Scarica Riassunto Stigma di Goffman e più Sintesi del corso in PDF di Sociologia solo su Docsity! Introduzione Stigma fu pubblicato nel 1963 negli Stati Uniti. Goffman mostra come i processi di stigmatizzazione siano legati alle logiche sociali della presentazione del self, l’immagine del sé che viene offerta e definita dai partecipanti alla situazione interazionale. L’oggetto di studio sono gli ostacoli e il disagio causati dalla stigmatizzazione e le strategie usate per far fronte alle incertezze di un’identità degradata. Goffman coniuga l’analisi empirica con l’elaborazione di una teoria generale dei processi di stigmatizzazione. Le fonti delle sue analisi sono lavori scientifici, autobiografie, romanzi, saggi e conversazioni. Le fonti letterarie illustrano dinamiche interazionali reali, socialmente strutturate e regolate. Gli esempi fanno parte del processo di costruzione concettuale, sono forme agite del concetto stesso. La struttura del libro è definita da tre categorie concettuali: l’identità sociale, l’identità personale e l'identità dell’ego. Le prime due declinano il concetto di identità attraverso le aspettative e le definizioni degli altri nei confronti dell’individuo. L’identità sociale è il processo di percezione e categorizzazione dell’attributo. Mostra le condizioni della definizione del ruolo e dell’identità di stigmatizzato nei contatti misti e nelle forme associative. L’identità personale riguarda il presupposto che l’individuo possa essere distinto da tutti gli altri. Essa studia le condizioni della presentazione del sé nelle interazioni, dal controllo delle informazioni nella gestione dello stigma alle caratteristiche con le quali viene performata la biografia nell’interazione. L’identità dell’ego è l’identità che l’individuo percepisce di sé. L’individuo si confronta col problema della propria autenticità secondo i consigli dei suoi e dei normali. L’analisi si concentra su individui e gruppi con diversi tipi di stigma in corrispondenza ai quali si sviluppano forme di soggettivazione degli stigmatizzati. Lo stigma non è relativo a individui concreti, tutti facciamo esperienza della posizione di stigmatizzati e di normali, si tratta di punti di vista. Lo stigma è un processo che si verifica ovunque ci siano norme di identità. Il posizionamento di stigmatizzato e normale nell’interazione è una conseguenza del carattere normativo dell’idea sociale di normale. Il carattere situazionale della distinzione tra stigmatizzato e normale emerge nella tendenza di entrambi a stare coi propri simili per non affrontare il disagio dei contatti misti. “Le norme sull’identità alimentano le deviazioni così come alimentano il conformismo”. La comprensione del ruolo dell’altro è alla base della percezione del limite di ciò che si può dire nella situazione interazionale. Il declino di uno stigma avviene quando si indebolisce il limite che distingue ciò che può essere mostrato da ciò che dev’essere tenuto segreto. L’attributo screditante determina la frequenza con la quale un individuo assume ciascuno dei due ruoli. Non sono possibili interazioni immuni alla stigmatizzazione. La stigmatizzazione cambia in base alle norme sociali. Stare nell’interazione con maggiore consapevolezza delle sue dinamiche può offrire le condizioni di un impegno concreto all’accettazione del diverso. 1- Stigma e identità sociale Lo stigma è un fenomeno fondato sulla dinamica di ordinamento degli individui in categorie sociali con attributi assegnati ai membri di ciascuna categoria. I setting sociali, ovvero gli spazi e i contesti dell’interazione, determinano quali categorie di persone è più facile incontrare. Le routine dei rapporti sociali nei setting ci permettono di dare per scontato di incontrare persone del tipo che ci aspettiamo. Quando ci troviamo davanti un estraneo è probabile che il suo aspetto ci consenta di stabilire a quale categoria appartiene e quali sono i suoi attributi, qual è la sua identità sociale. Si tratta di supposizioni basate sull’esperienza pregressa e sulla conoscenza delle categorie della nostra