Scarica Riassunto Storia Greca (Bettalli) e più Sintesi del corso in PDF di Storia solo su Docsity! STORIA GRECA – APPUNTI Viene analizzato il periodo tra il X-VIII sec e il I secolo a.C. Ricorda gli autori della bibliografia. INTRODUZIONE I greci si formarono in Grecia, e sono quindi da escludere le teorie riguardanti migrazioni e poi invasioni di diverse stirpi. Tra loro si definivano greci gli uomini che avevano lo stesso sangue, stessa lingua e costumi e veneravano gli stessi dei, identità di popolo che di fatto primeggiava su quella locale solo davanti a un nemico comune. È infatti durante le guerre persiane che questa coscienza identitaria venne espressa per la prima volta davanti all’infamante accusa di medismos (Erodoto VIII 144, Guerre persiane). Definizione per altro non sempre coerente a sé stessa e che presentava eccezioni, seppur condivisa dagli studi moderni. Nel Timeo di Platone (dialogo tra un sacerdote egiziano e Solone) i greci vengono definiti come ‘popolo fanciullo’, nuovi arrivati nel concerto di civiltà: un popolo da poco originatosi, privo di quel sapere tradizionale e profondo che caratterizzava altri luoghi, come ad esempio l’Egitto. Quando si parla di ‘miracolo greco’, infatti, non si può escludere proprio la componente interattiva dei greci con i popoli vicini, soprattutto orientali. Popoli definiti da i greci barbari, e con cui non raramente il rapporto era piuttosto conflittuale. Il periodo classico rappresenta di fatto un ‘arroccamento in sé stessi’, una chiusura della grecia e un’applicazione di ciò che il più fervido scambio con altri popoli aveva garantito alla cosiddetta ‘culla della civiltà’. La cronologia presa in considerazione si basa, all’origine, su una continuità geografica e linguistica mentre al termine su elementi culturali che persistono anche nel dominio macedone, per cui per convenzione culturale si sceglie di analizzare il periodo sopra scritto. Prima la storia greca si faceva più semplicemente coincidere con il periodo più florido culturalmente e con le numerose fonti scritte che descrivevano un periodo che copriva l’età arcaica e classica. Innovatore da questo punto di vista fu Gustav Droyesen (1833), che diede un nuovo valore all’ellenismo, interponendola come fase intermedia tra classicismo e cristianesimo, e considerando la matrice culturale greca\greco-macedone del tempo (lasciando da parte quel concetto di libertà perduta su cui si basava la scelta di troncare la storia greca con la battaglia di Cheronea, se non prima). Dal punto di vista delle fonti, quelle letterarie ufficiali, come della storiografia, rimangono di fondamentale importanza per la tradizionale storia politico-militare (evenemenziale). L’archeologia però offre la possibilità di conoscere a fondo tutte le dinamiche sociali, politiche, culturali. Per i greci il passato preistorico era riferibile al passato mitico di quelle terre, la tradizione orale dell’epica permetteva di tramandare di generazione in generazione gli eventi del passato, ricchi di fantasia, rimaneggiamenti, ed elementi di meraviglia che pur prendevano come punto di riferimento degli elementi universalmente conosciuti (es. la città di Troia). Quindi la tradizione orale greca risulta più utile per ricostruire i valori in senso antropologico, più che la storia di un passato antico. Ogni città aveva la sua divinità poliadica, protettrice, a cui era dedicato il tempio e i giochi panellenici (pas+hellens= tutti i greci). Secondo convenzione accademica la pronuncia dei nomi greci viene fatta alla latina. È comunque corretto in entrambi i modi ma bisogna saperli riconoscere. Abbiamo i giochi panellenici: Pitici (Apollo), Istimici (Poseidone), Olimpici e Nemei (Zeus). Le olimpiadi si svolgevano ogni 4 anni ma i greci denominavano il periodo tra un’olimpiade e l’altra come penteterico: includevano infatti anche l’anno in corso nel conteggio. La prima si è svolta nel 776 a.C., la seconda nel 772. Inoltre un anno ateniese durava la metà di un anno attuale, si interrompeva quindi a giugno. Per questo motivo è importante indicare, nel momento in cui si fa la datazione, i due Alla greca Alla latina Tesèo (Theséus) Tèseo (Thèseus) Diòniso(s) Dionìso (Dionìsus) anni compresi per rispondere alla suddivisione annuale attuale, oppure indicare il mese. Es. febbraio del 776 oppure 776\7. Le olimpiadi erano fondamentali perché l’uomo greco era un uomo agonale (cit. Burkhardt) per cui la dimostrazione di eccellenza fisica equivaleva l’eccellenza morale e la partecipazione all’evento era ciò che in maniera più precisa definiva l’appartenenza ad un’identità comune. Inoltre testimoniavano la presenza di poleis che si organizzavano per celebrare divinità comuni, oltre ad essere un punto di riferimento cronologico definito. Ogni città aveva infatti il suo calendario che iniziava da mesi diversi, questo permetteva di affermare una propria, tant’è che anche la carica più alta dei magistrati prendeva denominazioni diverse (es. arconti, efori, ecc.). Le fonti scritte relative a questa epoca sono molto postume rispetto agli eventi, come ad esempio nei poeti di età arcaica (VIII secolo a.C.) o negli storiografi di età classica (V secolo a.C.). Nel Liddell & Scott, Liddell- Scott-Jones o LSJ, un'importante opera lessicografica riguardante la lingua greca antica, i nomi degli autori seguono delle abbreviazioni. Si tratta di una sorta di vocabolario della letteratura greca Omero (Hom.) – databile nell’VIII secolo a.C. compone oralmente Iliade (Il.) e Odissea (Od.). La pubblicazione è aurale Erodoto (Hdt.) - contemporaneo di Pericle, scrive le Storie in 9 libri (ognuno dedicato ad una musa). In realtà questa suddivisione in libri è postuma, scelta dei filologi ellenistici. Originariamente era un’opera composta in 28 logos, pronunciati oralmente. Il tema trattato da Erodoto non è però solo storico: oltre a raccontare le guerre persiane racconta anche la storia dei popoli con cui la Grecia è entrata in contatto. I primi 4 libri parlano della storia dell’Impero persiano e di Libia, Egitto, Cipro. Dal quinto al nono racconta gli eventi dall’invasione persiana in Grecia alla battaglia di Platea. Il suo metodo prevede 3 strumenti Opsis (occhi) visione diretta dei fatti Akoé aver ascoltato, fonte secondaria rispetto alla prima persona Gnome la comprensione dei fatti, il discernimento Tucidide (Thuc.) – nelle sue Storie racconta la guerra del Peloponneso in 8 libri. Non solo racconta la guerra anno per anno dal 431 al 411 a.C. (l’opera è incompleta), ma racconta anche il periodo di 50 anni (pentekontachia) precedente che va dal 478 al 431 a.C. e dei ‘tempi più antichi’ della Grecia, riferendosi al passato mitico. Si può quindi dire che Tucidide sia stato il primo storico ad occuparsi di archaiologia (storia antica), termine tuttavia mai utilizzato dall’autore ma da un suo scoliaste. Trasponeva alcune delle esperienze contemporanee nel passato mitico, creando analogie e parallelismi. Visse in prima persona la guerra, ateniese, fu ammiratore di Pericle e fu stratego. Senofonte (X.) – successore di Tucidide termina il racconto degli ultimi anni della guerra del peloponneso nelle sue Elleniche, costituite da 7 libri. Alla sua origine aristocratica e all’atteggiamento critico nei confronti di Atene è dovuta la sua simpatia per Sparta, conservatrice, quindi modello molto desiderato dagli antidemocratici: considerava la migliore forma di governo quella monarchica e proprio nella Ciropedia descrive il suo stato ideale, ossia una monarchia assoluta retta da un sovrano illuminato, in grado di unire popoli diversi per costumi, lingua e ideologia. Ciro il Grande e Agesilao incarnano l’ideale dell’autore. APPUNTI GEOGRAFICI Possiamo suddividere la grecia in 3 aree geografiche principali (distinzioni territoriali non nette ma approssimative) L’antica età del bronzo (3100-2000) un periodo di grandi innovazioni: aumento degli insediamenti (nascita di vari centri come Tirinto e Micene in Argolide, Troia in Anatolia), aumento demografico, miglioramento delle tecniche di produzione agricola (a cui si aggiungono oltre ai cereali anche vite e olivo, policoltura) e allevamento (e produzione di derivati), diffusione dell’uso dei metalli, così come della tecnica del tornio derivante dall’Anatolia ed è in questo momento che si intensificano gli scambi tra regioni. Nell’ultima fase, periodo di distruzioni su territori molto ampi che coprivano anche quelli vicino-orientali, la rottura della continuità che vedeva lo svilupparsi florido di una civiltà nascente si spiega probabilmente con alcuni disastri climatici che avrebbero, tra clima instabile e fasi di severa siccità, portato a conseguenze devastanti. Soltanto nell’area meridionale dell’Egeo, soprattutto a Creta, gli indizi di complessità sociale emersi nel III millennio trovano una continuità con il periodo successivo. CIVILTA’ MINOICA (2700-1400 a.C.) FASE PROTOPALAZIALE Intorno al 1900 si verifica a Creta la comparsa a Cnosso, Mallia e Festòs di edifici monumentali a più piani organizzati attorno a una corte centrale: i palazzi. Il termine (come anche quello di ‘minoico’) viene dallo scopritore dei resti, Evans, che ha attributo gli stessi alla residenza reale del re Minosse, che secondo mitologia governava su Creta e l’Egeo prima della guerra di Troia. Successivamente nel 1972 Colin Renfrew riqualificò i palazzi come centro di potere economico centralizzato, di carattere territoriale, basato sulla redistribuzione. Da studi recenti i palazzi, o edifici a corte centrale, risultano piuttosto essere strutture polimorfe, nate dall’assemblaggio di aree polifunzionali, che sembrano aver assolto diverse funzioni sociali, economiche, politiche: attività domestiche e cultuali, stoccaggio di beni e redazione di atti amministrativi (in due lingue, geroglifica e lineare A), attività commerciali e produzioni artigianali, distribuzione di razioni, feste, banchetti (performances, strategie di rappresentanza per il mantenimento del potere). Una struttura allo stesso tempo aperta e chiusa, gestita da gruppi dominanti (non da un potere individuale di tipo dinastico) ma anche aperta e collegata all’area abitata, un microcosmo riflettente l’intero tessuto dei rapporti della società minoica. Inoltre questi palazzi erano privi di mura, il che racconta la tranquillità politica dell’isola. La Creta dei primi palazzi mostra una società evoluta e florida, per molti aspetti comparabile con quelle dell’Egitto e del Vicino oriente, con cui sono ben documentati contatti, soprattutto dal punto di vista archeologico di materiali e iconografie. Gli elementi che accomunano e sono indicatori del palazzo sono La presenza di un cortile centrale e uno occidentale. Spazi probabilmente adibiti all’assembramento, raduni, feste, cerimonie in cui si riunivano tutte le fazioni\clan Fosse (koulouras) per lo stoccaggio, probabilmente legate a riti agro-pastorali, credenze religiose basate sulla celebrazione della fertilità umana e animale con cadenze specifiche (es. autunno- primavera), praticata anche nel vicino oriente I tre palazzi furono distrutti intorno al 1700 forse per cause di origine sismatica. Cnosso – è possibile che la funzione originale dell’edificio avesse una forte connotazione religiosa, la cui rilevanza ai fini del controllo sociale dei gruppi sottomessi al palazzo rimane evidente. Tuttavia il potere non è centralizzato in un unico individuo. Ad esempio vedere la sala del trono del Palazzo di Cnosso, dove il trono è affiancato da una banchina probabilmente per ospitare un gruppo di consiglieri o comunque altre figure di rilevanza politica e sociale. Mallia – centro protourbano nel quale accanto al palazzo si hanno una serie di edifici di alto livello qualitativo, di prestigio, in cui venivano svolte attività sociali ed economiche essenziali, per cui le attività primarie per il funzionamento dell’apparato statale non erano accentrate nel palazzo ma appaiono fisicamente separate. Festòs – palazzo che meglio conserva le caratteristiche di questa prima fase e anche uno dei luoghi che più ha inciso nella formazione dell’immaginario religioso dell’isola (legato al monte Ida). FASE NEOPALAZIALE La fase protopalaziale e neopalaziale mostrano cospicue differenze nell’organizzazione delle rispettive entità politiche a carattere statale. Si affianca alla ricostruzione dei palazzi già esistenti la proliferazione in tutta l’isola di edifici monumentali (es. Zakros, Haghia Triada, Kommos, Gournià). Un alto grado di omogeneità culturale, un impressionante sviluppo civile, che include anche la diffusione della scrittura sillabica lineare A, la partecipazione al commercio internazionale e la capacità da parte dei gruppi dirigenti di manipolare l’ordine sociale attraverso l’attività religiosa e del culto. Per spiegare la grande omogeneità culturale a Creta in questo periodo si è supposta l’egemonia di Cnosso sulle altre. In alternativa si trattava di entità politiche indipendenti con una tendenza ad emulare, oppure stati territoriali ideologicamente legati a Cnosso. La civiltà minoica aveva in realtà una grande influenza su tutto l’Egeo (Cicladi, Anatolia, Tera), testimoniata da numerose similitudini nella cultura materiale (a volte nella sua completezza). Non è chiaro se si trattasse di una dominazione politica (così come raccontano le fonti letterarie sul re Minosse, che governava sull’Egeo orientale), o commerciale. Probabilmente vi erano degli insediamenti minoici di piccoli gruppo in alcuni luoghi, ma si trattava perlopiù di importazioni commerciali per cui la cultura materiale di Creta era innestata in un contesto culturale diverso. Il motivo per cui queste entità statali, tranne Cnosso, furono rase al suolo dall’azione umana è tutt’ora non del tutto spiegato. Si era legata questa distruzione all’esplosione del vulcano Santorini, che però a livello archeologico sembra essere di non molto precedente alla fine dei palazzi, seppur non coincidente. Probabilmente il cataclisma ha indebolito i palazzi, contribuendo a ciò che è successo dopo (rivolte, guerre tra palazzi). CIVILTA’ MICENEA (1600-1100 a.C.) La media età del bronzo nel continente fu un periodo di relativa stagnazione culturale, soprattutto se confrontata con ciò che avveniva contemporaneamente a Creta (fase protopalaziale): solo nella fase finale si evidenzia la presenza di elites locali e di una società complessa (le tombe a fossa di Micene si pongono a cavallo tra medio e tardo elladico). Un’eccezione importante si verifica a Kolonna (isola di Ègina), in cui tutti gli elementi tipici della società micenea postuma sembrano essere presenti già nel pieno del medio elladico: una tomba a fossa di un giovane guerriero concentra ricchezze, connotazione guerriera e la presenza di materiali di importazione (ceramiche Creta e Cicladi, instaurando anche già un legame con la civiltà minoica). Si deve quindi concludere che in una fase così antica emerge a livello sociale un singolo individuo e che tale fenomeno deve avere qualche collegamento con la civiltà palaziale cretese. Egina potrebbe essere stato il modello sociale imitato, successivamente, dalle più antiche elites dell’Argolide. Civiltà scoperta da Heinrich Schliemann (scava nei siti più menzionati poemi come Micene, Tirinto, Orcomeno), prende il nome dal sito più importante e fiorì nel continente greco tra il 1600 e il 1070 (solo nel 1450 giunge a Creta), raggiungendo il periodo di massima fioritura tra il 1400 e il 1200 a.C. (anno in cui i palazzi vengono distrutti). La civiltà micenea non arrivo in grecia come già formata da elementi distintivi ben precisi, anzi nella sua cultura materiale sono distinguibili tanti elementi di importazione da vari luoghi dell’Egeo, il che mette in evidenza anche la capacità di approvvigionamento di vari tipi di materiali da parte della civiltà. L’ipotesi più accreditata sulle circostanze che portarono alla formazione delle elites delle tombe a fossa (al quale si deve la formazione della civiltà stessa) è che esse furono capaci di sottomettere comunità circostanti acquisendo il dominio su una precisa realtà territoriale\regionale, e quindi accaparrarsi il controllo di un flusso di materie prime che dall’oriente e dall’occidente confluivano nell’Egeo. Si articola su un territorio molto vasto e in tempi diversi, per cui non si può parlare di una realtà monolitica ma più che altro di un regionalismo caratterizzato da una forte omogeneità culturale, basata su aspetti della cultura materiale (es. ceramica) e uno spiccato conservatorismo (es. scrittura, iconografia). Grazie al ritrovamento di numerose tavolette nei palazzi si dispone di fonti scritte, affiancate dai documenti orientali in scrittura cuneiforme che mettevano per iscritto attraverso trattati l’interazione con la Grecia. Le forme di scrittura identificate sulle tavolette sono due: la lineare A, una scrittura tutt’ora indecifrata, e la lineare B, decifrata nel 1952 da Michael Ventris. Si tratta di una scrittura composta di fonogrammi, ideogrammi e aritmogrammi che mette per iscritto il greco antico. Tutte le tavolette (Micene, Pilo, Tebe, Cnosso) sono datate intorno al 1200 (solo fase finale del sistema palaziale miceneo) ed erano in argilla cruda: si sono conservate casualmente, per cottura a causa di incendio. Si tratta infatti di informazioni che non avevano la necessità di essere conservate per gli antichi, che riguardavano transazioni dei palazzi e in generale di carattere amministrativo. Non compaiono quindi informazioni dirette sulla struttura sociale e come su di questa si organizzasse il sistema economico, ma sono prova del passato storico dei Greci e delle profonde radici di quella cultura che vediamo esprimersi in età arcaica con i poemi omerici (nomi citati negli scritti, sia comuni che di divinità, rispettano quelli della mitologia postuma), ma sono anche la prova che Creta era stata conquistata dai micenei, e non il contrario. Tutti i siti che hanno restituito queste tavolette sono interpretabili come capitali di stati indipendenti che ruotavano attorno a un complesso palaziale, ma non ci è noto se vi fosse una gerarchia tra questi IL SISTEMA PALAZIALE Può essere descritto come una complessa organizzazione economica, amministrata da un corpo burocratico e fondata su un elaborato meccanismo di controllo del sistema stesso. Le fonti riguardano tuttavia soltanto alcuni ambiti economici, in linea di massima connessi con la produzione di beni di prestigio (olii profumati, oggetti di avorio) in officine specializzate in genere collocate all’interno dei palazzi. Non esercitavano quindi un controllo assoluto sulle attività economiche del territorio, anzi attori sociali esterni erano indispensabili per l’economia palaziale. Acquisizione di beni di prestigio e monopolio della loro distribuzione erano basilari per il funzionamento del sistema, il mantenimento dell’ immagine di potere salda nei confronti del resto della popolazione e la competizione con altri palazzi. Avere le ricchezze accentrate in un unico punto faceva sì che le