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Riassunto Manuale di Storia Medievale di Andrea Zorzi, Schemi e mappe concettuali di Storia Medievale

Riassunto Manuale di Storia Medievale di Andrea Zorzi (CAPITOLI 1-27) ottimo per preparare esame di storia medievale (12 CFU).

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2017/2018

In vendita dal 25/08/2018

GinyV.
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Scarica Riassunto Manuale di Storia Medievale di Andrea Zorzi e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Storia Medievale solo su Docsity! 1 Capitolo I: 1.1 Un’età di decadenza La nozione di Medioevo è un’invenzione moderna e inizialmente caratterizzata da pregiudizio negativo. Per un millennio le popolazioni europee non sentivano di vivere in un’età diversa da quella dell’impero romano, ma in continuità con essa. Furono gli umanisti di XIV e XV secolo ad elaborare l’idea di un “medium aevum” che separasse l’età classica da quella più recente. La polemica protestante – L’idea di una decadenza culturale e artistica fu rielaborata in area tedesca nel XVI secolo dai protestanti, i quali individuarono le cause del declino del mondo antico nella mondanizzazione della Chiesa fino alla riforma di Lutero. La reazione cattolica – La cultura cattolica rispose con una ricostruzione della storia della Chiesa fondata su documentazione storica originale per rivendicare i valori positivi della fede e del cattolicesimo:  Il gesuita belga Jean Bolland raccolse a stampa le vite dei santi nel suo Acta Sanctorum con lo scopo di dare fondamento al culto dei santi.  Il benedettino francese Jean Mabillon pubblica il De re diplomatica che stabiliva certe regole per distinguere i documenti autentici dai falsi.  L’erudito francese Charles Du Cange redasse il primo vocabolario del latino medievale, il Glossarium ad scriptores mediae et infimae latinitatis. Una nuova periodizzazione – Nella seconda metà del XVII secolo c’era la consapevolezza di appartenere ad un’età diversa rispetto al passato. Nel 1666 il tedesco Georg Horn pubblicò una storia universale che proponeva un’inedita periodizzazione: evo antico (vetus aevum), un’età di mezzo, medium aevum, che separava quella più recente (recentior aevum) in seguito all’invenzione delle armi da fuoco e della stampa, dalle scoperte geografiche e dalla rinascita culturale. Horn fissò anche i termini cronologici:  Inizio= 476 Caduta dell’impero romano d’Occidente  Fine= 1453 Caduta impero romano d’Oriente Questa nuova periodizzazione fu ripresa da autori successivi come Cristoph Keller che per primo scrisse una Historia medii aevi. Le interpretazioni globali:  Voltaire in un saggio diede un’interpretazione negativa del medioevo: invasioni barbariche e potere della Chiesa avevano gettato l’Europa in rozzezza e superstizioni, dalle quali iniziavano a liberarsi solo nell’età della Ragione (XVIII secolo).  Lo storico inglese Edward Gibbon interpretò il medioevo sempre come un declino ma ne riconobbe anche l’espressione di valori propri, come quelli delle popolazioni germaniche, turche o arabe e fenomeni originali come le crociate e le trasformazioni religiose. 1.3 La rivalutazione di un’epoca Nel corso del XVIII secolo fu rivista l’immagine negativa del medioevo. Per primo, Ludovico Antonio Muratori si rese conto che l’Italia condivideva una tradizione storica comune (lingua, costumi, leggi, istituzioni, commercio, cultura, atteggiamenti morali e religiosi) che non si era formata in età antica, bensì nel medioevo. Compose così le Antiquitates italicae medii aevi (Antichità italiane nel medioevo) la prima indagine sulla civiltà medievale italiana. 2 Il Romanticismo – Il Romanticismo (Europa, fine XVIII secolo) contribuì alla diffusione di un’immagine positiva del medioevo per i suoi aspetti passionali e irrazionali, esempi di ciò sono: i Canti di Ossian di James Macpherson, l’Ivanhoe di Walter Scott, il gusto per ruderi di abbazie e castelli come soggetti pittorici. Il medioevo delle nazioni – Inoltre nel Romanticismo si sviluppa l’idea di medioevo come epoca in cui rintracciare le radici dello spirito nazionale, prima la cultura tedesca, poi quella francese che si appropriò del mito di Carlo Magno e valorizzando la Gallia come luogo in cui l’aristocrazia senatoria romana si era fusa ai franchi, infine il Risorgimento italiano esaltò l’epoca dei comuni come periodo di reazione contro gli imperatori tedeschi.  L’interpretazione nazionalistica del medioevo consistette quindi nella ricerca di elementi “vincenti” rispetto alle altre nazioni nella costruzione dell’Europa (formatasi nel medioevo), per rivendicare la prevalenza di una nazione sulle altre nella formazione dell’identità culturale dell’Europa.  Germania: la riflessione sull’identità culturale tedesca portò nel primo Ottocento ad una ricostruzione storica fondata su documenti storici di archivi e biblioteche e alla fondazione della Società per la documentazione dell’antica storia tedesca.  Francia: Francois Guizot nella sua Storia di Francia ravvisò le origini della civiltà moderna nella fusione delle popolazioni germaniche con quelle romane, avvenuta nel medioevo e promosse la costituzione della Societé de l’histoire de France.  Italia: a Firenze fu fondato l’Archivio storico italiano, il primo periodico scientifico dedicato alla promozione dello studio della storia nazionale. L’allargamento degli interessi (il Positivismo) – Nella seconda metà del XIX secolo, gli storici puntarono a individuare nel passato le leggi di funzionamento della società, col presupposto che avessero la stessa natura oggettiva di quelle che regolano la natura. Perciò presero campo per quanto riguarda il medioevo interessi nuovi, come la storia del diritto, della società e dell’economia nel medioevo. 1.5 Un millennio unitario o plurale? Interpretazioni unitarie – Nella prima metà del XX secolo l’olandese Johan Huizinga utilizzò la metafora stagionale per descrivere, nell’Autunno del medioevo, la civiltà della fine del medioevo in Francia e Fiandre, attraversata dalla sensazione di vivere il crepuscolo di un’epoca. Giorgio Falco (in Santa romana repubblica) descrisse il medioevo come l’epoca in cui l’intera società europea si volse alla realizzazione degli ideali cristiani sotto la guida di grandi istituzioni universali come l’impero e il papato. Grandi sintesi – Per quanto riguarda studi sul medioevo dal punto di vista delle strutture economiche e sociali, Henri Pirenne in Maometto e Carlomagno indagò il passaggio dal mondo antico a quello medievale ritenendo che non fossero state le invasioni barbariche la causa del mutamento del sistema economico antico, bensì l’espansione islamica nel Mediterraneo, facendo ripiegare l’Occidente sull’economia agraria. Altri studi sono stati compiuti da Marc Bloch, il quale ne I re taumaturghi approfondisce l’atteggiamento psicologico collettivo che attribuiva poteri miracolosi ai sovrani francesi e inglesi. Gli incontri di civiltà – Nei decenni più recenti, gli storici hanno rinunciato alle interpretazioni organiche del medioevo, privilegiando ricerche su singoli temi. Giovanni Tabacco descrive il medioevo come un’età di sperimentazioni di possibili soluzioni ai problemi della convivenza civile. 5 spiritualità cristiana nella vita laica e da una maggiore ricchezza economica distribuita tra le classi.  Quella finale (XIII-XV): caratterizzata da una più complessa articolazione della società, dalla crisi dell’unità cattolica e dalla depressione economica. Alto, pieno e basso medioevo – Gli storici inglesi individuano tre periodi: early, high e late middle ages, analogamente a quelli tedeschi. A loro volta gli storici italiani indicano i tre periodi con i termini di “primo”, “pieno” e “tardo” medioevo, ma distinguono contemporaneamente anche un “alto” (V- X) e un “basso” (XI-XV) medioevo ed utilizzano la locuzione “secoli centrali” per indicare i secoli attorno al Mille. Il millennio V – XV secolo (5-15) Inizio e fine Inizio: IV – VII secolo (4-7) Fine: XIV – XV secolo (14-15) Bipartizione Alto: V – X secolo (5-10) Basso: XI – XV secolo (11-15) Tripartizione Primo: V – IX secolo (5-9) Pieno: X – XII secolo (10-12) Tardo: XIII – XV secolo (13-15) 2.3 Clima, ambiente, epidemie  Clima – Le continue variazioni climatiche influenzarono l’andamento delle produzioni agricole e delle attività economiche. L’impero romano aveva visto un optimum climatico grazie ad una lunga fase calda, seguita poi da un peggioramento tra IV e VIII secolo. Dall’inizio del IX le condizioni climatiche tornarono a migliorare dando luogo fino al XIII secolo alla fase dell’optimum medievale. Dall’inizio del XIV la fase calda fu interrotta da un brusco calo delle temperature che inaugurò la cosiddetta piccola età glaciale che durò fino alla metà del XIX secolo.  Ambiente – L’abbassamento delle temperature determinò la migrazione di popoli nomadi e seminomadi verso il clima più mite del Mediterraneo.  Epidemie – Il millennio fu segnato in particolar modo da tre malattie epidemiche che colpirono un gran numero di individui in poco tempo: la peste, il vaiolo e la lebbra. Estintasi per alcuni secoli, la peste ricomparve in Occidente nel 1347 ed invase tutta l’Europa, provocando una diminuzione della popolazione di circa un terzo. Il vaiolo invece imperversò nell’Europa del nord nel VI secolo e divenne endemico nel VII. La lebbra raggiunse il suo picco tra XII e XIII secolo; coloro che ne erano affetti venivano isolati in lazzeretti. 2.4 Demografia L’andamento demografico della popolazione nel medioevo può essere rappresentata in un ciclo diviso in tre fasi: depressione – espansione – depressione, con le punte minime toccate nel VII secolo e nella seconda metà del XIV, e il picco massimo raggiunto nella seconda metà del XIII. Depressione VII secolo (7) 27 milioni Espansione Seconda metà del XIII (13) 73 milioni Depressione Seconda metà del XIV (14) 45 milioni “Secoli centrali” 6 1. La depressione – L’inizio dell’età medievale coincise con una drastica riduzione della popolazione a causa di carestie (dovute al clima rigido) ed epidemie che iniziarono a manifestarsi fin dal III secolo. La durata media della vita si ridusse. 2. La crescita – Dall’VIII secolo la popolazione cominciò lentamente a crescere, le terre iniziarono progressivamente ad essere messe a coltura ed aumentò il traffico delle merci. L’aumento della durata media della vita aumentò grazie anche ad una migliore alimentazione. 3. La crisi – Nella seconda metà del XIII secolo la popolazione tornò a diminuire a causa di un repentino peggioramento delle condizioni climatiche e delle carestie. Inoltre si fecero ricorrenti le crisi di mortalità ed il calo della popolazione fu reso drammatico dalla grande epidemia di peste bubbonica del 1347-1348, toccando il punto più basso nell’anno 1400. Nel secolo successivo la tendenza si invertì lentamente, dando avvio a un nuovo ciclo espansivo. 2.5 Insediamenti  Nomadi – I romani avevano dato vita al più grande impero sedentario dell’Occidente eurasiatico unendo le popolazioni stanziate tra nord Africa e Europa continentale. Ma al di là del confine di Reno e Danubio erano presenti popolazioni germaniche sparse in tribù e villaggi provvisori, dedite ad un seminomadismo di sfruttamento: ovvero si spostavano non appena avevano esaurito le risorse di un territorio. La loro migrazione verso i climi più miti del Mediterraneo riconfigurò l’assetto delle popolazioni sedentarie. Inizialmente si applicarono nei loro confronti istituti come la foederatio (inquadramento militare) e l’hospitalitas (concessione di un terzo delle terre) per stabilizzare questi popoli, che successivamente resero pacifico e stabile il loro insediamento con l’acculturazione della loro tradizione con quella romana.  Campagne – I primi secoli del medioevo furono caratterizzati da un fenomeno di ruralizzazione, dovuto all’abbandono delle città da parte dei grandi proprietari fondiari per la crisi della vita pubblica cittadina a causa della scomparsa delle istituzioni imperiali. Per quasi tutto il millennio il 90% della popolazione visse nelle campagne. L’insediamento più diffuso era il villaggio, organizzato di solito in tre aree concentriche: nucleo abitato, area coltivata e terre comuni (pascoli e boschi curati dalla comunità).  Città – Bisogna distinguere tra città di origine antica e quelle fondate nei secoli centrali del medioevo. Le città di tradizione romana ereditarono la centralità delle funzioni (economiche, politiche e religiose), mentre quelle di fondazione successiva sorsero intorno a mercati o laddove si voleva colonizzare un territorio e mancava un centro urbano. Sia le prime sia le seconde svilupparono nel basso medioevo una vera e propria civiltà urbana con scuole e università e caratterizzate da sviluppo architettonico e artistico. Alcune città furono elette residenza di corti regie o signorili. 2.6 Economia Gli sviluppi dell’economia medievale corrispondono a quelli demografici: si osservano la crisi dell’economia romana, una ristrutturazione e poi una lunga fase di crescita, dovuta all’espansione di scambi commerciali, interrotta con la brusca inversione dei cicli climatici, ambientali e demografici del XIV secolo, e seguita da una ripresa su nuovi scenari commerciali in tutto il mondo.  DISCONTINUITÀ: La crisi del sistema fiscale romano – Fino dal II secolo l’impero romano aveva utilizzato un sistema di autonomie locali gestito quasi senza apparati burocratici. Ma con l’espansione territoriale si rese necessaria un’amministrazione più ampia e un esercito enorme. Per finanziare questo apparato sempre crescente fu creato un sistema fiscale basato su tasse sulla terra, innescando crescenti fenomeni di evasione. 7  Le invasioni barbariche posero fine a questo sistema perché molte regioni smisero di pagare le tasse: perciò il mantenimento della burocrazia gravava su una parte della popolazione sempre minore, mano a mano che il controllo dell’imperatore diminuiva. Nella metà del VI secolo in Occidente scomparve ogni forma di imposta pubblica.  Ciò comportò l’impossibilità da parte dello stato di sostenere le spese per infrastrutture pubbliche e per mantenere burocrazia e funzionari, causando una crisi delle strutture pubbliche.  Studi archeologici dimostrano che conseguenza di ciò fu una forte contrazione dei commerci, che costò la scomparsa nel VII secolo di scambi a lunga distanza (come la ceramica).  CONTINUITÀ: Un’economia agraria – Un elemento di continuità fu dato invece dall’economia agraria che rimase immutata: la ricchezza continuò a basarsi sul possesso di terre e i rapporti tra proprietari terrieri e i loro affittuari rimase lo stesso. L’espansione degli scambi – La ripresa dei commerci nell’Europa medievale fu espressione dell’accresciuta ricchezza dell’aristocrazia e della crescente disponibilità di moneta che sostenne un periodo di crescita protrattosi fino al XIII secolo; inoltre dal XI secolo i sistemi commerciali del Mare del Nord si collegarono al Mediterraneo. La ristrutturazione dell’economia – Gli storici si sono preoccupati di dare un’interpretazione alla crisi demografica, chiedendosi se essa abbia comportato un collasso dell’economia o un’opportunità di sviluppo. Infatti se da un lato la popolazione diminuì drasticamente, il tenore di vita dei sopravvissuti migliorò: i salari urbani crebbero, aumentò la ricchezza media che stimolò la domanda di beni di consumo. Inoltre se da una parte alcune vecchie manifatture declinarono (es. lana), se ne generarono di nuove (es. seta, armi, stampa); per di più i mercanti svilupparono una serie di innovazioni che permisero di ridurre i tempi di transazione: la contabilità a partita doppia, la lettera di cambio, l’assicurazione marittima ecc.  L’esito finale fu l’integrazione delle economie regionali europee in circuiti commerciali ormai proiettati su scala mondiale (tra XV e XVI secolo). Le monete – Il tardo impero romano utilizzava un sistema trimetallico (bronzo per acquisto di beni d’uso quotidiano, argento per gli stipendi, oro per le grandi transazioni).  I successivi regni barbarici abbandonarono il bronzo e si ridussero al VII secolo alla coniazione di monete auree, come segno di prestigio e autorità.  Nell’impero bizantino e islamico rimase fondamentale la monetazione in oro.  In Occidente Carlo Magno si riappropriò della prerogativa imperiale di battere moneta introducendo il denarius d’argento e unità di conto come la lira e il soldo: tale sistema consentì per molto tempo la circolazione in Europa di monete facilmente utilizzabili. 2.7 Società La famiglia: Discendenza – In età romana era prevalso il cosiddetto agnatizio, ovvero il riconoscimento della linea maschile nella successione patrimoniale. Alcune popolazioni barbariche, come i longobardi, svilupparono il modello cognatizio, basato sulla parentela materna. Rimase comunque prevalente il sistema agnatizio, soprattutto nelle famiglie dei re. Lignaggi – Nell’XI secolo l’aristocrazia sviluppò il sistema di discendenza in linea maschile da un antenato comune, dando origine al cosiddetto lignaggio. Per bloccare le ramificazioni 10 Barbarossa, nella seconda metà del XII secolo, attinse dal diritto romano per legittimare l’autorità imperiale e introdusse l’espressione sacrum imperium per rivendicarne la natura sacrale. L’autorità imperiale nel tardo medioevo si ridusse alla sola Germania: in Italia ormai avevano pieno potere autonomo comuni e signorie.  Dell’originaria concezione universalistica rimase solo la sacralità del ruolo.  Regni – Quando l’impero romano d’Occidente si dissolse e si formò quello carolingio, l’organizzazione statale prevalente fu quella dei regni romano-barbarici che, (soprattutto visigoti e franchi) sperimentarono la convivenza tra popolazioni germaniche e romane. I re germanici venivano eletti dai capi tribù quando dovevano spostarsi o combattere ma quando si insediarono stabilmente si trasformarono in re di tutte le popolazioni che vi risiedevano: decisiva fu la conversione al cattolicesimo che li rese protettori delle Chiese e quindi anche delle popolazioni romane. I re continuarono a battere moneta e ad emanare leggi ma la crisi del sistema burocratico li costrinse a far assumere il controllo delle giurisdizioni territoriali agli aristocratici con il titolo di conti o duchi, non potendo stipendiare una burocrazia.  Signorie – Al tempo della sua massima espansione, l’impero carolingio era amministrato da circa 300 tra conti, duchi e marchesi, posi a capo di “comitati”.  Tra X e XI secolo, a seguito dell’indebolimento del potere centrale, le autonomie di questi poteri locali appartenenti a conti/duchi/marchesi, rafforzandosi, diedero vita a delle signorie. a. Signorie di banno o territoriali – Nello stesso periodo altre famiglie che possedevano territori e clientele armate formarono, anche se non possedevano poteri pubblici, dei poteri autonomi a partire dei propri possedimenti, in genere concentrati attorno a castelli.  Monarchie – Tra XI e XII secolo i poteri monarchici avviarono una ricomposizione territoriale che mise fine alla frammentazione signorile. Vennero perciò a formarsi i regni di Francia, Germania e Italia. I re dovettero legittimare la propria autorità ricorrendo agli elementi sacrali, all’elaborazione intellettuale degli attributi regali e alla definizione dei diritti che spettavano alla corona come istituzione. Si rivelarono strumenti fondamentali i rapporti feudo-vassallatici che consentirono ai re di legare a sé i principi territoriali. L’espansione economica consentì di incrementare le entrate fiscali per stipendiare una burocrazia efficiente: ufficiali che amministravano i regni.  Comuni – Nel basso medioevo si formarono forme di governo collegiale nelle campagne e nelle città. Tra XI e XII secolo, in molte regioni dell’Europa settentrionale, mercanti e abitanti delle città iniziarono a ottenere dai re e dai principi territoriali carte di “franchigia” o di “comune” che ne riconoscevano uno status giuridico diverso da coloro che abitavano nelle campagne e il diritto di partecipare all’amministrazione urbana. Tra XII e XIII secolo le comunità rurali iniziarono a patteggiare con i propri signori per la messa per iscritto di consuetudini agrarie, obblighi bannali ed il riconoscimento di forme elementari di autogoverno: ciò fu reso possibile dal declino dei poteri signorili che spesso riconobbero diritti in cambio di riscatti monetari.  