Scarica Riassunto “manuale di diritto amministrativo” Marcello Clarich e più Appunti in PDF di Diritto Amministrativo solo su Docsity! DIRITTO AMMINISTRATIVO I PARTE PRIMA IL DIRITTO AMMINISTRATIVO E LE SUE FONTI CAPITOLO I INTRODUZIONE Amministrativo può essere definito come la branca del diritto pubblico interno che ha per oggetto l’organizzazione e l’attività della pubblica amministrazione. Esso riguarda in particolare i rapporti che quest’ultima instaura con i soggetti privati nell’esercizio di poteri ad essa conferiti dalla legge per la cura di interessi della collettività. 1. Il diritto amministrativo e i suoi rapporti con altre branche del diritto Il diritto costituzionale Il diritto costituzionale riguarda i “rami alti” dell’ordinamento, i diritti privati e le fonti del diritto. Il secondo riguarda quel complesso poliedrico di apparati pubblici che si è sviluppato soprattutto nel corso del XX secolo, ciascuno dei quali dotato di una gamma più o meno ampia di poteri. Il primo trova fondamento è una disciplina positiva nelle costituzioni scritte, inoltre l’istituzione delle corti costituzionali in molti paesi europei a contribuito a rafforzare l’autonomia del diritto costituzionale. Il secondo è regolato invece in prevalenza da fonti normative subcostituzionali e dei principi di elaborazione giurisprudenziale. Tuttavia il diritto costituzionale il diritto amministrativo sono strettamente legati; in primo luogo il diritto amministrativo non è altro che il diritto costituzionale reso concreto, cioè colto nella sua effettiva realizzazione nella legislazione e nella vita dell’ordinamento. Così, ad esempio, il grado di tutela dei diritti di libertà e dei diritti sociali si misura non solo e non tanto sulla costituzione, quanto piuttosto sulle leggi amministrative che attuano il disegno costituzionale. Un secondo nesso mette in luce la diversa velocità dei mutamenti costituzionali rispetto alle riforme amministrative: i primi possono verificarsi anche in modo repentino in seguito a moti rivoluzionari, rotture della costituzione, o sconfitte militari; le riforme amministrative al contrario mirano a modificare l’organizzazione è il modo di operare di apparati burocratici caratterizzati da strutture, personale, prassi operative e cultura istituzionale formatesi lentamente. Il diritto privato I nessi tra diritto amministrativo e diritto privato possono essere illustrati con tre proposizioni principali: - L’autonomia del diritto amministrativo: L’autonomia del diritto amministrativo dal diritto privato emerge in particolare da un istituto introdotto dalla legge 241 1990, e cioè dagli accordi stipulati tra amministrazioni e soggetti privati al fine di determinare il contenuto discrezionale del provvedimento finale o in sostituzione di questo. A questo tipo di accordi si applicano i principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti in quanto compatibili. Il diritto amministrativo e il diritto privato non si pongono dunque in una relazione di regola- eccezione; essi si collocano invece in una relazione di giustapposizione e di autonomia reciproca. Ciascuno dei due diritti è in sé completo poiché eventuali lacune devono essere colmate facendo applicazione analogica anzitutto di istituti e principi propri di ciascuna disciplina. In materia di responsabilità civile, anche nel nostro ordinamento l’applicazione delle regole del codice civile è stata oggetto, soprattutto in passato, di deroghe e eccezioni poste dal legislatore è giustificata dall’esigenza di salvaguardare le prerogative dell’amministrazione. Le autorità di regolazione istituite nel settore finanziario sono responsabili solo per gli atti e comportamenti posti in essere con dolo o colpa grave. L’autonomia del diritto amministrativo sostanziale trovo un parallelo nella se non ha il diritto amministrativo processuale rispetto al diritto processuale civile. - I moduli privatistici dell’attività dell’organizzazione delle pubbliche amministrazioni: L’attività delle pubbliche amministrazioni è regolata in parte da leggi amministrative e in parte dal diritto privato. Amministrazioni sono dotate anzitutto di soggettività piena dell’ordinamento giuridico; esse godono di una capacità giuridica generale intesa come l’attitudine ad assumere la titolarità di diritti e obblighi in conformità alle norme del codice civile e delle leggi speciali.esse dunque possono instaurare relazioni giuridiche con altri soggetti dell’ordinamento regolate dal diritto comune. Il solo limite generale che sussiste è costituito dal fatto che la capacità giuridica generale è attribuita alle pubbliche amministrazioni per realizzare le finalità di interesse pubblico affidate alla loro cura. Esse non possono quindi stipulare ad esempio contratti aleatori. La capacità di diritto privato delle pubbliche amministrazioni viene integrata da una sorta di capacità speciale, attraverso l’attribuzione per legge di poteri amministrativi necessari per la cura di interessi pubblici. L’esercizio di poteri amministrativi si sostanzi a nell’adozione di atti aventi natura autoritativa, caratterizzati dall’unilateralità nella produzione degli effetti e dalla loro sottoposizione al principio di legalità e agli altri principi del diritto amministrativo. L’utilizzo della capacità di diritto privato da parte della pubblica amministrazione può dar luogo a intersezioni tra le righe: così, in materia di contratti della pubblica amministrazione per la fornitura di beni e servizi, convivono regole pubblicistiche e regole privatistiche. Le prime riguardano soprattutto la formazione della volontà della pubblica amministrazione, le seconde riguardano la fase dell’esecuzione degli obblighi contrattuali. La capacità di diritto privato consente alle pubbliche amministrazioni di ricorrere al modello della società di capitali di diritto comune per l’esercizio di servizi pubblici e di altre attività di rilevanza pubblicistica; per alcuni tipi di società le norme vigenti operano deroghe alla disciplina del codice civile e introducono numerose regole pubblicistiche. In seguito alla spinta alla privatizzazione molti enti pubblici sono stati trasformati in enti privati non profit anche se ricondotti al diritto comune; il diritto privato penetra anche all’interno dell’organizzazione pubblica sotto più profili: - In primo luogo non tutta l’organizzazione delle pubbliche amministrazioni è disciplinata da fonti giuridico pubblicistiche e da principi del diritto pubblico; si opera infatti una distinzione fra macro organizzazione e micro organizzazione.la macro organizzazione, cioè le linee fondamentali di organizzazione, è definita con atti organizzativi di tipo pubblicistico; La micro organizzazione, riguardante l’articolazione degli uffici e le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro, è determinato dagli organi preposti alla gestione con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro. L’applicazione delle regole di diritto privato è pressoché integrale nel caso delle aziende sanitarie locali; esse sono aziende con personalità giuridica pubblica e autonomia imprenditoriale la cui organizzazione e funzionamento sono disciplinati con atto aziendale di diritto privato. - In secondo luogo il rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici, in precedenza sottoposto a un regime pubblicistico, negli anni 90 è stato ricondotto in parte al diritto comune. Il decreto legislativo 165 2001 prevede che i rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni siano disciplinati dalle disposizioni del codice civile. - La tendenza espansiva del diritto amministrativo: in presenza di determinate condizioni, anche soggetti formalmente privati sono sottoposti, almeno in parte, ad un regime di diritto amministrativo. La legge 241 1990 stabilisce che i soggetti privati preposti all’esercizio di attività amministrative assicurano il rispetto dei criteri dei principi di cui al comma uno con un livello di garanzia non inferiore a quello cui sono tenute le pubbliche amministrazioni in forza delle disposizioni di cui alla presente legge. Alcuni atti di soggetti privati hanno dunque natura dei provvedimenti sono sottoposti al controllo giurisdizionale da parte del giudice amministrativo. Diritto penale Il codice penale dedica l’intero Titolo II del Libro II ai delitti contro la pubblica amministrazione distinguendo i reati commessi dai pubblici ufficiali e dagli incaricati di pubblici servizi e reati commessi dei privati contro la pubblica amministrazione. Il codice penale contiene anche le definizioni di pubblico ufficiale preposto a una pubblica funzione ed incaricato di servizio pubblico. 3. Fonti normative statali, riserva di legge, principio di legalità La costituzione con una disciplina delle fonti statali di rango primario e cioè in estrema sintesi: la legge, il decreto-legge, il diritto legislativo.in seguito alle modifiche del 2001 alla potestà legislativa statale non è più generale, ma può essere esercitata solo nelle materie tassativamente indicati dall’Art 117 Cost. Le riserve di legge sono di tre tipi: assoluta, rinforzata e relativa. La riserva di legge assoluta, come ad esempio quella materia penale, richiede che la legge ponga la disciplina completa esaustiva della materia ed esclude l’intervento di fonti non primarie. La riserva di legge rinforzata prevede che la costituzione ponga direttamente taluni principi materiali o procedura relativi alla disciplina della materia e costituiscono un vincolo per il legislatore ordinario; essa è prevista soprattutto in relazione ai diritti di libertà. La riserva di legge relativa, come per esempio quelle materia tributaria e di organizzazione dei pubblici uffici, richiede che la legge ponga prescrizioni di principio e consente l’emanazione di regolamenti di tipo esecutivo contenenti le norme più di dettaglio che completano la disciplina della materia. Il principio di legalità costituisce uno dei principi fondamentali del diritto amministrativo; i suoi richiamato dall’Art.1 della legge 241 1990, secondo il quale l’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge. Principio di legalità si ricava indirettamente da disposizioni costituzionali, in particolare dall’Art.113 Cost che presuppone che il giudice trovi nella legge un parametro oggettivo rispetto al quale sindacare gli atti impugnati. I principi di legalità assolve ad una duplice funzione: di garanzia delle situazioni giuridiche soggettive dei privati che possono essere incisi dal potere amministrativo (legalità-garanzia); di ancoraggio dell’azione amministrativa al principio democratico e agli orientamenti che emergono all’interno del circuito politico rappresentativo (legalità-indirizzo). Il principio di legalità può essere inteso in due accezioni: in un primo senso esso va inteso come preferenza della legge, secondo cui appunto gli atti emanati dalla pubblica amministrazione non possono porsi in contrasto con la legge; in un secondo senso, quello oggi più rilevante, il principio di legalità richiede che il potere amministrativo trovi un riferimento esplicito in una norma di legge.quest’ultima costituisce il fondamento esclusivo dei poteri dell’amministrazione: essa deve attribuire in modo espresso alla pubblica amministrazione la titolarità del potere. Questa concezione del principio di legalità emerse ma mano che si affermò la concezione monistica della sovranità, secondo il quale la sovranità appartiene al popolo. La pubblica amministrazione non gode dunque di una legittimazione propria, ma i poteri adesso esercitati devono trovare l’ancoraggio nel circuito politico rappresentativo, cioè nella legge, che diventa il fondamento la misura del potere. Il principio di legalità inteso nel secondo senso ha a sua volta una duplice dimensione: la legalità formale e la legalità sostanziale. Per soddisfare la prima è sufficiente la semplice indicazione nella legge dell’apparato pubblico competente e a esercitare un potere normativo secondario o amministrativo indeterminato nei suoi contenuti. La seconda esige una disciplina materiale del potere amministrativo posta dalla legge, che deve definire i presupposti per l’esercizio, le modalità procedurali e le altre sue caratteristiche essenziali. La corte costituzionale ha fatto leva sul principio di legalità inteso in senso sostanziale per dichiarare illegittima ad esempio una disposizione che attiva sindaco un potere assai ampio di emanare ordinanze per prevenire ed eliminare gravi pericoli per l’incolumità pubblica; non è infatti sufficiente che il potere sia finalizzato dalla legge alla tutela di un bene o di un valore, ma indispensabile che tu esercizio sia determinato nel contenute nelle modalità. La riserva di legge relativa il principio di legalità inteso in senso sostanziale hanno alcuni elementi in comune; la riserva di legge relativa concorre a definire rapporti per così dire interni al sistema delle fonti normative, da questo punto di vista, analogamente a quanto accade per il principio di legalità in senso sostanziale, anche per la riserva di legge si pone la questione di quanta parte della disciplina di una determinata materia debba essere contenuta direttamente nella fonte primaria. Il principio di legalità prescrive il potere dell’amministrazione trovi un fondamento nella legge e qui vi è una sovrapposizione con il principio della riserva di legge relativa. Tuttavia il principio di legalità si riferisce soprattutto i poteri e provvedimenti amministrativi puntuali; esso postula che il fondamento dei provvedimenti amministrativi sia costituito anzitutto da norme di rango primario. Inoltre, secondo la giurisprudenza amministrativa, le esigenze sottostanti al principio di legalità possono essere soddisfatte anche da norme di rango secondario. Infine i parametri che integrano il principio di legalità sono costituiti anche dei principi generali del diritto amministrativo desumibili dalla costituzione o da il diritto europeo. Il principio di legalità richiede spesso all’amministrazione una valutazione articolata delle norme e dei principi generali riferibile al caso concreto. 4. Le leggi provvedimento Le leggi provvedimento sono leggi prive di caratteri della generalità e astrattezza; come esempi possono essere menzionate le leggi che rilasciano, prorogano o revocano concessioni amministrative riferite a talune imprese, o erogano finanziamenti a una o più imprese, approvano un atto di pianificazione. La costituzione non contiene un principio di riserva di amministrazione, rientra dunque nella discrezionalità del parlamento la scelta di utilizzare lo strumento della legge in luogo del provvedimento amministrativo oppure se attribuire all’amministrazione il potere corrispondente. La legge provvedimento scardina le garanzie offerte al privato dal regime dell’atto e del procedimento come il diritto di partecipazione al procedimento, l’obbligo di motivazione del diritto di proporre ricorso giurisdizionale innanzi al giudice amministrativo per ottenere l’annullamento dell’atto illegittimo.essa infatti può essere censurata soltanto sotto il profilo della costituzionalità con le forme, i limiti di tempi proprio di questo tipo di giudizio innanzi alla corte costituzionale. 5. I regolamenti governativi La legge costituzionale tre 2001 ha introdotto il principio del parallelismo tra competenza legislativa e competenza regolamentare dello Stato. Il potere regolamentare del governo è richiamato nell’Art 87 Cost, che attribuisce al presidente della Repubblica il potere di emanare i regolamenti. Una disciplina generale di rango primario è contenuta nell’Art 17 della legge 400 1988, che individua cinque tipi di regolamenti governativi. - I regolamenti esecutivi pongono norme di dettaglio necessari per l’applicazione concreta di una legge. Nelle materie coperte da riserva di legge assoluta sono ammessi soltanto i regolamenti distretto esecuzione, Che possono essere emanati per dare esecuzione ai regolamenti europei. - I regolamenti per l’attuazione e l’integrazione possono essere emanati dalle materie non coperte da riserva di legge assoluta nei casi in cui la legge si limiti ad individuare i principi generali della materia e autorizza espressamente il governo a porre la disciplina di dettaglio. - I regolamenti indipendenti intervengono nelle materie non soggetta riserva di legge laddove manchi una disciplina di rango primario. - I regolamenti di organizzazione costituiscono una sottospecie di regolamenti esecutivi e di attuazione; essi disciplinano l’organizzazione il funzionamento delle pubbliche amministrazioni secondo le disposizioni dettate dalla legge. - I regolamenti delegati o autorizzati sono previsti nelle materie non coperte da riserva assoluta di legge e attuano la cosiddetta delegificazione. Sostituiscono cioè la disciplina posta dalla fonte primaria con una disciplina posta dalla fonte secondaria; la loro entrata in vigore determina l’abrogazione delle norme vigenti contenute in fonti anche di rango primario e, perché tale delegificazione possa avere luogo, sono necessarie alcune condizioni: occorre una legge che autorizza il governo ad emanarli, la stessa legge deve contenere le norme generali regolatrici della materia, essa deve altresì disporre l’abrogazione delle norme vigenti e rinviando il prodursi dell’effetto abrogativo al momento all’entrata in vigore del regolamento. - I regolamenti ministeriali e interministeriali si applicano alle materie attribuite alla competenza di uno o più ministri. Questi regolamenti possono essere emanati solo nei casi espressamente previsti dalla legge e sono gerarchicamente sotto ordinati e regolamenti governativi. Sotto il profilo formale i regolamenti sono adottati previo il parere del Consiglio di Stato, sono sottoposti al controllo preventivo di legittimità e alla registrazione della corte dei conti e vengono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale. Il regime giuridico dei regolamenti, che sono atti formalmente amministrativi anche se sostanzialmente normativi, e in parte quello proprio di provvedimenti amministrativi e in parte quello delle fonti del diritto. Come tutti i provvedimenti amministrativi, ove contengono disposizioni contrarie alle leggi i regolamenti possono essere impugnati innanzi al giudice amministrativo e conseguentemente annullati. Inoltre, in base al principio della preferenza della legge, i regolamenti sono suscettibili di disapplicazione da parte del giudice ordinario.anche giudice amministrativo può disapplicare una norma regolamentare in almeno due ipotesi: quando il provvedimento impugnato viola un regolamento sua volta difforme dalla legge oppure quando il provvedimento impugnato è conforme a un regolamento che però contrasta con la legge. Dal secondo punto di vista, e cioè in quanto fonti del diritto, ai regolamenti si applicano le norme generali sull’interpretazione contenute nelle disposizioni preliminari al codice civile; inoltre vale per essi il principio secondo cui la loro violazione può costituire motivo di ricorso per cassazione, ma, a differenza delle fonti primarie, non possono essere oggetto di sindacato di costituzionalità innanzi alla corte costituzionale. 6. I testi unici e i codici Negli ultimi decenni la legislazione amministrativa si estesa e ramificata a mano a mano che i pubblici poteri hanno assunto nuovi compiti in campo sociale ed economico. A partire dagli anni 90 del secolo scorso e di promuovere un riordino della legislazione almeno nelle materie più rilevanti. Lo strumento di riordino più tradizionale è costituito dei testi unici che accorpano il razionalizzano in un unico corpo normativo le disposizioni legislative vigenti che disciplinano una determinata materia Si distinguono usualmente i testi unici innovativi e quelli di mera compilazione: i primi sono emanati sulla base di un’autorizzazione legislativa e stabilisce criteri di riordino, essi sono fonti del diritto in senso proprio in quanto sono a the a rinnovare il diritto oggettivo e determinano l’abrogazione delle fonti legislative precedenti; i secondi sono emanati su iniziativa autonoma del governo e hanno soltanto la funzione pratica di unificare in un unico testo le varie disposizioni vigenti. I testi unici hanno interessato varie materie: enti locali, edilizia, espropriazione per pubblica utilità, rapporto di lavoro nelle pubbliche amministrazioni, documentazione amministrativa, società a partecipazione pubblica. Negli ultimi anni si è fatto ricorso soprattutto lo strumento del codice; esso si differenzia dal testo unico per essere concepito anche per rinnovare in modo più esteso la disciplina e per essere incorporato in una fonte di rango primario. I codici hanno riordinato varie materie: contratti pubblici, Protezione civile, dati personali, Beni Culturali, ambiente, terzo settore. Il parlamento ha approvato poi una serie di disposizioni volte ad approvare le leggi più risalenti; una disposizione rubricata come taglia leggi ha infatti abrogato circa 29000 leggi approvate in epoca e lontane e che avevano esaurito loro effetti. In realtà, le operazioni di ordino della legislazione, non garantiscono la stabilità e l’organicità della disciplina, e sposa di frequente il rischio di interventi normativi successivi che introducono integrazioni in modo poco coordinato. 7. Cenni alle fonti normative regionali, degli enti locali e di altri enti pubblici La costituzione prevede tre fonti normative regionali: gli statuti, le leggi e regolamenti. Lo statuto delle regioni ordinarie determina la forma di governo i principi fondamentali di organizzazione funzionamento; lo statuto delle regioni speciali approvato con legge costituzionale, quello delle regioni ordinarie prevede un procedimento aggravato che consta di una duplice approvazione a maggioranza assoluta da parte del consiglio regionale. Le leggi regionali sono approvate dal consiglio regionale e promulgate dal presidente nelle materie attribuite dalla costituzione alla competenza concorrente e residuale delle regioni. La giurisprudenza costituzionale ha peraltro ritenuto che anche nelle materie di competenza regionale lo Stato possa legiferare; da un lato infatti alcune materie attribuite alla competenza legislativa esclusiva statale hanno natura trasversale e consentono dunque le leggi statali di Tale piano si inserisce in un sistema articolato di strumenti di pianificazione; esso è condizionato a monte dal piano territoriale di coordinamento provinciale, costituiscono invece strumenti attuativi del piano regolatore il piano particolareggiato di iniziativa pubblica per la realizzazione di interventi reali, i piani zone per l’edilizia residenziale pubblica, i piani per gli insediamenti produttivi. Il piano regolatore generale e approvato dall’esito di un procedimento aperto alla partecipazione dei privati; infatti esso viene adottato dal Comune e pubblicato per 30 giorni per consentire agli interessati di prenderne visione e di presentare osservazioni. Il piano adottato è soggetto poi all’approvazione della regione che può proporre modifiche al fine di una migliore tutela degli interessi ambientali e paesaggistici e di garantire la conformità al piano territoriale di coordinamento provinciale. È controversa la natura giuridica del piano regolatore; si discute cioè se abbia natura essenzialmente normativa, tale da condizionare soltanto l’adozione dei piani attuativi, oppure di atto amministrativo generale tale da produrre effetti giuridici immediati in capo a destinatari ben individuati. Prevale in giurisprudenza la tesi intermedia della natura mista dei piani regolatori che, da un lato dispongono in via generale d’astratta in ordine al governo ed all’utilizzazione dell’intero territorio comunale, e dall’altro contengono istruzioni di concreta definizione di singole parti del comprensorio urbano. In termini generali la disciplina legislativa dei piani regolatori e dei piani attuativi a natura principalmente procedimentale e rimette alle amministrazioni ampissimi spazi di discrezionalità; i piani producono una pluralità di effetti tra cui la disciplina del potere di cani piace la cascata, di conformazione del territorio, di conformazione del diritto di proprietà correlato in particolare alle prescrizioni che limitano le possibilità di edificazione riferite alle singole particelle immobiliari. Le ordinanze contingibili e urgenti Gli Stati devono dotarsi di strumenti per far fronte a situazioni di emergenza imprevedibili che possono mettere a rischio interessi fondamentali della comunità. Tra gli esempi più risalenti nel tempo di anzitutto il potere del prefetto nel caso di urgenza o per grave necessità pubblica di adottare i provvedimenti indispensabili per la tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza pubblica; egli può adottarli anche in caso di emergenze sanitarie o di gene pubblica in ambito locale. Un potere di ordinanza è prevista anche materia di protezione civile; infatti, nel caso in cui si verificano calamità naturali che richiedono interventi immediati con mezzi e poteri straordinari il Consiglio dei Ministri può deliberare lo stato di emergenza fissandone la durata e l’estensione territoriale disponendo anche in ordine all’esercizio del potere di ordinanza. Le leggi attributive di questo tipo di poteri si limitano di solito ad individuare l’autorità amministrativa competente ad adottarli, a descrivere termini generali del presupposto che legittima l’emanazione e specificare il fine pubblico da perseguire. L’autorità competente e dunque titolare di un’ampia discrezionalità. Le ordinanze in questione operano in definitiva una deroga al principio della tipicità degli atti amministrativi, in base al quale la norma attributiva del potere deve definire in modo sufficientemente preciso presupposti e contenuti. È controverso se entro quali limiti i poteri di ordinanza devono rispettare le leggi vigenti; la giurisprudenza ha stabilito che le ordinanze non possono essere emanate in contrasto con i principi generali dell’ordinamento giuridico e con i principi fondamentali della costituzione, inoltre devono avere un’efficacia limitata nel tempo e devono essere motivate e adeguatamente pubblicizzati. Il potere di ordinanza ha un carattere residuale, nel senso che non può essere esercitato il luogo di poteri tipici previsti dalle norme vigenti già idonei a far fronte a quel tipo di situazioni. Quanto alla qualificazione giuridica, le ordinanze hanno di regola natura normativa; esse si riferiscono infatti ad accadimenti specifici e dunque hanno carattere concreto efficacia temporalmente circoscritta. Tali ordinanze vanno distinte ad altri atti amministrativi che hanno come presupposto l’urgenza, ma il cui contenuto è qui effetti sono predefiniti in tutte per tutto dalla norma attributiva del potere (i cosiddetti atti necessitati). Le direttive e gli atti di indirizzo Affini agli atti di pianificazione, in quanto espressione della funzione di indirizzo politico amministrativo, sono le direttive amministrative.per quanto riguarda il loro contenuto, esso è limitato all’indicazione di fini e obiettivi da raggiungere, criteri di massima, mezzi per raggiungere i fini.esse dunque attribuiscono ai loro destinatari spazi di valutazione e decisione più o meno estesi. Si distinguono generalmente le direttive che si inseriscono in rapporti inter organici e le direttive che si attengono a rapporti intersoggettivi. In questo secondo ambito e se possono assumere una rilevanza regolatoria ove siano indirizzate ad una pluralità di destinatari; in tale contesto le direttive sono uno strumento attraverso il quale l’organo sopra ordinato orienta l’attività dell’organo o degli organi sotto ordinati. Laddove invece l’organo sotto ordinato è investito di una competenza autonoma, cioè non inclusa del tutto in quella dell’organo sovraordinato, e dunque il rapporto non può essere qualificato come propriamente gerarchico, la direttiva acquista contorni più tipici e connota appunto un rapporto organico, definito come rapporto di direzione. Le direttive che si inseriscono i rapporti inter soggettivi costituiscono uno strumento attraverso il quale il Ministro competente e la regione esercitare il potere di indirizzo nei confronti di enti pubblici strumentali, la cui attività deve essere resa coerente con i fini istituzionali proprio del ministero di settore o della regione. Le norme interne e le circolari Le organizzazioni complesse si dotano di regole interne volte a disciplinare il funzionamento e i raccordi tra le varie unità operative. Nel diritto pubblico, il tema delle norme interne si ricollega storicamente alla ricostruzione dell’ordinamento della pubblica amministrazione come ordinamento giuridico particolare, in qualche misura separato dall’ordinamento generale statuale. In base alla teoria della pluralità degli ordinamenti, ciò che avviene all’interno di ciascun ordinamento particolare non ha sempre una rilevanza nell’ordinamento generale. Gli ordinamenti sezionali si fondano su alcuni elementi costitutivi: la pluri soggettività, con la predeterminazione dei soggetti inseriti nell’ordinamento settoriale sulla base di ammissione; un’organizzazione interna stabile con distribuzione di ruoli di competenze; la presenza di norme interne emanati dagli organi preposti all’ordinamento speciale e resa effettiva da un sistema di sanzioni anche se interne; l’istituzione di organi giudiziari speciali. Le norme interne possono assumere variamente la forma dei regolamenti interni, distruzione o ordini di servizio, direttive generali eccetera. Il modello di ordinamenti giuridici sezionali è stato vi abbia superato in seguito all’entrata in vigore della costituzione che non ammette La rinuncia o la compressione dei diritti fondamentali. Oggi esso è limitato a pochi settori, i principali dei quali è costituito da quello dello sport, la cui normativa prevede un’organizzazione pubblicistica, che fa capo ad un ente pubblico e alle federazioni sportive, e regole speciali per la pratica sportiva da parte degli iscritti alle federazioni. Le norme interne comportamenti assunti sulla base di queste acquisiscono sempre più spesso una rilevanza nell’ordinamento generale. Inoltre l’organizzazione interna dell’amministrazione è stata fatta oggetto di interventi legislativi che hanno via via superato la separatezza l’impermeabilità dell’ordinamento amministrativo rispetto a quella generale. La distinzione tra norme interne e norme esterne si è venuta così attenuando; in primis per il fatto che gli obblighi di pubblicazione vengono estesi anche alle norme interne rendono quindi conoscibili dall’enorme aldilà della cerchia, talora ristretta, dei titolari e degli addetti agli uffici interni hanno un apparato amministrativo e contribuiscono a far assumere a queste ultime una rilevanza appunto esterna. Una specie particolare di norme interne è costituita dalla prassi amministrativa, cioè dalla condotta uniforme assunta nel tempo dagli uffici in relazione alle valutazioni compiute e alle decisioni prese in casi analoghi. Il principio di coerenza che presiede all’esercizio dell’attività degli uffici farsi che i precedenti acquistino in un certo senso una forza normativa.essa non va comunque confusa con la consuetudine, che diventa avere propria fonte del diritto allorché si forma un convincimento generalizzato della sua obbligatorietà. Secondo alcune ricostruzioni le prassi potrebbe anche essere promossa da un atto dell’amministrazione che preannuncia quale sarà il comportamento assunto dagli uffici, creando così un legittimo affidamento nei confronti dei soggetti esterni all’amministrazione. Il mezzo principale di comunicazione delle norme interne è costituito dalle circolari; essi sono uno strumento di orientamento e di guida degli uffici e, secondo una definizione ormai classica, sono atti di un’autorità superiore e stabiliscono in via generale ed astratta regole di condotta di autorità inferiori nel disbrigo degli affari d’ufficio. Nella prassi sono emersi almeno tre tipi di circolari: interpretative, normative, informative. Le prime mirano a rendere omogenee l’applicazione di nuove normative da parte delle pubbliche amministrazioni; queste circolari hanno un maggior grado di vincolatività Allorché vengono emanate nell’ambito di apparati strutturati in modo gerarchico, al di fuori di questo ambito si ritiene generalmente che la circolare interpretativa valga soltanto come un’opinione più o meno autorevole che però non è giuridicamente vincolante. Le circolari normative hanno la funzione di orientare l’esercizio del potere discrezionale degli organi titolari di poteri amministrativi; e se dunque non hanno per oggetto l’interpretazione delle norme da applicare, bensì gli spazi di valutazione discrezionale rimessi dalla legge all’autorità amministrativa. Le circolari informative sono emanate per diffondere all’interno dell’organizzazione notizie, informazioni e messaggi di varia natura. In questo senso possono essere assimilate a bollettini e news letter specializzate e la diffusione limitata previste in molti contesti anche privati. 