elites potessero ricorrere direttamente allo sfoggio di ricchezza come elemento di esibizione e affermazione di potere (soprattutto nei corredi funebri ricchissimi), ma anche attraverso il monopolio delle offerte religiose e dell’intera sfera cultuale, garantendosi il favore delle popolazioni tramite redistribuzione in forma di elargizione (feste, banchetti). Il palazzo – struttura architettonica complessa da identificare come centro amministrativo e residenziale dell’elite al potere. L’edificio palaziale più antico è quello del Menelaion (Sparta). I palazzi micenei erano più piccoli e compatti rispetto a quelli minoici, nonostante sia il concetto di palazzo come centro amministrativo, sia di tombe a tholos sia ovviamente mutuato dalla cultura cretese. Un elemento distintivo di questi palazzi era il megaron, struttura tripartita al cui centro vi era un trono, un focolare circondato da colonne e una ricca pittura parietale: questo era il luogo dove l’autorità amministrativa che risiedeva a palazzo ostentava il suo potere. Attorno al megaron si articolavano magazzini, luoghi di culto, archivi amministrativi, zone residenziali, centri di produzione artigianale. La cittadella – luoghi posti in posizione dominante e circondati da mura, siti fortificati che non necessariamente includono il palazzo (es. Gla), con mura dette ‘ciclopiche’ (così imponenti da essere state costruite da Ciclopi) spesse tra i 6 e i 15 metri, tanto che all’interno vi erano cunicoli per il passaggio (casamatta). Centro abitato che si sviluppava attorno al palazzo, un’area non molto vasta (es. Tirinto, 2000mq). LE TOMBE A fossa – pozzetti rettangolari scavati nel terreno. Sul fondo all’interno di una sorta di recinto coperto con un tetto in legno venivano deposti gli individui. L’area veniva ricoperta di terra e a volte marcata da una decidere di prosciugare il lago di Capaide (impiegando energie ed economia) per fondare la città di Gla e aumentare la produzione agricola 1. Invasione dei Dori (mitologia) o attacco dei Popoli del mare (fonti Tucidide) Negli strati successivi alla fine dei palazzi compare un tipo di ceramica detta ‘barbarica’ di tecnica più arcaica rispetto a quella micenea in realtà poteva essere una produzione di diverso tipo e destinazione Segno di crisi della civiltà nelle tavolette in lineare B e fonti dall’Egitto Disposizione di difesa di luoghi attorno alla costa e costruzione di mura a Tirinto e Micene segno di imminente conflitto o normalità? Prelevazione di bronzo dai santuari segno di crisi economica e militare, come nelle epoche successive o erano riserve da cui abitualmente si attingeva? Nelle fonti egiziane (Ranmsete III) parla di Popoli del mare in coalizione (da cui solo l’Egitto si sarebbe salvato dopo numerosi assedi), un gruppo di mercenari che causavano il saccheggio e la distruzione di varie città, adoperando tecniche di combattimento più veloci e prive di carro predoni del mare di identità indefinita che hanno distrutto la civiltà micenea per quale ragione? 2. Crollo di uno degli stati che componevano tutto l’insieme e conseguente collasso del sistema totale della civiltà dei palazzi non esisteva un centro egemone, ogni palazzo era indipendente e l’amministrazione della città era da lui controllata 3. Conflitto tra i palazzi vicini, che volevano primeggiare gli uni sugli altri data l’indipendenza di ognuna e la contemporanea appartenenza ad un sistema comune e prosperoso l’unica motivazione poteva essere espansionistica. Perché scompare la scrittura e non è documentato il conflitto? 4. Conflitto interno tra popolo e autorità, struttura amministrativa troppo oppressiva nei confronti della società di villaggio scelta di fondare Gla, goccia che ha fatto traboccare il vaso? Essendo la scrittura e le arti competenza di un’elite probabilmente risiedente a palazzo potrebbe essersi estinta solo la classe sociale più alta, spiegando la scomparsa totale della scrittura: non vi erano più maestri. Tutti contemporaneamente? 5. Disastro ambientale Carestia l’inaridimento del suolo (testimoniato dai carotaggi) avrebbe potuto portare l’indignazione dei villaggi che hanno tentato di appropriarsi delle derrate alimentari custodite nei palazzi, distruggendoli. Gla potrebbe essere il tentativo di sfruttare un ulteriore appezzamento di terra in maniera estensiva, così da tentare di raccimolare più cibo (Clima e Storia, Carpenter). Una epidemia FONTI SCRITTE RELATIVE ALL’ETÀ DEL BRONZO - tavolette dei palazzi in lineare B; intenzionalmente non destinate al tramandare informazioni ai posteri - mitologia; numerosi gli elementi di verità nel tessuto dell’opera. Costituiva infatti per i greci di VIII secolo la storia antica della loro civiltà, reale e attendibile in quanto doveva avere degli elementi di riscontro con il loro mondo circostante (almeno geografico-sociali) Nomi utilizzati nel mito erano nomi realmente esistenti nell’età del bronzo, il che crea una continuità storica È possibile che, a causa dell’arricchimento improvviso della città di Troia per il controllo delle navigazioni sull’Ellesponto, sia realmente esistita una guerra degli achei (greci della parte continentale e del peloponneso uniti in una coalizione) contro Troia. Età del bronzo = età del passato mitico e degli eroi Utilizzati elementi reali del passato mondo miceneo, come attrezzature da guerra successivamente in disuso (carri, grandi scudi) fusi con elementi del presente storico di Omero e anche successivi, per cui si parla di poemi stratificati Elementi di vita della poleis passati e presenti Strutture di governo ed ereditarietà diverse nell’Odissea il potere non è ereditario come nell’Iliade di Agamennone e delle grandi dinastie. Ne ‘Il mondo di Odisseo’ Finley mette in risalto l’indebolimento del potere di Odisseo rispetto agli altri grandi re e si suppone che questo possa essere dovuto alla scelta di ritrarre le dinamiche di potere della Dark Age L’esplorazione del mediterraneo raccontata nell’Odissea può essere prodotto solo delle grandi spinte colonizzatrici che si erano mosse nell’VIII secolo. Riferimenti a eventi anche postumi all’VII secolo, probabilmente aggiunti nella versione scritta redatta nel VI secolo sotto Pisìstrato Dedicata una parte al Catalogo delle navi in cui vengono passate in rassegna tutte le flotte e rispettive popolazioni partecipanti alla guerra di Troia Forse tratta da reali documenti d’archivio Inizia dalla descrizione della Beozia, per cui si ipotizza che forse era con Tebe il centro miceneo tra i più importanti, ma forse è solo dovuto al fatto che la spedizione partisse da lì Si configurava come un mezzo per tramandare nozioni di vario tipo (soprattutto geografico) a livello panellenico attraverso il canto (rapsodia) Forse la necessità di trascrivere questo sapere è la reale ragione per cui è nato l’alfabeto greco (teoria di Powell) si è ipotizzato che fosse nato, ispirato da quello fenicio, per scopi commerciali ma non ci sono documenti commerciali a testimonianza di ciò. Le prime iscrizioni sono tutte di tipo letterario - documenti prodotti dall’interazione con altri popoli del vicino oriente; soprattutto con gli ittiti, di cui abbiamo numerose tavolette in scrittura cuneiforme Nella capitale di Hatti, Hattusa (Hattuscia) numerose sono state le tavolette degli archivi ritrovate Menzionato regno di Ahhiyawa (Acchiaua) corrispettivo in lingua ittita di regno degli Achoioi= achei attestate relazioni diplomatiche e conflitti e accordi di natura territoriale Menzionata la città di Willusa (Uillusa, Villusa) nome originario di Ilio era Willion con decadimento successivo di W Un documento si rivolge ad Aleksandu re di Willusa (Paride nel mito) ulteriore elemento di congiunzione con la Grecia e con la mitologia. Compare anche il nome Eteocle, ulteriore nome evidentemente di un personaggio storico che compare nel mito Interazione attestata dal fatto che il bronzo, utilizzato per fabbricare soprattutto armi e quindi fondamentale, era lega di rame e stagno, che i greci avrebbero dovuto per forza importare ETÀ DEL FERRO LE DARK AGES (XII-IX secolo) o antica età del ferro La definizione di Dark Ages nasce nell’Ottocento per fare riferimento a una vera e propria età dell’oro (quella micenea) e l’inizio di un periodo senza storia, caratterizzato da povertà, ristagno civile e isolamento culturale. Grazie alle scoperte archeologiche negli anni 50 del 900 quali numerose ceramiche e siti importanti come Lefkandi (Eubea) e Kalapodi (Focide) si è dato il via a un processo di rivalutazione di questi secoli. Moses Finley teorizzò la possibilità che i poemi omerici fossero memoria proprio del medioevo ellenico e che quindi si fossero sviluppate società fondate dal rango individuale (eroi omerici) e un’economia basata sullo scambio di doni. Una ricostruzione archeologica non basata su testi letterari è stata fatta negli anni 70 da Snodgrass, Desborough, Coldstream: la cesura con la cultura precedente e l’approdo apparentemente improvviso del sistema politico complesso della poleis sarebbero il risultato di una serie di mutamenti verificatisi nel corso del XI secolo, come l’abbandono della sepoltura multipla, uso generalizzato del ferro ed economia prevalentemente pastorale, oltre che all’assunzione di una posizione prevalente della zona centrale (Attica, Argolide) e un sistema socio-politico prettamente egalitario. Secondo Desborough questi mutamenti sarebbero stati dovuti alla tradizionalmente ricordata nella letteratura greca invasione dorica (80 anni dopo il 1184, fine guerra di Troia), un’ipotesi tuttavia che non trova un riscontro reale (se non lievi mutamenti nella cultura materiale che non indicano necessariamente una nuova popolazione) e finanche nella stessa tradizione letteraria è difficile riscontrare un’unitarietà, dimostrando come quella dell’invasione era un evento funzionale da inventare sulla base di specifiche, contingenti necessità politiche. A partire dagli anni 80 il quadro sembra essersi articolato in maniera più chiara: oggi si ritiene che nel XII secolo permaneva una società stratificata che probabilmente manteneva alcuni elementi del sistema precedente, e non si tratta di un fenomeno unitario, bensì vige un forte regionalismo e la distinzione con creta, che sembra ancora avere contatti con il retaggio minoico, resta sempre ben marcata. Almeno dal X secolo in poi sarebbero nuovamente testimoniati contatti con l’Oriente, il che ridimensiona l’aspetto dell’isolamento, e infine le poleis sarebbero state il frutto di una sperimentazione di forme sociali di varia complessità. In definitiva il termine Dark Ages non risulta più adatto a descrivere questi secoli, ma è convenzionalmente adottato perché comodo. IL CONTINENTE GRECO DAL XII AL IX SECOLO Si tratta di una società diversa, che non fa più uso della scrittura e non è più organizzata attorno al palazzo. Nel XII e XI si verifica in primo luogo un cambio dell’assetto insediamentale e delle strategie di sussistenza. Numerose sono le migrazioni di gruppi nel continente e un accentramento degli insediamenti, l’allontanamento dalle coste per preferire le alture (soprattutto nelle isole) e la continuità si riscontra solo in centri con lunga tradizione di occupazione come Micene, Tirinto, Pilo. In alcune località quali Atene, Lefkandì, e Kynos ci sono indizi per ritenere che alcuni elementi propri del sistema palaziale si fossero mantenuti e furono essenziali per l’organizzazione politico-sociale di alcuni centri: una società stratificata che in parte manteneva caratteristiche delle società palaziali e dello stile di vita aristocratico, come la sepoltura multipla, la caccia, navi da guerra o da trasporto. L’allestimento di queste ultime doveva necessariamente essere finanziata da elites, e l’elemento bellico sia nelle tombe che decorativo indicava un comando militare socialmente importante. In altri siti occupati generalmente per un periodo di tempo limitato e politicamente instabili come ad esempio Lefkandì sembra invece emergere la figura di un singolo leader (big man) Fenomeni rilevanti sono ad esempio Lo sviluppo economico di alcune regioni che in fase precedente avevano svolto un ruolo marginale, come l’Acaia, e ora vivono una fase di esplosione demografica e di rapporti commerciali con l’Adriatico, base su cui si svilupperanno gerarchie locali che controllano il flusso di beni La nascita di santuari regionali, che servivano cioè più comunità sparse nel territorio come ad esempio Kalapodi in Focide, unico santuario sul continente greco con una continuità di uso dal XII secolo all’età classica Dalla metà del XI secolo Abbandono della pratica della sepoltura multipla sostituita da sepolture per lo più individuali, avvio di nuove aree sepolcrali e introduzione della cremazione Adozione del ferro e della nuova tecnologia a esso legata (fusione del metallo e lavorazione allo stato semiliquido). I giacimenti di ferro sono piuttosto diffusi in Grecia il che muta le richieste di rame (Cipro) e stagno (Afghanistan) che erano necessarie per la produzione del bronzo, il che deve aver incentivato l’uso del nuovo materiale la cui tecnica sembra essere stata importata da Cipro. Alcune aree come quelle attorno Atene ed Argo decollano e si avvia un processo di unificazione (sinecismo). In altre si verifica un netto declino con l’abbandono dei siti occupati precedentemente Nella storiografia che integra elementi di mitologia di Erodoto, l’ingresso in grecia dell’alfabeto fenicio è legato ad un preciso periodo e al re Cadmo. Si riferisce alle lettere fenicie in 3 modi (vedi pag.34 fonti lezioni): Phonikeia grammata, che viene poi assimilato e modificato dai greci Lettere rosse (fenicie), colorate di rosso per rendere visibili le iscrizioni su pietra Si usava scrivere sulle pelli Una prima ipotesi pose la nascita della scrittura nel contesto di un bisogno di tipo commerciale, ma questa non è supportata dal fatto che i numerali vennero introdotti successivamente mentre la presenza fin dagli albori di vocali lunghe e brevi, di nessuna utilità nel parlato comune, ha fatto intuire che la scrittura fosse nata direttamente per la trascrizione dei poemi omerici. Coppa di Nestore, Ischia (725 a.C. ca), si tratta di una kotyle (variazione dello Skyphos) con un’iscrizione in alfabeto greco che cita il famoso re Nestore dell’Iliade. Se così fosse ad essere esportato non sarebbe solo l’alfabeto, ma anche altri elementi culturali (mito). In realtà però questa coppa è stata trovata nella tomba di un bambino di 10 anni, e, considerato che se ne fa uso solo da adulti nel simposio, potrebbe essere una forma di riscatto per la perdita. Nestore potrebbe essere quindi un riferimento al nome del bambino, piuttosto che al re del mito. Oinochoe del Dipylon (750-725 a.C.) reca un’iscrizione sulla spalla, da leggere da destra verso sinistra. Questo tipo di iscrizioni sono comprensibili solo se lette a voce alta (Svenbro, Antropologia della lettura nella grecia antica). Questo tipo di vasi veniva probabilmente usato nei simposi, il che indica un’ulteriore elemento della polis completa e attiva. Nel simposio si svolgevano riunioni politiche di eterie (gruppo politico legato da precise finalità nella vita politica delle polis). Questo vaso infatti era probabilmente dedicato al vincitore di una gara di canto o musica. I poemi omerici descrivono una società composita, in quanto, la tradizione orale ha fatto si che venissero inseriti nel corso del tempo numerosi anacronismi che vedono convivere elementi di società cronologicamente anche piuttosto lontane. Viene da sé che utilizzare la poetica come fonte storica presenta delle insidie, ma in parte può dare informazioni utili, come ad esempio la costituzione della società. Nell’iliade e Odissea viene presentata una società composta di comunità piuttosto instabili di guerrieri, nelle quali una classe di proprietari terrieri di grande estensione detiene un potere pressoché assoluto all’interno del proprio nucleo famigliare e ha un ruolo fondamentale nella comunità. Il più potente tra questi uomini (potere decretato in gare sportive, giochi funebri o speciali festività) assume il ruolo di sovrano. Il nome che viene dato ai maggiorenti è basileis (plurale di basileus). La gerarchia è relativamente semplice, il popolo delle persone libere non ha nessun potere formale e viene consultato senza nessuna periodicità in assemblee. Nelle opere e i giorni di Esiodo emerge in maniera evidente una ristretta elite aristocratica. IN AMBITO RELIGIOSO – si affermano i primi santuari panellenici (es. Delfi e Olimpia). Essi costituiranno per i greci un potente fattore di aggregazione Si osserva la formazione della casa degli dei con strutture semplici e largo uso di legno, assumendo una enorme importanza come centro identitario delle comunità che lo ospitavano. Alcuni di questi assunsero una dimensione prima regionale, poi panellenica, comune cioè a tutti i greci. Apollo a Delfi giochi pitici Zeus a Olimpia olimpici l’archeologia dimostra come a partire dalla fine dell’VIII secolo il santuario di Olimpia ricevesse molte più offerte dell’area peloponnesiaca Zeus a Nemea nemei Poseidone a Corinto istmici Questi santuari divennero luoghi privilegiati delle elites dominanti per ostentare il potere attraverso le ricchezze e i doni in un contesto più appariscente delle comunità di origine. La religione riveste ancora un ruolo di primo piano nella strutturazione e nella manipolazione della società. IN AMBITO POLITICO-SOCIALE – inizia il lungo percorso che porterà allo sviluppo e al consolidamento delle strutture della polis La polis nasce come comunità autonoma nell’VIII secolo a.C. La parola polis, la cui traduzione più corretta sarebbe città-stato ma solitamente non si traduce, ha in sé insito il concetto di azione politica. Era possibile che gli abitanti di una polis vivessero in un centro urbano ma solitamente si trattava di piccoli villaggi, per cui l’impianto urbanistico era di secondaria importanza, la poleis era costituita da i suoi cittadini (non si fa mai riferimento al nome di una città es. nei trattati, ma sempre al gentilizio dei suoi cittadini). Centrale nell’ordinamento della polis era la terra, sia perché un cittadino per essere definito tale doveva possederla, sia perché era la risorsa economica più importante. Secondo Carmine Ampolo, infatti, i cittadini sarebbero dei veri e propri azionisti della polis: In questo contesto di nuova azione politica dei cittadini nasce anche un senso di comunità e di unità all’interno di quello che il concetto di grecità, “elleniken” (essere greci), uomini e cittadini uniti in primis dall’elemento religioso, che nella cultura greca era pervasivo di tutti i campi ed aveva anche una valenza rilevante nella politica. Davanti alle accuse di medismo (essere filopersiani) rivolte agli Ateniesi dagli spartani, questi risposero che per quanto ci siano profonde differenze, talvolta conflittuali, tra le città-stato, davanti al nemico comune queste si sciolgono in nome di un comune ‘essere greci’. La polis si sarebbe