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Riassunto Una vita cinese - il tempo del padre, Sintesi del corso di Storia Cinese

Riassunto una vita cinese - 1. Il tempo del padre, diviso in capitoli, sottolineate le informazioni più importanti e integrato di approfondimenti sui personaggi storici citati.

Tipologia: Sintesi del corso

2021/2022

In vendita dal 30/08/2023

elisa-maria-38
elisa-maria-38 🇮🇹

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Scarica Riassunto Una vita cinese - il tempo del padre e più Sintesi del corso in PDF di Storia Cinese solo su Docsity! UNA VITA CINESE – RIASSUNTO PREFAZIONE La storia antica si misura in dinastie (durante anche parecchi secoli), mentre la storia recente si misura in generazioni (ritmo più accelerato).  Mao Zedong 1949 il grande timoniere segna la prima generazione della dinastia comunista.  Deng Xiaoping 1977 iniziatore prima fase delle riforme economiche, rappresentante della seconda generazione.  Xi Jinping attuale, incarna la quinta generazione. Coloro che sono nati negli anni 50 hanno vissuto tutto, slanci idealisti, disastri, gioie collettive, delusioni individuali. Hanno conosciuto le trasformazioni dell’era post- maoista, quando Deng Xiaoping, proclamò: “Non importa che il gatto sia nero o bianco, l’importante è che riesca a catturare il topo”, slogan alla base di uno sviluppo economico. Questa generazione (e generazione del protagonista) è quella che oggi è al potere in Cina, una generazione che ha sete di successo e di riconoscimento e vuole lasciare un’eredità positiva a quelle che verranno. È la generazione dei “figli di Mao”. Questa si inserisce in una lunga storia, quella della Cina alla ricerca della modernità. Da 150 anni la Cina viveva indebolita: incontro con l’Europa forte e desiderosa di conquiste, le “guerre dell’oppio” che nel 1842 permisero agli inglesi di impadronirsi di Hong Kong, il saccheggio del Palazzo d’Estate da parte dei francesi e britannici nel 1860, la guerra contro il Giappone protrattasi fino al XX secolo. La vittoria di Mao nel 1949 ha posto fine ad un’era di instabilità e divisioni, permettendo alla Cina di risollevarsi, ma ad un prezzo molto alto: ci sono state catastrofi come il Grande balzo in avanti, che a causato la carestia, e la Grande rivoluzione culturale proletaria, che rischiò di precipitare il paese nel caos sulla scia di lotte di potere tra frazioni rivali a Pechino. Per quelli che sono sopravvissuti, la fine della dottrina maoista ha segnato l’inizio della rivincita, su loro stessi e sulla storia. La grande capacità di Deng Xiaoping, detto il Piccolo Timoniere per via della sua bassa statura, è stata quella di dare sfogo all’enorme serbatoio di energie dei cinesi. 30 anni di riforme e apertura, hanno trasformato la Cina al di là dell’immaginabile (città cinesi sono diventate megalopoli, le biciclette sostituite dalle auto, il paese è diventato un immenso cantiere, un’enorme zona industriale). Alla fine degli anni 70 la Cina è ridiventata una delle principali potenze economiche del globo, con aziende in grado di lanciarsi alla conquista dei mercati internazionali, e invitata alla tavola di chi fino a ieri aveva dominato il mondo. I cinesi hanno accolto questa apertura con entusiasmo data la promessa di una vita migliore e più sicura, ma hanno dovuto imparare a gestire le differenze sociali, a cavarsela da soli dato il crescente individualismo ed il progressivo disimpegno dello Stato rispetto alla vita delle persone,… La velocità del cambiamento lascia sbigottita una parte della popolazione, c’è anche chi comincia a guardare nel retrovisore con un pizzico di nostalgia (gruppi di vecchi che si riuniscono a cantare le canzoni della Rivoluzione culturale, tassisti con in macchina il ritratto di Mao). I cinesi hanno con quel periodo un rapporto paradossale. Il presidente