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Riassunto per capitoli Madame Bovary - Flaubert, Appunti di Letteratura Francese

Riassunto capitolo per capitolo dell'intero libro di Flaubert "Madame Bovary"

Tipologia: Appunti

2019/2020

In vendita dal 26/10/2022

Francesca30F
Francesca30F 🇮🇹

4.4

(9)

83 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Riassunto per capitoli Madame Bovary - Flaubert e più Appunti in PDF di Letteratura Francese solo su Docsity! ANALISI MADAME BOVARY – FLAUBERT 1 PARTE Primo capitolo viene descritto il primo giorno al collegio di Carlo Bovary – lui viene definito come il “nuovo” e viene descritto dettagliatamente il suo abbigliamento; indossava un berretto (quando si entrava in classe bisognava lanciare il berretto sotto il banco, ma Carlo non capendolo, teneva ancora il berretto sulle ginocchia, motivo per il quale gli altri compagni scoppiano in una grossa risata, prendendolo in giro) si passa poi alla descrizione di suo padre: Carlo Dionigi Bartolomeo Bovary, un ex aiutante chirurgo-maggiore che fu costretto a lasciare il servizio. Si presentava con un uomo dal bell’aspetto che però, una volta sposatosi, visse per due, tre anni alle spalle della moglie (si alzava tardi e frequentava i caffè) ma tutto cambiò dopo la morte del suocero che lasciò una miseria e Carlo decise di ritirarsi in una curiosa dimora (metà fattoria-metà casa padronale) deciso di vivere in pace. Per quanto riguarda sua moglie, all’inizio era pazza di lui ma man mano divenne sempre più difficile: nervosa, piagnucolosa a causa della continua assenza da parte del marito che aveva sempre affari da sbrigare. Poi nacque Carlo, che crebbe come un bambino viziato grazie a sua madre. Al bambino lei trasferì tutti i suoi sogni. Immaginava per lui un futuro nell’ingegneria o nella magistratura e gli insegnò a leggere e a cantare (mentre suo padre non era d’accordo perché pensava alle difficoltà che avrebbe riscontrato per mantenergli le scuole o comprargli un’azienda) A 12 anni iniziò gli studi presso il parroco e dopo sei mesi andò al collegio di Rouen fin quando i suoi genitori decisero di toglierlo dal collegio per fargli studiare medicina, ma le cose non andarono come sua madre si aspettava: all’inizio Carlo seguiva le lezioni, lavorava, ma successivamente cominciò a mancare alle visite e alle lezioni. Si appassionò nel frequentare i caffè, i locali pubblici, per lui significava l’ingresso in società, l’accesso ai piaceri proibiti e ovviamente fu bocciato. Quella sera stessa raccontò tutto alla madre che lo giustificò, mentre il padre seppe la verità cinque anni dopo. Carlo si rimise a lavoro e preparò gli esami che passò, quello fu un giorno meraviglioso per sua madre: Carlo sarebbe diventato medico e avrebbe esercitato la sua professione a Tostes. La madre gli trovò anche una moglie, Eloisa, grazie alla quale Carlo migliorò la sua condizione ma finì anche per diventare succube di sua moglie: lui doveva parlare in un certo modo davanti alla gente e in più lei ascoltava dietro la parete le visite che lui faceva alle donne. Le dava fastidio tutto e ogni sera quando Carlo tornava da lavoro doveva ascoltare tutti i suoi lamenti. Secondo capitolo Carlo riceve una lettera in cui lo supplicano di recarsi alla fattoria delle Bertaux (residenza del signor Rouault, uno dei coltivatori più ricchi del paese che si era rotto una gamba) quando Carlo arriva alla fattoria l’autore descrive dettagliatamente la fattoria, che aveva un bell’aspetto. Ma ciò che colpisce Carlo è la presenza della figlia del signor Rouault, Emma. Comincia una descrizione anche di Emma (viene descritta la bianchezza delle sue unghie, la sua mano, i suoi occhi bruni che sembravano neri e il suo sguardo fisso sulla gente) Carlo comincia a recarsi