di ciò che un discente conosce, capisce ed è in grado di realizzare al termine di un processo d'apprendimento. Sono definiti in termini di conoscenze, abilità e competenze. • Conoscenze: risultato dell'assimilazione di informazioni attraverso l'apprendimento. Sono un insieme di fatti, principi, teorie e pratiche relative ad un settore di lavoro o di studio. • Abilità: indicano le capacità di applicare conoscenze e di utilizzare know-how per portare a termine compiti e risolvere problemi. Sono definite come cognitive o pratiche. • Competenze: comprovata capacità di utilizzare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e personale. È, dunque, una capacità che presuppone conoscenze e abilità, ma che non si esaurisce nel loro possesso, perché consiste nel loro uso consapevole in situazioni note e non. Il concetto di competenza lo ritroviamo nelle nostre Indicazioni Nazionali vigenti, come punto di riferimento ineludibile per la costruzione del curricolo e la promozione degli apprendimenti. Le indicazioni nazionali ● Dai Programmi alle Indicazioni 17 All’interno del capitolo L’organizzazione del curricolo si parla di valutazione con “preminente funzione formativa che precede, accompagna e segue i percorsi curricolari” per sostenere l’apprendimento e come stimolare al miglioramento. Gli insegnanti hanno la responsabilità della valutazione e della scelta dei relativi strumenti, oltre che della comunicazione efficace dei risultati alle famiglie; il Collegio dei docenti fissa i criteri generali per la valutazione dell'apprendimento e del comportamento. Gli istituti scolastici sono responsabili dell’inserimento di modalità riflessive sulla propria azione e sulla propria offerta formativa, per poter perseguire il miglioramento. Ciò è possibile tramite autovalutazione e confronto tra i risultati dell’autovalutazione e di valutazioni esterne. ● in sintesi... Un concetto essenziale delle Indicazioni Nazionali è la capitalizzazione di esperienze di istruzione, educazione e formazione che lo studente attraversa nel corso della propria vita. La conseguenza è un ripensamento della didattica. La sottovalutazione della didattica è tipica della logica della scuola attenta alle sole conoscenze. Le Indicazioni Nazionali puntano al successo formativo di ognuno, all’integrazione dei saperi e allo sviluppo delle competenze, come uso delle conoscenze e delle abilità. In questa logica la didattica assume un ruolo di primo piano: la persona è coinvolta in esperienze linguistico-comunicative, scientifiche, operative; va stimolata negli alunni la capacità di usare saperi in contesti reali e motivanti. Le Indicazioni Nazionali sono sia un vincolo che un’opportunità: le programmazioni, i metodi adottati e gli strumenti usati per la valutazione e l’insegnamento possono essere i più vari però devono rispondere alle finalità delle Indicazioni Nazionali e assicurare il raggiungimento dei traguardi. 8. LA VALUTAZIONE Premessa Numerosi sono stati gli interventi legislativi che hanno interessato la scuola negli ultimi 20 anni e hanno sempre coinvolto la tematica della valutazione. Dal secondo dopoguerra c’era la valutazione in decimi come unica e indiscutibile modalità, applicata ad ogni situazione che potesse richiedere una valutazione.. Era una modalità affine ai Programmi ministeriali unici ed essenzialmente contenutistici → tradizione. La pagella serviva a comunicare le valutazioni dell’alunno ed era spesso sanzione di destini scolastici e oltre. Determinante è stata la critica mossa da don Lorenzo Milani verso questo metodo di valutazione → egli ha evidenziato infatti la selettività come caratteristica principale del sistema di valutazione del suo tempo: le modalità usate per insegnare e valutare riproducevano e amplificavano differenze derivanti dai contesti socioculturali di provenienza degli alunni, questo implicava la discriminazione e quindi una selezione sociale. Si sono evidenziati i limiti sociali e culturali della valutazione affidata alla soggettività del docente realizzata tramite prove “tradizionali”: componimenti di italiano, interrogazioni orali, problemi di matematica. Dagli anni ‘70 hanno iniziato ad affermarsi ricerche e pubblicazioni che hanno contribuito a diffondere prassi più consapevoli