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riassunto Teoria della Mente, Camaioni, Appunti di Psicologia dello Sviluppo

riassunto del libro Teoria della Mente, Camaioni

Tipologia: Appunti

2018/2019
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Scarica riassunto Teoria della Mente, Camaioni e più Appunti in PDF di Psicologia dello Sviluppo solo su Docsity! Introduzione Teoria della mente= approccio che ha lo scopo di analizzare la capacità della mente umana di attribuire stati mentali (desideri, intenzioni, credenze e pensieri) e di essere in grado di spiegare e prevedere il comportamento altrui in base ad essi. ToM considerata come: a) nuova fase della rivoluzione cognitiva b) un cambiamento di paradigma à la Kuhn rispetto alla psicologia di Piaget e post Piaget c) un “ponte”, un collegamento tra due ambiti di ricerca storicamente separati: sviluppo cognitivo e sviluppo sociale. a. A considerarla come una nuova fase della rivoluzione cognitiva sono Astington e Olson e la motivazione risiede nel fatto che la psicologia cognitiva antecedentemente aveva messo da parte e considerato superficialmente la questione di come gli individui di tutte le età mentalizzano (costruiscono mentalmente) la propria esperienza sociale. b. Feldman parla invece di cambiamento di paradigma in quanto il bo non viene visto come un agente che costruisce in maniera solitaria e attiva modelli mentali della realtà fisica, ma anche come costruttore di una conoscenza del mondo sociale (=teoria implicita dell’azione e dell’interazione umana). c. Dunn utilizza invece la metafora del ponte per descrivere la capacità della ToM di fornire un collegamento tra studio della comunicazione, emozione e cognizione nell’ambito dello sviluppo. Una rassegna storica 1978, Premack e Woodruff studio sugli scimpanzé che dimostrò la loro capacità di attribuire stati mentali all’uomo, in quanto erano in grado di prevederne il comportamento. Definizione data dagli autori: la teoria della mente rispecchia la capacità di attribuire stati mentali a sé stessi e agli altri e di prevedere il comportamento sulla base di quest’ultimi. Si tratta di un sistema di inferenze che può essere considerato come una teoria, proprio perché si riferisce a stati non osservabili in modo diretto. Successivamente Perner e Wimmer riprendono questa definizione e strutturano un paradigma sperimentale: il compito della falsa credenza. Descrizione del compito: un oggetto viene spostato da x a y secondo queste modalità il personaggio A posiziona un oggetto in un contenitore x e va via; quando A non c’è il personaggio B sposta l’oggetto e lo mette nel contenitore y. A rientra nella scena e va a prendere l’oggetto. Una volta arrivati a questo punto si chiede al bo: “dove andrà a cercare l’oggetto A?” La risposta corretta “andrà a cercarlo in x” sta ad indicare il fatto che il bo riconosce la falsa credenza. Cosa significa riconoscere la falsa credenza? Significa che il bo è in grado di comprendere che il personaggio della storia possiede una rappresentazione della realtà differente dallo stato effettivo delle cose e di prevedere il comportamento del personaggio facendolo derivare dalla sua stessa credenza il personaggio cercherà l’oggetto dove crede che sia e non dove si trova realmente ed effettivamente. Attraverso gli esperimenti dei due autori si è giunti alla conclusione che: • I bi di 4 anni sono in grado di risolvere il compito della falsa credenza. • I bi di 2-3 anni risponderanno che il personaggio andrà a trovare l’oggetto nel posto in cui realmente si trova, non hanno cioè la capacità di attribuire agli altri credenze e conoscenze che differiscono dalle proprie. Il compito è stato replicato più volte modificandolo e i risultati permettono di escludere che la causa delle risposte scorrette da parte dei bi piccoli non siano dovute a limiti nella memoria o nella comprensione linguistica. Negli stessi anni autori come Bretherton da una parte e Wellman dall’altra si interrogano su quale sia il livello di comprensione da parte dei bi di termini mentali quali volere, desiderare, pensare, credere, intendendola come una capacità fondamentale per lo sviluppo della teoria della mente. 1986, anno in cui hanno luogo due convegni: a Toronto e a Oxford. Viene pubblicato un volume che raccoglie le relazioni dei due convegni racchiude lo stato dell’arte sullo sviluppo della teoria della mente. Da lì in poi si registrò un boom di pubblicazioni di libri e articoli sull’argomento. Lo stato dell’arte sullo sviluppo della teoria della mente La prima tradizione di ricerche teoria standard (rappresenta il nucleo centrale) indica l’età normative per la comprensione della mente nei bi (con sviluppo tipico). Età: 3-5 anni Compiti che i bi sono in grado di risolvere: • Falsa credenza • Apparenza-realtà • Assunzione di prospettiva di secondo livello (sapere che una figura posta di fronte a loro verrà vista capovolta da chi è seduto di fronte) Sviluppi successivi nell’ambito della ToM: • Formulazione di diversi tipi di teorie: specificità di dominio, modularità, simulazione, elaborazione delle informazioni ecc 1 • Indagini su stati mentali diversi dalle credenze, soprattutto quelli non epistemici. Per quanto riguarda le teorie, è importante fare riferimento al dibattito tra: • Coloro che sostengono la modularità della ToM • Coloro che la vedono come una teoria dominio-specifico, il risultato di un processo di simulazione, dipendente dallo sviluppo di meccanismi dominio-generali (come la capacità di elaborare le info). Le teorie al secondo punto condividono una prospettiva costruttivista: il bo acquisisce progressivamente la capacità di ToM attraverso passaggi che vengono influenzati da molteplici esperienze. Il dibattito attuale vede da una parte Baron-Cohen e Leslie secondo cui il bo acquisisce una serie di meccanismi modulari dominio specifici che hanno basi neurologiche. Questi meccanismi permettono al bo di elaborare le informazioni rilevanti nell’ambito della comprensione sociale. Leslie 3 moduli: • Toby (theory of body mechanism): a 3-4 mesi e identifica se ciò che si muove lo fa spinto da forze interne od esterne • ToMM1 (Theory of mind mechanism): a 6-8 mesi identifica le azioni compiute dagli agenti sugli oggetti • ToMM2: elabora le relazioni mentali tra agenti e proposizioni. Baron-Cohen architettura modulare composta da tre moduli che anticipano la comparsa della ToM • ID: rilevatore dell’intenzionalità • EDD: rilevatore della direzione degli occhi • SAM: meccanismo dell’attenzione condivisa. I primi due rappresentano relazioni di tipo diadiche, l’ultimo consente rappresentazioni di relazioni triadiche. Leslie e Baron-Cohen rappresentano la posizione modularista. In opposizione troviamo la posizione di Gopnik, Meltzzoff e Wellma teoria della mente come una teoria scientifica, segue la sua stessa evoluzione, il bambino come piccolo scienziato. Viene ipotizzato un cambiamento concettuale che si verifica fra i 2 e i 5 anni. In questo periodo i bi passano dal padroneggiare il desiderio e la percezione come proto- concetti ad una primitiva concezione della credenze infine ad una concezione matura delle credenze e degli altri stati mentali. La loro posizione è nota come theory-theory il temine teoria ha un significato forte perché viene visto come un sistema concettuale che utilizza concetti (desideri e credenze) all’interno di una rete di spiegazioni causali e di generalizzazioni. La teoria delle mente così come ogni altra teoria scientifica, non è statica, ma dinamica, aperta sempre al cambiamento, a nuove evidenze o contro-evidenze empiriche. Secondo la teoria simulazionista la comprensione della mente umana è resa possibile dalla diretta esperienza della vita mentale e dalla capacità di metterci nei panni dell’altro simulando la sua attività mentale. Questa capacità di simulazione diventa più fine nel tempo fino a quando le inferenze diventano sempre più accurate e affidabili. Harris afferma quindi che i bi siano ugualmente competenti nel comprendere desideri ed emozioni, ma affronta anche le difficoltà che derivano da questa sua concezione lo scarto temporale tra la comprensione del desiderio che è più precoce e quella della