Stati – Gli ultimi secoli del medioevo videro forme di governo caratterizzate da apparati amministrativi sempre più articolati, sia nelle monarchie, sia negli autonomi governi cittadini, che per questa complessità amministrativa vengono chiamati “stati” dagli storici. All’inizio del XIV secolo le monarchie iniziarono a rivendicare la piena autonomia da ogni autorità universalistica affermando il principio del “rex in regno suo est imperator” (ogni sovrano all’interno del suo regno ha il potere supremo). Entrò in uso da parte dei sovrani 11 convocare assemblee rappresentative (i “parlamenti”) in cui trovavano ascolto le rivendicazioni di clero, nobiltà e città, ponendo rimedio a possibili tensioni e conflitti interni. 2.11 Religioni Nel medioevo, in Europa e nel Mediterraneo, si trovarono a coesistere, diffondersi e scontrarsi tre grandi religioni monoteiste: ebraismo, islam e cristianesimo, appartenenti al ceppo comune risalente da Abramo, capostipite di ebrei e arabi.  Ebraismo – Si basa sulla fede in Dio (Yahweh). Gli ebrei credono nella fine dei tempi annunciata dal Messia ed hanno il dovere di osservare i comandamenti nel decalogo consegnato a Mosè. La Bibbia ebraica contiene solo l’Antico Testamento. Gli ebrei sono un popolo segnato dal destino della diaspora (la dispersione nel mondo dalla terra di Israele).  Cristianesimo – Innestato sull’ebraismo ne mantiene il quadro teologico: un unico Dio, creatore e signore della storia, redentore del suo popolo e giudice alla fine dei tempi. A differenza dell’ebraismo però, il Messia non è più atteso, ma è venuto nella persona di Gesù di Nazareth, come rivela il Nuovo Testamento. Cristo è allo stesso tempo profeta e oggetto di culto, vero Dio e vero uomo, Figlio di Dio incarnato, morto e risorto per la salvezza degli uomini. Gli apostoli predicavano un nuovo tipo di vita che integrava le antiche leggi mosaiche con un messaggio di uguaglianza e solidarietà. Il cristianesimo si diffuse tra le popolazioni dell’impero romano, organizzandosi in “chiese”, cioè in comunità di credenti.  Islam – Dalla metà del VII secolo cristiani ed ebrei cominciarono a confrontarsi con una nuova religione monoteista, l’Islam, irradiatosi dall’Arabia. A predicarla fu Maometto dopo la rivelazione del Corano, cioè della parola di Dio (Allah). Maometto è l’ultimo di una lunga serie di profeti che ha il suo capostipite in Abramo. Nonostante la precoce suddivisione della comunità musulmana tra sunniti (maggioranza, fedeli alla tradizione del profeta) e sciiti (minoranza, legati alla parentela di Maometto), l’islam si diffuse rapidamente tra VII e VIII secolo in territori di Asia, Africa e in parte dell’Europa, in seguito alle conquiste militari degli arabi.  L’aldilà – Tutte e tre le religioni hanno in comune la negazione dell’idea dell’estinzione totale dell’uomo dopo la morte. Comune è anche lo stato di gloria o dannazione delle anime in attesa della fine dei tempi: l’inferno è descritto come luogo sotterraneo di perdizione eterna, e il paradiso come il sommo cielo in cui le anime beate godono della visione di Dio. Tra XII e XIII secolo prese forma anche la nozione di purgatorio come luogo di temporanea espiazione. 2.12 Cristianesimi e Chiese L’evangelizzazione – Fondamentale per la diffusione del cristianesimo fu l’azione di proselitismo nell’impero romano. I ceti più umili videro nel cristianesimo la speranza di riscatto dalla propria condizione, le aristocrazie videro nel cristianesimo oltre ad una risposta alle loro esigenze di culto, anche un culto che rispondesse alle esigenze di decoro sociale che la loro classe imponeva. Roma divenne il centro simbolico del cristianesimo già nel II secolo: dal momento che la sua sede era stata fondata da Pietro e Paolo essa godeva di un maggiore prestigio rispetto alle altre. La liberalizzazione del culto nel 313 e la proclamazione come unica religione dell’impero nel 380 sancirono l’istituzionalizzazione del cristianesimo. Chiese paritarie – Per oltre un millennio, fino all’XI secolo, la cristianità non ebbe un capo. Ogni chiesa era presieduta da un vescovo, appartenente inizialmente alla classe senatoria romana e successivamente anche alle aristocrazie barbariche convertite; il vescovo di Roma, in quanto 12 successore di Pietro, era solo il vescovo più eminente in Occidente e, come quelli di Costantinopoli, Antiochia, Alessandria d’Egitto e Gerusalemme, patriarca. La sostanziale autonomia delle chiese locali determinò una varietà di interpretazioni del Vangelo che sfociò in controversie teologiche sul problema della natura divina e/o umana del Messia e sulla Trinità. Sedi di discussione al riguardo erano i concili: il primo concilio di carattere universale fu convocato a Nicea nel 325 da Costantino e vi fu definita l’ortodossia cattolica e condannate le eresie. Papato gerarchico – Nell’XI secolo il papa, richiamandosi al primato di Pietro fra gli apostoli, promosse una ristrutturazione in senso gerarchico delle istituzioni ecclesiastiche. Fino ad allora il papa era solo il vescovo di Roma ma dal XII secolo ne divenne a tutti gli effetti il capo assoluto. Ortodossi e cattolici – In Oriente, l’azione missionaria nei Balcani e nell’area slava, tra IX e X secolo, conferì al patriarcato di Costantinopoli una dimensione europea. Maturò così la separazione dalla Chiesa di Roma, annunciata dallo scisma del IV secolo, ed acuitasi con la mancata adesione all’iconoclastia nel VII-VIII secolo da parte delle chiese occidentali e palesatasi con il sostegno del papato alla potenza franca tra VIII e IX secolo. Inoltre le chiese orientali non accettarono la riforma papale dell’XI secolo (per cui il vescovo di Roma diventava il papa) e portò allo scisma tra Chiesa di Roma (“cattolici” = “coloro che seguono la fede valida universalmente”) Chiesa di Costantinopoli (cristiani “ortodossi” = “che seguono la vera fede”) nel 1054. Altre esperienze di vita cristiana – Il cristianesimo sviluppò nel IV secolo il monachesimo, ovvero il distacco di ascesi spirituale dal mondo, individuale (eremita) o in comunità (cenobita). Esso si rivelò fondamentale nell’evangelizzazione delle campagne e raggiunse il culmine nel XIII secolo con gli ordini mendicanti e la predicazione francescana. Il clero – Il clero era un gruppo a sé stante nelle comunità ecclesiastiche: addetto alle funzioni di culto e all’amministrazione dei beni delle chiese. Il clero fu monopolizzato dalle élites dell’impero e dalle aristocrazie. Con l’istituzionalizzazione delle cristianesimo i vescovi furono chiamati ad affiancare i funzionari civili e, una volta scomparso l’impero in Occidente, ad assumere il governo effettivo delle città. Il forte intreccio creatosi tra clero e potere politico fu sancito dal ruolo di mediazione sacerdotale che i vescovi acquisirono nei rituali di sacralizzazione del re e dalle funzioni pubbliche da loro assunte.  Ciò rese il clero un ordine sociale ricco di privilegi e patrimoni, esentato da obblighi fiscali e militari. 2.13 Cultura La cultura medievale è caratterizzata da: 1. Commistione di cultura antica e cristiana; 2. Dominio dell’oralità: nel passaggio tra l’antichità e il medioevo si ridusse drasticamente la capacità di scrivere e la trasmissione del sapere fu affidata alla cultura orale di cui erano portatrici le popolazioni barbariche; 3. Promozione di una ripresa dell’antico (es. lo studio e la riscoperta del diritto codificato da Giustiniano nei secoli XI-XIII). Inoltre nella cultura cristiana fu sempre ininterrotta l’opera di esegesi biblica, riflessione antropologica e filosofica. Dealfabetizzazione – La scomparsa delle scuole di grammatica e retorica determinò una dealfabetizzazione generale. Dal IV secolo alcune scuole furono riattivate ma adibite alla formazione 15 2. Una seconda, maturata dall’XI secolo, in cui le istituzioni feudali costituirono uno strumento di raccordo tra i sovrani e signori territoriali. Nazioni – Tra XVIII e XX secolo, in un clima intellettuale permeato da nazionalismo, si è tentato di rintracciare le origini delle nazioni a partire da presupposti etnici omogenei del primo medioevo. Ciò ha portato a teorie pseudoscientifiche sulla superiorità della razza germanica durante il nazismo. La ricerca storica recente ha invece individuato nel medioevo la presenza di aggregati tribali in continua trasformazione in un processo cosiddetto di etnogenesi. La formazione di identità collettive di carattere nazionale fu l’esito di un progetto politico e culturale del basso medioevo, lungi da avere fondamenti etnici. Furono le monarchie ad avviare tra XIII e XIV secolo la costruzione di identità nazionali: in Francia, Inghilterra, Germania e Spagna, i sovrani mobilitarono intellettuali a vari livelli perché diffondessero tra i sudditi l’idea che la popolazione del regno costituiva un’entità omogenea caratterizzata da una storia comune. Capitolo III: 3.1 La crisi dell’impero romano (secoli III-V) Apogeo – Fino all’inizio del III secolo l’impero romano aveva visto sviluppo economico e stabilità politica su un’area vastissima: con l’estensione della cittadinanza a tutti gli uomini liberi dell’impero nel 212 si giunse a contare 50 milioni di abitanti. Crisi – Ma terminate le guerre di espansione l'economia cominciò a ristagnare: Chi fu un rapido calo della disponibilità di manodopera schiavistica è un inasprimento delle imposte fiscali. Crebbero il divario tra ricchi e poveri e la criminalità (brigantaggio, pirateria). La situazione peggiorò ulteriormente nel corso del III secolo con l’elezione degli imperatori in cui ebbe sempre più voce in capitolo l’esercito  le legioni finirono per acclamare imperatori i propri comandanti e tra 235 e 284 se ne succedettero ventotto. Le riforme di Diocleziano Diocleziano, imperatore dal 284 al 305, avviò un periodo di riforme con le quali si ottennero alcuni effetti positivi: 1. Affiancò al trono Massimiano a cui affido i territori sul Reno, mentre per sé tenne quelle danubiane e orientali. 2. Il governo fu trasformato in una tetrarchia nel 293, quando ai due “augusti” furono associati due “cesari”: Galerio e Costanzo Cloro, con lo scopo di sottrarre la nomina dei successori all’esercito e di definire precise competenze territoriali. 3. Le province furono rese più piccole e sottoposti a un doppio comando, civile e militare, e riunite in 12 grandi diocesi inquadrati a loro volta in 4 prefetture. L’aumento del numero dei soldati arrivo a raddoppiare i costi di mantenimento, per cui si dovettero adottare varie misure in ambito economico: 4. Un’amministrazione del fisco più razionale attraverso un calcolo di esazione più equo basato sul catasto (ovvero ripartire il carico fiscale in base al reddito individuale). Ma in alcuni casi le tasse giunsero a superare il costo degli affitti. 5. Cercò anche di arginare l’inflazione fissando prezzi massimi dei beni di consumo senza però ottenere gli effetti sperati. Le riforme di Costantino 16 Dopo una lunga serie di conflitti, il figlio di Costanzo Cloro, Costantino, rimase l’unico imperatore fino alla sua morte nel 337, portando così a compimento l’evoluzione del principato in senso monarchico. Sul piano amministrativo egli proseguì nel solco di Diocleziano. Sul piano economico legò il sistema monetario all’oro, coniando una nuova moneta: il solidus. Egli capì inoltre che il baricentro politico, economico e culturale si era spostato verso Oriente, così trasformò Bisanzio in una “nuova Roma” e le diede il nome di Costantinopoli. La separazione tra Oriente e Occidente – Il trasferimento della capitale evidenziò il divario tra Oriente e Occidente. Mentre in Occidente le città decaddero, in Oriente mantennero un ruolo centrale nei commerci  le ricchezze tesero a confluire verso l’Oriente, dove la differenza tra ricchi e poveri era meno accentuata. Teodosio dispose la suddivisione dell’impero alla sua morte tra i due figli, affidando ad Arcadio l’Oriente e a Onorio l’Occidente. Da allora i due imperi avrebbero seguito percorsi diversi. 3.2 La diffusione del cristianesimo Alla trasformazione del mondo romano contribuì la diffusione del Cristianesimo che uniformò dal punto di vista religioso e culturale i territori dell’impero, da cui emerse l’Europa occidentale nell’età successiva. Agli inizi del IV secolo però il cristianesimo era una religione minoritaria fra le molte praticate nell’impero. Persecuzioni – L’impero romano era caratterizzata da un generale clima di sincretismo religioso e il rifiuto intransigente dei cristiani di tributare atti di culto all’imperatore se loro accuse di scarso realismo o cospirazione che furono all’origine delle persecuzioni di massa disposte da Decio, Valeriano e Diocleziano. La libertà di culto – Si giunse alla libertà di culto nel 303 con un editto di Costantino che assicurò all’imperatore l’appoggio dei cristiani. Nel corso del secolo il cristianesimo fu progressivamente accettato fino a diventare religione ufficiale. Ciò fu la conseguenza di due scelte: 1. Gli imperatori individuarono nelle strutture delle chiese un formidabile strumento di legittimazione del potere imperiale. 2. La progressiva adesione al cristianesimo dei gruppi dirigenti romani orientò le scelte delle autorità civili (infatti i capi delle comunità cristiane locali furono scelti sempre più tra le famiglie delle élites urbane). Cattolicesimo e arianesimo – Costantino agì sempre da pontifex maximus (cioè come capo della religione) intervenendo cioè in questioni ecclesiastiche. Infatti convocò il primo concilio ecumenico di Nicea nel 325, ovvero una riunione di vescovi di tutta la cristianità, preoccupato per le divergenze religiose che stavano prendendo piede. Nel concilio si affermò il cattolicesimo in contrapposizione a gruppi settari, definiti eretici. Tra questi l’eresia più diffusa era l’arianesimo, formulata da Ario, un prete egiziano che negava la natura divina di Gesù. L’evangelizzazione delle popolazioni barbariche – Per molte popolazioni barbariche la conversione al cristianesimo avvenne per mezzo di missionari ariani e quindi essi stessi abbracciarono la dottrina ariana e non quella cattolica. Quando i popoli germanici invasero la parte occidentale dell’impero ci fu un lungo e difficile periodo di confronto e scontro religioso: in alcuni casi le popolazioni longobarde rispettarono la confessione cattolica (es. gli ostrogoti di Teodorico in Italia), ma in altri casi lo scontro fu addirittura sanguinario (es. i longobardi in Italia). La conversione dei capi militari – I vescovi cattolici promossero una conversione di re e capi militari delle popolazioni barbariche, nella fondata convinzione che, data la natura sacrale conferita al re, la 17 scelta di quest’ultimo sarebbe stata seguita poi anche dal resto della popolazione. Il primo a convertirsi fu il re dei franchi salii Clodoveo, battezzato a Reims nel 496, seguito poi da quasi tutti i sovrani degli altri regni. Le resistenze tribali – Per i sovrani delle popolazioni barbariche, la conversione alla fede cattolica significava un allargamento del proprio potere, perché proponendosi come protettori delle chiese estendevano il loro dominio anche alle popolazioni romane.  L’aumento del potere dei re provocò una reazione da parte dell’aristocrazia, che intravide al contrario nei culti pagani la possibilità di riaffermare la propria supremazia sociale: per questo motivo dopo una prima serie di conversioni regie si vide una recrudescenza del cristianesimo e per tutto il VII secolo vigorose spinte anticristiane. Il monachesimo missionario – Il nuovo aumento del paganesimo comportò un’intensa opera di evangelizzazione da parte di monaci missionari: 1. Tra V e VI secolo: monaci provenienti dalla Gallia cristianizzarono prima l’Irlanda e poi la Bretagna. 2. Tra VI e VII secolo: dall’Irlanda per volere di papa Gregorio Magno un nuovo flusso di missionari investì il continente. 3. Tra VII e VIII secolo: l’opera missionaria si rivolse verso regioni più orientali della Frisia, della Turingia e della Sassonia. L’anglo Bonifacio fu consacrato dal papa primo vescovo della Germania nel 722 e fu martirizzato in Frisia nel 754. 3.3 Le invasioni barbariche Un altro fenomeno che trasformò il mondo romano fu l’incontro con le civiltà barbariche, dovuto alle migrazioni tra IV e VI secolo. Inoltre tra la fine del IV e la metà del VI l’impero degli unni, centrato sulla Pannonia, diede avvio ad un colossale processo di spostamenti che portarono alla disgregazione dell’ordinamento politico imperiale. Con il termine “barbari” si intendevano tutti coloro che non parlavano il greco e il latino ma delle lingue incomprensibili (da qui l’espressione “bar-bar”); il termine aveva una connotazione negativa. I primi rapporti con i romani – L’incontro tra barbari e romani era cominciato molto prima delle invasioni. Da tempo l’impero aveva rinunciato alla conquista della Germania (già al tempo di Tiberio, 14-37), preferendo consolidare il limes. Le popolazioni barbariche erano entrate nell’orbita del sistema imperiale: i capi avevano frequenti contatti con la corte imperiale ed erano intensi i rapporti commerciali. Le scorrerie dei visigoti – Dal III secolo si susseguirono incursioni sempre più frequenti, ma furono quelle dei Visigoti a destabilizzare l'equilibrio politico dell'impero tra la fine del IV e l’inizio del V secolo: 1. Eseguirono saccheggi e rapine fino allo scontro con l’esercito romano, che venne clamorosamente sconfitto, ad Adrianopoli nel 378, dove morì lo stesso imperatore Valente. 2. Compirono poi scorrerie in Grecia, Macedonia, nell’Illirico e nella Pianura Padana ma vennero respinti dal generale di origine vandala Stilicone. 3. Tornarono poi alla volta dell’Italia guidati da Alarico puntando direttamente sul Roma che saccheggiarono nel 410. 4. Infine estesero il loro controllo sull’intera Aquitania costituendo nel 418 il primo regno barbarico all’interno del territorio imperiale. 20 suo successore Recaredo decise di convertirsi al cattolicesimo per ampliare la sua autorità regia e per coinvolgere i vescovi nell’apparato amministrativo. Questa cooperazione tra popolazioni si manifestò nei concili, in cui non si discuteva solo di questioni di fede ma anche di quelle amministrative e politiche. La fusione etnica fu favorita dai sempre più frequenti matrimoni misti e si ebbe anche una notevole fioritura culturale.  Franchi – Attuarono una piena integrazione i Franchi, fino ad allora un insieme eterogeneo di tribù sparse tra le quali emergevano i salii e i ripuari che si stabilizzarono più precocemente degli altri e abbandonarono il loro carattere nomade, fondendosi con le popolazioni gallo- romane. Nel 406 infatti parteciparono alla difesa del confine imperiale sul Reno come federati dei romani. La creazione del regno – Fu per primo Clodoveo (re dal 488 al 511) a superare il frazionamento tribale e ad affermarsi sugli altri capi militari, ponendo così le basi per la costruzione del regno ed estendendolo a nuovi territori. Clodoveo infatti arginò la pressione dei turingi ad est, respinse gli alemanni sulla riva destra del Reno e sconfisse i visigoti occupando tutta l’Aquitania e costringendoli a spostarsi in Spagna. La conversione al cattolicesimo – Clodoveo comprese l’importanza di stabilire rapporti con l’episcopato cattolico: nel 496 si fece battezzare: ciò agevolò il suo rapporto con il clero e con la popolazione gallo-romana che ne legittimò l’autorità di re e l’azione politica. Il suo ruolo di sovrano fu rafforzato ulteriormente nel 508 quando ricevette il titolo di patricius dall’imperatore bizantino e nel 510 quando fece redigere il Pactus legis salicae, che fissava per iscritto le norme della sua popolazione. Lo sviluppo dei regni – Alla morte di Clodoveo nel 511, la concezione patrimoniale del potere portò alla spartizione del regno fra gli eredi. Per questo il regno dei franchi fu sempre in realtà un insieme di regni tra loro conflittuali. Nella grande potenza territoriale che venne a formarsi in seguito ad espansioni e annessioni si distinguevano alcune regioni: l’Austrasia (la “terra dell’est”, quella più germanizzata), la Neustria (la “nuova terra dell’ovest”), la Burgundia e l’Aquitania. I poteri regi – I regni riuscirono a superare i conflitti e a trovare una certa unità solo sotto i re Clotario II e Dagoberto che dovettero però concedere ampie prerogative di governo all’aristocrazia: i conti (comites) e i duchi. I Pipinidi – Approfittando della debolezza dei re nel corso del VII secolo, l’amministrazione dei vari regni fu controllata sempre di più dai maestri di palazzo, i massimi funzionari di corte. In particolare una grande famiglia aristocratica, i Pipinidi, riuscì a rendere ereditaria la carica di maggiordomo, fino a quando il figlio di Pipino di Herstal, Carlo Martello, avviò una forte espansione conducendo l’esercito franco nella vittoria di Poitiers contro una spedizione islamica, arrestandone definitivamente l’avanzata verso nord.  