Scarica Riassunto Metamorfosi, libro 3 e libro10 e più Prove d'esame in PDF di Letterature comparate solo su Docsity! Le Metamorfosi di Ovidio OVIDIO Publio Ovidio Nasone nasce il 20 marzo del 43a.C a Sulmona, venne mandato dalla famiglia a Roma per ricevere l'educazione retorica necessaria a intraprendere la carriera forense e politica. Dopo il tirocinio si reca in Grecia per completare gli studi e l'anno dopo, quando tornò a Roma, riveste cariche politiche di ordine minore. Decide allora di abbandonare la carriera politica per dedicarsi alla poesia. Intorno al 15a.C pubblica 5 libri degli AMORES; fra il 12 e l'8 a.C Ovidio si era cimentato con successo anche nel genere tragico. Gli anni successivi consacrarono Ovidio come il primo poeta di Roma ed egli, nel pieno della sua maturità poetica (2-8 d.C), intraprende la composizione dell'OPUS MAGNUM, il poema epico in esametri: nascono i 15 libri delle Metamorfosi, i quali non ricevettero mai una revisione definitiva. Nello stesso periodo il poeta lavora ad un'altra opera "I FASTI", lasciata interrotta al VI libro. Fu interrotta perché Ovidio fu relegato dall'imperatore a Tomi, il provvedimento aveva come motivazione ufficiale l'immoralità della produzione letteraria. Durante l'esilio compose un poemetto satirico in distici elegiaci e anche un poema sulla famiglia imperiale. Egli coltivò a lungo la speranza di tornare a Roma, ma essa rimase delusa: morì a Tomi nel 17 d.C. Le METAMORFOSI (il poema delle trasformazioni) possiedono una struttura ipotattica: l'autore, consapevole della sua bravura, articola i periodi attraverso l'utilizzo di molte proposizioni subordinate, ottenendo una struttura sfarzosa e articolata. Il poema contiene circa 250 miti uniti tra loro dal tema della trasformazione: uomini o creature del mito si mutano in parti della natura, animata e inanimata. Le Metamorfosi trattano la storia del cosmo, dal caos originario fino all'apoteosi di Cesare e alla glorificazione di Augusto. Nei primi 10 libri i miti vengono raccontati senza rispettare un ordine cronologico, molte volte Ovidio utilizza i suoi personaggi per raccontare miti che sono antecedenti al periodo in cui vivono i protagonisti. Dopo il 10° libro, con la trattazione della guerra di Troia, le storie vengono raccontate seguendo un ordine cronologico ben scandito. Tutti gli episodi presenti nel poema si scaturiscono da una delle 5 grandi forze motrici del mondo antico: AMORE, IRA, INVIDIA, PAURA e SETE DI CONOSCENZA. Non esistono azioni non riconducibili a questi motori invisibili. I racconti delle metamorfosi presentano una struttura fissa, sono 4 le tipologie di miti presenti: 1) Attrazione di un Dio o di un uomo nei confronti di una donna, divina o mortale; 2) Capovolgimento delle parti: è la donna che si innamora di un uomo; 3) Storie di uomini che hanno osato sfidare gli dei (Apollo e Marsia, Atena e Aracne). Questi racconti terminano sempre con la vittoria del Dio e con la morte o con la punizione degli uomini o delle donne che hanno sfidato la divinità; 4) Duello tra due personaggi, spesso 2 mortali si sfidano in un duello mortale che si conclude con la morte di uno dei due combattenti (Achille e Cigno, Perseo e Fineo). LIBRO III Cadmo (1-137) Il padre di Europa (Agenore) ordina al figlio Cadmo di cercarla. Inizialmente si reca all'oracolo di Apollo, questo gli dice di seguire una giovenca e di prestare attenzione dove questa si fermasse perchè lì, in quel luogo, avrebbe dovuto fondare una città. Quando la gioveca si ferma, Cadmo decide di sacrificarla prima ancora di fondare la città; così manda i compagni a cercare una fonte, ma lì vicino, in una grotta, c'è un drago/serpente che uccide tutti i suoi compagni. Cadmo, però, riesce a sconfiggerlo. Appare allora Atena che gli ordina di prendere i denti del drago e di seminarli per far crescere un nuovo popolo. Spuntano dei guerrieri che combattono tra di loro, quelli che si salvano diventano compagni di Cadmo. Tebe allora viene edificata e Cadmo sarà felice fino alla nascita del nipote ATTEONE. Diana e Atteone (138-259) Il giovane Atteone, durante una battuta di caccia, si imbatté casualmente nella grotta in cui Diana e le sue compagne facevano il bagno. Non appena si accorse della sua presenza, la dèa, adirata per l’oltraggio subito, gli spruzzò dell’acqua sul viso trasformandolo in un cervo, impedendogli così di andare a raccontare ciò che aveva visto. Il cacciatore scappando giunse ad una fonte dove, specchiatosi nell’acqua, si accorse del suo nuovo aspetto. Nel frattempo egli era inseguito dai suoi stessi cani che, catturatolo, lo sbranarono. Giove e Semele - nascita di Bacco (259-315) Zeus/Giove innamoratosi di Semele (figlia di Cadmo e Armonia) scatena per questo l’ira di Giunone. Egli, infatti, unendosi segretamente con la fanciulla, principessa di Tebe, concepisce con lei Bacco. Giunone venuta a sapere che Semele è incinta, decide di vendicarsi. Così assume le sembianze di