Scarica Riassunto Sabbatucci-Vidotto e Mazower e più Appunti in PDF di Storia Contemporanea solo su Docsity! STORIA CONTEMPORANEA: DALLA GRANDE GUERRA A OGGI (SABBATUCCI - VIDOTTO) LA PRIMA GUERRA MONDIALE E LA RIVOLUZIONE RUSSA Agli inizi del 1914 il predominio dell’Europa era ancora indiscusso, nonostante l’emergere di nuove potenze come il Giappone e gli Sta< Uni<. Lo sviluppo nella produzione industriale, nel campo tecnologico e negli scambi commerciali aveva diffuso l’idea di un progresso inarrestabile che avrebbe portato benessere a tuC. L’integrazione tra le economie più sviluppate e il consolidamento delle is<tuzioni rappresenta<ve (con l’estensione del diriFo di voto) sembravano realizzare un processo di democra<zzazione per evitare mo< rivoluzionari o guerre. Non scomparvero i confliC sociali interni ai singoli paesi e le tensioni poli<che internazionali. Le potenze europee non si combaFevano da quasi mezzo secolo ma erano presen< rivalità tra: l’Austria-Ungheria e la Russia per il controllo dei Balcani, la Francia e la Germania per l’Alsazia e la Lorena, la Gran Bretagna e la Germania per gli armamen< navali. L’equilibrio era dato da due blocchi di alleanze: Austria e Germania contro Francia, Russia e Gran Bretagna. Esistevano comunque tuFe le premesse per una guerra. Imprevedibile fu il casus belli: Il 28 giugno 1914, Gavrilo Princip, studente bosniaco, uccise con due colpi di pistola Francesco Ferdinando, l’erede al trono d’Austria e sua moglie mentre aFraversavano le vie di Sarajevo, capitale della Bosnia. L’aFentatore faceva parte dell’’organizzazione ultranazionalista Mano Nera che si baFeva per includere la Bosnia, annessa all’Austria-Ungheria nel 1908 ma abitata in maggioranza da popolazioni slave, in una “grande Serbia” indipendente dall’Impero asburgico. L’organizzazione, aveva base opera<va in Serbia dove aveva connessioni con la classe poli<ca e i ver<ci militari. Il governo e i circoli dirigen< austriaci reagirono mossi anche dalla convinzione di dover fermare la minaccia degli inten< espansionis<ci della Serbia. L’aFentato terroris<co si trasformò in un caso internazionale meFendo in moto una catena di reazioni e controreazioni in un confliFo che avrebbe segnato una svolta decisiva nella storia dell’Europa, ridisegnando i confini e mutando i rappor< di forza fra gli Sta< aprendo una fase di guerre e rivolgimen< interni durata più di trent’anni e conclusasi col la perdita della centralità europea. L’Austria inviò il 23 luglio un ul<matum alla Serbia, che aveva il sostegno della Russia, mo<vo per cui acceFò solo in parte l’ul<matum respingendo la clausola che prevedeva la partecipazione di funzionari austriaci alle indagini sull’aFentato. All’Austria non bastava e, il 28 luglio, dichiarò guerra alla Serbia. Il giorno successivo, la Russia mobilitò le forze armate dando il via a una serie di operazioni che cos<tuivano la premessa di una guerra: la mobilitazione russa venne estesa all’intero confine occidentale per prevenire un eventuale aFacco da parte della Germania, che interpretò questa mossa come un aFo di os<lità. Il 31 luglio la Germania inviò un ul<matum alla Russia in<mando la sospensione dei prepara<vi bellici, ma non oFenne risposta e fu seguito dalla dichiarazione di guerra. Il giorno stesso la Francia, legata alla Russia da un traFato di alleanza militare, mobilitò le proprie forze armate. La Germania rispose con un nuovo ul<matum e con la successiva dichiarazione di guerra alla Francia. L’inizia<va del governo tedesco, che già nella prima fase della crisi aveva assicurato il proprio appoggio all’Austria, a far precipitare la situazione. L’impegno dello stato in una crisi che non toccava direFamente i suoi interessi dipendeva dal sen<rsi accerchiata, ritenendosi ingiustamente soffocata nelle sue ambizioni internazionali, assieme a mo<vazioni di ordine militare. Il piano di guerra elaborato ai primi del ’900 Alfred von Schlieffen, allora capo di stato, prevedeva un primo aFacco contro la Francia per meFerla fuori combaCmento in poche seCmane e impiegare il più delle forze contro la Russia, militarmente forte ma lenta a meFersi in azione. 1 Presupposto per la riuscita del “piano Schlieffen” era la rapidità dell’aFacco alla Francia facendo passare le truppe tedesche aFraverso il Belgio (Neutrale). Il 4 agosto, i primi con<ngen< tedeschi invasero il Belgio per aFaccare la Francia da nord-est. La violazione della neutralità belga ebbe un peso nel determinare l’allargamento del confliFo. Nello stesso giorno la Gran Bretagna dichiarò guerra alla Germania in quanto non tollerava l’aggressione al paese che si affacciava sulle coste della Manica. Questa fu la prima grave conseguenza per i governan< tedeschi che avevano messo da parte qualsiasi considerazione poli<ca . 1 Definita come “guerra di posizione”, “guerra di logoramento”, “guerra di usura”, “guerra di trincea” sono le caraFeris<che di un confliFo che non aveva preceden<, sia per le dimensioni delle forze che per gli strumen< bellici. Le nuove possibilità date dai mezzi di trasporto consen<rono di schierare rapidamente milioni di uomini in uniforme con armi moderne: tuC gli eserci< disponevano di fucili a ripe<zione e di cannoni poten<, ma la novità erano le mitragliatrici automa<che, armi capaci di sparare cen<naia di colpi al minuto. Nonostante questo nessuna delle potenze aveva elaborato strategie diverse da quelle della tradizionale guerra di movimento in quanto basate sulla previsione di un confliFo di pochi mesi o poche seCmane, portando il confliFo a periodi sanguinosi di stasi nelle trincee. Un problema per entrambi gli schieramen< era l’aFeggiamento dei paesi che in un primo momento erano rimas< estranei al confliFo. Alcune temevano di essere sacrificate in una nuova sistemazione dell’asseFo internazionale decisa sopra le loro teste, altre cercarono di approfiFare della guerra per ambizioni territoriali, facendo ampliare il confiFo a livello mondiale: ad Agosto il Giappone dichiarava guerra alla Germania per impadronirsi dei possedimen< tedeschi nel Pacifico, a Novembre la Turchia interveniva a favore degli Imperi centrali. Nel maggio 1915 l’Italia entrava in guerra contro l’Austria-Ungheria. A fianco della Germania e dell’Austria sarebbe poi intervenuta la Bulgaria, mentre nel campo opposto si sarebbero schiera< il Portogallo, la Romania e la Grecia. Decisivo fu l’intervento degli Sta< Uni<, nel 1917, che si schierarono con l’Intesa e si gli Usa si trascinarono dietro paesi extraeuropei (Cina, Brasile e altre Repubbliche la<no-americane) il cui contributo alla guerra fu però poco rilevante. Con l’estensione del confliFo agli imperi coloniali, pur avendo sempre il suo centro in Europa, coinvolge per la prima volta tuC e cinque i con<nen<. L’Italia entrò in guerra nel Maggio del 1915, schierandosi a fianco dell’Intesa contro l’Impero Austro-Ungarico fino ad allora suo alleato. Scelta per cui la classe poli<ca e l’opinione pubblica si spaccarono in due fron< contrappos<, solo in parte coinciden< con gli schieramen< tradizionali. Nell’agosto 1914, a guerra appena scoppiata, il governo presieduto da Antonio Salandra aveva dichiarato la neutralità dell’Italia trovando gius<ficazione nel caraFere difensivo della Triplice Alleanza , meFendo d’accordo le principali forze poli<che. In un secondo momento, con l’insorgere 2 di sen<men< an<austriaci, venne considerata la possibilità di una guerra contro l’Austria per riprendere il Tren<no e il Venezia Giulia, abita< da popolazioni italiane ma ancora soggeFe all’Impero. Sostenitori di questa linea interven<sta furono gruppi e par<< della sinistra democra<ca (Repubblicani, radicali e i socialriformis< di Leonida BissolaH) convin< che una partecipazione alla guerra avrebbe aiutato la causa di una nuova Europa fondata sulla democrazia e sul principio di nazionalità. Su una linea “neutralista” c’erano i liberali di Giovanni GioliI, il quale non riteneva il paese preparato alla guerra ed era convinto che l’Italia avrebbe potuto oFenere dagli Imperi centrali Fra i poli<ci era diffusa la convinzione che una guerra avrebbe contribuito a soffocare i contras< sociali e a rafforzare 1 la posizione di governi e classi dirigen<. In un primo tempo le piazze delle grandi capitali europee si riempirono di manifestazioni in favore della guerra. L’Austria non era stata aFaccata, né aveva consultato l’Italia prima di intraprendere l’azione contro la Serbia.2 2 Nei primi mesi del 1917 due even< mutarono il corso della guerra: • Sciopero generale degli operai a Pietrogrado All’inizio di marzo lo sciopero si trasformò in un’imponente manifestazione poli<ca contro il regime zarista. I solda< chiama< a ristabilire l’ordine si rifiutarono di sparare sulla folla e fraternizzarono coi dimostran< portando all’abdicazione dello zar (15 Marzo) e l’arresto con la famiglia. Successivamente si arrivò al collasso militare della Russia e alla firma dell’armis<zio. • StaH UniH dichiarano guerra alla Germania Dichiararono guerra il 6 aprile perché la Germania aveva ripreso la guerra soFomarina indiscriminata, in precedenza sospesa proprio per le proteste americane. Questo intervento fu decisivo sia sul piano militare che su quello economico, tanto da compensare il colpo subito dall’Intesa con il ri<ro della Russia. Negli Imperi centrali si mol<plicavano i segni di stanchezza, la posizione dell’Impero austro- ungarico era delicata perché stavano prendendo forza le aspirazioni indipenden<ste delle “nazionalità oppresse” (Polacchi, cechi, slavi del Sud). Alla cos<tuzione di un governo cecoslovacco in esilio seguì, nell’estate del 1917, un accordo fra serbi, croa< e sloveni per la cos<tuzione, a guerra finita, di uno Stato unitario degli slavi del Sud (Jugoslavia). In Italia, Cadorna ordinò una nuova serie di offensive sull’Isonzo, con pochi risulta< e cos< umani più pesan<. I comandi austro-tedeschi ne approfiFarono per sferrare un colpo decisivo sfruFando le truppe provenien< dal fronte russo: Il 24 oFobre 1917, un’armata austriaca rinforzata da seFe divisioni tedesche aFaccò le linee italiane sull’alto Isonzo e le sfondò nei pressi del villaggio di CaporeFo. Gli aFaccan< avanzarono in profondità nel Friuli con una nuova taCca di infiltrazione (Penetrare il più rapidamente possibile senza preoccuparsi di consolidare le posizioni raggiunte, sfruFando la sorpresa). La manovra fu efficace e buona parte delle truppe italiane, per evitare di essere accerchiate, abbandonarono le posizioni che tenevano dall’inizio della guerra. Paradossalmente questa disfaFa ebbe ripercussioni posi<ve: la ri<rata sul Piave aveva consen<to un accorciamento del fronte e quindi un minor logoramento dei repar< combaFen<. I solda< si trovarono a combaFere una guerra difensiva contro un nemico che occupava una parte del territorio nazionale, contribuendo a rendere più comprensibili gli scopi del confliFo e ad aumentare il senso di coesione patrioCca, al fronte come nel paese . 6 In Russia, quando fu abbaFuto il regime zarista, si formò un governo provvisorio che aveva l’obieCvo di con<nuare la guerra a fianco dell’Intesa e di promuovere la modernizzazione, poli<ca ed economica, del paese. Condividevano questa prospeCva i gruppi liberal-modera<, i socialis< menscevichi e i social-rivoluzionari, i cui rappresenta< erano nel governo provvisorio. Gli unici a rifiutare ogni partecipazione al potere furono i bolscevichi. Quando Lenin, leader dei bolscevichi, rientrò in Russia diffuse un documento in dieci pun< (Tesi di Aprile) in cui poneva il problema della presa del potere, rovesciando la teoria marxista ortodoss secondo cui la rivoluzione proletaria sarebbe scoppiata prima nei paesi più sviluppa<. Il primo obieCvo era quello di conquistare la maggioranza nei soviet e di lanciare le parole d’ordine della pace, della terra ai contadini poveri, del controllo della produzione da parte dei consigli operai. La decisione di rovesciare il governo fu presa in oFobre: i solda< rivoluzionari e le guardie rosse (Le milizie operaie) circondarono il Palazzo d’Inverno e se ne impadronirono la sera stessa. Come primo aFo il Congresso varò due decre< propos< personalmente da Lenin: il primo faceva appello a tuC i popoli dei paesi belligeran< «per una pace giusta e democra<ca [...] senza annessioni e senza indennità», il secondo stabiliva l’abolizione della grande proprietà terriera «immediatamente Dall’inizio del 1918 fu svolta un’opera sistema<ca di propaganda fra le truppe aFraverso la diffusione dei giornali di 6 trincea e la creazione di un Servizio P che si affidava all’opera degli ufficiali inferiori e della collaborazione di numerosi intelleFuali. 5 e senza alcun indennizzo». Veniva così cos<tuito un nuovo governo rivoluzionario presieduto da Lenin, che fu chiamato Consiglio dei commissari del popolo, segnando una roFura con le altre componen< del movimento socialista e con tuFa la tradizione democra<ca occidentale. L’ipotesi su cui puntavano i bolscevichi era quella di una sollevazione generale dei popoli europei, da cui sarebbe scaturita una pace equa, ma non si realizzò. I capi rivoluzionari, che non potevano deludere le aFese di pace da loro stessi incoraggiate, si trovarono a traFare in condizioni di inferiorità con gli Imperi centrali che già occupavano vaste zone dell’ex Impero russo: il 3 marzo 1918 firmò il traJato di Brest-Litovska, dovendo acceFare tuFe le dure condizioni imposte da Germania e Austria-Ungheria, perdendo tuC i territori non russi dell’ex Impero (Circa un quarto della sua parte europea). A livello internazionale le potenze dell’Intesa considerarono la pace come un tradimento e cominciarono ad appoggiare le forze an<bolsceviche. I bolscevichi rimanevano isola<. Nasceva così un nuovo modello di Stato a par<to unico dai traC autoritari, proto<po di mol< regimi an<democra<ci che si sarebbero afferma< negli anni successivi, eppure capace di proporsi come agente di liberazione per i popoli di tuFo il mondo e come permanente minaccia per l’ordine economico e per gli equilibri internazionali dell’intero Occidente. Nella fase finale della guerra, per evitare la diffusione del modello rivoluzionario bolscevico, gli Sta< dell’Intesa accentuarono il caraFere ideologico dello scontro presentandolo sempre più come una crociata della democrazia contro l’autoritarismo . La prima a cedere, alla fine di seFembre, fu 7 la Bulgaria. Un mese dopo era l’Impero turco a chiedere l’armis<zio. Contemporaneamente avveniva la crisi finale dell’Austria-Ungheria. Gli austriaci firmarono il 3 novembre 1918, a Villa Gius<, l’armis<zio con l’Italia che sarebbe entrato in vigore il giorno successivo. L’11 novembre i delega< del governo provvisorio tedesco firmarono l’armis<zio nel villaggio francese di Rethondes, perdendo una guerra che aveva contribuito a far scoppiare. ma anche con un dras<co ridimensionamento del peso poli<co dell’Europa sulla scena internazionale. Il 18 gennaio 1919, nella Reggia di Versailles, si aprirono i lavori della conferenza di pace. Vi parteciparono i rappresentan< di trentadue paesi dei cinque con<nen< (compresi alcuni Sta< appena cos<tui<), rimasero esclusi i paesi sconfiC chiama< solo a ra<ficare le decisioni che li riguardavano. TuFe le materie più importan< vennero riservate ai “quaFro grandi” (L’americano Wilson, il francese Clemenceau, il britannico Lloyd George e l’italiano Orlando). I leader delle potenze vincitrici avevano il compito di ridisegnare la carta poli<ca del Vecchio Con<nente, dopo il crollo contemporaneo di quaFro imperi (Russo, austro-ungarico, tedesco e turco). Il traFato venne firmato a Versailles il 28 giugno 1919, fu in realtà un’imposizione subita dalla Germania soFo la minaccia dell’occupazione militare e del blocco economico. Dal punto di vista territoriale era prevista, oltre alla res<tuzione alla Francia dell’Alsazia-Lorena, la cessione alla Polonia di alcune regioni orientali abitate solo in parte da tedeschi. Venne privata anche delle sue colonie in Africa e in Oceania, spar<te tra Francia, Gran Bretagna e Giappone. Indicata come responsabile della guerra, la Germania doveFe impegnarsi a risarcire i danni conseguen< al confliFo. Fu costreFa ad abolire il servizio di leva, a rinunciare alla marina da guerra, a ridurre la consistenza del proprio esercito entro i 100 mila uomini e a lasciare “smilitarizzata” la valle del Reno. Restava aperto il problema dei rappor< con la Russia rivoluzionaria: gli Sta< vincitori non riconobbero la Repubblica dei soviet, mentre furono riconosciute e proteFe in funzione Nel Gennaio 1918, il presidente americano Woodrow Wilson precisò le linee della sua poli<ca in un programma di 7 pace in 14 pun<: formulava una serie di proposte concrete circa il nuovo asseFo europeo da costruire nel rispeFo del principio di nazionalità, proponeva l’abolizione della diplomazia segreta, il ripris<no della libertà di navigazione e la soppressione delle barriere doganali, la riduzione degli armamen<., l’is<tuzione di un nuovo organismo internazionale, la Società delle Nazioni, per assicurare il rispeFo delle norme di convivenza fra i popoli. 6 an<sovie<ca le nuove Repubbliche indipenden< che si erano formate nei territori bal<ci (Finlandia, Estonia, LeFonia e Lituania. L’Europa contava oFo nuovi Sta< a cui si sarebbe aggiunto, nel 1921, lo Stato libero d’Irlanda a cui la Gran Bretagna concesse l’indipendenza, anche se nell’ambito del Commonwealth e con l’esclusione del Nord protestante (Ulster). Il nuovo organo della Società delle Nazioni doveva assicurarsi il rispeFo dei traFa< e la salvaguardia della pace: prevedeva la rinuncia alla guerra da parte degli Sta< membri e sanzioni economiche nei confron< degli Sta< aggressori. Gli Sta< Uni<, paese che ne aveva voluto la nascita, rifiutò l’adesione isolandosi e rifiutando le responsabilità mondiali. La Società delle Nazioni venne egemonizzata da Gran Bretagna e Francia e non fu in grado di prevenire i confliC tra le due guerre. L’EREDITÀ DELLA GRANDE GUERRA Ad eccezione degli Sta< Uni<, tuC i paesi belligeran< uscirono dalla prima guerra mondiale in condizioni di dissesto: per il mutamento dei confini, la perdita di vite umane è per le spese per il confliFo furono pari al doppio del prodoFo nazionale lordo dell’ul<mo anno di pace. I governi erano ricorsi all’aumento delle tasse allargando a dismisura il debito pubblico e con i paesi amici. Infine avevano contraFo massicci debi< con i paesi amici, in primo luogo con gli Sta< Uni<. Né le tasse né i pres<< erano sta< sufficien<, i governi avevano stampato carta moneta in eccedenza portando ad un rapido processo inflazionis<co. Fra il 1915 e il 1918 i prezzi crebbero di tre volte e mezzo in Francia, di due volte e mezzo in Italia, di due volte in Gran Bretagna e in Germania. La guerra aveva creato fortune improvvise fra gli industriali e gli speculatori, l’inflazione distruggeva posizioni economiche consolidate (Proprietari di terre/case che riscuotevano affiC svaluta<) e i risparmi dei ce< medi. I governi doveFero mantenere il blocco sui prezzi dei generi di prima necessità e sui canoni d’affiFo facendo rimanere in vita gli appara< burocra<ci (Ministeri, soFosegretaria<, commissaria<) che controllavano i prezzi degli approvvigionamen< alimentari e delle pensioni di guerra, rafforzando la tendenza dei pubblici poteri a intervenire su materie un tempo riservate alla libera inizia<va delle par< sociali. Una ripresa delle economie europee era frenata dal calo degli scambi internazionali: a causa dei quaFro anni di interruzione delle normali corren< di traffico, l’Europa non aveva più supremazia commerciale portando, nel dopoguerra, una ripresa di nazionalismo economico e di protezionismo doganale da parte dei nuovi Sta< che volevano sviluppare una propria industria. Contemporaneamente ai mutamen< economici si avviò un processo di trasformazione della società: l’espansione dell’industria bellica aveva spostato nuovi lavoratori non qualifica< dalle campagne alle ciFà. Il distacco dal nucleo familiare e l’assenza prolungata dei capifamiglia avevano messo in crisi le struFure tradizionali della famiglia e provocato mutamen< nella mentalità e nelle abitudini delle generazioni giovani. Le donne sos<tuirono gli uomini al fronte e la crescente consapevolezza delle proprie capacità le portò a chiedere un riconoscimento sul piano del diriFo di voto. I reduci di guerra temevano di veder occupa< i pos< di lavoro che credevano gli speFassero per diriFo, in quanto avevano un credito nei confron< della società. I governi di tuC i paesi fecero promesse che, a causa dei problemi finanziari, non poterono essere mantenute dando adito ad un senso di risen<mento. Questo portò ad un fenomeno di mobilitazione sociale per far valere i propri diriC organizzandosi in gruppi numerosi. La tendenza alla “massificazione” vide l’aumento di iscriC a par<< e sindaca< e una maggiore frequenza di manifestazioni pubbliche con la partecipazione direFa dei ciFadini. La viForia delle potenze democra<che e il crollo degli imperi mul<etnici significarono per mol< popoli europei l’esito delle loFe per l’indipendenza ma era impossibile una pacifica convivenza fra i diversi popoli, ciascuno sovrano nel suo proprio territorio. La presenza di gruppi che parlavano lingue diverse, seguivano proprie tradizioni o professavano altre religioni rispeFo alla maggioranza 7 non contribuivano all’approvvigionamento delle ciFà. Molte industrie furono lasciate in mano ai vecchi imprenditori, ma soFo la sorveglianza dei consigli operai, altre vennero ges<te direFamente dai lavoratori, altre infine furono poste soFo il controllo statale. Le banche furono nazionalizzate e i debi< con l’estero cancella<. TuFo questo servì a poco a causa dello stato in cui riversava il paese dopo la guerra civile e il governo stampò carta moneta priva di qualsiasi valore, finendo col tornare al sistema del baraFo e le stesse retribuzioni vennero pagate in natura. Il comunismo di guerra venne varato nel 1918, una poli<ca economica basata sulla centralizzazione delle decisioni e sulla statalizzazione delle aCvità produCve: - In campo industriale furono nazionalizza< tuC i seFori più importan< per normalizzare la produzione e centralizzare le decisioni, ponendo fine allo spontaneismo che aveva caraFerizzato le prime fasi della rivoluzione. - Venne incoraggiata, senza molto successo, la formazione di comunità agricole volontarie (FaJorie colleIve - Kolchozy) e anche delle FaJorie sovieHche (Sovchozy) ges<te direFamente dallo Stato o dai soviet locali. Così il regime bolscevico riuscì ad assicurare lo svolgimento di alcune funzioni essenziali e ad armare e nutrire il suo esercito. Sul piano economico fu un totale fallimento in quanto la produzione industriale risultò molto inferiore e le grandi ciFà si erano spopolate per la disoccupazione e per la fame. Il commercio privato, formalmente vietato, sfociava nell’illegalità. La crisi raggiunse il culmine nella primavera-estate del 1921 quando, conseguentemente alla guerra civile e un anno di siccità, la cares<a colpì le campagne della Russia e dell’Ucraina provocando la morte di 3 milioni di persone. Nello stesso anno prese avvio una parziale liberalizzazione nella produzione e negli scambi (NEP) consentendo ai contadini di vendere sul mercato le eventuali eccedenze, una volta consegnato agli organi statali una quota fissa dei raccol<. La liberalizzazione si estese anche al commercio e alla piccola industria produFrice di beni di consumo. Lo Stato mantenne il controllo delle banche e dei maggiori gruppi industriali. Nel 1922 la Repubblica Russa (Compresa la Siberia) si unì alle province dell’ex Impero zarista (Ucraina, Bielorussia, Azerbaigian, Armenia e Georgia), dove i comunis< riuscirono a prendere potere, prendendo il nome di Unione delle Repubbliche socialiste sovieHche (URSS). La nuova CosHtuzione dell’URSS prevedeva ce al ver<ci della struFura is<tuzionale ci fosse ancora il congresso dei soviet ma il potere reale era in mano al par<to comunista (L’unico che poteva esistere). Anche i comunis< russi mirarono a cambiare la società, per creare una nuova cultura adaFa alla realtà che si voleva costruire, aFraverso: - L’alfabe<zzazione di massa e l’aumento dell’obbligo scolas<co ai 15 anni con innovazioni nei contenu< e nei metodi dell’insegnamento per formare ideologicamente le nuove generazioni, incoraggiando l’iscrizione in massa all’organizzazione giovanile del par<to (DoFrina marxista). - La loFa contro la Chiesa ortodossa, anche se la sua influenza non fu del tuFo eliminata. Il governo stabilì il riconoscimento del solo matrimonio civile e semplificò al massimo le procedure per il divorzio. Nel 1920 fu legalizzato l’aborto. Venne proclamata l’assoluta parità fra i sessi e la condizione dei figli illegiCmi fu equiparata a quella dei legiCmi. Ci fu una liberalizzazione dei costumi, anche se non fu preso in considerazione chi riteneva che la rivoluzione dovesse portare all’assoluta libertà sessuale e alla scomparsa della famiglia. Culturalmente i primi anni ‘20 furono gli anni delle avanguardie ar<s<che ma, a par<re dalla metà, la libertà di espressione ar<s<ca fu sempre più condizionata dalle preoccupazioni di ordine propagandis<co e dall’invadenza di un potere poli<co sempre più autoritario: le tendenze autoritarie consolidarono con l’ascesa del Pcus di Stalin e con la morte di Lenin nel 1924. Da allora si aprì una loFa per la successione all’interno del gruppo dirigente a causa del problema della centralizzazione e della eccessiva burocra<zzazione del par<to. A sostenere la necessità di un limite fu Trotzkij, il più autorevole e popolare dopo Lenin fra i capi bolscevichi, sostenendo 10 un’estensione del processo rivoluzionario all’intero Occidente capitalis<co. Di contro, Stalin sosteneva che in tempi brevi la viForia del socialismo era “possibile e probabile” anche in un solo paese e che l’Unione Sovie<ca aveva forze sufficien< a fronteggiare l’os<lità del mondo capitalista. Questa teoria rappresentava una roFura con i bolscevichi ma si adaFava alla situazione reale, che non dava speranza di una rivoluzione mondiale, offrendo al paese un richiamo patrioCco . Riuscì 11 ad emarginare Trotzkij e tuFa l’opposizione di “sinistra” (Zinov’ev e Kamenev) che chiedevano l’interruzione dell’esperimento della NEP, che stava facendo rinascere il capitalismo nelle campagne, e il rilancio dell’industrializzazione. DOPOGUERRA E FASCISMO IN ITALIA L’Italia, uscita vincitrice, condivise gli stessi problemi poli<ci e sociali dell’Europa: l’economia aveva i traC della crisi postbellica come lo sviluppo di alcuni seFori industriali, con conseguen< problemi di riconversione, lo sconvolgimento dei flussi commerciali e il deficit del bilancio statale causando l’inflazione. La società era inquieta e fraFurata, unita da una generale ansia di rinnovamento: le tensioni erano legate al con<nuo aumento dei prezzi al consumo causando, nel Giugno-Luglio del 1919, tumul< e scioperi per oFenere aumen< salariali. A creare agitazione contribuì anche una caCva ges<one della pace che rese il clima più simile a quello di un paese sconfiFo che a quello di una potenza vincitrice. L’Italia aveva oFenuto Trento, Trieste e le altre “terre irredente” raggiungendo i “confini naturali” segna< dalle Alpi, includendo anche zone non italiane come il Sud Tirolo (Alto Adige) o parzialmente italiane come l’Istria. In questo modo l’Impero asburgico non era più ai suoi confini ma era presente l’insoddisfazione dell’opinione pubblica per il traFamento riservato al paese nella conferenza di pace, portando all’occupazione di D’Annunzio a Fiume, ciFà a maggioranza italiana ma che non era stata assegnata nel paJo di Londra. In questa fase di crisi la classe dirigente liberale non fu in grado di dominare la mobilitazione di massa e perse l’egemonia, favorendo le forze socialiste e caFoliche che non erano compromesse con le responsabilità della guerra e si consideravano estranee alla tradizione dello Stato liberale. I caFolici crearono nel Gennaio 1919 una nuova formazione poli<ca, il ParHto popolare italiano (Ppi): con un programma di impostazione democra<ca che si ispirava alla doFrina sociale caFolica, si dichiarava non confessionale ma in realtà era streFamente legato alla Chiesa e alle sue struFure organizza<ve. Nonostante presentasse degli elemen< contraddiFori, la nascita del par<to rappresentò una svolta in posi<vo per la democrazia italiana, la fine di un’anomalia che aveva accompagnato lo Stato unitario fin dalla nascita. Ci fu una crescita del ParHto socialista, con la prevalenza della corrente di sinistra (Massimalista) su quella riformista, ma non riuscirono a superare le divisioni interne in cui prevalevano le corren< rivoluzionarie. Fra ques< movimen< risaltava I Fasci di combaImento, fondato a Milano il 23 marzo 1919, da Benito Mussolini: poli<camente si schierava a sinistra chiedendo riforme sociali e dichiarandosi favorevole alla repubblica, ma ostentava un forte nazionalismo e un’avversione nei confron< dei socialis<. All’inizio raccolse scarse adesioni (Ex repubblicani, ex sindacalis< rivoluzionari, ex