La vittoria fu il preludio alla deposizione del re Childerico III, ad opera del figlio di Carlo Martello, Pipino il Breve, che venne acclamato re nel 751.  L’affermazione dei Pipinidi fu legittimata dalla Chiesa di Roma, quando papa Stefano II unse col sacro crisma sia Pipino il Breve che i suoi figli, Carlomanno e Carlo, il futuro Carlo Magno. 4.3 L’Italia fra longobardi e bizantini Le lotte per la successione al re ostrogoto Teodorico offrirono l’occasione a Giustiniano per inviare truppe in Italia nel 533. Ebbe luogo così un lungo conflitto che provò duramente l’Italia anche a 21 causa delle carestie e delle pestilenze, per cui la popolazione reagì debolmente o affatto alle invasioni dei longobardi. L’invasione dei longobardi – Guidati dal re Alboino si insediarono in tre aree principali: la pianura padana, la Toscana e i territori attorno a Spoleto e Benevento. Le coste rimasero invece in mano ai bizantini insieme sud-Italia a partire da Roma. L’Italia si trovò così divisa in due dominazioni profondamente diverse l’una dall’altra. La società longobarda – La dominazione longobarda ebbe un impatto molto violento sulla società italica e comportò la dispersione dell’antica aristocrazia senatoria. Le terre furono confiscate e distribuite tra i membri dell’esercito. La società longobarda era divisa in:  Arimanni: gli uomini in armi;  Aldii: uomini che pur essendo liberi, ma non possedendo terre, avevano bisogno di mettersi sotto la protezione di un signore;  Fare: raggruppamenti familiari ampi, costituiti appositamente per le spedizioni militari e guidati da capi guerrieri. Molti erano di fede ariana ma la maggior parte era ancora legata a culti religiosi di tradizione germanica. L’organizzazione politica – All’inizio, nei primi decenni della dominazione longobarda, c’era una forte conflittualità interna tra il re e i duchi che agivano in sostanziale autonomia. Dopo un decennio dapprima il re Autari e poi Agilulfo avviarono un’opera di rafforzamento dell’autorità regia emarginando i duchi più riottosi e costituendo un vasto patrimonio fiscale. Inoltre un graduale superamento della contrapposizione fra longobardi ariani e romani cattolici si ebbe grazie alla mediazione della regina Teodolinda con papa Gregorio Magno, preoccupato di salvare Roma. Nel 653 re Ariperto abolì ufficialmente l’arianesimo. Sviluppo ed espansione del regno – Dopo che la corte del regno longobardi fu stabilita a Pavia, fu soprattutto col re Rotari che il potere regio fu rafforzato, egli inoltre:  Sviluppò un apparato di governo suddividendo il territorio in distretti più ordinati;  I duchi furono progressivamente trasformati in ufficiali regi e affiancati da sculdasci (capi- villaggio);  Le aziende agrarie regie vennero affidate ai gastaldi (amministratori delle curtes regiae);  L’affermazione dell’autorità del sovrano fu sancita dalla promulgazione di un editto che, nel 643, raccolse il forma scritta le norme longobarde. Inoltre a causa della debolezza dei bizantini, che erano impegnati a fermare l’avanzata degli arabi, il dominio longobardi si estese alla Liguria e all’entroterra veneto. L’Italia bizantina – Le terre in Italia rimaste sotto il controllo dell’impero bizantino vennero poste sotto il controllo di un esarca (rappresentante dell’imperatore) che risiedeva a Ravenna e riuniva funzioni civili e militari. Tuttavia le guerre costanti e la difficoltà dei collegamenti tra le diverse aree resero indipendenti i vari ducati: solo la Sicilia era governata direttamente da Bisanzio. La fine del regno longobardo – Passata la fase della conquista e dell’occupazione le condizioni della popolazione italica migliorarono. La società, ormai etnicamente mista, trovò ulteriore consolidamento col regno di Liutprando, che si fregiò del titolo di christianus et catholicus princeps con l’intento di fare delle istituzioni ecclesiastiche un elemento di sostegno alla monarchia. Liutprando puntò inoltre alla conquista dei territori bizantini fino a Roma e dell’esarcato, questo 22 suscitò la reazione del papa che chiamò in aiuto i franchi che con Carlo Magno conquistarono il regno nel 774. L’eredità longobarda – Caduto il regno dei longobardi, i duchi di Benevento assunsero il titolo di princeps, dando continuità al regno nel meridione d’Italia. Solo l’avvento dei normanni nella seconda metà dell’XI secolo mise fine all’autonomia politica longobarda: Salerno fu l’ultima città a cadere, nel 1076. Le origini del potere temporale del papa – Mentre il potere bizantino veniva meno in Italia, quello del papa cresceva, acquisendo sempre maggiori funzioni di governo su Roma. I rapporti con l’impero si interruppero quando il papa non seguì gli orientamenti iconoclastici sostenuti da Leone III nel 726, che per rappresaglia tolse a Roma le diocesi dell’Italia meridionale e ne confiscò i patrimoni. Poi quando vennero minacciati dai longobardi, i papi decisero di rivolgersi alla nuova e potente dinastia franca dei Pipinidi, che nel 756 donò “ai beati apostoli Pietro e Paolo” numerosi territori ripresi ai longobardi. Intorno a questi nuclei prese corpo il dominio territoriale del papato nel cuore della penisola, destinato a durare per oltre un millennio. Capitolo V: Giustiniano e la Renovatio Imperii – L’imperatore Giustiniano elaborò un programma di restaurazione (renovatio imperii) con lo scopo di ridare all’impero la sua estensione territoriale originaria. L’obiettivo era la riconquista dei territori mediterranei dove si erano formati dei domini barbarici. Perciò gli eserciti imperiali abbatterono i vandali nell’Africa settentrionale, gli ostrogoti in Italia e recuperarono le coste meridionali della penisola iberica in mano ai visigoti. Le riforme – Oltre alla rinnovazione di Giustiniano varò alcune riforme:  Sul piano religioso: si impegnò a tutela della Chiesa rafforzando il potere dei vescovi, rendendosi garante dell’ortodossia, colpendo duramente le dottrine ereticali e perseguitando tutti i culti non cristiani.  Sul piano fiscale: per porre freno agli abusi dei grandi proprietari terrieri rafforzò la rete dei funzionari statali.  Sul piano giuridico: promosse una revisione del diritto che portò alla creazione di un nuovo codice il Corpus iuris civilis, che raccolse e selezionò criticamente le leggi in vigore e costituì l’esito più duraturo delle sue riforme. La contrazione territoriale – I successori di Giustiniano non ebbero le risorse finanziarie e militari per governare l’intero Mediterraneo; la Siria, la Palestina, la Mesopotamia, l’Armenia, l’Egitto e il Nord Africa caddero sotto il dominio degli arabi. In poco meno di un secolo l’impero si ridusse ad una regione comprendente Egeo e Anatolia. La ristrutturazione bizantina – Con Eraclio (610-641) si completa il passaggio dalla fase tardoantica dell’impero a quella detta bizantina. Il re iniziò ad essere chiamato basileus, si crearono nuove entità amministrative dette themata, comandate da uno stratego che riuniva in sé autorità militare e civile. L’esercito inizio ad essere costituito sempre più da milizie locali e di conseguenza il mantenimento dei soldati-contadini non gravava più sulle finanze pubbliche e si costituì una piccola proprietà terriera, per cui vennero abbandonate le città e crebbe invece la società rurale. La controversia iconoclastica – Nel 726 l’imperatore Leone III proibì la venerazione delle immagini sacre, aderendo al movimento dell’iconoclastia che ne predicava la distruzione considerandone il culto idolatria. Tra gli obiettivi del re vi era: 25 Carlo Magno e l’espansione militare – Alla morte del padre Pipino il Breve nel 768 e del fratello Carlomanno nel 771, Carlo (poi detto Magno) ereditò il regno franco, secondo le tradizioni germaniche. Egli guidò un’espansione militare che procurò terra e bottini alle grandi famiglie franche dando vita ad un esteso controllo territoriale: 1. Nel 772 fu avviata oltre il fiume Reno una guerra contro i sassoni, ai quali venne imposta l’evangelizzazione e l’assimilazione ai franchi; 2. Nel 774 fu conclusa la conquista del regno longobardo sostenuta dal papa; 3. Nel 788 fu sottomessa la Baviera; 4. Nel 796 fu distrutto il regno degli avari sul Danubio; 5. Tra 801 e 813 si costituì la marca hispanica a nord del fiume Ebro. La dignità imperiale – Nel Natale dell’anno 800 Carlo Magno fu incoronato imperatore da papa Leone III. Ciò legittimava il potere dei sovrani Franchi e garantiva il loro aiuto al papa nell’opera di evangelizzazione. Carlo si presentava come sovrano cristiano e difensore della chiesa di Roma. L’organizzazione amministrativa – L’organizzazione amministrativa del nuovo regno dei franchi attinse alle tradizioni culturali di cui tale impero costituiva la sintesi:  Quella romana dell’orientamento territoriale;  Quella barbarica dei legami personali;  Quella cristiana della Chiesa imperiale. Seguendo la tradizione franca, il re si spostava costantemente per affermare la sua presenza in tutto il dominio, soggiornando nelle proprietà di fisco regio. Carlo stabilì una sede privilegiata di residenza ad Aquisgrana, nel cui palazzo aveva sede l’amministrazione centrale. Il territorio fu inoltre suddiviso in circoscrizioni centrate sulle città “comitati”, e nelle regioni di confine “marche”. A loro capo furono posti dei conti e dei marchesi, scelti tra famiglie aristocratiche che esercitavano funzioni pubbliche ed erano coadiuvati da ufficiale minori. I vincoli di fedeltà – L’impero costituiva una dominazione disomogenea, in cui continuavano ad avere un forte potere locale le famiglie aristocratiche dotate di nutrite clientele armate. Anche Carlo Magno possedeva la capacità di vincolare a sé personaggi che già godevano di particolare prestigio e che erano legati al sovrano da rapporti di fedeltà personale in cambio di vitalizi (rapporti vassallatico-beneficiari). Poteri civili e religiosi – Carlo estese le reti di controllo dei missi dominici (gli “inviati del signore”), incaricati di sorvegliare l’operato dei funzionari locali, solitamente nominati a coppie: uno laico e uno ecclesiastico. Essi dovevano diffondere le leggi emanate dal sovrano (i capitolari), redatte nel corso delle grandi assemblee (placita). Dal momento che i vescovi esercitavano sempre più funzioni pubbliche ciò legittimò l’intervento diretto del sovrano nella loro nomina. La rinascita culturale – Il coinvolgimento del clero nel governo dell’impero era imprescindibile per l’attività della cancelleria, dal momento che con la crisi del sistema scolastico tardoantico gli unici ad aver mantenuto la capacità di leggere e scrivere erano gli uomini di Chiesa. Presso la cancelleria venne poi elaborata anche una scrittura uniforme e particolarmente chiara detta “carolina”. Un’economia locale – Carlo Magno elaborò anche riforme in ambito economico: 26  Inserì delle gabelle sul transito delle merci sulle strade e nei porti, vale a dire tasse indirette; ma a differenza di Bisanzio, in cui l’efficiente sistema fiscale era retto dalla tassazione diretta sulla terra, nell’impero carolingio le entrate venivano soprattutto dalle rendite del fisco regio;  Dopo la scomparsa della produzione di monete fu reintrodotto anche un sistema monetario basato sull’argento: continuarono ad essere coniate monete d’oro solamente da Bisanzio dagli Stati islamici, per servire con nomi e commerciali molto più ricchi e articolati rispetto ai Modesti scambi praticati nelle Europa carolingia. L’Italia carolingia (non più longobarda) – Espugnata Pavia e catturato re Desiderio, Carlo Magno aveva posto fine nel 774 all’esperienza politica longobarda in Italia. Questi territori furono incorporati nel dominio dei Franchi ma mantennero la loro autonomia: Carlo e poi il figlio Pipino si fregiano del titolo di re dei Longobardi (corona doppia). Pavia rimase la capitale, le leggi rimasero in vigore e l’élite longobarda non fu radicalmente esclusa, bensì assimilata. I successori di Carlo Magno e la divisione dell’impero – Alla morte di Carlo Magno nell’814, che aveva disposto, fedele alla tradizione, la suddivisione patrimoniale dell'impero tra i figli, l’unico sopravvissuto di questi, Ludovico, ne ereditò il potere. Nell’824 Ludovico con la Constitutio romana, vincolò la consacrazione papale ad un preventivo giuramento di fedeltà all’imperatore. La sua successione aprì lotte violente tra gli eredi ben prima della sua morte nell’840. L’accordo siglato a Verdun nell’843 riconobbe:  A Ludovico i territori a est del Reno;  A Carlo il Calvo quelli più a Occidente;  A Lotario la fascia intermedia dal nord al regno d’Italia, a cui fu abbinato il titolo imperiale. La morte senza eredi di Ludovico II nell’875 sancì il tracollo della dinastia carolingia che si estinse nell’887 con la deposizione di Carlo il Grosso per mano dei grandi del regno. Le lotte dinastiche avevano finito col rafforzare il potere delle aristocrazie locali, che inglobarono sempre più le cariche pubbliche di conte, duca e marchese. Capitolo VIII: 8.1 Nuovi sviluppi economici Il ciclo demografico – Dal III secolo la popolazione europea calò progressivamente raggiungendo il punto più basso nel sesto secolo a causa di guerre, carestie ed epidemie. Con la fine di epidemie e invasioni barbariche la popolazione inizio a stanziarsi nelle campagne e nelle città iniziando una lenta crescita per cui intorno all’anno mille il numero degli abitanti tornò ad essere superiore rispetto a quello di mezzo millennio prima. La fine dell’economia antica – Accanto al declino demografico ci fu una crisi economica determinata dalla fine dell’economia statale romana. L’impero per secoli aveva incentivato le infrastrutture e le attività commerciali grazie ad un efficiente sistema fiscale, ma la fine dell’impero significò anche la scomparsa di tale prelievo fiscale. Conseguenze: 1. Contrazione degli scambi – Si contrassero drasticamente gli scambi in moneta e le città persero la loro centralità di luoghi di consumo e di distribuzione della ricchezza. 2. Nuova domanda economica – Tuttavia la scomparsa delle imposte statali mise in circolazione una maggiore quantità di ricchezza che contribuì tra VII e VIII secolo a far nascere una domanda economica nuova, proveniente soprattutto dalle aristocrazie. 27 Schiavi e servi – La fine dell’impero romano in Occidente non comportò la fine della schiavitù che continua ad essere utilizzata soprattutto per lavori domestici agricoli nelle grandi proprietà, persistendo fino al decimo secolo. Tra III e IV secolo anche i per i coltivatori (coloni) furono costretti dalle leggi imperiali a risiedere nella casa presa in affitto per non sfuggire al pagamento delle tasse. In questo modo però le condizioni dei coloni e quella degli schiavi che lavoravano una terra dotata di una casa (servi casati), tesero ad assimilarsi. Una società rurale – In conseguenza alla crisi delle città ci fu una realizzazione della società che si raccoglie soprattutto intorno a grandi proprietà fondiarie, dette curtes, entro cui si svilupparono nuove forme di organizzazione del lavoro agricolo. 8.2 Le città La crisi delle città – Con la scomparsa dell'Impero Romano le città persero molte delle loro funzioni di coordinamento del territorio ed andarono incontro ad un fenomeno di ruralizzazione. La continuità istituzionale – Venuti meno gli organi dell’amministrazione municipale romana (le curie), i poteri pubblici delle città si concentrarono ai vescovi, per questo motivo in realtà le città non persero mai del tutto le antiche funzioni amministrative, politiche, religiose e culturali. Con l’impero carolingio le città tornarono ad essere valorizzata nelle loro funzioni giurisdizionali, si usa parlare infatti e di “rinascita carolingia delle città”. La discontinuità economica – La forte contrazione dei commerci impediva di sostenere alti livelli di vita urbana ed il destino economico delle città romane fu segnato dalla residenza dei grandi proprietari terrieri:  Laddove essi continuavano ad abitare nelle città (es. Italia bizantina), i prodotti agrari continuarono ad essere smerciati nelle città, generando un surplus tale da mantenere anche la presenza di mercanti e di artigiani;  Laddove i grandi possessori si spostarono a risiedere in campagna (es. regno dei franchi) furono poche le città che mantenere una importanza economica;  In altre aree la funzione commerciale della città fu garantita dalle reti di traffici su ampia scala (es. gli emporia delle coste del Mare del Nord, o nel Mediterraneo: Venezia, Napoli e Amalfi). Vescovi e città – Alla conservazione della centralità politica della città contribuì in maniera determinante la presenza del vescovo, soprattutto in Italia e in Gallia. Tra V e VI secolo la debolezza del potere regio fece sì che le prerogative dei vescovi si ampliassero. Il potere politico del vescovo – In molte aree i vescovi assunsero responsabilità pubbliche in città, provvedendo direttamente alla difesa delle popolazioni e innalzando il rafforzando le mura. A riconoscere questi poteri intervenne poi dal decimo secolo la concezione formale da parte dell’imperatore del districtus, vale a dire del potere di costringere e obbligare. I cittadini – Nell’esercizio delle sue funzioni il vescovo si circonda di collaboratori, vassalli e concittadini che nelle curie episcopali elaborarono competenze nel governo della città. La sua attività giurisdizionale e amministrativa fu sostenuta da un gruppo di professionisti tra giudici e notai. 8.3 La crisi dell’impero La frammentazione dell’impero: regni e principati – Quando Carlo il Calvo fu deposto nell’887 l’impero si disarticolò in più regni e il titolo di imperatore fu attribuito al titolare del regno italico. 30  Domìnico: la riserva padronale curata dagli schiavi che vi risiedevano a totale carico del padrone.  Massaricio: la parte a conduzione indiretta, curata da famiglie di coltivatori o servi a cui erano affidati appezzamenti di terre (“mansi”) con patti a lunghissimo termine. Lo stretto legame tra le due parti era rappresentato dall’obbligo per i contadini del massaricio di svolgere periodicamente delle corvées sulle terre del dominico. Questo sistema viene detto “curtense”. Autosufficienza, surplus, mercati – Poiché non tutte le aziende producevano tutti i prodotti di cui avevano bisogno, si iniziarono a commercializzare i prodotti in eccesso (surplus) in centri di scambio rurale (“stationes”) o nei mercati cittadini (“emporia”). Il sistema curtense fu redditizio perché permise un accumulo di ricchezza grazie alla quale molti proprietari investirono in innovazioni tecnologiche, ricavandone ulteriori profitti. La condizione contadina: proprietari e affittuari – La frammentazione della proprietà terriera favorì la nascita di una piccola e media proprietà di contadini indipendenti. Tuttavia dal IX secolo tutto coloro che lavoravano la terra (servi/schiavi/contadini) si ritrovarono progressivamente sottomessi allo stesso modo al potere signorile, ciò comportò episodi di rivolta come quella contadina di Stellinga nell’841, simbolo dell’affermazione di un potere aristocratico sempre più oppressivo. 