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Riassunto volume "Leggere la pubblicità", Codeluppi, Dispense di Semiotica della Pubblicità

Riassunto del volume indicato sopra, con aggiunta di foto e schemi presenti nel libro.

Tipologia: Dispense

2022/2023

In vendita dal 23/12/2023

giuliafantoni
giuliafantoni 🇮🇹

4 documenti

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Scarica Riassunto volume "Leggere la pubblicità", Codeluppi e più Dispense in PDF di Semiotica della Pubblicità solo su Docsity! Leggere la pubblicità - Codeluppi CAPITOLO 1 - Il funzionamento della pubblicità 1.1 L’efficacia La pubblicità è un potente strumento di comunicazione capace di influenzare le scelte personali. Riesce a stimolare il crearsi di un ambiente mentale, un contesto culturale e una disposizione d’animo che potranno tramutarsi nell’atto dell’acquisto (desiderio dell’impresa). La pubblicità associa ai prodotti dei significati legati alla soddisfazione di bisogni di tipo funzionale, e che contengono una valenza di tipo sociale. Per massimizzare l’efficacia dei messaggi devono far riferimento a significati già socialmente conosciuti. Inoltre per ottenere i loro scopi possono far parlare il loro prodotto da sé se il prodotto ha un’identità forte, altrimenti lo presentano insieme a un oggetto/persona/situazione sociale i cui significati sociali sono già noti. Barthes Roland sottolinea che le associazioni tra prodotto e significati sono già presenti nella società in modo artificiale ma allo stesso tempo appaiono agli occhi di tutti come qualcosa di naturale. Questo processo non funzionerebbe se non fosse per la capacità interpretativa che i consumatori hanno nel momento in cui si interfacciano a tali significati e valori. Quindi la pubblicità è meno potente di quel che si crede. Bisogna tenere conto che sono numerosi gli ostacoli che i messaggi pubblicitari possono incontrare nell’ambiente sociale e di mercato: tradizionali fattori psicologici individuali (in grado di disturbare la trasmissione dei messaggi provenienti dai media) + attuale situazione "iper comunicativa" della cultura sociale e del mondo dei media (elevata quantità di messaggi in circolazione). Questo discorso è particolarmente rilevante nell’ambito della pubblicità e infatti possiamo notare come ora la pubblicità sia quasi un “rumore” indifferenziato dal quale la marca deve emergere (ma con fatica). I dati dimostrano che il 90% dei messaggi pubblicitari non raggiunge il target. Ciò non toglie che la pubblicità produca messaggi concreti. Può influenzare i comportamenti d’acquisto dei consumatori ed esercitare un potere di suggestione su questi. Sono stati eseguiti due esperimenti: 1. le persone non sono consapevoli che per un’idea di sofisticazione si scelgono di norma i prodotti più costosi; 2. le persone per un potere di suggestione pensano che un prodotto sia migliore dell’altro, e che riesca a compiere meglio un compito mentale che era stato affidato. Per raggiungere questi risultati i messaggi devono essere efficaci, ossia in grado di perseguire obiettivi aziendali concreti attraverso la valorizzazione dei prodotti e delle marche. Devono essere affiancati da altri strumenti di marketing che perseguono obiettivi complementari. Infatti, è noto che le vendite sono influenzate dalla pubblicità ma anche dal packaging, dalle caratteristiche del prodotto, prezzo. John Philip Jones sostiene che le vendite attribuibili direttamente al singolo messaggio pubblicitario sono quasi inesistenti. Inoltre, l’aumento delle spese aziendali in pubblicità del 10% faccia aumentare le vendite del 2%. 1 IMPORTANTE → Ne deriva che la pubblicità e le altre attività di marketing delle imprese hanno capacità estremamente limitate di far aumentare i consumi totali del mercato, mentre possono spostare le preferenze dei consumatori tra le singole marche e i loro prodotti, modificandone le relative quote di presenza. A tal proposito Fabris Giampaolo afferma che tra la propensione all’acquisto e l’acquisto vero e proprio intervengono tutta una serie di fattori che sfuggono dal controllo e dalla portata della pubblicità. Sicuro è che se un messaggio è efficace lo si deve alla sua qualità comunicativa. Per molto tempo i messaggi pubblicitari sono stati suddivisi in: ● elementari e rozzi che facevano vendere il prodotto; ● sofisticati e ironici che facevano vincere premi ai festival ma che non stimolava in modo corretto la vendita del prodotto. Oggi invece sappiamo che è falso perché studi dimostrano che una campagna premiata (sofisticata) riesce a essere circa undici volte più efficace delle sue concorrenti. Fons Van Dick dalle sue ricerche fa emergere che il successo di una campagna è determinato dalla qualità del contenuto e dello stile espressivo della campagna. I consumatori riservano maggiore attenzione ai messaggi ordinari e creativi (maggiore memorizzazione delle informazioni sulla marca e prodotto). Se l’elevata efficacia dei messaggi creativi è stata per molto tempo sottovalutata è perché tali benefici si vedono nel lungo periodo (dopo almeno 6 mesi). Le aziende invece sono abituate ad analizzare i risultati a breve termine. Hanno quindi usato strumenti che andavano a penalizzare le campagne più creative. Dunque, un messaggio pubblicitario per essere efficace deve essere in grado di tenere insieme la capacità di stimolare il consumatore all’acquisto con un’invenzione linguistica. Umberto Eco sosteneva che un pubblicitario responsabile tenterà di realizzare il proprio appello attraverso soluzioni originali che si impongono per la loro originalità, ottenendo anche il cosiddetto “riconoscimento di genialità” = ciò che è in grado di far suscitare nell’individuo sensazioni piacevoli, determinanti per un atteggiamento favorevole verso la marca e i suoi prodotti. 1.2 La ricezione del messaggio pubblicitario Herbert Krugman ha dimostrato come la pubblicità televisiva sia particolarmente efficace perché opera all’interno di uno strumento di comunicazione che è a “debole definizione” perché lo spettatore è in una condizione di relax e di ridotto coinvolgimento psicologico. È particolarmente funzionale perché lo spettatore non attiva nessun processo valutativo razionale e pertanto non suscita reazioni o atteggiamenti negativi. Nonostante ciò la pubblicità riesce a entrare nel cervello attraverso un percorso periferico e a essere registrata negli strati più profondi della memoria. Studi successivi lo confermano. Si ritiene che la pubblicità operi attraverso due processi mentali differenti ma complementari: 1. percorso centrale basato su un’elaborazione attenta e accurata della comunicazione; 2. percorso periferico dove una carenza di motivazione, abilità e risorse porta a una elaborazione del messaggio di livello modesto ma significativo. La maggior parte degli stimoli visivi arrivano al cervello attraverso il sistema visivo ma questi sono soltanto il 20% delle informazioni che giungono alla retina. Il resto proviene dall'interno 2 Conseguentemente viene elaborata la filosofia del “realismo pubblicitario” da Rosser Reeves, il quale sviluppa il concetto di USP (= Unique Selling Proposition), ossia quello specifico beneficio o promessa all’interno di un prodotto/servizio che spinge il consumatore a comprarlo. Pubblicità suggestiva Ha utilizzato i risultati delle “ricerche motivazionali” (indagini che cercavano le motivazioni profonde dei comportamenti individuali) e ha indicato la possibilità di sfruttare la capacità di produrre sogni e simboli d’evasione, rispondendo ai desideri più profondi e irrazionali dell’individuo. Si inizia a pensare che le motivazioni di consumo di tipo cosciente e razionale possono essere giustificazioni successive all’acquisto. Invece, la motivazione inconscia rappresenta uno stato di dissociazione e di tensione conflittuale che mette in movimento l’individuo finché non raggiunge un nuovo equilibrio. Da qui nasce una “rivoluzione creativa” → Bill Bernbach propone un “negative approach” con il quale si può valorizzare un prodotto attraverso un’apparente denigrazione. Questo funzionava per merci coinvolgenti. Eliminava le differenze specifiche tra i prodotti in favore di motivazioni d’acquisto comuni a tutta la categoria merceologica di appartenenza e considerava il consumatore come un singolo individuo (e non il contesto). Pubblicità proiettiva Considera la pubblicità come un valore aggiunto di tipo sociale al prodotto. Questa concezione ha valorizzato una visione della società che attribuisce un potente ruolo alle norme di comportamento e alle regole d’integrazione, di partecipazione e d’acculturazione. 