originata nel corso di tutto un millennio e non in forma improvvisa, ma ciò che la caratterizza è l’emergere di una sfera pubblica che toglie progressivamente potere politico-militare alle elites, un passaggio che però non è possibile ricostruire con precisione dalle fonti. Tuttavia è basata su un’uguaglianza tra eguali’, e solo se si possedevano determinati requisiti si poteva essere considerati cittadini a pieno titolo e quindi godere dei diritti (donne, schiavi, stranieri o chi non possedeva per altri motivi requisiti adatti, quali il censo, era escluso). La prova dell’esistenza di un organismo polis già attivo nell’VIII secolo è data da: La costituzione dei Giochi Olimpici nel 776 implica il raccoglimento attorno a un simbolo comune (la religione, l’eccellenza fisica e morale aretè e la gloria acquisita con i meriti kleos) di comunità ben distinte e che quindi scelgono di vivere pacificamente. L’archeologia della strutturazione degli abitati e la società gerarchica riconosciuta nei corredi funerari La nascita di santuari poliadici implicano la protezione di un centro abitato e lo rappresentano Informazioni ricavabili dai poemi omerici Le colonizzazioni la prima (espansione greca verso l’Anatolia) si attesta alla prima metà dell’VIII secolo e implicava l’intervento diretto della polis. Un modello politico diverso ma non inferiore era l’ethnos, per cui gli abitanti di alcune zone della grecia erano uniti da una più o meno leggendaria comunanza etnica, riconducibile al fatto di possedere più o meno tutti un capostipite condiviso (spesso privo di consistenza storica). Queste comunità vivevano autonomamente ma si trovavano insieme sotto la guida di un capo che deteneva il potere grazie a prerogative ereditarie o per regolare elezione. L’unità del popolo veniva cementata dalla partecipazione a feste e culti sviluppatisi attorno a santuari. IN AMBITO INTERNAZIONALE – aumentata mobilità, diffondersi dei greci in tutto il mediterraneo Da sempre nella storia greca il rapporto con altre realtà culturali ha permesso il fiorire e lo svilupparsi della società. Dopo essersi insediati sulla costa anatolica nel corso dell’età arcaica fondarono circa 150 poleis, di cui un terzo in italia meridionale\Sicilia, sulle coste francesi, africane e del mar egeo, e non meno di 50 attorno al bosforo e al mar nero. Le colonie erano comunità autonome e indipendenti, legate alla città madre (metropolis) al più da legami religioso-cultuali ed erano dette apoikia (ai, apò= lontano + oikia= casa lontano da casa). Le stesse colonie potevano a loro fondare altri centri, che prendevano il nome di subcolonie. Non necessariamente vi erano coinvolte entità statali, anzi spesso erano iniziativa di privati, motivata soprattutto da condizioni economiche e politiche. Di fatto, le cause della colonizzazione sarebbero molteplici a) Penuria di terre coltivabili (soprattutto nelle eredità familiari) b) Scontri politici c) Commercio Alcune fondazioni, grazie alla posizione strategica, sfruttavano come risorsa economica prima il commercio, mentre le altre semplicemente seguivano la tradizione di sussistenza greca dell’agricoltura che veniva esportata dalla patria. La vivacità culturale delle colonie faceva si che non vi fosse un’imposizione culturale stagnante su di esse ma piuttosto un rimbalzo di innovazioni e sviluppi urbanistici, sociali, ed economici che riecheggiavano da un lato e dall’altro. La fondazione seguiva un’organizzazione precisa (che è comunque un modello e non sempre corrisponde alla realtà) 1. Consultazione dell’oracolo di Delfi (informazioni sulla località da raggiungere). In realtà ovviamente gli oracoli a noi giunti sono solo postumi. In avanscoperta andavano i prospectors, gruppi di greci probabilmente euboici (per via delle ceramiche straniere che possedevano già da tempo), prima dell’inizio della vera e propria colonizzazione. 2. Partivano solo uomini, un gruppo di apoikoi (coloni, non più di 200) guidati da un leader detto ecista (okistès, scelto dalla comunità), che spesso era un aristocratico per cui la vita in patria si era fatta per qualche motivo difficile. A volte la fondazione di colonie avveniva anche tramite gruppi minoritari, ad esempio i Parteni (figli non riconosciuti di spartiati partiti per le guerre messeniche) che hanno fondato Taranto guidati da Falantos, che vennero allontanati da sparta per evitare conflitti civili. Il sito da raggiungere deve essere facile all’attracco, ben difendibile e non privo di acqua 3. Fase di accampamento (così definita da archeologi francesi) = arrivo e individuazione delle terre 4. Regolazione dei rapporti con i locali , conflittuali o pacifici. Un esempio di rapporto pacifico è a Megara Iblea, che reca nel nome sia quello della sua metropolis che del suo re siculo Iblone. In realtà solitamente si trattava di violenze e sopraffazioni verso i popoli indigeni, che hanno prodotto anche alcuni fenomeni che vengono interpretati sotto il termine di decolonizzazione (tentativo di riappropriazione e particolarismo culturale, nonostante era evidente l’elemento di ellenizzazione che comunque permaneva) 5. Occupazione del territorio e divisione delle terre in Spazio pubblico (demosion) Spazio privato (idion) Spazio sacro (hieron) La colonia veniva costruita su un modello ortogonale e isonomica (pianificazione urbana regolare). Tuttavia gli impianti risalgono a qualche generazione dopo l’arrivo, il che conferma la teoria di un primo accampamento e le fonti letterarie. Ad ogni cittadino era concesso un oikopedon, ossia un lotto occupato da casa in città e un appezzamento di terra in campagna per l’agricoltura e l’allevamento. Questa spartizione tuttavia assecondava un’idea di uguaglianza di classe, tipicamente greca. Nell’insediamento era previsto uno spazio libero (agorà = luogo di ritrovo) in cui era presente un cenotafio dedicato all’ecista, ricordato come fondatore mitico della città. Affianco vi era il luogo sacro. Nonostante i rapporti con le EVOLUZIONE DELLA POLIS La democrazia non va considerata il fine ultimo e il compimento della polis, in quanto per i Greci veniva considerata quasi come una bizzarria temporanea nel lungo periodo di una storia che vedeva ‘naturalmente’ al potere i migliori, gli aristocratici, o quanto meno le persone con un certo censo. Tuttavia, la libertà e l’autarchia (autosufficienza, capacità di indipendenza) della polis erano concetti fondamentali, che primeggiavano sulla sottomissione, schiavitù (douleia). La storia della polis può essere vista come la storia della progressiva conquista di spazio delle istituzioni pubbliche (assemblee, consigli, magistrature, tribunali), a spese del potere gestito dalle grandi famiglie aristocratiche. A ciò si accompagna comunque un allargamento del numero di quanti sono ammessi nel cerchio privilegiato della gestione del potere, fino a comprendere, nella democrazia oplitica (che molti pensatori greci ritenevano essere la migliore forma di governo), tutti i proprietari terrieri in grado di procurarsi un’armatura (circa 1\3 della popolazione). Riforma oplitica Rispetto al caotico modo di combattere descritto nell’Iliade, in cui il ruolo e l’incidenza delle migliaia di soldati viene sacrificato in favore dei comandanti, gli eroi (e probabilmente i privi avevano un ruolo maggiore rispetto a quello che il poeta lasci intendere), nell’VIII secolo la situazione cambiò (i tempi e i modi in cui avvenne questa trasformazione non sono di facile costruzione). Ciascun fante è ora ricoperto di un’armatura in buona parte di bronzo (elmo, corazza, gambali) e il suo ruolo viene riequilibrato, i comandanti sembrano scomparire nella indistinzione generale dagli altri soldati. Con la mano sinistra portano uno scudo rotondo con quasi un metro di diametro, nella destra una lancia dai 2 ai 2,5m e portano con sé una corta spada di 50-60cm pronta per l’eventuale corpo a corpo. Un’armatura di circa 20 kg che limita nei movimenti e richiede un norme sforzo fisico ma garantisce anche una grande forza d’urto dei fanti che marciano a pochissima distanza l’uno dall’altro, ognuno coprendo il fianco destro scoperto del compagno. Nasce l’oplita (da hoplon = scudo\armatura, opla= scudi e armi, stessa etimologia di polis) da cui deriverà la falange oplitica, il più efficace strumento di guerra nel Mediterraneo fino all’avvento dei romani, e con lui anche il nuovo concetto di cittadino oplita, che gode di pieni diritti 1. Ha l’obbligo di difendere la polis 2. Mette al servizio della comunità la sua aretè (fisica e morale) 3. È tenuto ad allenare il corpo nei ginnasi 4. È aristocratico (grande proprietario terriero) o proprietario di un medio appezzamento, che produca un surplus sufficiente a procurarsi l’armatura Vi è quindi, sul piano sociale, un mutamento profondo che vede un allargamento della fascia dei cittadini a pieni diritti, marcando la linea di un’ideologia egualitaria all’interno di un gruppo privilegiato, tipica delle comunità greche, e un divario profondo con chi si trova gerarchicamente più in basso. Forse il primo utilizzo del nuovo modo di combattere avvenne in Eubea, nella guerra lelantina tra Calcide ed Eretria per l’appropriazione della pianura di Lelanto. Legislazione Per lungo tempo anche la tradizione giuridica era di tipo orale, tramandata di padre in figlio attraverso il canto e il ritmo, il che le restituiva un carattere di immutabilità grazie alla sua capacità di essere facilmente modificabile in alcuni aspetti per essere al passo con i cambiamenti che investivano le società. Famosa in questo senso è la legislazione del leggendario Licurgo, che dopo aver proclamato immutabile il suo quadro legislativo si raccomandò con Sparta che non venisse cambiato fino al suo ritorno, per poi partire e non tornare più. Alcune ipotesi sostengono che il passaggio ad una forma scritta con l’avvento del nuovo alfabeto sia nato dall’esigenza di sottrarre i cittadini all’arbitrio dell’interpretazione dei potenti. In realtà queste non trovano fondamento, ed è invece molto più plausibile che legislazioni scritte si siano formulate in un contesto di comunità miste, dove erano compresenti greci e stranieri, sia per le origini orientali di questi ultimi che li vedevano magari abituati da secoli a leggi scritte, sia nelle apoikiai, dove nasceva la necessità di armonizzare le società in forma più diretta. Non a caso l’isola di Creta, crocevia di culture mediterranee, viene indicata dalla tradizione come terra di grandi legislatori. Tra i primi ricordiamo Zaleuco di Locri, Diocle di Siracusa, Caronda di Catania (i primi legislatori non a caso vengono dalle colonie) e poi Dracone ad Atene, dei personaggi al limite del leggendario che sono però realmente esistiti. In Grecia, appunto, tra i primi legislatori con rispettivi nomoi (leggi) abbiamo Licurgo a Sparta e Dracone ad Atene, seguito poi da Solone. Delle leggi di Dracone\ Draconte (621\620) abbiamo molte più resti e fonti: trascritto su pietra, questo codice, seppur difficile decifrarlo, si doveva occupare oltre che del più celebre omicidio, anche di lesioni, furti, questioni ereditarie, adulteri, contratti di diritto e di proprietà, diritto di cittadinanza. Il fatto che molta attenzione fosse volta alle questioni procedurali è un segno che le leggi si rivolgevano in primo luogo a quelli che detenevano il potere. Tuttavia l’idea di progresso ancora non nasce, vi è un forte ancoraggio alla legge dettata dal legislatore, figura al limite del mitologico, e una resistenza al cambiamento, almeno sul piano ideologico i codici sono previsti per sempre. Legge di Dreros – risulta essere una fonte molto importante in quanto è presente la prima attestazione epigrafica del termine polis ‘πόλι’. Questa era iniziata ad essere scritte su pietra, per essere vista e applicata fin da subito. Coeva al periodo delle tirannidi, di fatto è una legge che cerca di contingentare il potere per non renderlo tirannico. Termina con un giuramento firmato dal kosmos, dai damioi (a creta le e erano sostituite da a = damos, rappresentanti del popolo?), i venti della poleis (consiglio di anziani?). Scritta su pietra, con stile bustrofedico (da bous= bue + strepho= volgere, girare) cioè che alterna un rigo da sinistra verso destra a uno da destra verso sinistra, oppure alto-basso\basso-alto, così che la lettura sia accompagnata da un movimento degli occhi del corpo e risulti ancora più magica per chi non potesse comprenderla. Protegge la circolarità del potere ed evita tirannide Legge di Chio – prima attestazione del termine boulè (boulè demosion = consiglio pubblico e non popolare perché ancora non si tratta di democrazia ma di una rappresentanza). Nominato anche il demarco (colui che comanda il popolo) Demiurghi di Argo – elenco di magistrati Il potere era gestito dai magistrati Atene Arcontès Sparta Efori Creta Kosmoi Argo Demiurghi In altri luoghi Pritani (da cui deriva il termine pritaneo) Le tirannidi (VII-VI secolo) A partire dal 650 circa molte poleis (tranne Egina e Sparta, la cui costituzione era considerata talmente immodificabile che non vi fu spazio per altre forme di governo) vengono sottoposte al potere arbitrario e assoluto di un singolo uomo, che se ne impossessa con la violenza. Il termine tyrannos è di origine orientale e significa solo ‘signore’, non ha quindi in sé una nozione negativa, e di fatto è positiva anche l’immagini di alcuni tiranno nel ricordo della tradizione. La più antica attestazione del termine ‘Tyrannidos’ compare in Archiloco, fr.19 West2. A volte viene indicato anche con il termine di re o di aisymetes, esinmeta, ossia concigliatore (come nel caso di Pittaco). In Sicilia la tirannide arrivò più tardi, tra il VI-V sec. Tuttavia il pensiero politico greco connotò l’esperienza di una tirannide come il peggio che potesse accadere a una comunità, ricordandone l’infamia e il terrore. Aristotele codificò quattro forme di tirannide (IV secolo, riflessione postuma): 1) la tirannide come degenerazione dispotica della monarchia tradizionale; 2) la tirannide come presa del potere da parte di un demagògo sostenuto dal popolo; 3) la tirannide come golpe di un magistrato tradizionale; 4) la tirannide come crisi dell’oligarchia, all’interno della quale un singolo assume le competenze che erano di un’élite o di un collegio. Il tiranno è sempre un aristocratico che per qualche motivo è emarginato. La sua visione del mondo è quindi quella dell’aristocrazia (nonostante si appoggi al popolo e aiuti i più poveri), e gli aristocratici mai interrompono i contatti. Potrebbe essere considerata espressione diretta della competizione al potere che vigeva sulla scena aristocratica, e la diffusione del fenomeno si deve anche a contatti di amicizia tra tiranni, rinforzarti da matrimoni, instaurando una sorta di società di mutuo soccorso. Il tiranno cerca e di solito riesce a trasmettere il potere al figlio, dando il via ad un regime ereditario di breve durata perché si estingue alla terza generazione (avvento della monarchia ed eccessivo inasprimento del ruolo) L’instaurazione delle tirannidi avviene nelle poleis più avanzate dal punto di vista sociale ed economico, per cui una maggior capacità e libertà di pensiero e azione avrebbe favorito l’ascesa al potere di uomini senza scrupoli. Non è corretto collegare il fenomeno alla nascita di una nuova classe mercantile e quindi all’avvento di una nuova ‘aristocrazia del denaro’ da contrapporsi a quella ereditaria. Molti tra i tiranni furono protettori delle arti e della cultura e promossero opere di abbellimento della città e lavori pubblici La figura del tiranno, nella sua ambivalenza attrattiva e di repulsione, nelle letterature postume tende ad essere ‘tipizzata’: da qui nascono i luoghi comuni che si ripetono con poche varianti a scapito della verità storica Non ha consistenza il legame che secondo alcune ipotesi vi sarebbe tra le tirannidi e la riforma oplitica Un comune denominatore nella varietà particolare geografica e cronologica è il coincidere del fenomeno delle tirannidi con la crisi delle aristocrazie, sempre meno adatte ad adeguarsi ad un mondo in trasformazione e l’unica risoluzione ai conflitti interni esasperati (attraverso una forma di alleanza con il demos, es. dando lavoro ai poveri) Cipselo e Periandro a Corinto – Cipselo (origine da Kypsele = cesta, riferendosi alla leggenda secondo cui sarebbe stato salvato dal suo infanticidio nascosto in una cesta), da mitologia figlio di una Bacchiade (clan aristocratico che governava su Corinto tramite endogamia) e uno straniero, assunse la carica di polemarco e giunse al potere (spesso si sfruttava l’appoggio degli opliti), governò per 30 anni. Successivamente il potere passò a suo figlio Periandro, una figura che ben incarna la duplicità della figura del tiranno: accentuò gli aspetti oscuri della tirannide ma riuscì a far tramandare il suo nome tra quello dei sette sapienti (alcune personalità pubbliche dell'antica Grecia vissute in un periodo compreso tra la fine del VII e il VI secolo a.C., esaltate dai posteri come modelli di saggezza pratica e autori di massime poste a fondamento della comune sensibilità culturale greca). Suo nipote lo successe per soli tre anni, poi venne instaurata un’oligarchia moderata. I cipselidi costruirono la diolkos, una strada che collegava i due golfi ai lati di Corinto. Ortagora e Clistene a Sicione – gli ortagoridi governarono probabilmente tra il 650-550. Il capostipite Ortagora probabilmente non era di umili origini come la tradizione sostiene, ma la partecipazione e la vittoria alle olimpiadi sua o di un suo parente stesso nel 648 ne attesta l’appartenenza aristocratica. Il personaggio più importante della dinastia è Clistene, suo nipote e nonno di Clistene ateniese. La rivalità con Argo contrassegna il suo governo, che raggiunge l’apice negli ultimi anni con il matrimonio della figlia con un ateniese. Come nel caso di Corinto, anche in questo si pensa che l’ascesa al potere di questi personaggi sia stata fatta sfruttando la loro posizione di polemarco, ma non ci sono testimonianze valide in proposito. Alceo a Mitilene – il poeta di Lesbo racconta la perdita del potere del clan aristocratico dei Pentilidi in favore della figura del tiranno Pittaco con grande rancore, in quanto anche lui costretto in esilio. Questo tiranno era stato in realtà eletto dal popolo, con pieni poteri per 10 anni (modalità alternativa anno. Si trattava di una religione pratica, incentrata attorno ad atti di culto, rituali, tra cui il più diffuso era il sacrificio. Questo era messo in atto per propiziarsi il favore divino, e consisteva nell’uccisione di due o più animali (solitamente pecore, ma anche capre, vitelli, buoi) e la distribuzione delle carni tra la popolazione (spesso unica occasione per i cittadini di integrare carne nella dieta). Infine venivano interrogate le viscere dell’animale per ottenere informazioni sul futuro (divinazione) e qui vi era spesso una figura specializzata che ben conosceva le tecniche. Un altro aspetto rituale riguardava la narrazione del