Mao rimane il punto di riferimento assoluto, ma allo stesso tempo le loro vite, la società l’economia e il paese si organizzano e si muovono seguendo precetti che non hanno nulla a che vedere con il “pensiero alla Mao Zedong” e il marxismo-leninismo. Il fondatore della Repubblica popolare è diventato addirittura oggetto di derisione da parte di artisti contemporanei. Un’ambiguità alimentata dai lontani discendenti di Mao, che da questa continuità storica ancora oggi traggono la loro legittimazione e non vogliono né interrompere una discendenza che si perpetua e dà loro il potere, né seguire la dottrina contestata punto per punto da quegli stessi che la rivendicano ancora. La storia ufficiale è strettamente controllata, secondo la dottrina ufficiale, Mao è “70% buono e 30% cattivo”. L’uomo della strada però non si pone queste domande ed ha imparato ad essere fiero di una Cina che in passato non gliene ha fornito molte occasioni, una fierezza che tra i più giovani prende accenti nazionalisti. Il lancio di un cinese nello spazio, le Olimpiadi del 2008 a Pechino fanno parte di questi momenti di fierezza collettiva, che compensano le sconfitte di ieri. Il gap generazionali tra i vecchi che hanno conosciuto la rivoluzione maoista (che sono consci dei pericoli dei grandi movimenti collettivi e hanno pagato per imparare a immettere una buona dose di pragmatismo nella loro visione del mondo) e i giovani della rivoluzione Internet (che non hanno pura di niente e hanno una fede assoluta nella loro capacità individuale e collettiva di fare della Cina il paese “di Mezzo”) è enorme, più vasto che nella maggior parte degli altri paesi. Numerose sono le domande ancora senza risposta, a cominciare da quelle sulle libertà civili e sul sistema politico, un tabù tanto più forte se si pensa all’incidente di piazza Tienanmen, la repressione della “Primavera di pechino” nel giugno 1989, che slogan: "Seguite gli esempi del compagno Lei Feng". Lei è stato ritratto come un cittadino modello, e le masse sono state incoraggiate a emulare il suo altruismo, modestia e devozione a Mao Zedong. Dopo la morte di Mao, i media statali hanno continuato a promuovere Lei Feng come modello di serietà e servizio, e la sua immagine appare ancora in forme popolari come su magliette e cimeli.) un eroe perché ha consacrato la vita al servizio del popolo. Era originario dello Hunan, stessa provincia del presidente Mao. Morì in un incidente con un camion a soli 23 anni. Ma teneva un diario che fu letto dal presidente il quale ha visto in lui l’eroe che dedicò la sua esistenza ad aiutare il prossimo, un soldato al servizio del popolo. Era un modello che bisognava studiare, un soldato devoto alla rivoluzione e al partito. Lei riempì quell’epoca in cui tutti uscivano dalla carestia e non avevano nulla, ma lo spirito di Lei Feng dava loro forza e speranza. Lei aiutava i contadini contro il proprietario terriero, la borghesia. I temi militari erano tra le materie di studio principali, venivano personaggi per raccontare le loro storie (la guerra contro i giapponesi, la resistenza dei coreani contro gli USA, l’invasione messa a punto dagli imperialisti americani con la complicità dei traditori nazionalisti rintanati a Taiwan). Nelle scuole e nelle fabbriche ci si preparava a combattere, nei centri delle città si scavava giorno e notte per costruire rifugi antiaerei. CAPITOLO 2 Nella primavera 1966 erano già pronti a entrare in guerra contro i nazionalisti, quando d’improvviso prese vita un movimento di un’ampiezza senza precedenti, le cui conseguenze si ripercossero nel mondo intero, la: “grande rivoluzione culturale proletaria”. Dissero che i loro nemici all’estero e all’interno si erano alleati per distruggere la loro felicità e l’unica salvezza era la rivoluzione culturale. Fu distribuito il libro che aveva le risposte