quotidianamente alla fattoria, facendo delle visite inaspettate che rappresentavano per lui dei piccoli momenti di felicità. Quando doveva recarsi lì la mattina si alzava felice, gli piaceva la fattoria e chiacchierare col signor Rouault ma soprattutto gli piaceva la giovane Emma. All’inizio Eloisa (la moglie di Carlo) si informò sulla salute del malato che Carlo andava a visitare, ma quando poi scoprì che quest’ultimo aveva una figlia, capì che lei era il motivo per il quale Carlo era così felice quando doveva andare alla fattoria e cominciò a screditare Emma e la sua famiglia. Un giorno poi, si scoprì la verità su Eloisa (da sempre ritenuta una donna ricca con un grosso patrimonio) e Carlo capì che tutto quello non era vero e che lei non aveva fatto altro che mentire. Il padre di Carlo impazzì e se la prese con la moglie, addossandole la colpa di questo matrimonio e quando Eloisa fu attaccata dai genitori di Carlo, lui decise di difenderla. Otto giorni dopo Eloisa cominciò a sputare sangue dalla bocca e improvvisamente morì. Terzo capitolo Una mattina il signor Rouault andò da Carlo per saldare il conto della sua gamba e dopo aver saputo della morte della moglie provò a consolarlo, invitandolo ad andare alla fattoria. Dopo cinque mesi Carlo ritornò lì e rivide Emma, i due si misero a parlare per molto tempo, lei gli mostrò tutti i suoi vecchi quaderni di musica, gli parlò di sua madre e del cimitero. La sera, tornato a casa, lui ripensò a tutte le parole che Emma aveva detto così per completare l’idea che aveva di lei poi si chiese con chi si sarebbe sposata, se mai si sarebbe sposata e quella notte non riuscì a dormire. Si promise poi di dichiararsi appena si sarebbe presentata l’occasione ma ogni volta si tirava indietro, fin quando un giorno prese coraggio e parlò delle sue intenzioni con il signor Rouault, chiese la mano della figlia, la quale anche lei accettò di sposarlo e durante la primavera dell’anno dopo i due si sposarono. Quarto capitolo MADAME BOVARY – 2 PARTE Primo capitolo Il primo capitolo della seconda parte del libro si apre con una descrizione di Yonville-l’Abbaye (dove si trasferiscono Emma e Carlo): “un paese bastardo in cui la lingua non ha accento, così come la campagna non ha carattere e la coltivazione è costosa” Yonville-l’Abbaye non ha fatto nessun passo avanti secondo Flaubert e vengono descritti i vari paesini che si trovano in questa località, ai confini della Normandia. Ci viene presentata la chiesa, il mercato, il municipio ma ciò che più attira l’attenzione, di fronte all’albergo del Leon d’oro è la farmacia del signor Homais. Ci vengono presentati dei nuovi personaggi come: la vedova Lefrançois, proprietaria della locanda, il signor Homais, Binet presentato come un borghese egoista e poco socievole e il prete (considerato scortese da Homais) Secondo capitolo Emma e Carlo si presentano agli inquilini come il signor Lheureux, Homais e Leone Dupuis, in particolare con quest’ultimo Emma durante una lunga conversazione condivide la sua passione dei romanzi. Era la quarta volta per lei che dormiva in un luogo sconosciuto e ognuno di questi luoghi rappresentava per lei l’inizio di una nuova fase della sua vita. Terzo capitolo Emma desiderava tanto avere un maschio, che avrebbe chiamato Giorgio, sarebbe potuto essere libero rispetto una figlia femmina che avrebbe avuto continui impedimenti. Alla fine Emma partorì una femmina che decise di chiamare Berta (si ricordò di aver sentito al Castello questo nome e lo scelse) e fu battezzata con un bicchiere di champagne. Un giorno Emma volle andare a trovare la sua bambina dalla balia (La balia è una donna cui è stato affidato, spesso dietro compenso, l'incarico di accudire un neonato provvedendo anche al suo allattamento), mentre si incamminò si