per la valutazione, per i diritti dei bambini e per la professionalità degli insegnanti. Ai tradizionali modi di valutare si andava sostituendo l’utilizzo delle prove oggettive : approccio di testing assessment ovvero valutazione tramite test/prove. Rispetto a ciò c’è stata un’altra evoluzione: è un processo in atto che evidenzia i limiti dell’utilizzo di prove oggettive in rapporto alle finalità della scuola. Tramite riflessioni sul valore della conoscenza e del suo uso consapevole ci si è orientati verso l’idea di competenza (concreta realizzazione nella Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006 e nella sua revisione 2018). A ciò si ispirano le nostre Indicazioni Nazionali tanto che la valutazione si sta orientando a comprendere forme nuove e più complesse, che hanno fanno definire ‘tradizionale’ anche il testing assessment, inteso però secondo una prospettiva di integrazione. Le prove oggettive non vanno abbandonate poiché utili a rilevare il possesso di conoscenze e abilità, ma 20 non possono essere le uniche poiché non tengono conto delle competenze. Le conoscenze e le abilità se rimangono “artificiali” nel contesto scolastico, costituiscono istruzione e non formazione. Quindi anche la valutazione deve riguardare situazioni vicine alla realtà, motivanti, che prevedano un apporto attivo da parte dell’alunno: collegare contenuti, usare abilità per risolvere problemi, mobilitare conoscenze apprese in contesti extra-scolastici → le prove di questo tipo sono prove autentiche o compiti di realtà utili alla verifica del possesso di competenze. Il loro utilizzo viene definito authentic assessment. Il cammino legislativo riguardo alla valutazione Negli ultimi 20 anni è emersa l’esigenza di far coesistere una valutazione interna ed una esterna: si è cercato di coordinare l’esigenza di personalizzare i curricoli e di rispondere ai bisogni educativi di ciascuno. Decisiva la svolta data della L. 517/1977, che ha abolito gli esami di riparazione nelle scuole elementari e medie ed ha stabilito modalità di valutazione che superano il voto. Con l’Ordinanza Ministeriale n. 236/1993 si è passati ad una scheda con giudizi sintetici espressi con lettere: A,B,C,D,E che corrispondevano in ordine decrescente alla riuscita nell’apprendimento. L’elemento positivo: si esprimevano in relazione a competenze, legate alle discipline e identificate, ed in rapporto al curricolo progettato. La scheda introdotta con l’Ordinanza 1993 ebbe vita breve e fu modificata con la Circolare Ministeriale 491/1996 in cui le lettere sono state sostituite da giudizi sintetici: ottimo, distinto, buono, sufficiente, non sufficiente. Questi si riferivano però alle discipline e le competenze invece erano riportate in un elenco ridotto nel riquadro di intestazione dove c’era il nome della disciplina. Il risultato era che si compilava il tutto con il giudizio sintetico previsto e con un riferimento alla sola disciplina → poteva essere comprensivo di tanti aspetti non espressamente considerati, come accade con un voto. Con l’intervento della L. 169/2008 si torna ai voti in decimi per: discipline, comportamento e competenze. Sempre con l’obiettivo di semplificare, ma anche con una convinzione espressa sulla maggiore capacità comunicativa e valutativa dei voti. In definitiva però era un grande passo indietro nella tematica della valutazione. Il DPR 122/2009 chiarì e pose come norme effettive alcuni principi come ad esempio: la tempestività della valutazione e la trasparenza dei criteri utilizzati. L’apporto innovativo della L. 107/2015 e del D.Lgs attuativo n. 62/2017 L'ultima riforma del sistema scolastico, attuata con la L. 107/15, nell’ambito di un obiettivo generale di rafforzamento dell’autonomia delle scuole, prevede l’elaborazione di tematiche attraverso Decreti Legislativi attuativi emanati il 13 aprile 2017. Il D.Lgs n. 62/2017 riguarda la valutazione e gli esami del 1° ciclo di istruzione. Conferma alcuni principi e innova le modalità di valutazione. Nell’art. 1 si spiega come intendere oggetto e finalità della valutazione; deve essere utile per la crescita e la formazione degli allievi, non come semplice ‘giudizio’ ma come risorsa per progredire. È mantenuta la votazione in decimi ma viene ancorata