per tutti, ad ogni domanda: “Yu Lu” ovvero “le citazioni” del presidente Mao, noto in occidente come “il libretto rosso”. A scuola si doveva imparare a memoria il libretto per imprimere nella mente dei bambini e dei ragazzi l’ideologia promossa da Mao. Le maestre fecero cambiare i nomi di questi ragazzi, bisognava abbandonare quei nomi delicati e dolciastri, si doveva fare largo alla forza, al coraggio, all’audacia. E cambiarono coì anche i nomi delle vie, dei fiumi, i templi, i ponti,… E si iniziò a prendere ai ricchi per dare ai poveri, il pensiero del proletariato doveva annientare i comportamenti dei borghesi. Si ritirava tutto ciò legato alla vecchia Cina, il dio del denaro, la dea della misericordia, i caratteri che dovevano portare fortuna, felicità. I borghesi erano visti come una classe decadente sfruttava gli altri. Anche il cibo cambiò, bisognava mangiare ciò che piaceva ai lavoratori, cibo che costava poco, nutriente, anche il tè non si beveva più. Il 16 luglio il presidente Mao, che secondo certi malevoli auspici era ormai molto indebolito, diede prova della propria vitalità all’intera nazione attraversando il fiume Yangtze a nuoto, davanti alle telecamere. La portata simbolica di quella che a noi parve un’impresa sovraumana fu tale che andare a nuotare il 16 luglio divenne, per oltre un decennio una consuetudine di massa. Ciò ridiede slancio anche al nostro ardore nel “prendere ai ricchi, dare ai poveri”. (i bambini andavano nei luoghi per cambiare le cose, gli spettacoli con le parole di Mao, le foto delle vetrine con foto dove si mostrava il libretto rosso, al sarto vennero tagliati i pantaloni perché visto come un borghese un reazionario, poi dal parrucchiere per fargli fare solo acconciature semplici ma per riuscire a fare ciò il gruppo decise di far disegnare a xiao li le acconciature proibite e quelle no in quanto il parrucchiere aveva detto di non saper leggere, fu il primo suo successo d’artista e di rivoluzionario… [nel libro queste cose sono fatte da xiao li e i suoi compagni ma il capo del gruppo è il suo amico hongbao]. L’agosto del 1966 fu caldo. Dopo aver allontanato dal potere Liu Shaoqi, Deng Xiaoping e Chen Yun, il presidente Mao riunì per 8 volte milioni di giovani guardie rosse in piazza Tien An Men. La rivoluzione culturale era pronta a “spostare le montagne e rovesciare i mari”. Fu allora che si scatenò in tutta la sua forza. Le guardie rosse (Le Guardie rosse (紅衛兵 T, 红卫兵 S, Hóng Wèi BīngP) nella Repubblica Popolare Cinese erano gli studenti delle scuole superiori e delle università, protagonisti fondamentali del primo periodo (1966-1968) della Rivoluzione culturale. Le Guardie rosse che inneggiano a Mao Tse-tung, impugnando il Libretto rosso, sono l'icona più nota della Rivoluzione culturale e della Cina maoista. Il movimento delle Guardie Rosse a Pechino culminò durante l '"Agosto Rosso" del 1966, che in seguito si estese ad altre aree della Cina continentale.[1][2] Le loro attività sono strettamente collegate agli eventi della Rivoluzione culturale, un periodo caotico difficile da decifrare, come spiega il sinologo John K. Fairbank (Storia della Cina contemporanea, 1985), che propone una suddivisione in quattro fasi: 1. fino all'estate 1966 - tensione all'interno del partito fra i radicali di "sinistra" e i moderati di "destra". Mao allontana alcuni vertici. 2. dall'agosto 1966 alla fine del 1966 - sollevamento delle Guardie rosse e campagna contro gli intellettuali 3. da gennaio 1967 all'estate del 1968 - presa del potere: le Guardie rosse occupano le istituzioni, lo stato non funziona. Le "unioni a tre" volute da Mao falliscono e le lotte di fazione degenerano. 