sentì un po’ debole e fortunatamente in quello stesso momento incontrò Leone il quale fu pregato da Emma di accompagnarla. Ancora una volta i due si trovavano isolati dagli altri e una volta tornato non fece altro che pensare alla signora Emma. (lei era più grande di lui che aveva venti anni, mentre lei trenta) Quarto capitolo Comincia a stabilirsi fra Emma e Leone una specie di intesa fondata sullo scambio di libri e di romanzi. Emma fece mettere vicino la sua finestra una mensola dove poter curare tutti i suoi vasetti, pertanto i due si vedevano dalle proprie finestre mentre curavano i loro fiori. Leone voleva dichiararsi ad Emma, cominciava a scrivere delle lettere che poi strappava mentre Emma non si volle mai chiedere se lo amasse. Quinto capitolo Una domenica i signori Bovary, Homais con i suoi figli e Leone andarono a visitare una filanda di lino. Emma non poteva fare a meno di guardare Leone e i suoi occhi, che le parevano i più limpidi e i più belli. Quando tornò a casa, mentre era a letto, vedeva ancora l’immagine di lui in piedi. Lei lo trovava bello, ricordava i suoi atteggiamenti, le sue frasi dette e il suono della sua voce e quando pensava a lui sentiva la sua anima piena di una nuova dolcezza. Nei giorni successivi quando Emma e Leone restavano da soli nessuno dei due pronunciava una parola, rimanevano in silenzio, imbarazzati. Nessuno voleva fare il primo passo. Entrambi erano innamorati l’uno dell’altra, entrambi ritenevano una “pazzia” poter stare con l’altro/a ma più accantonavano questo pensiero, più finivano per aumentare questa passione. Leone pensava che era una pazzia poter arrivare ad Emma, era sposata, dava l’idea di una moglie e madre perfetta, mentre lei a suo modo per virtù, orgoglio e pudore voleva allontanare questo sentimento nei confronti di Leone, ma invece di allontanare il pensiero, lei ci si attaccava ancora di più. Ciò che più odiava era vedere come Carlo non si accorse minimamente dei suoi tormenti e di quello che stava provando, era lui l’ostacolo della sua felicità e così riversò su di lui tutto l’odio che derivava dalla sua noia e questo contribuì ad allontanarla di più da lui. Sesto capitolo Leone inizia ad essere stanco di amare senza nessun risultato e cominciava a sentire anche la pesantezza del ripetersi della stessa vita, decide quindi di trasferirsi a Parigi, dato che doveva continuare lì i suoi studi, decide di partire. Salutò tutti i suoi amici e salutò anche Emma, prendendole la mano e facendo incrociare i loro occhi senza dire nulla. Una volta uscito di casa, si fermò dietro un pilastro per guardare un’ultima volta la casa Bovary e gli sembrò di vedere un’ombra dietro la finestra (probabilmente Emma che lo stava guardando per l’ultima volta) Settimo capitolo Il giorno successivo fu per Emma orribile. Ripensava a Leone, persino la casa sembrava conservare ancora il suo ricordo: pensava al tappeto su cui aveva camminato, le poltrone su cui si era seduto… Si rimproverò di non averlo amato, pensava di raggiungerlo ma poi subito dopo ci rinunciava. Passò le giornate comprando nuovi abiti, cambiando le pettinature, studiò l’italiano e si dedicò alle letture, che poi ben presto abbandonò. Nulla la rendeva felice, era sempre infelice ed un giorno le uscì anche sangue dalla bocca, Carlo fu preoccupato per lei, un giorno da solo scoppiò a piangere e chiese aiuto per Emma a sua madre (di carlo) che le consigliò di impedirle di leggere i romanzi. Un giorno arrivarono a casa Bovary il signor Rodolfo Boulanger con un contadino che doveva essere curato da Carlo, ma quando Rodolfo vide Emma iniziò ad immaginarla come una delle sue possibili amanti (lui era un uomo di 35 anni, che frequentava molte donne), si paragonò a Carlo e pensò che Emma non poteva essere felice con un uomo