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Riassunto Manuale di diritto amministrativo - Marcello Clarich, Sintesi del corso di Diritto Amministrativo

Riassunto del manuale, completamente sostituivo del libro

Tipologia: Sintesi del corso

2016/2017

In vendita dal 02/10/2017

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Scarica Riassunto Manuale di diritto amministrativo - Marcello Clarich e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Amministrativo solo su Docsity! Diritto Amministrativo - Riassunto Clarich Capitolo 1 - Introduzione Diritto Amministrativo: la branca del diritto pubblico che ha per oggetto l’organizzazione e l’attività della pubblica amministrazione e in particolare si occupa dei rapporti tra questa e i soggetti privati, nell’esercizio dei poteri ad essa conferiti. Stato di diritto si regge su alcuni elementi strutturali che sono le precondizioni per far si che gli apparati amministrativi sottostiano alla legge e che quindi possa nascere un diritto amministrativo, questi elementi sono: 1)trasferimento della titolarità della sovranità dal re ad un parlamento eletto da un corpo elettorale. 2) Principio della separazione dei poteri, potere esecutivo per cui sottoposto alla legge 3)introduzione di riserve di legge (assolute o relative) all’interno dell’ordinamento, che escludo o limitano il potere normativo del governo. Il potere regolamentare dell’esecutivo è ammesso esclusivamente nelle materie di legge non sottoposte a riserva di legge assoluta, mentre in quelle coperte da riserva relativa, può esplicarsi solo nei limiti espressi dalla legge. I poteri dell’amministrazione che si manifestano in provvedimenti che incidono sui diritti dei cittadini devono avere un fondamento nella legge. principio di legalità al centro della costruzione del d. amministrativo. 4) al cittadino deve essere riconosciuta la possibilità di ottenere la tutela delle proprie ragioni anche di fronte alla pubblica amministrazione innanzi ad un giudice imparziale, indipendente dal potere esecutivo. Consiglio di stato regola autonomamente dal diritto comune l’organizzazione e l’attività amministrativa. L. Cost. 18/10/01 ridisegna l’assetto delle competenze legislative dello stato e e delle regioni e delle funzioni amministrative dei vari livelli di governo. Principio della sussidirietà verticale: privilegia nell’allocazione delle funzioni per quanto possibile le unità organizzative più vicine ai cittadini destinatari delle attività e dei servizi. Regulation: intervento dei poteri pubblici in ambito sociale ed economico La regolazione economica considera l’istituzione di apparati pubblici un rimedio per le situzioni di successo del mercato, in relazione alle quali viene individuata una 68 gamma di correttivi consistenti soprattutto in misure di tipo autoritativo. Es: situazioni nelle quali il mancato deregolamento retto esclusivamente dal diritto privato non è in grado di tutelare in modo adeguato gli interessi della collettività. Stato è un meccanismo di gestione e redistribuzione delle risorse alternativo al mercato. La regolazione pubblica con l’imposizione ai privati di obblighi comportamentali e oneri economici in funzione del raggiungimento di interessi pubblici, costituisce uno strumento alternativo alla tassazione per la realizzazione di obiettivi di interesse pubblico. L. 241/1990 base legislativa del diritto amministrativo. Diritto amministrativo deve essere sempre conforme ai vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario. Art. 1 co.1 l.241/90 comprende i principi generali dell’ordinamento comunitario tra i principi generali del’attività amministrativa. Vincolo comunitario per p.amm ancora più stringente rispetto a quello discendente dalla cost. Art. co.1 l.241/90 enuncia anche il Principio di legalità dell’attività amministrativa, infatti prevede che questa persegua con “i fini determinati dalla legge.” Principio che trova fondamento anche nelle leggi comunitarie e nella cost. (art.113). Art. 11 co.1 l.241/90 fa emergere indirettamente l’autonomia del d.amm dal diritto privato, infatti l’art. prevede che l’amm. possa concludere con gli interessati accordi “al fine di determinare il contenuto discrezionale del provvedimento finale, ovvero in sostituzione di questo” l’amministrazione può quindi negoziare con i destinatari di un provvedimento il miglior assetto di interessi per entrambi. Questi accordi si possono stipulare “utilizzando le norme previste in materia di contratti dal codice civile, se non diversamente previsto” art. 11 co.2. Art. 1 co.1 bis. enuncia per cui che Diritto amministrativo è diritto completo e autosufficiente. La p.amm ha piena soggettività all’interno dell’ordinamento giuridico, può quindi assumere titolarità di diritti e obblighi in conformità alle norme del c.c. e delle leggi speciali. Lo stesso art. attribuisce anche alla p.amm il potere di poter adottare atti autoritativi, caratterizzati dall’unilateralità della produzione degli effetti e dalla loro sottoesposizione al principio di legalità e agli altri principi del d.amm. Art. 1 co. 1.ter stabilisce che anche soggetti privati possano essere sottoposte a un regime di d.amm, infatti “ i soggetti preposti all’esercizio di attività amministrative assicurano il rispetto dei criteri e dei principi ex co.1 con un livello di garanzia non 68 diritto amministrativo (legalita garanzia) B) guida dell’attività amministrativa e fattore di legittimazione tramite la legge che è espressione di sovranità popolare (legalità indirizzo) 2 accezioni del principio di legalità: 1) in un primo senso coincide con il principio della preferenza della legge, in quanto gli atti emanati dalla p.amm non possono porsi in contrasto con quelli emanati dalla legge. La legge costituisce quindi un limite negativo all’attività dei poteri pubblici, che se superato, determina l’illegittimità degli atti emanati. 2) senso più rilevante oggi, il principio di legalità richiede che il potere amministrativo trovi un riferimento esplicito in una norme di legge, che costituisce il fondamento esclusivo dei poteri dell’amministrazione. La legge deve attribuire in modo espresso alla p.amm la titolarità del potere, disciplinandone modalità e contenuti. P.amm non gode quindi di legittimazione propria, perchè i suoi poteri devono trovare legittimità all’interno della legge. Senza una norma di conferimento di potere, la p.amm può far uso soltanto della propria capacità di diritto privato, e il potere esercitato in assenza di una norma di conferimento rende nullo l’atto emanato. (es: Art. 21 septies l.241/90, difetto assoluto di attribuzione) Il principio di legalità inteso nel 2° senso ha ancora una duplice dimensione: 1) la legalità formale, cioè la legge deve indicare quale apparato pubblico sia competente ad esercitare un potere normativo secondario o amministrativo. 2) la legalità sostanziale, cioè che la legge ponga, in termini generali, una disciplina materiale del potere amministrativo, definendone i presupposti per l’esercizio. Riserva di legge relativa e principio di legalità in senso sostanziale hanno elementi in comune poiché assolvono all’analoga funzione garantistica di delimitare il potere esecutivo. 5. Le leggi provvedimento leggi provvedimento: leggi statali o regionali prive dei caratteri di astrattezza, che intervengono a porre la disciplina di situazioni concrete riferite talora ad un’unica fattispecie, ad esempio le leggi che rilasciano o revocano concessioni amministrative. La costituzione non contiene una principio di “riserva d’amministrazione”, che tuteli il potere esecutivo da invasioni ad opera del legislatore, per cui è nella discrezionalità del parlamento scelta di utilizzare lo strumento della legge al posto del provvedimento amministrativo o se attribuire all’amministrazione il potere corrispondente. Il ricorso alla legge provvedimento è stato stigmatizzato poiché considerato incoerente con il principio della separazione dei poteri, scardinando le garanzie offerte al privato dal regime dell’atto amministrativo, come ad esempio il poter partecipare al procedimento. La legge 68 provvedimento infatti può essere solo censurata sotto il profilo della costituzionalità, con i suoi tempi e forme. La cort. Cost. può dichiarare incostituzionale le leggi provvedimento solo nei casi di arbitrarietà e manifesta irragionevolezza. 6. I regolamenti governativi regolamenti governativi: parallelismo tra competenza legislativa e competenza regolamentare dello stato, introdotta dalla legge cost. 3./2001, cioè lo stato è titolare di un potere regolamentare solo nelle materie che l’art. 117 cost.co.6 assegna alla sua competenza legislativa. Questo potere può comunque essere delegato alle regioni. Nelle altre materie la potestà regolamentare spetta alle regioni, ma lo stato può emanare regolamenti su materie attribuite alla potestà di queste ultime se esse sono inerti o in maniera residuale. potere regolamentare del governo richiamato da art. 87 cost., che premette al presidente della repubblica di emanare i regolamenti. 5 tipi di regolamenti governativi: 1) esecutivi: pongono norme di dettaglio necessarie per l’applicazione concreta di una legge (modalità procedurali, termini ecc.) Nelle materie coperte da riserva di legge assoluta, sono ammessi soltanto regolamenti di stretta esecuzione, che non integrino o specifichino le norme materiali poste a livello di fonte primaria. Possono dare esecuzioni a direttive e e regolamenti europei. 2) Attuativi-integrativi: emanati nelle materie non coperte da riserva di legge assoluta quando la legge si limita ad individuare i principi generali della materia e autorizzi espressamente il governo a porre la disciplina di dettaglio. 3) Indipendenti: intervengono nelle materie non soggette a riserva di legge là dove manchi una disciplina di rango primario. 4) di Organizzazione: disciplinano l’organizzazione e il funzionamento delle pubbliche amministrazioni secondo le disposizione dettate dalla legge. 5) delegati o autorizzati: previsti da materie senza riserva di legge, attuano la cosiddetta “delegificazione”, cioè sostituiscono la disciplina posta da una fonte primaria con disciplina posta da una fonte secondaria. Quando entrano in vigore abrogano anche norme vigenti contenute in fonti di rango primario. Delegificazione serve per evitare che il parlamento disciplini con legge molte materie, ponendo anche regole di dettaglio che irrigidiscono la disciplina, poiché potranno essere modificate solo da una fonte primaria. 68 Questi regolamenti succitati appartengono alla competenza del consiglio dei ministri 6) ministeriali e interministeriali: possono essere emanati solo nei casi previsti dalla legge e sono gerarchicamente sotttoordinati ai regolamenti governativi. Per essere adottati i regolamenti devono essere sottoposti al parere del consiglio di stato. e nel procedimento, art. 13 co.1 l.241/90 vi esclude la partecipazione dei privati, mentre art. 3 l.241/90 elimina anche l’obbligo di motivazione. Se viziati, possono essere impugnati davanti al giudice amministrativo e di conseguenza venire annullati. Sono suscettibili di disapplicazione da parte del giudice ordinario, ma lo può fare anche quello amministrativo in 2 ipotesi, A) quando il provvedimento impugnato viola un regolamento a sua volta difforme dalla legge B) quando il provvedimento impugnato è conforme ad un regolamento che però contrasta con la legge. In questi casi il giudice eserciterà il proprio sindacato valutando la legittimità del provvedimento direttamente rispetto alla norma primaria. 7. Cenni alle fonti normative regionali, degli enti locali e degli altri enti pubblici fonti normative regionali: 3 tipi di fonti normative regionali: statuti, leggi e regolamenti, lo stato però anche in materie di competenza regionale può legiferare entro certi limiti. regolamenti e statuti sono le fonti normative di comuni e province, statuto deve contenere le norme fondamentali sull’organizzazione dell’ente, le forme di garanzia e di partecipazione ecc. Gerarchicamente ha rango subprimario perché si pone sotto le leggi statali di principio. Competenza legislativa esclusiva dello stato limitata agli organi di governo e funzioni fondamentali degli enti locali, precludendo per cui l’emanazione di una normativa legislativa di dettaglio non derogabile dagli statuti. 8. Gli atti di regolazione aventi natura non normativa le pubbliche amministrazioni si possono regolare anche attraverso atti aventi natura non normativa. Nel d.amm atti normativi e non normativi hanno un regime giuridico in massima parte coincidente. 9. Gli atti amministrativi generali 68 C’è una deroga al principio della tipicità degli atti amm., poiché in questo caso la norma attributiva del potere non definisce in modo sufficientemente preciso presupposti e contenuti. C’è un problema con il principio di legalità in senso sostanziale. Dubbi: 1) entro quali limiti i poteri di ordinanza devono rispettare le leggi vigenti? giurisprudenza ha chiarito (sent. 2.07.56 n.8) che le ordinanze non possono essere emesse in contrasto con i principi generali dell’ordinamento giuridico e quelli fondamentali della costituzione. Devono anche avere un’efficacia limitata nel tempo. Contenuto dell’ordinanza deve essere proporzionato all’urgenza, e avendo carattere residuale, non può essere esercitato al posto di poteri tipici previsti dalle norme vigenti idonei a risolvere la situazione. 