Scarica Riassunto programma Toselli fondamenti di chimica Unibo ingegneria e più Appunti in PDF di Chimica solo su Docsity! CHIMICA Sistemi omogenei ed eterogenei, soluzioni, composti ed elementi Sostanza = sistema "chimicamente omogeneo" che presenta composizione costante e proprietà definite (es. acqua, zucchero, alcol etilico). Elementi = costituiti da una sola specie di atomo (es: ossigeno, oro, zolfo, ...). Composti = formati da atomi di elementi diversi in rapporto costante tra loro (es: acqua, sale da cucina, metano, bicarbonato). Miscela = combinazione di più sostanze. Miscele omogenee (o soluzioni) = presenza di una unica fase. Stessa composizione e proprietà fisiche in ogni punto (es. aria, acqua-etanolo, acqua-zucchero). Miscele eterogenee = presenza di più fasi. Non hanno la stessa composizione in ogni punto (es. acqua-olio, calcestruzzo, granito). composto = sostanza costituita da più elementi a composizione costante Mole, numero di Avogadro e massa molare numero di massa (A) = numero complessivo nucleoni (protoni + neutroni). numero atomico (Z) = numero di protoni. Isotopi = nuclidi di uno stesso elemento (stesso numero atomico, Z) con diverso numero di massa A (atomi quindi con uguale numero di protoni ma diverso numero di neutroni). Unità di massa atomica (uma): Le masse dei singoli atomi hanno valori estremamente piccoli (l'atomo più pesante ha una massa inferiore a 5·10-22 g). Unità di Massa Atomica (u.m.a.) = definita come 1/12 della massa dell’isotopo 12C 1 u.m.a.= 1.6606·10-24 Massa atomica relativa (o peso atomico): Con l'unità di massa atomica relativa vengono tabulati i pesi atomici relativi (“relativi” alla particolare scala utilizzata). I pesi atomici sono grandezze adimensionali (rapporto fra la massa dell’atomo e la massa definita come unità di massa atomica). Gli elementi in natura sono generalmente miscele di diversi isotopi; la massa atomica relativa di un elemento è quindi il valore medio che corrisponde alla media pesata delle masse atomiche relative degli isotopi che lo costituiscono. Massa molecolare (o peso molecolare): Nel caso di molecole (formate da più atomi) è necessario utilizzare il peso molecolare. Il peso molecolare di un composto chimico é la somma dei pesi atomici degli atomi che lo costituiscono. Mole: quantità di sostanza che contiene tante entità elementari (atomi, ioni, molecole, ecc.) quanti sono gli atomi contenuti in 12 g esatti di 12C. Massa molare: è il peso in grammi di 1 mole di sostanza; viene espressa in g/mol e risulta numericamente uguale alla massa atomica relativa (o alla sua massa molecolare) . Il nucleo e i processi nucleari: nuclidi stabili e instabili, la radioattività e i processi di decadimento, le famiglie radioattive e il tempo di dimezzamento, le radiazioni sul corpo umano Dei primi 82 elementi della tavola periodica, 80 hanno isotopi principali stabili. Tutti gli elementi con un numero atomico oltre 82 hanno isotopi che si decompongono per decadimento radioattivo. La radioattività è il fenomeno per cui alcuni nuclei si trasformano in altri emettendo particelle e/o radiazioni elettromagnetiche (rappresenta un fenomeno naturale presente ovunque: nelle stelle, nella terra e nei nostri stessi corpi). Processi di decadimento (la radioattività). 1) Decadimento α: Caratteristico dei nuclei con numero atomico elevato ( Z > 82 ). - È legato alla grande stabilità dei nuclei di elio. In seguito ad un decadimento alfa, il nucleo (Z,A) emette una particella α (nucleo di elio = 2 protoni + 2 neutroni) e si trasforma in un nucleo con numero atomico (Z - 2) e numero di massa (A - 4) 2) Decadimento β-: Viene espulsa una particella β- (un elettrone) in seguito alla trasformazione di un neutrone in un protone. Il nucleo emette un e- e un antineutrino e si trasforma in un nucleo con lo stesso numero di massa (A) e con numero atomico +1 (Z+1). 3) Decadimento β+: Viene espulsa una particella β+ (un positrone) in seguito alla trasformazione di un protone in un neutrone. sono subatomiche e se le velocità sono elevate, le lunghezze d'onda sono comparabili alle particelle; in questo caso si genera il fenomeno della diffrazione. Il comportamento ondulatorio di una particella di massa "m" che si muove alla velocità "v" sarebbe definito dalla seguente relazione: Sulla base dell'equazione proposta da De Broglie, un elettrone accelerato ad una velocità dell’ordine di grandezza di qualche centesimo della velocità della luce si comporterà come una onda con una lunghezza d’onda di qualche angstrom (10-10 m) cioè corrispondente alla regione dei raggi X. La meccanica ondulatoria e l'equazione di Schrodinger per l'atomo di idrogeno. Erwin Schrödinger nel 1926 propone una equazione (differenziale di ordine 2) per descrivere il comportamento dell’elettrone nell’atomo di idrogeno. L’equazione permette il calcolo delle possibili energie dell’elettrone (E) e la determinazione di funzioni matematiche, dette funzioni d’onda o orbitali (Ψ), il cui quadrato rappresenta numericamente la densità di probabilit di trovare l’elettrone in una certa zona à̀ dello spazio. L’equazione può essere risolta ponendo le opportune condizioni al contorno. La funzione Ψ per avere un significato fisico deve: 1) essere continua ed univoca 2) tendere a zero all’infinito 3) soddisfare la condizione di normalizzazione Risoluzione dell’equazione di Schrödinger per l’atomo di idrogeno L’equazione è molto complessa ma l’atomo di idrogeno (un solo protone e un solo elettrone) è un sistema sufficientemente semplice da permettere una risoluzione esatta dell'equazione Da notare che in questo caso il risultato legato alla quantizzazione dell'energia è la conseguenza logica della natura dell’equazione e delle condizioni che devono essere soddisfatte affinché la funzione d’onda (Ψ) abbia un significato fisico valido. L’equazione, quindi, non nasce da postulati arbitrariamente imposti (come nel modello di Bohr) ma dal fatto che l’elettrone (quando appartenente ad un atomo) mostra le proprietà di un’onda stazionaria I numeri quantici: principale, secondario e magnetico. I numeri quantici e gli orbitali. Le funzioni d’onda (Ψ) sono funzioni matematiche complesse nelle tre coordinate spaziali (x, y e z) e contengono obbligatoriamente tre numeri quantici. Ogni funzione (Ψ) associata ad una definita e possibile terna di questi valori viene chiamata ORBITALE. esisteranno tanti orbitali quanti sono i possibili valori che potranno assumere questi tre numeri quantici • n definisce in particolare l’energia dell’orbitale (discretizzazione dell’energia) Per l’atomo di idrogeno il valore dell’energia di un dato orbitale dipende soltanto dal numero quantico principale (n). Orbitali caratterizzati dallo stesso livello energetico (stesso valore di "n") sono detti DEGENERI. • l definisce in particolare la forma dell’orbitale (discretizzazione del momento angolare) • ml definisce in particolare l’orientazione nello spazio dell’orbitale (discretizzazione della proiezione del momento angolare) I livelli energetici degli orbitali nell'atomo di idrogeno. Rappresentazione degli orbitali: orbitali s, orbitali p e cenni agli orbitali d. orbitali “s” (l=0) dell’atomo di idrogeno: Superficie di equiprobabilità: Simmetria sferica: Gli orbitali atomici (o meglio il loro modulo al quadrato) si possono rappresentare con sfumature la cui intensità è in relazione con la probabilità di trovare l’elettrone, oppure attraverso delle superfici di equiprobabilità che racchiudono una alta probabilità di trovare l’elettrone (es. il 95%). orbitali “p” (l=1) dell’atomo di idrogeno orbitali “d” (l=2) dell’atomo di idrogeno Gli orbitali negli atomi polielettronici. L’equazione di Schrödinger non è risolvibile per atomi con più di un elettrone. Per questo si è ricorsi a soluzioni approssimate. Fondamentalmente, sono stati considerati gli stessi orbitali ottenuti per l’atomo di idrogeno con quelle opportune modifiche che potessero tenere conto della presenza delle altre particelle