così, che lei aveva bisogno di passare del tempo con lui, che doveva essere sua e decise di cercare un’occasione per conquistarla: ovvero i comizi. Ottavo capitolo Durante i comizi Rodolfo ed Emma passeggiarono per un sentiero, tenendosi per mano, cominciarono a parlare della mediocrità provinciale, delle illusioni che si perdevano in questo stile di vita ed entrambi rivelarono all’altro le proprie sofferenze; Rodolfo gli rivela di essere un uomo molto triste, cosa impensabile per Emma che lo vedeva sempre allegro, gli rivela di sentirsi molto solo e rimpiange di non aver trovato nessun affetto nella sua vita. Rodolfo continua il suo discorso, sottolineando ad Emma il fatto che il caso abbia voluto farli incontrare, gli rivela che lui resterebbe per sempre con lei, che non ha mai avuto una compagnia più piacevole di lei e quando le stringeva la mano Emma non la ritirava. Entrambi sono alla ricerca di una persona alla quale poter affidare la loro vita, sono come due anime molto simili. Ascoltando le parole di Rodolfo, Emma rivede se stessa e i suoi pensieri andarono al Visconte e a Leone, ai quali aveva immaginato di poter affidare la sua vita, tuttavia ora c’era Rodolfo al suo fianco e quella sensazione aumentava i suoi desideri. Nono capitolo Passano sei settimane prima che Rodolfo riveda Emma e capì di aver fatto la cosa giusta a sparire, in quanto lei appena lo vede entrare in sala impallidisce e lui le rivela che l’ha pensata tutti i giorni continuamente e che tutte le notti si alzava per camminare fino casa di Emma. Lei gli dice che lo ha fatto perché lui è buono, ma lui risponde dicendole che è perché lui la ama. quando leggerete questa lettera, per evitare la tentazione di rivedervi” Per rendere il momento un po’ più tragico decide di immergere il dito nell’acqua e lasciar cadere delle gocce sulla lettera, facendole credere di aver pianto. Il giorno seguente Emma ricevette la lettera e disperata decise di togliersi la vita, si ritrovava sospesa sull’orlo ma poi le grida di Carlo, nel chiamarla, la fecero fermare. Rodolfo decise di trasferirsi a Rouen ma per arrivarci avrebbe dovuto attraversare il paese, Emma era a tavola quando sentì il rumore della carrozza, riconobbe Rodolfo e in quel momento svenne. Carlo chiese aiuto, Berta era terrorizzata e il farmacista provò a risvegliarla e quando si risvegliò urlo: “la lettera!”, tutti credevano che stesse delirando, ma il vero e proprio delirio si manifestò a mezzanotte quando ebbe per 45 giorni una febbre cerebrale. Carlo passò tutti i 45 giorni al suo fianco, non la lasciava mai, era disperato, ciò che lo angosciava era vedere Emma che non parlava e non sembrava provare più nulla. Verso la metà di ottobre Emma riprese a sentirsi meglio, fin quando un giorno Carlo decise di passeggiare insieme a lei per il giardino fino ad arrivare alla panchina, ma il ricordo di Rodolfo fece svenire nuovamente Emma: Carlo credeva che in lei si stessero manifestando i primi sintomi del cancro. Quattordicesimo capitolo A questo si aggiunse la preoccupazione di Carlo verso i suoi problemi finanziari: non sapeva come fare per risarcire il signor Homais di tutte le medicine che aveva preso da lui, poi la spesa della casa e per finire Lheureux (il mercante a cui Emma prima di partire con Rodolfo aveva chiesto di comprarle tantissimi abiti) a cui doveva dare i soldi per quegli articoli. Non avendo soldi, Carlo decise di firmargli una cambiale a sei mesi e se non avesse pagato, sarebbe stato per un intero anno all’interesse che voleva lui. Emma invece rimaneva a letto per fare piccoli spuntini, chiamava la domestica per chiacchierare, ed aspettava ogni giorno con ansia, qualche avvenimento, il più notevole era l’arrivo della locandiera. A mezzogiorno invece aspettava l’arrivo del reverendo, Emma