credenza che è più tardiva. Egli propone che il desiderio è fondato sulla comprensione di agentività (che compare precocemente perché i bi hanno diretta esperienza di sé stessi come agenti), mentre la credenza è basata sulla comprensione della comunicazione la quale richiede una certa competenza comunicativa, per questo motivo compare più tardi. Sviluppi precoci: le origini della teoria della mente nell’infanzia Studi che si concentrano sui primi due anni di vita precursori della teoria della mente. Rassegna di Moore in cui vengono identificati 3 tipi di teorie che analizzano la relazione tra i primi due anni di vita e la successiva acquisizione della teoria della mente. a. Teorie modulariste b. Teorie costruttiviste c. Teorie dell’imitazione a. Esistono differenti moduli che si attivano e maturano in specifici momenti dello sviluppo questi moduli rendono possibili i cambiamenti nel bo della comprensione della mente. Differenza sostanziale tra architettura mentale del bo e dell’adulta risiede in un minor numero di moduli disponibili. I moduli che si attivano precocemente forniscono l’input per lo sviluppo dei moduli successivi, ma non sono responsabili in toto dello sviluppo dei moduli successivi. Ad esempio il SAM è un precursore necessario ma non sufficiente affinché si sviluppi il TOMM, quindi questi due moduli possono essere considerati come relative indipendenti. (Baron- Cohen) b. È il bo che attraverso la sua attività e la sua interazione ed esperienza con il mondo costruisce la comprensione della mente propria e altrui riconoscimento dell’intenzionalità propria e altrui fondamentale per comprendere le relazioni psicologiche tra agenti e oggetti. Secondo questa prospettiva nel secondo anno di vita compaiono precursori fondamentali per lo sviluppo della teoria della mente comunicazione intenzionale 2 Un danno alla capacità meta-rappresentativa nei bi autistici no capacità di utilizzo della teoria della mente e del gioco di finzione. Secondo questo modello è possibile fare un profilo sia delle capacità cognitive intatte e deficitarie: • Intatte quelle che si basano sulle rappresentazioni primarie • Deficitarie quelle basate sulle meta-rappresentazioni. Valutazione della teoria di Leslie Per valutare se i bi autistici abbiano un deficit specifico nella rappresentazione di rappresentazioni mentali sono stati utilizzati compiti con rappresentazioni di rappresentazioni non mentali, come false fotografie o falsi disegni con questo tipo di compiti i bi autistici non hanno nessuna difficoltà. La teoria socio-affettiva dell’autismo proposta da Hobson Fin dalla nascita i bi si trovano all’interno di relazioni personali e reciproche con gli altri. All’origine di questa reciprocità si trova la capacità del bambino di percepire direttamente le espressioni emotive di chi si prende cura di lui. Questa capacità permette anche il fenomeno del riferimento sociale il bo utilizza le espressioni degli adulti per decifrare gli eventi nuovi. La produzione di richieste gestuali e il riferimento sociale: base della capacità di guardare alla realtà dal punto di vista degli altri e di concepirla in modo diverso da come è. Quest’ultima capacità è inoltre responsabile dell’attuazione del gioco di finzione. Incapacità di comprendere e rispondere alle emozioni degli altri causano comprensione degli stati mentali e no gioco di finzione nei bi autistici. Valutazione della teoria di Hobson Controversie empiriche e teoriche sul modello di Hobson. Come mai la comprensione delle emozioni permette ai bi di comprendere stai mentali non emotivi ed opachi? Hobson afferma che la capacità di comprensione delle emozioni nei bi si cristallizza e permette di assumere punti di vista alternativi non è comunque chiaro in che modo avvenga. In più, non specifica come la comprensione di punti di vista altrui determini lo sviluppo di una capacità simbolica. Secondo l’hp di Hobson la comprensione delle emozioni e la capacità di relazionarsi affettivamente agli altri è deficitaria nei bi autistici, ma i dati di ricerca non confermano la presenza di un generale disturbo affettivo in questi bi, in quanto mostrano alcuni segni di attaccamento. In più, i bi autistici sono in grado di capire che emozioni semplici possono essere conseguenza di situazioni e desideri. Inoltre, utilizzano nel linguaggio termini semplici riferiti alle emozioni. Infine, alcuni studi dimostrano che i bi autistici abbiano difficoltà nell’esprimere emozioni facciali, non è però chiaro se questo sia un indizio non verbale dei deficit comunicativi o rappresenti un disturbo affettivo. Alcune questioni filosofiche Una differenza filosofica fondamentale tra Leslie e Hobson è riconducibile al ruolo che essi attribuiscono all’esperienza nello sviluppo del concetto di mente. Per Hobson l’esperienza percettiva ha un ruolo fondamentale i bi ciechi dalla nascita sviluppo deficitario della teoria della mente. Leslie sostiene invece che lo sviluppo di una capacità meta-rappresentazionale sia indipendente dall’esperienza percettiva teoria della mente= modulo. I comportamenti di attenzione condivisa nell’autismo Diversi studi dimostrano che questi comportamenti sono meno frequenti nell’autismo: • Sguardo referenziale • Gesti come il dare, mostrare, indicare con il dito. Il primo emerge nei bi normali a partire dagli 8 mesi, i secondi tra i 9 e i 12 mesi. È ipotizzabile che il deficit di attenzione condivisa= il più precoce deficit sociale nell’autismo. I comportamenti di attenzione condivisa richiedono la meta-rappresentazione? Dati empirici: • La meta-rappresentazione emerge tra i 12 e i 18 mesi • I comportamenti di attenzione condivisa prima dei 12 mesi Questi dati quindi confutano la teoria meta-rappresentazionale. Ma quest’argomentazione è fragile, perché il gioco di finzione si può verificare sin dai 9 mesi. Leslie e Happé con la loro concezione griceiana affermano che i comportamenti di attenzione condivisa siano forme di comunicazione ostensiva, la quale richiede una teoria della mente. Dato la tom richiede la meta-rappresentazione, anche i comportamenti di attenzione condivisa richiedono la meta-rappresentazione. 5 Studio sperimentale sul gesto di indicare di Baron-Cohen I bi autistici non hanno difficoltà nel comprendere ed utilizzare il gesto proto-imperativo (indicare per ottenere un oggetto per mezzo di qualcuno), mentre hanno serie difficoltà con il gesto proto-dichiarativo (indicare per commentare o fare osservazioni sulla realtà con qualcuno). Il primo necessita di una interazione fisica, il secondo un’interazione mentale e prendere in considerazione gli stati mentali (cosa di cui i bi autistici non sono in grado) degli altri, al fine di indurli a prestare attenzione verso qualcosa. Quindi il gesto proto-dichiarativo sembra necessitare di una ToM coerente con la teoria meta-rappresentazionale di Leslie. Il gesto proto-imperativo non richiede una ToM, ma una comprensione fisico-causale che può basarsi semplicemente su rappresentazioni primarie degli oggetti. La concezione griceiana di Happè e Leslie non è però in grado di spiegare altri comportamenti di attenzione condivisa , come lo sguardo referenziale non è una forma di comunicazione ostensiva. Sarebbe più utile una spiegazione cognitiva dei comportamenti di attenzione condivisa (Baron-Cohen). Comprendere l’attenzione negli altri Analisi del gesto di indicare proto-dichiarativo (Baron-Cohen) formulata in termini di sviluppo di un concetto di attenzione da parte del bo piccolo. Comprendere l’attenzione degli altri non significa semplicemente comprendere cosa l’altro può vedere. I bi autistici infatti sono in grado di farlo, perché questa capacità implica l’utilizzo di una rappresentazione primaria a cui si aggiungono l’applicazione di regole geometriche sulla direzione dello sguardo. Comprendere l’attenzione: capire che la visione o l’udito possono essere rivolte selettivamente e questa direzione dipende dall’interesse dimostrato nei confronti dell’oggetto o evento. La rappresentazione primaria è sufficiente per far rappresentare al bo qualcuno che presta attenzione, che vede qualcosa di interessante? Meccanismo computazionale per spiegare questo processo: la rappresentazione