Ardi< di guerra) ma si fece notare per lo s<le poli<co aggressivo e violento. Le prime elezioni poli<che del dopoguerra si tennero nel novembre 1919 e mostrarono le fraFure che aFraversavano la società e il sistema poli<co. Furono le prime elezioni tenute col nuovo metodo della rappresentanza proporzionale con scru<nio di lista con esito disastroso per la vecchia classe dirigente. I socialis<, che avevano adoFato un programma rivoluzionario, oFennero successo con 156 seggi, mentre PPI, con 100 deputa<, si affermava come la principale novità Le potenze europee che instaurarono rappor< con lui tra il ’24 e il ’25 diedero adito alle sue tesi.11 11 poli<ca del dopoguerra. I due vincitori non potevano coalizzarsi in quanto il PSI massimalista rifiutava ogni collaborazione con i gruppi “borghesi”. L’unica maggioranza possibile era quella basata sull’accordo fra popolari e liberal-democra<ci, fondando così gli ul<mi governi dell’era ilberale. Indebolito dall’esito delle elezioni il ministero NiI sopravvisse fino a Giugno 1920, a cos<tuire il nuovo governo fu richiamato Giovanni GioliI che, rimasto ai margini della vita poli<ca negli anni della guerra, era rientrato in scena poco prima delle elezioni con un programma molto avanzat in cui proponeva l’altro la nomina<vità dei <toli azionari e un’imposta straordinaria sui profiC realizza< dall’industria bellica. OFenne risulta< in poli<ca estera negoziando direFamente con la Jugoslavia, firmando il traJato di Rapallo nel 1920 . Nella poli<ca interna, durante il periodo del 12 Biennio Rosso, fallì il suo disegno poli<co che tentava di ridimensionare le spinte rivoluzionarie del movimento operaio accogliendone in parte le riforme in quanto il centro della poli<ca si era spostato dal Parlamento ai par<<. Il confliFo sociale più dramma<co si ebbe con l’agitazione degli operai metalmeccanici culminata nell’occupazione delle fabbriche. La categoria operaia era guidata dal più forte fra i sindaca< aderen< alla Confederazione Generale del Lavoro: la Federazione Italiana Operai Metallurgici (FIOM) aveva presentato una serie di richieste economiche e norma<ve a cui gli industriali risposero con un rifiuto. Alla fine di Agosto, in risposta alla chiusura degli stabilimen< aFuata da un’industria milanese, la FIOM ordinò ai lavoratori di occupare le fabbriche issando bandiere rosse sui teC e organizzando servizi arma< di vigilanza (Guardie rosse). Il movimento non era in grado di uscire dalle fabbriche e di porsi in modo concreto il problema del potere facendo prevalere la linea di una loFa sindacale. GioliC si aFenne a una linea neutrale fra sindacato e industriali, raggiungendo un accordo che accoglieva le richieste economiche della FIOM e affidava a una commissione parite<ca l’incarico di elaborare un progeFo per la partecipazione dei sindaca< al controllo delle aziende. Alle polemiche interne al movimento operaio si aggiunse il congresso del 1921 del PSI a Livorno, dove i riformis< non vennero espulsi e la minoranza di sinistra guidata da Bordiga abbandonò il PSI per formare il ParHto Comunista d’Italia. Si giunse così alla fine del Biennio Rosso che permise lo sviluppo improvviso del movimento fascista: tra la fine del 1920 e l’inizio del 1921, il movimento subì un rapido processo di mutazione che fece accantonare l’originario programma radical-democra<co e organizzare formazioni paramilitari (Squadre d’azione) per condurre una loFa contro il movimento socialista, in par<colare contro le organizzazioni contadine della Val Padana, dove era più forte la presenza delle leghe rosse che avevano creato un sistema apparentemente inaFaccabile. Le squadre d’azione, inquadrate militarmente, par<vano dalle ciFà e si spostavano in camion verso i centri rurali. Gli obieCvi erano le sedi delle amministrazioni locali e delle rappresentanze sindacali socialiste che vennero devastate e incendiate, mentre i dirigen< e militan< venivano soFopos< a ripetute violenze o uccisi, spesso costreC a lasciare il loro paese. Le amministrazioni locali “rosse” della Val Padana furono costreFe a dimeFersi e cen<naia di leghe furono sciolte. Il successo dell’offensiva fascista non è solo di ordine “militare” ma fu incrementato anche degli errori dei socialis< (Ferire i sen<men< patrioCci dei ce< medi e spaventarli con la promessa di una prossima resa dei con< rivoluzionaria) e dal servirsi del movimento fascista da parte di GioliC (Pur evitando di favorire apertamente lo squadrismo) per ridurre le pretese dei socialis< e poterlo assorbire nella maggioranza liberale. Nelle elezioni di Maggio 1921 il disegno di GioliC si concre<zzò con l’ingresso di candida< fascis< nei blocchi nazionali, oFenendo una legiCmazione da parte della classe dirigente senza dover rinunciare ai metodi illegali <pici dello squadrismo. Fiume fu dichiarata ciFà libera, poi italiana con un successivo accordi nel 1924.12 12 introducendo nuovi dazi doganali sulle merci importate (Poli<ca protezionis<ca). I repubblicani, che rimasero al potere per tuC gli anni ’20, alimentarono le aspeFa<ve sulla prosperità americana senza preoccuparsi dei gravi problemi sociali: la distribuzione dei reddi< era squilibrata e comportava l’emarginazione di consisten< fasce della popolazione dovuta anche all’os<lità verso minoranze etniche (Leggi limita<ve dell’immigrazione e preservazione dei caraFeri della popolazione bianca) . Lo stesso proibizionismo (1920 - 1934) scaturì dalla convinzione che 13 l’ubriachezza fosse un vizio <pico di neri e proletari in genere. Nonostante queste tensioni, la borghesia statunitense rimaneva fiduciosa in una con<nua mol<plicazione della ricchezza, esempio ne è l’aCvità di Wall Street che in realtà aveva fondamenta fragili in quanto la domanda sostenuta di beni di consumo durevoli aveva faFo sì che nel seFore industriale si formasse una capacità produCva sproporzionata rispeFo alle possibilità di assorbimento del mercato interno. L’industria aveva ovviato il problema con l’aumento delle esportazioni nel resto del mondo, in par<colare nel Vecchio Con<nente creando un rapporto di interdipendenza fra economia americana ed economia europea. Nel 1928, mol< capitali americani furono diroFa< verso le operazioni specula<ve di Wall Street con conseguenze sull’economia europea e sulla produzione industriale statunitense, il cui indice cominciò a scendere già nell’estate del 1929. Il valore dei <toli a Wall Street raggiunse i livelli più eleva< a cui seguirono alcune seCmane di incertezza, durante le quali cominciò a emergere la tendenza degli speculatori a vendere i propri paccheC azionari per realizzare i guadagni fino ad allora oFenu<. La corsa alle vendite determinò una caduta del valore dei <toli, a Novembre le quotazioni si stabilizzarono su valori più o meno dimezza<. Il crollo del mercato azionario colpì prima i ce< ricchi e benestan< ma, riducendo dras<camente la loro capacità di acquisto e di inves<mento, ebbe conseguenze sull’intera economia nazionale colpendo tuC gli stra< della popolazione. La recessione economica si diffuse rapidamente in tuFo il mondo, con l’eccezione dell’Unione Sovie<ca, e fra il 1929 e il 1932 la produzione mondiale di manufaC diminuì del 30% e quella di materie prime del 26%. Le risposte alla crisi date dai governi provocarono un passo indietro nell’integrazione tra i diversi merca< nazionali: il protezionismo statunitense indusse gli altri paesi ad adoFare misure simili per difendere la bilancia commerciale, mol< svalutarono le loro monete per rendere più compe<<vi i prezzi delle proprie merci e favorire le esportazioni ma rendendo instabili i rappor< di cambio tra le diverse monete. Anche i paesi meno sviluppa< (America La<na, Asia e Africa) subirono dei danni in quanto le loro economie si basavano sull’esportazione di prodoC agricoli e materie prime verso i paesi più ricchi. Dopo l’inizio della crisi i governi dei paesi più industrializza< provarono a meFere a punto soluzioni condivise per fronteggiare le emergenze ma senza alcun risultato . 14 Dopo tre anni di crisi, nel Novembre 1932 si tennero negli Sta< Uni< le elezioni presidenziali che vedevano la viForia di Franklin Delano Roosevelt, governatore dello Stato di New York. Nel discorso che aveva ufficializzato la sua candidatura (2 Luglio 1932) annunciò di voler inaugurare un New Deal caraFerizzato da un energico intervento dello Stato nei processi economici aFraverso Processo ai due anarchici italiani, Nicola Sacco e Bartolomeo VanzeC, accusa< ingiustamente di omicidio e manda< 13 a morte nel 1927. Pra<che discriminatorie nei confron< della popolazione nera da parte della seFa del Ku Klux Klan, espressione del razzismo più isterico, raggiunse negli Sta< del Sud le dimensioni di un’organizzazione di massa. In Europa il declino delle aCvità produCve e commerciali si sovrappose alla crisi finanziaria che iniziò in Austria e in 14 Germania, dove il fallimento di alcune importan< banche portò al collasso dell’intero sistema del credito, comportando delle conseguenze anche nel Regno Unito: ci fu un ri<ro dei capitali stranieri e ingen< richieste di conversione delle sterline nel loro equivalente in oro. Nel SeFembre 1931, esauritesi le riserve auree della Banca d’Inghilterra, fu sospesa la conver<bilità e la moneta fu svalutata. 15 una serie di provvedimen< che dovevano servire da terapia d’urto per arrestare il corso della crisi: furono facilita< i pres<< per consen<re ai ciFadini indebita< di es<nguere le ipoteche sulle case, furono aumenta< i sussidi di disoccupazione e fu svalutato il dollaro per rendere più compe<<ve le esportazioni. A queste misure il governo affiancò alcuni provvedimen< caraFerizza< dall’uso di nuovi strumen< d’intervento come l’Agricultural Adjustment Act (Limitare la sovrapproduzione nel seFore agricolo), il NaHonal Industrial Recovery Act (Evitare una concorrenza troppo accanita) e la Tennessee Valley Authority (Produrre energia a buon mercato a vantaggio degli agricoltori). Con queste misure progressiste Roosevelt si guadagnò l’appoggio del movimento sindacale che aFraversò una fase di espansione grazie anche alle loFe operaie. Dall’altra parte, si creò una coalizione avversa al presidente e, tra il 1935 e il 1936, la Corte suprema degli Sta< Uni< cercò di bloccare le riforme di Roosevelt dichiarando l’incos<tuzionalità del NIRA e dell’AAA. Dopo la crisi del ’29, lo Stato assunse nuovi compi< passando all’adozione di radicali misure di controllo (Sul cambio della moneta, sui prezzi e sui salari) e all’assunzione da parte dei poteri pubblici di un ruolo aCvo nel promuovere l’espansione economica. Nonostante un generale processo di impoverimento si crearono nuove abitudini di vita, nuovi e più moderni modelli di consumo nei vas< stra< della popolazione, sopraFuFo urbana: nel corso degli anni ’30 il processo di urbanizzazione accelerò a causa della crisi del seFore agricolo, portando allo sviluppo del seFore edilizio. Lo sviluppo edilizio ebbe conseguenze sul modo di vivere delle masse urbane in quanto le case di nuova costruzione erano fornite di acqua corrente e di eleFricità. Aumentò anche la produzione europea di automobili che rimasero beni di lusso, come gli eleFrodomes<ci. Grande diffusione ebbe la radio come mezzo di svago e di comunicazione di massa. Il passaggio al sonoro affermò il cinema come divulgatore di messaggi ideologici e visioni del mondo, trasformando in speFacolo di massa qualsiasi manifestazione della vita sociale. A par<re dagli anni ‘20 si cominciò a lavorare in ricerche teoriche sull’energia nucleare che avrebbe portato alla costruzione della bomba atomica. Tra le applicazioni belliche della scienza, furono fondamentali anche i grandi sviluppi dell’aeronau<ca. Per la cultura europea gli anni ’20 e ’30 furono anni di crisi e di mutamen<. Proseguì la tendenza alla roFura delle forme canoniche e la ricerca di diversi moduli espressivi portando alla nascita di nuove avanguardie ar<s<che e furono pubblica< alcuni dei più grandi capolavori della narra<va del ’900 . LeFera< e ar<s< cominciarono a essere fortemente coinvol< nelle contrapposizioni 15 ideologiche fra liberalismo borghese e comunismo marxista, tra fascismo e democrazia. Dopo l’affermazione dei regimi totalitari, mol< intelleFuali russi e tedeschi abbandonarono i propri paesi per rifugiarsi all’estero, sopraFuFo negli Sta< Uni<. L’EUROPA DEGLI ANNI ‘30: TOTALITARISMI E DEMOCRAZIA Negli anni ’30, in coincidenza con la crisi economica, la democrazia rischiò di vedere le sue is<tuzioni e le sue culture cancellate dall’Europa con<nentale a causa dei regimi autoritari che si erano afferma< in mol< Sta< dell’Europa mediterranea e orientale. Nell’opinione pubblica si diffuse la convinzione che i sistemi democra<ci fossero troppo deboli per tutelare gli interessi nazionali e inefficien< per garan<re il benessere dei ciFadini. CaraFeris<ca fondamentale dei movimen< e dei regimi convenzionalmente chiama< fascis< era il tenta<vo di proporsi come artefici di una propria rivoluzione, di dare vita a un nuovo ordine poli<co e sociale: sul piano dell’organizzazione poli<ca significava accentramento del potere nelle “Alla ricerca del tempo perduto” di Proust, “Ulisse” di Joyce e “La montagna incantata” di Mann (Rappresentare i 15 problemi e le angosce dell’uomo del ’900). 16 mani di un capo, struFura gerarchica dello Stato, inquadramento della popolazione nelle organizzazioni di massa, rigido controllo sull’informazione e sulla cultura. Sul piano economico, diceva di aver inventato una “terza via” fra capitalismo e comunismo, ma non fu mai cosi, ma l’unica novità fu la soppressione della libera dialeCca sindacale e un complessivo rafforzamento dell’intervento statale in economia. Nonostante un’inconsistenza teorica, il fascismo e i regimi ad esso affini furono polo d’aFrazione per gli stra< sociali intermedi in quanto rappresentavano una sorta di protezione contro il senso di schiacciamento e di anonimato provocato dai processi di massificazione: grazie alla pretesa di dominare in modo “totale” la società erano in grado di condizionare i comportamen< e la mentalità dei ciFadini. Un’altra caraFeris<ca dei regimi totalitari fu la scarsa o nulla considerazione del valore della vita umana e della dignità dell’individuo. Si affermò la tendenza a risolvere i problemi con la forza, con le deportazioni e i campi di concentramento, e lo sterminio di intere popolazioni o gruppi sociali. Pra<che che non erano del tuFo estranee all’Europa di inizio ’900 e con la prima guerra mondiale i gruppi dirigen< e le opinioni pubbliche cominciarono a ragionare in termini di salute e di efficienza colleCva più che di benessere dei singoli: la comunità nazionale era un’en<tà colleCva la cui integrità andava tutelata a ogni costo, eliminando qualsiasi corpo estraneo o amputando presunte par< “malate”. Vennero ripresi i principi dell’eugene=ca, una teoria nata della seconda metà dell’800 da Francis Galton, che sostenevano la necessità di un perfezionamento non spontaneo della specie umana aFraverso pra<che simili a quelle adoFate per gli animali e per le piante: selezioni e incroci per far prevalere nella trasmissione ereditaria i caraFeri posi<vi su quelli nega<vi. Inizialmente non era necessariamente legata al nazionalismo o alle ideologie razziste ma le sue applicazioni più inquietan< furono adoFate nei primi del ‘900 (Divieto di matrimoni fra soggeC sani e portatori di malaCe ereditarie, sterilizzazione di ques< ul<mi, interven< chirurgici invasivi sul cervello di mala< mentali o presun< tali) negli Sta< Uni<, la Gran Bretagna e i paesi scandinavi. Nella Germania nazista le misure di sterilizzazione forzata e la soppressione di individui mala< faceva parte del progeFo di una società basata sulla purezza della razza “eleFa” e sulla sua vocazione al dominio. Con diverse mo<vazioni ma con simili conseguenze furono le poli<che di sterminio adoFate nell’Unione Sovie<ca di Stalin, dove le viCme erano scelte su basi ideologiche e di classe (Popolazioni furono sterminate in blocco perché ritenute poli<camente infide). Adolf Hitler era inizialmente un personaggio semi sconosciuto. Nel 1923 finì in prigione per aver tentato di organizzare un colpo di Stato a Monaco di Baviera mentre era capo del ParHto nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi, gruppo che rimase marginale fino al 1930. Dopo questo fallimento cercò di dare al par<to più rispeFabilità basandosi sull’esempio di Mussolini in Italia. di dare al par<to un volto più “rispeFabile”. Hitler ha esposto i suoi progeC a lungo termine nel libro “Mein Kampf”, scriFo nei mesi del carcere, pubblicato nel 1925 e des<nato a diventare una sorta di testo sacro del nazismo: credeva nell’esistenza di una razza superiore e conquistatrice, quella ariana, progressivamente inquinata dall’unione con le razze “inferiori”. I caraFeri originari dell’arianesimo si erano conserva< solo nei popoli nordici, in par<colare nel popolo tedesco che avrebbe dovuto dominare sull’Europa e sul mondo, mo<vo per cui era necessario eliminare i nemici interni (Per primi gli ebrei, considera< “popolo senza patria” e i portatori della dissoluzione morale). Il programma aveva trovato scarsi consensi nella Germania di Weimar e nelle elezioni del 1928 i nazis< oFennero appena il 2,5% dei vo<. Con lo scoppio della grande crisi economica la maggioranza dei tedeschi perse fiducia nella Repubblica permeFendo ai nazis< di far leva sulla paura della grande borghesia, sulla frustrazione dei ce< medi e sulla rabbia dei disoccupa<. Nel SeFembre 1930 il cancelliere Heinrich Brüning convocò nuove elezioni per fronteggiare gli effeC della crisi economica e i vo< per i nazis< incrementarono fino al 18,3% . Il collasso della Repubblica 17 Ques< fenomeni colpirono l’Occidente ma la denuncia dello stalinismo non ebbe rilievo negli ambien< democra<ci e socialis< a causa della scarsità di informazioni reali e di pregiudizi ideologici. La grande crisi aveva distruFo le basi economiche della cooperazione fra vin< e vincitori e fra Europa e Sta< Uni<, l’avvento al potere di Hitler diede un colpo defini<vo all’equilibrio internazionale. La prima importante decisione del governo nazista in materia di poli<ca estera fu, nell’oFobre ’33, il ri<ro della delegazione tedesca dalla conferenza internazionale di Ginevra dove le grandi potenze cercavano di giungere a un accordo sulla limitazione degli armamen<. Il ri<ro della Germania dalla Società delle Nazioni destarono allarme in tuFa Europa. Fino al 1933 la poli<ca estera dell’URSS aveva una linea dura: rifiuto dei traFa< di Versailles e nessuna dis<nzione fra Sta< fascis< e democrazie borghesi. I successi di Hitler, che non aveva mai mai nascosto l’os<lità nei confron< della Russia, indussero Stalin a intraprendere la strada della cooperazione internazionale. Nel SeFembre ’34 l’Urss entrò nella Società delle Nazioni e nel Maggio ’35 s<pulò un’alleanza militare con la Francia. In nome della loFa al fascismo fu incoraggiata la formazione di alleanze (Fron< popolari) tra i comunis< e le forze socialiste e democra<co-borghesi. Nel 1936 governi di fronte popolare si formarono, prima in Spagna, poi anche in Francia. L’avvicinamento fra l’URSS e le democrazie e il rilancio della poli<ca di sicurezza colleCva non riuscirono a fermare l’aggressione dell’Italia fascista all’E<opia (1935) e la reintroduzione delle truppe tedesche nella Renania “smilitarizzata” da parte di Hitler (1936). Fra il 1936 e il 1939, la Spagna fu sconvolta da una guerra civile a causa di antagonismi ideologici fra democrazia e fascismo, fra rivoluzione sociale e reazione conservatrice. Dopo la fine della diFatura di Primo de Rivera e la caduta della monarchia, la Spagna aveva aFraversato un periodo di instabilità economico-sociale e un fallito colpo di Stato militare. Era l’unico paese in cui il maggiore sindacato (CNT) fosse controllato dagli anarchici ma quello in cui si faceva sen<re il peso dell’aristocrazia terriera, che possedeva oltre il 40% delle terre col<vate ed era streFamente legata a una Chiesa conservatrice e tradizionalista. Le forze poli<che, divise su tuFo, erano accomunate da una concezione strumentale della democrazia che portava a rispeFare i verdeC eleForali solo quando erano favorevoli alla propria parte. Nel febbraio 1936, le sinistre unite in una coalizione di Fronte popolare si affermarono nelle elezioni poli<che facendo esplodere le tensioni in tuFo il paese: un gruppo di militari decise di ribellarsi al governo repubblicano guida< da cinque generali, tra cui Francisco Franco, prendendo inizialmente il controllo di gran parte della Spagna occidentale. Italia e Germania aiutarono gli insor< franchis<, inviando 50 mila “volontari”, materiale bellico, aerei e pilo<. Franco guadagnò l’appoggio delle gerarchie ecclesias<che, dell’aristocrazia terriera e di parte della borghesia moderata, realizzava l’unità di tuFe le destre in un par<to unico (Falange nazionalista) mentre il Fronte popolare vedeva allontanarsi i seFori della borghesia progressista inizialmente favorevoli alla Repubblica. La guerra civile finì dopo tre anni, a causa delle discrepanze tra comunis< e anarchici, e le conseguenze furono circa 500 mila mor< (Senza contare le viCme di una repressione protraFasi per mol< anni), quasi 300 mila emigra< poli<ci e un dissesto economico incalcolabile. Terminata pochi mesi prima dello scoppio del secondo confliFo mondiale, ne rappresentò un preludio: prefigurò in parte gli schieramen< (URSS e democrazie contro gli Sta< fascis<) e ne an<cipò il caraFere di “guerra ideologica”. Furono adoFa< per la prima volta metodi e tecniche di guerra (Bombardamen< dei centri abita<, rappresaglie e rastrellamen<) che sarebbero sta< sperimenta< a livello mondiale. 20 Negli stessi anni della guerra di Spagna, la linea della pacificazione (Appeasement) seguita da Francia e Gran Bretagna nei confron< della Germania finì con l’incoraggiare la poli<ca espansionis<ca del nazismo: nel 1938 venne annessa l’Austria alla Germania, subito dopo Hitler avanzò pretese sul territorio cecoslovacco abitato da popolazione tedesca (Sude=) che furono acceFate tramite gli accordi di Monaco (SeFembre ’38), aprendo la strada a un nuovo confliFo mondiale. IL REGIME FASCISTA IN ITALIA Nella seconda metà degli anni ’20, quando in Germania il nazismo era ancora una forza marginale, in Italia lo Stato fascista era una realtà già consolidata nelle sue struFure giuridiche e nelle sue manifestazion. CaraFeris<ca del regime era la sovrapposizione di due struFure e di due gerarchie parallele: quella dello Stato, con la struFura del vecchio Stato monarchico, e quella del par<to con le ramificazioni. Mussolini, al di sopra di tuC, esercitava il potere unendo la qualifica di capo del governo e di “duce” del fascismo: per trasmeFere la sua volontà dal centro alla periferia si servì dei prefeC (Funzionari pubblici che rappresentano il governo in ogni Provincia), per controllare l’ordine pubblico e reprimere il dissenso provvedeva la Polizia di Stato, mentre la Milizia aveva funzione decora<va e “ausiliaria” (Dissimilmente dalle SS tedesche). Seppur privo di autonomia poli<ca, dalla fine degli anni ’20, l’iscrizione al par<to non fu più segno di appartenenza a un’élite e divenne una pra<ca di massa, necessaria anche per oFenere un posto nell’amministrazione statale. Gli organismi collaterali erano Opera nazionale dopolavoro (Si occupava del tempo libero dei lavoratori organizzando gare spor<ve, gite e altre aCvità ricrea<ve), Fasci giovanili (18-21 anni), Gruppi universitari fascis=, Opera nazionale Balilla (Inquadrava tuC i ragazzi fra gli oFo e i dicioFo anni e li divideva in “figli della lupa”, “balilla” e “avanguardis<”. Forniva un supplemento di educazione fisica e istruzione premilitare e un indoFrinamento ideologico di base. I corpi femminili erano divise in figlie della lupa, piccole italiane, giovani italiane). Queste struFure svolsero la funzione di fascis<zzazione del paese per plasmare la società. Il maggiore ostacolo per questo processo era la Chiesa e Mussolini cercò un’intesa col Va<cano, approfiFando della disponibilità data dalle gerarchie ecclesias<che nei confron< del regime, per chiudere lo storico contrasto fra Stato e Chiesa. Le traFa<ve, condoFe in segreto, si conclusero l’11 febbraio 1929 con la s<pula dei paI lateranensi che si ar<colavano in tre par< dis<nte: - TraJato internazionale con cui la Santa Sede poneva ufficialmente fine alla “ques<one romana” riconoscendo lo Stato italiano e la sua capitale. Veniva riconosciuta la sovranità sullo “Stato della CiFà del Va<cano”. - Convenzione finanziaria con cui lo Stato si impegnava a corrispondere alla Santa Sede una somma equivalente all’importo delle annualità previste dalla “legge delle guaren<gie” dopo la presa di Roma. - Concordato che regolava i rappor< interni fra la Chiesa e il Regno d’Italia intaccando il caraFere laico dello Stato. Il concordato stabiliva che i sacerdo< fossero esonera< dal servizio militare, i pre< spreta< esclusi dagli uffici pubblici, il matrimonio religioso doveva avere effeC civili e che l’insegnamento della doFrina caFolica fosse considerato “fondamento e coronamento” dell’istruzione pubblica. Mussolini consolidò così la sua area di consenso e la estese anche a stra< della popolazione rimas< fino ad allora os<li o indifferen<, mentre la Chiesa acquistò una posizione di privilegio nei rappor< con lo Stato in materie importan< come la legislazione matrimoniale e l’istruzione. Un altro limite era rappresentato dalla monarchia: per quanto fosse nei faC esautorato, il re restava la più alta autorità dello Stato e gli speFava il comando supremo delle forze armate, la 21 scelta dei senatori e il diriFo di nomina e revoca del capo del governo, diventando l’elemento di debolezza del fascismo. l’Italia del ventennio fascista osservata aFraverso i materiali prodoC durante il regime da un’immagine di paese largamente fascis<zzato. I da< reali mostrano che l’Italia con<nuò a svilupparsi lentamente ma secondo le linee di tendenza comuni a tuC i paesi dell’Europa occidentale. La popolazione aumentò a 44 nel 1939 e si accentuò l’urbanizzazione ma era ancora un paese arretrato rispeFo alle maggiori potenze europee (Un’automobile ogni 100 abitan<, un telefono ogni 70 abitan< e un apparecchio radio ogni 40). L’arretratezza economica e civile fu funzionale al regime e all’ideologia fascista che predicava il “ritorno alla campagna”, difese ed esaltò la funzione del matrimonio e della famiglia, come garanzia di stabilità e come base per lo sviluppo demografico. Dall’altro lato era proieFato verso il futuro, verso la creazione dell’“uomo nuovo”, dove l’intera popolazione fosse inquadrata nelle struFure del regime e pronta a combaFere per la grandezza nazionale. L’arretratezza non rese facile far giungere il messaggio fascista nei piccoli paesi dove non arrivavano le strade carrozzabili, non c’erano scuole e non si sapeva che cosa fossero la radio e il cinema. La scarsezza delle risorse impediva al regime di pra<care una poli<ca economica e sociale capace di conquistare il consenso delle classi lavoratrici, i vantaggi offer< dall’organizzazione del dopolavoro e i miglioramen< nel campo della previdenza sociale (Pensioni, ferie pagate) non bastarono a compensare il calo dei salari reali. I maggiori successi in termini di partecipazione e di consenso, li oFenne presso la media e piccola borghesia: i ce< medi furono favori< dalle scelte economiche del regime e si videro aprire nuovi canali di ascesa sociale dalla mol<plicazione degli appara< burocra<ci. Erano i più sensibili ai valori esalta< dal fascismo e i più dispos< a recepirne i messaggi e farli propri. Il fascismo dedicò un’aFenzione par<colare alla scuola, già ristruFurata nel 1923 con la riforma GenHle che accentuava la severità degli studi e sanciva il primato delle discipline umanis<che, considerate il principale strumento di formazione della classe dirigente. Una volta consolida, l’istruzione venne fascizzata sorvegliando gli insegnan<, controllando i libri scolas<ci e imponendo tes< unici per le elementari. L’università ebbe una maggiore autonomia ma nel 1931 fu imposto a tuC i docen< il giuramento di fedeltà al regime (Solo una dozzina rifiutarono). Più direFo e capillare fu il controllo sull’informazione e sui mezzi di comunicazione di massa: il controllo sulla carta stampata e sulle trasmissioni radiofoniche, affidate a un ente di Stato (EIAR), diventarono canali di propaganda. Il fascismo si presentò come portatore di nuove soluzioni economiche, esempio fu la formula del corpora=vismo: un’idea di matrice medioevale (Esperienza delle corporazioni di ar< e mes<eri che aveva già ispirato nell’800 il pensiero sociale caFolico) in cui la ges<one direFa dell’economia speFava alle categorie produCve organizzate in “corporazioni” dis<nte per seFori di aCvità, comprenden< imprenditori e i lavoratori dipenden<. In realtà un vero sistema corpora<vo non fu mai effeCvo. Quando vennero is<tuite, nel 1934, venne creata una nuova burocrazia sovrapposta a quelle già esisten< e priva di qualsiasi rappresenta<vità. Il fascino non mantenne una linea di poli<ca economica coerente: nei primi anni di governo aveva adoFato una linea liberista, di forte incoraggiamento all’inizia<va privata, ma a par<re dal 1925 si proieFò sul protezionismo, sulla deflazione, sulla stabilizzazione monetaria e su un accentuato intervento statale nell’economia. La prima misura fu l’aumento del dazio sui cereali per raggiungere l’autosufficienza nella produzione dei cereali aFraverso l’aumento della superficie col<vata a frumento e mediante l’impiego di tecniche più avanzate (La produzione aumentò del 50%). Furono sacrifica< altri seFori come l’allevamento e le colture rivolte all’esportazione. 