cominciò ad avvicinarsi molto alla religione, aveva chiesto la comunione, voleva diventare una santa e camminava con rosari e amuleti, cucì abiti per i poveri, regalava legna alle donne incinta. Quindicesimo capitolo Carlo propone ad Emma di andare a vedere lo spettacolo di Lagardy. Vedendo lo spettacolo Emma si ritrovava nelle letture giovanili di Walter Scott e quando apparve Edgar Lagardy fantasticò su di lui. Si diceva su di lui che una principessa polacca, ascoltandolo cantare se ne fosse innamorata, ma che poi lui l’aveva lasciata per altre donne e l’aveva rovinata. Emma non gli toglieva gli occhi di dosso e mentre lui cantava lei ripensava a Rodolfo, al giorno del suo matrimonio… poi si immaginò insieme a Lagardy a viaggiare per le capitali, ma quando calò il sipario tutto cambiò. Usciti dal teatro, Carlo incontrò Leone che subito andò a salutare Emma e dopo aver chiacchierato i tre rientrarono in teatro per il continuo dello spettacolo. Emma non ascoltò più le scene, le canzoni, ma cominciò a ricordare tutti i momenti passati con Leone, e ricordò quell’amore tenero e indiscreto che ormai aveva quasi dimenticato. TERZA PARTE DI MADAME BOVARY Primo capitolo (Emma e Leone fanno l’amore in una carrozza pubblica) Leone a Parigi pensava ad Emma, anche se poco alla volta quel sentimento si affievolì, sopraffatto da altri desideri. Allo stesso tempo però non perdeva le speranza e fantasticava sul futuro. Così, rivedendola dopo tre anni di lontananza, la passione rinacque e voleva che fosse sua. La mattina dopo Leone andò a trovare in albergo Emma (raccontò di aver passato tutta la mattina a cercarla in tutti gli alberghi della città) e poi si misero a parlare: entrambi confidarono all’altro/a i loro dolori senza però parlare della passione che provavano l’uno per l’altra, fin quando Leone si fece avanti, dichiarandole che quando era a Parigi la pensava, che non l’aveva dimenticata e che immaginava che il caso l’avrebbe riportata da lui e confessò di averla amata (ad Emma le si illuminò il viso), a quel punto entrambi ripercorsero alcuni avvenimenti della vita passata, prima che Leone si trasferisse e lui stesso le confida: “eravate per me, a quel tempo, non so quale incomprensibile forza che imprigionava la mia vita” A quel punto anche Emma gli confessa di averlo pensato a volte, così lui si fa avanti e le dice “che cosa ci impedisce di ricominciare?”, ma lei si fa indietro, facendolo riflettere sulla loro differenza di età che indica l’impossibilità del loro amore (anche se non ne era convinta). Prima di andar via Leone chiese ad Emma di rivedersi un’altra volta e i due si videro il giorno seguente alla cattedrale di Notre Dame, dove Emma si dedicò alle preghiere. Poi in seguito i due tornarono in carrozza (in questa scena Flaubert ci racconta il percorso interminabile della carrozza, con a bordo Leone ed Emma, con il cocchiere che continuava a guidare questa carrozza avanti e indietro: “non capiva quale furore locomotorio spingesse quegli individui a non volersi fermare. Talvolta ci si provava ma subito sentiva uscire dietro di sé esclamazioni di collera”… in più Flaubert ci racconta dei borghesi stupefatti al vedere questa scena in provincia di questa carrozza con le tendine abbassate che si muoveva. Alla fine del percorso “verso le sei, la carrozza si fermò in una stradina del quartiere Beauvoisine e ne scese una donna che prese a camminare col velo abbassato, senza voltare la testa” Flaubert non lo esplicita nel testo ma ci fa capire che in quel momento, in quella carrozza, Emma e Leone stanno facendo l’amore. Secondo capitolo Emma tornò a casa da Carlo, ma prima Hivert le disse che doveva andare urgentemente da Homais, il farmacista, per una cosa urgente: il papà di Carlo era morto (era deceduto due giorni