13. Le direttive e gli atti di indirizzo direttive e atti di indirizzo: contenuto delle direttive è caratteristico: è limitato all’indicazione di fini ed obbiettivi da raggiungere, criteri di massima e mezzi per raggiungere i fini. Hanno un certo grado di elasticità quindi e consentono ai loro destinatari spazi di valutazione più o meno estesi. Possono essere interorganiche quando sono utilizzate dall’organo sovraordinato per condizionare l’attività dell’organo sottoordinato. Nei casi in cui l’organo sottoordinatgo è investito di una competenza autonoma, cioè non inclusa del tutto in quella dell’organo sovraordinatoi, il rapporto non potrà essere qualificato come propriamente gerarchico, e la direttiva acquista contorni più tipici connotando un rapporto organico definito rapporto di direzione Sono intersoggettive, quando sono uno strumento attraverso il quale il ministro competente o la regione esercitano il potere di indirizzo nei confronti di enti pubblici strumentali, la cui attività deve essere resa coerente con i fini istituzionali propri del ministero di settore o della regione. Previste di frequente nell’ambito del diritto pubblico dell’economia, ma recentemente inutilizzate. 14. Norme interne e circolari norme che regolamento lo stesso apparato normativo al suo interno o che guidano l’attività dei suoi uffici. Ordiamenti giuridici sezionali hanno elementi costituitivi, e cioè devono essere plurisoggettivi, devono avere una organizzazione interna stabile con attribuzioni di ruoli e competenze, deve essere presente una sistema di norme interne emanate dagli organi 68 preposti all’ordinamento speciale e rese effettive da un sistema di sanzioni, e l’istituzione di organi giustiziali speciali (es. corti arbitrali sportive). Distinzione tra norme esterne e norme interne è stata sottolineata anche da l.241/90, dove nell’art.26, che dispone un obbligo generale per le singole amministrazioni di pubblicare “le direttive, i programmi, le istruzioni, le circolari e ogni atto che dispone in generale sulla organizzazione, sulle funzioni, sugli obbiettivi, sui procedimenti di una p,amm ovvero nel quale si determina l’interpretazione di norme giuridiche o si dettano disposizioni per l’applicazione di esse.” Alla stessa maniera, in ambito di sovvenzioni, contributi e altri sussidi finanziari “le amministrazioni competenti erano obbligate a predeterminare e a rendere pubblici i criteri e le modalità alle quali esse si devono attenere nell’individuare i singoli beneficiari” (art. 12 l.241/90). Le norme interne devono essere obbligatoriamente pubblicate, cosi da essere conoscibili al di là della cerchia dei loro destinatari diretti e facendogli assumere una rilevanza esterna. Se l’amministrazione emana un provvedimento amministrativo violando una norma interna, il giudice amministrativo può censurarlo sotto il profilo dell’eccesso di potere. Specie sui generis di norma interna è la prassi amministrativa, che è una condotta uniforme tenuta dagli uffici nel tempo in relazione alle decisioni prese in casi analoghi; i precedenti, una volta consolidatisi, acquistano in un certo senso una forza normativa. Si forma in modo spontaneo. Circolari sono il mezzo di comunicazione delle norme interne, possono avere il contenuto più vario, possono infatti contenere ordini, direttive, interpretazioni di leggi ed altri atti normativi, oltre ad informazioni di ogni genere e tipo. Si dividono in interpretative, che rendono omogenea l’applicazione di nuove normative da parte delle p.amm, avendo un maggior grado di vincolatività poiché emanate da apparati strutturati in ambito gerarchico, normative, che hanno la funzione di orientare l’esecuzione del potere discrezionale degli organi titolari dei poteri amministrativi, e informative, con il quale vengono diffuse all’interno dell’organizzazione notizie, informazioni, notizie e messaggi di varia natura. 15. Testi unici e codici Testi unici e codici: Testi unici sono strumenti di riordino che accorpano e razionalizzano in un unico corpo normativo le disposizioni legislative vigenti che disciplinano una determinata materia, si distinguono in innovativi e di mera compilazione. 68 I primi sono emanati su base legislativa che con l’autorizzazione stabilisce anche i criteri del riordino, sono fonti del diritto in senso proprio di rango primario o secondario a seconda dell’autorizzazione legislativa, e per questo possono innovare il diritto oggettivo e determinare l’abrogazione delle fonti legislative precedenti. I secondi sono emanati su iniziativa autonoma del governo e hanno solo la funzione pratica di unificare le varie disposizioni vigenti di una disciplina, meno frequenti nella prassi. Negli ultimi anni si è fatto riferimento anche allo strumento del codice. Il codice (detto anche codice di settore) a differenza del testo unico è concepito per innovare in modo esteso la disciplina ed essere incorporato in una fonte di rango primario, oltre che per coordinare i testi normativi. 16. Sviluppi recenti Classificazione tradizionale in tema di fonti normatrici con i recenti sviluppi è entrata in crisi, meno netta la distinzione tra fonti normative interne ed esterne. Soft law: originaria dei paesi angolassoni, consiste in un insieme di strumenti, anche informali, che influenzano i comportamenti delle autorità amministrative e degli amministrati. (Es: Banca d’Italia che nei loro bollettini pubblicano atti denominati come avvisi, messaggi, comunicazioni, che indicano particolari modalità operative ed applicative di norme.) Suo grado di autorevolezza dipende dall’organo che la promana. Comply or explain: il regolatore non impone regole uguali per tutti, ma propone una soluzione ritenuta ottimale che il destinatario può seguire, oppure decidere di non seguire esplicitando e rendendo pubbliche le ragioni del rifiuto. Paternalismo libertario: lo stato anziché obbligare i privati a tenere determinati comportamenti, individua l’opzione preferibile per tutelare gli interessi reali degli stessi soggetti privati, a cui però non viene tolta la libertà di scelta. Evoluzione ha portato anche ad ipotesi di regolazione cogestita in cui le funzioni di regolazioni sono sia una mano al regolatore pubblico che ai soggetti privati. un altro risultato dell’evoluzione recente ha fatto si che si attenuasse la distinzione tra procedimenti normativi in senso lato e procedimenti amministrativi che sfociano in provvedimenti di tipo individuale. Introdotti anche una serie di strumenti colti a promuovere la qualità della regolazione per perseguire una pluralità di obiettivi, come contenere l’iperregolazione e ridurre gli oneri finanziari che gravano sulle stesse p.amm. 68 dall’art. 113 cost. co.1: “Contro gli atti della p.amm è sempre ammessa la tutela giurisdizionale, la legge determina quali organi giurisdizionali abbiano il potere di annullare gli atti della pubblica amministrazione nei casi e con gli effetti previsti dalla legge.” Queste 2 disposizioni richiamano 2 aspetti del regime giuridico degli atti amm: la loro sottoesposizione obbligatoria a un controllo giurisdizionale operato dal giud. amm. e dal giud. ordinario, e la loro annullabilità nei casi di accertata difformità dei medesimi rispetto alle norme giuridiche. Il giudice amministrativo si pose il problema di quali quali caratteristiche dovessero avere gli atti delle amm. per poter essere sottoposti al controllo giurisdizionale, contribuendo ad elaborare la teoria dell’atto amministrativo: t.u 26.06.24 rimpiazzato analogamente da d.lgs 2/08/10 n.104, stabilisce che il giud. amm. può decidere sui ricorsi per incompetenza, per eccesso di potere o per violazione di legge, contro atti e provvedimenti di un’autorità amministrativa che abbiano ad oggetto un interesse di individui o di enti morali giuridici. altre disposizioni legilislative che danno una disciplina al provvedimento si trovano nella l.241/90. art. 1 bis l.241/1990 stabilisce che la p.amm agisce di regola secondo le norme del diritto privato “nell’adozione di atti di natura non autoritativa", che quindi vanno distinti dagli atti di natura autoritativa, per i quali invece vale il regime pubblicistico proprio degli atti amministrativi. l’art. 3 l.241/1990 stabilisce che ogni provvedimento deve essere motivato, elencando un altro elemento tipico dei provvedimenti, differenziandoli dagli atti privati. l’art. 7 l.241/90 prevede che l’avvio del procedimento deve essere comunicato “ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è diretto”. l’art.21bis.l.241/90 dice che “il provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati diventa efficace nei loro confronti con la comunicazione agli stessi.” queste disposizioni richiamano l’autoritorietà dei provvedimenti, cioè l’attitudine a determinare il modo unilaterale la produzione degli effetti giuridici nei confronti di terzi. Art. 2 l.241/1990 obbliga l’amministrazione a concludere il procedimento avviato a seguito di un’istanza presentata da un privato oppure d’ufficio “mediante l’adozione di un provvedimento espresso”. nonostante atto e provvedimento siano utilizzati come sinonimi, in sede dottrinale si è cercato di distinguerli, per cui: 68 atto amministrativo: manifestazione di volontà espressa dall’amministrazione titolare del potere all’esito di un procedimento amministrativo, volta alla cura in concreto di un interesse pubblico e tesa a produrre in modo unilaterale effetti giuridici nei rapporti esterni con i soggetti destinatari del provvedimento medesimo. procedimento amministrativo: esercizio del potere che le leggi amministrative danno alle pubbliche amministrazioni per curare gli interessi pubblici. Questo esercizio avviene attraverso il procedimento amministrativo, cioè una serie di operazioni strumentali all’emanazione di un provvedimento amministrativo. Assolve ad una pluralità di funzioni, come il garantire la partecipazione nell’esercizio del potere ai privati, assicurare il coordinamento tra le p.amm ecc. 3. il rapporto giuridico ammnistrativo rapporto che intercorre tra la p.amm che esercita un potere e il soggetto privato titolare di un interesse legittimo. Il potere amministrativo si può definire come un diritto potestativo, infatti la p.amm può produrre nei confronti di privati effetti giuridici con una propria manifestazione unilaterale di volontà. questo perché è attribuita una prevalenza dalla norma all’interesse del titolare del potere rispetto a quello del soggetto che subisce una modificazione nella propria sfera giuridica. Questo soggetto si trova in uno stato definito di soggezione, cioè è nella posizione di cui lui sul quale ricadono indipendentemente dalla propria volontà e senza che gli sia richiesta alcuna attività, le conseguenze della dichiarazione di volontà altrui. Produzione degli effetti giuridici segue lo schema norma-fatto-effetto giuridico, cioè la norma individua in termini astratti gli elementi della fattispecie, e l’effetto giuridico che ad essa si ricollega, ponendo direttamente essa stessa la disciplina degli interessi in conflitto in relazione ad un determinato bene. Un’altra tecnica differente da quello succitata è quella norma-fatto-potere-effetto giuridico, nella quale viene meno l’automatismo nella produzione dell’effetto giuridico. Il verificarsi di un fatto concreto conforme alla norma attributiva del potere determina in capo ad un soggetto (titolare del potere) la possibilità di produrre l’effetto giuridico individuato a livello di fattispecie normativa attraverso una propria dichiarazione unilaterale di volontà. 68 Tra il fatto e l’effetto giuridico si interpone inlpotere, e il detentore di questo è pienamente libero di decidere se provocare con una propria manifestazione di volontà l’effetto giuridico della norma. 2 tipi di potere potestativo: 1) diritto potestativo stragiudiziale e 2) diritto potestativo a necessario esercizio giudiziale. 1) la produzione dell’effetto giuridico discende direttamente dalla manifestazione di volontà da parte del titolare del potere, che quindi è un potere unilaterale e autosufficiente. (es: potere di licenziamento del datore di lavoro nei confronti dei dipendenti) 2) il prodursi dell’effetto giuridico tipico presuppone un previo accertamento giudiziale, oltre alla dichiarazione di volontà da parte del titolare del potere. (es: separazione giudiziale tra coniugi, annullamento del contratto). Potere amministrativo può essere ricondotto al potere potestativo del primo tipo, poiché la produzione dell’effetto giuridico discende in modo immediato dalla dichiarazione di volontà dell’amministrazione che emana il provvedimento, e inoltre l’accertamento giurisdizionale può avvenire solo dopo la proposizione di un ricorso giurisdizionale dinanzi al giudice amministrativo su iniziativa del soggetto privato nella cui sfera privata l’atto produce effetto. Il potere amministrativo per un verso trova fondamento nella legge direttamente, cioè nella norma di conferimento del potere, dall’altra però questo potere non é sempre integralmente vincolato, ma di regola sono attribuiti margini più o meno ampi di apprezzamento e valutazione discrezionale, che possono determinare una modulazione degli effetti del provvedimento emanato. 