5 CAPITOLO 2 - Pubblicità e cultura sociale 2.1 Come opera la pubblicità La pubblicità al giorno d’oggi è sempre più pervasiva generando effetti sociali importanti. Molti parlano di “piovra sociale” per indicare la tendenza della pubblicità a farti fare cose che non vorresti fare. Sono molti i pregiudizi attorno a questa forma di comunicazione. Soprattutto dagli anni 60/70 del ‘900 è stata considerata uno strumento frutto di abili professionisti in grado di manipolare le coscienze dei consumatori e di creare falsi bisogni di consumo. Vance Packard in “I persuasori occulti” ha alimentato questa visione. Ad oggi questa concezione è ancora fortemente presente, lo dimostrano le letterature moderne quali Klein, Lasn e altri. Packard sostiene che i pubblicitari con potenti forme comunicative sono in grado di manipolare le menti dei consumatori. È una concezione, in realtà, che si basa su una paura esagerata nei confronti di questo strumento. La pubblicità condiziona il consumatore, così come le altre forme di comunicazione e gli attori sociali esistenti. Il pensiero del consumatore non è frutto di pura manipolazione ma anche di una sintesi che tiene conto di tutte le influenze che ha subito. La pubblicità è dunque un discorso sociale al pari di qualunque altra forma di comunicazione, come quello politico e giornalistico. In quanto tale produce modelli culturali che influenzano le persone. Sulle caratteristiche manipolatorie della pubblicità si conosce ben poco, soprattutto in Italia. Questo perché in Italia sono state fatte poche ricerche a riguardo rispetto ad altri Paesi del mondo più avanzati. Paradossalmente invece sono state eseguite molte ricerche sugli effetti sociali prodotti dai media. La pubblicità in Italia non tiene in considerazione le “anime candide” dei bambini, i quali sono soggetti a una serie di spot che propongono comportamenti discutibili sul piano etico, mentre sono inesistenti programmi con finalità pedagogiche rivolte ai bambini. Bisogna invece riflettere sul fatto che gli spot per gli adulti sono caratterizzati da atmosfere torbide, da rapporti sadici tra persone. La violenza è fortemente presente. Sarebbe infatti utile uno strumento di misurazione in grado di consentirci di comprendere se la necessità di farsi notare che hanno le aziende stia determinando un incremento del livello di violenza contenuto nei messaggi pubblicitari. Questo riuscirebbe anche a determinare un livello di violenza anche laddove sia meno esplicita (psicologica e interiore). I pubblicitari dovrebbero prestare maggiori attenzioni ai modelli di comportamento che propongono al pubblico (maggiore sensibilità). Anche se pochi studiano la pubblicità da questo punto di vista, la pubblicità è portatrice di un messaggio che innesca dei processi sociali di produzione di valori, linguaggi e condotte di comportamento e per questo, va orientata. Il fatto che ancora non ci siano strumenti per misurare concretamente l’effetto della pubblicità sui consumatori non ci deve far pensare che non esistano. La loro esistenza potrebbe contribuire a far crescere le capacità critiche e il livello di consapevolezza delle persone rispetto l’importante ruolo esercitato dalla pubblicità nella società. La pubblicità deve essere usato come uno strumento di costruzione della realtà sociale. In quanto tale, la pubblicità viene influenzata da come l’individuo percepisce la realtà sociale e al tempo stesso influenza la percezione della realtà sociale stessa. Possiamo considerarla come una delle istituzioni culturali più significative della società contemporanea, a causa 6 della sua natura pervasiva che la porta a occupare molteplici spazi sociali e della ripetitività dei suoi messaggi. Generalmente, i pubblicitari cercano di associare ai prodotti dei significati piacevoli, che catturano dall’immaginario collettivo e li immettono nei prodotti proposti sul mercato ai consumatori. Un ruolo importante è svolto da quei grandi sistemi culturali contenenti significati e conoscenze che operano stabilmente nella società. Come afferma Williamson (1978) la pubblicità riesce a inglobare orientamenti di tipo anticonsumistico. Ciò è avvenuto negli Stati Uniti negli anni 60. In quegli anni assistiamo a una serie di ribellioni giovanili nei confronti del sistema capitalistico e industriale. Le aziende e il sistema, invece di abbattere questi ideali, hanno cercato di incorporarli. Hanno tentato di creare un’immagine ideale della comunità giovanile, immagine che in precedenza non esisteva e che ha funzionato come strumento di identificazione per far sentire i giovani consumatori parte della nuova comunità emergente. Le imprese hanno sfruttato le immagini di ribellione per proporre nuovi prodotti, e offrendo le marche come risolutivi dei loro problemi personali (Incorporano direttamente nelle loro testualità immagini, retorica e simbolismo dei movimenti controculturali - Danesi, 2009). Marche come Coca-Cola in quegli anni ha proposto campagne a favore di una armonia tra popoli e a livello universale; Pepsi propone The Pepsi Generation facendosi portavoce del movimento adolescenziale. In italia troviamo casi analoghi come Algida con il cornetto e la Vespa (Chi Vespa mangia le mele). Ci sono marche che hanno fatto propri i valori giovanili facendoli diventare parte fondante del brand. Per esempio, Apple, diventa simbolo della lotta contro la tecnocrazia; Virgin e Reebok per la lotta contro il conformismo, Levi’s e Nike simbolo di libertà individuale, Benetton lotta contro il razzismo, Ben & Jerry’s si rifà al movimento degli hippie di quegli anni. Questa strategia ha funzionato perché essere giovani è diventato l’obiettivo di tutti: i giovani sono pieni di energie e vivono in salute e quindi più a lungo. “Negli anni 60 essere giovani non significava solo in senso estetico ma anche pensare in modo diverso dagli adulti. Essere adulti significava far parte del sistema, corrotto e moralmente fossilizzato”. A partire dagli anni 60, inoltre, i pubblicitari hanno iniziato a sfruttare anche l’ideologia femminista, inserendola nei messaggi. Goldman definisce questo fenomeno come “femminismo delle merci”, riprendendo il concetto marxiano del feticismo delle merci. Le critiche mosse dal movimento femminista verso la pubblicità, vengono indebolite e sfruttate per sponsorizzare prodotti che diventano necessari per chi aderisce a questo movimento, continuando a promuovere la cultura di consumo. Le donne emancipate sono tali solo se acquistano i prodotti sponsorizzati → le donne occupano un ruolo di promozione della cultura del consumo. 