società. Diamo per certe queste supposizioni e le trasformiamo in aspettative normative. Generalmente non siamo consapevoli di aver formulato delle richieste di comportamento finché non sorge il dubbio se saranno rispettate. Le ipotesi sull’individuo che abbiamo davanti e le aspettative nei suoi confronti costituiscono l’identità virtuale: A percepisce l’aspetto di B -> evocazione di esperienza pregressa in A -> supposizioni sulla categoria sociale a cui apparterrebbe B -> aspettative normative di A sull’identità e il comportamento immediato di B. L ’identità effettiva è data dalla categoria sociale di effettiva appartenenza e dagli attributi che si può dimostrare siano in possesso dell’individuo. Lo stigma sorge quando c’è un divario tra l’identità sociale virtuale e quella effettiva. Gli attributi indesiderabili che contrastano con lo stereotipo dell’individuo provocano la degradazione dell’identità di membro di una categoria sociale. Un attributo è uno stigma quando produce un profondo discredito. L’essere ritenuto membro regolare di una categoria sociale è associato a una stima categoriale, cioè ad aspettative di capacità ed efficacia fondate sull’appartenenza a una categoria sociale. Lo stigma compromette la stima categoriale, l’attributo non previsto provoca una valutazione negativa, es. un professore ubriaco continua a essere professore ma il suo attributo abbassa la considerazione sociale che si ha normalmente per la sua categoria. Il sottotitolo dell’opera è “note sulla gestione dell’identità degradata” (spoiled identity). La degradazione dell’identità sociale è la riduzione delle aspettative verso un individuo rispetto a quelle socialmente attribuite alla sua categoria, es. è una bella ragazza ma non ci vede -> un attributo che non corrisponde alle aspettative sui membri della categoria rovina l’identità. Ciò che conta è il linguaggio delle relazioni, non quello degli attributi. Lo stigma è un problema di significato, non è relativo a individui concreti stabilmente distinguibili in normali e stigmatizzati, ma consiste in un processo di reciprocità tra due ruoli distinti nella situazione in base ad aspettative normative non rispettate. Lo stesso attributo che stigmatizza un tipo di portatore può confermare la regolarità di un altro. Se gli attributi stigmatizzati fossero oggettivi l’essere stigmatizzato sarebbe uno status sociale, che definisce in modo durevole una posizione sociale e gli stigmatizzati sarebbero un gruppo sociale. L’essere stigmatizzato non è uno status, non riguarda le posizioni nella struttura sociale. Nel significato degli attributi ciò che fa la differenza è la definizione della situazione e i significati condivisi in quella situazione. L’atteggiamento stigmatizzante nega l’individualità. Nemmeno la condizione di normale è permanente ma è definita in base alla situazione. La normalità è “il costrutto immaginario fondamentale in riferimento al quale le persone comuni concepiscono se stesse”. Normale è chi non ha l’attributo che in quella definizione della situazione è considerato stigmatizzante. L’identità non si ha in modo permanente, è una performance, un flusso d’azione orientato sul binario strutturale delle aspettative connesse ai ruoli e sul binario situazionale dei setting spaziali, delle definizioni della situazione e dei significati del sé. L’identità è un effetto di questi aspetti strutturali e situazionali e delle libere elaborazioni di significati generate dai partecipanti in quello specifico incontro interazionale. Lo stigma nasce da una duplice prospettiva: l’individuo screditato presuppone che la sua diversità sia già conosciuta o evidente, mentre lo screditabile presuppone che essa non sia conosciuta dai presenti né immediatamente percepibile. Esistono tre tipi di stigma: lo stigma del carattere (mancanza di volontà, passioni, credenze), lo stigma fisico (deformazioni) e lo stigma tribale che, a differenza dei precedenti che sono individuali, colpisce l’appartenenza dell’individuo a un gruppo e può essere trasmesso con la parentela come nello stigma della