10. La better regulation e altri modelli di regolazione Negli ultimi anni molti Stati si sono dotati di strumenti che promuovono la qualità della regolazione e perseguono una pluralità di obiettivi: contenere lì per regolazione; ridurre gli oneri che gravano sulle stesse pubblica amministrazione sui privati per adeguarsi alle nuove normative; evitare con eccessiva quantità di regole comprometta la competitività del sistema economico; differenziare le regole preferendo adempimenti semplificati per le piccole e medie imprese. Uno degli strumenti previsti e la cosiddetta analisi di impatto della regolazione introdotta nel nostro ordinamento alla fine degli anni 90; l’analisi di impatto della regolazione obbliga le pubbliche amministrazioni ad individuare tutte le soluzioni astrattamente possibili valutando i costi benefici di ciascuna di esse e a esplicitarle in un documento che corredo la proposta di atto normativo. Una volta approvati, le norme devono essere sottoposte anche a una verifica ex post che accerti in particolare i loro costi, le eventuali difficoltà applicative i risultati effettivamente conseguiti rispetto alle attese; a questo fine interviene la cosiddetta verifica dell’impatto della regolamentazione che consiste in una valutazione può sfociare nella proposta di perfezionare, modificare o abrogare le norme emanate. Si tratta però di strumenti ancora in fase di sperimentazione che sono alcune autorità di regolazione hanno applicato in modo puntuale. Sempre in epoca recente sono stati sperimentati in vari paesi modelli di regolazione innovativi. Per quanto riguarda il paternalismo liberatorio, lo Stato, anziché obbligare i soggetti privati a tenere determinati comportamenti, individua l’opzione che ritiene preferibile per tutelare i reali interessi degli stessi soggetti privati, senza però eliminare la loro libertà di scelta. Proposta dei pubblici poteri si applica per così dire di default, cioè in mancanza di una diversa manifestazione di volontà esplicita del soggetto interessato. Un altro modello innovativo è quello della regolazione è gestita da regolatore pubblico e da soggetti privati; esso super almeno in parte la contrapposizione fra etero regolazione pubblica e autoregolazione privata: la prima include le fonti normative e gli altri atti di regolazione attribuita la competenza di soggetti pubblici e che pongono una disciplina autoritativa è un laterale di comportamenti privati, la seconda si riferisce alle manifestazioni dell’autonomia negoziale volta pure una rielaborazione di attività private su basi consensuali. Come misura minimale di temperamento dell’unilateralità del potere di decorazione, leggi recente hanno reso obbligatorio per i poteri normativi Sab legislative attribuite all’autorità amministrative indipendenti forme di partecipazione al procedimento di soggetti interessati.a questi ultimi attribuito il diritto di presentare osservazioni sugli schemi di atti normativi predisposti e successivamente approvati dall’autorità. Alcuni modelli di regolazione a te non la distinzione tra provvedimenti di tipo individuale atti normativi; nel settore delle comunicazioni elettroniche ad esempio, la normativa europea impone solo in pochi casi a chi voglio offrire sul mercato i servizi questione di richiedere un’autorizzazione individuale preventiva.anche i procedimenti di tipo sanzionatorio si aprono in alcuni casi a una dimensione regolatoria; così, l’autorità garante della concorrenza del mercato e altre autorità di L’esercizio del potere amministrativo avviene secondo il modulo del procedimento, cioè attraverso una sequenza di operazioni e di atti strumentali all’emanazione di un provvedimento produttivo degli effetti giuridici tipici dei rapporti esterni. Tuttavia tale legge non fornisce una definizione di procedimento; esso costituisce la modalità ordinarie di esercizio di tutte le funzioni pubbliche corrispondenti ai tre poteri dello Stato, in considerazione delle esigenze di accentuare la trasparenza e di garantire meglio la tutela dei soggetti interessati di fronte ad atti che sono espressione di diretta autorità dello Stato. 3. Il rapporto giuridico amministrativo La nozione di rapporto giuridico amministrativo è quella di un rapporto che intercorre tra il pubblico amministrazioni che esercita un potere il soggetto privato titolare di un interesse legittimo. In una concezione moderna, più conforme all’ideale dello stato di diritto che tiene conto dell’acquisita natura sostanziale dell’interesse legittimo, potere amministrativo interesse legittimo possono essere costruiti con i termini dialettici di una relazione giuridica bilaterale. Occorre definire ora con più precisione i caratteri della relazione tra potere amministrativo e interessi legittimo. I rapporti giuridici inter privati vengono ricostruiti partendo dalla coppia diritto soggettivo-obbligo; Alla titolarità del diritto soggettivo corrisponde a seconda dei casi un dovere generico e negativo di astensione o un vero e proprio obbligo giuridico a cui corrisponde dal lato del soggetto attivo una pretesa. Il diritto privato conosce altri tipi di situazioni giuridiche che ci avvicinano alla dinamica del rapporto amministrativo, caratterizzato invece dalla sussistenza di una relazione non paritaria tra la pubblica amministrazione che esercita il potere il titolare dell’interesse legittimo. Per un verso viene individuato la situazione giuridica soggettiva attiva, la potestà, che è attribuita al singolo soggetto per il soddisfacimento di un interesse altrui.si tratta quindi di un potere- dovere, nel senso che il soggetto è tenuto a esercitarla secondo i criteri non già di pieno, bensì di prudente arbitrio. Peraltro verso, una particolare categoria di diritti soggettivi è costituita dal diritto potest attivo, che consiste nel potere attribuito ad un soggetto riprodurre nella sfera giuridica altrui un effetto giuridico con una propria manifestazione unilaterale di volontà.ciò sul presupposto di una prevalenza attribuita dalla norma all’interesse del titolare del potere rispetto a quello del soggetto che subisce una modificazione nella propria sfera giuridica. Il diritto potestativo rappresenta un particolare tecnica o modalità di produzione degli effetti giuridici nei rapporti inter soggettivi che vale anche per il potere amministrativo. La produzione degli effetti giuridici segue usualmente lo schema norma-fatto-effetto giuridico; Questo schema è tipico delle relazioni ricostruibili in termini di diritto soggettivo-obbligo. Il diritto conosce anche un’altra tecnica di produzione degli effetti che segue lo schema norma- fatto-potere-effetto giuridico. Questa sequenza si differenzia da quella precedente poiché viene meno l’automatismo nella produzione dell’effetto giuridico; infatti tra il verificarsi di un fatto concreto e la possibilità di produzione di un effetto giuridico Si interpone un elemento aggiuntivo, cioè il potere, il titolare di quest’ultimo è pienamente libero di decidere se provocare con la propria manifestazione di volontà l’effetto giuridico tipizzato dalla norma (schema tipico del diritto potestativo). La dottrina individua due tipologie di diritti potestativi: I diritti potestativi stragiudiziali E quelli a necessario esercizio giudiziale. Nel primo caso la produzione dell’effetto giuridico discende in modo diretto dalla manifestazione di volontà del titolare del potere, si tratta dunque di un potere unilaterale e autosufficiente. Nel secondo caso il prodursi dell’effetto giuridico presuppone un previo accertamento giudiziale che verifichi la sussistenza nella fattispecie concreta degli elementi previsti in astratto a livello di fattispecie normativa. Anche per i diritti potestà TV del primo tipo è prevista una fase di verifica giurisdizionale che presenta due caratteristiche: è posticipata rispetto alla produzione dell’effetto giuridico; l’iniziativa processuale spetta a colui nella cui sfera giuridica si è prodotto l’effetto giuridico.questa seconda peculiarità determina un’inversione tra posizione sostanziale e posizione processuale delle parti: il soggetto passivo nel rapporto sostanziale diventa parte attiva nel rapporto processuale ed è dunque gravato dall’onere di contestare il prodursi dell’effetto giuridico che altrimenti si consolida. La seconda tipologia tutela meglio gli interessi di colui che subisce in modo passivo il prodursi nella propria sfera giuridica dell’atto tipico, però come controindicazione la perdita di immediatezza nella produzione dell’effetto giuridico dovuta al tempo necessario per lo svolgimento del processo. Il potere amministrativo può essere ricondotta lo schema del diritto potestativo stragiudiziale. Questo schema trova giustificazione nell’esigenza, ritenuto prevalente, di garantire la realizzazione immediata dell’interesse pubblico la cui cura è affidata all’amministrazione. Sussistono tuttavia alcune specificità del potere amministrativo rispetto allo schema già scritto in precedenza: nei rapporti inter privati tale diritto trovo usualmente un fondamento consensuale di diritto pattizio e, inoltre, la fattispecie normativa che disciplina il diritto potest attivo determina in modo rigido l’effetto giuridico che può essere prodotto attraverso la dichiarazione di volontà del titolare; nel potere amministrativo tale diritto trova fondamento diretto nella legge, cioè nella norma di conferimento del potere, inoltre il potere conferito dalla legge alla pubblica amministrazione non è sempre integralmente vincolato, anzi, di regola, all’amministrazione sono attribuiti margini più o meno ampi di apprezzamento e valutazione discrezionale che possono determinare una modulazione del contenuto degli effetti del provvedimento emanato. 4. La norma attributiva del potere Secondo una classificazione tradizionale, le norme che si riferiscono la pubblica amministrazione sono di due tipi: norme di azione e norme di relazione. Le prime disciplinano il potere amministrativo nell’interesse esclusivo della pubblica amministrazione, e hanno come scopo assicurare che l’emanazione degli atti sia conforme a parametri per determinati (seguono lo schema norma-fatto-potere-effetto). Le norme di relazione sono volte a regolare i rapporti intercorrenti tra l’amministrazione e soggetti privati definendo direttamente l’assetto degli interessi e dirimendo i conflitti insorgenti tra cittadino e pubblica amministrazione (seguono lo schema norma-fatto-effetto). Tuttavia una siffatta ricostruzione appare ormai datata; appare dunque preferibile utilizzare la formula più generica di norma attributiva del potere. In attuazione del principio di legalità la norma attributiva del potere individua gli elementi caratterizzanti il particolare potere attribuito ad un apparato pubblico. Tali elementi caratterizzanti sono i seguenti: - Soggetto competente: ogni potere amministrativo deve essere attribuito in modo specifico dalla norma alla titolarità di uno e un solo soggetto e a uno e un solo organo. - Fine pubblico: esso è correlato a quello che viene definito come l’interesse pubblico primario affidato alla cura dell’apparato amministrativo titolare del potere, esso costituisce un elemento che è specifico in modo espresso dalla norma di conferimento del potere o che può essere ricavato implicitamente dalla legge che disciplina la particolare materia. - Presupposti e requisiti sostanziali: in presenza dei quali il potere sorge e può essere esercitato, la loro sussistenza in concreto è una delle condizioni per l’esercizio legittimo del potere. L’espressione presupposti e requisiti di legge è riferita alle autorizzazioni cosiddette vincolate che sono sostituite dalla cosiddetta segnalazione certificata di inizio di attività, cioè da una semplice comunicazione effettuata dal privato all’amministrazione. Si prevede poi che il responsabile del procedimento valuti a fini istruttori le condizioni di ammissibilità, i requisiti di legittimazione e i presupposti che siano rilevanti per l’emanazione del provvedimento. A proposito dei presupposti e dei requisiti sostanziali, la questione più delicata è costituita dal grado di analiticità; infatti a seconda delle espressioni linguistiche utilizzate, il potere può risultare più o meno ampiamente vincolato o più o meno ampiamente discrezionale. All’estremo di questa valutazione si collocano i poteri integralmente vincolati; in relazione a questi l’amministrazione non ha altro compito se non quello di verificare se nella fattispecie concreta siano rinvenibili tutti gli elementi indicati in modo univoco ed esaustivo della norma attributiva e, nel caso positivo, di emanare il provvedimento che produce gli effetti anche se rigidamente predeterminate dalla norma. Al secondo estremo si pongono i poteri sostanzialmente in bianco, che rimettono al soggetto i salari del potere spazi molto ampi di apprezzamento; La discrezionalità emerge allorché la norma autorizza ma non obbliga l’amministrazione ad emanare un certo provvedimento. In generale gli spazi di valutazione dei fatti costitutivi del potere sono tanto più ampi quanto più la norma fa ricorso ai cosiddetti concetti giuridici indeterminati; la norma definisce cioè i presupposti e requisiti confermo linguistiche tali da non consentire di accertare in modo univoco il loro verificarsi in concreto. I concetti giuridici indeterminati possono essere di due categorie: i concetti empirici o descrittivi, che si riferiscono al modo di essere di una situazione di fatto, e i concetti normativi o di valore, che contengono un elemento di soggettività. In generale si ritiene che i concetti giuridici indeterminati presentino un nocciolo di certezza, che include i casi che rientrano o meno nel parametro normativo, è un alone di incertezza, con riferimento alle situazioni limite nelle quali la sussunzione del caso concreto nel parametro normativo è incerta e opinabile. La difficoltà in questi casi sta nell’individuare con precisione dove tali limiti vadano tracciati e quando dunque si trapassa dal giudizio certo a quello problematico e opinabile. Sorge così il problema di chi abbia il diritto di ultima decisione, e cioè fino a che punto le valutazioni compiute dall’amministrazione in sede di interpretazione e applicazione dei concetti giuridici indeterminati possono essere sindacate dal giudice. La tecnica normativa dei concetti giuridici indeterminati comporta una caduta del valore della legalità sostanziale; invero in un mondo ideale i poteri amministrativi dovrebbero essere integralmente vincolati, tuttavia un siffatto ideale è irraggiungibile perché presuppone l’onniscienza del legislatore e la sua capacità di intervenire in modo tempestivo ad aggiornare le norme vigenti. Egli è dunque in qualche misura costretto a delegare ad apparati pubblici abiti più o meno ampi di valutazione di fatti ed interessi di composizione dei conflitti fra questi ultimi. - Requisiti formali degli atti: si fa riferimento quindi alle modalità di esercizio del potere tramite l’individuazione della sequenza degli atti e degli adempimenti necessari per l’emanazione del provvedimento finale che danno origine al procedimento amministrativo. - Elemento temporale: in primo luogo la norma di conferimento del potere può individuare un termine per l’avvio del procedimento d’ufficio; in secondo luogo deve specificare il termine massimo entro il quale, una volta avviato il procedimento, l’amministrazione deve emanare il provvedimento conclusivo; in terzo luogo le leggi amministrative scandiscono talora anche i tempi per l’adozione degli atti endoprocedimentali, tuttavia gran parte dei termini in questione ha natura ordinatorio, poiché la loro violazione non inficia la legittimità degli atti vivamente, ma può giustificare altre misure come una sanzione disciplinare. - Effetti giuridici: la norma attributiva del potere individua in termini astratti gli effetti giuridici e la tua amministrativo per produrre una volta emanato all’esito del procedimento; più in generale, i provvedimenti in quanto manifestazione del potere hanno l’attitudine a produrre effetti costitutivi, cioè possono costituire, modificare o estinguere situazioni giuridiche di cui sono titolari i destinatari dei provvedimenti. 5. Il potere discrezionale Amministrativo la discrezionalità connotare esistenza stessa dell’amministrazione, cioè della cura in concreto degli interessi pubblici. Tale attività presuppone l’apparato titolari del potere abbia la possibilità di scegliere la soluzione migliore nel caso concreto. Emerge qui una tensione con il principio di legalità inteso in senso sostanziale, che nella sua accezione più estrema potrebbe ad attribuire all’amministrazione soltanto poteri vincolanti; ciò tuttavia oltre ad essere impossibile sarebbe inopportuno in quanto le situazioni concrete nelle quali l’amministrazione deve intervenire ad 1° ineliminabile di contingenza e di imprevedibilità tali da richiedere nel decisori e un qualche spazio di adattabilità nella misura da disporre. Inoltre si finirebbe per negare in radice la stessa ragion d’essere della pubblica amministrazione in quanto appunto esperta nella cura dell’interesse pubblico. Infine, se il potere è vincolato, la stessa funzione dell’atto amministrativo cambia; allorché nella vita economica e sociale si verifica un accadimento che integra gli estremi della norma di conferimento del potere vincolato, l’effetto giuridico sorge automaticamente, cioè senza l’intermediazione necessaria di un atto amministrativo. In questo caso l’atto amministrativo avrebbe dunque natura meramente dichiarativa e non costitutiva. Se dunque, per le ragioni discrezionali, sorge a questo punto il problema teorico e pratico di come conciliare due esigenze: attribuire all’amministrazione quel tanto di discrezionalità che consente la flessibilità necessaria per gestire i problemi della collettività; evitare che la discrezionalità si traduca in arbitrio. L’amministratore azione titolare di un potere a un ambito di libertà più ristretto, in quanto la scelta tra una pluralità di soluzioni deve avvenire non solo nel rispetto dei limiti esterni posti dalla norma - Diritto alla legittimità degli atti: Si fa riferimento a un diritto soggettivo avente per oggetto esclusivamente la pretesa formale a che l’azione amministrativa sia conforme alle norme che regolano il potere esercitato. - Diritto affievolito: consiste nella cosiddetta teoria della degradazione o dell’affievolimento del diritto soggettivo; essa considera l’interesse legittimo come un diritto affievolito, cioè come la risultante dell’atto di esercizio del potere amministrativo che incide sul diritto soggettivo. Il provvedimento autorizzativo, ancorché illegittimo, è idoneo a intaccare il diritto soggettivo trasformandolo in interesse legittimo. La categoria dei diritti soggettivi affievoliti fa coppia con quella simmetrica dei cosiddetti diritti soggettivi in attesa di espansione; si tratta di diritti il cui esercizio è però condizionato all’esercizio di un potere dell’amministrazione, nei confronti del quale il titolare del diritto vanta un interesse legittimo. Gli effetti pratici di questo tipo di impostazione furono quelli di restringere l’area del diritto soggettivo relegando così ad un ruolo marginale il giudice ordinario. - Interesse occasionalmente protetto: le ricostruzioni tradizionali sottolineano il fatto che l’interesse privato è posto in una situazione subalterna e ancillare rispetto all’interesse pubblico. Questa impostazione è sottesa a un’altra fortunata definizione dell’interesse legittimo come interesse occasionalmente protetto da una norma volta a tutelare in modo diretto e immediato l’interesse pubblico. Secondo questa visione norme che disciplinano i poteri hanno come scopo primario la tutela dell’interesse pubblico e il soggetto privato può trovare in essi una qualche protezione solo in via riflessa e in diretta. L’interesse legittimo fonda, dunque, in capo al suo titolare soltanto la pretesa a che l’amministrazione esercita il potere in modo legittimo, cioè in conformità con la norma d’azione. Il titolare dell’interesse legittimo può cercare di influenzare l’esercizio del potere in senso assai più favorevole attraverso la partecipazione al procedimento, fornendo elementi che possono orientare in tal senso la valutazione discrezionale. La norma attributiva del potere offre in definitiva al titolare dell’interesse legittimo una tutela strumentale, mediata attraverso l’esercizio del potere, anzichè finale, come accade invece per il diritto soggettivo. Ove il potere sia stato esercitato in modo non conforme alla norma attributiva del potere, il titolare dell’interesse legittimo può proporre ricorso al giudice amministrativo al fine di ottenere l’annullamento del provvedimento lesivo. L’impianto delineato fino a ora è entrato in crisi in seguito all’emergere di una nuova sensibilità, più in linea con i valori espressi dalla costituzione, dall’ordinamento europeo e dalla legge 241 1990. Per il superamento della concezione tradizionale dell’interesse legittimo è stata determinante l’apertura alla risarcibilità del danno da lesione di interesse legittimo, operata con la sentenza delle sezioni unite della cassazione 500 1999. La corte ha posto una linea di confine della risarcibilità tutto all’interno dell’interesse legittimo in ragione della rilevabilità, nella situazione concreta, di una lesione a un bene della vita già ascrivibile in qualche modo alla sfera giuridica del soggetto privato e titolare dell’interesse legittimo. Nella ricostruzione dell’interesse legittimo il baricentro si sposta così dal collegamento con l’interesse pubblico a quello con l’utilità finale o bene della vita che il soggetto titolare dell’interesse legittimo mira a conservare o ad acquisire. L’interesse legittimo ha dunque una connotazione sostanziale; La corte di cassazione ha sottolineato che l’interesse legittimo va perdendo la sua tradizionale funzione meramente ancillare rispetto all’interesse pubblico, per assumere un più marcato con lo Stato sostanziale, quelli in temente con l’evoluzione della stessa nozione di interesse pubblico. All’esito dell’evoluzione ora tratteggiata si può dunque affermare che la norma di conferimento del potere abbia il duplice scopo di tutelare l’interesse pubblico e di tutela l’interesse privato. L’interesse pubblico non assolve dunque quello privato, né quest’ultimo il primo. In questo ambito i vincoli posti dalla norma attributiva del potere hanno una doppia funzione: per un verso fungono da guida e vincolo per l’amministrazione nella realizzazione dell’interesse pubblico; per altro verso hanno una funzione di garanzia della situazione giuridica soggettiva del privato. Nella dinamica del rapporto giuridico amministrativo l’amministrazione titolare del potere cure in via primaria l’interesse pubblico; dall’altro il titolare dell’interesse legittimo interesse individuale, libertà di scegliere le forme di tutela da attivare il processo e prima ancora nell’ambito del procedimento amministrativo. Volendo proporre una definizione sintetica, l’interesse legittimo è una situazione giuridica soggettiva, correlata al potere della pubblica amministrazione tutelata in modo diretto dalla norma di conferimento del potere, che attribuisce al suo titolare una serie di poteri e facoltà volti ad influire sull’esercizio del potere medesimo lo scopo di conservare o acquisire un bene della vita. I poteri e le facoltà in questione si esplicano principalmente all’interno del procedimento attraverso l’istituto della partecipazione; inoltre si infatti poteri e facoltà tendono a riequilibrare in parte la posizione di soggezione nei confronti del titolare del potere (l’interesse legittimo acquista così una dimensione attiva). A questa dimensione corrispondono in capo all’amministrazione una serie di doveri comportamentali nella fase procedimentale e nella fase decisionale che sono finalizzati anche alla tutela dell’interesse del soggetto privato. In ogni caso il titolare dell’interesse legittimo fa valere nei confronti dell’amministrazione una pretesa che il potere sia esercitato in modo legittimo in senso conforme all’interesse sostanziale del privato la conservazione all’acquisizione di un bene della vita. Sulla base di tali considerazioni emerse nella dottrina più recente una visione che dissolve l’interesse legittimo nella figura più generale del diritto soggettivo; infatti il diritto soggettivo include anche una serie di figure di diritti diversi da quelli più tipi correlate in modo diretto immediato ad un bene della vita.il titolare di questo genere di diritti fa valere nei confronti dell’obbligato una pretesa a un comportamento conforme a certi standard, che si sostanziano anche in quelli che la dottrina civilistica definisce doveri di protezione. Questa categoria di diritti è strutturalmente analoga all’interesse legittimo, il quale potrebbe essere ricondotto ad una figura particolare di diritto avente per oggetto una prestazione- comportamento da parte dell’amministrazione a favore del soggetto privato. In definitiva l’interesse legittimo presenta sia una dimensione passiva, ossia la soggezione rispetto al potere esercitato, sia una dimensione attiva, ossia una pretesa ad un esercizio corretto del potere al quale corrispondono una serie di poteri e facoltà nei confronti dell’amministrazione da far valere nel procedimento o anche in sede giurisdizionale. A questa duplice dimensione corrisponde un’analoga duplice dimensione del potere: attiva, se riferita la produzione unilaterale dell’effetto giuridico; passiva, se correlata ai doveri di comportamento che gravano sull’amministrazione. 7. Gli interessi legittimi oppositivi e pretensivi Sotto il profilo funzionale di interessi legittimi possono essere suddivisi in due categorie: interessi legittimi oppositivi e pretensivi. I primi sono correlati a poteri amministrativi con esercizio determina la produzione di un effetto giuridico che incide negativamente e che restringe la sfera giuridica del destinatario, sacrificando l’interesse di quest’ultimo; i secondi al contrario sono correlati a poteri amministrativi il cui esercizio determina la produzione di un effetto giuridico che incide positivamente e che amplia la sfera giuridica del destinatario. Degli interessi legittimi oppositivi il rapporto giuridico amministrativo a una dinamica di contrapposizione, nel senso che sono titolari cercherà di intraprendere tutte le iniziative volte a contrastare l’esercizio del potere che sacrifica un bene della vita. Il suo interesse ad evitare che si determini una compressione della propria sfera giuridica è soddisfatto nel caso in cui l’amministrazione si astenga dal emanare il provvedimento che produce l’effetto negativo.non rileva, dal punto di vista del soggetto privato, se l’ho messa emanazione del provvedimento sia legittimo o illegittima. Negli interessi legittimi pretensivi Il rapporto giuridico amministrativo ha una dinamica più collaborativa, nel senso che il titolare dell’interesse legittimo cercherà di porre in essere tutte le attività volte a stimolare l’esercizio del potere e ad orientare la scelta dell’amministrazione in modo tale da poter conseguire il bene della vita.anche in questo caso non rileva se l’emanazione del provvedimento sia legittimo o illegittima. I due tipi di dinamica si riflettono sia sulla struttura del procedimento, sia su quella del processo amministrativo. Nel caso degli interessi legittimi oppositivi il procedimento si apre usualmente in ufficio e la comunicazione di avvio del procedimento instaura il rapporto giuridico amministrativo. Nell’altro caso il procedimento si apre in seguito alla presentazione di un’istanza o domanda di parte che fa sorgere l’obbligo di procedere e di provvedere in capo all’amministrazione titolare del potere e che sta aura il rapporto giuridico amministrativo. Anche il processo amministrativo e la tipologia di azioni in esso esperibili presentano caratteri propri in funzione del diverso bisogno di tutela. Nel caso degli interessi legittimi o positivi il bisogno di sera è legato all’interesse alla conservazione del bene della vita; l’annullamento dell’atto impugnato con efficacia ex Tune che soddisfa in modo specifico tale bisogno. Nel caso degli interessi legittimi pretensioni il bisogno di tutela è legato invece all’interesse all’acquisizione del bene della vita; rispetto a tale bisogno l’annullamento del provvedimento si rivela insufficiente. Infatti esso non determina in via immediata l’acquisizione del bene della vita in capo al titolare dell’interesse legittimo che richiede invece l’adozione da parte dell’amministrazione del provvedimento. L’azione che consente un siffatto risultato è la cosiddetta azione di adempimento, cioè l’azione di condanna ad un facile specifico a messa da molti decenni dall’ordinamento processuale tedesco e ora prevista dal codice del processo amministrativo. Anche la tutela risarcitoria si atteggia diversamente con riferimento agli interessi legittimi o positivi e agli interessi legittimi pretensioni. Con riferimento ai primi e se riguarda i danni derivanti dalla privazione limitazione nel godimento del bene della vita nel caso in cui il provvedimento illegittimo abbia trovato esecuzione; con riferimento ai secondi la tutela risarcitoria riguarda i danni conseguenti alla mancata o ritardata acquisizione del bene della vita nel caso in cui sia stato emanato un provvedimento di diniego o l’amministrazione sia rimasta inerte. La distinzione tra due tipi di interessi legittimi consente di inquadrare i cosiddetti provvedimenti a doppio effetto, che producono cioè ad un tempo un effetto ampliativo e un effetto restrittivo nella sfera giuridica di due soggetti distinti che danno origine ad un rapporto giuridico trilaterale. In questi casi la dinamica dei rapporti tra l’amministrazione e soggetti privati titolari di un interesse legittimo pretensivo diventa più articolata: nella fase procedimentale le parti private tenderanno infatti a sottoporre all’amministrazione gli elementi istruttorie valutativi che indicano quest’ultima provvedere in senso conforme al proprio interesse; e la fase processuale successiva all’emanazione del provvedimento che determina contestualmente un effetto ampliative confronti di un soggetto è uno restrittivo nei confronti di un altro, invece, accanto alla parte ricorrente impugna il provvedimento interviene come parte processuale necessaria il contro interessato. 8. I criteri di distinzione tra diritti soggettivi e interessi legittimi La distinzione tra diritti soggettivi e interessi legittimi ha affaticato da sempre gli interpreti; le sezioni unite della corte di cassazione hanno individuato alcuni criteri interpretativi per tale distinzione: - Un primo criterio si incentra sulla struttura della norma attributiva del potere. Ricorre ancora alla distinzione tradizionale tra norma di relazione e norma di azione: la prima volta a regolare il rapporto giuridico tra pubblica amministrazione e cittadino delimitando le rispettive sfere giuridiche e alla quale è correlato il diritto soggettivo; la seconda volta a disciplinare l’attività dell’amministrazione ai fini di tutela dell’interesse pubblico e alla quale è correlato l’interesse legittimo. Nella prima la produzione dell’effetto giuridico avviene in modo automatico sulla base dello schema norma-fatto-effetto e il core portamento assunto in violazione della norma di relazione va qualificato come illecito e lesivo del diritto soggettivo e, per questo motivo, l’accertamento dell’illiceità spetta al giudice ordinario.nella norma di azione la produzione dell’effetto giuridico avviene secondo lo schema norma-fatto-potere-effetto. Il provvedimento emanato dall’amministrazione ha un carattere costitutivo dell’effetto giuridico nella sfera giuridica del destinatario e il provvedimento assunto in violazione della norma di azione va qualificato come illegittimo e lesivo di un interesse legittimo e, per questo motivo, l’annullamento del provvedimento illegittimo spetta di regola al giudice amministrativo. La distinzione tuttavia non regge una volta che anche alla norma di azione si attribuisce una valenza relazionale, cioè di disciplina del rapporto giuridico amministrativo. - Un secondo criterio consiste nella distinzione tra potere vincolato i poteri discrezionale. In presenza di un potere discrezionale la situazione giuridica di cui è titolare il soggetto privato Gli interessi diffusi sono stati definiti variamente come interessi non personalizzati, senza struttura, riferibili in modo indistinto alla generalità della collettività o a categorie più o meno ampi di soggetti. Il carattere diffuso dell’interesse deriva dalla caratteristica del bene materiale o immateriale ad esso correlato che non è suscettibile di appropriazione e di godimento esclusivo. Gli interessi diffusi costituiscono la categoria dei confini incerti; essi infatti supera la dimensione individuale in quanto sono riferibili agli individui non in sé, ma in relazione al loro status di consumatore, e finiscono dunque per sovrapporsi almeno in parte alla nozione di interesse pubblico. L’ordinamento giuridico iniziato a prendere in considerazione gli interessi diffusi attribuendo a questi una certa rilevanza sia in sede procedimentale, sia in sede processuale. Quanto al primo ambito la legge attribuisce la facoltà di intervenire nel procedimento a qualsiasi soggetto portatore di interessi pubblici o privati nonché ai portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati. Il diritto di partecipazione consente dunque di immettere nel procedimento interessi riferibili alla collettività che non coincidono necessariamente con quello curato in via istituzionali e dall’amministrazione titolare del potere. Più complessa è la questione della tutela giurisdizionale degli interessi diffusi. I principali criteri elaborati per aprire la strada alla tutela giurisdizionale sono essenzialmente tre: - Collegamento con la partecipazione procedimentale: questa strada è stata proposta in dottrina, ma non ho trovato riscontro positivo nella giurisprudenza.