dell’oggetto viene rappresentata con un segno di valenza positivo o negativo. Secondo questo modello i comportamenti di attenzione condivisa necessitino della meta-rappresentazione (in accordo con la teoria meta-rappresentazionale di Leslie). L’indicare proto-dichiarativo non si sviluppa nel bo autistico perché gli manca la capacità di rappresentarsi che qualcuno può rappresentare gli oggetti con diverse valenze. Quest’analisi si può applicare sia alla comprensione che alla produzione del gesto proto-dichiarativo, così come a tutti gli altri comportamenti di attenzione condivisa (deficitari o assenti nel bo autistico). Il bo mettendo in atto tutti questi comportamenti non si limita solo ad indicare o mostrare, ma controlla l’effetto del gesto sullo sguardo dell’altro il bo cerca di influenzare positivamente o negativamente l’attenzione dell’altro. La comprensione dell’attenzione come stato mentale compare tra i 7 e i 9 mesi e costituisce l’origine delle ToM coerente con l’analisi di Stern e coincide con l’età in cui compare l’intersoggettività secondaria secondo Trevarthen. Riassumendo: secondo Baron-Cohen i deficit dell’indicazione proto-dichiarativa dipende da un’incapacità di rappresentarsi l’attenzione negli altri. Comprendere l’attenzione e altri stati mentali Wellman e Bartsch: la comprensione dei desideri precede la comprensione delle credenze nello sviluppo normale della ToM. A 2 anni i bi posseggono una psicologia dei desideri, a 3 anni una psicologia delle credenze e dei desideri. Sia a 2 che a 3 anni la comprensione di questi stati mentali è legata in modo causale ad altri stati interni (emozioni e motivazioni fisiologiche). Modello di Wellman e Bartsch secondo questo modello i bi giungono a comprendere che le percezioni possono causare direttamente le credenze. Ma i dati sull’autismo riportano che possono comprendere la percezione senza comprendere l’attenzione. Revisione di questo modello: i bi prima devono capire che la percezione può essere diretta in modo selettivo e dopo che l’attenzione può causare le credenze. Percezione *Attenzione* *Credenza* Azione Reazione Emozioni di base/S. fisiologici Desiderio *__* stati interni non compresi nell’autismo 6 Questa revisione deriva dai dati sull’autismo che evidenziano che i bi autistici non siano semplici comportamentisti, ma psicologi del desiderio. I bi autistici possono attribuire desideri agli altri, utilizzare stati mentali riferiti ai desideri nel raccontare delle storie. I deficit dell’attenzione condivisa non influenzano la comprensione dei desideri, ma delle semplici credenze. Questo potrebbe dipendere dal fatto che le credenze richiedano la meta-rappresentazione, i desideri e le emozioni no. Di conseguenza, la comprensione della dell’attenzione è un precursore fondamentale per tutti gli stati mentali che richiedono una meta-rappresentazione. La teoria del ritardo evolutivo specifico dell’autismo Secondo Baron-Cohen l’autismo è un caso di ritardo evolutivo specifico nell’acquisizione di una teoria della mente. Da questa teoria è possibile predire che: • I bi autistici che non superano la priva del gesto di indicare proto-dichiarativo non riusciranno a superare i compiti di attribuzione di credenze di primo ordine • I bi che superano questa prova, riusciranno a fare il compito delle credenze di primo ordine, ma molto probabilmente non riusciranno a comprendere le credenze di secondo ordine. Secondo questa teoria i bi autistici possiedono la conoscenza della causalità fisica pari alla loro età mentale e l’unico aspetto ritardato dello sviluppo è la teoria della mente. Stadi di sviluppo di una teoria della mente: a sinistra sviluppo normale a destra sviluppo autistico. 9 mesi comprensione dell’attenzione 4 anni 4 mesi comprensione delle credenze 9 anni 7 anni comprensione delle credenze età adulta? che riguardano altre credenze maggior parte dei bi autistici < 4 anni simili ai bi normale di 6 mesi. Dopo, alcuni di questi bi possono sviluppare il gesto proto-dichiarativo e il gioco di finzione, ma sono comportamenti che rimangono ad un livello molto basico. Successivamente alcuni possono andare oltre questo livello e comprendere le credenze rimangono comportamenti sociali molto strani causati dal ritardo specifico. Conclusione (vd pag 50) La conoscenza della mente nell’infanzia: l’emergere della comunicazione intenzionale Luigia Camaioni Saggio diviso in 2 parti principali: 1. Assunzioni di base e svantaggi presenti nell’approccio della teoria della mente per spiegare l’acquisizione del concetto di mente da parte dei bi 2. Capire che tipo di conoscenza psicologica circa le altre persone posseggono gli infanti e i bi pre-linguistici. Wellman ridefinizione della Teoria della mente: psicologia delle credenza-desiderio rappresentano i 2 stati mentali chiave per essere in grado di descrivere le azioni altrui come il risultato di credenze e desideri. Già a 3 anni i bi posseggono questa psicologia della credenza-desiderio una primitiva ToM. A 2 anni i bi invece utilizzano una psicologia del desiderio. Comprensione dei desideri basata su emozioni primarie (amore, odio, paura) e stati fisiologici (fame, dolore) compare prima della comprensione della credenza derivante dalle esperienze percettive. Camaioni la conoscenza della mente emerge prima, intorno alla prima metà del secondo anno. Questa proposta incorpora i recenti sviluppi in quest’ambito: a. La revisione del modello di Wellman di B-C b. L’evoluzione delle strategie comunicative nei gorilla di Gomez. Importante transizione evolutiva secondo la proposta della Camaioni: fine del primo anno e inizio del secondo anno i bi sviluppano la capacità di utilizzare la comunicazione intenzionale diretta a oggetti ed eventi esterni al fine di condividere l’attenzione e l’interesse questa capacità implica il fatto che i bi sappiano che gli altri possiedono stati mentali (come essere interessati a qualcosa). Come si sviluppa nei bambini la conoscenza della mente Come fanno i bi ad arrivare a conoscere che le persone sono entità che credono, sentono, immaginano, ecc.? 7 rappresentazioni mentali circa la realtà possono essere diverse dalle proprie e che guidano le azioni più di quanto lo faccio la realtà effettiva delle cose Questo modello della mente aiuta i bi a comprendere gli altri e le relazioni con gli altri questo modello del modo in cui le persone funzionano è stato definito modello rappresentazionale della mente, si sviluppa tra i 3 e i 6 anni e si sostituisce ad un modello precedente di comprensione della mente non rappresentazionale. La comprensione della mente altrui, del suo funzionamento e delle sue somiglianze o differenze con la nostra è essenziale per uno sviluppo adeguate della capacità socio-comunicativo (autistici non posseggono questa comprensione “gli altri hanno stati mentali che è possibile interpretare” deficit socio-comunicativi). Da dove emerge la psicologia del senso comune? Un punto di partenza è costituito dalle relazioni interpersonali e dalla comprensione delle persone da parte dei bi piccoli alla base di tutto sembra esserci la comprensione del fatto che gli altri sono simili a noi stessi grazie ad una valutazione percettiva elementare compiuta dai bi. I bi compiono una valutazione percettiva “c’è qualcosa di simile a me” che dà il via alle relazioni interpersonali sviluppo di una psicologia del senso comune. Cosa permette ai bi di compiere questa valutazione nei confronti degli altri? Il fatto che essi prestino particolare attenzione alla configurazione del volto umano? O il fatto che i comportamenti del bo e dell’adulto abbiano una coordinazione temporale? Nessuno di questi due fattori sembra essere in grado di spiegare come il bo arrivi a riconoscere la somiglianza con l’altro. Rilevante a questo proposito sembra essere il riconoscimento delle configurazione dei movimenti corporei e delle posture. Nello specifico i bi attraverso i meccanismi di propriocezione interna sono in grado di cogliere le equivalenze trans-modali tra i propri movimenti e quelli che percepiscono negli altri. Quindi, uno dei motivi per cui i bi prestano particolare attenzione agli altri dipende dalla valutazione percettiva= loro sono simili a