prima per un attacco di apoplessia e Carlo per preservare la sensibilità di Emma, aveva chiesto al signor Homais di darle con calma questa notizia, che non la ferì come si aspettava Carlo). Tornata a casa, Carlo la abbracciò ma in quel gesto lei rivide Leone e rabbrividì; Carlo era immobile, depresso a causa della morte del padre e Emma non fece niente per consolarlo – nel vederla così lui credeva che fosse tanto afflitta da non dirgli niente. Ma in realtà lei voleva soltanto liberarsi di lui: pensava alle 48 ore prima con Leone. Successivamente venne il signor Lheureux che voleva proporre al signor Bovary di fare insieme qualche affare e di rinnovare quindi la cambiale, ma prima bisognava prendere delle informazioni al riguardo di questi affari e Carlo ingenuamente propose di consultare Leone (che era un apprendista notaio), pertanto Emma partì il giorno dopo sulla Rondine per andare da lui a Rouen e rimase tre giorni. Terzo capitolo Questi tre giorni furono una vera e propria luna di miele. Stavano in un albergo vicino al porto e verso sera prendevano una barca e cenavano su un’isola, in un’osteria per poi rientrare la notte. Durante il ritorno in barca, il barcaiolo (quello che conduce la barca) cominciò a raccontargli che l’altro giorno ha dovuto accompagnare un gruppo di signori, che lui definiva “burloni”, e in particolare c’era uno bello, altro, con dei baffi che sicuramente era il più burlone di tutti e si chiamava Adolfo, Dodolofo… Emma rabbrividì e capì che si trattava di Rodolfo. Dopo tre giorni tornò. Quarto capitolo Leone trascurò il suo ufficio, non faceva altro che aspettare le lettere di Emma, le leggeva e rileggeva; invece di diminuire con la lontananza, il bisogno di rivederle aumentò, tanto che un sabato mattina arrivò a casa di Emma, spiò la sua ombra dietro la tenda ma non vide nulla. Decise comunque di bussare alla sua porta, ma incontrò il signor Bovary, lei la vide sola la sera molto tardi; quando dovettero separarsi lei gli promise di vederlo almeno una volta alla settimana, doveva solo trovare un modo. Durante l’inverno Emma ricominciò ad appassionarsi alla musica, in particolare al piano e Carlo le consigliò di prendere delle lezioni (a basso costo perché non potevano permetterselo) ma Emma rispose che sarebbe stato meglio venderlo, per Carlo questo avrebbe significato un suicidio di una parte di lei stessa, quindi insistette sulle lezioni di piano ma Emma ribattè dicendo che le lezioni andavano seguite regolarmente e fu così che trovò la scusa per andare in città una volta a settimana per vedere Leone. Quinto capitolo Camminando si chiedeva “cosa gli dirò?” e mentre guardava la strada ritrovava le sensazioni della sua prima tenerezza e quando si ritrovò davanti alla porta di Rodolfo quasi le sue forze la abbandonarono, quando lo vide non riusciva ad aprir bocca ma fu lui a parlarle. Innanzitutto si scusò con lei, inventando cose alle quali Emma finse di credere, poi i due cominciarono a scambiarsi delle parole dolci come “ti amo” e pensavano che forse non avrebbero dovuto mai lasciarsi. Ma quando Emma cominciò a singhiozzare, Rodolfo le chiese cos’aveva e lei le disse che lui doveva prestargli tremila franchi, che lui però non aveva, dato che si trovava anche lui in difficoltà. La reazione di Emma fu esagerata, gli rinfacciò tutto il male e i dolori che lui le aveva causato e che proprio per quelli lui la doveva aiutare per forza. Una volta uscita da casa di Rodolfo ebbe l’idea di recarsi dalla bottega del farmacista, dove c’era Giustino, con la scusa che dei topi nel laboratorio le impedivano di dormire, si fece dare la chiave del laboratorio, davanti agli occhi del povero ragazzo prese un boccale azzurro e inghiottì la polvere bianca che c’era all’interno. Il ragazzo voleva chiamare