alle competenze espresse nei Traguardi per lo sviluppo delle competenze e agli Obiettivi di apprendimento così come li troviamo nelle Indicazioni Nazionali. È importante sottolineare la corrispondenza fra voti e livelli di apprendimento: i voti esprimono qualcosa che andrebbe comunicato con una descrizione analitica, cioè quello che l’alunno sa ed è capace di fare, a quali condizioni e in che contesti. Il D.lgs 62/2017 prevede anche un voto di comportamento, mediante un giudizio sintetico, che riguarda le competenze di cittadinanza; il riferimento vigente è diventato l’insegnamento trasversale di Educazione Civica. I docenti riguardo al processo valutativo: 1. elaborano il documento di valutazione/scheda (= strumento dove si esprime la valutazione) autonomamente perché non è previsto un modello ministeriale; 2. decidono (con delibera del collegio) criteri e modalità di valutazione che vengono inseriti nel PTOF; 3. valutano con un voto il livello raggiunto nelle discipline; 4. valutano il comportamento mediante un giudizio descrittivo sintetico; 21 5. accompagnano la valutazione con una descrizione del processo e livello di apprendimento; 6. certificano acquisizione delle competenze progressivamente acquisite, utilizzando modelli nazionali. Altri obblighi: 1. collegialmente stabiliscono la valutazione periodica e finale, singolarmente propongono la valutazione che poi viene decisa con votazione a maggioranza; 2. anche i docenti di sostegno fanno parte del gruppo di valutazione, per tutta la classe; 3. anche i docenti di religione, solo per gli alunni che fanno religione; 4. adottano iniziative per migliorare i livelli di apprendimento; 5. adottano efficaci sistemi di comunicazione con le famiglie riguardo le decisioni prese; 6. partecipano alle rilevazioni nazionali di apprendimento (prove INVALSI). Alla primaria: 1. ammettono i bambini alla classe successiva anche in presenza di livelli di apprendimento parzialmente raggiunti; in questi casi le scuole adottano specifiche strategie per il miglioramento; 2. possono non ammettere “con decisione assunta all’unanimità solo in casi eccezionali e con motivazione”. Alla scuola secondaria di 1° grado: 1. con adeguata motivazione si può non ammettere alla classe successiva (non è necessaria l’unanimità); 2. i ragazzi devono frequentare almeno i 3⁄4 delle ore; 3. le INVALSI sono requisito per l’ammissione all’esame, ma non interferiscono nelle valutazioni. Ordinanza ministeriale n°172/2020 (O.M. 172/2020) È attualmente l’ultimo intervento normativo riguardo le valutazioni e disciplina le modalità di formulazione delle valutazioni periodica e finale degli alunni della primaria. È accompagnata da delle Linee Guida. L’O.M. distingue fra valutazione periodica, finale (quelle che i docenti elaborano in relazione ai periodi didattici decisi dal collegio) e in itinere (quella che compiono i docenti in tutti gli altri momenti dell’anno scolastico). Le Linee Guida definiscono la valutazione come strumento per dare valore alla costruzione delle conoscenze, sollecitare il disimpegno, sostenere e potenziare la motivazione. Sempre le Linee Guida stabiliscono che gli obiettivi da valutare devono contenere l’azione dell’alunno e i contenuti disciplinari a cui l’azione si riferisce. I giudizi riguardo gli obiettivi sono organizzati in quattro livelli (in via di prima acquisizione, base, intermedio, avanzato). Ogni livello poi è definito su quattro dimensioni che caratterizzano l’apprendimento. Queste 4 dimensioni sono: autonomia, situazione nota o non nota, risorse mobilitate (utilizza risorse fornite dal docente o reperite in autonomia) e continuità dell'apprendimento. I livelli vengono descritti combinando le dimensioni appena descritte. Questa combinazione risulta molto varia ed efficace nel descrivere il livello di apprendimento. C’è la possibilità di integrare le quattro dimensioni con altre, se così avviene è necessario descrivere bene i criteri scelti. Per gli alunni disabili/DSA/BES sono validi i riferimenti del PEI (Piano Educativo Individuale per disabili certificati) e del PDP (Piano Didattico Personalizzato, per alunni con disturbi specifici dell’apprendimento) o della progettazione specifica. RIASSUMENDO · Il collegio docenti stabilisce un curricolo di istituto e i criteri/modalità per la valutazione · Valutazioni in itinere sono lasciate alla libera scelta del docente · Valutazione periodica/finale si svolgono in scrutinio Ora se si valuta seguendo gli obiettivi, questi sono numerosi e renderebbero molto lungo il documento → la soluzione è data dai Nuclei tematici utilizzati per organizzare gli obiettivi nelle Indicazioni Nazionali. La certificazione delle competenze Al termine della primaria e della secondaria di 1°, la scuola certifica le competenze. 