2.2 Gli effetti della pubblicità secondo Pollay e Goffman La pubblicità, dunque, produce degli effetti sulla cultura della società. Pollay ha mostrato che essa esercita un’azione di selezione sulla cultura perché promuove e valorizza i termini appartenenti al linguaggio che utilizza rendendo ridicoli quelli che non le sono funzionali. Mette l’accento solo su alcuni temi, concetti o categorie mentali facendo dimenticare altri. Modifica la gerarchia relativa dei valori già operanti, rafforzando quelli che promuove e svuotando di significato quelli che ignora. Infatti per Pollay si parla della pubblicità come uno specchio deformante, in quanto riflette e modifica la cultura sociale, perché non soltanto contribuisce a modificare l’agenda dei temi e dei valori all’attenzione individuale e sociale, 7 Nel 2012 Paola Panarese effettua una ricerca dove nota come le donne nelle pubblicità si trovino principalmente in spazi casalinghi, così come gli operai sono tutti uomini. Sono ricorrenti i primi piani femminili per enfatizzare bellezza ed emotività. Un’altra ricerca eseguita basandosi su 20.000 messaggi pubblicitari ha identificato 12 modelli femminili e 9 maschili e ha evidenziato la prevalenza di forme di narrazione incentrate sulla componente fisico-emotiva ed emotiva del corpo delle donne, sottolineando un processo di oggettivazione del corpo femminile. Il tema della subordinazione femminile nei modelli pubblicitari è centrale e ciò causa un’assurda violenza nei confronti delle donne ogni giorno. La televisione italiana presenta principalmente corpi femminili erotizzati a un pubblico che è prevalentemente femminile al giorno d’oggi. D’altronde le aziende che investono in pubblicità vogliono rivolgersi proprio a quelle donne spettatrici perché sanno che sono loro a comprare e acquistare. Quindi paradossalmente non sono funzionali per attirare gli uomini alla pubblicità. Si può parlare di “omosessualità al femminile”? In realtà l’esposizione di così tanti corpi femminili a un pubblico femminile riesce a suscitare un processo di identificazione nelle donne. Ma è anche probabile che le donne abbiano introiettato e fatto propria una legge che è stata loro imposta dal potere maschile. Ciò significa che con il passare del tempo è diventata normale la continua esposizione di corpi simili ai loro sui programmi televisivi. Come afferma Susan Brodo, è come se invece di avvicinarsi a un’idea di emancipazione, ci si avvicini a una “maschilinizzazione”. La donna tende a far riferimento all’uomo proprio per la forza con cui si mostra. Ad oggi, in realtà anche il corpo maschile, anche se non così frequentemente, viene erotizzato, mostrato con un aspetto giovane e bello. Troviamo dei sex symbols, che esprimono la loro identità in modo sessuale. L’obiettivo per questo genere di uomini come donne oggetto è apparire. La potenza fisica muscolare diventa potenza sessuale. In un ambiente come quello moderno, caratterizzato da un’elevata attività di comunicazione, le culture dei due sessi vanno mescolandosi e avvicinandosi sempre di più. Per questo l’uomo a volte si presenta in maniera femminilizzata per riaffermare il suo ruolo di genere usando tecniche seduttive tipiche della donna. Attraverso un controllo narcisistico del loro corpo manifestano una nuova forma d’espressione della virilità. 10 CAPITOLO 3 - Concetti per l’analisi 3.1 I pionieri: Benjamin e McLuhan Per analizzare i significati espressi dalla comunicazione pubblicitaria bisogna far ricorso a contributi teorici forniti anche da altre discipline scientifiche. Infatti, questo campo di studio viene definito da De Iulio come “un campo di studi disorganico”. Per questo sono stati classificati diversi filoni di ricerca di varia natura (es: psicologia sociale, economia politica, semiotica, …). Sono stati ottenuti significativi risultati dall’analisi della comunicazione pubblicitaria, e i migliori sono quelli relativi al funzionamento della comunicazione dal punto di vista linguistico, anche se la messa a punto del metodo è veramente difficoltoso. Gli strumenti usati sono rintracciabili nei contributi elaborati dalle diverse discipline che hanno studiato i linguaggi delle principali forme espressive come psicologia, sociologia, antropologia e semiotica. Quest’ultima è la disciplina che ha fornito la maggior quantità di strumenti utilizzabili per analizzare la pubblicità linguisticamente parlando. I maggiori contributi sono stati dati da Francesco Flora (1934) e da Leo Spitzer (1949), ma i pionieri che hanno tentato di analizzare i significati espressi dalla pubblicità sono Walter Benjamin e Marshall McLuhan. Benjamin ci ha lasciato poche considerazioni dedicate specificatamente alla pubblicità ma riusciamo a capire che lui riponeva sullo stesso piano la pubblicità, la moda, le vetrine e tutti i fenomeni della cultura di massa. Per lui era qualcosa di marginale, ma fondamentale per capire il funzionamento delle società capitalistiche. La pubblicità quindi è una delle forme d’espressione attraverso le quali passano i più avanzati processi di cambiamento della società. Nei suoi appunti mette in luce l’effetto choc che produce la pubblicità, termine che associa ad intensi flussi circolatori che caratterizzano il traffico delle grandi città. Questo effetto è maggiormente rintracciabile nel mondo dell’arte e dei media. Lui pensa che la crisi dell’aura dell’opera d’arte sia dovuto a due fattori principali: - l’imporsi del modello industriale → valorizzazione della produzione in serie e indebolimento del prestigio dell’opera singola, unica; - le nuove esperienze “choccanti” che gli individui vivono per effetto della diffusione della radio, fotografia e cinema (nuovi media). In particolare, il cinema è considerato come un medium particolarmente potente, di natura tattile, che grazie al montaggio è in grado di modificare l’esperienza estetica. Davanti ad un’opera d’arte l’osservatore può essere travolto da molteplici flussi di associazione, ma davanti a una scena filmica non è possibile perché a causa del continuo cambio di immagini non è possibile fissarla. Esperienza con pubblicità del sale Bullrich → il manifesto l’aveva talmente colpito che ha provato un vero e proprio effetto di choc al punto di aver rimosso rapidamente dalla sua coscienza tale manifesto, ma poi gli bastò qualche anno dopo leggere il nome del sale che la sua mente fece riaffiorare tutti i ricordi passati. L’aveva colpito la struttura espressiva coerente che era stata in grado di unificare tutti gli elementi generando una sensazione di armonia. Quindi, la forza espressiva del linguaggio pubblicitario sta nella capacità di tale linguaggio di presentare attraverso modalità euforiche quella dimensione della quotidianità in cui abitualmente le persone trascorrono le giornate. Attraverso questa trasfigurazione, la pubblicità riesce a penetrare meglio nella realtà. 