4. dall'estate 1968 all'aprile 1969 - smobilitazione delle Guardie rosse, controllo da parte dei militari e ricostruzione del partito. Il IX Congresso (aprile 1969) conclude la Rivoluzione culturale. ) erano numerose, giovani e impetuose. Come soldati di un’armata celeste armati dell’onnisciente libretto rosso, si lanciarono senza alcun freno nella grande impresa per la quale erano stati scelti dal loro padre, il presidente Mao. Dal centro di pechino fino ai villaggi più remoti del paese, la rivoluzione culturale dilagò con la rapidità di un lampo. Nei primi giorni le guardie rosse imboccarono semplicemente gli stessi sentieri tracciati 30 anni prima dai loro predecessori durante la lunga marcia, avventurandosi a piedi verso le dure steppe e le alte montagne. Ben presto le esigenze della rivoluzione costrinsero ad accantonare i simboli in nome dell’efficienza: le guardie rosse ebbero a disposizione i trasporti pubblici, e a quel punto arrivarono ovunque in un tempo record. La rivoluzione diventò insurrezione, si iniziò a spazzar via tutto ciò che faceva parte della vecchia Cina e tutto quello legato alla borghesia. Distruggendo tutto quello che trovavano nelle case, nei negozi,… Tutto quello che si erano pazientemente trasmessi nel corso dei millenni, di generazione in generazione, tutti quegli oggetti quanto mai preziosi finivano lì sospesi, a disperdersi nell’aria, tra le nubi di fumo e le ceneri di cui riempivano i loro polmoni. Il protagonista dice espressamente di essere pentito di aver appoggiato e partecipato a questa rivoluzione, darebbe tutto per tornare indietro e recuperare anche solo qualcuno di quegli splendidi oggetti portatori della loro storia. Anche l’aspetto cambiava, i ragazzi creavano squadre di combattimento e si mettevano la fascia rossa al braccio, le ragazze tagliavano i capelli a zero, Qi Bao (amico del protagonista) mise una spilla sulla pelle dal lato del cuore raffigurante Mao. Poi le squadre di combattimento che erano state create nella scuola fecero la loro prima “assemblea di autocritica” ed i professori furono lasciati nelle loro grinfie, insignificanti contro la marea. Slogan “facciamo a pezzi i capitalisti della nostra scuola”. Da quel giorno i professori portarono una fascia bianca simbolo di infamia e la mattina si appostavano all’ingresso della scuola per accogliere gli studenti con tutto il rispetto dovuto. Poi più di 16 milioni di guardie rosse furono spedite nelle campagne (terra piena di opportunità dove imparare dai contadini e dai poveri) quelle del nord andarono a sud, quelle dell’est andarono a ovest e viceversa. La maggior parte poté tornare a casa solo dopo molti anni. Con le guardie rosse in campagna e i funzionari del partito uccisi o in rieducazione, era come se la città fosse nelle loro mani. Erano già tre anni che non erano soggetti ad alcuna autorità. Erano cresciuti senza rendersene conto e senza aver imparato niente di veramente utile. I soli ad essere ancora realmente in piedi erano l’esercito e il presidente Mao. Nell’aprile del 1969, il IX congresso del partito comunista stabilì infine di porre termine una volta per tutte a quel periodo di anarchia. Da quel momento ogni giornata ebbe inizio al sorgere del sole, con un’adunata (Riunione obbligatoria, per lo più a carattere militare o paramilitare) generale nelle scuole, negli uffici, nelle fabbriche,… Xiao Li teneva un diario: “7 febbraio 1970, è da un mese che si è iniziato a riempire il lago Weihai entro due anni dovremmo aver finito”, “5 ottobre 1970, ieri il presidente Mao ha dato il benvenuto al principe Sihanouk per la festa nazionale, era esausto il presidente non riusciva nemmeno ad aprire gli occhi”, “23 giugno 1971, ho avuto il permesso di andare a trovare mio padre nel suo centro di rieducazione del 7 maggio”. Xiao Li trascorse due giorni con il padre che prima era così loquace, si limitò a sussurrare e a dire che aveva molto lavoro e finì per chiedergli di anticipare la sua partenza. Ai 17 anni di Xiao Li, appena diplomato, non sapeva