costituenti l’atomo. stato fondamentale e stato di valenza. Un atomo si trova nel suo stato fondamentale quando tutti gli elettroni hanno la più bassa energia possibile. Stato di valenza: Capacità degli atomi di un elemento di formare legami chimici. Quantitativamente si esprime come il numero di atomi di idrogeno (o di altro elemento monovalente) che si possono combinare o che possono essere sostituiti dagli atomi dell'elemento considerato. Le Configurazioni elettroniche degli elementi del 1° periodo Le Configurazioni elettroniche degli elementi del 2° periodo Le Configurazioni elettroniche degli elementi del 3° periodo Alcune valenze superiori: Per gli elementi del IV gruppo il salto di energia tra lo stato fondamentale e lo stato di valenza è relativamente basso (es. nel C 2s2 2p2 --> 2s1 2p3 ΔE = 4,2 eV). Come conseguenza negli elementi del IV gruppo (C, Si, Ge, Sn) lo stato di valenza normale è la tetravalenza. Il Pb invece è un metallo e lo stato di valenza normale è la bivalenza. Es: CH4, SiH4, CO2, SiO2, CCl4, ....... PbCl2 Ad iniziare dal 3° periodo per gli elementi del V, VI e VII gruppo il salto di energia a un orbitale nd è molto maggiore (es. nello S 3s2 3p4 --> 3s2 3p3 3d1 ΔE = 8,4 eV). Come conseguenza le valenze superiori a (8 – n. gruppo) si presentano solo se si forma un legame molto forte. Questo avviene solo con elementi molto elettronegativi: ossigeno, fluoro, cloro. Quando invece si legano con sé stessi, con metalli, con elementi non molto elettronegativi, come idrogeno e carbonio, si ha la valenza corrispondente allo stato fondamentale (8 – n. gruppo). Es: H2S, CS2 (bivalente) ....... SF4, SF6, SO2, SO3 (tetra o esavalente) PH3 (trivalente) ......... PCl3, PCl5 (tri o pentavalente) In generale all'aumentare del numero atomico prevale l'effetto legato al numero quantico principale. Elementi di transizione e successivi Gli elementi di transizione utilizzano per i legami sia gli elettroni ns che gli elettroni (n-1) d (n = 4, 5, 6) e hanno quindi valenze variabili. Hanno carattere metallico e formano ioni positivi, perdendo alcuni elettroni di valenza. I penultimi elementi della serie: Cu, Ag e Au, hanno configurazione elettronica (n-1) d10 ns1 e sono chiamati metalli nobili (Gruppo IB). Sono caratterizzati da una conducibilità elettrica elevata. Nei composti utilizzano sia l'elettrone ns che alcuni (n-1) d. La classificazione periodica degli elementi. La progressiva saturazione (riempimento) degli orbitali di ognuno di questi raggruppamenti definisce, i vari PERIODI del sistema periodico. Gli elementi dello stesso periodo, dunque, hanno in comune il numero di orbitali contenenti elettroni. Il numero dei periodi della tavola periodica è sette, tanti quanti sono gli orbitali possibili. Così il I periodo vede la saturazione dell'orbitale 1s, il II degli orbitali 2s e 2p, il III degli orbitali 3s e 3p, il IV degli orbitali 4s, 3d e 4p, il V degli orbitali 5s, 4d e 5p, il VI degli orbitali 6s, 4f, 5d e 6p ed infine il VII degli orbitali 7s, 5f, 6d e 7p. Passando da un periodo ai successivi si nota inoltre il ripresentarsi verticale di strutture elettroniche esterne analoghe che vengono chiamati GRUPPI. Questi sono numerati progressivamente con le designazioni da I a VII. Ad ogni gruppo corrisponde una famiglia naturale di elementi. Il gruppo dei gas nobili, che rappresentano i termini di chiusura di ogni periodo, è chiamato gruppo 0. Il numero d'ordine dei vari gruppi indica il numero di elettroni di valenza presenti nell'atomo cioè il numero di elettroni situati sugli orbitali di valenza (gli orbitali del livello elettronico più esterno). Tale numero ci dà indicazioni sulla cosiddetta valenza cioè la capacità di un atomo di combinarsi con altri atomi. Formula minima, formula molecolare e formula di struttura. Formula minima: indica gli elementi contenuti nella molecola e in quale rapporto numerico intero gli atomi di ciascuna specie sono contenuti. Formula molecolare: esprime inoltre il corretto numero di atomi di ciascuna specie elementare nella molecola. Formula di struttura: descrive inoltre come i vari atomi sono tra loro legati e disposti nello spazio. La carica nucleare efficace, definizione e sua variazione in funzione del numero atomico. è la carica di cui realmente risente un elettrone in un atomo polielettronico. Si dice "efficace" perché, a causa dell'effetto di schermo degli altri elettroni degli strati più interni, l'elettrone all'ultimo strato non risente totalmente della carica nucleare. È un legame chimico di natura elettrostatica che si forma quando gli atomi possiedono un'elevata differenza di elettronegatività, ovvero una bassa energia di ionizzazione e un'alta affinità elettronica. Si definisce dunque legame ionico quello che si forma fra atomi che possiedono una forte differenza di elettronegatività, ovvero in quei casi in cui i valori di elettronegatività sia uguale o superiore a 1.9. Questo tipo di legame si instaura tra un metallo (elemento poco elettronegativo) ed un non metallo (elemento molto elettronegativo). Il metallo cede uno o più elettroni al non metallo portando alla formazione rispettivamente di uno ione positivo detto catione ed uno ione negativo detto anione. Un esempio di legame ionico è dato dal cloruro di sodio (NaCl). Il cloro ha una elettronegatività molto più alta del sodio (3,0 vs 0,9). Il sodio ha solo un elettrone di valenza mentre il cloro ha sette elettroni di valenza. Il composto NaCl si forma dalla cessione dell'elettrone di valenza del sodio al cloro, portando alla formazione del catione Na+ e dell'anione Cl-. Alcune proprietà caratteristiche comuni dei composti ionici: - non conduttori elettrici (diventano invece conduttori allo stato fuso) - alte temperature di fusione - duri ma fragili - solubili in acqua (o comunque in solventi polari, insolubili invece nei solventi apolari) Il simbolismo di Lewis e la valenza ionica degli elementi Un simbolo di Lewis consiste di un simbolo chimico per rappresentare i livelli interni di elettroni di un atomo (il nocciolo) assieme a dei puntini disposti attorno al simbolo per rappresentare l'insieme degli elettroni esterni (del livello di valenza). Il ciclo di Born-Haber e l'energia reticolare (l'energia coulombiana e l'energia di repulsione). ll ciclo di Born-Haber è un approccio nell'analisi delle energie di reazione. Consiste in uno schema che rappresenta due "cammini" ideali che portano alla formazione di un composto ionico dalla reazione dei suoi componenti allo stato elementare: un cammino diretto ed uno che passa attraverso una serie di reazioni intermedie. Lo schema è solo una costruzione mentale; infatti, principalmente per ragioni cinetiche, la formazione dei composti ionici segue una strada con intermedi diversi da quelli rappresentati nel ciclo di Born-Haber. L'utilità del ciclo di Born-Haber si evidenzia considerando le entalpie di reazione di ogni reazione del ciclo. L'entalpia è una funzione di stato termodinamica, quindi la variazione di entalpia dipende solo dallo stato iniziale e finale che nel caso di una trasformazione ciclica sono coincidenti, con il risultato che la variazione di entalpia totale risulta uguale a zero. Questo, nel caso del ciclo di Born-Haber, significa che l'entalpia di formazione che è l'entalpia del cammino "diretto", è uguale alla somma delle entalpie delle reazioni intermedie dell'altro possibile cammino. Energia reticolare L'energia reticolare di un solido ionico è una misura della forza dei legami che formano un dato composto ionico. Viene solitamente definita come l'entalpia standard di formazione del composto ionico ottenuto a partire dai singoli ioni in fase gassosa che concorrono a formarlo originando un processo esotermico. Una definizione alternativa consiste nel considerare l'energia reticolare come il lavoro necessario per separare gli ioni dallo stato solido combinato e portarli in fase gassosa (in questo caso cambia di segno). L'energia reticolare dipende dal raggio ionico