22 non avevano più risorse economiche e capacità militari per mantenere il controllo sui loro imperi, 17 dove si mol<plicavano i segni di insofferenza nei confron< dei dominatori: la partecipazione alla guerra e il contaFo con altre culture poli<che, e i loro ideali nazionali e democra<ci, avevano faFo crescere la consapevolezza di poter reclamare nuovi diriC e di aver mutato i rappor< di forza con i colonizzatori, facendo nascere nuovi movimen< indipenden<s<: - L’Impero turco fu dras<camente ridimensionato dal punto di vista territoriale ed era oggeFo di un tenta<vo di spar<zione in zone di influenza da parte di Gran Bretagna e Francia, che occupavano militarmente alcune regioni cos<ere e manovravano un governo centrale inefficiente e corroFo. Mustafà Kemal guidò un movimento di riscossa nazionale e, dopo aver sconfiFo la Grecia, alla Turchia venne riconosciuta la sovranità l’Anatolia e la Tracia orientale che garan<va il controllo degli StreC. Nel 1923, dopo aver abolito il sultanato, venne approvata la repubblica e una conseguente poli<ca di modernizzazione e laicizzazione del paese (Alfabeto la<no e sistema di istruzione europeo). Il crollo dell’Impero oFomano ebbe conseguenze nelle regioni rimaste formalmente soFo la sua autorità (Area compresa fra la Turchia, la sponda sud-orientale del Mediterraneo, il Mar Rosso e il Golfo Persico), abitate da popolazioni arabe di religione musulmana. Il nazionalismo arabo era ancora un movimento legato più al pres<gio dei capi tribali che alla spinta delle popolazioni. I britannici si accordarono con Hussein Ibn Ali, emiro della Mecca, promeFendo l’appoggio alla creazione di un grande regno arabo indipendente comprendente l’Arabia, la Mesopotamia e la Siria in cambio di una collaborazione militare contro l’Impero oFomano. Le vere intenzioni della Gran Bretagna erano diverse perché doveva tener conto degli interessi della Francia in quella regione. Nel Maggio 1916 francesi e britannici firmarono il paJo Sykes-Picot per la spar<zione in zone d’influenza di tuFa la zona: alla Francia la Siria e il Libano, alla Gran Bretagna la Mesopotamia e la Pales<na. Il governo britannico aveva riconosciuto il diriFo del movimento sionista a creare in Pales<na una sede nazionale per il popolo ebraico (1917) dando il via agli scontri tra i coloni ebrei e i residen< arabi e, dopo l’avvio delle persecuzioni razziali in Europa, il flusso degli immigra< ebrei aumentò suscitando ulteriori tensioni e risen<men< nella popolazione araba. - Durante il primo confliFo mondiale il governo britannico aveva premiato l’India per il lealismo della classe dirigente locale, promeFendo “una crescente associazione degli indiani a ogni ramo dell’amministrazione e un graduale sviluppo di forme di autogoverno”. Promesse che vennero aFuate in modo lento e parziale che non bastarono a bloccare lo sviluppo del movimento nazionalista. Nell’Aprile 1919, nella ciFà di Amritsar, le truppe britanniche repressero una manifestazione popolare di protesta (Quasi 400 mor<) portando alla defini<va fraFura fra colonizzatori e colonizza<. - Il Congresso nazionale indiano si era trasformato in un vero e proprio par<to nel 1920 grazie al suo leader, Gandhi, che adoFava nuove forme di loFa basate sulla resistenza passiva, sulla non violenza e sul rifiuto di qualsiasi collaborazione con i dominatori. Alla crescita del movimento indipenden<sta i britannici risposero alternando gli interven< repressivi alle concessioni: nel 1919, con il Government of India Act, venne riconosciuto maggiore spazio agli indiani nei ranghi dell’amministrazione aFraverso un limitato decentramento e venne consen<ta a una ristreFa minoranza l’elezione di propri organismi rappresenta<vi. Nel 1935 il diriFo di voto fu esteso al 15% circa della popolazione e vennero amplia< gli spazi di autonomia delle singole province. - Negli anni ’20 e ’30 ci fu in Cina una lunga guerra civile: fino alla metà degli anni ’20 il contrasto principale fu quello tra i nazionalis< del Kuomintang (Sun Yat-sen e i comunis<) e il governo Nel corso della prima guerra mondiale Gran Bretagna e Francia avevano usufruito di materie prime e di uomini da 17 mandare al fronte. Circa 400 mila africani e 70 mila fra indocinesi e caraibici avevano combaFuto nell’esercito francese, La Gran Bretagna aveva mobilitato un milione e trecentomila indiani. 25 centrale. Negli anni successivi, tra il Kuomintang (Con a capo Chiang Kai-shek) e i comunis<. SconfiFo il governo centrale, Chiang proseguì nella sua loFa contro i comunis< relegando in secondo piano quella contro i giapponesi che, nel ’31, avevano invaso la Manciuria. Nell’oFobre 1934, 100 mila militan< comunis< decisero di trasferirsi nella regione seFentrionale dello Shanxi. Ne giunsero a des<nazione meno di 10 mila, dopo una “lunga marcia” nel 1935. Nel ’37, con il favore dell’URSS, comunis< e nazionalis< si accordarono in funzione an<giapponese. - La partecipazione alla prima guerra mondiale aveva consen<to al Giappone di consolidare la sua posizione di massima potenza asia<ca e la sua struFura produCva, grazie alla conquista di nuovi merca< non più raggiungibili dalle potenze europee impegnate nel confliFo. La spinta verso la poli<ca imperialis<ca par<va dal dinamismo dell’economia (Zaibatsu - Grandi concentrazioni industriali e finanziarie), dalla crescita demografica e dalla struFura della grasse dirigente (Grande industria, grande proprietà terriera e al< gradi militari). Durante il primo decennio postbellico il quadro is<tuzionale era di <po liberale, ma alla fine degli anni ’20 cominciarono a comparire movimen< autoritari di destra, parte di una cultura tradizionalista. Nel decennio successivo il paese assunse una collocazione internazionale molto vicina a quella delle potenze fasciste europee. Il Giappone aFaccò la Cina nel luglio del 1937 occupando la capitale Nanchino in cui verrà insidiato un governo-fantoccio. L’avanzata proseguì sistema<camente ma lentamente: alla vigilia dello scoppio della seconda guerra mondiale in Europa, nell’estate del ’39, il Giappone (Entrato in guerra nel ’41) occupava buona parte della zona cos<era, tuFo il Nord-Est industrializzato e quasi tuFe le ciFà più importan<. - Nell’Africa subsahariana il dominio coloniale arrivò più tardi e non dava segni di crisi, mentre permaneva la condizione di marginalità economica e di subalternità poli<ca delle popolazioni africane, anche con il miglioramento delle condizioni sanitarie e di una lenta diffusione dell’istruzione. All’inizio degli anni ’20 nacquero le prime organizzazioni autonome dei na<vi e, tra il ’19 e il ’27, quaFro congressi panafricani discussero i problemi comuni e lanciarono per la prima volta proposte di federazione fra le colonie. Emersero nuove figure di intelleFuali che avrebbero svolto nel secondo dopoguerra un ruolo decisivo nelle loFe per l’indipendenza dei loro paesi. - In America La<na la grande crisi ebbe conseguenze nega<ve, ma s<molò in alcuni paesi un processo di diversificazione produCva. Sul piano poli<co, mol< Sta< videro l’affermarsi di diFature personali o di governi più o meno autoritari. Nel 1930 in Argen<na un colpo di Stato militare rovesciò le is<tuzioni democra<che, mentre in Brasile una rivolta popolare contro le vecchie oligarchie portò al potere Getulio Vargas, fondatore di un regime populista. Un regime simile si è poi affermato in Argen<na, negli anni della seconda guerra mondiale, con l’ascesa di Perón. LA SECONDA GUERRA MONDIALE Nell’estate del 1939 lo scoppio di una nuova guerra fra le potenze europee era un evento aFeso: le democrazie occidentali credevano di aver placato la Germania con la cessione dei Sude<, ma Hitler aveva già pron< i piani per l’occupazione della Boemia e della Moravia (Parte più popolosa e industrialmente più sviluppata della Repubblica cecoslovacca). La distruzione dello Stato cecoslovacco determinò una svolta nell’aFeggiamento delle potenze occidentali portando Gran Bretagna e Francia ad abbandonare la poli<ca dell’appeasement per un’offensiva diploma<ca per 26 contenere l’aggressività delle potenze dell’Asse . Un’adesione sovie<ca alla coalizione an<tedesca 18 avrebbe bloccato i piani di Hitler, che temeva il ripetersi dello scenario della prima guerra mondiale, ma le traFa<ve fra l’URSS e i franco-britannici furono compromesse da una serie di reciproche diffidenze. Il 23 agosto 1939, i ministri degli Esteri tedesco e sovie<co firmarono a Mosca un paFo di non aggressione fra i due paesi, scatenando stupore e dissenso. Il 1° seFembre 1939 le truppe tedesche aFaccarono la Polonia. Il 3 seFembre Gran Bretagna e Francia dichiararono guerra alla Germania, mentre l’Italia si proclamò “non belligerante”. Nelle prime due seCmane di guerra Hitler conquistò la Polonia con una serie di bombardamen< aerei, primo esempio di guerra-lampo (Uso congiunto dell’aviazione e delle forze corazzate). Nei primi mesi la guerra si svolse solo al Nord: l’URSS, dopo aver occupato la parte orientale della Polonia, aFaccò la Finlandia e la Germania occupò la Danimarca e la Norvegia. L’aFacco tedesco alla Francia ebbe inizio il 10 maggio 1940, oFenendo successo a causa della concezione sta<ca della guerra da parte dei comandi francesi e dalla possibilità di invadere Belgio, Olanda e Lussemburgo. La Francia firmò l’armis<zio il 22 Giugno e il paese fu soFo il comando del nuovo regime autoritario cos<tuito dal generale Pétain, di faFo subordinato alla Germania. La Gran Bretagna, rimasta sola a combaFere contro le potenze fasciste, riuscì soFo la guida di Churchill a respingere il tenta<vo tedesco di invadere le isole britanniche: fu scatenata la prima grande baFaglia aerea, per cercare di compensare la superiorità navale inglese, che fu contrastata con successo dalla Royal Air Force. L’Italia gius<ficò l’inadempienza agli impegni del “paFo d’acciaio” con l’impreparazione ad affrontare un confliFo di lunga durata (Equipaggiamento impoverito dalle imprese in E<opia e in Spagna). Di fronte al crollo della Francia, Mussolini pensò che l’esito del confliFo fosse deciso e vinse le resistenze della classe dirigente (Re, gerarchi dell’ala “moderata” del fascismo, gli industriali e i ver<ci militari) che fino ad allora si erano mostra< meno favorevoli all’entrata in guerra. L’opinione pubblica, prima avversa all’alleanza con la Germania, cambiò orientamento di fronte alla prospeCva di una viForia oFenibile col minimo sforzo. Il 10 giugno 1940 il duce annunciò l’entrata in guerra contro Francia e Gran Bretagna. L’offensiva sulle Alpi contro la Francia (21 Giugno), nonostante la superiorità numerica, fu prova di inefficienza. L’armis<zio richiesto dalla Francia prevedeva solo qualche minima reCfica di confine. In Africa seFentrionale, l’aFacco lanciato dal territorio libico contro le forze britanniche in EgiFo, doveFe arrestarsi per l’insufficienza dei mezzi corazza<. Mussolini era convinto che l’Italia dovesse combaFere una sua guerra, parallela e non subalterna a quella tedesca, e rifiutò l’aiuto da parte della Germania. Le forze armate italiane non erano in grado di affrontare questa guerra e ne fu esempio l’aggressione alla Grecia: aFaccò senza un’adeguata preparazione e senza alcuna gius<ficazione plausibile, scontrandosi con una resistenza più dura del previsto che costrinse l’esercito a ripiegare in territorio albanese. L’esito fallimentare della campagna diede un grave colpo all’immagine guerriera del regime e alla popolarità di Mussolini. Nel dicembre ’40 i britannici contraFaccarono sul fronte libico e conquistarono l’intera Cirenaica facendo perdere 140 mila uomini agli italiani. Mussolini fu costreFo ad acceFare l’aiuto della Germania con cui riconquistò il territorio. Nel mentre, l’Africa orientale italiana (E<opia, Somalia, Eritrea), difficilmente difendibile per la sua posizione geografica, stava venendo conquistata dalla Gran Bretagna e l’Italia fu costreFa a rinunciare a ogni sogno di “guerra parallela” diventando solo alleato subalterno. Le stesse cose successero nei Balcani, dove il fallimento delle inizia<ve italiane aprì la strada all’intervento della Germania. La Jugoslavia e la Grecia furono conquistate e i britannici furono Mussolini era convinto che l’Italia non potesse rimanere neutrale e decise di acceFare la proposta della Germania di 18 far diventare il paJo d’acciaio in un paFo militare in cui le par< si dovevano aiutare in campo di guerra. 27 approvvigionamen<. Gli allea< riuscirono a limitare le perdite grazie a una serie di innovazioni tecniche (Radar, bombe di profondità e razzi an<sommergibile) e a una migliore organizzazione dei traspor< via mare. A segnare la svolta furono però due baFaglie di terra combaFute, quasi contemporaneamente, in EgiFo e in Russia: - Nell’estate del 1943, in Nord Africa, le truppe italo-tedesche comandate dal generale Rommel, erano arrivate a circa cento chilometri da Alessandria minacciando la presenza britannica in EgiFo. I due eserci< si affrontarono ad El Alamein, fino ai primi di Novembre, quando gli italo- tedeschi cominciarono una lunga ri<rata a causa di un’inferiorità di uomini e mezzi. - Nell’agosto 1942, le armate tedesche misero soFo assedio Stalingrado (Che avrebbe permesso di usufruire delle risorse minerarie e dei pozzi petroliferi). In novembre, i sovie<ci contraFaccarono e chiusero i tedeschi in una morsa. Hitler ordinò la resistenza a oltranza, sacrificando un’intera armata che, all’inizio di febbraio, fu costreFa ad arrendersi. La controffensiva sovie<ca travolse anche il corpo di spedizione italiano, schierato nella regione del Don: male armate e peggio equipaggiate, quasi sprovviste di mezzi motorizza<, le truppe italiane furono costreFe a una ri<rata durante l’inverno russo, perdendo circa la metà degli uomini. Nel novembre 1942, un con<ngente anglo-americano era sbarcato in Algeria e in Marocco accerchiando le forze dell’Asse: la strategia di Churchill, che intendeva chiudere prima lo scontro in Africa per poi intervenire in Europa meridionale, si scontrava con le richieste di Stalin, che premeva per uno sbarco immediato nell’Europa del Nord per alleggerire la pressione tedesca sull’URSS. Si tenne una conferenza a Casablanca, in cui si decise di aFaccare prima l’Italia, considerata l’obieCvo più facile. Gli anglo-americani si accordarono sul principio della resa incondizionata da imporre agli avversari: la guerra sarebbe con<nuata fino alla viForia totale, senza paFeggiamen< di sorta con la Germania o con i suoi allea<. La campagna militare contro l’Italia iniziò il 12 giugno 1943 con la conquista dell’isola di Pantelleria. Un mese dopo, i primi con<ngen< anglo-americani sbarcavano in Sicilia e si impadronirono dell’isola, determinando il crollo del regime fascista e dell’occupazione da parte dei tedeschi dell’Italia centro-seFentrionale. I sovie<ci, dopo aver respinto l’ul<ma offensiva tedesca nella baFaglia di Kursk, iniziarono una lenta ma inarrestabile avanzata che si sarebbe conclusa nell’aprile-maggio 1945 con la conquista di Berlino. Con lo sbarco in Normandia (6 Giugno 1944), gli allea< prepararono una serie di massicci bombardamen< e lanci di paracadu<s< riuscendo a far sbarcare in territorio francese, nelle successive quaFro seCmane, oltre un milione e mezzo di uomini. Dopo due mesi di combaCmen<, gli allea< sfondarono le difese tedesche. In seFembre la Francia era quasi completamente liberata. Poche seCmane prima Hitler era miracolosamente scampato a un aFentato organizzato da un gruppo di al< ufficiali dell’esercito e di esponen< della vecchia classe dirigente tedesca, nell’ul<mo tenta<vo di separare le sor< della Germania da quelle del nazismo e del diFatore. Lo sbarco anglo-americano in Sicilia rappresentò il colpo di grazia per il regime fascista, già crisi a causa degli insuccessi militari. Un segnale allarmante era quello degli scioperi operai che, partendo da Torino, avevano interessato tuC i maggiori centri industriali del Nord (1943). A determinare la caduta di Mussolini fu una sorta di congiura che faceva capo al re e vedeva tuFe le componen< moderate del regime (Industriali, militari, gerarchi dell’ala monarchico-conservatrice) unite ad alcuni esponen< del mondo poli<co prefascista, nel tenta<vo di portare il paese fuori da una guerra ormai persa e di assicurare la sopravvivenza della monarchia. Il pomeriggio del 25 luglio, 30 Mussolini fu convocato da ViJorio Emanuele III, invitato a rassegnare le dimissioni e immediatamente arrestato dai carabinieri. Pietro Badoglio fu nominato capo del governo, già comandante delle forze armate. L’annuncio della caduta di Mussolini fu accolto dalla popolazione con esultanza non tanto per la riconquistata libertà, ma per la speranza di una prossima fine della guerra: il governo confermò che sarebbe con<nuato lo sforzo bellico ma, contemporaneamente, cercò di fare delle traFa<ve segrete con gli allea< per raggiungere una pace separata. L’unica possibilità fu quella della resa soFoscriFa il 3 seFembre 1943. Fu resa nota l’8 seFembre, in coincidenza con lo sbarco di un con<ngente alleato a Salerno. Il re e il governo abbandonavano la capitale per raggiungere la protezione degli allea< appena sbarca< in Puglia, ma i tedeschi intanto procedevano all’occupazione dell’Italia centro-seFentrionale. Abbandonate a sé stesse, con ordini vaghi e contraddiFori, le truppe si sbandarono senza poter opporre ai tedeschi una resistenza organizzata . L’Italia fu divisa in due en<tà statali dis<nte, in guerra l’una contro l’altra: nelle 22 regioni meridionali già liberate dagli anglo-americani (il “Regno del Sud”) il vecchio Stato monarchico sopravviveva col suo governo e la sua burocrazia, soFo lo streFo controllo degli allea<, nell’Italia seFentrionale il fascismo rinasceva soFo la protezione degli occupan< nazis<. Roma fu dichiarata “ciFà aperta” (Zona non di guerra) ma non evitò di subire l’occupazione nazista e i bombardamen< allea<. Il 12 seFembre 1943, un commando di aviatori e paracadu<s< tedeschi liberò Mussolini dalla prigionia di Campo Imperatore e lo condusse in Germania. Pochi giorni dopo, il duce annunciò la nascita di un nuovo Stato fascista, la Repubblica Sociale Italiana, con un nuovo esercito e un nuovo par<to fascista. Il regime repubblicano trasferì i suoi ministeri da Roma, troppo vicina al fronte, nella zona del Lago di Garda (Da qui la denominazione di Repubblica di Salò) cercando di accreditarsi come unico legiCmo rappresentante dell’Italia in contrapposizione al governo del Sud e alla monarchia. Il nuovo ParHto Fascista Repubblicano cercò di guadagnare consensi e credibilità riesumando le parole del primo fascismo e lanciando un programma di socializzazione delle imprese industriali, ma non ci riuscì a causa della totale dipendenza dai tedeschi. Le sue forze armate erano impegnate a combaFere il movimento di Resistenza contro i tedeschi che stava nascendo nell’Italia occupata, facendo diventare le regioni del Centro-Nord luogo di guerra civile tra italiani che si sovrapponeva a quella degli eserci< stranieri. I par=giani agivano sopraFuFo lontano dai centri abita<, con aFacchi improvvisi e con azioni di sabotaggio ma erano presen< anche nelle ciFà con i Gruppi di Azione PatrioIca. Gli occupan< risposero con rappresaglie, par<colarmente violenta fu quella a Roma, nel marzo ’44, quando, in risposta a un aFentato in cui morirono 33 militari tedeschi, furono fucila< alle Fosse Ardea<ne 335 detenu<, ebrei, an<fascis< e militari badogliani. Le vicende della Resistenza si intrecciarono con quelle dei par<< an<fascis<, ricos<tui< in clandes<nità o riemersi dopo la caduta del fascismo . Fra il 9 e il 10 SeFembre, i rappresentan< di 23 sei par<< (PCI, PSIUP, DC, PLI, PDA, Democrazia del lavoro) si riunirono clandes<namente a Roma soFo la presidenza di Bonomi e cos<tuirono un Comitato di Liberazione Nazionale incitando la popolazione “alla loFa e alla resistenza [...] per riconquistare all’Italia il posto che le compete nel consesso delle libere nazioni”. Privi di una base organizzata nell’Italia libera, i par<< del CLN non avevano la forza per imporsi al governo Badoglio che, nell’OFobre ’43 dichiarò guerra alla Germania e oFenne la qualifica di “cobelligerante”. Roma fu inu<lmente difesa solo da alcuni repar< isola< ai quali si unirono gruppi di civili arma<. 22 Nell’estate del 1942 era sorto, dalla confluenza di diversi gruppi intermedi fra liberalismo progressista e socialismo, il 23 ParHto D’azione. 31 Il CNL era diviso al suo interno tra i par<< di sinistra, che avrebbero voluto eliminare subito la monarchia, e i gruppi modera<, che si sarebbero accontenta< dell’abdicazione di ViForio Emanuele III. Il contrasto fu sbloccato dall’inizia<va del leader comunista Palmiro TogliaI che, giunto in Italia dall’URSS dopo un esilio durato quasi vent’anni, propose di accantonare ogni pregiudiziale contro il re o contro Badoglio e di formare un governo di unità nazionale capace di concentrare le sue energie sulla loFa contro il nazifascismo . Il 24 Aprile viene formato il primo governo di unità 24 nazionale, presieduto sempre da Badoglio e comprendente i rappresentan< dei par<< del CLN. L’accordo prevedeva che ViForio Emanuele III, senza abdicare, si facesse da parte, delegando i suoi poteri al figlio Umberto, in aFesa che, a guerra finita, fosse il popolo a decidere la sorte dell’is<tuzione monarchica. Nel Giugno 1944, dopo che gli allea< avevano liberato Roma e procedevano verso le regioni centrali, Umberto assunse la luogotenenza generale del Regno. Badoglio si dimise e lasciò il posto a un nuovo governo guidato da Ivanoe Bonomi, presidente del CLN, permeFendo un collegamento fra i poteri legali dell’Italia liberata e il movimento di resistenza. Questa aCvità tes<moniava un’Italia decisa a rompere i pon< col fascismo e a dare un contributo aCvo alla causa alleata, ma era debole dal punto di vista militare: l’offensiva sul fronte italiano si bloccò lungo la linea goHca (Nuova linea difensiva tedesca fra Pesaro e La Spezia) a cui si aggiunsero i contras< fra le diverse componen< poli<che che sfociarono in aperto confliFo . 25 Nell’autunno 1944 la Germania poteva considerarsi sconfiFa: il fronte dei suoi allea< si stava sfaldando e i sovie<ci e i par<giani jugoslavi liberarono Belgrado, mentre i britannici sbarcavano in Grecia. L’offensiva alleata si era momentaneamente arrestata in Francia e in Italia. Il territorio del Reich non era ancora stato aFaccato da eserci< stranieri, ma era soFoposto a con<nui bombardamen< da parte degli allea< che avevano il dominio dell’aria (L’offensiva aerea aveva lo scopo di colpire la produzione industriale, il sistema di comunicazioni e di minare la capacità di resistenza) . Hitler si illuse fino all’ul<mo di poter rovesciare la situazione grazie all’impiego di 26 nuove “armi segrete” o per un’improvvisa roFura dell’“innaturale” coalizione fra l’URSS e le democrazie occidentali. Nonostante la concorrenzialità che si manifestava all’interno della “grande alleanza”, anglo- americani e sovie<ci con<nuarono a cercare accordi globali per la sistemazione dell’Europa postbellica: fu stabilito che la Germania sarebbe stata divisa provvisoriamente in quaFro zone di occupazione (Francese, britannica, statunitense e sovie<ca) e soFoposta a radicali misure di “denazificazione” e che i popoli dei paesi libera< avrebbero potuto esprimersi mediante libere elezioni. A metà gennaio, dopo un’ul<ma efficace controffensiva tedesca nelle Ardenne, gli anglo-americani riprendevano l’inizia<va sul fronte occidentale. I sovie<ci, dopo aver conquistato Varsavia, aFraversavano tuFo il restante territorio polacco. In quegli stessi giorni crollava anche il fronte italiano e, il 25 Aprile, mentre gli allea< sfondavano la linea go<ca, il CLN lanciava l’ordine dell’insurrezione generale contro il nemico in ri<rata da Milano. Mussolini fu caFurato mentre tentava di fuggire in Svizzera e fucilato dai par<giani il 28 Aprile, assieme ad altri gerarchi e alla sua La svolta di Salerno era concorde con la linea tenuta dall’URSS, che aveva già riconosciuto il governo Badoglio, ma 24 serviva anche a legiCmare il PCI come par<to nazionale. Lo scontro più grave si ebbe a Porzus, quando 17 membri della Brigata Osoppo (una formazione autonoma che 25 riuniva an<fascis< di orientamento caFolico, liberale e socialista) furono caFura< e fucila< da un reparto di par<giani comunis< perché ritenu< di ostacolo a una totale integrazione con le forze jugoslave agli ordini di Tito. Molte ciFà della Germania, fra cui Amburgo e Dresda, furono ridoFe a cumuli di macerie. Oltre 600 mila civili 26 morirono soFo i bombardamen<. 32 sulle aCvità industriali e il forte deficit del bilancio statale provocarono un aumento del costo della vita a cui seguirono rivendicazioni salariali e agitazioni operaie. Il Congresso rispose approvando nel 1947 il Tal-Hartley Act, legge di impronta conservatrice e an<sindacale che limitava la libertà di sciopero nelle industrie di interesse nazionale. Il lancio del piano Marshall irrigidì ulteriormente le contrapposizioni della guerra fredda, in quanto i des<natari degli aiu< erano tuC i paesi europei, compresi quelli dell’Est. I sovie<ci, convin< che l’aiuto promesso fosse un tenta<vo per affermare l’egemonia americana all’interno della loro area di influenza, respinsero il progeFo e imposero di fare altreFanto ai paesi dell’Europa orientale . 30 Per coordinare l’azione dei par<< “fratelli”, Stalin decise la formazione del Cominform (Ufficio d’informazione dei parHH comunisH) come una riedizione della Terza Internazionale che era stata sciolta nel ’43, in omaggio all’alleanza con le potenze democra<che. L’imposizione del modello poli<co-economico sovie<co ai paesi occupa< avvenne aFraverso una serie di forzature delle is<tuzioni democra<che, dove i comunis< ricoprivano tuFe le posizioni chiave, la graduale emarginazione degli altri par<< e al condizionamento e manipolazione delle elezioni. Dalla fine della guerra, la Germania era divisa in quaFro zone di occupazione, Berlino (All’interno dell’area sovie<ca) era a sua volta divisa in quaFro zone. Sta< Uni< e Gran Bretagna avviarono un’integrazione delle loro zone (Nuova moneta, liberalizzando l’economia e aiu< del piano Marshall) in quanto non c’era possibilità di intesa con i sovie<ci sul futuro del paese. Nel Giugno 1948 i sovie<ci chiusero gli accessi alla ciFà impedendone il rifornimento cercando di indurre gli occidentali ad abbandonare la zona ovest della ex capitale da loro occupata. La crisi si risolse senza uno scontro militare: gli americani organizzarono un ponte aereo per rifornire la ciFà, finché nel 1949 i sovie<ci tolsero il blocco inefficace. Nello stesso mese furono unificate tuFe e tre le zone occidentali della Germania e fu proclamata la Repubblica Federale Tedesca. Nell’aprile 1949, mentre era ancora aperta la crisi di Berlino, fu firmato a Washington il PaJo atlanHco, un’alleanza difensiva fra i paesi dell’Europa occidentale (Francia, Gran Bretagna, Belgio, Olanda, Lussemburgo, Norvegia, Danimarca, Islanda, Portogallo e Italia), gli Sta< Uni< e il Canada. Il paFo prevedeva un disposi<vo militare integrato composto da con<ngen< dei singoli paesi membri: la NATO (Organizzazione del traJato del Nord AtlanHco). Nel 1951 aderirono al paFo la Grecia e la Turchia, nel 1955 la Germania. L’URSS rispose stringendo con i paesi satelli< un’alleanza, il PaJo di Varsavia, basata anch’essa su un’organizzazione militare integrata. Mentre in Europa il confine fra i due blocchi si andava stabilizzando, il confronto fra mondo comunista e mondo capitalis<co si allargava al con<nente asia<co aggiungendosi alla guerra civile in Cina: la viForia dei comunis< di Mao Zedong sui nazionalis< di Chiang Kai-shek e la fondazione della Repubblica Popolare Cinese (1949) segnarono la rinascita della Cina come Stato indipendente. Il governo procedeFe subito a misure radicali come la nazionalizzazione di banche e grandi e medie industrie e distribuzione della terra fra i contadini. L’anno successivo la dimensione mondiale del confronto tra i due blocchi si manifestò con la guerra di Corea, originata dall’invasione del Sud del paese da parte di truppe del Nord comunista. All’intervento americano rispose quello cinese: la crisi coreana si concluse nel 1953 col ritorno alla situazione precedente la guerra. In Giappone si affermò, per inizia<va degli occupan< americani, un modello di organizzazione poli<ca e sociale di <po liberale e occidentale. Furono varate una nuova Cos<tuzione, che trasformava l’autocrazia imperiale in una monarchia cos<tuzionale, e una radicale riforma agraria. La quasi completa assenza di spese militari imposta dal traFato di pace, assieme a una poli<ca Nel caso della Jugoslavia, i comunis<, soFo la guida di Tito si imposero con ampio uso della violenza e con l’autorità 30 guadagnata dopo aver liberato il paese dall’occupazione nazista. La roFura con l’URSS avvenne nel 1948. 