è infatti il diritto di partecipazione al procedimento legittimazione processuale hanno funzioni diverse; la partecipazione al procedimento assolve non soltanto la funzione di tutela preventiva degli interessi dei soggetti suscettibili di essere incisi dal provvedimento, ma anche a quella di fornire all’amministrazione una gamma più ampia di informazioni utili per esercitare meglio il potere. Essa ha dunque un ambito naturale più ampio della legittimazione processuale. - Interesse collettivo: un’altra via è stata quella di ampliare le maglie dell’interesse legittimo fino a includervi alcune situazioni nelle quali il ricorrente agisce in giudizio per tutelare in realtà un interesse super individuale. In proposito la distinzione tra interessi propriamente diffusi e interessi collettivi, cioè interessi riferibili a specifiche categorie o gruppi organizzati.questi organismi rappresentativi del gruppo è riconosciuta in giurisprudenza una legittimazione processuale autonoma, collegata a una situazione di interesse legittimo, allo scopo di tutelare gli interessi non già dei singoli appartenenti della categoria. - Legittimazione ex lege: In settori particolari legislatore attribuito a determinati soggetti istituiti per la cura di interessi diffusi una legittimazione speciale a ricorrere. Tali previsioni legislative lo trasformano gli interessi diffusi in situazioni giuridiche soggettive l’interesse legittimo o di diritto soggettivo in senso proprio, ma hanno una rilevanza prettamente processuale. Occorre da ultimo dedicare un cielo generi o isomorfi. Essi vanno distinti dagli interessi diffusi e collettivi in quanto mantengono i caratteri di situazioni giuridiche soggettive individuali, il fatto di essere comuni ad una pluralità di soggetti. In questi casi l’interesse leso resta un interesse individuale elemento di omogeneità e comunanza consiste nel fatto che la lesione deriva da un’attività illecita o illegittima pluri offensiva. Ciascuno dei soggetti potrebbe dunque agire in giudizio autonomamente. Per questi interessi addizionale semplificate, meno formalizzati e costosi, innanzi ad organismi di mediazione o conciliazioni, oppure innanzi all’autorità amministrative di regolazione. Di recente il legislatore ha introdotto perissi rimedi processuali particolari ribattezzati azioni di classe ispirandosi a modelli invalsi soprattutto negli Stati Uniti. 11. I principi generali A tal proposito va innanzitutto distinti, da un lato, i principi che presiedono alla distribuzione delle funzioni tra i vari livelli di governo che sono rivolti al legislatore; dall’altro principi che hanno come destinatari diretti le amministrazioni. Caratteristica di alcuni di questi ultimi principi e la loro interdipendenza e circolarità, e si infatti operano in modo sinergico con un effetto di rafforzamento reciproco. I principi generali si ricavano da più fonti: la costituzione, che per esempio all’Art 97 enuncia in particolare il principio di imparzialità e di buon andamento della pubblica amministrazione; la carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea che all’Art 41 disciplina diritto ad una buona amministrazione; i trattati europei dei quali si ricavano i principi di sussidiarietà, di proporzionalità, di precauzione; la legge 241 1990 che poi nei principi generali del procedimento e del provvedimento. I principi sulle funzioni Il principio fondamentale che presiede all’allocazione delle funzioni e i principi di sussidiarietà; in particolare l’Art.5 TUE comunque il principio di sussidiarietà verticale con riguardo ai rapporti tra Stati membri e istituzioni dell’unione al fine di contenere le spinte all’accentramento di funzioni in capo questi ultimi; tale articolo menziona anche il principio di proporzionalità in base al quale il contenuto e la forma dell’azione dell’unione non devono eccedere quanto necessario per il conseguimento degli obiettivi dei trattati. L’Art.118 Cost. Prevede che la generalità delle funzioni sia attribuita a livello di governo più vicino al cittadino e cioè al Comune; solo le funzioni delle quali è necessario assicurare l’esercizio unitario che supera la dimensione territoriale dei comuni possono essere attribuite ai livelli di governo via via più elevati. Oltre a richiamare il principio di sussidiarietà la legge 59 1997 definisce il principio di adeguatezza, che attiene all’idoneità organizzativa dell’amministratore ricevente, e il principio di differenziazione, che mira a tener conto delle diverse caratteristiche, anche associative, demografiche, territoriali e strutturali degli enti riceventi. Questi due principi mirano in particolare a salvaguardare le specificità di oltre 8000 comuni e sono volti anche a sollecitare l’attivazione di forme di collaborazione tra enti territoriali. Tale legge menziona altresì i principi di efficienza e di economicità, di responsabilità e unicità dell’amministrazione, di omogeneità, di copertura finanziaria e patrimoniale. La costituzione richiama anche la cosiddetta sussidiarietà orizzontale, che serve invece a definire i rapporti tra poteri pubblici e società civile; essa stabilisce infatti che lo Stato e gli enti territoriali favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà. Anche il principio di proporzionalità è enunciato in varie disposizioni legislative europei recepita dal diritto nazionale come criterio per la disciplina delle funzioni e dei poteri. I principi in questione, e sento rivolti alle legislatore, sono soprattutto principi e criteri da far valere nelle sedi politiche, più che principi giuridici che fondano pretese azionabili in sede giurisdizionale. I principi sull’attività Secondo l’Art.1 l.241/1990 L’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, efficacia, imparzialità, pubblicità e di trasparenza non che dei principi dell’ordinamento comunitario. Tali criteri possono valere in realtà anche per l’atto il procedimento amministrativo. Tale giudizio verte, da un lato, sulla coerenza complessiva dell’attività rispetto alla missione affidata dal legislatore e sulla sua conformità alle norme giuridiche; dall’altro lato, sul buon andamento, cioè sui risultati più o meno positivi effettivamente conseguiti mediante l’uso efficiente delle risorse disponibili. A tal proposito è stata di recente elaborata la nozione di amministrazione di risultato, che si aggancia il principio più tradizionale di buon andamento di cui all’Art 97 Cost. Tale principio tende a mettere in luce come nell’attuale fase evolutiva dell’ordinamento sia cresciuta l’attenzione nei confronti dell’efficienza, efficacia ed economicità dell’azione amministrativa. L’amministrazione di risultato richiama la nozione di performance degli apparati amministrativi di tipo aziendalistico; il legislatore ha infatti disciplinato il cosiddetto ciclo della performance che si applica agli apparati amministrativi nel loro complesso e che prevede le seguenti fasi: la definizione di obiettivi, l’allocazione delle risorse, il monitoraggio in corso di esercizio, la misurazione valutazione della performance organizzativa e dei singoli dipendenti, l’utilizzo di sistemi premianti. Il principio di efficienza richiamato dall’Art uno legge 241 1990 attraverso riferimento all’economicità, mette in rapporto la quantità di risorse impiegate con il risultato dell’azione amministrativa e focalizza l’attenzione sull’uso ottimale dei fattori produttivi. È efficiente infatti l’attività amministrativa che raggiunge un certo livello di performance utilizzando in maniera oculata le risorse disponibili e scegliendo tra le alternative possibili quella che produce il massimo dei risultati con il minor impiego di mezzi. Il principio di efficacia misure invece risultati effettivamente ottenuti rispetto agli obiettivi prefissati in un piano o un programma. I tuoi principi operano in modo indipendente. L’economicità si riferisce invece alla capacità di lungo periodo di un’organizzazione di utilizzare in modo efficiente le proprie risorse raggiungendo in modo efficace i propri obiettivi e, in qualche modo, condensa gli altri due principi. Il principio di pubblicità e di trasparenza è enunciato a livello europeo; la carta di diritti fondamentali dell’Unione Europea attribuisce ogni individuo ha diritto di accedere al fascicolo che lo riguarda, nel rispetto dei legittimi interessi della riservatezza del segreto professionale. Il principio di pubblicità e trasparenza rileva principalmente in due ambiti: il primo ambito si riferisce all’organizzazione e l’attività della pubblica amministrazione è tenuta a mettere a disposizione della generalità degli interessati un’ampia serie di informazioni; il secondo ambito si riferisce invece al diritto di accesso ai documenti amministrativi. La pubblicità e la trasparenza così in tese si ricollegano alla concezione dell’amministrazione come casa di vetro, diventando così un fattore volto a promuovere la verificabilità ex post dell’attività e dunque, in definitiva, l’imparzialità anche in funzione di prevenzione della corruzione. I principi sull’esercizio del potere discrezionale I principi che presiedono all’esercizio del potere discrezionale sono essenzialmente il principio di imparzialità, di proporzionalità, di ragionevolezza, tutela del legittimo affidamento, di precauzione. Il principio di imparzialità e richiamato all’Art 97 Cost e dall’Art 41 della carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. Riferito all’esercizio della discrezionalità, esso consiste essenzialmente nel divieto di favoritismi; tale principio così inteso è posto a garanzia della parità di trattamento e, in definitiva, uguaglianza dei cittadini di fronte all’amministrazione. Il principio di imparzialità impone all’amministrazione un vincolo giuridico che è assente nel caso dell’agire dei soggetti privati. Il principio di imparzialità può entrare in tensione con il principio della responsabilità politica delle amministrazioni volto a inserirle nel circuito politico amministrativo; i vertici delle pubbliche amministrazioni, che costituiscono il punto di raccordo tra politica e amministrazione, sono portati a perseguire obiettivi coerenti con le priorità della propria base elettorale.e siccome gli apparati amministrativi sono i principali erogatori di risorse di altri benefici diretti o indiretti utili al fine dell’accrescimento del consenso elettorale, i vertici politici sono tentati talora a ingerirsi nella gestione e a condizionare a fini di parte le scelte amministrative. A tal proposito la riforma del pubblico impiego degli anni 90 del secolo scorso è introdotto il principio della distinzione tra indirizzo politico amministrativo e gestione. Un secondo principio che presiede all’esercizio della discrezionalità è il principio di proporzionalità; esso assume particolare rilievo nel caso di poteri che incidono negativamente nella sfera giuridica del destinatario e richiede all’amministrazione di applicare in sequenza tre criteri, idoneità, necessarietà e adeguatezza. L’idoneità mette in relazione il mezzo adoperato con l’obiettivo da perseguire, in base a tali criteri vanno scartate tutte le misure che non sono in grado di raggiungere il fine. La necessarietà detta anche regola del mezzo più mite, mette a confronto le misure ritenute idonee e orienta la scelta su quella che comporta il minor sacrificio possibile degli interessi incisi dal provvedimento. L’adeguatezza consiste nella valutazione della scelta finale in termini di tollerabilità della restrizione o incisione nella sfera giuridica del destinatario del provvedimento. Il principio di proporzionalità costituisce una specificazione di un principio ancora più generale, di natura in realtà pre giuridica, costituito dal principio di ragionevolezza. Il principio di ragionevolezza a però una estensione più ampia rispetto a quelle di proporzionalità e assume rilievo generale nell’ambito del sindacato di legittimità dei provvedimenti amministrativi come figura sintomatica dell’eccesso di potere. Un altro principio è il principio del legittimo affidamento; esso mira a tutelare le aspettative in generate dalla pubblica amministrazione con un suo atto o comportamento. Nel diritto interno il principio del legittimo affidamento interviene a proposito del potere di annullamento d’ufficio del provvedimento illegittimo, per l’esercizio del quale è richiesta l’amministrazione una valutazione degli interessi dei destinatari del provvedimento è una considerazione del tempo ormai trascorso. L’esecutorietà e l’efficacia L’esecutorietà può essere definito come il potere dell’amministrazione di procedere all’esecuzione coattiva del provvedimento in caso di mancata cooperazione da parte del privato obbligato, senza dover rivolgersi preventivamente ad un giudice allo scopo di ottenere l’esecuzione forzata. Mentre l’imperatività opera sul piano della produzione degli effetti giuridici, l’esecutorietà opera su quello dell’attività materiali necessari per conformare la realtà di fatto alla situazione di diritto così come modificato dal provvedimento. L’Art.21-ter Legge 241/1990 pone una disciplina embrionale dell’esecuzione coattiva dei provvedimenti, confermando anzitutto la dottrina prevalente secondo la quale l’esecutorietà non è una caratteristica propria di tutti i provvedimenti amministrativi, ma deve essere di volta in volta prevista dalla legge. Il comma uno precisa infatti che il potere di imporre coattivamente l’adempimento degli obblighi è attribuito dall’amministrazione solo nei casi e con le modalità stabilite dalla legge. L’esecutorietà è riferibile non soltanto agli obblighi nascenti dal provvedimento, ma anche a quelli aventi fonte Negoziale; infatti il comma uno richiama in termini generali l’adempimento coattivo degli obblighi nei loro confronti, includendo così implicitamente anche gli obblighi che sorgono nell’ambito dei rapporti paritari. In relazione agli obblighi nascenti da un provvedimento amministrativo, quest’ultimo deve indicare il termine e le modalità di esecuzione da parte del soggetto obbligato. Inoltre l’esecuzione coattiva può avvenire solo previa adozione di un atto di diffida con il quale l’amministrazione intima al privato di porre in essere le attività esecutive già indicate nel provvedimento. In definitiva in base al primo comma l’esecutorietà del provvedimento da luogo ad un procedimento d’ufficio in contraddittorio con il soggetto privato. L’esecutorietà del provvedimento presuppone che il provvedimento emanato sia efficace ed esecutivo; la legge 241 1990 dedica due articoli all’efficacia e alla esecutività del provvedimento. Secondo l’Art 21-bis il provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati acquista efficacia quella comunicazione al destinatario e ha dunque natura di atto recettizio. L’esecutività del provvedimento è disciplinato dall’Art 21 quater, secondo il quale provvedimenti amministrativi efficaci sono eseguiti immediatamente all’efficacia del provvedimento consegue dunque la necessità che esso venga portato subito ad esecuzione dalla stessa amministrazione che ha emanato l’atto, e prima ancora dal destinatario del medesimo, laddove il provvedimento faccia sorgere in capo a quest’ultimo un obbligo di dare o di fare. In realtà non tutti i provvedimenti amministrativi pongono un problema di esecutività; spesso infatti la produzione dell’effetto giuridico realizza pieno l’interesse pubblico senza bisogno di ulteriori attività di tipo esecutivo. L’inoppugnabilità Inoppugnabilità si verifica allorché decorrono i termini previsti per l’esperimento dei rimedi giudiziali innanzi al giudice amministrativo.in particolare l’azione di annullamento è proposta nel termine di decadenza di 60 giorni; l’azione di nullità è soggetta ad un termine di 180 giorni; l’azione risarcitoria può essere proposta in via autonoma nel termine di 120 giorni. Nei rapporti di diritto privato invece la tutela giurisdizionale può essere attivata di regola entro termini di prescrizione più lunghi. L’inoppugnabilità non esclude peraltro che l’amministrazione possa rimettere in discussione il rapporto giuridico esercitando il potere di autotutela; emerge qui un ulteriore elemento di asimmetria tra le parti del raccordo giuridico amministrativo, l’inoppugnabilità garantisce infatti la stabilità del rapporto giuridico amministrativo solo sul versante delle possibili contestazioni da parte del soggetto privato. Lato amministrativo può diventare inoppugnabile anche in seguito ad acquiescenza da parte del destinatario, che consiste in una dichiarazione espressa o tacita di assenso all’effetto prodotto dal provvedimento. 3. Gli elementi strutturali dell’atto amministrativo Come per tutti gli atti giuridici, anche per il provvedimento amministrativo possono essere individuati alcuni elementi strutturali che consentono di identificarlo e di qualificarlo. Il soggetto si individua in base alle norme sulla competenza; di regola si tratta di pubbliche amministrazioni, ma in casi particolari anche soggetti privati sono i titolari di poteri amministrativi. Un secondo elemento è costituito dalla volontà; il provvedimento è manifestazione infatti della volontà dell’amministrazione, che va intesa non già in senso psicologico, bensì in senso oggettivato (volontà procedimentale). I vizi della volontà non determinano, in via diretta l’annullabilità del provvedimento, bensì rilevano tutt’al più in via indiretta come figura sintomatica dell’eccesso di potere. Quanto all’oggetto del provvedimento, si tratta della cosa, attività o situazione soggettiva cui il provvedimento si riferisce. L’oggetto deve essere determinato o quantomeno determinabile. Il contenuto del provvedimento si ricava dalla parte dispositivo dell’atto e consiste in ciò che con esso l’autorità intende disporre, ordinare, permettere, a testare, certificare. Il contenuto dell’atto può essere integrato con clausole accessorie che fissano prescrizioni e condizioni particolari.esse tuttavia non possono snaturare il contenuto tipico del provvedimento e devono essere coerenti con il fine pubblico previsto dalla legge attributiva del potere. Fra gli elementi dell’atto amministrativo non assume rilievo autonomo la causa, intesa come funzione economico-sociale del negozio. Ciò è essenzialmente perché i poteri amministrativi sono tutti riconducibili a schemi tipici individuati per legge. La motivazione è la parte del provvedimento che enuncia i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione in relazione alle risultanze dell’istruttoria.nel caso in cui il provvedimento si fondi su una pluralità di ragioni autonome esposte nella motivazione, è sufficiente che una sola sia legittima per escludere l’annullabilità dell’atto. L’obbligo di motivazione, la cui violazione può essere una causa di annullabilità, costituisce uno dei principi generali del regime degli atti amministrativi. Per un altro verso la motivazione avvicina il regime del provvedimento a quello degli atti giudiziari per i quali addirittura una garanzia costituzionale; le pubbliche amministrazioni soffrono, anche se in misura minore rispetto ai giudici, di un deficit di legittimazione democratica che richiede di essere compensato attraverso un onere di giustificazione. La motivazione adempie a tre funzioni principali: promuove la trasparenza dell’azione amministrativa; agevola l’interpretazione del provvedimento; costituisce una garanzia per il soggetto privato che subisce dal provvedimento pregiudizio perché consente un controllo giurisdizionale più incisivo sull’operato dell’amministrazione. La motivazione deve dar conto di tutti gli elementi rilevanti che hanno indotto l’amministrazione ad operare una determinata scelta. Essa assume particolare importanza nel caso di provvedimenti discrezionali, mentre in quelli vincolanti essa può essere limitata all’enunciazione dei presupposti di fatto e di diritto che giustificano l’esercizio del potere. Essa è infatti lo strumento principale per sindacare la legittimità delle scelte operate dall’amministrazione. L’Art.3.2 l.241/1990 esclude l’obbligo di motivazione gli atti normativi e quelli a contenuto generale; sulla motivazione del provvedimento si è riacceso di recente il dibattito in seguito ad alcune disposizioni contenute nella legge 15 2005 di riforma della legge 241 1990 e nella legge 190 2012, che sembrano indicare direttrici contrastanti, luna tesa a rafforzarla, l’altra a dequotarla. Quanto alla prima direttrice, essa valorizza l’istituto della motivazione; infatti, prima di poter rigettare l’istanza di un privato volta ad ottenere un provvedimento favorevole, l’amministrazione deve comunicare all’interessato i motivi per i quali la domanda non può essere accolta. Quanto alla seconda direttrice, essa esclude che il provvedimento possa essere annullato per vizi formali o procedurali ove il contenuto dispositivo del medesimo in ogni caso non avrebbe potuto essere diverso. Io ne abbia perso almeno in parte la sua rilevanza e possa essere per così dire di quotata a vizio veramente formale. L’atto amministrativo richiede di regola la forma scritta; in taluni casi l’atto può essere esternato oralmente. L’atto può essere sottoscritto con la firma digitale e comunicato utilizzando le tecnologie informatiche, che tendono a limitare al minimo la corrispondenza cartacea. In giurisprudenza emerge talora anche la nozione di provvedimento implicito; quest’ultimo costituisce sul piano logico il presupposto necessario di un provvedimento espresso o di un comportamento concludente. L’Art.21-septies l.241/1990 Contiene un richiamo agli elementi essenziali del provvedimento, la mancanza dei quali costituisce una delle cause di nullità, analogamente a quanto prevede per il contratto l’Art.1418 c.c. Elementi essenziali dell’atto amministrativo non sono elencati in modo puntuale dalla legge e quindi essi vanno individuati in via di interpretazione; Per identificare contenuto dispositivo del provvedimento soccorrono le regole dell’interpretazione previste in via generale dal codice civile per l’interpretazione dei contratti. 4. I provvedimenti ablatori reali, i provvedimenti ordinatori e le sanzioni amministrative Le principali Sab categorie dei provvedimenti limitativi della sfera giuridica dei destinatari sono i provvedimenti ablatori reali e personali, gli ordini e le diffide, i provvedimenti sanzionatori. Fra i provvedimenti ablatori reali va ricordato soprattutto l’espropriazione per pubblica utilità, nella quale si manifesta al massimo grado il conflitto tra l’interesse pubblico e l’interessi privati. La disciplina sostanziale e procedimentale in materia è contenuta nel testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità. L’indennizzo non coincide necessariamente con il valore di mercato, ma non deve essere neppure irrisorio; su questo aspetto è intervenuto più volte la corte costituzionale che ha posto il principio del serio ristoro, secondo cui occorre far riferimento al valore del bene in relazione alle sue caratteristiche essenziali, fatti palesi dalla potenziale utilizzazione economica di esso secondo legge. Tra i provvedimenti ablatori reali si annoverano anche l’occupazione temporanea preordinata all’espropriazione di opere dichiarati indifferibili e urgenti, che consente così la presa in possesso è la più immediato dei lavori nelle more della conclusione del procedimento espropriativo. Tre provvedimenti ablatori personali rientrano gli ordini amministrativi e i provvedimenti che impongono ai destinatari obblighi di fare o di non fare puntuali. L’ordine è un provvedimento che prescrive un comportamento specifico da adottare in una situazione determinata; nelle organizzazioni esso è lo strumento in base al quale il titolare dell’organo o dell’ufficio sovraordinato imporre la propria volontà e guida l’attività dell’organo o dell’ufficio sotto ordinato. L’impiegato deve eseguire gli ordini impartiti dal superiore gerarchico, tutta via se l’ordine appare palesemente illegittimo l’impiegato è tenuto a farne rimostranza motivata al superiore, il quale ha sempre il potere di rinnovarlo per iscritto. In questo caso, l’impiegato deve darvi esecuzione, a meno che non si tratti di un atto vietato dalla legge penale. Gli ordini amministrativi sono previsti talora anche al di fuori dei rapporti inter organici e dunque riguardare rapporti inter soggettivi tra l’amministrazione titolare del potere e i soggetti privati destinatari. Gli ordini di polizia, in particolare, sono emanati dall’autorità di pubblica sicurezza in base al testo unico delle leggi di pubblica sicurezza.l’effettività di questo genere di provvedimenti è rafforzata da una figura di reato che punisce chiunque non osservi un provvedimento legalmente dato dall’autorità amministrativa per ragioni di sicurezza pubblica o di ordine pubblico. Tra le sottospecie di provvedimenti ordinatori si può fare riferimento alla diffida, che consiste nell’ordine di cessare da un determinato comportamento posto in essere in violazione di norme amministrative, anche con la fissazione di un termine per eliminare gli effetti dell’infrazione. La diffida può comportare, in caso di in ottemperanza, l’applicazione di sanzioni di tipo amministrativo. Nel caso in cui si manifesti una situazione di pericolo per la salute pubblica e per l’ambiente, la medesima autorità può sospendere l’autorizzazione. In alcuni casi la diffida con conseguente irrogazione di una sanzione può essere preceduta da un invito formale a desistere dalla condotta illecita. Le sanzioni amministrative sono volte a reprimere illeciti di tipo amministrativo era dunque una funzione afflittiva è una valenza dissuasiva. potrebbe proporre innanzi al giudice amministrativo un’azione di accertamento atipica volta a far dichiarare che l’attività avviata non è conforme alle norme amministrative e a indurre l’amministrazione ad esercitare i poteri repressivi e interdittivi. Il legislatore ha cercato di chiarire la questione oggetto di soluzioni giurisprudenziali oscillanti precisando anzitutto che la scia non costituisce il provvedimento tacito indirettamente impugnabile. Ha stabilito poi che gli interessati possono sollecitare l’esercizio delle verifiche spettanti all’amministrazione e, in caso di inerzia, esperire esclusivamente l’azione contro il silenzio. In pratica il terzo che desideri contrastare l’avvio dell’attività deve invitare l’amministrazione ad emanare un provvedimento che vieti la prosecuzione dell’attività e se l’amministrazione non provvede può rivolgersi al giudice per far accertare l’obbligo di provvedere; Tuttavia anche in presenza di un siffatto invito, vale per l’amministrazione il termine perentorio di 60 giorni e di 18 mesi prima richiamati, termine che tende a tutelare l’affidamento ingenerato in chi ha presentato la scia. Pertanto dopo la scadenza di questi termini secondo la corte costituzionale il terzo può attivare solo i poteri di verifica di eventuali dichiarazioni mendaci o false, sollecitare i poteri generale di vigilanza e repressivi, far valere la responsabilità per i danni a carico dei funzionari che non hanno agito tempestivamente. 6. Autorizzazioni e concessioni La scelta da parte del legislatore tra i due modelli di controllo ex post o ex ante richiede una valutazione caso per caso. In base al decreto legislativo 59 2010 i regimi autorizzatori possono essere istituiti o mantenuti solo giustificati da motivi imperativi di interesse generale indicati in un elenco tassativo piuttosto esteso. L’autorizzazione preventiva è ammessa quando l’obiettivo della tutela dell’interesse pubblico non può essere conseguito tramite una misura meno restrittiva. Nell’ambito del modello del controllo ex ante sull’attività dei privati vanno considerate principalmente le autorizzazioni e le concessioni. Secondo una definizione classica l’autorizzazione è l’atto con il quale l’amministrazione rimuove un limite all’esercizio di un diritto soggettivo del quale è già titolare il soggetto che presenta la domanda; il suo rilascio presuppone la verifica della conformità dell’attività ai parametri normativi posti a tutela dell’interesse pubblico.le autorizzazioni danno dunque origine al fenomeno dei diritti soggettivi in attesa di espansione, il cui esercizio è appunto subordinato ad una verifica preventiva da parte di una pubblica amministrazione. La concessione è invece l’atto con il quale l’amministrazione attribuisce ex novo o trasferisce la titolarità di un diritto soggettivo in capo ad un soggetto privato. Sul piano funzionale l’autorizzazione è uno strumento di controllo da parte dell’amministrazione sullo svolgimento dell’attività allo scopo di verificare preventivamente che essa non si ponga in contrasto con le norme che definiscono i presupposti e i requisiti. La concessione instaura invece in molti casi un rapporto di lunga durata con il concessionario; tale rapporto è caratterizzato da diritti e obblighi reciproci e da poteri di vigilanza continuativi e talora anche l’indirizzo delle attività poste in essere in base alla concessione. Le concessioni si suddividono in due categorie: le concessioni traslativa e le concessioni costitutive. Le prime trasferiscono in capo ad un soggetto privato un diritto o un potere del quale editoriale amministrazione; le seconde attribuiscono al soggetto privato un nuovo diritto. Quanto all’oggetto invece le concessioni sono di più specie: vi sono in primo luogo le concessioni di beni pubblici (beni demaniali); una seconda specie è dato dalle concessioni di servizi pubblici o di attività ancora oggi sottoposte ad un regime di monopolio legale o di riserva di attività a favore dello Stato o di enti pubblici; una terza specie è data dalle concessioni di lavori o di servizi assimilati al codice dei contratti pubblici a normali contratti; Rientrano infine nel fenomeno concessorio alcuni tipi di sovvenzioni, sussidi e contributi di denaro pubblico erogati per il perseguimento di interessi pubblici. Dopo aver dato conto della ricostruzione tradizionale dell’autorizzazione delle concessioni è possibile ora svolgere alcune osservazioni critiche da due punti di vista. In primo luogo si nota che la visione tradizionale è stata condizionata in modo preponderante dal dibattito in tema di situazioni giuridiche soggettive.in realtà la bipartizione dell’autorizzazione delle concessioni apparve sin dall’inizio troppo rigido e in adatta ad inquadrare una realtà molto più variegata. Vennero così individuati, all’interno di ciascuna categoria, alcune fattispecie intermedie, di incerta consistenza. In particolare fu posta la distinzione tra autorizzazioni costitutive; autorizzazioni permissive, che operano come fatti permissivi ostativi all’esercizio di una determinata attività come funzione calura di mero controllo di quest’ultima, talaltra anche di programmazione e direzione; autorizzazione ricognitiva volte in prevalenza a valutare l’idoneità tecnica di persone o di cose. Tra le categorie ibride vanno menzionate anche le licenze e 20 due caratteristiche: riguarda l’attività nelle quali non sono rinvenibili presi stenti diritti soggettivi dei soggetti privati; il loro rilascio è subordinata a valutazioni di tipo tecnico o discrezionale o di coerenza con un quadro programmatorio che ti comporti il contingentamento, previsto per esempio nei piani commerciali. In secondo luogo, storicamente, le autorizzazioni e le concessioni vennero inquadrati come atti autoritativi. Ciò in concomitanza con l’affermarsi della visione panpubblicistica dei rapporti tra Stato e cittadino che negava la possibilità di ricostruire le relazioni giuridiche del diritto pubblico in base a schemi privatistici. Alle autorizzazioni e le concessioni venne riconosciuto il carattere unilaterale e autoritativo: unilaterale, pur in presenza di una volontà del privato espressa attraverso la presentazione dell’istanza; autorizzativo anche nei casi di autorizzazione integralmente vincolate, nelle quali l’atto sembra avere una valenza meramente ricognitiva. La dottrina e la giurisprudenza elaborarono la nozione di concessione-contratto volta ad attenuare il carattere unilaterale dell’atto concessorio. Con la concessione-contratto il fenomeno concessorio si sdoppia così in due componenti: un provvedimento volto ad attribuire al concessionario il diritto a svolgere una certa attività; un contratto o una convenzione volti a regolare su base paritaria i diritti e gli obblighi delle parti nell’ambito di un rapporto di durata. La distinzione tra autorizzazioni e concessioni ha richiesto un ripensamento complessivo sia la luce del titolo che ho, che ignora la distinzione tra diritti soggettivi e interessi legittimi. Una direttiva dell’Unione Europea del 2006 da una definizione ogni comprensiva di regime autorizzatorio che include qualsiasi procedura che obbliga un prestatore un destinatario a rivolgersi ad un’autorità competente allo scopo di ottenere una decisione formale o una decisione implicita relativa all’accesso ad un’attività di servizio o al suo esercizio. Inoltre, specie quando si tratti di attività economiche, il diritto europeo ho sempre guardato con sfavore la discrezionalità; proprio per questa ragione numerose direttive europee emanate nell’ultima parte del secolo scorso anno trasformato in regime di concessione discrezionali in regime di autorizzazione vincolata. Il decreto legislativo 59 2010 di recepimento della direttiva servizi, che si applica ad un ambito assai esteso di attività economiche, nel porre alcune disposizioni guida in materia di regimi autorizzatori rivolti soprattutto al legislatore, enuncia il principio che l’accesso e l’esercizio dell’attività di servizio costituiscono l’espressione della libertà di iniziativa economica e non possono essere sottoposti a limitazioni non giustificate o discriminatorie e impone l’applicazione del principio di proporzionalità. Tale decreto individua una serie di requisiti di accesso all’attività vietati in modo assoluto perché non giustificati o discriminatori; accanto requisiti vietati il decreto e numera una serie di requisiti che sono ammessi solo in presenza di un motivo imperativo di interesse generale, così come definita dallo stesso decreto in un elenco tassativo e previa notifica alla commissione europea. Nei casi in cui il numero dell’autorizzazione deve essere limitato per ragioni correlate alla scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche disponibili o per altri motivi imperativi il loro rilascio deve avvenire attraverso una procedura di selezione pubblica sulla base di criteri resi pubblici a the ad assicurare l’imparzialità. In definitiva le condizioni alle quali regimi autorizzatori subordinano l’accesso e l’esercizio dell’attività di servizi devono essere, oltre che non discriminatori e giustificato motivo di interesse generale, chiara e inequivocabile, oggettive, rese pubbliche preventivamente. In conclusione alla luce dell’evoluzione del diritto europeo il diritto interno, la distinzione più rilevante, aldilà della terminologia utilizzata dal legislatore e Raleigh, e tra atti autoritativi discrezionali e vincolanti o, tra autorizzazioni discrezionali costitutive e autorizzazioni vincolate cognitive. Secondo questa dottrina delle prime lato amministrativo e fonte diretta dell’effetto giuridico a prodotto; nelle seconde l’effetto giuridico si ricollega direttamente alla legge, cioè al verificarsi in concreto di un fatto sussumibile nella norma. 