razza, della religione e della nazione. Lo stigmatizzato ha una diversità non desiderata rispetto a ciò che ci aspettavamo. I normali sono coloro che non si lavora in un ambiente che si occupa dei bisogni di chi ha un particolare stigma (es. infermiere), un altro tipo di saggio è quello che è in rapporto allo stigmatizzato attraverso la struttura sociale (es. moglie del paziente psichiatrico, amico del cieco). La tendenza di uno stigma a diffondersi dallo stigmatizzato alle persone in stretta relazione con lui spiega perché queste relazioni tendono a essere evitate o interrotte. Le persone con uno stigma onorario offrono un modello di normalizzazione, dimostrando fino a che punto i normali possono trattare uno stigmatizzato come se non lo fosse. I saggi possono mettere a disagio gli stigmatizzati e i normali: col loro essere sempre pronti a portare un fardello altrui dimostrano un eccesso di moralità e possono affrontare l’attributo stigmatizzante con troppa disinvoltura. Le persone con un particolare stigma tendono ad avere simili esperienze di apprendimento per quel che riguarda la loro difficile condizione e cambiamenti simili nella concezione del sé, una carriera morale simile. Il concetto di carriera morale si riferisce da un lato all’immagine di sé e al sentimento di identità, dall’altro allo stile di vita e al complesso istituzionale proveniente dall’esterno. Coloro che hanno lo stesso stigma tendono a percepire in modo simile sé stessi e le norme sociali. La carriera morale dello stigmatizzato si sviluppa in due fasi: 1) l’interiorizzazione del punto di vista dei normali e delle credenze sull’identità presenti nella società; 2) l’apprendimento di avere uno stigma e delle conseguenze che comporta. I modelli di carriera morale variano in base ai momenti in cui si connettono interiorizzazione e apprendimento. A) le due fasi sono simultanee, il sentimento di sé è elaborato insieme alla conoscenza di cosa comporta avere lo stigma, es. un orfano sa che è normale avere dei genitori anche se lui non li ha. B) le due fasi sono sono regolate in modo da essere disgiunte, l’apprendimento di avere uno stigma avviene successivamente, es. i genitori non dicono al figlio che è adottato. C) l’individuo diventa stigmatizzato in una fase avanzata della vita o apprende tardi di essere sempre stato screditabile, es. handicap fisici che colpiscono una persona matura. In questi è molto difficile ritrovare un’identità, spesso è il medico che informa quale sarà la nuova identità. D) le due fasi avvengono in tempi e comunità diverse. Coloro che all’inizio sono socializzati in una comunità successivamente devono imparare un modo di essere che venga percepito valido nella nuova comunità. Può accadere che nel mutamento, il sentimento di sé venga elaborato con minore disagio verso chi lo conosce con lo stigma rispetto a chi lo ha conosciuto senza, es. divento cieco e mi crea disagio rapportarmi con chi mi conosceva da vedente. Quando l’individuo apprende di avere uno stigma e ha i primi rapporti con quelli che deve accettare come i suoi può provare ambivalenza perché queste persone hanno attributi che egli non riconosce come propri, es. l’adolescenza può provocare un declino nel processo di identificazione col proprio gruppo di simili e un incremento dell’identificazione col gruppo dei normali. 2) controllo dell’informazione e identità personale Nelle interazioni con screditabile l’attributo non è conosciuto dai normali. Al centro dell’interazione non c’è la tensione, come nei contatti misti di screditato e normali, ma la gestione dell’informazione sull’attributo screditante. Il problema è la possibilità di occultamento e di rivelazione dello stigma: se dire o non dire, se mentire o no, a chi dire e a chi no. Lo screditabile non deve fronteggiare un pregiudizio nei suoi confronti ma deve affrontare una ignara accettazione da parte di individui prevenuti verso la categoria di cui segretamente fa parte. Egli entra in interazione confermando col proprio comportamento la prima impressione dei normali, cioè che si trovano davanti a una