35 economica tuFa fondata sul rilancio produCvo, consen nel corso degli anni ’50 un tasso di inves<mento eleva<ssimo, che permise al paese di divenire una potenza economica mondiale. Gli anni dal 1948 al 1953 furono il periodo di massima tensione della guerra fredda a causa dell’accentarsi dei caraFeri autoritari e repressivi del regime in URSS e della violenta campagna an<comunista Negli Sta< Uni<, soFo la presidenza Truman ma di cui il protagonista fu il senatore repubblicano Joseph McCarthy. Nel 1950 il congresso adoFò l’InternaHonal Security Act per emarginare/epurare tuC i sospeFa< di filocomunismo o simpa<e di sinistra nel mondo amministra<vo, di cultura o di speFacolo. Cinque anni dopo, il senatore fu censurato dal senato e costreFo a ritarsi. Con l’elezione di Eisenhower (1952) e la morte di Stalin (1953) uscirono di scena i due principali protagonis< della guerra fredda mentre si manifestava una situazione di coesistenza pacifica fra le due superpotenze. Gli Sta< Uni< doveFero riconoscere che il divario tecnologico con l’URSS stava scomparendo, entrambe le nazioni rinunciarono ad agire militarmente fuori delle rispeCve aree di influenza. La “direzione collegiale” succeduta a Stalin non cambiò la ges<one sui paesi satelli< e quando gli operai di Berlino Est scesero in piazza, per protestare contro le dure condizioni di vita imposte dal regime comunista, la rivolta fu repressa dalle truppe sovie<che. Nikita Kruscëv, successore alla guida del PCUS, si impose come leader indiscusso dell’Unione Sovie<ca e si fece promotore di alcune significa<ve aperture sia in poli<ca estera, sia in poli<ca interna: riconciliandosi con gli jugoslavi, sciogliendo il Cominform, ponendo fine alle purghe, rilanciando l’agricoltura e dando maggiore aFenzione alle condizione di vita dei contadini. Nel febbraio 1956, durante il XX congresso del PCUS, denunciò i crimini di Stalin sostenendo la validità del modello sovie<co e della doFrina leniniana. Gli errori e le deviazioni erano aFribui< alle scelte di Stalin, al “culto della personalità”, all’eccessivo potere della burocrazia e alle frequen< violazioni della “legalità socialista”. Il processo di destalinizzazione avviato fece credere ai paesi dell’Europa dell’Est l’allentamento del controllo sovie<co portando a movimen< di protesta in Polonia, portando ad una lenta liberalizzazione, e in Ungheria, stroncate dall’intervento dell’Armata rossa. Nell’Europa centro-occidentale la ricostruzione e il rilancio produCvo si affiancavano al primo 31 avvio di un processo di integrazione economica tra gli Sta<. La prima realizzazione concreta si ebbe nel 1951 con la creazione della Comunità Europea del Carbone e dell’aAcciaio (CECA) che coordinava la produzione e i prezzi dei seFori dell’industria con<nentale. Nel 1957 venne firmato il traJato di Roma (Francia, Italia, Germania, Belgio, Olanda e Lussemburgo) che is<tuiva la Comunità Economica Europea (CEE) con lo scopo di controllare lo sfruFamento pacifico del nucleare e di creare un Mercato Comune Europeo (MEC), aFraverso un abbassamento delle tariffe doganali e la libera circolazione della forza-lavoro, il coordinamento delle poli<che industriali e agricole. In Francia, dove nel ’46 fu varata una nuova Cos<tuzione democra<co-parlamentare (Quarta Repubblica), la coalizione fra i par<< di massa resse fino al 1947 quando i comunis< furono esclusi dal governo. Negli anni ’50 il paese aFraversò una grave crisi is<tuzionale, legata alla ques<one algerina, che si risolse nel 1958 con il ritorno di De Gaulle al governo e il varo di una nuova Cos<tuzione (Quinta Repubblica) che rafforzava le preroga<ve del capo dello Stato. EleFo alla presidenza, De Gaulle riconobbe l’indipendenza all’Algeria mentre cercò di risollevare il pres<gio internazionale del paese, facendosi promotore di una poli<ca estera che tendeva a svincolare la Francia da legami troppo streC con gli Sta< Uni<. Esemplari in Germania, con un modello di economia sociale di mercato che combinava protezione sociale con 31 ispirazione liberis<ca e produCvis<ca, dove la disoccupazione fu riassorbita e la bilancia commerciale rimase sempre in aCvo. 36 La pace armata che seguì la fase più grave della guerra fredda coincise, per le democrazie occidentali, con una stagione di crescita demografica, di innovazione tecnologica e di intenso sviluppo produCvo. SopraFuFo nei primi anni ’60 si diffuse un clima oCmista, fondato sulla speranza che il progresso economico potesse rendere meno duro il confronto ideologico e militare e che si spostasse sulla pacifica compe<zione economica. In realtà non mancarono le crisi locali e la coesistenza si consolidò solo aFraverso momen< di scontro. John Fitzgerald Kennedy, democra<co eleFo nel novembre 1960, ebbe immediatamente consensi riallacciandosi alla tradizione progressista di Wilson e Roosevelt e aggiornandola col riferimento a una “nuova fron<era”, non più materiale come quella dei pionieri dell’800, ma spirituale, culturale e scien<fica. In poli<ca interna realizzò un forte incremento della spesa pubblica, assorbito in parte dai programmi sociali e in parte dalle esplorazioni spaziali, ma anche nel sostegno al movimento per i diriC civili dei neri guidato da MarHn Luther King e alle sue baFaglie per imporre l’integrazione in quegli Sta< del Sud che ancora pra<cavano forme di discriminazione razziale. In poli<ca estera seguì una linea ambivalente, in cui l’enfasi sui temi della pace e della distensione con l’Est si univa a un’intransigenza sulle ques<oni ritenute essenziali. Il primo incontro fra Kennedy e Kruscëv (Vienna, Giugno ’61) e dedicato al problema di Berlino Ovest fu un fallimento. I sovie<ci risposero con la costruzione di un muro che separava le due par< della ciFà, chiudendo l’unico varco pra<cabile aFraverso la cor<na di ferro e rendendo pressoché impossibili le fughe, fino ad allora molto frequen<, dal seFore orientale a quello occidentale. In questo periodo il confronto più grave fra le due superpotenze fu per l’isola di Cuba, dove si era affermato il regime socialista di Fidel Castro. La presenza di uno Stato os<le fu sen<ta negli Sta< Uni< come una minaccia alla sicurezza del paese. All’inizio della sua presidenza, Kennedy tentò di reprimere il regime cubano boicoFandolo economicamente e appoggiando gruppi an<castris< che tentarono una spedizione armata nell’isola, ma fu un fallimento. L’Unione Sovie<ca offrì ai cubani assistenza economica e militare installando nell’isola alcune basi di lancio per missili nucleari. Quando, nell’OFobre 1962, le basi furono scoperte da aerei-spia americani, Kennedy ordinò un blocco navale aForno a Cuba per impedire alle navi sovie<che di raggiungerla. Alla fine Kruscëv cedeFe e acconsen a smantellare le basi e gli Sta< Uni< si astennero da azioni militari contro Cuba e a ri<rare i loro missili nucleari dalle basi NATO in Turchia. Nell’Agosto del 1963 firmarono un traFato per vietare gli esperimen< nucleari nell’atmosfera (Con<nuando quelli soFerranei in quanto meno pericolosi per le conseguenze sull’ambiente) Un ano dopo, Kruscëv fu estromesso da tuFe le sue cariche e sos<tuito da una nuova “direzione collegiale” a causa della sfida lanciata al mondo occidentale e alla promessa di un livello di vita superiore a quello dei paesi capitalis<ci più sviluppa<. Un anno prima Kennedy fu ucciso a Dallas, dando il via ad una serie di omicidi poli<ci, e il suo successore fu Lyndon Johnson, legato alla guerra del Vietnam. La guerra del Vietnam vide coinvol< gli Sta< Uni< dal 1964 al 1975 sempre nel nome della loFa 32 contro il comunismo: preoccupa< dalla prospeCva di un’Indocina comunista, gli Sta< Uni< inviarono nel Vietnam del Sud un con<ngente di “consiglieri militari” che, durante la presidenza Kennedy, arrivò a 30 mila uomini. SoFo la presidenza Johnson la presenza USA divenne un aperto intervento bellico e, nell’estate del 1964, in risposta a un aFacco subìto da due navi da guerra statunitensi nel Golfo del Tonchino, il presidente ordinò il bombardamento di alcuni obieCvi militari nel Vietnam del Nord che seguito divennero sistema<ci. La con<nua dilatazione dell’impegno militare americano non fu sufficiente a domare la loFa dei Vietcong e la resistenza della Repubblica nordvietnamita che, aiutata da Russia e Cina, con<nuò ad alimentare la guerriglia Repubblica del Nord, reFa dai comunis< di Ho Chi-minh, Repubblica del Sud, governata da un regime 32 semidiFatoriale appoggiato dagli Sta< Uni<. 37 nazionalista guidato da Ahmed Sukarno oFenne l’indipendenza dall’Olanda nel 1949 e cercò di seguire una poli<ca autonoma rispeFo ai due blocchi, ma fu costreFo a cedere il potere ai militari del generale Suharto. Una prevalenza dei comunis< ci fu negli Sta< sor< dalla dissoluzione dell’impero francese in Indocina. Nel Vietnam i comunis<, soFo la guida di Ho Chi-minh, avevano assunto un ruolo preminente nella Lega per l’indipendenza, cos<tuita per combaFere la dominazione francese. Il confliFo si concluse nel Maggio 1954 e, con gli accordi di Ginevra, i francesi si ri<rarono da tuFa la penisola indocinese. lo stato si divise in uno comunista al Nord e filo-occidentale al Sud. • Medio Oriente Si era sviluppato un movimento nazionale arabo, in loFa prima contro la dominazione turca e poi contro l’influenza europea. Durante il secondo confliFo mondiale la regione mediorientale aveva visto crescere la sua importanza strategica grazie alle sue risorse petrolifere. A guerra finita, le potenze decisero di rinunciare ai loro possessi mediorientali tentando di mantenere una forma di controllo appoggiandosi ai regimi monarchici e conservatori. Nel 1946 la Gran Bretagna riconobbe l’indipendenza della Transgiordania e la Francia ri<rò le truppe dalla Siria e dal Libano. L’Iraq aveva oFenuto l’indipendenza dai britannici già nel ’32. Insieme all’EgiJo, all’Arabia Saudita e allo Yemen, formarono la Lega degli StaH arabi (1945) con scopi di cooperazione poli<ca ed economica e per un’integrazione federale che non si sviluppò. La Pales<na era assegnata per mandato alla Gran Bretagna, ma fu contesa fra arabi ed ebrei. Negli anni della guerra, la pressione del movimento sionista per la creazione di uno Stato ebraico si fece sempre più forte grazie all’immigrazione degli ebrei europei che fuggivano dal nazismo e alle rivelazioni sugli orrori dei campi di sterminio. La causa sionista fu sostenuta dagli Sta< Uni<, dove la comunità ebraica era numerosa e influente, ma fu ostacolata dalle autorità britanniche, che temevano di inimicarsi gli Sta< arabi. Le organizzazioni militari ebraiche in Pales<na passarono alla loFa armata contro gli stessi britannici che si allontanarono dal confliFo ri<rando le truppe. Nacque lo Stato di Israele e gli Sta< della Lega reagirono aFaccandolo militarmente ma senza successo. Il nuovo stato moderno si ispirava ai modelli delle democrazie occidentali, con struFure sociali e civili molto avanzate rivelandosi una forza insospeFata grazie alle risorse provenien< dall’esterno (Comunità ebraiche europee e sopraFuFo americane) e dalla forte mo<vazione patrioCca dei ciFadini. • EgiJo La sconfiFa contro Israele contribuì a radicalizzare le corren< nazionaliste e a far crescere nel mondo arabo il risen<mento verso l’Occidente. Ci furono due componen<: quella tradizionalista, rappresentata dal movimento dei Fratelli musulmani, che puntava a una “reislamizzazione” della società aFraverso i preceC coranici, e quella laica e nazionalista, rappresentata dai militari più aFen< alle istanze di modernizzazione e di sviluppo economico. Formalmente indipendente dal 1922, l’EgiFo era reFo da un regime monarchico streFamente legato alla Gran Bretagna che, assieme alla Francia, aveva il controllo della Compagnia del Canale di Suez. Nel Luglio 1952 la monarchia fu rovesciata da un colpo di Stato militare e il potere fu assunto da un “Comitato di ufficiali liberi” guidato da Mohammed Neguib e da Gamal Abdel Nasser, che successivamente si impose come unico leader del paese instaurando una diFatura. Il nuovo regime avviò una serie di riforme di segno socialista (Redistribuzione della terra, nazionalizzazione delle principali aCvità economiche) e tentò di promuovere un processo di industrializzazione. Nasser si propose come guida nella loFa dei paesi arabi contro Israele e le potenze ex coloniali, oFenendo lo sgombero delle truppe britanniche dal Canale e s<pulò accordi con l’URSS per aiu< economici e militari. Gli Sta< Uni< bloccarono il finanziamento da parte della Banca Mondiale della grande diga di Assuan, necessaria per l’eleFrificazione del paese e per l’irrigazione di ampi territori deser<ci. Nasser rispose nazionalizzando la Compagnia del Canale di Suez aprendo una crisi internazionale 40 di vasta portata. Nel 1956, Israele, d’intesa con i governi di Londra e Parigi, aFaccò l’EgiFo e lo sconfisse. Gli Sta< Uni< non appoggiarono l’impresa e l’Unione Sovie<ca inviò un ul<matum alle potenze occidentali. Israele fu costreFo a ri<rarsi dal Sinai, mentre le truppe franco- britanniche abbandonavano la zona del Canale. Le conseguenze furono la fine dell’era coloniale e la perdita di potere della Gran Bretagna e della Francia, rafforzando la posizione dell’EgiFo e quella personale di Nasser presso le masse popolari e la borghesia intelleFuale islamica. Il declino di Nasser iniziò con la sconfiFa della “guerra dei sei giorni” (1967) e con l’occupazione da parte di Israele di nuovi territori arabi. La conseguente radicalizzazione dei movimen< di resistenza pales<nese diede vita all’Organizzazione per la Liberazione della PalesHna, guidata da Yasser Arafat. Dopo l’espulsione dalla Giordania, dove aveva inizialmente posto le sue basi, la loFa terroris<ca venne estesa sul piano internazionale: la “guerra del Kippur” (1973), iniziata dall’EgiFo con un improvviso aFacco a Israele, si concluse grazie alla mediazione degli Usa senza vincitori né vin<, ma fu all’origine del blocco petrolifero proclamato dai paesi arabi e del successivo aumento del prezzo del petrolio. • Marocco e Tunisia La Francia esercitava il suo dominio in forma di proteForato, esistevano forme di limitato autogoverno, facendo nascere così for< movimen< indipenden<s<. Nel dopoguerra la guida di ques< movimen< fu assunta da forze di ispirazione nazionalista e laica. Nel 1956 i francesi, dopo aver cercato di reprimere ques< movimen<, cedeFero l’indipendenza a entrambi i paesi che negli anni successivi avrebbero mantenuto una posizione moderata e filo-occidentale in poli<ca estera. In Algeria la presenza francese aveva radici più profonde, era a tuC gli effeC una provincia dello Stato francese abitata da oltre un milione di coloni che erano in gran parte na< lì e la consideravano come casa propria. Gli oFo milioni di algerini musulmani erano ciFadini francesi dal 1945 ma non godevano di pieni diriC poli<ci e non erano rappresenta< nel Parlamento di Parigi. A par<re dal 1954, il movimento nazionalista algerino si organizzò nel Fronte di Liberazione Nazionale, organizzazione clandes<na radicata sopraFuFo nelle ciFà. Lo scontro culminò nel 1957 con la baFaglia di Algeri: durò quasi nove mesi e vide la parte araba della ciFà a sostegno dei combaFen< del FLN. I francesi riuscirono a placare l’insurrezione con un invio di repar< speciali e una repressione brutale che suscitò proteste in una parte dell’opinione pubblica nazionale. Nel 1958, la minaccia di un colpo di Stato da parte dei militari e dei coloni provocò la crisi della Quarta Repubblica e favorì il ritorno al potere di De Gaulle che capì presto che la causa dell’“Algeria francese” era perduta, sancendo l’indipendenza nel 1962. • Libia La rivoluzione che depose la monarchia, nel 1969, era di ispirazione nazionalista con connota< di ortodossia islamica. L’ex colonia italiana, indipendente dal 1951, portò al potere i militari guida< da Gheddafi, il cui regime si sarebbe caraFerizzato nel tenta<vo di realizzare una sua versione del socialismo islamico, portandolo ad appoggiare i movimen< an<occidentali e a inserirsi nei confliC interni di vari paesi africani, creando uno stato di permanente tensione con i regimi arabi modera< e gli Sta< Uni<. • Turchia e Iran Non avevano conosciuto la dominazione coloniale ma avevano subito l’influenza delle potenze europee: la Turchia, dopo la sconfiFa dell’Impero oFomano nella Grande Guerra, aveva rischiato di finire divisa in zone di influenza ma era stata salvata dalla rivoluzione di Kemal Atatürk. L’Iran, grande produFore di petrolio, era oggeFo fin dall’800 degli obbieCvi egemonici di Russia e Gran Bretagna. Rimasta neutrale per quasi tuFa la durata del secondo confliFo mondiale, la Repubblica turca aderì al sistema di alleanze occidentale per soFrarsi all’influenza dell’Unione Sovie<ca. Sul piano interno, con<nuò a muoversi entro le linee di modernizzazione e di laicizzazione di Atatürk. In Iran fallì l’esperimento di democra<zzazione avviato nel 1951 dal primo ministro Mohammed Mossadeq: nel 1953 un colpo di Stato militare organizzato dai servizi segre< anglo-americani 41 depose il primo ministro che aveva tentato di nazionalizzare le compagnie petrolifere straniere, e res<tuì il potere assoluto allo scià. • Africa sub sahariana Paesi che erano sta< quasi tuC colonizza< nel giro di pochi decenni alla fine dell’800, per cui l’emancipazione fu più tarda ma anche più rapida e meno contrastata. Si aprì nei territori britannici con l’indipendenza del Ghana (1957) e nelle colonie francesi con la Guinea (1958), nel 1960 oFennero l’indipendenza diciasseFe nuovi Sta< (Tra cui Nigeria, Congo belga, Senegal e Somalia). Nell’Unione Sudafricana, dominion britannico di faFo già indipendente, il dominio della minoranza bianca si reggeva su un regime di segregazione razziale (Apartheid) che divenne più rigido nel corso degli anni ’50. Il tenta<vo di concentrare una parte della popolazione nera in piccoli Sta< semi-indipenden< non servì ad aFenuare le tensioni o le proteste della maggioranza nera, organizzata nell’ANC (African NaHonal Congress), fuori legge dal 1960. Negli anni ‘90 si si ebbe una soluzione pacifica del contrasto: soluzione resa problema<ca sia dall’en<tà della posta in gioco (il Sudafrica era ed è uno dei massimi produFori mondiali di materie prime strategiche come l’uranio, oltre che di oro e diaman<), sia dalla consistenza della comunità bianca, sopraFuFo di quella boera, presente da tre secoli nel paese e dunque portata a considerarlo come la propria vera patria. Il Congo venne lasciato dalla dominazione belga in condizioni di arretratezza. L’indipendenza (1960) venne concessa senza alcuna preparazione a cui conseguirono una guerra civile e un tenta<vo di secessione della provincia mineraria del Katanga. L’unità del paese, dove si affermò un regime militare, fu ristabilita con l’intervento di truppe delle Nazioni Unite. All’instabilità poli<ca si aggiungeva una condizione di debolezza economica che rischiava di provocare nuovamente una dipendenza dai paesi industrializza<, aFraverso aiu< non sempre disinteressa< e rappor< commerciali fortemente squilibra<. Contro queste forme di neocolonialismo si fecero più for<, a par<re dalla metà degli anni ’60, le spinte a una decolonizzazione radicale ispirata al socialismo marxista e appoggiata dall’Unione Sovie<ca. • America LaHna Da un lato ci furono grandi squilibri sociali e la presenza di estese aree di arretratezza ma potevano essere assimila< alla <pologia dei paesi in via di sviluppo, dall’altro la condivisione dei modelli culturali europei li avvicinava all’Occidente. Alcuni paesi (Come Brasile, ArgenHna e Messico) avevano già avviato negli anni del secondo confliFo mondiale un processo di crescita economica, favorito sia dall’aumento dei prezzi delle materie prime e dei prodoC agricoli sia dal calo delle esportazioni degli Sta< Uni< e degli Sta< europei impegna< nella guerra. Al tempo dell’indipendenza poli<ca erano ancora fortemente dipenden< economicamente dagli Sta< Uni< che esercitavano una sorta di tutela del con<nente. La poli<ca dell’America centrale e meridionale fu caraFerizzata dall’alternanza di governi liberali e di regimi autoritari. Fra le esperienze più significa<ve, quella del regime populista stabilito da Perón in Argen<na negli anni ’40 e ’50 e quella tentata da Getulio Vargas in Brasile, entrambe fallimentari sul piano economico e stroncate da colpi di Stato militari. La rivoluzione cubana guidata da Castro (1959), diede al nuovo regime un orientamento comunista avviando una riforma agraria a cui gli Sta< Uni< risposero con l’embargo (Castro iniziò un accordo con l’URSS staccandosi defini<vamente dagli USA). Negli anni ’70 i militari assunsero il potere anche in un paese tradizionalmente democra<co come il Cile, con Pinochet, che aveva vissuto una breve stagione di radicali riforme socialiste soFo la guida di Salvador Allende. Fra il 18 e il 24 Aprile 1955 si riunirono a Bandung (Indonesia) i rappresentan< di ven<nove Sta< afroasia<ci che avevano appena raggiunto l’indipendenza o che avevano combaFuto per emanciparsi dall’egemonia delle grandi potenze europee. La Conferenza Asia-Africa si concluse con l’approvazione di un documento che proclamava l’eguaglianza fra tuFe le nazioni, il sostegno ai movimen< impegna< nella loFa al colonialismo e il rifiuto delle alleanze militari egemonizzate 42 Il nuovo capo del governo fu Ferruccio Parri, esponente del Par<to d’Azione e capo militare della Resistenza, cercò di promuovere la normalizzazione del paese e l’epurazione dei funzionari statali e dei grandi imprenditori più compromessi col fascismo. Annunciò una serie di provvedimen< con for< tasse per le grandi imprese volte a favorire le piccole e medie aziende. ACrò l’opposizione delle forze moderate chetolsero la fiducia al governo, determinandone la caduta. La DC riuscì a imporre la candidatura di Alcide De Gasperi. All’inizio del 1946, il governo fissò al 2 giugno la data per le elezioni dell’Assemblea cosHtuente incaricata di scrivere la nuova Cos=tuzione italiana. Erano le prime consultazioni poli<che libere dopo ven<cinque anni, e le prime in cui avevano diriFo a votare anche le donne. Si stabilì inoltre che in quello stesso giorno gli italiani sarebbero sta< chiama< a decidere direFamente, mediante referendum, se mantenere in vita l’is<tuto monarchico o fare dell’Italia una repubblica. Il 9 maggio ViForio Emanuele III tentò di risollevare la monarchia, screditata dalla lunga collaborazione col regime fascista, e abdicò in favore del figlio Umberto II, senza risulta<. Nelle votazioni del 2 giugno, in cui votarono circa il 90% degli aven< diriFo, la repubblica prevalse con 12.700.000 vo< circa contro 10.700.000 per la monarchia. Il 13 giugno, Umberto II par per l’esilio in Portogallo. Nelle elezioni per la Cos<tuente, la DC si affermò come primo par<to soFolineando il successo dei par<< di massa (DC, PSIUP e PCI raccolsero insieme i due terzi dei vo<) e la crisi dei vecchi gruppi liberal-democra<ci . 33 Dopo le elezioni per la Cos<tuente, democris<ani, socialis< e comunis< con<nuarono a governare insieme accordandosi sull’elezione del primo, e provvisorio, presidente della Repubblica, il liberale Enrico De Nicola. I contras< interni non furono elimina<, all’interno del Par<to Socialista c’erano due schieramen<: uno che voleva conservare i caraFeri classis< e rivoluzionari del par<to, favorevole all’“unità d’azione” col PCI e ad un’alleanza con l’URSS (Nenni), il secondo voleva un allentamento dei legami col PCI e non nascondeva l’os<lità verso il comunismo sovie<co e la poli<ca staliniana nell’Europa dell’Est (Saragat). Nel Gennaio 1947, l’ala guidata da Saragat abbandonò il PSIUP diventando il ParHto Socialista dei Lavoratori Italiani che, successivamente, sarebbe diventato il ParHto SocialdemocraHco Italiano. In Maggio, De Gasperi diede le dimissioni e formò un nuovo governo di soli democris<ani. , rafforzato dall’apporto di “tecnici” di area liberal- democra<ca (come Luigi Einaudi al Bilancio e Carlo Sforza agli Esteri). Si chiudeva così, con i caFolici al potere e le sinistre all’opposizione, la fase della collaborazione governa<va fra i tre par<< di massa. La lavorazione del testo cos<tuzionale iniziò il 24 Giugno 1946, si concluse il 22 Dicembre 1947 ed entrò in vigore dal 1° Gennaio 1948. La Cos<tuzione si ispirava ai modelli democra<ci oFocenteschi per la parte riguardante le is<tuzioni e i diriC poli<ci: un sistema parlamentare, col governo responsabile di fronte alle due Camere (Camera dei deputaH e il Senato) <tolari del potere legisla<vo. Alle Camere, eleFe a suffragio universale, speFava il compito di scegliere in seduta congiunta un presidente della Repubblica con mandato seFennale e con funzioni di garanzia e di rappresentanza dell’unità nazionale. Era previsto che un Consiglio superiore della magistratura assicurasse l’autonomia dell’ordine giudiziario e che una Corte cosHtuzionale vigilasse sulla conformità delle leggi alla Cos<tuzione, che le leggi potessero essere soFoposte a referendum La viForia della Repubblica nel referendum si reggeva tuFa sulle regioni seFentrionali; e che anche il voto poli<co 33 vedeva la sinistra in vantaggio nel Centro-Nord, ma debolissima nel Mezzogiorno. 45 abroga<vo dietro richiesta di almeno 500 mila ciFadini . Venne sancito il “diriFo al lavoro” ed era 34 stabilito che il diriFo di proprietà potesse essere limitato a vantaggio del benessere colleCvo. La scelta in favore di un modello parlamentare unita a un sistema eleForale proporzionale (in cui ad ogni lista viene assegnato un numero di seggi proporzionale ai vo< raccol<) faceva dei par<< i primi des<natari del consenso spesso a scapito della tenuta dei governi. I par<< erano considera< come il tramite più efficace fra i ciFadini e le is<tuzioni, sopraFuFo se avevano una larga base popolare, permeFendo a loro modo una funzione educa<va nei confron< dei ce< meno accultura< offrendo un canale di partecipazione alla poli<ca nel tenta<vo di formare una ciFadinanza repubblicana. Nel Marzo ’47 si discusse la proposta democris<ana di inserire nella Cos<tuzione l’arHcolo 7 in cui si stabiliva che i rappor< fra Stato e Chiesa erano regola< dal concordato s<pulato nel 1929 fra Santa Sede e regime fascista. La proposta sembrava des<nata a essere respinta ma TogliaC annunciò il voto favorevole del PCI in quanto voleva rispeFare il sen<mento religioso della popolazione italiana e non creare fraFure nelle masse. Nello stesso anno ci fu la ra<fica del traFato di pace che il governo aveva firmato a Parigi con gli Sta< vincitori della guerra mondiale. Nonostante gli sforzi del governo per veder riconosciuto il contributo agli allea< fra il ’43 e il ’45 fu traFata come una nazione sconfiFa, impegnandosi a pagare riparazioni agli Sta< che aveva aFaccato (Russia, Grecia, Jugoslavia, Albania, E<opia), ridurre la consistenza delle forze armate e 35 perse tuFe le colonie. Dall’inizio del ’48, i par<< si impegnarono in una gara sempre più accanita in vista delle elezioni poli<che (18 Aprile) che avrebbero dato alla Repubblica il suo primo Parlamento. CaraFeris<ca di questa campagna eleForale fu la polarizzazione fra i due schieramen< contrappos<: quello governa<vo guidato dalla DC e comprendente anche i par<< laici minori e quello di opposizione, in cui PSI e PCI si presentavano con liste comuni soFo l’insegna del Fronte Popolare. Al centro non c’erano solo le scelte poli<che ma anche le visioni del mondo e le scelte di campo internazionali deFate dalla guerra fredda. Il par<to di De Gasperi ebbe il sostegno della Chiesa e degli Sta< Uni< che gli consen<rono di presentarsi come i rappresentan< della potenza mondiale e di agitare la concreta minaccia di una sospensione degli aiu< del piano Marshall in caso di viForia delle sinistre. Le elezioni videro il successo del par<to caFolico (48,5% dei vo< e la maggioranza assoluta dei seggi alla Camera) con le simpa<e dell’eleForato moderato e an<comunista. Il 14 Luglio del ’48, TogliaC fu ferito gravemente mentre usciva da Montecitorio da un giovane di destra che gli sparò alcuni colpi di pistola. In tuFe le principali ciFà i militan< dei par<< di sinistra scesero in piazza scontrandosi con le forze dell’ordine. Un’altra conseguenza fu la roFura all’interno della CGIL: la decisione della maggioranza socialcomunista del sindacato di proclamare Le norme rela<ve al Consiglio superiore della magistratura, alla Corte cos<tuzionale, al referendum e alle regioni 34 erano però des<nate a restare inaFuate per mol< anni, in assenza delle leggi applica<ve che dovevano essere approvate dal Parlamento. L’esercito di liberazione jugoslavo comandato da Tito aveva occupato l’Istria e rivendicava il possesso di Trieste. 