22 3. scala a intervalli → siamo in grado di ordinare i soggetti, oggetti o eventi lungo un continuo, in base alla qualità osservata, ma anche di stabilire la distanza delle osservazioni lungo il continuo stesso. Ciò significa che disponiamo di un’unità di misura costante. Un esempio sono i tempi della corsa campestre. A differenza della scala ordinale in cui il criterio è relativo, con la scala intervalli ne abbiamo uno assoluto, che permette quindi di fare dei confronti delle stesse caratteristiche anche in momenti diversi. Operazioni: classificazione, mediana, moda, media e dispersione dei dati (calcolata con indici di dispersione). ● Le rubriche di valutazione In processi complessi come l'apprendimento e lo sviluppo delle competenze, si può essere oggettivi nel senso di costruire un accordo su cosa si possa intendere con voto. È indispensabile che quando si valuta si parli lo stesso linguaggio → accordo fra i soggetti diversi (docenti) riguardo alle valutazioni degli alunni di cui si condivide la responsabilità educativa → intesa intersoggettiva. Per realizzare una buona intersoggettività uno strumento idoneo è costituito dalle rubriche di valutazione. Costruire una rubrica di valutazione consiste nel far corrispondere degli indici sintetici a una descrizione dei comportamenti attesi, che sono le caratteristiche corrispondenti a ogni livello della scala. Castoldi (autore) a riguardo ci dice, in sintesi, che è il Collegio dei docenti a stabilire la corrispondenza tra livelli (voti) e comportamenti osservabili o prestazioni riconoscibili. Queste descrizioni si articolano in: • indicatori: identificano la variabile sotto osservazione (es. disciplina) • descrittori: esprimono, attraverso delle frasi, i comportamenti più specifici che ci consentono di stabilire il grado raggiunto in riferimento a quella variabile (es. ascolta con attenzione ed interviene in modo attivo. ● prove oggettive e prove autentiche; la valutazione per le competenze Oltre a coordinare il linguaggio e gli interventi dei docenti e favorire la comunicazione con gli alunni e la trasparenza dell’azione, la costruzione di rubriche per la valutazione permette anche di far progredire non solo le conoscenze e le abilità degli alunni, ma anche le loro competenze. Le pratiche scolastiche hanno ricevuto un impulso migliorativo notevole con le riflessioni sulla misurazione e con l’utilizzo delle prove oggettive; anche qui c’è un rischio, ossia quello di considerare solamente il ‘prodotto’ (= raggiungimento di un obiettivo) e non il ‘processo’ (= come si arriva a quel risultato).Questo problema però, non deriva esclusivamente dall’impiego di prove oggettive ma dal comportamento dei docenti a riguardo. Le nostre Indicazioni Nazionali hanno come fondamento l’acquisizione di competenze, rispetto alla semplice acquisizione di conoscenze e abilità, in quanto presentano dimensioni più dinamiche, più personali, rispetto a quelle che è possibile ‘verificare’ in modo puntuale tramite prove strutturate. L’ottica delle competenze propone esperienze che richiedono agli alunni di utilizzare processi di pensiero complesso ed impegnato, utilizzando le conoscenze acquisite per risolvere problemi reali. Le esperienze scolastiche che dovrebbero essere organizzate per dare modo agli alunni di sviluppare le capacità che sono alla base di un apprendimento significativo e stabile nel tempo: osservazione, riflessione critica, generalizzazione, ricerca di informazioni, individuazione di collegamenti, trovare soluzioni, prendere decisioni, lavorare in gruppo, flessibilità nell'uso delle proprie conoscenze, metacognizione (= tipo di auto riflessività sul fenomeno cognitivo, attuabile grazie alla possibilità di distanziarsi, auto-osservare