7. Gli atti dichiarativi Gli atti amministrativi dichiarativi si caratterizzano dal fatto che il momento volitivo tipico dei provvedimenti è assente e dal fatto che gli viene riconosciuta una funzione meramente ricognitiva e dichiarativa finalizzata alla produzione di certezze giuridiche. Nella categoria degli atti dichiarativi rientrano le certificazioni, che sono dichiarazioni di scienza effettuate da una pubblica amministrazione in relazione ad atti, fatti, qualità e Stati soggettivi.individuare luoghi e modalità istituzionalizzate per arrivare e verificare la correttezza di dati è un compito essenziale dei pubblici poteri in un sistema sociale ed economico che si regge sempre più sull’acquisizione, sulla diffusione, sulla verificabilità dei dati.la funzione di certezza pubblica si realizza con due modalità: la tenuta e l’aggiornamento di registri, albi, elenchi pubblici nei quali certe categorie di soggetti o di veri possono essere iscritti in base a procedimenti tipizzati in relazione al possesso di determinati requisiti; la messa a disposizione ai soggetti interessati dei dati in essi contenuti per mezzo di attestazioni e certificazioni che costituiscono la modalità tradizionale per dimostrare il possesso di presupposti e requisiti richiesti ai privati per poter svolgere molte attività. Dall’altro lato in molti casi le certificazioni possono essere sostituite con l’autocertificazione, cioè tramite una dichiarazione formale assunta sotto propria responsabilità del soggetto.le cosiddette dichiarazioni sostitutive di certificazione possono avere a oggetto la data, luogo di nascita, residenza, la cittadinanza, gli iscrizione in albi, qualità di studente o di pensionato. L’amministrazione che utilizza il dato autocertificato nell’ambito di un procedimento qua verificarne la correttezza deve farlo nei casi in cui sorgano dubbi sulla veridicità delle dichiarazioni.se l’autocertificazione è falsa possono essere irrogate sanzioni anche di tipo penale. Tra gli atti dichiarativi rientrano i cosiddetti atti paritetici, ossia atti meramente ricognitivi di un assetto già definito in tutti suoi elementi dalla norma attributiva di un diritto soggettivo; tale figura serviva in quel contesto a superare la regola della necessità di impugnare l’atto nel termine di 60 giorni, con la conseguenza che la pretesa del privato poteva essere fatta valere in sede giudiziale nel normale termini di prescrizione. Un’altra specie di atti dichiarativi è costituita da le verbalizzazioni, che consistono nella narrazione storico giuridica da parte di un ufficio pubblico di atti, fatti e operazioni avvenuti in sua presenza. Il processo verbale così redatto può essere poi incluso fra gli atti di un procedimento in senso proprio volto a sanzionare il comportamento illecito sul piano amministrativo. La verbalizzazione assume un rilievo particolare in relazione alle attività deliberativa e degli organi collegiali; di regola essa è affidata a un segretario non componente del collegio che dato della presenza dei membri del collegio al fine della verifica del quorum costitutivo, dell’andamento della discussione sui punti dell’ordine del giorno, ricordo l’eventuale dichiarazione di voto e l’esito delle votazioni. Tra gli atti amministrativi non provvedi mentali rientrano i pareri e le valutazioni tecniche.esse sono manifestazioni di giudizio da parte di organi o enti pubblici contenenti valutazioni apprezzamenti in ordine interessi pubblici secondari o elementi di carattere tecnico e l’amministrazione titolare del potere amministrativo competente emanare un provvedimento amministrativo deve tenere in considerazione. 8. Altre classificazioni: atti collegiali, atti collettivi, atti plurimi, atti di alta amministrazione I provvedimenti amministrativi possono essere classificati in base ad ulteriori criteri. Riguarda la provenienza soggettiva del provvedimento; accanto i casi nei quali il provvedimento emanato da un organo di tipo monocratico, si pongono i casi nei quali il provvedimento è espressione della volontà di più organi o soggetti e ha dunque natura di atto complesso. Vanno menzionati anche gli atti collegiali nei quali il provvedimento emanato da un organo composto da una pluralità di componenti designati con vari criteri. Le delibere assunte dagli organi collegiali avvengono modalità procedurali definite negli statuti e regolamenti dei singoli enti e amministrazioni. Entrambe le disposizioni riprendono la tripartizione tradizionale dei vizi di legittimità, cioè l’incompetenza, eccesso di potere la violazione di legge. La nullità è disciplinata dall’Art.21-septies l.241/1990 che individua 4 ipotesi tassative e dall’Art.31.4 del codice che disciplina l’azione di nullità. 10. L’annullabilità Per tradizione l’atto amministrativo affetto da incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge viene qualificato come illegittimo. In realtà l’annullabilità e li illegittimità sono sostantivi usati in modo intercambiabile. La stessa tripartizione tradizionale dei vizi che possono essere causa di annullabilità ha una rilevanza minori dopo che la tutela giurisdizionale non può essere esclusa ho limitata a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti; sono stati dichiarati così incostituzionali le leggi amministrative che sottraggono al sindacato del giudice amministrativo alcune tipologie di vizi. Inoltre le conseguenze dell’annullamento, cioè il venir meno degli effetti del provvedimento con efficacia retroattiva, non cambiano in relazione al tipo di vizio accertato. L’annullamento elimina comunque l’atto e i suoi effetti in modo retroattivo e l’amministrazione all’obbligo di porre in essere tutte le attività necessarie per ripristinare la situazione di fatto e di diritto in cui si farebbe trovato il destinatario dell’atto ultimo non fosse stato emanato. Ciò che varia in funzione del tipo di vizio è invece il cosiddetto effetto con formativo dell’annullamento, cioè il vincolo che sorge in capo all’amministrazione nel momento in cui essa emana un nuovo provvedimento sostitutivo di quello annullato. Da questo punto di vista la distinzione più rilevante è tra vizi formali e vizi sostanziali.infatti, servizio accertato a natura formale o procedurale (come la mancata acquisizione di un parere obbligatorio), non è da escludere che l’amministrazione, acquisito il potere, possa emanare un nuovo atto dal contenuto identico rispetto a quello annullato. Servizio a natura sostanziale, come ad esempio la mancanza di un presupposto posto alla norma attributiva, l’amministrazione non potrà ritirare l’atto annullato. Sul versante processuale l’Art 29 codice del processo amministrativo conferma il regime tradizionale secondo cui contro il provvedimento affetto da violazione di legge, incompetenza eccesso di potere può essere proposta l’azione di annullamento dinanzi al giudice amministrativo nel termine di decadenza di 60 giorni. L’annullabilità non può essere rilevata d’ufficio e può essere infatti pronunciata solo in seguito alla domanda proposta nel ricorso il quale deve indicare anche in modo specifico i profili di vizio denunciati. Incompetenza L’incompetenza è un vizio del provvedimento adottato da un organo o da un soggetto diverso da quello indicato dalla norma attributiva del potere. Si tratta dunque di un vizio che attiene all’elemento soggettivo dell’atto. Si distingue generalmente tra incompetenza relativa e incompetenza assoluta: La prima sia quando l’atto viene emanato da un organo che appartiene alla stessa branca, settore o plesso organizzativo dell’organo titolare del potere; la seconda, che determina nullità o carenza di potere sì a invece allorché sussista un’assoluta estraneità sotto il profilo soggettivo e funzionale tra l’organo che ha emanato l’atto è quello competente. Sul piano meramente descrittivo il vizio di incompetenza può essere per materia, per grado, per territorio. L’incompetenza per materia attiene alla titolarità della funzione; quella per grado all’articolazione interna degli organi degli apparati organizzati secondo il criterio gerarchico; quella per territorio agli ambiti nei quali gli enti territoriali o le articolazioni periferiche degli apparati statali possono operare. La specificità del regime giuridico dell’incompetenza rispetto a quello della violazione di legge sta venendo meno progressivamente; in primo luogo la giurisprudenza più recente ritiene applicabile anche al vizio di incompetenza il principio della the quotazione dei vizi formali volto a limitare l’annullabilità degli atti vincolati e inoltre prevede in via generale la possibilità della convalida del provvedimento annullabile. Violazione di legge La violazione di legge è considerata una categoria generale residuale, perché in essa confluiscono i vizi che non sono qualificabili come incompetenza o eccesso di delega e sarà il gruppo tutte le ipotesi di contrasto tra il provvedimento e le disposizioni normative contenute in fonti di rango primario o secondario che definiscono i profili vincolati, formali e sostanziali del potere. La principale distinzione interna la violazione di legge è quella tra vizi formali e vizi sostanziali. L’Art 21-octies comma due enuclea tra le ipotesi di violazione di legge la violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti che, a certe condizioni, sono di quotati a vizi che non determinano l’annullabilità del provvedimento; la disposizione pone più specificamente due condizioni: che il provvedimento abbia natura vincolante; che pertanto sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. In questo caso il provvedimento non può essere annullato il giudice amministrativo nell’ambito di un giudizio di impugnazione, né dalla stessa amministrazione in sede di esercizio del potere di autotutela. Il secondo periodo di questo comma individua la fattispecie particolare costituita dall’omessa comunicazione dell’avvio del procedimento disciplinata dagli articoli sette e seguenti della stessa legge per la quale previsto regime in parti uguali in parte diverso da quello del primo periodo dello stesso articolo. La disposizione presenta però due specificità: ma anche riferimento alla natura vincolata del potere; sia dall’amministrazione che ha emanato l’atto di dimostrare in giudizio che il vizio procedurale o formale accertato non ho avuto alcun influenza sul contenuto del provvedimento. Quanto al primo aspetto, la disposizione include nel suo campo di applicazione anche i poteri discrezionali; quando il secondo aspetto, l’onere della prova grava sull’amministrazione nei confronti della quale sia stato proposto ricorso per l’annullamento del provvedimento viziato. Ciò comporta una deroga alle regole processuali ordinari che vietano l’amministrazione di integrare la motivazione nel corso del giudizio. Questo articolo si inserisce nella tendenza del nostro ordinamento a valorizzare il principio di efficienza e efficacia dell’azione amministrativa a scapito di quello del rispetto della forma e dunque della funzione di garanzia assoluta delle norme relative al procedimento e alla forma. Tale disposizione tutta via pone varie questioni interpretative. È dubbio anzitutto se essa abbia rilevanza sostanziale, si attenga cioè al regime giuridico del provvedimento o soltanto processuale. In questa seconda visione tale articolo rileva soltanto ai fini dell’accertamento della sussistenza di uno dei presupposti processuali costituito dall’interesse a ricorrere. Quest’ultimo manca appunto nei casi in cui il ricorrente non possa attendersi una decisione diversa da quella già emanata. L’atto non può essere dunque annullato dal giudice, ma, sotto il profilo sostanziale, continua ad essere affetto da illegittimità che potrebbe portare l’amministrazione ad esercitare il potere di annullamento d’ufficio. questa tesi sembra oggi smentita dalla modifica dell’articolo 21-nonies legge 241 1990 che esclude espressamente l’annullamento di ufficio in presenza di vizi formali. Secondo un’altra interpretazione, la disposizione avrebbe tipizzato una fattispecie di irregolarità non invalidante del provvedimento. L’irregolarità del provvedimento può essere definita come un’imperfezione minore del provvedimento che non determina la lesione di un interesse tutelato dalla norma d’azione. L’irregolarità non rende invalido il provvedimento che è suscettibile di regolarizzazione, attraverso la rettifica del provvedimento stesso. In realtà però il disvalore della violazione delle norme sulla forma dell’atto sul procedimento previsto dall’articolo 21-octies Sembra essere maggiore rispetto a quello di una mera irregolarità, proprio per la funzione di garanzia che può essere riconosciuta agli aspetti formali. Sembra preferibile una terza interpretazione che qualifica come illegittimi anche i provvedimenti non annullabili ai sensi della disposizione. Tale articolo, in definitiva, seguendo quest’ultima interpretazione, ha stabilito soltanto che per taluni atti legittimi l’annullamento costituisce una reazione dell’ordinamento da ritenersi non proporzionata, visto che il provvedimento risulta sostanzialmente legittimo. Eccesso di potere L’eccesso di potere e il vizio di legittimità tipico dei provvedimenti discrezionali; esso mette in condizione giudice di operare un sindacato che va oltre la verifica del rispetto dei vincoli puntuali posti in modo esplicito e che può spingersi invece fino alla soglia del merito amministrativo. Secondo la ricostruzione più diffusa l’eccesso di potere riguarda l’aspetto funzionale dei poteri, cioè la realizzazione in concreto dell’interesse pubblico affidato alla cura dell’amministrazione. Dell’eccesso di potere sono state offerte in dottrina molte costruzioni che lo qualificano variamente come un vizio della causa, della volontà, dei motivi, del contenuto del provvedimento. Elaborazione oggi prevalente definisce l’eccesso di potere come vizio della funzione, intesa come la dimostrazione dinamica del potere che attualizza concretizza la norma astratta attributiva del potere in un provvedimento produttivo di effetti. La figura primigenia dell’eccesso di potere e lo sviamento di potere che consiste nella violazione del vincolo del fine pubblico posto dalla norma attributiva del potere. Nella pratica lo sviamento di potere è difficile da trovare in quanto il provvedimento, all’apparenza, si presenta come perfettamente conforme alle disposizioni normative che regolano quel particolare potere. Ciò ha indotto la giurisprudenza a rilevare il vizio in via indiretta attraverso tutta una serie di figure sintomatiche dell’eccesso di potere. Tra le figure sintomatiche dell’eccesso di potere possiamo riscontrare le seguenti. Errore o travisamento dei fatti. Se il provvedimento viene emanato sul presupposto dell’esistenza di un fatto di una circostanza che risulta invece inesistenza o, viceversa, della non esistenza di un fatto più di una circostanza invece risulta esistente emerge la figura dell’eccesso di potere per errore di fatto. L’errore di fatto, che spesso consegue ad un’altra figura sintomatica costituita dal difetto di istruttoria, può emergere in sede processuale sia in seguito alla produzione di prove da parte del ricorrente, sia in seguito all’esercizio dei poteri istruttori da parte del giudice amministrativo.in questo caso non rileva se l’errore è inconsapevole o volontario e inoltre esso riguarda esclusivamente la percezione oggettiva della realtà materiale e non anche il momento della valutazione dei fatti da parte dell’amministrazione rimessa al suo apprezzamento. Difetto di istruttoria. Nella fase istruttoria del procedimento l’amministrazione è tenuta ad accertare in modo completo i fatti; ove questa attività svolta dal responsabile del procedimento nominato manchi del tutto o sia effettuata in modo frettoloso, in completo o poco approfondito, il provvedimento è viziato sotto il profilo dell’eccesso di potere per difetto di istruttoria. In questo caso non si può escludere che il quadro fattuale posto alla base del provvedimento risulti in effetti esistente, ma l’analisi del provvedimento e degli atti procedimentali lascia dubbi in proposito. Annullato la istruttorie, questa volta in modo corretto, l’amministrazione ben potrebbe adottare un atto con il medesimo contenuto. Difetto di motivazione. Nella motivazione del provvedimento l’amministrazione deve dar conto delle ragioni che sono alla base della scelta operata. Il difetto di motivazione a vari sfaccettature. La motivazione può essere in primo luogo insufficiente, incompleta o generica, se da essa non traspare in modo percepibile l’iter logico seguito dall’amministrazione. La legge 241 1990 contiene alcune disposizioni che specificano il contenuto minimo della motivazione. L’amministrazione è tenuta a valutare gli apporti partecipativi di chi interviene nel procedimento e a dar conto delle ragioni per le quali non accogliere osservazioni presentate dall’interessato al quale sia comunicato il preavviso di rigetto dell’istanza. Motivazione può consistere soltanto in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo nel caso in cui l’amministrazione ritenga un’istanza manifestamente inammissibile o infondata. In realtà non esiste un criterio univoco per determinare se una motivazione sia sufficiente; si può peraltro ritenere che quando sia più ampia la discrezionalità dell’amministrazione e quanto più gravosi sono gli effetti del provvedimento nella sfera soggettiva, tanto più elevato quantitativo e qualitativo imposto alla motivazione. La motivazione può essere inoltre illogica e contraddittoria, allorché esso contenga proposizioni ho riferimenti ad elementi incompatibili tra loro. Può essere infine perplessa o dubbiosa la dove non consente di individuare con precisione il potere dell’amministrazione ha inteso esercitare. - La valutazione discrezionale deve tener conto del fattore temporale; l’annullamento può essere disposto entro un termine ragionevole. In alternativa all’annullamento d’ufficio lo stesso articolo prevede che l’amministrazione possa procedere alla convalida del provvedimento illegittimo, sempre in presenza di ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole. Il potere in questione è espressione del principio generale della conservazione dei valori giuridici, e che consiste nella eliminazione del vizio del quale effetto il provvedimento amministrativo. Si tratta di un istituto di applicazione proprio frequente che ha comunque un ambito limitato. Ove la convalida riguardi il vizio di incompetenza è ricorrente l’uso dell’espressione di ratifica; peraltro la ratifica si riferisce più propriamente alle ipotesi nelle quali all’interno dell’amministrazione pubblica un organo può esercitare in caso di urgenza una competenza attribuita in via ordinaria ad un altro organo, che poi è chiamato a fare proprio l’atto emanato. Si parla talora anche di sanatoria nei casi in cui l’atto è emanato in carenza di un presupposto e quest’ultimo si materializza in un momento successivo. All’esito di un procedimento di riesame aperto su sollecitazione di un privato o anche in ufficio, L’amministrazione può pervenire alla conclusione che il provvedimento non è affetto da alcun vizio. In questi casi l’amministrazione emana un provvedimento di conferma. Ai provvedimenti affetti da nullità e da annullabilità si ritiene generalmente applicabile, anche in assenza di una disposizione legislativa espressa, la conversione sulla falsariga del modello civilistico. Anche i provvedimenti validi sono passibili di un esame che ha per oggetto il merito, cioè la conformità all’interesse pubblico dell’assetto degli interessi risultante dall’atto emanato. In questo caso interviene l’istituto della revoca del provvedimento. Nel diritto amministrativo il potere di revoca è considerato come una manifestazione del potere di autotutela della pubblica amministrazione ed ha messo da sempre dalla giurisprudenza. Il potere di revoca, che ha carattere discrezionale, è giustificato dall’esigenza di garantire nel tempo la conformità all’interesse pubblico dell’assetto giuridico derivante da un provvedimento amministrativo. L’Art.21-quinquies Pone una disciplina generale della revoca precisandone meglio i presupposti e gli effetti. Tale articolo è stato introdotto nella legge 15 2005. Tale articolo, nel primo comma, distingue due fattispecie: la revoca per sopravvenienza e la revoca espressione dello jus poenitendi. Sono riconducibili alla prima fattispecie due ipotesi tipizzate dalla disposizione; la prima è la revoca per sopravvenuti motivi di pubblico interesse, che interviene allorché l’amministrazione opera una rivalutazione dell’assetto degli interessi alla luce di fattori ed esigenze sopravvenute; o l’ipotesi del mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento dell’adozione del provvedimento. Sono riconducibili invece la seconda fattispecie l’ipotesi di nuova valutazione dell’interesse pubblico originario, che sia nei casi in cui l’amministrazione si rende conto di aver compiuto una ponderazione errata degli interessi nel momento in cui ha emanato il provvedimento. Sotto il profilo soggettivo la revoca può essere disposta dallo stesso organo che emanato l’atto o da altro organo previsto dalla legge. A differenza dell’annullamento d’ufficio, che efficacia retroattiva, la revoca determina l’inidoneità del provvedimento revocato a produrre ulteriori effetti (efficacia ex nunc). La revoca atipica mente progetto provvedimenti ad efficacia durevole; peraltro si ritiene generalmente che non sono suscettibili di revoca i provvedimenti che hanno già prodotto gli effetti o siano stati interamente eseguiti. Tale articolo prevede un obbligo generalizzato di indennizzo nei casi in cui la revoca comporta pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati; questa previsione può costituire una remora all’esercizio indiscriminato di questo potere perché non fa gravare interamente sui soggetti privati le conseguenze economiche di un provvedimento emanato pur sempre in modo legittimo e che ha creato un affidamento. I commi 1-bis e 1-ter dello stesso articolo pongono alcuni criteri per quantificare l’indennizzo in caso di revoca di atti che incidono su rapporti negoziali nell’obiettivo di ridurne l’importo. L’indennizzo è limitato al danno emergente, escludendo così il lucro cessante, ed è suscettibile di un ulteriore riduzione anzitutto in relazione alla conoscenza o conoscibilità da parte dei contraenti della contrarietà dell’atto oggetto di revoca all’interesse pubblico. La revoca disciplinata in questo articolo va distinta dalla cosiddetta revoca sanzionatorio e dal mero ritiro.la prima può essere disposta dall’amministrazione nel caso in cui il privato non rispetti le condizioni e limiti nel suo previsti, oppure non intraprendere l’attività oggetto del provvedimento entro il limite previsto. Il mero ritiro ha invece per oggetto Atti amministrativi che non sono ancora efficaci; può venire per ragioni di legittimità o anche di merito e non necessita di una valutazione specifica dell’interesse pubblico e degli interessi dei destinatari del provvedimento, e ciò proprio perché non ha ancora inciso in modo diretto su situazioni giuridiche soggettive di soggetti terzi. L’Art.21-sexies Disciplina il recesso unilaterale da contratti della pubblica amministrazione prevedendo che esso sia messo solo nei casi previsti dalla legge o dal contratto. Si tratta di una disposizione che riguarda l’attività negoziale di diritto privato della pubblica amministrazione e che ribadisce che in questo ambito e sta non gode del complesso. Tra le disposizioni legislative che disciplinano in modo specifico il recesso dei contratti via quella in tema di comunicazione certificazione antimafia che lo prevede nei casi in cui emergano tentativi di infiltrazione mafiosa. CAPITOLO V IL PROCEDIMENTO 1. Nozione e funzioni del procedimento Procedimento amministrativo può essere definito come la sequenza di atti ed operazioni tra loro collegati funzionalmente in vista e al servizio dell’atto principale. Il procedimento è anzitutto una nozione di teoria generale collegata alle modalità di produzione dell’effetto giuridico. Effetto giuridico si produce alcune volte al verificarsi di un singolo accadimento; altre volte al verificarsi di una pluralità di accadimenti definiti i fatti complessi. Nel caso di fatti complessi l’effetto giuridico deriva da una combinazione di eventi, comportamenti o atti che devono verificarsi o essere posti in essere in parallelo o in sequenza. Fattispecie a formazione successiva l’effetto giuridico si produce solo allorché la sequenza si è integralmente realizzata secondo l’ordine normativamente dato. Prima di tale momento possono sorgere tutt’al più effetti prodromici. Restano esterni alla fattispecie i cosiddetti presupposti, cioè fatti che si collocano a monte della fattispecie e ne condizionano l’operatività. La fattispecie complessa a formazione successiva costituisce la matrice unificante del negozio giuridico privato e dell’atto amministrativo. Nel diritto amministrativo, dopo una fase nella quale la nozione di procedimento fu migliorata, con la legge 241 1990 il procedimento è assurdo al rango di istituto cardine del sistema. Il procedimento trovo ingresso nel diritto amministrativo negli anni 30 del secolo scorso come sviluppo delle acquisizioni della teoria generale in tema di fattispecie. Viene così elaborata anzitutto la nozione di atto complesso, cioè del provvedimento che è il frutto della confluenza di manifestazioni di volontà proveniente da più soggetti, tutte necessarie ai fini della produzione dell’effetto giuridico. Del procedimento amministrativo sono state offerte in dottrina varie ricostruzioni: - La prima elaborazione organica del procedimento amministrativo risale al 1940, che operò un’analisi formale e strutturale degli atti e dell’operazioni della sequenza procedimentale e delle fasi in cui questa è articolata. - Un’altra ricostruzione con con invece il procedimento all’interno della dinamica del potere, cioè come momento della concretizzazione del potere in un atto ove la trasformazione del potere in un atto produttivo di effetti nella sfera giuridica di un determinato soggetto. - Una terza di costruzione e volta a mettere in luce soprattutto la connessione con la discrezionalità amministrativa; per poter operare una scelta corretta, tutti i fatti devono essere acquisiti all’interno del procedimento dall’organo decidente. La sequenza dell’operazione degli atti previsti dalle singole leggi che disciplinano i poteri pubblici serve dunque ad immettere in modo strutturato nel processo decisionale gli interessi più rilevanti. Il procedimento amministrativo assolve ad una pluralità di funzioni: - La prima funzione è consentire un controllo sull’esercizio del potere, attraverso la verifica del rispetto della sequenza degli atti e operazioni normativamente predefinite. La legalità assume così una dimensione procedurale oltre che sostanziale. - Una seconda funzione è quella di far emergere e dar voce agli interessi incisi direttamente o indirettamente dal provvedimento.in questo caso la partecipazione acquista così una dimensione per così dire collaborativa. Questa dimensione è presente soprattutto nei procedimenti di tipo individuale nei quali il provvedimento determina effetti ampliativi della sfera giuridica del destinatario. La partecipazione del privato è utile infatti sia all’amministrazione in relazione alle esigenze di completezza dell’istruttoria, sia al privato che ha così la possibilità di sottoporre all’amministrazione gli elementi necessari affinché essa emani ricordi di vento favorevole. - Una terza funzione è quella del contraddittorio; essa emerge soprattutto nei procedimenti di tipo individuale nei quali la pubblica amministrazione esercita un potere che determina effetti restrittivi della sfera giuridica del destinatario.il contraddittorio con nota in senso giustiziale Il procedimento e talora ricorre anche nella giurisprudenza l’espressione giusto procedimento. Il contraddittorio che assumere una dimensione verticale o orizzontale: la prima si riferisce ai casi in cui il rapporto giuridico a carattere bilaterale e coinvolge l’amministrazione titolare del potere il destinatario diretto dell’effettivo giuridico restrittivo, nel contraddittorio verticale l’amministrazione deve essere parte imparziale e quindi deve curare al contempo l’interesse pubblico di cui essa è portatrice e garantire la posizione della parte privata portatrice di un interesse contrapposto; la dimensione orizzontale del contraddittorio emerge nei procedimenti nei quali privati sono portatori di interessi contrapposti e nei quali pertanto l’organo decidente è chiamato a garantire la parità delle armi, in alcuni casi il contraddittorio è perfettamente paritario, come ad esempio nei procedimenti di tipo contenzioso attribuiti alla competenza dell’autorità di regolazione chiamata a risolvere controversie tra agenti e le imprese erogano il servizio, in altri casi invece il contraddittorio orizzontale non è del tutto paritario, come ad esempio nei procedimenti sanzionatori antitrust. - Una quarta funzione del procedimento è quella di costituire un fattore di legittimazione del potere dell’amministrazione di promuovere pertanto la democraticità dell’ordinamento amministrativo. Il procedimento diviene la sede nella quale si individua la regola per il caso concreto dettata dal provvedimento. La democrazia procedimentale completa, anche se non soppianta, la democrazia rappresentativa. questa funzione del contraddittorio è essenziale nei procedimenti gestiti dall’autorità indipendenti che sono affette da un deficit di legittimazione democratica. - Funzione del procedimento è quella di promuovere il coordinamento tra più amministrazioni nei casi in cui un provvedimento amministrativo vada ad incidere sulla pluralità di interessi pubblici e curati da ciascuna di esse.accanto a modelli di coordinamento debole la legislazione prevede modelli di coordinamento forte. In definitiva il procedimento assolve a più funzioni, spesso compresenti nella singola fattispecie. Di volta in volta, a seconda del tipo di procedimento, può prevalere l’una o l’altra funzione. 