4. La norma attributiva del potere 2 tipi di norme che si riferiscono a p.amm: norme di azione, che disciplinano il potere amministrativo nell’interesse esclusivo della p.amm., assicurandosi che l’emanazione degli atti sia conforme a parametri coordinati, e norme di relazione, volte a regolare i rapporti intercorrenti tra l’amministrazione e i soggetti privati, a garanzia anche di questi ultimi, definendo direttamente l’assetto degli interessi e dirimendo i conflitti insorgenti tra cittadino e p.amm. Norme d’azione tracciano i limiti “interni” dell’amm. mentre le norme di relazione tracciano quelli “esterni”, questa dicotomia però è considerata superata, per cui si parla di un’unica norma definita attributiva del potere. 68 L’apparato del potere deve poter scegliere la soluzione migliore nel caso concreto, è inutile un amministratore che non ha margini di manovra o ambiti di decisione. Questo potere si trova in contrasto con il principio di legalità in senso sostanziale, che nella sua accezione più estrema porterebbe ad attribuire all’amm. solo poteri vincolati. Ciò è impossibile però e inopportuno, poiché le situazioni concrete nelle quali l’amministrazione deve intervenire hanno un grado di contingenza ed imprevedibilità tale da richiedere nel decisore un qualche spazio di adattabilità della misura da disporre. Art. 19 l.241/90 introduce per molt autorizzazioni vincolate un regime di liberalizzazione, eliminando quello del controllo preventivo nell’ambito del procedimento autorizzatorio avviato su istanza di parte con il regime della SCIA. Il privato autovaluta se ha titolo per svolgere una certa attività e la intraprende sulla base di una semplice comunicazione all’amministrazione. Il controllo dell’amm. avvera a posteriori. il problema teorico e pratico è come attribuire all’amministrazione quel tanto di discrezionalità che le consenta la necessaria flessibilità per gestire i problemi evitando che questa si trasformi poi però in arbitrio. a differenza dell’autonomia negoziale, il potere discrezionale ha un ambito di libertà ristretto, infatti la scelta tra una pluralità di soluzioni può avvenire non solo nel rispetto dei limiti esterni posti dalla norma di conferimento, ma anche nel rispetto del dovere di perseguire il fine pubblico. Regole enunciate nell’art.1 n.241/1990, “l’attività amministrativa deve perseguire i fini determinati dalla legge, ed è retta da criteri di imparzialità, pubblicità e trasparenza”. Discrezionalità non ha definizione esplicita ma è citata in diversi articoli l.241/90, Art. 11 l.241/90, accordi tra amministrazione procedente e i privati, specifica che essi hanno per oggetto “il contenuto discrezionale del provvedimento”. Art. 21 octies co.2, pone un limite all’annullabilità del provvedimento affetto da vizi del procedimento o della forma allorché esso abbia “natura vincolata”. Discrezionalità si può definire come il margine di scelta che la norma rimette all’amministrazione affinché essa possa individuare la soluzione migliore per curare l’interesse pubblico nel caso concreto. Questa scelta avviene tramite una valutazione comparativa degli interessi pubblici e privati rilevanti nella fattispecie, acquisti nel corso dell’istruttoria procedimentale. Uno di questi interessi è l’interesse pubblico primario, che è individuato nella norma di conferimento del potere e amministrato dal titolare del potere, è corrispondente al fine pubblico. 68 Interesse primario deve essere considerato anche nei confronti di quelli secondari, cioè ad esempio, tutti gli altri interessi pubblici che sono incisi dal provv. ma ma anche gli interessi dei privati i quali possono partecipare al procedimento proprio allo scopo di rappresentare il proprio punto di vista con la presentazione di memorie e documenti che l’amm. deve necessariamente valutare (art. 10 l.n.241/90). Es: per elaborare e approvare il progetto di un’autostrada o di una tratta ferroviaria, l’amm. deve tener conto, oltre che dell’interesse primario legato alla viabilità, anche a quello relativo alla tutela dell’ambienti, agli oneri a carico della finanza pubblica, alla salvaguardia di attività industriali già insediate, agli interessi delle comunità locali che dall’opera riceverebbero solo svantaggi ecc. Scelta dell’amm. deve massimizzare l’interesse pubblico primario sacrificando il meno possibile quelli secondari. Discrezionalità incide su 4 elementi: 1) Sul esercitare o meno il potere in una determinata situazione ed emanare il provvedimento. 2) sul contenuto del provvedimento che pone la regola per il caso singolo, all’esito della valutazione degli interessi. 3) sulle modalità da seguire per l’adozione del provvedimento al di là delle sequenze di atti imposti dalla legge che disciplina lo specifico provvedimento. 4)sul momento più opportuno per esercitare un potere d’ufficio avviando il procedimento, tenendo conto dei suoi termini massimi per l’emanazione, ed emanare in seguito il provvedimento. In base alla norma di conferimento, un potere può essere discrezionale o vincolato in relaziona uno o più di questi elementi. Distinzione tra discrezionalità in astratto e vincolatezza in concreto: all’esito dell’attività istruttoria può darsi che residui un’unica scelta legittima tra quelle consentite in astratto dalla legge. Nel corso del procedimento cioè la discrezionalità può arrivare a ad annullarsi del tutto, e questo fenomeno è definito vincolatezza in concreto, contrapposta a quella in astratto, che si verifica quando la norma predefinisce in modo puntuale tutti gli elementi che caratterizzano il potere. Autovincolo della discrezionalità: tra la norma di potere e il provvedimento concretamente assunto si inserisce la predeterminazione da parte della stessa amministrazione di criteri e parametri che vincolano l’esercizio della discrezionalità. 68 art. 12. l.241/1990 stabilisce che la concessione di ogni forma di contributo o ausilio finanziario è subordinata alla “predeterminazione ed alla pubblicazione da parte delle amministrazioni procedenti dei criteri e delle modalità di cui le amministrazioni stesse devono attenersi”. Autovincolo della discrezionalità è un tentativo di salvare e recuperare in parte le esigenze sottese alla legalità sostanziale sacrificate tramite il conferimento di poteri discrezionali. Merito: l’eventuale ambito di scelta spettante all’amministrazione che si pone al di là dei limiti coperti dall’area della legalità. Se il potere è interamente vincolato, lo spazio del merito risulta nullo. Il merito quindi connota l’attività “libera” dell’amministrazione. Carattere residuale e negativo. La scelta tra una pluralità di soluzioni tutte legittime può essere apprezzata solo in termini di opportunità o inopportunità. distinzione tra legittimità e merito rileva in più contesti, ad esempio quello dei controlli amministrativi, dove si articolano in controlli di legittimità, finalizzati ad annullare gli atti amm. e in controlli di merito, atti a modificare o sostuire l’atto oggetto del controllo e di tutela giurisdizionale. Discrezionalità amm. va tenuta distinte dalle valutazione tecniche, che si riferiscono ai casi in cui la norma attributiva rinvia a nozioni tecnologiche che durante l’applicazione presentano margini di opinabilità. Spesso sono compiute da organi appositi, e acquisizione nel procedimento di queste valutazioni viene regolata da art.17 l.241/1990. il giudice, ma solo recentemente, è stato autorizzato a sindacare sulle valutazioni tecniche, verificandone l’attendibilità e la correttezza. valutazione tecnica ed esercizio della discrezionalità amministrative possono coesistere in una stessa fattispecie poiché riguardano momenti logici diversi. Es: fattibilità tecnica di un progetto di opera pubblica proposto di propria iniziativa da un soggetto privato promotore da realizzare attraverso la tecnica della finanza di progetto e la valutazione di conformità dell’opera all’interesse pubblico. 6. L’interesse legittimo termine passivo del rapporto giuridico amministrativo, ha riconoscimento costituzionale (art. 24,103,113). Situazione giuridica soggettiva, è un criterio di riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amm., investendo il primo della giurisdizione dei diritti soggettivi, e il secondo della giurisdizione sugli interessi legittimi. 68 accoglie l’azione di adempimento, sebbene costringa l’amm. ad emanare il provv., non riesce a porre rimedio per il passato a questo profilo di danno. provvedimenti “a doppio effetto” quando producono un effetto ampliativo nella sfera di un soggetto e un effetto restrittivo nella sfera di un altro. (es: Rilascio di permesso a costruire edificio che impedisce vista panoramica al proprietario della casa di fronte). 8. I criteri di distinzione tra interessi legittimi e diritti soggettivi: Criteri per tracciarne la distinzione: 1) struttura della norma attributiva del potere, la differenza tra norma di azione e norma di relazione qui rientra in gioco perchè la prima regola il rapporto giuridico tra p.amm e cittadino delimitando le rispettive sfere giuridiche e alle quali è correlato il diritto soggettivo, la seconda disciplina l’attività dell’amm. ai fini della tutela dell’interesse pubblico e alla quale è correlato l’interesse legititmo. Nella prima l’effetto giuridico avviene in modo automatico sulla base dello schema norma-fatto-effetto. Atti dell’amm. che accertano il prodursi dei diritti e degli obblighi posti in capo alle parti sono solo ricognitivi, non costitutivi di diritti ed obblighi. Un eventuale comportamento illecito in violazione della norma di relazione sarà qualificato come lesivo del diritto soggettivo e accertato e eventualmente eseguito dal giudice ordinario. mentre nella norma di azione il provv. è emanato dall’amministrazione nell’esercizio delle potere attribuito dalla norma stessa, e ha un carattere costitutivo dell’effetto giuridico nella sfera personale del destinatario. L’eventuale annullamento di quest’ultimo provv. sarà in capo al g. amm. 2) distinzione tra potere vincolato e potere discrezionale, quando il potere è vincolato in tutti i suoi elementi dalla norma, il soggetto privato valutando autonomamente la situazione concreta, è in grado di prevedere ex ante se l’amministrazione, agendo in modo conforme, riconoscerà o meno il bene della vita, per cui il privato ha un diritto soggettivo, mentre quando il potere è discrezionale la situazione giuridica in capo al privato è esclusivamente un interesse legittimo, perchè la conservazione del bene della vita è rimessa alla valutazione dell’amministrazione titolare del potere. Il soggetto non è in grado di prevedere con certezza se la sua pretesa sarà soddisfatta all’esito del procedimento. 3) diversa natura del vizio dedotto dal soggetto privato nei confronti dell’atto emanato. Se viene contestata la carenza di potere, l’atto emanato dall’amm. è in realtà una parvenza di provvedimento, inidoneo a produrre effetti nella sfera del privato, che per cui è titolare di un diritto soggettivo, che non si “affievolisce” al potere. Se invece il soggetto privato lamenta il cattivo esercizio del potere senza contestarne l’esistenza già 68 dalla radice, deducendone un vizio tipico, la situazione giuridica fatta valere nei confronti dell’amm. ha la consistenza di un interesse legittimo. Cort. Casa ha incluso nella carenza di potere anche la c.d carenza di potere in concreto, cioè ciò che si verifica quando la norma in astratto attribuisce il potere all’amministrazione, ma manca nella fattispecie concreta un presupposto essenziale per poterlo esercitare. Art. 21 septies l.241/90, art. introdotto nel 2005, ripensa la materia disciplinano in termini generali la categoria di nullità, elencando ipotesi tassative di nullità, e tra cui figura anche il difetto assoluto di attribuzione che coincide con la carenza di potere in astratto. questi 3 criteri non risolvono tutti i problemi pratici. 9. Il diritto di accesso ai documenti amministrativi Un caso dubbio è l’accesso ai documenti amministrativi. Art 22 co.1 let. a 241/90, l’accesso ai documenti amministrativi è “il diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi” Art. 22 co. 2 l.241/90, “principio generale dell’attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurare l’imparzialità e la trasparenza”. garantito tra i livelli essenziali delle prestazioni dalla l.241/1990 art. 29 co.2bis, rientra tra le competenze legislative esclusive dello stato. Diritto che rileva in 2 ambiti: 1) tra i diritti attribuiti ai soggetti che possono partecipare al procedimento amm. in modo da poter tutelare meglio le loro ragioni avendo cognizione di tutti gli atti e documenti acquisiti al procedimento che li riguardan,o art. 10 l.n.241/90. Cì un legame tra principio di trasparenza e diritto di partecipazione che ne esce cosi rafforzato. Si parla di accesso procedimentale 2) costituisce un diritto autonomo che può essere esercitato anche al di fuori dal procedimento da chi ha interesse a esaminare documenti detenuti stabilmente da una p.amm, c.d accesso non procedimentale. (capo V l.241/90) l.241/1990 sembra costruire il diritto di accesso come diritto soggettivo che tutela direttamente un bene della vita, secondo lo schema del diritto soggetito. Accesso non procedimentale sorge quando il soggetto che l’ha richiesto dimostri “un interesse concreto, diretto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso” (art. 22 let. b l.241/90). 