Scarica riassunto tecnologie per l'educazione - Rivoltella, Rossi e più Sintesi del corso in PDF di Didattica generale e speciale solo su Docsity! 1 Tecnologie per l’educazione Introduzione La società informazionale Internet nacque negli anni ’80. La sua novità fu lo sganciamento rispetto a spazio e tempo. ● Parlato: l’emittente e l’ascoltatore devono condividere spazio e tempo, tuttavia il feedback è immediato. ● Scrittura: viene meno il limite dello stare in un certo luogo e tempo. ● Internet: si basa sul concetto di “everywhere anytime”. Dal punto di vista antropologico internet ha offerto la possibilità di una vita sganciata dal peso del corpo (non è necessario essere presenti fisicamente), ma si prende in considerazione la vita potenziata senza il corpo. Oggi internet con tutte le sue applicazioni è penetrato nella dimensione della vita reale e in quella virtuale con i media onlife: è diventato una dimensione naturale della nostra vita. Si parla di Generazione Z, figli di questa nuova era nati dopo il 2000. Un nuovo rapporto tra cultura e natura Anche gli artefatti sono un prodotto della natura e della cultura. Oggi vi è la necessità di esplorare un nuovo umanesimo digitale, basati sulla trasversalità delle relazioni che connette le linee materiali e simboliche. Importante è la contrapposizione tra una visione della tecnologia come mondo separato e una visione sistematica. Oggi si parla di triangolazione tra mondi diversi, autonomi e connessi, ciascuno con le proprie caratteristiche. La trasversalità riguarda non solo la relazione umano, animale e tecnologico, ma anche la relazione tra linee materiali e simboliche, concrete e discorsive, che caratterizzano le macchine moderne. Guattari parla di auto-poiesi come collegamento qualitativo tra la materia organica e gli artefatti tecnologici e meccanici. Si traduce in una ridefinizione delle macchine oggi considerate come dotate di una propria intelligenza e in grado di generare. La trasversalità è prodotta dal dialogo tra le componenti materiali e le informazioni e i linguaggi, che trasformano l’artefatto attuale da mediatore a un soggetto con il quale l’uomo dialoga. Oggi la relazione tra uomo e ambiente avviene quasi unicamente con l’interfaccia della macchina digitale. Quando si modifica il rapporto con l’artefatto, non più un prolungamento dell’uomo ma lo strumento della relazione, si modificano anche i processi di esperienza e concettualizzazione. Oggi l’esperienza si produce durante l’attività, perciò l’azione non mette in atto l’elaborazione concettuale ma incorpora l’elaborazione stessa mentre agisce sul mondo. Aggregazione e multimodalità Osservando la prima pagina di un giornale dall’800 a oggi, i cambiamenti sono evidenti. Nell‘800/’900 nella prima pagina venivano inseriti pochi articoli (da 2 a 5), ma tutti completi. Solo nel Novecento vengono inseriti disegni o immagini. Oggi nella prima pagina sono presenti oltre 20 input simili a un oggetto grafico-testuale con titolo, poche righe e qualche immagine. Gli articoli assomigliano molto ai Tweet. Il lettore di oggi, attraverso le icone, ricostruisce il senso producendo una rete che unisce tutti o alcuni dei riquadri presenti. Il lettore ha un ruolo attivo nella costruzione dell’informazione tramite l’abilità della trasversalità che coinvolge le icone-input. 2 Lo stesso fenomeno si ha nei manuali scolastici dove la doppia pagine diviene una sorta di manifesto che lo studente usa per ricostruire le informazioni. Anche gli esercizi si modificano richiedendo operazioni senso-motorie. Kress descrive il passaggio da una lettura come decostruzione a una lettura come aggregazione sia il risultato dell’analisi dei testi multimodali. La multimodalità riguarda l’interazione di multipli processi, di tipologie di azioni e riguarda anche la presenza di più linguaggi. Complessità e Information Literacy L’information literacy è la capacità di identificare, individuare, valutare in modo critico, organizzare, utilizzare e comunicare le informazioni. Rappresenta un requisito indispensabile per partecipare effettivamente alla società dell'informazione. La necessità di sviluppare a scuola questa competenza nasce dalla grande quantità di informazioni disponibili in rete (Diluvio universale delle informazioni - Levy). Si dovrebbe disporre di motori di ricerca efficace che permette alla Generazione Z di selezionare in modo critico le informazioni. Inoltre, l’elevato numero di informazioni e la presenza delle memorie estese ci hanno reso delle “teste ben vuote” (Michael Serres) in quanto archiviamo la conoscenza senza conservare qualcosa di utile. Didattica digitale In questo contesto è fondamentale ridefinire nuove finalità educative. La scuola passa dall’essere la divulgatrice del sapere all’essere il luogo in cui le diverse informazioni vengono elaborate. Perciò si è passati dalla focalizzazione sugli obiettivi all’attenzione per lo sviluppo delle competenze, che per l’Unione Europea sono otto. Darling-Hammond identifica alcune abilità che lo studente deve necessariamente sviluppare: ● Collaborazione e comunicazione in molti formati; ● Identificare le informazioni e trasformarle in nuove idee e conoscenza; ● Identificare problemi e percorsi per risolverli; ● Operare sulla propria identità professionale per un miglioramento continuo. Come cambia l’insegnamento L’insegnante assume oggi il ruolo di tutor, ovvero colui che accompagna lo studente nel mettere in atto i processi di apprendimento. Assistiamo al passaggio da un docente che lavora da solo a uno che opera in una comunità. In questo contesto nuovo la formazione dell’insegnante deve essere ripensata per favorire la professional vision capace di analizzare i vissuti e progettare dispostivi personalizzati. In molti casi l’ambiente digitale viene usato a favore della didattica. Tecnologie e educazione oggi Il dibattito sull’uso della tecnologia nella didattica prende due direzioni: valutazione della tecnologia e rapporto della tecnologia con la didattica. 1. Valutazione della tecnologia. Distinguiamo tre punti di vista: ● Ottimismo ingenuo. Questo aspetto ha il limite della fallacia omeopatica: un’eccessiva fiducia nella macchina di fare a meno del fattore umano. ● Criticismo. Si basa sulla diffidenza nei confronti della tecnologia, in base a due assunti: 1) presupposto vetero-marxista per il quale la tecnologia rappresenta l’ultima fase del capitalismo; 2) presupposto umanista in base al quale la tecnologia è una minaccia ai valori della cultura occidentale. Entrambi gli assunti sono a difesa della scuola dalla tecnologia. 5 Ma la conseguenza fu la nascita di un nuovo settore disciplinare: l’educational technology, favorito dall’esigenza di rimodernare il sistema scolastico americano in vista della Guerra Fredda. L’interesse per temi quali la progettazione del curricolo, la classificazione degli obiettivi e la valutazione diedero vita in seguito all’Instructional design, il cui scopo è quello di identificare e discutere i criteri progettuali e attuativi che offrono migliori risultati formativi. I primi sviluppi delle tecnologie educative La necessità di salvaguardare e trasferire alle future generazioni le proprie conoscenze ha spinto l’umanità a trovare soluzioni strumentali per far leva sui tre sistemi di rappresentazione che Bruner definisce: ● Attivi: dispositivi e azioni finalizzate a riprodurre o simulare l’esperienza (giochi, modellini). ● Iconici: sistemi incentrati sulla raffigurazione visiva di oggetti e fenomeni (pitture rupestri). ● Simbolici: sistemi formali e astratti usati per descrivere in modo sintetico e specializzato le conoscenze. L’idea di unire i tre sistemi è stata una costante della storia dell’educazione per potenziarne l’effetto. Sono nell’Otto-Novecento, con l’attivismo e le scuole attive, si può parlare di attenzione per le tecnologie da parte della pedagogia, con figure come Montessori, che progetta materiali didattici per l’educazione sensoriale, e Freinet, che porta la tipografia in classe. Viene così riconosciuta la potenzialità degli strumenti di essere un mezzo per esplorare il mondo. Media, computer e reti Dal XX secolo la diffusione della tecnologia viene divisa in tre periodi: 1. Media, al termine della Seconda guerra mondiale. Caratterizzato dalla diffusione dei media (radio e televisione) che rivestono il compito di arricchire la comunicazione didattica, partendo dall’idea che la ricchezza e la varietà degli stimoli favoriscano la comprensione e la motivazione. Un esempio è lo show televisivo “Non è mai troppo tardi” (1960-68). 