Scarica Riassunto Libro Xella e Libro Casadio e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Scienza delle religioni solo su Docsity! I. PRIMA DI ELIADE Il testo discute diverse prospettive sulla storia dello sciamanesimo, concentrandosi principalmente sullo sciamanesimo siberiano e mongolo. L'autore menziona l'origine del termine "sciamano", che fu introdotto in Europa occidentale nel 1698 dal russo "shaman". Questo termine era inizialmente utilizzato dai russi che colonizzarono la Siberia e si riferiva a un tipo particolare di sacerdote tra i Tungusi. L'autore menziona diverse teorie sull'etimologia del termine "sciamano", senza fornire una conclusione definitiva. Alcuni studiosi suggeriscono che il termine derivi dalla parola evenki e mancese che significa "agitato, eccitato, in preda alle convulsioni dell'estasi". Altre culture, al di fuori della Siberia russa, presentano anche pratiche sciamaniche, come i Mongoli e i popoli turchi. Viene menzionata la cronaca del viaggio di Guglielmo di Rubruck presso la corte del Gran Khan Mongka nel XIII secolo. Rubruck descrive diverse attività degli sciamani mongoli, tra cui la divinazione, i rituali per i fenomeni naturali, la guarigione magica e le predizioni del destino. L'autore fa riferimento anche agli studi di studiosi russi e siberiani che si sono concentrati sullo sciamanesimo siberiano, differenziandosi in diverse interpretazioni. Alcuni vedevano lo sciamanesimo come una forma di spiritualità primitiva e panteistica, mentre altri lo interpretavano come isteria di massa o nevrosi. L'autore menziona anche gli studi comparativi delle religioni, in particolare quelli che confrontano lo sciamanesimo siberiano con altre tradizioni religiose. Vengono discussi i rapporti degli sciamani con il mondo degli spiriti, il mondo animale, il mondo vegetale e il cosmo, nonché gli influssi delle grandi religioni universaliste. Infine, l'autore menziona alcune teorie specifiche sugli aspetti regionali dello sciamanesimo, come lo sciamanesimo artico praticato dalle donne nel Nord Europa e la teoria dell'isteria artica. Viene anche accennato al concetto di Dio nei popoli pastori dell'Asia centrale e settentrionale e alla distinzione tra sciamanesimo "nero" e "bianco". In sintesi, il testo fornisce un panorama storico delle origini dello sciamanesimo, concentrandosi principalmente sullo sciamanesimo siberiano e mongolo, e menzionando diverse teorie e interpretazioni degli studiosi sullo sciamanesimo e le sue pratiche. In sintesi: Il testo esplora la storia dello sciamanesimo, con particolare attenzione allo sciamanesimo siberiano e mongolo. Si analizza l'origine del termine "sciamano" e le diverse teorie sull'etimologia. Viene menzionata la testimonianza di Guglielmo di Rubruck sulle pratiche sciamaniche dei Mongoli. Gli studiosi hanno interpretato lo sciamanesimo in modi diversi, come forma di spiritualità primitiva o come isteria di massa. Si esaminano anche i rapporti degli sciamani con il mondo degli spiriti, animale, vegetale e cosmico, nonché l'influenza delle grandi religioni universaliste. Vengono accennate teorie regionali, come lo sciamanesimo artico praticato dalle donne e la distinzione tra sciamanesimo "nero" e "bianco". In conclusione, il testo fornisce una panoramica storica delle origini dello sciamanesimo, con varie teorie e interpretazioni presentate dagli studiosi. II. MIRCEA ELIADE E LE CRITICHE Il libro "Lo chamanisme et les techniques archaïques de l'extase" di Mircea Eliade, pubblicato nel 1951, rappresentò una rivoluzione negli studi storico-religiosi. Eliade avviò una comparazione tra lo sciamanesimo dell'Asia Centrale e Settentrionale e altre tradizioni religiose nel mondo. Il libro si divide in tre sezioni principali. Nella prima sezione, Eliade esplora il ruolo dello sciamano come guaritore e psicopompo. Lo sciamano sperimenta una trance durante la quale si crede che la sua anima lasci il corpo e si elevi verso il cielo