mito, tramandato oralmente, fatta di una incredibile varietà di racconti, saghe, epopee, di cui abbiamo solo una limitata parte che ci è giunta (con non pochi rimaneggiamenti) ossia la mitologia greca, la visione cosmologica del mondo greco antico. Gli sviluppi culturali in campo artistico si devono in gran parte ai contatti con l’Oriente: durante il periodo arcaico la capitale culturale infatti non era Atene ma Mileto, una città della ionia microasiatica, proprio per la sua vicinanza con il mondo orientale e da cui si è instaurata un’influenza a livello di riflessione scientifico- filosofica e storiografica. SPARTA Sparta era sede di importante palazzo miceneo, che nell’epica omerica è retto da Menelao (fratello di Agamennone) e sua moglie Elena. Vi è un’importante differenza culturale con quella che sarà la sparta della poleis, e anche per questo motivo, tradizionalmente, gli spartani consideravano come verità storica l’invasione di un popolo discendente da Eracle, i dori (anche le fonti letterarie confermano). Probabilmente si trattò di lente infiltrazioni, di gruppi umani parlanti una forma arcaica di greco, che non sono più ricostruibili. Ciò che meglio identifica sparta è il suo carattere spiccatamente bellico, e infatti sono diversi i conflitti che si svolsero su terra ferma: la prima e la seconda guerra di Messenia, di cui abbiamo informazioni soprattutto da parte degli stessi messeni dopo la liberazione nel IV secolo. Le date sono indicative, rispettivamente 730-710 e anni centrali del VII secolo. Questa prima forma di assoggettamento e asservimento delle terre di Messenia permise agli spartani di avere una base agraria tale da non avere successiva necessità nella corale esperienza coloniale, eccetto per Taranto. Ancora un secolo dopo la conquista della Messenia sparta ci appare come una società aperta agli influssi esterni, ricca di manifestazioni artistiche, per cui la tipica austerità si sviluppò non prima del VI secolo, probabilmente durante il governo dell’eforo Chilone (556). Questa involuzione fece si che il numero di spartani a partecipare anche ai giochi panellenici diminuì drasticamente in maniera quasi improvvisa: il regime di austerità egualitaria non favoriva evidentemente le pratiche sportive dell’aristocrazia. Sparta continuò la sua espansione non attraverso annessioni ma attraverso alleanze, nella cosiddetta lega del peloponneso, in cui le poleis mantenevano un’autonomia ma erano comunque legate da amici-nemici in comune. Politica L’organizzazione politica e sociale spartana si generò nell’arco di secoli, e le tappe di tale processo ci sfuggono quasi completamente. Molta della legislazione è associata al personaggio semi-mitico di Licurgo: tra questa, una tra le più importanti è quella della grande Rhetra (dettata dall’oracolo), una sorta di legge costituzionale che sanciva la divisione della popolazione, l’istituzione di un consiglio di anziani e l’assemblea del popolo, in un linguaggio arcaico di difficile interpretazione. Sembra essere la trascrizione di una legge orale, databile verosimilmente tra il 700-650 A Sparta la costituzione di Licurgo (di cui ci è giunta la biografia dalle vite parallele di Plutarco, messo in correlazione con Numa) era già attiva nel 754. Questa prevedeva la seguente struttura di governo 1) Diarchia con potere soprattutto di tipo militare (re capi dell’esercito), e religioso-cultuale (rapporto con l’oracolo) – i re sono appartenenti a due famiglie (Agiadi e Euripontidi) che si dicevano entrambe discendenti da Eracle. La diarchia è piuttosto rara nel mondo greco ed è difficile trovarne le origini. In occasione della loro morte venivano realizzati grandiosi funerali pubblici 2) Gheurosia (assemblea ristretta di 28 anziani, saggi) – oltre i 60 anni, attività legislativa e giudiziaria 3) 5 efori (che detenevano la maggior parte dei poteri, in carica per 1 anno) – il più anziano era l’eponimo, eletti tra tutti i cittadini di almeno 30 anni, potevano controllare e sindacare anche il comportamento degli stessi re. 4) Apella (assemblea dei cittadini che aveva solo potere di approvazione di decisioni prese dal livello superiore, ma non decisionale) – tutti i cittadini spartani di pieno diritto, elezione degli efori e gherusia, Questa costituzione andò poi incontro a delle modifiche e la monarchia ereditaria si indebolì fino a trasformarla in carica elettiva prima decennale e poi annuale. Il buon governo spartano (eunomia), seppur non durò oltre 5 secoli come la tradizione vorrebbe, ne durò almeno 3 e fu un esempio di solidità dell’ordinamento che resistette a tirannidi e rivolgimenti Società Divisa in tre gradi gerarchici Spartiati – detenevano pieni diritti civili, ognuno possedeva un appezzamento di terra (kleros), coltivato dagli iloti ma che permetteva loro di vivere. Potevano così dedicarsi a pieno alla politica e all’allenamento secondo le modalità dell’agoghè Perieci – più numerosi, vivevano in comunità a se stanti, godevano di una certa autonomia, lavoravano la terra, svolgevano altre attività artigianali\commerciali indispensabili per la società ma a cui gli spartiati non si dedicavano. Servivano l’esercito ma non godevano di pieni diritti politici Iloti – vivevano in condizione di semischiavitù, appartenevano allo stato e coltivavano le terre di proprietà di spartiati, trattenendo la metà per il sostentamento della famiglia. Privi di diritti e lo stato spartano si considerava in costante guerra contro di loro. Una parte era costituita da Messeni asserviti Vi erano poi status intermedi quali lo spartiato caduto in rovina per scarso rendimento in guerra, motivi economici e accoppiamento con donne di condizione inferiore. Inoltre si ritiene che alcune famiglie abbiano mantenuto un ruolo preminente tra gli spartiati, nonostante la crescita degli efori abbia presentato una sorta di democratizzazione della società Sistema educativo Vi erano sottoposti tutti gli spartiati tra i 7 e i 30 ed è l’unica profonda differenza con altre polis Superati i controlli di eugenetica dello stato i bambini erano cresciuti in famiglia fino ai 7 anni, poi entravano a far parte del sistema educativo statale che li cresceva per gruppi di differenti età sotto la supervisione di istruttori che miravano a una preparazione soprattutto fisica e psicologica, scarsamente culturale (anche se più o meno tutti erano alfabetizzati). La donna, proprio perché presto privata dei suoi doveri di madre, godeva di un certo grado di libertà, poteva possedere terre e generare figli con altri uomini anche se spostata (sul diritto politico ci sono dubbi) A 18 si veniva sottoposti a delle prove d’iniziazione, quali la spietata ‘caccia all’ilota’. Superate le prove continuava il percorso di formazione fino ai 30 anni, quando acquisiva diritti politici Dai 20 anni (ma anche prima al seguito di istruttori-amanti) si prendeva parte ai sissizi, gruppi di uomini (circa 15) di varia estrazione sociale che dividevano pasti serali in comune, all’interno di tende, portando in tavola i propri prodotti agricoli Esercito Fulcro della società spartana, vi erano uomini tra i 18 e i 60 anni. I soldati apparivano omogenei, tutti vestiti di una lunga tunica rossa e armi standardizzate fornite dallo stato. La falange spartana dava prova della preparazione e della professionalità dei suoi soldati preparati anche dal punto di vista psicologico, mostrando la sua superiorità. La debolezza degli spartiati fu l’importante diminuzione di cittadini che si verificò fino al III secolo, che può trovare le sue cause anche nella scarsa duttilità del sistema economico, che vedeva molti cittadini perdere i loro diritti politici. Sparta e il suo esercito erano l’incarnazione di un’ideologia egualitaria, legata allo sviluppo dell’oplitismo, e tendente a privilegiare la forza dell’esercito unito insieme al rifiuto di inutili exploits individuali. ATENE La democrazia ateniese costituisce di fatto la forma politica più avanzata di tutto il mediterraneo. Nel ricostruire la storia della politica ateniese (ma anche della stessa grecia) è inevitabile adottare il punto di vista della stessa Atene (atenocentrica), considerato che è il punto anche culturalmente più florido e da cui ci arrivano il maggior numero di fonti. In particolare la fonte più completa è un’opera scritta da Aristotele, o più probabilmente da uno dei discepoli della sua scuola (Liceo di Atene) in quanto contiene numerosi errori storici che difficilmente possono essere attribuibili al grande filosofo, nel IV secolo: Athenaion Politeia (la costituzione di Atene). Quest’ultima racchiude infatti tutta la storia della politica ateniese, ed è divisa in due parti, i primi 42 capitoli con taglio storico, i rimanenti descrivono il funzionamento della democrazia ateniese corrente al tempo di Aristotele. Nella sua scuola infatti si svolgevano vere e proprie ricerche sulle costituzioni, non solo di Atene ma di vari luoghi. A noi è giunta solo una parte di quest’opera, per cui l’incipit, preceduto probabilmente da molti altri capitoli di altro argomento, coincide con l’eccidio dei ciloniani e il sacrilegio degli alcmeonidi. Nell’VIII secolo raggiunse un aumento demografico, che si arrestò e fece di Corinto e Sparta due degne rivali, soprattutto in quanto Atene si dimostrò in ritardo nell’adottare strutture statali solide. La tradizione letteraria, spesso storicamente poco affidabile, tentò di ricostruire a tavolino un’evoluzione costituzionale della polis ateniese, che passerebbe per le seguenti fasi 1. Fase monarchica (più mitologia che consistenza storica) 2. Fase monarchia decennale re\arconti con potere limitato nel tempo 3. Fase monarchia annuale (dal 683 inizio liste arconti annuali) al termine della carica si entra a far parte dell’areopago, composto tutto da ex-arconti, membri dell’aristocrazia che si autodefinivano eupatridi (coloro che hanno padri nobili). Es. famiglie dei Alcmeonidi, Butadai, Filaidi Dietro tali ricostruzioni si nasconde come unico dato certo, il dominio di un gruppo ristretto di famiglie, gli Eupatridi. Il centro del potere rimase per lungo tempo l’areopago. Il momento fondamentale della storia arcaica di Atene è la creazione di una sola polis che riunì tutti i centri dell’Attica, sinecismo attribuito dalla mitologia a Teseo, uno dei re d’età micenea. In realtà l’unificazione dell’Attica avvenne assai più tardi, nel corso dell’VIII secolo. Nel corso del VII secolo la situazione nella poleis non era stabile e pacifica, e in questo contesto si colloca il primo episodio che sia possibile ricostruire. Nel 636 o 632 vi è un tentativo di colpo di stato da parte di Cilone (genero di Teagene, tiranno di Megara), che occupa l’acropoli supportato dai compagni per diventare tiranno. A questa mossa si oppongono gli Alcmeonidi (di cui faranno parte anche Pericle, Clistene) che trucidano i ciloniani (i compagni, mentre Cilone fugge). Per questo verranno ricordati come i ‘sacrileghi’. Le leggi di Dracone Nel 621 vennero emanate le leggi di Dracone, che sono giunte a noi non solo perché citate in maniera cospicua da autori antichi, ma anche perché vennero trascritte nel 409\8 e furono collocate nella stoà basileis in quanto ancora in uso, e così esposte al pubblico nel portico dove si consumavano processi (soprattutto quello di empietà=asebeia, che subì anche Socrate, vedi pag. 59 fonti lezioni). Queste leggi nell’anno 522\21 e fece alzare due altari ad Atene: l’altare dei dodici dei (dove venivano venerati tutti gli dei) e quello di Apollo Pizio (ostilità con Delfi?). Questo rendeva noto il rispetto per le divinità della famiglia al potere, ed era quindi un’importante strumento di affermazione del potere stesso. L’altare di apollo pizio fu poi ritrovato archeologicamente, e rappresenta un perfetto esempio di collaborazione tra fonti scritte e archeologiche: nell’iscrizione ritrovata mancava una parte, che è stato possibile ricomporre da uno scritto di Tucidide (vedi pag. 60-61 fonti lezione). L’iscrizione riportava il nome e il patronimico (figlio di) di Pisistrato il giovane. Secondo Erodoto (vedi pag. 72 fonti lezione) gli alcmeonidi, oppositori della tirannide dei Pisistratidi, furono in esilio durante tutto l’arco di tempo, fino a quando sarà Ippia ad essere esiliato. Il ritrovamento negli anni 30 di un frammento con una lista di arconti sotto la tirannide di Ippia (vedi pag. 70) cambia però la ricostruzione dei fatti. Essendo un alleato degli alcmeonidi infatti, Erodoto aveva fatto una costruzione non veridica storicamente, in quanto compare il nome di Clistene (famiglia alcmeonidi) nello stesso anno in cui era arconte Pisistrato il Giovane. Nel 514\13 Ipparco viene ucciso alle Grandi Panatenee ad opera di Armodio e Aristogitone, due appartenenti alla famiglia dei gefirei, per vendicare una loro parente a cui era stato negato di svolgere il ruolo di coefora (portatrice di cesta) dallo stesso Ipparco. Le motivazioni di questa opposizione potrebbero essere state sia di tipo politico, per un’avversione che vi era tra i pisistratidi e i gefirei, oppure personale, nel caso in cui Ipparco avesse in precedenza fatto avance alla ragazza e queste gli fossero state negate. Il tentato omicidio fu rivolto anche a Ippia, che riuscì a salvarsi, ma dopo l’accaduto trucidò i due uomini e inasprì il volto della sua tirannide a causa di un crescente sospetto nei confronti degli ateniesi tutti. Questo clima di profondo malcontento portò gli alcmeonidi, ora realmente in esilio a Delfi, a sfruttare la situazione per tornare in patria. Finanziarono quindi la restaurazione del tempio di Apollo a Delfi e corruppero la pizia per ripetere in ogni oracolo richiesto dagli spartani di salvare Atene dalla tirannide. Gli spartani per motivi ideologici non hanno mai vissuto una tirannide e sono il popolo che per eccellenza, anche a dimostrazione e grazie alla loro strategia militare, riscattavano le città dalle tirannidi. Dopo due spedizioni riuscirono ad allontanare Ippia dalla città. Il merito simbolico di questa liberazione andò anche ai tirannicidi, ossia Armodio e Aristogitone, la cui importanza sociale divenne così forte che i loro discendenti avevano la possibilità di usufruire di pasti gratuiti per tutta la vita. Nel 508 fu eretto loro un gruppo scultoreo posizionato nell’agorà, così che il loro operato rimanesse nella memoria cittadina. Durante questo periodo, paradossalmente, il potere privato di una famiglia aveva rafforzato la consapevolezza degli ateniesi nei propri mezzi e possibilità di creare un apparato statale in grado di tenere testa alle iniziative delle famiglie più in vista. Clistene L’intento degli Spartani era quello di instaurare un governo aristocratico sotto la guida di Isagora (esponente di una delle famiglie più illustri di Atene). Nella competizione politica Clìstene-Isàgora per l’instaurazione di una nuova tirannide, compreso che con l’assetto politico attuale Clistene non sarebbe riuscito ad avere la meglio tra gli aristocratici, decise di allearsi con il popolo e si liberò del contingente spartano. Erodoto utilizza il termine ‘prosetairizetai’, ovvero l’atto di inserire il popolo nel privilegio del club aristocratico, heterìa (gruppi di amici, vedi pag. 74 fonti lezione), e la riforma costituzionale che mette in atto è descritta anche nell’Athenaion P. (vedi pag. 75 fonti lezione). La più profonda novità costituzionale consiste nello spezzare i legami di sangue che tengono assieme il principio di privilegio aristocratico per sostituirlo con nuove tribù basate su legame territoriale e non famigliare. Divise l’attica in 3 zone (trittie) Costiera: paralìa Interna: mesògaia Centro urbano: asty Divise il popolo in 10 tribù (phylè, phylai): una tribù (che prendeva il nome da un eroe scelto dall’oracolo) era costituta da trittie, ossia da una parte di ognuna delle tre zone, per un totale di 30 trittie. L’unità di insediamento urbano era il demo (demoi), ossia una comunità di villaggio, per un totale di 139 demoi divisi tra ogni zona. Ciò garantiva un mescolamento della popolazione (cit. Erodoto) e implicò anche un cambio di onomastica: ad ogni cittadino non ci riferiva più solo con il patronimico (figlio di) ma anche con il demotico (tribù di appartenenza), costruendo così un sistema di appartenenza artificiale. A livello politico riformò la funzionalità dell’ekklesìa, che aveva ora pieno potere decisionale e ogni cittadino con diritti civili poteva esprimere il suo voto attraverso alzata di mano (cheirotomia). Di competenza dell’assemblea era anche la procedura dell’ostracismo una volta l’anno (istituita nel 508\7 ma applicata per la prima volta nel 488\7, per Ipparco discendente dei pisistratidi), ossia la decisione unanime di esiliare un cittadino per 10 anni se considerato pericoloso (possibile tiranno) ma che poi divenne apertamente uno strumento di lotta politica. L’assemblea era composta da almeno 6000 cittadini, ma non è chiaro se ci fosse un quorum o se fosse solo sufficiente un numero maggiore), e ogni cittadino scriveva su un coccio (ostrakon) il nome di chi avrebbe voluto colpire: la votazione seguiva la divisione per tribù (vedi pag.81 fonti lezione) ed era presieduta da arconti, ma spesso i cittadini analfabeti si affidavano alla scrittura di altri, che di fatto potevano inserire un nome qualsiasi sul coccio (non pochi erano i brogli per liberarsi di avversari politici, vedi pag. ). Numerosi ostrakon sono stati ritrovati in pozzi defunzionalizzati dove venivano buttati, e dimostrano come quasi tutti i grandi uomini politici furono ostracizzati (tranne Pericle, che però viene comunque votato): Aristide il giusto, Temistocle, Megacle, Cimone. Quest’ultimo venne poi richiamato qualche anno dopo perché l’unico che poteva risolvere situazioni politiche, cosa che avveniva spesso quando si ostracizzavano grandi personalità politiche. Questi venivano ostracizzati perché il popolo spesso, dopo lunghi periodi di governo, sembrava stufarsi e voler allontanare anche i più giusti uomini politici cit. Plutarco. Nel 417 vi fu l’ultima ostracizzazione a danno di Iperbolo, ma considerato che venne ostr. Solo per la sua malvagità e non per accusa di tirannide, ci si rese conto che ormai questa pratica era diventata troppo generica e si annullò. Istituì il consiglio dei 500 (boulè) costituita da 50 rappresentanti per ogni tribù con carica annuale. Essendo in numero molto alto, poiché non ne risultasse un sistema confusionale, l’anno attico venne diviso in 36 giorni, periodo denominato pritanìa: questo era il periodo in cui 50 membri della boulè erano in carica a rotazione, e assumevano infatti il nome di pritani, occupando tutto il tempo la sede del consiglio, garantendo la presenza dello stato. Il compito della boulè era formulare proposte all’assemblea e la gestione dell’apparato amministrativo. Gli esecutori delle decisioni erano i detentori di archai, comandi: gli arconti. Le cariche duravano un anno (solo dal 683, con l’obiettivo di limitare l’accumulo di potere e dare potenziale alla formazione di tirannidi). Ad Atene vi