degli ioni e dalla loro carica: più grande è il raggio ionico dello ione, minore è la forza esercitata dal nucleo sulla nube elettronica e quindi minore risulterà l'energia reticolare; all'aumentare della carica degli ioni aumenta l'entità delle interazioni elettrostatiche e di conseguenza aumenta l'energia reticolare. Il legame covalente. in un legame covalente due atomi condividono gli elettroni di valenza o alcuni di essi. I due atomi risultano legati perché i due nuclei attraggono simultaneamente gli elettroni condivisi. Nel caso di un legame covalente fra due atomi uguali come in H2 o Cl2 gli elettroni di legame sono equamente condivisi. Il legame covalente si realizza quando la differenza di elettronegatività tra gli atomi è relativamente bassa (o nulla). Ciò avviene perché gli atomi tendono al minor dispendio energetico possibile ottenibile con la stabilità della loro configurazione elettronica (ad esempio l'ottetto). Gli orbitali atomici contenenti gli elettroni spaiati si sovrappongono in orbitali molecolari, dando luogo ad una molecola. Teoria e strutture di Lewis, legami multipli e legame dativo. Legame dativo Il legame dativo è un tipo particolare di legame covalente in quanto uno dei due atomi, definito donatore, fornisce la coppia di elettroni e la condivide con un altro atomo detto accettore. Il legame dativo si instaura quando reagiscono un acido e una base di Lewis: l'acido di Lewis è un composto che ha tendenza elettrofila e tende a legarsi a composti che possiedono coppie elettroniche non sfruttate in legami e che sono definiti basi di Lewis. Il risultato di questa reazione acido-base produce quello che viene detto addotto di Lewis. In tal modo la specie che dona gli elettroni acquisirà una carica formale positiva, mentre la specie che acquista gli elettroni assumerà carica formale negativa. Regola dell'ottetto e sue eccezioni. La regola dell'ottetto è una regola per spiegare in modo approssimato la formazione di legami chimici tra gli atomi, utilizzabile a rigore solo per gli atomi dei gruppi principali (quelli con numerazione romana) della tavola periodica. La regola enuncia che quando un atomo possiede il livello elettronico esterno completo (detto "guscio di valenza"), in genere costituito da otto elettroni, esso è in una condizione di particolare stabilità energetica, e tende a non formare ulteriori legami. (Considerato il fatto che tuttavia il primo livello può contenere al massimo due elettroni). Tutti gli elementi tendono ad avere una configurazione elettronica stabile (s2 p6), ovvero a divenire non reattivi o comunque poco reattivi. Le molecole sono polari solo se, oltre ai dipoli permanenti che vi sono tra i diversi atomi, hanno una asimmetria nella struttura molecolare. Ad esempio, nel caso della molecola di acqua che ha una struttura tetraedrica con l’ossigeno al centro, due vertici occupati rispettivamente dall’idrogeno e due vertici occupati rispettivamente dai due doppietti elettronici solitari presenti sull’ossigeno, si è in presenza di molecola polare. Definizione e calcolo del rendimento di una reazione. Il legame covalente secondo la teoria del legame di valenza (VB), molecola di H2, legami sigma e pi-greco. La teoria del legame di valenza (VB) integra il modello di Lewis mettendo in relazione il legame fra due atomi con gli orbitali atomici che descrivono gli elettroni implicati nel legame stesso. Il legame fra due atomi si realizza mediante sovrapposizione di due opportuni orbitali atomici, uno per ciascun atomo e che contengono un elettrone ciascuno. Nell’orbitale di legame che si viene a formare con massima densità elettronica nella regione tra i nuclei, si vengono così a trovare due elettroni con spin antiparallelo. Ciò che nel formalismo di Lewis è descritto come «condivisione» di coppia di elettroni, nella teoria del legame di valenza diventa «sovrapposizione» di opportuni orbitali atomici. La conseguenza è un aumento di densità elettronica tra i nuclei degli atomi che si legano, con conseguente abbassamento dell’energia del sistema. La forza del legame è determinata dalla diminuzione dell’energia potenziale degli elettroni nella molecola rispetto all’energia potenziale dei due elettroni negli atomi isolati. La diminuzione di energia potenziale è tanto maggiore quanto è maggiore la sovrapposizione tra i due orbitali atomici che formano il legame. La forza del legame dipende dal grado di sovrapposizione: maggiore è la sovrapposizione più forte è il legame Integrale di sovrapposizione legami sigma e pi-greco. Il legame è un legame con simmetria di rotazione lungo l’asse che congiunge i due nuclei (simmetria cilindrica) ed è caratterizzato da un aumento di densità elettronica lungo questo asse. Il legame tra i due atomi di idrogeno nella molecola di H2, originato dalla sovrapposizione di due orbitali s, è di tipo . Legami possono essere anche formati dalla sovrapposizione di un orbitale s e uno p, come in HF. Anche due orbitali p possono dar luogo ad un legame , come in F2 Se però si sovrappongono due orbitali p che hanno assi paralleli tra loro e perpendicolari all’asse che congiunge i due nuclei, si genera un orbitale che non ha simmetria cilindrica rispetto alla congiungente i nuclei: si tratta di un legame In questo caso, la nuvola elettronica non si concentra sull’asse di legame tra i due nuclei. La densità elettronica è nulla sul piano perpendicolare agli assi dei due orbitali p e passante per la congiungente i due nuclei (piano nodale). L’idea che i legami covalenti siano formati dalla sovrapposizione di semplici orbitali di tipo s o p, ciascuno contenente un elettrone spaiato non spiega però la formula e la geometria della maggior parte delle molecole. Ad esempio, il più semplice composto formato tra idrogeno e carbonio è il metano, CH4. La sovrapposizione di ciascuno dei due orbitali p dell’atomo di carbonio, occupati da un solo elettrone con un orbitale 1s di un atomo di idrogeno porterebbe ad una molecola CH2, che non esiste. Si potrebbe pensare che i 4 elettroni di valenza dell’atomo di carbonio si ridistribuiscano negli orbitali 2s e 2p in maniera da occuparli tutti singolarmente, in maniera tale che ogni orbitale dell’atomo di carbonio si possa sovrapporre con un orbitale 1s di un atomo di idrogeno. Ciò porterebbe in effetti alla formazione di 4 legami, 3 uguali tra loro (generati ciascuno dalla sovrapposizione di un orbitale 2p del carbonio ed un orbitale 1s dell’idrogeno) ed uno differente, generato dalla sovrapposizione dell’orbitale 2s del carbonio con l’orbitale 1s di un atomo di idrogeno. In realtà il metano presenta 4 legami C-H uguali tra loro Geometria molecolare, la forma delle molecole e il criterio di massima sovrapposizione degli orbitali. Le molecole hanno geometrie spaziali ben definite caratterizzate da distanze di legame ed angoli di legame. Questi possono essere determinati sperimentalmente (es. raggi X). Le formule di Lewis non danno alcuna indicazione sulla geometria molecolare ma solo su come gli atomi sono connessi fra di loro da legami Teoria VSEPR per la determinazione della geometria più probabile. La teoria VSEPR è usata come metodo per valutare la disposizione geometrica degli atomi di una molecola nello spazio, e si basa sul fatto che i domini elettronici tendono a disporsi il più lontano possibile fra loro. Secondo tale teoria le coppie di elettroni più esterne, avendo tutte stessa carica negativa, tendono a respingersi le une con le altre e a disporsi il più lontano possibile. Bisogna tenere conto di tutte le coppie di elettroni del guscio di valenza, sia quelle coinvolte nella formazione di legami chimici (doppietti condivisi), sia quelle che non partecipano alla formazione di alcun legame (doppietti solitari). Le forze di repulsione tra due coppie di non legame sono più forti rispetto alle forze di repulsione tra una coppia di non legame e coppia di legame, che sono a loro volta più forti delle forze di repulsione tra due coppie di legame. I legami