2. Computer, dagli anni ’70. Coincide con la comparsa dei personal computer: la scuola viene investita di nuovi compiti di alfabetizzazione. In questo periodo si inizia ad indagare sulle potenzialità delle tecnologie come mezzo per l’organizzazione personale della conoscenza. 3. Reti, dalla fine degli anni ’90. Coincide con l’avvento delle reti: i computer non sono più isolati, ma sono in grado di accedere alle informazioni disponibili nel mondo. Dal puto di vista dell’approccio, si è passati all’interesse per l’allestimento delle situazioni in grado di promuovere l’apprendimento secondo una visione istruttivista. Questi tre periodi coincidono con tre orientamenti di indirizzo teorico della didattica: 1. Comportamentismo. Si basa sul lavoro di Skinner: per un apprendimento efficace è necessario predisporre situazioni stimolo seguite da un rinforzo (risposta positiva) o uno smorzamento (risposta negativa). 2. Cognitivismo (anni ‘60). Suggerisce modelli per studiare le strutture e i processi di funzionamento della mente umana. I computer diventano più potenti e vengono collegati altri dispositivi (scanner-stampanti). Nascono i primi CDROM per l’autoformazione. Ne deriva un diverso modo di intendere l’uso delle tecnologie per la formazione. 3. Costruttivismo (fine anni ‘80). L’insegnamento non viene considerato un trasferimento di nozioni, ma creare una serie di condizioni affinché si realizzino processi di costruzione attiva. Le tecnologie sono perciò viste come mezzi per imparare in modo autonomo o in gruppo. 6 Con le reti e internet nascono gli ambienti digitali per la costruzione attiva, collaborativa e partecipativa della conoscenza, definita CSCL (Computer supported collaborative learning). Conclusioni I principi pedagogici si concretizzano nel contesto educativo attraverso le tecnologie ridefinendo anziché sostituire la stagione precedente. Si deve perciò attribuire all’artefatto tecnologico stesso le capacità trasformative. Infine, la storia delle tecnologie educative può essere vista come una costante ricerca di equilibrio all’evoluzione di contesti, risorse e persone nei diversi periodi. Cap 3 – Le tecnologie per la progettazione didattica e la gestione dell’aula Introduzione La complessità dell’azione didattica nelle attuali classi richiede che la progettazione didattica vena rivista, in virtù del fatto che la relazione oggi è tra docente, studente e artefatto digitale. Quest’ultimo svolge due funzioni: automa (compone la rete), e aggregatore (costituisce la rete). Le tecnologie a supporto della progettazione del docente In ambito educativo in una prima fase sono stati concepiti diversi dispositivi per la progettazione didattica, come lo SCROM, proposto da ADL (Advanced distributed learning), e il Learning Design (LD). Il limite di tali artefatti era quello di fornire/richiedere molte indicazioni tecnologiche, per cui la progettazione richiedeva molto tempo. La seconda fase Dal nuovo millennio, ci si è concentrati sulla progettazione didattica supportata da applicazioni digitali. Il gruppo di lavoro LEARNING DESIGN GROUP ha individuato quattro progetti (EML, SoURCE, AUTC e LAMS) i quali si basavano sull’idea visione che il miglioramento di insegnamento e apprendimento passasse attraverso lo sviluppo di framework descrittivi dei processi e dell’azione didattica. In particolare, gli autori condividono il fatto che la tecnologia supporti la riflessione sulla progettazione dei percorsi didattici. Il Learning Design Enviroment è un supporto digitale all’organizzazione delle attività didattiche del docente attraverso una scansione delle azioni. Gli aggregatori multimediali Lo sviluppo di spazi web nei quali organizzare e gestire i materiali didattici ha portato allo sviluppo di ambienti nei quali aggregare i materiali per poi condividerli con la classe. Ora l’attenzione è posta nella costruzione di tali aggregatori utilizzabili in classe. Le condizioni di utilizzo degli artefatti nella didattica con gli ambienti digitali sono: la facoltà di aggregare media differenti e la possibilità di manipolare e modificare gli artefatti stessi. Due esempi sono la web app, usata come classe virtuale, e la Graphic Organizer, basata su mappe. Le funzioni dell’artefatto progettuale sono: supportare sia il docente nell’elaborazione del percorso, che lo studente, fornendo una visione organica del percorso didattico. Laurillard pone l’accento su tutte quelle applicazioni che non sono nate con uno scopo educativo e che quindi non si basano su logiche di questo settore. Suggerisce ai docenti di progettare da soli, con l’aiuto di informatici, le applicazioni per la didattica. Un esempio è il progetto DEPIT, promosso dall’Università di Macerata e basato sul modello derivante dal Conversational Framework, che permette di condividere in classe l’artefatto digitale, costituito da mappe connesse tra loro. 7 La reificazione della progettazione L’artefatto digitale assolve contemporaneamente alla funzione di: ● Contenitore flessibile, in cui l’aggregatore è utilizzato in classe per organizzare i materiali didattici per gli studenti, dare le consegne ed effettuare le valutazioni. È flessibile in quando consente di modificare i materiali. ● Ambiente reticolare, che estende la progettazione del docente sia in termini di apertura verso contenuti esterni, sia in termini di correlazione di più punti di vista. Permette inoltre di ampliare il concetto di inclusione, con la possibilità di personalizzare i percorsi. L’artefatto costituito da mappe, permette una visione multiprospettica. Le tecnologie per supportare l’inclusione Per una personalizzazione sostenibile dei percorsi è necessaria la predisposizione di dispositivi unici ma aperti, con i quali ciascuno può agire in base alle proprie abilità e ai propri bisogni. La tecnologia viene in aiuto al docente per le seguenti caratteristiche: ● Permette di fornire lo stesso contenuto in forme diverse; ● Fornisce diverse app, che consentono di lavorare in base alle proprie abilità; ● Permette di lavorare in gruppo (scrittura collaborativa) ● Permetti di interagire del processo formativo attraverso le applicazioni online. Infine, se l’artefatto progettuale è costruito secondo una logica mappale, rende visibile il proprio percorso fornendo una dimensione inclusiva. In questo senso, si deve realizzare un artefatto che coniughi la macro-progettazione (percorso annuale) e la micro-progettazione (singole attività delle lezioni personalizzate in base ai bisogni del soggetto). Dispositivi BYOD per estendere lo spazio-tempo della classe Portare a scuola i propri dispositivi (BYOD) offre la possibilità di unire in un singolo oggetto il libro di testo e uno spazio di lavoro, definito terzo spazio. Il BYOD è caratterizzato da flessibilità, multifunzionalità ed è facilmente utilizzabile da tutti. Permette inoltre di essere sempre connessi alla rete, rendendo labile il confine tra spazio fisico e spazio digitale. Il nuovo spazio che si viene a creare è definito spazio ibrido (Souza e Silva): è ibrido perché supera la distinzione diacronica tra i tre momenti della didattica, progettazione e azione e documentazione. Cap 4 – Tecnologie e inclusione: come far di necessità virtù Introduzione La tecnologia può essere usata in tutte quelle situazioni in cui lo studente non si sente incluso nella vita scolastica. Si parla di ritorno d’investimento: partendo da una situazione di disagio, si ha la possibilità di rinnovare la didattica “normale”. Educazione inclusiva Educazione inclusiva significa mettere gli studenti in condizione di essere accolti e accettati nella scuola. Riguarda come viene progettata la didattica, personalizzando i percorsi in base alle necessità del soggetto per offrirgli la possibilità di partecipare alle attività della classe. 