68 eccezione si ha in materia ambientale, in cui chiunque può fare richiesta per accedere alle informazione, anche senza dimostrare l’effettivo interesse. (attuativa di una direttiva C.E del 2005). L’accesso è escluso in un serie tassativa di casi, cioè in relazione ai documenti coperti da segreto di stato, a quelli relativi a procedimenti tributari, a procedimenti per l’adozione di atti amministrativi generali o contenenti informazioni di carattere psicoattitudinali di terzi. (art. 24 co.1 l.241/1990). Altri casi sono elencati in art. 24. co.6 l.241/90, individuati tramite regolamento di delegificazione là dove sussiste il rischio di una lesione di interessi pubblici. perchè ci siano esigenze di tutela della riservatezza, l’amm. deve prima operare una comparazione tra l’interesse all’accesso e il contrapposto interesse alla riservatezza di terzi, e in secondo luogo valutare se l’accesso ha il carattere della necessarietà, come richiesto da art. 24 co.7 l.241/90 (“deve essere garantito l’accesso ai richiedenti dei documenti la cui conoscenza sia necessaria per curare e difendere i propri interessi giuridici”). Criterio ancora più stringente se riguarda data personali (“accesso consentito solo nei limiti in cui sia strettamente indispensabile”). Art. 24 co.4 l.241/90, “potere di differimento”, attribuito all’amm., consiste nella posticipazione del momenti in cui l’accesso può essere esercitato, ed è un’alternativa che va preferita, ove possibile, al diniego all’accesso. Scelta tra accesso e diniego ha una componete discrezionale per la p.amm. Il diritto di accesso non si configura perfettamente nella categoria del diritto soggettivo, ma sembra più un interesse legittimo, anche per questo il diniego all’accesso è impugnabile entro il termine di decadenza di 60 giorni invece che nel termine più lungo di impugnazione per i diritti soggettivi in via ordinaria. 10. Interessi di fatto, diffusi e collettivi Le norme che disciplinano l’attività della p.amm possono imporle doveri di comportamento finalizzati alla tutela di interessi pubblici, senza che ad essi corrisponda alcuna situazione giuridica tutelata in capo a soggetti esterni all’amm. La violazione di questi doveri rileva solo all’interno dell’organizzazione degli apparati pubblici e può dare origine a interventi di tipo propulsivo (diffide) o sostitutivo da parte di organi dotati di poteri di vigilanza, a sanzioni che colpiscono i dirigenti e i funzionari responsabili della violazione. 68 Art. 1 l.241/1990, “l’amministrazione persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza, nonché dai principi dell’ordinamento comunitario”. Tali criteri valgono anche per l’atto e per il procedimento amministrativo. l’impostazione che considerava l’azione amm. orientata principalmente verso la legalità formale è stata attenuata da l.241/90 art. 21octies, che ha limitato la possibilità di annullare atti affetti da vizi che non inficiano la sostanza della decisione. Principio di efficenza: Una amministrazione efficiente è quella che raggiunge un certo livello di performance utilizzando in maniera economica le risorse disponibili e scegliendo tra le alternative possibili quella che produce il massimo dei risultati con il minor impiego di mezzi. Principio di efficacia: mette in rapporto i risultati effettivamente ottenuti con gli obbiettivi prefissati in un piano o programma. Principio di economicità: capacita nel lungo periodo di organizzare e di utilizzare in modo efficiente le risorse raggiungendo efficacemente i propri obbiettivi. C) PRINCIPI SULL’ESERCIZIO DEL POTERE DISCREZIONALE Principi che presiedono l’esercizio del potere discrezionale servono da guida per l’amm. nei casi in cui la norma di conferimento le attribuisce ambiti di scelta tra una pluralità di soluzione tutte quante astrattamente compatibili, e sono: principio di imparzialità (art.97 cost.) cioè l’amministrazione non può essere influenzata nelle sue decisioni da interessi politici o privati di parte. Introduce un vincolo per le amm. che è assente nel caso dell’agire dei privati. Principio di proporzionalità, “accertare se per sparare ai passeri si è usato un cannone, cit. Fleiner” cioè si richiede che l’amministrazione che opera la valutazione discrezionale operi un giudizio guidato da idoneità, cioè la relazione tra il mezzo utilizzato e il fine da perseguire, necessarietà, cioè un confronto tra le misure ritenute idonee orientando la scelta su quella che opera il minor sacrificio degli interessi in gioco nel provvedimento e adeguatezza della misura prescelta, cioè la valutazione della scelta finale in termini di tollerabilità della restrizione o incisione nella sfera giuridica del destinatario. Principio di ragionevolezza, cioè l’amministrazione deve prendere scelte logiche, assume rilievo generale nell’ambito del sindacato di legittimità dei provvedimenti amministrativi. 68 principio del legittimo affidamento, cioè quello che mira a tutelare le aspettative generate dalla p.amm con un proprio atto o comportamento. interviene ad esempio a proposito del potere di annullamento di ufficio del provv. illegittimo, per l’esercizio della quale è richiesta all’amm. una valutazione degli interessi dei destinatari del provv. e una considerazione del tempo ormai trascorso (art. 21 nonies l.241/90). Principio della certezza del diritto, cioè quello che ha come destinatario l’agire del legislatore e dell’amministrazione che deve essere prevedibile e coerente nel suo svolgimento. Principio di precauzione, cioè le autorità giuridiche possono adottare misure protettive senza dover attendere che sia dimostrata in modo compiuto la realtà e la gravità di tali rischi, quando sussistono incertezze in ordine all’esistenza di rischi per la salute delle persone. D) PRINICIPI SUL PROVVEDIMENTO Principio della motivazione, art. 3 l.241/90, importante perchè tramite ciò g.amm e destianatario del provv. sono messi in grado di ricostruire le ragioni poste a fondamento della decisione. Principio di sindacabilità degli atti amministrativi, art. 24 e 113 cost., atti amministratitivi che ledono i diritti soggettivi e gli interessi legittimi sono sempre soggetti al controllo giurisdizionale del g.ordinario o amm. E) PRINCIPI SUL PROCEDIMENTO Principio del contraddittorio, art. 7 e ss l.241/90, ogni individuo ha diritto di essere ascoltato prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che gli rechi pregiudizio. Principio di pubblicità e trasparenza, ogni individuo ha il diritto di accedere al fascicolo che lo riguarda, nel rispetto dei legittimi interessi della riservatezza e del segreto professionale. Art. 26 l.241/90 prevede che l’amm. pubblichi una serie di atti organizzativi e di regolazione, art. 12 l.241/90 prevede la pubblicazione dei criteri generali per la concessione di sovvenzioni e contributi, a tutela della par condicio. In più art. 22 co. 2 l.241/90 definisce il diritto di accesso agli atti amm. come “principio generale dell’attività amm. al fine di favorire partecipazione e di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza. Principio di certezza del tempo dell’agire amminstrativo, art. 2 l.241/90 individua termini massimi per ciascun tipo di procedimento, le questioni che riguardano ogni individuo devono essere trattate in un tempo ragionevole 68 Capitolo 4. Il provvedimento - 1. Premessa Provvedimento: Manifestazione del potere amministrativo volta a disciplinare un rapporto giuridico intercorrente tra la p.amm ed un soggetto privato e avente per oggetto un bene della vita. Disciplinata dalla l.241/1990, è una manifestazione dell’autorità dello stato. Si colloca a fianco della legge e della sentenza, e come loro è assunto all’esito di un procedimento atto a garantire trasparenza e tutela degli interessi coinvolti. 2. Il regime del provvedimento: la tipicità Un provvedimento deve essere Tipico, imperativo, efficace e eseguibile e inoppugnabile. Tipicità: i provvedimenti devono trovare un fondamento espresso nella legge, e corrispondo solo ai tipi da questa elencati. La norma di conferimento del potere deve dettare in modo più o meno rigoroso i presupposti per l’esercizio del potere, il contenuto e gli effetti giuridici che si producono nella sfera giuridica del destinatario. 3. Il regime del provvedimento: la cosiddetta imperatività imperatività: deducibile da art. 1 co.1 bis l. 241/90, la p.amm titolare di un potere può, emanando il provvedimento, imporre al privato destinatario le proprie determinazioni. Si dimostra la dimensione di sovraordinazione dei rapporti fra stato e cittadino. Il provvedimento è imperativo quando modifica in modo unilaterale la sfera giuridica del privato senza che sia necessario il suo consenso. Imperatività del provvedimento non ne presuppone la validità, ma sebbene non sia conforme alla norma attributiva, può produrre comunque effetti tipici, che eventualmente potranno essere rimossi se quest’ultimo verra caducato in seguito a sentenza di annullamento o ad annullamento da parte dell’amm. stessa Provvedimento dichiarato nullo (art.21-septies l.241/1990) non ha carattere imperativo, le situazioni giuridiche a capo del soggetto privato resistono. la volontà contraria del soggetto sottoposto al provv. non preclude l’effetto, il privato è soggetto passivo. Domanda o istanza del privato fa sorgere in capo all’amministrazione il dovere di procedere (art.2 l.241/90) e di emanare al termine del procedimento un provvedimento. 68 Motivazione può essere anche per relationem, cioè con un rinvio ad altro atto acquisito nel procedimento del quale si fanno le proprie ragioni (art. 3 co3. l.241/90). motivazione può essere sintetica i casi di domande presentate manifestatamente inammissibili o infondate. (art. 2 co.1 l.241/90). Art. 3 co.2 l.241/1990 esclude dall’obbligo di motivazione gli atti a contenuto generale. Art. 10 bis l.241/90 riguarda la comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, valorizza l’istituto della motivazione, perchè l’amm. prima di rigettare formalmente l’istanza, deve comunicare all’interessato i motivi per i quali la domanda non può essere accolta. art. 6 co.1 let. e l.241/90, lo stesso organo competente ad adottare un provvedimento amm. deve indicare le ragioni se ritiene di discostarsi dalle risultanze dell’istruttoria condotta dal resp. del proced. Art. 11 co.2 l.241/90, obbligo di motivazione per gli accordi tra amm. e privati aventi per oggetto il contenuto di discrezionale del procedimento. art. 21 octies co.2 l.241/90, esclude che il provv. possa essere annullato per vizi formali o procedurali ove il contenuto dispositivo del medesimo in ogni caso non avrebbe potuto essere diverso. F) Forma dell’atto amm. è richiesta la forma scritta, ma in certi casi l’atto può essere emanato oralmente, oppure può anche essere scritto con firma digitale. Art. 11 l.n241/90, gli accordi integrativi o sostitutivi del provv. devono essere, pena nullità, in forma scritta. Art. 21 septies l.n241/90 elenca, ma in maniera poco chiara, gli “elementi essenziali” del provv. amm., la mancanza dei quali costituisce nullità. 7. I provvedimenti ablatori reali; i provvedimenti ordinatori; le sanzioni amministrative Art. 21 bis l.241/90, dice che i provv. limitativi della sfera giuridica dei destianatari acquistano efficacia con la comunicazione formale a questi ultimi, qualificandoli come atti recettizi. Dice anche che i provv. sanzionatori non possono mai contenere una clausola di efficacia immediata. 68 Provvedimenti limitativi della sfera giuridica dei destinatari sono: Provvedimenti ablatori, ordini e diffide e provvedimenti sanzionatori. Provvedimenti ablatori reali: ampia gamma di atti che restringono la sfera patrimoniale e personale del destinatario, estinguendo o modificando una situazione giuridica attraverso l’imposizione di prestazioni (es. imposte o tributi). Un provvedimento ablatorio è l’espropriazione per pubblica utilità che consente alla p.amm di trasferire coattivamente il diritto di proprietà dal provato a se stessa, garantendo al privato un indenizzo, che non deve essere pari al valore di mercato del bene ma non deve essere neppure irrisorio. provvedimenti ordinatori: Fanno parte della macrocategoria dei provv. ablatori personali, impongono ai destinatari obblighi di fare e non fare. L’ordine è lo strumento con cui il titolare dell’organo o dell’ufficio sovraordinato impone la propria volontà alla guida degli organi sottoordinati, la mancata osservanza dell’ordine impartito può comportare sanzioni disciplinari in capo al titolare dell’organo, e può far si che quest’ultimo avochi a se là competenza. Diffida: provv. ordinatorio che dà ordine di cessare un determinato comportamento posto in essere in violazione di norma amministrative, anche con la fissazione di un termine per eliminare gli effetti dell’infrazione, può essere accompagnata da sanzioni di tipo amminstrativo. Art. 19 l.241/90, nei casi di provv. autorizzato sostituiti dalla SCIA l’autorità competente, ove accerti che l’attività non è conforme ai requisiti di legge, adotta provvedimenti di divieto di prosecuzioni dell’attività e di rimozione degli effetti. Sanzioni amministrative: altro tipo di provvedimenti restrittivi della sfera giuridica del destinatario, volte a reprimere illeciti di tipo amministrativo, hanno una funzione afflittiva e una valenza dissuasiva. Fungono da elemento di chiusura domestica dell’ordinamento sezionale che ne conosca in un certo senso la propria autosufficienza e indipendenza dall’ordinamento generale. Sanzioni amm. sono previste dalle leggi settoriali per garantire effettività sia in caso di violazione dei precetti in esse contenuti, sia nel caso di violazione dei provvedimenti emanati sulla base di tali leggi. (molti es del primo tipo presenti nel codice della strada, del secondo nel TU degli enti locali.) Spesso sanzioni amm. affiancate da sanzioni penali, a quali si richiamano nei principi generali. Più tipi di sanzioni: pecuniarie, che fanno sorgere l’obbligo di pagare una somma di denaro entro un minimo e un massimo, interdittive, che incidono sull’attività posta in essere dal soggetto destinatario del provv. (es. ritiro della patente) o disciplinari, che si 68 applicano a soggetti che hanno particolari relazioni con le p.amm. e sono volte a colpire comportamenti posti in violazione di obblighi speciali collegati allo status particolare (es: a seconda della gravità del’illecito, sospensione del servizio o dall’albo per un periodo di tempo determinato, radiazione da un albo o nella destituzione). Sono applicate nei confronti della persona fisica del trasgressore di regola, in coerenza con il carattere personale della responsabilità. Persone giuridiche possono essere chiamate a rispondere solo a titolo di resp. solidale, infatti la resposabilità ha carattere personale. L’ente che paga la sanzione può esercitare l’azione di regresso nei confronti di chi ha commesso l’illecito. Introdotta nel 2001 una responsabilità amministrativa degli enti, all’applicazione della quale compete il giudice penale. 