doppi e tripli vanno considerati come se fossero originati da una sola coppia di elettroni (in pratica contano solo i legami σ ) Orbitali ibridi, ibridazione sp, sp2 e sp3. L’ibridazione consiste in un mescolamento o combinazione lineare degli orbitali atomici di uno stesso atomo in modo da creare un nuovo insieme di orbitali atomici angolarmente orientati nella stessa direzione dei legami formati dall’atomo all’interno della molecola in esame. Come scegliere gli orbitali atomici da mescolare? Devono essere energeticamente vicini e tali il prodotto di combinazione abbia le proprietà angolari dei legami chimici formati dall’atomo in esame nella molecola. Nel costruire gli orbitali ibridi si deve tener conto del fatto che la somma algebrica di due funzioni d’onda di segno opposto in un dato punto porta ad una interferenza distruttiva delle funzioni d’onda e ad una riduzione di ampiezza in quel punto. viceversa, nel caso di somma algebrica di funzioni d’onda dello stesso segno. L’ultima classe di idrocarburi insaturi è composta dagli areni, ossia catene aromatiche che sono derivati del benzene. La formula del benzene è C6H6 ed è un ibrido di risonanza, ossia si presenta sempre in equilibrio tra due forme limite. Le classi degli alcani, alcheni e alchini appartengono tutte al gruppo degli idrocarburi alifatici. Vale a dire tutti i composti che non contengono anelli benzenici nella propria catena carboniosa. Gli idrocarburi aromatici sono invece l’ultima classe menzionata sopra, gli areni o alchilbenzeni. Sono molto stabili e poco reattivi vista la struttura chiusa. Legati all’anello aromatico possono esserci dei gruppi alchilici. Alcuni esempi sono le strutture del toluene.e dello xilene. Il nome “aromatici” deriva dal fatto che possiedono un odore più gradevole degli alifatici. Quando ci sono più anelli aromatici fusi assieme si parla di idrocarburi aromatici policiclici (IPA). Un esempio di questa classe è il naftalene, formato da due anelli aromatici con un lato in comune. Alcuni composti del silicio: SiH4 e SiO2. A differenza del carbonio, però, il silicio non tende a formare legami stabili di tipo p e quindi doppi e tripli legami, mentre può, disponendo degli orbitali 3d vuoti, formare complessi penta coordinati (ibridazione sp3d) o, più frequentemente, esa coordinati (ibridazione sp3d2). Composti con gli alogeni: Sono per la maggior parte covalenti, a struttura tetraedrica, e possono essere considerati derivati dai silani (per esempio dal monosilano SiH4) per sostituzione di uno o più atomi di idrogeno con atomi di alogeno. Composti dell'azoto e del fosforo: NH3 e NH4+, PH3 e PCl5. Composti dell'ossigeno e dello zolfo: H2O e H3O+, H2S, SF4 e SF6. Composti del VII e VIII gruppo: F, Cl e Xe. Le reazioni di ossidoriduzione: Semi reazioni di ossidazione e di riduzione. Le reazioni di ossidoriduzione sono quelle reazioni in cui si ha un trasferimento di elettroni tra due specie chimiche; una specie subisce una reazione di ossidazione, l'altra subisce una reazione di riduzione Semi-reazione di ossidazione: semi-reazione in cui una specie chimica perde elettroni Semi-reazione di riduzione: semi-reazione in cui una specie chimica acquista elettroni Una ossidazione può avvenire soltanto se avviene contemporaneamente una riduzione (reazioni di ossido- riduzione o redox) Ossidante: specie chimica in grado di provocare la reazione di ossidazione di altre specie (cioè di strappare elettroni ad altri, naturalmente riducendosi) Riducente: specie chimica in grado di provocare la reazione di riduzione di altre specie (cioè di donare elettroni ad altri, naturalmente ossidandosi) Un modo semplice per riconoscere le reazioni redox è quello di osservare se vi è variazione del numero di ossidazione di due differenti elementi. Infatti, se vi è variazione del numero di ossidazione, la reazione è di ossidoriduzione. Significato e determinazione dei numeri di ossidazione. Il numero di ossidazione (n.o.) rappresenta la carica formale che l'atomo di un elemento cede o acquista nella formazione di un composto, schematizzando il composto come completamente ionico ed assegnando gli elettroni di legame all'atomo più elettronegativo Definizione generale di reazione redox: Una reazione redox è una reazione in cui una specie chimica aumenta il suo n.o. (ossidandosi) e una specie chimica diminuisce il suo n.o. (riducendosi) Determinazione del numero di ossidazione Ossidi basici: Ossigeno + metalli. Hanno struttura ionica Esempi: Li2O Na2O K2O MgO Ossidi acidi: Ossigeno + non metalli. Presentano legami covalenti Ossidi anfoteri: Sono ossidi che possono reagire sia come ossidi acidi sia come ossidi basici. Sono di solito poco solubili in H2O ma si sciolgono sia nelle basi che negli acidi (comportamento anfotero). In genere danno ossidi anfoteri gli elementi che separano i metalli dai non metalli (ad esempio: Be, Al, Ge, Sb) Perossidi: Sono composti binari dell’ossigeno caratterizzati dal legame -O-O- molto reattivo. Il più importante è il perossido di idrogeno (acqua ossigenata). È un composto contenente legami covalenti. Si decompone facilmente liberando O2. Idrossidi: Sono composti ionici costituiti da un metallo (ione positivo) e dallo ione negativo OH-. Esempi: NaOH Ca(OH)2 Fe(OH)3 Ossoacidi: Sono sostanze acide caratterizzate dalla presenza di atomi di ossigeno legati ad un atomo non metallico. I legami sono di tipo covalente. Esempi: HNO3, H2SO4, HClO4 Sali: Sono composti ionici costituiti da cationi (derivanti dal metallo) e da anioni (derivanti da un non metallo o da ossoanioni). Si ottengono per reazioni fra un metallo ed un non metallo Il legame covalente secondo la teoria degli orbitali molecolari (M.O.), il metodo LCAO. Un elettrone in una molecola è descritto da una funzione d'onda “Ψ” chiamata “orbitale molecolare” che rappresenta una funzione matematica soluzione dell'equazione di Schrödinger. Questi orbitali molecolari vengono determinati risolvendo l’eq di S. con metodi approssimati. Uno dei più utilizzati è il metodo LCAO. Un orbitale atomico è una funzione matematica d'onda ψ che individua una regione dello spazio intorno al nucleo in cui è molto probabile trovare l'elettrone. Quando due atomi sono infinitamente distanti, le rispettive funzioni d'onda ψA e ψB sono indipendenti e distinte tra loro. Quando gli atomi si avvicinano, gli elettroni cominciano a interagire con le forze elettrostatiche dell'altro atomo e le funzioni d'onda ψA e ψB cambiano. In questo caso la regione dello spazio in cui può trovarsi un elettrone è determinata dalla combinazione lineare dei due orbitali atomici. Dove cA e cB sono i coefficienti della combinazione lineare necessari per minimizzare il livello di energia dell'orbitale. I coefficienti dipendono dalle caratteristiche degli atomi. Cenni introduttivi al legame metallico: proprietà dei metalli, alcune strutture cristalline, le leghe metalliche. La struttura compatta nei metalli prevede che attorno ad uno stesso atomo possano esserci generalmente 8, 10 o 12 altri atomi dello stesso elemento. Il legame metallico è un caso particolare di legame delocalizzato e consiste in un'attrazione elettrostatica che si instaura tra gli elettroni di valenza e gli ioni positivi metallici Leghe metalliche: Le leghe sono materiali metallici costituiti da una combinazione di più elementi di cui almeno uno (il principale) è un metallo. Lo scopo è generalmente quello di avere migliori proprietà rispetto quelle dei singoli componenti. Leghe omogenee = atomi dei diversi elementi distribuiti uniformemente. Leghe eterogenee = miscele di fasi cristalline con diversa composizione. Teoria delle bande. Il legame metallico viene spiegato con la teoria delle bande secondo cui gli atomi che formano un cristallo metallico combinano linearmente i propri orbitali atomici di valenza così da formare orbitali molecolari di legame e di antilegame che vengono occupati dagli elettroni di valenza. A causa dell’elevato numero di orbitali atomici combinati (dell’ordine del numero di Avogadro), gli orbitali molecolari che si ottengono sono caratterizzati da livelli energetici molto vicini e costituiscono un quasi continuum, chiamato banda di valenza. A seconda del numero e del tipo di orbitali atomici combinati (s, p o d) le bande di valenza possono risultare molto vicine (al punto di sovrapporsi), adiacenti o separate da una significativa differenza di energia. Le bande vengono progressivamente occupate dagli elettroni di valenza e possono essere parzialmente o totalmente riempite. due bande. Ciò avviene in misura maggiore quanto più elevata è la temperatura. A parità di campo elettrico applicato, tanto maggiore è l’energia cinetica degli elettroni, tanto maggiore è la facilità con cui essi possono superare la barriera di energia esistente tra le due bande. Tipici semiconduttori sono il germanio e il silicio. Le bande di valenza e di conduzione dei conduttori, semiconduttori e isolanti sono mostrate in figura: Semiconduttori intrinseci e semiconduttori composti (III-V e II-VI). Drogaggio dei semiconduttori, il drogaggio di tipo "p" e di tipo "n". Riferendosi al silicio, il semiconduttore più utilizzato, che è composto da atomi tetravalenti, il drogaggio di tipo n avviene mediante l'utilizzo di elementi del 5º gruppo (tradizionale) della tavola degli elementi, tra i più utilizzati nel campo dei semiconduttori vi sono: il fosforo, l'arsenico e l'antimonio. Il drogaggio può essere di tipo: n: l'atomo drogante ha un elettrone in più di quelli che servono per soddisfare i legami del reticolo cristallino e tale elettrone acquista libertà di movimento all'interno del semiconduttore ed i materiali che vengono usati per il drogaggio sono arsenico e fosforo. p: l'atomo drogante ha un elettrone in meno e tale mancanza di elettrone, indicata con il nome di lacuna, si comporta come una particella carica positivamente e si può spostare all'interno del semiconduttore. Legami deboli. Sono generalmente interazioni elettrostatiche intermolecolari (forze attrattive che avvengono tra le molecole) che pur essendo a volte di alcuni ordini di grandezza minori rispetto i precedenti legami “forti” risultano spesso responsabili delle proprietà chimico e fisiche di molte sostanze e materiali. Il legame idrogeno e i legami dipolari. Si forma quando un atomo di idrogeno si trova legato ad un elemento fortemente elettronegativo, di piccole dimensioni, e con una o più coppie solitarie (F, O, N). Generalmente al diminuire della massa della molecola diminuisce anche la sua temperatura di ebollizione a questa regola fa eccezione l'H2O (e in modo analogo HF e NH3, non riportate in figura). La presenza del «legame idrogeno» aumenta fortemente la forza di legame tra le molecole di acqua e questo provoca un forte aumento della sua temperatura di ebollizione. le molecole per poter passare allo stato gassoso devono rompere i forti legami a idrogeno che le tengono unite e questo richiede una temperatura maggiore. Il legame a idrogeno spiega anche il motivo per cui la densità del ghiaccio è inferiore a quella dell'acqua. Infatti, quando l'acqua congela le molecole sono costrette a distanziarsi per formare la struttura esagonale ordinata tipica del ghiaccio meno densa della struttura disordinata tipica dell'acqua allo stato liquido Le Interazione ione-dipolo e le interazioni di Van der Waals. Interazioni ione-dipolo Sono interazioni che vengono a crearsi tra uno ione e una molecola polare (quindi un dipolo). Questo legame intermolecolare è all'origine della solubilità delle sostanze ioniche in acqua: nella cosiddetta idratazione il catione attrae l'estremità negativa dei dipoli dell'acqua, l'anione l'estremità positiva. Esempio: NaCl in H2O Interazioni di Van der Waals Allo stato gassoso molto rarefatto le molecole sono dotate di elevata energia cinetica e sono indipendenti le une dalle altre. Allo stato liquido e allo stato solido la situazione è decisamente diversa: in questi stati la maggior compattezza e la minor mobilità delle molecole è da imputarsi a interazioni tra esse. Tali interazioni riguardano sia molecole polari che molecole non polari e sono conosciute genericamente con il nome di forze di Van der Waals. Le forze di Van der Waals sono interazioni molto deboli e hanno un'energia (0,1 - 10 kJ mol–1) che è mediamente cento volte inferiore a quella di un legame covalente o ionico (100 - 1000 kJ mol–1). Le forze di Van der Waals hanno un breve raggio d'azione e la loro intensità diminuisce rapidamente all'aumentare della distanza. Esistono tre tipi di forze di Van der Waals: Interazione dipolo-dipolo: Le molecole dipolari (molecole con due poli, uno positivo δ+ e l'altro negativo δ− e quindi dotate di un momento di dipolo µ) creano attorno a sé deboli campi elettrici che fanno sentire la propria attrazione su altre molecole polari vicine. In questo modo si verifica un'attrazione elettrostatica tra i poli opposti di due molecole: tale interazione è detta interazione dipolo-dipolo. Le molecole dipolari si avvicinano e tendono a disporre i loro poli di carica opposta l'uno di fronte all'altro. In tale modo si raggiunge una configurazione di elevata stabilità. Le interazioni dipolo-dipolo non sono molto efficienti nello stato gassoso poiché le distanze intermolecolari sono troppo elevate. All'abbassarsi della temperatura e/o all'aumentare della pressione succede però che le distanze intermolecolari diminuiscono e le interazioni dipolo-dipolo conseguentemente aumentano. L'energia cinetica media delle molecole diventa inferiore alle interazioni dipolari. Queste ultime sono in grado a questo punto di mantenere coese le molecole e si ha pertanto il passaggio allo stato liquido. Se la temperatura scende ulteriormente e/o la pressione aumenta, le interazioni dipolo-dipolo crescono ulteriormente e si viene a formare lo stato solido. Interazione dipolo permanente-dipolo indotto: L'interazione dipolo permanente-dipolo indotto si ha tra molecole polari e molecole non polari. Per comprendere tale interazione bisogna considerare cosa succede ad una molecola apolare (o a un atomo) quando viene immersa in un campo elettrico. Nella molecola non polarizzata il baricentro delle cariche positive coincide con il baricentro delle cariche negative. Quando la molecola viene immersa in un campo elettrico, succede che la nuvola elettronica carica negativamente viene deformata ed attratta dal polo positivo; viceversa, il nucleo dell'atomo carico positivamente viene attratto dal polo negativo. Il campo elettrico esterno, pertanto, induce una separazione di carica nella molecola e la formazione di un dipolo temporaneo (dipolo indotto). Quando una molecola polare si avvicina ad una molecola non polare, si ha lo stesso effetto visto in precedenza: la molecola polare induce un dipolo (dipolo indotto) sulla molecola non polare. Le miscele di gas ideali, le pressioni parziali e la legge della additivita' delle pressioni parziali. Il comportamento dei gas reali. I gas reali si comportano in modo ideale quando il volume proprio delle particelle è trascurabile rispetto al volume del contenitore e quando le interazioni tra le particelle sono nulle. Tutti i gas tendono quindi alla idealità tanto minore è la pressione (gas rarefatto), e (in seconda istanza) tanto maggiore è la temperatura a cui si trovano Lo stato liquido e la pressione di vapore. La pressione di vapore: alcune delle molecole presenti sulla superficie possono avere una energia cinetica sufficiente per vincere le forze attrattive e passare nella fase vapore. È la pressione esercitata dal vapore quando si trova in equilibrio dinamico con la fase condensata. All'aumentare della temperatura, aumenta esponenzialmente la pressione di vapore del liquido (P); quando il valore della pressione di vapore raggiunge la pressione esterna, il liquido comincia a "bollire". Si è raggiunta la sua temperatura di ebollizione a quella pressione (se P esterna = 1 atm --> temp. normale di ebollizione) Le soluzioni