persona corrispondente alle aspettative. La presentazione del sé che fa lo screditabile mostra il suo carattere di promessa che chiede e riceve un trattamento fondato su false premesse. Sapendo di costruire una presentazione di sé basata su false premesse (sono quello che sembro), lo screditabile ha un vantaggio: sa di sé qualcosa che gli altri non sanno. Con le loro aspettative i normali vincolano lo screditabile a una coerenza nella gestione della propria immagine che può diventare sempre più difficile da mantenere. Presentarsi come membro regolare e trovare un’accettazione porta a dover gestire dei rischi. La condizione di screditabile è determinata dalla situazione, non è permanente e generale. L’informazione sociale riguarda un individuo e le sue caratteristiche più o meno stabili, in opposizione a stati d’animo e intenzioni. L’informazione, così come il segno con cui viene trasmessa è corporea (es. modo di muoversi, tatuaggi, vestiti). La maggiore forza informativa è data dai segni accoppiati in modo stabile a significati, ovvero i simboli (es. fede al dito, simboli religiosi sul corpo, fascia tricolore del sindaco). I simboli di prestigio (o di status) segnalano la volontà di comunicare il prestigio, l’onore o l’appartenenza a una classe sociale desiderabile. I simboli di stigma attirano l’attenzione provocando una valutazione negativa, svalutando l’identità (es. testa rasata di un detenuto). I simboli disidentificatori creano discrepanza con attributi stigmatizzanti e smentiscono i presupposti dei normali es. immigrato con una bella auto. I segni che non sono stabilmente legati a significati hanno una forza informativa minore. In relazione a essi si possono fare ipotesi ma servono altri segni come conferma es. i tagli sul braccio possono indicare un tentativo di suicidio ma non necessariamente. Per poter definire l’identità sociale effettiva di una persona sarà necessario impegnarsi nel cercare altri segni, fisici o informazioni, che possono essere impiegati come prove della validità o meno dell’ipotesi formulata sull’identità. I segni possono essere elaborati dall’uomo per trasmettere informazioni sociali, come nel caso dei gradi sulle divise militari o le spille con il nome. Inoltre un segno può essere prodotto artificiosamente per la sua funzione informativa, come le ferite fatte ad hoc per simulare un duello. I segni possono essere temporanei, come la testa rasata, permanenti, come una cicatrice o congeniti, come il colore della pelle. I segni multisignificanti hanno diversi significati a seconda della situazione, es. indossare la divisa militare in caserma o in città. L’essere insieme a qualcuno, farsi vedere con lui, può proiettare su di noi lo stigma o il prestigio della persona con cui siamo. Lo stigma può essere più o meno visibile. La visibilità di uno stigma è diversa dal suo essere già noto per accesso a fonti informative (archivi, pettegolezzi, esperienze). L’interferenza dell’attributo nell’interazione dipende dalla situazione, es. un uomo in sedia a rotelle davanti a un tavolo con altre persone, balbuziente in silenzio. Il focus percepito dello stigma è l’idea che i normali hanno sul tipo di impatto negativo che un attributo può avere, es. la bruttezza o le balbuzie impattano in molte sfere della vita, mentre il diabete ha un impatto solo in alcune situazioni. I normali percepiscono un’estensione maggiore del danno che un stigma può arrecare, es. pensano che un cieco abbia difficoltà a trovare un partner. Il focus percepito tende ad abbassare nei normali la percezione delle possibilità di vita dello stigmatizzato. Dal punto di vista dello stigmatizzato l’estensione del danno dell’attributo è minore di quanto pensano i normali. Il discredito connesso allo stigma non è solo un problema di interazione diretta, ma anche di stima, di ipotesi da parte del normale. La visibilità di uno stigma dipende anche dall’avere competenze per riconoscere e decodificare i segni dello stigma, es. un medico nota dei sintomi di una malattia in un soggetto, ma altre persone lo considerano normale. La