9.2 Il potere politico: l’ordinamento signorile L’aristocrazia – Nell’età post-carolingia venne affermandosi un sistema sociale orientato in senso aristocratico che si fondava sugli arricchimenti resi possibili dal sistema curtense. La necessità di mantenere la proprietà di tali possedimenti determinò la successione in linea maschile di un medesimo antenato (lignaggio patrilineare). Terra e potere – I patrimoni delle famiglie aristocratiche si suddividevano in:  Allodi: terreni posseduti in piena proprietà;  Feudi: terre concesse in beneficio dal re o da un signore maggiore, e poi rese ereditarie. Intorno alle grandi proprietà, laiche ed ecclesiastiche, vennero affermandosi poteri di comando, di giustizia e di esazione fiscale che costituirono il fondamento del potere signorile. Due tendenze caratterizzarono questo potere: il carattere territoriale (cioè l’estendersi a tutti i residenti di una certa zona) e la patrimonializzazione dei diritti pubblici. Le signorie – Tra X e XI secolo i poteri e i diritti che il signore poteva esercitare era molto ampia e comprendeva i compiti che erano stati degli ufficiali pubblici carolingi:  Amministrazione della giustizia;  Organizzazione della difesa militare;  Riscossione delle tasse; I proventi tipici dei sovrani:  Il fodro (una tassa sulla terra);  L’albergaria (il diritto dei conti ad essere ospitati in casa e a spese di contadini e monasteri); Altri tributi spesso straordinari (taglie, collette, accatti) e donativi. Ciò permette una distinzione tra: 1. Signoria fondiaria: quando il signore esercitava i diritti nei limiti dei suoi possedimenti e dei suoi lavoratori; 31 2. Signoria di banno: (caso più frequente) signoria estesa a tutti i residenti di una determinata area, indipendentemente dalla proprietà delle terre. Spesso si verificavano fenomeni di sovrapposizione e concorrenza tra diversi poteri signorili dando luogo a violenti conflitti. 9.3 I legami sociali: vassalli e benefici Le relazioni di fedeltà personale – Il collante della società occidentale europea (tra VIII e XI secolo) era una fitta trama di relazioni personali legava grandi e piccoli signori ai propri seguaci, sull’influsso dei rapporti di clientela romani. Tra le popolazioni barbariche era in uso che i singoli guerrieri si legassero personalmente a un capo offrendosi di combattere insieme a lui in cambio di bottino. Questa consuetudine fu perfezionata dai franchi nel corso dell’VIII secolo  SISTEMA VASSALLATICO il signore (“senior”) offriva aiuto e protezione al vassallo (“vassus”) e gli concede in beneficium della terra; il vassallo (“vassus”) presta servizio militare a cavallo con armamento completo e giura fedeltà a vita al signore. Questo sistema si diffuse ad ogni livello su tutto il territorio carolingio e il moltiplicarsi dei legami di vassallaggio richiese una crescente disponibilità di terre da offrire in beneficio: si fece così ricorso al patrimonio ecclesiastico, incamerato con l’occupazione o con contratti di cessione a lunghissimo termine (enfiteusi). L’ereditarietà dei benefici – Nell’ordinamento carolingio, alla morte dei proprietari, il possedimento ritornava a chi l’aveva concesso, il quale lo avrebbe consegnato a qualcun altro, ma nella prassi accadeva che i possedimenti ritornavano alla famiglia del defunto.  Capitolare di Quierzy (877) – Emanato da Carlo il Calvo, sanciva che le cariche e i benefici rimasti vacanti non dovevano essere attribuiti ad altri, prima del rientro dei figli del vassallo deceduto.  Constitutio de feudis (1037) – Emanato da Corrado II, decretava che a un vassallo non poteva essere sottratto il beneficio senza una giusta causa; tale predisposizione finì per legittimare le realtà signorili esistenti. 9.4 Violenze e conflitti: l’incastellamento La proliferazione dei castelli – A partire dalla seconda metà del IX secolo e lungo tutto il X, in Europa si moltiplicarono i castelli per difendersi dalle incursioni saracene, ungare e vichinghe, ma rispondeva anche all’esigenza dei signori di garantirsi una base da cui esercitare la propria egemonia sul territorio: erigere un castello significava estendere la propria autorità su tutti i residenti delle aree limitrofe. Le varietà dell’incastellamento – Il fenomeno dell’incastellamento provocò una rivoluzione dell’habitat: la popolazione dai villaggi si concentrò all’interno delle mura, dove si creò una sede di mercato, attività artigianali e servizi amministrativi. I cavalieri – La diffusione di signorie incentrate su castelli favorì la formazione di specialisti della guerra (cavalieri, “milites”), specialmente i figli cadetti delle famiglie aristocratiche, protagonisti violenti dei conflitti dell’epoca. Talvolta per disciplinare il loro comportamento intervenne la Chiesa: nella Francia meridionale si diffuse alla fine del X secolo il movimento delle “paci e tregue di Dio”, che imponeva la sospensione delle violenze in certi periodi dell’anno e le vietava nei confronti di contadini ed ecclesiastici. 32 Capitolo X: 10.1 Le chiese locali e l’età dei conflitti Le comunità di fede – La diffusione del Cristianesimo nell’impero romano comportò anche un’organizzazione sempre più ordinata delle comunità di fede. Si tese principalmente a distinguere tra laici e clero, l’organo dedito all’esercizio del culto e alla gestione dei beni delle chiese, che progressivamente si distinse come un gruppo sociale a sé stante.  Il vescovo era il responsabile di ogni comunità, guida spirituale e amministrativa.  I preti si distinguevano in diaconi (compiti di assistenza e amministrazione) e sacerdoti (predicazione e celebrazioni liturgiche). I laici partecipavano insieme al clero a lezione dei vescovi e alla gestione degli affari della comunità. Con l’aumento dei fedeli aumentarono anche i patrimoni della Chiesa che furono dichiarati inalienabili ed esenti dalle imposte. Vescovi e gerarchie ecclesiastiche – Il vescovo esercitava la propria autorità nella diocesi, vale a dire lo spazio compreso dalla città e dal territorio circostante: la diocesi tese a corrispondere alla circoscrizione amministrativa urbana di origine romana. La funzione del vescovo crebbe da guida spirituale a civile e politica delle città, essi venivano scelti tra le famiglie che costituivano le élites urbane.  Vescovo metropolita: un vescovo di rango superiore che aveva l’autorità su raggruppamenti di più diocesi;  Patriarca: così si chiamavano i vescovi metropoliti delle sedi maggiori fondate dagli apostoli ovvero Roma, Alessandria, Antiochia, Gerusalemme e Costantinopoli. I concili – Premesso che fino alla fine di tutto il X secolo, la Chiesa cattolica fu priva di un’organizzazione centralizzata e di un vertice quale poi sarebbe stato il papa, furono importanti nella vita delle chiese le assemblea del clero:  Sinodi: convocazioni periodiche attuate dai metropoliti in sede provinciale per decidere questioni organizzative e disciplinari;  Concili: grandi adunanze in cui si riuniva un gran numero di vescovi delle varie province della cristianità;  Concili universali: convocati dagli imperatori, in essi si definivano le verità di fede (dogmi), si regolamenta vano i riti liturgici e si emanavano le leggi ecclesiastiche (canoni). Le dispute dottrinali – Il cristianesimo dei primi secoli possedeva una varietà di culture teologiche e di interpretazione del dogma, che era l’esito dell’adattamento del messaggio cristiano da parte delle diverse culture che lo fecero proprio.  Il problema centrale fu conciliare il principio del monoteismo con la molteplicità delle persone divine, ovvero la Trinità. Perciò le dispute dottrinali si concentrarono sulla definizione della natura di Cristo:  Ario di Alessandria: sosteneva nel IV secolo la consustanzialità, cioè la natura umana del figlio del padre, promossa da Ario di Alessandria;  Nestorio di Costantinopoli: nel V secolo sostenne la duplicità della natura, umana e divina di Cristo (nestorianesimo);  Monofisismo: tra Egitto e Siria si diffuse la dottrina che sosteneva l’unicità della natura divina di Cristo. 35  La moralizzazione dei costumi del clero;  La tutela delle istituzioni ecclesiastiche dai condizionamenti del mondo laico; Fino alla metà del XI secolo mancò un soggetto capace di coordinare in modo unitario le diverse istanze. L’autorità papale era infatti ostaggio locale delle grandi famiglie romane che si contendevano la scelta dei pontefici. Presero corpo così all’interno della Chiesa iniziative di riforma. Un nuovo modello monastico – Fu all’interno del mondo monastico che si avvertì inizialmente la necessità di ridare prestigio e credibilità morale alla Chiesa. In particolar modo furono protagonisti i monaci dell’Abbazia di Cluny, fondata nel 910 in Borgogna dal Duca di Aquitania, Guglielmo. L’abbazia riuscì ad acquisire una forte autonomia grazie all’immunità concessa dal duca e all’esenzione, assicurata dal papato, dalla dipendenza diretta del vescovo della loro diocesi. I monaci cluniacensi elaborarono un nuovo stile di vita monastico basato sulla specializzazione liturgica, sulle opere di misericordia e sullo studio. L’ordine cluniacense e l’eremitismo – Cluny ottenne l’autorizzazione a porre sotto la propria autorità altri monasteri, dando vita ad una potente congregazione che giunse all’inizio del XII secolo a circa 1200 priorati, diventando una potenza imponente della Chiesa riformata. Le contestazioni del clero corrotto – Anche nel clero secolare emersero nel corso del X secolo iniziative di forme di vita più rigorose e spirituali. In particolar modo si sentivano come problemi:  La compravendita delle cariche ecclesiastiche (simonia);  Il concubinato (nicolaismo)  per cui si arrivò alla scomunica dei preti concubinari. I movimenti laicali – Altro oggetto di contestazione furono le ricchezze accumulate e gestite dai prelati  come rimedio si cominciò a predicare l’ideale evangelico della povertà. Lotte violente si verificarono nei decenni centrali del XI secolo a Firenze e a Milano, dove il movimento popolare prese il nome di “Pataria” e giunse a non riconoscere la validità dei sacramenti che erano amministrati da sacerdoti concubinari. Il coordinamento del papato – L’imperatore Enrico III, deciso ad agire a sostegno dell’istituzione pontificia, depose nel 1045 tre contendenti appartenenti a famiglie romane e nominò una serie di papi riformatori. Importante fu l’opera del cluniacense Leone IX che ingaggiò una dura battaglia contro simonia e concubinato. Dopo la morte di Enrico III, papa Nicolò II, approfittando della debolezza dell’erede, convocò nel 1059 un concilio che fissò nuove regole per l’elezione pontificia: la scelta viene riservata ai cardinali, escludendo la partecipazione dei laici, compresa quella dell’imperatore. Capitolo XI: 11.1 L’affermazione monarchica del papato Il primato del papa – Con l’elezione a pontefice del cluniacense Ildebrando da Soana nel 1073, che diventa Papa col nome di Gregorio VII, la Chiesa acquisì una struttura gerarchizzata del corpo ecclesiastico, escludendo i poteri laici. Fino ad allora il papa aveva goduto solo di un primato onorifico tra i vescovi in quanto successore dell’apostolo Pietro. La desacralizzazione dell’imperatore – Questa nuova struttura gerarchica enfatizzava il ruolo del papa e lo vedeva come guida morale della Chiesa, minando il potere imperiale. Verso la fine del V secolo, papa Gelasio I aveva equiparato l’autorità del pontefice e la potenza regale rivendicando la preminenza del potere religioso su quello politico. Tuttavia in Occidente era riemersa l’idea della sacralità del sovrano, con Carlo Magno e 36 l’incoronazione da parte del papa. Privare l’imperatore della prerogativa di eleggere i papi significava minare la sacralità del suo potere. Il programma universalistico – Papa Gregorio VII diede fondamento dottrinale al primato papale con il Dictatus papae, un insieme di proposizioni che definivano ruoli e funzioni del papa. Nel Dictatus papae c’è scritto che solo il papa poteva istituire e deporre i vescovi, convocare i concili giudicare e legiferare senza essere a sua volta giudicato, deporre gli imperatori, sciogliere i sudditi dal obbedienza ai sovrani. Inoltre fino dal 1059 il papa trova nei normanni un appoggio politico importante: essi si erano dichiarati fedeli al pontefice in cambio del riconoscimento dei titoli di duca di Puglia e Calabria. Il conflitto con l’impero sulla nomina dei vescovi – Ciò che papa e imperatore più si contendevano era l’elezione dei vescovi, la cosiddetta lotta per le investiture. Solitamente era il sovrano scegliere i vescovi perché li investiva anche di poteri pubblici per l’amministrazione del regno, tuttavia l’investitura era all’origine della corruzione del clero episcopale ed aveva suscitato per questo motivo numerose proteste. Nella maggior parte dei casi i vescovi, per difendere le ricchezze materiali e la loro autonomia, si schierarono con l’imperatore. Nel 1076 Enrico IV convoca un concilio di vescovi e dichiara deposto il papa, aprendo un duro conflitto. Gregorio VII reagì scomunicando l’imperatore il quale, di fronte alle prime ribellioni aristocratiche, dovette compiere un clamoroso atto di penitenza: nell’inverno del 1077 restò per tre giorni davanti al castello della contessa Matilde di Canossa aspettando di essere ricevuto da Gregorio VII, per far sì che egli revocasse la scomunica. Non appena fu rilegittimato però, Enrico IV riprese le ostilità e fece eleggere come antipapa l’arcivescovo di Ravenna, Guidoberto, e lo insediò con la forza a Roma nel 1084. I Normanni trassero in salvo Gregorio VII che morì a Salerno l’anno dopo. Gli accordi con i sovrani sulle investiture – Dopo la morte di Gregorio VII le tensioni tra papato e impero proseguirono per alcuni decenni ma in forma più stemperata. Nel 1122 papa Callisto II ed Enrico V firmarono il concordato di Worms in cui si distingueva la consacrazione spirituale, riservata al clero, e l’investitura temporale, lasciata all’imperatore. Si stabiliva inoltre che in Germania doveva esserci prima l’investitura da parte del sovrano, mentre in Italia e in Borgogna prima la consacrazione. Dal conflitto uscì comunque rafforzata l’autorità pontificia, mentre quella imperiale fu minata. Il governo della Chiesa – Tra XI e XII secolo la Chiesa inizio ad operare come curia, cioè come centro di governo e tornarono ad essere frequenti i concili ecumenici, convocati dal papa direttamente a Roma e per questo chiamati lateranensi. 11.2 Dissensi, eresie e nuovi ordini religiosi Le nuove eresie – Iniziò ad essere frequente una contestazione da parte del laicato nei confronti del clero cattolico, portando all’estremo la radicalità di movimenti pauperistici e patarinici, nei confronti dei quali la Chiesa agì dichiarandoli eresie. Si contestavano soprattutto le ricchezze, i poteri temporali e le indegnità morali del clero. Movimenti:  Pauperistici – Movimento avviato da Pietro Valdo, un mercante di Lione, rinunciò ai propri beni e si mise a predicare il vangelo in lingua volgare, nonostante fosse vietato dalla Chiesa. Scomunicato Valdo, i suoi seguaci scamparono le persecuzioni rifugiandosi nelle valli alpine tra Francia e Italia. 37  Millenaristici – Gioacchino da Fiore predicava l’avvento dell’età dello Spirito Santo; l’eversione dell’ordine gli costò l’accusa di eresia.  Ascetici – Il movimento ereticale più diffuso era quello dei catari (significa “puri”). Essi mescolavano cristianesimo con credenze di dualismo orientali e credevano nell’esistenza di un principio del bene e di un principio del male eternamente contrapposti. Inoltre rifiutavano alcuni sacramenti e contrapponevano una propria Chiesa a quella cattolica, pertanto contro di loro si avviò una vera e propria persecuzione. Repressione e inquisizione – Inizialmente gli eretici venivano scomunicati attraverso le bolle papali, successivamente alcune decretali di Papa Innocenzo III li equipararono ai rei di lesa maestà, condannandoli a morte. Nel 1231 Gregorio IX stabilì che da quel momento in poi sarebbe stato il tribunale dell’Inquisizione a giudicare gli eretici, come e fino a quel momento avevano fatto i tribunali civili. Nuovi ordini religiosi – La sensibilità per le nuove esigenze di spiritualità diede luogo a nuove forme di religiosità regolare, ovvero nuovi ordini che non seguivano però modelli di vita monastica, bensì operavano nella realtà sociale, specialmente nelle città. I più famosi furono quello dei domenicani, fondato da Domenico di Guzmàn e quello dei francescani, di San Francesco d’Assisi. Data l’esigenza di un ritorno alla povertà evangelica questi ordini venivano detti “mendicanti”, dal momento che non possedevano beni e vivevano di elemosine offerte dai fedeli. Domenicani, francescani e clarisse – Puntando a restaurare l’originaria regola benedettina e a riaffermare una vita austera fatta di pratiche di preghiera e lavoro manuale, nacque a Citeaux un nuovo ordine, quello dei cistercensi, il cui grande animatore fu Bernardo di Chiaravalle. Cistercensi e certosini – Più vicino ai modelli eremitici fu invece il rigoroso stile di vita dei certosini, dal nome della certosa fondata presso Grenoble. 11.3 Il cristianesimo orientale: ortodossia e scismi La Chiesa bizantina – Nell’impero bizantino la Chiesa continuò a dipendere dal ruolo sacrale attribuito al sovrano, a differenza che in Occidente. Inoltre a differenza della Chiesa cattolica, le chiese locali mantennero una forte autonomia. L’allontanamento tra Oriente e Occidente – Tra VIII e IX secolo si produsse un progressivo allontanamento del mondo bizantino da quello occidentale, a causa del protagonismo degli imperatori nelle controversie riguardanti la dottrina e dell’aspirazione del papato a difendere la propria autonomia nei confronti di ogni potenza temporale. Infine la politica iconoclasta (dal 726) provocò l’immediata opposizione del papato e la fine del dominio bizantino nell’Italia centro-settentrionale, con la cacciata degli esarcati di Venezia, Ravenna e Roma. Gli scismi – Il titolare del patriarca di Costantinopoli, Fozio, accusò la Chiesa cattolica di eresia, dopo essere stato scomunicato da papa Niccolò I, condannandone la formula “discendente dal Padre e dal Figlio”, (“filioque”) ritenuta estranea al concilio di Nicea, che faceva discendere lo Spirito Santo solo dal Padre. In gioco c’era anche il controllo delle diocesi nell’Italia meridionale e, in questo clima, le controversie sul matrimonio dei preti offrirono il pretesto per la scomunica reciproca tra il papa Leone IX e il patriarca Michele Cerulario nel 1054. Da quel momento in poi si ebbe lo scisma, per cui la chiesa orientale si proclamò “ortodossa” e quella cattolica rivendicò il primato universale del pontefice. 11.4 Gli ebrei: dalla tolleranza alle persecuzioni 40 ad essere attratti verso le città e a migrarvi, inseguendo una prospettiva di migliori condizioni di lavoro e di vita. Differenze tra città italiane e del nord Europa – Esistono alcune importanti differenze che caratterizzarono il fenomeno urbano dell’Italia centro-settentrionale rispetto al nord Europa. Mentre le città italiane erano quasi tutte di origine romana, quelle del nord si erano sviluppate di recente, intorno a borghi, porti e mercati (per questo molti nomi di città del nord conservano al loro interno parole come bourg, port, wick). Rispetto a queste ultime, abitate quasi esclusivamente da mercanti e artigiani, l’articolazione sociale delle città italiane era molto più varia, comprendendo anche proprietari fondiari, titolare di diritti signorili, giudici, notai, ecc.  