aiuto, ma lei gli consigliò di non dire nulla per non far ricadere la colpa su Homais (il capo di Giustino). Emma arrivò a casa dove c’era Carlo sconvolto dalla notizia del sequestro, voleva da lei delle spiegazioni ma lei non disse nulla e si sedette alla scrivania per scrivere una lettera. Si stese sul divano, ma iniziò a sentirsi male. Cominciò a vomitare, Carlo la vide star male e cominciò a preoccuparsi, gridava e chiedeva aiuto a chiunque, scrisse al signor Canivet, sfogliò dizionari di medicina per cercare una cura ma non sapeva cosa fare. Carlo dopo aver letto la lettera capì che lei si era avvelenata, si mise vicino a lei e le chiese: “è colpa mia? Non eri felice? Eppure ho fatto tutto quel che ho potuto” -lei rispose: “sì è vero, sei buono tu” – Flaubert descrive questa scena : “E gli passava la mano fra i capelli, lentamente. La dolcezza di quella sensazione aumentava il dolore di lui, sentiva tutto il proprio essere crollare nella disperazione al pensiero di doverla perdere, proprio quando ella gli dimostrava più amore che mai […] Ora aveva finito, ella pensava con tutti i tradimenti, le bassezze e le innumerevoli brame che la torturavano. Non odiava nessuno, adesso” Poi Emma chiese di vedere la sua bambina, che però nel vederla in quello stato si spaventò. Appena Emma si calmava, Carlo si illudeva che stava per guarire, ma improvvisamente cominciò a sputare sangue e lei stessa si malediceva per aver inghiottito quel veleno e lo supplicava di far presto. Successivamente arrivò il dottor Canivet che però vedendo Emma in quello stato rivelò a Carlo che non c’era nulla da fare. Carlo si mise di fronte a lei, ai piedi del letto mentre il prete cominciò l’unzione, prese anche un crocifisso su cui Emma diede un bacio con tutte le sue forze, come se fosse stato il più grande bacio d’amore che avesse mai dato. In seguito a ciò non era più pallida e il suo viso aveva un’espressione di serenità, come se il sacramento l’avesse guarita. All’improvviso si sentì sul marciapiede una voce che cantava, Emma gridò: “il cieco!”e si mise a ridere. La convulsione la fece ricadere sul materasso e morì. Nono capitolo Dopo essersi accorto della sua immobilità, Carlo si gettò su di lei gridando “addio”, poi Homais e Canivet lo trascinarono fuori dalla stanza. Poi Homais pensò a preparare una pozione per calmare Carlo e inventare una bugia per nascondere l’avvelenamento: Emma aveva scambiato per zucchero l’arsenico per preparare una crema alla vaniglia. Carlo pensò ai preparativi del funerale e scrisse una lettera: “voglio che sia sepolta con l’abito da sposa, con le scarpe bianche, deve avere i capelli sciolti sulle spalle […] si coprirà la bara con un grande drappo di velluto verde” e nonostante la madre di Carlo e il farmacista lo fecero riflettere sulle spese che avrebbe portato questo funerale, lui insistette. Volle rivederla: “Emma aveva la testa china sulla spalla destra. L’angolo della bocca aperta pareva un buco nero in fondo al viso; una specie di polvere bianca era sparsa sulle ciglia… il lenzuolo sembrava un peso su di lei” si metteva difronte a lei per vederla meglio e ripensava ad alcune stori di catalessi e sperava di trovare un modo per resuscitarla e cercò anche di svegliarla chiamandola. Carlo la rivedeva nel giardino di Tostes, sulla panchina, oppure a Rouen, sulla soglia di casa… rimase a lungo a ricordare tutte quelle felicità scomparse. Poi decise di tenere una ciocca dei suoi capelli che tagliò per lui Homais. Successivamente dovette assistere per due ore ai colpi di martello picchiati sul legno, poi la misero nelle tre casse volute da Carlo e quando furono coperti la portarono in piazza. Lì arrivò il papà di Emma che vedendo il drappo nero, svenne. Decimo capitolo Il papà di Emma aveva ricevuto la lettera di