o scenda nell'oltretomba. Lo sciamano controlla i suoi spiriti e domina la vita religiosa dell'Asia centrale e settentrionale. Tuttavia, lo sciamanismo non può essere considerato la religione di quella regione, ma piuttosto una forma di misticismo riservata a specialisti dell'anima che hanno un rapporto privilegiato con il dio supremo. Gli sciamani possono essere reclutati tramite trasmissione ereditaria o vocazione spontanea. Nonostante l'apparenza di crisi nervose o epilettiche, la causa dello sciamanismo non può essere attribuita all'instabilità nervosa o alle epidemie di isteria nelle popolazioni artiche. Gli sciamani eschimesi o siberiani dimostrano un autocontrollo superiore e una forma fisica migliore rispetto alle persone normali. Nella seconda sezione, Eliade esamina la vocazione sciamanica come un tipo di iniziazione che comprende sofferenza, morte e resurrezione. Utilizzando esempi di sogni e visioni iniziatrici degli sciamani siberiani e di altri continenti, Eliade conclude che la morte simbolica e la risurrezione del neofita coinvolgono una "scissione del corpo" eseguita in vari modi. L'esperienza estatica era accessibile all'umanità arcaica nelle epoche primordiali. Nella terza sezione, Eliade esplora le modalità attraverso le quali gli sciamani ottengono i loro poteri, utilizzando esempi dalla Siberia, dall'Australia e dalle Americhe. Molte culture riconoscono il volo magico al centro del mondo, simboleggiato dall'albero cosmico o dall'axis mundi. A volte è presente il tema di una relazione erotica con uno spirito tutelare, ma Eliade sostiene che il sesso non è essenziale per la vocazione dello sciamano. Gli spiriti aiutanti assumono spesso la forma di animali o delle anime di famosi sciamani del passato. Il legame con gli animali, la conoscenza del loro linguaggio e l'assunzione di una forma animale sono tutti segni del desiderio di ristabilire la situazione paradisiaca perduta all'inizio dei tempi. Nel quarto capitolo, Eliade affronta l'ascesa dello sciamano alla sfera celeste attraverso il volo magico o la scalata di alberi, corde o montagne. Questo tema è presente in diverse culture e simboleggia il desiderio dell'uomo di comunicare con gli dèi o di raggiungere la perfezione. In questo contesto, Eliade analizza i costumi e i tamburi sciamanici che fungono da strumenti di comunicazione con gli spiriti. Le sezioni successive del libro esplorano le manifestazioni sciamaniche in diverse parti del mondo, come l'America del Nord e del Sud, l'Asia del Sud-Est e l'Oceania. Eliade traccia anche le tracce di elementi sciamanici presso i popoli indoeuropei, concentrandosi sulle pratiche e i riti collegati all'uso dell'amanita muscaria, un fungo allucinogeno. Infine, il libro analizza le pratiche sciamaniche in India, Tibet, Cina, Mongolia, Corea e Giappone, evidenziando le differenze e le somiglianze tra le varie tradizioni. In sintesi, il libro di Eliade fornisce un'analisi approfondita dello sciamanesimo, esplorando temi come la trance, l'ascesa estatica e il rapporto tra gli sciamani e il sacro. L'autore evidenzia le similarità e le differenze tra le pratiche sciamaniche in diverse culture del mondo, offrendo un'ampia panoramica di questa forma di religiosità arcaica e delle sue manifestazioni. In sintesi: Il libro "Lo chamanisme et les techniques archaïques de l'extase" di Mircea Eliade, pubblicato nel 1951, rappresentò una rivoluzione negli studi storico-religiosi. Eliade comparò lo sciamanesimo dell'Asia Centrale e Settentrionale con altre tradizioni religiose. Esplorò il ruolo dello sciamano come guaritore e psicopompo, sottolineando che lo sciamanismo non era la religione della regione, ma una forma di misticismo. Gli sciamani venivano reclutati per eredità o vocazione spontanea e la loro condizione non era attribuibile a crisi nervose o isteria. Eliade esaminò l'iniziazione sciamanica, che coinvolgeva sofferenza, morte e resurrezione, e le modalità attraverso cui gli