Nelle città italiane inoltre si svilupparono gruppi di artigiani specializzati, organizzati in corporazioni (“arti”, “gilde”). Il settore più in forte espansione e su quello tessile, in particolare della lana. 12.5 La crescita delle attività produttive e dei commerci Verso un sistema economico europeo – Diverse regioni europee si trovarono ad essere collegate tra loro da scambi commerciali che erano sostenuti da una crescente domanda di beni alimentata dai consumi aristocratici e urbani. Le sedi delle corti sovrane (Parigi, Londra, Palermo) e le maggiori città italiane divennero grandi centri di consumo di beni e prodotti del commercio internazionale. Il ruolo delle città marinare italiane – Per la posizione geografica al crocevia dei flussi di scambio tra Oriente e Occidente e tra nord e sud dell’Europa, i mercanti italiani furono gli iniziali protagonisti delle espansioni commerciali. In particolar modo furono importanti città come Amalfi, Bari e Napoli o Venezia, che finì per ottenere nel 1082 da Bisanzio la libertà di commercio in tutto il territorio dell’impero, e divenne lo snodo principale dei traffici mercantili tra l’Europa continentale e il Mediterraneo. Importanti furono inoltre anche Genova e Pisa. Nell’Europa del nord – Nell’Europa del nord i traffici gravitavano invece intorno al Mare del Nord e al Mar Baltico. Si erano costituite società di mercanti, dette hanse. Lo sbocco dei traffici baltici verso l’Occidente europeo era rappresentato dalle Fiandre, che collegavano il Mare del Nord con l’Inghilterra e l’entroterra francese con la Renania. Accanto ai mercati permanenti i luoghi principali degli scambi diventarono le fiere, cioè i mercati periodici. Capitolo XIII: 13.1 Dalla fedeltà personale al raccordo politico Gli storici distinguono due fasi di questo sistema: 1. I rapporti vassallatico beneficiari – (Fino al X secolo) Nell’impero carolingio i vassalli non potevano esercitare le funzioni pubbliche (fiscalità, giustizia ecc.) sulle terre ottenute in beneficio, perché non appartenevano a loro ma venivano concesse in cambio di fedeltà militare. I vassalli non erano ufficiali del regno, ma l’imperatore sceglieva i conti, i marchesi e i missi principalmente tra i suoi vassalli, proprio per poter contare su personaggi di fiducia. 2. I rapporti feudo-vassallatici – (Dall’XI secolo) I rapporti vassallatico-beneficiari diventarono uno strumento utile per collegare tra loro nuclei di potere dispersi. Fu l’estrema frammentazione del potere pubblico che trasformò alla natura dei rapporti vassallatici. Con l’Edictum de beneficiis, Corrado II nel 1037 mutò definitivamente i rapporti vassallatici, che a legami di fedeltà personale di tipo militare divennero legami di tipo politico. Per questo motivo il termine “feudo” sostituì quello di “beneficium”. 41 La ricomposizione dei poteri territoriali – Tra XI e XIII secolo si aprì un periodo caratterizzato dal processo generale di ricomposizione dei poteri territoriali che il precedente sviluppo dell’ordinamento signorile aveva frammentato. Le relazioni feudali furono proprio lo strumento principale di questa ristrutturazione. Il feudo divenne lo strumento preferenziale per concedere diritti pubblici, divenne inoltre ereditario e revocabile solo in casi eccezionali di infedeltà. Il diritto feudale – Dato l’enorme sviluppo dei rapporti feudali si sentì la necessità di chiarirli a livello giuridico:  Si parla di feudum nobile quando i principi cominciano a dare come benefici ai loro fedeli non solo le terre ma anche la giurisdizione su di esse.  Si parla di feudo oblato quando i signori locali, per legittimare i propri poteri che erano incerti, donavano le loro terre a un principe che subito dopo gliele restituiva il feudo, in tal modo i diritti esercitati su quei territori erano investiti feudalmente. La piramide feudale – Si creò una rete di relazioni feudali che accordava tra loro tutti i poteri. Nel XII nel XIII secolo i giuristi elaborarono uno schema ideologico di una struttura piramidale del potere al cui vertice c’era il sovrano. Ad esso facevano capo vassallaticamente i principi territoriali, che a loro volta avevano come vassalli i signori locali, i quali a loro volta avevano come vassalli i cavalieri e così via.  Investitura vassallatica – I cavalieri non vanno confusi con i vassalli: potevano diventarlo, ma non lo erano in quanto tali. Era un rito per cui il senior prendeva fra le sue le mani del vassus il quale gli giurava fedeltà (omaggio), poteva esserci anche lo scambio di un bacio.  Addobbamenti cavalleresco – L’addobbamento cavalleresco invece non era un rapporto tra pari, ma una promozione sociale. Il futuro cavaliere stava in ginocchio davanti al signore, che gli consegnava la spada e il cinturone, inferendogli simbolicamente un colpo con il palmo della mano o con la spada stessa. 13.2 Autorità universali e legami feudali Il papato al vertice della societas christiana – Il papato aveva aspirazioni universalistiche, ovvero proporsi come vertice politico assoluto della cristianità. Il primo importante omaggio di fedeltà al pontefice fu prestato nel 1059 dal normanno Roberto il Guiscardo a papa Niccolò II, che gli diede in seguito i ducati di Puglia e Calabria, legando così durevolmente al papato le vicende dei normanni nell’Italia meridionale. I feudi dell’impero – I sovrani tedeschi della dinastia Hohenstaufen tra XII e XIII secolo cercarono di consolidare la propria autonomia attraverso le relazioni feudali. Federico I creando nuove signorie territoriali creò un sistema di feudi soggetti all’autorità imperiale, che fu codificato da un testo giuridico dell’inizio del XIII secolo, lo Sachenspiegel (“Specchio dei sassoni”), che disegnava una catena di dipendenze feudali tra il sovrano e i principi e tra questi e i signori minori. Tuttavia l’azione degli imperatori tedeschi era limitata dal potere che i principi avevano sui loro territori: ad esempio per un sovrano era impossibile incorporare nel proprio patrimonio quei territori che ritornavano alla corona per la morte del vassallo proprietario o per il suo tradimento  essi dovevano essere concessi a un nuovo feudatario. L’imperatore è un vassallo del papa? – A differenza dei pontefici, gli imperatori non furono in grado di utilizzare gli strumenti feudali a sostegno delle proprie ambizioni universalistiche. In qualche caso furono addirittura costretti a prestare omaggio feudale ai pontefici, come fece Federico II per essere Incoronato imperatore da Adriano IV. L’apogeo feudale pontificio fu raggiunto da Innocenzo R it i ce ri m o n ia li 42 III che elaborò il principio secondo cui il papa riceveva da Dio il potere spirituale e anche quello temporale, e delegava l’autorità temporale ai sovrani, che dovevano esercitarla sotto la sua guida. Capitolo XIV: 14.1 Le monarchie feudali I nuovi poteri del re – Il processo di ricomposizione territoriale che ebbe luogo tra XI e XIII secolo ebbe come protagoniste le monarchie. Esse imposero progressivamente il proprio dominio sui territori sempre più estesi in un fenomeno lento e tortuoso. Dalla frammentazione politica che era seguita all’impero carolingio presero corpo intorno alle nuove monarchie alcune aree che poi sarebbero diventate le principali identità politiche nell’epoca successiva, ovvero i regni di Francia, Inghilterra, Italia meridionale e penisola iberica. La base signorile del potere – In origine ogni re era un grande signore territoriale che poi era riuscito a imporre la propria autorità su un territorio relativamente ampio. La novità dunque fu rappresentata dal fatto che alcune casate riuscirono ad affermarsi sulle altre in seguito a conquiste militari, relazioni diplomatiche o vicende dinastiche, e a presentarsi come principi superiori agli altri, capaci di ricomporre la frammentazione dei poteri locali. Il re e la corona – Garantire la pace e la giustizia a difendere i deboli e la Chiesa erano attributi tradizionali della regalità medievale. Grazie alla riflessione degli uomini di chiesa il rivendicarono nuovamente la natura sacrale del proprio potere. Le dinastie stabilizzano anche il principio che assicurava la continuità dinastica e la legittima successione. Il coordinamento feudale – Le relazioni feudali furono lo strumento di cui si servirono i re per affermare e mantenere la propria superiorità rispetto ai principi e ai signori locali. Il ruolo del re fu essenzialmente quello di coordinamento politico e si fonda sulla sistematica adozione dei rapporti vassallatici. Lo sviluppo di apparati burocratici – I re puntarono anche al governo diretto del territorio attraverso degli ufficiali che esercitavano a livello locale i poteri giudiziari, fiscali e amministrativi in rappresentanza del sovrano. Le monarchie quindi si dotarono di apparati burocratici sempre più articolati. Questi ufficiali non erano vassalli del re, bensì degli stipendiati. La giurisdizione sui territori – Punto fondamentale era il controllo del territorio, che fu raggiunto dai sovrani in ambito della giustizia: ovvero l’imposizione del principio della superiorità del tribunale regio su quelli signorili, con l’obbligo dei sudditi di fare ricorso alla giustizia del re in caso di delitti particolarmente gravi oppure in appello. Processo di ricomposizione territoriale Alcune casate si impongono sulle altre Nuovi re/monarchie Relazioni feudali Apparato burocratico 45 tasse era richiesta la loro approvazione; ma soprattutto fu formato un consiglio di 25 baroni che avrebbe dovuto assistere il treno il governo del regno. 14.4Il regno normanno nell’Italia meridionale L’Italia meridionale intorno al Mille – Durante X e XI secolo l’Italia meridionale era caratterizzata da una forte frammentazione politica:  All’interno del ducato di Benevento si erano sviluppate due entità autonome (principato di Salerno e contea di Capua) mentre Benevento stessa si era data alla Chiesa di Roma.  Ciò che rimaneva dell’impero bizantino si limitava alla Puglia, sottoposta a un catapano, e alla Calabria retta da uno stratego. La Puglia fu scossa da un’insurrezione contro il governo bizantino fomentata dall’imperatore Enrico III.  Le maggiori città sulle coste campane (Gaeta, Napoli, Sorrento e Amalfi) si erano rese largamente autonome e proposte a capo di piccole contee.  La Sicilia era in mano agli arabi da più di un secolo. I normanni da mercenari a signori – In questo contesto di frammentazione giunsero all’inizio del XI secolo dal ducato di Normandia numerosi cavalieri normanni chiamati dai principi longobardi e bizantini in lotta tra loro. In pochi decenni essi costituirono piccoli domini, trasformandosi da soldati mercenari a signori territoriali. I capi normanni strinsero con Niccolò II a Melfi nel 1059 un importante accordo che in cambio della sottomissione feudale al papato, conferiva a Roberto d’Altavilla, detto il Guiscardo, il titolo di duca di Puglia e Calabria, e la concessione della conquista alla Sicilia musulmana. La formazione del dominio – L’accordo di Melfi garantiva il papato un prezioso alleato sul Mediterraneo. A sua volta, in quanto vassallo del papa, Roberto il Guiscardo assicurava un’altissima legittimazione al proprio dominio. Sotto la sua guida i normanni occuparono quasi tutta l’Italia meridionale, ponendo fine definitivamente alle presenze longobarde e bizantine in Italia. Roberto il Guiscardo tentò anche una spedizione contro la Grecia bizantina nella quale però trovò la morte nel 1085. Lo succedette il fratello Ruggero che avviò la conquista della Sicilia. Inoltre il papa, Urbano II, gli concesse nel 1098 l’autorità di legato apostolico, ovvero gli conferiva l’incarico di ridefinire le circoscrizioni ecclesiastiche dell’isola e di nominare i titolari delle sedi vescovili. L’unificazione del regno di Ruggero II – La conquista Normanna del Mezzogiorno diede luogo alla nascita di una nuova monarchia. Fu il figlio di Ruggero il Granconte, Ruggero II, a riunificare i diversi principati normanni, nonostante L’opposizione capeggiata da papa Onorio II. Dato lo scisma tra il successore di quest’ultimo, Innocenzo III, e Anacleto II, Ruggero si schierò con l’antipapa, dal quale ottenne nel 1130 il titolo di re di Sicilia, attraverso l’unzione sacra e assumendo così una dignità superiore rispetto a tutti i poteri esistenti nel nuovo regno. Ruggero II seppe governare con saggezza, valorizzando le diversità culturali dei popoli del regno ovvero greci bizantini, arabi e normanni. L’organizzazione del regno – Il regno si fondava su una solida organizzazione feudale. Ruggero II rafforzò gli uffici centrali con l’impiego di appositi ufficiali periferici per controllare le realtà locali, riscuotere le imposte e amministrare la giustizia. Al vertice c’era una curia feudale, composta da amministratori e consiglieri che gli consentì di associare al governo i grandi del regno. Fece anche stilare l’elenco dei benefici e dei diritti dei baroni del regno, il Catalogo dei baroni. Perseguì anche una politica espansionistica in Africa in Grecia, con cui conquistò Gerba, Tripoli e Corfù. Dagli Altavilla agli Svevi – Alla morte di Ruggero II, le differenze tra le città comunali del centro- nord (autonome) e quelle del meridione (pienamente controllate a livello feudale e urbano) 46 portarono a rivolte da parte dei baroni e delle città dopo la morte di Ruggero II, fronteggiate dal suo successore Guglielmo I che agì con pesanti repressioni che gli valsero l’epiteto di Malo. Alla morte di Guglielmo II senza eredi maschi la corona passò a Costanza, figlia di Ruggero II, che aveva sposato nel 1186 l’erede al trono imperiale Enrico degli Hohenstaufen (Enrico VI), portando il Regno di Sicilia in dote alla dinastia sveva. Alla morte del conte di Lecce Tancredi d’Altavilla, che i baroni siciliani avevano il eletto re, Enrico VI si impadronì del regno riprendo durante la rivolta dei nobili. Il sovrano però morì prematuramente nel 1197. Capitolo XV: 15.1 La reconquista e i regni iberici La riorganizzazione monarchica – Nella penisola iberica la riorganizzazione monarchica andò di pari passo con un movimento, chiamato reconquista, di rioccupazione da parte dei Cristiani dei territori conquistati dai musulmani. Questo processo, che godette dell’appoggio del papato, fu tanto di riconquista militare quanto di ripopolamento. Tale progetto, sviluppato da dinasti locali, diede vita non ad un regno unitario, ma ad una pluralità di organismi minori che inglobarono via via nuovi territori. In seguito alla reconquista infatti si formarono: 1. Il regno di Castiglia (che comprendeva anche il regno di Leon e le Asturie); 2. Il regno di Aragona (che conteneva anche la Contea di Barcellona); 3. Il regno di Portogallo. Le fasi della reconquista – Alla base della reconquista c’era la crisi generale del mondo musulmano, infatti il califfato dell’Al-Andalus si era frammentato, creando un pulviscolo di signorie territoriali.  Prima fase: 1. L’XI secolo vide l’avanzata degli eserciti cristiani verso sud, fino alla conquista di Toledo nel 1085 da parte del re di Castiglia e Leon, Alfonso VI, che vi trasferì la capitale. 2. Gli almoravidi frenano l’avanzata cristiana. 3. A loro volta i loro successori, la dinastia degli almohadi, bloccarono l’avanzata degli eserciti cristiani in altre regioni.  Seconda fase: La seconda fase della riconquista e riprese verso la fine del XII secolo su tre direttrici principali: Portogallo, Castiglia e Aragona. Si rivelò decisiva la vittoria degli eserciti cristiani uniti a Las Navas de Tolosa, Presso Cordoba, che nel 1212 aprì la strada alla riconquista delle principali città e delle isole Baleari. L’organizzazione dei regni – I regni cristiani iberici affrontarono problemi analoghi a quelli che le coeve monarchie europee: trovarono la difficoltà nei rapporti fra un potere regio in via di affermazione e un’aristocrazia resa sempre più potente dalle rendite militari. Nel regno di Castiglia e Leon, Alfonso VI si proclamò imperatore di tutta la Spagna e impose alla nobiltà una serie di prestazioni collettive, riuscendo a subordinare i benefici dei vassalli alla prestazione dell’omaggio al re. 15.2 L’area imperiale e l’espansione verso est La frammentazione dell’area imperiale – Mentre in varie aree dell’Occidente si stavano affermando le monarchie, il regno Germanico e l’Italia centro-settentrionale rimasero caratterizzati da una notevole frantumazione locale dei poteri. La debolezza dell’impero derivava anche dalla mancata affermazione del principio dell’ereditarietà della corona. Infatti il titolo regio era elettivo e la nomina dell’imperatore doveva essere soggetta all’approvazione dell’assemblea dei principi. Dopo la morte di Enrico V ci fu una lotta per la corona che si polarizzò intorno a due fazioni La R ec o n q u is ta 47 quella dei duchi di Baviera e quella dei duchi di Svevia. La contesa si risolse nel 1152 con l’elezione a re di Germania di Federico I di Svevia che però discendeva anche dalla casa di Baviera per parte di madre. L’organizzazione del regno germanico – Federico I incrementò le rese più efficiente l’amministrazione affidandola ai propri ministeriales, in questo modo poté finanziare le dispendiose campagne militari in Italia e nel Mediterraneo. L’impossibilità di incamerare nel patrimonio della corona i feudi vacanti, costrinse i successori di Federico II a rafforzare la nobiltà con costanti concessioni di terre. Federico II per esempio concesse ampi poteri ai vescovi nel 1213 con la cosiddetta bolla d’oro e ai principi con lo Statutum in favorem principum. L’espansione verso est – Grande importanza nella storia tedesca ebbe anche il movimento di espansione territoriale verso l’Europa Orientale abitata da popolazioni ancora pagane. Agli inizi del XIII secolo protagonisti della cristianizzazione furono soprattutto gli ordini monastici dei Cavalieri Teutonici e dei Portaspada. Nei territori conquistati si formarono nuove signorie ad opera di nobili e dei cavalieri tedeschi o di dinasti locali. Fu inoltre massiccia la migrazione dei contadini attratti dall’abbondanza di terra e dalle favorevoli condizioni di insediamento. Così furono fondati migliaia di villaggi e numerose città di diritto tedesco. 15.3 le crociate in Terrasanta Pellegrini e cavalieri – Uno degli aspetti più rilevanti del XI secolo fu la diffusione dei pellegrinaggi nei luoghi sacri della cristianità: Roma, Gerusalemme e Santiago di Compostela. Il pellegrinaggio era affrontato da uomini di ogni condizione sociale, per devozione, adempimento di un voto, espiazione dei peccati. Dalla metà del XI secolo si diffuse l’uso dei Pontefici di concedere l’indulgenza, vale a dire la remissione dei peccati, a chi partecipasse alla Reconquista armata della penisola iberica contro i musulmani. In questo modo si sancì l’idea di difendere la fede cristiana con le armi. La conquista di Gerusalemme – Il pellegrinaggio armato acquisì dimensioni imponenti nel momento in cui fu indirizzato alla liberazione della Terra Santa, ormai da secoli nelle mani degli infedeli. L’esortazione venne per la prima volta da Urbano II, in un’assemblea a Clermont. Il papa fece appello ai cavalieri cristiani di porre fine alle lotte fratricide e intraprendere un pellegrinaggio di espiazione in Terra Santa. Nel 1096 si avviò quindi una spedizione armata che raccolse i membri dell’aristocrazia francese e normanna, i quali, dopo aver espugnato varie città meridionali, conquistarono Gerusalemme dopo sanguinosi combattimenti e massacri di popolazioni inermi nel 1099. I regni cristiani – Nei territori conquistati si formarono vari regni cristiani:  Quello di Terra santa, affidato a Goffredo di buglione;  Il Principato di Antiochia;  La Contea di Edessa;  La contea di Tripoli. L’élite di questi regni era costituita da nobili e cavalieri che nei paesi originari erano chiusi dalla primogenitura ereditaria, e che nei territori di Oltremare invece trovarono occasioni di promozione sociale e di guadagno economico. L’organizzazione politica di questi regni era caratterizzata da legami feudali. Per difendere i luoghi sacri e per proteggere i pellegrini furono istituiti degli ordini monastici militari: i cavalieri del Santo Sepolcro e gli Ospedalieri di San Giovanni e poi Templari. La reazione musulmana – I regni cristiani non furono in grado di resistere a lungo di fronte alla reazione musulmana. Nel 1144 la perdita di Edessa indusse il re di Francia a promuovere una nuova 50 Le produzioni agricole – Anche nell’ambito dell’agricoltura si svilupparono nuove tecnologie. Per fronteggiare il crescente fabbisogno alimentare di una popolazione in crescita, fu creata una rete di commerci che assicurassero l’invio regolare di cereali per mare verso le regioni più urbanizzate e consumatrici. Erano le autorità cittadine, in genere, a organizzare il trasporto, la conservazione e lo smercio dei cereali nei mercati urbani. 