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Riassunto Perché leggere i classici? Calvino, Sintesi del corso di Letteratura Italiana

Riassunto argomenti d'esame presenti nel libro, con concetti chiave evidenziati

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

In vendita dal 04/10/2021

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4.4

(42)

16 documenti

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Scarica Riassunto Perché leggere i classici? Calvino e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! RIASSUNTO CAPITOLI CALVINO Perché leggere i classici? In questo capitolo per mezzo di quattordici definizioni su cosa sia un classico, l’autore ci spiega quella che è la loro funzione fondamentale all’interno della cultura personale di un individuo. In primo luogo, osserva la differenza tra il “leggere” e il “rileggere” un classico. Ci dice che spesso le persone tendono a dire “ho riletto un classico” come se fosse una sorta di vanto e talvolta lo dicono (con ipocrisia) anche quando in realtà hanno letto quel classico per la prima volta. L'autore spiega che vi è una netta differenza tra il leggere un classico da giovani e il leggerlo in età matura, perché si tratta di due tipi di lettura diversi tra loro: il giovane legge di fretta e con molta meno esperienza di vita alle spalle, mentre una persona con più anni legge con più calma, riflettendo di più e con un termine di paragone più vasto circa le esperienze. Inoltre, quando si legge un libro da giovani e poi lo si rilegge da grandi è come se lo si leggesse per la prima volta, perché il testo resta identico, ma il lettore cambia e quindi legge il libro sotto un’altra luce data dalle varie esperienze fatte. Rileggendo un libro si scopre sempre qualcosa di nuovo che magari nella prima lettura non si era notato. Non necessariamente un classico deve darci un insegnamento, ma spesso ci chiarisce o ci riporta alla mente qualcosa che avevamo sempre saputo. Per poter cogliere gli insegnamenti, le sorprese o i chiarimenti offerti da un classico è però necessario svolgere una lettura “a tempo perso”, vale a dire senza una scadenza imposta, senza l'assegnazione di quel classico da parte di un insegnante. Affinché il classico diventi “il proprio classico” e ci si possa identificare in esso, deve essere una lettura di piacere, disinteressata. È consigliabile leggere il classico vero e proprio, e non un testo di critica al classico, perché bisogna confrontarsi a tu per tu con l’opera. Una delle definizioni di classico dice che un classico è quello che non ti lascia indifferente e che serve a definire te stesso in relazione agli altri. Inoltre, l’autore dice che il suo concetto di classico non è stabilito da un criterio di antichità o di stile, ma dalla risonanza di un certo libro, che vale sia per un’opera antica che per una moderna. Quindi, la lettura dei classici non deve essere necessariamente soggetta a una cronologia, perché un lettore avrà la facoltà di riconoscere e considerare un libro classico come “il suo classico” al di là delle letture fatte prima. Si affronta il problema di come relazionare le letture classiche con le letture non classiche. L'autore dice che l'ideale sarebbe leggere i classici e impegnarsi a sentire le letterature “non classiche” magari più attinenti ai contesti attuali in cui viviamo, come se fossero una sorta di brusio di sottofondo. Tuttavia, leggere i classici secondo queste istruzioni (in modo disinteressato, senza scadenze o tempistiche varie da rispettare) sembra non essere molto adatto ai nostri stili di vita odierni, che sono molto diversi dalle letture dell’otium umanistico, caratterizzate da tempi lunghi e immuni alla vita frenetica. Dunque, le letture come quelle che faceva il Leopardi ai giorni nostri sono impensabili. AI giorno d'oggi la lettura dei classici è importante, ma ha delle modalità molto personalizzate, così come è molto soggettiva la categorizzazione che ci a definire quali sono i classici per ognuno di noi. In conclusione, leggere un classico serve per avere un termine di paragone per affrontarne di altri, perché leggere un classico è sempre meglio di non leggere un classico e soprattutto perché leggere un classico serve a fare esperienza. La struttura dell’Orlando Furioso In questo capitolo si parte dal presupposto che L’Orlando Furioso sia un’opera senza un inizio e senza una fine, in quanto è la continuazione dell’Orlando Innamorato di Boiardo e allo stesso tempo, Ariosto con tutte le rivisitazioni posteriori alla prima pubblicazione, non ha mai smesso di lavorarci fino alla sua morte. Definire in maniera semplice e sintetica la forma dell’Orlando Furioso è praticamente impossibile, perché non ha una geometria rigida, ma è un continuo sviluppo di azioni dentro altre azi Il fatto che il Furioso sia un poema che fa da continuazione a un altro poema, che a sua volta fa da continuazione a un ciclo d’innumerevoli poemi, spesso scoraggia i lettori, perché viene spontaneo chiedersi se per poter leggere questo poema deve conoscere tutti gli avvenimenti precedenti. In realtà l’autore ci dice che il Furioso è un libro unico nel suo genere e può essere letto singolarmente. Il Furioso è il poema del movimento. È caratterizzato da un costante movimento a zig zag, per via del continuo intersecarsi delle vicende che vengono raccontate con una rapidità mescolata a un senso di larghezza nella disponibilità di tempo e spazio. La disponibilità di spazio è data dall’abilità di Ariosto nell’utilizzo delle ottave. Dato che l’autore non si è dato uno schema fisso su quante ottave scrivere nei vari canti e poiché l'ottava è una strofa che si presta sia a discorsi lunghi e sia all’alternanza di toni sublimi e lirici con toni più prosastici e giocosi, c'è stata una grande libertà di movimento nella scrittura. Questa libertà di movimento ha permesso la composizione degli intrecci. Nell’Orlando Furioso troviamo due trame principali, una che tratta la storia di Orlando e Angelica, e l’altra che parla di Ruggiero e Bradamante. Queste due trame e i loro intrecci, si intrecciano a loro volta al tronco più propriamente epico del poema, ovvero gli sviluppi della guerra tra Carlo Magno e Agramante.