35 L’occupazione aveva faFo riesplodere il confliFo fra italiani e slavi esasperato dalla repressione condoFa dal regime fascista contro le minoranze etniche. Nella primavera-estate del 1945 migliaia di italiani erano sta< uccisi o deporta< con l’accusa di complicità col fascismo. Mol< di loro erano sta< geFa< nelle foibe, profonde cavità naturali dell’altopiano carsico usate come discariche. A questo si integrarono le divisioni create dalla guerra fredda (Fino alla roFura fra Tito e Stalin). Alla fine del ’46 fu aFuata una sistemazione provvisoria che lasciava alla Jugoslavia la penisola istriana, ecceFuata una striscia comprendente Trieste e Capodistria, che avrebbe dovuto cos<tuire il Territorio libero di Trieste. Il Territorio fu diviso in zona A, occupata dagli allea<, e in una B, tenuta dagli jugoslavi. Nel 1954 venne sancito il controllo jugoslavo sulla zona B e il passaggio dall’amministrazione alleata a quella italiana nella zona A, ossia di Trieste, che veniva così riunita al territorio nazionale. Con il traJato di Osimo (1975) le due par< riconoscevano ufficialmente i nuovi confini. 46 uno sciopero generale di protesta contro l’aFentato a TogliaC diede ala componente caFolica l’occasione per creare una nuova confederazione, la Confederazione Italiana SindacaH Lavoratori (CISL). Pochi mesi dopo i sindacalis< repubblicani e socialdemocra<ci fondarono una terza organizzazione, l’Unione Italiana del Lavoro (UIL). Sul terreno della poli<ca economica, i governi dell’immediato dopoguerra non introdussero riforme struFurali di rilievo. Comunis< e socialis< si limitarono a un’azione di difesa dei salari e dell’occupazione. Mentre le sinistre si impegnavano in un’impopolare baFaglia contro il piano Marshall, Einaudi aFuò una manovra economica che aveva come scopi principali la fine dell’inflazione, il ritorno alla stabilità monetaria e il risanamento del bilancio statale. La manovra si aFuò su tre dis<n< livelli: una serie di inasprimen< fiscali e tariffari, una svalutazione della lira che doveva favorire le esportazioni e incoraggiare il rientro dei capitali, una restrizione del credito che limitò la circolazione della moneta e costrinse imprenditori e commercian< a meFere sul mercato le scorte accumulate in aFesa di un aumento dei prezzi. La “linea Einaudi” oFenne i risulta< che si era prefissata ma ebbe for< cos< sociali sulla disoccupazione che, abolito il blocco dei licenziamen<, superò i 2 milioni di unità. I fondi del piano Marshall furono u<lizza< per finanziare le importazioni di derrate alimentari e materie prime, ma non per sviluppare la domanda interna. L’adozione di un modello di sviluppo fondato sull’inizia<va privata era il risultato di una crescente integrazione con le economie dell’Occidente capitalis<co e contribuì a definire la collocazione internazionale del paese. Quando, alla fine del ’48, furono geFate le basi per il PaJo atlanHco il governo italiano decise di acceFare la proposta di adesione che rivolta all’Italia. I cinque anni della prima legislatura repubblicana (1948-1953) segnarono il periodo di massima egemonia della DC sulla vita poli<ca nazionale, mantenendo comunque un’alleanza con i par<< laici minori e lasciando fuori dalla maggioranza la sinistra socialcomunista e la destra monarchica e neofascista. La sua caraFeris<ca era una moderata dose di riformismo che rafforzasse la base di consenso popolare dei par<< di governo. L’inizia<va più importante fu la riforma agraria del 1950 che prevedeva l’esproprio e il frazionamento di parte delle grandi proprietà terriere in ampie aree geografiche del Mezzogiorno, delle isole e del Centro-Nord. Era il primo tenta<vo di modifica dell’asseFo fondiario, andando incontro alle aFese delle masse rurali del Centro-Sud, e gli obieCvi a lungo termine erano l’incremento della piccola impresa agricola e il rafforzamento del ceto dei contadini indipenden<. La riforma non riuscì a contenere il fenomeno di migrazione dalle campagne cominciato all’inizio degli anni ’50. Contemporaneamente alla riforma agraria, fu varata un’altra legge che is<tuiva la Cassa per il Mezzogiorno, un nuovo ente pubblico che aveva lo scopo di promuovere lo sviluppo economico e civile delle regioni meridionali aFraverso il finanziamento statale per le infrastruFure (Strade, acquedoC, centrali eleFriche) e il credito agevolato alle industrie localizzate nelle aree depresse . 36 L’intervento si prolungò per oltre trent’anni ed ebbe effeC posi<vi sull’economia meridionale e sul tenore di vita della popolazione, ma non bastò a modernizzazione il livello della società civile e a colmare il divario con le regioni del Nord che si stavano sviluppando ulteriormente. Le riforme varate dai governi centris< furono fortemente contestate dalla destra: i liberali si ri<rarono dal governo nel ’50 in quanto contrari alla riforma agraria, i par<< di sinistra e la CGIL reagirono mobilitando le masse operaie in una serie di scioperi e manifestazioni che spesso si concludevano in scontri con le forze dell’ordine. Il governo intensificò l’uso dei mezzi repressivi e le forze di polizia furono potenziate con la creazione dei repar< celeri (Gruppi motorizza< di pronto Nel giro di pochi anni grandi complessi industriali si insediarono a Taranto, Brindisi, Cagliari, Gela, Bagnoli, 36 Pomigliano d’Arco e Pozzuoli. 47 65 a oltre 70 anni nelle zone più sviluppate e da 40 a 50 nei paesi più poveri, grazie ai progressi della medicina e della chirurgia, l’uso di nuovi farmaci, la pra<ca delle vaccinazioni di massa, la diffusione di alcuni essenziali principi igienici, la maggior quan<tà di cibo disponibile e la miglior qualità dell’alimentazione. Negli Sta< del Terzo Mondo il regime demografico <pico delle società arretrate (Al< tassi di natalità e di mortalità) fu modificato solo nella mortalità grazie alla diffusione delle pra<che mediche e igieniche, mentre i ritardi nel processo di modernizzazione impedirono che si affermasse l’abitudine al controllo delle nascite, facendo crescere la popolazione a un tasso medio del 2,5% annuo. Nei paesi industrializza< la crescita demografica durò per tuFo il decennio successivo alla seconda guerra mondiale (Baby boom), ma dopo la metà degli anni ’50 riprese la tendenza al calo della natalità a causa della minor durata dei matrimoni e del controllo delle nascite. I processi di modernizzazione si collegarono alla mentalità e ai modi di vita delle società urbanizzate e industrializzate: l’incremento del lavoro femminile, i cos< in aumento per l’educazione e il mantenimento dei figli, la ristreFezza degli spazi abita<vi, la preoccupazione per il benessere materiale e la minor influenza delle religioni tradizionali. La tendenza alla pianificazione familiare fu favorita dalla diffusione delle nuove pra<che an<concezionali, riducendo il rischio di gravidanze indesiderate, e dalla rapida liberalizzazione dei comportamen< sessuali della fine degli anni ’60. Il periodo di sviluppo ininterroFo e di benessere venne chiamato “età dell’oro”, segnando i risulta< consegui< dalle maggiori economie del mondo: l’Europa occidentale, gli Sta< Uni< e il Giappone vissero, tra il 1950 e il 1973 (Inizio della crisi petrolifera), un aumento del prodoFo pro capite di circa il 3,8% all’anno. Lo sviluppo dei paesi industrializza< a economia di mercato era sempre stato, fino a quel momento, discon<nuo. Il boom cominciò negli Sta< Uni< subito dopo la guerra, grazie anche agli aiu< del piano Marshall che permisero la ripresa dell’Europa occidentale e del Giappone. In ques< paesi avvenne un progressivo rinnovamento delle struFure produCve fino a superare gli stessi Sta< Uni<. Gli equilibri tra i paesi a capitalismo avanzato mutarono e gli Sta< Uni<, pur conservando il primato economico sul mondo occidentale, videro ridursi le distanze dai propri allea<. L’espansione degli anni ’50 e ’60 si basò principalmente sull’industria (Tecnologie avanzate) e sulla produzione di beni di consumo durevoli (Automobili, eleFrodomes<ci, televisori) che raggiunsero una diffusione di massa. L’agricoltura ebbe uno sviluppo più lento ma il processo di modernizzazione del seFore si estese consentendo un aumento della produCvità, mentre gli addeC al seFore scendevano soFo il 15%. Crebbe la quota degli addeC al seFore terziario (Commercio, servizi, amministrazione e tuFo ciò che non rientra nei seFori agricolo e industriale), facendo scendere il tasso di disoccupazione medio soFo il 2%. Il costo rela<vamente basso delle materie prime come il petrolio, la disponibilità di una serie di scoperte scien<fiche e di innovazioni tecnologiche consen<rono di immeFere nel mercato nuove <pologie di beni di consumo e di ridurre i cos< di produzione, la concentrazione delle imprese in mul<nazionali consen<va al< tassi di inves<mento per l’innovazione e per la razionalizzazione dei cos<. Alla crescita della produzione e dei reddi< corrispose l’espansione del commercio internazionale il cui volume degli scambi aumentò di cinque volte fra il 1950 e il 1970, grazie all’efficienza dei mezzi, delle tecniche di trasporto delle merci e alla poli<ca di liberalizzazione promossa dagli Sta< Uni<. La crescita della popolazione determinò un allargamento della domanda di beni di consumo, di abitazioni, di struFure sociali (Scuole, ospedali), l’immissione nei processi produCvi di nuova forza- lavoro più giovane e meglio qualificata, e sussidi sociali. In tuC i paesi industrializza< a economia di mercato la grande espansione economica si tradusse in un rapido miglioramento delle condizioni di vita della popolazione. La crescita dei consumi non dipese solo dagli aumen< di produCvità dell’industria, ma anche dell’ampliamento e della razionalizzazione della rete commerciale 50 (Supermerca<), della mol<plicazione dei messaggi pubblicitari tramite mezzi di comunicazione di massa e dell’aumento del tempo libero consen<to dalla progressiva riduzione degli orari di lavoro. Il consumo di prodoC alimentari scese nella spesa globale di salariato e aumentò la quota des<nata all’abbigliamento, alla casa e ai beni e servizi considera< comunemente non essenziali e in gran parte riserva< alle classi agiate (EleFrodomes<ci, automobili, televisori, speFacoli e viaggi), accentuando un processo di omologazione delle preferenze (Standardizzazione dei modelli di consumo). Ogni Stato costruì un proprio sistema di Welfare in cui la principale differenza era tra sistema universalis=co (Rivolto a tuC i ciFadini indis<ntamente) e sistema occupazionale (In base all’occupazione svolta e ai contribu< paga<). Contribuì a migliorare il tenore di vita, in par<colare dei seFori più svantaggia< della popolazione, favorendo una complessiva riduzione delle disuguaglianze. In Europa occidentale le poli<che sociali oFennero un vasto consenso, contrassegnando l’inizia<va poli<ca di governi di diverso orientamento. Uno dei faFori fondamentali dello sviluppo economico furono le scoperte scien<fiche e le innovazioni tecnologiche e la velocità della loro diffusione/applicazione ai diversi seFori produCvi. I governi e gli appara< statali des<narono quote crescen< del reddito nazionale alla ricerca, creando en< e agenzie speciali. Il lungo periodo di pace consen di indirizzare verso gli usi civili risorse intelleFuali e finanziarie, prima usate maggiormente per esigenze militari, come il nucleare. Mol< farmaci entrarono nell’uso corrente solo dopo il secondo confliFo mondiale, grazie ai progressi della chimica che consen<rono di isolare una serie di sostanze e di produrle su larga scala: la scoperta della penicillina avvenne nel 1928, dieci anni dopo si poterono isolare i primi an<bio<ci ma solo alla fine degli anni ’50 cominciò la produzione delle penicilline sinte<che. Vennero introdoC anche medicinali come gli psicofarmaci e gli an<concezionali. I progressi della chirurgia erano lega< sopraFuFo all’uso di nuove apparecchiature e di nuovi aneste<ci meno tossici che consen<rono interven< di durata anche molto lunga, come le operazioni “a cuore aperto”. Un’altra svolta si ebbe negli anni ’60 con la realizzazione dei primi trapian< di organi. Nella microchirurgia vennero realizza< interven< non invasivi su par< molto ristreFe del corpo, grazie all’uso di speciali microscopi e, dal 1960, del laser. Nel 1960 John Kennedy, nel discorso che ufficializzava la sua candidatura alla presidenza, introdusse una nuova impresa scien<fica: l’esplorazione dello spazio, resa possibile da una concentrazione di risorse nel seFore da parte delle due superpotenze, deFata da mo<vi sia propagandis<ci che strategici. L’Unione Sovie<ca mandò in orbita (4 OFobre 1957) lo Sputnik, il primo satellite ar<ficiale, mentre gli Sta< Uni< lanciarono il loro Explorer nel Gennaio 1958 e is<tuirono la NASA (NaHonal AeronauHcs and Space AdministraHon). Il 21 Luglio 1969, Neil Armstrong ed Edwin E. Aldrin, discesi dalla navicella Apollo 11, sbarcarono sulla luna mentre le loro immagini venivano trasmesse in direFa sui teleschermi di tuFo il mondo. Nel seFore dei traspor< ci furono due novità: il boom della motorizzazione privata e lo sviluppo dell’aviazione civile. Gli anni ’50 e ’60 videro anche un rapido aumento della circolazione delle informazioni e dei messaggi tramite i mass media: giornali, radio, cinema e televisione. Le trasmissioni regolari per il grande pubblico cominciarono negli Sta< Uni< subito dopo la seconda guerra mondiale. Nel corso degli anni ’50 la televisione si impose anche in Europa occidentale e, nei decenni successivi, si diffuse nelle aree meno industrializzate. L’avvento della televisione trasformò il mondo dell’informazione, portò lo speFacolo dentro le case e creò anche una nuova cultura di massa in cui l’immagine tende a prevalere sulla parola scriFa. Questo processo di trasformazione suscitò dibaC< e reazioni contrastan< fra gli intelleFuali: da un lato, le trasformazioni della società e del costume favorirono l’affermazione delle scienze sociali 51 (Sociologia, scienza poli<ca, psicologia) come strumen< più adaC per capire la nuova realtà e valutarne e acceFarne gli effeC posi<vi, dall’altro si sviluppò un rifiuto ideologico nella civiltà dei consumi, accusata di sos<tuire allo sfruFamento economico tradizionale una forma più subdola di dominio realizzato aFraverso la pubblicità e i mass media e di diffondere un’illusorio stato di benessere a spese dei popoli poveri del Terzo Mondo. La denuncia del consumismo nelle società sviluppate si unì al “terzomondismo” per dare base teorica ai fenomeni di contestazione giovanile che si diffusero nella seconda metà degli anni ’60: veniva posto l’accento sulle disuguaglianze nella distribuzione nazionale e mondiale della ricchezza, la discriminazione razziale negli USA e la struFura gerarchica del sistema universitario. La cri<ca inves<va l’is<tuto familiare e la morale sessuale, il sistema dei rappor< internazionali che appariva ancora dominato dall’imperialismo, dalla guerra fredda e dall’incubo nucleare. La protesta si espresse nel rifiuto delle convenzioni, nella fuga dalla società industrializzata, creando una cultura alterna<va in cui confluivano pra<ca della non violenza e religiosità orientale (Buddismo, induismo), consumo di droghe leggere e messaggi diffusi aFraverso la nuova musica. In seguito la rivolta giovanile assunse forme più poli<cizzate e trovò il suo centro nelle università a cui si intrecciò con la protesta contro la guerra del Vietnam e il movimento contro la segregazione razziale. Par<te dagli Sta< Uni<, successivamente si estesero ai maggiori paesi dell’Europa occidentale: in Francia, nel Maggio 1968, il quar<ere la<no di Parigi vide lo scontro tra studen< e forze di polizia. Questo rilanciò il mito di una trasformazione rivoluzionaria della società, creando nuove forme di mobilitazione e riproposero le pra<che della democrazia direFa influenzando anche i comportamen< individuali. Fra la seconda metà degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70 si assisté a un rilancio della ques<one femminile. L’impegno del movimento femminista si rivolgeva alla rivendicazione di un traFamento egualitario per il lavoro femminile, ma meFeva anche in discussione l’immagine convenzionale della donna e i ruoli interni alla struFura familiare. Questa nuova ondata femminista, che ebbe origine negli Sta< Uni<, segnò una svolta rispeFo alla fase precedente sia per la radicalità degli obieCvi sia per la novità dei metodi di loFa. Il movimento delle donne allargò il suo seguito in tuC i paesi occidentali ma conobbe ebbe anche fraFure interne: da una parte c’era la ricerca della parità con l’uomo, dall’altra la rivendicazione della specificità femminile. La società consumista fu cri<cata dalla Chiesa di Roma a causa del declino delle pra<che religiose e cercò di avviare un rinnovamento interno. Giovanni XXIII cercò di rilanciare il ruolo ecumenico della Chiesa e di instaurare un dialogo con le realtà esterne al mondo caFolico. L’aFo più importante fu la convocazione del Concilio VaHcano II (1962-1965) che introducevano le messe nelle lingue nazionali e non più in la<no per consen<re una maggiore partecipazione. Nacquero nuovi movimen< impegna< a coniugare il messaggio caFolico con l’impegno nelle loFe sociali. ANNI DI CAMBIAMENTO All’inizio degli anni ’70, si interruppe il ciclo espansivo dell’economia mondiale a causa di due even<: il primo (Agosto 1971) fu la decisione gli Sta< Uni< di sospesero la conver<bilità del dollaro in oro, segno delle difficoltà dell’economia americana appesan<ta dai cos< della guerra in Vietnam e dal crescente passivo della bilancia commerciale, il secondo (Novembre 1973) fu la decisione presa dai principali paesi produFori di petrolio, in seguito alla guerra arabo-israeliana, di quadruplicarne il prezzo colpendo tuC i paesi industrializza< che dipendevano quasi completamente dalle importazioni (Italia, Giappone). Fra il ’74 e il ’75 la produzione industriale ebbe un brusco calo per poi riprendere a crescere a par<re dal ’76, ma con ritmi più len<. La crisi produCva si congiunse alla crescita dell’inflazione, con tassi di aumento del costo della vita fino al 20% annuo. Questo fenomeno, definito 52 missili punta< verso l’Europa, che rispose analogamente. L’intervento militare aFuato in Afghanistan, paese situato in posizione strategica schierato su posizioni di non allineamento, aveva lo scopo di imporre nel paese un governo fedele alle loro direCve ma le truppe si scontrarono per quasi dieci anni contro la resistenza dei gruppi islamici, perdendo. Nel 1985, la segreteria del PCUS fu assunta da Michail Gorbačëv che introdusse in poli<ca economica una serie di interven< vol< a introdurre nel sistema socialista elemen< di economia di mercato. Si fece promotore di una nuova Cos<tuzione che, senza intaccare il sistema del par<to unico, lasciava spazio a un limitato pluralismo anche ad alcuni esponen< del dissenso. Nel Maggio ’90 venne eleFo presidente dell’URSS avviando un processo di liberalizzazione interna condoFo all’insegna della “libertà d’espressione” consentendo lo sviluppo di un dibaCto poli<co-culturale. I tenta<vi di riforma dell’economia, in una realtà poco preparata ad accoglierli. finirono per accentuare il dissesto di un sistema irrigidito e privo di capacità di adaFamento. L’apertura di nuovi spazi di dibaCto poli<co accentuò tensioni non facilmente controllabili e l’emergere di movimen< autonomis< e indipenden<s< fra le popolazioni non russe inglobate a forza. Le aperture riformiste rilanciarono il dialogo con l’Occidente e fermarono le spese per gli armamen< in modo da des<narle ai consumi individuali. La disponibilità al negoziato portò a due incontri con Reagan (A Ginevra nel Novembre ’85 e a Reykjavik nell’OFobre ’86) che non ebbero risulta< conclusivi ma segnarono l’inizio di rappor< più distesi. Un terzo incontro (A Washington nel Dicembre ’87) portò a un accordo sulla riduzione degli armamen< missilis<ci in Europa e che prevedeva la distruzione concordata di armi nucleari. Con il ri<ro, nel 1988, delle truppe dall’Afghanistan e gli incontri con Bush, vennero poste le basi per ulteriori accordi sulla riduzione degli armamen< strategici, facendo nascere speranze su un nuovo ordine internazionale che ebbe effeCva aFuazione quando a Parigi (Novembre 1990) i paesi della NATO e del PaFo di Varsavia firmarono un traFato di non aggressione e di riduzione degli armamen< convenzionali. Nella Germania Ovest, nel 1966, si instaurò una nuova stagione dei governi socialdemocra<co- liberali che si sarebbe prolungata per un quindicennio e si caraFerizzò per una nuova linea di poli<ca estera volta alla normalizzazione dei rappor< con i paesi del blocco comunista e sopraFuFo con la Germania Est (OstpoliHk). In Gran Bretagna, entrata nel ’73 nella CEE dopo lunghe traFa<ve condoFe dai governi laburis<, a fine anni ’70 salirono al potere i conservatori: il nuovo primo ministro Thatcher seguì una poli<ca economica liberista intransigente, meFendo in discussione i fondamen< e la stessa filosofia del Welfare State e priva<zzando seFori importan< dell’industria pubblica. In Francia, l’Unione delle sinistre si impose nelle elezioni dell’81, portando alla presidenza il socialista François MiJerrand. In Portogallo, dopo la morte del diFatore Salazar (1970), un colpo di Stato, nel 1974, portò al potere un gruppo di ufficiali di sinistra che res<tuirono al paese a un regime parlamentare e pluripar<<co. In Grecia, nel 1974, la diFatura dei colonnelli vide l’insuccesso militare contro la Turchia a Cipro. Venne ristabilita la normale dialeCca par<<ca mentre un referendum popolare sanciva la fine della monarchia. In Spagna, il re Juan Carlos di Borbone, insediatosi nel 1975 dopo la morte del generale Franco, guidò il paese verso la democrazia legalizzando i par<< e approvando una Cos<tuzione democra<ca. In Argen<na la diFatura dei generali cadde dopo l’occupazione argen<na delle isole Malvine (1982), liberate in poche seCmane dalle truppe britanniche. 55 In Brasile, Perù, Uruguay e Bolivia si ebbero, fra il 1984 e il 1985, libere consultazioni. Nel 1988 fu sconfiFo da un referendum il diFatore cileno Pinochet. Il consolidamento della democrazia trovò ostacoli economici a causa dell’inflazione e dei debi< con l’estero. La Cambogia, soFo il regime di Pol Pot e dei khmer rossi, fu invasa nel 1978 dal Vietnam che tentava di estendere il proprio controllo a tuFa l’Indocina. Nel 1988, con la mediazione dell’ONU, le forze vietnamite cominciarono a ri<rarsi e, nel ’91, si giunse a un accordo fra tuFe le fazioni in loFa che avrebbe portato, due anni dopo, alla restaurazione della monarchia e alla convocazione di libere elezioni. In Cina l’ascesa di Deng Xiaoping portò a un processo di riforme interne e liberalizzazione economica che diede buoni risulta< in termini di sviluppo produCvo, ma non vide un processo di democra<zzazione. Il contrasto fra modernizzazione economica e struFura burocra<co-autoritaria del potere fu la base, alla fine degli anni ’80, di un movimento di contestazione degli studen< dell’Università di Pechino e brutalmente represso militarmente, fino al culmine del massacro di piazza Tienanmen nel giugno 1989. Il Giappone subì gli effeC della crisi petrolifera che provocò una caduta della produzione. Negli anni ’80 il tasso di sviluppo era tornato a crescere e il paese si affermava come la seconda potenza industriale e finanziaria del mondo. La ridoFa spesa militare imposta nel dopoguerra dagli USA aveva consen<to maggiori inves<men< produCvi ma non permeFeva al paese di assumere un ruolo in campo internazionale adeguato alla sua forza economica. LA CADUTA DEI COMUNISMI IN EUROPA Nell’ul<mo decennio del ’900 l’equilibrio internazionale basato sul bipolarismo USA-URSS si ruppe defini<vamente: l’immagine dell’Unione Sovie<ca e del sistema comunista come alterna<va globale al capitalismo subirono un declino che, in tempi brevi, si trasformò in crisi irreversibile a causa dell’incapacità di sviluppare il benessere economico e la gius<zia sociale (ObieCvi che avrebbero dovuto gius<ficare la privazione delle libertà poli<che e dei diriC civili). L’impegno poli<co-militare si traduceva come la manifestazione di un nuovo e aggressivo imperialismo. L’impossibilità di riformare un sistema basato su un caraFere “chiuso”, sul potere repressivo e della forza militare, videro nei tenta<vi riformis< di Gorbačëv il crollo di esso e degli equilibri internazionali na< dalla seconda guerra mondiale. La Polonia aveva in parte an<cipato i mutamen< dell’URSS con la nascita, fra il 1980 e il 1981, del Solidarnosc, sindacato indipendente a base operaia e di ispirazione caFolica. Il paese era sempre stato, fra le “democrazie popolari” dell’Est, il pi riluFante all’imposizione del modello comunista: il clero cercava di salvaguardare l’iden<tà nazionale e di riferimento per le corren< di opposizione, rafforzato con l’ascesa, nel 1978, di Karol Wojtyła al pon<ficio. Nel 1981 Wojciech Jaruzelski, assunse la guida del governo e del ParHto Operaio Polacco, assunse i pieni poteri meFendo fuori legge Solidarnosc, i cui maggiori dirigen< furono arresta<. Dopo la svolta di Gorbačëv in Unione Sovie<ca, venne aperto un tavolo ufficiale di negoziato (1989) che sancì un accordo su una riforma cos<tuzionale che prevedeva lo svolgimento di libere elezioni, le prime in un paese comunista. Le elezioni si tennero nello stesso anno e videro la viForia di Solidarnosc e la nascita di un governo di coalizione (Con i comunis< agli Interni e alla Difesa). Gli avvenimen< polacchi diedero avvio a una reazione che, fra il 1989 e il 1990, avrebbe messo in crisi l’intero sistema delle “democrazie popolari”: in Ungheria i nuovi dirigen< comunis< legalizzarono i par<<, indissero libere elezioni e rimossero i controlli polizieschi e le barriere di filo spinato al confine con l’Austria, aprendo la cor<na di ferro che da quasi mezzo secolo impediva la 56 libera circolazione delle persone fra le due Europe. In Germania, a par<re dall’estate dell’89, i ciFadini della Germania comunista abbandonarono il paese per raggiungere la Repubblica federale aFraverso l’Ungheria e l’Austria. La fuga e le manifestazioni nelle principali ciFà tedesco-orientali misero in crisi il regime comunista, costringendo alle dimissioni il segretario del par<to Erich Honecker. I nuovi dirigen<, con l’avallo di Gorbačëv, avviarono un processo di riforme interne e liberalizzarono la concessione dei vis< d’uscita dal paese e dei permessi di espatrio. La sera del 9 Novembre 1989, dopo che un portavoce del governo tedesco-orientale aveva annunciato la ripresa della libera circolazione, un numero crescente di berlinesi si riversò nei varchi aper< del muro e li oltrepassò, cominciando a smantellarlo. Il crollo del Muro rappresentò simbolicamente la fine della guerra fredda e della divisione in due dell’Europa con il conseguente rilancio dell’unità tedesca. Nel marzo 1990 si tennero libere elezioni nella Germania dell’Est con la viForia dei cris<ano- democra<ci che liquidarono la DDR, ormai privata di ogni legiCmità e svuotata di qualsiasi funzione storica. Helmut Kohl fece acceFare anche all’URSS la nuova Germania unita e integrata nell’Alleanza atlan<ca. Non fu varata una nuova Cos<tuzione e ai tedeschi orientali fu consen<to di conver<re la loro valuta in marchi a un tasso di cambio molto favorevole, riducendo progressivamente il divario fra le due par< del paese. L’Unione Sovie<ca aveva perso il suo “impero esterno” e negli anni successivi presero forza movimen< che influirono sulla progressiva disgregazione del paese. Nel 1990 la Repubblica Russa rivendicò la propria autonomia dal potere federale ed elesse alla presidenza il riformista radicale Boris Eltsin. La crisi si acu<zzò fra il ’90 e il ’91 in concomitanza con l’aggravarsi della situazione economica: Gorbačëv cercò di mediare fra le spinte liberalizzatrici e le pressioni dell’ala intransigente del par<to, alternando concessioni e interven< repressivi e proponendo un nuovo paFo federa<vo che allargasse gli spazi di autonomia delle Repubbliche sovie<che. Nell’Agosto 1991 un gruppo di esponen< della dirigenza sovie<ca tentò il colpo di Stato per bloccare il processo di rinnovamento, sequestrando Gorbačëv nella sua casa di vacanza in Crimea, sperando aderisse al progeFo di restaurazione del vecchio regime. Fallirono a causa di un’inaFesa protesta popolare e al mancato sostegno delle forze armate. Questo determinò l’espulsione del potere comunista ma accelerò la crisi dell’autorità centrale, aggravata dal fallimento della riforma economica. L’URSS era un impero plurinazionale e le riforme di Gorbačëv diedero spazio al dissenso poli<co e alle rivendicazioni nazionali dei territori non russi dell’ex Impero zarista: le prime furono le repubbliche bal<che (LeFonia, Estonia, Lituania) seguite dalle repubbliche caucasiche (Armenia, Georgia, Azerbaigian) e musulmane (Kazakistan, Turkmenistan, Uzbekistan, Tagikistan, Kirghizistan). Fra il 1990 e il 1991 proclamarono la loro indipendenza, come l’Ucraina e la Bielorussia, legate alla Russia da vincoli