che doveva fare, se avesse dovuto andare in campagna anche lui per imparare dai contadini poveri, o diventare un soldato. Ma si ricordò che una delle massime preferite di Mao era: “Senza esercito popolare, il popolo non ha nulla.” Diventò così un soldato. CAPITOLO 3 Xiao Li, assieme a molti altri, si arruola nell’inverno del 1972. Non c’erano più nemmeno le insegne di grado, si contava l’esperienza a seconda del numero di tasche che disponeva la propria divisa. Xiao Li però non fu scelto per la classe sociale della sua famiglia. Tuttavia il protagonista riesce a convincere il comandante mostrando lui i suoi disegni, i suoi ritratti di Mao ed esprimendo la sua volontà di difendere, attraverso i suoi disegni, il pensiero di Mao. L’arruolamento durava 3 anni e lo stipendio sarebbe stato di 6 yuan il primo anno, 7 il secondo e 10 il terzo. Xiao Li in realtà rimase via da casa per 7 anni. L’esercito popolare di liberazione aveva tre compiti di eguale importanza: l’addestramento militare per annientare i controrivoluzionari, gli imperialisti e i revisionisti; l’approfondimento della rivoluzione culturale allo scopo di far prendere maggiore coscienza al popolo; lavorare nelle fattorie e nelle fabbriche militari. La compagnia di Xiao Li era inquadrata in un reggimento di artiglieria della 63^ divisione della IX regione militare. Il loro reggimento era stato fondato nel 1943, nel pieno della guerra contro i giapponesi. Xiao Li era fiero di far parte dell’esercito dopo aver sentito sempre delle gloriose imprese da loro intraprese. Xiao Li rimase in contatto con la sua amata Xiaoqun un grazie alla posta, fino a che lei non gli chiese se pensasse di intraprendere una relazione a lungo termine con lei. Xiao Li le rispose d’impegno, ma lei non gli rispose più. Quanto alle lettere che riceveva da casa, non facevano altro che deprimerlo. Il padre ancora non era stato liberato, ma trasferito in un’unità contadina, la sorella era andata in campagna ad imparare dai contadini, e la mamma doveva essere operata ai polmoni. A quell’epoca il presidente Mao rivolgeva ogni anno un messaggio alla nazione, che poi i soldati analizzavano senza sosta fino al messaggio dell’anno dopo. Nel 1973 li spronò così: ”correggiamo il nostro metodo di lavoro tenendo conto della critica del revisionismo”. Voleva dire che dovevano approfondire la rivoluzione culturale, fino a portarla a termine. Nel 1974 fu “critichiamo Lin Biao (Lin Biao[1] (林 彪 S, Lín BiāoP, Lin PiaoW; Huanggang, 5 dicembre 1907 – Ôndôrhaan, 13 settembre 1971) è stato un generale, politico e scrittore cinese. Leader militare e politico del Partito Comunista, alleato di Mao Zedong, ne fu nominato successore, ma sparì in circostanze oscure e fu poi accusato di alto tradimento. In Italia è anche conosciuto come Lin Piao), critichiamo Confucio”. Dovevano rendersi conto che il sistema di pensiero di Lin Biao, il traditore della nazione passato al nemico, aveva la stessa perniciosa influenza di quello di Confucio, che risaliva a circa 2500 anni prima. Nel 1975 dichiarò: “critichiamo Deng Xiaoping, contro i venti deviazionisti di destra che vogliono rovesciare i giusti verdetti”. Voleva dire che il capitalismo non era ancora totalmente sconfitto e che bisognava lottare di più, raddoppiando l’impegno. Nel 1976 nel giorno del capodanno lunare, Mao consegnò una poesia: “la domanda e la risposta dell’uccello” che suscitò una profonda perplessità. “l’uccello gigantesco percorse 90,000 leghe il cielo azzurro sopra la schiena lo sguardo che scrutava il suolo. C’è ancora da mangiare le patate sono cotte si aggiunge la carne. Non è il caso di fare un peto”. Il 9 settembre del 1976, si annunciò per radio che il presidente Mao Zedong si era spento quella mattina all’alba. La Cina era rimasta sola, e Xiao Li, il piccolo Li che era nato con lui, con lui si spegneva.