e il modo di esprimerne la composizione (fraz. ponderale, fraz. molare, conc. molare). Il termine “soluzione” indica un sistema a più componenti fisicamente omogeneo, e può essere indifferentemente applicato a sistemi liquidi, solidi o gassosi. Es. - l'ottone (soluzione solida di zinco in rame) - acqua e alcol (etanolo) (soluzione tra liquidi) - la CO2 in acqua (gas solubile in un liquido) Le soluzioni “più comuni” sono generalmente formate da un liquido che viene chiamato “solvente” in cui si trova omogeneamente disperso un “soluto” che può essere solido, liquido e gassoso. Ci sono vari modi di esprimere la composizione di una soluzione. ….. a volte. nel caso in cui una sostanza sia presente in piccolissima quantità Termodinamica chimica: generalità, 1° principio, calore, lavoro meccanico, entalpia. La termodinamica si occupa dello studio del calore e delle sue trasformazioni. La termochimica è quella parte della termodinamica che studia il calore scambiato nelle trasformazioni chimiche e fisiche. Quando si trasferisce energia da un corpo a un altro, essa si manifesta come lavoro e/o calore. Joules provò l’equivalenza tra calore e lavoro meccanico. L’unità di misura dell’energia e del lavoro nel SI è il joule (J). 1 J = 1 kg·m2/s2. Il Principio di Conservazione dell’Energia: Le varie forme di energia (chimica, elettrica, magnetica, meccanica, calore) si possono trasformare una nell’altra, ma l’energia totale rimane costante 4) In una trasformazione chimica, la variazione di entalpia viene calcolata nel seguente modo: ΔH = ΣH (prodotti) - ΣH(reagenti) 5) Se una reazione chimica viene fatta avvenire a pressione costante e la variazione di entalpia ΔH è < 0, la reazione è esotermica. 6) Se una reazione chimica viene fatta avvenire a pressione costante e la variazione di entalpia ΔH è > 0, la reazione è endotermica Termochimica: equazioni termochimiche. Gli stati standard e l'entalpia molare standard di reazione. Per definire univocamente i valori di entalpia occorre specificare: - il numero di moli di tutte le specie coinvolte - il loro stato di aggregazione - la temperatura e la pressione alla quale avviene la reazione L'Entalpia standard per le reazioni di formazione e le reazioni di combustione. ΔH°(T): definisce la variazione di entalpia molare standard di una reazione e rappresenta l'effetto termico che accompagna la formazione di una mole di prodotto (o la reazione di una mole di reagente) quando la reazione avviene in condizioni standard alla temp. T Può essere calcolata come differenza tra le entalpia molari standard di formazione dei prodotti e le entalpia molari standard di formazione dei reagenti (ognuno di essi moltiplicato per il rispettivo coefficiente stechiometrico). Entalpie molari standard di formazione ΔH°f Reazione di formazione: È la reazione in cui il composto considerato si forma a partire dai suoi elementi costitutivi (obbligatoriamente dai suoi elementi). Reazioni di combustione Reazione di combustione di un composto: reazione del composto (o elemento) considerato con ossigeno con formazione di CO2 e/o H2O. Variazione di entalpia molare standard di combustione (ΔH°comb): variazione di entalpia associata alla combustione, in condizioni standard, di 1 mole del composto considerato La combustione è una reazione chimica che comporta l'ossidazione di un combustibile da parte di un comburente (che in genere è rappresentato dall'ossigeno presente nell'aria), con sviluppo di calore e radiazioni elettromagnetiche, tra cui spesso anche radiazioni luminose. In altri termini, la combustione è un'ossidoriduzione esotermica, in quanto un composto si ossida mentre un altro si riduce (ad esempio nel caso della combustione degli idrocarburi, il carbonio si ossida mentre l'ossigeno si riduce), con rilascio di energia e formazione di nuovi composti (generalmente anidride carbonica e acqua). Il "potere calorifico" o “calore di combustione” esprime la quantità massima di calore che si può ricavare dalla combustione completa di 1 kg di combustibile liquido (o solido) o di 1 m3 di un combustibile gassoso a 0 °C e 1 atm. Il valore dipende anche dallo stato di aggregazione dell'acqua che si forma, es. nella combustione del metano: Per i combustibili si parla quindi di potere calorifico superiore in cui si produce H2O liquida e potere calorifico inferiore in cui si produce H2O allo stato di vapore (quest'ultimo è il più comune). La legge di Hess. “In una reazione chimica l’effetto termico a pressione costante è indipendente dagli stadi intermedi attraverso i quali la reazione passa (o si immagina che possa passare) ma dipende solo dagli stadi iniziali e da quelli finali”. ∆H resta invariato sia che la reazione si svolga in un unico stadio sia che si svolga in più stadi Se però la temperatura si avvicina allo zero assoluto, ossia tende al valore di zero kelvin, allora anche la variazione di entropia che si ottiene è pressoché nulla Trasformazioni spontanee per un sistema non isolato. L'unico criterio per stabilire la spontaneità di una reazione è la sua capacità di produrre lavoro utile. Ciò significa che se a temperatura e pressione costante una reazione può produrre lavoro utile essa è termodinamicamente consentita, cioè spontanea. Il verso secondo cui si svolge una reazione e la sua intensità sono determinati NON dalle variazioni dell'energia termica totale (entalpia) ma solo da quella parte di essa che può trasformarsi in lavoro o in altre forme di energia che non siano calore. L'energia totale posseduta da un sistema è divisa in due parti nettamente distinte, rispettivamente energia libera (che produce lavoro) ed energia vincolata (non produce lavoro; è calore latente): L'energia vincolata è data dal prodotto dell'entropia S per la temperatura assoluta T. L'energia totale è l'entalpia H. Indicando con G l'energia libera, si può pertanto scrivere: L'energia libera e il lavoro utile. Il lavoro utile che può compiere un sistema non potrà mai essere superiore alla sua diminuzione di energia libera (al massimo potrà esserne uguale se la trasformazione avviene in modo reversibile). La variazione di energia libera rappresenta quindi anche il "massimo lavoro utile" che un sistema può compiere, ogni causa di irreversibilità determina una diminuzione del lavoro utilizzabile (una degradazione di parte dell'energia) Criteri di spontaneità di una reazione, esempi. Gibbs dimostrò che una reazione chimica è spontanea quando è in grado di produrre lavoro utile. Conseguenza di questo è che la reazione procede nel senso in cui si realizza una diminuzione dell'energia libera Nel caso di una generica reazione del tipo: la variazione di energia libera che accompagna la trasformazione dei reagenti in prodotti (ΔG) a temperatura costante, sarà: con H variazione di entalpia della reazione e S variazione di entropia della reazione nel caso in cui la reazione avvenga in condizioni standard: Riassumendo queste ultime considerazioni circa la trasformazione A→B condotta a pressione e a temperatura costanti, si ha: ΔG < 0 la reazione procede spontaneamente e irreversibilmente fino all'equilibrio; ΔG = 0 la trasformazione è all'equilibrio (non procede); ΔG > 0 la trasformazione non avviene (spontanea quella opposta) L’equilibrio chimico. L'EQUILIBRIO SI STABILISCE QUANDO LE VELOCITA DELLA REAZIONE DIRETTA E DI QUELLA INVERSA SONO UGUALI. Questa espressione dipende dalla stechiometria della reazione: gli esponenti di ogni concentrazione corrispondono ai coefficienti stechiometrici della reazione bilanciata se ΔGreaz. < 0 la reazione evolverà verso i prodotti se ΔGreaz. > 0 la reazione evolverà verso i reagenti se ΔGreaz. = 0 la reazione è in equilibrio chimico Come varia il valore dell'energia libera per una reazione chimica in funzione delle quantità dei reagenti e dei prodotti. per una generica reazione del tipo: che avviene a T e P costanti, la variazione di energia libera della reazione in funzione delle “quantità” dei reagenti e prodotti presenti è data