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Riassunto "Letteratura greca" Del Corno, parte prima, Sintesi del corso di Letteratura Greca

Riassunto del manuale "Letteratura Greca" di Dario del Corno dall'inizio fino a Euripide, senza autori minori

Tipologia: Sintesi del corso

2022/2023

Caricato il 26/05/2023

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Scarica Riassunto "Letteratura greca" Del Corno, parte prima e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura Greca solo su Docsity! LETTERATURA GRECA - Del Corno LA CULTURA GRECA E LA SUA TRASMISSIONE L’ambiente geografico ed etnico Hellas e Hellenes sono i nomi con cui i Greci facevano riferimento a se stessi, ma nel significato etnico iniziano a comparire sporadicamente solo nei secoli IV e III a.C. La diffusione di Graeci e Graecia si sviluppò soprattutto in ambiente latino e si presume che venissero dal nome di una piccola popolazione dell’Epiro che fu una delle prime genti greche con cui i romani vennero in contatto. Il criterio secondo cui i greci si riconoscevano in una patria comune era prevalentemente linguistico e culturale piuttosto che territoriale. Solo con Alessandro Magno corrispose all’unità politica. I greci si contrapponevano agli altri popoli che denominavano βαρβαροι ma questo non comportava necessariamente una connotazione negativa. Sicuramente riconoscevano di avere valori tanto specifici quanto superiori, come quello della libertà. Il centro d’irradiamento della civiltà ellenica fu la parte continentale della Grecia, ovvero la zona meridionale della penisola balcanica. La Grecia continentale è formata in prevalenza fa rilievi montuosi alti e irregolari, con sostanziale povertà di terreni coltivabili e difficoltà nelle comunicazioni a interne. Lungo le vie marittime i greci appresero a istituire una rete di rapporti e grazie a queste poterono raggiungere attraverso il commercio una condizione economica che le limitate risorse del terreno non avrebbero concesso. In età preistorica era abitata da popolazioni di razza mediterranea che hanno lasciato sostrato nella lingua greca: Pelasgi, Lelegi, Cari. Nell’isola di Creta fiorì la cultura minoica. Fra III e II millennio una popolazione originaria delle regioni centrali del continente eurasiatico, gli Indoeuropei, migrò nella Grecia continentale > processo di conquista e assestamento lungo diversi secoli. Tre popolazioni: ioni, achei, eoli. A questa prima fase della civiltà greca viene dato nome di micenea. Nell’ultimo quarto del II millennio si verificò un nuovo flusso migratorio, che la tradizione ascriveva ai dori. Principali fasi storiche La civiltà minoica si sviluppò nell’isola di Creta durante il III millennio e si estendeva sulle isole dell’Egeo e sul continente. La civiltà micenea fiorì dal XVI secolo per tutto il territorio ellenico. Entrambe entrano nella letteratura solo in via secondaria, in quanto offrono solo la materia e lo sfondo storico a molte saghe e ai poemi omerici. I testi cretesi in Lineare A, ancora non decifrati, e quelli micenei in Lineare B non rientrano nella categoria di letteratura. Medioevo ellenico = XII/VIII secolo, la civiltà minoica scompare ed è una catastrofe totale che annulla una cultura molto evoluta e fa subentrare a essa una fase a noi ignota: - regresso delle condizioni economiche e culturali - solo verso la fine di questo periodo viene reintrodotta la scrittura, che questa volta prende come base l’alfabeto fenicio. - Sviluppo di una grande tradizione di poesia in cui si esprime memoria dello splendido passato miceneo. Nel corso dell’VIII secolo la Grecia riemerge nella storia: - iniziano le Olimpiadi - Prevalenza politica dell’aristocrazia fondiaria - colonizzazione - incremento demografico. Si ha completa fioritura nel passaggio fra VII e VI secolo: - sviluppo del commercio - economia a base monetaria - Influsso culturale delle grandi civiltà, soprattutto orientali - Si affermano lirica e meditazione sapienziale - Ricambio classi sociali > declino aristocrazia a causa di aspre lotte - Si diffonde tirannide, in cui un singolo cittadino governa con sostegno dei ceti emergenti Durante la seconda metà del VI secolo: - lunga tirannide di Pisistrato su Atene che coincide con affermazione della città con epicentro politico e culturale. - nel 510 Ippia, figlio di Pisistrato, viene cacciato e nell’Attica si instaura democrazia - Atene trionfa sulla duplice invasione persiana e questo sancisce la sua egemonia - Atene raggiunge vertice della potenza culturale, politica ed economica > dirige vasta lega di alleati - Nasce rivalità con Sparta, roccaforte delle tendenze aristocratiche e città egemone delle popolazioni doriche - 431/404: guerra del Peloponneso che vede totale rovina di Atene IV secolo: - Rovina materiale e morale della guerra - Uccisione di Socrate = sintomo della crisi - Due egemonie: Sparta e Tebe - Sulla Grecia preme una nuova forza, Macedonia: Filippo II si impossessa delle città greche e trova resistenza solo in Atene, poi suo figlio Alessandro trascina la nazione ellenica a conquistare il mondo - Atene sperimenta rigoglio della filosofia con Platone e Aristotele, della commedia con Menandro e dell’oratoria letteraria Ellenismo: - Alessandro muore giovane nel 323 senza aver avuto il tempo di tradurre in un sistema politico e sociale le enormi conseguenze delle sue conquiste - I successori si spartiscono impero e nascono regni assoluti in Egitto, Siria, Pergamo, Macedonia - Nuove scuole filosofiche: Epicuro, Stoicismo - In Alessandria nasce nuovo concetto della letteratura: diventa un fatto libresco ed elitario, si nutre di eleganza e esoterica erudizione > Callimaco e Teocrito Roma: - si impossessa della grecia nel corso del II secolo a.C. e la assorbe nell’impero come provincia - Nuova cultura in cui apporti greci e romani si fondono - Nel I e II secolo d.C. gli autori di lingua greca restaurano e propagano gli antichi ideali dell’ellade Cristianesimo: - nuova religione - Già nei suoi testi più antichi giunti a noi usa lingua greca dell’uso - Il pensiero della grande tradizione ellenica presta alla dottrina cristiana le armi per polemica ed esegesi, propaganda e sistemazione dogmatica La conclusione della letteratura greca si con l’avvento di Giustiniano al trono di Costantinopoli nel 527 d.C. La cultura greca non si estingue in modo repentino ma trapassa senza soluzione di continuità nella civiltà bizantina. La lingua dei greci La lingua dei greci è un’astrazione: esistono diversi dialetti. Tuttavia i fenomeni lessicali, morfologici, sintattici hanno un elevato livello di omogeneità. La fase più antica della lingua greca si rinviene in tavolette redatte nella scrittura sillabica detta Lineare B, dell’età micenea. La loro decifrazione è dovuta a Michael Ventris nel 1952 e con lui si può constatare che la loro lingua era sostanzialmente identica al greco d’epoca storica. Questa lingua si sovrappone a quella parlata dai primitivi abitanti del paese anteriormente alle migrazioni dei popoli indoeuropei, ma delle tracce restano riconoscibili in alcuni nomi di divinità, di persone e luoghi. I dialetti si possono distinguere in tre gruppi, rispondenti alle stirpi degli invasori: - Ionico, popolazione sospinta dalle successive invasioni all’estremo margine orientale del continente greco (l’attica) e in numerose città dell’Asia minore. In Attica questo dialetto assume caratteristiche proprie che permettono di distinguere l’attico - Eolico, secondo moto di invasione, relegati in zone isolate del continente greco: isole dell’Egeo settentrionale (Lesbo), Tessaglia, Beozia. Il dialetto in uso nella parte centrale del Peloponneso (Arcadia) e nell’isola di Cipro presenta caratteristiche particolari > tratti arcaici, detto ‘acheo’. - Dorico, terza e conclusiva migrazione. Si insediarono nella parte nord-occidentale del continente e del Peloponneso. Dialetto a base dorica ma caratterizzato da varianti locali > protagonista e reinserimento non pacifico. Questo secondo motivo è anticipato nei primi 4 canti, che descrivono le difficoltà in cui versa la famiglia dell’eroe: Penelope è assediata dai pretendenti, i Proci, e Telemaco si reca a cercare notizie del Padre a Pilo e Sparta. Da sette anni O è relegato nell’isola della ninfa Calipso, la quale non vuole farlo partire. Grazie alla dea Atena gli dei decidono che deve tornare in patria e Calipso lo lascia andare. Otto canti in cui sono descritte le sue avventure dopo la partenza da Troia. O naufraga e approda nell’isola dei Feaci, dove viene accolto da Nausicaa e suo padre Alcinoo. Durante la permanenza alla sua corte O racconta le peripezie fino all’arrivo da Calipso, 4 canti. Cambia il punto di vista del narratore: nella consueta maniera epica, la vicenda è riferita da un narratore esterno, mentre qui ha luogo un racconto in prima persona. Odisseo rappresenta un nuovo modello di uomo che all’eroica unidimensionalità dei campioni iliadici oppone il senso della conoscenza protesa a comprendere la realtà. La questione omerica L’autore di uno degli Inni si definisce “il cieco che abita in Chio” > nasce leggenda di Omero cieco. In concorrenza con Chio altre città rivendicano i natali di Omero. Erodoto data la sua attività intorno all’850 a.C. I critici alessandrini impostano secondo più rigorosi criteri storici e filologici il testo dei poemi e l’identificazione del loro autore. Arrivarono a considerare autentiche solo Iliade e Odissea, sulla base delle differenze di struttura narrativa e di stile che mostrano rispetto ad altre opere pseudo- omeriche. Due grammatici, sulla base delle divergenze linguistiche e ambientali fra i due poemi, affermarono che Odissea non apparteneva a Omero > separatisti, korizontes. Questa opinione venne confutata da Aristarco, massimo esperto alessandrino di omeristica. Si ipotizza che i poemi omerici fossero stati concepiti e tramandati a memoria, per via orale. C’è notizia secondo cui sarebbe stato tiranno ateniese Pisistrato a curare la prima fissazione per iscritto dei poemi omerici. Per tutta l’antichità l’esistenza di Omero rimase dato inoppugnabile, ma venne dubitato in età moderna. L’inesistenza della scrittura ai tempi di Omero e le incongruenze presenti nell’Iliade furono indagate nel 600 da François Hédelin nelle sue Conjectures académiques ou Disseratrion sur l’Iliade. Afferma che i poemi omerici sono una raccolta tardiva e inorganica di canti composti da vari poeti e originariamente indipendenti. Giambattista Vico afferma che Omero non esiste e i poemi sono una creazione collettiva a cui concorre tutto il popolo e Omero è l’idea simbolica degli antichissimi uomini greci. Afferma anche che la memoria concorre nella genesi e nella trasmissione dei poemi e che la civiltà rappresentata dall’Odissea appare più evoluta di quella dell’Iliade > non possono appartenere a medesima epoca. Fra i precursori della questione omerica c’è anche Friedrich August Wolf, che nel 1795 scrive Prolegomena ad Homerum. Vaglia argomenti già esposti da altri autori attraverso un puntale esame critico delle testimonianze e giunge alla conclusione che i poemi omerici sono il coagulo secondario di brevi canti concepiti e tramandati oralmente. Identifica Omero come l’autore di un nucleo che poi sarebbe stato variamente ampliato e modificato da successive accessioni. La filologia ottocentesca, particolarmente in Germania, tende a dissolvere l’originaria unità dei poemi > analitici. La confutazione di una genesi unitaria dei poemi fu portata alle estreme conseguenze da Karl Lachmann, il quale postulò che i poemi fossero sorti dalla semplice aggregazione operata da Pisistrato di canti separati all’origine: 16 o 18 rapsodie distinte per l’Iliade. All’Odissea si dedicò Adolf Kirchhoff, secondo cui era l’esito maldestro del lavoro di un tardo rielaboratore che aveva raccolto insieme poemi più brevi. Nel Ottocento ebbe predominio la scuola analitica, e la scuola opposta, quella unitaria, poteva appellarsi solo alla tradizione. Le incongruenze più gravi si spiegavano come interpolazioni e comunque gli analitici non erano riusciti a concordare sull’individuazione dei singoli canti originari. Da alcuni il necessario momento di unità era supposto all’inizio di un processo evolutivo, che sarebbe poi stato alterato da rielaborazioni e aggiunte; per altri invece l’opera di unificazione era venuta alla fine di tale processo con un progetto consapevole ma imperfettamente realizzato. Per Wilamowitz esiste una personalità creatrice, il grande poeta cui la tradizione assegna il nome di Omero che sarebbe vissuto attorno all’VIII secolo e avrebbe raccolto intorno al motivo centrale dell’ira di Achille una serie di canti e brevi poemi che preesistevano, intervenendo radicalmente sul materiale. L’intervento di successivi redattori avrebbe prodotto l’inclusione di certe parti originali e altre preesistenti. Sintesi di tendenza unitaria e analitica. Il Novecento vede la ripresa della fazione neounitaria: rinuncia ad attribuire a Iliade e Odissea un unico momento genetico. Schadewaldt propugna l’intrinseca unità dell’Iliade che si può individuare in rimandi e anticipazioni da un passo ad altri. Sistema di prospettive a distanza: ogni episodio non ha significato e valore solo per se stesso ma anche nel suo rapporto con intera vicenda. Questo presuppone attività di un’eccezionale personalità creatrice. La tecnica della poesia orale e l’uso della scrittura Tra il 1928 e il 1932 Milman Parry compie studi sulla natura e l’impiego della formula = espressione di più parole che ritorna ripetutamente e sistematicamente nei poemi per esprimere identico concetto, nella medesima sede metrica o in altra analoga. Nella sua forma più semplice: nome o epiteto. Ma può comprendere strutture verbali ed estendersi per uno o più versi interi. Ricorrono anche unità più estese come i temi o le scene tipiche, in cui la ripetitività incide sulle idee e sulle situazioni piuttosto che sulle parole (banchetti, vestizioni delle armi, scontro fra combattenti). La formula è al cellula elementare della dizione omerica. Compie campagna di rilevamenti nei Balcani e accertò come i cantori popolari serbo-croati erano in grado di improvvisare canti eroici di estensione comparabile a quella di Il e Od ricorrendo a patrimonio formulare tramandato mnemonicamente. L’aedo omerico possiede nella memoria un materiale di formule precostituito da una lunga tradizione, improvvisa la propria poesia nell’atto stesso in cui la recita. I poemi omerici sono poesia fondamentalmente orale: bisogna studiare anche il continuo processo di creatività che da una formula ne produce un’altra adatta a un differente nesso metrico o a una specifica situazione. Due problemi: come avviene passaggio tra trasmissione orale e scrittura? Un’ideazione puramente orale ammetterebbe anche rimandi interni e progetto d’assieme, che sono innegabili? Quando nel 1952 viene decifrata la Lineare B si è potuta accertare la natura greca della lingua in uso nel XIII sec a.C. e la presenza della scrittura in grecia prima dell’introduzione dell’alfabeto fenicio. Fonetica e morfologia di quel linguaggio sono incompatibili con la dizione omerica > cade l’ipotesi che una preistoria della poesia epica si possa collegare a tali precedenti. Si può allora pensare che un rapsodo trascegliesse la redazione che a lui pareva migliore e la trascrivesse. Raccolse e selezionò amplissimo materiale esistente e lo trascrisse in una totale e personale rielaborazione dell’Iliade. Poi qualcun altro fa lo stesso anche con l’Odissea. I dati storici e la civiltà dei poemi omerici Fino a metà 800 si credeva che i poemi omerici fossero fantasia. Un commerciante tedesco, Heinrich Schliemann, si ritirò dagli affari perché era convinto di poter constatare la verità del racconto omerico identificando i luoghi geografici in esso descritti. Campagne archeologiche per rintracciare testimonianze umane di cui si parla. Riteneva che antica troia si trovasse su una collina presso la costa nord-ovest della penisola anatolica. Scoprì le tracce di insediamenti disposte su diversi strati e scavò, rinvenendo grande quantità di oro (tesoro di Priamo). Cercò di fare lo stesso anche per gli Achei cercando le mura ciclopiche e a Micene. In realtà scavò fino a un livello di età precedente a quella troiana, però c’erano tracce di una città distrutta da una spedizione militare nel XII secolo. I documenti ittiti attestano rapporti con gli Achei. L’Od si bassa su due filoni fantastici-fiabeschi: Itaca è l’unica realtà geografica accertabile delle avventure dell’eroe. Le peregrinazioni di Odisseo sono la proiezione nell’immaginario popolare dei viaggi compiuti da cretesi, micenei, fenici. Considerando la cultura materiale e le forme di vita collettiva dei due poemi, si può capire che fra mondo iliaco e odissiaco ci siano delle discordanze: non coincidono del tutto con immagini della civiltà micenea che si ricava dalle tavolette e dai reperti. Nei poemi sopravvivono certamente elementi micenei mescolati ad altri di età posteriore. A volte invece vengono riferiti dettagli arcaici come se il poeta ne ignorasse il significato o la funzione. È il caso dei carri da guerra: sapeva solo che erano esistiti, ma si ignorava come fossero impiegati > gli eroi omerici li usano solo per trasferirsi da luogo all’altro della battaglia e poi combattono a piedi. Inoltre armi di bronzo e di ferro (più recenti) sono usate insieme. La