10 La tecnologia per la valutazione tra pari Sono stati introdotti nelle classi gli strumenti di comunicazione online che permettono a docenti e studenti di condividere materiali e avviare delle discussioni su di essi. Questi strumenti sono: ● Forum, nei quali si possono aprire delle discussioni su un argomento; hanno il carattere della permanenza, quindi offrono la possibilità di eseguire in seguito delle riflessioni. ● Blog, utilizzati per realizzare le documentazioni su attività scolastiche, gite ed esperimenti. Vengono inoltre usati come diari o album fotografici delle attività svolte. ● Wiki, usati per la scrittura collaborativa. Sono spesso associati ai forum dove il gruppo discute e organizza il lavoro. Tutte queste applicazioni rendono possibile la valutazione da parte del docente e del gruppo classe (peer assessment). Affinché le valutazioni da parte dei pari siano possibili, si deve proporre agli studenti di valutare sia il proprio che il lavoro degli altri e soprattutto esplicitare i criteri di valutazione. Le valutazioni dei pari sono significative in quanto vengono sentite in modo problematizzante, portando lo studente a un ripensamento più profondo della propria attività. La tecnologia per la riflessione e l’autovalutazione Per la riflessione e l’autovalutazione vengono utilizzati strumenti come il Portfolio e l’E-Portfolio, nei quali raccogliere i materiali significativi che documentano la crescita e lo sviluppo a livello personale e professionale. Possono essere usati anche per valutare l’interesse per una disciplina o come questa è stata appresa. Lo scopo di questo strumento è mettere in luce le competenze e non le mancanze, e può essere usato per incrementare il livello di autostima. Infine, può essere mostrato a un pubblico esterno. Valutazione e inclusione È stato stimato che circa il 10% degli studenti ha difficoltà ad apprendere il canale testuale. Tali difficoltà vengono da difficoltà cognitive e linguistiche. Le tecnologie possono essere usate per risolvere tale problema, proponendo il canale testuale in altre forme, come video, podcast e mappe concettuali, che verranno in seguito valutate dal docente. Opend Badge, Blockchain e Blockcert Le tecnologie modificano le modalità di raccolta dei dati rispetto al proprio profilo professionale. Diverse sono le strategie proposte: Opend Badge. Si tratta di badge (distintivi digitali) che vengono guadagnati dallo studente, supportando l’apprendimento e la valutazione. Le caratteristiche sono: ● Gamification. Durante il percorso di apprendimento si raccolgono badge ogni volta che si completa una sfida, come se fosse un gioco a punti. ● Visibilità pubblica. I badge raccolti vengono inseriti nel profilo sociale o nel curriculum. ● Didattica. Il badge porta con sé i criteri e la descrizione delle attività con cui sono stati guadagnati, facilitando la comprensione delle attività svolte e dei traguardi conquistati. Blockchain. È una sorta di registro digitale che tiene traccia, in modo sicuro e anonimo, delle transizioni che avvengono tra diversi utenti. Per valorizzare le sue potenzialità il MIT ha sviluppato uno standard detto Blockcerts che permette il controllo e la verifica dell’erogazione dei titoli senza contattare direttamente l’istituto o l’università. Il vantaggio è quello di ricomporre in un unico spazio la documentazione di percorsi formativi e lavorativi frammentari e complessi. 11 Cap 6 – Documentare per creare nuovi significati: musei virtuali Patrimoni in ambienti digitali. Conteso di riferimento Il patrimonio può essere considerato un sistema complesso costituito da spazi fisici e virtuali, che garantisce a diversi tipi di fruitori di conoscere, esplorare e sperimentare diverse attività attraverso le tecnologie. I musei virtuali diventano strumenti per riscostruire e ricollocare gli oggetti culturali in uno spazio sociale condiviso. Jenkins parla a tal proposito di “culture partecipative” con l’obiettivo di favorire l’espressione artistica, l’impegno civico e i sensi di appartenenza. Musei virtuali: linee di sviluppo I musei virtuali hanno lo scopo di ampliare l’esperienza museale tradizionale con la forma di interazione, personalizzazione e creazione di contenuti. Gli elementi caratteristici sono: ● Multimedialità, che permette un tipo di comunicazione con differenti codici espressivi. ● Multimodalità, che permette di agire, scegliere e strutturare percorsi personalizzati. ● Connettività, che favorisce l’accesso a una o più realtà museali e a differenti artefatti. Il museo virtuale è formato da oggetti e opere reali oppure di elaborazioni di artefatti creati ex novo digitalmente. Si distinguono perciò due tipologie di musei virtuali. 1. Musei reali su digitale Si tratta di trasposizioni o ampliamenti in digitale delle collezioni più importanti dei musei reali. Un esempio è il Museo del Prado che offre un archivio esplorabile, dove ogni opera può essere visualizzata ad alta definizione e con contenuti di approfondimento. Questa tipologia di museo digitale consente di visualizzare opere e monumenti che sono andanti distrutti, come la Tomba di Nebamun al British Museum. Questi musei permettono di anticipare, visualizzato il luogo prima della visita; consolidare, per approfondire alcuni aspetti di una visita effettuata e si pongono infine come dilatatori, per rielaborare nuovi contenuti e sviluppare percorsi didattici originali. 2. Musei digitali per l’allestimento di oggetti reali e/o virtuali Sono svincolati da istituzioni museali fisiche e si presentano come contenitori di oggetti tangibili o costruiti digitalmente. Gli esempi sono il MUVA e il Virtual Museum dell’Iraq. Rientrano in questa categoria le mostre a carattere tematico allestite gli spazi digitali. MOde, Museo digitale con oggetti reali Il MOde è un museo realizzato nel 2008 dal Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’università di Bologna. È uno spazio digitale e multimediale in cui si può navigare e visualizzare contenuti- materiali allestiti in sale e atelier virtuali. È costituito da tre aree: ● Spazio di esposizione, sale e atelier virtuali dedicati a temi specifici. Si basa su una struttura di meta-datazione che costituisce il contesto necessario affinché gli oggetti possano diventare i medium narrativi attraverso descrizioni catalografiche. ● Spazio di documentazione. Area dedicata alla documentazione per la realizzazione delle attività volte alla conoscenza e valorizzazione del patrimonio culturale, scientifico e umanistico. ● Spazio di formazione, eroga contenuti didattici sul tema del patrimonio culturale rivolti a esperti museali, studenti e docenti. Propone itinerari didattico-informativi strutturati su moduli scomponibili. 12 Musei virtuali come banche dati di narrazione La baca dati può essere definita una raccolta strutturata di dati, organizzata in categorie in modo tale da consentire una gestione efficace ed efficiente delle informazioni. Le banche dati si basano su due tendenze dell’uomo: 1. Catalogare le esperienze; 2. Raccontare fatti ed eventi della vita. Il sé autobiografico è la forma più elevata di intelligenza. I racconti vengono quindi raccolti e catalogati dalle banche dati e il fruitore vi accede attraverso l’interfaccia, che deve risultare semplice ma al tempo stesso attraente. I competitor tendono a realizzare interfacce sempre più vicine all’esperienza umana. Le banche dati vengono oggi considerate come una nuova forma di narrazione e il linguaggio usato dal digital writer è il Data Definition Language (DDL), che permette di definire la struttura del database. Musei virtuali come interfacce di partecipazione Nei percorsi proposti dai musei virtuali, risultano significativi gli spazi personali che permettono all’utente di raccogliere le immagini significative e creare album personali. Per allestire questo ambiente, l’utente può far riferimento sia ai contenuti del museo, sia a contenuti esterni come fotografie, audio e video. I visitatori sono in questo modo portati a creare nuovi artefatti, strutturati secondo due tipologie: 1. Artefatto semplice, una sola immagine o video che rappresenta un oggetto reale museale e che quindi può essere catalogato e descritto. 