8. Le attività libere sottoposte a regime di comunicazione preventiva. La segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) provv. amm. il cui esercizio determina effetti di tipo ampliativo nella sfera giuridica del privato sono in genere di tipo autorizzativo. Esiste una fattispecie di attività libere regolate da leggi amministrative e sottoposte ad un regime di comunicazione preventiva che è disciplinata in termini generali dall’art.19 l.241/1990. Questo articolo prevede la segnalazione certificata di inizio attività (SCIA, 2010), che riconduce una serie di attività per il quale prima era previsto un regime di controllo preventivo, sotto forma di “autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato” (co.1) ad un controllo meno intrusivo di controllo successivo, effettuato dall’amm. una volta ricevuta la comunicazione di avvio attività. Avvio dell’attività può essere contestuale alla presentazione della dichiarazione, il privato deve segnalare con autocertificazione del possesso dei presupposti previsti per legge per lo svolgimento dell’attività. In caso di dichiarazioni false ci sono sanzioni amministrative (Art. 19 co.3-6 l.241/90). SCIA non ha natura di istanza ex art.2 l.241/1990, cioè che da avvio a un proced. amm. che rilascia un titolo abilitativo, ma ha la funzione di sollecitare l’amm. a verificare se l’attività in questione è conforme alle norme amministrative e a richiedere se del caso informazioni. Se sono accertate carenze dei requisiti, nel termine di 60 giorni il privato su richiesta dell’amm. può conformare la sua attività, se ciò non avviene, sarà emanato un 68 art. 18 co.2/3 l.241/90, le p.amm dovrebbero scambiarsi d’ufficio le informazioni rilevanti senza gravare i soggetti privati dell’onere di ottenere il rilascio dei certificati. Di recente, per obbligare le amm. a fornirsi reciprocamente i dati di cui sono in possesso, da un lato è stato introdotto il principio secondo il quale i certificati non hanno valore giuridico nei rapporti con le p.amm, mentre dall’altro in molti casi le certificazioni possono essere sostituite dalle autocertificazioni, cioè dichiarazioni formali assunte sotto propria responsabilità dal soggetto. Amm. che utliliza il dato autocertificato nell’ambito del procedimento può verificarne, almeno a campione, la correttezza, e deve farlo nei casi più dubbi. In caso di autocertificazione falsa le sanzioni sono di tipo penale. In caso di SCIA art. 19 co.6 l.241/90 inasprisce ancora di più le sanzioni art. 21 l.241/90, all’interessato è negata la possibilità, in caso di dichiarazioni false, di sanare tramite sanatoria la sua posizione conformando l’attività alla legge. art. 18 co.1 l.241/90 fa rinvio all’autocertificazione 11. Altre classificazioni: atti collettivi, atti plurimi, atti di alta amministrazione, atti collegiali Altri criteri per classificare i provvedimenti: 1) criterio dei destinatari: gli atti si possono rivolgere a classi omogenee (atti amm. generali), retti da un regime simile a quello dei regolamenti amministrativi. Atti collettivi: si indirizzano a categorie ristrette di soggetti considerati in modo unitario, già individuati con precisione individualmente (Es: sciogliemento del consiglio comunale, produce effetti sui singoli componenti) Atti plurimi: atti rivolti a una pluralità di soggetti, ma i loro effetti sono scindibile in relazione a ciascun destinatario (es: decreto che approva i vincitori di una graduatoria in un concorso). 2) Criterio della natura della funzione: Atti politici: atti che sono liberi nel fine e sono emanati da un organo costituzionale (il governo) nell’esercizio della sua funzione. (es: deliberazioni del consiglio dei ministri che approvano un d.l o un d.lgs). Atti di alta amministrazione: altri atti del governo, hanno natura amministrativa ma con amplissima (es: provvedimenti di nomina e revoca dei vertici militari) 68 3) Criterio della provenienza soggettiva del provv.: Atti complessi: quella emanati tramite la volontà di più soggetti (es: decreto interministeriale, nato dalla volontà condivisa di più ministri) Atti collegiali: il provv. è emanato da un organo composto con un pluralità di componenti designati con vari criteri. 12. L’invalidità dell’atto amministrativo Art. 21 septies l.241/90, nullo l’atto che manca dei suoi elementi essenziali Invalidità: difformità di un negozio o di un atto dal suo modello legale. invalidità dell’atto amministrativo: quando la difformità tra atto e norme determina una lesione di interesse tutelati da queste ultime e incide sull’efficacia del primo in modo più o meno radicale, sotto forma di nullità o annullabilità. Disciplina in l.241/1990, dopo la modifica ex l.n.15/05 ambito ristretto dell’annuallabilità nel 2005, art. 21 octies l.241/90 non la ammette più per vizi meramente formali e se questi siano definibili come invalidi. comportamenti che violano norme che regolano una condotta sono detti illeciti, contro di essi l’ordinamento reagisce imponendo sanzioni, mentre gli atti che violano norme di conferimento del potere sono detti invalidi e contro di essi l’ordinamento reagisce disconoscendone gli effetti. Invalidità, a seconda della sua gravita, può essere sanzionata in 2 modi: Inidoneità dell’atto a produrre effetti giuridici tipici, quindi a creare diritti ed obblighi nella sfera giuridica dei soggetti (nullità); Inidoneità a produrli in via precaria, cioè fin tanto che non intervenga un giudice, che accertata l’invalidità, rimuova con efficacia retroattiva gli effetti prodotti medio tempore (annullamento). poche ipotesi tassative prevedono la nullità del provv., mentre la violazione delle norme attributive del potere comporta annullabilità. Sarebbe esagerato punire con nullità ogni difformità tra provv. e norma attributiva. Regime dell’annullabilità costituisce il regime ordinario del provv.amm. invalido, mentre la nullità è un fenomeno marginale anche dopo l’inserimento di una disciplina organica nella l.241/1990. Invalidità totale o parziale, la prima investe l’intero atto, la seconda solo una parte, lasciando inalterata la parte non affetta dal vizio. l’invalidità di una parte si estende alle altre solo se esse sono strettamente dipendenti da quella viziata. 68 Invalidità propria: assumono rilievo diretto i vizi dei quali è affetto l’atto. invalidità derivata: l’invalidità dell’atto discende per propagazione dell’invalidità di un atto presupposto (es: bando di gara illegittimo che si riflette sulla validità dell’atto di aggiudicazione o di approvazione della graduatoria dei vincitori) può essere di 2 tipi, ad effetto caducante se il secondo atto costituisce una mera esecuzione del primo, quindi l’atto alla base viene travolto in modo automatico, e ad effetto invalidante, se l’atto successivo presuppone nuovi e ulteriori apprezzamenti, in questo caso l’atto affetto da invalidità derivata, per quanto a sua volta invaldo, conserva i suoi effetti fin tanto che non venga annullato. tempus regit actum: la validità di un provv. si determina con riguardo alle norme in vigore al momento della sua adozione. Per esempio, se successivamente alla presentazione di una domanda di concessione e all’avvio dell’istruttoria interviene una normativa più restrittiva, la concessione non può essere più rilasciata. Invalidità sopravvenuta: nozione dibattuta in dottrina, se ne parla nei casi di leggi retroattive, ad interpretazione autentica e di dichiarazioni di illegittimità costituzionale. Nelle prime 2 ipotesi, la retroattività della legge nuova rende viziato il provvedimento emanato in base alla norma abrogata. Nella terza ipotesi rendono invalidi i provvedimenti assunti sulla base delle norme dichiarate illegittime e ai rapporti giuridici sorti anteriormente, a meno che non si tratti di rapporti esauriti, cioè di fattispecie interamente realizzate. carenza di potere: atti affetti da grandi deviazioni della norma attributiva di potere o emanati in assenza di una base legislativa. In questi casi il provv. emanato perde il carattere imperativo e dunque non è in grado di travolgere i diritti soggettivi. Gli atti assunti in carenza di potere sono attribuiti alla giurisdizione del giudice ordinario, mentre quelli ai quali viene contestato il solo cattivo esercizio del potere restano affidati alla cognizione del g.amm. nullità regolata da art.21 septies l.241/1990, individua 4 casi tassativi (“nullo il provv. che manca degli elementi essenziali, che è viziato da difetto assoluto di attribuzione, che è stato adottato in violazione o elusione del giudicato, oltre agli altri casi previsti dalla legge”), annullabilità invece regolata da art. 21 octies l.241/1990 e da art. 29 cod., e entrambi gli art. riprendono la tripartizione dei vizi, cioè incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge posta. 13. L’annullabilità 68 potere e che può spingersi invece fino alle soglie del cosiddetto merito amministrativo. E’ lo strumento che permette al g. amm, pur mantenessi all’interno del giudizio di legittimità, di censurare le scelte operate dall’amm. é un vizio della funzione, intesa come la dimensione dinamica del potere che attualizza e concretizza la norma astratta attributiva del potere in un provvedimento produttivo di effetti. Un esempio è lo sviamento di potere, cioè quando si ha una violazione del vincolo del fine pubblico posto dalla norma attributiva del potere (es: trasferimento di un dipendente pubblico motivato da esigenze di riordino ma derivante in realtà da una punizione). E’ difficile da provare, in quanto, in apparenza, spesso gli atti sono perfettamente conformi alle disposizioni. Va per cui rilevata in via indiretta, attraverso i “sintomi”. Figure sintomatiche principali di eccesso di potere: 1) l’errore o il travisamento di fatti, cioè il provv. emanato sul presupposto, esplicitato nell’atto stesso, dell’esistenza di un fatto o di una circostanza che risulta invece inesistente, o il contrario. Errore può emergere sia in fase processuale sia in seguito alla produzione di prove da parte del ricorrente, sia dopo l’esercizio dei suoi poteri da parte del g.amm. 2) il difetto di istruttoria, nella fase istruttoria l’amm. è tenuta ad accertare in modo completo i fatti, ad acquisire gli interessi rilevanti e ogni altro elemento utile per operare una scelta consapevole e ponderata. Se questa attività manca o è effettuata male, il provv. è viziato sotto questo profilo. 3) il difetto di motivazione, nella motivazione il provv. deve dare conto all’esito dell’istruttoria di tutte le ragioni che sono alla base della scelta operata. Motivazione può essere insufficiente, incompleta o generica. Il contenuto minimo della motivazione è esplicitato in art. 10 l.n241/90, che dice che l’amm è tenuta a valutare e motivare gli apporti partecipativi di chi interviene nel procedimento, e, in art. 10 bis l.n.241/90, dar conto delle ragione per le quali non accoglie le osservazioni presentate dall’interessato al quale sia comunicato il preavviso di rigetto di un’istanza. In più art. 6 co.1 let. e l.n.241/90 dice che l’organo competente ad adottare il provvedimento finale, ove ritenga di discostarsi dalle risultanze dell’istruttoria condotta dal resp. del proc., deve darne conto nella motivazione. Art. 1 co.2 l.n.241/90, come modificato nel 2012, dice che la motivazione può consistere anche solo in “un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo”, nel caso in cui l’amm ritenga un’istanza manifestatamente infondata. Comunque non esiste un criterio per giudicare se la motivazione è esauriente. (ad es. 68 quelle emanate dalle autorità indipendenti che operano su mercati regolati, come il garante della concorrenza, sono molto ampie). 