16.3 Ricchezza e differenziazioni sociali Rispetto ai secoli precedenti, attorno al Mille la società era distribuita in una miriade di villaggi e di centri urbani. La crescita delle attività economiche creò nuove opportunità di arricchimento, divisioni e specializzazioni del mondo del lavoro. Fu soprattutto nelle città che la società si differenziò maggiormente, nacquero le nuove figure di: muratori, fornai, beccai, fabbri, cuoiai, tessitori e altre tipologie di artigiani. L’aumento degli scambi determinò la crescita del numero di commercianti, bottegai, mercanti e prestatori di denaro. A questi si aggiungevano anche scrivani, notai, maestri scuola, giudici, avvocati, medici. Per quanto riguarda la nascente categoria degli “uomini d’affari”, problematica fu la questione del prestito a interesse, condannato moralmente dalla Chiesa come usura. Molti mercanti in punto di morte usavano donare parte dei cospicui patrimoni accumulati ai poveri o alle chiese per mondarsi l’anima dal peccato di usura. Non a caso il Purgatorio cominciò ad affermarsi proprio tra XII e XIII secolo. Capitolo XVII: 17.1 Le autorità universali Progetti di supremazia – Il concordato di Worms e l’elezione a imperatore di Federico II nel 1155 restaurarono rispettivamente l’autorità papale e imperiale. Entrambi questi poteri però dovevano affrontare forze ostili alla loro pretesa egemonica:  Gli imperatori erano costantemente impegnati a fronteggiare i principi territoriali tedeschi in cerca di autonomie e le città italiane;  I papi entrarono in conflitto con i monarchi per immunità e cariche ecclesiastiche. Entrambe queste aspirazioni universalistiche entrarono in crisi alla metà del XIII secolo, in cui l’autonomia, ad esempio, delle città italiane non poté più essere messa in discussione. Il modello di universalismo laico – Alla base dell’aspirazione universalistica dell’imperatore c’era l’idea elaborata dal cancelliere Rinaldo di Dassel per cui il potere imperiale era conferito direttamente da Dio attraverso l’unzione e non era mediato dall’incoronazione del pontefice. Perciò l’imperatore era vicario di Cristo e le sue leggi erano sacre; da qui la determinazione di Federico II a non riconoscere la supremazia papale e di conseguenza il sostegno all’elezione dell’antipapa Vittore IV nel 1159 che aprì uno scisma richiuso solo con il riconoscimento di Alessandro III. A sua volta il nipote di Federico II rilanciò il concetto di dominazione illimitata dell’imperatore e ingaggiò un conflitto durissimo con i pontefici, fino alla sua deposizione voluta dal pontefice Innocenzo IV. Crescita delle attività economiche Nuove opportunità di arricchimento Specializzazioni professionali 51 Il progetto egemonico di Federico I – L’intento originario di Federico I era di riunificare la Germania e di riaffermare il potere imperiale in Italia: mentre nel regno tedesco conseguì qualche successo, in Italia si aprì un conflitto durissimo tra l’imperatore e le città. 1. La constitutio de Regalibus: Nel 1158 convocò un’assemblea a Roncaglia, dove proclamò la Constitutio de regalibus che riconosceva al re l’esercizio delle regalie: esercizio della giustizia, riscossione delle imposte, facoltà di battere moneta, diritto di arruolare eserciti e controllare strade e fortezze. Proibì inoltre le leghe fra città e le guerre fra privati, imponendo all’aristocrazia l’omaggio feudale. 2. Lo scontro con Milano: Milano non si assoggettò e per questo fu attaccata da Federico I, subì la distruzione delle proprie mura e l’insediamento di un funzionario imperiale. 3. La lega lombarda: La crescita della pressione fiscale spinse molte città a stringere alleanze; è il caso della “lega lombarda” che, sostenuta da papa Alessandro III, sconfisse Federico I. 4. La pace di Costanza: La sconfitta di Federico I gli costò varie concessioni alle città con la pace di Costanza del 1183, quali appunto le regalie, in cambio però del riconoscimento dell’autorità imperiale. Federico II – Prima di morire, Federico I assicurò al figlio Enrico IV l’eredità del Regno di Sicilia combinandone il matrimonio con Costanza d’Altavilla. Enrico IV morì però quando il figlio Federico II era ancora piccolo e la madre ne affidò la cura a Innocenzo III, di cui i re di Sicilia erano vassalli, che lo incoronò nel 1208. L’elezione a re di Germania nel 1212 aprì la strada a Federico II all’incoronazione imperiale nel 1220. Vano fu invece il tentativo di imporre l’autorità imperiale sulle città del centro-nord, sostenute da papa Gregorio IX, che scomunicò Federico II per eresia nel 1227. La fine della dinastia sveva e l’interregno imperiale – Federico II morì nel 1250, lasciando incompiuto il disegno di modificare il potere imperiale dalla Germania alla Sicilia. Dopo la morte del figlio Corrado IV, la dinastia sveva si estinse con la more del figlio di costui, Corradino.  Si aprì allora una grande fase di instabilità politica fino a quando non venne eletto imperatore Rodolfo I d’Asburgo. Tuttavia il lungo interregno aveva incrinato l’autorità imperiale e, da quel momento in poi, l’imperatore si ridusse a essere definitivamente un sovrano tedesco, soggetto al pontefice. Il modello di universalismo pontificio – Innocenzo III affinò la teoria teocratica (già elaborata da Gregorio VII) che attribuiva al papato potere assoluto su tutti i governi, grazie alla metafora del sole (papato: che brilla di luce propria) e della luna (imperatore: che brilla di luce riflessa); per cui il papa riceveva da Dio dia il potere temporale che quello spirituale e delegava quello temporale ai sovrani, che dovevano esercitarla sotto la guida della Chiesa. Innocenzo IV sostenne il diritto dei papi di scegliere e deporre gli imperatori. Bonifacio VIII ribadì la subordinazione del potere civile a quello religioso. La pretesa dei papi si fondava sulla Donazione di Costantino, un documento che falsamente attribuiva al primo imperatore cristiano la concessione a papa Silvestro del dominio su Roma e sulla pars occidentis dell’impero. 1208 - Innocenzo III • Incoronazione a re di Sicilia 1212 • Elezione a re di Germania 1220 • Incoronazione imperiale 1227 - Gregorio IX • Scomunica per eresia 52 Innocenzo III – Con Innocenzo III, l’affermazione del papa al potere sulla Chiesa cattolica raggiunse il suo punto più alto. Innocenzo III Si impegnò nelle vicende politiche e dapprima appoggiò l’elezione a imperatore di Ottone IV di Brunswick, poi sostenne l’alleanza tra il re di Francia e Federico II che lo sconfisse nel 1214. Elaborò Inoltre l’idea di crociata che ispirò la reconquista spagnola e promosse la crociata contro i catari nel 1208-1209. Celestino V e Bonifacio VIII – Nel 1294 venne eletto papa Celestino V, un eremita, di rigorosa spiritualità ma digiuno di esperienza politica, gradito a coloro che invocavano un rinnovamento evangelico. Resosi conto delle difficoltà insormontabili abdicò dopo pochi mesi. Lo succedette papa Bonifacio VIII, che celebrò la preminenza dell’autorità pontificia attraverso la proclamazione nel 1300 del primo anno santo (giubileo) che promise l’indulgenza plenaria ai pellegrini che avessero visitato le tombe degli apostoli a Roma. Il re di Francia, Filippo IV, revocò l’immunità fiscale del clero, aprendo un duro conflitto con i pontefici. Il potere della Chiesa tra XII e XIII secolo – Tra XII e XIII secolo la Chiesa conobbe anche un processo di rafforzamento interno. Venne istituito il conclave, il luogo in cui si riuniscono i cardinali per eleggere il papa. I cardinali rafforzarono anche il loro ruolo di principali collaboratori del papa: essi facevano parte del concistoro, il consiglio del pontefice e lo assistevano nel governo quotidiano della Chiesa. Essi erano nominati dal papa e costituivano la sua clientela. Il papa si riservò anche la nomina dei vescovi. Infine le decretali, cioè i pareri richiesti ai papi sulle materie più varie, acquisirono valore di norma e furono integrate nel diritto canonico. 17.1 Il rafforzamento dei poteri monarchici  Nel corso del XIII secolo i poteri monarchici si rafforzarono in quasi tutti i regni europei, non solo ricorrendo frequentemente ai rapporti feudali e ai poteri sacrali della corona, ma anche all’espansione territoriale e al potenziamento degli apparati burocratici. Il regno di Francia: 1. Luigi IX operò sul piano internazionale favorendo la conquista del Regno di Sicilia da parte del fratello Carlo d’Angiò e promuovendo due sfortunate crociate, in cui trovò la morte. Mosso da profonde religiosità, contribuì a rafforzare l’ideologia regia che collegava la dinastia capetingia alla tradizione carolingia. Sul piano amministrativo istituì le “inchieste” e avviò l’unificazione delle tradizioni normative giuridiche del regno. 2. Filippo IV il Bello entrò in conflitto con papa Bonifacio VIII, e convocò per la prima volta il parlamento (“stati generali”) del 1302 per ottenere il sostegno dei sudditi. Rivendicò inoltre la discendenza diretta da dio del potere regio. Il regno d’Inghilterra – Le perdite in terra francese e la concessione della Magna charta avevano indebolito e le prerogative dei re inglesi. 1. Enrico III dovette confrontarsi con le pretese dei baroni, della piccola nobiltà rurale (gentry) e delle città che limitarono il potere regio. Inoltre il favoritismo nei confronti dei parenti francesi della moglie, Eleonora di Provenza, suscitò ribellioni da parte della nobiltà, che ottenne l’espulsione degli stranieri le migliori condizioni fiscali con le cosiddette “provvisioni” di Oxford e di Westminster. Quando queste vennero annullate, ciò suscitò un’aperta guerra dei baroni, guidati da Simone di Monfort, i quali vennero però sconfitti a Evesham nel 1265. Ciò consentì Enrico III di rafforzare l’apparato amministrativo e di estendere il dominio regio a tutta l’isola. 2. Lo succedette Edoardo I, il quale conquistò il Galles e la Scozia. 55 1. Baccelliere – Il primo ciclo era fornito dalla facoltà delle arti del trivio e del quadrivio, durava 6 anni e vi si accedeva intorno ai 13 anni e con esso si conseguiva il titolo di “baccelliere” che dava accesso al secondo ciclo. 2. Dottore – Il secondo ciclo quello del baccelliere dava accesso alle facoltà maggiori di diritto civile, diritto canonico, medicina e teologia e al termine di questi studi si era dottore. L’insegnamento era impartito in latino e consisteva nella lettura (“lectio”) e nel commento (“quaestio”) di un testo fondamentale da parte del maestro, che evidenziava i problemi interpretativi che venivano poi discussi con gli studenti (“disputatio”). Questo metodo, definito “scolastico”, si proponeva di coniugare verità di ragione e verità rivelata. Presto furono raccolti compendi e i commenti dei docenti, che diedero vita a un sistema efficiente di produzione di copie di libri manoscritti autorizzati e approvati da ogni studio. Il riordinamento dei diritti – Il diritto della Chiesa fu raccolto e razionalizzata intorno al 1140 dal monaco Graziano nel cosiddetto Decretum Graziani, che rimase a lungo il testo fondamentale degli studi di diritto canonico. Nell’università di Bologna, invece, si studiava il Corpus iuris civilis. Anche il diritto feudale fu oggetto di riflessione teorica nella seconda metà del secolo e molte città italiane iniziarono a mettere per iscritto i propri diritti locali. Gli intellettuali laici delle città italiane furono innanzitutto i giudici e i notai. Il gotico – Il mutamento dei tempi si rispecchia anche nell’evoluzione dell’arte e dell’architettura: si passò dallo stile romanico a quello che gli umanisti del secolo XV avrebbero chiamato “gotico”. Esso nacque in Francia dalla metà del XII secolo e rispetto alle forme spoglie e massicce del romanico, il gotico venne caratterizzandosi per lo slancio verticale degli edifici, per una maggiore eleganza e raffinatezza dei tratti e delle decorazioni, è per l’uso della luce filtrata nelle chiese dalle larghe vetrate colorate. Capitolo XIX: Lo sviluppo demografico tra XI e XIII secolo si tradusse in forme di governo orientate all’autonomia. Questo assetto si indica con il termine di “comune”, per la messa in comune di diritti e privilegi da parte della collettività urbana. Le più precoci furono le città italiane del centro-nord, seguite poi dalla Provenza e dalle Fiandre. La civiltà comunale italiana – Le aree italiane furono all’avanguardia nel fenomeno; si può anzi affermare che solo in quelle regioni si sviluppò una vera e propria civiltà comunale, con caratteristiche omogenee: 1. Dal punto di vista politico: un alto grado di effettiva autonomia; 2. Dal punto di vista istituzionale: un’intensa circolazione di esperienze da un centro a un altro; 3. Dal punto di vista sociale: una forte articolazione e differenziazione che offrì possibilità di ascesa e promozione; 4. Dal punto di vista territoriale: uno stretto legame con le aree extra-urbane coincidenti tendenzialmente con le diocesi; 5. Dal punto di vista culturale: un nesso organico tra la politica e le elaborazioni intellettuali, che si impegnarono a legittimare i regimi di autonomia. La specificità italiana – Le città dell’Italia meridionale non conobbero invece una vera esperienza comunale, a causa dell’instaurarsi della monarchia normanna. Lo sviluppo di ampie autonomie politiche da parte delle città italiane fu la conseguenza di due condizioni principali: 1. La forza economica, sociale e culturale di queste città; 56 2. La debolezza dei sistemi politici all’interno dei quali esse erano inserite (ovvero impero e grandi signori territoriali). Nelle città europee gli abitanti avevano un’origine sociale omogenea, di impronta mercantile e borghese senza alcun legame feudale con i signori rurali. Nelle città italiane invece la società si articolava intorno a tre componenti: i milites, i nogotiatores (l’élite commerciale) e gli iudices (uomini di cultura). Ciascuno di questi gruppi fornì un contributo determinante allo sviluppo comunale: rispettivamente la potenza militare, la disponibilità economica e la competenza giuridica. Le origini dei comuni – Nella maggior parte delle città italiane le prime esperienze di autogoverno maturarono in rapporto all’autorità a vescovile. La lotta per le investiture diede luogo infatti a conflitti violenti tra i sostenitori delle due parti in molte città negli ultimi decenni del XI secolo. Le iniziative di pacificazione lasciarono spazio a un nuovo ordine politico, quello del comune. Esso si organizzò in assemblee di cittadini eminenti che eleggevano come loro rappresentanti temporanei dei consoli per il governo politico, militare e giudiziario della città. Questo nuovo sistema politico venne sviluppando nel corso del tempo una pratica fondata su: partecipazione dei concittadini, principio elettivo, alternanza dei governanti e discussione pubblica. Lo scontro con l’impero – Le rivendicazioni di autonomia da parte delle città sfociarono nello scontro con l’impero all’inizio della metà del XII secolo. Le città disconobbero la sovranità imperiale, ma rivendicarono il diritto all’autogoverno. Il conflitto con Federico Barbarossa portò alla formazione di leghe come la “lega lombarda”, che si rivelarono capaci di sconfiggere clamorosamente in battaglia l’esercito imperiale a Legnano nel 1176, e di costringere Federico I a trattare. La pace di Costanza (1183) garantì alle città il diritto di esercitare i poteri regi, di eleggere un proprio console, di costituire leghe, di esercitare diritti sul territorio e di erigervi fortezze. Il rinnovato conflitto tra la lega lombarda e Federico II, che culminò con la battaglia di Cortenuova, in cui prevalse l’esercito del sovrano, si risolse in una provvisoria sottomissione delle città al governo diretto di Federico II, che svanì con la morte di quest’ultimo nel 1250. Il sistema podestarile – Lo sviluppo politico maturò pienamente nella prima metà del XIII secolo. In questa nuova fase il ruolo principale lo ebbe la magistratura del podestà, affiancata da un consiglio ristretto di cittadini. Il podestà era reclutato ogni anno tra un novero di professionisti della politica, che presto cominciò anche a far redigere per iscritto ai propri giudici e notai i diritti delle città, le sue leggi e consuetudini (gli “statuti”). Governi “di popolo” – La crescita demografica e lo sviluppo economico promossero una continua ascesa di gruppi sociali e familiari cosiddetti “di popolo”, fino ad allora esclusi dalla partecipazione politica. Alla metà del secolo in alcune città il popolo riuscì a mobilitare le sue società armate a base rionale, talora per imporre nello spazio politico e le proprie istituzioni che affiancarono quelle del comune. L’affermazione dei governi di popolo però non fu duratura. La formazione dei contadi – La proiezione territoriale delle città italiane si tradusse nel controllo diretto del contado (“comitatum”), cioè di un’area corrispondente alla diocesi cittadina. I comuni rurali – Non tutti i comuni furono città. A dare vita a forme di autogoverno furono infatti anche le comunità rurali. In una prima fase signori precisarono i limiti del proprio potere, mediante concessione di privilegi ai propri rustici, dette carte di “franchigia” o “libertà”. Nel corso del Duecento alcune di queste comunità diedero luogo organismi dotati di ampie libertà. 19.2 L’Italia comunale e signorile 57 La complessità dello spazio politico – Alla morte di Federico II nel 1250 il ruolo politico nelle città fu condiviso da più soggetti: dal popolo, dalle corporazioni di mestiere (“arti”), dalle parti (“partes”), dai poteri signorili. L’effetto più evidente fu il fenomeno delle esclusioni politiche a partire dalla seconda metà del Duecento. Le parti che ne furono protagoniste furono la pars ecclesia e la pars imperii. Entrambi gli schieramenti cercarono di impadronirsi dello spazio politico cittadino con alleanze inter-cittadine che assunsero i nomi di Guelfa e Ghibellina. L’affermazione violenta di una parte si traduceva con l’esclusione dalla città dei nemici di quella aversa, spogliati dei beni e privati della cittadinanza. Questi si rifugiavano nei castelli del contado o nelle città amiche, congiurando per rientrare militarmente nelle città d’origine, e costituendo una minaccia costante. La magnatizzazione della nobiltà – In alcune città i governi “di popolo” non esitarono a escludere dagli uffici politici numerose famiglie dell’aristocrazia militare che erano presenti da tempo. I membri di queste famiglie, colpite da una legislazione speciale, vennero indicati col termine di “magnati”, vale a dire i potenti, in base alle accuse di praticare uno stile di vita violento (una categoria di cittadini oggetto di provvedimenti presi dai regimi di popolo per allontanarli dalle cariche politiche maggiori e disciplinare nei comportamenti violenti). La conseguenza di essere indicati come magnati era l’esclusione dagli uffici politici e pene più gravi rispetto all’ordinario, frutto di una propaganda di popolo che richiamava i valori della pace e della giustizia. Nuove configurazioni istituzionali – Nella seconda metà del XIII secolo emerse l’inadeguatezza delle istituzioni comunali. Quasi ovunque si ebbe il superamento dei governi comunali in una varietà di soluzioni spesso ibride: governi di parte, “di popolo”, di pars e popolo, a guida personale, di signore e popolo, dominazioni esterne ecc.  Se da un lato si ebbe una nuova stabilità, questa si tradusse in una restrizione dello spazio politico cittadino. Firenze – La varietà di configurazioni dei sistemi politici cittadini è bene esemplificata nel caso di Firenze, dove tra il XIII e il XIV secolo si alternarono governi di popolo, esclusioni magnatizie, bandi ed esili di parte, esperienze signorili e chiusura in senso oligarchico, ovvero a poche famiglie di potenti. 1. Per ben 26 anni, la città infatti si diede in signoria ai sovrani angioini, che inviarono i propri vicari e ufficiali. 2. Fu istituito dalle arti nel 1282 un governo popolare e una severa legislazione antimagnatizia fu emanata sotto il nome di Ordinamenti di giustizia. 3. Le lotte di fazione intorno alla faida tra le famiglie dei Cerchi e dei Donati portarono al bando dalla città di centinaia di individui appartenenti alla parte filo-ghibellina. L’esito fu la selezione di un gruppo dirigente guelfo e angioino, a guida mercantile. L’alternanza tra forme di governo fu un’esperienza ricorrente: oltre che a Firenze accadde a Modena, a Parma e anche a Bologna. Le signorie – Nello stesso periodo si affermarono i governi di popolo, ma anche forme di potere personale e signorile. In molte città i consigli municipali iniziarono a conferire ad un singolo cittadino eminente, spesso titolare di cariche come quelle di podestà o di “capitano del popolo”, un potere incondizionato (“arbitrium”). Al signore (“dominus”) così eletto, venivano assegnati i compiti della difesa militare, della sicurezza e della pacificazione interna della città, così come lo si autorizzava ad espellere i membri delle fazioni avverse. 