definizione della situazione e la concreta performance interazionale determinano la forza, l’interferenza e l’evidenza dello stigma. Il modo di gestire lo stigma è lo sviluppo del processo di stereotipizzazione delle nostre attese normative riguardo alla condotta e al carattere. In generale, la posizione più stereotipata è quella di chi non conosce direttamente certe persone stigmatizzate. Lo stigma può collocarsi nella sfera della vita pubblica, dove si ragiona per gruppi a prescindere dalle conoscenze personali, es. gli omosessuali, gli ebrei, i detenuti. L’ignoranza rafforza la stigmatizzazione. Lo stereotipo è il modo di considerare una persona come membro di una categoria in cui tutti sono uguali, negando l'individualità e producendo sofferenze. Le aspettative riguardo alla condotta non sono presenti solo nella stereotipizzazione ma in ogni interazione con un individuo che ricopre un certo ruolo. Più ci si conosce meno lo stigma impatta sull’interazione. Anche se un’imperfezione, come una deformità del viso, potrebbe allontanare un estraneo, si può immaginare che tra intimi non dovrebbe accadere. Potremmo dunque considerare l’area della gestione dello stigma come qualcosa che riguarda principalmente la vita pubblica, il contatto tra estranei o tra semplici conoscenti, collocandola all’estremità di un continuum il cui polo opposto è l’intimità. Il disabile può cercare di passare a un piano più personale nel quale il proprio difetto cesserà di essere un fattore determinante. Chi ha uno stigma fisico riferisce che i normali con i quali ha frequenti interazioni lo allontanano sempre meno a causa della disabilità. Ma non necessariamente la familiarità riduce il disprezzo, es. i normali che vivono vicino a comunità di stigmatizzati possono facilmente conservare pregiudizi. Le conseguenze dell’avere una serie di presupposti categoriali su un individuo sono visibili nelle interazioni con persone con le quali siamo intimamente legati, es. se parlo di mia moglie la sto collocando nella categoria delle mogli. Le relazioni intime non sciolgono l’appartenenza a una categoria sociale, la relazione non è mai totalmente privata. Il matrimonio è sociologicamente connotato dalle aspettative che ognuno dei due ha rispetto ai membri dell’altra categoria. Non usciamo mai totalmente dalle nostre connotazioni sociali, esse fanno parte del nostro modo di vivere. Nella relazione tra intimi ci possono essere informazioni screditanti che si tengono volontariamente segrete, es. la madre non dice al figlio che il padre è malato. Goffman respinge la tesi + intimità è – stigma, come l’idea che l’atteggiamento di apertura all’identità dell’altro sia depurato da considerazioni sull’appartenenza categoriale e da atteggiamenti di occultamento di attributi o di informazioni su di sé. Non esistono relazioni trasparenti e oggettive, nelle quali la presentazione del proprio self è fatta oggettivamente, senza adattamenti situazionali. Possono sempre verificarsi discrepanze tra l’identità sociale virtuale e quella effettiva. Ciò che influenza la gestione dello stigma è il fatto di conoscere o meno lo stigmatizzato. Per descrivere questa influenza serve il concetto di identità personale. Nei circoli sociali ristretti ciascun membro è considerato unico. L’unicità non è il nucleo intimo dell’individuo ma un attributo del self performato nell’interazione. Non si tratta di un nucleo interiore ma di elementi visibili, percepiti e agiti nell’interazione. La prima idea inclusa nella nozione di unicità è quella di un segno assertivo o supporto d’identità (una base per il materiale identitario come il corpo, il modo di muoversi, un documento, l’immagine di un individuo nelle menti degli altri o la conoscenza della sua posizione in una rete di parentela). L’insieme di elementi che una persona intima conosce di un individuo non può essere applicato a nessun altro. L’identità personale è il supporto al quale si legano i fatti biografici di una persona e le informazioni su di lei. L’identità personale permette di distinguere un soggetto da un altro e