2. Artefatto complesso, un insieme di oggetti relativi a un tema in grado di proporre percorsi narrativi originali. Conclusioni Il museo virtuale si pone come terzo spazio in cui contesti formali-informali, spazi fisici-digitali si incontrano. Gli spazi personali fungono da mediatori iconici e simbolici. L’elemento centrale è l’interazione tra il vissuto della persona e gli oggetti condivisi, la cui unione crea il presupposto fondamentale per la costruzione di una cittadinanza attiva e responsabile di una prospettiva di crescita, soprattutto per le generazioni future. Cap 7 – Mediamorfosi dell’e-learning Mediamorfosi dell’e-learning Per capire la storia dell’e-learning, si deve capire come nel triangolo didattico (insegnante- allievo- contenuto), possa inserirsi un quarto fattore: i media. Si distinguono tre periodi. 1. FAD: formazione a distanza In questa fase i dispositivi informatici sono usati a supporto del processo informativo e comunicativo. I fattori socioeconomici determinanti sono: la necessità di rivedere i contenuti scolastici visti i cambiamenti della società industriale; incremento dell’obbligo scolastico; nuove forme di analfabetismo che rischiano di creare nuove situazioni di esclusione e infine le richieste di competenze professionali. Il sistema formativo a distanza risponde alla necessità di specializzare l’offerta per tenere in considerazione utenti con situazioni diverse dal normale studente. In questa fase è necessario distinguere la FAD dallo studio a domicilio. La differenza nasce dalla domanda di formazione e presume un’interazione didattica tra studente, docente e contenuto. Si distinguono tre generazioni della FAD. 15 La difficoltà sta nella necessità di controllare più variabili e le loro interazioni, per poter comprendere l’effettiva incidenza degli ambienti sulla qualità didattica (Ringstaff e Dwyer). Setting online I setting si possono usare come sistemi mono-funzione, come i LMS che costituiscono gli ambienti per l’e-learning tradizionali composti da aree dedicate alle diverse funzioni per costruire online un sistema organizzato di classi; o come soluzioni mirate, ovvero le web application. Il setting online presenta delle forme tipo: 1. Setting dedicati alla trasmissione della conoscenza (erogazione di materiali multimediali); 2. Setting per il lavoro asincrono, per il lavoro di gruppo e la collaborazione online; 3. Setting per il lavoro sincrono, come videoconferenze; 4. Setting per l’apprendimento informale che ospitano comunità specifiche per questo tipo di apprendimento; 5. Setting per la formazione sul campo con device mobili (Realtà aumentata). Lo schema ADEMA è utile per identificare le diverse tipologie di ambienti rispetto alle situazioni didattiche, attraverso le funzioni di: ● Delivering, tool per strategie trasmissive; ● Emoderating, strumenti per l’attivismo basati sulla valutazione della comunicazione; ● Situated, per la costruzione di mondi da esplorare. Inoltre, ogni ambiente online presenta le seguenti sezioni: administration, gestione degli utenti, monitoring (tracciare le attività svolte) e assessment (misura il raggiungimento degli obiettivi). Setting immersivi I setting si caratterizzano per coinvolgere l’utente in uno scenario che richiede elevata attenzione poiché coinvolgono almeno due sensi. Gli ambienti immersivi permettono di simulare scenari e luoghi dove si sviluppano abilità specifiche. Slater & Wilbur hanno identificato due categorie: ● Presenza: misura livello di consapevolezza che il soggetto ha di essere in un ambiente virtuale; ● Immersività, capacità dell’ambiente di essere: - Inclusive, livello di inclusione dal mondo fisico; - Extensive, numero di sensi coinvolti; - Surrouinding, estensione del campo visivo; - Vivid, risoluzione e fedeltà della riproduzione. Ci sono diversi esempi di ambienti immersivi come: CAVE. Ambienti costruiti con l’uso di videoproiettori che permettono di visualizzare la scena su tutti i muri della stanza. Realtà virtuale. Percorsi didattici nei quali, attraverso un visore, lo studente è immerso in uno spazio generato da un computer. Questo strumento però può generare il “motion sickness”, per la discrepanza tra mondo reale e fisico. La realtà virtuale è usata ad esempio in Google Expedition. Realtà aumentata. Essa non copre l’intero campo visivo, ma vi sovrappone immagini digitali. È una soluzione più economica, che permette di sperimentare situazioni che nella realtà sarebbero troppo pericolose. Questa tecnologia presenta tuttavia dei limiti derivati dal fatto che non permette di percepire a pieno alcune sensazioni, difatti gli utenti sanno che le emozioni percepite con la AR non sono le stesse di quelle percepite nel mondo reale. 16 Sistemi adattivi e ambienti per la didattica automatica I sistemi adattivi sono sistemi che si riorganizzano in base ai feedback degli utenti. Un esempio sono gli Intelligent Tutoring System, nei quali il percorso si riprogetta in itinere in base all’utente, al suo profilo e alle sue risposte. L’evoluzione dei sistemi adattivi complessi riguarda la capacità di cambiare gli output in seguito all’esperienza dello studente. Importanti sono anche i Learning Analytics e la possibilità di apprendimento in modo articolato e minuzioso. I sistemi più recenti cercano di realizzare forme di tutoring simulate al computer, in cui viene simulata nel modo più accurato possibile la risposta di un tutor reale. I sistemi più interessanti sono quelli che si basano su tecniche di Data Mining, che hanno per oggetto l’estrazione di informazioni utili da grandi quantità di dati grazie all’utilizzo di metodi automatici o semi-automatici. Questo agevola l’analisi dei dati; la selezione di quelli più interessanti; e fornisce feedback specifici che permettono di fare previsioni sugli studenti e eventualmente formare dei gruppi di lavoro. Conclusioni Una categorizzazione degli ambienti digitali può essere realizzata considerando tre dimensioni: 1. Natura dell’ambiente; 2. Immersività dell’ambiente; 3. Tempo dell’azione didattica. Parte seconda Cap 9 – Media education Comunicazione e educazione: una storia lunga La storia della comunicazione risponde a due logiche: 1. Logica burocratica, ovvero la necessità dell’uomo di dotarsi di qualcosa che possa aiutare o sostituire la memoria; 2. Logica educativa: scrivere significa tracciare segni su una superficie, quindi le informazioni vengono fissate per essere disponibili in futuro. La media education nasce con la comunicazione stessa e il Fedro di Platone si può considerare il primo saggio di Media Education in cui l’autore esprime la sua preoccupazione di fronte ai nuovi media, come avviene ancora oggi. La questione dello sguardo Una svolta importante per la storia dei media si ebbe nel Novecento con la radio e il cinema. Questi due media furono così importanti per due aspetti: ● Lo spettatore non deve avere particolari competenze, a differenza dei media scritti. Per questo motivo furono presi in considerazione dai totalitarismi, che ne fecero dai mezzi di diffusione delle proprie idee. Per questo si ha paura della diffusione di un pensiero unico e della perdita di originalità. ● Nuova centralità dello sguardo in quanto favoriscono l’orientamento visivo. 17 Insegnare il pensiero critico e la partecipazione Le due istituzioni che hanno promosso la media education sono: 1. UNESCO, con la promozione dei diritti umani. Educare ai media significa sviluppare la capacità che permette ai cittadini di interpretare correttamente i messaggi veicolati dai media. Pensare criticamente vuol dire non essere esposti al rischio di essere manipolati. 