sciamani ottenevano i loro poteri, come il volo magico e il legame con gli Anna-Leena Siikala ha identificato lo sciamano come un "medium in grado di comunicare con il sopranormale" e ha enfatizzato l'importanza delle pratiche rituali, dell'iniziazione e del ruolo sociale dello sciamano all'interno della comunità. Ha anche sottolineato la connessione tra lo sciamanesimo e le credenze cosmologiche delle culture siberiane. Nel libro "Sciamanesimo: Arcaiche Tecniche dell'Estasi", l'antropologo russo L. P. Potapov ha studiato lo sciamanesimo siberiano, concentrandosi sugli aspetti psicologici e sulle pratiche rituali degli sciamani. Ha descritto il ruolo dello sciamano come mediatore tra il mondo umano e quello divino e ha esaminato i diversi tipi di rituali e cerimonie che coinvolgono l'uso di strumenti rituali come il tamburo e il canto. Altri studiosi come Michael Harner, fondatore della Fondazione per gli Studi dello Sciamanesimo, hanno introdotto approcci più pratici ed esperienziali allo sciamanesimo. Harner ha sviluppato una tecnica chiamata "viaggio sciamanico", in cui i partecipanti raggiungono stati alterati di coscienza per entrare in contatto con gli spiriti e ricevere guida e guarigione. In sintesi: Dopo l'opera di Mircea Eliade, sono emerse diverse riflessioni e contributi riguardanti gli sciamani e lo sciamanesimo. M. Hermanns ha elogiato Eliade e ha sottolineato l'importanza di distinguere gli autentici sciamani da figure rituali pseudo-sciamaniche. La Scuola svedese di Stoccolma, guidata da A. Hultkrantz, ha offerto una definizione funzionale dello sciamano e ha evidenziato l'iniziazione, l'estasi, il viaggio dell'anima e l'uso del tamburo come elementi centrali nello sciamanesimo. V. Diószegi ha delineato le caratteristiche dello sciamanesimo, evidenziando la comunicazione diretta con gli spiriti. H. Motzki ha adottato un approccio critico, sottolineando le debolezze epistemologiche nelle interpretazioni precedenti. Anna-Leena Siikala ha enfatizzato l'importanza delle pratiche rituali e del ruolo sociale dello sciamano. L. P. Potapov ha studiato gli aspetti psicologici e rituali dello sciamanesimo siberiano. Michael Harner ha introdotto approcci pratici ed esperienziali, come il "viaggio sciamanico", per connettersi con gli spiriti. Questi contributi post- Eliade hanno arricchito la comprensione dello sciamanesimo, offrendo prospettive diverse e pratiche più dirette nel rapporto con il mondo spirituale. I. RELIGIONI ETÀ ANTICA SIRIO-PALESTINESE. L'antica città di Ebla e la successiva città di Mari, nella Siria del Bronzo, ci forniscono preziose testimonianze dei sistemi religiosi politeistici di quel periodo. Gli archivi di Ebla, risalenti al 2400 a.C., contengono testi scritti in sumerico ed eblaita che ci rivelano informazioni sul pantheon divino, i rituali, gli incantesimi e i miti. A Ebla, il pantheon era composto da numerose divinità, molte delle quali rappresentavano manifestazioni locali. Kura, un dio dinastico e poliade, occupava il vertice del pantheon e presiedeva al tempio cittadino. Le nozze reali erano un momento fondamentale nel rituale eblaico, con il re e la regina che partecipavano a una complessa cerimonia. Un importante santuario nell'acropoli era dedicato ai sovrani defunti, che venivano identificati con la coppia divina Kura e Barama. Altri dei importanti includono Ada, un potente dio della tempesta, e Ishkhara, una dea dell'amore e delle cerimonie nuziali. Mari, in un periodo cronologicamente successivo, presentava un pantheon complesso. Le divinità come Ishtar e Dagan occupavano posizioni di rilievo, mentre Itur-Mer era il dio locale e il garante dei giuramenti solenni. Con l'avvento degli Amorrei, furono aggiunte al pantheon mariota nuove divinità come Ilu/El, Anat e Addu/Baal. Un aspetto interessante della religiosità amorrea era l'attribuzione di connotazioni divine a termini di parentela e l'uso di titoli divini come padre, zio e fratello. Le