Scarica RIASSUNTO LIBRO DIRITTO MEDIOEVALE MODERNO - DIRITTO TARDO ANTICO e più Appunti in PDF di Diritto Medievale E Moderno solo su Docsity! RIASSUNTO LIBRO DIRITTO MEDIOEVALE MODERNO 1. IL DIRITTO TARDO ANTICO La bipartizione politica, giuridica e amministrativa tra oriente e occidente si accentuò alla fine del sec IV sino a diventare irreversibile con la caduta dell'impero d'occidente nel 476. La gerarchia civile che svolgeva sia le funzioni amministrative e di ordine pubblico sia le funzioni giudiziarie civili e penale, dopo il tramonto del processo formulare classico e l'avvento della cognitio extra ordinem, era ripartita in ben 5 livelli, che comprendevano i defensores, i 4 prefetti diocesi al pretorio di italia, Gallia, Constantinopoli e Illitico. Una terza gerarchia di funzionarti esercitava le vaste competenze tributarie e finanziarie dell'impero. Al di sopra delle 3 gerarchie operava la corte imperiale. Il tardo impero concentrò ogni compito di produzione normativa nelle soli mani dell’imperatore. Egli agiva attraverso l’opera dei suoi uffici centrali, guidati da un manipoli di altri funzionari da lui scelti e da lui in ogni momento revocabili. Il sistema classico delle fonti risultava profondamente trasformato. Le consuetudini e gli usi (mores), i pareri (resposa) dei giuristi a ciò accreditati, i senatoconsulti e le altre fonti menzionate ancora da Gaio nel sec 2 erano ormai relegati nello sfondo, mentre la sola fonte divenuta centrale nell'evoluzione del diritto era costituita dalle decisioni imperiali nella duplice forma dei rescritti e degli editti di portata generale. La teorizzazione postclassica ridusse perciò a 2 categorie di fonti del diritto: da una parte gli /URA che includevano le fonti tradizionali del diritto civile e del diritto onorario e dall'altra parte le LEGIS cioè le costituzioni imperiali. Gli interventi legislativi dei sec. IV al VI furono innumerevoli. Si comprende allora come sia nata l'esigenza di raccogliere in testi organicamente concepiti il CORPUS delle costituzioni degli imperatori. Teodosio Il nell’anno 438 raccolte in 16 libri tutte le costituzioni generali dell'età di Constantino sino a quell’ anno. Un secolo più tardi vide la luce a Costantinopoli la grande compilazione di Giustiniano. Nell'arco di 5 anni, dal 528 al 534 videro la luce le 4 opere che nel loro insieme formano quello che più tardi sarà nominato il Corpus iuris civilis formato da 12 libri. Il digesto che risale all'anno 533 è formato da un amplissima selezione in 50 libri, ordinata anch'essa in titoli, di testi della giurisprudenza classica: frutto del lavoro di una commissione guidata dal giurista Triboniano. La crisi dell'impero non fu dunque anche la crisi del suo diritto. E non ne impedì la sopravvivenza ma al contrario il diritto tardo-antico costituì il fondamento di istituzioni, di procedure di norme e di consuetudini negoziali che in varia forma e misura, dopo la fine del dominio di Roma in occidente, si trasmisero alle età successive. 2. CRISTIANESIMO, CHIESA E DIRITTO L'affermazione del cristianesimo nel costo degli ultimi secoli del mondo antico costituì un evento religioso straordinario per l'impero romano e per la storia successiva dell’Europa e del mondo, ma ebbe anche profonda influenza sul mondo del diritto e delle istituzioni. Il piccolo gruppo di discepoli di cristo avevano sin dagli inizi le caratteristiche di istituzione dotata di regole. Presto la chiesa nascente distinse apostoli dai presbiteri. Lo spirito della chiesa era ben espresso negli Atti degli Apostoli che attestano come sin dall’inizio i beni fossero posti in comune dai fedeli, che rinunciano cosi ad ogni proprietà personale; e l'assistenza si estendeva alle altre comunità in situazioni difficili e di carestia. La chiesa assunse precocemente la forma di un istituzione gerarchica. | successori degli apostoli furono designati con il termine greco di episcopi, responsabili pastorali di una città e del territorio circostante, designato come diocesi. Ai vescovi rispondevano i presbiteri e i dioconi. Tra i vescovi si creò a sua volta una gerarchia. Tra tutti i vescovi, al vescovo di Roma fu molto presto riconosciuto il ruolo più alto: Cristo stesso aveva posto Pietro a capo della Chiesa, e poiché era stato Pietro l’apostolo che per primo aveva portato a