erano 9 arconti, Bausileus porta il nome del re, ricordo della vecchia monarchia, investito solo di poteri religiosi, cultuali Eponimo da nome all’anno (questo era quello comunemente chiamato arconte) Polemarco arco= comando + polemos = guerra 6 tesmoteti legislatori Innova le strutture politiche ateniesi ma mantiene in vita le strutture preesistenti: l’Areopago, le fratrie (gruppi a carattere religioso che presenziano ai momenti cardine della vita di ciascun cittadino). Nel capitolo 22 dell’Ath. Politeia (vedi pag. 77 fonti lezione), viene fatto un confronto con le riforme di Solone e detto che quelle furono cancellate dai tiranni col non utilizzarle. In realtà si tratterebbe di un’imprecisione che ancora una volta fa pensare che non sia Aristotele ma un suo allievo a scrivere. A partire dal 487\6 (elemento necessario per il passaggio alla democrazia radicale) la carica dell’arcontato passa ad un’elezione a sorteggio (1 per tribù) tra un numero di volontari e solo la carica di stratega (ve ne erano dieci, uno per tribù, con comando a rotazione) e di tesoriere, in quanto erano considerate fondamentali per la vita della poleis e necessitavano di competenze tecniche erano elettive. La scelta per cooptazione favoriva i personaggi più influenti, così invece si limitava il potere accentrato di pochi anche grazie alla collegialità delle cariche che non erano mai singole (per via della presenza di 10 tribù che dovevano essere rappresentate) e la temporalità. L’operato dei magistrati era però rendicontato al termine della carica negli euthynoi: rendiconti dell’attività del magistrato uscente, che se veniva giudicata negativa poteva essere anche processato. Con il decreto di Temistocle (vedi pag.84), quindi dal 480, nei decreti non compare più solo la volontà del popolo, ma la formula è ‘la boulè e il popolo decisero’, e viene indicato il nome del proponente in assemblea (in questo caso Temistocle). DEMOCRAZIA = ISONOMIA = stessi diritti davanti alla legge (isos = uguale, nomoi = legge) ISOGORIA = uguale diritto di parola (da agoreuo ossia parlare, soprattutto in pubblico agorà) LE GUERRE PERSIANE L’impero persiano costituisce un elemento fondamentale nella storia greca per la creazione di un’identità, di una fiducia, di una coalizione che se non vi fosse stata avrebbe certamente contribuito alla creazione di un occidente diverso da quello che conosciamo oggi. La visione di queste guerre è trattata dal punto di vista dei greci, considerando che per loro fu un evento molto più decisivo che per i persiani. I conflitti si potranno dire conclusi ufficialmente solo con la conquista dell’impero da parte di Alessandro. Impero persiano Il più grande che la storia aveva fino a quel punto visto, si estendeva dall’Iran all’Anatolia, comprendendo anche l’Egitto. Questo fu dovuto ad un primo grande ampliamento territoriale attuato da Ciro il Grande (Lidia, Media, Babilonia) nel 546, seguito dalla conquista dell’Egitto nel 525 da parte di Cambise, suo successore (succeduto a sua volta da Dario I nel 522). I persiani erano una popolazione di lingua indoeuropea, originaria dell’Iran e a lungo soggetta ai Medi (con i quali i greci li identificavano), la cui religione, fondamentale carattere identitario, era il culto del dio Ahura-Mazda, codificato dal sacerdote- filosofo Zarathustra. In materia di culti vi era una larga tolleranza nell’impero, e vi era una organizzazione efficiente delle regioni conquistate, divise in regioni (dotate di autonomia amministrativa) unificate sulla base di pesi, misure e monete, dall’adozione dell’aramaico come lingua ‘internazionale’, strade che permettevano numerose comunicazioni e ovviamente sotto la figura del Gran Re. Quando, nel 546, i persiani annessero la Lidia (retta dal re Creso) entrando in contatto con le colonie greche della costa anatolica meridionale, i greci già intrattenevano rapporti con i persiani più o meno conflittuali da circa un secolo. Avevano sviluppato una sorta di cultura comune e le due aristocrazie stringevano forti legami. Rivolta ionica La situazione cambiò con la riorganizzazione dell’impero da parte di Dario nel corso degli ultimi due decenni del VI secolo, portando a un amento dei tributi da pagare e spazi di libertà diminuiti. Sulla base di questi profondi disagi, raccolti dall’iniziativa di Aristagora di Mileto (che secondo Erodoto agiva soprattutto per fini personali), si verificò nel 499 una rivolta presso Mileto. La città chiese aiuto ad altre città greche, tra le quali Atene (sentendo un legame tra la sua ionia e quella d’Asia) decise di mobilitarsi assieme ad Eretria. Sibari e Crotone – Sibari, governata dal tiranno Telys, era considerata la polis ‘dell’eccesso’ per la sua ricchezza e per il piccolo impero di cittadine che era riuscita a costituire. Alla fine del VI secolo però, l’oligarchica Crotone le dichiarò guerra, sia per una tradizionale ostilità sia per richiesta degli aristocratici sibariti che erano rifugiati a Crotone. Un ruolo importante lo ebbe anche Pitagora, che si era rifugiato a Crotone per scappare alla tirannide samosatense di Policrate. Vinse Crotone che distrusse Sibari ed era decisa a sfruttare le nuove ricchezze che sarebbero venute dal suo territorio fertile. Pitagora, trovatosi di nuovo in conflitto con i suoi ideali, emigrò a Metaponto, dove rafforzò la fama e l’influenza dei circoli pitagorici in Magna Grecia. Cuma – l’espansionismo etrusco minacciava la città, che riuscì ad avere la meglio grazie ad Aristodemo di Cuma. Per i suoi meriti militari instaurò una tirannide anti aristocratica, ma alla sua morte la minaccia etrusca si fara risentire, portando, nel 474 all’intervento di Ierone, tiranno di Siracusa. Taranto – nonostante il suo ruolo egemonico in Magna Grecia, subì una sconfitta clamorosa contro la popolazione locale degli Iapigi (La più grande strage di greci che conosciamo cit. Erodoto). Turi – fondata nel 444 ad opera dei Sibariti superstiti grazie all’aiuto di Pericle, richiesto espressamente dalla popolazione verso Sparta e Atene per la ricostruzione della loro poleis ostacolata dai crotoniani. Divenne una poleis panellenica, con affluenza da tutta la grecia, anche se per il primo decennio si trattava soprattutto di ateniesi che mostrarono interesse per la nuova fondazione. Tirannidi di Sicilia Nella tarda età arcaica le poleis erano governate da un’oligarchia terriera, suppostamente direttamente discendente dei fondatori. I conflitti con le popolazioni interne (siculi e sicani) e Cartagine, oltre che al fermento sociale che caratterizzava le colonie portò, dal VI secolo, alla formazione di tirannidi. Falaride ad Agrigento – di datazione incerta, ricordato soprattutto per la sua malvagità. Nel 487 prese il potere Terone (famiglia emmenidi) e stabilì un’alleanza con Gelone I tiranni di Gela – nel 505 l’aristocratico Cleandro rovesciò l’oligarchia e instaurò la tirannide. Nel 498 gli successe il fratello Ippocrate, che in soli 7 anni rivoluzionò la geografia della sicilia orientale. Una novità nel suo governo poco testimoniato potrebbe essere l’impiego di un esercito mercenario, quello che diventerà un tratto peculiare delle tirannidi che si sviluppano in sicilia nel V sec. Ippocrate controllava anche altre poleis tra cui Messina, dove alla sua morte gli successe Anassilao. A Gela gli successe Gelone (famiglia dei dinomenidi). Gelone a Siracusa – occupò la città nel 485 approfittando della debolezza del regime siracusano, e ne fece la sua capitale mentre Gela venne lasciata al fratello Ierone. La città subì un fortissimo e forzato aumento demografico dato dal trasferimento di un grande numero di popolazione da cittadine vicine e cittadinanze concesse a migliaia di mercenari dell’esercito (segno di rottura con cultura greca di cittadinanza molto rigida). Sfruttando la risposta alla minaccia cartaginese per cementificare la sua autorità e onore, Gelone assieme a Terone risposero a un attacco dei nemici nel 480 (dovuto all’invasione di Terone di una poleis con tiranno filocartaginese, Imera), capeggiati da Amilcare, che cadde in battaglia. Venne così decretata la vittoria greca. Alla morte di Gelone spettò a Ierone di tenere unito quello che ormai era diventato un potente stato territoriale che controllava la sicilia orientale e indirettamente quasi tutta l’isola. Seguì la politica di deportazione del fratello e spostò lo sguardo anche in Magna Grecia, dove soccorse Cuma nel 474 contro gli etruschi. Alla sua morte lo successe il fratello Trasibulo, ma i tempi erano cambiati e dopo poco fu costretto alla fuga. Alla caduta di Trasibulo vennero ripristinate in tutta la sicilia forme di governo costituzionali, definite impropriamente democrazie e più vicine ad oligarchie moderate. Tuttavia i conflitti interni non cessarono, anzi la perdita di diritti per i mercenari fu un’ulteriore causa di disordine sociale. Un segno di aristocrazia indigena ellenizzata è ad esempio la vicenda di Ducezio, membro di una nobile famiglia sicula che, facendo leva sull’orgoglio nazionale Siculi giunge a fondare uno stato federale con capitale Palice, continuando nel tentativo di espansione. A sconfitte subite dovette ritirarsi a Corinto, ma è importante come agì con mentalità greca pur rimanendo legato all’aristocrazia siracusana. A Siracusa si instaurò un governo molto simile alla democrazia ateniese, considerando l’applicazione anche dell’ostracismo, ma alcune differenze quali la carica di arconte elettiva e quindi l’esclusione del popolo. Crebbe così l’interesse ateniese per la città, che pur si opponeva alle mire espansionistiche di Atene, parlando in certi casi, di autonomismo siceliota (cit. Tucidide). PENTECONTETÌA (dal 478 al 431) Periodo tra le due grandi guerre dell’età classica, che rimane in parte scoperto da fonti e precise cronologie proprio per l’assenza di eventi bellici fondamentali, elemento essenziale per la definizione dell’importanza di un periodo storico per i greci. È tuttavia un periodo di grande rilevanza culturale, politica, sia sul piano interno che nei rapporti internazionali. Le vittorie riscosse contro i persiani videro il passaggio del potere di comando da Sparta ad Atene, in maniera quasi naturale, a causa di un’impreparazione degli spartani sia numerica che culturale a confronto con quella ateniese. Ad Atene vi era infatti una nuova forza ed energia che sarebbe stata motore di un’imprescindibile cambiamento ed espansione, a cui nessuno, tra le fazioni politiche, sembrava contrario. La lega di Delo Già nel 477 Atene dettò agli alleati le regole della nuova lega navale a scopo offensivo e difensivo, chiamata da noi moderni di Delo per l’iniziale localizzazione del suo tesoro nell’isola omonima, cara al dio Apollo, ma al tempo definita ‘hoi Athenaioi kai hoi symmachoi’ (gli ateniesi e gli alleati). Lo stesso nome della lega evidenzia come fulcro di questa alleanza fosse Atene, e diventa quindi un pretesto per esercitare la sua egemonia e supremazia nell’Egeo. A partecipare erano Eubea, città del nord Egeo, Calcidica, isola, Esponto, le isole del Dodecaneso. L’ispiratore dei termini dell’alleanza fu Aristide: la partecipazione era libera (ma non l’uscita), e ogni città alleata doveva lasciare un tributo (phòros) annuo di 1 talento, equivalente in navi o denaro. Nonostante formalmente le città che aderivano erano tutte sullo stesso piano, esisteva una differenza di status tra chi pagava in navi e uomini (Atene, Chio, Samo, Lesbo) e le altre che si limitavano a pagare in denaro per l’allestimento di navi. Agli ateniesi non spettava quindi solo il comando militare ma anche la determinazione del tributo che ciascuna città doveva pagare, la decisione sulle azioni e dure azioni militari di soppressione spietata contro chi decideva di abbandonare l’alleanza (es. Nasso e Taso, Samo). Nel 454, con il pretesto in un insuccesso presso l’Egitto, il tesoro della lega fu spostato ad Atene per tenerlo al sicuro in caso di attacchi, ai quali rimanendo sull’isola sarebbe stata più esposta. Da questo momento in poi la sessantesima parte dei tributi entrava direttamente nelle casse della città, e le liste di questi incassi della polis venivano registrate ed esposte sulle liste di tributi. Passo dopo passo l’alleanza si trasformò quindi nel dominio imperiale di Atene: sembrava annullato il principio di autonomia delle poleis, spesso veniva imposto il regime democratico o l’amministrazione della giustizia, ateniesi in qualità di cleruchi godevano del profitto di terre nei territori aderenti alla lega, venivano imposti pesi, misure, moneta. Tuttavia la lega realizzava bene il suo scopo e, nel 469, riuscì a cacciare nuovamente i persiani sul fiume Eurimedonte (esercito guidato da Cimone), per l’ultima volta. Al contempo si formò anche la Lega Peloponnesiaca (Sparta, Argo, Acaia), che non si unì all’altra per la diffidenza di Sparta nel muoversi per mare e perché le guerre messeniche continuavano ad avere un ruolo di primaria importanza. Evoluzione costituzionale ad Atene La gloria riscossa da Cimone (figlio di Milziade e di una principessa tracia) in battaglia, aristocratico benvoluto che era vicino al popolo, succeduto a Temistocle (ostracizzato nel 471) terminò non molto tempo dopo. La sua politica moderata e forti legami di amicizia lo avevano portato a intrattenere un ottimo rapporto con Sparta: dichiaratamente filospartano portava i capelli lunghi come era costume per gli spartiati, chiamò suo figlio Lacedemonio ed era conosciuto come proxenòs (amico dello straniero). Nel 464, con l’inizio della III guerra messenica, gli spartani chiesero aiuto in battaglia agli ateniesi, che grazie all’insistenza di Cimone, mandarono le truppe in soccorso. In realtà non poterono dare un contributo effettivo, e ciò portò gli spartani a congedarsi e a un brusco ritorno in patria per gli ateniesi nel 462, sancendo la fine della gloria di Cimone (che l’anno dopo venne ostracizzato). A questo punto sulla scena politica emergono Efialte e Pericle. Efialte, nel 461, riuscì in breve tempo a far votare l’assemblea la cancellazione della maggior parte dei poteri dell’Areopago (si occupava ora solo dei delitti di sangue), baluardo del potere aristocratico, e l’ostracismo di Cimone, per poi morire in circostanza misteriose (forse assassinio politico ad opera dello stesso Pericle?). Con la sottrazione di potere (ta epipheta = prerogative aggiuntive) all’areopago si passa da una democrazia areopagitica (cit. Musti) ad una democrazia radicale, ma a guidare la città ci sarà ora Pericle. Viene definito da Tucidide protos anèr (primo cittadino) = a parole era una democrazia, a fatti era un governo del primo uomo, lasciandogli una carica che superava il suo essere stratega con il suo carisma quasi inventore del princeps inteso come primus inter pares. Negli anni 50 del 400 vi fu un’intensa attività militare, intrinsecamente legata al consolidarsi della democrazia, (un’iscrizione del 459 riporta il nome dei caduti di una tribù ateniese). Egitto – la lega di Delo combatte al fianco del re libico Inaro contro il dominio persiano, iniziatica che si risolse con un disastro (454). Egina – tradizionale lotta contro l’isola che doveva definitivamente risolversi (457) con la vittoria ateniese. Sparta ed alleati (tra cui Tebe) – atteggiamento aggressivo nei confronti del Peloponneso, dove gli scontri militari diretti furono limitati (460-446). Furono invece molto impegnati nel tentativo di espandere la propria influenza nella Grecia centrale contro Tebe, ma a Coronea si vide definitivamente sconfitta (447), dovendo rinunciare alle sue pretese in Beozia. All’alba dell’età periclea (anni 40), fu ufficializzato un accordo di non belligeranza con la Persia, dalle fonti indicato come pace di Callia (449), dal nome dell’ateniese imparentato con Pericle che l’avrebbe negoziata. Probabilmente non fu ufficiale, perché il gran Re non firmava accordi con le poleis, ma solo con i suoi pari. Anche con Sparta fu firmata una pace trentennale nel 446, dopo un’invasione coadiuvata da una ribellione in Eubea. Con Pericle vi è una vera e propria fioritura, sia dal punto di vista politico che culturale, ad Atene. Riesce a farsi rieleggere stratega per circa 20 anni, fino alla sua morte nel 429. Dal punto di vista politico la democrazia raggiunge il suo massimo sviluppo, dal punto di vista culturale il teatro, la filosofia sofista, e numerosi artisti tra i quali Fidia (che dirigerà i lavori di ristrutturazione dell’Acropoli), porteranno all’apice il valore culturale dell’Atene classica. A Pericle sono attribuite in particolare due innovazioni che, pur inerenti Atene nel V secolo Diventa un modello di educazione per la grecia Popolazione: complessiva tra i 300.000 e i 500.000 Schiavi: si tratta di una società schiavista, e di fatti il numero di schiavi era veramente elevato, tra i 100.000 e 150.000. Venivano acquistati in appositi mercati in base ad età e capacità, ma potevano subire destini molto diversi. Chi finiva a lavorare nelle miniere del Laurio viveva vita breve e in condizioni disumane, mentre gli schiavi domestici vivevano una vita che permetteva anche in alcuni casi di portare avanti attività ad esempio artigianali private e quindi riscattarsi socialmente. Da un lato erano percepiti come uomini qualsiasi, indistinguibili nella massa, dall’altro subivano un trattamento spesso disumano, considerati umanamente inferiori per natura. Meteci: meteco (abitare con), stranieri residenti, in numero variabile in relazione alle fortune politiche e commerciali della città, alcuni erano grandi e ricchi personaggi, ma si trattava per lo più di cittadini di modesta condizione che svolgeva attività commerciali e artigianali. Erano obbligati al pagamento annuale del metoikion (tassa di soggiorno) per regolarizzare la loro posizione, dovevano essere rappresentati da un cittadino che ne curasse gli interessi (incapacità a muoversi nella società), gli era vietato acquistare terre e case in territorio ateniese. Cittadini: maschi adulti, intorno ai 60.000 in attica (solo il 10-15%) Donne: essendo una società maschilista che le riteneva inferiori e incapaci di intendere e di volere erano relegate alle attività domestiche di conduzione della casa e crescita dei figli. Erano affidate a figure maschili in famiglia, prima il padre o il fratello, poi il marito. Non avevano alcun diritto. Economia Attività economiche: quella per eccellenza e la più rispettabile continuava ad essere l’agricoltura, tanto che la maggior parte dei cittadini era proprietaria di almeno un piccolo appezzamento di terreno. Non vi era un concetto proprio di economia, le attività economiche si incastravano perfettamente nel sociale e l’etimologia oikos (casa) + nemo (amministro) faceva riferimento per lo più alla gestione del patrimonio domestico Status: la maggior parte dei cittadini conservava un tenore di vita modesto con case prive di lusso e consumo di carne limitato a feste comunitarie Moneta: la monetazione tradizionale è in argento, in origine si trattava di misure di peso ed il valore delle monete