dalla seguente equazione L'equazione isoterma di Van't Hoff e le costanti di equilibrio. Regola generale: i solidi o i liquidi (allo stato puro) non compaiono nell'espressione della costante di equilibrio Fattori che influenzano l'equilibrio chimico, effetto della temperatura, della pressione e della quantità dei componenti. La dipendenza della costante di equilibrio dalla temperatura Effetto della pressione Naturalmente la variazione della pressione a cui viene condotta la reazione non ha nessun effetto sul valore numerico della costante di equilibrio; la pressione può invece modificare la composizione di equilibrio favorendo la formazione dei prodotti o dei reagenti, infatti: Se vogliamo quindi favorire la formazione dei prodotti (R -> P): - meglio alte pressioni per reazioni con variazione di moli negativa (Σvi < 0) - meglio basse pressioni per reazioni con variazione di moli positiva (Σvi > 0) Principio dell'equilibrio mobile. Quando si cambia uno dei parametri che determinano le condizioni di equilibrio di un sistema, il sistema si porta in un nuovo stato di equilibrio tale da minimizzare la variazione introdotta. I più importanti parametri che determinano lo stato di equilibrio di una reazione chimica sono: le quantità iniziali dei reagenti e dei prodotti, la temperatura e la pressione. Effetto legato alla variazione della temperatura L’unico modo che possiede la reazione per minimizzare un incremento esterno della temperatura è quello di cercare di sottrarre calore, quindi: (se T allora R P). Al contrario diminuendo la temperatura la reazione cercherà di opporsi aumentando il calore prodotto, quindi (se T allora R P). Naturalmente avviene il contrario per una reazione endotermica. Effetto legato alla variazione della pressione L’unico modo che possiede la reazione per minimizzare un incremento esterno della pressione è quello di cercare di diminuire il volume complessivo del sistema, quindi: (se P allora R P) ; al contrario diminuendo la pressione la reazione cercherà di opporsi aumentando il suo volume, quindi (se P allora R P). Naturalmente è il contrario per una reazione che avviene con aumento del numero di moli. Equilibri ionici in soluzione acquosa. L'acqua, pur essendo una molecola neutra, allo stato liquido mostra una conducibilità elettrica diversa da zero (piccola, ma misurabile). Questo valore è legato alla presenza in acqua di ioni. Questi ioni, sono gli ioni ossonio (H3O+) e gli ioni ossidrile (OH-) che derivano dalla reazione (di equilibrio) di dissociazione o di autoprotolisi dell’acqua Autoprotolisi dell’H2O. La reazione di autoprotolisi dell’acqua è una reazione di equilibrio, e come tutte le reazioni di equilibrio ….. Il valore di Kw varia con la temperatura e in particolare cresce all’aumentare della temperatura perché la reazione di dissociazione è endotermica. Alcuni valori: Kw (0 °C) = 0,12 *10-14; Kw (60 °C) = 9,5 *10-14 Definizione di pH e di pOH. Trattando soluzioni acquose, le concentrazioni degli ioni H+ e degli ioni OH− in essa presenti sono espresse da valori molto piccoli; da un punto di vista pratico è quindi conveniente utilizzare un operatore matematico che permetta di operare con numeri più semplici. Tale operatore è il pH In altre parole, l'operatore pH serve a trasformare un valore molto piccolo (quello della concentrazione degli ioni H+ in soluzione acquosa) in un numero più semplice. Stessa cosa vale per il pOH che invece trasforma in un numero più semplice la concentrazione degli ioni OH− presente nella soluzione acquosa Si definisce pH il logaritmo decimale negativo della concentrazione degli ioni H+ Soluzioni acide e basiche. Acido = una qualunque sostanza che dissociandosi in acqua libera ioni H+, Acido è una qualunque sostanza che porta ad un aumento degli ioni H+. Base è una qualunque sostanza in grado di donare protoni Base = una qualunque sostanza che dissociandosi in acqua libera ioni OH, base è una qualunque sostanza che porta ad un aumento degli ioni OH-. Acido è una qualunque sostanza in grado di accettare protoni. Acido e base coniugata. Quindi il comportamento acido di una sostanza produce inevitabilmente una sostanza che sarà una base (la sua base coniugata) e viceversa. Essendo una reazione di equilibrio, più l’acido tende ad essere forte, più la sua base coniugata tenderà ad essere debole e viceversa formazione del prodotto: Questo mostra che “la forma” dell’equazione cinetica non può essere dedotta dalla sola stechiometria della reazione, ma deve essere necessariamente ricavata da misure sperimentali (la sua forma matematica riflette infatti il meccanismo con cui avviene la reazione). Se comunque (per qualunque reazione chimica) ci limitiamo a considerare solo i primi istanti di reazione (quando le conc. di tutti i prodotti = 0), tutte le equazioni cinetiche, anche le più complesse, risulteranno comunque riconducibili ad una espressione matematica del tipo: Dove ci è la concentrazione di un i-esimo prodotto (+) o reagente (-), cA e cB sono le conc. dei reagenti, k è una costante che prende il nome di costante cinetica e gli esponenti α e β rappresentano gli ordini di reazione. Gli ordini di reazione sono determinabili solo sperimentalmente. Quindi gli ordini di reazione non necessariamente coincidono con i coefficienti stechiometrici. Il loro valore numerico dipende e riflette il meccanismo con cui avviene la reazione (il modo in cui i reagenti si trasformano nei prodotti). Se la reazione avviene in un unico stadio (la conversione dei reagenti in prodotti avviene con una unica reazione elementare) si dice che la reazione avviene con meccanismo semplice, ed è in questo caso che gli ordini parziali di reazione coincidono con i coefficienti stechiometrici (come accade nella equazione cinetica di formazione dell’HI). Se invece la reazione avviene invece in più stadi (un insieme di più reazioni elementari) si dice che la reazione avviene con un meccanismo complesso e gli ordini parziali di reazione possono non coincidere con i coefficienti stechiometrici (come nell’esempio precedente: formazione dell’HBr). In generale nelle reazioni che avvengono in più stadi la velocità globale della reazione è generalmente determinata dallo stadio più lento. Meccanismi di reazione e molecolarità. Molecolarità Rappresenta il numero di molecole che partecipano ad un processo elementare. Questo valore può essere uno, due o tre, rispettivamente mono, bi o trimolecolare. Molecolarità Nelle reazioni monomolecolari (o unimolecolari) il processo più lento, che determina la velocità di reazione è la decomposizione di una molecola eccitata. La costante di equilibrio dal punto di vista cinetico. La cinetica delle reazioni del 1° e del 2° ordine. La velocità di una reazione è proporzionale alla concentrazione dei reagenti, ciascuna elevata a una potenza che può essere positiva, negativa, nulla o frazionaria la cui somma è l’ordine di reazione. Consideriamo la reazione aA + bB + cC → prodotti Reazioni del primo ordine In tali reazioni l’ordine della reazione è uno come N2O5(g) ⇄ N2O4(g) + ½ O2(g) In cui v = k [N2O5] In una reazione del primo ordine la velocità dipende solo dalla concentrazione di uno dei reagenti e l’equazione che descrive una cinetica di tale tipo è: v = – d[A]/dt = k [A]1= k[A] Reazioni del secondo ordine In tali reazioni l’ordine della reazione è due N2O(g) ⇄ 2 N2(g) + O2(g) In cui v = k [N2O]2 Le reazioni del secondo ordine possono avvenire secondo due tipologie di reazioni: 1) Due molecole dello stesso reagente si combinano in un solo stadio: A + A → P ovvero 2 A →P La velocità di reazione vale pertanto: v = k [A][A] = k[A]2 quindi raddoppiando la concentrazione di A la velocità della reazione quadruplica. In tale tipo di reazione può essere presente anche un altro reagente la cui concentrazione, tuttavia, non influenza la velocità della reazione se l’ordine di reazione, rispetto ad esso è zero. 2) Due reagenti A e B si combinano in un solo stadio: A + B → P La velocità di reazione