viene lavorata socialmente, es. archivio dell’università, anagrafe. La vita sociale fa avere (loro sanno, ma lui non sa che sanno) crea le condizioni della scoperta del passing. In condizioni di simmetria informativa il passing non è possibile. Infatti, se nessuno sa dell’attributo, nemmeno lo stigmatizzato, non c’è passing; se tutti sanno dell’attributo non ci può essere passing. L’evidenza dello stigma può non essere sufficiente per ostacolare il passing, es. il cieco con gli occhiali scuri al bar, lo zoppicare dello zoppo può essere visto come un malanno temporaneo, il colore della pelle non si vede al telefono o per posta. Il passing può essere scoperto solo da chi ha conoscenza di elementi dell’identità personale dello screditabile, infatti, chi dello screditabile ha solo una conoscenza della sua identità sociale non ha risorse informative per scoprire il passing. L’identificazione personale può avere effetti importanti sull’attribuzione dell’identità sociale. Fare il passing produce le condizioni per condurre una doppia vita. In tal caso, maggiore è il numero di coloro che conoscono l’attributo, più c’è il rischio che il passing venga scoperto. In una doppia vita gli altri biografici si dividono in coloro che pensano di conoscere tutto dello screditabile, ma non sanno della seconda vita e coloro che lo conoscono realmente perché sanno della prima e della seconda vita. Questi due gruppi possono essere in connessione, cioè alcuni individui possono conoscersi e cooperare nel mantenere la separazione rispetto al passing. Diversa è la condizione del passing quando le due cerchie di altri biografici sono fisicamente distanti e separate, ciascuna delle quali non è a conoscenza dell’esistenza dell’altra, compresa la diversa biografia della persona. Quando il fatto screditante appartiene al suo passato, l’individuo si preoccupa delle persone che possono rivelare ciò che sanno. Quando il fatto screditante è nel presente l’individuo deve stare attento anche a non farsi cogliere in flagrante, es. prostituta non vuole farsi vedere dai parenti. Quando l’individuo è vissuto in una comunità e poi si è trasferito in un’altra, può svilupparsi una variante strutturale della doppia vita tra passato e presente: chi lo ha conosciuto nel passato avrà un’identificazione personale di lui articolata biograficamente in relazione alle informazioni del passato, ma potrà essere completata da informazioni che lui o altri possono dare, occasionalmente, sulla vita del presente nella seconda comunità. Gli altri biografici che lo hanno conosciuto nella seconda comunità avranno un’identificazione biografica di lui basata su di una sua versione della sua identità nel passato insieme alle informazioni che hanno di lui nel presente. Così le biografie dei suoi altri biografici possono essere divergenti. Tuttavia, se non ci sono attributi o fatti screditanti nel passato, né nel presente, l’individuo stesso potrà fornire informazioni connettive per rendere meno distanti le due biografie, così da controllare gli effetti sul passato delle sue condizioni nel presente e viceversa. Il passing può svilupparsi in un ciclo di sei fasi: passing inconsapevole: l’attributo è frainteso e considerato normale, senza che lo screditabile se ne accorga; passing non intenzionale: uno o più altri biografici accolgono come normale il self dello screditabile, senza che questi abbia attuato strategie per dissimularlo; passing per divertimento: lo screditabile asseconda, occasionalmente e per divertimento, la tendenza di altri biografici ad accoglierlo come normale; passing in momenti separati dalla vita quotidiana: lo screditabile compie volontariamente e strategicamente il passing fuori dal suo ambiente quotidiano, come in viaggi o vacanze; passing nella vita quotidiana: lo screditabile compie il passing con regolarità in alcuni luoghi della propria vita quotidiana come lavoro o luoghi pubblici, ma non in altri; passing completo: lo screditabile compie il passing in ogni aspetto della vita, abbandonando il proprio ambiente e trasferendosi altrove, dove nessuno