pratiche religiose a Ebla e Mari comprendevano una vasta gamma di rituali, feste, sacrifici e pratiche divinatorie. A Mari, ad esempio, si svolgeva il rito del Kispum, un'offerta alimentare periodica in onore dei re defunti. Le pratiche divinatorie erano ampiamente utilizzate per ottenere informazioni sulla salute, rivelare la colpevolezza di qualcuno o predire l'esito di una battaglia. A Mari, il profetismo era presente, con individui ispirati che ricevevano messaggi divini attraverso sogni o rivelazioni sovrannaturali. I profeti erano suddivisi in due categorie: gli Apilum, portavoce della volontà divina, e i Mukhkhum, figure eccentriche che ricevevano ispirazione attraverso bevande inebrianti. È interessante notare che nelle culture di Ebla e Mari non esisteva una figura sacerdotale distinta come nelle religioni monoteistiche. Tuttavia, vi erano operatori cultuali che svolgevano ruoli specifici nei templi divini. Le pratiche religiose coinvolgevano anche il re e la regina, che avevano un ruolo importante sia nella sfera politica che religiosa. L'interazione costante tra l'umano e il divino testimonia l'ansia e la ricerca di sicurezza presenti nella società dell'epoca. In conclusione, gli archivi di Ebla e Mari ci offrono uno sguardo affascinante sulle antiche religioni politeistiche della Siria del Bronzo. Questi testi rivelano un ricco pantheon divino con divinità locali e universali, una varietà di rituali e pratiche religiose, nonché la presenza di profeti e operatori cultuali. La religiosità di Ebla e Mari rappresenta un elemento centrale nella vita quotidiana e riflette la continua ricerca di sicurezza e interazione con il divino. In sintesi: L'antica città di Ebla e la successiva città di Mari, nella Siria del Bronzo, forniscono preziose testimonianze dei sistemi religiosi politeistici di quel periodo. Gli archivi di Ebla e Mari ci svelano un ricco pantheon divino con divinità locali e universali, rituali complessi e pratiche religiose diverse. Le nozze reali erano momenti fondamentali nei rituali eblaici, mentre il santuario dedicato ai sovrani defunti a Mari testimoniava la loro identificazione con le divinità. Le pratiche religiose includevano feste, sacrifici e pratiche divinatorie, con il profetismo e l'uso di bevande inebrianti come mezzo di ispirazione. Nonostante l'assenza di una figura sacerdotale distinta, vi erano operatori cultuali che svolgevano ruoli specifici nei templi. La religiosità di Ebla e Mari era un elemento centrale nella vita quotidiana, riflettendo la ricerca di sicurezza e interazione con il divino. II. RELIGIONI ETÀ DEL BRONZO SIRIO-PALESTINESE. Durante l'età del tardo Bronzo, diverse città nella regione della Siria hanno rivelato importanti informazioni sulle loro pratiche religiose e il loro pantheon divino. Ad Alalakh, un sito nella valle dell'Amuq in Turchia, sono state scoperte numerose tavolette cuneiformi che menzionano diverse divinità, tra cui Teshub, Khepat e Shawushka. L'influenza khurrita è evidente nei testi più recenti, che documentano sacerdoti, indovini e altri addetti al culto. Il re aveva un ruolo di grande importanza e il personale religioso era alle sue dipendenze. A Emar, un importante sito nella regione del medio-Eufrate, sono stati scoperti quattro templi dedicati a Baal e Astarte. I testi rinvenuti documentano la celebrazione di feste in onore di diverse divinità e rituali di consacrazione. Il re era un protagonista delle cerimonie, ma gli anziani e gli abitanti avevano un ruolo importante. La festa dell'installazione della sacerdotessa Mashartu era particolarmente significativa e coinvolgeva sacrifici e offerte. Ugarit era un regno fiorente con una posizione strategica per il commercio. Gli scavi hanno rivelato cinque livelli di occupazione e un ricco patrimonio religioso, inclusi ex-voto dedicati a Baal, divinità marina, e la Casa del Gran Sacerdote. Gli archivi cittadini contengono numerosi testi di natura religiosa, tra cui