vale pertanto: v = k [A][B] in cui l’ordine di reazione vale uno per il reagente A e uno per il reagente B. ciò implica che raddoppiando la concentrazione di A raddoppia la velocità della reazione. Raddoppiando la concentrazione di A e quadruplicando quella di B la velocità della reazione aumenta di un fattore 8 La variazione della concentrazione nel tempo e il tempo di dimezzamento. Il tempo di dimezzamento (t1/2) per una reazione del 1° ordine. t1/2 → è il tempo necessario affinché la concentrazione del reagente raggiunga la metà del suo valore iniziale Limitandoci a considerare (per semplicità) le reazioni la cui cinetica dipende da un solo reagente, avremo … La teoria delle collisioni molecolari e distribuzione di Maxwell e Boltzmann, condizione energetica (energia di attivazione) e condizione geometrica (fattore sterico). Il valore del fattore pre-esponenziale dipende solo marginalmente dalla temperatura. Esso rappresenta il valore che la costante specifica di velocità assumerebbe a temperatura infinita: infatti per T tendente all'infinito, il fattore e-Ea/RT tende a 1 e quindi k = A Il termine esponenziale dell'equazione di Arrhenius rappresenta invece la frazione di urti che, ad una certa temperatura T ha energia sufficiente a superare l'energia di attivazione. Tale termine aumenta all'aumentare della temperatura T. Determinazione della energia di attivazione di una reazione chimica. riportando in grafico “ln k” in funzione di ”1/T”, si ottiene una retta dalla cui pendenza si può ottenere Ea e T k dalla cui intercetta il valore di Z. Una risoluzione analitica può essere ottenuta conoscendo il valore della costante cinetica a due diverse temperature: k(T1) e k(T2). La catalisi: catalizzatori omogenei ed eterogenei. Il catalizzatore forma dei complessi attivati a energia di attivazione minore ma si ritrova inalterato alla fine della reazione. Aumenta quindi sia la velocità della reazione diretta che la velocità di quella inversa. Di conseguenza non ha effetto sulla costante di equilibrio (Kp o Kc) che dipende solo dalla differenza di energia libera standard dei prodotti e dei reagenti. Vista dal punto di vista cinetico il rapporto tra le due costanti cinetiche rimarrà uguale a quello della reazione non catalizzata. In una reazione chimica catalizzata, il catalizzatore può esistere o in unica fase con i reagenti (ad esempio catalizzatore solubile in una reazione che avviene in soluzione) ed in tal caso si parla di catalisi omogenea o catalisi di trasporto, oppure può esistere in una fase a sé (ad esempio catalizzatore solido in una reazione fra gas), ed in tal caso si parla di catalisi eterogenea. La catalisi eterogenea è assai delicata per la facilità di avvelenamento del catalizzatore: questo inconveniente non si riscontra nella catalisi omogenea. Elettrochimica. L'elettrochimica è quella branca della chimica che studia i fenomeni relativi alla trasformazione dell'energia chimica di legame in energia elettrica e viceversa. Una reazione redox è una reazione nella quale gli elettroni passano spontaneamente da una sostanza che si ossida ad una sostanza che si riduce. Facendo avvenire una reazione redox non direttamente ma costringendo gli elettroni scambiati a passare attraverso un filo elettrico esterno, è possibile sfruttare questi tipi di reazioni per produrre corrente elettrica. Tale processo è possibile e viene fatto avvenire in dispositivi noti come celle galvaniche o pile. Al contrario, fornendo energia elettrica al sistema, è possibile fare avvenire una reazione redox in senso inverso a quello spontaneo. In tale caso l'energia elettrica viene convertita in energia chimica di legame. Tale processo viene fatto avvenire in dispositivi noti come celle elettrochimiche. Il processo viene chiamato elettrolisi. Componenti e funzionamento di una pila, la pila Cu/Zn. Tutte le pile sono generalmente composte da due conduttori di prima classe (lamine metalliche dette elettrodi) ciascuno dei quali immerso in un diverso conduttore di seconda classe costituito solitamente da una soluzione elettrolitica (ZnSO4 e CuSO4). Immergendo una barretta di zinco all’interno di una soluzione contenente ioni Cu2+ , è possibile notare l’ossidazione dello zinco a Zn2+ e la contemporanea riduzione degli ioni Cu2+ a rame metallico. Il processo complessivo è il seguente: Zn + Cu2+ —> Zn2+ + Cu È possibile sfruttare tale reazione per ottenere energia elettrica separando la semireazione di ossidazione dello zinco da quella di riduzione del rame. In queste condizioni l’anodo tende a caricarsi positivamente mentre il catodo tende a caricarsi negativamente. Ciò provoca la perdita dell’elettroneutralità delle due soluzioni e il passaggio di corrente elettrica si esaurisce in brevissimo tempo in quanto gli elettroni dovrebbero andare da una semicerla che li attrae ad una carica negativamente che li respinge. Per mantenere l’elettroneutralità delle soluzioni si utilizza un dispositivo che prende il nome di ponte salino che contiene una soluzione molto concentrata di un elettrolita forte Na2SO4. La pila si scarica quando raggiunge ΔG=0 I vari tipi di semielementi. semielemento di 1° specie (un metallo immerso in una soluzione di un suo sale), elettrodo metallico immerso in una soluzione elettrolitica contenente i suoi ioni (pila Daniell) semielemento di 2° specie (elettrodo di metallo, rivestito da un suo sale insolubile, immerso in una soluzione contenente l’anione in comune con il sale) semielemento a gas (un gas in contatto con una soluzione contenente il suo ione) La forza elettromotrice (f.e.m) di una pila, l'equazione di Nernst. Collegando un voltometro alle due lamelle è possibile misurare la differenza di potenziale elettrico o forza elettromotrice tra le due lamine (sperimentalmente). In linea teorica, la fem può essere determinata tramite l’equazione: In cui: - E°catodo = è il potenziale standard di riduzione della reazione che avviene al catodo. - E°anodo = è il potenziale standard di riduzione della reazione che avviene all’anodo. Equazione di Nernst Questa equazione permette di calcolare il potenziale di riduzione di una coppia redox in condizioni di concentrazione e di temperatura diverse da quelle standard. Determinazione del potenziale standard di un semielemento. 1) Viene arbitrariamente assunto uguale a 0 il potenziale standard di riduzione dell’elettrodo ad idrogeno. 2) Viene formata una pila accoppiando il semielemento ad idrogeno con un semielemento di cui si vuole determinare il valore numerico del potenziale standard di riduzione. 3) Si misura sperimentalmente la f.e.m. facendo funzionare la pila in condizioni standard. Il valore misurato corrisponderà al valore del potenziale standard di riduzione del semielemento accoppiato all’idrogeno Serie elettrochimica dei potenziali standard. Più è alto il valore del potenziale standard di riduzione più quella specie chimica tenderà a ridursi (quindi sarà un buon agente ossidante verso le altre specie). Al contrario più basso sarà il valore del potenziale standard di riduzione (segno negativo e valore assoluto grande) più quella specie chimica tenderà ad ossidarsi facilmente (perderà facilmente elettroni comportandosi quindi da buon agente riducente. Fenomeni elettrolitici. È un processo che utilizza energia elettrica per fare avvenire reazioni redox naturalmente spontanee in senso contrario. Supponiamo di collegare un generatore di corrente a due elettrodi di carbone immersi in NaCl fuso (in queste condizioni gli ioni Na+ e gli ioni Cl- sono liberi di muoversi). Gli ioni Na+ vengono attratti verso l’elettrodo negativo acquistando un elettrone mentre gli ioni di Cl- si dirigono verso l’elettrodo positivo dove cedono il loro elettrone. Nelle celle elettrolitiche il catodo è il polo negativo (-) mentre l’anodo è il polo positivo (+), segni opposti di una pila. La tensione o potenziale di decomposizione è un valore di soglia dipendente dal tipo di elettrolita necessaria perché avvenga l’elettrolisi.