60 manifatturiera fu la diversificazione delle merci. Da un lato si avevano le produzioni di pregio mentre dall’altro i prodotti di uso comune a prezzi accessibili, destinati ad una più larga fascia della popolazione. La riorganizzazione del lavoro – La figura dell’artigiano perse importanza. Dalla metà del XIV secolo le fasi della lavorazione cominciarono a separarsi da quelle della vendita. Nacquero le nuove figure dei mercanti-imprenditori che acquistavano le materie prime, le affidavano a botteghe specializzate e poi si occupavano di distribuire il prodotto finito su mercati anche a lunga distanza. Bancarotte bancarie – Le difficoltà dell’economia coinvolsero anche le attività creditizie. I sovrani europei infatti chiedevano prestiti ai grandi banchieri, ma per alleggerire i costi dei capitali e degli interessi da rimborsare alcuni dei sovrani imposero delle svalutazioni sfarzose delle proprie monete, come fece il re di Francia Filippo IV il Bello. Questo determinò la bancarotta di una tra le più grandi compagnie di banchieri dell’epoca, quella dei Bonsignori di Siena. Il re d’Inghilterra Edoardo III dovette sospendere il pagamento dei debiti ai banchi fiorentini dei Bardi e dei Peruzzi, che andarono in bancarotta.  Il fallimento dei fiorentini fu gigantesco e provocò un effetto a catena che coinvolse altre 350 compagnie di mercanti e banchieri che fallirono. Ciò indusse gli operatori ad adottare misure per evitare in futuro crolli generalizzati, ovvero la creazione di:  Compagnie in filiale, così che la bancarotta di una non potesse determinare il cedimento dell’intero complesso;  La partita doppia che teneva distinte le entrate e le uscite. Una nuova geografia dei commerci – Il sistema delle fiere declinò definitivamente, sostituito dalla rete stabile delle filiali commerciali e dal forte incremento dei trasporti marittimi. Capitolo XXI: 21.1 Mentalità e sensibilità di fronte alla crisi Le misure contro la peste – La peste suscitò un’enorme impressione tra i contemporanei. Si presero delle misure per circoscriverne la diffusione: divieto di assembramenti, limitazione degli spostamenti e segregazione dei malati. Dal XV secolo furono creati dei lazzaretti in cui confinare gli infetti. La sensibilità religiosa – La gente non riusciva a spiegarsi le cause dei cattivi raccolti, della peste, delle guerre e di eventi naturali disastrosi che si susseguirono in quegli anni. La risposta più immediata fu di un annunzio apocalittico: si diffusero perciò pratiche di penitenza. In altri casi furono accusati gli ebrei di avvelenare i pozzi di uccidere il bestiame, e divennero oggetto di violente persecuzioni. Elaborazioni artistiche e letterarie – L’arte sacra iniziò a sviluppare il tema della morte, rappresentata in forma di scheletro o di cadavere putrefatto. Rappresentativi sono l’affresco del Camposanto di Pisa dipinto da Buonamico Buffalmacco, Il trionfo della morte, e il cimitero degli innocenti a Parigi con la Danza macabra. La peste lasciò drammatici echi anche nella letteratura dell’epoca, il Decameron di Giovanni Boccaccio ne è un esempio. La caccia alle streghe – Nel 1348 in alcune zone dell’Inghilterra alcune donne che vivevano da sole, praticando guarigioni, furono accusate di stregoneria e linciate dalla popolazione in cerca di un capro espiatorio della peste. Questi episodi diedero vita ad un plurisecolare fenomeno di caccia alle streghe per cui si accusavano le donne, ritenute responsabili del peccato originale e pertanto potenziali interlocutrici più il demonio. 61 21.2 Rivolte e marginalità sociali Tensioni sociali e rivolte – Tra XIV e XV secolo ci fu un’ondata di rivolte causata dal peggioramento delle condizioni di vita per il susseguirsi di carestie, epidemie, guerre e recessioni economiche. I contadini però non contestarono mai la figura del re, bensì si batterono per la redistribuzione della ricchezza e per la partecipazione politica. Rivolte – Le tensioni sociali, che assunsero sempre più le forme di un contrasto tra ricchi e poveri, peggiorarono quando vennero introdotte nuove tasse per finanziare le guerre. 1. Nelle Fiandre occidentali – Nelle Fiandre occidentali i contadini iniziarono a ribellarsi contro la nobiltà francofona coinvolgendo anche gli operai tessili di Bruges e Ypres: la repressione mise a morte oltre 3000 rivoltosi. 2. La jacquerie francese – La rivolta dei contadini, nota come jacquerie, scoppiò in Francia del nord nel 1358, a causa della guerra che vi si combatteva da anni e dalla pressione fiscale. La rivolta ebbe anche l’appoggio del popolo e dei mercanti di alcune città, tra le quali Parigi, e si manifestò con assalti e saccheggi ai castelli. I nobili soffocarono rapidamente la ribellione incendiando villaggi e sterminando non meno di 20.000 persone. 3. La rivolta inglese del 1381 – In Inghilterra il malcontento crescente fu inasprito da una legge del 1351 (lo Statuto dei lavoratori) che fissava un tetto massimo ai salari con cui coltivatori integravano i loro redditi lavorando a giornata le terre altrui. L’introduzione di un’ennesima tassa personale (poll tax) per finanziare la guerra fu la scintilla che scatenò la rivolta dei contadini nel Kent e dell’Essex del 1381. A differenza di rivoltosi francesi, essi avanzarono precise rivendicazioni e ottennero dal re alcuni privilegi. 4. Altre sommosse rurali – La reazione violenta dei signori in tutta Europa provocò rivolte a forte contenuto antinobiliare, ad esempio quella dei contadini estoni contro l’ordine dei Cavalieri Teutonici. Nei contadi cittadini italiani invece non si videro rivolte su vasta scala, ma ciò non significa che la condizione contadina fosse migliore: i mezzadri vivevano di mera sussistenza in uno stato di crescente indebitamento. Corporazioni e salariati – Nelle città le condizioni dei lavoratori erano precarie. Avevano avuto forte sviluppo tra XIII e XIV secolo le corporazioni (arti, gilde) dei mestieri, nate per tutelare gli interessi comuni nei diversi settori attraverso propri organi di governo e statuti. Queste stabilivano gli orari di lavoro, le modalità di produzione, la qualità dei prodotti. Vi facevano parte proprietari e capi delle botteghe, soci, collaboratori, apprendisti ma non i lavoratori salariati: essi non avevano diritto nemmeno costituire proprie corporazioni. Le rivolte urbane – In molte città gli artigiani tessili, in lotta con gli imprenditori, riuscirono a prendere posto nei consigli cittadini e imporre governi basate sulle arti. Il tumulto dei “ciompi” – In Italia scoppiarono sommosse popolari a Genova, a Siena, a Perugia e a Firenze. L’obiettivo era quello di tutelare i salari e di estendere i diritti dei lavoratori. Il tumulto più noto scoppiò a Firenze nel 1378, chiamato dispregiativamente “dei ciompi”, per la sporcizia trasandatezza di coloro che lo portarono avanti. Essi avanzarono alcune richieste: partecipazione al governo del comune con una propria arte, aumento dei salari, tutela delle vessazioni giudiziarie della corporazione della lana. Dopo essere insorti a migliaia, i ciompi ottennero per i propri rappresentanti un terzo delle cariche di governo, ma anch’essi furono duramente repressi dalla reazione degli imprenditori. Povertà e assistenza – Le condizioni di vita dei braccianti e dei salariati erano misere e precarie. I vagabondi cominciarono ad essere percepiti come individui pericolosi che vennero adottate le prime 62 misure repressive contro di essi in Inghilterra e in Francia. Per combattere la povertà molti governi adottarono politiche di assistenza, vennero fondati enti caritativi, ospizi e vennero distribuite elemosine in denaro. 21.3 La ripresa nel Quattrocento La ripresa demografica – Per un secolo e mezzo, tra la fine del Duecento la prima metà del Quattrocento, la popolazione europea era costantemente diminuita. Tuttavia dalla metà del XV secolo ci fu un miglioramento nell’alimentazione e le epidemie cominciarono a farsi meno virulente, ciò comportò una ripresa demografica. Il recupero demografico fu più precoce in Spagna, in Italia, più tardivo in Francia in Inghilterra. I progressi dell’agricoltura – Anche la ripresa economica fu più marcata in alcune regioni europee rispetto ad altre. Nel settore agricolo, si vide un avanzato regime idraulico che consentì l’irrigazione dei propri e la coltivazione dei foraggi che nutrivano il bestiame destinato a fornire concime e prodotti come latte formaggio e carne per i mercati urbani. La trasformazione delle attività mercantili – Nel corso del XV secolo si assistette alla trasformazione del mercante: da negoziatore impegnato in prima persona nei commerci a lunga distanza, a figura sedentaria a capo di grandi compagnie con filiali estere operanti non più solo nel traffico delle merci ma anche nel cambio del denaro. Il caso più eclatante fu quello dei Fugger tedeschi, commercianti di tessuti ad Augusta che poi iniziarono ad operare come mercanti e banchieri su scala europea, fino a diventare ricchi a tal punto da poter finanziare l’elezione imperiale di Carlo Quinto d’Asburgo nel 1519. Crisi economica e fioritura culturale: una crisi apparente – La lunga fase di crisi attraversata dall’Occidente europeo coincise con l’avvio del periodo di fioritura artistica, letteraria, architettonica che va sotto il nome di Rinascimento. A prima vista la coincidenza potrebbe sembrare contraddittoria: come si concilia una depressione economica con una rinascita culturale? La concentrazione di ricchezza nelle mani di pochi benestanti permise loro di diversificare le proprie attività economiche e di investire in cultura; essi alimentarono una forte domanda di beni di lusso. Capitolo XXII: 22.1 Elaborazioni teologiche L’ideologia pontificia – Tra la fine del XIII secolo e l’inizio del XIV si vide il declino delle concezioni universalistiche del papato e dell’impero. Al conflitto con il re di Francia, Filippo IV, il papa, Bonifacio VIII portò all’estremo gli ideali teocratici, affermando la necessità che ogni creatura umana si sottomettersi all’autorità del pontefice di Roma. Tuttavia le aspirazioni teocratiche furono ridimensionate e subirono la contestazione dei sostenitori imperiali e di quelli monarchici. L’ideologia imperiale – Nonostante le aspirazioni teocratiche del papato, si mantenne viva in quegli anni l’idea della necessità di un’autorità civile superiore, garante della pace e della giustizia: ciò che ci si aspettava quando Enrico VII discese in Italia, con il proposito di pacificare la penisola. Il fallimento della sua spedizione non spense però l’idea imperiale, argomentata dal francescano Guglielmo di Ockham che concepiva la Chiesa come una società spirituale nella quale era negato al papa ogni intervento nel dominio politico. L’ideologia regia – Filippo IV il Bello, re di Francia, comprese prima di tutti le conseguenze della crisi dei poteri universali e le opportunità che si aprivano con essa ai poteri monarchici. Quando si aprì il conflitto tra lui e Bonifacio VIII, egli ricorse agli Stati Generali per Id e o lo g ie u n iv er sa li st ic h e 65 Fu in effetti sancita una precaria riunificazione a Firenze, dove nel frattempo si era spostato il concilio. 5. I conciliaristi di Basilea – Tuttavia la maggioranza dei conciliaristi rimase a Basilea e processò Eugenio IV nominando come suo successore Felice V. Paradossalmente, mentre la Chiesa di Roma si riconciliava solennemente con quella di Costantinopoli, il concilio promuoveva l’ennesimo scisma all’interno della Chiesa cattolica. 6. Concilio di Losanna – I pochi padri conciliari che erano rimasti si trasferirono a Losanna nel 1449 e dopo aver riconosciuto il nuovo pontefice di Roma, Niccolò V, si sciolsero definitivamente. La contestazione hussita – Il pensiero radicale di Wyclif fu ripreso dal boemo Jan Hus che, fiducioso di poter difendere pubblicamente le sue tesi davanti al concilio, si recò Costanza dove però fu processato per eresia e condannato al rogo. La sua morte scatenò violente reazioni nazionali in tutta la Boemia. Le Chiese nazionali – L’indebolimento dell’autorità pontificia consentì ai sovrani di svincolare dal controllo della curia il governo delle istituzioni ecclesiastiche locali, soprattutto per quanto riguardava la materia fiscale e giudiziaria. 22.5 La ritrovata autorità pontificia La prevalenza sul concilio – Lo scioglimento del consiglio nel 1449 determinò la prevalenza dell’autorità del papato all’interno della Chiesa e dimostrò l’incapacità del concilio di proporsi come governo autorevole della cristianità. Anche teologi che inizialmente avevano sostenuto le tesi conciliariste tornarono a insistere sull’importanza di un governo unitario della Chiesa. La rinnovata mondanità della Chiesa – Dalla metà del XV secolo tornarono a consolidarsi le tendenze alla centralizzazione del governo Pontificio che si erano allentate in conseguenza lo scisma. Nel corso del Quattrocento le gerarchie ecclesiastiche accentuarono il loro orientamento mondano. Cardinali e vescovi si occuparono crescentemente di politica e diplomazia; divenne prassi abituale inoltre l’accumulo di benefici ecclesiastici e il loro subappalto. Il fenomeno del nepotismo – Fin dal XII secolo i Pontefici avevano crescentemente affidato cariche e benefici ecclesiastici a membri della propria famiglia, con l’esigenza di dotarsi di persone fidate nell’amministrazione della curia e nel governo della Chiesa. Questo fenomeno, chiamato col nome di nepotismo, riprese vigore nella seconda metà del XV secolo. Allora i papi conferivano alte cariche anche i propri figli e si crearono così delle vere e proprie dinastie di cardinali. Roma capitale – In poco tempo la curia pontificia ritornò essere un luogo ricco e fastoso, dove convenivano da tutta Europa artisti, architetti e uomini di lettere. Roma, meta di pellegrinaggio, divenne anche il centro di nuovi interessi politici, finanziari e clientelari. Con la fine del conciliarismo tramontò la possibilità di una riforma integrale della Chiesa. Le inascoltate istanze di riforma – Dall’altro lato si rafforzarono le esperienze di vita in comune, dette di “beghinaggio”, e attività caritative e assistenziali: le confraternite. In molti ordini si manifestò l’esigenza di tornare alla piena osservanza delle regole iniziali, sorsero così numerose congregazioni di “osservanti”. Capitolo XIII: 23.1 L’impero tedesco 66 Un impero sempre più regionale – Dopo l’interregno seguito alla morte di Federico II e la debolezza dei suoi successori, l’influenza degli imperatori si ridusse definitivamente al territorio tedesco. Il patrimonio imperiale era andato perduto nel XIII secolo a causa delle elargizioni dei sovrani e per le usurpazioni di principi territoriali. Ma a indebolire l’autorità dell’imperatore c’era anche il fatto che egli venisse eletto  e che non ci fosse quindi possibilità che si potesse creare una stabilità dinastica. L’elezione dell’imperatore – Nella prima metà del XIV secolo si affermò il ruolo dei grandi elettori, laici ed ecclesiastici, che dovevano eleggere il re di Germania. Essi erano: 1. Il re di Boemia 2. Il marchese di Brandeburgo 3. Il duca di Sassonia 4. Il conte del Palatinato 5. L’arcivescovo di Colonia 6. L’arcivescovo di Treviri 7. L’arcivescovo di Magonza Nella dieta di Rhens del 1338 essi stabilirono che il futuro sovrano avrebbe associato automaticamente la corona regia a quella imperiale, senza bisogno di conferma da parte del papa. Carlo IV di Lussemburgo però avverti ancora la necessità di scendere in Italia per cingere la corona imperiale e legittimare la propria autorità. Egli emanò la Bolla d’oro, che fissò il collegio dei sette principi che avevano il privilegio di eleggere l’imperatore e confermò che non era più necessario ottenere la corona d’Italia e la consacrazione pontificia per avere il titolo imperiale, che perse così le prerogative universalistiche. Le contese per il titolo – Il titolo imperiale fu conteso tra XIV e XV secolo da alcune grandi famiglie. Sul trono si alternarono i Wittelsbach di Baviera, i Lussemburgo di Boemia e gli Asburgo i cui domini andavano dalla Svizzera alla Carinzia. I Lussemburgo riuscirono a controllare la corona imperiale per circa un secolo e l’ultimo sovrano della casata, Sigismondo, diede in sposa la figlia ad Alberto II d’Asburgo favorendo così la convergenza delle corone d’Austria, Boemia e Ungheria nelle mani degli Asburgo. Alberto inoltre venne eletto imperatore e la carica imperiale, da formalmente elettiva, divenne di fatto dinastica. Poteri nell’impero tedesco:  L’autorità imperiale – A causa della sua enorme estensione l’impero non ebbe mai una sovranità uniforme. L’autorità imperiale di fatto veniva esercitata solo in alcune regioni, ovvero i territori demaniali della casata regnante. L’accentramento del potere regio non raggiunse ai risultati delle altre monarchie europee, perché le città i principati territoriali erano sempre più autonomi. L’autorità imperiale fu esercitata soprattutto attraverso l’organismo rappresentativo del parlamento imperiale (Reichstag) che si riunì con crescente regolarità nel corso del XV secolo.  I principati territoriali – Sui territori non di demanio reale, ovvero nei Länder (i territori retti da un signore, accomunati da un unico diritto consuetudinario), veniva esercitato un altro tipo di autorità statale. Nel corso del XV secolo i più ampi erano circa una quarantina, in essi i principi esercitavano i diritti che solitamente erano prerogativa del sovrano: fiscalità, esercito e giustizia.  Le città – Il rafforzamento dei principati territoriali indusse le città a unirsi in leghe. Le alleanze erano state vietate dalla Bolla d’oro, ma il fenomeno dilagò dopo la morte di Carlo Principi laici Principi ecclesiastici 67 IV. Nonostante alcuni successi iniziali, le leghe subirono pesanti sconfitte dagli eserciti signorili e furono costrette a sciogliersi definitivamente in seguito alla pace generale del 1399. Nel corso del XV secolo però le città svilupparono una capacità di contrattazione con i principi anche attraverso la partecipazione alle assemblee rappresentative. L’Hansa – Fin dalla metà del XII secolo le città dell’area baltica e renana avevano creato unioni di mercanti tedeschi chiamate Hansa che presto conseguirono la supremazia economica in tutta la regione. Nel 1364 le varie associazioni si fusero in un’unica lega, egemonizzata poi da Lubecca, che arrivò a comprendere 200 centri non solo tedeschi. L’Hansa divenne una potenza economica e anche militare di primo piano. Il regno di Boemia – Estintasi la dinastia dei Premislydi, Giovanni di Lussemburgo, figlio dell’imperatore Enrico VII, incorporò la Boemia nell’impero, inaugurandovi la presenza della sua casata. Pose a Praga la propria residenza e fondò la prima università dell’Europa centrale, infine estese il regno incorporando il Brandeburgo. L’Ordine dei Cavalieri teutonici e la Prussia – Un Principato territoriale particolarmente forte più quello costituito nelle regioni orientali dall’ordine religioso militare dei Cavalieri teutonici. L’espansione tedesca diede nuovo slancio alla conquista e all’evangelizzazione della Pomerania e della Prussia, alla metà del XIV secolo furono conquistate anche l’Estonia e altri territori più interni. La pesante sconfitta subita a Tannenberg nel 1410 da parte dell’esercito lituano-polacco aprì una lunga fase di rivolte da parte delle città e della nobiltà rurale, che indebolì il principato costringendolo accedere la Prussia orientale al re di Polonia nel 1466 e frenò l’espansione tedesca verso est. 23.2 Il tramonto di Bisanzio Un impero sempre più “greco” – Dopo il saccheggio di Costantinopoli, i crociati si spartirono i territori Bizantini e diedero vita a vari principati, in cui Venezia aveva il monopolio commerciale del cosiddetto Impero latino d’Oriente. Una dinastia bizantina, i Lascaridi con lo scopo di ricostituire l’impero, si alleò con i mercanti genovesi e Michele Paleologo riuscì a riprendere Costantinopoli nel 1261 restaurando la sovranità imperiale su un territorio che però ormai era ridotto alle sole regioni affacciate sul Bosforo e a qualche isola nel Mar Egeo. Le debolezze interne – La situazione già fragile dell’impero bizantino peggiorò a causa i continui attacchi dagli stati slavi nei Balcani e dall’avanzata dei turchi in Oriente. Sotto la dinastia dei Paleologi:  La concessione delle terre in beneficio divenne ereditaria;  La gerarchia burocratica fu basata su legami familiari;  L’economia ne uscì ulteriormente indebolita, dal momento che il commercio e la finanza restarono nelle mani dei veneziani e dei genovesi.  