2. Consiglio d’Europa e la promozione della cittadinanza. Ciò significa comprendere che diritti e doveri sono legati alla produzione e al consumo di media e che tutti i temi dell’educazione civica si realizzano nella media education. Si deve quindi educare ed educare ai media. Movimento e ricerca Nel 2001 la media education viene definita come “l’ambito delle scienze dell’educazione, della comunicazione e del lavoro educativo che considera i media come risorsa integrale per l’intervento formativo.” La media education è quindi una disciplina o ambito interdisciplinare che si colloca a metà tra la scienza dell’educazione e della comunicazione. Essa riguarda: ● Educare con i media, come supporto alla didattica. ● Educare ai media: sviluppare il pensiero critico sui contenuti mediali. Oggi riguarda l’uso corretto dei media per creare le condizioni adeguate a un uso corretto e sostenibile. ● Educare attraverso i media, per rendere i media trasversali alle diverse discipline del curricolo. ● Educare per i media: sviluppare competenze di scrittura mediale, educare l’espressività e creare le condizioni adeguate a un uso linguisticamente corretto dei media. Tra scuola ed extrascuola La media education nasce come attività da svolgere a scuola in quanto anche essa necessita di un’alfabetizzazione, al contrario dell’opinione comune che considera i media come auto- alfabetizzanti. Vi sono a questo punto due ipotesi: una che considera la media education come una disciplina vera, con le sue ore e il suo insegnante, e una che guarda al curricolo di media education in termini trasversali, per cui non esiste una disciplina unica ma ogni disciplina provvede all’uso dei media. La diffusione sociale dei media sta aprendo la via a tre direzioni che vanno fuori dal contesto scolastico: 1. Infanzia, considerata un’età precoce per l’uso dei dispositivi digitali: si deve cercare almeno una zona media free che offre la possibilità al bambino di fare questa esperienza. 2. Peer education, per la prevenzione di comportamenti a rischio come il bullismo e comportamenti asociali. 3. Anziani, con le molte iniziative per dare agli anziani una competenza di base nell’ambito dei media per favorire l’accesso ai servizi e difendersi dalle truffe online. Cap 10 – Analisi dei consumi Di cosa parliamo quando parliamo di consumi mediali Per l’industria significa conoscere la domanda e i consumatori per ottimizzare i processi di produzione. Nel caso della comunicazione si parla di consumo in modo metaforico: viene preso in considerazione il tempo del fruitore che viene consumato. Il consumo dei media non è quindi passivo, ma prevede un processo complesso in cui entrano a far parte le identità personali e le appartenenze collettive. 20 Si dovrebbero progettare attività didattiche volte all’analisi dei comportamenti online, accompagnate da sessioni di discussione su tali comportamenti. In questo modo si cerca di sensibilizzare l’allievo a osservare il profilo di un utente online e valutare quanto un soggetto può essere pericoloso e soprattutto valutare la validità di un’identità online. Immersione e apprendimento Importanti sono gli ambienti immersivi 3D, dove viene sfruttato l’aspetto sociale in cui in partecipanti agiscono sotto forma di avatar. L’avatar è un corpo intenzionale, che si muove in uno spazio geometrico e percorribile in diversi modi. In campo educativo vengono usati principalmente due ambienti immersivi, Minecraft e edMondo, che permettono di interagire in percorsi flessibili e vengono percepiti dagli studenti come giochi. Minecraft. È un sandbox game sviluppato nel 2009 la cui versione Education viene usata nelle scuole a partire dal 2016. Offre la possibilità al docente di disporre di una piattaforma e di gestire l’ambiente in base alle esigenze degli alunni e degli obiettivi. La piattaforma si configura come una comunità di apprendimento in cui esplorare la conoscenza di base e discutere su problematiche comuni. Il vantaggio è la sua versatilità: si dispone della versione per dispositivi mobili; i costi contenuti e l’opportunità di poter utilizzare il gioco con il tablet ha favorito la sua introduzione nella didattica. Interessante è la possibilità di agire nel mondo e costruire oggetti, anche dinamici. edMondo. È un mondo virtuale 3D usato nelle scuole italiane, rivolto solo a docenti e studenti evitando così tutte quelle problematiche relative alla sicurezza e alla privacy. L’ambiente è gratuito e consente ai docenti di gestire gli account per gli studenti, i quali vengono coinvolti i progetti di aree didattiche con obiettivi specifici. Importanti sono la manipolazione dell’ambiente e dell’avatar e la possibilità di ricreare fenomeni fisici e chimici. Conclusioni Negli spazi di interazione online l’utente si presenta con una propria identità e costruisce una rete di contatti forti (amici e parenti) e contatti generalizzati. La comunicazione avviene in modo implicito (foto) o esplicito (messaggio) e la condivisione del messaggio può raggiungere un gran numero di persone. La rete ci consente di creare identità possi bili e mondi virtuali e questo processo può essere sia produttivo che distruttivo. Cap 12 – Progettazione di percorsi di media education La media education nella vita quotidiana La progettazione di media education è diventata sempre più complessa e diversificata. Essa era più riconoscibile quando i dispositivi erano palesemente distinti (radio, cinema). Con lo sviluppo della tv satellitare negli anni ’90 sono stati messi in onda i primi programmi tematici come RAI Storia e RAI Educational, che hanno offerto ai docenti una grande quantità di materiali da usare a scuola. Nel 1995 fu ideato il Piano di Sviluppo delle Tecnologie Didattiche, realizzato poi nel triennio 1997/2000. Nel 2005 è nato Youtube, fornendo una quantità enorme di video didattici. Oggi i media sono mescolati nelle nostre azioni quotidiane. Il vantaggio è che abbiamo la possibilità di manipolare oggetti mediali in modo semplice e rapido. Lo svantaggio è che rischiamo di rendere banali tali azioni. Il nuovo significato di progettazione per la media education I poli su cui basare la progettazione sono due: i media e le loro caratteristiche, che riguardano l’aspetto sociale ridisegnando il rapporto con la società; e il termine Education. 21 Per progettare un percorso di media education si deve far emergere la relazione tra persone e media. I media inoltre incidono sul rapporto tra persona e sapere. La competenza più vicina alla media education è il “Senso di iniziativa e imprenditorialità”. Il focus della media education è centrato sui linguaggi e sulle conseguenze economiche e sociali. A questo proposito si fa riferimento al sillabo per l’Educazione Civica Digitale del 2018, in cui sono identificate 5 aree di intervento: internet e il cambiamento in corso; Educazione ai media; Educazione all’informazione; Quantificazione e computazione e infine Cultura e creatività digitale. Gli aspetti necessari per la progettazione di tali percorsi rispondono alle domande: CHI? I percorsi sono progettati dal media educator (ibrido tra insegnante-educatore). COME? Modelli esplorativi e a scoperta guidata dove, grazie a mappe concettuali e percorsi di ricerca-azione, gli studenti riflettono e consolidano la conoscenza, da soli o in gruppo. COSA? Gli oggetti grafici vengono disposti sullo schermo e si cerca di individuare ritmo e linguaggio funzionale alla narrazione mediale. DOVE? Non si svolgono in luoghi specifici, ma in ambienti ibridi, composti di spazi e azioni dove studenti e insegnanti possono sperimentare più modalità per favorire l’apprendimento. PERCHE’? Unione tra la capacità di interpretare i messaggi mediali e la capacità di produrli. Si sviluppa anche la capacità di leggere in modo critico un prodotto mediale. Cap 13 – La media education in classe Quando la media education entra in classe emergono quattro dimensioni. 