storico-culturali oltre che da streC rappor< di interdipendenza economica. Gorbačëv tentò di bloccare questo processo con nuovo traFato di unione che assicurasse l’esistenza dell’URSS come en<tà militare e soggeFo di poli<ca internazionale ma i presiden< delle tre Repubbliche slave (Russia, Ucraina e Bielorussia) si accordarono sull’ipotesi di una comunità di Sta< sovrani oFenendo il consenso delle altre Repubbliche ex sovie<che. Il 21 Dicembre 1991 i rappresentan< di undici Repubbliche diedero vita alla Comunità degli StaH IndipendenH, sancendo la fine dell’Unione Sovie<ca. L’abbaCmento della cor<na di ferro e di tuC i regimi comunis< dell’Europa orientale portò i paesi ex satelli< dell’URSS ad affrontare problemi lega< alla riconversione dell’apparato produCvo in funzione del mercato, con la chiusura di molte imprese di Stato e la conseguente crescita della disoccupazione, e l’instabilità dovuta alla frammentazione poli<ca. Emersero vecchi e nuovi nazionalismi, movimen< indipenden<s< e si accesero confliC per il possesso di territori contesi. Si manifestarono contras< a sfondo etnico, come in Cecoslovacchia e Jugoslavia: In Cecoslovacchia, 57 1985, la firma degli accordi di Schengen (Lussemburgo) impegnavano gli Sta< membri ad abolire entro dieci anni i controlli alle fron<ere sul transito delle persone. Nel Febbraio 1986, a Lussemburgo, fu soFoscriFo l’AJo unico europeo che affrontava gli aspeC riguardan< l’economia e il rafforzamento della cooperazione poli<ca (Entro il 1992 dovevano essere rimosse le barriere alla circolazione delle merci e dei capitali e si introduceva il voto a maggioranza qualificata nel Consiglio europeo dei ministri). Le direCve dell’AFo unico divennero esecu<ve con la firma, nel Febbraio 1992, del traJato di Maastricht che is<tuiva l’Unione Europea: il traFato sanciva la completa unificazione dei merca< dall’inizio dell’anno successivo e allargava l’area di competenza delle is<tuzioni europee alla ricerca e l’istruzione, la sanità pubblica, la tutela dei consumatori e la realizzazione, entro il 1999, di una moneta comune e di una Banca Centrale Europea. Nel Maggio 41 1998 venne ufficialmente inaugurata l’Unione Monetaria Europea (UME) e la BCE, dal 2002 l’euro sos<tuì le valute nazionali, tranne in Gran Bretagna, Danimarca e Svezia I tagli alla spesa pubblica aFua< da vari governi provocarono proteste aggravando la crisi dei sistemi di Welfare, rendendo difficile l’uso della spesa pubblica per creare nuovi pos< di lavoro (Per tuC gli anni ’90 la disoccupazione si mantenne su livelli molto eleva<). L’austerità finanziaria soFolineò i difeC che rendevano le economie del Vecchio Con<nente poco compe<<ve: poche risorse per inves<men< produCvi, difficile sostenibilità finanziaria dei sistemi di sicurezza sociale, la rigidità del mercato del lavoro che non garan<va nuove opportunità per giovani e disoccupa<. Il dibaCto sull’Unione europea, e sui vincoli che essa poneva alle poli<che nazionali, si intrecciò con le vicende dei singoli paesi in un’alternanza tra forze moderate e progressiste. Negli anni ’90, in Germania, Francia e Spagna, le difficoltà rela<ve al processo di integrazione penalizzarono inizialmente i par<< di ispirazione socialista. Successivamente, furono le coalizioni di sinistra a oFenere una serie di successi eleForali. All’inizio del nuovo secolo, l’Unione accolse le richieste di adesione di quasi tuC i paesi ex comunis< dell’Europa orientale cancellando la fraFura creata con la guerra fredda (Nel 2007 il gli Sta< membri erano 27, nel 2013 erano 28). Nel 2000 i paesi membri decisero di creare una “Convenzione”, composta da parlamentari e rappresentan< dei governi, per redigere una Carta Cos<tuzionale della UE, che verrà approvata nel 2003. Nel 2007, durante il ver<ce europeo di Lisbona, fu approvato un traFato di riforma che allargava le competenze dell’Unione in materia di energia e di sviluppo, di immigrazione e di loFa contro la criminalità. La crisi economica del 2007-2008 introdusse nuovi elemen< di contrasto all’interno dell’Unione, dando spazio alle forze avverse all’integrazione come in Gran Bretagna, provocandone l’uscita dall’UE in seguito all’esito di un referendum nel giugno 2016 (Brexit). IL NODO DEL MEDIO ORIENTE Negli ul<mi decenni del ‘900, i principali faFori di tensione nel mondo arabo-islamico furono la compe<zione per il petrolio, la ripresa del confliFo arabo-israeliano per la Pales<na e la rinascita del fondamentalismo islamico com elemento d’iden<tà colleCva in forme nuove e aggressive. Questa corrente, sulla base di una interpretazione rigida delle norme del Corano, mirava a una “reislamizzazione” della società e chiamava i musulmani al jihad (Guerra santa) contro gli infedeli e l’Occidente, riaprendo anche le an<che divisioni religiose interne al mondo musulmano, a cominciare da quella fra sunni< (Pi numerosi su scala mondiale) e scii< (Presen< in Siria,Iraq,Libano e Yemen), e tra le potenze economiche e militari dell’area (Iran e Arabia Saudita) . Come condizione per l’adesione all’Unione monetaria bisognava assolvere una serie di parametri comuni: tassi di 41 inflazione contenu<, cambi stabili per un periodo di almeno due anni prima dell’entrata in vigore della moneta unica, deficit statale annuo non superiore al 3% del prodoFo interno lordo e debito pubblico non superiore al 60%. 60 La svolta fondamentalista avvenne nel 1979 con l’intervento sovie<co in Afghanistan e con la rivoluzione in Iran, dove si instaurò una repubblica di stampo teocra<co e fondamentalista. Il nuovo regime an<occidentale entrò subito in contrasto con gli Sta< Uni< e tenne sequestrato per più di un anno il personale dell’ambasciata americana a Teheran. Nel 1980 l’Iran, in grave dissesto economico, fu aFaccato dall’Iraq che, con l’appoggio degli USA, cercò di conquistare alcuni territori da tempo contesi fra i due paesi. La guerra durò oFo anni e si risolse in un’inu<le carneficina, anche con la mediazione dell’ONU, i paesi rimasero sulle stesse posizioni dell’inizio del confliFo approfondendo la fraFura con l’Occidente e le divisioni interne al mondo islamico. Dopo la “Guerra del Kippur”, il presidente egiziano Anwar Sadat cercò una soluzione pacifica al confliFo con Israele, grazie anche alla mediazione degli Sta< Uni<, espellendo i tecnici sovie<ci dall’EgiFo e dando alla sua poli<ca un orientamento filo-occidentale. Nel SeFembre 1978, Menachem Begin e Sadat si incontrarono a Camp David e soFoscrissero un traFato di pace fra i due paesi: l’EgiFo oFenne la res<tuzione della penisola del Sinai. La maggioranza degli Sta< arabi Canon acceFò la sua scelta e nell’oFobre 1981 fu ucciso al Cairo in un aFentato organizzato da un gruppo fondamentalista islamico. Nel 1990, Saddam Hussein, diFatore in Iraq, invase il Kuwait con la scusa di rivendicazioni territoriali ma in realtà per il controllo della penisola arabica. L’azione fu condannata dalla NATO, gli Sta< Uni< inviarono in Arabia Saudita un corpo di spedizione per difendere gli Sta< arabi minaccia< e costringerlo al ri<ro (A cui si unirono Gran Bretagna, Francia e Italia). L’Unione Sovie<ca, che in altre occasioni si era schierata a fianco del nazionalismo arabo, vedeva Gorbačëv alle prese con la crisi interna e bisognoso dell’appoggio occidentale, mo<vo per cui non si oppose all’intervento armato e consen così alla forza mul<nazionale di agire soFo la copertura delle Nazioni Unite. Hussein cercò di stabilire un collegamento fra l’occupazione del Kuwait e il problema dei territori pales<nesi occupa< da Israele, presentandosi come vendicatore delle masse arabe oppresse e promotore di una guerra santa contro l’Occidente. Alla fine di novembre il Consiglio di sicurezza dell’ONU approvava una risoluzione che imponeva all’Iraq di ri<rarsi dal Kuwait entro il 15 gennaio 1991, autorizzando in caso contrario l’impiego della forza. La forza mul<nazionale aFaccò via aereo obieCvi militari in Iraq e nel Kuwait occupato. Saddam rispose lanciando missili con testate esplosive sulle ciFà dell’Arabia Saudita e di Israele, minacciando il ricorso alle armi chimiche. L’esercito iracheno abbandonò il Kuwait dopo un aFacco via terra dopo averne incendiato gli impian< petroliferi, con conseguenze gravissime sull’economia e sugli equilibri ecologici della regione. Bush decise di arrestare l’offensiva della forza mul<nazionale per evitare il rischio di complicazioni diploma<che o di un coinvolgimento degli USA in un confliFo di lunga durata. Saddam Hussein sopravvisse poli<camente alla sconfiFa nonostante i tenta<vi di ribellione delle minoranze sciita e curda. Gli Sta< Uni< risultavano ugualmente vincitori e a imporsi come supremi garan< degli equilibri mondiali e ne approfiFarono per rilanciare il processo di pace in tuFa l’area mediorientale. Dopo l’aFentato a Sadat, il processo di pace fra Israele e i pales<nesi subì un rallentamento, anche a causa dello scoppio della guerra civile in Libano, dove l’OLP aveva spostato le sue basi opera<ve. Nel 1987 i pales<nesi cominciarono una lunga rivolta (In=fada) nei territori occupa< da Israele. Il dialogo riprese nel 1993 quando, a Oslo, il primo ministro israeliano Rabin e il leader pales<nese Arafat firmarono un accordo che prevedeva la graduale res<tuzione dei territori di Gaza e della Cisgiordania e la nascita dell’Autorità Nazionale PalesHnese (ANP), sancita ufficialmente a 61 Washington. L’intesa fu minacciata sia dal terrorismo pales<nese che dall’azione dei gruppi estremis< in Israele, dopo l’aFentato a Rabin nel 1995. Nel 2000, dopo un fallito tenta<vo di giungere a un accordo generale a Camp David, gli scontri e gli aFenta< ripresero in una seconda in<fada che coinvolse anche le ciFà israeliane, luogo di numerosi aFenta< condoC da organizzazioni estremis<che come Hamas (Movimento islamista che, affiancando la pra<ca de l terrorismo alle aCvità sociali e assistenziali, si era rapidamente radicato negli stra< più poveri della società pales<nese). In Afghanistan, i talebani (“Studen<” delle scuole coraniche) approfiFarono della situazione di caos creata dal ri<ro sovie<co e, fra il 1995 e il 1996, assunsero il controllo di buona parte del paese, imponendo un regime di intollerante oscuran<smo sopraFuFo nei confron< delle libertà femminili. In Algeria la reazione dei gruppi fondamentalis< all’annullamento delle elezioni del ’92 provocò una serie di massacri. In Turchia, paese di tradizione laica, nel 2002 si affermò il par<to di ispirazione islamico-moderata guidato da Erdoğan, il cui governo fu caraFerizzato da poli<che autoritarie e repressive nei confron< delle minoranze. Altre manifestazioni violente del fondamentalismo islamico apparirono in Somalia, in Sudan, in Pakistan, nell’Africa subsahariana e cominciavano a coinvolgere lo stesso Occidente, diventando emergenza internazionale, tanto che alla metà degli anni ’90 fu evocata la prospeCva di uno “scontro di civiltà”. DECLINO E CRISI DELLA PRIMA REPUBBLICA La fine degli anni ’60 fu caraFerizzata in Italia da una radicalizzazione dello scontro sociale che riguardò gli studen< e la classe operaia. La mobilitazione degli studen< universitari iniziò nel ’67 e progredì nel ’68 con l’occupazione delle facoltà e le manifestazioni di piazza. La contestazione giovanile riprendeva temi e obieCvi comuni ai movimen< studenteschi dei paesi occidentali, in Italia fu caraFerizzata da una connotazione marxista e rivoluzionaria. Promosso all’inizio da una minoranza di estrazione borghese, poi coinvolse studen< medi e stra< sociali più ampi e trovò forza nella classe operaia: la ricerca di uno stabile collegamento col proletariato derivava dall’influenza di gruppi intelleFuali schiera< su posizioni operaiste e dalla tradizione marxista che aveva caraFerizzato la cultura della sinistra italiana . La riscoperta della centralità operaia coincise 42 con le loFe dei lavoratori dell’industria, in vista di una serie di rinnovi contraFuali, che culminarono nell’autunno caldo. Avviatesi in modo spontaneo in alcune grandi fabbriche del Nord, le loFe ebbero al loro centro la figura dell’operaio massa, del lavoratore scarsamente qualificato. Le tre maggiori organizzazioni sindacali (CGIL, CISL, UIL) riuscirono a pilotare le loFe verso la firma di una serie di contraC nazionali che assicurarono ai lavoratori dell’industria mol< vantaggi salariali (Crescita media delle retribuzioni di circa il 18%). Questo impegno comune riavvicinò le tre confederazioni sindacali che avviarono un processo di parziale unificazione che si interruppe alla fine del decennio. Il nuovo peso delle organizzazioni sindacali avvenne grazie all’approvazione da parte del Parlamento dello Statuto dei lavoratori (1970): una serie di norme che garan<vano le libertà sindacali e i diriC dei salaria< all’interno delle aziende. Le elezioni del Maggio 1968 non modificarono nella sostanza i rappor< di forza tra i par<<, la classe dirigente non riuscì a esprimere un coerente disegno riformatore. Nel campo dell’istruzione, L’operaismo divenne traFo dis<n<vo di alcuni nuovi gruppi poli<ci che nacquero fra il ’68 e il ’70 sull’onda del 42 movimento studentesco e che, per soFolineare il distacco dai par<< tradizionali rappresenta< in Parlamento, furono chiama< “extraparlamentari”. Legata alle loFe del ’68 e alla contestazione nei confron< del PCI, fu la nascita del Manifesto, gruppo cos<tuitosi nel ’69 aForno all’omonima rivista per inizia<va di alcuni dissiden< espulsi dal Par<to Comunista. 62 quando alcuni terroris< arresta< decisero di abiurare la loFa armata e di denunciare i compagni in libertà. Il numero dei pen<< aumentò grazie alla legge che concedeva scon< di pena come compenso per il contributo allo svolgimento delle indagini, mentre il numero degli aFenta< calò rapidamente negli anni successivi e i principali gruppi clandes<ni cessarono di esistere. I contras< interni alla maggioranza portarono, nell’87, alla crisi del governo Craxi e a nuove elezioni an<cipate che segnarono un progresso del PSI, un calo del PCI e l’emergere di nuove forze poli<che: gli ambientalis< (Verdi) e le leghe regionali (Presen< sopraFuFo in Veneto e in Lombardia) unite successivamente nella Lega Nord di Bossi. Dopo le elezioni la coalizione si ricos<tuiva dando vita a nuovi governi a guida democris<ana. Si accentuava nell’opinione pubblica la cri<ca alle disfunzioni del sistema poli<co e l’aFesa delle riforme is<tuzionali. Nei primi anni ‘90 la crescita economica si interruppe e molte imprese italiane perdevano compe<<vità sui merca< internazionali perché penalizzate dall’inefficienza della pubblica amministrazione. L’inflazione era al di sopra della media europea e il deficit del bilancio statale non si ridusse per il peso degli interessi sul debito, costringendo lo Stato a con<nue emissioni di <toli che aCravano il risparmio distogliendolo dagli impieghi produCvi. L’asseFo poli<co-is<tuzionale della prima metà degli anni ’90 viene indicato come Seconda Repubblica, con il crollo dei vecchi par<<, la nuova legge eleForale maggioritaria e il rinnovamento della classe poli<ca in un sistema bipolare: il PCI si trasformò nel ParHto DemocraHco della Sinistra (PDS) mentre si consolidavano le posizioni della Lega Nord contro lo Stato accentratore, il fisco e l’intero sistema dei par<<. Le forze poli<che considerarono l’ipotesi di una nuova legge eleForale capace di dare maggiore stabilità all’esecu<vo tanto che il presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, dichiarò la volontà di cambiare il sistema di cui era rappresentante. Le elezioni dell’Aprile 1992 vedeva la sconfiFa di DC e PDS mentre crescevano i Verdi e Lega Nord di Umberto Bossi che si affermava come quarta forza poli<ca nazionale. Il Parlamento elesse alla presidenza della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, democris<ano presidente della Camera, a rappresentanza della tradizione posi<va di una classe poli<ca ormai screditata dall’inchiesta “Mani Pulite”: uomini poli<ci accusa< di aver preteso e oFenuto tangen< per la concessione di appal< pubblici, venne definito “Tangentopoli” il sistema di finanziamento illegale dei par<< e dei singoli 44 (DC e PSI) che ne aggravava la crisi e tes<moniava la loro incapacità di rinnovarsi. L’offensiva mafiosa si aCvò il 23 Maggio 1992, mentre erano in corso alla Camera le votazioni per la presidenza della Repubblica, con un aFentato lungo l’autostrada fra l’aeroporto di Palermo e la ciFà in cui vennero uccisi il magistrato Giovanni Falcone, direFore degli Affari penali del ministero della Gius<zia, la moglie e tre agen< della scorta. Il 19 Luglio, il magistrato Paolo Borsellino e cinque agen< furono uccisi da un’autobomba in piena Palermo. Entrambi erano figure note nella loFa alla mafia e la loro morte scosse l’opinione pubblica e s<molò un potenziamento dell’azione di magistratura e polizia, che avrebbe portato all’arresto di Salvatore Riina. Il nuovo governo, presieduto dal socialista Giuliano Amato, affrontò la crisi dei par<< e l’allarme della criminalità organizzata in concomitanza alla crisi produCva e alla crescita del debito pubblico che rischiavano di compromeFere gli impegni presi dall’Italia a Maastricht. Il governo affrontò il problema finanziario con interven< fiscali, poi con una manovra più organica volta a contenere le spese. Il problema della legge eleForale venne risolto con il voto a favore dei ciFadini in un referendum per l’introduzione di un sistema maggioritario uninominale al Senato (Le singole personalità avrebbe ridoFo al minimo l’ingerenza dei par<< e dei loro appara<). Fra il 1992 e il 1993, numerosi esponen< poli<ci furono raggiun< da avvisi di garanzia e costreC ad abbandonare le 44 responsabilità di par<to. Giulio AndreoC fu accusato da alcuni pen<< di collusioni con la mafia, accuse des<nate a cadere nel processo perché infondate o per l’intervenuta prescrizione del reato. 65 Amato rassegnò le dimissioni, al suo posto fu chiamato Carlo Azeglio Ciampi che formò il governo muovendosi al di fuori delle logiche par<<che. Il nuovo esecu<vo, composto in parte da tecnici e in parte da poli<ci, si impegnava a favorire il varo di una riforma eleForale sul principio maggioritario indicato dal referendum e promeFeva di proseguire il risanamento delle finanze pubbliche. Le nuove leggi eleForali per la Camera e il Senato estendevano a entrambe le Camere il sistema maggioritario uninominale, ma prevedevano una quota di seggi da assegnare con il sistema proporzionale, segnando la fine della “Repubblica dei par<<”. Col varo del nuovo sistema eleForale si fecero pressioni per un ricorso an<cipato alle urne che avrebbe liberato il Parlamento dalla vecchia classe dirigente compromessa con gli scandali di Tangentopoli e posto le basi per un nuovo paFo fra ciFadini e potere poli<co . 45 L’elemento di novità fu l’ingresso in poli<ca dell’imprenditore televisivo Silvio Berlusconi con l’obieCvo di arginare un eventuale successo delle sinistre e di ricompaFare uno schieramento moderato ormai perso. Nel giro di pochi mesi fondò un proprio par<to (Forza Italia) con un programma di ispirazione liberale, e creò una doppia alleanza eleForale con la Lega Nord (Polo delle libertà) e con Alleanza Nazionale nel Centro-Sud (Polo del buon governo), a cui confluirono i radicali di Pannella e il Centro DemocraHco CrisHano. Le elezioni del 1994 decretarono il successo delle forze intorno a Berlusconi che oFennero, grazie al nuovo meccanismo uninominale, la maggioranza assoluta dei seggi alla Camera e mancandola di poco al Senato. La sua viForia dipendeva dal sostegno delle sue re< televisive e dalla capacità di proporsi come l’unico in grado di sos<tuire il ceto di governo della “Tangentopoli”. I due schieramen< principali si delegiCmavano a vicenda: Berlusconi sosteneva che i suoi avversari fossero eredi del comunismo, la sinistra lo accusava di aFentare ai fondamen< an<fascis< della Repubblica e denunciava il confliFo di interessi in quanto grande imprenditore e proprietario delle maggiori re< televisive private. L’alleanza fra i par<< si rivelò fragile per i contras< sui provvedimen< da adoFare in una situazione finanziaria difficile e la Lega che si scontrava con le altre componen< della maggioranza. In Novembre, Berlusconi riceveFe un avviso di garanzia per una vicenda di tangen< da cui poi sarebbe uscito prosciolto. Un mese dopo, il governo fu costreFo a dimeFersi per il ri<ro della fiducia da parte della Lega. Nel gennaio 1995, Lamberto Dini formò un esecu<vo di tecnici con l’obieCvo di contenere la spesa pubblica (Riforma delle pensioni) e di portare in tempi brevi il paese a nuove elezioni. Nell’imminenza delle nuove elezioni i due schieramen< principali si riorganizzarono: con la nascita dell’Ulivo (Raccoglieva PDS, PPI e altri gruppi minori) e la candidatura di Romano Prodi, si sarebbe poi s<pulato un accordo eleForale con Rifondazione Comunista. Il Polo delle libertà riuniva Forza Italia, Alleanza Nazionale e altri gruppi minori. La Lega si proponeva da sola. Nel 1996 l’Ulivo si impose oFenendo la maggioranza assoluta al Senato e quella rela<va alla Camera, dove diventava determinante l’appoggio di Rifondazione. La Lega superò il 10% nazionale e il 30% nel Nord-Est, Bossi cercò di compaFare il movimento spostandolo su posizioni separa<ste (“Dichiarazione di indipendenza della Padania”). Il nuovo governo presieduto da Romano Prodi aveva il compito di equilibrare la necessaria poli<ca di rigore con la tutela dei ce< meno proteC, e di rilanciare l’economia e l’occupazione: Il primo obieCvo fu perseguito dal ministro Ciampi, riducendo il deficit del bilancio statale entro il 3% del prodoFo interno lordo. Una serie di interven< fiscali e di tagli alla spesa pubblica consen<rono all’Italia di rientrare nel Sistema monetario europeo fino all’introduzione dell’euro nel 2002. La spesa previdenziale, in con<nua crescita nonostante le misure adoFate dal governo Dini, caricava sulle generazioni future il costo di un numero elevato di pensiona< che avevano avuto la possibilità di uscire an<cipatamente dal mondo del lavoro. I correCvi da introdurre avrebbero portato a I par<< della vecchia maggioranza cercarono di rinnovarsi cambiando il simbolo e il nome del par<to, non sempre 45 riuscendo nell’intento. 66 calcolare le nuove pensioni non più in base all’ul<ma retribuzione (sistema retribu<vo) ma in base ai contribu< versa< nella vita lavora<va (sistema contribu<vo). I tenta<vi di intervento del governo provocarono le resistenze dei sindaca< e l’opposizione di Rifondazione comunista. Le inchieste giudiziarie sul sistema delle tangen< erano lontane dall’essere concluse, mentre rimaneva aperto un contenzioso fra seFori dell’ordine giudiziario e una parte della classe poli<ca, contrasto alimentato dal coinvolgimento in alcune inchieste di Berlusconi. Nell’OFobre 1998, Rifondazione Comunista negò la fiducia al governo Prodi, che fu costreFo a dimeFersi. Si formò rapidamente un nuovo governo di centro-sinistra presieduto da Massimo D’Alema, leader dei DemocraHci di Sinistra sostenuto dall’Ulivo, da alcuni gruppi minori di centro e da una parte dei parlamentari di Rifondazione. Il cambio alla presidenza del Consiglio senza un’inves<tura eleForale apparve come una ripresa delle consuetudini del vecchio sistema dei par<< e fu contestato dal Polo e da una parte del centro-sinistra. In poli<ca interna, il governo D’Alema non resse alla prova delle elezioni regionali dell’Aprile 2000, portando D’Alema alle dimissioni e al suo posto fu chiamato ancora Giuliano Amato alla testa di un altro governo di centro-sinistra, la cui principale realizzazione fu l’approvazione di una legge cos<tuzionale che introduceva delle modifiche all’ordinamento italiano in materia di poteri degli en< locali: furono amplia< i poteri legisla<vi delle regioni in materia di sanità, istruzione, lavori pubblici, agricoltura, turismo, e riconosciute maggiori autonomie ai comuni, alle province e alle aree metropolitane (Le grandi ciFà con i piccoli centri ad esse collega<). La riforma mirava ad eliminare le rivendicazioni federaliste della Lega ma fu cri<cata per la macchinosità di alcune formulazioni e come fruFo di una inizia<va unilaterale della maggioranza. Fra il 1996 e il 2001 il centro-sinistra aveva guidato l’Italia verso la nuova dimensione europea, ma il paese sembrava mantenere la debolezza dell’esecu<vo e la breve durata dei governi. LA TERZA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE E LA GLOBALIZZAZIONE Negli ul<mi decenni del ’900, il mondo industrializzato fu inves<to da un’ondata di innovazioni tecnologiche il cui punto di partenza era l’eleFronica, già stata alla base di alcune scoperte nelle telecomunicazioni. Nella seconda metà del secolo, i progressi dell’eleFronica portarono allo sviluppo di nuove discipline come l’informa<ca e la telema<ca. Questo fu reso possibile anche dall’avvento del computer che, come macchina di calcolo, era stato già usato durante la seconda guerra mondiale. Altri sal< di qualità furono l’introduzione del chip e il microprocessore, facendo nascere computer di “terza generazione” di dimensioni ridoFe a cos< di produzione più bassi che permisero una produzione di massa e una trasformazione in uno strumento individuale di uso comune . La digitalizzazione, a par<re dagli anni ’80, del suono e delle immagini consen di 46 unificare i linguaggi e di far circolare informazioni di diversa natura sugli stessi canali di comunicazione. Una delle più importan< novità collegate alla rivoluzione informa<ca fu lo sviluppo rapido di Internet: alla fine degli anni ’60 era stata is<tuita negli Sta< Uni<, per inizia<va delle forze armate, una rete di connessione fra diversi computer (Arpanet) che cos<tuiva un sistema di comunicazione capillare e sicuro, in grado di resistere anche a una guerra nucleare. Parallelamente fu realizzato un collegamento tra i grandi calcolatori di alcune università americane. Interne<nizialmente offriva servizi dedica< a par<colari comunità di uten< ma la svolta decisiva si ebbe nel 1991, quando il CERN (Consiglio europeo per la ricerca nucleare) di Ginevra creò il primo server World Wide Web per permeFere agli scienzia< di scambiarsi informazioni composte da tes< e immagini. Cominciò la Alla metà degli anni ’70, nacquero le imprese che avrebbero dato un contributo fondamentale allo sviluppo del 46 seFore, come la Apple di Steve Jobs e la Microsol di Bill Gates. 