Ciò provocò un irreversibile recessione e con la morte di Michele Paleologo nel 1282 si aprì un periodo di lunghe guerre dinastiche che si protrassero per decenni. 23.3 L’islam dagli arabi ai turchi 1. I Selgiuchidi – La dinastia dei Selgiuchidi dal 1058 aveva assunto la guida del califfato di Baghdad di fatto, sebbene fino all’invasione dei Mongoli nel 1258 fossero formalmente gli Abbasidi a conservare il titolo califfale. 70 eserciti professionali composti di mercenari che potevano rivelarsi però scarsamente fedeli se rimanevano privi di paga. Per questo motivo ci si orientò verso la creazione di eserciti permanenti agli ordini di ufficiali nominati direttamente dal re. Le caratteristiche di questi eserciti erano: 1. L’essere reclutati direttamente tra i sudditi; 2. Il loro mantenimento anche in tempo di pace; 3. La trasformazione del mestiere delle armi in una vera e propria professione; 4. L’accettazione da parte del popolo che fosse necessario stipendiare un esercito permanente che lo proteggesse.  Diplomazia – Un’altra innovazione fu la creazione di funzionari incaricati di presiedere alla cura delle relazioni diplomatiche con i governi stranieri. Nel corso del XV secolo si affermò la prassi di delegare i rapporti tra i singoli stati ad ambasciatori che risiedevano stabilmente presso le corti estere, godevano della salvezza della vita ed erano in costante rapporto con la madrepatria grazie ad una quotidiana corrispondenza in cui informavano minuziosamente sulle vicende politiche e militari e sugli affari interni degli stati. 24.2 Caratteristiche comuni Stati compositi – La formazione degli stati europei tra XIV e XV secolo, come sappiamo, andò di pari passo con l’affermazione dei poteri monarchici. Tuttavia, nonostante il rafforzamento del potere regio, gli stati rimasero caratterizzati dalla presenza di più poteri al proprio interno (città, principati territoriali, nobiltà ecc.) per cui il sovrano non esercitò mai la propria autorità ovunque e in maniera assoluta. Gli stati costituirono delle realtà complesse e composite. I conflitti tra sovrani e “corpi” politici – I sovrani non riuscirono a consolidare a pieno i propri poteri proprio per la presenza all’interno dei regni di questi altri corpi politici; infatti le rivolte della nobiltà, delle città e dei contadini costellarono il XIV e il XV secolo: 1. La rivolta dei mercanti a Parigi guidata da Ètienne Marcel portò alla formazione di un governo borghese; 2. In Castiglia una ribellione portò al trono Enrico Trastàmara; 3. La rivolta dei contadini inglesi del 1381 fu scatenata dall’imposizione della poll tax. La natura pattizia del potere – L’esito di questi conflitti fu la ricerca da parte dei sovrani di modi per legittimare il proprio potere che derivassero da accordi consensuali. Prese forma una gestione pattizia del potere che attraverso costanti negoziazioni portò a riconoscere la sovranità dei re in cambio del riconoscimento dei diritti e delle autonomie locali. Le assemblee rappresentative – Tra XIV e XV secolo si svilupparono in molti stati delle assemblee rappresentative: gli “stati generali” in Francia, le “cortes” in Spagna, i parlamenti in Inghilterra, le “diete” in Germania e così via. Esse erano costituite da rappresentanti dell’aristocrazia e della piccola nobiltà, del clero, dei mercanti, delle città, talora anche dei contadini. Il sovrano era tenuto a convocarle quando intendeva emanare una legge o introdurre una tassa che potesse ledere i privilegi tradizionali si diffuse il principio che “ciò che riguarda tutti deve essere approvato da tutti”. Il sentimento nazionale – Le assemblee rappresentative contribuirono a rafforzare la coesione sociale e politica dei regni. I diversi corpi politici iniziarono ad abituarsi a coesistere insieme, e formarono una comunità politica che si identificava crescentemente in un “paese”. Un segnale importante in questo senso fu dato dal concilio di Costanza, dove i partecipanti decisero di votare non individualmente ma per “nazioni”. 71 I poteri informali – L’affermazione dei poteri statali non passò solo attraverso il rafforzamento degli apparati istituzionali ma anche attraverso gli aspetti informali del potere, vale a dire la sua natura sacrale, i legami di fedeltà e il riconoscimento da parte del sovrano dell’esistenza nei territori locali di aggregazione parentali e fazioni politiche che organizzavano il consenso e gestivano la distribuzione delle risorse nella città. Capitolo XXV: 25.1 La guerra dei Cent’anni La prima fase: la prevalenza degli inglesi – Si definisce con “guerra dei Cent’anni” la serie di conflitti bellici che, in Francia, contrapposero la corona inglese a quella francese tra 1337-1453. 1. Da secoli i sovrani inglesi possedevano territori e diritti nel regno di Francia, di cui erano vassalli. Nel 1328 il re di Francia Carlo IV morì senza eredi e il re d’Inghilterra Edoardo III ne approfittò per rivendicare il diritto di succedergli. 2. Tuttavia la guida del regno fu affidata a Filippo VI di Valois, che confiscò i feudi francesi di Edoardo e lo indusse a muovere guerra nel 1337, puntando per prima cosa alla conquista delle Fiandre, una regione strategica per il commercio delle lane inglesi. L’esercito inglese sbaragliò più volte quello francese conquistando territori nel sud-ovest e precipitando nel caos la Francia. 3. Nel 1358 i contadini insorsero contro la nobiltà mentre a Parigi la rivolta guidata dai mercanti impose agli “stati generali” il controllo dell’amministrazione regia. 4. La pace di Bretigny del 1360 sancì la sovranità inglese su circa un terzo del territorio francese. La seconda fase, la vittoria dei francesi: 1. L’inasprimento fiscale per le spese belliche fece scoppiare disordini in Inghilterra, consentendo ai francesi di riconquistare entro il 1380 tutti i domini inglesi. I disturbi mentali di Carlo VI lo resero incapace di governare e fecero emergere due fazioni che scatenarono una lunga guerra civile in Francia. 2. Enrico V d’Inghilterra riprese le ostilità e dopo la decisiva vittoria a Anzicourt nel 1415 conquistò la Francia settentrionale, ottenendo nel 1420 e la reggenza di Francia. 3. Prese corpo allora una reazione antinglese, che trovò un simbolo nella giovane Giovanna D’Arco che sosteneva di udire voci dal cielo che le indicavano di aiutare il nuovo re di Francia Carlo VII. Ella guidò le milizie regie alla liberazione di Orléans nel 1429 ridando morale alle truppe francesi. 4. Quando anche il duca di Borgogna si riconciliò con Carlo VII nel 1435, in cambio dell’indipendenza il re riuscì a porre fine al conflitto con una serie di decisive vittorie tra 1449-1451. Nel 1453 agli inglesi rimase in territorio francese solo il porto di Calais. Le conseguenze: il rafforzamento degli stati – Dopo la guerra entrambi i regni assunsero una fisionomia stabile, destinata a durare nel tempo. Significativo fu l’emergere di un forte sentimento nazionale. Le spese belliche furono molto onerose e ciò comportò un inasprimento della fiscalità. Dopo iniziali rivolte però fu accettato il principio che il re si agiva per il bene comune e i sovrani poterono imporre tasse dirette sempre più stabili grazie ad apparati fiscali più articolati e specializzati. 25.2 Lo stato francese Per il processo di formazione dello stato francese furono determinanti le vicende della guerra dei Cent’anni, ma soprattutto esso fu l'esito di un insieme più ampio di fattori: già Filippo IV aveva 72 attuato decisi interventi di rafforzamento amministrativo ma anche patrimoniale e fiscale, aveva incamerato inoltre molti beni della Chiesa. Le fasi dello sviluppo delle istituzioni statali – Le fasi dello sviluppo delle istituzioni statali sono articolate in tre periodi: 1. Tra 1330 e 1380 le tasse aumentarono a causa delle spese belliche, dando luogo a conflitti sociali caratterizzati da un più intenso coinvolgimento degli stati generali e provinciali; 2. Tra 1380 e 1430 l’autorità del re si indebolì per motivi dinastici e per le vicende della guerra, e la corte divenne luogo di scontro tra fazioni contrapposte; 3. Tra 1430 e 1490 alla ritrovata autorità regia che guidò la liberazione della Francia dalla presenza inglese promosse un deciso rafforzamento del controllo monarchico nel territorio del regno grazie anche all’utilizzo degli ufficiali. La crescita degli apparati regi – Nel corso del XIV secolo lo stato francese vide una crescita degli apparati regi:  Apparati regi centrali: a corte furono creati organi supremi giudiziari, fiscali e di controllo: rispettivamente il parlamento, la tesoreria e la corte dei conti;  Apparati regi locali: circa 200 città del regno furono valorizzate come luoghi di mediazione politica tra il centro e il territorio radicandosi gli uffici regi. Inoltre:  Censimento: nel 1328 fu redatto il primo censimento fiscale del territorio regio;  Gabella: nel 1341 fu introdotta la gabella del sale;  “Ricevitori”: il controllo delle entrate fiscali può affidarsi a specialisti, i cosiddetti “ricevitori”.  Stati provinciali: nel 1345 furono convocati per la prima volta anche gli stati provinciali, a cominciare dalla Linguadoca. La divisione in fazioni – Quando nel 1392 Carlo VI fu riconosciuto incapace di governare, emersero due fazioni contrapposte:  Armagnacchi: fazione guidata dal fratello del re, Luigi d’Orleans (poi assassinato), che assunse la reggenza del regno e sostenne la continuità della politica fiscale e la centralità della corte regia;  Borgognoni: fazione guidata dallo zio paterno di Luigi d’Orleans, Filippo l’Ardito, duca di Borgogna, fautore di una riforma in senso antifiscale che limitasse il potere d’azione degli ufficiali regi e che sostenesse la nobiltà minore, le élite urbane mercantili e le stesse masse popolari parigine. Luigi d’Orléans venne assassinato nel 1407 e sostituito dal conte Bernardo d’Armagnac (da qui il nome della fazione), ciò precipitò il paese in una guerra civile. La fazione dei borgognoni finì per appoggiare le pretese dei re inglesi sulla corona francese, affiancandole nella guerra: furono i borgognoni a catturare Giovanna D’Arco e a consegnarla agli inglesi nel 1430. L’accentramento monarchico:  Fu re Carlo VII a consentire un accentramento dei poteri monarchici. Sul piano fiscale la taglia straordinaria (un’imposta diretta) venne resa stabilmente annua, riformò inoltre 75 5. Il ducato di Borgogna – Approfittando della guerra franco-inglese, venne formandosi tra la Francia e l’impero un ampio ducato centrato inizialmente sulla Borgogna e poi progressivamente esteso. I duchi, a cominciare da Filippo l’Ardito, fratello del re di Francia, acquisirono l’indipendenza dalla Francia nel 1435. Solo le pretese di Carlo il temerario di farsi eleggere imperatore misero fine all’esperienza borgognona, la cui eredità fu spartita tra il re di Francia e gli Asburgo alla morte della duchessa Maria nel 1482. 6. La confederazione svizzera – Nelle Alpi nord-occidentali si formò un’alleanza tra comunità di montagna che nel corso del XV secolo si espanse ulteriormente, affrontando conflitti con le potenze signorili confinanti degli Asburgo, dei Savoia e dei duchi di Milano e di Borgogna. Nel 1499 l’imperatore Massimiliano I riconobbe definitivamente l’autonomia della Svizzera. 26.3 I regni dell’Europa orientale L’arretratezza sociale ed economica – Tra XIV e XV secolo si affermarono delle formazioni statali più stabili anche nell’area che dalla Scandinavia scendeva alle pianure orientali, abitate dai popoli slavi. La crisi del XIV secolo accentuò in questo territorio le differenze di sviluppo rispetto alle altre regioni europee. La popolazione era assai scarsa, dispersa in territori immensi e mal collegati, le città erano poche, poco più che borghi riuniti intorno a castelli di signori. La debolezza delle istituzioni politiche – La minore articolazione sociale rispetto all’Occidente rese strutturalmente più deboli le istituzioni politiche dell’Europa orientale. Era la nobiltà rurale ad eleggere i sovrani che dipendevano pertanto dal consenso dei nobili, ben ricompensati con ampie deleghe di potere. Una pallida statualità – L’esercizio dell’autorità monarchica si affidò ad assemblee rappresentative (“diete”), dominate dalla grande aristocrazia. Non si sviluppò mai un’amministrazione locale autonoma dalla nobiltà e dipendente dalla corona, e il potere monarchico fu pressoché privo di propri funzionari. 7. I regni scandinavi – Dopo le migrazioni vichinghe e normanne, i regni di Danimarca, Norvegia e Svezia per fronteggiare l’espansionismo politico ed economico dei tedeschi, nel 1397 diedero vita ad una unione dinastica, dichiarandola perpetua. L’unione, detta di Kalmar, sopravvisse per tutto il Quattrocento sotto la preminenza danese. 8. La Lituania – All’espansione tedesca si erano opposti a lungo con successo le tribù baltiche stanziate nei boschi nelle paludi tra i fiumi Njemen e Dvina. A partire dalla Lituania ebbe inizio la reazione delle popolazioni orientali contro le pressioni esterne. Dopo aver visto una notevole espansione verso sud-est sconfisse i tartari estendendo la presenza lituana fino al Mar Nero. La politica matrimoniale realizzò l’unione tra Lituania e Polonia. Questa nuova potenza politica costrinse l’ordine dei Cavalieri Teutonici ad una progressiva ritirata dei territori dell’Europa orientale. 9. La Polonia – La Polonia aveva superato la frammentazione politica grazie alla dinastia dei Piasti. Soprattutto sotto Casimiro III il Grande, il re contrastò il potere dei signori territoriali inserendo un proprio apparato di funzionari. Egli diede inoltre una legislazione unitaria al paese, favorì la ripresa economica di molte città e istituì a Cracovia un’università. 10. Il regno d’Ungheria – All’interno del regno di Ungheria nessuna dinastia riuscì ad affermarsi stabilmente e il potere rimase saldamente in mano alla grande nobiltà. Per un breve periodo di tempo le corone di Lituania, Polonia e Ungheria vennero unite dal re Ladislao III che però venne ucciso in battaglia contro i turchi. Dopo la catastrofica sconfitta subita contro di questi a Mohacs nel 1526, il regno di Ungheria fu stabilmente annesso al dominio imperiale degli Asburgo. 76 11. La Russia – Tra i vari principati tributari dell’Orda oro nel corso del XIV secolo emerse con sempre maggiore autonomia il ducato di Mosca.  Ivan I Danilović – Il duca Ivan I Danilović ottenne, in cambio di aiuto militare, dal Khan mongolo il titolo di “principe di Mosca e di tutte le Russie”.  Ivan III il Grande – Il ducato di Mosca sotto Ivan III il Grande raggiunse l’egemonia, sottomise il principato di Novgorod e si rese indipendente dall’Orda d’oro sconfiggendola. Dopo essere stato riconosciuto “zar di tutta la Russia” pubblicò un codice di leggi che rafforzò il potere monarchico a scapito dell’antica nobiltà dei boiari, favorendo l’emergere di una piccola nobiltà vincolata al servizio militare e civile della corona.  La Chiesa russa ortodossa – Un appoggio assai determinante all’affermazione dell’autorità moscovita fu dato dalla Chiesa russa ortodossa. Ivan I ne spostò la sede facendo di Mosca il punto di riferimento e religioso di tutta la Russia. Quando nel 1453 Costantinopoli cadde nelle mani dei turchi, Mosca ne raccolse l’eredità diventando il centro indiscusso del cristianesimo orientale. In seguito la sede politica di Mosca rivendicò la totale indipendenza sia da Roma sia da Costantinopoli ed il matrimonio di Ivan III il Grande con la principessa bizantina Zoe Paleologa nel 1472, fornì ai teologi moscoviti il pretesto per elaborare la teoria di Mosca come terza Roma alla guida del popolo cristiano. Emerge il ducato di Mosca 1. Ivan I Danilović Nominato "principe di Mosca" in cambio di aiuto militare all'Orda d'oro. Sposta la sede della Chiesa ortodossa a Mosca. 2. Ivan III il Grande Sottomise il principato di Novgorod. Indipendenza dall'Orda d'oro. Codice di leggi sfavorevole ai boiari ma favorevole alla piccola nobiltà. Matrimonio con Zoe Paleologa = Mosca come terza Roma. 77 Capitolo XXVII: 27.1 Le anomalie italiane Città forti, monarchie deboli – Negli ultimi secoli del Medioevo l’Italia fu protagonista di una serie di processi politici che la differenziarono profondamente dal resto dell’Europa occidentale. Questi eventi contribuirono a farne una regione avanzata di civiltà ma anche a renderla più debole rispetto ai grandi stati europei. L’anomalia italiana consiste nella presenza di città troppo forti e monarchie troppo deboli. Borghesia debole, nobiltà forte – I sovrani meridionali non poterono avvalersi dell’appoggio delle città e dei gruppi dirigenti urbani. Mancò cioè l’appoggio decisivo di una forte componente borghese nella costituzione di solidi assetti statali in Italia. Stati troppo piccoli – Un’ulteriore peculiarità italiana è la presenza precoce di uno Stato della Chiesa nel territorio, che sempre operò a difesa della propria sopravvivenza. La realtà istituzionale italiana fu dunque policentrica, come quella dell’area tedesca.  Ma a differenza che in Germania, in Italia nessuna delle forze statali risultò abbastanza forte da egemonizzare le altre, e tutte furono in grado di contrastare l’espansionismo delle altre. Tale processo avvenne in sincronia con la formazione delle grandi monarchie a carattere nazionale in Francia, Inghilterra, Spagna e nella stessa Europa orientale. Una ricca terra di conquista per le grandi monarchie – Alla fine del XV secolo l’Italia appariva un paese ancora molto ricco, al centro dei traffici mediterranei e in un area strategica nei confronti della potenza turca. Per questo motivo essa divenne l’obiettivo delle tre grandi monarchie nazionali. Gli stati italiani non furono in grado di reggere l’urto con queste grandi potenze:  Sul piano militare le grandi monarchie infatti disponevano di eserciti professionali e permanenti;  Sul piano politico la mancata unificazione territoriale costituì un grave elemento di debolezza del sistema italiano; Per questo motivo nel giro di pochi decenni l’indipendenza di molti stati venne meno e numerose regioni furono poste sotto il dominio straniero per molti secoli. La politica pontificia – Ad ostacolare i tentativi di costruire uno stato di grandi dimensioni si pose sempre il papato, che temeva di vedere minacciato il proprio dominio territoriale. 27.2 La frammentazione politica 1. Dagli anni settanta del Duecento una presenza determinante nel sistema politico italiano fu a lungo quella della dinastia angioina. Carlo I, investito dal papa del regno di Sicilia, si impossessò del regno sconfiggendo gli ultimi Svevi a Benevento e fissando a Napoli la capitale. Da lì egli coordinò un’azione politica ad ampio raggio che lo portò a riconoscere la propria autorità anche a molte città comunali in Piemonte, Toscana e Lombardia. Fu proprio in quegli anni che il termine “ghibellino” cominciò ad essere usato sistematicamente per indicare i nemici dell’alleanza che si era stretta tra la casata di Francia, il papato e Firenze. 2. Dopo la perdita della Sicilia, il nipote Roberto I rilanciò la presenza regia nell’Italia comunale rinnovando la signoria angioina su varie città tra cui Firenze, Brescia, Asti e Piacenza. 3. Dopo l’estinzione della dinastia sveva, gli imperatori si riaffacciano in Italia solo nella prima metà del Trecento. La discesa di Enrico VII di Lussemburgo tra 1310-1313 aveva il proposito di pacificare le lotte interne alle città sotto l’alta sovranità imperiale. Tale progetto L ’I ta li a A n g io in a