4) illogicità, irragionevolezza, contraddittorietà, emerge un vizio di eccesso di potere tutte le volte che il contenuto del provv. e le statuizioni del medesimo fanno emergere profili di illogicità o irragionevolezza, apprezzabili in modo oggettivo in base a canoni di esperienza. (es. un provv. di diffida a cessare e a porre rimedio a una norma amm. non può assegnare al diffidato un termine così breve da non poter essere rispettato. Sottospecie dell’illogicità e irragionevolezza è la contraddittorietà. (es: c.d interna, un piano regolatore che prevede la destinazione a servizi pubblici di un’area in cui insistono attività industriali, contraddicendo la relazione illustrativa che enuncia invece l’obbiettivo di difendere e incrementare le attività produttive). Contraddittorietà può essere anche esterna al provvedimento, cioè essere rilevata dal raffronto tra il provv. impugnato e altri provv. precedenti dall’amministrazione che riguardano lo stesso soggetto. 5) disparità di trattamento, casi uguali devono essere trattati in modi uguali, per cui il vizio può nascere sia nel caso in cui casi uguali siano trattati diversamente, sia nel caso in cui casi diversi siano trattati in modo uguali. Perché la disparita di trattamento possa essere censurata, il provv. deve essere discrezionale e la comparizione deve riferirsi a provv. emanati in modo legittimo. 6) Violazione delle circolare e delle norme interne, della prassi amministrativa, l’organo titolare del potere discrezionale, emanando il provv., deve tenere conto delle norme interne, e se ciò non accade è sinonimo di eccesso di potere. Per evitare questo vizio, il titolare del potere deve esplicitare nella motivazione le ragioni per le quali ha ritenuto di disattendere nel caso concreto le prescrizioni poste dalle norme interne. 7) Ingiustizia grave e manifesta, in qualche caso, per ragioni equitative, la giurisprudenza può censurare provv. discrezionali il cui contenuto appaia in modo palese e manifesto ingiusto. Alcune teorie per giustificare le figure sintomatiche dell’eccesso di potere: A) esse rilevano come prove indirette dello sviamento di potere e hanno una valenza essenzialmente processuale. Riconducibili allo schema civilistico delle presunzioni. B) Figure sintomatiche hanno raggiunto piena autonomia dallo sviamento di potere e sono ipotesi generali autonome dei principi generali dell’azione amministrativa, 68 nello specifico dei principi logici e giuridici che presiedono l’esercizio della discrezionalità. C) impostazione più recente, figure sintomatiche qualificare come clausole generali, che analogamente a quanto accade nelle relazioni giuridiche privatistiche, fanno sorgere obblighi comportamentali nell’ambito del rapporto giuridico amministrativo intercorrente tra la p.amm. e il cittadino. 17. Nullità Nullità: 4 ipotesi tassative di nullità elencate dall’art. 21 septies l.241/1990: 1)mancanza degli elementi essenziali, non elencati espressamente dalla legge, vanno individuati dall’interprete 2) difetto assoluto di attribuzione (carenza di potere e incompetenza assoluta) 3) violazione del giudicato, quando l’amm. in sede di nuovo esercizio del potere in seguito all’annullamento pronunciato dal giudice con sentenza passata in giudicato emana un nuovo atto che si pone in contrasto con quest’ultima. Il nuovo atto ignora e palesemente trascura il sostanziale contenuto del giudicato e manifesta il reale intendimento dell’amm. di sottrarsi al giudicato. 4) altri casi previsti espressamente dalla legge. Atti emenati in applicazione di norme nazionali in contrasto con il diritto europeo non nulli ma solamente annullabili L’azione di nullità può essere proposta davanti al giudice amministrativo entro 180 giorni, può essere sempre rilevata d’ufficio dal giudice o opposta dalla p.amm. 18. L’annullamento d’ufficio, la convalida, la ratifica, la sanatoria, la conferma, la conversione, la revoca, il recesso Provv. che l’amm. può emanare per porre rimedio all’invalidità o alla non conformità all’interesse pubblico di un provv. amm. Annullamento d’ufficio: il provv. illegittimo può essere annullato sia dal giudice amm. in caso di accoglimento del ricorso proposto dal titolare dell’interesse legittimo, oppure dalla stessa amm. in sede di esame dei ricorsi amministrativi, dagli organi amministrativi preposti al controllo di legittimità di alcune categorie di provvedimenti, e pure dal ministro con riferimento agli atti emanati dai dirigenti ad esso sottoposti, oltre 68 2) da voce a tutti gli interessi incisi indirettamente o direttamente dal provv., sia nell’interesse dell’amm., sia di quello dei privati. La partecipazione del privato al procedimento è regolata da ed è utile sia all’amm in relazione alle esigenze di completezza dell’istruttoria, sia al privato stesso che ha la possibilità di sottoporre elementi necessari all’amm. affinché essa emani un provv. a lui favorevole. Ex art. 13 co.1 l.241/90, non si applicano le norme sulla partecipazione ai procedimenti di regolazione. 3) contraddittorio a favore dei soggetti incisi negativamente dal provv. Connota soprattutto i procedimenti di tipo individuale. Il contraddittorio può essere o verticale o orizzontale. Verticale se il rapporto giuridico coinvolge bilateralmente l’amm. titolare del potere e il destinatario diretto dell’effetto giuridico, mentre orizzontale riguarda i procediementi nei quali i privati sono portatori di interessi contrapposti, e l’organo decidente è chiamato a garantire la parità. 4) opera da fattore di legittimazione del potere amm. e promuove la democraticità del ordinamento amm. 5) attua il coordinamento tra più amministrazioni, ciascuna chiamata a curare un interesse pubblico, nei casi in cui un provv. amm. vada ad incidere su una pluralità di interessi pubblici. Presenti tipi di coordinamento debole e forte 2. Le leggi generali sul procedimento e la l. n.241/90 Procedimento è al centro del sistema del dirtto amministrativo. l.241/1990 fornisce una cornice generale del procedimento, che si sovrappone e integra tutte le leggi amministrative che disciplinano i singoli procedimenti. Le sue disposizioni si applicano soggettivamente alle amministrazioni statali e agli enti pubblici quando sono nell’esercizio delle loro funzioni amministrative (art. 29), mentre oggettivamente si applica in procedimenti di tipo individuale, mentre le disposizioni sull’obbligo di motivazione (art. 3. co.2), sulla partecipazione al procedimento (art. 13 co.1) e sul diritto di accesso (art. 24 co.1 let. c) non si applicano agli atti normativi e agli atti amministrativi generali. L.241/90 crea un nuovo rapporto tra amministrazione e privato su diversi punti: 1) l.241/1990 colma la distanza tra amministrazione e soggetti privati, poiché questi ultimi fanno ingresso nel procedimento tramite gli strumenti di partecipazione, e favorisce il ricorso a strumenti consensuali come l’accordo tra amm. e privati (art. 11 l.241/90). 68 2) Privilegia gli strumenti consensuali di collaborazione paritaria per lo svolgimento di attività di interesse comune (accordi ex art. 15 l.241/90) e di coordinamento tra procedimenti paralleli (conferenza di servizi, art. 14 l.241/90). Collaborazione anche tramite lo scambio di documenti, sgravando e richiedendo al privato solo un’autocertificazione(art. 18 l.241/90). 3) La legge apre al dialogo infatti permette che partecipi al provvedimento anche chi ha interessi diffusi, costituiti in associazioni o comitati (art. 11 l.241/90) 4) supera in gran parte il principio del segreto d’ufficio sulle attività interne all’amministrazione enunciando all’art.1 il principio di pubblicità e trasparenza e poen una disciplina del diritto all’accesso ai documenti (capo VI). L’obbligo del segreto d’ufficio è limitato e opera “al di fuori delle ipotesi e delle modalità previste dalle norme sul diritto di accesso” (art. 28 l.241/90) 5) fa cadere il velo dell’anonimato che si frapponeva tra cittadino e apparati amministrativi, visti dall’esterno come un tutto indistinto, creando la figura del responsabile del procedimento, art. 5 l.241/90. La legge supera il modello autoritario dei rapporti fra stato e cittadino, favorendo le garanzie e i diritti. 3. Le fasi del procedimento 3 Fasi del procedimento: Iniziativa, istruttoria e conclusione 4. L’iniziativa iniziativa: avvio formale del procedimento, l’amm. ha l’obbligo di procedere cioè di aprire il procedimento e a porre in essere le sequenze previste e ha l’obbligo di provvedere, cioè di portare a termine il procedimento una volta aperto. Obblighi deducibili dall’art.2. l.241/1990, che nel co. 1 fa riferimento all’ipotesi in cui il procedimento “consegua obbligatoriamente a un’istanza” e a quella in cui “debba essere iniziato d’ufficio”, e nello stesso co. fa riferimento al dovere di concludere il procedimento cominciato tramite un provv. espresso. Nei procedimenti su istanza di parte, l’iniziativa è una domanda presentata all’amm da parte di un soggetto privato interessato al rilascio di un provv. favorevole. Non ogni istanza da vita ad un obbligo di procedere. 68 Il procedimento può anche essere aperto su impulso di pubbliche amministrazioni che formulano all’amministrazione competente proposte. Nei procedimenti di ufficio l’apertura del procedimento avviene su impulso della stessa amm. competente ad emanare il provvedimento finale, e riguardano in genere poteri amministrativi il cui esercizio determina un effetto limitativo o restrittivo nella sfera giuridica del soggetto privato destinatario (titolare di un interesse legittimo oppositivo). Nei proced. di ufficio è difficile individuare il momento preciso in cui sorge l’obbligo odi procedere, in molte situazioni infatti l’apertura del proced. avviene alla fine di una serie di attività c.d preistruttorie condotte sempre d’ufficio, dai cui esiti possono emergere situazioni di fatto che rendono necessario l’esercizio di un potere. (es: potere di ispezione attribuito dalla legge ad autorità di vigilanza come la CONSOB). L’amm. deve dare comunicazione dell’avvio del procedimento al soggetto destinatario, cioè a coloro “nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti”. (art. 7 l.241/1990). La comunicazione deve contenere l’indicazione dell’amministrazione competente, dell’oggetto del procedimento, del nome del responsabile del procedimento, del termine di conclusione del procedimento, dell’ufficio in cui si può prendere visione degli atti (art. 8). L’omessa comunicazione di avvio rende annullabile il provvedimento finale, ma art. 21 octies l.241/90 ha ristretto notevolemente i casi in cui può avvenire, come già visto. 5. L’istruttoria Istruttoria: include le attività poste in essere dall’amministrazione e per essa dal responsabile del procedimento allo scopo di accertare i fatti e di acquisire gli interessi rilevanti ai fini della determinazione finale. Rientra tra i compiti del responsabile del procedimento “valutare le condizioni di ammissibilità, i requisiti di legittimazione ed i presupposti che siano rilevanti per l’emanazione del provvedimento” (art. 6 co.1 let.a l.241/1990). Fase istruttoria retta dal principio inquisitorio, infatti secondo art.6 co. 1 let. b n.241/90 il responsabile del procedimento “accerta d’ufficio i fatti, disponendo il compimento degli atti necessari”. Al contrario della fase dell’istruttoria processuale, dove i mezzi istruttori sono tipicizzati, nel proced. amm. l’amm. può compiere tutti gli accertamenti necessari con le 68 Silenzio - inadempimento quando la p.amm rimane in silenzio di fronte a domande di privati per volti ad ottenere dall’amministrazione un provvedimento favorevole. l’inerzia mantenuta oltre il termine assume il significato di inadempimento dell’obbligo di provvedere posto dall’art. 2. L’inadempimento non fa venire meno l’obbligo di provvedere, quindi l’atto può essere emanato anche in ritardo, ferma restando l’eventuale responsabilità per il danno causato al privato che aveva confidato nel rispetto del termine. Nei casi di silenzio inadempimento il privato può proporre al giudice amministrativo un’azione contro il silenzio dell’amm., allo scopo di accertare l’obbligo di quest’ultima di provvedere. Per risolvere in maniera efficace il problema la l.241/1990 ha introdotto il silenzio assenso (accoglimento) e il silenzio diniego (rigetto), in cui in entrambi i casi il procedimento si conclude in maniera tacita. Silenzio diniego previsto raramente e da ipotesi tassative (Es: Art. 25 co.4 l.241/90, “decorsi inutilmente 30 giorni dalla richiesta, questa si intende respinta”), mentre il silenzio assenso è molto più utilizzato, disciplinato dall’art. 20 l.241/1990. Il regime del silenzio assenso non vale nei casi di provvedimenti autorizzato sostituiti dalla SCIA (art.19), non vale inoltre per procedimenti che riguardano vari interessi pubblici (art.20 co.4) e per quei casi in cui la normativa europea impone l’adozione di un provvedimento formale. L’amministrazione può evitare che si formi silenzio assenso provvedendo nel termine previsto, oppure indicendo entro 30 giorni dalla presentazione dell’istanza una conferenza di servizi. (art. 20 co.2 l.241/90) il silenzio assenso ha valore procedimentale, per cui può esser soggetto di provvedimenti di autotutela sotto forma di revoca e annullamento d’ufficio (Art. 