giustizia è amministrata da un sovrano ma a volte da un collegio di anziani. Insomma si ha l’impressione che la civiltà micenea fosse più ricca e complessa di quella raffigurata da Omero. Questi effetti vanno imputati al processo di stratificazione compositiva. Si presuppone che i più antichi precedenti dell’epos si collocassero in epoca appena prossima alla micenea e ne salvaguardano il ricordo. Ma insieme alla loro scrittura si smarrirono alcuni caratteri che la contraddistinguevano e invece si accolgono aspetti della realtà contemporanea. Sembra che Od rappresenti situazione più recente sia nella pratica che nell’atteggiamento morale e psicologico > più tarda composizione. La rigida struttura aristocratica dell’Il si contrappone a più articolata dimensione politica dell’Od. L’il parla dei prìncipi micenei e non ammette dubbi sulla loro autorità, mentre nell’Od sembra già dischiudere situazione di crisi. Lingua, stile e struttura La lingua è una mescolanza di forme appartenenti a diversi strati dialettali: - limitato numero di fenomeni attici > dalla fase ateniese della trasmissione - Base dominante di ionico - A volte compaiono parole corrispondenti in eolico in alternativa allo ionico La lingua omerica è esito di una stilizzazione ad uso esclusivamente poetico. L’alternanza è motivata da ragioni metriche. Gli elementi eolici rappresentano la fase più antica > sono conservati soprattutto dove venivano riusati nessi stereotipi, come le formule. Al dialetto acheo risalgono indubbiamente alcuni aspetti della lingua omerica. L’Od è ancora più ionica. La formula serviva ai rapsodi come componente mnemonica dell’improvvisazione-recitazione. Offriva al pubblico insieme di riferimenti noti. Definisce il proprio oggetto nel suo carattere distintivo permanente. La similitudine è uno dei fenomeni più caratteristici dello stile omerico. Istituisce analogia tra momento della narrazione e un dato dell’esperienza comune. Gli argomenti delle similitudini sono tratti da due ampi settori: fenomeni della natura e comportamento degli animali, e rappresentazione della vita quotidiana dell’uomo. Crea contrappunto tra eccezionalità dell’azione eroica e la consuetudine dell’esistenza normale. Entrambe i poemi sono costruiti su idea fondamentale: ira di Achille per Il, viaggi e ritorno per Od. Però soprattutto nell’Il ci sono ampie sezioni in cui il motivo di fondo sembra abbandonato. Gli uomini e gli dei nei poemi omerici I personaggi sono centro focale dei poemi omerici. Psicologia arcaica che ignora il gioco di sfumature e alternanze e contraddizioni. La raffigurazione epica dei meccanismi della psiche è analitica piuttosto che sintetica: viene descritta in modo analogo al corpo umano, che il poeta menziona volta per volta nelle singole parti anziché nella sua totalità. Il personaggio è definito mediante l’aspetto saliente della sua indole. Quando invece il personaggio è colto in una reazione istantanea, l’accento è portato sulla manifestazione esterna del sentimento. Achille è il connettivo dell’Il. Si oppone a Ettore, che è travagliato dalla sua stessa doppia natura di uomo nato da una dea, ma al contrario di A rappresenta la pienezza della condizione umana vissuta fra affetti familiari e obbligo del dovere. Nell’Od la controparte del protagonista non si oppone a lui ma è in complementarità: Odisseo e Penelope, che rappresenta il polo statico verso cui tende la dinamica dell’azione. L’Od è più attenta ai tratti individuali e alla realtà dell’esistenza comune, è più estesa la gamma dei tipi sociali richiesta dall’opera. Da un codice di valori e doveri rigorosamente circoscritto e inflessibile dipende invece la moralità degli eroi dell’Il. I personaggi dell’Il corrispondono all’immagine omogenea di eroismo. Un’eccezione è Tersite, brutto e malvagio. L’epos è il documento dell’aristocrazia: meritano attenzione solo gli eroi, sempre imponenti belli e vigorosi con un’unica aspirazione: la gloria. Civiltà della vergogna secondo la definizione antropologica: il valore supremo è l’onore e il comportamento umano è orientato in questo senso. L’intervento degli dei è un ingenuo simbolo dei moti dell’animo, convenzione della mentalità arcaica. Costituiscono una sorta di secondo piano del racconto rispetto a quello in cui agiscono gli uomini e contribuiscono a orientare l’azione. È una società chiusa e parallela, sono rappresentati antropomorficamente nell’aspetto e nella dimensione psicologica. Zeus esercita - simposio, esclusivamente maschile, dove i membri dell’eterna si raccolgono, momento di festa e solidarietà in cui poesia serve a comunicare idee condivise dal gruppo - Rito, omaggio di gruppo alla divinità. Può essere svolto dall’intera comunità: in questo caso il committente del poeta è pubblico, sarà frequente in una fase avanzata perché il declino dell’aristocrazia svuota di rilevanza le strutture del gruppo Quattro generi, in cui i primi tre sono espressione di pensieri e sentimenti personali, mentre nel quarto è la collettività a parlare: - Giambo - Elegia - Lirica monodica - Lirica corale I generi si distinguono per struttura, schemi ritmici e musicali e dialetti. Anche le tematiche sono differenziate. Nell’espressione dei sentimenti e nella narrazione di eventi prevale un criterio di selettività: vengono isolati momenti in cui l’argomento tocca punto cruciale, poi si procede per immagini vigorose e incisive attraverso ellissi. LA POESIA GIAMBICA I metri Giambo viene dal verbo ιαπτω che significa scagliare, colpire, in relazione al carattere aggressivo. Una tradizione eziologica istituisce un rapporto con nome della dea serva Iambe, che con i suoi scherzi riuscì a far ridere Demetra dopo il rapimento di Persefone. Nella produzione teatrale il trimetro giambico è il metro canonico delle parti recitate e Aristotele dice che è il metro più affine al ritmo del linguaggio quotidiano. Forse per questo viene combinato con argomenti di tono realistico e individuale. Forme: - Giambo = metro e genere letterario che lo usa. Il giambo (metro) ha per base l’omonimo piede forato da breve + lunga che può ricorrere in diverse combinazioni > trimetro giambico: tre metri ciascuno dei quali consta di due piedi con una cesura dopo due piedi e mezzo. ˘ –` ˘ –` | ˘ –` || ˘ –` | ˘ –` ˘ –` - trocheo ( – ˘ ) > tetrametro trocaico (4 metri, di cui l’ultimo catalettico ovvero mancante della sillaba finale) il trocheo viene usato in concorrenza al giambo dai poeti di questo genere. - epodo, costituito da brevi strofe di due o tre versi a base giambica o trocaica combinati con versi a base dattilica. Le composizioni giambiche erano eseguite in forma di parlato con accompagnamento di uno strumento a corde affine all’arpa = cadenza paragonabile al recitativo. Il dialetto era lo ionico. La poesia giambica era usata per attacco personale e irrisione, ma non era la tematica esclusiva. Temi: - Politica - Riflessione sulla realtà - Valori - Amore Dimensione più strettamente autobiografica. ARCHILOCO - w la vita ʍ la guerra Metà VII secolo, Paros. La sua opera non sopravvisse alla fine della civiltà antica > solo frammenti. Usa tre forme metriche della tradizione giambica: - trimetro giambico ed epodo = polemici e derisori, carattere erotico - tetrametro trocaico = dimensione narrativa estesa - Elegia = evita oscenità e tratta motivi autobiografici. Per primo attinge materia dalla propria esperienza personale anziché dalla tradizione. La sua produzione presuppone pubblico circoscritto e occasione specifica con funzione pragmatica: il simposio. Si è avanzata anche l’ipotesi che i suoi giambi fossero in parte destinati alle feste popolari. La tradizione voleva che A fosse innamorato della fanciulla Neobule, ma che il padre Licambe gliel’avesse negata > A scaglia contro L e sue figlie invettive e diffamazioni di tale violenza che li portano all’impiccagione. Di recente è stato supposto che Licambe (il cui nome ha stessa radice di giambo) e le sue figlie non fossero altro che figure tradizionali di queste feste, caratterizzate dalla licenziosità dei canti. La poesia di Archiloco è caratterizzata da: - vigore dei sentimenti - attenzione alla realtà - Svuotamento valori aristocratici, anche se è integrato nella società: la tradizione vuole che fosse figlio di un aristocratico e una schiava > escluso. - no nichilismo: l’esistenza vale la pena di essere vissuta > vitalità. - Vino: dichiara di saper comporre quando è folgorato dal vino = Dioniso: il poeta riconduce alla divinità il momento dell’ispirazione in cui il carattere estatico è assimilato a una folgorazione. Oppure = conforto alle asperità della vita militare. - Guerra ≠ gloria, = dura necessità. Bisogna salvaguardarsi da inutili bravate: non