me. Recenti studi hanno messo in evidenza come i bi piccoli siano in grado di imitare elaborando quindi una corrispondenza tra sé stessi e l’altro ad un’età precoce (in particolare imitano i movimenti del volto), contrastando la concezione secondo cui i bi piccoli non possiedono alcuna capacità trans-modale. L’imitazione precoce sembra essere fondamentale per lo sviluppo di una teoria della mente perché permette ai bi di mettere in connessione la realtà visibile con i propri stati interni, con il modo in cui sentono di essere. Permette inoltre di distinguere le persone dalle non persone e di rispondere in modo differenziato ad esse. Cos’è una persona per un bo piccolo? Un’entità che può essere imitata e che a sua volta imita, che viene riconosciuta come simile. Questa regola potrebbe essere presente fin dalle prime settimane di vita. I bi di 9 mesi oltre ad imitare comportamenti semplici, sono in grado di riprodurre a distanza di tempo azioni specifiche su oggetti imitazione differita: fonte di info sugli oggetti e sulla relazione condivisa che le persone intrattengono su di essi. I giochi di imitazione reciproca che avvengono all’interno delle interazioni precoci bo-adulto, inoltre rafforzano e confermano l’identità tra adulto e bo. In questi giochi le azioni dell’adulto assumono ancora di più la forma di ciò è simile a me. Anima e corpo Le equivalenze di cui abbiamo parlato fino ad adesso sono di tipo corporee. Possono questi tipi di equivalenze condurre alla capacità di attribuire agli menti <simili a me>? 2 aspetti rilevanti della psicologia dell’imitazione precoce: • Il bo mette in corrispondenza il comportamento che percepisce esteriormente con una serie di impressioni corporali interne, • Questa corrispondenza avviene sì con gli stati interni ma anche con le intenzioni e i piani motori. Le sensazioni propriocettive e le intenzioni motorie possono essere considerate come a metà strada tra comportamento e stati mentali. In più le intenzioni e i piani motori sembrano essere sin da subito messi in corrispondenza con i comportamenti degli altri. Il bo piccolo è in grado di cogliere una somiglianza tra una configurazione comportamentale percepita esteriormente, una sensazione propriocettiva interna e il piano motorio necessario per produrre la sensazione e il comportamento. Questa capacità di mettere in corrispondenza stati interni e comportamenti esteriori sembra avere una base innata. La consapevolezza di avere corpi simili e di avere sensazioni interne simili può portare a riconoscere il fatto che con gli altri condividiamo anche stati mentali più astratti. Le origini dell’imitazione infantile e la nozione di schema corporeo trans-modale: recenti risultati e sviluppi teorici Teorie classiche: imitazione facciale (si manifesta a un anno) fondamenta dello sviluppo socio-cognitivo, considerata un’acquisizione tardiva perché i bi piccoli non sono in grado di vedere il proprio volto. 10 Meltzoff e Moore affermano invece che l’acquisizione di questa capacità non sia così tardiva, ma che si può manifestare già a 12-21 giorni di vita: i bi sono in grado di riprodurre la protrusione della lingua, l’apertura della bocca e la protrusione delle labbra in maniera differenziata. Punti d’interesse di questo studio. Sono stati scelti questi movimenti facciali per distinguere l’imitazione fa una risposta generale di attivazione derivata dalla vista del volto umano. Se gli infanti non possono imitare e vengono attivati dalla vista del volto umano produrrebbero un maggior numero di movimenti facciali in presenza dell’adulto rispetto che in sua assenza. L’aumento dei movimenti potrebbe inoltre essere scambiato per imitazione. I risultati di questo studio hanno però messo in evidenza che i bi erano in grado di rispondere in maniera differenziata a due movimenti lievemente diversi compiti dalla stessa parte del corpo o a due movimenti simili compiuti con due parti differenti. Non c’è stata quindi un’attivazione e reazione globale e generale, ma differenziata anche se il volto era sempre lo stesso. Un’altra questione è rappresentata dalle basi psicologiche dell’imitazione bisogna capire se si tratta di una semplice produzione di tipo riflesso. A questo proposito sono stati condotti alcuni esperimenti in cui all’infante durante la messa in atto del movimento facciale dell’adulto veniva messo un ciuccio in bocca, per far in modo che il bo osservasse e basta. Dopo di che gli adulti hanno assunto un’espressione passiva e tolto il ciuccio al bo: i bi riproducevano il modello facendo affidamento alla memoria di quest’ultimo. È più corretto considerare l’imitazione precoce come una riproduzione intenzionale del modello fornito dall’altro. Quali sono i meccanismi sottostanti questo comportamento e il ruolo che ricopre nello sviluppo? Sembra esserci un originario schema corporeo trans-modale che permette al bo di mettere insieme le azioni viste con quelle provate. Questo schema rende possibile lo sviluppo di nozione di persona e delle equivalenze sé-altro. Utilizzare gli altri come fonte di informazioni sulle azioni con gli oggetti: l’imitazione differita e la memoria Più avanti nello sviluppo segnali di una imitazione ‘proto-referenziale’: imitazione utilizzate per avere informazioni su come funzionano gli oggetti gli adulti fungono da fonte di info sulla realtà i bi imparano osservando le azioni degli adulti. Prima dello sviluppo del linguaggio gli adulti comunicano con i bi insegnando loro cosa fare attraverso i gesti e i comportamenti con l’obiettivo che il bo incorpori e faccia proprio il comportamento in questione. Questi fenomeni sono strettamente legati alla nozione di imitazione differita. Meltzoff studi sull’imitazione differita in bi tra i 9 e i 24 mesi. Sto con bi di 14 mesi: a. Prendeva in considerazione l’imitazione dopo una settimana di tempo b. Ai bi veniva richiesto di tenere a mente 6 modelli diversi con 6 oggetti diversi c. Almeno uno di questi era completamente nuovo per i bi. Un gruppo sperimentale: gruppo <imitazione> a cui il primo giorno venivano fatte vedere tutte le sei azioni. Dopo una settimana, il bo tornava in laboratorio e gli veniva permesso di giocare con un oggetto diverso alla volta. Nel frattempo veniva videoregistrato per vedere quante azioni era in grado di riprodurre. 2 gruppi di controllo che il primo giorno non vedevano le azioni modellate e tornavano dopo una settimana: • Nel primo gruppo baseline l’adulto si limitava a parlare con madre e bo senza mostrare i giocattoli sperimentali (per valutare la probabilità che le azioni bersaglio venissero svolte in modo spontaneo) • Nel gruppo <manipolazione dell’adulto> l’adulto gioca con gli oggetti ma senza compiere le azioni bersaglio (per controllare la possibilità che i bi fossero indotti a produrre le azioni bersaglio alla vista dell’adulto anche se questo non la metteva in atto). Risultati: conferma dell’esistenza dell’imitazione differita. 12 su 13 bi del gruppo imitazione hanno ripetuto 3 azioni bersaglio. La stessa cosa è successa per soli 3 soggetti su 24 dei gruppi di controllo. In più il 67% dei bi ha replicato l’azione completamente nuova, nessuno lo ha fatto nei gruppi di controllo. Risultati simili sono stati ottenuti anche in bi di 9 mesi. I bi possono produrre imitazione differita quando vi è un distanziamento tra sé stessi e il modello? Utilizzo della televisione Meltzoff ha evidenziato che i bi di 14 mesi sanno imitare in modo differito azioni su oggetti visti in tv, anche quando l’oggetto nuovo era presentato in tv e solo dopo 24 ore veniva presentato nella sua forma reale. Da qui è possibile concludere che l’imitazione non è vincolata allo stimolo e può essere prodotta anche con un distanziamento e generalizzazione. I bi più grandi e gli adulti imparano con più facilità quando il modello appare come più simile. Meltzoff studi tra coetanei: alcuni venivano addestrati a diventare esperti di alcuni compiti, altri i novizi ad osservare gli esperti (bi di 14 mesi). Dopo 5 minuti ai novizi venivano presentati gli oggetti-test. L’80% dei novizi producevano almeno 3 dei 5 comportamenti modellati, mentre solo un bo su 20 ha fatto la stessa cosa nel gruppo di controllo. A quest’età l’imitazione differita è molto dipendente dal contesto? I bi forse sono in grado di riprodurre le azioni solo se si ritrovano nello stesso ambiente in cui le hanno apprese. Per verificare questa hp è stato ampliato il paradigma dell’imitazione tra i coetanei: i novizi guardavano l’azione in lab e dopo due giorni dovevano riprodurla a casa loro. Anche questo studio conferma la presenza di imitazione differita. 