Roma il messaggio cristiano, si affermò li la sede della chiesa. Nasce piano piano il diritto Canonico, costituito dai canoni dei Concili e dei sinodi, subordinata soltanto alla fonte suprema: la Sacra Scrittura, frutto della rilevazione divina. È corretto ritenere che già con queste prime deliberazioni conciliari sia nato un diritto proprio della Chiesa, che forma la base del diritto canonico: un diritto certamente non statutale, ma dotato di norme e di sanzioni. La religione cristiana dopo 2 sec. In cui i suoi adepti erano stati ferocemente perseguitati e la chiesa considerata associazione illecita, nell'arco di meno di 1 sec. Venne dapprima tollerata, poi riconosciuta da Costantino nel 313 con l’editto di Milano, quindi dotata di privilegi in particolare garantendole l'esenzione fiscale. Nell anno 380 la religiose cattolica fu da Teodosio dichiarata la sola religione riconosciuta e ammessa dell'Impero. La connessione nata tra chiesa e impero nel sec IV spiega come anche nell'amministrazione della giustizia si siano stabiliti intrecci e collegamenti molto particolari. Constantino consenti ai litiganti di scegliere (di comune accordo) di farsi giudicare dal vescovo anziché dal giudice laico, governatore della provincia; e la sentenza episcopale fu dichiarata inappellabile e dotata di forza esecutiva. Giustiniano autorizzò anche il ricorso in appello dal governatore della provincia al vescovo, la cui pronuncia poteva allora essere riesaminata solo dall'imperatore. Dunque ai vescovi vennero conferite anche importanti funzioni civili. Il cristianesimo separava la sfera del cittadino dalla sfera del credente. Ma da quando l'imperatore stesso si dichiarò seguace di cristo, il rapporto tra la chiesa e i poteri secolari divennero ben più complessi e problematici, non senza riflessi sulla stessa vita religiosa. Alla metà del sec IV, ad esempio l’imperatore Costanzo poteva affermare risolutamente che <quel che io voglio deve valere come canone della chiesa>. Nell'oriente Bizantino forme di diretto intervento e di controllo dell'impero sulla chiesa si mantennero costantemente nel corso dei secoli. Fu invece la chiesa d'occidente a tracciare una linea di confine su questo fronte. Celebre episodio dell’anno 390 d.c.: il vescovo di Milano, Ambrogio, osò rifiutare all'imperatore in persona la riammissione in chiesa sino a che Teodosio non si fosse riconosciuto peccatore per aver ordinato una feroce rappresaglia a Tessalonica. Ma chiara era per Ambrogio la distinzione tra la sfera temporale, ove l'imperatore non Meno di 1 sec più tardi, gli editti emanati dal 712 al 744 da un altro re longobardo, Liutprando, hanno carattere molto diverso. Il re si era convertito dall’arianesimo al cattolicesimo e con lui l’intero suo popolo. Erano un serie di disposizioni della legge tra l'altro consentono la manomissione del servo davanti all'altare, migliorano la posizione successorie delle figlie in assenza di figli maschi, riconoscono l'asilo ecclesiastico, semplificano la procedura per le donazioni a chiese, permettono di disporre una parte dei propri beni a favore dell'anima attraverso laciti pii: quest’ultima apriva per la prima volta una breccia verso l'introduzione della successione volontaria. A differenza di Rotari, Liutprando intese di regola legiferare per tutti i suoi sudditi, non solo per i longobardi. Pochi decenni più tardi, nel 774 il regno longobardo cadeva con la sconfitta in battaglia del re Desiderio ad opera del re dei franchi, Carlo, chiamato in soccorso dal papa. Iniziava anche in italia l'età carolingia. 4. L'ETA' CAROLINGIA E FEUDALE Da quando nel 751 Pipino il breve si sostituì ai Merovingi sul trono dei Franchi, il rapporto diretto con la chiesa non solo si mantenne ma si rafforzò. Il figli di Pipino, Carlo ascese al trono nel 768 nel corso di oltre 40 anni portò il regno franco ad una posizione di assoluta preminenza in europa. Conquistando nel 774 il regno longobardo, che venne annessi ai domini del regno dei franchi. A queste vittoriose campagne militari si accompagnò una profonda riforma delle strutture interne del regno. Il controllo del territorio venne affidato a circa 400 conti, nominati a vita dal re e titolari del potere di <banno> un termine germanico indicante il comando militare e civile. Nei processi, ai notabili del luogo, Carlo