è un disonore abbandonare lo scudo > contrast con etica del guerriero aristocratico. Meglio un condottiero basso e storto di gambe, ma saldo nel cuore, che uno il quale si vanta di esibire eleganza - Ironia, come strumento di dissacrazione - Vendetta: sa solo una grande cosa, ovvero come il riccio ricambiare con mali tremendi chi gli ha fatto male. - Amore: il più lungo dei frammenti narra seduzione fallimentare della sorella di Neobule > oscenità e tenere immagini Lo stile è esso stesso innovativo: - usa formulario omerico ma lo applica a situazione singola e concreta - Immagini e metafore dal campo dell’esperienza sensibile - Realismo = identificazione del vero con il reale - Economia ed evidenza SEMONIDE - il misogino depresso Seconda metà del VII secolo. Compone per lo più giambi, ma anche elegie (Antichità dei Samii, due libri oggi perduti). Temi: - pessimismo dell’esistenza - Precarietà - Misoginia: la Satira delle donne riprende la misoginia esiodea e la traveste con schema favolistico di derivazione popolare: fa catalogo dei vari tipi femminili, ciascuno dei quali è fatto derivare da animali di cui conserva le caratteristiche. Il tipo migliore è la donna laboriosa e fedele, derivata dall’ape. Improntata alla radicale misoginia greca, si propone di offrire spasso a un gruppo di uomini. Esagerato accumulo di proprietà negative - Realismo ormai di maniera - Oscenità - Violenta invettiva personale IPPONATTE - il poeta dei bassifondi VI secolo, Efeso. Subisce mutamenti politici e sociali: l’aristocrazia è in declino, la tirannide lascia spazio ai nuovi ricchi, incremento attività commerciali, nascono i ‘bassifondi’ della città > Ipponatte ne è il poeta. Temi: - miserevole vita dell’esule - Recriminazione della propria povertà, rimprovera dio della ricchezza Pluto - Sfondo di una società di diseredati ed emarginati > violenza, oscenità - Vita picaresca secondo la tradizione - Ribellione contro la tradizione a favore dei valori individuali e dei ceti oppressi - Risentimento e amarezza Esiguità dei suoi resti. Inventa un verso detto scazonte o coliambo = trimetro giambico con ultimo piede spondeo invece che giambo > effetto parodistico per l’alterazione ritmica Stile: - ignora il modello epico - Volgarismi - Parole di origine straniera - Invettiva: due scultori l’avevano raffigurato in modo caricaturale e sono stati indotti al suicidio per la violenza delle sue invettive (cfr Licambe) - Estro comico > doveva comporre per rituale che presupponeva libertà dell’insulto e della risata > archetipo della commedia LA POESIA ELEGIACA Metro e forme Distico elegiaco = breve strofa formata da esametro epico e due hemiepe (prima metà dell’esametro epico fino alla cesura semiquinaria: –´ uu | –´ uu | –´ = pentametro). Tra l’uno e l’altro hemiepes c’è la divisione di parola > il nome distico non è adeguato perché il verso è formato da tre membri. Elegia deriva da: - ελεγος = canto di lamento - ε ε λεγε = ritornello tipico delle lamentazioni, = di’ ahi ahi Altrettanto oscura è la destinazione originaria: secondo i grammatici antichi era inizialmente usato per lamentazioni funebri. È certo che fosse accompagnata dal flauto, impiegato anche nelle campagne militari e nel simposio > sono le occasioni tipiche dell’elegia arcaica. Il metro elegiaco è usato anche nell’epigramma: l’elegia favorisce una forma chiusa che risulta funzionale alla funzione originaria dell’epigramma, quella di iscrizione su un oggetto di limitate dimensioni. La forma chiusa riusciva idonea alla dimensione lirica: permetteva esposizione incisiva ed essenziale di un pensiero. L’elegia presenta maggiore affinità con poesia epica per quanto riguarda struttura metrica: di conseguenza lo stile rappresenta maggiore influsso dell’epos. La lingua è la stessa: ionico. Anche negli elegiaci compaiono composizioni in giambi: la distinzione attiene ai caratteri formali più che a una differenza di occasione e tematica. L’avvicinamento dei due generi si accentua col tempo: se all’inizio elegia serviva per esortazione militare in cui tono dell’epos viene trasferito a singola circostanza, successivamente diviene veicolo di opinioni politiche e moti del sentimento. All’elegia rimangono estranee tematica scoptica (= derisione) e la veemenza dell’attacco personale. CALLINO - guerriero sconosciuto VII secolo. Primo poeta lirico di cui ci rimane traccia diretta. 
 Temi: - esortazione alla guerra: rimprovera giovani della città impreparati alla guerra, meglio cadere nella gloria per aver difeso la patria piuttosto che morire a casa oscuramente - Imitazione omerica - Etica aristocratica (gloria) > scrive per occasione specifica, di ambiente aristocratico TIRTEO - spartano bellicoso Metà del VII secolo, Sparta. I suoi canti erano recitati davanti all’intero esercito spartano schierato in battaglia. Dialetto ionico. Temi: - etica spartana: il valore in battaglia è la qualità dell’uomo, non l’eccellenza sportiva, la bellezza o la ricchezza o la regalità. Non come prestazione individuale ma come difesa della patria - Incitamento al valore guerresco: Esortazioni, tre lunghe poesie in metro elegiaco - Da Omero prende dimensione bellica dell’eroe: ma l’individualità è assorbita dallo schema collettivo Stile omerico. programmatico dei criteri della tradizione epica > confuta esistenza di una scala di valori obiettiva Stile: - concretezza dei dettagli = trasferisce dati dell’esperienza in un incantato paradiso terreno dove domina la legge dell’armonia e della bellezza - Distacco dai poemi omerici > accentra invece il discorso poetico sull’essenza dei fatti e dei sentimenti. ALCEO VII-VI secolo, Mitilene > contemporaneo di Saffo Attitudine strenuamente maschile. Motivi della politica e del simposio, tonalità virile degli atteggiamenti e della visione esistenziale. La vita di Alceo è contrassegnata dall’opposizione ai tre tiranni dell’isola > esilio. Opere: - Inni - Carmi di rivolta - Carmi conviviali Temi: - politica, trattato con implacabile passione. - Esilio, lamenta la vita da lupi cui è costretto - Vita militare - Convivio: invito a bere fino all’ubriachezza quando muore un tiranno, gioia del bere durante l’inverno. Vino = rimedio alle buie riflessioni della mente - Mito-religione: traduce nella forma sintetica della lirica monodica l’andamento narrativo dell’inno omerico Stile: - lingua = eolico - Molte parole rare - Destinate a udienza maschile ANACREONTE Cambiamenti: declino aristocrazia, no ardente coinvolgimento nelle lotte politiche > poeta itinerante presso le corti dei tiranni. La sede per i suoi canti è il convivio, ma il pubblico non è più formato da compagni dell’eteria, bensì dal signore e dai suoi sudditi > tematica leggera e disimpegnata. Scrive anche giambi ed elegie (e composizioni corali di cui però non è sopravvissuto nulla). Usa il dialetto ionico misto a eolismi con espressioni omeriche. Temi: - Amore: si raffigura a domare la ritrosia degli oggetti del suo desiderio, ma evita la passione febbrile > gioco d’amore vissuto con distacco, con umorismo - Simposio, da cui esclude ogni eccesso > no ubriachezza, sintomo di barbarie. Non si può parlare di contese e guerra, ma ci dev’essere una politica di disimpegno politico - Contro i nuovi ricchi, irrisione di chi è consapevole della propria superiorità Stile: tendenza a indirizzare lo svolgimento del carme verso una battuta risolutiva che pone in evidenza un’immagine o un’idea. LA LIRICA CORALE = canti corali accompagnati da musiche strumentali e movimenti di danza. Manca la preistoria. Antecedenti sconosciuti: Terpandro (Sparta) e Arione (Corinto). Era eseguita in occasioni pubbliche, sia religiose che profane. In rapporto con l’occasione gli antichi distinguevano tra: - canti in onore di uomini: • encomio • epinicio per vincitori di gare sportive • threnos per cerimonie funebri • imeneo ed epitalamio per cerimonie nuziali - Canti in onore di dei: • inno, per più divinità • peana ad Apollo • ditirambo a Dioniso • partenio ad Artemide • prosodio canto processionale • iporchema grande funzione della danza L’accompagnamento musicale era eseguito da flauto o lira. Il coro era istruito dal poeta stesso che faceva corrispondere al canto i movimenti di danza. L’originaria diffusione fu in ambiente dorico > convenzionale prevalenza di questo dialetto. La strofe corale può essere formata da vari metri ed è generalmente di ampie dimensioni. I poeti corali erano professionisti. Il carattere collettivo della prestazione corale poneva un limite all’inserzione di riferimenti personali, che riguardano l’arte e la poetica dei singoli autori > la sopravvivenza del punto di vista soggettivo conferma che esso era sentito come essenziale nella lirica. Nella lirica corale però