67 i paesi dell’America La<na, conobbero una fase di intensa crescita economica grazie ad un compromesso tra l’apertura ai flussi commerciali globali e l’integrazione con<nentale. • Sudafrica Si liberò del regime di discriminazione razziale (Apartheid) e portò con le prime elezioni a suffragio universale (1994) alla presidenza del paese il leader del movimento an<segregazionista, Nelson Mandela. Il nuovo Sudafrica superò i problemi di convivenza e riuscì a mantenere la sua unità e le sue is<tuzioni rappresenta<ve. Il ri<ro, nel 1999, di Mandela aprì una fase poli<ca molto complessa in cui il suo par<to doveFe fronteggiare una crescente confliFualità interna. Sul piano economico venne garan<ta la con<nuità allo sviluppo avviato negli anni ’90 sfruFando la ricchezza di risorse naturali e la rapida integrazione nei merca< internazionali. Nel XXI secolo si inserì nel gruppo dei grandi paesi in via di sviluppo, il BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica). Nonostante i grandi mutamen< in alcune aree del Terzo Mondo, alla fine del ’900, il divario fra paesi ricchi e paesi poveri aumetò: la situazione più cri<ca riguardava alcune aree dell’Asia meridionale e sopraFuFo l’Africa subsahariana dove in media il PIL annuo era inferiore a quello dei paesi più sviluppa<, gli indici di analfabe<smo e i tassi di mortalità infan<le restavano molto eleva<, mentre fame, nuove epidemie e debito estero diventavano problemi sempre più pressan<. A par<re dagli anni ’80 i paesi africani si aprirono al mercato mondiale delle merci e dei capitali, ma le élite poli<che nazionali avviarono efficaci poli<che di sviluppo. Negli anni ’90 ci furono una lunga serie di colpi di Stato e di guerre civili che, in alcuni paesi, distrussero ogni autorità centrale (Ruanda, Somalia, Sudan e Nigeria). IL MONDO ISLAMICO E LO SCONTRO CON L’OCCIDENTE L’11 seFembre 2001 il terrorismo integralista fece un aFentato: due aerei di linea pilota< da diroFatori si schiantarono contro le Twin Towers a New York e un altro si abbaFé sul Pentagono a Washington. Un altro aereo diroFato precipitò in Pennsylvania. I diroFatori appartenevano all’organizzazione terroris<ca internazionale Al Qaeda, con base opera<va in Afghanistan, guidata da Osama bin Laden, assertore di una guerra contro i nemici dell’islam, in par<colare gli USA. L’aFentato provocò migliaia di viCme civili e destò enorme impressione instaurando, sopraFuFo in Occidente, un clima di paura e di incertezza. L’amministrazione statunitense, guidata da George Bush JR., riuscì, dopo un primo momento di smarrimento, a riprendere il controllo della situazione contando anche sulla compaFezza patrioCca del paese e della sua classe poli<ca. Predispose le condizioni poli<che per un’azione militare il cui obieCvo era l’Afghanistan, che ospitava il capo dei terroris< ed era diventato il riferimento di tuC i gruppi integralis<. OFenuto l’appoggio internazionale, il 7 OFobre 2001, ebbero inizio le operazioni militari con bombardamen< aerei, mentre l’offensiva di terra fu affidata agli oppositori del regime talebano (Mujaheddin), fu rapida e viForiosa. Il mullah Omar, capo spirituale dei talebani, e Osama bin Laden riuscirono a far perdere le loro tracce. Negli anni successivi, i fondamentalis< ripresero il controllo di vaste zone del paese con un’os<nata guerriglia e scatenando una campagna terroris<ca che fece molte viCme fra la popolazione civile. Un’offensiva a cui la coalizione an<terrorismo trovava difficoltà a dare risposta a causa del contemporaneo impegno militare degli Sta< Uni< in Iraq: Il 18 marzo 2003 lanciarono un ul<matum a Saddam Hussein, in<mandogli di lasciare il paese entro 48 ore. Fuggì, sfaldando il regime, ma venne caFurato nel 2003 e impiccato tre anni dopo. Il processo di stabilizzazione dell’area mediorientale trovò ostacoli insormontabili: in Iraq, paese soFoposto ad occupazione, i sostenitori del diFatore deposto e i gruppi integralis< arabi ispira< da Al Qaeda diedero inizio a una serie di aFenta<. Né le elezioni del 2005 né il varo successivo di una Cos<tuzione federale servirono a stabilizzare la situazione nel paese, nel quale l’affermazione della 70 componente sciita apriva nuovi spazi per l’espansione di un altro fondamentalismo, quello che faceva capo all’Iran di Mahmoud Ahmadinejad. In Europa, la minaccia del terrorismo si concre<zzava negli aFenta< di Madrid (11 marzo 2004) e Londra (7 luglio 2005). Dopo due guerre, il confliFo fra islam e Occidente rimaneva il principale focolaio di tensione internazionale. Lo stato di tensione presente nel mondo islamico per l’affermazione delle corren< fondamentaliste peggiorò il confliFo israelo-pales<nese: nel 2002 il governo guidato dal leader della destra, Ariel Sharon, fece costruire un muro di separazione fra il territorio di Israele e le aree pales<nesi. Nel 2005, lo stesso Sharon decise il ri<ro unilaterale degli israeliani dalla striscia di Gaza. Dopo l’uscita di scena di Sharon e la morte di Arafat, la viForia eleForale nel 2006 degli estremis< di Hamas a Gaza rese sempre più difficile una soluzione pacifica. Agli aFenta< e ai lanci di missili da Gaza e dal Libano, Israele reagì con durissime risposte militari. Nel 2012 la Pales<na fu ammessa dall’Assemblea dell’Onu come Stato osservatore non membro e successivamente cambiò il suo nome in Stato di Pales<na. SCENARI NEL XXI SECOLO A par<re dal 2007 l’economia globale affrontò una grave recessione innescata da uno squilibrio nel mercato finanziario, la cui causa fu l’esplosione della “bolla” dei mutui immobiliari negli Sta< Uni<: pres<< ad alto tasso d’interesse per l’acquisto di abitazioni, concessi negli anni anche a soggeC a basso reddito, e garan<< dallo stesso valore delle case. Le banche avevano emesso i “deriva<”, <toli finanziari il cui valore era collegato agli interessi sui mutui. In quel modo il debito contraFo da soggeC di dubbia affidabilità poteva essere venduto a società finanziarie e a piccoli risparmiatori convin< di trarne guadagno, ma erano in realtà <toli dal caraFere altamente specula<vo. Il meccanismo si bloccò nell’estate del 2007 quando i prezzi degli immobili cominciarono a scendere e i tassi di interesse sui mutui salirono. Il valore delle proprietà diminuì mentre aumentarono le somme da res<tuire alle banche, portando al crollo del valore dei <toli lega< ai mutui possedu< dagli is<tu< bancari. La crisi si diffuse al di fuori dei confini degli Sta< Uni< in quanto i prodoC deriva< furono acquista< anche dalle banche europee e, in misura minore, da quelle asia<che. Il crollo del valore dei <toli fece nascere dubbi sulla solidità del sistema bancario e spinse mol< risparmiatori a ri<rare il proprio denaro dagli is<tu< in difficoltà, aggravandone la situazione. La crisi colpì l’economia in quanto le banche ridussero i pres<< alle imprese, che doveFero tagliare acquis< e inves<men<, comportando una riduzione dei consumi da parte delle famiglie, costringendo i produFori di beni e servizi a limitare la propria aCvità. Dal 2007 al 2009 il PIL diminuì di oltre il 2% negli Sta< Uni< e di oltre il 4% nella zona dell’euro, le uniche a registrare incremen< produCvi furono Cina e India. La profondità e la durata del fenomeno recessivo suggerirono nuove diagnosi pessimis<che sull’efficacia del sistema economico “globalizzato”, sulla governabilità dei suoi strumen< e sulla stessa moralità dei suoi principi fondan<. Negli Sta< Uni<, l’amministrazione Bush stanziò risorse imponen< a sostegno degli is<tu< in difficoltà ma non bastarono a tamponare le perdite e a consen<re una rapida uscita dalla crisi. Il calo dei valori azionari colpiva i patrimoni dei risparmiatori che avevano inves<to in Borsa, mentre si mol<plicava il numero di persone che dovevano lasciare la propria casa, non potendo pagare le rate dei mutui contraC per comprarla. Si registrava inoltre un significa<vo aumento della disoccupazione. Nel 2008 salì alla presidenza il democra<co Barack Obama, la sua presidenza si caraFerizzò per: - Un ampio piano di inves<men< statali per infrastruFure, educazione, sanità, energie rinnovabili, espansione delle tutele ai disoccupa< e sgravi fiscali direC al ceto medio. Le misure avevano lo scopo di alleviare la situazione di seFori sociali in sofferenza e offrire s<moli alla ripresa con un 71 rilancio della domanda. Seguirono altri interven< finalizza< a limitare la speculazione finanziaria e a sostenere i seFori produCvi più in difficoltà, come quello delle auto. - AFuò una riforma sanitaria (2010), dopo un confronto con l’opposizione repubblicana, che mirava a rendere obbligatoria e a finanziare, in parte a spese del bilancio pubblico, l’assistenza agli stra< sociali più bassi che non riuscivano a sostenere i cos< delle assicurazioni private. - Nel 2015 rese legali i matrimoni fra persone dello stesso sesso in tuC gli Sta< dell’Unione. - LoFe ambientaliste con collaborazioni internazionali per ridurre l’emissione di anidride carbonica. - Il ri<ro dall’Iraq (Nel Dicembre del 2011 gli ul<mi repar< statunitensi abbandonarono il paese) e in Afghanistan, dove non cessava la guerriglia condoFa dai talebani, rafforzò inizialmente l’impegno nella missione per poi effeFuare un graduale ri<ro. L’approccio del presidente era fondato sulla disponibilità di mediazione e di dialogo, con<nuando la riaffermazione dei valori fondan< della tradizione americana e occidentale. Il successo più significa<vo fu l’uccisione di Osama bin Laden da parte di un commando delle forze speciali americane il 1° maggio del 2011. Il secondo mandato presidenziale si concluse nel 2016 con buoni risulta< ma in campo economico, la lenta ripresa avviata dal 2010, non cancellò le conseguenze sociali della crisi (Pos< di lavoro perdu<, mutui immobiliari insostenibili, abbassamento del tenore di vita dei lavoratori salaria< e di parte dei ce< medi). Allo scontento va aggiunta la viForia di Donald Trump nel 2016, repubblicano che incarnava i valori tradizionali della destra americana, che si propose come interprete degli umori dell’opinione pubblica e degli stra< sociali più colpi< dalla crisi. Promise di abbassare le tasse e di lasciare maggiore libertà a imprenditori e operatori finanziari. In poli<ca internazionale adoFò poli<che isolazionis<che e protezionis<che, assumendo aFeggiamen< aggressivi nei confron< dei vecchi e nuovi avversari degli Sta< Uni<. Trump cercò di smantellare alcune misure della precedente amministrazione: - L’Obamacare. - Proibì temporaneamente l’ingresso negli USA di ciFadini dei paesi a forte presenza terroris<ca (Iran, Iraq e Siria) e sospese i programmi di assistenza ai rifugia<. - Accentuò il contrasto all’immigrazione clandes<na con un muro lungo il confine col Messico. - Ri<rò l’adesione degli Sta< Uni< agli accordi di Parigi sul clima del 2015. - Revisionò il sistema del commercio internazionale puntando sulle traFa<ve bilaterali con i singoli paesi per far valere gli interessi nazionali degli USA, provocando tensioni con l’UE e la Cina, dal 2009 primo paese esportatore del mondo. In poli<ca estera all’inizio privilegiò l’amicizia con la Russia, a scapito del rapporto con la Cina, ma i rappor< si fecero più tesi a causa delle posizioni divergen< sui problemi del Medio Oriente: la Russia appoggiava il regime siriano di Bashar al-Assad, accusato dagli USA di crimini contro l’umanità [cfr. 21.7]. Nel Dicembre 2017, spostò l’ambasciata USA in Israele da Tel Aviv alla capitale Gerusalemme definendo una roFura con la linea tenuta dalla comunità internazionale che condannò l’inizia<va. Con l’ascesa nel 2011 di Kim Jong Un e il conseguente armamento atomico della Corea del Nord, come sfida alle potenze vicine e gli stessi Sta< Uni<, Trump rispose minacciando di distruggere il paese facendo crescere la tensione fino agli accordi del 2018 in cui la Corea del Nord si impegnava a smantellare l’arsenale nucleare, mentre gli Sta< Uni< rinunciavano alle manovre militari comuni con la Corea del Sud. Le difficoltà causate dalla crisi finanziaria del 2007-2008 coinvolsero in parte anche la Russia, che riuscì a superarle in tempi brevi grazie all’afflusso di valuta estera garan<to dalla disponibilità di petrolio e gas. Al consolidamento del potere di Pu<n faceva riscontro una pra<ca illiberale e autoritaria nei confron< delle opposizioni, oggeFo di campagne di denuncia dentro e fuori i confini della Russia. Nel 2008 le elezioni per la presidenza della Repubblica furono vinte da Dmitrij 72 della sanità, e a vedere una crisi dell’economia produCva delle piccole e medie imprese. Nonostante queste difficoltà e le vicende giudiziarie di Berlusconi la posizione dell’esecu<vo restava solida mentre andava meno la forza poli<ca del centro-sinistra, rafforzando il governo e la maggioranza, nonostante la roFura fra Berlusconi e Gianfranco Fini, cofondatore del PDL. Gli interven< vara< dal governo furono giudica< insufficien< dai merca< finanziari, che cominciarono a prendere di mira i <toli di Stato italiani, determinando un forte aumento dello spread con i <toli tedeschi: il “sistema paese” venne considerato a rischio di insolvenza a causa del tasso di crescita del PIL prossimo allo zero, che sarebbe diventato nega<vo nel 2012-2013. Rimanevano intaC i privilegi della classe poli<ca, delle corporazioni e delle forme di lavoro garan<te e sindacalmente proteFe, con minori prospeCve per i giovani (Precariato o lunga disoccupazione). Nell’autunno del 2011, con l’aggravarsi della situazione della finanza pubblica, Napolitano favorì, dopo le dimissioni di Berlusconi, la formazione di un nuovo governo di emergenza sostenuto da tuFe le forze maggiori del Parlamento, presieduto dall’economista Mario MonH. Diede avvio a una serie di for< interven< di riduzione della spesa pubblica con lo scopo di rilanciare la fiducia nell’affidabilità finanziaria dello Stato italiano. Lo spread calò nel 2012 ma non ridusse la massa sul debito, con<nuò a calare anche l’occupazione e la crescita economica. Si avviarono proteste contro la classe poli<ca, a causa dell’uso di fondi pubblici per i par<<, che trovarono aggregazione nel Movimento 5 Stelle. Alla fine del 2012, Berlusconi ri<rò la fiducia al governo Mon<. Nelle elezioni del 2013 la coalizione di centro-sinistra prevalse, ma il centro-destra berlusconiano si confermò come seconda forza poli<ca, e venne rieleFo Napolitano. Enrico LeJa (PD) formò il nuovo governo, proseguendo sulla strada di Mon<, ma perse dopo pochi mesi l’appoggio di Berlusconi, condannato per evasione fiscale, e sopravvisse solo grazie a una nuova scissione nel centro-destra. Nel 2014 MaJeo Renzi sos<tuì LeFa alla guida del governo con un vasto programma di riforme che interessò il mercato del lavoro, il seFore dell’istruzione e il campo dei diriC civili (Divorzio breve, reato di tortura e unioni civili). Varò delle riforme is<tuzionali in materia di legge eleForale e ordinamento cos<tuzionale (Italicum) valido solo per la Camera dei Deputa<. in poli<ca estera tentò di inserire l’Italia nei paesi più influen< europei contrastando le misure di austerità e mantenendo un rapporto di collaborazione con la Germania sulla ques<one dei migran<. Nel 2015, Napolitano rassegnò le dimissioni e fu eleFo Sergio MaJarella, esponente del PD. Nonostante il suo aCvismo nel campo delle riforme e qualche segno di miglioramento dell’economia reale, Renzi fu cri<cato per aver costruito un sistema di potere centrato sulla sua persona e aver compiuto scelte non in linea con le tradizioni della sinistra. Il risultato nega<vo del referendum del 2016 sulla riforma cos<tuzionale proposta dal governo provocò le dimissioni di Renzi, che fu sos<tuito alla guida del governo da Paolo GenHloni. Nel 2017 fu varata una nuova legge eleForale a sistema “misto” che prevedeva l’elezione di due terzi dei parlamentari con sistema proporzionale e del restante terzo in collegi uninominali. Nelle elezioni del 2018 il M5S (Luigi di Maio) si affermò come primo par<to, seguito dalla Lega (MaJeo Salvini) che aveva impostato la sua campagna sulla ques<one dei migran<. Le due forze poli<che, distan< per impostazione ideologica e per programmi, trovarono un accordo aFraverso l’adozione di misure impegna<ve sul piano della spesa (Abbassamento delle aliquote fiscali, reddito di ciJadinanza per le fasce più povere, nuova riforma delle pensioni) difficilmente conciliabili con le regole di bilancio fissate dall’UE. Il nuovo governo, presieduto da Giuseppe Conte, con Salvini agli Interni e Di Maio allo Sviluppo economico e alle Poli<che sociali doveFe quindi mediare fra spinte contrastan<. 75 LE OMBRE DELL'EUROPA: DEMOCRAZIE E TOTALITARISMI NEL XX SECOLO (MAZOWER) IL TEMPIO DESERTO: ASCESA E CADUTA DELLA DEMOCRAZIA Prima della Grande Guerra esistevano tre repubbliche, alla fine del 1918 ne erano presen< 13 e, con gli accordi di Parigi, si decretò la nascita della democrazia parlamentare in Europa che aveva alla base principi liberali. Il liberalismo durò poco e, a par<re dalla Rivoluzione Russa, le classi dominan< si mostrarono prima an<comuniste poi democra<che e i loro valori vennero cancella< con la Grande Depressione del 1929, portando i governi europei verso destra. Negli anni ’30, il clima poli<co e sociale fece perdere fiducia nella democrazia e si preferirono altre forme di ordinamento poli<co (Autoritarie) per risolvere i problemi della modernità. L’istanza di riforma cos<tuzionale divenne più pressante nel 1918 e dilagò in tuFa l’Europa centrorientale di cui l’elemento cardine era la Germania, con il tenta<vo di democra<zzare l’intero sistema poli<co. Per le cos<tuzioni, i giuris< e i poli<ci, si erano ispira< alle carte di regimi liberali di an<ca tradizione (Francia,USA, Inghilterra e Svizzera) basate sul diriFo pubblico e i suoi legami con la poli<ca e la società. Le cos<tuzioni soFolineavano l’aspeFo democra<co, nazionale e repubblicano. La sfiducia nell’esecu<vo portò alla creazione di commissioni parlamentari che lo controllassero, concentrando il potere nel legisla<vo: l’intenzione era quella di creare un governo che fosse fedele alla volontà espressa dal popolo (Referendum). Le nuove cos<tuzioni erano espressioni del classico liberalismo oFocentesco ma cercavano di garan<re diriC nuovi in ambito poli<co e delle libertà civili, sanitario, previdenziale e familiare. Il programma socialdemocra<co era un risposta agli avvenimen< in Russia, tentando di soddisfare l’aspirazione popolare conciliando il parlamentarismo vecchia maniera e le nuove pressioni generate da una moderna società di massa, allontanandole sal bolscevismo . Nel 1917 la Russia sarebbe potuta diventare la patria della rivoluzione democra<ca, i cui nemici erano i fedeli ai Romanov, in quanto Lenin e la sinistra premevano per la cos<tuzione di un’Assemblea cos<tuente per inaugurare un “governo borghese necessario” ripreso dalla teoria marxiana. Alla fine di oFobre, assunsero il potere senza definire la rivoluzione democra<ca borghese o socialista proletaria. Le elezioni dell’Assemblea decretarono la sconfiFa per i bolscevichi in quanto non oFennero tuC i vo< necessari per essere la maggioranza. Lenin rispose cambiando posizione considerando una repubblica di Soviet, rispeFo a quella borghese, espressione di principio democra<co. Il suo trionfo fu l’espediente del fallimento del liberalismo: i liberali russi credevano che fosse possibile risolvere la crisi sociale offrendo al popolo le libertà cos<tuzionali quando questa voleva pace e terra, facendo disgregare l’area centrale della poli<ca russa. I diriC erano subordina< all’estrazione sociale (Potere alla popolazione lavoratrice) e potevano essere revoca< dal governo se avessero portato contras< alla causa rivoluzionaria. Il regime mantenne una concezione amministra<va del diriFo, differendo dalle innovazioni cos<tuzionali rispeFo alle libertà individuali, e i cos<tuzionalis< si allontanarono sempre di più dall'URSS (Il sistema sovie<co ebbe poco impaFo sull'Europa dove la rivoluzione non si materializzò mai o fu soppressa rapidamente). Nel 1922, quando Mussolini fu invitato a formare un governo dal Re, il par<to fascista era ancora piccolo e lo Statuto Alber<no sarebbe rimasto la base cos<tuzionale dello stato. L’ascesa al potere fu possibile grazie al <more per il socialismo scatenato dalle elezioni del 1919. Senza il sostegno dei 76 liberali e dei socialis< non sarebbe riuscito a formare un governo e non sarebbe riuscito a far approvare la riforma eleForale del 1923 che permise di controllare la Camera dei Deputa<. Nel 1925-1926 oFenne pieno potere con l’approvazione delle leggi che ampliavano i poteri dei prefeC nelle provincie, privavano della ciFadinanza i cri<ci del regime, soppressero par<< di opposizione e le libertà civili e di stampa. Rimasero il Re come capo dello Stato e il Parlamento, mantenendo una con<nuità col sistema liberale, ma aFuò la difesa dello Stato autoritario dove i diriC individuali/colleCvi vennero ristreC e fu esaltata la violenza e l'azione: la vita prendeva una concezione totalitaria dove la poli<ca era esperienza di vita onnicomprensiva. La cri<ca al parlamentarismo soFolinea come la rappresentanza proporzionale avesse prodoFo parlamen< frammentari e la nascita di un gran numero di par<<, un sistema inefficace nelle vari differenze di classe, etnia e religione. La Francia e la Grecia cambiarono il loro sistema dal proporzionale al maggioritario, con l’intento di aumentare la stabilità della democrazia, ma il problema erano i par<<, accusa< di essere di parte e di non agire nell'interesse del paese: il parlamento si ingrandiva anziché risolvere le tensioni sociali. I par<< poli<ci non comunicavano tra loro, si scontravano ed erano sempre più militarizza<, i governi non duravano più di un anno. Lo scontro fra i democra<ci liberali e i cos<tuzionalis< ebbe implicazioni profonde nella Germania di Weimar: si sviluppò la tesi secondo cui i poteri cos<tuzionali di emergenza andavano impegna< per difendere la cos<tuzione e per instaurare la diFatura. Nel 1930 i nazis< e comunis< risultarono al secondo e terzo par<to del paese rendendo impossibile la coalizione di maggioranza. I decre< legge emana< in base all'ar<colo 48 della Cos<tuzione erano essenziali per evitare il sovver<mento della democrazia. SoFo von Papen e Schleicher, Weimar si avvicinò allo stato autoritario. La popolazione riteneva che il modello liberale di democrazia parlamentare andasse rivisto. I paesi europei temerono di più il comunismo e i sostenitori della democrazia furono pochi a causa della spaccatura a sinistra tra socialdemocra<ci (Che strinsero alleanze con le popolazioni rurali) e comunis<. I conservatori ritenevano che il problema era nel potere conferito alle masse e l’assenza del senso del dovere e di comunità. A metà anni ‘30 il liberalismo era ormai sconfiFo e i confliC ideologici/poliCci avvenivano all’interno della destra, tra una forma “vecchia” (Riportare una forma più elitaria) e una “nuova” che prese e preservò il potere u<lizzando gli strumen< della poli<ca di massa. Lo strumento del par<to permise una legiCmità e un potere tali da indebolire i conservatori. La nuova destra offrì alterna<ve al parlamentarismo: lo Stato corpora=vo di Mussolini si sviluppò negli anni '20, venne pubblicizzato come strumento <picamente fascista di organizzazione delle componen< rappresenta<ve della società aFraverso associazioni di produFori anziché di classi. In realtà fu una mis<ficazione per mascherare l'addomes<camento dei lavoratori e la collaborazione con un élite dirigente svolta dal regime. TuFavia sembrava indicare la via per una forma di rappresentanza poli<ca più organica. Nella Germania nazista i par<< poli<ci vennero messi al 50 bando, il primo ministro governava con l'ausilio dei decre< legge, la Camera divenne una Camera corpora<va, lo Statuto nazionale del lavoro mise al bando scioperi e portò alla creazione delle gilde nazionali. In Germania la legiCmità risiedeva nella volontà popolare, la quale si esprimeva aFraverso i decre< di Hitler. Nei primi tre anni di vita vennero emana< mol< decre<, statu< e ordinanze, la gius<zia nazista venne basata sul Führerprinzip come strumento per il conseguimento dell'obieCvo del regime: una sana comunità razziale. La legge non salvaguardava più i diriC di ebrei, zingari e classi degenerate di ariani (Omosessuali, persone con handicap fisici e mentali). L’austrofascismo aveva dei pun< in comune con il nazionalsocialismo ma, il primo, mirava a un autoritarismo 50 caFolico, mentre il secondo fu un movimento an<religioso e nazionalista, portando a una fraFura tra i sostenitori del regime e i fautori della doFrina razziale. 77 democrazia concerneva la creazione di sta< nazionali e in essa era forma la componente an<semita che avrebbe dovuto influenzare gli indirizzi poli<ci. L’avvento dell’an<semi<smo is<tuzionalizzato di Hitler minò le fondamenta della SDN in quanto 52 uno stato civilizzato rifiutava l'assimilazione in modo estremamente radicale, portando agli estremi la pra<ca di “purificazione” (Nel 1933 la Germania uscirà dalla SDN). Il Terzo Reich sviluppò una visione dell’ordine europeo basato su principi diversi da quelli di Ginevra, meFendo soFo <ro l’idea dell’universalismo liberale: la poli<ca estera di Hitler fu influenzata dalla tradizione panteis<ca dell'impero asburgico ma non si opponeva alla SDN, disse chiaramente che il suo obieCvo era accrescere il territorio per il popolo tedesco. La visione della poli<ca era quella di loFa razziale che implicava una visione gerarchica delle relazioni internazionali. I confini non potevano avere caraFere permanente ma dovevano essere fron<ere momentanee e la SDN incarnava una filosofia dei rappor< internazionali inefficace in quanto non poteva esistere uguaglianza tra gli Sta< perché la razza più forte doveva prevalere su quella debole. Sia per la Germania che per l’Italia l'impero era fondamentale rivendicare la loro potenza e per la sopravvivenza. L'edificazione dell’impero fascista segnò il culmine dell'espansione coloniale europea: avvenne in E<opia, nel 1935, con una sanguinosa guerra lampo segnando l’apice del governo Mussolini. Ne seguì l’introduzione delle leggi razziali che regolamentarono i rappor< sessuali tra italiani ed e<opi, le stesse leggi che arrivarono anche in Italia nel '38 come tenta<vi fascis< di costruire un’immagine di potenza imperiale. La poli<ca italiana ricalcava le teorie naziste in materia di razza e d’impero ma la Germania prese più seriamente le discriminazioni razziali aFuando una poli<ca di egemonizzazione all’interno dell’Europa, mentre il fascismo vedeva il proprio impegno civilizzatore al di fuori. L’invasione della Boemia-Moravia dava il primo segnale dei reali obieCvi di Hitler e rese evidente il suo disprezzo per gli accordi internazionali: Gran Bretagna e Francia con ritardo tentarono di ridar vita alla fascia di sicurezza orientale offrendo garanzie a Polonia e Romania, il controllo nazista della ex-Cecoslovacchia privava di qualsiasi rilevanza strategica un alleanza orientale e l’URSS si era risollevata. CORPI SANI, CORPI MALATI I valori nazionalsocialis< per il benessere della comunità erano penetra< a fondo nella vita tedesca e facevano parte di un dibaCto europeo: salute e benessere non erano più obbieCvi individuali ma concernevano la società intera, mo<vo per cui lo Stato doveva intervenire nella sfera privata indicando come vivere. I <mori per il vigore nazionale erano accresciu< dal declino dei tassi di natalità prima della guerra a cui i governi risposero is<tuendo il Ministero della Salute Pubblica e promuovendo i valori della famiglia (Fare più figli, l'aborto e la contraccezione furono criminalizza<). Le condizioni di vita e abita<ve vennero migliorate assieme alle aCvità ricrea<ve di massa e venne incoraggiata la forma fisica. Oltre alla salvaguardia della quan<tà si guardava anche alla qualità e ciò implicava ridurre i rischi per la salute pubblica (GheC, mala< fisici e mentali interna<, sterilizza< o soppressi). A volte la minaccia era considerata in termini di classe o di razza. Durante la Prima Guerra Mondiale morirono più di 8 milioni di uomini la cui maggior parte era cos<tuita dai giovani, la cui morte ebbe conseguenze devastan< in Europa. Durante il confliFo la divisione dei ruoli tra i sessi aveva già subito sconvolgimen< e, dopo il 1918, il conceFo tradizionale di famiglia era in crisi: le donne e i bambini si doveFero adaFare, mol< di cui vedove e orfani, gli uomini torna< dal fronte erano distruC e incapaci di reintegrarsi, in cerca di un lavoro. A ques< si La rilevanza poli<ca di tale organismo dipendeva molto dalla volontà dei suoi sta< membri.52 80 aggiunse la crisi del '18-'19 le cui insurrezioni e rivoluzioni accrebbero la sensazione di una disgregazione sociale. L'idea del pericolo della giovane donna emancipata, indipendente con un lavoro e un reddito, par con l’apertura dei bolscevichi nei rappor< sociali tra i sessi, emancipando le donne russe, riducendo il potere della Chiesa ed eliminando la tradizione patriarcale. Le donne, che vivevano in una Europa an<bolscevica, in alcune cos<tuzioni oFennero il diriFo di voto ma in altre (Francia, Italia, Grecia) furono escluse, e le norme cos<tuzionali sulle pari opportunità vennero annullate dal nuovo culto della famiglia che sanciva il dominio del maschio. La donna veniva vista come moglie e madre, il senso di maternità veniva inculcato sin dai tempi delle scuole, lo Stato rese sempre più difficile abor<re cercando di introdurre agevolazioni fiscali, assegni familiari e sussidi con scarsi risulta< a causa della situazione finanziaria dei governi (In Germania il controllo delle nascite u più forte in quanto aveva un fine eugene<co: creare il nuovo essere umano impedendo al malato incurabile di riprodursi). Lo Stato assunse un ruolo forma<vo ed educa<vo: vi fu la nascita di una vasta gamma di servizi previdenziali pubblici che andarono ad affiancarsi a quelli priva< e religiosi. Nuove figure professionali nacquero: operatore sociale, agente immobiliare, ispeFore sanitario scolas<co, psicologo infan<le. Lo Stato stava entrando sempre più nella vita privata, offrendo nuovi benefici in cambio dell'adesione a un determinato comportamento di modello sessuale. Furono is<tuite cliniche per la cura delle malaCe veneree, si disciplinò l’uso di alcool. Il parto divenne operazione soFoposta a ospedalizzazione e condoFa da medici specializza<. La salute familiare era connessa alle condizioni abita<ve e le ciFà furono razionalizzate con l'aiuto di piani regolatori (Furono is<tui< parchi e campi da gioco). L’intera vita quo<diana fu pianificata e industrializzata, la società era vista come un laboratorio di sperimentazione sociale in cui veniva adoFata una poli<ca imparziale in uno spirito di razionale distacco dalle passioni poli<che. Le ambiguità di questo approccio apparvero eviden< agli eugenis< il cui movimento riemerse dagli stessi massacri della guerra, dove si era persa parte della civiltà tradizionale, e si diffuse in tuFa Europa: la base comune era la fiducia nelle capacità dello stato e delle autorità pubbliche di forgiare una società migliore, le definizioni sulla natura dell'uomo nuovo variavano secondo la collocazione poli<ca . 