11 Questo tipo di flessibilità nell’applicare conoscenze nuove in contesi differenti: caratterista normale degli infanti. È probabile che bi con autismo siano più legati ai contesti di osservazione e siano meno flessibili nel generalizzare. Nell’imitazione differita i bi mettono in relazioni i movimenti percepiti con le sensazioni propriocettive e fanno ciò in riferimento anche agli oggetti. Questo potrebbe rappresentare gli inizi di un atteggiamento condiviso verso un oggetto in modo simile al riferimento sociale e all’attenzione condivisa che compaiono più o meno nello stesso periodo. I giochi di imitazione reciproca: un test del riconoscimento <ciò è simile a me> negli infanti I bi oltre ad imitare dovrebbero essere in grado di riconoscere quando gli adulti lo stanno imitando anche qui c’è una corrispondenza tra il comportamento del bo e dell’adulto. Esperimenti per verificare questa ipotesi con bi di 14 mesi tre esperimenti hanno dato risultati convergenti. Il primo prevedeva due adulti seduti di fronte ad un bo, ognuno di loro aveva a disposizione lo stesso giocattolo. Uno degli adulti imitava ogni azione del bo col giocattolo, l’altro no, teneva l’oggetto nelle mani in modo passivo. Dai risultati si è evinto che i bo manifestavano una preferenza schiacciante per l’imitatore: lo hanno guardato di più, gli hanno sorriso di più e lo hanno messo alla prova con comportamenti diversi. Quest’esperimento da solo non è però in grado di dimostrare una capacità dei bi di riconoscere l’equivalenza con l’altro, potrebbero essere semplicemente più attratti da chi manipola attivamente il gioco. In un secondo studio, l’unico cambiamento introdotto riguardava la condotta del secondo adulto: non rimaneva ferma ma manipolava attivamente i giocattoli. In più, l’adulto non si doveva limitare ad utilizzare i giocattoli, ma a manipolarli in modo bambinesco in modo che la preferenza per l’adulto imitatore non fosse solo dovuta ad una differenziazione tra azioni adulte ed infantili. Dietro al bo sono stati posti due monitor: uno riprendeva il bo nel momento attuale e uno riportava la registrazione del bo precedente. Entrambi gli adulti imitavano quello che vedevano in modo infantile, ma solo uno stava imitando quel che il bo faceva in quel momento. I risultati hanno confermato i dati precedenti. I bi erano in grado di riconoscere la relazione tra proprie azioni e quelle di chi li imita una tipologia di relazione interpersonale. Cosa c’è alla base di questo riconoscimento? Sono due i tipi di informazioni che lo rendono possibile: • Sulla contingenza temporale, il bo riconosce che tra le due azioni c’è un legame temporale e non che ci sia equivalenza • Sulle equivalenze strutturali, il bo riconosce che le 2 azioni hanno la stessa forma. Per scegliere tra queste due alternative studio che controllava gli aspetti temporali facendo in modo che gli adulti agissero nello stesso momento: uno riproduceva l’azione del bo, l’altro un comportamento diverso. I bi anche in questo caso erano in grado di riconoscere l’equivalenza strutturale tra sé stessi e gli altri. I bi riconoscono e apprezzano quando l’adulto imita a sua volta le sue azioni rispondono socialmente agli adulti che imitano strutturalmente (nello stesso modo e forma) le loro azioni e lo percepiscono come un contatto significativo con l’altro. Hp secondo cui nei bi con autismo sarebbe deficitaria la capacità di riconoscere le equivalenze tra i movimenti del corpo propri e altrui. Se questa hp fosse verificata, significherebbe che per i bi questo tipo di interazioni sarebbero meno piacevoli e meno prevedibili. I giochi di imitazione reciproca fondamentali per il primo sviluppo interpersonale gli adulti imitano in modo selettivo ed interpretativo le azioni dei bi: danno loro un’interpretazione delle intenzioni e degli scopi sottostanti a questi comportamenti e seleziona le azioni più significative a livello culturale all’interno del processo di scaffolding parentale. L’imitazione e la psicopatologia dello sviluppo: il caso della sindrome di Down e dell’autismo È stato utilizzato lo stesso esperimento di Meltzoff sull’imitazione differita adattandolo ai bi con sindrome di Down tra i 20 e i 43 mesi. Tra la fase di modellamento e l’imitazione c’era un tempo di 5 minuti, inoltre sono state somministrate delle prove di permanenza dell’oggetto per valutare la relazione tra quest’ultima capacità e l’imitazione differita. I bi mostrarono un ritardo nella comprensione della permanenza dell’oggetto di livello superiore, ma erano capaci di imitazione differita. Questi risultati sono altamente discordanti con la teoria classica (Piaget) secondo cui imitazione differita (riprodurre un’azione invisibile basandosi sulla memoria) e permanenza dell’oggetto di livello superiore ( conoscere la collazione di un oggetto in quel momento invisibile) compaiono insieme nello sviluppo e sono strettamente dipendenti l’uno dall’altro. Questi risultati confermerebbero invece l’idea che la sindrome sia caratterizzata da una <devianza evolutiva> questi bi hanno un ritardo selettivo in alcune aree e non in altre. Questi dati sull’imitazione differita non evidenziano una devianza rispetto allo sviluppo normale. Infatti, abbiamo dimostrato come l’imitazione differita, nei bi normali, non sia una conquista tardiva (18-24 mesi), ma può essere rilevabile già in bi di 9-14 mesi. Quindi i risultati dei bi Down coincidono quasi perfettamente con quelli dei bi normali i bi sono capaci di imitazione differita molto prima della comparsa della permanenza dell’oggetto e di superare le prove su una serie di spostamenti invisibili (sesto stadio periodo sensomotorio). 12 Anche un altro compito richiede ai bi di costruire modelli alternativi di realtà della realtà/apparenza: un oggetto sembra una cosa ma in realtà è un’altra la spugna che sembra una pietra. I bi vengono prima tratti in inganno dalle false sembianze della spugna e poi viene rivelata loro la vera identità. In seguito vengono intervistati per comprendere se sono in grado di rendersi conto del contrasto simultaneo tra ciò che la spugna sembra e ciò che è. La maggior parte dei bi di 4 anni risponde correttamente, quelli di 3 anni falliscono. È l’abilità logica di rappresentarsi modelli della realtà alternativi ad essere assente in questi bi? Bo di 2 anni che fa finta che una banana sia un telefono. La situazione viene rappresentata dal bo contemporaneamente come una situazione in cui c’è una banana nel mondo percettivo e una situazione in cui c’è il telefono nel mondo della finzione. Il bo sta rappresentando modelli alternativi e contradditori della realtà? Quando il bo vede e sente che la madre fa finta di lavare un orsacchiotto deve inferire da quello che vede e sente in realtà che la mamma sta fingendo di fare il bagno all’orsacchiotto. Quindi bi molto piccoli sono in grado di comprendere la realtà alternativa del gioco di finzione. Perché la falsa credenza non viene compresa? Rendersi conto di modelli alternativi di realtà non sembra essere il cambiamento critico che permette ai bi di 4 anni di superare il compito della falsa credenza. Ma forse il cambiamento riguarda l’abilità di manipolare modelli contraddittori. Nella finzione il modello alternativo viene solo stipulato o inventato, ma nella falsa credenza c’è una risposta giusta o sbagliata che richiede un calcolo mentale. Ma questa maggiore difficoltà nel calcolare il modello alternativo della realtà non sembra essere un fattore così importante. Leslie propone un’analisi secondo cui la capacità di fingere e di capire la finzione richiede un pieno possesso delle stesse strutture logiche implicate nella comprensione degli stati mentali. È possibile considerare il gioco di finzione come una manifestazione primitiva della ToM ed emerge con un meccanismo