10 co.3 l.241/90, che richiama art. 21 quinques e 21 nonies l.241/90) e può essere oggetto di impugnazione davanti al giudice amministrativo per esempio da un soggetto terzo che vuole contrastare l’avvio dell’attività. il silenzio assenso non fa venire meno l’obbligo di provvedere della p.amm, ma incide solo sulla fase decisionale, introducendo un incentivo al rispetto del termine. difetti del silenzio assenso sono la mancata valutazione degli interessi pubblici da parte dell’amministrazione, che quindi rinuncia al suo ruolo di curatore dell’interesse pubblico, in più il silenzio assenso non soddisfa pienamente l’esigenza di certezza del privato di certezza in relazione allo svolgimento di attività sottoposte a controllo pubblico, poiché il privato, formatosi il silenzio assenso, non è in grado di sapere se dietro il silenzio dell’amm si cela un’inerzia assoluta degli uffici, oppure se qualche istruttoria con 68 esito tendenzialmente positivo o negativo sia stata fatta, sebbene non all’interno del temine. Non giova ne all’interesse pubblico ne al privato. la l.241/1990 tende a favorire l’accordo integrativo o sostitutivo del provv. (art. 11) quale conclusione del procedimento, un istituito che privilegia soluzioni concordate volte a ridurre il rischio di possibili contenziosi e che pone l’amministrazione su un piano più paritario nei confronti del soggetto privato. l’accordo ha per oggetto il contenuto discrezionale del provvedimento ed è finalizzato a ricercare una miglior composizione e mediazione tra l’interesse pubblico e quello del privato, facendo comunque salvi eventuali interessi dei terzi che potrebbero contestarne i contenuti tramite un’azione di annullamento davanti al g.amm. (art. 11 l.241/90). L’accordo può essere promosso dal privato, il quale può anche presentare osservazioni e proposte durante la partecipazione al procedimento. L’amministrazione non è obbligata ad accettare l’accordo e può prediligere la via del provvedimento unilaterale non negoziato. Accordi necessariamente atti scritto pena la nullità e devono essere motivati. (Art. 11 co.2 l.241/90) Ad essi si applicano le disposizioni del codice civile in materia di contratti. 2 tipi di accordi: integrativi e sostitutivi del provvedimento, i primi servono a concordare il contenuto del provvedimento che viene emanato alla stipula dell’accordo e in attuazione di quest’utlimo, i secondi invece producono in via diretta gli effetti giuridici senza alcuna necessità di un atto formale unilaterale di recepimento. A garanzia di imparzialità, gli accordi devono essere preceduti da una determinazione dell’organo che sarebbe competente per l’adozione del provv.. Un momento di unilateralità anche dopo la conclusone dell’accordo è la possibilità di recesso dall’accordo per sopravvenuti motivi di interesse pubblico (art. 11 co.4 l.241/90). Questo tipo di recesso è un vero e proprio potere in capo alla p.amm, diverso dal recesso dai contratti disciplinato da art. 21 sexies l.241/90. Per poter curare l’interesse pubblico in maniera permanente, all’amministrazione è concessa una facoltà di recesso senza limiti di tempo dagli accordi presi con i privati. Ad esso si accompagna l’obbligo di provvedere alla liquidazione di un indennizzo in relazione ad eventuali danni subiti dal privato (co.4). 7. Procedimenti semplici, complessi, collegati. Il subprocedimento Procedimenti possono essere di diversi tipi: a struttura semplice o complessa, in base al loro oggetto e al numero e la natura degli interessi pubblici e privati incisi. 68 Ci sono procedimenti autorizzatori semplici nei quali la sequenza è un semplice domanda o istanza presentata dall’interessato in un’istruttoria limitata a poche verifiche documentali e una decisione affidata ad un’unica autorità. Procedimenti a struttura complessa invece sono spesso articolati all’interno di subprocedimenti sequenziali, ciascuno con un’unità funzionale in qualche misura autonoma. Procedimento si può definire autonomo quando ognuno degli atti endoprocedimentali è suscettibile di produrre effetti giuridici autonomi esterni. Procedimenti sono collegati quando una pluralità di procedimenti, da avviare in sequenza (es: procedimento per l’espropriazione di pubblica utilità) o in parallelo (es: realizzazione e messa in opera di un impianto industriale), sono funzionali ad un risultato unitario. 8. La conferenza di servizi e altre forme di coordinamento Conferenza di servizi (cds): strumento principale di coordinamento individuato dalla l.241/1990, da art. 14 a 14 quinques, capo IV, consiste in una o più riunioni dei rappresentati degli uffici o delle amministrazioni di volta in volta interessate che sono chiamate a confrontarsi e a esprimere la loro opinione, o nel caso di conferenza decisoria, anche a deliberare. Con la cds viene meno la sequenza lineare di atti endoprocedimentali attribuiti alla competenza di ciascuna amm., infatti durante la cds i rappresentanti delle amm. sono chiamati ad un confronto e ad operare una valutazione dell’interesse pubblico affidato alla cura di ciascuna di esse, non in maniera isolata, ma in connessione con gli altri interessi pubblici. 3 tipi di conferenza di servizi: istruttoria, decisoria e preliminare, nel 2016 introdotte anche la cds semplificata (senza riunione) e la cds simultanea (con riunione). 1) la conferenza di servizi istruttoria è sempre facoltativa e ha la funzione di promuovere un esame contestuale dei vari interessi pubblici coinvolti in un procedimento singolo (art. 14 co.1 l.241/90) o in più procedimenti amministrativi connessi (art. co.3 l.241/90). Nel caso di procedimento singolo, la cds istruttoria si conclude con la verbalizzazione delle varie posizioni espresse. Utile per raccogliere in unico contesto gli elementi istruttori necessari e che saranno poi posti alla base della decisione finale adottata dall’organo competente ad emanare il provv. Nel caso di cds itnerprocedimentale la convocazione è operata di regola dall’amm. che cura l’interesse 68 3) decreto di esproprio, determina il trasferimento del diritto di proprietà dal soggetto espropriato al soggetto nel cui interesse il procedimento è stato avviato. Si estinguono anche tutti i diritti reali o personali gravanti sul bene. 4) Indennità di esproprio, prima ne viene emanata una provvisoria, valutata all’esito di un contraddittorio con gli interessati. Può essere accettata o meno dal beneficiario, se accetta, la decisione è irrevocabile, deve accettare entro 30 giorni dalla proposta, se la rifiuta, l’indennità verrà stabilita in un procedimento autonomo in cui il privato avrà a disposizione un ulteriore fase di contraddittorio. Il privato può, con vantaggio di tipo pecuniario, decidere anche di cedere volontariamente il bene alla p.amm. Se l’opera non viene realizzata, il privato ha il diritto di retrocessione, cioè può riacquistare la proprietà del bene dietro una somma a titolo di indennità. Una volta avviato il procedimento di esproprio, l’amm. può acquisire immediatamente la disponibilità materiale del bene, allo scopo di procedere subito ai lavori per la realizzazione dell’opera. Ciò può avvenire se: 1) l’amm. ritenga che l’avvio dei lavori richieda carattere d’urgenza 2) in relazione a grandi opere pubbliche 3) se la procedura espropriativa riguarda più di 50 proprietari. Retrocessione dei beni espropriati: il diritto di proprietà può essere sacrificato solo nella misura strettamente necessaria per conseguire le finalità di pubblico interesse. La retrocessione per cui consiste nel diritto del soggetto espropriato di riacquistare la proprietà del bene nei casi in cui l’opera pubblica non viene realizzato o non tutto il bene espropriato viene utilizzato. Retrocessione totale se l’opera non viene realizzata nel temine di 10 anni dall’eseuzione dell’espropriazione, mentre quella parziale può avvenire su richiesta per le parti del bene non utilizzate per la realizzazione dell’opera pubblica. 10. Le sanzioni pecuniarie e disciplinari Procedimento per irrogazione delle sanzioni pecuniarie è diviso in più fasi: accertamento, contestazione degli addebiti e l’ordinanza-ingiunzione 1) Accertamento: attività di raccolta degli elementi del fatto, quali prove, rilievi, dati suscettibili di integrare una fattispecie di illecito amministrativo. Attività effettuate dagli agenti e ufficiali di pg e organi amm. addetti al controllo sull’osservanza delle disposizioni per la cui violazione è prevista una sanzione pecuniaria. 2) Dopo l’accertamento, l’amm. contesta al soggetto l’illecito. Deve essere notificata nel termine perentorio di 90 giorni dall’accertamento, e deve indicare gli elementi di fatto suscettibili di far parte di una fattispecie sanzionatoria. Entro 30 giorni dalla contestazione o notificazione della violazione, gli interessati possono presentare 68 scritti difensivi e documenti. Entro 60 giorni dalla notificazione della contestazione l’interessato può procedere all’oblazione, cioè al pagamento di una somma ridotta, che estingue l’obbligazione pecuniaria senza che si proceda a un accertamento definito dell’illecito. 3) Se all’esito del proc. la violazione è accertata, l’autorità procedente emana l’ordinanza-ingiunzione, cioè un provv. motivato che determina l’ammontare della sanzione pecuniaria e ingiunge al trasgressore il pagamento della medesima, insieme alle spese, entro 30 giorni. 4) Contro l’ordinanza-ingiunzione ci si può opporre davanti al giudice ordinario, entro 30 giorni dalla notifica. Sanzioni disciplinari: previste per dipendenti della p.amm e soggetti sottoposti a regimi speciali. I dirigenti stessi degli uffici devono procedere senza indugio, convocando il dipendete entro 10 giorni per poter esercitare il proprio diritto di difesa. Può anche decidere di non presentarsi o di presentare solo una memoria. Proced. si conclude o con l’archiviazione o con l’irrogazione della sanzione entro 60 giorni dalla contestazione dell’addebito. Le sanzioni possono essere impugnate davanti al giudice ordinario, dopo un tentativo obbligatorio di conciliazione. 11. Le autorizzazioni. Il permesso a costruire proced. che si concludono con provv. ampliativi della sfera giuridica del privato sono regolati tramite direttiva ue del 2006 che enuncia principi analoghi a l.241/90. Es. di proced. autorizzatorio disciplinato dal diritto interno è il rilascio del permesso a costruire, disciplinato da tu in materia edilizia del 2001. Domanda deve essere presentata allo sportello unico per l’edilizia e corredata da un’attestazione che indichi la legittimazione e la documentazione tecnica. Entro 10 giorni lo sportello indica al richiedente il nome del resp. del proced., che curerà l’istruttoria. All’esito dell’istruttoria, entro 60 giorni dalla presentazione della domanda, il resp. del proced. valuta la conformità del progetto a tutta la normativa applicabile e formula una proposta al dirigente del servizio il quale nei successivi 15 giorni rilascia il permesso a costruire. Decorso i termini di sopra, si intende decorso il silenzio-rifiuto. 12. I procedimenti concorsuali 68 Procedimenti di tipo concorsuale hanno come obiettivo la sezione degli aspiranti a una risorsa scarsa in base ad alcuni principi generali: pubblicità, parità di trattamento, trasparenza della procedura, oggettività dei criteri. (es: concorso per accesso ai pubblici impieghi). 13. L’accesso ai documenti amministrativi proced. di accesso nasce da iniziativa di parte e si apre con la richiesta del soggetto stesso. La richiesta va rivolta a una p.amm. (Art. 22 co.1 let. e l.241/90), e può riferirsi solo a documenti ben individuati, perchè il diritto di accesso nono è uno strumento di “controllo generalizzato dell’operato delle p.amm” (art.24 co.4 241/90) e già formati, perchè l’amm. “non è tenuta ad elaborare dati in suo possesso al fine di soddisfare le richieste”. 2 modalità di accesso: formale e informale, la prima è necessaria nei casi in cui l’amm. riscontri l’esistenza di potenziali contro interessati, o quando sorgano dubbi sulla legittimità del richiedente sotto il profilo dell’interesse, richiesta scritta e motivata sotto il profilo dell’interesse diretto, prevista anche una fase di contraddittorio con i controinteressati.. la seconda invece quando non ci sono soggetti controinteressati per i quali si pone un problema di riservatezza, richiesta può essere anche verbale. Procedimento deve concludersi entro 30 giorni dalla richiesta, decorso il termine la richiesta “si intende respinta” (art. 25 co.4 l.241/90) Accesso può anche essere differito, poiché quest’ultimo, specialmente nella fase preparatoria dei provv., può compromettere il buon esito dell’azione amministrativa. (art. 24 co.4 l.241/90). Capitolo 7 - La responsabilità. 3. La responsabilità civile da comportamento illecito responsabilità della p.amm si sviluppa su 3 rapporti: 1) rapporto tra danneggiato e il dipendente pubblico che ha posto in essere il comportamento illecito. 2) rapporto tra danneggiato e la p.amm di cui fa parte il dipendete pubblico, 3) rapporto interno tra dipendente e amm. 68 3) Enti pubblici di tipo associativo, cioè quelli esponenti di categorie o gruppi, hanno autonomia molto ampia (es: ordini e collegi professionali), e enti pubblici di tipo non associativo, numericamente maggiori, hanno natura patrimoniale, amministrati generalmente da un cda nominato da un ministero. 