miti, riti, incantesimi, preghiere e documenti oracolari. Il pantheon di Ugarit è ben delineato, con El e Baal come figure di rilievo. Baal, associato ai fenomeni atmosferici, era protagonista di lotte titaniche per l'ordine cosmico e la sovranità universale. Altri dèi importanti includono Dagan, associato all'aldilà, e le dee Anat e Shapash. I miti ugaritici narrano le avventure degli dèi, con Baal al centro di lotte e trionfi. Il tema della regalità è evidente in due testi leggendari che raccontano le storie di Kirta e Aqhat, due re aiutati dagli dèi per ottenere discendenza. Questi miti trasmettono importanti valori etico-sociali e mettono in evidenza l'importanza del comportamento morale e religioso dei sovrani. Complessivamente, le città della Siria del Bronzo Tardo mostrano una ricca religiosità, con un pantheon diversificato e una varietà di pratiche e rituali. I testi rivelano una continua interazione tra gli dèi e gli esseri umani, con la ricerca di protezione, guarigione e prosperità come elementi centrali della religione di quel periodo. In sintesi: Durante l'età del tardo Bronzo, le città della Siria hanno offerto un'importante finestra sulle pratiche religiose e il pantheon divino dell'epoca. I siti archeologici di Alalakh, Emar e Ugarit hanno rivelato testimonianze ricche e diverse. Ad Alalakh, le tavolette cuneiformi testimoniano la presenza di divinità come Teshub, Khepat e Shawushka, con un sistema religioso influenzato dalla cultura khurrita. A Emar, i templi dedicati a Baal e Astarte testimoniano l'importanza delle festività religiose e dei rituali di consacrazione. A Ugarit, un regno prospero, gli scavi hanno svelato un vasto patrimonio religioso, con un pantheon ben delineato guidato da Baal e con la presenza di dèi come Dagan, Anat e Shapash. I miti ugaritici, centrati su Baal, narrano di lotte e trionfi divini, trasmettendo valori etico-sociali e sottolineando l'importanza del comportamento morale e religioso dei sovrani. Nel complesso, le città della Siria del Bronzo Tardo mostrano una ricca religiosità, caratterizzata da un pantheon diversificato e una varietà di pratiche e rituali. La continua interazione tra uomini e dèi testimonia la ricerca di protezione, guarigione e prosperità come elementi centrali della religione dell'epoca. III. RELIGIONI DI FENICI E CARTAGINESI. I Fenici e i Cartaginesi sono un antico popolo che si è diffuso nel Mediterraneo fondando diversi centri, tra cui Cartagine. Nel corso dei secoli, sono stati sottomessi da vari imperi come gli Assiri, i Babilonesi, i Persiani, Alessandro Magno, i Seleucidi e infine Roma. La religione fenicia era politeistica e variava a seconda delle città, con divinità specifiche per ciascun centro. I re fenici avevano un forte legame con gli dèi e si impegnavano a governare giustamente per mantenere l'equilibrio tra gli dei e il popolo. Alcuni dei principali dei fenici erano Baal, Astarte, Eshmun e Melqart. Nel pantheon di Cartagine, le divinità principali erano Tinnit (associata a Giunone) e Baal Hammon (signore della cappella domestica). Altre divinità come Astarte, Melqart, Eshmun e Sid erano anche venerate a Cartagine. Queste divinità erano spesso associate a figure greche e romane in una forma di sincretismo religioso. L'influenza fenicio-punica si estendeva anche ad altre regioni come Malta, Sicilia, Sardegna, Italia e penisola iberica, dove erano presenti culti per divinità fenicie politica pacifica. Non esistono prove concrete riguardo a un dio chiamato "Edom", ma alcune testimonianze epigrafiche suggeriscono che il dio principale degli Edomiti fosse Qos. Successivamente, Qos potrebbe essere stato identificato con il dio nazionale nabateo Dushara quando la parte meridionale del territorio edomita divenne parte del regno nabateo. Qos era una figura complessa, associata alla divinità guerriera e della tempesta, e il suo nome significa "arco" in arabo. Altre figure divine menzionate negli Edomiti