Homais 36 ore dopo l’accaduto ma l’aveva scritta in modo che non fosse comprensibile la morte di Emma e il padre aveva capito che lei si era sentita male; per tutto il viaggio era con l’angoscia e si ripeteva che l’avrebbero di sicuro salvata, ma poi la vide morta davanti a lui e cadde piangendo tra le braccia di Carlo. Quest’ultimo a sua volta cercava di rifugiarsi nella speranza di una vita futura, in cui l’avrebbe rivista, ma poi quando la vedeva lì dentro si sentiva di nuovo morire. Tutti si rammaricavano per la morte di Emma, Carlo passò l’intera notte, sveglio a pensare a lei, Rodolfo invece dormiva tranquillamente così come Leone. Ultimo capitolo (la morte di Carlo e il successo di Homais) Berta tornò a casa e chiese della mamma, ma Carlo inventò che la mamma era fuori poi la piccola ne riparlò più volte fino a non parlarne più. Presto ricominciarono i problemi economici per Carlo, fece tanti debiti ma non voleva vendere nessun mobile che apparteneva ad Emma. Vista la situazione, tutti cominciarono ad approfittarsi di lui: la signorina Lempereur pretese il pagamento di sei mesi di lezioni, anche se Emma non ne aveva mai presa una, così come il libraio pretese tre anni di abbonamento. Felicita, la domestica, si impossessò di tutti gli abiti di Emma e poi fuggì con il suo amante. Leone divenne notaio e si sposò. Un giorno Carlo andò in soffitta e trovò una pallina di carta su cui c’era scritto “coraggio Emma, non voglio fare l’infelicità della vostra vita” ed era firmato R, Carlo rimase perplesso e poi si ricordò di Rodolfo e credeva che i due si fossero amati platonicamente e al pensare che altri uomini l’avessero desiderata, la amava ancora di più. Carlo cominciò ad adottare i gusti di Emma, le sue idee e fu costretto a vendere tutto tranne tutto ciò che riguardava la camera di Emma, che rimase uguale. I problemi economici si riversarono anche sulla piccola Berta, che indossava vestiti bucati e aveva giocattoli creati con il cartone. Nessuno più andò a trovarli. Giustino era scappato a Rouen, i bambini del farmacista non frequentavano più Berta data la sua condizione sociale. Homais invece si ritrovava a dover fare la lotta al cieco, che non era riuscito a guarire e raccontava a tutti i viaggiatori il vano tentativo del farmacista, mettendolo in cattiva luce. Così Homais per vendicarsi decise, per sei mesi consecutivi, di piazzare contro di lui per la strada messaggi cattivi, scriveva che il cieco infastidiva i viaggiatori, che li perseguitava e riuscì a farlo mettere in prigione, ma fu rilasciato poco dopo e ricominciò la lotta fino a quando Homais riuscì a farlo rinchiudere in un ospizio. Da quel successo Homais decise di lottare per i problemi sociali, ambì a voler essere un borghese. Fece alcuni favori anche durante le elezioni, si prostituì persino, faceva il possibile per ricevere una nomina. Per estinguere i debiti, Carlo ricorse a sua madre che accettò di aiutarlo chiedendo in cambio uno scialle di Emma, sfuggito a Felicita, ma quando Carlo glielo negò ruppero i rapporti. In seguito la madre cercò un riavvicinamento, disse a Carlo di portarle Berta, lui acconsentì, ma al momento della partenza non volle lasciare la bambina e questo determinò la rottura definitiva. Carlo decise di aprire lo scrittoio di Emma e ci ritrovò tutte le lettere di Leone, cominciò a singhiozzare, era disperato e ritrovò persino un ritratto di Rodolfo. Da quel giorno non uscì più di casa e la gente diceva su di lui che si era chiuso a bere. Un giorno Carlo andò al mercato per vendere il cavallo e incontrò Rodolfo. Impallidirono entrambi, ma poi Rodolfo lo invitò a bere all’osteria; mentre si ritrovava seduto difronte a lui, Carlo fantasticava su quel viso che Emma aveva tanto
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