i diritti della collettività erano preminenti. ALCMANE - uccello spartano Ultimi decenni del VII secolo, Sparta. Caratteri: - tensione verso immaginario, mentre gli altri settori della poesia lirica hanno grande impronta realistica = la fantasia trasfigura i dati del reale - maggior ampiezza delle strofe accentuava la rilevanza dell’elemento musicale > linea melodica più autonoma e articolata - Poca soggettività, frenata da occasione ufficiale - Compiacimento per il fasto tipico della cultuale spartana arcaica > non si era ancora compressa nel rigido militarismo - Poetica: frammento in cui dice di aver scoperto il suo canto articolando la voce delle pernici, altro in cui afferma di conoscere il suono di tutti gli uccelli > innovazione di saper adattare la parola a una linea melodica dotata di varietà e autonomia Partenio: - Canto di un coro di fanciulle in prima persona singolare - ampia lacuna iniziale che compromette la comprensione della situazione cultuale - Riflessione etica sui limiti della condizione mortale e sulla punizione divina per chi li infrange - Tono di gaiezza e scherzo leggero - Sottile ma inequivocabile intento erotico (per omosessualità iniziatica dei gruppi femminili) STESICORO - citarodo All’ambito corale è ricondotto da testimonianze antiche e dal suo nome > ‘colui che istituisce il coro’ (inventa struttura metrica che in seguito sarà canonica per il genere corale), ma recenti scoperte di frammenti papiracei mettono in dubbio la sua appartenenza > nuovi testi che sembrano troppo lunghi per essere eseguiti oralmente. Secondo la critica moderna era un citarodo: l’unico di cui ci sia giunta l’opera, filone a noi ignoto: - = poeta che eseguiva da solista le sue composizioni accompagnato da cetra. - Frazionamento recitazione in diverse occasioni - Argomento mitologico - Andamento narrativo - Rapporto con epos, ma a differenza del rapsodo la creazione del citarodo era originale e fissa - Contenuto espositivo anziché personale - Maggiore estensione dei carmi Opere: canti con titolo che ne rivelava il contenuto > da materia epica o ciclica, come saga troiana, saga tebana, ciclo di Eracle, storie mitiche del continente greco, carmi su Elena e due Palinodie. Scrive in dialetto dorico come per la tradizione corale. Influsso epico ma anche attenzione alla raffigurazione psicologica dei personaggi = attraverso lunghi discorsi che rallentano il corso dell’azione. IBICO Metà del VI secolo, alla corte dei tiranni. Scarsissimi resti. Temi: - Mito, ma la materia troiana è sviluppata in vista di una conclusione personale - Eros (nei pochi frammenti conservati) > lamento della possessione d’amore, condanna inesorabile Dialetto dorico + forme epico-ioniche SIMONIDE Poeta con cui si conclude stagione lirica. Trasformazioni: - mestiere del poeta = professionista itinerante di città in città - vende la sua opera a un committente pubblico o privato - deve adeguarsi alle sue opinioni - Riduzione delle associazioni di stampo aristocratico: la tirannide e la democrazia trasportano poesia in sfera comunitaria > declino lirica individuale e prevalenza di quella corale - Contatto con mondo > rafforzamento senso di unità greca > giochi sportivi > nuovo genere corale, epinicio, per sancire gloria dei vincitori - Personalità pubblica celebrata nell’encomio - Epitafio, iscrizione celebrativa sulla tomba di chi è caduto in battaglia - Spesso il canto si estende a meditazione sull’esistenza > stile più intellettuale e meno spontaneo Quest’evoluzione prende corpo nella sua opera. Fra le opere autentiche ci sono: - epigrammi, destinati a iscrizione commemorativa - Brevi elegie per simposio > pessimismo, caducità umana - Encomio, frammento più lungo = critica principio dell’etica tradizionale per cui eccellenza di un uomo = successo > invece difficoltà a raggiungere la perfezione. La sorte umana è in balia degli dei. - Preghiera di Danae, che erra sul mare rinchiusa in un’arca insieme al fanciullo Perseo e contempla il piccolo ignaro del pericolo > intensa qualità patetica. Scrive in dialetto dorico misto a forme ioniche. Il modello dell’epos è ormai lontano, così come l’immediatezza della prima fase lirica. PINDARO Monumentalità della sua opera. Tono alto e maestoso. Ancora fermo ai valori dell’aristocrazia > rifiuto di adeguarsi all’attualità, indifferenza verso le tendenze del presente. Enorme successo di poeta itinerante. In rivalità con Simonide e Bacchilide. Polemica contro chi fa della poesia una professione venale e contrappone il dono dell’ispirazione. Vuole risacralizzare il canto restituendo l’ispirazione poetica alla sfera divina. Opere: - Epinici, unico gruppo salvatosi integralmente - Peani - Ditirambi Epinici: - quattro libri ripartiti secondo i grandi giochi panellenici: • Olimpiche (per Zeus) • Pitiche (per Apollo Pizio) • Nemee (per Zeus) • Istmiche (per Poseidone) - Assimilazione del vincitore ai grandi eroi del mito - Celebrazione gloria e pienezza vitale dell’istante, reso perenne con la poesia - Voli pindarici: manca spesso unità intrinseca, ellissi ambiziose - Tre temi: • Elogio > riferimento alla persona, alla situazione familiare ed etnica, all’occasione della vittoria > concentrata sul momento • Mito > rapporto con tradizioni familiari del vincitore, della sua patria e trattazione episodio tratto dal patrimonio mitico greco Gli attori: - recitavano - Cantavano con il coro, con un altro attore più raramente, da soli nelle “monodie” - Inizialmente solo uno, Eschilo introduce il secondo, Sofocle il terzo, solo in rarissimi casi c’era un quarto - Maschere per svolgere diversi ruoli, anche quelli femminili - Tragedia: solenne costume e alti calzari detti coturni - Commedia: grottesco, prominenze del ventre, imbottiture, fallo di cuoio, maschera Il teatro sostituisce la realtà della vita e dell’esperienza quotidiana con una realtà alternativa, ma non fittizia da cui distaccarsi. Il pubblico del teatro arcaico non considerava la rappresentazione come realtà immaginaria. Il pubblico si identificava totalmente con l’evento scenico e solo in un’epoca avanzata diviene occasione di intrattenimento. La tragedia La prima tragedia fu messa in scena nel 534 a.C. da Tespi = convenzione. Il genere del teatro nasce dall’incrocio e riadattamento di altri generi. Momento concettuale: l’uomo si trova di fronte ala folgorante rivelazione della dimensione tragica che è connaturata alla sua esistenza > intuisce un contrasto insanabile che mina la vita umana, consapevolezza che la vita umana è un inespiabile dolore. Origine: - Aristotele diceva che la tragedia è sorta da ditirambo: coloro che lo guidavano, contrapposti al coro con un’embrionale funzione di attori. - Secondo Erodoto Arione è l’inventore della tragedia e compositore di ditirambi > introduce dei satiri che pronunciavano parole in metro in contrapposizione al canto. Queste fonti confermano il dato storico secondo cui la tragedia si sviluppò nell’ambito del culto di Dioniso, al quale il ditirambo era consacrato. - I cori tragici erano originariamente adibiti a celebrare i patimenti di un eroe e trasferiti solo dopo alla sfera dionisiaca > le tragedie a noi giunte effettivamente rievocano vicende degli eroi e il momento della lamentazione riveste ruolo organico Luoghi d’origine: - per Aristotele in ambiente dorico, perché il nome drama deriva dal fatto che i Dori usavano il verbo dran invece dell’ateniese prattein. - Gli ateniesi pretendevano di rivendicare la tragedia come antica invenzione della città > per gli autori del genere la tragedia appartiene esclusivamente ad Atene Etimologia di τραγωδια: - forse complementare a komodia (canto del komos, il corteggio dionisiaco) - Tragos = capro > nulla che abbia attinenza esplicita con il capro è rimasto nella tragedia - Forse ‘canto sul capro’, animale-totem di Dioniso o vittima di un rito agreste, premio di un certame poetico, coreuti mascherati da capri, ecc. - Il dramma satiresco metteva in scena storie mitiche in una trattazione burlesca, presenza fissa di un coro di satiri = creature semiserie (uomo+capra) al seguito di Dioniso. Aristotele diceva che la tragedia aveva raggiunto dignità formare dopo inizi di tono satiresco e comico. Ma in realtà i coreuti del dramma satiresco sono sileni (uomini con con orecchie, coda e zoccoli di cavallo). Dovendosi adattare alle esigenze del committente (il pubblico ateniese) la tragedia aveva accentuato convenzionalismo di struttura: - prologo recitato da uno o più personaggi - Parodo, canto di entrata del coro - Episodi = atti • fra 3 e 7 • recitavano gli attori • nei momenti di max tensione potevano cantare • il coro poteva intervenire per bocca del corifeo: in alternanza con attori nell’amebeo, da solo in canti