11 Secondo lui già il manifesto, con la sua scarsa ed elementare forma espressiva, possedeva la capacità di sedurre e di creare “choc”. In futuro questa capacità viene accentuata grazie all’evoluzione dei linguaggi. D’altronde lui pensa che il linguaggio artistico ha sempre saputo muoversi nella società più velocemente della tecnologia, ma a causa della seconda rivoluzione industriale ha cominciato a perdere terreno e non riuscì più a inserirsi nel vorticoso processo di sviluppo della tecnologia, trovando uno specifico spazio nell’ambito della pubblicità. McLuhan ha portato avanti un’operazione molto differente perché le sue conoscenze relative alla letteratura e alla cultura classica gli hanno consentito di interpretare in maniera innovativa e originale il ruolo svolto dagli strumenti di comunicazione. Le due idee sono eclettiche e originali e quindi non hanno molto successo immediatamente. La sposa meccanica è importante perché costituisce la prima analisi approfondita dei fenomeni culturali che sono attivi all’interno della cultura di massa. In quest’opera affronta temi come l’informazione giornalistica, i fumetti, la radio, i libri, lo sport e la cronaca nera e molti altri, facendo ricorso ad annunci pubblicitari rintracciati sui giornali. Il tema più importante è quello della relazione che esiste nella cultura di massa tra la dimensione della sessualità e quella della tecnologia. Come esempio porta le calze di nylon Hosiery. Le gambe femminili vengono poste su un piedistallo perché rivestono un ruolo significativo nella nostra dinamica culturale “delle parti sostituibili". Ciò significa che la comunicazione tende a frammentare il corpo femminile e a dare vita a una netta dissociazione tra la dimensione sessuale e l’identità personale. La ragazza in questo caso considera se stessa un oggetto e non un individuo. In un altro capitolo associa il corpo umano (“struttura organica”) a una macchina per effetto della tecnologia e della meccanizzazione. Il suo approccio alla pubblicità e cultura di massa si differenzia notevolmente dagli studi successivi, e si avvicina a una prospettiva che tenta di mettere in discussione la cultura di massa portandola all’estremo attraverso un metodo dialettico. 3.2 La semiotica La semiotica è la disciplina che ha fornito la maggior quantità di strumenti utilizzabili per smontare e comprendere i significati espressi dai messaggi pubblicitari. Si fa riferimento ad essa all’interno di una prospettiva interdisciplinare perché presenta alcuni limiti. - per anni ha scelto di adottare una posizione immanente, inseparabile all’oggetto da studiare = messaggio; - ha evidenziato limiti come l’eccessiva dipendenza dalle capacità interpretative del singolo analista; - altro limite è l’impossibilità di essere applicata con lo stesso successo a tutte le comunicazione pubblicitarie; - altro limite è l’impiego di un linguaggio e di concetti eccessivamente accademici e astratti. Con i progressi negli ultimi decenni, si sono potuti superare i limiti. Il contributo è stato fornito principalmente da Greimas e la Scuola di Parigi. Nonostante ciò è comunque caratterizzata da uno stato di instabilità teorica, anche perché non tutti gli studiosi seguono il filone semiotico di Greimas. 12 CAPITOLO 4 - La struttura del messaggio 4.1 Gli elementi della struttura Per analizzare un messaggio pubblicitario bisogna scomporlo nelle sue varie parti, a partire dal messaggio statico come quello fotografico, l’annuncio stampa o l’immagine promozionale che appare sul web. Questo tipo di messaggio, vista la semplificata struttura, è più facilmente adattabile a un processo di scomposizione, rispetto a un messaggio audiovisivo. Prima di tutto bisogna fare un'analisi della campagna nella sua complessità, focalizzandosi su dove si posa lo sguardo a primo impatto e sulle emozioni che trasmette. Emozioni che a primo impatto vanno solo registrate e verranno poi recuperate nel corso dell’analisi. Nella seconda fase si attua una osservazione metodica: la campagna si scompone nelle varie componenti per essere poi analizzata infine nuovamente nell’insieme, focalizzandosi sulle interazioni presenti tra i vari elementi. Nell’annuncio statico, le componenti principali sono: ● headline: titolo; ● visual: immagine principale; ● bodycopy: testo verbale di accompagnamento; ● trademark: simbolo grafico della marca; ● logotipo: nome della marca; ● payoff: frase conclusiva e riassuntiva del posizionamento pubblicitario della marca. Nell’annuncio stampa a volte si può trovare anche il packshot, immagine di ridotte dimensioni del prodotto. Headline e visual hanno la funzione di richiamare l’attenzione del destinatario, di sintetizzare il contenuto e di facilitare la memorizzazione. La bodycopy spiega e sviluppa quello che viene in sintesi annunciato dalla headline e visual, fornendo delle argomentazioni di supporto alla credibilità del prodotto. La parte iniziale e finale della bodycopy sono le più importanti perché presentano le parole più ricorrenti. Gli altri elementi (trademark, logotipo e payoff) fungono da firma all’annuncio, per comunicare chi è il soggetto che si rivolge al pubblico. La prima scomposizione da effettuare per analizzare un annuncio statico è quella tra gli aspetti iconografici e quelli relativi al messaggio verbale vero e proprio. Questi devono comunque creare una sinergia per poter ottenere la massima efficacia comunicativa (per lasciare traccia nella memoria del destinatario). In particolare, headline e visual sono gli elementi che più emergono all’occhio del pubblico, quindi devono stabilire una relazione tra loro. La relazione tra i due può essere di tre tipi: - di ripetizione: entrambi gli elementi spiegano fedelmente l’altro; - di completamento: un elemento sviluppa e integra ciò che viene detto dall’altro; - di opposizione: rapporto contradditorio. La bodycopy e il payoff sono gli elementi letti da un minor numero di persone, e la loro efficacia dipende dalla qualità dell’headline che deve essere: - breve e facile da comprendere; 15 - originale e diversa rispetto a altri slogan già conosciuti; - poter durare a lungo, non deve essere legata a temi o concetti che possono cambiare; - costante nel tempo, perché per imporla sono necessari tempi lunghi e spese ingenti. La headline deve suggestionare, colpire e far scattare nella mente associazioni piacevoli. Per questo il linguaggio deve essere estremamente innovativo: neologismi, parole straniere, rime, ritmi, figure retoriche. Una volta effettuata la scomposizione tra gli aspetti iconografici e verbali, ci si trova davanti alle particolari difficoltà comportate dall’analisi degli aspetti iconografici. Barthes sostiene che linguaggio visivo viene sostenuto dal linguaggio verbale. Il linguaggio visivo/testuale dà l’impressione di una forte libertà interpretativa perché presenta una grossa quantità di elementi espressivi. ll linguaggio verbale possiede un elevato livello di polisemia, paragonabile a quello del linguaggio visivo quindi è necessario contestualizzarlo adeguatamente. Le difficoltà incontrate nell’interpretazione del messaggio visivo derivano dal fatto che esso presenta una natura complessa. Da non sottovalutare è anche la scarsa assertività rispetto al linguaggio verbale. Inoltre a causa delle caratteristiche fisiologiche del processo di visione è impossibile percepire in modo adeguato una elevata estensione dello spazio dell’immagine con un solo sguardo. Ne discende che spesso l’immagine viene percorsa dall’occhio pezzo per pezzo. Gli studiosi hanno sempre incontrato numerosi problemi con il linguaggio visivo perché si ostinavano a considerarlo come un’organizzazione delle unità significanti lineare. Da tempo però si sa che l’immagine va considerata come un messaggio che comunica attraverso delle proprie specifiche modalità. Greimas sostiene che il linguaggio visivo è dotato di una sua autonomia e perciò non si può parlare di una somiglianza tra mondo fisico e l’immagine che lo rappresenta. Se tale somiglianza esiste opera solo a livello di significato, quindi riguarda le griglie culturali di lettura che vengono applicate dagli esseri umani al mondo naturale e alle sue rappresentazioni. Questa posizione è opposta a quella di Barthes che invece vede l’immagine come naturale perché pura rappresentazione della realtà, dunque, non deve passare attraverso la mediazione di un codice. Il suo significato si costruirebbe solo dopo averlo trasformato in linguaggio verbale. La constatazione di Barthes viene rivalutata quando si rende conto che è basata sulla “doppia articolazione” di Martinet in riferimento al linguaggio verbale. Il linguaggio è discontinuo e composto da una serie di unità che possono distinguersi in fonemi (suoni che significano) e monemi (parole che veicolano significati). L’immagine, invece, non può essere scomposta in elementi base come con le parole per il linguaggio. È un linguaggio continuo e privo di organizzazione, nel quale non si può individuare un codice. Umberto Eco ammette la strutturale debolezza del codice visivo, e pensa che non abbia senso parlare di strutture fisse nel campo dell’immagine (a differenza di ciò che si fa con il linguaggio verbale con la parola o la frase). 