che permette di rappresentare e manipolare le relazioni cognitive con l’informazione. Questo meccanismo rappresenta la base innata specifica per lo sviluppo della ToM. La finzione da un punto di vista meccanicista La finzione di può trovare in 3 forme: • La sostituzione di oggetti: il far finta riguarda l’identità o i tipi • L’attribuzione fittizia di proprietà • Finzione dell’oggetto immaginario. Queste forme sembrano emergere contemporaneamente nel bo tra i 18 e i 24 mesi. Questo sviluppo deriva dalla capacità del bo di rappresentarsi mentalmente eventi ed oggetti. Il sistema che rappresenta il mondo in un modo serio e letterale è quello delle rappresentazioni primarie. Ma come fa questo stesso sistema ad essere usato per rappresentarsi la realtà e la finzione? La finzione sembra distorcere le normali relazioni di riferimento, verità ed esistenza delle rappresentazioni primarie. Esiste un isomorfismo tra la semantica dei resoconti di stati mentali e le tre forme fondamentali della finzione. Proprietà semantiche di proposizioni che esprimono il contenuto di stati mentali Le forme fondamentali della finzione 1. Opacità referenziale 1. Sostituzione di oggetti 2. Sospensione delle implicazioni di verità- falsità 2. Attribuzione fittizia di proprietà 3. Sospensione delle implicazioni di esistenza 3. Oggetto immaginario Quest’isomorfismo rivela il fatto che alla base di questi 2 fenomeni cognitivi differenti (gioco di finzione e resoconti di stati mentali) ci sia una forma comune di rappresentazione interna. La meta-rappresentazione è una rappresentazione interna composta da tre parti: <<Agente- Relazione Informazionale- espressione>>. Agente: persone. Espressione: qualsiasi rappresentazione primaria distaccata in cui le relazioni di verità, referenza ed esistenza sono sospese. Le espressioni distaccate hanno bisogno di essere collegate alla rappresentazioni primarie in modo specifico e questo avviene grazie alla Relazione Informazionale specificano la relazione tra agenti, espressioni distaccate e rappresentazioni primarie. 15 Meccanismo che genera queste meta-rappresentazioni e il gioco di finzione meccanismo di distaccamento che costruisce rappresentazioni come FACCIO FINTA che <questa tazza vuota contenga acqua>. La teoria metarappresentazionale definisce l’abilità di fingere e di capire la finzione negli altri come la capacità di formulare una funzione a tre termini fingo (a, <<ei>>, ej) a sono gli agenti, <<ei>> è un’espressione distaccata ed ej una rappresentazione primaria. Limiti sui meccanismi sottostanti alla finzione precoce Il meccanismo di distaccamento ha capacità limitate in 2 aree in particolare: • Le circostanze in cui può essere usato • Il potere espressivo delle meta-rappresentazioni che genera Ci sono dei manierismi specializzati essenziali affinché si instauri la finzione condivisa, come: occhiate, sorrisi di intesa, intonazione melodica, gesti esagerati. Questo tipo di comportamenti sono definiti come meta-comunicazione: servono per segnalare la finzione all’altro. Secondo Leslie questo comportamento serve come meta-comunicazione nell’attivare il meccanismo di distaccamento della finzione. Altri aspetti del contesto che facilitano o no l’attivazione di questo meccanismo sono l’amichevolezza o il grado di familiarità con il partner. Secondo limite: Wellman ha messo in luce come bi di 3 anni siano già in grado di operare con nozioni come il pensiero di x e pensare che p la cui comprensione però non può essere supportata dalle meta-rappresentazioni con la forma <Agente-Informazione relazionale-espressione>. Infatti le meta-rappresentazioni in questa forma non permettono di rappresentare la conoscenza enciclopedica sugli stati mentali e sulle azioni mentalisticamente radicate. Per spiegare il pensiero del bo di 3 anni è necessario perciò ipotizzare l’esistenza di un insieme di forme meta- rappresentazionali collegate in modo sistematico Fingo x, Finzione x, Fingere x. L’hp di Leslie è che i meccanismi cognitivi che sono alla base della costruzione da parte del bo di una teoria della mente sfruttino le relazioni sistematiche tra insiemi di espressioni di meta-rappresentazioni che osserviamo nel linguaggio del pensiero. Comprendere le false credenze: associare le meta-rappresentazioni con la causalità I bi non superano i compiti di falsa credenza fino ai 4 anni, perché? Perner e coll compito degli Smarties a bi di 3 anni. La maggior parte fallisce nel predire la falsa credenza dell’amico. La cosa interessante è che 9 di questi bi erano capaci di dire cosa pensavano ci fosse all’interno della scatola all’inizio e che si erano sbagliati. Nonostante fossero in grado di riportare una propria falsa credenza, questi bi non erano capaci di comprendere il processo che gli aveva portati ad avere una falsa credenza e a predire in modo corretto il comportamento dell’amico. Possiamo affermare che il problema del bo non consiste non consiste nel rappresentarsi le false credenze in quanto tali, ma sembra che il problema sia per lui comprendere come le credenze sono relate causalmente alle situazioni del mondo. La realtà degli stati mentali Può essere che i bi di 3 anni non pensino agli stati mentali come un qualcosa che può essere causato da eventi concreti e che a loro volta possano essere la causa di cose concrete come i comportamenti. Il fatto che i bi di 3 anni si soffermino sull’astrattezza e mancanza di materialità degli stati mentali può rendere difficile loro comprendere che possano essere causa ed effetto di cose concrete e che quindi gli stati mentali sono da considerarsi reali. Forgiare associazioni Il suggerimento di Leslie è che i bi debbano dare forma ad un’associazione tra la loro comprensione di causa ed effetto nel mondo fisico e la loro capacità di rappresentare stati mentali. Il collegamento può essere fornito dalla percezione. Ad esempio il bo deve comprendere che il fatto di essere esposta alla biglia nella scatola causa in Sally la credenza che la biglia sia nella scatola e che la mancata esposizione allo spostamento della biglia lascia immutata la credenza di Sally e che sarà quest’ultima a determinare il suo comportamento. Esaminiamo la relazione tra il bo di 2 anni che è in grado di fingere e il bo di 4 anni che comprende la falsa credenza. I bi di 2-3 anni hanno una visione causale del mondo ma prendono in considerazione come possibili cause del comportamento solo oggetti ed eventi concreti, ma anche possibili stati interni come la fame. In modo indipendente da questa visione causale i bi possono formulare rappresentazioni di stati mentali quest’ultima è una capacità che si sviluppa in modo parallelo ma che è usate solo in circostanze specifiche come la finzione, i resoconti di cambiamenti di conoscenza. A 4 anni questi due capacità si integrano tra di loro gli stati mentali vengono inclusi tra le possibili cause di comportamenti e gli effetti dell’esposizione percettiva a una situazione. 16 L’autismo infantile Deficit nello sviluppo di una teoria della mente valutato attraverso il compito della falsa credenze e di figure in sequenza (vd libro) La loro conoscenza non può essere considerata ferma al livello raggiunto dai bi di 3 anni anche lo sviluppo del gioco di finzione è altamente anormale. Leslie propone che se risultasse un danno fondamentale al gioco di finzione in questi bi sarebbe possibile ipotizzare un grave disturbo neuro-evolutivo che va ad intaccare la base innata della teoria della mente. Leslie considera 4 principali eventi evolutivi in cui le meta-rappresentazioni hanno un ruolo fondamentale: • L’emergere della capacità meta-rappresentazionale segnalata dalla comparsa della finzione • L’emergere di un insieme di forme di meta-rappresentazione relate: qlc finge/pensa e- la finzione/il pensiero che e- fingere-pensare e. questo insieme permette di rappresentare una conoscenza generale sugli stati mentali. • L’acquisizione delle espressioni rilevanti nel linguaggio naturale • La concettualizzazione degli stati mentali all’interno di una rete causale fornisce una forte capacità inferenziale che può incorporare le meta-rappresentazioni e che aiuta il bo a comprendere il mondo sociale. Dai desideri alle credenze: l’acquisizione di una teoria della mente Wellman A che età i bi adottano la concezione mentalistica del comportamento umano (il comportamento= conseguenza di stati mentali interni)? A 3 anni. Risposta articolata in tre punti: Abbozzo di una teoria della mente 2 aspetti della mente: • Ipotetico: l’essenza è la ns comprensione della differenza tra pensieri e idee vs ogg e comportamenti manifesti. Le prime sono entità mentali: interne, soggettive, ipotetiche, irreali; le altre sono entità fisiche: reali, esterne, sostanziali, oggettive. L’espressione teoria della mente sottolinea la nostra comprensione di questa natura ipotetica della mente. I bi di tre anni sono in grado di distinguere tra entità fisiche e mentali. • Causale: quest’aspetto raffigura le azioni come prodotto dell’azione di desideri e credenze. L’espressione psicologia desiderio-credenza sottolinea quest’aspetto causale della mente. I 2 aspetti sono strettamente interconnessi. N.B. Teoria della mente e psicologia desiderio-credenza sono 2 etichette utilizzate per indicare la stessa cosa. La psicologia desiderio-credenza è caratterizzata da una triade fondamentale: credenze, desideri e azioni le persone mettono in atto determinate azioni perché credono che quest’ultime possano soddisfare i propri desideri. Ma la teoria è più complicata di così, in quanto incorpora non solo questa triade, ma anche una rete di costrutti connessi come gli stati fisiologici e le percezioni. Secondo questo modello: • Gli stati fisiologici e le emozioni sono alla base dei desideri • Le percezioni scaturiscono le credenze • Questi 2 stati mentali chiave causano le azioni • Le azioni producono dei risultati nel mondo a cui l’individuo risponde con delle reazioni 2 tipi: dipendenti dai desideri e dipendenti dalle emozioni. Questi stati mentali sono privati e non possono essere osservati direttamente, ma possono essere inferiti. Sembra giusto porsi due quesiti: 1. Se i bi conoscono desideri e credenze di un agente, sono in grado di prevederne il comportamento? 2. I bi sono in grado di spiegare le azioni facendo riferimento ai desideri e alle credenze? La psicologia desiderio-credenze nei bi di 3 anni Predizioni Compito di credenza standard: valuta se i bi capiscono che bisogna prendere in considerazione non solo i desideri dell’agente, ma anche le sue credenze al fine di predirne le azioni. Ma i bi potrebbero rispondere correttamente a questo tipo di compito utilizzando strategie alternative e senza comprendere le credenze. Per controllare queste strategie variazioni del compito: • Compiti di credenza non ai bi veniva detto che Sam pensa che il suo cagnolino non sia nel garage in modo che non dessero la risposta corretta semplicemente citando l’ultimo posto menzionato. • Compiti di credenza diversa dalla propria veniva chiesto al bo qualcosa sulle sue credenze, su dove secondo lui si trovasse il cagnolino, in modo tale che si fosse sicuri che la risposta corretta non fosse dovuta a ciò che lui credeva. 17 Per dimostrare questa stabilità della rappresentazione delle false credenze nei bi, il paradigma della falsa credenza è stato descritto in una versione competitiva e in una collaborativaMaxi si trova nella posizione di dire qualcosa di vero o di falso. La rappresentazione della credenza di Maxi deve essere sufficientemente stabile perché la sua intenzione di dire qualcosa di falso o di vero possa essere vincolata alle sue credenze. ESPERIMENTO 1 36 bi suddivisi in gruppi di età: 4-5 anni, 6-7 anni, 8-9 anni. Utilizzo di 3 contenitori di cassette e di 3 scatole per fiammiferi per occultare un oggetto. 2 figure di cartoncino rappresentanti un bo e una ba. Ad ogni bo venivano raccontate due storie. Di ogni storia esistevano 2 versioni: cooperativa e competitiva. Per metà dei soggetti la storia 1 era raccontata nella versione coop e la 2 nella versione competitiva, viceversa per l’altra metà. Vd libro Risultati Alla domanda sulla credenza: dove Maxi cercherà la cioccolata? La maggior parte dei bi di 4-5 anni indicava scorrettamente la posizione reale y, mentre la maggior parte dei bi di 6-9 anni dava la risposta corretta indicando x. Le risposte sbagliate non era dovute all’incapacità di ricordare gli eventi perché l’80% dei casi in cui era stato indicato y erano seguiti da una risposta corretta sulla memoria: ti ricordi dove Maxi ha messo la cioccolata all’inizio? Di contro chi rispondeva in modo corretto alla domanda sulla credenza rispondeva in modo corretto anche alla domanda sulla memoria. Trai i bi che risp correttamente alla domanda sulla credenza la maggior parte era in grado di costruire in modo appropriato enunciati ingannevoli o veritieri in base alla versione della storia questo accadeva in tutte le fasce d’età. Mentre i soggetti che risp in modo sbagliato alla domanda sulla credenza per la maggior parte rispondevano alla domanda sull’enunciato (dove dirà Maxi che si trova la cioccolata?) indicando sempre la collocazione y senza tener conto delle intenzioni ingannevoli o veritiere del protagonista. ESPERIMENTO 2 Sono state esplorate 2 spiegazioni sul perché la maggior parte dei bi piccoli non era in grado di rispondere correttamente alla domanda sulla credenza. La prima spiegazione fa riferimento al fatto che i bi piccoli siano molto impulsivi nel dare le risposte, per cui anche meno accurati rispetto ai bi più grandi. Per tenere sotto controllo quest’aspetto dell’impulsività è stata introdotta una richiesta di fermarsi a pensare prima di porre la domanda sulla credenza. La seconda spiegazione si riferisce invece ad una possibile interferenza tra le rappresentazioni mentali: la descrizione della credenza errata del protagonista era molto simile alla descrizione della conoscenza del bo. Per questo motivo è stata introdotta una nuova condizione in cui il cioccolato non veniva spostato in una scatola di colore diverso, ma veniva preso e fatto sparire. La stessa storia veniva presentata al bo ma con 3 condizioni differenti: • Spostamento standard • Spostamento fermati e pensa • Sparizione Risultati I bi di 5-6 anni hanno risposto tutti correttamente alle 2 nuove condizione, mentre solo metà di loro ha risposto bene al compito con spostamento standard. I bi di 4-5 anni hanno avuto una prestazione migliore nel compito con sparizione, mentre non c’è nessuna prova che la condizione fermati e pensa sia in grado di aiutare i bi di 4-5 anni. Mentre non c’è alcuna prova attendibile che i bi di 3-4 anni siano in grado di attribuire una falsa credenza in nessuna delle 2 condizioni sperimentali. Vedi sul libro le risposte alla domanda sulla credenza nella condizione con sparizione. Controlli sulla memoria Le domande sulla memoria veniva fatte solo nel caso di risposte sbagliate alla domanda sulla credenza. Bi di 4-6 anni: per l’83,7% dei casi le risposte scorrette sulla credenza erano seguite da risposte corrette sulla memoria. Bi di 3-4: lo stesso ma solo per il 37,8% dei casi. Interessante notare la differenza tra la prestazione dei soggetti alla condizione con spostamento e con sparizione. In modo controintuitivo, i di 4-5 anni che davano risposte scorrette alla domanda sulla credenza nella condizione con 20 sparizione, davano solo il 66.7% di risposte corrette alla domanda sulla memoria, mentre nella condizione con spostamento raggiungevano l’81,8%. Lo stesso vale anche per i bi di 3-4 anni. ESPERIMENTO 3 Per valutare la capacità dei bi piccoli di costruire enunciati ingannevoli senza la complessità che deriva dal rappresentare le false credenze. Storie modificate spostamento x-x e non più x-y. In questo modo non dovrebbe più esserci la difficoltà legata alla credenza del protagonista e i dovrebbe esserci una proporzione più alta di enunciati corretti. Bi di 4-5 anni e di 5-6 anni. A ogni bo venivano raccontate due storie: una nella versione cooperativa e l’altra nella versione competitiva. Nella condizione con spostamento x-x tutti i soggetti rispondevano correttamente alla domanda sulla credenza ma solo 11 su 24 davano una risposta corretta alla domanda sull’enunciato (percentuale non molto diversa da quella ottenuta nella condizione spostamento x-y). Chi rispondeva correttamente alla domanda sulla credenza nella