2. Le leggi generali sul procedimento e la l.241/1990 In Italia un progetto di legge fu elaborato tra il 1944 e il 1947 da una commissione presieduta da Ugo Forti; il progetto fu riproposte rielaborato in varie legislatore senza però essere approvato. All’inizio degli anni 80 del secolo scorso fu intrapreso un nuovo tentativo ad opera di una commissione presieduta da un altro illustre studioso, Mario Nigro, in cui la commissione elaborò un testo che ispirò la legge 7 agosto 1990 numero 241. Il testo è stato più volte modificato ed integrato anche negli ultimissimi anni; la modifica più importante però costituita dalla legge 15 2005, che è inserito nel suo corpo una disciplina del provvedimento amministrativo. Questa legge è una legge soprattutto di principi, molti dei quali già affermati dalla giurisprudenza amministrativa.essa non contiene una definizione generale di procedimento, nella disciplina organica delle singole fasi in cui esso si articola. Tale legge fornisce però una cornice generale che integra tutte le leggi amministrative che disciplinano anche con norme derogatorie o speciali i singoli procedimenti. I pareri facoltativi invece sono richiesti ove l’amministrazione procedente ritenga possono essere utili ai fini della decisione. In casi non frequenti, i pareri possono essere, oltre che obbligatori anche vincolanti. La previsione della sequenza procedimentale di fare il obbligatori costituisce una modalità di coordinamento tra amministrazioni che curano interessi pubblici distinti, ma con ambiti di interferenza. L’Art 17 bis della legge 241 1990 è stato introdotto allo scopo di accelerare i tempi di conclusione dei procedimenti, introducendo un meccanismo in edito di silenzio-assenso tra amministrazioni.tale articolo stabilisce termini stringenti per il rilascio di assenze, concerti e nullaosta di amministrazioni statali.il termine può essere interrotto nel caso in cui l’amministrazione che deve rendere l’assenso rappresenti esigenze istruttorie o richieste di modifica motivati. La tendenza più recente in tema di adempimenti istruttori e di sgravare per quanto possibile soggetti privati da oneri di documentazione, imponendo all’amministrazione di acquisire d’ufficio i documenti attestanti atti, fatti, qualità e Stati soggettivi necessari per l’istruttoria. Ai privati può essere richiesta solo l’autocertificazione. L’attività istruttoria può essere effettuata anche con modalità informali; l’articolo 11 legge 241 1990 prevede, ad esempio, che per favorire la conclusione di accordi integrativi e sostitutivi del provvedimento può essere predisposto un calendario di incontri ai quali sono invitati il destinatario del provvedimento ed eventuali contro interessati. L’istruttoria è aperta alla partecipazione dei soggetti che abbiano diritto di intervenire e partecipare al procedimento. Questi ultimi sono i soggetti quali l’amministrazione è tenuta a comunicare l’avvio del procedimento. Hanno facoltà di intervenire anche i portatori di interessi pubblici o privati, nonché i portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati. La partecipazione l’intervento si sostanziano in due diritti: il primo è quello di prendere visione degli atti del procedimento non esclusi dal diritto di accesso ai sensi delle norme generali; il secondo consiste nella possibilità di presentare memorie scritte e documenti. Nel loro insieme essi concorrono a fondare il diritto della partecipazione informata. L’amministrazione all’obbligo di valutare i documenti e le memorie presentate, ove pertinenti all’oggetto del procedimento e deve pertanto darne conto nella motivazione del provvedimento. Sotto il profilo organizzativo l’istruttoria è affidata alla responsabile del procedimento, ho segnato di volta in volta la dirigente responsabile della struttura subito dopo l’apertura del procedimento.il responsabile del procedimento costituisce uno degli istituti più caratteristici della legge 241 1990 in quanto consente al cittadino di avere un interlocutore certo con il quale confrontarsi e rende meno spersonalizzato il rapporto con gli uffici. I compiti del responsabile sono indicati nell’Art sei legge 241 1990 e includono tutte le attività propedeutiche all’emanazione del provvedimento finale e l’adozione di ogni misura per l’adeguato e sollecito svolgimento dell’istruttoria.vai inoltre richiamato il potere di chiedere la rettifica di dichiarazioni o istanze erronee o incomplete. Emerge qui una funzione di supporto nei confronti del soggetto privato che è spesso sfornito delle conoscenze e dell’esperienza necessaria. Inoltre, allo scopo di prevenire fenomeni di corruzione, il responsabile deve astenersi quando si trovi in conflitto di interessi anche potenziale. Nei procedimenti a istanza di parte il responsabile del procedimento è tenuto ad attivare una fase istruttoria supplementare nei casi in cui sulla base degli elementi già acquisiti sia orientato a proporre o ad adottare un provvedimento di rigetto dell’istanza.al soggetto che la proposta deve essere data comunicazione dei motivi ostativi dell’accoglimento della domanda; entro 10 giorni poi l’interessato può presentare osservazioni scritte nel tentativo di superare le obiezioni formulate dall’amministrazione. Eventuale provvedimento finale negativo che rigetta l’istanza deve dar conto delle ragioni del mancato accoglimento dell’osservazione eventualmente presentati. Di norma il responsabile del procedimento non adotta il provvedimento finale, ma trasmette tutti gli atti all’organo competente ad emanare il provvedimento finale. Quest’ultimo si deve attenere alle risultanze dell’istruttoria.può eccezionalmente discostarsene ma deve indicare le ragioni nel provvedimento finale. La conclusione: il termine, il silenzio, gli accordi Conclusa l’istruttoria, l’organo competente a emanare il provvedimento assume la decisione all’esito di una valutazione complessiva del materiale acquisito al procedimento. Il provvedimento può essere emanato dal titolare di un organo individuale oppure da un organo collegiale. Accanto ad atti semplici è frequente nelle leggi amministrative il ricorso ad atti complessi. Con riferimento alla fase decisionale, i temi principali da approfondire sono il termine del procedimento e i rimedi in caso di mancato rispetto del termine; il silenzio della pubblica amministrazione; l’accordo con modalità consensuale alternativa al provvedimento unilaterale. Il provvedimento deve essere emanato entro il termine stabilito per lo specifico procedimento.l’Art due pone una disciplina dei termini di conclusione dei procedimenti che è generale e completa: generale perché si applica laddove manchino disposizioni legislative speciali in tema di termini di conclusione del procedimento; completa, perché l’applicazione della medesima vale per tutte le fattispecie di procedimenti. Tale articolo rimette anzitutto a ciascuna pubblica amministrazione l’obbligo di individuare tali termini per ciascun tipo di procedimento compro piatti di regolazione e di renderli pubblici. Di regola la durata massima non deve superare i 90 giorni. Se le amministrazioni non provvedono a proporre una propria disciplina si applica il termine generale residuale di 30 giorni. Il termine questi sospeso per un periodo non superiore a 30 giorni in caso di necessità di acquisire informazioni o certificazioni. Accanto ai termini finali, le leggi e i regolamenti che disciplinano i singoli procedimenti prevedono talora termini endoprocedimentali relativi ad adempimenti posti a carico di soggetti privati o relative ad atti attribuite alla competenza di altre amministrazioni. I termini finali ed endoprocedimentali hanno di regola natura ordinatorio; solo nei casi in cui la legge qualifica in modo espresso il termine come perentorio e appena di decadenza il provvedimento tardivo è considerato viziato. I termini previsti per gli adempimenti a carico dei soggetti privati nell’ambito del procedimento hanno di regola natura più cosciente: loro decorso fa decadere il soggetto privato dalla facoltà di porre in essere o in caso di adempimento tardivo consente all’amministrazione di non tenerne conto. Il mancato rispetto del termine di conclusione del procedimento può provocare conseguenze di vario tipo: può far sorgere una responsabilità di tipo disciplinare nei confronti del funzionario o una responsabilità di tipo dirigenziale nei confronti del vertice della struttura; può costituire un elemento di valutazione al fine di attribuire la retribuzione di risultato; nei casi più patologici esso può essere fonte di responsabilità penale. Il mancato rispetto del termine può costituire anche motivo per l’esercizio del potere sostitutivo da parte del dirigente sovraordinato; il primo luogo l’organo di governo ciascuna amministrazione individua tra le figure apicali il soggetto, in secondo luogo, in caso di ritardo, il privato può rivolgersi al titolare del potere sostitutivo che deve concludere il procedimento entro un termine pari alla metà di ve lo originariamente previsto attraverso le strutture competenti, in terzo luogo entro il 30 gennaio di ogni anno il titolare del potere sostitutivo comunica all’organo di governo i procedimenti nei quali non è stato rispettato il termine. Infine l’osservanza dolosa o colposo del termine di conclusione del procedimento può fare anche sorgere l’obbligo di risarcire il danno a favore del privato. La conclusione del procedimento con l’emanazione di un provvedimento espresso e l’evenienza prevista come fisiologica; tuttavia può accadere che l’amministrazione non conclude il procedimento entro il termine previsto e la situazione di energia si protragga nel tempo. Fino ad anni recenti il regime ordinario del silenzio della pubblica amministrazione di fronte a istanze è stato quello del cosiddetto silenzio-inadempimento. In questi casi l’inerzia mantenuta oltre il termine assume il significato giuridico di inadempimento dell’obbligo formale. L’inadempimento di tale obbligo a far venir meno il potere-dovere di provvedere, ciò significa che l’amministrazione può emanare il provvedimento anche in ritardo, ferma restando l’eventuale responsabilità per il danno cagionato al privato. Nei casi di silenzio inadempimento il privato interessato può proporre al giudice amministrativo un’azione allo scopo di accertare l’obbligo di quest’ultima di provvedere eventualmente la fondatezza della pretesa e un’azione di adempimento volta a condannare l’amministrazione a rilascio del provvedimento richiesto. Per risolvere in radice il problema la legge 241 1990 prevede due regimi di silenzio cosiddetto significativo: il silenzio diniego e il silenzio assenso. Le fattispecie di silenzio avente valore di diniego sono tassativamente stabilite dalla legge. Le ipotesi legislative di silenzio assenso sono molto più numerose, in linea con la tendenza a rimuovere gli ostacoli all’attività dei privati. Il campo di applicazione individuato nell’Art 20 legge 241 1990 ed è individuato in base ad alcuni criteri di tipo negativo: il regime non vale anzitutto nei casi di provvedimenti autorizzatori sostituiti dalla segnalazione certificata di inizio di attività e soggetti ad un regime di liberalizzazione; non vale per i procedimenti che riguardano l’elenco piuttosto lungo di interessi pubblici; non vale neppure nei casi in cui la normativa europea imponga l’adozione di un provvedimento formale. Per ridurre le incertezze applicative un lungo elenco di casi di silenzio assenso e ora contenuto nel decreto legislativo 222 2016. I casi di esclusione del regime del silenzio assenso riguardano molti procedimenti che continuano a ricadere nel regime del silenzio inadempimento o della scia. Il silenzio assenso a valore provvedi mentale; ciò determina due conseguenze: il silenzio può essere oggetto di provvedimenti di autotutela sotto la forma di revoca e di annullamento d’ufficio; può essere impugnato innanzi al giudice amministrativo. Tuttavia il regime del silenzio assenso alcuni difetti. In primo luogo, poiché esso può applicarsi anche a provvedimenti discrezionali, la valutazione di interessi pubblici nei casi diversi assoluta dell’amministrazione non viene operata. In secondo luogo, dal punto di vista del soggetto privato che ha presentato l’istanza, il silenzio assenso non soddisfa l’esigenza di certezza in relazione allo svolgimento di attività sottoposte a controllo pubblico. Il provvedimento espresso costituisce l’esito normale è più frequente del procedimento amministrativo. Esiste tuttavia una modalità alternativa di conclusione del procedimento e cioè l’accordo integrativo o sostitutivo del provvedimento. Gli accordi pongono l’amministrazione su un piano più paritario rispetto al soggetto privato e riducono il rischio di possibili contenziosi. In base alla legge 241 1990 l’accordo a per oggetto il contenuto discrezionale del provvedimento è finalizzato a ricercare un miglior con temperamento tra l’interesse pubblico perseguito dall’amministrazione procedente e l’interesse del privato spesso contrapposto al primo. L’accordo può essere promosso dal soggetto privato, il quale può presentare a questo fine osservazioni al procedimento. L’amministrazione non è tuttavia obbligata a concludere accordi integrativi o sostitutivi con i privati e può sempre prediligere la via del provvedimento unilaterale non negoziato. Sotto il profilo formale gli accordi devono essere stipulati per atto scritto, appena di nullità, salvo che la legge disponga altrimenti devono essere motivati Gli accordi possono essere integrativi o sostitutivi del provvedimento. I primi servono solo a concordare il contenuto del provvedimento finale che viene emanato in attuazione dell’accordo; negli accordi sostitutivi gli effetti giuridici si producono in via diretta con la conclusione dell’accordo, tuttavia a garanzia dell’imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa gli accordi devono essere preceduti da una determinazione dell’organo competente per l’adozione del provvedimento autorizza stabilisce limiti della negoziazione. Un altro momento di unilateralità può emergere anche dopo la conclusione dell’accordo; infatti l’amministrazione può recedere dall’accordo e ciò anche se recesso non sia espressamente previsto in quest’ultimo.il potere di recesso è riconducibile alla revoca per sopravvenuti motivi di pubblico interesse e a questo si accompagna l’obbligo di dare un indennizzo per gli eventuali danni subiti dal privato. 4. Procedimenti semplice, complessi, collegati. Il subprocedimento I procedimenti possono avere una struttura semplice o complessa a seconda del loro oggetto e del numero e della natura degli interessi pubblici e privati incisi. I procedimenti a struttura complessa sono spesso articolati all’interno in Sab procedimenti sequenziali, ciascuno avente una unità funzionale autonoma.talvolta e se si concludono con atti suscettibili di incidere in via immediata su situazioni giuridiche soggettive. In termini generali si parla di procedimenti collegati (o connessi) nell’ipotesi in cui una pluralità di procedimenti, da viale in sequenza o in parallelo, sono funzionali ad un risultato unitario. dell’indennità.l’autorità procedente, sulla base di tali osservazioni, determina in via provvisoria la misura dell’indennità.nei 30 giorni successivi i privati possono comunicare all’autorità espropriante una dichiarazione irrevocabile di assenso; se il privato non accetta la proposta l’autorità competente emana il decreto di esproprio e deposita l’indennità provvisoria rifiutata presso la cassa depositi e prestiti. da questo momento il procedimento per la determinazione in via definitiva dell’indennità a uno svolgimento autonomo: il procedimento prevede, in ultima battuta, l’intervento di una commissione provinciale istituita presso l’ufficio tecnico erariale che procede alla determinazione definitiva dell’importo. A questo punto il proprietario che intenda contestare quest’ultima può avviare un procedimento innanzi alla corte d’appello per ottenere una determinazione in via giudiziale dell’indennità. Il procedimento di esproprio è espressione di un potere tipicamente unilaterale; tuttavia l’ordinamento tende a favorire soluzioni consensuali attraverso l’istituto della cessione volontaria del bene. I vantaggi per l’espropriando sono essenzialmente di tipo pecuniario. La vicenda espropriativa può dar luogo al fenomeno dei procedimenti collegati parallelo. Infatti una volta avviato preferito di espropriazione l’amministrazione può avviare il procedimento di occupazione d’urgenza al fine di acquisire immediatamente la disponibilità materiale del bene.ciò può avvenire in tre ipotesi: allorché l’amministrazione ritenga che l’avvio dei lavori rivesta carattere di urgenza tale da non consentire il perfezionamento del procedimento ordinario; in relazione ai progetti delle grandi opere pubbliche previste dalla cosiddetta legge obiettivo per le quali l’urgenza è già accertata per legge; allorché la procedura espropriativa riguardi più di 50 proprietari. La retrocessione consiste nel diritto del soggetto espropriato di acquisire la proprietà del bene nei casi in cui l’opera pubblica non venga realizzata o non tutto il bene espropriato venga utilizzato. La retrocessione totale può avvenire nei casi in cui l’opera pubblica non sia stata realizzata nel termine di 10 anni; quella parziale può essere richiesta per le parti del bene espropriato che non siano stati utilizzati una volta completata l’opera pubblica. b) Le sanzioni pecuniarie e disciplinari Il procedimento per l’irrogazione delle sanzioni è strutturato in modo da garantire il rispetto del principio del contraddittorio: - A monte dell’apertura del procedimento vi è anzitutto la fase dell’accertamento che consiste in un’attività di raccolta e di prima valutazione di elementi di fatto suscettibili di integrare una fattispecie di illecito amministrativo.questa diffida sono effettuate dagli agenti ufficiali di polizia giudiziaria e dagli organi amministrativi addetti a tale controllo.le attività poste in essere e le risultanze delle medesime confluiscono in un processo verbale redatto dall’agente accertatore. - Se l’accertamento fa emergere la violazione di norme amministrative, l’ufficio competente procede alla contestazione dell’illecito al trasgressore, essa deve essere notificata nel termine di 90 giorni dall’accertamento. La contestazione deve indicare inoltre con sufficiente precisione gli elementi di fatto suscettibili di essere su assunti in una fattispecie sanzionatorio.entro 30 giorni dalla data della contestazione gli interessati possono presentare scritti difensivi e documenti. entro 60 giorni dalla notificazione della contestazione l’interessato può procedere all’oblazione, cioè il pagamento di una somma ridotta che estingue l’obbligazione pecuniaria. - L’autorità procedente, ove ritenga provata la violazione all’esito della valutazione degli elementi istruttori, emana l’ordinanza-ingiunzione che determina l’ammontare della sanzione pecuniaria e ingiunge al trasgressore il pagamento della medesima entro un termine di 30 giorni.l’ordinanza-ingiunzione può irrogare anche sanzioni accessorie come la confisca di cose il cui uso costituisce violazione amministrativa o la sospensione di una licenza. - Contro l’ordinanza-ingiunzione può essere proposta opposizione innanzi al giudice ordinario entro 30 giorni dalla notificazione del procedimento (il giudice ordinario non può operare un giudizio sul merito). La legge 689 1981 è la legge generale in tema di sanzioni amministrative; essa però subisce di frequente deroghe nelle discipline di settore. Tra le norme speciali contenute nelle discipline di settore merita di essere richiamata la regola secondo la quale le funzioni istruttorie devono essere affidati a uffici o organi distinti dall’organo collegiale che assume la determinazione finale. Più in generale le discipline di settore riguardanti l’autorità indipendenti rafforzano il principio del contraddittorio. Inoltre norme speciali relative ai procedimenti sanzionatori di competenza dell’autorità garante della concorrenza prevedono che il procedimento sanzionatorio possa concludersi, anziché con l’irrogazione della sanzione, con l’approvazione di impegni proposti dall’impresa alla quale stato contestato l’illecito volti a porre rimedio alle distorsioni concorrenziali. La specialità di salire Jimmy si manifesta anche nel fatto che in molti casi i ricorsi avverso i provvedimenti sanzionatori sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ti può anche sindacare nel merito. Una specie di sanzioni amministrative è costituita dalle sanzioni disciplinari. Anche il procedimento per l’irrogazione della sanzione disciplinare prevedono ampie garanzie del contraddittorio: Il dirigente dell’ufficio che venga a conoscenza di comportamenti illeciti di un dipendente pubblico deve contestare per iscritto l’addebito non oltre 20 giorni; il dipendente è convocato con un preavviso di 10 giorni per esercitare il proprio diritto di difesa; l’amministrazione procede, ove necessario, ad un ulteriore attività istruttoria e il procedimento si conclude con l’archiviazione o con l’erogazione della sanzione entro 60 giorni dalla contestazione dell’addebito. Le sanzioni disciplinari possono essere impugnate dal dipendente davanti al giudice ordinario previo esperimento di un tentativo obbligatorio di conciliazione presso un collegio di conciliazione istituito presso la direzione provinciale del lavoro. c) Le autorizzazioni. Il permesso a costruire e la valutazione di impatto ambientale Il rilascio del permesso a costruire è disciplinato dal testo unico in materia edilizia. Il procedimento si apre con la presentazione allo sportello unico per l’edilizia del Comune di una domanda sottoscritta dal proprietario.la domanda deve essere corredata da una prestazione concernente il titolo di legittimazione, dagli elaborati progettuali, dall’altra documentazione tecnica. Entro 10 giorni lo sportello unico Comunica al richiedente il nominativo del responsabile del procedimento.se sono richiesti altri atti di assenso a cura di amministrazioni diverse, il responsabile del procedimento convoca una conferenza di servizi. All’esito dell’istruttoria, entro 60 giorni dalla presentazione della domanda, il responsabile del procedimento valuta la conformità del progetto alla normativa applicabile, formula una proposta al dirigente del servizio il quale nei successivi 15 giorni rilascia il permesso a costruire. Decorsi i termini sopra menzionati si intende formato il silenzio-rifiuto. L’interessato a questo punto può proporre un ricorso in sede giurisdizionale; in alternativa può richiedere che il dirigente si pronunci entro 15 giorni e, decorso inutilmente anche che questo termine, l’interessato può richiedere al regione di esercitare il potere sostitutivo con la nomina di un commissario che provvede nel termine di 60 giorni. Un altro procedimento, la struttura complessa, con effetti ampliative della sfera giuridica del destinatario e la valutazione di impatto ambientale. Esso deve essere avviato da chi intende realizzare i progetti con impatto elevato sul territorio. d) I procedimenti concorsuali Nei procedimenti di tipo competitivo o concorsuale per assegnare una risorsa scarsa valgono alcuni principi generali: la pubblicità, che consente a tutti i potenziali interessati di aver notizia della procedura che sta per essere avviata; la parità di trattamento, che mira a porre sullo stesso piano tutti gli aspiranti; la trasparenza della procedura, che consente un controllo sulla corretta applicazione dei criteri di selezione; l’oggettività dei criteri, che richiede parametri minati che limitino la discrezionalità. Uno dei principali esempi di questa tipologia di cedimenti è il concorso per l’accesso all’impieghi pubblici, che costituisce la modalità ordinaria per il root amento del personale alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni. Un secondo esempio di procedimenti di tipo concorsuale è quello dell’affidamento dei contratti pubblici, disciplinato dal codice dei contratti pubblici. e) L’accesso ai documenti amministrativo Il d.p.r 184/2006 Distingue due modalità di accesso: formale e informale. L’accesso informale si può avere quando non vi siano soggetti contro interessati per i quali si ponga un problema di riservatezza. La richiesta è esaminate immediatamente senza formalità e raccolta senza l’adozione di un particolare atto. L’accesso formale è necessario nei casi in cui l’amministrazione riscontri l’esistenza di potenziali contro interessati. La richiesta va presentata per iscritto e deve indicare gli estremi del tuo commento o gli elementi che consentono di individuarlo; essa deve inoltre essere motivata sotto il profilo dell’interesse diretto, concreto e attuale connesso all’oggetto della richiesta che fa sorgere in capo al richiedente una situazione giuridica soggettiva individualizzata. Il procedimento prevede anche una fase di contraddittorio con i soggetti contro interessati. La copia dei documenti rilasciata dietro il pagamento del cielo rimborso del costo di riproduzione. Il procedimento di accesso deve concludersi entro 30 giorni dalla richiesta; decorso il termine la richiesta si intende respinta e si forma quindi il silenzio diniego. Il provvedimento che rifiuta, limita o differisce l’accesso deve essere motivato. Il procedimento può concludersi, oltre che con un provvedimento che concede unire l’accesso, anche con un provvedimento che dispone il differimento dell’accesso. Infatti, l’accesso non può essere negato quando è sufficiente fare ricorso al potere di riferimento. Un caso di riferimento previsto per legge riguarda l’accesso ai documenti dei procedimenti per l’affidamento di contratti pubblici.il codice dei contratti pubblici vieta l’accesso all’elenco dei soggetti che hanno presentato l’offerta fino alla scadenza del termine per la presentazione delle offerte. Contro il diniego espresso o tacito, ma anche contro il differimento, può essere proposto un ricorso giurisdizionale entro 30 giorni innanzi al giudice amministrativo.il processo segue un rito speciale accelerato che si può concludere con una sentenza di condanna che ordina l’esibizione dei documenti richiesti. In alternativa ricorso giudiziale, la legge 241 1990 prevede un ricorso di tipo amministrativo esperibili innanzi al difensore civico o alla commissione per l’accesso ai documenti amministrativi, che si devono pronunciare entro 30 giorni. Decorso inutilmente questo termine, il ricorso si intende respinto e può essere proposto ricorso in sede giurisdizionale. La richiesta di accesso civico non riguardante i documenti la cui pubblicazione è obbligatoria deve essere comunicata dall’amministrazione a eventuali contro interessati che possono presentare una opposizione motivata. Il procedimento deve concludersi con procedimento espresso e motivato nel termine di 30 giorni. Nel caso di diniego il richiedente può presentare una richiesta di riesame al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza. CAPITOLO VI I CONTROLLI 1. Premessa In qualsiasi organizzazione emerge la funzione di controllo, che consiste nel monitoraggio dell’attività poste in essere dalle strutture operative. Anche le pubbliche amministrazioni sono sottoposti ad un sistema articolato; la funzionalizzazione dell’attività al perseguimento di interessi pubblici e il principio di legalità richiedono infatti la previsione di sistemi di verifica. Peraltro le stesse pubbliche amministrazioni sono titolari e se stesse anche di funzioni di vigilanza e di controllo nei confronti di soggetti privati al fine di proteggere gli interessi pubblici messi a rischio dalle attività di questi ultimi. In ambito giuridico il controllo può essere definito come verificazione di regolarità di una funzione propria o aliena o come un giudizio di conformità a regole, che comporta in caso di difformità una misura repressiva o preventiva rettificativa. I principali criteri per inquadrare le tipologie dei controlli sono: - Il soggetto titolare dei poteri di controllo: in relazione a questo criterio è principio generale che esso sia posto in una posizione di indipendenza e terzi età rispetto al destinatario del controllo. Secondo la costituzione la corte dei conti esercita il controllo preventivo di legittimità sugli atti del governo e anche quello successivo sulla gestione del bilancio dello Stato e partecipa al La responsabilità della pubblica amministrazione è più ampia di quella del dipendente; infatti la responsabilità personale di quest’ultimo per danni provocati nell’esercizio delle funzioni alle quali è preposto è limitata ai casi di dolo e colpa grave. In caso di colpa lieve, l’azione risarcitoria può essere proposta solo nei confronti dell’amministrazione e viene dunque meno il principio del parallelismo. L’amministrazione che abbia risarcito il terzo del danno cagionato dal dipendente può esercitare un’azione di regresso contro quest’ultimo secondo i principi della responsabilità amministrativa. A questo punto va posta la distinzione fra illecito causato da meri comportamenti degli agenti della pubblica amministrazione e illecito conseguente all’emanazione di provvedimenti amministrativi illegittimi. Rientrano nella prima categoria i danni conseguenti ad un incidente stradale che coinvolge un automezzo militari; o subiti da uno scolaro non sorvegliato direttamente dall’insegnante; o provocati ad un autoveicolo a causa della difettosa manutenzione di una strada. In base all’Art.2043 c.c., per essere risarcibile, il danno deve essere riconducibile ad una condotta colposa o dolosa dell’agente; deve essere qualificato come ingiusto; deve sussistere un nesso di causalità tra condotta ed evento pregiudizievole. Se la condotta consiste in atti o operazioni compiuti da un organo collegiale, i membri del collegio sono responsabili in solido. La condotta illecita deve essere riconducibile alla gente in base all’Art punto 246 c.c., che esclude l’imputabilità in caso di incapacità di intendere di volere al momento in cui la condotta è stata posta in essere. Deve essere inoltre riferibile all’amministrazione in base al rapporto di immedesimazione organica, che può spezzarsi solo nei casi in cui il dipendente agisce per finalità personali ed egoistiche al di fuori delle proprie incombenze. Affinché sorga la responsabilità occorre quindi un nesso di occasionalità necessaria tra attività illecita e mansioni del dipendente; in particolare va stabilito se lo specifico comportamento della gente, pur costituendo un abuso volontario o un reato, si inserisca in un’attività complessiva comunque rivolta al perseguimento dei fini istituzionali dell’ente. Per quanto concerne il requisito della colpa, un aspetto particolare riguarda il rapporto tra colpa e di discrezionalità. La giurisprudenza ha affermato il principio secondo il quale il potere discrezionale incontra un limite, non solo nelle disposizioni di legge e di regolamento che prescrivono determinate modalità di comportamento, ma anche nelle comuni regole di diligenza e prudenza. Su questo tema interviene la distinzione tra scelta discrezionale dei mezzi più idonei per soddisfare gli interessi pubblici e realizzazione e messa in opera dei mezzi prescelti. Con riguardo a quest’ultima sorge un problema di valutazione di un comportamento del dipendente che abbia attuato in modo difettoso, con negligenza, imperizia o imprudenza la scelta. Quanto al requisito dell’ingiustizia del danno la giurisprudenza costante, prima della svolta operata dalla sentenza 500 1999 delle sezioni unite della corte di cassazione, riteneva che potesse essere definito come ingiusto solo il danno conseguente alla lesione di un diritto soggettivo. Veniva così esclusa la risarcibilità dei danni causati da provvedimenti illegittimi lesivi di interessi legittimi. 3. La risarcibilità del danno da lesione di interessi legittimi La sentenza 500 1999 ha abbattuto la barriera della il risarcibilità del danno da provvedimento illegittimo. La corte ha operato una nuova interpretazione della nozione di danno ingiusto specificando che non ha più rilievo la qualificazione formale della situazione giuridica del danneggiato in termini di diritto soggettivo, ma è sufficiente che sia riscontrabile la lesione di un interesse giuridicamente rilevante. Diventa allora cruciale stabilire in quali casi un interesse giuridicamente rilevante: a questo fine la corte precisa che occorre operare una valutazione e comparazione tra interessi in conflitto alla stregua del diritto positivo; In base a questo criterio non tutti gli interessi legittimi sono risarcibili, occorre infatti appurare se perfetto del provvedimento illegittimo risulti leso l’interesse al bene della vita al quale l’interesse legittimo si correla. Nel caso degli interessi legittimi oppositivi la connessione con un bene della vita, cioè la conservazione del bene o della situazione di vantaggio di fronte ad un provvedimento che mira a sacrificarlo o a limitarlo, è per così dire presupposta. Nel caso degli interessi legittimi pretensivi, la cui lesione può derivare sia dall’diniego illegittimo del provvedimento favorevole richiesto, sia del ritardo ingiustificato nell’adozione di quest’ultimo, il collegamento con il bene della vita richiede una valutazione più articolata; è infatti richiesto un giudizio cosiddetto prognostico. Il giudizio prognostico ha per oggetto la fondatezza o meno dell’istanza del privato volta ad ottenere il provvedimento favorevole; il giudizio richiede un esame della normativa di settore che disciplina quel particolare tipo di procedimento e ciò soprattutto per stabilire se e quali margini di discrezionalità sono riconosciuti all’amministrazione; il giudizio va condotto secondo un criterio di normalità, cioè prefigurando anche alla luce della situazione concreta di fatto l’esito del procedimento; una volta operato questo giudizio può risultare, in caso di prognosi negativa, che il privato è titolare di una semplice aspettativa non tutelata oppure, in caso di prognosi positiva, che egli si trovi in una situazione di oggettivo affidamento a conseguire il bene della vita ad opera di un provvedimento favorevole. Solo in quest’ultimo caso, che coincide tendenzialmente con i provvedimenti vincolati, negli interessi legittimi pretensivi sussiste un collegamento diretto con il bene della vita tale da renderli risarcibili. Il risarcimento è commisurato soltanto alla cosiddetta perdita di chances nei casi in cui non sia possibile accertare in termini di certezza assoluta, ma soltanto di probabilità, l’acquisizione o la conservazione del bene della vita in capo al titolare dell’interesse legittimo ove il potere fosse stato esercitato in modo legittimo. In ogni caso la chances per poter essere risarcibile, pur non richiedendo di essere espresso in percentuale di probabilità, deve tuttavia consistere in una concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato bene o risultato. La sentenza 500 1999 fornisce altri criteri per stabilire se un provvedimento illegittimo della pubblica amministrazione sia o meno riconducibile allo schema dell’Art.2043 c.c: - L’accertamento dell’illegittimità del provvedimento non integra in modo automatico il requisito della colpa. È richiesta un’indagine ulteriori che verifichi se l’illegittimità riscontrata derivi dalla violazione delle regole di imparzialità, correttezza e buona amministrazione.il giudice deve valutare le ragioni che hanno determinato l’illegittimità. - La colpa va riferita all’apparato nel suo complesso e non al funzionario agente. - La giurisprudenza ha cercato di semplificare l’onere probatorio in capo al danneggiato utilizzando le presunzioni semplici, rimesse al prudente apprezzamento del giudice e devono essere gravi, precise e concordanti. Il danneggiato per assolvere al proprio onere probatorio può invocare la stessa illegittimità come indice presuntivo della colpa; a questo punto, per superare la presunzione di colpa, spetta all’amministrazione produrre elementi indiziari che viceversa consentano di qualificare l’errore come scusabile. Un’ipotesi particolare di responsabilità sia nei casi nei quali l’amministrazione non conclude il procedimento avviato entro il termine previsto.le pubbliche amministrazioni sono tenute risarcimento del danno ingiusto in conseguenza dell’inosservanza dolosa colposa del termine di conclusione del procedimento; questa disposizione rafforza il principio della certezza del tempo dell’agire amministrativo. Possono darsi in astratto tre situazioni: la prima è che l’amministrazione abbia emanato nel termine è un provvedimento di diniego illegittimo e annullato dal giudice amministrativo e che essa abbia poi rilasciato il provvedimento favorevole in esecuzione della sentenza, in questo caso il ritardo è causato in modo diretto dal primo provvedimento di diniego e si tratta dunque di responsabilità da provvedimento illegittimo; la seconda è che l’amministrazione abbia rilasciato il provvedimento favorevole in ritardo, mentre la terza è che l’amministrazione abbia negato legittimamente il provvedimento richiesto, pur sempre in ritardo. In queste due ipotesi il danno da ritardo emerge come mero ritardo, poiché non è causato dal provvedimento. Sotto il profilo processuale l’azione per il risarcimento del danno da lesione di interesse legittimo, diversamente da quanto aveva statuito la sentenza 500 1999, rientra ormai nella giurisdizione del giudice amministrativo.inoltre essa può essere proposta insieme all’azione di annullamento o anche in modo autonomo. Il danno da ritardo rientra tra le materie attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. 