16 I messaggi visivi sono estremamente variabili e vanno considerati degli insiemi di “idioletti”, che comportano diversi livelli di comprensione, a causa della tendenza a tenere insieme materiali espressivi eterogenei: segni iconici, segni plastici e segni linguistici. Questo non significa che il linguaggio visivo non possa essere indipendente da quello verbale, e di rintracciare al suo interno veri e propri “iconemi” o “grafemi", ossia delle forme d’espressione la cui natura è differente da quella dei fonemi presenti nel linguaggio verbale. Saint-Martin analogamente parla di “coloremi”, che sono unità plastiche che secondo delle leggi di organizzazione entrano in relazione tra loro. 4.2 Il linguaggio visivo La scuola teorica della Gestalt ha dimostrato che il processo di percezione dell’immagine sia nello stesso tempo cognitivo ed emozionale. Sottolineano come ogni forma venga percepita in maniera globale, come insieme di elementi che non si possono isolare perché sono più importanti a livello globale rispetto a quello singolo. L’insieme quindi non può essere considerato come la somma degli elementi che lo costituiscono. Inoltre, ogni forma o figura di un’immagine tende a essere leggermente in rilievo rispetto allo sfondo. Quest’ultimo può influenzare la percezione delle caratteristiche della forma, ma per un’efficace comunicazione dell’immagine è importante produrre una forma che si distacchi dal fondo e che catturi l’attenzione. Questo avviene con forme simmetriche regolari, semplici e uniformi. Fabris ritiene che questo sia stato applicato in molte campagne dove pongono un problema e il prodotto come soluzione. L’immagine che spicca attira interesse. L’individuo nel vedere l’immagine definita pregnante e buona, fa sì che scatti in lui un meccanismo psichico per cui desidera l’oggetto nel suo campo d’azione e lo compra. Gli psicologi di Gestalt hanno erroneamente ritenuto che le regole di percezione individuate fossero naturali e universali. Invece queste dipendono da modelli culturali presenti in ogni contesto sociale. Secondo Kanizsa (1980 - contributo alla semiotica) ogni messaggio di tipo visivo e verbale opera su due livelli: - figurativo: riconoscere oggetti, persone e situazioni rappresentate che appartengono al mondo fisico. Secondo Greimas più queste rappresentazioni sono tanto più riconoscibili quanto maggiore è la loro intensità figurativa; al contrario maggiore è il grado di astrazione, più richiedono l’interpretazione al fruitore; - plastico: presenta forme e colori che vengono interpretati solo in riferimento alla loro disposizione spaziale e configurazione. Sono indipendenti rispetto a ciò che raffigurano. Per analizzare il livello plastico dobbiamo considerarlo in relazione alle tre categorie che caratterizzano ogni messaggio visivo. - Categorie topologiche Si sovrappongono a tutta la superficie dell’immagine, tracciandovi gli assi e delimitando le aree che segmentano lo spazio totale in parti discrete. Prima di essere investito di forme e colori lo spazio possiede già un’organizzazione virtuale, una struttura che tende. Facilita la ricezione del destinatario, assecondando le sue abitudini di lettura e creando quindi una struttura geometrica rassicurante perché già conosciuta. 17 figurato del discorso grazie al quale è possibile colpire l’attenzione e l’emotività del destinatario. Quindi la pubblicità deve assolutamente basarsi sull’impiego della retorica. La pubblicità fa infatti riferimento ad elementi che già dall’antica Grecia erano tipici della retorica: - inventio: selezione degli argomenti; - dispositio: organizzazione; - elocutio: trasformazione argomenti in figure retoriche; - memoria: si memorizza il discorso; - actio: si pronuncia. La retorica si può applicare sia ai linguaggi verbali, e ad oggi anche quelli visivi, anche se risulta più complessa da decifrare nel linguaggio visivo. La retorica per Barthes rappresenta il vero piano di connotazione del messaggio visivo. In particolare, si basa su elementi in rapporti formali tra loro e dunque sulla costrizione fisica della visione. Esiste per Barthes, una retorica generale che trova strutture formali comuni, ad esempio al sogno, la letteratura, e immagine. Sono figure già individuate nell’antica Grecia con Aristotele. Secondo Eco, esiste una dimensione visiva di tipo retorico che è articolata in 4 livelli specifici, che si sommano a un primo livello, quello “iconico”, che Barthes definisce “iconico codificato”, dove l’immagine viene compresa sul piano denotativo e referenziale. - livello iconografico: l’immagine contiene forme d’espressione facilmente riconoscibili che rimandano a stereotipi culturali, significati simbolici già codificati (iconogrammi). La codificazione può essere di tipo storico (aureola che connota santità) o pubblicitario (si creano iconogrammi convenzionati a seguito del sovrapporsi di messaggi nel tempo); - livello tropologico: sono gli equivalenti visive della figure retoriche verbali. Le figure retoriche si dividono in figure di diretta derivazione verbale (iperbole, litote, metafora) e quelle nate dopo l’arrivo della comunicazione visiva di tipo pubblicitario (partecipazione magica per accostamento, doppia metonimia). Secondo Eco l’antonomasia è la figura retorica più diffusa nell’ambito pubblicitario. Una entità singola all’interno di una campagna, per antonomasia sottintesa, vuole rappresentare tutta quella categoria di genere o specie a cui appartiene. Per esempio, la ragazza che beve Coca Cola rappresenta tutte le ragazze. I fruitori si identificano così nel modello rappresentato così come chi crea la pubblicità si focalizza su un pubblico preciso che poi rappresenta. - livello topico: comprende enunciazioni delle premesse del discorso e dei topoi (stereotipi e forme vuote che formano il discorso); - livello entimematico: articolazioni visive già convenzionate o entimemi, ragionamenti sillogistici fondati su verosimiglianze o segni. Durand analizza una serie di annunci pubblicitari e nota che l’uso delle figure retoriche è molto limitato ma comunque caratterizzato dalle stesse figure del linguaggio verbale. Durand condivide l'idea di Barthes e sostiene che linguaggio visivo comunica come quello verbale e individua due livelli del linguaggio già stabiliti da Saussure: sintagmatico e paradigmatico. Con questa distinzione Durand ha semplificato la varietà di figure retoriche esistenti nel linguaggio visivo, la cui varietà si basa su relazioni e operazioni che riguardano elementi di una proposizione. Si crea effetto sorpresa per lo spettatore perché così facendo realizza una trasgressione alle norme sociali e linguistiche. 