era determinato dalla quantità di argento con la quale venivano coniate. L’obolo (0,72g), la dracma corrispondeva a 6 oboli, la mina a 100 dracme e il talento a 60 mine o 6.000 dracme. Il salario medio di una persona che svolgeva un lavoro manuale era all’incirca di una dracma al giorno, il che permetteva di sostenere una famiglia perché il costo del soddisfacimento dei bisogni primari era assai basso e spesso veniva garantito senza la necessità di ricorrere al mercato, con una economia domestica in grado di produrre pane, ortaggi, vestiario. Economia pubblica: il budget complessivo a cui era in grado di giungere lo stato da tassazioni di vario tipo era di poche centinaia di talenti, in grado di garantire pochissimi servizi. Erano i proventi dell’impero a garantire la florida situazione finanziaria di Atene. Inoltre vi erano le liturgie, contribuzioni volontarie dei più abbienti, destinate ad opere utili per la collettività, atto necessario a conservare il rispetto e la stima dei concittadini. Cultura-politica Teatro: manifestazione ufficiale, protetta e sostenuta in larga misura dallo stato. Rivivono sulla scena storie già ben note al pubblico, patrimonio consolidato della tradizione orale della città, ma portate in scena sempre con elaborazioni e presentazioni differenti. Attraverso queste storie gli ateniesi vivevano i grandi temi che la comunità si trovava ad affrontare: dalla giusta forma di governo, il problema della giustizia, leggi dello stato contrapposte a coscienza individuale, il destino, trattamento da riservare all’altro di culture diverse. Si può parlare di un vero e proprio specchio della città, democrazia sulla scena. Si afferma in età classica nelle sue tre componenti - Tragedia\dramma satiresco ad opera dei tragediografi - Commedia ad opera dei commediografi Va contestualizzato negli spettacoli teatrali che avevano luogo nel teatro di Dioniso, sulle pendici dell’Acropoli. Dioniso era un eroe figlio di Zeus e Semele, ma assurge alla dimensione divina, ottenendo la grazia dell’immortalità e a lui è dunque consacrato il teatro. Dio "ibrido" dalla multiforme natura maschile e femminile, animalesca e divina, tragica e comica, Dioniso incarna, nel suo delirio mistico, la scintilla primordiale e istintuale presente in ogni essere vivente; che permane anche nell'uomo civilizzato come sua parte originaria e insopprimibile, e che può riemergere ed esplodere in maniera violenta se repressa e non elaborata correttamente. Gli spettacoli teatrali erano vere e proprie competizioni tragiche e comiche che avvenivano in momenti particolari dell’anno: - nel mese di gamelione (invernale gennaio\febbraio) in onore di Dioniso Leneo, Lenee - nel mese di elafebolione (primaverile marzo\aprile), Grandi Dionisie o Dionisie cittadine, probabilmente riformate da Pisìstrato. I preliminari della celebrazione consistevano nel trasporto della statua di dioniso dal tempio vicino al teatro al luogo in cui da leggenda, il dio era giunto ad Atene. Dopo un sacrificio animale iniziava una vera e propria processione che riportava la statua nello spazio consacrato. Sofistica (sofòs = saggio): nel corso della metà del V secolo maestri di sapienza provenienti da tutto il mondo erano dediti all’insegnamento di varie discipline (filosofiche, morali, linguistiche, scientifiche) a pagamento, rendendo accessibile a chiunque ne avesse i mezzi il sapere, che non era più da collocarsi all’interno di una cerchia ristretta legata da rapporti di sangue. Centrali nel discorso sofista erano l’atteggiamento critico nei confronti del sapere tradizionale e l’insegnamento dell’arte della parola attraverso la dialettica (arte del dibattere e prevalere nella discussione) e retorica (arte del parlare). erano tecniche fondamentali per farsi strada in una polis dove i luoghi del potere erano incentrati sulla parola, e suscitava non pochi scetticismi tra chi sosteneva fosse immorale poter prevalere in una conversazione pur con tesi errate o infondate. Platone ne criticò profondamente l’operato eppure il suo maestro, Socrate, fu condannato a morte (399) con l’accusa di corrompere i giovani e non riconoscere gli dei che la città riconosce, considerato da molti un sofista. Triste epilogo di un movimento culturale rivoluzionario, che rischiava di mettere davvero in crisi l’impalcatura sociale della polis, in un momento di difficoltà del post-guerra. Storiografia: Dagli inizi del VI sec. si registrano le prime descrizioni di luoghi e popoli esotici e i primi racconti di fondazioni e vicende locali in prosa ionica, a cui ci si riferisce tramite il termine graphè, scrittura. La prosa, di fatto, comincia quando si può fissare per iscritto e compilare, quello che la ritmica rendeva più facile mandare e tramandare a memoria: nonostante ciò la fruizione non è necessariamente individuale, ma spesso è orale e avviene in pubblico, ad esempio scuole, circoli, eterie. Ecateo di Mileto resta la figura più significativa in questo panorama di scrittori in prosa (ionica), ponendo la sua attenzione su due filoni di ricerca: la Periegesi (descrizione topografica di un paese con l’esposizione dei fatti storici antichi e dei costumi degli abitanti) in 2 libri dedicati a Europa e Asia e le Genealogie (accertare e ricostruire documentalmente i legami di parentela che intercorrono tra i membri di una o più famiglie) in 4 libri. I criteri delle sue descrizioni dei territori, dei popoli, degli animali e delle piante dovevano apparire nuovi e produttivi, nonostante alla base della sua ricerca e produzione ci fosse un principio di verosimiglianza: delle tradizioni considerate, senza distinguere mito e storia, Ecateo seleziona le versioni più ‘ragionevoli’ o, più spesso, modifica le versioni correnti secondo un razionalismo fondato sulla credibilità e non sulla realtà documentabile. GUERRA DEL PELOPONNESO Uno scontro chiarificatore tra le potenze della Grecia, caratterizzate da due ideologie e modi di vita molto diversi. Dura 27 anni, i contemporanei la dividono in 3 parti: 1. Guerra archidamica (431-421); 2. Fase intermedia conclusa dalla spedizione in Sicilia (421-413); 3. Guerra deceleica o ionica (413-404). L’unità del conflitto è comunque indiscutibile e viene riportata così da Tucidide. Da un lato offre una grande quantità di informazioni, dall’altro tende ad un’interpretazione personale dei fatti che è difficile scardinare, seppur spesso discutibile, causa l’alto livello intellettuale. Un conflitto basato non solo dal punto di vista militare ma anche ideologico (democrazia-oligarchia) ed etnico (ioni-dori), differenze che in tempi di normalità non sembravano aver un peso oltre le differenze linguistiche. Fu una guerra totale, a cui nessuna delle poleis poté dirsi estranea, e che si svolse su molti fronti. Combattuta, in un numero molto limitato di grandi battaglie campali, in molti episodi minori che miravano soprattutto a mutare le alleanze o l’assetto interno di questa o quella poleis. Schieramento: Sparta – tutto il Peloponneso (ad eccezione di Argo), Megara, Tebe e Beozia, gran parte della grecia centrale Atene – isole Cicladi (Chio e Samo con flotte), Corcira, quasi tutte le poleis dell’asia minore, della Tracia ed Ellesponto (lega di Delo) “Questo fu certamente il più grande sconvolgimento che abbia interessato i Greci e una parte dei barbari e che si sia esteso, per così dire, alla maggior parte dell’umanità.” (vedi fonti lezione pag. 110) Cause È opera di Tucidide (che verrà applicata anche a conflitti futuri) la distinzione tra Cause dichiarate di guerra – fattori scatenanti legati a situazioni del momento e oggetto di trattative e discussioni Causa reale non esplicitata – la pressione della potenza in crescita ateniese su Sparta. In questi termini da un lato viene fatta ricadere la responsabilità del conflitto su Sparta, dall’altro invece viene tenuta in considerazione l’arroganza degli ateniesi che aveva reso inevitabile tale comportamento degli avversari. Alcuni indizi inducono a ritenere che Atene si stesse preparando alla guerra già agli inizi degli anni 30, e gli eventi che fecero precipitare la situazione sono sostanzialmente 3 Tra il 434-33 Atene stringe alleanza difensiva con Corcira (Corfù), città fondata dai corinzi e retta da un governo oligarchico, in quel momento in conflitto con Corinto per Epidàmno. Interviene nella battaglia navale presso le isole Sabota, limitando così la superiorità di Corinto dimostrata nella vittoria. Nel 433 Atene inasprisce i tributi sulla città di Potidea, e poco dopo le chiede che vengano allontanati i magistrati corinzi. Era infatti di fondazione corinzia e attraverso questi ultimi sorvegliata, ma faceva contemporaneamente parte della Lega di Delo. Al rifiuto alle imposizioni la città fu assediata per due anni fino alla resa Le condizioni dettate dagli spartani furono la distruzione della flotta all’infuori di dodici navi, l’abbattimento delle mura, l’instaurazione di un regime oligarchico, con la motivazione di un rispetto nutrito per la polis che aveva contribuito alla salvezza della grecia durante le guerre persiane. Rinuncia su tutte le colonie tranne cleruchie (es. Lemno, Indro, Sciro), che avevano uno status particolare. Senofonte (seppur filospartano) ricorda la fine della guerra come la liberazione della grecia ETÀ CLASSICA (IV secolo) Il secolo breve che va dal 404 al 336 (morte di Filippo) non è un’età di crisi: i conflitti sono più marcati che nel secolo precedente ma la polis è vitale, tutt’altro che superata. Uno sguardo melanconico sul passato e il peso stesso di quel passato glorioso, ormai mitizzato, rischia di nascondere le novità e le trasformazioni in atto, che porteranno agli sviluppi dell’età ellenistica Atene – perde il primato politico ma non quello culturale. Il tratto più evidente che si coglie è lo sviluppo del professionalismo, soprattutto in politica basato sulla retorica e l’oratoria. I rhetores (dal verbo eiro, parlo) sono il fulcro della vita politica tanto che i loro discorsi erano trascritti e sono giunti fino a noi. Il mondo della politica si scinde da quello militare e sono quindi professionalizzate anche cariche di comando e gli strateghi (rappresentati da uomini politici) difficilmente partecipavano alle assemblee. I mercenari, dal canto loro, assunsero una funzione complementare e non sostitutiva dei cittadini Guerre civili (staseis) – numerose nel corso di questo secolo. Le comunità più piccole rispetto ad Atene e Sparta erano più soggette a conflitti interni perché caratterizzate da strutture più semplici ma anche più precarie. Come ci dice anche platone nella repubblica, il conflitto interno è per lo più dovuto a una duplice natura convivente nello stato, i ricchi e i poveri. Da qui nascono i giochi politici che vedono continui assoggettamenti e rivoluzioni, dalla riduzione in schiavitù allo scioglimento dei debiti. Un equilibrio debole perché possibilmente minacciato da interventi esterni, calamità, iniziative di singoli. Sul piano politico il patriottismo greco è definito per bande (Veyne): l’amore per la propria fazione prevaleva ed era preferibile finire in mano nemica piuttosto che nelle mani della fazione avversa. Economia – come sempre il piano sociale ed economico è difficile da scindere. Tuttavia non abbiamo dati a sufficienza per comprendere la natura del danno apportato dalle guerre che, nell’antico, tendevano comunque a lasciare più effetti sul breve termine che nel lungo. Di Atene abbiamo invece una maggiore quantità di dati, che non danno segno di un particolare stato di crisi. L’agricoltura prosegue così come le altre attività che sembrano anzi andare incontro ad un certo sviluppo. Si sviluppa il commercio a lungo raggio e una mentalità che tendeva anche all’investimento, oltre che alla tesaurizzazione. Nascono le prime banche ad ora di per lo più ex schiavi che si arricchiscono a diventare tra gli uomini più ricchi (es. Pasione). Il luogo simbolo della crescita economica rimane il Pireo che fino alla guerra sociale è al centro dei traffici nel mediterraneo. Anche le miniere del Laurio continuavano a essere fonte di grandi ricchezze, il cui utilizzo viene raccontato da Senofonte in Entrate. La preoccupazione dimostrata da Demostene in quanto a crisi economica era per lo più dovuta al timore delle classi ricche di dover pagare di propria tasca ciò che non era più riscuotibile dai proventi dell’Impero. Cultura – momento vitale per il teatro. Nascono le due scuole filosofiche (Accademia di Platone e Liceo di Aristotele) più importanti e destinate a grande fortuna nel mondo antico. L’accademia pone le basi per quella che sarà la filosofia occidentale partendo da riflessioni sulla polis e i cambiamenti che vive, il Liceo ha fatto uno sforzo di sistematizzazione e raccolta dell’intero scibile umano. SICILIA E MAGNA GRECIA NEL IV SECOLO Dioniso I Ad approfittare della sconfitta ateniese furono i cartaginesi, che compirono una spedizione in Sicilia conquistando Selinunte, Imera e Agrigento (406). Dioniso I approfitta del disordine generale per farsi nominare comandante dell’esercito con pieni poteri (strategòs autokrator). A seguito di una pestilenza i cartaginesi acconsentirono a firmare un trattato di pace, che confermava il loro controllo su buona parte della Sicilia ma in compenso fu riconosciuto il dominio di Dioniso su Siracusa. Il suo sarà un dominio assoluto e personale, senza l’attenzione a mantenere un governo legale, demandando il minimo indispensabile di alcune funzioni a parenti e amici strettissimi, e mettendo in pratica strategie matrimoniali (prima alla figlia di Ermocrate e poi con Aristomache di Siracusa e Doride di Locri, introducendo una pratica di bigamia estranea alla cultura greca). Il fondamento del suo dominio è stata una continua mobilitazione contro nemici esterni, un tentativo ininterrotto di allargare i confini delle terre da lui controllate. Dal demos fu onorato e amato più di quanto le fonti a lui ostili (ambiente culturale ateniese, in particolare l’Accademia) facciano credere, appoggiatosi all’elemento popolare della cittadinanza oltre che ai diseredati, mercenari esuli i quali dovevano a lui il reinserimento nella comunità. Gli elementi usuali della sua tirannide furono l’atteggiamento paranoide e di sospetto, il grande interesse per la cultura. Sul piano istituzionale creò un dominio la cui unica base e giustificazione era il successo militare, su di un vasto stato territoriale, amministrato in modo articolato (veniva infatti definito nelle iscrizioni ateniesi come archon sikelias, arconte della Sicilia), quasi e prefigurare il modello di stato ellenistico. 400 – Dioniso ha consolidato il suo potere su Siracusa e sicilia orientale, prepara una nuova guerra contro Cartagine. 397 – conquista di Mozia grazie a tecnologie moderne quali torri semoventi e catapulta inventata in questa sede dagli ingegneri al servizio del tiranno. Per reazione fu inviato un esercito cartaginese guidato da Imilcone ad assediare Siracusa, ma a causa di una seconda pestilenza nell’esercito furono costretti al ritiro. 393-392 – ulteriore fase del conflitto vede per Dioniso una consolidazione della sua posizione sull’isola. Nasce la lega italiota, un'alleanza politico-militare di alcune città della Magna Grecia con lo scopo di difendersi dai Lucani, dai Bruzi e dal tiranno di Siracusa. 388-386 – si dedica all’ampiamento delle aree di influenza in Magna Grecia, costituendo una base verso nord. Determinanti le vittorie dell’Elleporo contro la lega italiota e la presa di Reggio. Colonizza Adria, Lisso, Ancona e attacca Pirgi. 374 – si conclude guerra con i cartaginesi iniziata alla fine degli anni 80. Conferma dello status quo 367 – ulteriore conflitto intrapreso con Cartagine, muore Dioniso. Eredità al figlio Dioniso I. Dioniso II e Dione Dioniso si dimostra subito predisposto a una pace con Cartagine, e dal punto di vista della politica interna a mitigare la durezza del potere tirannico. Gli anni di conflitti e successioni di almeno 5 tiranni nell’arco di un decennio, trovano le loro radici nella tirannia assoluta precedente. Nasce un conflitto tra discendenze, quella siracusana (Dione, i figli di Aristomache) e quella locrese (Dioniso II). Il conflitto si infittisce attorno al tema di un maggior rispetto del volere del demos (Eraclide) e chi aspirava a un potere assoluto (Dione). 357 – spedizione di Dione a Siracusa per detronizzare Dioniso. Entrato in città venne acclamato strategòs autokrator. Dioniso scappò sull’isola di Ortigia, ma dopo la morte del suo fedele ammiraglio Filisto si rifugiò a Locri Dione, dopo un dorato esilio in Atene e aver stretto amicizia con Platone, era intenzionato a tornare in patria per mettere in pratica la platonica monarchia illuminata che aveva in mente. Il suo comportamento era dispotico e violento, sempre in contrasto con Eraclide (capo della flotta) più amato dai siracusani perché ben disposto verso il popolo. 354 – muore Dione in una congiura organizzatagli da Callippo (allievo di Platone che aveva appoggiato la sua rivolta di Siracusa), che gli succedette al potere per essere poi ulteriormente soppiantato da due dei figli di Dioniso I, Ipparino e Niseo. 346 – Dioniso II torna in patria ma le turbolenze ancora non terminano. I siracusani chiedono aiuto alla madrepatria Corinto Timoleonte Scelto dal governo oligarchico di Corinto per la missione di soccorso, al comando di un migliaio di mercenari, forse perché un elemento disturbante. Aristocratico di età avanzata strinse amicizia con il tiranno, Andromaco di Tauromenio, il cui figlio Timeo divenne un apologeta entusiasta dell’aristocratico corinzio. 