magno affiancò dei giudici semi-professionali, gli scabini. Affidò sistematicamente a personaggi di sua fiducia laici ed ecclesiastici, i missi dominici il compito di controllare l'operato dei conti attraverso missioni e ispezioni sull'intero territorio. Nella notta di natale del 800 il papa Leone Ill pose sul capo del re dei Franchi la corona imperiale. Rinasceva in occidente l'impero, in una forma nuove che prese il nome di sacro romano impero, per il legame anche fondamentale con la chiesa di Roma. Nella nuova veste il re dei franchi acquistò cosi un ruolo e un rango che lo poneva su un piano superiore rispetto agli altri re. Carlo impose ai sudditi maschi un giuramento di fedeltà per legarli in modo più saldo all’obbedienza verso il sovrano. Ma in tal modo introduceva anche nel rapporto con i sudditi un elemento contrattuale che avrà il suo peso nella storia successiva. | capitolari : quindi Carlo impose ai conti di servirsi nei processi degli scabini, che da allora furono regolarmente presenti nelle corti di giustizia - in parte con atti di tipo legislativo che presero il nome di capitolari e che furono emanati in gran numero da Carlo magno e dai suoi successori. Si trattava di leggi scritte, con le quali il sovrano dettava la sua volontà dopo averla espressa a voce. L'oggetto della disciplina normativa dei capitolari è molto vario. vi sono prescrizioni sulla giustizia, ad esempio l'obbligo di esaminare separatamente ciascun testimone o sula facoltà per il giudice di selezionare autonomamente testimoni credibili e informati dei fatti attraverso un apposito procedimento: l’inquisitio. Il feudo, vassallaggio e beneficio: età feudale dal IX al XI. Un legame personale tra 2 uomini di diversa posizione, stretto per garantire al superiore l’aiuto in ogni circostanza, in particolare nelle imprese di guerra, e all’inferiore una protezione e uno stabile mezzo di sostentamento, realizzato per lo più attraverso la concessione di una terra a titolo di beneficio. In altri casi un libero cedeva la sua terra ad un signore, che gliela retrocedeva in feudo in cambio di protezione (feudo oblato). Il carattere personale si manifesta nel rilevo giuridico attribuito al valore della fedeltà che il vassallo doveva al signore e viceversa. Una fedeltà totale, etica prima che giuridica che si ispirava alla consuetudine germanica che legava al re i giovani nobili al suo seguito e che vincolava il re a protegger i deboli e gli indifesi, ma si è ormai rivestita anche di elementi cristiani. La rottura della fedeltà costituiva il reato più grave: contro tutti il vassallo deve aiutare il signore: contro il proprio fratello, contro il figlio contro il padre. Il patto veniva stretto con la cerimonia dell’omaggio. Il vassallo poneva le sue mani giunte tra Lem ani parimenti giunte del suo signore, che assumerà in seguito un più alto significato nella preghiera cristiana, e rafforzato con il solenne giuramento di fedeltà. Il patto vassallo fu all'origine strettamente personale destinato a durare soltanto per il tempo di vita dei 2 soggetti che lo avevano concluso. Ma la tendenza a rendere permanente il rapporto si manifesta con tale forza da sboccare nel tempo per vie diverse ma convergenti alla ereditarietà del beneficio feudale. Comportava il consenso libero del vassallo, e non la sua incondizionata subordinazione. Persino il vincolo fondamentale dell'aiuto in guerra e della fedeltà poteva lecitamente ritenesti interrotto se la guerra mossa dal signore fisse stata una guerra ingiusta o se il signore avesse agito in modo illecito, contro il diritto e la giustizia. In Francia i conti vennero legati al re anche con il vincolo del vassallaggio, il quale nazi divenne spesso il solo elemento di reale subordinazione. Avvenne spesso che il medesimo soggetto fosse contemporaneamente vassallo di 2 signori: i tale circostanza il conflitto di fedeltà che ne poteva nascere fu risolto instituendo con uno dei signori un rapporto prioritario: l'omaggio ligio. Solo nel XIII la monarchia francese riuscì a far prevalere il principio che i vassalli sono tutti nella mano del re. 5. LE CONSUETUDINI E LA CULTURA GIURIDICA La differenza tra il servo e il libero stava nello stato giuridico, che per il servo non consentiva libertà di movimento ne godimento dei beni comuni e che lo legava al padrone