20 Sono molti gli studiosi che si sono concentrati su una classificazione delle figure retoriche ma sempre da un punto di vista statico. Greimas ha invece mostrato come la classificazione retorica (topologiche, eidetiche e cromatiche) possano essere “dinamicizzate” e studiate in quanto elementi in combinazione tra loro che rendono possibili significati. Si instaurano rapporti come il contrasto plastico dove si trovano più unità plastiche in contrasto tra loro come forme linee e forme tonde. Anafora e contiguità, che si contrappone al contrasto. Tra le figure plastiche si instaurano rapporti continui o di contrasto che servono per guidare la lettura e dare un senso. Due figure retoriche importantissime nell’ambito pubblicitario: - metafora: tra le più presenti oltre a antonomasia, enfasi e iperbole che sono quasi essenziali. La metafora è in grado di stupire il destinatario perché mette in relazione due elementi che solitamente non starebbero in coppia, sostituisce un significante con un altro che ha in qualche modo similarità con il primo. a) Metafora logica: l’entimema. Crea significato usando un sillogismo implicito (le seduttrici portano i jeans, io porto i jeans, quindi sono una seduttrice). b) Metafora analogica: lavora inconsciamente con libere associazioni di immagini la cui interpretazione varia in base al fruitore e talvolta non è compresa. Questi due tipi di metafore possono essere entrambi presenti, ad oggi quella analogica è però più importante di quella logica nei messaggi pubblicitari. - Allegoria: una metafora prolungata. Crea collegamenti di similitudine con un altro racconto o elementi che hanno in comune. Nella pubblicità l’allegoria sostituita con l’emblema: semplificazione delle icone per facilitare memorizzazione. 21 CAPITOLO 5: il ruolo della marca 5.1 La natura della marca Le marche a partire dagli anni ‘90 hanno avuto un ruolo sempre più importante nelle strategie di marketing dell’impresa. Se prima il soggetto dei messaggi pubblicitari era il prodotto, adesso è la marca. La marca sembra apparentemente un semplice insieme di loghi colori packaging, iniziative di marketing e messaggi pubblicitari. La marca è un fenomeno comunicativo. A differenza dei prodotti che si possono esprimere su un piano fisico, la marca si manifesta attraverso un’identità comunicativa che definisce attraverso tratti espressivi ricorrenti, caratterizzanti e riconoscibili. Nonostante ciò non può funzionare senza un riferimento alla realtà fisica dei prodotti ai quali è legata. La marca non è quindi un mezzo che trasmette alle merci segni, immagini e significati per renderle più attraenti. La marca è un soggetto articolato e complesso che si mette in relazione con aspetti immateriali ma anche materiali, che si definiscono e trasformano nel corso della loro esistenza. Tutte le funzioni delle marche concorrono a costruire e alimentare il loro vero valore. Questo concetto viene denominato dagli studiosi del marketing statunitense “brand equity”, evidente in quei mondi che le grandi marche hanno costruito grazie all’uso di sofisticate strategie comunicative. Sono mondi che non esistono nella realtà fisica, ma che sono estremamente coinvolgenti per i consumatori. È noto che le marche affiancano al mondo reale un’altra realtà altrettanto vera per gli individui, sebbene sia una realtà virtuale. Ciò può avvenire perché i mondi comunicativi delle marche sono dotati di una notevole ricchezza e densità comunicativa, oltre a far ricorso a strumenti di comunicazione per mantenere sempre un rapporto diretto con gli individui. Kapferer (1995) identifica le funzioni tradizionali svolte dalla marca: identificazione, orientamento, garanzia, personalizzazione, ludica e praticità. Queste sono state sopravanzate da una nuova funzione di tipo relazionale che crea un collegamento comunicativo tra la marca e numerosi altri soggetti. Quindi possiamo affermare che negli ultimi anni la marca si è trasformata in un soggetto sempre più relazionale. Per questo anche il marketing ha sviluppato un approccio definito “relazionale”, basato sul presupposto che durante lo scambio economico tra consumatore e impresa si produce un’effettiva produzione di valore e che il consumatore deve essere considerato come un interlocutore attivo (e non un soggetto passivo). 5.2 L’immaginario di marca Andrea Semprini (1990) ha proposto una nozione aggiuntiva di “mondo possibile”, che verrà messa a punto da Eco. Quest’ultimo con questa espressione intendeva riferirsi a un universo culturale ipotizzato dal lettore di un testo sulla base di indizi presenti all’interno del testo stesso. Questo universo possiede una natura narrativa, contiene valori, attori e situazioni, e ipotizza un corso di eventi. Deve essere comunque considerato come un mondo limitato rispetto ai mondi narrativi che creano al giorno d’oggi le marche. Gianfranco Marrone per esempio (2007) pensa che il concetto di mondo possibile non può essere applicato a un soggetto come la marca, che è strettamente innestata in quella dimensione concreta che contraddistingue la vita quotidiana delle persone. 22 CAPITOLO 6: un modello per l’analisi della pubblicità 6.1 Il modello attanziale La marca ha una natura molteplice e ciò rende la sua analisi complessa. Impiega uno strumento come la comunicazione pubblicitaria per dare vita al suo immaginario, che è possibile analizzare attraverso uno specifico modello interpretativo. Questo effettua un’analisi statica, in cui l’oggetto è la forma e il contenuto del messaggio, e un’analisi dinamica, sui processi enunciativi riguardanti il funzionamento dell’enunciato stesso (che tenta di creare un legame con il destinatario). Queste due tipologie di analisi fanno riferimento alle due dimensioni fondamentali di qualsiasi linguaggio: - sintattica (o forma) e semantica (o contenuto) per l’analisi dell’enunciato; - pragmatica per l’analisi dell’enunciazione. Individua poi il livello delle manifestazioni superficiali e quello narrativo per la componente sintattica dell’enunciato. Individua il livello tematico e quello valoriale per la componente semantica. Per le tre componenti (sintattica, semantica e pragmatica) individua tre specifici strumenti d’analisi che sono: - il modello attanziale; - il quadrato semiotico; - il modello comunicativo della marca. Negli anni 60/70 del 900 la semiotica ha sviluppato un’esperienza di analisi ricca rispetto alle manifestazioni superficiali che sono il primo livello della dimensione sintattica. Ma per procedere con tale analisi è importante concentrarsi sul secondo livello che è quello narrativo. Per l’interpretazione si fa riferimento allo schema di Greimas che ha messo a punto a partire dalle categorie individuate da Propp (analisi delle fiabe russe). Questo modello si chiama “modello attanziale”. Si tratta di uno schema basato sulle relazioni di opposizione esistenti tra sei tipi fondamentali di attanti o ruoli narrativi. Greimas distingue tra attanti (coloro che appartengono a una sintassi narrativa, che incarnano la storia) e attori (riconoscibili nei discorsi particolari in cui si trovano manifestati e che vivono la storia empiricamente). Gli attanti sono accoppiati a due a due: - soggetto che cerca di compiere un’impresa, superando delle difficoltà per congiungersi con l’oggetto a cui viene associato un valore che lo determina, ossia per congiungersi con un oggetto di valore; - opponente che si oppone al programma del soggetto, il quale è assistito da un aiutante; - destinante che è il mandante del soggetto all’inizio della narrazione, e il destinatario a cui viene affidato l’oggetto alla fine. 25 Alcuni studiosi ritengono che l’oggetto sia una qualità o una condizione associata con l’oggetto e non obbligatoriamente un prodotto vero e proprio. Inoltre si pensa che il consumatore (il “tu”) è sia soggetto che destinatario. Questo si spiega col fatto che la pubblicità non vuole convincere il consumatore che ha bisogno di un prodotto, ma piuttosto che il prodotto lo aiuta a ottenere qualcosa di cui ne ha la necessità. Altri studiosi pensano che nelle