lo conosce personalmente, per iniziare una vita non contaminata dallo stigma (es. persona transgender) Rispetto alla gestione dell’identità sociale, chi ha un’identità segreta potrà trovarsi, nella sua vita quotidiana, a entrare in tre tipi di luoghi: luoghi proibiti a quelli come lui: l’ingresso è possibile solo per occultamento e l’esposizione esplicita dello stigma equivale all’espulsione. Per evitare l’effetto di turbamento dell’espulsione sia lo screditato che gli altri possono dimostrare una leggera dissimulazione (o indifferenza) che esprime disappunto per l’intrusione e da parte dello screditabile mostra la consapevolezza che non avrebbe dovuto essere lì; luoghi accoglienti: i normali aderiscono praticano forme di accoglienza verso chi ha quell’attributo, trattandoli come se non avessero impedimenti, nel caso di stigmi fisici. Sia lo screditabile che gli altri sono impegnati nel dissimulare il disagio che comporta lo sforzo di dimostrarsi a proprio agio; luoghi riservati: le persone con un attributo screditante non hanno bisogno di nasconderlo. Chi è lì ha scelto di stare con persone con quello stigma. Rispetto alla gestione dell’identità personale, i luoghi frequentati dallo stigmatizzato possono essere di due tipi: luoghi nei quali è personalmente conosciuto da chi ci lavora o da chi li frequenta e luoghi nei quali sa che difficilmente incontrerà qualcuno che lo conosce personalmente e potrà restare anonimo. Una varietà di fattori può provocare ansia e incertezza in chi fa il passing: rischi di dover rivelare informazioni screditanti su se stesso; mentire in modi sempre più complessi per mantenere la dissimulazione; sforzarsi di nascondere il proprio limite può portare a mostrarne altri o a dare l’impressione di averli; esporsi a sentire ciò che gli altri biografici pensano davvero delle persone con il suo attributo; non sapere fino a che punto gli altri sanno dello stigma; rischiare di essere scoperto dalla manifestazione involontaria dello stigma o da una altro che sa di lui. A seconda del tipo di relazioni, il passing può avere una diversa influenza: in relazioni superficiali le domande dell’altro possono essere involontariamente intrusive e imbarazzanti se colgono aspetti dello stigma; nelle relazioni strette che esistevano prima dello stigma, il passing comporta un’improvvisa carenza di informazioni; nelle relazioni strette iniziate dopo lo stigma il passing consiste nel rinviare la rivelazione. Lo stigmatizzato prova ambivalenza e oscilla tra due mondi, si sente distante dal gruppo dei suoi ma può anche sentire di tradirlo quando mostra nel passing di condividere i pregiudizi dei normali. La routine quotidiana collega l’individuo alle sue diverse situazioni sociali. Nella misura in cui l’individuo è screditabile, si cercano le situazioni impreviste che deve affrontare per gestire le informazioni che lo riguardano. Una strategia di gestione delle informazioni è quella di nascondere i simboli dello stigma, es. cambiare nome. Un’altra tecnica è quella di presentare i segni dello stigma come segni di un altro attributo, che è uno stigma meno grave, es. una persona debole di udito può comportarsi in modo da far credere di essere distratta o indifferente. Chi sa può cooperare con lo screditabile nelle sue strategie di passing, ma può anche ricattarlo. Cooperazione e ricatto sono due lati della medesima posizione di ruolo in relazione allo screditabile (es. le prostitute che hanno clienti noti). Gli intimi aiutano la persona screditabile nella dissimulazione, ma possono farlo anche al di là della sua consapevolezza. Essi possono agire da rete di protezione, consentendogli di pensare di essere pienamente accettato come normale, es. i genitori che tengono il bambino all’oscuro del suo attributo screditante con l’intento di proteggerlo, fanno il passing per lui e a lui stesso. Un’altra tecnica di gestione dell’informazione è la rivelazione volontaria, con cui lo screditabile diventa screditato e affronta le tensioni relative alla situazione. Tecniche di rivelazione volontaria sono l’indossare