condizione x-y le risposte alle domande sull’enunciato hanno replicato i risultati dell’esperimento 1. L’alta proporzione di enunciati corretti da parte dei bi di 4-5 anni che avevano dato risposte corrette alla domanda sulla credenza non vi è una differenza legata all’età nell’uso di rappresentazioni di conoscenze costruite correttamente. ESPERIMENTO 4 La difficoltà dei bi nel compito con spostamento x-x sembra essere dovuta ad un’incapacità nel comprendere l’intenzione di ingannare: comprendere il piano del protagonista di indurre una falsa credenza nel suo avversario. Questa difficoltà è tuttavia in contrasto con la preferenza dei bi di quest’età per le fiabe, alcune delle quali sono basate sugli inganni. Sono state costruite due storie in cui il protagonista pronunciava un enunciato critico la cui verità o falsità doveva essere giudicata dai bi. L’enunciato era preceduto da uno dei tre diversi contesti: • Contesto di inganno: conflitto tra la meta del protagonista e quella dell’antagonista + l’enunciato critico= suggeriscono con forza il piano di inganno del protagonista. Il giudizio corretto dell’enunciato come falso implica l’inferenza di questo piano di inganno. • Contesto estremamente ingannevole: aggiunta dell’informazione fattuale al contesto di inganno. • Contesto informativo (condizione di controllo) Se la scarsa capacità dei bi più piccoli nel rispondere alla domanda sull’enunciato negli esp 1 e 3 fosse dovuta ad una scarsa comprensione dei piani di inganno allora questi giudicheranno in modo sbagliato gli enunciati critici nei contesti di inganno. Bambini di 4 anni e mezzo e di 5 anni e mezzo. A ogni soggetto venivano raccontate le storie con lo stesso tipo di contesto: metà dei soggetti ricevevano le storie con un contesto di inganno, l’altra metà con contesto informativo. Ad un terzo gruppo di bi di 4 anni e mezza veniva raccontata la storia con contesto estremamente ingannevole. L’indicatore più critico per stabilire se l’enunciato veniva interpretato correttamente facendo riferimento al contesto era la domanda di verifica a) sulla verità dell’enunciato. Nel contesto informativo tutti i bi davano risposte appropriate. Nei contesti ingannevoli i bi più piccoli tendevano a giudicare gli enunciati critici come veri, mentre quasi tutti i bi di 5 anni e mezzo rispondevano in modo corretto. Lo stesso risultato riceve conferma nelle risposte alle domande b b’ sul perché il protagonista della storia avesse pronunciato quell’enunciato. Bi di 4 anni e mezzo: difficoltà nel comprendere i piani di inganno. Bi di 5 anni e mezzo trovano più semplice inferire un piano di inganno che costruirne. Tuttavia, lo scarto tra queste due abilità non è molto ampio dato che abbiamo visto che all’età di 6-7 anni i bi sono in grado di costruire enunciati ingannevoli. Vd libro per discussione generale PARTE TERZA DEFICIT NELLO SVILUPPO DI UNA TEORIA DELLA MENTE Il deficit della teoria della mente nell’autismo Di Luigia Camaioni Cosa significa possedere una ToM La tipicità della mente umana consiste nel possedere una teoria della mente o psicologia del senso comune= capacità di interpretare azioni e comportamenti a partire dalle sue credenze, pensieri, emozioni, ecc. 21 Punti di partenza di questa teoria della mente sono: • Emozioni fondamentali e stati fisiologici desideri • Percezioni e sensazioni credenze Le nostre azioni producono dei risultati, i quali attivano reazioni emotive congruenti. Stati mentali chiave in questa teoria: desideri e credenze che causano sia le nostre azioni che le nostre reazioni emotive. Utilizziamo questi stati mentali anche quando dobbiamo spieghiamo e cerchiamo di prevedere il nostro/altrui comportamento. Wellman desiderio= stato mentale più semplice della credenza. Attribuire un desiderio ad una persona significa attribuirle uno stato interno (desiderare qualcosa) diretto verso un oggetto esterno. Attribuire una credenza significa attribuire una meta-rappresentazione, cioè uno stato interno innestato su un altro stato interno. Wellman bi di 2 anni= psicologia del semplice desiderio; 3 anni= psicologia della credenza-desiderio. Ci sono varie evidenze empiriche che sostengono questa sequenza evolutiva. Leslie la concezione del mondo= incompleta basata su una teoria causale e una teoria delle mente come sistemi indipendenti. Per i bi di 3 anni è difficile creare associazioni stabili tra visione causale della realtà e la concezione della vita mentale interiore come entità astratte determinano azioni e comportamenti completi? A quest’età i bi non si rendono conto del fatto che le persone agiscono in base a come pensano che le cose siano. A 4 anni il bo riesce a creare queste associazioni stabili padroneggiare una vera e propria teoria della mente. Possibili precursori per lo sviluppo di una teoria della mente Diversi autori hanno individuato questi precursori in abilità che si manifestano prima della fine dell’anno: • Attenzione condivisa (B-C, Mundy, Sigman a Kasari) • La comunicazione intenzionale di tipo dichiarativo (Camaioni) • La capacità del bo di imitare (Meltzoff e Gopnik) Tra i 9 e i 13 mesi: cambiamento del modo in cui il bo si relazione con il mondo sociale e fisico. Fino ai 5-6 mesi il bo è impegnato in sequenze diadiche bo-persona; bo-oggetto. Dopo i 6 mesi compaiono le sequenze triadiche: bo- altro- oggetto. In queste si può stabilire una nuova capacità del bo di stabilire un fuoco attenzionale esterno alla relazione: potenziale argomento su cui comunicare. Intorno alla stessa età, questa triangolazione è evidente anche nel fenomeno del riferimento sociale. Per quanto riguarda i comportamenti attentivi, il bo è in grado di dirigere l’attenzione dell’altro verso un oggetto/ evento esterno attraverso gesti deittici che sono solitamente accompagnati dal guardare in alternanza la persona e l’oggetto. Secondo B-C questi fenomeni appartengono al meccanismo di attenzione condivisa: un modulo la cui funzione è quella di rappresentare se il soggetto e un altro guardano lo stesso oggetto. La comparsa universale di questo meccanismo tra i 9 e i 14 mesi e la sua assenza/disfunzione nei bi autistici porta B-C a pensare che sia un precursore necessario per lo sviluppo della capacità di leggere la mente. La Camaioni invece intenzione comunicativa di tipo dichiarativo= manifestazione più chiara del meccanismo di attenzione condivisa. in questo tipo di comunicazione il bo indica un oggetto/evento all’adulto alternando lo sguardo tra i due e spesso lo fa nominando e commentando quest’oggetto di attenzione comune. Con questo il bo vuole provocare una certa influenza su uno stato interno dell’altro come quello ad esempio di provare interesse per qualcosa. In queste sequenze di tipo dichiarativo l’altro viene rappresentato come un essere capace di contemplazione (non semplice agente che può essere indotto ad agire per soddisfare una propria richiesta tipico delle sequenze richiestive). Ci sono infatti evidenze empiriche dissociazione evolutiva tra i due tipi di sequenze: • Nello sviluppo tipico i bi comprendono e utilizzano l’indicare richiestivo prima di quello dichiarativo decalage temporale di 3 mesi la funzione richiestiva richiede capacità più semplici (comprensione dell’altro= agente) di quelle della fz dichiarativa (comprensione altro= soggetto psicologico ed intenzionale. • Sviluppo atipico nell’autismo deficit comunicativo specifico riguardante la funzione dichiarativa e non richiestiva. Deficit comunicativo e cecità mentale nell’autismo Tra i deficit sociali dell’autismo: • Deficit dello sviluppo comunicativo • Deficit nell’attenzione condivisa Questi bi non seguono la linea dello sguardo dell’adulto e non alternano lo sguardo tra adulto ed oggetto. Sono molto capaci di richiedere oggetti o azioni di cui necessitano, utilizzando però prevalentemente gesti di richiesta basati sul contatto (tirare l’adulto per mano) raramente osservati nei bi con sviluppo tipico. Questi bi sono comunque capaci di utilizzare gesti deittici richiestivi (anche se meno frequenti). Quello di cui sembrano incapaci è utilizzare gesti deittici con funzione dichiarativa manca la capacità di condividere l’attenzione/ interesse con l’altro per un evento esterno. 22