4. La responsabilità amministrativa La responsabilità amministrativa Trova fondamento nel testo unico degli impiegati civili dello Stato secondo il quale l’impiegato è tenuto a risarcire l’amministrazione e i danni derivanti da violazioni di obblighi di servizio (danno erariale diretto). Un caso particolare di responsabilità amministrativa e quello dell’amministrazione condannato a risarcire il danno provocato a terzi da un proprio dipendente e chi agisce in via di regresso nei confronti di quest’ultimo (danno erariale indiretto). Secondo te che possono dare origine a danno erariale sono atipiche, anche se il legislatore, sempre più di frequente, individua alcuni comportamenti suscettibili di far sorgere la responsabilità amministrativa. Il regime della responsabilità amministrativa si distacca dal diritto comune e si caratterizza per avere carattere ibrido, a metà strada tra la responsabilità contrattuale ed extra contrattuale.essa ha una finalità essenzialmente risarcitoria, ma in alcuni emerge anche una finalità sanzionatoria. Quanto al campo di applicazione, sotto il profilo soggettivo, questo tipo di responsabilità vale per i funzionari, impiegati, agenti pubblici e amministratori delle amministrazioni pubbliche statali e non statali e di enti pubblici. In anni recenti la giurisprudenza della corte dei conti aveva esteso l’ambito della responsabilità amministrativa anche agli amministratori e dirigenti delle società per azioni in mano pubblica, sottoponendo così questi ultimi ad un doppio regime di responsabilità; cioè alla responsabilità in base al diritto societario e a quella per danno era reale.tuttavia la corte di cassazione a posto un limite a questo tipo di estensione, affermando che in linea di principio le società pubbliche non rientrano nel perimetro della responsabilità amministrativa. La responsabilità a natura personale, tuttavia in caso di dolo o quando le persone coinvolte hanno conseguito un illecito arricchimento la responsabilità è solidale. Sotto il profilo oggettivo, la responsabilità sorge in relazione ai fatti e alle omissioni commessi con dolo e colpa grave. Se il danno deriva da un provvedimento resta ferma comunque l’insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali. Ciò significa che se il provvedimento illegittimo la corte dei conti non può sostituire le proprie valutazioni in ordine alla opportunità e convenienza di una determinata scelta amministrativa.il sindacato della corte dei conti può riguardare tutti i profili di legittimità, incluso l’eccesso di potere nella molteplicità delle sue figure sintomatiche. È risarcibile non soltanto il danno provocato dall’amministrazione in cui è incardinato il dipendente ma più in generale il danno cagionato ad amministrazioni o enti diversi da quelli di appartenenza. In questo caso sia il cosiddetto danno obliquo che può emergere nel caso di un dipendente pubblico distaccato comandato presso un’altra amministrazione. il danno obliquo è coerente con una visione che tende a tutelare l’interesse erariale considerando il settore pubblico come un unico comparto. Diritto al risarcimento del danno si prescrive in cinque anni dalla data in cui il fatto si è verificato o in caso di occultamento doloso del danno dalla data della sua scoperta. Ai fini della quantificazione del danno vanno valutati anzitutto il the incremento patrimoniale o la mancata entrata da parte dell’amministrazione; adesso si aggiunge in alcuni casi il danno all’immagine dell’amministrazione. Il danno va liquidato scomputando i vantaggi comunque conseguiti dall’amministrazione di provenienza o da altre amministrazione o dalla comunità amministrata. Una particolarità del regime della responsabilità amministrativa consiste nel cosiddetto potere riduttivo in base al quale la corte può porre a carico dei responsabili tutto o parte del danno accertato o del valore perduto.sto potere consente di modulare la somma carico delle finanze personale del dipendente rispetto all’enormità dei danni potenziale all’amministrazione. Sotto il profilo processuale la responsabilità amministrativa viene accertata in giudizio innanzi alla corte dei conti complessivamente retta da un regime non omologabile ai modelli del codice civile. Essa costituisce un fattore di deterrenza che spesso ha effetti paralizzanti sull’azione amministrativa. atti posti in essere dalla persona fisica titolare dell’organo; questi ultimi dovrebbero essere ritenuti anche essi invalidi, tutta via per evitare gli inconvenienti di una siffatta eventualità, è stata elaborata la figura del funzionario di fatto, cioè di colui che pur in assenza di un’investitura formale esercita di fatto funzioni pubbliche. A questo punto è analizzare la struttura degli apparati pubblici. In primo luogo vanno richiamati alcune classificazioni: - Gli organi possono essere interni o esterni: gli organi esterni sono gli strumenti attraverso i quali la persona giuridica opera nei rapporti con altri soggetti dell’ordinamento; gli organi interni svolgono attività giuridiche propedeutiche alla formazione della volontà dell’amministrazione formalizzati in un atto emanato da un organo esterno. - Gli organi e uffici possono essere necessari o non necessari: a seconda che la loro istituzione sia prevista come obbligatoria delle norme che disciplinano l’organizzazione dell’ente; rientrano nella prima tipologia gli organi individuati direttamente dalla legge come il sindaco, la giunta e il consiglio comunale; nella seconda tipologia rientra nei cosiddetti ministri senza portafoglio. - Gli organi possono essere monocratici o collegiali: nel primo caso all’organo è preposta una sola persona fisica che ne assume la titolarità, come ad esempio il ministro o il sindaco; nel secondo caso ad esso è preposta una pluralità di persone fisiche che esprimono la volontà dell’apparato attraverso delibere assunte sulla base di regole già esaminate per quanto concerne gli atti collegiali. Gargani collegiali sono collegi perfetti ove sia stabilito che si possono deliberare solo se sono presenti tutti i componenti, anziché la metà +1 degli stessi. Le modalità previste per la nomina dei componenti dell’organo collegiale variano a seconda dei casi: ove prevalga l’esigenza di assicurare la rappresentanza di una pluralità di interessi pubblici o privati, le norme individuano i soggetti che possono designare uno o più componenti; in altri casi i componenti sono scelti su base elettiva; in altri casi ancora i componenti sono nominati in ragione di specifiche competenze tecniche; infine in qualche caso sono previsti meccanismi di cooptazione, cioè la sostituzione dei componenti cessati dall’incarico da parte di i componenti rimasti in carica. Anche la nomina dei titolari degli organi monocratici in alcuni casi e elettiva; in altri casi è affidata ad uno o più soggetti esterni; in altri casi ancora agli stessi organi collegiali. - In base al tipo di funzioni gli organi e uffici possono essere attivi, allorché emanano gli atti amministrativi correlati alle funzioni dell’ente o svolgono le attività materiali; consultivi, allorché esprimono pareri tecnici o giuridici; di controllo, come le strutture preposte al controllo di gestione. - Ricorrenti sono anche altre distinzioni: organi ordinari e straordinari, questi ultimi istituiti per svolgere funzioni particolari per un termo determinato; uffici semplici e complessi, i secondi composti da una pluralità di uffici semplici; uffici centrali e periferici; organi e uffici amministrativi e tecnici a seconda che svolgano attività che richiedono o meno particolari cognizioni tecniche. 3. Le amministrazioni pubbliche Accanto alle amministrazioni di tipo più tradizionali sono stati istituiti enti pubblici di vario tipo e, in epoca più recente, soggetti formalmente privati, ma sottoposti almeno in parte a regimi pubblicistici. Manca nel nostro ordinamento però una definizione legislativa di pubblica amministrazione alla quale si ricolleghi l’applicazione di un corpo di regole e principi omogeneo. Da qui dunque la necessità di costruire in via interpretativa, secondo un approccio funzionale, la nozione di pubblica amministrazione. Essa può essere desunta induttivamente dalle leggi amministrative settoriali che pongono definizioni o elenchi di enti e soggetti che rientrano nel loro campo di applicazione. Provare a sintetizzare i tratti caratterizzanti delle pubbliche amministrazioni ricavandoli tramite questo procedimento si può anzitutto dire che, in negativo, e se si collocano al di fuori del mercato, nel senso che non producono beni e servizi resi sulla base di prezzi che consentano di realizzare i ricavi atti a coprire i costi e a produrre utili. Impositivo la caratteristica propria della pubblica amministrazione è quella di produrre beni pubblici materiali o immateriali, quelli che cioè il mercato non è in grado di garantire in modo adeguato con finalità anche redistributive. il finanziamento di tali attività è posto in prevalenza a carico della collettività attraverso il ricorso alla tassazione.tali attività possono consistere a seconda delle funzioni attribuite alla singola amministrazione sia nell’emanazione di atti o provvedimenti amministrativi, sia in attività materiali, sia in erogazione di denaro. Una definizione di pubblica amministrazione è posta anche a livello europeo a proposito del principio di libera circolazione dei lavoratori; il trattato sul funzionamento degli oneri europea esclude l’applicazione di tale libertà agli impieghi nella pubblica amministrazione.tuttavia la nazione europea si riferisce solo al nucleo ristretto di incarichi e di figure professionali che partecipano in modo diretto o indiretto all’esercizio dei poteri pubblici e alla tutela degli interessi generali dello Stato. a) Lo Stato La struttura amministrativa portante dello Stato è costituita dai ministeri. Il modello originario di ministero, al cui vertice si colloca il ministro, punto di raccordo tra politica e amministrazione e di collegamento con il circuito politico rappresentativo, si connotava per la sua compattezza e unitarietà, secondo il principio gerarchico. Nel corso dei decenni i ministeri hanno mutato fisionomia; infatti il loro numero è aumentato e molte loro funzioni sono state trasferite alle regioni e agli enti locali; inoltre la loro organizzazione è divenuta meno compatta e omogenea e il principio gerarchico è stato sostituito dal principio della distinzione tra politica e amministrazione. Ai sensi dell’Art 95 Cost spetta alla legge determinare il numero, le attribuzioni e l’organizzazione dei ministeri. La disciplina generale dei ministeri è contenuta nel decreto legislativo 300 1999; esso contiene l’elenco completo dei ministeri, pone una disciplina generale della loro organizzazione centrale e periferica, specifica le attribuzioni e le principali aree funzionali dei singoli ministeri. Ciascun ministero è disciplinato poi da un regolamento governativo che ne specifica l’organizzazione. Accanto ai ministeri indicati in tale decreto possono essere preposti a singoli uffici o dipartimenti della presidenza del Consiglio dei Ministri, i cosiddetti ministri senza portafoglio, che non sono a capo di un dicastero e che esercitano solo funzioni delegate dal presidente del consiglio dei ministri. Organizzazione dei ministeri e di due tipi a seconda che le strutture di primo livello siano formate da dipartimenti o da direzioni generali. Il modello dipartimentale è previsto per i ministeri preposti ad una pluralità di ambiti di intervento, mentre quello per direzioni generali riguarda ministeri con competenze più omogenee e circoscritte. I dipartimenti assicurano l’esercizio organico e integrato di funzioni e compiti finali riguardanti grandi aree di materie omogenee; ad essi è preposto un capo di dipartimento che coordina gli uffici di livello dirigenziale generale afferenti al singolo Dipartimento.l’incarico di capo di dipartimento ha una connotazione marcatamente fiduciaria ed è conferito con un procedimento che coinvolge i vertici istituzionali dell’ordinamento. I ministeri strutturati in direzioni generali possono prevedere come figura di coordinamento un segretario generale, nominato con le stesse modalità dei capi Dipartimento, che funge da raccordo tra ministero e dirigenti preposti alle direzioni generali. In tutti i ministeri sono istituiti uffici di diretta collaborazione con il ministro; alcuni compiti dei ministri possono essere delegati i sottosegretari di Stato. In aggiunta a quelle centrali, fanno parte dell’organizzazione di alcuni ministeri anche strutture periferiche, di regola a livello provinciale che realizza nel cosiddetto decentramento burocratico. La principale struttura periferica è la prefettura; a questo ufficio, che ha il compito di assicurare l’esercizio coordinato dell’attività amministrativa degli uffici periferici dello Stato e la reale collaborazione con gli enti locali, è preposto il prefetto sottoposta alle direttive del presidente del consiglio dei ministri e dei singoli ministri. A livello regionale, il raccordo con lo Stato è assicurato dal commissario del governo, con sede in ciascun capoluogo regionale, che dipende funzionalmente dalla presidenza del Consiglio dei Ministri. Rispetto allo Stato, dotato di personalità giuridica, i singoli ministeri possono essere definiti come organi.ciò anche se ad essi è riconosciuta, per consuetudine, una legittimazione sostanziale e processuale autonoma che assimila il loro regime a quello degli enti in senso proprio. Afferiscono all’organizzazione dei ministeri le agenzie, definite come strutture preposte allo svolgimento di attività a carattere tecnico-operativo di interesse nazionale. Esse godono di autonomia operativa, ma sono sottoposte ai poteri di indirizzo e di vigilanza di un ministro. Dispongono di un organico di un bilancio propri, sono disciplinate da uno statuto approvato con regolamento governativo che definisce le attribuzioni del direttore generale e i poteri di vigilanza del ministro. Una specie particolare di agenzia è costituita dalle agenzie fiscali, cioè l’agenzia delle entrate, l’agenzia delle dogane, l’agenzia del territorio, l’agenzia del demanio.a differenza delle altre, le agenzie fiscali hanno personalità giuridica di diritto pubblico autonoma. Alle agenzie fiscali è preposto un comitato di gestione composto da quattro membri e dal direttore generale. Alcuni ministeri già dall’inizio del secolo scorso istituirono al proprio interno strutture, definite aziende, preposte all’esercizio di attività di erogazione di servizi pubblici.le aziende in questione venivano qualificate come aziende-organo, poiché erano prive di personalità giuridica piena. Quasi tutte queste aziende furono successivamente trasformate dapprima in enti pubblici economici e poi in società per azioni. Le agenzie dell’ultima generazione si differenziano dal modello tradizionale delle aziende speciali perché sono titolari soprattutto di funzioni di regolazione e amministrative in ambiti particolari. C’è uno specifico passato le strutture afferenti alla presidenza del consiglio dei ministri, che può essere assimilata solo in parte le strutture ministeriali in quanto dotata di autonomia e flessibilità organizzative più accentuate. Essa si compone di una serie di dipartimenti e uffici posti alle dipendenze di un segretariato generale preposto alla gestione delle risorse umane e strumentali.le strutture della presidenza curano i rapporti con il parlamento, con gli organi costituzionali con le istituzioni europee con il sistema delle autonomie, il coordinamento dell’attività amministrativa del governo, la promozione delle pari opportunità. Presso la presidenza del consiglio operano anche la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonomi di Trento e Bolzano e la conferenza Stato, città e autonomie locali.tali conferenze hanno ruoli prevalentemente di coordinamento e consuntivi. Al segretariato generale afferisce l’avvocatura dello Stato; si tratta di un organo ausiliario di rango non costituzionale che ha una duplice funzione: di consulenza generale e di rappresentanza legale in giudizio delle amministrazioni statali. b) Gli enti territoriali: i comuni, le provincie, le regioni I principi fondamentali per l’allocazione delle funzioni tra i vari livelli di governo sono la sussidiarietà verticale, la differenziazione ed adeguatezza. L’assetto ordinamentale dei rapporti tra Stato, regioni ed enti locali non segue il modello a cascata; piuttosto il modello recepito anche dalla costituzione è quello triangolare, visto che anche i comuni intrattengono rapporti istituzionali diretti con lo Stato, non mediati dalle regioni. In volgono profili prevalentemente costituzionali, da un lato, i metodi per la scelta dei componenti del consiglio comunale, provinciale e regionale e per la scelta del sindaco e dei presidenti della regione; dall’altro gli stessi rapporti interni tra consiglio, giunta e organo monocratico. Dal punto di vista del diritto amministrativo, gli enti locali e le regioni rilevano soprattutto perché costituiscono una particolare categoria di enti pubblici. Si tratta in primo luogo di enti necessari, nel senso che essi sono istituiti obbligatoriamente in tutto il territorio nazionale.in secondo luogo sono enti di appartenenza necessaria, poiché ogni cittadino trova un riferimento stabile in ciascuno di essi. In terzo luogo sono enti a competenza generale, perché possono curare gli interessi della popolazione di riferimento con una certa libertà; hanno cioè il potere di individuare le proprie priorità nell’ambito delle funzioni a essi assegnate e di mettere in opera gli strumenti necessari per il raggiungimento dei propri fini. In quarto luogo si tratta di enti inseriti integralmente nell’ordinamento amministrativo poiché tutti i loro atti normativi e non normativi sono sempre e necessariamente atti formalmente amministrativi. Per quanto riguarda l’ordinamento degli enti locali, oggi esso è disciplinato dal testo unico sugli enti locali approvato nel 2000. La costituzione definisce gli enti locali come enti autonomi, nell’ambito dei principi fissati da leggi generali della Repubblica, che ne determinano le funzioni, cioè, in pratica, nei limiti stabiliti dallo Stato. Il disegno costituzionale autonomistico a trovato attuazione solo a partire dagli anni 90 del secolo scorso con il riconoscimento in particolare di un’autonomia statutaria e con l’attribuzione ad essi di un maggior numero di funzioni in conformità al principio di sussidiarietà verticale. - Enti pubblici disciplinati da leggi generali e enti pubblici di tipo singolare: tra i primi rientrano le camere di commercio, industria e artigianato, la legge generale assicura un’omogeneità di struttura a enti che insistono su tutto il territorio nazionale; tra gli enti a statuto singolare rientrano ad esempio l’ente nazionale di assistenza al volo, il comitato olimpico nazionale Italiano, l’Istituto nazionale di statistica, le leggi istitutive di singoli enti nei configurano le funzioni e le organizzazione. - Enti pubblici nazionali e regionali: a seconda che si tratti di enti istituiti dal livello statale o inseriti nell’ambito dell’ordinamento regionale. - Enti di tipo associativo e non associativo: i primi sono enti esponenziali di categorie o di gruppi, in molti di essi sono previsti organi di tipo rappresentativo; gli enti non associativi hanno natura patrimoniale e sono gestiti generalmente da un consiglio di amministrazione con componenti nominati da ministeri e enti di riferimento individuati dalla legge o dallo statuto. Gli enti di tipo associativo hanno riconosciuto generalmente ambiti di autonomia maggiori. - Enti pubblici non economici ed economici: Gli enti pubblici non economici si connotano anzitutto per essere istituiti per realizzare uno scopo specifico e in questo si differenziano dagli enti territoriali che hanno vocazione generale.inoltre sono sottoposti a poteri di vigilanza ed indirizzo più o meno penetranti da parte dei ministeri o delle regioni, per questo motivo, viene usato talvolta l’espressione enti strumentali.ancora, le risorse finanziarie di cui dispongono provengono in modo diretto o indiretto da fonti erariali e pertanto non operano nel mercato. Gli enti pubblici economici hanno come particolarità che la loro attività a natura imprenditoriale ed è retta dal diritto privato. Inoltre, ai dipendenti di questi enti non si applica la disciplina generale dei dipendenti pubblici. Tuttavia, poiché la loro istituzione giustifica comunque per il perseguimento di finalità pubblicistiche, anche essi sono sottoposti a poteri di indirizzo di controllo da parte dei ministeri e di altri soggetti pubblici. In seguito ai processi di liberalizzazione e di privatizzazione, Quasi tutti gli enti pubblici economici sono stati o soppressi o trasformati in società per azioni. Essi oggi costituiscono una categoria marginale nel panorama degli enti pubblici. Anche alcune categorie di enti pubblici non economici in anni recenti sono stati privatizzati pur mantenendo funzioni di tipo pubblicistico. Così, in particolare le istituzioni di assistenza e beneficenza hanno riacquistato la loro natura privatistica. Ciò in seguito a una sentenza della corte costituzionale che ha ritenuto incostituzionale la trazione nell’orbita dei poteri pubblici di organismi di tipo associativo o fondazionale di antica tradizione promossi da soggetti privati. Simile è la vicenda delle fondazioni bancarie, istituite in seguito al processo di privatizzazione delle banche pubbliche.queste ultime furono trasformate in società per azioni e i loro pacchetti azionari vennero attribuiti appunto alle fondazioni bancarie che la legge qualifica come enti pubblici. In seguito a due sentenze della corte costituzionale alle fondazioni bancarie è stata riconosciuta la natura privata e un’ampia autonomia. Ultimo esame da considerare è la distinzione tra enti pubblici ed enti privati. Tale distinzione ha acquisito nuova rilevanza in relazione ad una tendenza giurisprudenziale recente che tende a qualificare come enti pubblici anche talune società per azioni a partecipazione pubblica, soprattutto al fine di stabilire se gli atti da essere emanati ricadono nella giurisdizione del giudice amministrativo o in quello ordinario. Per risolvere le questioni relative alla qualificazione pubblica o privata di un ente e la teoria degli indici della pubblicità. Infatti in assenza di un criterio univoco si ricorre ad un metodo induttivo che pone l’accento su una pluralità di caratteristiche, nessuna delle quali, presa singolarmente, appare risolutiva. Tra i vari indici ho sintomi della pubblicità possono essere richiamati i seguenti: Istituzione per legge; il fine pubblico che l’ente deve perseguire; il rapporto di strumentalità con lo Stato o con un ente territoriale, in ragione del quale l’ente sottoposto a poteri di indirizzo e di controllo; l’attribuzione per legge di poteri pubblicistici; il finanziamento a carico dell’erario; il carattere necessario dell’ente, cioè il fatto che la sua esistenza e per legge obbligatoria perché legata alla natura pubblica delle funzioni affidate. 5. Le autorità indipendenti Le autorità amministrative indipendenti si connotano per un marcato grado di indipendenza dal potere esecutivo; l’indipendenza è garantita anche nei confronti degli interessi privati. Per quanto concerne le ragioni dell’indipendenza, una prima regione si riallaccia al dibattito politico-costituzionale si cosiddetti poteri neutri; la tesi è che non tutti gli apparati pubblici devono mantenere un collegamento stretto con il circuito politico rappresentativo in quanto si è notato che isolare la regolazione di settore dalle influenze della politica e dalla pressione degli interessi privati assicura maggiore stabilità e coerenza alle regole che disciplinano i singoli mercati. Una seconda ragione si riallaccia all’esigenza di garanzia rafforzate per taluni valori costituzionali nei settori cosiddetti sensibili. L’indipendenza si giustifica in terzo luogo per la necessità di prevenire i conflitti di interesse tra Stato regolatore, che deve fungere da arbitro neutrale tra le imprese concorrenti, è stato imprenditore, proprietario di imprese pubbliche, che ha invece interesse a favorire il loro sviluppo anche a scapito di quelle concorrenti. Gli strumenti che tendono a garantire l’indipendenza si desumono dalle leggi istitutive delle singole autorità. In primo luogo le autorità indipendenti intrattengono un legame istituzionale privilegiato con il parlamento piuttosto che con il governo; a quest’ultimo è precluso ogni potere di direttiva e di indirizzo. Le autorità svolgono un ruolo attivo di consulenza nei confronti del parlamento attraverso il potere di segnalazione e di proposta finalizzato a sollecitare gli interventi legislativi ritenuti necessari nelle materie di competenza. Un secondo presidio deriva dalla disciplina degli organi; anzitutto il carattere collegiale assicura una minor influenza abilità delle decisioni; in secondo luogo i componenti sono scelti in base ai requisiti di professionalità, competenza e indipendenza; in terzo luogo la durata in carica dell’organo è particolarmente lunga e ciò garantisce un disallineamento rispetto al cielo elettorale e dunque un distacco maggiore dagli equilibri politici del momento; a ciò si aggiunge la regola secondo la quale i componenti dell’organo non possono essere confermati per un secondo mandato. Un terzo presidio è dato dall’ampia autonomia organizzativa, funzionale e finanziaria delle autorità; le leggi istitutive prevedono infatti che esse operano in piena autonomia i con indipendenza di giudizio e di valutazione. Un quarto presidio è l’inserimento in un circuito di autorità funzionali che fa capo a un regolatore europeo previste nei trattati con il diritto derivato. Per quanto riguarda i tratti più caratteristici del regime dell’autorità indipendenti, il primo è che esse derogano al principio della separazione dei poteri. Inoltre l’attribuzione di poteri di regolazione molto estesi e resa necessaria in considerazione della già segnalata crisi della legge come strumento di disciplina di attività soggette a rapidi mutamenti tecnologici e di mercato; di contro, alla regola di poteri quasi in bianco da parte del parlamento, corrisponde un’amplissima potestà normativa secondaria. Inoltre le autorità sono dotate di poteri amministrativi che hanno per destinatario singole imprese. Infine esse svolgono funzioni di tipo giudiziale; i consumatori o utenti possono infatti proporre reclami e attivare altre forme di risoluzione delle controversie alternativa alla giurisdizione nei confronti delle imprese regolate. Un secondo tratto distintivo è che esse esercitano i loro ampi poteri in forme para giudiziali; le leggi istitutive prevedono infatti garanzie del contraddittorio rinforzate, cioè eccedenti la soglia minima posta dalla legge 241 1990. Ciò vale anzitutto per i procedimenti di tipo individuale, per i quali sono previsti in molti casi la verbalizzazione, il contraddittorio orale e persino la separazione tra funzioni istruttorie e funzione decisorio. Contraddittorio costituiscono per l’autorità indipendenti un fattore di legittimazione fatto a bilanciare la mancanza di un collegamento diretto dell’autorità al circuito politico-rappresentativo. Le Autorità indipendenti possono essere suddivise in tre categorie. a) Autorità di tipo generalista Esse esercitano i loro poteri in modo trasversale nei confronti di tutte le imprese o di altri soggetti pubblici o privati. I principali sono l’autorità garante della concorrenza del mercato e il garante per la protezione dei dati personali. La prima fu istituita nel 1990 e le funzioni principali dell’autorità antitrust sono quelle relative all’applicazione della disciplina della concorrenza nei confronti delle imprese, private e pubbliche, operanti in tutti i mercati. Te l’autorità applica in modo di centrato anche le regole del trattato sul funzionamento dell’Unione Europea in materia di concorrenza. L’autorità investita di poteri di accertamento e di repressione delle violazioni; essi sollecitati dall’autorità di problemi e si sostanzi a nella emanazione di provvedimenti inibitori, ordinatori e sanzionatori. I suoi atti sono impugnabili innanzi al giudice amministrativo. I poteri dell’autorità sono in gran parte riferiti a comportamenti illeciti già posti in essere dall’imprese. L’autorità titolare anche di poteri di segnalazione al parlamento e al governo di distorsioni della concorrenza causati da leggi, regolamenti o atti amministrativi generali e di emanazione, di propria iniziativa, i pareri sulle misure necessarie per rimuoverle o prevenirle. Nel corso degli anni il legislatore ha esteso il campo d’azione dell’autorità; in primo luogo le sono state attribuite funzioni di tutela dei consumatori in relazione alle pratiche commerciali scorrette; in secondo luogo gli sono stati attribuiti poteri di verifica dei conflitti di interessi relativi ai titolari di cariche di governo. All’autorità è stato attribuito anche il potere di impugnare innanzi al giudice amministrativo tutti i provvedimenti generali individuali assunti in violazione delle norme a tutela della concorrenza. Il garante per la protezione dei dati personali, istituito nel 1996 è preposto all’applicazione del codice in materia di protezione dei dati personali, che è stato interamente visitato dal regolamento UE del 2016. Il garante opera in stretto coordinamento con il comitato europeo per la protezione dei dati istituzionali ed è titolare di poteri normativi e di poteri amministrativi molto estesi. I primi consistono principalmente nella facoltà di emanare linee guida che indicano le misure organizzative e tecniche di attuazione dei principi del regolamento europeo.poteri amministrativi individuali sono individuati in gran parte direttamente dal regolamento e includono il potere di ordinare la rettifica, la cancellazione di dati personali o la limitazione del trattamento di dati; di rivolger e ammonimenti o di in giungere al titolare del trattamento; di effettuare l’accreditamento degli organismi per il controllo dei codici di condotta; di irrogare sanzioni amministrative. Il garante è anche titolare di poteri di indagine e a compiti di consulenza alle istituzioni e di promozione della consapevolezza e della comprensione del pubblico in materia di privacy. Il garante è legittimato ad agire in giudizio nei confronti del titolare o del responsabile del trattamento in caso di violazione della normativa in materia. b) Autorità di tipo settoriale Si deve fare riferimento alle attività preposte alla vigilanza e alla regolazione dei mercati finanziari; e se trovano una disciplina minima unitaria nella cosiddetta legge sul risparmio del 2005. La Banca d’Italia, restituita in forma privatistica a fine ottocento, acquisì progressivamente i caratteri di istituzione pubblica con due tipi di funzioni: di Banca centrale e busta al governo della moneta ai fini di garantire la stabilità; di autorità di vigilanza sugli istituti di credito al fine di garantirne la solvibilità. La prima funzione è oggi attratta a livello europeo nel sistema europeo delle banche centrali; le singole banche centrali nazionali, secondo lo statuto della BCE, costituiscono parte integrante del sistema europeo delle banche centrali e agiscono secondo gli indirizzi e le istruzioni della BCE. La seconda funzione è disciplinata oggi dal testo unico delle leggi bancarie e creditizie che attribuisce alla Banca d’Italia una pessima gamma di poteri: normativi, amministrativi come, per esempio, l’autorizzazione all’esercizio dell’attività bancaria, poteri ispettivi, prescrittivi, sanzionatori. Attualmente molti poteri amministrativi della Banca d’Italia sono gestiti o trasferiti alla Banca centrale europea. Il CONSOB svolge funzioni di vigilanza e di regolazione e di controllo sulla trasparenza e correttezza dei comportamenti degli intermediari, sui mercati e sui prodotti finanziari. Tale autorità e titolari di poteri normativi e amministrativi molto estesi e opera in coordinamento stretto con le autorità finanziarie dei paesi europei in particolare partecipa attivamente ai processi di regolazione comunitaria del CERS e dell’ESC, del quale fanno parte rappresentanti dei ministeri delle finanze. L’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni è sorto nel 2012 è una peculiarità di tali autorità è che è preceduto dal direttore centrale della Banca d’Italia e a come organo di indirizzo il direttorio ammessa la delega di funzioni da parte di un ente nei confronti di un altro che le svolge in proprio nome ma per conto e nell’interesse dell’ente delegante. - Avvali mento: figura organizzativa in base alla quale un ente o un ufficio di un ente mette a disposizione la propria organizzazione a supporto dell’esercizio di funzioni o attività proprie di un altro ente che esercita poteri di direzione e di controllo nei confronti dell’ente o ufficio in relazione all’attività svolte a titolo ausiliario. 