astrofici. - Stasimi, sezioni affidate solo al coro • fra un episodio e l’altro • In forma strofica • Netta cesura - esodo = conclusione, spesso diverso da tragedia a tragedia Metro: - trimetro giambico nelle parti recitate, ritmo sentito come particolarmente affine al parlato - Vari nelle parti cantate, estrema libertà Strutture tipiche: - rhesis = discorso, quando un personaggio parla continuativamente per un certo n di vv - sticomitia = i personaggi si scambiano battute da un verso ciascuna - Monodia = canto di un personaggio - Amebeo = parte dialogata della tragedia coro-attori - Epirrema = dialogo della tragedia, misto di parti cantate e recitate - Commo = lamento cantato a voci alterne Due convenzioni di base: - tragedia > temi del patrimonio mitico > esclusi effetti di sospensione riguardo all’esito ultimo della storia > l’attenzione va al modo in cui si giunge a ciò che deve accadere - Azione scenica ridotta al minimo = gli avvenimenti hanno luogo nell’antefatto o fuori scena, sia per ragioni pratiche sia per tabù sacrali (no rappresentazione morti e fatti di sangue), sia per attitudine culturale (anche l’epos privilegiava il momento della narrazione) L’idea del tragico Secondo Goethe, ogni tragicità è fondata sul conflitto inconciliabile tra libertà e necessità. La presa di coscienza di questo conflitto avvenne quando Atene si trovò al vertice della sua fortuna, che portò anche conseguenze negative. Per esorcizzare rischio e frustrazione, si scaricano tensioni nella forma artistica della tragedia. Tensione fra libertà umana e necessità imposta dal volere divino > la scelta fra alternative è solo un inganno, la libertà soggettiva è illusione. Il protagonista può solo eroicamente accettare ciò che è stato già deciso. L’eroe greco assume sempre su di sé la responsabilità della propria sorte > il dolore è il compenso per la sua grandezza. Si misura da solo con il proprio destino. Lo scopo della tragedia è la purificazione della pietà e del terrore: il dolore dell’esistenza avvilisce l’uomo e la katharsis tragica deve risanarlo da questo abbattimento. I primi tragici Gli antichi ritenevano che l’inventore della tragedia fosse Tespi d’Icaria, un demo dell’Attica. Dato storico attendibile: che Tespi, nella doppia veste di autore e attore, avrebbe rappresentato la prima tragedia accolta nel rituale delle Grandi Dionisie. Secondo le fonti a lui si deve anche introduzione dell’attore contrapposto al coro, della maschera e delle parti recitate. Pochi frammenti sopravvissuti attribuiti a Tespi > sospetto che siano falsificazioni posteriori. Il tiranno Pisistrato organizzò le grandi feste dionisiache con intento politico che mirava a raccogliere cittadinanza ateniese nel culto di un dio estraneo all’orbita panellenica delle divinità olimpiche, che fosse comune a tutte le classi. Fra Tespi ed Eschilo ci sono 50 anni di attività tragica di cui affiorano pochi nomi e informazioni lacunose > Cherilo, Frinico (immediato precursore di Eschilo, primo tragico a presentare sulla scena personaggi femminili, più pronunciata aderenza alla realtà, apertura alla tematica storica che però non ebbe fortuna), Pratina (non ateniese, primo a comporre drammi satireschi). ESCHILO VI-V secolo, Eleusi (demo attico) Premessa: - vittoria sui Persiani > Atene epicentro della cultura greca, posizione egemone - Ricchezza - Vita politica, sociale e culturale improntata a dinamismo, messe in dubbio antiche strutture di potere e pensiero - Tragedia = esperienza collettiva in cui fondevano istanze religiose e politiche > sede ideale per meditazione sulla realtà Innovazioni: - conferisce al dramma l’attitudine a investigare ed esprimere i valori - aumenta attori da uno a due > introduce confronto di individui e idee - Incremento delle sezioni di dialogo - Riduzione parti corali Eleusi = sede dei misteri del mondo greco > rinforza senso di profonda religiosità di E. Di nobile famiglia. Prese parte alle guerre contro persiani. Inviato in Sicilia, da Gerone tiranno di Siracusa. Una scelta di età imperiale ha conservato solo 7 tragedie (minima parte). Nell’antichità era opinione corrente che eccellesse anche nei drammi satireschi. Persiani Tema storico = disfatta dell’armata di Serse a Salamina. Per i greci il mito era esso stesso storia > E attrae nella sfera dell’esempio sacro accadimenti storici in cui si poteva individuare esperienza universale e momento essenziale nell’itinerario della Grecia. Prima tragedia greca conservata in forma integrale. Trama = rovina dell’esercito persiano, prima presagita dal sogno della regina madre, poi annunciata dal racconto del messaggero. Evocazione del morto re Dario > la causa della sconfitta è l’empia volontà di dominio. Conclusione = ritorno di Serse, disperazione, crollo delle superbe speranze Caratteri: - caratteri arcaici = staticità della situazione, estensione delle parti corali, rigidezza dei dialoghi, prevalgono forme del racconto e del lamento > le parti degli attori sono giustapposte, non incrociate - Storia in fieri - Evento > curva che si sostituisce all’azione vera e propria - Elogio di Atene attraverso rovesciamento di prospettiva > subordina la glorificazione della propria città al dolore dei vinti - Sconfitta = punizione alla hubris e constatazione della precarietà della dimensione umana Sette a Tebe Tema = destino che si abbatté sulla casa dei Labdacidi fino all’estinzione del giro di 3 generazioni. Trama = i due figli di Edipo (Eteocle e Polinice) giungono a finale scontro che ucciderà entrambe. Eteocle regna su Tebe e il fratello Polinice gli muove contro potente esercito per usurparlo. Conclusione: nella casa di Edipo restano solo due figlie Antigone e Ismene che piangono lamento > araldo intima di lasciare P insepolto > A oppone la sua determinazione di dargli onori funebri insieme al fratello. Dubbio filologico: secondo alcuni critici finale è opera di un interpolatole che vuole collegare ad Antigone di Sofocle. Caratteri: - prospettiva unica, Eteocle - Povertà d’azione - Messaggero che descrive i 7 potenti guerrieri di P - Discorsi contrapposti strutturati secondo rigida simmetria di tono arcaico: E dispone altrettanti tebani a fronteggiarli - Catastrofe al centro del dramma: il messaggero porta al coro delle donne notizia della vittoria e della morte dei fratelli > compianto sulla distrutta dinastia > il coro recupera tema dell’intera trilogia > Eschilo collega sempre strettamente i tre drammi Supplici Trama = arrivo in Argo delle 50 figlie di Danao, fuggite dall’Egitto per evitare forzate nozze con 50 figli del re Egitto e fratello di D. Questi giungono a inseguirle. Il re di Argo si pone il dilemma: se aiutarle perché le Danaidi chiedono protezione contro la prepotenza dei cugini-pretendenti, in nome di comune discendenza argiva, trovandosi però in guerra contro Egitto; o se rifiutare la protezione richiesta dalle supplici e andare incontro a sanzione divina. Sceglie alla fine di aiutare le Danaidi. Conclusione: arrivo minaccioso degli Egizi. Caratteri: - coro al centro dell’azione - Non matura padronanza tecnica: Mondo concettuale - tema centrale = rapporto fra ineluttabilità del destino e responsabilità dell’uomo - Contro fiducia razionalistica nella capacità umana di dominare gli eventi, dopo vittoria contro i persiani - Rinuncia al principio che l’invidia degli dei sia gratuita > l’operato della divinità è diretto alla giustizia - Destino = irrevocabilità della sanzione divina - Però l’uomo sceglie volontariamente la propria sorte > scelta in cui entrambe le alternative comportano colpa o errore - Il delitto si proietta sull’intera stirpe, ma esiste redenzione definitiva attraverso il dolore > la consapevole accettazione del proprio destino libera dalla condanna - Afflato religioso > = ammaestramento etico a conoscere se stessi e limiti della condizione umana SOFOCLE V secolo, Colono. Generazione intermedia fra Eschilo ed Euripide > maturità rispetto all’arcaismo, immaturità rispetto alla crisi di Euripide. Vive durante guerre persiane > sente la grandezza della grecia. Però non era più possibile condividere sicurezza di Eschilo nell’aiuto benevolo degli dei. I protagonisti di Sofocle sono condannati a patire per errori. Con lui nasce l’eroe propriamente tragico. Innovazioni: - invenzione della scenografia = fondali mobili, scenari dipinti in prospettiva - Aumento numero dei coreuti da 12 a 15 - Introduzione del terzo attore > supera rigida contrapposizione eschilea tra due attori > più articolati rapporti interpersonali - Scioglimento struttura trilogica in tre drammi indipendenti, ≠ continuità tematica Una selezione antica ha salvato solo 7 tragedie, si ritiene che l’Aiace sia la più antica. Gli alessandrini