e riflettere sui propri stati mentali). Queste esperienze sono possibili mediante i compiti autentici, che richiedono quindi una valutazione autentica. Forniscono informazioni sulle competenze e sul potenziale conoscitivo degli individui, per questo fanno riferimento ad una molteplicità di tipologie quali le esercitazioni, le simulazioni, il project work, il role-play, il problem solving, le checklist di osservazione, e le strategie di lavoro cooperativo. La valutazione autentica di queste esperienze è funzionale non tanto ad individuare un punteggio finale, quanto a descrivere, mediante indicatori e standard di prestazione, quello che l'alunno è stato in grado di dimostrare nell'esecuzione del compito autentico. 25 Caratteristiche che devono avere i compiti autentici: devono essere analoghi al mondo reale, il docente non deve richiedere all’alunno la mera esposizione di un argomento disciplinari, richiede all’alunno un intervento attivo e di usare le conoscenze e le abilità disciplinari inerenti al problema, dà la possibilità di replicare i passaggi che non si ritengono soddisfacenti, consultare, cercare informazioni utili alla soluzione, accerta la capacità d’uso di conoscenze ed abilità e, per procedere verso la soluzione, l’alunno deve valutare i risultati intermedi. I compiti autentici sono fondamentali in quanto implicano organizzazione, comunicazione di informazioni, finalizzazione concreta; competenze trasversali presenti in tutte le discipline. Ne deriva come la valutazione autentica diventi più complessa e completa perché avviene durante il processo di apprendimento e che, per questo motivo, stimoli anche l’apprendimento considerando l’alunno protagonista. Per valutare i livelli di possesso delle competenze messe in campo e acquisite, bisogna seguire le rubriche sopra citate. Ci sono rubriche centrate sulle competenze organizzate per obiettivi, elaborate sulla base del curricolo verticale d'Istituto. Ogni insegnante può ricavare, dalla combinazione tra obiettivi, descrizioni e livelli, quella più confacente alla situazione del singolo alunno. 9. L’ANNO DI FORMAZIONE E PROVA DEL DOCENTE NEO-ASSUNTO Il docente neoassunto ha fatto un concorso che gli ha permesso di entrare in una graduatoria e, se inserito in posizione utile in graduatoria, di entrare a far parte dell’organico di ruolo dei docenti di un Istituto Scolastico Autonomo. Pertanto sottoscrive un contratto a tempo indeterminato (firma la presa di servizio), che viene firmato dal nuovo docente e dal dirigente scolastico. Successivamente il docente si trova ad affrontare l’anno di formazione e prova, con lo scopo di consolidare ciò che di teorico si conosce mediante l’azione professionale diretta, nella quale dimostrare le proprie potenzialità. Il risultato positivo dell’anno di formazione determinerà la sua conferma nel ruolo di docente. Con anno di formazione si intendono le attività di formazione in servizio che si svolgono durante il primo anno di ruolo, mentre con anno di prova si intendono le attività che si svolgono in classe e quelle ad esse collegate → fanno parte di un unico e inscindibile percorso. le fonti normative dell’anno di formazione e prova Del profilo professionale del docente si occupano il Testo Unico e il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) del Comparto Istruzione e Ricerca del 2018. Il Testo Unico distingueva un anno di prova e un anno di formazione, anche se nella pratica entrambi si svolgevano durante il primo anno di ruolo del docente. Se il docente non superava l’anno di prova ma aveva già svolto la formazione, doveva ripetere il primo ma non la seconda, realizzando così due esperienze che avevano grande probabilità di essere scollegate. Con la L.107/2015 sono stati innovati e chiariti diversi aspetti di questo importante passaggio della carriera; il Decreto Ministeriale n. 850/2015, attuativi della legge 107/2015, si occupa in modo esaustivo dell’anno di formazione e prova. Sempre nella L.107/2015 si trova una definizione di formazione in servizio come “obbligatoria, permanente e strutturale, in coerenza con il PTOF e con i risultati emersi dai piani di miglioramento”. Da questi principi deriva il legame fra i 2 percorsi, formazione e prova, sia il legame di questi con l’attività concreta. Sono legati, nel testo di legge, da una ‘e’ e sono usati sempre insieme → ne consegue che: • se non si supera l’anno di prova entrambi i percorsi vanno ripetuti; • nel caso di un passaggio di ruolo entrambi i percorsi vanno ripetuti. Nel D.M. 850/2015 il modello di formazione è articolato e molto più legato a quanto accade nel lavoro quotidiano del docente, predilige le modalità laboratoriali e promuove la riflessione professionale. 