4) Enti pubblici non economici, istituti per realizzare uno scopo specifico, differenziandosi dagli enti territoriali, sono sottoposti a poteri di vigilanza e indirizzo più o meno penetranti da parte dei ministeri o delle regioni. (es: enti previdenziali e assistenziali) Enti pubblici economici invece hanno come particolarità la loro attività, che in molti casi ha carattere esclusivamente imprenditoriale e si sostanzia in contratto di diritto comune. Facevano parte di questa categoria tutte le società statali (ENI ENEL etc), mentre oggi dopo le privatizzazioni sono una categoria marginale. 7. Autorità indipendenti Nuovo tipo di enti pubblici, (es: CONSOB —> commissione nazionale per le società e la borsa, Banca d’Italia) si connotano per un elevato tasso di tecnicità e professionalità, oltre che per un marcato grado di indipendenza dal potere esecutivo. si sottraggono cioè all’indirizzo politico amministrativo del governo e proprio per questo si è dubitato della compatibilità con la cost. Più che con il governo hanno un legame istituzionale privilegiato con il parlamento, verso il quale svolgono un ruolo attivo di consulenza. Un tratto caratteristico è il fatto che derogano entro certi limiti al principio tradizionale della separazione dei poteri, infatti assommano poteri di regolazione, potrei amministrativi esercitati in applicazione ai casi singoli delle regole da esse stesse poste e poteri di risoluzione in via stragiudiziale di controversie soprattutto tra imprese regolate e consumatori. 3 tipologie principali di autorità indipendenti: 1) autorità di tipo generalista, che esercitano i loro poteri nei confronti di tutte le imprese o altri soggetti pubblici o privati (es: autorità garante della concorrenza e del mercato e garante per la protezione dei dati personali) 2) Autorità di settore preposte alla vigilanza sulle imprese operanti sui mercati concorrenziali, come CONSOB e banca d’italia, istituite per la presenza del fallimento di mercato, infatti il rapporto tra risparmiatori e imprese che offrono metodi di investimento è affetto da asimmetrie informative. Da qui la necessità di una regolazione pubblica che riduca il divario informativo e che garantisca la solidità patrimoniale e finanziaria delle imprese, minimizzando il rischio di fallimenti a catena 3) Autorità preposte alla regolazione dei servizi pubblici istituite in seguito ai processi di liberalizzazione. 68 Capitolo 11 - I beni. 1. La disciplina pubblicistica dei beni Le p. amo per realizzare i propri scopi devono procurarsi beni immobili e mobili, in più sono titolari e gestiscono alcuni tipi di beni, non per un interesse correlato alla propria attività, ma per metterli a disposizione della collettività (es. strade, musei, foreste) Proprietà dei beni da parte dello stato legittimata da art. 42 cost. Beni pubblici non sono ne escludibili, cioè l’utilizzo di questi bene non è escluso a nessun soggetto, ne rivali, poiché il consumo da parte di qualcuno di questi non limita quello di altri. I privati non hanno incentivo a produrli perché è ineliminabile il rischio dei freeriders, cioè soggetti che ne traggono beneficio senza sopportarne gli oneri. Per ciò il mercato non è in grado di fornirne in quantità sufficienti, ed è richiesto l’intervento dei pubblici poteri sotto forma di proprietà pubblica o di istituzione di apparati amministrativi o di regolamentazione amministrativa. Sono finanziati dalla collettività attraverso le tasse. Capitolo 12 - I contratti. 1. Premessa Amm. godono di generali capacità in diritto privato, possono stipulare contratti con fornitori per l’acquisto di beni e servizi o per l’esecuzione di lavori di cui esse hanno necessità per il perseguimento delle finalità di interesse pubblico. Contratti pubblici rappresentano una delle voci principali della spesa pubblica (oltre il 15% del PIL degli stati europei) e sono una fonte rilevante di fatturato per molte imprese. Art. 11 l.241/90, art. su accordi integrativi e sostitutivi, anche l’amm. può esser oggetto di una negoziazione tra l’amm. stessa titolare del potere e il soggetto privato destinatario del provv. le amm. pubbliche alla stipula dei contratti sono soggette a regole speciali di natura pubblicistica, utili a tutelare gli interessi delle stesse amm. e a garantire la par condicio tra i potenziali contraenti. 68 Formazione del vincolo contrattuale basata su regole di diritto pubblico, che sfocia nell’emanazione di un provvedimento di aggiudicazione. L’affidamento dei contratti pubblici deve sia essere conforme alle disp. ex l.241/90 e sia nel rispetto delle norme del codice civile. Disciplina dagli anni 60/70 si è aperta al mercato concorrenziale, e ha introdotto regole volte a promuovere la pubblicità dei bandi e la trasparenza della procedura. Tutto ciò è stato un recepimento di direttive di matrice europea. Contratti pubblici sono disciplinati dal codice dei contratti pubblici del 2006, al quale è affiancato un regolamento di attuazione e esecuzione, oltre che dalla recente legge anticorruzione (2012), dal codice penale, la normativa antimafia e il codice del processo amministrativo. Al mercato dei contratti pubblici è preposta l’autorità di vigilanza sui contratti pubblici di ladri, servizi e forniture istituita secondo il modello delle autorità indipendenti. 2. Il campo di applicazione del codice dei contratti pubblici e principi generali Più i committenti operano in settori non concorrenziali e possono essere influenzati nel loro agire da fattori extra economici, più è elevato il rischio che la scelta dei propri fornitori tenda a favorire determinate imprese. Per cui le procedure per la scelta del contraente in questi casi devono essere al massimo trasparenti e rigorose. Viceversa più è forte la pressione concorrenziale nei mercati, minore è il rischio che la scelta dei fornitori sia dettata da ragioni extraeconomiche e quindi è meno necessaria l’introduzione di procedure di affidamento formalizzate. Amministrazioni aggiudicatrici: quelle che per definizione operano al di fuori di ogni mercato, a loro si applica il regime più garantista e formalizzato, poiché non agiscono per un fine economico ma per perseguire interessi pubblici senza subire alcuna pressione concorrenziale. Sono amministrazioni aggiudicativi anche gli organismi di diritto pubblico, cioè soggetti pubblici o privati che, in ragione della loro missione e dei collegamenti organizzativi con p.amm., possono essere condizionati nella politica degli acquisti da ragioni extraeconomiche. Organismo di diritto pubblico se: 1) è un soggetto con personalità giuridica 2) se è istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, non aventi carattere commerciale o industriale, quindi non aventi fini di lucro 3) deve essere un 68 amministrazioni pubbliche, la conferenza di servizi è convocata, anche su richiesta dell’interessato, da una delle amministrazioni procedenti; 3) la conferenza preliminare: può essere indetta per progetti di particolare complessità e di insediamenti produttivi di beni e servizi l’amministrazione procedente, su motivata richiesta dell’interessato (nei successivi 5 giorni), corredata da uno studio di fattibilità; ha lo scopo di indicare al richiedente, prima della presentazione di una istanza o di un progetto definitivo, le condizioni per ottenere, alla loro presentazione, i necessari pareri, intese, concerti, nulla osta, autorizzazioni, concessioni o altri atti di assenso, comunque denominati; 4) la conferenza per la valutazione di impatto ambientale: è prevista qualora un progetto sia sottoposto a valutazione di impatto ambientale, per l’acquisizione di tutte le autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, concerti, nulla osta e assensi comunque denominati, necessari alla realizzazione del medesimo progetto (cfr. art. 25, comma 3, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152); Diverse sono le modalità possibili per le varie ipotesi di conferenza: di norma si avrà la modalità asincrona, mentre la modalità sincrona (con la presenza simultanea dei rappresentanti delle amministrazioni interessate) è riservata ai casi più complessi. La Conferenza semplificata Largo spazio è previsto per la conferenza semplificata, indetta dall’amministrazione procedente entro cinque giorni lavorativi dall’inizio del procedimento d’ufficio o dal ricevimento della domanda, se il procedimento è ad iniziativa di parte. A tal fine l’amministrazione procedente comunica alle altre amministrazioni interessate: a) l’oggetto della determinazione da assumere, l’istanza e la relativa documentazione ovvero le credenziali per l’accesso telematico alle informazioni e ai documenti utili ai fini dello svolgimento dell’istruttoria; b) il termine perentorio, non superiore a quindici giorni, entro il quale le amministrazioni coinvolte possono richiedere, integrazioni documentali o chiarimenti relativi a fatti, stati o qualità non attestati in documenti già in possesso dell’amministrazione stessa o non direttamente acquisibili presso altre pubbliche amministrazioni; c) il termine perentorio, comunque non superiore a quarantacinque giorni, entro il quale le amministrazioni coinvolte devono rendere le proprie determinazioni relative alla decisione oggetto della conferenza, fermo restando l’obbligo di rispettare il termine finale di conclusione del procedimento. Se tra le suddette amministrazioni vi 68 sono amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali, o alla tutela della salute dei cittadini, ove non diversamente previsto, il suddetto termine è di 90 giorni; d) la data della eventuale riunione in modalità sincrona, da tenersi entro dieci giorni dalla scadenza del termine di cui alla lettera c), fermo restando l’obbligo di rispettare il termine finale di conclusione del procedimento. Le determinazioni delle singole amministrazioni coinvolte, congruamente motivate, sono formulate in termini di assenso o dissenso e indicano, ove possibile, le modifiche eventualmente necessarie ai fini dell’assenso. Le prescrizioni o condizioni eventualmente indicate ai fini dell’assenso o del superamento del dissenso sono espresse in modo chiaro e analitico e specificano se sono relative a un vincolo derivante da una disposizione normativa o da un atto amministrativo generale ovvero discrezionalmente apposte per la migliore tutela dell’interesse pubblico. Fatti salvi i casi in cui disposizioni del diritto dell’Unione europea richiedono l’adozione di provvedimenti espressi, la mancata comunicazione della determinazione entro il termine previsto, ovvero la comunicazione di una determinazione priva dei requisiti previsti, equivalgono ad assenso senza condizioni. Restano ferme le responsabilità dell’amministrazione, nonché quelle dei singoli dipendenti nei confronti dell’amministrazione, per l’assenso reso, ancorché implicito. Scaduto il termine previsto, l’amministrazione procedente entro 5 giorni lavorativi adotta: – la determinazione motivata di conclusione positiva della conferenza qualora abbia acquisito esclusivamente atti di assenso non condizionato, anche implicito, ovvero qualora ritenga, sentiti i privati e le altre amministrazioni interessate, che le condizioni e prescrizioni eventualmente indicate dalle amministrazioni ai fini dell’assenso o del superamento del dissenso possano essere accolte senza necessità di apportare modifiche sostanziali alla decisione oggetto della conferenza; – la determinazione di conclusione negativa della conferenza (che produce l’effetto del rigetto della domanda) qualora abbia acquisito uno o più atti di dissenso che non ritenga superabili. Nei casi più complessi è previsto l’utilizzo della conferenza simultanea, per la quale è possibile anche la presenza in via telematica dei rappresentanti delle amministrazioni interessate. Anche in questo caso i lavori della conferenza si concludono non oltre 45 giorni dalla prima riunione (ovvero 90 giorni qualora siano coinvolte amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini, il termine è fissato in novanta giorni). Ciascun ente o amministrazione 68 convocato alla riunione è rappresentato da un unico soggetto abilitato ad esprimere definitivamente e in modo univoco e vincolante la posizione dell’amministrazione stessa su tutte le decisioni di competenza della conferenza, anche indicando le modifiche progettuali eventualmente necessarie ai fini dell’assenso. Alle riunioni della conferenza possono essere invitati gli interessati, inclusi i soggetti proponenti il progetto eventualmente dedotto in conferenza. All’esito dell’ultima riunione, e comunque entro il termine di conclusione, l’amministrazione procedente adotta la determinazione motivata di conclusione della conferenza sulla base delle posizioni prevalenti espresse dalle amministrazioni partecipanti alla conferenza tramite i rispettivi rappresentanti. Si considera acquisito l’assenso senza condizioni delle amministrazioni il cui rappresentante non abbia partecipato alle riunioni ovvero, pur partecipandovi, non abbia espresso la propria posizione, ovvero abbia espresso un dissenso non motivato o riferito a questioni che non costituiscono oggetto della conferenza. Prevista, infine, la possibilità di proporre opposizione da parte della amministrazioni partecipanti dissenziente, sulla quale si esprimerà il Consiglio dei Ministri. 68