includono El e, meno frequentemente, Baal/Hadad. La figura di Esaù, considerato il gemello di Giacobbe e caratterizzato da una difformità fisica, ha una connessione con gli Edomiti nella tradizione biblica, e sebbene vi fosse una rivalità tra i due popoli, venivano riconosciuti come popoli fratelli. La religione degli Edomiti si basava sul culto di una divinità nazionale, Qos, in una forma enoteistica-monolatrica. Non sono presenti prove di un vero e proprio pantheon articolato, sebbene potessero esistere altre devozioni personali e popolari che non sono state documentate. In sintesi: Le popolazioni degli Ammoniti, dei Moabiti e degli Edomiti erano gruppi seminomadi che abitavano principalmente nella regione transgiordana. La loro storia si intrecciava con quella del popolo ebraico, come descritto nell'Antico Testamento. Gli Ammoniti avevano un pantheon limitato, con il dio nazionale Milkom come figura predominante. I Moabiti, vassalli degli Assiri, avevano come dio principale Kamosh, anch'egli un dio guerriero. Gli Edomiti, noti come i "figli di Esaù", adottarono una politica pacifica e avevano come principale divinità Qos, associato alla tempesta e al culto monolatrico. Sebbene vi fosse rivalità tra i popoli, gli Edomiti e gli Israeliti erano considerati popoli fratelli. La religione di queste popolazioni si basava sul culto di una divinità nazionale, anche se non sono state trovate prove di un vero e proprio pantheon articolato. VI. RELIGIONE PRESSO I FILISTEI. I Filistei erano un popolo dei mari che fu sconfitto da Ramses II. Dalle fonti scritte, emergono elementi di una cultura e politica filistea distintiva. Sulla base delle somiglianze linguistiche e religiose, si ipotizza che le divinità filistee fossero simili a quelle delle regioni circostanti, con un pantheon specifico per ogni centro filisteo. La religione filistea comprendeva una pluralità di dei con diverse personalità e funzioni nelle diverse città filistee. Secondo l'Antico Testamento, i Filistei erano stranieri con una identità culturale, politica e religiosa peculiare. Il loro dio nazionale, chiamato Dagon, era probabilmente correlato al dio siriano DAGAN ed era associato alla fertilità e ai cereali, ma anche alle tempeste. Non ci sono evidenze della pratica della circoncisione tra i Filistei, e l'esistenza della prostituzione sacra nella cultura filistea è dubbia, sebbene pratiche mantiche fossero presenti, specialmente nel culto del Baal di Eqron. Ci sono anche tracce di influenze egee e paralleli significativi con Cipro. Dalla città di Eqron proviene un'iscrizione del re IKAUSU, e qui si venerava un Baal locale chiamato BAAL ZEBUL, a cui veniva tributato un culto oracolare e forse anche terapeutico. Ad Ashdod c'era un tempio dedicato a Dagon, e dal sito provengono le caratteristiche figurine fittili chiamate Ashdoda, che erano di produzione locale ma originarie di Cipro e dell'area egea. Anche a Gaza c'era un tempio di Dagon e si veneravano anche AMUN, MELQART/HERAKLES, APOLLON/RASHAP e un dio chiamato MARNAS, che nasconde una personalità molto complessa e che significa "nostro signore" in aramaico, ed era associato alla pioggia e agli oracoli. La città di Ascalonia mostra una facies religiosa di impronta fenicia, ma con influenze filistee e sincretismi culturali. Si fa riferimento ad ASTARTE, nota successivamente come ATARGATIS, e molte fonti classiche collocano ad Ascalonia il mito di DERKETO e SEMIRAMIS diffuso in tutta la Siria-Palestina ellenistico-romana. La città di Gat, invece, è associata al gigante incirconciso GOLIA secondo il racconto biblico. Oltre alle città della Pentapoli filistea, altri siti hanno rivelato templi con un ruolo predominante del dio HORON e della dea ASTARTE. Nonostante la scarsità e la frammentazione delle fonti, si può comprendere che la religione dei Filistei era strutturata in modo simile a quella delle città fenicie, con cui la loro cultura tendeva ad assimilarsi. In sintesi: I