26 La Legge e il Decreto citati hanno una grande importanza perché hanno il merito, oltre al superamento di talune ambiguità, di aver codificato come tale modello di formazione sia connaturato alla professione docente, per cui una formazione adeguata non può che seguire questi canoni.. Il periodo di formazione e prova nella legge 107/2015 ● principi e norme generali La Legge 107/2015 tratta la tematica dell'anno di formazione e prova all'art. 1, commi da 115 a 119. II c. 115 afferma la necessità che per la conferma in ruolo, il docente deve superare, in questo periodo le varie attività che costituiscono la prova ed è anche impegnato nella formazione. II c. 117 afferma che il Comitato esprime un parere e la decisione finale, sul superamento o meno dell'anno di formazione e prova, spetta al dirigente scolastico. ● il Comitato per la valutazione dei docenti Questo comitato è istituito presso ogni Istituzione scolastica ed è l’organo collegiale maggiormente innovato dalla L. 107/2015. Durava in carica 1 anno ed era composto dal dirigente e da 4 docenti. La normativa attuale amplia le competenze del Comitato, dato che esso non funziona solamente per la valutazione dell'anno di prova del neo-assunto, ma anche per la valorizzazione di tutti i docenti in servizio nell'Istituto; infatti, fissa i criteri per l'assegnazione della somma definita bonus, che viene attribuito per merito in aggiunta allo stipendio (retribuzione accessoria). Sono innovate anche la durata in carica (= triennale) e la composizione. Sono previste due diverse composizioni del Comitato, a seconda delle competenze esercitate. Per fissare i criteri per l'attribuzione del bonus, il Comitato funziona nella sua composizione allargata/plenaria, che è di sette membri: • 3 docenti, due scelti dal collegio dei docenti e uno dal consiglio di istituto; • 2 rappresentanti dei genitori, per Infanzia e primo ciclo, scelti dal consiglio di Istituto; • 1 componente esterno individuato dall'ufficio scolastico regionale tra docenti, dirigenti scolastici e dirigenti tecnici; • il dirigente scolastico, che lo presiede. Un altro compito importante del Comitato è di natura tecnica. Nella sua composizione tecnica o ristretta, con cinque membri, ha il compito di fornire il parere in merito all'operato dei docenti in anno di formazione e prova. Per questo motivo i suoi membri sono solo quelli interni all'Istituto scolastico (il dirigente e tre docenti), a cui si aggiunge il docente tutor. Il periodo di formazione e prova nel D.M. 850/2015 Nell’art.1 viene precisata la finalità del periodo di formazione e prova, che sono finalizzate a consolidare le competenze previste dal profilo docente e gli standard professionali richiesti. La finalità del Decreto è quella di considerare l’anno di formazione e prova come un periodo rivolto alla verifica delle competenze professionali del docente. Nell’art. 3 vengono fissati dei requisiti oggettivi che sono il presupposto per il superamento dell'anno di formazione e prova: devono essere svolti almeno 180 giorni di servizio effettivo, dei quali 120 di attività con gli alunni, al fine di avere un periodo congruo sia perché il neoassunto possa sviluppare le sue competenze, sia perché chi deve valutare il suo operato possa interagire non sporadicamente con lui ed avere dati utili a disposizione. Può capitare che l'insegnante sia assente per periodi anche lunghi, in questo caso l'anno di formazione e prova viene prorogato. ● le competenze del docente L’art.4 del D.M. 850/2015 identifica le competenze che ci si aspetta che l'insegnante consolidi nell'anno di formazione e prova ed indica i criteri per la loro verifica, ossia gli standard attesi (commi da 2 a 5). Gli ambiti entro cui si verifica la padronanza degli standard professionali sono quattro: 27