1. Dimensione dei contenuti. La media education entra in classe con tre proposte: competenze tecniche; consapevolezza critica e dimensione autoriale. In passato la tecnologia ampliava la fruizione, oggi invece invita le persone a scrivere e produrre. Prensky parla a questo proposito di saggezza digitale, stupidità digitale e scaltrezza. I contenuti della media education sono: ● Attualità: fare media education in classe significa guardare anche all’attualità e al presente. ● Fine del percorso. La media education può essere affrontata anche dalla fine del percorso rendendo il soggetto capace di scelta. Oggi diventa essenziale saper scegliere all’interno di ambienti digitali e questo rappresenta un passo importante per la cittadinanza. ● Sollecitare il potere di espressione (parola come strumento di libertà). 2. Dimensione linguistica. Se il libro si compone di parole, frasi, paragrafi e pagine in una prospettiva lineare, il digitale si basa su una prospettiva circolare. Questo viene spiegato dal paradigma della Multiliteracy: in un ambiente digitale multiculturale, ricco di connessioni e reti, l’idea di alfabetizzazione non ha più lo stesso significato. Ne deriva una cornice linguistica prodotta dalla combinazione di diversi aspetti che hanno origine dai diversi medium con cui l’informazione viene erogata. A scuola avviene la sperimentazione di tutti questi linguaggi. Un altro aspetto è l’approccio trasmediale di Jenkins che presume un compito di lettura compositiva: le informazioni sono diffuse in spazi diversi e l’interpretazione spetta al lettore. La trasmedialità per la scuola significa abilitare la conoscenza di linguaggi diversi. 22 3. Dimensione metodologica I media possono essere insegnati, purché si sia in grado di mettere insieme il fare e il pensare avendo un obiettivo in mente. Per farlo si deve far ricorso a strumenti di intervento attivi, come ad esempio lo Storyboard che prevede di: ● Organizzare la classe in gruppi, ● Affidare i compiti in base a un criterio predefinito e condiviso da tutti, ● Gestire i processi per la realizzazione di un prodotto coerente e nei tempi stabiliti, ● Analizzare il risultato riflettendo sul prodotto. Si tratta quindi di vivere i contesti su cui si vuole riflettere e fare esperienze nelle storie. È utile riprendere le tre attenzioni che Masterman ha proposto per la media education: a. Comprensione del sistema dei media e sui processi; b. Attività pratiche come strumento di esplorazione e rafforzamento dell’apprendimento; c. Promozione del pensiero autonomo che sostituisce la riproduzione degli studenti delle idee dei docenti. Produrre e lavorare in gruppo, con la guida degli insegnanti, implica la revisione del concetto di spazio. Diventa ora un terzo educatore, caratterizzato da strategie e possibilità di lavoro. La classe si trasforma in laboratori e lo spazio viene rimodulato rendendolo funzionale al lavoro mentale. La classe non è solo un contenitore di tecniche e prassi, ma è un ambiente di ricerca e riflessione, per cui l’organizzazione del setting diventa fondamentale. 4. Dimensione tecnologica Per determinare cosa sia necessario per fare media education immaginiamo tre scenari. 1. Device. È rappresentata dalla logica della dotazione tecnica a scuola. Sono molti i piani economici che hanno reso possibile avere del materiale digitale nelle classi. Tuttavia, anche si tratta di device spesso non aggiornati e in numero limitato. 2. BYOD. A partire dal 2009 è stata promossa l’iniziativa BYOD grazie alla quale gli studenti possono usare i propri dispositivi a scuola. Il vantaggio è il notevole risparmio economico. Lo svantaggio è che non tutti hanno dispositivi della stessa portata e non tutti i genitori sono a favore di questa iniziativa. Si creano così situazioni di squilibrio tra gli studenti. 3. Carta e matita. La media education può perseguire una terza via che riguarda l’uso di carta e matita, in tutti quei percorsi di media education in cui si vuole sviluppare una consapevolezza critica nei confronti dei social media con studenti sotto ai 14. Questo perché l’uso della tecnologia è sconsigliata prima di questa età limite. Parte terza Cap 14 – Le tecnologie nelle comunità di docenti e nel rapporto con le famiglie Competenze digitali nella società della conoscenza Oggi si inizia a parlare di lifelong learning: la necessità di promuovere strategie di apprendimento lungo tutto l’arco della vita. Tale compito viene svolto con l’uso delle tecnologie le quali offrono opportunità di apprendimento continuo. È fondamentale fornire a tutti le competenze digitali per vivere a pieno in questa società. Per questo è necessario migliorare le infrastrutture e l’accessibilità. Il quadro europeo di competenze digitali per i cittadini, promosso nel 2017, ha l’obiettivo di migliorare le competenze digitali di tutti i cittadini europei. 25 1. Congruità scientifica, organizzativa e strutturale dell’idea di scuola. L’innovazione e il cambiamento vengono intesi come scelta progettuale che determina sia i legami forti che i legami deboli, portando la scuola a operare delle scelte che possono distinguerla dalle altre. 2. Leadership educativa. 3. Riorganizzazione degli ambienti fisici. Un’idea di scuola deve prevedere spazi fisici diversi dalla tradizionale aula: si può pensare alla realizzazione di aule disciplinari in cui i docenti possono personalizzare lo spazio, oppure laboratori mobili. Diventa importante il Piano digitale portato avanti insieme al PTOF. 4. Riorganizzazione del tempo-scuola. Cambiano i modi e i tempi dell’apprendimento, si deve creare un’organizzazione che stia al passo con questi cambiamenti. 5. Innovazione didattico-metodologica. Oggi diventa sempre più importante la didattica laboratoriale, in particolare per sviluppare il lavoro manuale favorito anche dal digitale. 6. Innovazione curricolare. L’innovazione si attua anche nella realizzazione di percorsi curricolari di rinforzo e potenziamento delle competenze, grazie anche alle tecnologie digitali. 7. Utilizzo di contenuti didattici digitali. 8. Tipologia o caratteristiche degli strumenti. Centrale è la scelta dei dispositivi tecnologici e dei sistemi operativi. I sistemi che probabilmente avranno più successo sono i BYOD, purché si provveda a superare tutte quelle situazioni di disuguaglianza. 9. Strumenti di valutazione della didattica. 10. Strumenti e modalità di comunicazione scuola-famiglia. Si basa sul principio “tutto è pubblico per tutti” che viene messo in atto con il sito e il registro elettronico. Questi non sono più strumenti di vetrina, ma veri e propri punti di incontro tra le due parti. 11. Iniziative di formazione per il personale scolastico. 12. Modalità di raccordo con i servizi di rete del territorio. Cap 16 – Le competenze digitali per la formazione dei cittadini Introduzione Lo sviluppo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione hanno portato alla rapida digitalizzazione di una gran parte delle nostre attività. Per questo sono state definite nuove competenze necessarie per agire con e nei nuovi media digitali. Si distinguono tre tradizioni: 1. Computer literacy: si passa da competenze tecniche specifiche a competenze critico-cognitive. 2. Information literacy: promuove un uso consapevole delle informazioni in rete; 3. Media literacy: sviluppa l’abilità critica di fruizione e produzione dei media. Le origini della competenza digitale L’espressione “competenza digitale” è stata introdotta nel 2006 quando le competenze di base sono passate da tre (leggere, scrivere e fare di conto) a quattro (+competenza digitale). La competenza digitale viene definita come la capacità di usare in modo fluido e critico le tecnologie dell’informazione e della comunicazione in situazioni diverse. Questa competenza richiede però anche un uso critico, per testarne la validità e affidabilità. Computer literacy Si sviluppa a partire dagli anni ’60 attraverso tre fasi principali: ● Mastery (’60-80), in cui il computer era visto come un mezzo potenze e misterioso e l’enfasi era posta sulle conoscenze e abilità relative al funzionamento del computer. 