conoscevano 130 drammi. Conserviamo anche metà di un dramma satiresco, I cercatori di tracce. Aiace Più antica tragedia conservata di S. Già compaiono grandi temi del suo teatro: - grandezza e vulnerabilità dell’eroe - Solitudine dell’eroe - Impossibilità di sottrarsi alla miseria dell’esistenza se non con la morte - Insondabile violenza dell’azione divina - Redimere la sofferenza con scelta di dignità superiore al male L’azione è confinata all’antefatto e al prologo secondo schema ancora arcaico. Trama = gli atridi hanno giudicato Odisseo e non Aiace il guerriero più valoroso e gli hanno attribuito le armi di Achille > A è offeso. Nella presunzione della sua straordinaria forza aveva rifiutato in battaglia l’aiuto degli dei > Atena lo punisce ingannandolo > A fa strage delle greggi dei greci credendo che fossero capi dell’esercito. Atena lo mostra con irrisione a Odisseo, ma lui non condivide la vendetta. Il coro (marinai di Salamina). A torna in sé, comprende di essersi macchiato di disonore, si auto-emargina perché crede che per lui non ci sia più spazio tra gli uomini, vuole darsi la morte. Un messaggero dice che la rabbia di Atena durerà solo per quel giorno, se riuscirà a superarlo sarà salvo. I suoi amici non arrivano in tempo per dirglielo, A si è gettato sulla spada in riva al mare. Dibattito fra fratellastro e Atridi, se attribuirgli onori funebri o no. Odisseo pronuncia ultima parola di pietà. Caratteri: - spezzata in due dalla morte di Aiace: dopo la morte del protagonista ritorna in scena il coro > struttura a dittico - Il cadavere di A incombe sulla scena per tutto il resto del dramma Antigone Trama = figlia di Edipo. Ora sovrano di Tebe è divenuto Creonte, fratello della loro madre Giocasta. Ha ordinato che Polinice rimanga insepolto in pasto alle fiere, ma A non accetta. C agisce così per proteggere stato dalla rivolta, ma A ritiene che le leggi non scritte degli dei e i vincoli del sangue siano più importanti. Nel prologo espone decisione alla sorella Ismene. Sopraggiunge una guardia, dicendo che un uomo ha simbolicamente sepolto con un velo di polvere il cadavere di P. A ripete il suo atto di pietà. C afferma che A verrà sepolta viva in una caverna a morire di fame e invano Emone, figlio di C e promesso sposo di A, cerca di dissuaderlo. A viene trascinata nella caverna. Tiresia prospetta a C l’orrore che ha provocato nelle divinità > si reca a liberare A, ma la trova già impiccata. Emone si uccide assime a sua madre. Due protagonisti, si bilanciano in un’inconciliabile polarità, si oppongono due ordini ugualmente legittimi: - Creonte, rappresenta lo stato. Cade da una posizione di superno potere a una di follia. Rappresenta negazione della libertà. Scrupolo positivo = ordine - Antigone, rappresenta la famiglia. Il suo status è inalterato per tutta la tragedia, sempre consapevole della propria imminente morte. Rappresenta la negazione della vita e l’affermazione dell’amore fraterno e dello scrupolo religioso. Il contrassegno dell’eroe Sofocle è incidere sul destino altrui anche dopo la morte. Bloccata nella solidità eroica, commette stesso errore del suo nemico > non accetta limiti dell’individuo. Proprio in questo spasimo trova la sua grandezza. Messaggio rivolto all’Atene di Pericle e alla sofistica: l’uomo deve ritornare alla dolorosa coscienza del potere arbitrario degli dei, abbandonando orgoglio Trachinie Trama = Deianira, moglie di Eracle, attende il ritorno del marito. Giunge notizia che sta tornando insieme a prigionieri, fra cui Iole. E ha distrutto città perché il re gli aveva rifiutato la figlia I ed ora è sua concubina. D soffre dolore della donna ormai sfiorita ma sempre innamorata. Il centauro Nesso, morendo, le aveva donato magico filtro per assicurarsi che E non avrebbe mai amato un’altra. Ne intride una veste e la invia al marito. La speranza è velocemente delusa: il sangue di N era avvelenato dalle frecce dello stesso E, bagnate dal sangue dell’Idra, e indossata la veste E è in preda di atroci sofferenze. D si dà la morte. E vuole punire la moglie ma si ricorda di vaticinio: sarebbe morto per mano di un morto. Si fa uccidere con pira a cui appicca egli stesso il fuoco. Iole dovrà risposarsi e far da madre al figlio che aveva avuto da E > estrema pacificazione, palingenesi. Coro = donne della città di Trachis. Caratteri: - momento di illusoria speranza in cui potrebbe essere invertito il corso della tragedia > delusa, ironia atroce per cui un’azione rivolta a risolvere ottiene risultato opposto - Seconda parte del dramma = tragedia di E - Il sapere cui E è giunto quando comprende vaticinio è inutile > ironia sofoclea = profonda e disperata visione dell’irrazionalità del reale - Gli uomini sono impotenti di fronte al progetto degli dei. Edipo re Temi: - ironia dell’azione che genera rovina invece che bene cui era rivolta - Fatale ignoranza dell’uomo - Inganno che nasce dalla pretesa umana di comprendere oracoli - Enigma = nello stile c’è sempre doppio significato Trama = E è stato eletto re di Tebe dopo aver risolto indovinello della sfinge, ma Tebe è devastata da pestilenza. L’oracolo di Delfi dice che la causa è la presenza dell’assassino del precedente re Laio, la cui vedova Giocasta è ora moglie di Edipo. E lo cerca e interroga Tiresia, che gli dice che lui è l’uccisore di L. G lo tranquillizza perché gli oracoli non ci beccano mai: anche a L era stato predetto che sarebbe stato ucciso dal figlio, lo aveva fatto esporre su una montagna con i piedi avvinti in una fune. Invece il re fu ucciso da predoni per strada. Allora E narra alla moglie che era cresciuto presso re di Corinto ma dall’ingiuria di un coetaneo aveva chiesto all’oracolo di Delfi, che gli aveva prognosticato che avrebbe ucciso il padre e sposato sua madre > si era allontanato da Corinto ma a un trivio aveva incontrato uomo che l’aveva offeso e lo aveva ucciso. Nel frattempo arriva messaggero perché il re di Corinto è morto e deve prendere il suo posto, rivelando che E non è figlio di Corinto, ma è un trovatello che aveva ricevuto dall’uomo incaricato di abbandonarlo sul monte. Nel frattempo arriva unico testimone: il medesimo servo che avrebbe dovuto esporlo sul monte. Lo riconosce subito ed E conosce la verità. Decide di punirsi accecandosi. Anche G si toglie la vita. Edipo: - destinato a non capire - Dopo aver trionfato sugli enigmi divini, è stato l’ultimo a comprendere ciò che gli altri avevano compreso immediatamente. - La colpa di E non sono incesto e parricidio, non lo aveva voluto: ma la hubris di trascendere la propria debolezza Elettra Spostamento dell’epicentro drammatico da O alla sorella > annulla la problematica del matricidio imposto da Apollo. Interesse dell’azione = ritratto psicologico di E. Colpi di scena e pause ritardanti. Trama = la scena è a Micene. Oreste giunto col vecchio pedagogo si prepara alla vendetta. Sopraggiunge Elettra che piange la sua condizione. Allora Clitemnestra manda Crisotemi a portare libagioni sulla tomba del padre, ma Elettra persuade la sorella. giunge a Clitemnestra nel frattempo la notizia della morte di Edipo; la donna appare sollevata, Elettra sconvolta. Ma alla fine sopraggiunge Oreste che si fa riconoscere dalla sorella e inizia la vendetta. Uccisa la madre, i due aspettano Egisto e una volta arrivato lo conducono a casa dove lo uccidono. Coro = donne di Micene. Personaggi: - E > odio - Clitemnestra > ≠ grandezza del personaggio Eschileo, = malvagia e meschina No accenno alla colpa dei fratelli matricidi > futuro rinnovato dalla generazione dei giovani. La generazione che scompare è formata da oppressori. Filottete Trama = a Lemno giungono Neottolemo ed Odisseo, che hanno il compito di condurre Filottete a Troia. Allora i due concordano che Neottolemo vada da Filottete e dopo averne acquistato la fiducia cerca di convincerlo a tornare a Troia. Ma il figlio di Achille svela la verità all'uomo. Odisseo cerca di convincere Neottolemo a tenere le armi, ma egli le restituisce a Filottete, che non ha intenzione di schierarsi contro Troia. Solo l'intervento di Eracle sblocca la situazione, Filottete si schiera con i Greci. Caratteri: - È un giovane a risolvere la crisi e iniziare tempo rinnovato. - Impianto ‘da camera’ > l’azione si riduce a un dialogo - Capacità introspettiva > un personaggio si ritrova diverso alla fine per processo interiore - Filottete = uomo perseguitato dalle divinità ma anche = eletto, predestinato alla grandezza - Esito positivo - O = politico corrotto, orgoglioso - Istintiva attrazione fra F e N - Neottolemo oscilla tra fedeltà ai greci e naturale ripugnanza contro l’inganno > lo spettacolo della mgrandezza e miseria di F lo fa diventare un uomo libero di scegliere, si schiera