344 – Timoleonte sbarca in Sicilia. Dioniso II non oppone resistenza e abbandona la città per rifugiarsi secondo tradizione nella stessa Corinto. Fu data a Siracusa una costituzione moderata, e formata una vasta alleanza di tutte le città greche e sicule dell’isola in funzione anti cartaginese. Vennero occupati territori occidentali controllati dai punici 341 – l’esercito cartaginese sbarca in sicilia e viene sconfitto sulle rive del fiume Crimiso Ora Timoleonte è libero di dedicarsi al rafforzamento dell’assetto che aveva cominciato a dare all’isola, lanciando una campagna per far affluire da ogni parte del mondo greco dei coloni in modo da consentire la messa a coltura di vasti territori da tempo disabitati e il rafforzamento di centri abitati 337 – vecchio e cieco Timoleonte si ritira a vita privata a Siracusa, dove morì Taranto e la Magna Grecia Tra la seconda metà del V secolo alla prima metà del IV in italia meridionale il problema fondamentale è quello della reazione delle popolazioni locali (Bruzi, Lucani, Campani) contro gli occupanti greci, fenomeno che produce una vera e propria decolonizzazione, con la riappropriazione di alcune aree quali Cuma (Campani), Poseidonia, Lao, Turi (Lucani). Taranto era parte della lega italiota e praticamente l’unica città a non aver mai visto occupazione indigena: la strategia nell’alleanza del pitagorico Archita rappresentava un esempio di buon connubio tra filosofia e governo. Per resistere alle pressioni sempre maggiori degli indigeni Taranto farà ricorso a quattro condottieri stranieri tra cui Archidamo, dalla madre patria Sparta e Alessandro il Molosso, che tenterà di prendere il potere sulla stessa Taranto ma morirà prima. GLI ANNI DI SPARTA (404-379) I continui conflitti successivi alla guerra del Peloponneso trovano la loro spiegazione nell’esistenza di una sorta di equilibrio, che comportava il continuo ricorso alla guerra come mezzo per risolvere le controversie. Nascerà anche un movimento anti guerra, ma la direzione di maggior pace che si era in grado di seguire era all’interno del contesto greco, incoraggiando invece la guerra con altri popoli. Sparta La sua egemonia fu da subito pericolante per i seguenti motivi La società spartana era inadatta alla gestione del potere che le era stato dato, in quanto ristretta, fortemente coesa e chiusa nei confronti dell’esterno, culturalmente e psicologicamente impreparata al cambiamento. La ricchezza favorì anche la corruzione. Alcuni personaggi rivoluzionari come Lisandro, seppur meritevole di aver portato la vittoria a Sparta, erano vissuti come pericolosi perché sprezzanti della prudenza e chiusura tipici della cultura spartana. Fu sua difficilmente vennero mantenute e atene si inimicò molti confederati. Nel combattere il bipolarismo atene- sparta e il tentare di riconquistare l’impero perduto, furono sottovalutate Tebe e la Macedonia successivamente 375 – tentativo di pace e di annullamento delle aspirazioni tebane annullato 371 – immediato intervento spartano in Beozia, da un lato per assolvere ai doveri imposti dalle condizioni di pace, dall’altro per regolare i conti con Tebe con cui era in pessimo rapporto. Presso Leuttra il re spartano Cleombroto tentò di avere la meglio sui tebani, ma il suo esercito venne distrutto e anche lui trovò la morte. Sul piano militare le innovazioni di Epaminonda negli schieramenti e nella falange obliqua vanno tenute presenti contro la tattica oplitica Negli stessi anni in Tessaglia Giasone, tiranno di Fere, fu eletto tago (monarca su base elettiva, massima carica della confederazione tessala). Riuscì in poco tempo ad unificare la regione con un esercito che era tra i più potenti dell’epoca e importanti doti diplomatiche. Muore assassinato nel 370 in una congiura. Conferma la debolezza del modello di polis tradizionale e la relativa facilità con cui era possibile intervenire militarmente nelle lotte del tempo, anche attraverso un’unificazione regionale che costituirà un modello accentratore di tipo monarchico che vedrà sviluppo negli anni successivi con Filippo di Macedonia. Tebe agì su più fronti: quello interno beotico per consolidare la confederazione, quello settentrionale nel tentativo di prendere il controllo sulla Tessaglia, quello meridionale con discese in Peloponneso, quello marittimo con azioni dimostrative nell’Egeo Tuttavia Tebe e la Beozia erano entità troppo piccole per assumere un durevole primato, e neanche godevano di quella connotazione ideologica che aveva reso Sparta referente obbligato di tutte le oligarchie e il suo mito di invincibilità. Atene decide di allearsi nuovamente con Sparta e ristabilire la classica egemonia bipolare, piuttosto che allearsi con Tebe per distruggere definitivamente la storica avversaria. Efficace fu il tentativo di distruzione del potere di Sparta nel peloponneso, consentendo alla lega arcadica di svilupparsi pienamente. 369-368 – fondata la nuova capitale della lega Megalopoli, sorta dall’unione di centri dell’Arcadia. Epaminonda libera la Messenia e fonda la nuova polis di Messene sul monte Itome, luogo simbolo della resistenza messenica. La città laconica ne rimarrà completamente distrutta, inferirà un’altra sconfitta alla lega arcadica per poi ritirarsi ad una politica solitaria, estranea al resto del mondo greco 366 – ultima discesa di Epaminonda nel Peloponneso 364 – muore Pelopida nel tentativo di conquistare la Tessaglia. 362 – gran parte del mondo greco arriva a confrontarsi nella piana di Mantinea Sparta, Atene, Acaia, Mantinea, Fliunte Tebe, Arcadia, Messenia, Argo, Sicione Lo schieramento tebano stava avendo la meglio, ma improvvisamente Epaminonda viene trafitto da una lancia e, senza l’abile stratega, lo scontro si concluse senza vincitori né vinti. Il congresso di pace seguito a Mantinea non faceva che confermare lo status quo precedente alla battaglia, inaccettabile per Sparta causa perdita della Messenia. Ciascuna città conservava un potere limitato regionale, Sparta sulla Laconia e parte del peloponneso, l’arcadia su parte del peloponneso, Tebe sulla beozia. Contro atene si scatenò una guerra sociale (357-355) la cui motivazione risiede probabilmente nell’insoddisfazione nei confronti dei comportamenti sulla lega navale. Atene venne sconfitta e si faceva strada l’idea di rinunciare al potere imperiale in favore di un programma di rafforzamento economico e pacificazione, ideale incarnato da Eubulo. LA CONQUISTA MACEDONE Le fonti riguardanti questo periodo non sono poche ma presentano numerosi problemi. Gran parte della documentazione è contenuta nelle orazioni di Demostene ed Eschine, protagonisti della vita politica ateniese del tempo. Fonti spesso inaffidabili, fatte di discorsi politici appassionati, violenti, eccessivi, volte a convincere l’uditorio. Le principali posizioni che di volta in volta sono state approvate Tutta la storiografia concorda con Demostene sulla natura di invasore barbaro che caratterizzava Filippo e il cui arrivo ha determinato la fine della libertà delle poleis. Finisce in qualche misura anche la storia greca se la si vuole far coincidere con la poleis indipendente e se si considerano i macedoni di stirpe non greca. In realtà non fu la fine della storia greca perché pur nell’orbita macedone vi era una certa indipendenza (ora limitata, ovviamente) e un rigoglio culturale e una ricca vita politica almeno a livello locale Nel corso dell’ottocento studiosi tedeschi hanno posto delle analogie con i processi di unificazione territoriale da parte di piccole entità politiche che si sono susseguite nella storia, in un’ottica che vedeva Demostene come oppositore di un processo ineluttabile. Anacronistica Filippo, inserito nel suo contesto storico non si macchiò di crudeltà inutili. Positivo è il giudizio sul suo valore politico, diplomatico, militare. In grado di ideare un piano politico che non puntasse solo a un’espansione ma alla creazione di forti alleanze in virtù di un comune nemico persiano. Dal punto di vista militare, la forza del suo esercito era rappresentata dalla falange, 16 per 16 file di uomini che combattevano con lunghissime lance (sàrissa). Realizzava una muraglia impenetrabile Demostene nella sua politica violenta, senza esclusione di colpi e mirata ad ingraziarsi la folla, talvolta anche anacronistica nel riproporre gli stessi schemi (Atene – Sparta – Tebe – la Persia), di fatto è lo specchio di ciò che era la politica assembleare ateniese del tempo. In qualità di cittadino ricco era sicuramente preoccupato alla difesa dei suoi pari che, in vista di una conquista macedone, avrebbero potuto perdere ricchezze e possedimenti. Ma fu lo stesso Filippo a ergersi a difesa delle classi possidenti, introducendo nella carta di fondazione della lega di C. la proibizione di cambi di costituzione, redistribuzione delle terre, abolizione di debiti, liberazione degli schiavi allo scopo di intraprendere rivoluzioni. La macedonia prima di Filippo Makednòs in greco significa colui che vive in alto, per cui macedoni plausibilmente potrebbe significare semplicemente montanari, abitanti della zona montuosa all’estremità settentrionale della penisola greca. Una vasta, ricca di boschi, di oro, fertile regione. Una società guerriera che viveva di guerra e caccia, nella quale l’autorità era divisa tra un sovrano primus inter pares e l’assemblea dei soldati in armi, che lo eleggevano per acclamazione. Una tradizione indicava nella città di Argo la terra d’origine della dinastia di Alessandro I, uno dei primi re macedoni con consistenza storica, e che venne accettata la partecipazione dei sovrani macedoni ai giochi olimpici. Uno degli epiteti di Alessandro era tuttavia Filelleno, ‘amico dei greci’. tuttavia la macedonia era regione piuttosto arretrata e marginale, assente nei poemi omerici, che attirò l’attenzione di Atene ed altre potenze greche per il legname, e come pedina di giochi politici nel controllo della Grecia settentrionale. Tra il V e il IV secolo (dinastia Argeade che vantavano una discendenza argiva) la passione per la cultura greca porta vari sovrani a fare opere di mecenatismo e ospitare personaggi di primissimo piano, e numerose crisi dinastiche portano a ulteriore indebolimento della regione, che viene sottovalutata dalle potenze greche. Le elite macedoni furono sottoposte a processi di acculturazione fino a quando, nel tempo di Filippo vi erano ormai gli stessi modi di vita greci (la lingua era probabilmente una forma di dialetto greco del nord-ovest, l’educazione era in larga misura greca e anche il pantheon degli dei era praticamente lo stesso). I centri della monarchia macedone erano Ege, Aigai, Pella. 359 – Filippo sale al trono, e le sue prime energie furono spese al consolidamento dei confini settentrionali spesso attaccati da popolazioni limitrofe. Si dedicò quindi a una riorganizzazione dell’esercito macedone, aumentando il numero di soldati, professionalizzando militarmente i piccoli proprietari terrieri, e un alleggerimento della falange oplitica, manovrabile e dotata di una lancia di 6 m (sarissa). 357 – conquista Anfipoli sulla costa settentrionale della Tracia, di fondamentale importanza per le retrostanti miniere d’oro, spesso mira dell’interesse ateniese. Conquista altre città sulla costa della tracia ma gli ateniesi distratti dalla guerra sociale non poterono intervenire. 356 – inizia la III guerra sacra, con l’accusa rivolta dai tebani ai focidesi di aver coltivato terre sacre del tempio di Apollo a Delfi. I focidesi, spalleggiati da sparta e atene occupano il santuario. Filippo sfrutta l’occasione per arrivare sulle coste greche. Il suo intervento fu poi richiesto dai tessali, spaventati e minacciati dalle vittorie riscosse dai focidesi sotto il controllo di Onomarco 352 – il sovrano vince contro i focidesi, non mettendo fine alla guerra ma ridimensionando le ambizioni (la guerra continua tra tebani e focidesi) 351-348 – iniziano le operazioni di guerra per smantellare l’ultimo centro di potere autonomo in Grecia del nord, ossia la confederazione delle città della penisola calcidica con capitale Olinto (oggetto di attenzioni da atene e sparta). In questi anni Demostene diventa un personaggio politico di spicco e tenta di convincere con la sua oratoria a far intervenire atene nelle operazioni macedoni. Ma Olinto viene distrutta, l’intervento parte in ritardo e poco convinto. 346 – dopo una serie di incontri diplomatici tra Filippo ed alcuni personaggi politici ateniesi di spicco quali Eschine, favorevole ad un’intesa con i macedoni e Demostene, si giunge a una pace che prende il nome di Filocrate (ateniese che la propose in assemblea). Poneva fine alla guerra sacra e stabiliva un’alleanza tra Filippo e Atene 340 – Filippo assedia Perinto e Bisanzio, nel Cheroneso, luoghi di primo approvvigionamento di grano per gli ateniesi. Non riesce a conquistarle ma la guerra è imminente 339 – ufficialmente dichiarata guerra in seguito al sequestro di navi da trasporto granario ad opera di Filippo. Nel frattempo un’altra guerra si svolge in grecia, la guerra di Ànfissa (o IV guerra sacra) in quanto gli anfissei erano stati accusati di aver coltivato terre sacre. L’Anfizionia era ormai sotto il controllo di Filippo, che, con la scusa di punire gli anfissei arrivò in grecia centrale e minaccia di invadere l’Attica. Atene e Tebe riescono a mettersi d’accordo per intervenire alla cacciata dell’amico comune (grazie anche alle capacità diplomatiche di Demostene) 338 – scontro finale a Cheronea. L’esercito ateniese viene sbaragliato da Filippo, quello tebano dal giovane Alessandro. I filomacedoni Focione e Demade riuscirono ad ottenere da Filippo condizioni di pace onorevoli, con la restituzione dei prigionieri di guerra e il mantenimento della democrazia. Tebe perse invece la sua influenza nella confederazione beotica. visto anche come un mezzo per comporre tensioni interne al mondo greco. Impose la richiesta di onori divini per Efestione a cui il mondo greco si piegò per l’immenso potere del re. 323 – trascorse gli ultimi mesi a Babilonia dove morì a 33 anni causa malaria. ETÀ ELLENISTICA (323-31) Ultima fase della storia greca che si caratterizza per la diffusione della cultura. Il termine ellenismo fu utilizzato da Droyesen nell’800, che significa ‘vivere alla greca’. EREDITÀ DI ALESSANDRO Diadochi La casa regnante non era in grado di offrire un erede che fosse in grado di riprendere subito e con vigore l’opera di Alessandro, per cui le sorti dell’impero rimasero nelle mani dei suoi generali. Gli scontri relativi alla gestione dell’impero si dividevano tra chi sosteneva una visione unitaria dell’impero e chi sosteneva tendenze particolaristiche con l’obiettivo di creare nuclei di potere autonomi. All’interno dell’esercito macedone ci sono due gruppi di ufficiali, ciascuno dei quali offre il suo successore per la dinastia regnante. Tre furono gli uomini tra i quali venne ripartita l’autorità più alta: Antipatro aveva il controllo su regioni europee e in particolare la grecia (generale lasciato da Alessandro) Perdicca aveva il controllo sull’asia con il titolo di chiliarca, a cui dovevano prestare obbedienza tutti i satrapi Cratero prendeva in carico gli affari della corona, con il comando generale dell’esercito e il controllo sulle finanze dell’impero Per tutti i diadochi il diritto a governare sui territori loro assegnati scaturiva dalla forza delle armi, con le quali ne mantenevano il controllo e ne preservavano l’integrità. Una volta stabilito il proprio diritto sul territorio il passo successivo è la costituzione di una dinastia e la sua difesa nel tempo. L’assegnazione delle satrapie diede il via al progressivo disgregarsi dell’impero, il potere veniva accentrato e non più condiviso con le stirpi indigene Antigono – anatolia occidentale Lisimaco – tracia Tolomeo – egitto Eumene – paflagonia e cappadocia 322 – una rivolta antimacedone organizzata da Atene e munita di esercito mercenario attacco Antipatro e inizialmente, colto impreparato si rifugiò a Lamia (guerra lamìaca), e Atene ne ebbe vantaggio. Successivamente la rivolta fu soppressa ad Amorgo e Cannone, e Atene visse il suo ultimo tentativo di riconquista della libertà. Un presidio macedone venne installato al Pireo e la democrazia sostituita da un regime oligarchico (Demostene si suicida) fondato sul censo. Fu ridotta la cittadinanza e la partecipazione popolare alla vita politica e religiosa. 321 – dopo il tentativo di Perdicca di aumentare il suo potere (mentre Cratero era in soccorso di Antipatro), con la conseguente morte dello stesso Perdicca e di Cratero, era necessario ridefinire gli assetti del potere. Gli accordi di Triparadiso consacrarono Antipatro come unico reggente, Antigono stratego dell’asia Tolomeo confermato il controllo dell’Egitto Seleuco (uno degli assassini di Perdicca) controllo satrapia di Babilonia 319 – muore Antipatro e si crea uno scontro tra l’erede militare Poliperconte e il figlio Cassandro. Con Cassandro si alleò Atene e gli altri diadochi nella speranza di un ritorno personale. Ad Atene l’arrivo di Demetrio del Falero (scelto da Cassandro) porterà un momento di maggiore prosperità (contribuì alla fondazione della biblioteca di Alessandria), governi direttamente controllati dalla macedonia si installano Poliperconte si alleò l’anziana regina Olimpiade, madre di Alessandro esiliata in Epiro, che riuscì ad uccidere il fratello di Alessandro, la moglie, lasciando come unico erede legittimo il figlio Alessandro IV 316 – muore Eumene ad opera di Antigono che giungeva a controllare l’asia dal mediterraneo all’Iran 315-314 – Antigono caccia Seleuco da Babilonia mentre gli altri diadochi si univano in coalizione contro di lui. Si investe della carica di reggente (che aveva Antipatro) e proclamava che le città greche dovevano essere libere, autonome, prive di guarnigioni straniere, soprattutto per attirare la simpatia delle poleis sotto Cassandro e muoverle contro di lui. Compresa la strategia, Tolomeo fece lo stesso e favorì la nascita della lega dei Nesioti per favorire la sua posizione e il controllo delle sue rotte. 312 – dopo essersi scontrato con Tolomeo, Antigono è costretto a chiedere la pace 311 – nuovi accordi Antigono stratego d’Asia, ma non reggente Tolemeo in Egitto Lisimaco in Tracia Cassandro in Macedonia fino alla maggiore età di Alessandro IV Seleuco asia orientale e babilonia 310 – Alessandro IV e la madre vengono assassinati Dopo l’ultimo accordo l’impero era ormai diviso in 5 regioni ben distinte (Egitto, Macedonia e Grecia, Tracia, Asia occidentale, Babilonia). 307 – Antigono riesce a prendere il controllo su Atene, che accoglie lui e sue figlio come salvatori e recupera la democrazia pur sempre sotto il suo protettorato. 306 – Antigono riesce a strappare a Tolomeo l’isola di Cipro, base strategica per controllare le coste della Siria. In quanto primo tra i diadochi si proclama re con l’obiettivo di riscuotere l’intera eredità di Alessandro. Tenta di appropriarsi anche dell’Egitto ma non riesce e Tolomeo, seguito dagli altri, si proclamerà re con il solo scopo di confermare il suo regno. 304 – fallimentare assedio (durato un anno) da parte di Antigono e il figlio Demetrio su Rodi, anche a causa delle minacce che stavano ricevendo in Grecia ad opera di Cassandro 301 – le iniziative di Antigono non restano senza conseguenze e ad Ipso si svolge la battaglia finale con gli altri diadochi, dove trova la morte L’asia minore passa sotto il controllo di Lisimaco, a Tolomeo rimase anche la Siria meridionale, anche se da accordo doveva andare a Seleuco, il che provocò numerosi scontri tra tolomei e seleucidi 297 – muore Cassandro e Demetrio sfrutta la momentanea debolezza della macedonia. 294 – riesce a farsi incoronare re. Gli altri diadochi si mobilitano a riconquistare la regione e Demetrio cadde prigioniero di Seleuco (che prende la Macedonia) 283 – muore Demetrio e Tolomeo I 281 – a Curupedio muore Lisimaco, Seleuco ottiene i suoi territori ma viene ucciso dal primogenito diseredato di Tolomeo che lui aveva ospitato. Si conclude la prima generazione di diadochi Epigoni Con questa nuova generazione di re (epigoni = nati dopo), si affermano le dinastie ellenistiche. Regni ellenistici sono monarchie a base territoriale governate da monarchie stabili. Regno di Macedonia: Antigonidi – Antigono I; Demetrio I Poliorcete; Antigono Gonata; Demetrio II; Antigono Dosone; Filippo V – Perseo Governando sul loro stesso territorio potevano contare maggiormente sulla fedeltà dei sudditi. Il culto del sovrano come divinità non è quindi necessario come più ad oriente. 