26 ● Application (’80-90), segnata dall’evoluzione delle interfacce tecnologiche, come la videoscrittura, il calcolo e l’archiviazione. Il focus era quindi l’abilità progettuale. ● Reflective (’90 ad oggi), in cui si sviluppa una nozione più riflessiva e critica riguardo l’uso delle tecnologie digitali. Si sviluppa la Fluency in Information Technology, la quale necessita delle seguenti abilità: a. Contemporary skills: abilità di utilizzare particolari risorse hardware o software per svolgere compiti di elaborazione dell’informazione. b. Concetti fondamentali: idee basilari su computer, reti e sistemi informativi. c. Capacità intellettuali: integrare specifiche conoscenze nel campo delle TIC con problematiche relative agli interessi personali del soggetto. Information literacy Si sviluppa nel 1989 e i nuovi standard proposti per l’IL: ● L’autorità è costruita e contestuale: l’autorità è il risalutato di una costruzione sociale in quanto varie comunità possono riconoscere diversi tipi di autorità. È contestuale nella misura in cui i bisogni informativi possono aiutare a determinare il livello di autorità necessario. ● La creazione di informazioni come processo. ● L’informazione ha un valore. ● Ricerca come investigazione: si devono porre domande che generano altre domande. ● Scholarship come conversazione. ● Ricerca come esplorazione strategica (saper scegliere in modo accurato le informazioni). Media literacy Riguarda le conoscenze e capacità necessarie per poter usare e interpretare i media, in particolare cinema e televisione. La ML può essere vista in due modi diversi: a. Ottica funzionale. La ML offre agli individui una serie di strumenti, abilità e competenze per comprendere e utilizzare i media. b. Ottica critica. La ML offre le capacità di analisi, valutazione e riflessione critica. Tutto questo implica l’uso di linguaggi, forme e strutture specifici. Sono necessari i seguenti criteri: ● Accesso: disponibilità di media e la capacità si saper aggiornare i dispositivi utilizzati. ● Analisi: la comprensione dei media audiovisuali dipende da diverse capacità di tipo analitico tra cui la comprensione delle categorie, tecnologie e dei linguaggi. ● Valutazione. ● Creazione del contenuto: il soggetto comprende meglio i media, se ne fa esperienza diretta. Le competenze digitali: modelli e definizioni La competenza digitale ha carattere multidimensionale. Nella sua definizione emergono tre dimensioni: a. Dimensione tecnologica. Conoscenze di base per garantire uso e accesso alle tecnologie. b. Dimensione cognitiva. Capacità di leggere, selezionare, interpretare e valutare dati. c. Dimensione etica. Tutelare i propri dati personali e usare in modo adeguato le tecnologie. Il Joint Research Centre ha sviluppato il DIGCOMP, un quadro di riferimento per la competenza digitale, che non include gli aspetti etico-sociali, strutturato in cinque aree: 27 1. Information literacy. 2. Comunicazione e collaborazione, per interagire in modo responsabile con le tecnologie. 3. Creazione di contenuto digitale. 4. Sicurezza, per mettere in sicurezza i propri dispositivi e tutelare il benessere fisico e psicologico. 5. Problem solving. Competenze digitali, formazione e cittadinanza Jenkins ha indicato tre gap che le istituzioni educative devono colmare con pratiche mirate: ● Gap partecipativo, per preparare i giovani alla piena partecipazione alle società future; ● Problema della trasparenza, per acquisire una chiara consapevolezza del modo in cui i media influenzano le loro percezioni del mondo; ● Sfide etiche, per preparare i giovani ai nuovi standard etici all’interno di comunità online. La formazione riguarda non solo gli studenti, ma anche gli insegnati. Difatti, anche le nuove generazioni di insegnanti risultano impreparati a formare le competenze prima citate. Cap 17 – Dall’Edutainment alla Gamification Pervasività del gioco A partire dal ‘700 è nata la riflessione sul gioco su due aspetti: comprensione di cosa sia effettivamente il gioco, individuando i tratti fondamentali del gioco, e rapporto tra gioco e ciò che non è gioco. Huizinga individua alcuni tratti del gioco ossia: competizione, travestimento e la scelta libera. Tuttavia, non si può definire con precisione cosa sia il gioco. Significativa è la nascita del termine “playbor” che unisce alla dimensione del gioco quella del lavoro: l’aspetto ludico viene sfruttato come mezzo di apprendimento. Gioco, apprendimento e insegnamento Il gioco di per sé non implica apprendimento, ma permette di sperimentare ruoli, cogliere tratti della cultura in cui si vive e manipolare oggetti. La dimensione digitale accentua tale prospettiva: i videogiochi aprono nuove prospettive di apprendimento e di costruzione della propria identità, reale e virtuale. Oggi, il gioco è stato definito come la capacità di fare esperienze di ciò che ci circonda come forma di problem solving. La differenza tra le attività propriamente ludiche e quelle ludiformi sta nel fatto le ultime assomigliano al gioco ma sono concepite come strumento per l’apprendimento. Il passaggio dalla prima alla seconda forma non è scontato. Entertainment. È un insieme di attività piacevoli svolte da soli o in gruppo, con tre costanti: libera scelta dell’attività; diversa finalità dell’uso del tempo rispetto al lavoro e infine un completamento o risarcimento del tempo e dell’attività mentale impiegato nel lavoro e in attività sociali. Edutainment. La dimensione piacevole dell’entertainment viene unita alla dimensione educativa. Un esempio sono i Serious Games, giochi finalizzati all’apprendimento in relazione a uno specifico contenuto, e gli Exergams, che uniscono gioco ed esercizio fisico (Wii). In questo caso la distinzione tra il gioco e il lavoro è sottile e riduce al minimo la fatica dell’apprendimento. Gamification. Implica l’uso di approcci e meccanicismi ludici in contesti non ludici. Questa categoria offre una visione più ampia e di maggiore valore rispetto alle precedenti. 30 Un altro elemento di riflessione riguarda la trasformazione della sintassi e dalla morfologia verso strutture più semplici. Nasce così una nuova concezione di errore: l’insegnante deve considerare questi cambiamenti non come errori, ma come punti di partenza per riflettere sui nuovi registri linguistici. Oggi assistiamo alla normalizzazione della lingua social: scompaiono alcuni acronimi (LOL) e alcune trascrizioni italianizzate di altre lingue grazie alla tecnologia T9. Alcuni esempi di tecnologie per la didattica dell’italiano Le strategie che possono essere usate per la didattica dell’italiano, ricordiamo: ● Dizionari online, per la preparazione stessa dell’insegnate. ● Lettura aumentata. Rimanda all’idea per cui il testo digitale permette di ampliare il contenuto del libro grazie alle annotazioni. ● Social reading. Fa riferimento alla possibile dimensione sociale della lettura, in cui il rapporto tra scrittore e lettore è sfumato ma al tempo stesso vulnerabile. Le tecnologie hanno influenzato anche la produzione del contenuto: oggi abbiamo a disposizione annotation tool che permettono di agire sulla pagina; blog come luoghi di pubblicazione di materiali; strumenti per costruire mappe concettuali; app per prendere appunti e infine piattaforme wiki per la scrittura collaborativa. Cap 19 – Le tecnologie e la didattica della matematica Tecnologie digitali e matematica Nel documento delle Indicazioni Nazionali del 2007 la disciplina matematica e scientifica viene promossa al fine di legare il pensare con il fare. Alcuni studi hanno evidenziato i cambiamenti del ruolo dell’insegnate, mentre altri studi si sono soffermati sul modo in cui le tecnologie hanno modificato la didattica della matematica. Va sottolineato come l’uso di Ambienti di Geometria Dinamica portino effetti positivi