53 Prima del 1914, il surplus demografico dell'Europa aveva spinto a emigrare in USA fino a che non chiuse i confini nel 1918. Le potenze imperiali offrirono pos< da agricoltori nelle colonie ma i contadini in cerca di lavoro o rifugia< in fuga si riversarono nei centri urbani. Konrad Lorenz sostenne che l’addomes<camento degli esseri umani da parte della vita moderna stava portando al deterioramento razziale, e quindi ostacolava la vera evoluzione. La vita nel villaggio aveva alimentato un senso di comunità e incoraggiato la procreazione, mentre la ciFà offriva piaceri e tentazioni che minacciavano la solidarietà familiare e alimentavano l'egoismo e l'alienazione dell'individuo (Giovani asociali, ampia disponibilità di partner e metodi contracceCvi). Per risolvere il problema furono costruite le case popolari con appezzamen< di terra/giardini priva< ma lo Stato ebbe difficoltà a imporre il proprio volere alla popolazione (Mussolini tentò di evitare l'immigrazione in ciFà rimandando indietro chi arrivasse senza un lavoro), il fenomeno dell'urbanizzazione non si potè fermare in quanto le ciFà erano magne< di occupazione e libertà culturale e la nazione dipendeva dal progresso industriale. I socialdemocra<ci incentravano l'aFenzione sulla condizione della classe operaia urbana e sulla ciFà in generale. Per 53 i conservatori la visione di un mondo industriale meccanizzato in cui l'uomo era ridoFo a mero strumento funzionale era il problema della crisi della società moderna. Iden<ficavano la salute sociale con la campagna e non con la ciFà. Per mol< eugenis< le ciFà offrivano effeC paradossali sulla fer<lità umana. 81 Nel periodo interbellico il corpo umano fu messo in mostra per proieFare un’ immagine di coesione colleCva e forza poli<ca, quanto più la poli<ca era vista in termini di loFa militare, più il corpo doveva essere vigoroso nella colleCvità. Lo Stato doveFe promuovere la salute del corpo e assicurarsi che esso non venisse contaminato da corpi mala<, in termini eugene<ci, occuparsi della qualità della razza nazionale. Nel 1913 venne approvata la legge che prevedeva la reclusione degli insufficien< mentali in speciali is<tu< per impedirne la riproduzione. Le giovani donne poco abbien< che minacciavano in un modo o nell'altro le norme sociali potevano venir arrestate o tenute rinchiuse per anni insieme a chi soffriva di disturbi mentali. Rinchiudere le persone negli is<tu< era costoso,la sterilizzazione era molto più economica ma prevedeva violenza fisica e fu a lungo dibaFuta. In Germania, dove era più forte il desiderio di riaffermazione nazionale, furono introdoFe leggi sulla sterilizzazione (Insufficien< mentali, criminali abituali e delinquenza giovanile) aFuando un’ingegneria sociale coerci<va che altri governi adoFarono in modo più limitato. Nel 1939 passò dalla sterilizzazione all’omicidio di massa per una poli<ca sociale che promuoveva la salute della comunità e sopprimeva i nemici biologici interni (Tra i 70.000 e 93.000 spedi< nelle camere a gas). Gli ebrei furono i più colpi< e vennero gradualmente e sistema<camente esclusi dalla comunità nazionale, prima rimossi dagli impieghi pubblici, poi soFopos< a boicoFaggio economico e priva< delle garanzie di legge. Con il 1935 e le leggi di Norimberga l’ebreo non era più un ciFadino, i rappor< interrazziali erano un crimine. La nascita dello stato sociale su base razziale scatenò un dibaCto all'estero che rivelò ambiguità nel pensiero europeo sulla razza: le nozioni di gerarchia razziale erano onnipresen< e variavano da un paese all'altro ma il razzismo scien=fico fu preso seriamente influenzando l’opinione pubblica . 54 In pochi paesi il razzismo biologico fu elemento fondante del conceFo di nazione: gli eugenis< italiani erano nel complesso a favore dell'incrocio tra le razze (Vigore ibrido), i britannici erano preoccupa< delle disparità nel tasso di natalità tra le classi, ma i pregiudizi razziali e an<semi<smo erano onnipresen< anche se non necessariamente influenzavano la poli<ca. La Seconda Guerra Mondiale s<molò un consenso an<razzista internazionale sostenuto da nuove scoperte gene<che., screditando aFeggiamen< che in epoca interbellica erano sta< pra<ca comune. LA CRISI DEL CAPITALISMO Dopo la Grande Guerra l'economia europea era distruFa (Prezzi al<ssimi, disoccupazione, inflazione) e i governi avevano accumulato debi< di guerra e favorito centri di produzioni al di fuori dell'Europa. La nascita dell'URSS l’avvicinava alla compe<zione con l’Europa e i governi tentarono di tornare al libero commercio, ai tassi di cambio fissi, dove lo stato aveva un minimo coinvolgimento. I primi piani di ripresa implicarono un sostegno al seFore privato con pochi risulta<: Francia e Inghilterra avanzarono la proposta di is<tuire un consorzio internazionale per gli inves<men< che inieFasse capitale privato nell'Europa centro-orientale (Una sorta di precursore della Banca Europea), ma i banchieri non avrebbero prestato denaro fino a che non si fosse stabilito un ordine che non speFava a loro creare. Questo fallimento evidenziò la debolezza del mercato postbellico e la necessità di un intervento statale, portando alla creazione della SDN che svolse un ruolo aCvo di mediatrice degli accordi tra i governi, raccolse fondi per i governi a paFo che ques< stabilizzassero il loro bilancio, insisteFe sulla necessità di creare banche centrali indipenden<. Gli occidentali agirono da supervisori delle banche centrali e da ispeFori fiscali. Similmente in Polonia e Ungheria si formarono movimen< razzis< estremis<.54 82 economica. Hitler dichiarò che solo il Reich poteva risolvere il problema di restaurare l’ordine in Europa centrale. Nei primi anni prese mol< territori, il des<no di parte dei paesi conquista< era incerto e si sarebbe definito solo una volta concluso il confliFo, mentre altri vennero subito smembra< e annessi al terzo Reich: l’Europa doveva diventare un con<nente economicamente autosufficiente soFo la guida tedesca (Ricostruire il Sacro Romano Impero). Vennero insedia< una serie di regimi di 55 occupazione più o meno provvisori, alcuni paesi vennero smembra< e la loro iden<tà nazionale completamente soppressa: la procedura consisteFe nel nominare comandan< civili/militari che governavano aFraverso l’apparato amministra<vo locale esistente. Non era ammissibile nessuna delega di potere a esseri razzialmente inferiori, la superiorità tedesca andava salvaguardata, tanto da deperire la collaborazione con gli allea< della Germania. Dopo l’invasione in URSS la propaganda diffuse l’idea che quella nazista fosse una crociata per l’Europa, nel 1941 la stampa sostenne che fossero na< gli Sta< Uni< d’Europa ma la ealtàera ben diversa. Dopo Stalingrado i tedeschi cominciarono a cercare allea< ma nessuno si fece convincere dal cambiamento operato dalla giurisprudenza nazista e dalle sue dichiarazioni di an<mperialismo. La leadership tedesca fu costreFa ad adeguare l’economia alle esigenze della guerra totale definendo il fallimento del progeFo originario era fallito. Si rese necessario uno sfruFamento più intensivo dei paesi satelli< con l’arruolamento coaFo di milioni di lavoratori. I metodi u<lizza< scatenarono proteste e alimentarono la resistenza al dominio tedesco. Con la costante minaccia di finire rastrella< e spedi< in Germania, i lavoratori maschi dell’Europa occupata abbandonarono il proprio lavoro ed entrarono in clandes<nità. Anziché rifarsi a un pragma<co principio di efficienza manageriale, l’organizzazione nazista implicò la subordinazione economica delle razze inferiori. Economia e ideologia procedeFero sempre di pari passo, l’unico reale principio organizza<vo del con<nente sarebbe stato quello della razza. Hitler affermò che l’Europa era un en<tà razziale, non credeva nel diriFo e tentò di sradicare intere popolazioni e di riportare quelle di lingua tedesche all’interno del confine del Reich. Gli obbieCvi della poli<che di colonizzazione vennero formula< via via che i confini del Reich si espandevano come la poli<ca nazista nei confron< degli elemen< razzialmente indesiderabili. La ques<one ebraica prese nuove prospeCve dal Piano Madagascar, ai furgoni a gas fino ai campi di concentramento, con la crescita delle SS. La Germania promise all’Italia che la minoranza tedesca nel Sud Tirolo sarebbe stata trasferita in Germania ponendo fine ai traFa< sulle minoranze. Le garanzie giuridiche furono soppiantate da trasferimen< forza< di popolazioni, ciò significò un forte afflusso di tedeschi nei confini del Reich. Nell’arco di poche seCmane un’enorme massa prese ad affluire nel Reich e nella Polonia occupata, e fu necessario affrontare il problema di dove e come sistemarla. Il piano di accoglienza riservato ai tedeschi provenien< dall’estero fu ben organizzato ma non tuC acceFarono lo sradicamento. Le SS corganizzarono l’espulsione forzata della popolazione ebraica e polacca residente nei territori conquista<. La Polonia venne divisa in due territori (Wathergu e Danzica) e nel Governatorato generale, l’espulsione dei contadini polacchi e della classe ar<giana ebraica minacciò di provocare un crollo economico. Il programma di deportazione dai territori occidentali vedeva esecuzioni sommarie di ebrei anziani, bruciare sinagoghe e prendere possesso di proprietà ebraiche (Negazione culturale). Esclusione, segregazione e sterminio furono i principi guida della poli<ca nazista, i territori occupa< andavano germanizza< con la forza e il più velocemente possibile. A trasformare la poli<ca nazista fu l’invasione URSS e la radicalizzazione del confliFo. La guerra divenne una guerra di annientamento e furono elabora< piani implican< il ricorso allo sterminio di La funzione economica dell’Europa era solo quella di sostenere la Germania.55 85 massa, sopraFuFo contro ebrei, par<giani e comunis< russi. Fu sviluppato l’impiego del gas in campi di sterminio specificatamente adibi<, inizialmente concentra< sull’area di Lublino. Birkenau ospitava i prigionieri di guerra sovie<ci e, fra il 1942-1943, divenne il principale campo di sterminio di ebrei d’Europa. La responsabilità di ques< crimini non erano solo delle SS, ma anche dell’Esercito, la Marina e il Ministero degli Esteri. Quando i governi stranieri videro giungere richieste d’aiuto, le reazioni dipesero dalle prospeCve di una viForia tedesca, dall’aFeggiamento della rispeCva opinione pubblica e da quanto sarebbe costato un eventuale diniego. Alcuni governi (Francia, Slovacchia, Croazia) esibirono un fervore an<semita pari a quello tedesco, altri (Danimarca) aiutarono a far scappare la maggior parte degli ebrei, la Svezia e la Svizzera (Neutrali) usarono la poli<ca razziale a proprio vantaggio. Il genocidio offrì l’opportunità di arricchimento a fabbriche e negozi, all’interno del Terzo Reich non vi fu alcuna protesta pubblica come se la maggior parte dei tedeschi avesse acceFato il faFo che gli ebrei non facevano più parte della loro comunità. La segregazione di prigionieri di guerra adibi< al lavoro coaFo della Gestapo finì per l’essere acceFata come normale, quasi tuC gli evasi vennero caFura< o uccisi dai contadini del posto, dai membri della gioventù Hitleriana e dai residen< urbani. Nell’ul<ma fase della soluzione finale i campi di sterminio e concentramento furono chiusi e in alcuni casi distruC e i detenu< furono costreC a lunghe marce in direzione dei Reich, per non far cadere i prigionieri nelle mani degli Allea< e per poterli sfruFare come forza lavoro. Nei campi i cadaveri venivano brucia< ma negli ul<mi mesi i tedeschi fecero freFolosi e falli< tenta<vi di occultare le tracce del genocidio. PROGRAMMI PER L’EPOCA D’ORO I trasferimen< di massa e il caos del tempo di guerra fecero collassare le dis<nzioni sociali su cui erano fonda< i rigidi sistemi classis< europei prebellici. Carr sostenne che quando si parla di democrazia non si intende una democrazia che garan<sce il diriFo di voto ma che non dimen<ca il diriFo al lavoro e il diriFo alla vita. Questo era il messaggio dei socialis< che ripetevano da anni, nel corso della guerra l’opinione pubblica propendeva a sinistra: la minaccia del nazismo stava costringendo i democra<ci a guardare alla ques<one della solidarietà sociale e nazionale. Il processo era già iniziato negli anni ‘30 in Svezia, dove i socialdemocra<ci avevano sperimentato per primi un programma democra<co con misure pro-nataliste ma comprenden< il principio per cui la decisione se avere figli o no fosse una scelta individuale che lo Stato era tenuto a rispeFare. Mantenne la pra<ca della sterilizzazione dei mala< di mente, ma finanziò centri per il controllo delle nascite, introdusse l’educazione sessuale a scuola, liberalizzò l’aborto e protesse i diriC delle madri lavoratrici, introducendo assegni famigliari, l’assistenza medica e odontoiatrica gratuita e i pas< nelle scuole. Resistenza e movimen< clandes<ni erano sensibili a tale spostamento del sen<mento popolare, erano gruppi frammenta<, isola< gli uni dagli altri e comprendevano elemen< della popolazione diversissimi sul piano poli<co e sociale. L’acceFazione nel periodo bellico di radicali manovre sociali ed economiche hanno trovato l’appoggio dei conservatori e tradizionalis< che s’impegnarono alla promulgazione di radicali riforme. Per i socialdemocra<ci la pianificazione economica e l’intervento sociale non era nuova; ma fu l’adesione dei conservatori europei a tali idee a garan<re una delle precondizioni indispensabili per la stabilità poli<ca postbellica. L’occupazione nazista sollevò la ques<one della scelta individuale e entrare nella resistenza fu spesso una scelta personale, dimostrando che l’azione colleCva poteva difendere le libertà individuali. La riforma sociale era necessaria ed era possibile all’interno di un contesto 86 democra<co: la persona esisteva in quanto unica en<tà aperta e trovava la propria realizzazione nella comunità. L’enfasi sul valore dell’individuo portò la propaganda alleata ad enfa<zzare la sacralità dei diriC con due diverse accezioni: USA ed Europa erano a favore della tolleranza e dell’ uguaglianza ma, i primi, u<lizzavano il sistema schiavista mentre, i secondi, avevano varie colonie extraeuropee. In tuFa Europa, con l’avvicinarsi della fine del confliFo, i leader della resistenza venivano sempre più emargina< ma ci fu un genuino consenso d’idee che venne a crearsi in materia di riforma interna: la creazione di un Servizio sanitario nazionale, la riforma del sistema pedagogico, la nazionalizzazione e la piena occupazione. Nell’Europa occidentale economia mista e Stato sociale divennero la norma. I diriC delle donne erano sta< sostenu< dai movimen< di resistenza durante la guerra che aveva alterato la tradizionale ripar<zione tra i sessi, distruggendo i legami famigliari. Dopo il confliFo si ripris<nò il tradizionale rapporto per le paure rela<ve ai tassi di natalità e per il desiderio di lasciarsi i confliC ideologici alle spalle idealizzando la vita domes<ca (Mol< uomini e donne cerarono di sistemarsi e meFere su famiglia). Dopo il ‘45 l'an<semi<smo non sparì, si intensificò con il ritorno degli ebrei alla loro case che erano abitate da altri. Il tema della decolonizzazione restò escluso fino a che i movimen< nazionalis< aumentarono sempre di più il costo della poli<ca coloniale, la Gran Bretagna fu la prima a riconoscere per prima l'esigenza della decolonizzazione. L'impegno delle Nazioni Unite in termini di protezione delle minoranze rappresentò un passo indietro rispeFo alla SDN. La Dichiarazione dei DiriC dell'Uomo del 1948 simboleggiò il nuovo status dell'individuo nel diriFo internazionale e il ripudio della doFrina nazista della supremazia dello Stato. La Convenzione sul genocidio, approvata quello stesso anno, aggiunse un nuovo crimine a quelli riconosciu< dal diriFo internazionale e impose agli Sta< alcuni obblighi vol< a prevenire e punire tali crimini. Le potenzialità della Convenzione tuFavia furono ignorate dalla comunità internazionale e per 40anni una serie di genocidi è rimasta impunita al di fuori dell'Europa. UNA PACE BRUTALE (1943-1949) La Seconda Guerra Mondiale fu più guerre in una: un confliFo militare, guerra tra razze religioni e gruppi etnici, una guerra di classe, una guerra civile. La percentuale di viCme civili fu molto alta, le sofferenze e le devastazioni trasformarono le società Europee e le perdite del confliFo provocarono lacerazioni profonde e sen<men< di rabbia. La ricostruzione dopo il 1945 fu diversa da quella degli anni ’20 in quanto la guerra causò il trasferimento forzato di intere popolazioni: il numero di profughi era decisamente alto, alcuni spostamen< furono volontari e temporanei ma la maggior parte no. Il trasferimento coaFo fu un modo per consolidare i confini poli<ci. Alcuni profughi si vendicarono dei tedeschi dandosi al saccheggio e minacciando i civili, ma l’obieCvo principale era quello di tornare a casa. Con la paura del comunismo divenne sempre più altro il numero di est europei residen< nell'area occupata dagli Allea< che si oppose al trasferimento. I sopravvissu< ebrei non vollero/poterono tornare d il numero di rifugia< ebrei con<nuò ad aumentare fino al '48 quando la creazione dello stato di Israele (USA - La Legge sui profughi consen alla gran parte di lasciare l'Europa). La scomparsa dei tedeschi e degli ebrei in Europa orientale fu parte di un vasto processo di turbolenza e instabilità demografica il cui risultato fu l’eliminazione di molte delle minoranze prima residen< in Europa orientale. L’oCca mentale e morale si modificò e trasformò la condoFa individuale, la società e la poli<ca. Esempio ne fu il venir meno del rispeFo dei diriC di proprietà per cui parte della popolazione finì col vivere in case e godere di beni altrui. Il modo in cui i funzionari traFarono questo processo lasciò il segno sull'aFeggiamento della popolazione nei confron< dell'autorità: par<giani, polizioC e tribunali sfruFarono le opportunità che si 87 pres<<. La campagna avrebbe dovuto fornire cibo e manodopera ma la nazionalizzazione della terra si rivelò una poli<ca inefficace. I contadini insorsero quando le autorità cercarono di prendersi il raccolto con la forza e furono una delle cause della carenza alimentare. La morte di Stalin e la rivolta operaia a Berlino (1953) segnarono la fine della spinta industrializzatrice nel blocco sovie<co. A metà anni ‘50 i successori di Stalin inaugurarono un Nuovo Corso che dovesse alleviare il malcontento mediante un rallentamento dell'industrializzazione. Le tasse furono decurtate e così le quote di consegna obbligatorie. Furono annuncia< un aumento della produzione nei beni di consumo e una soluzione al problema della penuria di alloggi. Venne screditata la polizia segreta e vennero limita< i poteri della polizia. Le viCme delle epurazioni furono riabilitate e la destalinizzazione facilitò una nuova apertura di dibaCto, enfa<zzando la necessità di tornare alla legalità socialista, il par<to mantenne il controllo degli organi di sicurezza con un aFeggiamento più moderato. I mutamen< sociali dell’Europa orientale a opera del comunismo trasformarono la regione in una società urbana. Nacquero nuove ciFà e la popolazione crebbe. La creazione di un servizio sanitario nazionale migliorò l'assistenza medica, gli assegni familiari, l'assistenza infan<le e la liberalizzazione dell'aborto furono misure presentate come parte dell'emancipazione della donna anche se non slegate dall'esigenza di un economia in cerca di lavoro femminile. L'istruzione divenne accessibile a più gruppi sociali, il mutato modello di vita trovò riflesso nei tes< scolas<ci che mostrarono, a par<re dagli anni ’60, un’aFenzione al consumo e al tempo libero. Nonostante tali successi, il malcontento era diffuso a causa della scarsità dei beni, focalizzando l’aFenzione sulla corruzione e il favori<smo. L'istruzione comunista aveva contribuito alla sfiducia nei confron< dell'ideologia e aveva reso i giovani cri<ci di un sistema poli<co, paragonando la loro vita con quella dei loro coetanei in Occidente. LA DEMOCRAZIA TRASFORMATA: L’EUROPA OCCIDENTALE (1950-1975) Dopo il 1945 l’Europa occidentale riscoprì la democrazia ma il ruolo dei parlamen<, la natura dei par<< poli<ci e la poli<ca stessa, riemersero trasforma< dalla loFa ai fascismi ed evidenziando una innovata aFenzione per i diriC umani. In Italia, col referendum del 1946, si rovesciò la monarchia ma apportò pochi cambiamen< alla struFura parlamentare prefascista. In alcuni sta< si mise al bando la cos<tuzione di nuovi par<< neonazis< o il par<to comunista. I governi europei aiutarono la CIA a sperimentare contro la sinistra radicale con moderni strumen< di guerra psicologica, aFaccando il comunismo con messaggi pubblicitari, mostre e film. all’apice della Guerra Fredda gli americani erano impauri< di una possibile invasione sovie<ca dell’Occidente e fornirono a fida< gruppi an<comunis< le armi per organizzare la resistenza armata, così come avevano faFo durante l’occupazione nazista. La guerra aveva diffuso nella popolazione una profonda avversione per i par<< ideologici che si riflesse nella mutata condoFa dei par<< poli<ci tradizionali che passarono ad un’oCca più aperta al compromesso, acceFando la realtà della democrazia parlamentare. La rinascita della democrazia coincise con uno straordinario periodo di crescita (“Miracolo economico”) il cui merito è sia del Piano Marshall (Massiccio contributo finanziario dagli USA) che dall’inizia<va dei governi a impedire il ritorno all’isolazionismo. Lo Stato sociale inaugurò una nuova interpretazione di ciFadinanza in una democrazia, con l’aggiunta dei diriC sociali ed economici a quelli poli<ci. I servizi sociali dell’Italia postbellica operarono aFraverso la rete di en< semiautoma<ci is<tuita da Mussolini ma ovunque la spesa statale per i servizi sociali era in aumento. 90 Negli anni ’50 ci fu il boom dei comfort che par<rono tuC dalla casa: la popolazione diede priorità all’acquisto di frigoriferi, lavatrici, televisori ed altri eleFrodomes<ci, registrandone un grande aumento nelle, ma gli stra< sociali meno abbien< riuscirono a goderne i vantaggi solo gradualmente (L’acquisto del televisore si diffusione ampiamente solo alla fine degli anni ’60). Con l’automobile diminuì l’u<lizzo dei treni e la rete autostradale si diffuse in tuFo il con<nente, s<molando anche l’abitudine dello shopping fuori ciFà e delle aCvità ricrea<ve. Negli anni ’50, l’omogeneizzazione degli s<li di vita parve contrassegnare una perdita d’iden<tà e la standardizzazione di un modello di società <picamente americano, portando ad un crescente an<americanismo (SopraFuFo in Francia) da parte di intelleFuali e difensori della vecchia cultura alta. L’Europa occidentale aveva però già interiorizzato ed acceFato come proprio il nuovo fenomeno del consumismo di massa. Nel 1960 l’Italia rischiò la guerra civile quando il governo Tambroni giunse al potere aiutato dai neofascis<, in Francia vi erano malcontento e proteste per la guerra d’Algeria, in Germania il cancelliere e il presidente erano accusa< per i loro trascorsi nazis<. Ques< even< dimostrarono che la Guerra Fredda aveva dato il via a una democrazia parziale, dietro alla quale erano nascoste le vecchie forze autoritarie. Negli stessi anni, grazie all’evoluzione dei costumi sessuali, ci fu un maggiore riguardo per i diriC delle donne con l’introduzione della pillola e la legalizzazione dell’aborto. Nel 1968 ci furono sit-in nei campi universitari, rivolte, scioperi e manifestazioni contro il capitalismo in tuFa Europa. In Italia e Francia si affiancarono le proteste di migliaia di operai, che volevano trarne dei vantaggi, la cui alleanza finì con la viForia dei sindaca<. Il capitalismo postbellico imponeva una forte mobilità della manodopera e gli immigra< erano considera< indispensabili per il costante benessere del paese, diventando un cuscineFo in un forte periodo di espansione. Il mercato del lavoro si internazionalizzò, mentre il numero di stranieri residen< in Europa occidentale triplicò nell’arco di 30 anni, e tesero a raggrupparsi nei centri urbani. Mol< portarono con sé la famiglia e, in conseguenza, mol< bianchi preferirono trasferirsi piuFosto che vivere in quar<eri mul<razziali, dando il via a vere e proprie enclave di stranieri. L’arrivo di lavoratori stranieri fece riemergere il razzismo e il senso di superiorità mai della società europea: gli immigra< si trasformarono da faFori di produzione a minaccia ai pos< di lavoro nazionali e un onere per lo stato sociale, diventando degli estranei male acceC. IL CONTRATTO SOCIALE IN CRISI Nei primi anni ’70 gli shock petroliferi rivelarono la vulnerabilità del capitalismo europeo rispeFo al resto del mondo. Per tuC gli anni ’50 e ’60 la crescita in Europa occidentale fu accompagna da un lento e costante aumento dei prezzi, verso la fine degli anni ’60 l’inflazione iniziò i confliC in materia di distribuzione e, negli anni ’70, si trasformò a elemento cardine della vita poli<ca: il capitalismo europeo non era in grado di sostenere la piena occupazione senza meFere in pericolo la stabilità dei prezzi. Una delle risposte tentate fu affiancare alla ges<one della domanda un maggiore intervento statale in materia di reddi< e contraFazione sui prezzi, ma la sua inefficacia portò alla rinascita del neoliberalismo economico. Secondo l’economista Kalecki, i capitalis< aborrivano la piena occupazione perché indeboliva la disciplina sul lavoro e avrebbero sempre cercato di mantenere un certo livello di disoccupazione in modo da tenere la forza lavoro soFo controllo. Questo si riflesse sul comportamento an<sindacale di Margaret Tatcher nel 1979: il monetarismo legò l’intera poli<ca economica del paese al conceFo metafisico di “offerta di moneta” che il governo stesso aveva difficoltà a definire e ges<re. Questa 91 forma era par<colarmente autoritaria, i tagli in alcune aeree di intervento statale crebbero di contemporaneamente al potere statale in altre: - l processo di centralizzazione portò il governo a essere più potente nel seFore dell’istruzione e dell’edilizia abita<va (Forze dell’ordine, università e scuole persero la loro autonomia). - Una nuova legge sul segreto d’ufficio concesse potere agli organi di polizia poli<ca. - La nuova destra cercò di realizzare una priva<zzazione dell‘economia britannica e la nazionalizzazione dell’amministrazione. - Il controllo dell’inflazione era prioritario rispeFo alla piena occupazione. - La disoccupazione di massa fece aumentare la spesa per la previdenza sociale. - La riduzione della spesa del programma edilizio fece aumentare i senzateFo. A metà degli anni ’80 questo approccio venne abbandonato a causa dell’estremo favore con cui l’opinione pubblica britannica guardava all’idea di Stato come dispensatore di servizi di base. L’esperimento tatcheriano rappresentò il tenta<vo più deciso e ideologizzato di rompere lo status quo postbellico in Europa occidentale, coincidendo con la presidenza Regan, fu considerato l’inizio di un nuovo periodo di ascesa conservatrice. L’industrializzazione europea negli anni ’70 e ’80 non teneva il passo con la compe<zione internazionale, in par<colare con le emergen< potenze asia<che, sopraFuFo le industrie tessile e carbonifera. Al contempo, l’eleFronica e le aziende farmaceu<che iniziarono a prosperare. In tuFa l’Europa occidentale la vecchia classe operaia era in declino a causa del calo della quota di reddito e della disoccupazione di massa che ridusse l’efficacia dello sciopero come strumento di loFa. La disoccupazione rimase un problema per tuFo il decennio successivo, nonostante la ripresa economica e la creazione di pos< di lavoro nel seFore dei servizi. In Italia, all’estrema povertà del Mezzogiorno si contrapponeva la ricchezza del Veneto e dell’Emilia, il cui protezionismo si espresse con il sostegno al par<to autonomista della Lega. Col diffondersi della povertà e l’ampliarsi del divario tra occupa< e disoccupa<, in tuFa Europa crebbe il numero dei detenu< in quanto la povertà e le nuove invenzioni inducevano alcune persone a delinquere, specialmente chi violava la legge sull’immigrazione, tanto che i governi aFuarono poli<che restriCve. Mentre i crimini commessi dai poveri erano controlla< dalla polizia, quelli commessi dai poten< restarono ai margini delle aCvità inves<ga<ve. Fu contraddiForia anche la legislazione sulla droga, che criminalizzava il possesso di marijuana, ma non di alcol e tabacco. I membri delle minoranze con<nuarono a subire l’os<lità razziale , nonostante la crescita 57 dell’an<razzismo. Negli anni ’80 ci fu il boom di par<< ecologis<, conseguenza della crisi petrolifera del 73 e del dibaCto sulle armi nucleari. L’aCvismo poli<co cambiò in generale con l’emergere di nuovi movimen< come quello femminista è quello per i diriC di gay e lesbiche (Nonostante la diffusa omofobia). Il matrimonio perse popolarità, favorendo divorzi e seconde nozze, e vennero legalizzate le unioni civili. La medicina riproduCva permeFeva a donne sole e a coppie sterili la possibilità di diventare genitori, le tecnologie contracceCve e l’aborto erano ampiamente legalizza<. La poli<ca non era più considerata il principale campo di realizzazione o di azione personale. L’apa<a e l’astensionismo aumentarono tra gli eleFori e diminuirono gli iscriC ai par<<. In Belgio, Italia, Francia, Gran Bretagna e Germania varie corruzioni fecero perdere fiducia all’opinione pubblica verso la classe dirigente. Le destre usarono il fenomeno dell’immigrazione per nascondere altri problemi, ma tuFavia l’espulsione degli 57 stranieri non era una soluzione acceFabile per l’opinione pubblica in quanto il capitalismo aveva bisogno di lavoratori s<pendia< poco. 92