pubblicità non ci siano ruoli narrativi fissi e che il prodotto può occupare un ruolo qualsiasi dei sei proposti da Greimas. Secondo Greimas l’Oggetto di valore è desiderato generalmente da più Soggetti, che entrano in una relazione polemico-conflittuale perché ognuno di loro è mosso da differenti e spesso contrastanti programmi narrativi. Questo concetto ci permette di definire delle diverse possibilità prospettiche della narrazione, che può essere raccontata a partire dal programma d’azione di un qualsiasi ruolo del modello. Importante è che l’Oggetto di valore instaura una serie di congiunzioni e disgiunzioni con il Soggetto e i suoi diversi antisoggetti. Greimas ha utilizzato i risultati delle ricerche di Propp per mettere a punto un altro schema del percorso narrativo del Soggetto che è una semplificazione rispetto al modello attanziale perché non considera i ruoli dell’Opponente e dell’Aiutante. Questo schema prevede quattro successive fasi (una manipolazione e tre specifiche prove), che prese isolatamente costituiscono lo schema narrativo canonico: 1. manipolazione → programma proposto dal Destinatario e accettato dal Soggetto, che deve essere portato a termine e che prevede varie azioni da compiere, e uno o più oggetti da raggiungere o possedere. Può essere unilaterale, bilaterale o reciproco; 2. competenza → acquisizione o riconoscimento di una capacità cognitiva e pratica di realizzare il programma da parte del Soggetto; 3. performanza → realizzazione del programma proposto, che ha come scopo la congiunzione del Soggetto con l’Oggetto di valore; 4. sanzione → nuovo confronto con il Destinante per la verifica del programma che è stato realizzato rispetto a ciò che era previsto dal contratto, per emettere un giudizio sull’operato del Soggetto (può essere positivo - premio - o negativo - punizione). 6.2 Il quadro semiotico Passando all'analisi dei contenuti (componente semantica) emerge la capacità di esprimere diversi temi. Bruno Remaury (2004) ha individuato sei aree tematiche che i racconti relativi alle marche possono sviluppare: - il tempo→ racconti che recuperano l’aspetto originario che qualifica la marca; - i luoghi→ racconti connessi con una dimensione geografica ben determinata; - gli stati essenziali→ es: adolescenza o femminilità; - i personaggi→ es: cowboy della Marlboro; - il saper-fare→ es: mondo di marca di Nike; - la materia→ da quella naturale a quella tecnologica; Per analizzare la componente semantica è utile fare ricorso a uno schema logico che consente di raffigurare dinamicamente le principali tra le possibili articolazioni di una qualunque categoria semantica. Si fa riferimento al quadrato semiotico di Aristotele, ossia uno strumento descrittivo basato su rapporti differenziali tra gli elementi che lo costituiscono; e i suoi quattro poli sono collegati tra loro dalle relazioni: 26 - contrarietà sui lati orizzontali; - complementarietà sui lati verticali; - contraddizione sulle diagonali. Questo strumento permette di articolare quei concetti contrapposti, che secondo gli antropologi strutturalisti, rappresentavano i nuclei fondativi della cultura sociale (es: vita e morte). È qui che risiede il nucleo di base del posizionamento pubblicitario di un prodotto. Posizionare significa definire uno spazio concettuale nel quale vanno a rapportarsi tra loro degli elementi come i segni, i simboli, i ricorsi e le esperienze che sono relativi a un prodotto o una marca. Significa trovare una posizione nella mente di chi riceve il messaggio. Floch ha impiegato il quadrato semiotico per analizzare numerosi fenomeni di consumo. Ha individuato, tramite apposite ricerche su campioni, quattro tipi di possibili “valorizzazioni dei beni di consumo” (vedi foto sotto), che si trovano sui diversi angoli del quadrato: - pratica, relativa al valore d’uso e all’utilità del bene (confort); - utopica, relativa agli aspetti esistenziali del rapporto di consumo (identità) - “utopico” è da considerare nel senso di tensione ideale; - critica, relativa agli aspetti non esistenziali del consumo (rapporto qualità-prezzo); - ludica, relativa agli aspetti non utilitari (gratuità, raffinatezza). Queste valorizzazioni comportano altrettanti modelli di consumo, ma è importante anche l’impiego del quadrato che ne ha fatto Floch in relazione ai messaggi pubblicitari. Grazie a questo impiego è riuscito a individuare quattro diverse “ideologie pubblicitarie” (vedi foto sotto): ● referenziale → il linguaggio pubblicitario vi svolge una funzione rappresentativa (= semplice rappresentazione di una realtà che è già dotata di un significato, quello del prodotto). La pubblicità referenziale utilizza determinate strategie discorsive che hanno l’obiettivo di presentarla come vera; ● mitica → il linguaggio vi svolge una funzione costruttiva perché il significato non è già presente nella realtà del prodotto, quindi viene costruito esclusivamente attraverso il discorso pubblicitario; ● sostanziale → è la negazione della pubblicità mitica, che viene considerata come una forma di pubblicità che usa il prodotto in maniera pretestuosa. Consente di esplorare la natura profonda del prodotto; ● obliqua → negazione della pubblicità referenziale, in quanto sostiene che nel messaggio il significato non è già dato e utilizza la forza dell’ironia e del paradosso per attivare la capacità cognitiva del fruitore, per fargli produrre il significato attraverso una strategia di spostamento e di presa di distanza rispetto al discorso che riguarda le finalità del prodotto. Non deve essere utilizzato come modello statico, anzi, nell’attività della comunicazione possono essere impiegate tutte e quattro le ideologie individuate, anche se di solito solo una è prevalente. 27 Dal punto di vista dell’impresa, l’enciclopedia locale rappresenta quell’insieme di miti e conoscenze che appartiene alla cultura dei consumatori di una determinata marca. Tuttavia, le funzioni dell’enciclopedia vengono ostacolate dall’assenza di simmetria che esiste tra enciclopedia propria dell’emittente e quella propria del destinatario; ma soprattutto tra l’enciclopedia realmente posseduta dal destinatario e quella immaginata per quest’ultimo dell’emittente quando costruisce il messaggio. Ciò causa una distorsione dei significati che vengono attribuiti dal destinatario nel loro lavoro di interpretazione. Le cause sono molteplici: - difetti relativi al medium di trasmissione; - ambiguità e contraddizioni semantiche; - imperfetta comprensione dell’enciclopedia del destinatario da parte del mittente; - delegittimazione totale o parziale dell’emittente da parte del destinatario. La causa più importante sono le interferenze prodotte dall’eccessiva quantità e dalla natura entropica dei messaggi circolanti all’interno del flusso odierno. La mancanza di simmetria deve essere ridotta al minimo per non avere una notevole perdita di risorse. Si cerca di risolvere il problema usando la tecnica della ridondanza, ossia la ripetizione dei messaggi. 