sulla didattica grazie all’attività di risoluzione di problemi aperti, ovvero problemi che possono essere risolti in modi diversi. Gli AGD sono importanti per la possibilità che offrono di trascinare gli oggetti, osservare le variazioni, argomentare i teoremi e costruire le figure. Il ruolo dell’insegnante richiede molta consapevolezza nella scelta dei software e degli obiettivi. L’insegnante diventa inoltre un mediatore nella costruzione di significati matematici attraverso la discussione collettiva. Cambiano di conseguenza le interazioni fisiche con le tecnologie digitali. Insegnante di matematica e digitale Tra gli anni ’80 e ’90 vengono introdotti i primi calcolatori grafici palmari e vengono sviluppati linguaggi algebrici e di programmazione, grazie anche all’introduzione degli AGD. Viene introdotta la nozione di “micromondo” che descrive un dominio coerente e limitato di oggetti e attività implementate nella forma di software e corrispondente a una parte interessante del mondo reale. Secondo Paper apprendere la matematica significa sviluppare modi di pensare matematici e spiega che una delle finalità della progettazione di micromondi è quella di fornire agli studenti la possibilità di sperimentare e sviluppare proprie idee matematiche. È utopistico pensa che lo studente possa apprendere la matematica solo in ambienti digitali. L’introduzione di questi ultimi trasforma l’interazione con la disciplina e con il docente. Non è più pensabile un insegnamento trasmissivo e lineare, ma gli studenti hanno, con gli ambienti digitali, la possibilità di interagire direttamente con la disciplina. 31 Una recente ricerca ha evidenziato le potenzialità dell’uso combinato di strumenti analogici e digitali, mostrando lo sviluppo di una sinergia. La teoria della mediazione semiotica di Vygotsky si propone di descrivere, spiegare e analizzare il processo che inizia con l’uso di uno strumento e lo conduce verso l’appropriazione di un particolare contenuto matematico, grazie a una seconda fare di riflessione e discussione. Cambiamento metodologico: gli AGD Gli ambienti di geometria dinamica, come Geogebra, possono essere usati per costruire figure e manipolarle in modo dinamico. Diversi sono i problemi che si possono affrontare con il software: ● Problemi di costruzione. Classici problemi di geometria euclidea che si risolvono tramite la costruzione di figure. L’AGD permette di costruire tali figure utilizzando le proprietà della geometria euclidea. Non è sufficiente però ottenere solo la figura richiesta, ma si devono mantenere le proprietà richieste anche quando la figura viene manipolata. ● Problemi di esplorazione. Si tratta di problemi aperti che offrono la possibilità di esplorare la situazione. Non basta verificare un enunciato, ma si devono fornire le giustificazioni a supporto della propria dimostrazione. Per la loro complessità, tali problemi non vengono usati spesso. Le soluzioni previste per questi problemi possono essere diverse e questo può portare a un senso di smarrimento. ● Problemi di modellizzazione. Problemi in cui si confrontano due grandezze e si analizza come varia una al variare dell’altra. Cap 20 – Il contributo delle ICT per l’apprendimento scientifico Le tecnologie sono parte integrante dell’apprendimento scientifico, in particolare supportano la parte sperimentale, consentendo di raggiungere nuovi obiettivi e il laboratorio diventa un ambiente culturalmente stimolante in cui si possono studiare gli aspetti di un fenomeno. Con le tecnologie si possono svolgere le seguenti attività: ● Analisi statistiche. ● Misurazioni impossibili con strumenti tradizionali (foto-traguardi e superconduttività). ● Visualizzazione grafica in tempo reale, con la quale si può fare una previsione e riflettere sulla discrepanza tra grafico previsto e grafico reale. ● Modellizzazione dinamica, con cui si sperimentano le formule in prima persona senza impararle a memoria. ● Simulazioni in ambienti 2D e 3D di una specifica situazione; un contesto fenomenologico specifico e un mondo simulato. L’apprendimento viene rinforzato se abbinato a un esperimento reale. ● Esperimenti didattici in remoto (RCL), che sarebbero troppo costosi e pericolosi da realizzare in classe. Tuttavia, l’utente ha un potere limitato sull’esperimento. Le tecnologie si avvalgono di sistemi prototipali dedicati a un ambito specifico, i cui criteri di progettazione mirano a rendere più efficace la didattica. Gli strumenti per la didattica attiva sono: ● Lavagna interattiva multimediale (LIM) favorisce il coinvolgimento personale degli studenti e di attivare una memoria di lavoro collettiva. ● Risponditori personalizzati (clickers) simili a cellulari con tastierina alfanumerica. Ogni studente ne possiede uno e sono connessi al computer del docente. 32 Cap 21 – Le tecnologie e la geostoria Insegnare geostoria al tempo del digitale La finalità dell’insegnamento di storia e geografia è quella di connettere passato e futuro e l’insegnante si interroga su come conciliare questo compito con le tecnologie. In particolare, l’insegnante da un lato osserva come il digitale ha cambiato la disciplina, e dall’altro cerca di consiliare le due sfere. La storia come disciplina pubblica narrata dalla rete Oggi la storia non è più il frutto di una narrazione unica, data dal libro di testo, ma è il risultato della frammentarietà delle informazioni disponibili in rete. Per questo oggi si parla di Public History, una forma di storia generata dalle narrazioni parallele di internet. Il compito del docente di geostoria è quello di far sviluppare agli studenti la capacità critica di valutare gli usi e gli abusi pubblici della storia. Ne è un esempio il documento della Donazione di Costantino, ritenuto vero per molti anni. La domanda da porsi è quali possono essere le condizioni per andare incontro alle sfide che richiedono una consapevolezza critica rispetto alle versioni multiple della storia. Risvolti nelle pratiche Cambia il modo di fare storia. Per educare gli studenti a muoversi nella grande varietà delle informazioni possono essere utilizzati vari mezzi digitali. Un esempio è la possibilità di revisionare e comporre le voci storiche per Wikipedia, nel rispetto delle norme legate all’uso delle note e della citazione della fonte. Lo studente può cimentarsi in differenti attività: ● Controllo e integrazione di voci già esistenti (parti in rosso non ancora compilate); ● Compilazione di una nuova voce. Questi compiti possono essere organizzati come un laboratorio storico per editare una voce in modo coerente e comprensibile, rispettando le fonti e le norme. La validazione esterna rende il compito ancora più efficace, in quanto viene valutato e in caso pubblicato. Altrettanto utile è l’attività di decostruzione che consente di smontare i processi che generano le fake news per riconoscerle e essere in grado di guardarle con occhio critico. È il caso di alcuni giochi online in cui gli studenti producono e smascherano le fake news. Mediazione didattica: il digitale per le pratiche e nelle pratiche L’insegnante affronta la questione della mediazione in termini di potenzialità e di cambiamenti che il digitale può fornire. In genere si concentra su come orientare spazio e tempo e come prendere in carico le fonti. Strumenti digitali per insegnare lo spazio Le risorse digitali sono mappe digitali e interattive che rappresentano una categoria cognitiva, ovvero lo spazio. Lo spazio va declinato in una serie di operatori di conoscenza: localizzazione; distanza; estensione territoriale; distribuzione territoriale e spazio come elemento di misura. Lavorare su questi concetti propri della definizione di spazio significa scegliere strumenti e risorse che si basano sui nodi cardine del concetto stesso: la territorializzazione. Essa può essere affrontata mettendo in evidenza le trasformazioni e la stratificazione degli spazi, sottolineando le interazioni tra uomo e ambiente. Uno strumento digitale interessante è Google Street View.