8. Il disegno organizzativo degli enti e lo spazio regolatorio Il disegno organizzativo degli enti pubblici consiste in una griglia di parametri e di indicatori che consentono di inquadrare comparativamente qualsiasi tipo di apparato pubblico. Un primo indicatore si riferisce alle fonti che disciplinano l’apparato; l’analisi delle fonti consente di valutare anzitutto i margini di autonomia dell’ente pubblico. Un secondo parametro riguarda la tipologia di organi previsti per ciascun ente, le modalità di nomina dei titolari dei medesimi e la ripartizione tra essi delle competenze. Fino ad anni relativamente recenti erano prevalenti i modelli organizzativi che attribuivano gran parte di poteri ad organi assembleari o comunque ad organi amministrativi collegiali; preso poi piede modelli che tendono a concentrare i poteri gestionali in organi monocratici o a composizione ristretta, secondo una visione manageriale tesa a prendere le decisioni più rapide e meno influenzabili dalla politica. Un terzo criterio prende in considerazione le funzioni e i poteri attribuiti all’ente; si spazia così da apparati preposti all’esercizio di funzioni propriamente amministrative, ad apparati preposti soprattutto all’erogazione di servizi che avrò prevalentemente con strumenti contrattuali o attraverso l’erogazione di prestazioni. Un quarto criterio analizza i controlli e la vigilanza ai quali è sottoposto l’ente. Un quinto indicatore è costituito dalle risorse finanziarie sulle quali può fare affidamento l’ente. Disegno organizzativo tende a fornire un’immagine statica di ciascun apparato; la sua collocazione nel cosiddetto spazio regolatorio tende invece a cogliere l’aspetto dinamico all’interno di un sistema complesso di relazioni.infatti, nessun attore della cosiddetta arena pubblica agisce in modo isolato. È utile dunque cercare di cogliere la posizione che, aldilà dei vincoli normativi, concretamente ciascuno di essi è in grado di occupare. Lo spazio regola serio richiede una mappatura delle relazioni formali e informali di ciascun apparato con gli altri apparati e attori istituzionali in modo da cogliere i legami e le influenze reciproche. CAPITOLO IX I SERVIZI PUBBLICI 1. Premessa Il modello originario di organizzazione dei servizi pubblici aveva due caratteristiche: la prima è l’introduzione per legge di un regime di riserva originaria dell’attività a favore dello Stato, tale da escludere lo svolgimento da parte dei privati in regime di concorrenza; la seconda caratteristica è la gestione diretta del servizio, tramite aziende speciali interne allo Stato, o in diretta per mezzo di enti pubblici economici da parte dei pubblici poteri. In coerenza con una visione del diritto pubblico e improntata alla centralità dello Stato la dottrina elaborò inizialmente la concezione soggettiva di servizio pubblico, secondo la quale quest’ultimo si riferisce alle attività svolte dallo Stato a fini sociali in forme non autoritativi. Più precisamente per servizio pubblico si intendeva un’attività: tesa a soddisfare un bisogno di interesse generale della collettività; assunta come compito proprio e svolta da un soggetto formalmente pubblico; sottoposta ad un regime giuridico speciale. Secondo tale concezione il servizio pubblico finiva per includere gran parte delle attività dello Stato che non avessero natura di pubblica funzione. Progressivamente, con l’affievolirsi dell’impostazione statalista, la concezione soggettiva del servizio pubblico di venire eccessiva rispetto alla concezione oggettiva che è oggi prevalente sia in dottrina si è giurisprudenza. La concezione oggettiva è più in linea con il principio di sussidiarietà orizzontale; essa pone l’accento sul tipo di attività, connotata per la sua finalizzazione al benessere della collettività, a prescindere dal fatto che essa si è svolta da un soggetto pubblico o da soggetti privati. A questo punto è opportuno tenere conto di due classificazioni generali. In primo luogo i servizi pubblici possono essere suddivisi, già in base al diritto europeo, in servizi aventi una rilevanza economica (trasporti, energia elettrica, telecomunicazioni) e servizi non economici (scuola, sanità, assistenza sociale). I primi sono suscettibili di essere esercitati in forma imprenditoriale e si prestano più naturalmente ad essere gestiti da soggetti privati in regime di concorrenza. Di secondi si fanno carico in genere direttamente le pubbliche amministrazioni con oneri a capo della fiscalità generale. Una seconda distinzione è tra servizi a fruizione collettiva necessaria e servizi a fruizione individuale. I primi si riferiscono ai beni non escludibili, Cioè beni che se sono disponibili per uno, lasciano necessariamente per tutti. Questi servizi sono erogati sulla base di atti che instaurano una relazione bilaterale tra pubblica amministrazione e gestori del servizio (caso dell’illuminazione pubblica) e vengono erogati alla collettività gratuitamente. Nei secondi il gestore del servizio intrattiene una relazione giuridica anche con gli utenti del servizio, ai quali viene richiesto usualmente un corrispettivo commisurato alle prestazioni effettivamente rese (il biglietto dell’autobus). 2. Servizi di interesse generale nel diritto europeo La disciplina europea in materia di servizi pubblici si fonda su due direttrici principali. Secondo la prima direttrice i servizi di interesse generale costituiscono anzitutto elementi essenziali per garantire la coesione sociale e territoriale e salvaguardare la competitività dell’economia europea. Tali servizi sono menzionati dalla carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea che richiama specificamente il diritto ad accedere all’assistenza sociale, alla prevenzione sanitaria e alle cure mediche e ai servizi di interesse economico generale. a differenza di quanto accade in altri ordinamenti servizi pubblici sono dunque un elemento caratterizzante del modello europeo di società. La seconda direttrice e fa riferimento al fatto che il trattato sul funzionamento dell’Unione Europea pone come regola generale l’applicazione delle regole comuni in materia di concorrenza, che ammette deroghe in base al principio di proporzionalità, sono i limiti dello stretto necessario per il conseguimento degli scopi di interesse pubblico che gli Stati membri si prefiggono. gli Stati membri sono peraltro liberi di individuare le attività da annoverare tra i servizi pubblici e le modalità di erogazione dei medesimi. Il diritto europeo pone anzitutto una distinzione tra servizi di interesse economico generale, che riguardano beni o servizi offerti in un determinato mercato, i servizi non economici di interesse generale, che invece si collocano fuori dal mercato. I primi rientrano nel genere dei servizi, definiti come prestazioni fornite normalmente dietro retribuzione. A livello europeo si è sempre evitato di fornire un elenco esaustivo di servizi che ricadono nella prima nella seconda categoria; ciò perché l’esistenza o inesistenza di un mercato dipende in alcuni casi la scelte organizzative dei singoli membri. La classificazione europea coincide sostanzialmente con alcune distinzioni di diritto interno, come quella tra servizi di rilevanza economica e non economica emersa nella legislazione sui servizi pubblici locali. Negli anni 90 sono intervenute direttive europee di settore volte a liberalizzare i servizi di interesse economico generale. In questione hanno cioè aperto il mercato alla concorrenza troppi operatori.esse tendono ad assicurare che il raggiungimento degli obiettivi del servizio pubblico avvenga nel rispetto dei principi del mercato aperto alla libera concorrenza tra gli operatori. A questo fine le direttive prevedono che le autorità nazionali di regolazione siano dotate di poteri adeguati che includono la determinazione di standard minimi relativi ai servizi, la fissazione di tariffe, sistemi di autorizzazione o di concessioni, contratti di servizio. Le direttive di liberalizzazione operano una distinzione tra concorrenza nel mercato e concorrenza per il mercato, attribuendo la prima una priorità rispetto alla seconda. La concorrenza nel mercato riguarda i servizi pubblici per i quali la fornitura del servizio può essere svolta da una pluralità di operatori in concorrenza. E ciò sulla base di un semplice provvedimento di autorizzazione non discrezionale volto a verificare il possesso di requisiti tecnici ed economici mini necessari (trasporti aerei, ferroviari e servizi di telefonia). La concorrenza per il mercato si riferisce alle situazioni nelle quali per ragioni tecniche o economiche servizio pubblico può essere svolto in modo efficiente da un solo operatore.l’attribuzione del servizio avviene in seguito ad una procedura competitiva di affidamento della concessione alla quale possono partecipare tutti i potenziali interessati. Ciò accade per esempio nei casi della distribuzione dell’energia elettrica livello locale, della gestione delle reti e delle infrastrutture. I servizi di interesse economico generale, nella visione europea, possono essere gestiti sia da imprese private, sia da imprese pubbliche; infatti il diritto europeo non opera alcuna preferenza tra proprietà pubblica o privata delle imprese. 3. La regolazione e le forme di gestione dei servizi pubblici La disciplina dei servizi pubblici ha per oggetto tre fasi: l’assunzione, la regolazione, la gestione. L’assunzione di un’attività come servizio pubblico è il frutto di una decisione politica che mette in opera interventi di regolazione volte a garantire livelli minimi qualitativi e quantitativi delle prestazioni. Se necessario vengono messe a disposizione anche risorse pubbliche. Riemerge in questo caso una colorazione soggettiva del servizio pubblico, nel senso che l’atto di assunzione del servizio costituisce una responsabilità esclusiva dello Stato e degli enti locali. Telefono a questo riguardo due caratteri della nozione di servizio pubblico che rendono difficile offrirne una definizione precisa: la storicità e la relatività. Quanto alla nostra città, i beni e servizi essenziali per il benessere della collettività da considerare i servizi pubblici variano nel tempo in base alle esigenze della società e alla situazione di mercato concreta; quanto alla relatività, a livello locale, atteso che il contesto economico e sociale è differenziato, muta il perimetro del servizio pubblico. Non esiste in definitiva una nozione univoca di servizio pubblico tale da distingue la nettamente dalla normale attività di impresa. Una volta che una determinata attività viene assunta dei pubblici poteri come servizio pubblico, si pone il problema della regolazione. Essa è funzionale alla raggiungimento degli obiettivi di interesse pubblico e alla tua tieni concreto dei principi giuridici in materia di servizi pubblici. Per quanto concerne la regolazione interviene in primo luogo il principio di doverosità; i pubblici poteri si fanno i fatti carico del compito di garantire direttamente o indirettamente alla collettività l’erogazione del servizio secondo criteri quantitativi e qualitativi predeterminati. A questo fine i fornitori di servizi sono sottoposti a obblighi di servizio stabiliti in modo puntuale in atti di regolazione. Un secondo principio è quello della continuità: l’erogazione del servizio non può infatti essere interrotta arbitrariamente. Un terzo principio è quello della parità di trattamento; tutti gli utenti hanno finito ad accedere al servizio e ad ottenere prestazioni di eguale qualità. Il gestore del servizio deve applicare condizioni tendenzialmente omogenee ai fruitori. Un quarto principio è quello della universalità; di regola le prestazioni correlati al servizio pubblico devono essere garantite tendenzialmente a tutti, a prescindere dalla localizzazione, dalla fascia sociale. Le imprese che gestiscono servizi pubblici, a differenza delle altre, non possono operare scremature offrendo loro prestazioni esclusivamente a favore delle fasce clienti o delle aree territoriali più profittevoli. All’interno del perimetro del servizio pubblico in alcuni settori il regolatore individua un nucleo più ristretto di prestazioni minime che costituiscono il cosiddetto servizio universale che devono essere erogate anche se producono perdite. Il costo della fornitura del servizio universale viene usualmente ripartito tra tutti i gestori secondo criteri predeterminati. Le prestazioni più sofisticati non incluse nel perimetro del servizio universale non devono invece essere fornite a tutti i richiedenti se ritenute non remunerative. Un quinto principio è quello dell’abbordabilità; il servizio deve essere cioè fornito agli utenti a prezzi accessibili. Un sesto principio è quello della economicità, in base al quale il gestore del servizio deve essere posto nella condizione di svolgere l’attività in modo imprenditoriale, con la possibilità di conseguire un margine ragionevole di utile.questo principio vincola il regolatore, nei casi in cui il I servizi pubblici locali sono definiti con una formulazione normativa molto ampia che include tutti i servizi che abbiano per oggetto la produzione di beni e attività rivolte a realizzare i fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali. Le delibere in tema di organizzazione dei servizi sono attribuite alla competenza del consiglio comunale o provinciale. In base alle disposizioni legislative del testo unico le forme di gestione sono essenzialmente tre: le società di capitali individuate mediante una procedura a evidenza pubblica, le società a capitale misto pubblico-privato con selezione del socio privato attraverso procedure a evidenza pubblica, le società in-house. I servizi locali privi di rilevanza economica erano disciplinati dall’Art 113 del testo unico degli enti locali che prevedeva che si potessero essere gestiti mediante affidamenti diretti ad aziende speciali, istituzioni, a società in house. La disposizione è stata ritenuta incostituzionale perché invasiva delle competenze legislative delle regioni alle quali spetta dunque individuare i modelli di gestione. 6. Il servizio sanitario nazionale, il servizio scolastico e i servizi sociali Servizio sanitario nazionale È istituito in attuazione dell’Art 32 Cost. A livello europeo il trattato sul funzionamento dell’Unione Europea attribuisce a quest’ultima la competenza a svolgere azioni intese a sostenere, coordinare o completare l’azione degli Stati membri in vari settori tra i quali la tutela e il miglioramento della salute umana. La legge istitutiva 833 1978 tra ispirazione da una concezione universalistica, e qualità di ogni comprensiva del servizio sanitario.esso è definito come il complesso delle funzioni, delle strutture, dei servizi e delle attività destinate alla promozione, al mantenimento e al recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione. Le prestazioni offerte dal servizio sanitario nazionale includono sia servizi di tipo erogative sia attività amministrative in materia di igiene, sicurezza sul lavoro e ambientale. Il finanziamento è posto a carico della collettività e della fiscalità generale; negli anni più recenti sono stati però introdotte forme di partecipazione della spesa a carico dei singoli utenti e forme di autofinanziamento regionali. All’organizzazione del servizio concorrono: lo Stato, al quale sono riservate competenze programmatorie; le regioni, che hanno la responsabilità primaria di organizzazione del servizio e alle quali sono attribuite tutte le funzioni e i compiti amministrativi in tema di salute umana; gli enti locali, che hanno un ruolo più limitato. Allo Stato compete in particolare la definizione dei livelli delle prestazioni essenziali volti a garantire un minimo di omogeneità su tutto il territorio nazionale, le funzioni programmatorie si concretizzano nell’adozione di un piano sanitario nazionale e allo Stato compete anche l’elaborazione di uno schema generale di riferimento per la redazione della carta dei servizi sanitaria adottata dalle singole strutture sanitarie. Alle regioni spettano le funzioni legislative e amministrative in materia di assistenza sanitaria e ospedaliera. Le unità sanitarie locali sono definite come aziende con personalità giuridica pubblica e autonomia imprenditoriale i cui organi sono il direttore generale e il collegio sindacale. Il direttore generale è nominato dalla regione con una procedura selettiva tra candidati iscritti in un albo nazionale ed egli è responsabile della gestione complessiva dell’azienda e, in particolare, nomina il direttore amministrativo, il direttore sanitario e i responsabili di tutte le strutture operative. Organizzazione e disciplinata da un atto aziendale di diritto privato, approvato dal direttore generale, che individua le strutture operative dotate di autonomia gestionale o tecnico- professionale. Le aziende sanitarie locali assicurano l’assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro, assistenza distrettuale e l’assistenza ospedaliera. Interrogazione delle prestazioni sanitarie è affidata anche ad altre strutture quali le aziende ospedaliere di rilievo nazionale e interregionale. Anche le strutture private possono concorrere a erogare le prestazioni sanitarie per conto del servizio pubblico sulla base di un sistema di autorizzazioni, accreditamento e di accordi contrattuali. È necessario anzitutto un’autorizzazione alla realizzazione delle strutture sanitarie e sociosanitarie e all’esercizio dell’attività; le strutture autorizzate interessati ad essere inserite nel sistema devono poi ottenere un accreditamento che la regione può lasciare sulla base di valutazioni discrezionali correlate alla funzionalità rispetto agli indirizzi della programmazione regionale; una volta ottenuto l’accreditamento, le strutture definiscono con la regione accordi contrattuali che individuano programmi di attività che se si impegnano ad erogare per conto del servizio sanitario e che sono remunerati a carico di quest’ultimo. Servizio scolastico Servizio scolastico può essere definito come sociale a fruizione individuale coattiva e ad erogazione gratuita.anche se da origine ad un’organizzazione a rete, alla quale concorrono i livello amministrativo statale, regionale e locale, nonché istituzioni private. I principi del servizio scolastico sono fissati nella costituzione che tutela la libertà di insegnamento e garantisce il diritto all’istruzione. L’istruzione è definita a livello legislativo sia come diritto soggettivo riconosciuto a tutti sia come un compito obbligatorio per lo Stato che deve organizzare il servizio scolastico e gestirlo con proprie strutture istituendo scuole statali per tutti gli ordini e gradi. In seguito alla riforma del titolo quinto della costituzione l’istruzione è una materia attribuita la competenza legislativa concorrente dello Stato e delle regioni, le quali invece hanno competenza legislativa Piero in materia di formazione professionale. Lo Stato ha il compito di determinare le norme generali sull’istruzione e sui livelli essenziali delle prestazioni, il ministero esercita le proprie funzioni a livello periferico attraverso gli uffici scolastici regionali e spetta in particolare al dirigente di questi ultimi nominare il dirigente scolastico della scuola. Le istituzioni scolastiche pubbliche, articolati in cicli di istruzione hanno personalità giuridica e autonomia organizzativa e didattica e finanziaria. Per le scuole private è previsto un sistema di riconoscimento, cioè di accertamento della idoneità sulla base di requisiti di qualità e di efficacia, nonché di corrispondenza agli ordinamenti generali dell’istruzione e di coerenza con la domanda formativa delle famiglie. Servizi sociali I servizi sociali includono tutte le attività relative alla predisposizione e alla erogazione di servizi, gratuiti e a pagamento, o di prestazioni economiche destinate a rimuovere e superare le situazioni in bisogno e di difficoltà che la persona umana incontro nel corso della sua vita. E se non includono però le prestazioni garantite dal sistema previdenziale, che prevede il diritto dei lavoratori a vedere assicurati mezzi adeguati in caso di infortunio, malattia, invalidità, vecchiaia e disoccupazione volontaria. Il sistema della previdenza sì fonda su contribuzione obbligatoria richiesta ai lavoratori e fa capo principalmente a enti pubblici nazionali, come l’Inps e le casse di previdenza. Quanto ai servizi sociali, e si sono attribuite alla competenza residuale esclusiva delle regioni, mentre alla legge statale compete soltanto la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni. Il sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali coinvolge tutti livelli di governo locale, in particolare le regioni esercitano funzioni di programmazione, coordinamento e indirizzo, anche attraverso la predisposizione di piani; le province svolgono principalmente attività di raccolta di dati e di analisi dell’offerta di servizi; i comuni, che hanno una posizione di centralità in questa materia, sono titolari delle funzioni amministrative in materia e provvedono all’erogazione dei servizi. In concreto spetta ai comuni rilasciare l’autorizzazione a provvedere all’accreditamento dei soggetti privati in modo tale da garantire che tali soggetti abbiano i requisiti strutturali necessarie previsti dalla legislazione regionale e che siano in grado di erogare le prestazioni richieste dalla programmazione regionale; uno dei requisiti per ottenere l’accreditamento è l’adozione della carta dei servizi sociali. Tra i soggetti privati che operano nel settore dei servizi sociali rientrano le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza. CAPITOLO X IL PERSONALE 1. Premessa Storicamente il rapporto di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni a oscillato tra una concezione privatistica è una pubblicistica. La concezione pubblicistica si fece strada verso la fine del XIX secolo per una pluralità di ragioni: in primo luogo emerse la consapevolezza che i dipendenti pubblici dovessero essere riconosciute alcune garanzie, soprattutto allo scopo di arginare le ingerenze della politica nell’amministrazione e di assicurare una maggiore imparzialità dell’attività amministrativa; Infine la sottrazione del rapporto di lavoro alle regole del diritto comune era anche coerente con la concezione pan pubblicistica non paritaria dei rapporti tra Stato e cittadino. Attraverso il provvedimento unilaterale di nomina, il dipendente pubblico acquista uno status che lo differenzia da quello del comune cittadino. Il dipendente pubblico è sottoposto ad un rapporto di supremazia speciale rispetto all’amministrazione di appartenenza connotato da particolari doveri e da limiti all’esercizio di taluni diritti.inoltre lo stipendio non costituisce un corrispettivo, ma un credito di diritto pubblico assimilabile a una prestazione alimentare. La concezione pubblicistica esclude che il rapporto di impiego possa essere disciplinato con strumenti contrattuali; esso è invece è regolato essenzialmente da due tipologie di atti: negli aspetti generali, dati normativi; per gli aspetti relativi alla posizione del singolo dipendente, da provvedimenti amministrativi unilaterali incidenti sia sulla costituzione del rapporto, sia sullo svolgimento del medesimo. La costituzione stabilisce anzitutto che i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della nazione, sono cioè investiti di una funzione neutrale e sono visti come garanti, oltre che del buon andamento, dell’imparzialità dell’amministrazione.in funzione di questo obiettivo l’accesso ai pubblici impieghi avviene di regola mediante concorso e l’accesso agli uffici pubblici deve essere garantito a tutti cittadini in condizioni di eguaglianza. La costituzione pone peraltro limiti al rapporto di supremazia speciale in cui può essere posto il dipendente pubblico; prevede in particolari restrizioni al diritto di iscriversi ai partiti politici possono essere introdotte per legge solo per alcune figure particolari. Nel complesso la costituzione prefigura un assetto del pubblico impiego con carattere di specialità rispetto all’impiego privato, ma non impone uno statuto integralmente pubblicistico. In epoca successiva alla costituzione, la concezione pubblicistica entro in crisi sia per l’affermarsi anche nel pubblico impiego della pretesa a un riconoscimento più pieno dei diritti sindacali e all’introduzione di meccanismi di contrattazione collettiva; sia per l’esigenza di promuovere flessibilità ed efficacia nella gestione degli apparati amministrativi. All’inizio degli anni 90 del secolo scorso viene avviato il processo di riforma legislativa che portò all’assetto normativo attuale recepito dal decreto legislativo 165 2001. Il processo in questione si è articolato in due fasi: la prima operò una privatizzazione del rapporto di impiego dei dipendenti pubblici, escludendo però alcune categorie di essi e in ogni caso tutti i dirigenti generali; la fase successiva superò alcune ambiguità in particolare includendo nel regime privatistico anche i dirigenti generali. Successivamente il decreto legislativo 152.009 introdusse numerose modifiche al decreto previdente nel tentativo di stimolare, attraverso un sistema di incentivi e sanzioni, una maggiore produttività ed efficienza nel pubblico impiego. 2. Le fonti di disciplina del rapporto di lavoro Il campo di applicazione delle norme generali sull’impiego pubblico privato è definito dall’Art uno del decreto legislativo 165 2001, che individua un elenco assai ampio di amministrazioni pubbliche di cui dipendenti ricadono le regime privatistico. In via di deroga, alcune categorie di personale restano sottoposte al regime di diritto pubblico: essi sono il personale militare e delle forze di polizia, i magistrati, gli avvocati dello Stato, il personale della carriera prefettizia, i personali cromatico, il personale dell’autorità indipendenti, i professori universitari, i vigili del fuoco, le guardie penitenziarie. Per alcune di esse, per esempio magistrati, il regime è integralmente pubblicistico. Per il personale ricadente nel regime privatistico il sistema delle fonti da origine ad un diritto privato differenziato; infatti il rapporto di lavoro disciplinato dalle disposizioni del codice civile e dalla legge sui rapporti di lavoro subordinato dell’impresa, ma il rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici si connota per molteplici profili di specialità. Le progressioni all’interno della stessa area avvengono secondo i principi di selettività e di rispetto del principio di merito e le progressioni fra le aree avviene in base a concorsi pubblici. Un altro profilo attiene al trattamento economico; tale trattamento è definito nei contratti collettivi e si distingue in trattamento fondamentale e accessorio. Quest’ultimo viene attribuito in modo non automatico, ma in base ad una valutazione della performance individuale. Un regime sottoposto a regole particolari è la mobilità individuale e collettiva, che il decreto legislativo 150 2009 ha promosso superando le rigidità che tradizionalmente hanno reso poi deliberata la distribuzione del personale all’interno dell’amministrazione. In primo luogo, per rendere più fluida la mutabilità tra i diversi comparti è prevista l’elaborazione di una tabella di equiparazione tra i livelli di inquadramento previsti dei diversi contratti collettivi. In secondo luogo, le amministrazioni prima di procedere all’espletamento di procedure concorsuali finalizzate alla copertura di posti vacanti in organico devono attivare la procedura di mobilità.i dipendenti interessati possono presentare domanda di trasferimento senza che sia più richiesto il consenso dell’amministrazione di appartenenza. La mobilità collettiva in caso di eccedenze di personale avviene attraverso un procedimento che prevede un’informazione preventiva alla ripresentarsi unitario del personale e alle organizzazioni sindacali e favorisce il reimpiego presso altre amministrazioni, il ricorso a forme flessibili di gestione del tempo di lavoro e i contratti di solidarietà. il personale in eccedenza per il quale non sia possibile diverso impiego viene collocato in disponibilità. Un aspetto del rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici nel quale emergono forti profili di specialità è quello delle sanzioni disciplinari.la disciplina è stata in gran parte rileggi figata dal decreto legislativo 150 2009, riducendo gli spazi della contrattazione collettiva.tuttavia l’individuazione della tipologia delle infrazioni e delle relative sanzioni è ancora rimessa in via di principio alla contrattazione collettiva, ma la legge individua direttamente molte fattispecie che fanno sorgere la responsabilità disciplinare. Anche il procedimento per l’irrogazione delle sanzioni è regolato per legge: per le sanzioni di minore gravità come il rimprovero verbale, il procedimento è avviato dal dirigente attraverso la contestazione degli addebiti formulata entro non oltre 20 giorni; il procedimento prevede una fase di contraddittorio orale o scritto e si conclude con l’archiviazione o l’irrogazione della sanzione entro 60 giorni dalla contestazione. Per le sanzioni più gravi, il procedimento è promosso da un ufficio competente per i procedimenti disciplinari istituito da ciascuna amministrazione e il procedimento prevede tempi più lunghi. Mi era giunta alla responsabilità disciplinare i dipendenti pubblici sono sottoposti anche a lui tipo di responsabilità sconosciuta nell’ambito del lavoro privato, cioè la responsabilità amministrativa per danno erariale accettato dalla corte dei conti.anche la responsabilità penale dipendenti pubblici presenta profili di specialità rispetto a quella dei dipendenti privati; il codice penale individua una serie di reati propri riferiti a coloro che abbiano la qualifica di pubblico ufficiale od incaricato di pubblico servizio. Le controversie relative ai rapporti di lavoro dei dipendenti pubblici che ricadono nel regime di privatizzazione sono devolute al giudice ordinario; restano tuttavia devolute al giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti pubblici perché se in volgono esclusivamente situazioni giuridiche qualificabili come interessi legittimi. 