anche nelle scelte militari. Ma ai servi furono riconosciuti il diritto di acquistare in proprietà beni con il proprio lavoro e il diritto di formare una famiglia, con garanzie talora assicurate anche in via legislativa. Non però quello di sposare una libera. Il libero che lavorava su una terra non sua era tenuto a dazioni in prodotti agricoli o in denaro a favore del proprietario, in qualità di colono. Alla mobilità più alta e più potente il re franco soleva affidare la carica di conte e spesso anche la funzione vescovile. Il sec dal IX e XI hanno costituito in europa la crisi del sistema della personalità del diritto. L’infittirsi dei rapporti tra individui di stirpe diversa ha posto problemi non semplici di conflitto tra leggi, che vennero in parte risolti adottando regole specifiche in via legislativa. Si è ricordato l’editto di Liutprando che consentiva di abbandonare nei contratti la legge si stirpe e di adottare quella dell'altro contraente. Per il diritto penale, Pipino, sanci il criterio di far pagare l'ammenda in base alla legge personale dell’offeso. E a più riprese i carolingi ribadirono il principio della personalità della legge. La parvenza della legge sulla consuetudine (che era stata tra l’altro affermata da Isidoro di Siviglia) fu in più occasioni ribadita dai sovrani del tempo, tra gli altri da Pipino e da Ottone |. Le consuetudini locali erano dotate di valore territoriale e non più personale. Se i sec. Dell'’alto medioevo sono stati dominati dalla consuetudine e in misura minore ma certo non irrilevante dalle leggi dei popoli germanici e dalle leggi romane, qual è stato il ruolo della cultura giuridica? La risposta è semplice, nel senso che questo ruolo è stato sicuramente marginale, anche se non inesistente. Verso la fine del sec XI il quadro muta. Dopo 5 secoli di silenzio, si manifesta improvvisamente la presenza in italia di una nuova cultura giuridica rivolta allo studio dei testi di legge. Un testo giunto a noi attraverso un singolo manoscritto in scrittura beneventana del sec XIII offre una testimonianza di valore eccezionale: l'ignoto autore atitivo nell'Italia settentrionale ha scritto intorno al 1070 un commentario analitico alla raccolta degli editti longobardi e dei capitolari destinati all'italia: l’expositio ad Librum Papiensem prende in esame centinaia di capitoli dei rotari, liutprando, Carlo magno, pipino e degli altri re italici sono ad Ottone |. Nell’expositio si trovano centinaia di rinvii specifici ai testi della compilazione di Giustiniano: al codice, alle istituzioni, alle novelle, forse anche al digesto. L'autore ricorre alla legge romana la dove una questione non trova soluzione nelle leggi longobardo-franche. 6. LA RIFORMA DELLA CHIESA Nel corso del sec XI un movimento di riforma della chiesa si delineò con forza crescente, muovendo da alcuni centri religiosi quali appunto Cluny e da posizioni di rigore sostenute da alcuni prelati quali il vescovo di Vercelli Attone sin da sec X. Contro la simonia e contro il concubinato del clero si fecero strada nell'arco di pochi decenni sino al vertice della gerarchia, sono alla nomina di papi favorevoli alle tesi riformatrici. Con un decreto del papa Niccolò Il la designazione del vescovo di Roma venne riservata ai cardinali e sottratta cosi ai giochi di potere dell’aristocrazia romana. E contemporaneamente una condanna drastica della simonia fu sancita da 2 sinodi romani: l'acquisto per denaro di una carica ecclesiastica fu considerato un atto di resta e sanzionato con l'annullamento della nomina simoniaca e con la degradazione contestuale dell’ordinante e dell’ordinato. L'autorità del papa veniva affermata con energia non solo nei confronti dei vescovi e dell'intera chiesa, vi si dichiarava tra l’altro che il papa può deporre o trasferire vescovi, presiedere i concili attraverso un suo delegato, decidere le cause maggiori, ma anche nei confronti dello stesso imperatore, che il papa avrebbe potuto legittimamente scomunicare e addirittura deporre, in pari tempo liberando i sudditi dall'obbligo di fedeltà. Le 2 leggi, la canonica e la secolare, avevano secondo costoro il medesimo libello di legittimazione perché le 2 autorità che costituivano la loro fonte, rispettivamente la chiesa e l'impero, erano entrambe volute da dio. Gregorio VII scomunica l'imperatore