Filistei erano un popolo distintivo dei mari che aveva una cultura, una politica e una religione peculiari. Le loro divinità erano simili a quelle delle regioni circostanti, con un pantheon specifico per ogni città filistea. Il loro dio nazionale, Dagon, era associato alla fertilità, ai cereali e alle tempeste. Mentre non ci sono evidenze di circoncisione o prostituzione sacra tra i Filistei, pratiche mantiche erano presenti, specialmente nel culto del Baal di Eqron. Gli elementi di influenze egee e paralleli con Cipro sono evidenti nella cultura filistea. Ogni città filistea aveva i propri templi e divinità, come Dagon ad Ashdod, Amun, Melqart/Herakles, Apollon/Rashap e Marnas a Gaza, Astarte/Atargatis ad Ascalonia e Horon e Astarte in altri siti. Nonostante la scarsità delle fonti, si può comprendere che la religione dei Filistei si strutturava in modo simile a quella delle città fenicie, con cui avevano una forte tendenza all'assimilazione culturale. VII. LA RELIGIONE DEI NABATEI. I Nabatei erano un antico popolo che governò uno stato dal IV al III secolo a.C. fino al 106 d.C. Sono considerati i continuatori degli Edomiti, conservando parzialmente il culto del dio QOS e tratti linguistici arabi. Lo stato nabateo era più una signoria intertribale che un regno vero e proprio, con una struttura sociale nomadica e clanica. I Nabatei erano descritti come arabi nomadi, carovanieri, pastori e predoni. Dal punto di vista religioso, mantenevano le antiche tradizioni nazionali, venerando divinità come DUSHARA, associato al dio arabo per eccellenza e considerato dio dinastico e patrono dello stato. Altre divinità importanti includono AL-UZZA, ALLAT e MANATU, figlie del dio HUBAL. Dopo l'annessione romana, il termine "nabateo" non indicava più un'entità politica precisa, ma una cultura meno circoscritta localmente. La ricostruzione del culto e dell'ideologia religiosa è complessa, poiché manca una mitologia, ma conosciamo i nomi e gli epiteti divini che possono variare localmente. Il pantheon nabateo era limitato e i rapporti di parentela tra le divinità erano difficili da cogliere. Il culto nabateo comprendeva sia un livello pubblico che uno privato, con l'espressione della religiosità individuale e collettiva attraverso gruppi di devoti e associazioni. I templi nabatei erano descritti in due tipi, arabi e siriani. Il tempio più importante era dedicato a DUSHARA a Petra. I Nabatei praticavano sacrifici animali e offerte, ma non vi erano prove di sacrifici umani. Gli altari, gli incensieri e i bacini lustrali erano strumenti utilizzati nel culto, e le cerimonie si svolgevano in vari luoghi sacri, anche sui tetti. Nel culto privato, esistevano associazioni religiose chiamate MARZEAH che si riunivano per pasti comunitari e consumo di vino. Il culto funerario era un aspetto importante della religione nabatea, come evidenziato dalle numerose tombe monumentali a Petra. Non si può parlare di monoteismo, ma è evidente una riduzione numerica degli dei. In sintesi: In conclusione, i Nabatei erano un antico popolo che governava uno stato intertribale caratterizzato da una struttura sociale nomadica e clanica. Come continuatori degli Edomiti, mantennero il culto del dio Qos e tratti linguistici arabi. La loro religione si basava sulle antiche tradizioni nazionali e il loro pantheon comprendeva divinità come Dushara, Al-Uzza, Allat e Manatu. Dopo l'annessione romana, il termine "nabateo" si riferiva più a una cultura che a un'entità politica specifica. Sebbene manchi una mitologia definita, i Nabatei praticavano un culto pubblico e privato, con templi dedicati alle divinità e associazioni religiose chiamate Marzeah. Il culto nabateo comprendeva sacrifici animali, offerte e cerimonie in luoghi sacri, mentre il culto funerario occupava un ruolo significativo, come dimostrato dalle tombe monumentali a Petra. Pur non essendo un sistema monoteistico, si osserva una riduzione numerica degli dèi nel pantheon nabateo.