4. La dirigenza pubblica In origine e per lungo tempo, si applicava il modello di organizzazione primo piramidale di ministeri, secondo cui tutti i poteri decisionali erano attribuiti all’organo di vertice, cioè il ministro in carica, politicamente responsabile di fronte al parlamento. La riforma volta a privatizzare il rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici avviata all’inizio degli anni 90 del secolo scorso aveva tra i suoi capisaldi la valorizzazione della dirigenza. Ciò nella duplice prospettiva, da un lato, di accrescere l’efficienza della pubblica amministrazione, istituendo figura assimilabili ai manager privati, dall’altro, di garantire l’imparzialità dell’azione amministrativa, limitando l’ingerenza dei politici sulle decisioni dei dirigenti. Nella prima prospettiva la dirigenza deve essere infatti dotata di adeguati poteri risorse gestite in autonomia senza vincoli e rigidità eccessive per poter raggiungere gli obiettivi prefissati; a questo fine il decreto legislativo 165 2001 procede alla privatizzazione parziale dell’organizzazione amministrativa e prevede che l’organizzazione degli uffici e le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro sono assunte in via esclusiva dagli organi preposti alla gestione con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro. Nella seconda prospettiva il nuovo modello introduce il principio della separazione tra politica e amministrazione; esso cerca di conciliare i due principi in tensione tra loro: il principio democratico, in base al quale nessun potere pubblico può essere sottratto al circuito politico rappresentativo; il principio di imparzialità. Il primo escludere la burocrazia possa essere autoreferenziale; il rapporto tra vertice politico e dirigenza assume dunque un carattere fiduciario.il secondo principio spinge invece nella direzione di istituire presidi e limiti all’influenza della politica dell’amministrazione, isolando e rendendo per quanto possibile oggettivo e neutrale il momento della decisione amministrativa riservata a una burocrazia professionale. Nel decreto legislativo 165 2001 Il punto di equilibrio tra due principi involge due questioni principali: la ripartizione delle competenze; il conferimento degli incarichi dirigenziali. Quanto alla prima questione il decreto attribuisce ai vertici politici degli amministrazioni solo funzione di indirizzo politico-amministrativo e di controllo ex post e riserva ai dirigenti la responsabilità della gestione. Gli organi politici esercitano la funzione di indirizzo politico-amministrativo definendo gli obiettivi i programmi da attuare e verificando la rispondenza dei risultati dell’attività amministrativa e della gestione agli indirizzi politici; ai dirigenti compete invece l’adozione degli atti e provvedimenti amministrativi nonché la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo. essi hanno quindi in via esclusiva la responsabilità dell’attività amministrativa, della gestione e dei relativi risultati. Le funzioni della dirigente si differenziano a seconda che si tratti di dirigenti di uffici dirigenziali generali e dirigenti preposti a unità organizzative di livello inferiore. I primi hanno funzioni di impulso generale degli uffici, ricordino amento e controllo dei dirigenti; hanno anche il compito di formulare proposte e di esprimere pareri al vertice politico anche in relazione alle direttive generali adottati annualmente da quest’ultimo. queste disposizioni attribuiscono ai dirigenti generali un ruolo in qualche modo attivo anche nella definizione dell’indirizzo politico-amministrativo. Il rapporto tra politica e amministrazione diviene così circolare; ciò anche perché il vertice politico soffre di una simmetria informativa rispetto la dirigenza che conosce molto meglio gli ingranaggi della macchina amministrativa i problemi operativi. I dirigenti di primo livello curano l’attuazione dei progetti e degli obiettivi assegnati dei dirigenti generali, svolgono i compiti da questi delegati, di regola, coordina le controllano l’attività degli uffici, adottare i provvedimenti amministrativi ed esercitano poteri di spesa, provvedono alla gestione del personale. La seconda questione da analizzare è il conferimento degli incarichi dirigenziali e della valutazione dei dirigenti. Il nuovo modello di rapporto tra politica amministrazione prevede una durata temporalmente limitata degli incarichi dirigenziali che sono attribuiti dal vertice politico dell’amministrazione. Anzitutto il conferimento degli incarichi ai singoli dirigenti avviene tenendo conto delle attitudini e delle capacità professionali del singolo dirigente e dei risultati conseguiti negli incarichi precedenti. Il numero e la tipologia degli incarichi da segnare e resa conoscibile anche con la comunicazione sul sito istituzionale dell’amministrazione; La scelta ha dunque natura comparativa e richiede una motivazione adeguata. Gli atti di conferimento degli incarichi dirigenziali devono essere resi pubblici insieme ai curricula e agli emolumenti. La durata degli incarichi dirigenziali costituisce un aspetto critico: se troppo breve rende i dirigenti maggiormente influenzabili; se troppo lunga può consentire ai dirigenti comportamenti ostruzionistici nei confronti dell’indirizzi del vertice politico. Gli incarichi sono rinnovabili previa verifica positiva dei risultati ottenuti. L’atto di incarico individua l’oggetto del medesimo gli obiettivi da conseguire la durata e questo è correlato il contratto individuale che definisce il trattamento economico sulla base dei CCNL. Gli incarichi di livello più elevato sono conferiti con la massima solennità, ossia con decreto del presidente della Repubblica previa delibera del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro competente. Gli incarichi di dirigente generale sono conferiti con decreto del presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro competente.gli altri incarichi dirigenziali sono attribuiti dal dirigente dell’ufficio di livello dirigenziale generale. Gli incarichi dirigenziali possono essere conferiti in una percentuale limitata a soggetti esterni all’amministrazione di particolare e comprovata qualificazione professionale. I dirigenti pubblici sono soggetti a verifica periodica della rispondenza dei risultati dell’attività amministrative della gestione degli indirizzi impartiti dai vertici politici. In caso di mancato raggiungimento degli obiettivi accertato attraverso il sistema di valutazione della performance opera un particolare forma di responsabilità aggiuntiva: la responsabilità dirigenziale. Essa può sorgere, oltre che per il mancato raggiungimento degli obiettivi, anche in altri due ipotesi: inosservanza delle direttive impartite dal vertice politico; la violazione del dovere di vigilanza sul rispetto da parte del personale sottoposto degli standard quantitativi e qualitativi di performance fissati dall’amministrazione. La responsabilità dirigenziale accertata in contraddittorio con l’interessato previa contestazione degli addebiti e previa acquisizione di un parere di un comitato di garanti nominato dal presidente del Consiglio dei Ministri. Può comportare mancato rinnovo dell’incarico dirigenziale, la decurtazione della retribuzione di risultato, la revoca dell’incarico con conseguente collocazione del dirigente nei ruoli a disposizione. La cessazione degli incarichi apicali di segretario generale di ministeri e di direzione delle strutture articolate al loro interno di uffici dirigenziali generali opera in modo automatico in occasione dell’insediamento del nuovo governo. Si tratta di un meccanismo di spoil system, che accentua il carattere fiduciario dell’alta dirigenza, ma favorisce forme di clientelismo e di scambio politico, incompatibile con il sistema del merito che presuppone una burocrazia professionale, garante dell’imparzialità e della continuità dell’azione amministrativa. Nel nostro ordinamento il legislatore è intervenuto più volte in questi anni ad allargare l’ambito di applicazione dello spoil system; questi tentativi sono stati censurati azionari che ha ribadito come un siffatto sistema comporta una precarizzazione del ruolo della dirigenza. esso contrasta con i principi di imparzialità e di buon andamento e con il principio del giusto procedimento poiché la cessazione dell’incarico avviene senza alcun contraddittorio con l’interessato. CAPITOLO XI I BENI 1. La disciplina pubblicistica dei beni La costituzione stabilisce in primo luogo che la proprietà è pubblica o privata, tre disposizione viene usualmente intesa nel senso di giustificare una regime speciale per la prima. In secondo luogo precisa che i beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati. Il codice civile fa invece riferimento a beni appartenenti allo Stato, agli enti pubblici e agli enti ecclesiastici. Anche i beni privati possono essere oggetto talora, per profili particolari, di un regime pubblicistico. La proprietà privata può essere infatti conformata dal potere pubblico allo scopo di assicurare la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti. Anche rispetto ai beni i pubblici poteri possono assumere una duplice veste di Stato proprietario e di Stato regolatore. La prima si riferisce ai beni dei quali le amministrazioni hanno la titolarità, sia sulla base delle norme di diritto pubblico, sia sulla base del diritto privato.la seconda si riferisce invece al potere di conformazione del diritto di proprietà di privati che sono attribuiti dalla legge a varie pubbliche amministrazioni al fine di tutelare interessi pubblici. La disciplina pubblicistica dei beni si connota per due elementi: la varietà dei regimi; un maggior rilievo attribuito all’aspetto oggettivo della loro inerenza, più o meno intensa, l’interesse pubblico. Il criterio che dovrebbe guidare il legislatore nel dettare il regime pubblicistico dei beni dovrebbe essere il principio di proporzionalità che richiede che le deroghe al diritto comune siano limitati ai casi in cui esse siano indispensabili; a tale principio si aggiunge però quello della sussidiarietà verticale e orizzontale, verticale attraverso il cosiddetto federalismo demaniale, orizzontatale che si realizza mediante il coinvolgimento di soggetti privati soprattutto nella gestione dei beni. La scienza economica suddivide i beni in: beni privati, beni pubblici, beni di club, i beni collettivi. Le quattro categorie sono individuate in base a due criteri: l’escludibilità e la rivalità. I beni sono escludibili a seconda che una volta prodotti sia o non sia possibile escludere alcuni soggetti dal loro uso o consumo.i beni possono essere rivali o non rivali a seconda che l’uso o il consumo di essi da parte di un soggetto limite o esclude la possibilità di uso o consumo da parte di altri. CAPITOLO XII I CONTRATTI 1. Premessa Le amministrazioni pubbliche godono di una capacità generale di diritto privato. In particolare e se possono stipulare contratti per l’acquisto di beni e servizi e per l’esecuzione di lavori strumentali alle loro attività e necessarie per il perseguimento delle finalità di interesse pubblico. Allorché stipulano un contratto, le amministrazioni sono soggetti a regole di natura pubblicistica volte a tutelare gli interessi delle stesse amministrazioni e a garantire la par condicio tra i potenziali contraenti. La formazione della volontà negoziale dell’amministrazione e la scelta del contraente avvengono attraverso un procedimento amministrativo ad evidenza pubblica di tipo competitivo. Più precisamente la fase di formazione del vincolo contrattuale è retta da regole di diritto pubblico e si sviluppa in una sequenza procedimentale che culmina nell’emanazione di un provvedimento di aggiudicazione; la fase di esecuzione è retta essenzialmente dalle regole del diritto privato. Il codice dei contratti pubblici riflette questa impostazione ponendo due criteri di integrazione della disciplina. Da un lato, stabilisce che le procedure di affidamento di contratti pubblici si applicano le disposizioni sul procedimento amministrativo di cui alla legge 241 1990; dall’altro si prevede che alla stipula del contratto e alla fase di esecuzione si applicano le disposizioni del codice civile. I contratti ad evidenza pubblica sono settori della legislazione amministrativa che ha subito maggiormente l’influsso del diritto europeo; il codice dei contratti pubblici recepisce infatti tutta una serie di direttive dell’Unione Europea emanate nel 2014. La disciplina generale stabilita livello statale e adottata nell’esercizio della competenza legislativa esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza, ordinamento civile, nonché nelle altre materie cui è riconducibile allo specifico contratto. Essa può essere integrata dalle leggi regionali che però, hanno spazi molto limitati di adattamento. Tra le fonti di disciplina dei contratti pubblici rientrano anche i cosiddetti i capitolati generali e speciali; e si possono contenere la disciplina di dettaglio e tecnica della generalità di contratti o di specifici contratti stipulati dalle amministrazioni. I contratti pubblici sono disciplinati per aspetti specifici anche da fonti esterne al codice: - La legge anticorruzione individua tre settori più a rischio le modalità per l’affidamento di contratti pubblici; obbliga pertanto le stazioni appaltanti a pubblicare anche sui propri siti Internet istituzionali una serie di informazioni relative ai bandi pubblicati.altre misure sono i cosiddetti patti di integrità e i protocolli di legalità sottoscritti dalla stazione appaltante con le imprese, contenenti impegni finalizzati a garantire l’integrità dell’appalto; il mancato rispetto delle clausole contenute nei protocolli costituisce causa di esclusione dalla gara. - Il codice penale contiene disposizioni che individuano alcune figure specifiche di reato; e se sono integrate, in particolare, con il reato di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente. - Le imprese che partecipano alle gare pubbliche devono rispettare la normativa antimafia e sono soggette a obblighi di traccia abilità dei flussi finanziari derivanti dalle commesse pubbliche anche nei rapporti con i Sab appaltatori e il Sab contraenti. - Il codice del processo amministrativo dedica alcuni articoli alle controversie in materia di contratti pubblici che configurano un rito speciale accelerato volto a rendere più rapida ed effettiva la tutela delle imprese che partecipano alle gare. Sotto il profilo organizzativo, almeno in caso di contratti pubblici è preposta all’autorità nazionale anticorruzione con funzioni di vigilanza, controllo e regolazione dei contratti pubblici. L’autorità è preposta alla vigilanza e al controllo sui contratti pubblici e svolge attività di regolazione degli stessi attraverso l’emanazione di linee guida, bandi TiVo, capitolati tipo, contratti tipo e altri strumenti di regolazione flessibile. L’autorità gestisce un nuovo sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti e delle centrali di committenza, suddivise per ambiti di attività, bacini territoriali, fasce di importo, per le quali è prevista l’iscrizione in un elenco.ai fini della qualificazione ciascuna stazione appaltante deve dimostrare il possesso di una serie di requisiti, tre quali una capacità adeguata di progettazione, di gestire le procedure di verificare l’esecuzione dei contratti attraverso una struttura organizzativa dotata di personale professionale qualificato. L’autorità gestisce anche il sistema del rating di impresa applicabile ai fini della qualificazione delle imprese attraverso il rilascio di una certificazione ad opera della stessa autorità. Il sistema tende a valutare i requisiti reputazione ali in base ad indici quantitativi e qualitativi. Un potere particolarmente incisivo attribuito all’autorità è quello di impugnare il giudice amministrativo gli atti emanati in violazione della normativa in materia di contratti pubblici. 2. I principi generali e il campo di applicazione del Codice dei contratti pubblici Il codice, all’articolo 30, stabilisce che l’affidamento di contratti pubblici deve garantire la qualità delle prestazioni e deve svolgersi nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza e dei principi di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, nonché quello di pubblicità. Le stazioni appaltanti non posso quindi limitare in alcun modo artificiosamente la concorrenza lo scopo di favorire svantaggiare indebitamente taluni operatori economici. Nuovo codice tuttavia tiene conto anche di altri interessi pubblici richiedendo il rispetto degli obblighi in materia ambientale, sociale e del lavoro previsti dalla norma vigente e prevedendo che i criteri di partecipazione alle gare devono essere tali da non escludere le micro imprese, le piccole e le medie imprese. Per quanto riguarda l’ambito di applicazione delle norme contenute nel codice; esso fa riferimento sia ad un ambito soggettivo di applicazione che ad un ambito oggettivo. Per quanto riguarda l’ambito soggettivo di applicazione, si deve fare riferimento in primis a quei committenti che operano per definizione fuori dal mercato. Essi sono anzitutto le pubbliche amministrazioni di tipo tradizionali incluse nella definizione di amministrazioni aggiudicatrici. Questi soggetti agiscono per il perseguimento di interessi pubblici senza subire alcuna pressione concorrenziale. La definizione di amministrazioni aggiudicatrici include anche gli organismi di diritto pubblico, cioè soggetti pubblici o anche privati che possono essere condizionati nella politica degli acquisti da ragioni extra economiche. L’organismo di diritto pubblico viene individuato sulla base di tre parametri che devono essere compresenti: deve trattarsi di un soggetto con personalità giuridica, pubblica o privata; deve essere istituito per soddisfare specificamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale; deve essere un soggetto sottoposto ad un’influenza dominante da parte di una pubblica amministrazione o di un ente pubblico che può manifestarsi in base a uno o più dei seguenti parametri: finanziamento maggioritario dell’attività da parte di un soggetto pubblico, controllo sulla gestione, inteso come titolarità della maggioranza delle azioni o quote della società, designazione da parte di un soggetto pubblico della maggioranza dei componenti dell’organo di amministrazione, direzione o vigilanza. Il codice menziona inoltre le imprese pubbliche, che sono sottoposte però a regole meno stringenti in quanto si assume che se ispirano la loro azione ad una logica essenzialmente economica.le imprese pubbliche sono quelle sulle quali le amministrazioni aggiudicatrici possono esercitare, direttamente o indirettamente, un’influenza dominante. Edizioni del codice si applicano infine alle imprese private che operano in virtù di diritti speciali o esclusivi concessi per legge sulla base di un provvedimento di una pubblica amministrazione e che sono inclusi nella categoria più generale di enti aggiudicatori. Le imprese pubbliche e quelle titolari di diritti speciali o esclusivi rientrano nel campo di applicazione del codice solo ove operino nei cosiddetti settori speciali che sono principalmente i seguenti: energia elettrica e gas, acqua, servizi postali, porti e aeroporti.si tratta di settori non ancora aperti ad una concorrenza piena, che rientrano tradizionalmente nella nozione di servizio pubblico. Pertanto il codice attenua la rigidità delle procedure individuando come modalità ordinaria di scelta del contraente la procedura negoziata avrebbe pubblicazione di un bando. Il codice dedica alcune disposizioni anche all’ambito oggettivo di applicazione delle norme, individuando in un elenco alcune tipologie di contratti esclusi in tutto in parte dalla disciplina generale. In questo elenco figurano ad esempio i contratti di acquisto e vendita di strumenti finanziari, i contratti di acquisto locazione di beni immobili. L’affidamento di contratti esclusi deve comunque avvenire nel rispetto dei principi generali di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell’ambiente ed efficienza energetica. Nei contratti esclusi vanno tenuti distinti contratti estranei che hanno per oggetto attività del tutto al di fuori dei settori di intervento delle direttive europee e ai quali pertanto si applica esclusivamente la disciplina privatistica. Al di fuori delle disposizioni relative all’ambito soggettivo e oggettivo, il codice indica anche altri criteri per individuare la disciplina di volta in volta applicabile: l’importo e l’oggetto del contratto. Per quanto riguarda l’importo il codice delinea un regime diversificato per i cosiddetti contratti sopra soglia, cioè quelli di rilevanza europea, e quelli sotto soglia, cioè che non superano l’importo minimo stabilito dalle direttive europee. Per i contratti sopra soglia si applicano integralmente le procedure stabilite dalle direttive europee e trasfuse nel codice.per i contratti sotto soglia il diritto europeo ritiene sufficiente l’applicazione dei principi generali desumibili dei trattati. Per quanto riguarda l’oggetto del contratto, I contratti pubblici possono avere per oggetto la realizzazione di lavori, la fornitura di beni o la prestazione di servizi. Il codice lo sottopone ad una disciplina tendenzialmente unitaria, anche se prevede ancora una disciplina speciale piuttosto articolata per i lavori. Il codice prevede che i lavori servizi possono essere affidati anche attraverso lo strumento della concessione, che costituisce una tipologia contrattuale autonoma rispetto a quella dell’appalto pubblico.la concessione di lavori o di servizi è un contratto avente per oggetto non soltanto la realizzazione dei lavori ma anche la gestione dell’opera o del servizio.in pratica l’istituto della concessione consente alla stazione appaltante di evitare o di limitare gli esborsi finanziari a proprio carico. La cosiddetta finanza di progetto è una tecnica particolare di realizzazione dei Lavori Pubblici, alternativa lo strumento della concessione, che mira ad azzerare o a ridurre al minimo gli oneri economici a carico dello Stato. Essa prevede il coinvolgimento di una pluralità di soggetti privati e, in particolare, di un promotore privato che propone l’amministrazione il progetto da realizzare. La finanza di progetto costituisce una delle forme di partneriato pubblico-privato alle quali fa riferimento il codice; questa forma di collaborazione tra soggetti pubblici e privati per la realizzazione la gestione di opere o servizi prevede che l’operatore economico privato prescelto all’esito della procedura si assuma l’intero rischio.per garantire l’equilibrio economico finanziario l’amministrazione in sede di gara può prevedere un contributo finanziario pubblico diretto o indiretto. 3. Le procedure di affidamento L’affidamento dei contratti pubblici avviene tramite un procedimento amministrativo che si articola in più fasi. L’avvio del procedimento da parte dell’amministrazioni aggiudicatrici è disposto dalla delibera a contrarre; essa consiste in un atto unilaterale dell’amministrazione che individua gli elementi essenziali del contratto e sistemi di selezione dei contraenti. Segue di regola la predisposizione e pubblicazione di un bando di gara, che deve essere redatto in conformità ai bandi tipo. le stazioni appaltanti possono discostarsi dei bandi tipo, ma devono fornire nella delibera a contrarre un’adeguata motivazione. Il bando deve essere redatto secondo i modelli uniformati a livello europeo e deve contenere le informazioni relative allo svolgimento della procedura e all’oggetto del contratto. Nella redazione del bando l’amministrazione gode di ampia discrezionalità soprattutto per quanto riguarda l’individuazione dell’oggetto del contratto, dei requisiti minimi di partecipazione, dei criteri di valutazione delle offerte. Realità deve essere esercitata secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in modo tale da garantire la par condicio è una concorrenza effettiva. Il bando di gara non costituisce un atto immediatamente lesivo e può essere impugnato insieme al lato conclusivo del procedimento, cioè all’aggiudicazione definitiva. Per consentire la partecipazione alle gare anche di imprese di dimensioni inferiori o prive di tutti requisiti richiesti dal bando, intervengono alcuni istituti come: i consorzi stabili, i raggruppamenti temporanei di imprese, l’avvalimento. I consorzi stabili devono essere formati da almeno tre imprese che si impegnano ad operare in modo congiunto nel settore dei contratti pubblici per almeno cinque anni. Alla fase di esecuzione è preposto, per conto della stazione appaltante, un direttore che, per i contratti di importo minore, poi coincidere con il responsabile del procedimento. Questa figura è particolarmente importante nel settore dei lavori pubblici; il direttore costituisce infatti l’interlocutore principale dell’impresa aggiudicataria dal momento della consegna dei lavori dopo che il contratto di venire efficace fino alla completa esecuzione dei medesimi. Il direttore dei lavori esercita funzioni di controllo tecnico, contabile e amministrativo dell’esecuzione e agisce in base alle istruzioni impartite dal responsabile del procedimento. L’andamento dei lavori e riguardati un giornale dei lavori che viene compilato ogni giorno da un assistente del direttore dei lavori ed è previsto anche un registro di contabilità in cui l’esecutore puoi scrivere le cosiddette riserve, cioè eccezioni e contestazione relativa all’andamento dei lavori e alle richieste del direttore dei lavori che possono determinare il riconoscimento a favore dell’esecutore di importi aggiuntivi che l’esecutore deve quantificare nella riserva. Il direttore dei lavori certifica l’ultima azione dei lavori e predispone un conto finale in una relazione da sottoporre alla responsabile del procedimento, che a sua volta predispone una relazione finale. La verifica finale della conformità delle prestazioni eseguite a quelle pattuite avviene attraverso il collaudo. Nel corso dell’esecuzione del contratto possono verificarsi situazioni che determinano lo scioglimento del vincolo contrattuale, sottoforma sia di recesso sia di risoluzione: quanto al recesso, la stazione appaltante può sciogliersi in ogni momento dal vincolo contrattuale, previo pagamento dei lavori eseguiti dei materiali utili esistenti nel cantiere e di un indennizzo; la risoluzione del contratto da parte della stazione appaltante è prevista dal codice in alcune ipotesi e in particolare in caso di grave inadempimento, irregolarità o ritardi nell’esecuzione dei lavori. In caso di risoluzione sono poste a carico dell’appaltatore in adempiente gli oneri relativi alla maggiore spesa sostenuta per affidare i lavori ad altra impresa. 5. I mezzi di tutela Le direttive europee hanno inciso anche sugli strumenti di tutela delle imprese che partecipano alle procedure. I principali sono i seguenti: - Diritto europeo e buona stazione appaltante il divieto di stipulare il contratto prima di 35 giorni dalla comunicazione all’impresa del provvedimento di aggiudicazione (standstill period). - In materia di contratti pubblici è previsto un rito speciale accelerato, con termini processuali ridotti, incluso quello per la proposizione del ricorso. Inoltre giudice amministrativo è titolare di poteri decisionali che comportano valutazioni delicate relative all’assetto degli interessi determinatosi con la stipula del contratto all’esito di una procedura della quale giudizio di legittimità.infatti, ove tale illegittimità dipende da tre tipi di vizi qualificati dal codice come gravi il giudice, oltre ad annullare l’aggiudicazione, dichiara l’inefficacia del contratto.inoltre l’autorità nazionale anticorruzione ha una legittimazione straordinaria ad impugnare innanzi al giudice amministrativo provvedimenti assunti in violazione del codice. - Il codice prevede ulteriori strumenti di risoluzione delle controversie alternativi alla giurisdizione: - Transazione: quest’ultima è limitata però le controversie che in volgono diritti soggettivi derivanti dall’esecuzione del contratto escludendo così che essa possa riguardare situazioni giuridiche di interesse legittimo, piano per definizione carattere indisponibile. - Accordo bonario: nel settore dei Lavori Pubblici, nel caso in cui l’impresa abbia inserito riserve nei documenti contabili che siano tali da determinare una variazione del prezzo superiore al 10% dell’importo contrattuale può essere attivata una procedura di tipo arbitrale promossa dal direttore dei lavori da responsabile del procedimento che procede alla costituzione di una commissione di tre componenti. - Arbitrato: il suo ricorso è limitato questioni coinvolgono diritti soggettivi derivanti dall’esecuzione del contratto. - La verità svolge un’attività di pre contenzioso sottoforma di emanazione di un parere sulle questioni in sorte durante lo svolgimento delle procedure di gara. CAPITOLO XIII LA FINANZA 1. Premessa Per volgere le proprie attività le organizzazioni hanno bisogno di risorse finanziarie. Ciò è vero anche per le pubbliche amministrazioni in relazione a due obiettivi: svolgere nell’interesse della collettività le funzioni pubbliche ed erogare i servizi (finanza funzionale); garantire il funzionamento degli apparati (finanzia strumentale). Le attività delle pubbliche amministrazioni, finalizzata alla cura di interessi pubblici, non sono poste in essere di regola dietro il pagamento di corrispettivi da parte dei singoli cittadini utenti, ma sono a carico della fiscalità generale. E le pubbliche amministrazioni le entrate hanno in gran parte natura tributaria e solo in minima parte derivano da proventi Il prelievo fiscale è sottoposto alla riserva di legge; la costituzione italiana prevede al riguardo una riserva di legge relativa; impone un obbligo di contribuire alle spese pubbliche in ragione della propria capacità contributiva; prevede che il sistema tributario sia informato a criteri di progressività; attribuisce alle regioni e agli enti territoriali autonomia finanziaria di entrata e di spesa, inclusa la potestà di istituire tributi propri. Al parlamento spetta anche determinare l’ammontare e la destinazione dei flussi di spesa; All’allocazione delle risorse ai vari ministeri e denti e al sistema delle autonomie territoriali provvede ogni anno quest’ultimo approvando il bilancio di previsione presentato dal governo nel rispetto dei vincoli europei Art 81 Cost). Il bilancio di previsione delle pubbliche amministrazioni serve sia ad allocare le risorse tra diverse destinazioni, sia stabilire i tetti di spesa. Se le spese previste per un determinato anno sono maggiori delle entrate, il governo proprio pure di coprire la differenza attraverso l’accensione di un prestito e, alla scadenza, il valore dei buoni sarà restituito dallo Stato maggiorato degli interessi. Queste scelte vanno però determinate ex ante, al momento della redazione del bilancio annuale di previsione. La disciplina della finanza pubblica a due dimensioni: una dimensione macro, che tratta la questione delle entrate e delle uscite dello Stato in un’ottica di equilibrio generale economico e finanziario; e una dimensione micro, che riguarda soprattutto la gestione delle risorse e i procedimenti di spesa da parte delle singole pubbliche amministrazioni. Le due dimensioni sono strettamente correlate: da un lato i vincoli macroeconomici incidono sull’operatività concreta delle singole amministrazioni; dall’altro lato l’equilibrio finanziario complessivo dipende dalla sommatoria dei comportamenti delle singole pubbliche amministrazioni. 2. I principi costituzionali L’Art 81 Cost contiene le regole fondamentali in materia di finanza pubblica; la legge costituzionale uno 2012 ha sostituito integralmente il testo originario dell’articolo. Tale legge costituzionale è stata approvata in esecuzione dell’impegno di introdurre il principio del pareggio di bilancio. Il nuovo comma uno contiene l’impegno dello Stato ad assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico. Il nuovo comma due fissa alcuni limiti all’indebitamento pubblico precisando che esso è consentito al solo fine di considerare gli effetti del ciclo economico. Tale articolo pone poi il principio secondo il quale i bilanci di previsione e il rendiconto consuntivo presentati dal governo devono essere approvati dalle camere e stabilisce che l’esercizio provvisorio del bilancio può essere concesso per legge per un periodo non superiore a quattro mesi. Il nuovo comma sei rinvia ad una legge quadro di contabilità volta a stabilire i criteri per assicurare l’equilibrio tra le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni La legge costituzionale uno 2012 introduce anche altre modifiche correlate. L’articolo due prevede che le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l’ordinamento dell’Unione Europea, assicurano l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico; tutte le pubbliche amministrazioni vanno considerati complesso unitario e lo Stato in quanto tale risponde per essere nelle sedi europee e internazionali. Proprio per questo fine l’articolo quattro prevede che le regioni, le province e i comuni, oltre ad assicurare l’equilibrio dei rispettivi bilanci, concorrono ad assicurare l’osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’Unione Europea. Infine, anche per favorire il consolidamento dei conti pubblici, la legge costituzionale modifica l’Art 117 attribuendo alla competenza legislativa esclusiva dello Stato l’armonizzazione dei bilanci pubblici in precedenza rientrante nella competenza legislativa concorrente dello stato e delle regioni. 3. I vincoli di derivazione europea Il patto di stabilità e crescita, successivamente emendato al fine di superare alcune rigidità imperfezioni, Impone agli Stati membri aderenti all’euro di raggiungere nel medio termine l’obiettivo del pareggio di bilancio. In particolare disciplinano procedure di controllo volta a prevenire il determinarsi di disavanzi pubblici eccessivi e a promuovere la sorveglianza il coordinamento delle politiche economiche. A tal fine ogni Stato membro è tenuto a fornire alla commissione e al consiglio di informazioni necessarie da includere in un programma di stabilità relativo all’anno in corso e ai tre anni successivi. La crisi finanziaria che ha investito anche l’Europa a partire dal 2008 e intensificata se nel 2011 ha reso necessarie misure ancora più rigorosi materia di politiche di bilancio. Pertanto gli organi dell’Unione Europea hanno adottato un pacchetto di sé misure legislative in materia economico finanziaria per riformare la governance economica europea e introdurre norme più rigorosi materia di politiche di bilancio.le norme adottate rafforzano sia i meccanismi preventivi, sia i meccanismi correttivi del patto di stabilità e crescita. Più in particolare i paesi che hanno un rapporto debito Pil superiore al 60% sono tenuti a ridurre progressivamente la parte eccedente nella misura di un 20º all’anno.le sanzioni per il mancato rispetto consistono nel trasferimento dello 0,1% del prodotto interno lordo annuo in un deposito in fruttifero. La capacità decisionale degli Stati membri dell’unione in materia di politiche economiche e di bilancio è stato ulteriormente limitata nel 2012 soprattutto ad opera della trattato sulla stabilità; tale trattato recepisce prevalentemente le novità già contenute nel Six Pack, e si pone come obiettivo quello di rafforzare il pilastro economico dell’unione economica e monetaria adottando una serie di regole in tese a rinsaldare la disciplina di bilancio attraverso un patto di bilancio. Accanto alle norme in materia di coordinamento delle politiche economiche e di governance dell’aurea euro, il trattato disciplina il cosiddetto fiscal compact, il quale mira a rafforzare la disciplina di bilancio degli Stati firmatari. Tali norme confermano che, in caso di superamento del rapporto tra il debito pubblico e il prodotto interno lordo del 60%, la parte contraente dovrà procedere alla riduzione del disavanzo ad un ritmo medio di un 20º all’anno. Il trattato concede agli Stati membri alcuni margini di flessibilità in presenza di circostanze eccezionali e prevede anche che nel caso in cui uno Stato si trovi in una situazione di disavanzo eccessivo esso debba predisporre un programma di partneriato economico e di bilancio. Il trattato, pur confermando la disciplina sovranazionale in materia di politiche economiche e di bilancio, si pone al di fuori della cornice istituzionale dell’unione europea e poi già principalmente sul metodo intergovernativo caratterizzato dall’operare di accordi tra Stati. Gli Stati che ratificano il fiscal compact possono beneficiare del fondo salva Stati previsto dal Mes. 4. Il documento di economia e finanza, la legge di bilancio La disciplina della finanza pubblica introduce anzitutto due strumenti principali di programmazione finanziaria e di bilancio: il documento di economia finanza presentato dal governo alle camere entro il 10 aprile di ogni anno; il disegno di legge del bilancio dello Stato presentato alle camere entro il 20 ottobre. Il Def si compone di tre sezioni. La prima sezione è costituita dallo schema del programma di stabilità che contiene le informazioni richieste dalla normativa dell’Unione Europea in attuazione del patto di stabilità e crescita; la seconda contiene l’analisi del conto economico e del conto di