simboli del proprio stigma (es. bastone per ciechi), lapsus intenzionali o etichette della rivelazione, grazie alle quali l’individuo ammette in modo naturale lo stigma (es. “essere ebreo mi ha fatto sentire…”). Il livello maturo della rivelazione è quando l’individuo stigmatizzato si rende conto che dovrebbe essere al di sopra del passing, che se accetta se stesso e si rispetta non sentirà il bisogno di nascondere la propria carenza. Il covering è l’insieme delle tecniche che non occultano l’attributo screditante, ma mirano a ridurne l’intrusività nell’interazione, così da alleggerire l’attenzione su di esso e ridurre la tensione interazionale, favorendo la concentrazione dei partecipanti sui contenuti degli scambi comunicativi. Il covering è molto più diffuso del passing perché è meno impegnativo cognitivamente e costoso psicologicamente. Per esempio, una ragazza che sta più comoda con una gamba di legno indossa una gamba artificiale anatomica quando esce di casa, oppure un cieco indossa gli occhiali da sole per nascondere una deturpazione nell’area degli occhi. Gli individui con disabilità fisiche possono dover apprendere la struttura dell’interazione per sapere entro quali binari devono riportare la loro condotta se vogliono ridurre al minimo l’istruzione dello stigma es. una persona con poco udito impara a regolare il proprio tono di voce come quello degli interlocutori, oppure un cieco impara a guardare negli occhi chi parla. 3) adattamento al gruppo e identità dell’ego L’identità sociale e l’identità personale di un individuo fanno parte, prima di tutto, delle aspettative e delle definizioni che altre persone hanno nei suoi confronti. Riguardo all’identità personale, aspettative e definizioni sulla sua identità personale sorgono anche prima della sua nascita e dopo la sua morte, es. eredità. L’identità personale non è sempre faccia a faccia. L’identità dell’ego è prima di tutto una questione soggettiva e riflessiva che deve necessariamente essere avvertita dall’individuo la cui identità è in gioco. L’idea dell’identità dell’ego ci consente di esaminare cosa l’individuo può provare riguardo allo stigma e alla sua gestione, e ci porta a prestare particolare attenzione ai consigli che gli vengono dati riguardo a tali problemi. Dato che lo stigmatizzato apprende gli standard di identità applicandoli a sé stesso nonostante non vi si conformi, è inevitabile che senta una certa ambivalenza riguardo il proprio sé. Il sentimento di ambivalenza rispetto alla propria identità è sentito da chiunque applichi a se stesso i modelli di identità dominanti. L’incongruenza in qualche attributo tra il modello di identità e l’individuo concreto genera il sentimento di ambivalenza verso se stessi. Lo stigmatizzato oscilla tra il sentirsi normale quando è insieme a i suoi e il sentirsi normale perché diverso da loro. Lo stigmatizzato può mostrare ambivalenza rispetto alla propria identità quando vede da vicino gli altri con il suo stesso stigma che si comportano in modo stereotipato, esibizionistico o mettono pateticamente in mostra le caratteristiche negative che vengono loro attribuite. Questo spettacolo potrebbe disgustarlo, poiché condivide le norme della società, ma la sua identificazione sociale e psicologica con questi “trasgressori” lo tiene legato a ciò che lo disgusta, trasformando la repulsione in vergogna e il vergognarsi stesso in qualcosa di cui si vergogna. Non può né unirsi al suo gruppo né abbandonarlo. Questa ambivalenza si può riscontrare nella sua forma più intensa nel processo di avvicinamento, cioè, quando lo stigmatizzato si avvicina a un esemplare sgradito del suo stesso tipo mentre è con una persona normale. Lo stigmatizzato si definisce una persona come qualsiasi altra, ma gli altri lo definiscono diverso da loro e anche lui può sentirsi diverso. Per uscire da questa contraddizione egli cerca una teoria che dia senso alla sua condizione. Lo stigmatizzato cerca la propria autenticità, cioè quello che potrebbe essere indipendentemente dalle sue condizioni contingenti. Cercherà di darsi una risposta