Beroe, nutrice della fanciulla, e riesce ad introdursi nella sua stanza. Fingendo di metterla in guardia, insinua in scendere agl’Inferi per pregare i signori di quei luoghi di restituirgliela. La sua supplica a Plutone e Proserpina fu accompagnata dallo splendido suono della sua lira: invocando Amore, un dio noto anche agl’Inferi, Orfeo chiese che la sua amata potesse ritornare con lui sulla terra, poiché il filo della sua vita era stato spezzato troppo presto. Se gli dei gli avessero negato questa possibilità sarebbe rimasto anche lui in quel luogo. La supplica di Orfeo commosse quanti in quel momento si trovavano in quel luogo, Tantalo, Sisifo, Issione e le nipoti di Belo si fermarono per un momento dalla pena che stavano scontando. Il re e la regina degl’Inferi, anch’essi colpiti da tale preghiera richiamarono Euridice. Una però fu la condizione posta ad Orfeo per riavere la sua amata: non avrebbe dovuta guardarla fino a quando non fossero usciti dalla vallata dell’Averno, altrimenti la grazia sarebbe stata vana. Orfeo, presala per mano, condusse Euridice per un sentiero ripido e avvolto dalla nebbia. Non lontani dall’uscita però, forse per paura di perderla, il musico contravvenne al patto e si girò a guardarla. Subito Euridice fu risucchiata indietro, inutilmente cercò di tendere le braccia per essere afferrata, e disse per l’ultima volta addio al suo amore. Orfeo cercò di raggiungere gl’Inferi una seconda volta ma fu scacciato da Caronte. Per sette giorni il cantore rimase sulla riva del fiume infernale, senza mangiare, pieno di disperazione e dolore, poi si ritirò sul monte Ròdope. Apollo e Ciparisso Ciparisso era un giovane cacciatore dell’isola di Ceo (isola delle Cicladi, nell’Egeo), amato da Apollo, che si affezionò ad un cervo particolarmente mansueto, sacro alle ninfe. Un giorno, durante una battuta di caccia, egli, credendolo selvatico, colpì per sbaglio il cervo con la lancia, e lo uccise. Resosi conto dell’errore, Ciparisso, afflitto ed inconsolabile, nonostante i ripetuti tentativi compiuti da Apollo, chiese agli dei di poter essere a lutto in eterno: venne, così, trasformato in un albero millenario, chiamato appunto cipresso dal suo nome, che Apollo decretò fosse da allora in poi di conforto ai defunti. Giove e Ganimede Ovidio racconta come Giove si invaghì di Ganimede; trasformatosi in un’aquila, rapì e portò sull’Olimpo il giovane, che divenne il suo coppiere. Giacinto e Apollo Apollo s’innamorò anche di un giovane della Laconia, Giacinto, figlio di Amicla, e per stare assieme a lui tralasciò tutte le sue principali attività. Un giorno i due si spogliarono, si unsero d’olio d’oliva, ed iniziarono una gara di lancio col disco: Apollo lo fece volare in aria per primo, e Giacinto corse a riprenderlo, tuttavia, toccata terra, questo gli rimbalzò sul volto, ferendolo a morte. Apollo cercò di salvarlo, ma non poté nulla contro il destino, decise, comunque, di trasformarlo in un fiore color rosso porpora, proprio come il suo sangue, e col suo stesso nome, giacinto, affinché del giovane e del profondo dolore del dio per la sua morte si conservasse memoria in eterno. Pigmalione Pigmalione è il leggendario scultore di Cipro che realizzò una statua eburnea di donna, talmente bella che se ne innamorò perdutamente. Chiese quindi a Venere di concedergli una sposa altrettanto bella e la dea esaudì la sua preghiera animando la statua stessa. Mirra e Cinira Mirra, figlia di Cinira, re di Cipro, si innamorò del padre; grazie all’aiuto della vecchia nutrice, riuscì ad organizzare un incontro d’amore. Infatti, durante i festeggiamenti in onore di Cerere, la madre della ragazza aveva fatto un voto di castità; la nutrice, allora, propose a Cinira di accoppiarsi con una giovane vergine, la quale però non voleva farsi vedere. In questo modo Mirra riuscì ad unirsi per più volte col padre e a rimanere incinta. Una notte però, Cinira guardò l’amante e si accorse che si trattava della figlia: infuriatosi per l’inganno, cercò di uccidere Mirra inseguendola con una spada. La fanciulla, piangendo, chiese aiuto agli dei che la trasformarono in un albero da cui esce una resina chiamata appunto mirra. Dopo nove mesi dalla corteccia dell’albero nacque Adone, frutto di questo amore incestuoso. Venere e Adone Adone, nato dall'unione incestuosa tra Cinira, re di Cipro, e sua figlia Mirra, era un giovane bellissimo. Venere, graffiata involontariamente da una delle frecce di Cupido, se ne innamorò perdutamente. Venere tentò invano di trattenerlo dal cacciare (e in particolare, lo mise in guardia rispetto alle bestie feroci, come cinghiali e leoni, facendo riferimento al suo coinvolgimento nella storia di Atalanta e Ippomene), ma non potè nulla. Un giorno, infatti, cacciando, Adone fu ferito mortalmente da un cinghiale. Udendo i lamenti del moribondo, la dea accorse in suo aiuto quando però era ormai troppo tardi. Nel punto in cui cadde il sangue di Adone spuntarono degli anemoni.