dalla parte di chi è ingiustamente violentato Edipo a Colono Trama = a Colono arriva il vecchio e cieco Edipo, guidato dalla figlia Antigone. Gli abitanti di Colono vorrebbero allontanarlo, ma poi pensano di affidare la decisione al re di Atene Teseo. Questo accorre promettendogli protezione ed aiuto. Intanto Oscene da Tebe porta la notizia della lotta tra Polinice e Eteocle. Così arriva Creonte che costringe Edipo a seguirlo altrimenti avrebbe preso in ostaggio le figlie. Ma Teseo interviene e riconduce le figlie al padre. Così l'uomo maledice i figli. Polinice si allontana affranto e dal cielo giunge il tuono della morte per Edipo. Egli morirà dopo aver salutato Teseo e le figlie. Temi: - arcano disegno per cui uomo segnato dalla miseria è anche benedetto dagli dei riporta la vittoria e ottiene la consegna dei cadaveri. Si celebrano i riti funebri e alla fine compare Atena che sancisce eterna alleanza tra la sua città e Argo. Caratteri: - esaltazione di Atene - Coro = madri dei condottieri caduti nell’assedio di Tebe insieme a Polinice - Riduzione distanza della saga mitica per far esplodere l’aspetto dolorosamente umano Elettra Trama = Nella campagna argiva dove vive Elettra, sposata a un contadino da Egisto, arrivano Oreste e Pilade che si presentano come amici del figlio di Agamennone. Ma un vecchio riconosce il principe e i due fratelli si abbracciano. Poi inizia la vendetta. Oreste uccide Egisto e dopo sopraggiunge Clitemnestra attirata dalla falsa notizia della maternità d’Elettra. Ella ricorda le colpe di Agamennone e di fronte le accuse della figlia le ricorda di essere stata lei a salvarla dalla morte che le preparava Egisto. Dalla casa giungono poi le sue grida di morte e i due fratelli escono. Elettra sposerà Pilade e Oreste otterrà l’assoluzione. Caratteri: - qui Eu si distingue dagli altri due tragici > ambientazione agreste, Elettra sposata a un contadino, - Contadino = saggio e operoso, contrasto con la decadenza dell’eroe mitico > inevitabile affermazione di nuovi ceti e nuovi valori - Clitemnestra = povera donna piegata dal rimorso e respinta dalla figlia - Elettra ≠ grandiosa ossessione dell’eroina sofoclea Troiane Trama = Atena e Poseidone concertano di sterminare la flotta dei Greci vincitori. Gli dei allora si allontanano e Taltibio annuncia che Cassandra è stata assegnata a Menelao, Andromaca a Neottolemo ed Ecuba ad Odisseo. Prima entra in scena Cassandra che dimostra alla madre che la sorte dei vinti non è migliore di quella dei vincitori, poi entra in scena Andromaca con il piccolo Astianatte, le sue parole sono un vivo ricordo ad Ettore. Arriva Taltibio che annuncia la morte d’Astianatte e il bimbo è strappato dalle braccia della madre. Entrano allora in scena Menelao ed Elena e ne sorge uno scontro tra Elena ed Ecuba, questa, infatti, vuole che Elena paghi. Menelao, decide di portare con sé Elena in Grecia e la tragedia termina con Ecuba accanto al corpo d’Astianatte sullo scudo pronto ad essere sepolto. Gli achei partono, Troia crolla. Caratteri: - scritta mentre Atene si accingeva a folle spedizione in Sicilia - Sgomenta ripulsa degli orrori cui porta la sete di dominio - Prospettiva dalla parte degli sconfitti - Priva di azione - Guerra = dannazione anche per i vincitori Eracle Trama = A Tebe, in assenza di Eracle, la sua famiglia viene minacciata dal tiranno Lico che ne ha usurpato il trono. Il padre d’Eracle, Anfitrione, la moglie Megara e i figlioletti si rifugiano presso l’altare di Zeus, ma Lico continua a minacciarli. Arriva Eracle che salva la sua famiglia. Ma mentre stanno brindando, si presenta Lissa, demone della pazzia, che s’impossessa del giovane e lo costringe ad uccidere la moglie e i figli antecedentemente salvati. Quando Eracle si accorge dell’accaduto, vorrebbe morire, ma l’amico Teseo gli dimostra che il vero eroismo consiste nell’accettare la vita, anche se piena di affanni e di dolori. Nella scena finale i due vanno insieme verso Atene. Caratteri: - collo dell’uomo dai sommi fasti della gloria alla degradazione più umiliante - Encomio di atene nella figura del suo max eroe Teseo che agisce solo nella conclusione come deus ex machina - Gli dei esistono e i loro emissari soprannaturali compaiono sulla scena, ma non antropomorfici - Rifiuto di ogni tradizione mitica - Eracle = da eroe sovrumano in uomo Elena Trama = Paride ha condotto con sé un’immagine d’Elena, la donna, infatti, è in Egitto, sotto la protezione di Proteo. Alla sua morte il figlio Teoclimeno, le fa offerte di matrimonio, costringendola a trovare rifugio presso la tomba del padre. Qui le arriva la notizia della morte di Menelao, ed ella in preda alla disperazione, vorrebbe uccidersi. Ma le schiave la convincono a consultare la profetessa Teonoe. Sulla scena allora arriva Menelao e i due si riconoscono, ma Teoclimeno minaccia di uccidere tutti gli stranieri. Allora Menelao, travestito, porta la notizia della propria morte, Elena chiede allora il permesso di un sacrificio per il marito. Ma la nave serve ai due sposi per fuggire verso la Grecia; il re Teoclimeno vorrebbe uccidere Teonoe per averli aiutati, ma intervengono i Dioscuri a placarlo. Caratteri: - composta quando il disastro in Sicilia segnata definito tracollo della grandezza ateniese - Vanifica il senso dell’impresa troiana, in cui i greci vedevano i primo contrassegno della loro gloria > la guerra venne affrontata per un fantasma > ciò che induce l’uomo all’orrore della guerra è un vano idolo - Il caso regge le vicende umane - Fantasia > molte peripezie, intrighi, riconoscimento, disimpegno, edonismo (raffinatezza dei brani lirici) - Tradizione da Stesicoro Ifigenia in Tauride Trama = Ifigenia è diventata sacerdotessa nella terra dei tauri. Qui ha il compito di sacrificare tutti gli stranieri. Arrivano allora Pilade con l’amico Oreste. Qui la ragazza dice che bisogna consegnare una lettera ad Argo e i due per salvare la vita all’altro cercano di mandare l’amico. Sarà Pilade a partire, ma leggendo ad alta voce la lettera, i due fratelli si riconoscono. Allora avviene che i due scappano insieme, mentre Atena trattiene il re Toante, dicendogli che tutto è avvenuto per natura divina. Caratteri: - stesso schema narrativo dell’Elena: due parenti da tempo separati si rincontrano in una terra straniera, si ricongiungono attraverso faticoso riconoscimento e sfuggono al re locale mediante sotterfugi astuti. - Atene ex machina - Il caso promuove l’azione tragica Oreste Trama = Dopo il matricidio commesso, Elettra si prende cura di Oreste, che appare sconvolto e delirante. Il popolo d’Argo dovrà giudicare il suo delitto ed egli invoca l’aiuto di Menelao. Ma questo si sottrae dall’impegno e Oreste va a difendersi da solo di fronte l’assemblea. Un messaggero allora annuncia ad Elettra la morte per entrambi, e Pilade è deciso a morire con lui. Ma i tre prima vogliono vendicarsi e cercano di uccidere Elena, causa di tutte le loro sventure. Non riuscendo nelle imprese Oreste minaccia di trucidare Erminione, figlia di Menelao. Ma alla fine, apollo annuncia l’assunzione di Elena fra gli Immortali, l’assoluzione di Oreste da parte dell’Areopago e il doppio matrimonio Pilade-Elettra e Oreste-Ermione. Caratteri: - interviene sul patrimonio mitico tradizionale sovvertendolo in trame inventate - In chiave romanzesca - Manca fondamento sostanziale dell’idea tragica = rapporto problematico dell’eroe con il proprio destino - Proposito corrosivo, dissacrante: gli eroi del mito sono ridotti a fantocci - Eccesso di eventi - Apollo deus ex machina - Vita = caos Ifigenia in Aulide Trama = La scena è ambientata nel campo acheo dell’Aulide: in seguito alla predizione di un oracolo, Agamennone ha mandato a chiamare Clitemnestra e Ifigenia, con la scusa di darla in sposa ad Achille. In realtà la giovane dovrà essere sacrificata. Le due donne scoprono la verità da un servo e anche se Agamennone vorrebbe risparmiare la figlia sa che per la gloria non può farlo. Anche Achille, si era invaghito della ragazza e cercava di salvarla, ma Ifigenia, dopo aver capito il motivo del suo sacrificio, accetta l’idea. A questo punto appare Artemide che sostituisce Ifigenia con cervo. Caratteri: - sacrificio volontario di un’innocente = da funzione episodica e marginale a fondamento della trama - ≠ fiammata di patriottismo di Eu, = denuncia in toni sempre più radicali delle atrocità della guerra > l’ingenua esaltazione di Ifigenia permette di svelare propaganda finalizzata agli interessi dei signori della guerra - Eroe tragico ≠ atteggiamento inflessibilmente monolitico, = evoluzione, maturazione interna - Il cambiamento di carattere di I risulta privo di graduale motivazione Baccanti La drammaturgia Il mondo concettuale