281 – Tolomeo Cerauno prende il titolo di re di Macedonia a scapito di Antigono Gonata, che aveva ancora alcuni territori in grecia 279 – Tolomeo muore in guerra contro i celti che avevano invaso la penisola 277 – sulla strada del ritorno i celti vengono sconfitti da Antigono 276 – Antigono si fa proclamare re. La sua influenza comprende Tessaglia (Demetriade), Corinto, Calcide 267-253 ca – Tolomeo II fa alleare Sparta e Atene contro le mire espansionistiche di Antigono nella guerra cremonidea (dal nome di Cremonide, ateniese che fece votare per l’alleanza antimacedone). Le posizioni macedoni ne escono rafforzate (mantenne Corinto) e delle poleis rimangono inalterati. Le maggiori entrate vengono dalla terra, dagli enormi possedimenti, che occupano con manodopera locale, privati cittadini, templi, ricavando grandi guadagni sotto forma di tasse applicale sui prodotti o canoni d’affitto. Le altre attività fruttuose erano lo sfruttamento di miniere e saline, legname, attività artigianali, allevamenti, diritti portuali, dogane. Anche bottini, confische, multe e indennità durante le guerre. Le spese da sostenere soprattutto in termini militari erano molto alte, presentando quindi un sistema economico che si autosostiene, nonostante le tecniche di produzione restino quelle tradizionali. Le attività commerciali ebbero un nuovo impulso attraverso una riscoperta e valorizzazione di contatti esistenti, favorite dalla quantità di denaro e una monetazione più uniforme e il fenomeno di urbanizzazione, con nuova richiesta di beni. Al posto di Atene, Alessandria e Rodi acquistano un ruolo di primaria importanza nel commercio mediterraneo (empori). Lo spostamento degli assi commerciali in Asia minore produsse per contrasto un declino dei tradizionali mercati greci. Nella maggior parte della penisola permane un’economia di sussistenza che si rivela insufficiente a sostenere i bisogni della comunità. Società ellenistica Penisola greca – vi è un sotto popolamento, dovuto inizialmente alle spedizioni militari, poi a un fenomeno di migrazione nella speranza di trovare in asia maggiore ricchezza. Nel peloponneso si parla in maniera consistente di riforme Centri portuali – dove grazie al maggior flusso di commerci la stratificazione sociale si fa più complessa, davanti alla nuova aristocrazia mercantile che si va formando e il mondo della piccola manifattura di ceto benestante. La nuova classe di ricchi accumula patrimonio anche con attività mercantili e bancarie. Su numerosi personaggi ci informano le iscrizioni. Gli evergeti sono capaci di farsi carico con prestiti e donazioni o azioni personali dei bisogni a cui la propria città non riesce a far fronte. Le masse contadine (soprattutto presenti in Egitto) sono costituite da uomini liberi, vincolati al re da contratto in base al quale versano canoni e imposte che lasciano loro solo l’indispensabile per mantenere la propria famiglia, alloggiati in villaggi poverissimi e soggetti a soprusi dei funzionari. Solo la fuga può sottrarli alla loro condizione. Al di sotto di questa vi è la condizione servile, la cui compravendita aumenta in tempi di guerra, impiegata nelle case, coltivazione della terra o produzione artigianale (presenza attestata anche in Egitto e territori seleucidi). Cultura: Secondo lo schema storiografico di Droyesen l’ellenismo è il momento centrale della triade Età classica-Ellenismo-Cristianesimo: nuova stagione della storia greca che si pone come antitesi, contrapposizione o decostruzione del sistema classico chiuso nella sua grecità, secoli di pluralità e multiformità precedenti la sintesi del cristianesimo. Nella definizione di colonizzazione sistematica adoperata da storici importanti infatti, si tiene sì conto della minoranza greca e macedone che impone la propria cultura e conoscenze, ma vengono trascurati altri fattori chiave del complesso movimento interculturale, una compenetrazione vicendevole tra culture che con la loro tenacia si sono insidiate nella cultura dominante. Promozione di iniziative culturali, scientifiche (es. Eratostene che calcolò la circonferenza terrestre) Lingua – il greco diventa koinè dialektos, prevalente quello attico. Diventa una lingua internazionale. non si persero gli idiomi locali, vi erano registri Filosofia – Atene rimane un punto di riferimento dal punto di vista culturale. Da tutto il mondo ellenistico affluiscono studenti delle scuole di filosofia tradizionali a cui se ne affiancano di nuove, anche in risposta al nuovo clima sociale che si respira Teatro – la commedia Nea porta tematiche stereotipate e luoghi comuni. Maggiore riflessione introspettiva che collettiva Morale – si sviluppa una morale del distacco, non si avverte più l’essere membro di una comunità civica ma porta alla focalizzazione sull’individuo in quanto tale e il suo benessere. Dovuto al clima di insicurezza e paura Modelli urbanistici e architettonici – portici, teatri, ginnasi, arricchiscono tutto il mondo ellenistico Biblioteca e Museo – luoghi di ricerca, anche finalizzati alla conservazione. Nasce lo studio filologico, la classificazione e sistemazione dei testi fondamentali della letteratura greca, con stesura di commento. La biblioteca fu fondata da Tolomeo I e doveva contenere tutte le opere esistenti, e se non era possibile acquistarli se ne facevano delle copie. Il museo, affianco, era un centro di ricerca. Tolemeo II incaricò 70 ebrei di tradurre in greco il vecchio testamento. Scienza – alcune branche della filosofia sperimentano l’aspetto scientifico ma senza poter godere di quel tipo di applicazione che ne garantisce il procedere Religione – il pantheon degli dei rimane lo stesso, ma si fanno strada forme di religiosità che prediligono il contatto personale con il dio. Si diffondono culti orientali quale quello di Iside e Serapide, legati alla dimensione salvifica di queste divinità. Grecità – il greco si mantiene consapevole della grandezza della propria grecità. l’importanza del patrimonio tradizionale si esprime nella fioritura della storiografia locale, che tende alla conservazione e recupero di un passato di cui si avverte la lontananza ma spesso anche ad una vera e propria costruzione di tale passato, con l’elaborazione di miti e leggende di fondazione Storiografia - Si registra per questa epoca una grande dispersione di testi storiografici, per cui dagli anni successivi alla battaglia di Mantinea del 362 (compresa nelle Elleniche di Senofonte) fino alla battaglia di Ipso (301) disponiamo solo di fonti di seconda mano, mentre dal 301 al 264, con cui inizia Polibio, siamo in completa assenza di fonti, periodo trascurato dalla storia e dalla tradizione. Bisognerà attendere gli storici del rinascimento adrianeo di II secolo d.C. per avere una ricostruzione della storia dei regni ellenistici, non senza una tendenza allo stralcio e all’uso antologico della storiografia greca che continuerà fino alle raccolte bizantine del X secolo. Non solo uno strumento di recupero, quindi, ma anche di perdita, in quanto queste compilazioni hanno di fatto soppiantato le singole opere e le classificazioni di livello e attendibilità delle stesse. Polibio riprende la tradizione tucididea Regni minori Nel corso del III secolo si formano all’interno del territorio che era stati di Seleuco I una serie di stati che potremmo definire minori in rapporto alle maggiori potenze ellenistiche, ma che rivestiranno comunque un ruolo importare nel determinare la politica dei seleucidi e poi nei rapporti con Roma Regno di Bitinia – Nicomede Regno del Ponto – Mitriade Regno di Cappadocia – Ariarate III Regno di Pergamo – ricavato dal regno di Siria, Attalidi Per un lungo periodo volle presentarsi come erede di Atene Filetero: tesoriere di Lisimaco poi passato da Seleuco. Rimane fedele ad Antioco I Eumene I: nipote ed erede di Filetero, trasforma pergamo in uno stato autonomo sconfiggendo il sovrano seleucide (263) Attalo I: nipote di Eumene gli succede e Pergamo raggiunge la sua massima estensione. Si distingue per aver sconfitto i galati. Il regno ebbe numerose vittorie ma rimaneva esposto alla minaccia dei seleucidi che volevano recuperare il territorio, creando quindi necessità di instaurare numerose alleanze GRECIA CENTRALE Etoli Questa popolazione comincia a emergere come stato guida della grecia centrale da quando, in coalizione con i beoti e i focidesi, hanno cacciato i celti che minacciavano le loro terre dopo aver sconfitto Tolomeo Cerauno. L’assemblea generale della lega si teneva nel santuario federale di Termo (fulcro del koinòn etolico) e vi partecipavano tutti i cittadini della federazione che avessero età e censo richiesti. Il voto era nominale e deliberava sulla politica della confederazione, la cui linea da seguire era proposta da un consiglio di rappresentanti delle città in numero proporzionale alla loro popolazione. Il potere esecutivo era affidato agli strateghi, eletto ogni anno. Gli stati membri erano indipendenti per quanto riguarda istituzioni e questioni interne ed erano legati da un vincolo di isopoliteia (parità di diritti fra i loro cittadini). Approfittando del ruolo guida che avevano acuto nella resistenza ai Celti, gli etoli acquistarono una posizione egemone all’interno dell’Anfizionia delfica e il loro territorio di influenza si estese dal mar ionio al golfo Maliaco e all’Euripo, dividendo in due la penisola. I conflitti tra i diadochi fecero venir meno un potere forte che, sia nell’Egeo che nell’Adriatico, garantisse la sicurezza dei mari e delle lotte commerciali: si diffuse maggiormente la pirateria. Anche alcuni sovrani, come ad esempio i Lagidi, sfruttarono a loro favore il fenomeno per ingrossare le file della flotta. I più attivi nello sfruttare la nuova situazione e nel fare pirateria erano proprio gli Etoli, istituzionalizzandola e agendola su larga scala, rendendola una delle principali attività economiche nel III secolo. Alcuni trattati, detti Asylia, fungevano da rinuncia ad atti di pirateria in determinate zone come quello con l’Asia minore o altre città dell’Egeo, dato l’impatto devastante che il fenomeno aveva. Lega achea Nel III secolo lo scenario politico nel Peloponneso cambia ad opera della Lega achea, costituita da una decina di città. Aveva il suo centro di raccolta nel tempio di Zeus Hamarios: a seguito di una riforma nel 217 il voto dell’assemblea (per città) fu subordinato alle direzioni del consiglio e consultato realmente solo davanti a questioni di estrema importanza. Nella lega hanno inoltre maggior peso le classi abbienti, con carattere più conservatore. Gli strateghi rivestivano carica annuale e un caso speciale è quello di Arato di Sicione, rieletto 17 volte. Riuscì a riunire sotto la sua influenza la sua città natale nel 251 e la città di Corinto, liberata dai macedoni (243). Poi Argo, Megara, Epidauro, la confederazione arcadica. Questa espansione portò a maturare una preoccupazione che si concretizzò in un’alleanza tra Etoli e Macedonia. In risposta la lega achea si coalizzò con Tolomeo III (che riceveva il comando onorario delle forze in cambio di aiuti economici) e Sparta. Sparta Il numero degli spartiati era sempre minore, per cui le proprietà fondiarie andavano nelle mani di pochi, così come il potere politico, esercitato su una massa di contadini senza terre e indebitati. La necessità di una riforma vide alcune proposte, come quelle del re Agide IV, ucciso dai suoi avversari (241). Il suo successore, figlio della fazione avversa, Cleomene III finì per sposare la vedova del vecchio re, che convinse il nuovo coniuge delle idee del defunto marito. Il progetto di Cleomene prevedeva una ripresa di forza dell’egemonia di Sparta sul peloponneso. Per liberarsi degli avversari politici che detenevano esiliò 80 esponenti di famiglie ricche, ed uccise tutti gli efori (227). In nome di un autentico ritorno della costituzione di Licurgo ricostituì il corpo civico con una nuova regola che diede cittadinanza a qualche migliaio di perieci, a ciascuno di loro venne assegnato un lotto di terra dai latifondi confiscati, arrivando ad avere circa 4000 spartiati e un miglior equilibrio interno. La rinascita interna di Sparta fu affiancata a una serie di successi nel Peloponneso, dovuti anche all’insofferenza nei confronti della lega achea, e con la speranza che Cleomene promuovesse ovunque l’abolizione di debiti e redistribuzione delle terre. Gli attriti videro quindi l’articolarsi di nuove posizioni: la lega achea ruppe l’alleanza con Sparta per passare dal lato macedone, Chiuso il fronte occidentale Filippo rivolge la sua attenzione a Oriente. Stringe un patto con Antioco III per la spartizione dei possessi lagidi, approfittando della situazione caotica in cui versava il regno d’Egitto dopo la morte di Tolomeo IV (204). Nel 200 (V guerra siriaca) Antioco riesce ad annettere la Celesiria (Siria meridionale). Filippo V, occupava l’isola di Samo, base della flotta lagide. Rodi e Bisanzio, preoccupate per i loro commerci, costituirono un’alleanza a cui si unì anche Attalo I, il cui regno era un tempo appannaggio dei seleucidi e temeva il disegno ricostitutivo del regno di Antioco. Seconda (201-197) – consapevoli di non poter reggere al lungo il conflitto, Rodi e alleati chiedono l’intervento di Roma. Accetta probabilmente per il crescente valore che acquistano la guerra e la conquista per il progresso della carriera politica e quindi per la classe dirigente. Dopo aver respinto Filippo in Tessaglia, Roma ottiene la rottura di alleanza tra macedonia e lega achea. L’esercito macedone viene sbaragliato a Cinoscefale. Questi sviluppi hanno fatto sì che sempre più città greche si rivolgessero a Roma, per rivendicazione di libertà. Quello della libertà dei greci è un tema propagandistico già usato dai sovrani ellenistici e poi acquisito dai romani. Si tratta comunque di un dono dall’alto, concessa. Questa campagna fu estesa anche alle poleis d’Asia minore Terza (171-168) – la lega achea vive una nuova fase di espansione a danno di Sparta e Messenia, mentre la Macedonia di Perseo tenta di ricostruirvi l’alleanza, assieme a quella con i Seleucidi e Rodi. Eumene II (Pergamo) chiede l’aiuto dei romani dopo un fallito attentato nei suoi confronti e la temibile espansione macedone. Perseo viene respinto a Pidna e sconfitto nel 168. La monarchia fu abolita e la macedonia, privata dei possessi esterni, divisa in quattro repubbliche autonome e indipendenti. Il bottino portato a Roma fu talmente grande che il popolo romano non dovette pagare imposte per circa 20 anni. Sparta Nabide di Sparta aveva proseguito il programma di Cleomene III e riorganizzato le truppe in funzione antiachea, riuscendo a ottenere Argo da Filippo. Nel 195, in guerra con alleanza di Greci e Corinto e romani perde ma mantiene Sparta e l’autonomia. Antioco III Riscuote successi in asia minore, e per reazione Smirne e Làmpsaco chiedono aiuto a Roma. Nel frattempo Antioco crea un’alleanza con Tolomeo V e Annibale (196). Gli etoli, dal loro canto, delusi dalle scelte del comandante romano Flaminino, chiesero l’intervento di Antioco, che accolse la richiesta in una situazione di debolezza militare. Lo scontro alle Termopili del 191 contro il blocco Roma- Filippo- Achei sbaragliò le truppe di A. Il trattato di pace di Apamea (188) limitava al tauro il territorio di A. privandolo dell’Asia minore e della tracia, favorendo espansione di Pergamo e Rodi (alleate di Roma). Rodi e la Macedonia post-Pidna A seguito del periodo di fioritura vissuto da Rodi grazie all’amicizia con Roma, Rodi instaurò buoni rapporti anche con Perseo, suscitando la reazione di Roma. Restituì Delo ad Atene per crearvi un porto franco (166), deviando così il flusso commerciale e ridimensionando il peso economico e ruolo politico di Rodi. Un clima di decadenza economica, conflitti tra stati confinanti e interni, fra partiti filoromani e i loro oppositori sono lo sfondo delle vicende successive. Andrisico si finse il figlio di Perseo, a raccogliere consensi e alleanze e tenere in pungo Roma fino al 148, anno della sua sconfitta, per cui la macedonia diventa provincia romana. Guerra d’Acaia Gli achei dichiarano guerra ai lacedemoni e Roma interviene. Segue la distruzione di Corinto (146), la lega fu sciolta e tutti gli stati coinvolti nella guerra divennero un’appendice della provincia di macedonia. Declino dei regni ellenistici Il sistema degli stati ellenistici crolla sotto l’urto progressivo della potenza romana. Privati di libertà d’azione nel mediterraneo, e nel caso dell’Egitto e della Siria consumati da conflitti dinastici e tensioni sempre più vivaci tra l’elemento greco macedone e quello locale, in poco più di un secolo verranno assorbiti da Roma Regno di Pergamo – primo a crollare in Asia, ceduto per testamento dal suo ultimo sovrano Attalo III (133). Una resistenza opposta da un figlio illegittimo di Eumene II posticiparono l’annessione alla provincia di Macedonia di qualche anno (129) Regno seleucide – dopo la morte di Antioco VII il regno piombò nel caos, accentuato da rivolte ebraiche e spinte dall’esterno. Nel 63 una fruttuosa spedizione romana lo ridurrà in provincia Regno d’Egitto – smembrato da lotte dinastiche e profonde tensioni sociali in 3 zone (Egitto, Cirenaica, Cipro), cadde progressivamente in mano romana fino alla conquista ufficiale nel 31, a causa della sconfitta subita da Marcantonio contro Ottaviano (Cleopatra VII, ultima regina figlia di Tolomeo XII, si suicidò). Dipendeva in forma diretta dal nuovo principe. Regno del Ponto – sfruttando la delusione che i funzionari romani avevano prodotto nelle zone occupate, Mitriade VI, che portò il regno al suo massimo splendore, si proclamò liberatore dei popoli assicurandosi favore presso le città greche d’Asia minore, a cui aderì anche Atene. Arriva Silla in Grecia (87) incaricato di muovere guerra a Mitriade e l’Attica ne diventa terreno fino all’86 quando le truppe entrano nella città. Nel 63, dopo la morte di Mitriade, il Ponto fu annesso assieme ad altre provincie in Asia. Scomparsa l’autonomia politica, rimase comunque il primato culturale, il prestigio e le tradizioni ereditate da un mondo scomparso ma capaci di diffondersi ancora. In Greci molti centri beneficiarono dell’opera di Augusto. Il rispetto per il mondo ellenico viene manifestati anche dall’uso di redigere una traduzione in greco dei documenti ufficiali destinati al bacino orientale del mediterraneo. Con Adriano si vivrà l’ultima grande rinascita dell’ellenismo, che tocca in particolare atene dove si reca e che adorna di splendidi edifici e dove stabilisce il Panellenio, la sede della nuova lega universale dei greci. Al definitivo declino della grecità antica si arrivò passando attraverso anche altri aspetti quali le invasioni di popoli del nord, editto di Costantino, la sospensione dei giochi olimpici (393 d.C.) e la chiusura delle scuole filosofiche ad atene con Giustiniano (529 d.C.).