30 CAPITOLO 7: pubblicità fotografica degli alimenti 7.1 Panzani Barthes in un articolo ha dimostrato che ogni messaggio visivo è articolato su due livelli di funzionamento (iconico codificato o denotato, e iconico non codificato o connotato), i quali si sommano a quel livello propriamente linguistico che caratterizza il testo verbale di qualsiasi messaggio. All’interno del livello connotativo di Panzani è possibile individuare quattro significati i quali costituiscono il messaggio culturale complessivo, che va ad aggiungersi a quello linguistico. I significati sono: ● ritorno del mercato: borsa semiaperta e freschezza dei prodotti; ● italianità: verdure, i cui colori richiamano i colori della bandiera italiana; ● servizio culinario totale: idea che Panzani offre tutto ciò che serve per preparare il pasto; equivalenza tra prodotto naturale e confezionato; ● artisticità: richiamo alla tradizione pittorica della natura morta. L’analisi di Barthes propone una un’analisi originale perché unisce diversi elementi, come gli oggetti e i colori. Ma questa analisi è stata superata perché negli ultimi anni la semiotica ha acquisito consapevolezza del fatto che è necessario mettere in luce l’articolazione complessiva del messaggio, che comprende componenti profonde che non sono immediatamente percepibili. Marrone: mette in luce una narrazione implicita: partenza, viaggio, azione (scelta dei prodotti, accostamento e acquisto), viaggio di ritorno, allestimento della pietanza e consumo. Il Destinante (soggetto che fa partire il racconto) sembra responsabile della scelta dei prodotti e degli accostamenti. La posizione della borsa di rete implicitamente mostra il fatto che qualcuno sta sorreggendo la borsa a sinistra nel momento in cui l’osservatore guarda l’immagine. Si verifica un “raddoppiamento” del Destinante, che prima sceglie i prodotti e poi li mostra allo spettatore. Il Destinante è la marca e sta in alto nell’immagine (per la posizione della borsa che sorregge) e questo determina una gerarchia. La rete si trova al di fuori dello spazio visivo parzialmente quindi si attiva un processo di completamento dell’immagine da parte del lettore → figura retorica della “aposiopesi” o reticenza. Si propone un contratto con il Soggetto-consumatore di tipo “ossimorico” perché si sta proponendo un prodotto industriale confezionato che viene presentato come prodotto fresco. L’immagine è anche il risultato di un processo di comunicazione che si sviluppa sul piano metonimico: i prodotti di Panzani sono genuini come i veri pomodori di cui sono costituiti. Marrone sostiene che questo annuncio si regge sul livello più profondo del valore “lusso” che si legge nel payoff. Gli elementi convergono nel comunicare significati di lusso a partire dallo sfondo rosso (usato per mostrare i gioielli), e la situazione surreale che rimanda a un sogno. Ma lui non sa che nel profondo ci sia un significato di maternità: la rete è una metafora del ventre materno e del seno materno. Anche sul piano sociale, tradizionalmente era la donna a occuparsi della spesa e a preparare i pasti, soprattutto negli anni 60, anni della pubblicazione dell’annuncio. Quindi l’annuncio si rivolge alla casalinga. Si conferma così che la maternità è quel valore profondo sul quale si regge l’intero messaggio pubblicitario di Panzani. 31 7.2 Barilla Presenta una natura particolare perché articola la sua strategia attraverso l’uso di un’elevata quantità di figure retoriche. Presenta un andamento narrativo, in quanto si articola su tre pagine e ha una headline che è collocata in prima pagine da sola (funzione di incuriosire il lettore e invogliarlo a proseguire). Inoltre propone di conciliare il piacere con la salute (definito poi come “piacere intelligente”). Dal punto di vista retorico è un paradosso. L’headline si impone con forza all’attenzione grazie ai caratteri maiuscoli e di grandi dimensioni, e le righe orizzontali facilitano la lettura. La bodycopy si articola su tre colonne le cui dimensioni si riducono per formare una sorta di curva ascendente che esprime graficamente la figura retorica del climax. Il punto culminante è dove si trovano il marchio Barilla e il payoff “Dove c’è Barilla c’è casa”. La scelta di dividere la bodycopy su più colonne utilizza la figura retorica della paronomasia, ovvero la ripetizione di uno stesso soggetto. Il piatto di pasta è forzatamente in primo piano, che tende a mettere in scena la massima illusione di “verità” attraverso l’ingigantimento delle dimensioni degli oggetti, l’illuminazione calda e poco luminosa (realista), la tecnica fotografica del “tutto a fuoco” (elimina le sfocature in tutti i piani, mette in luce tutti i difetti). In questo caso si usa la figura dell’ipotiposi, caratterizzata dalla produzione di un effetto di verosimiglianza e di realtà. L’ipertrofica rappresentazione della pasta spiega l’enfasi e l’iperbole. Al tempo stesso viene presentata una limitata porzione della pasta contenuta in un piatto usando la figura della reticenza. Due elementi si distaccano dal resto dell’annuncio: - il box contenente il chicco di grano (fumettistico), e un breve messaggio che riprende e sviluppa il significato della bodycopy → scelta del miglior chicco di grano; - il secondo box è parte integrante della bodycopy perché ne rappresenta una continuazione. Contiene la ricetta del piatto presentato e a produzione del packaging del prodotto. Troviamo anche un gioco di parole che costituisce una secondaria headline “quando un unico piatto diventa piatto unico”. La cornice esterna in bianco e nero costituisce un contrasto con i colori dell’annuncio, ma rimanda a una scena teatrale o alla messa in cornice della pittura. I colori richiamano i colori del logo, in particolare il piatto di pasta richiama il colore rosso. In generale sono colori caldi (materni). Il destinatario sembra possedere una cultura al di sopra della media che gli consente di apprezzare una grafica che riesce ad attirare l’attenzione ma che rende poco agevole la lettura → spazio affollato da elementi di diversa natura che hanno limitato il livello di coerenza interna. La bodycopy è un accumulo progressivo di concetti che non facilitano il percorso di lettura. Quindi il messaggio si rivolge a consumatori avanzati sul piano socioculturale, maggiormente eclettici nei loro comportamenti rispetto alla media della popolazione. Nella bodycopy si dà per scontato il concetto di domesticità famigliare che è chiaramente espresso nel payoff. Questo si spiega forse perché l’annuncio si rivolgeva a consumatori che si pensava avessero già introiettato il concetto espresso, utilizzato già da molti anni. 32 CAPITOLO 8: Pubblicità fotografica delle bevande 8.1 Absolut La vodka Absolut è stato per diversi anni un prodotto marginale, perché proveniva dalla Svezia, che non è un paese famoso per questo alcolico. In pochi anni però divenne la terza marca più importante del mercato, e il merito è di una strategia comunicativa che ha fatto ricorso a vari strumenti (abiti firmati, promozioni culturali come concerti). Lo strumento più importante è stata la campagna pubblicitaria del 1980 realizzata da TBWA. Gli elementi principali sono ridotti al minimo, sfruttando le figure retoriche della reticenza e dell’ellissi. La bottiglia è collocata in uno spazio anonimo (studio fotografico) ed è ripresa frontalmente e illuminata da un riflettore che la attraversa e si ferma sulla parete nera sul fondo. Da ciò ne deriva che il prodotto è presentato come “santo”, elemento accentuato dall’aureola in alto; ma anche come un protagonista da ammirare, e un capolavoro da esibire. È qualcosa di unico e perfetto → headline “Absolut perfection”. Si valorizza la trasparenza del prodotto e della bottiglia, eliminando anche l’ombra delle parole che dovrebbero essere sullo sfondo → metafora di purezza. Bottiglia: manca di un’etichetta vera e propria e per questo diventa un prodotto insolito, anche perché le parole sembrano galleggiare nel vuoto. Ha una forma regolare, senza fronzoli. Anziché accettare un’oggettiva debolezza del prodotto, si è deciso di estremizzarla e quindi di trasformare una minaccia in un'opportunità: il prodotto è particolare e unico. Infatti rifiuta qualsiasi legame nostalgico con la tradizione e non fa nessun riferimento ad un’area geografica e culturale di provenienza → situazione atemporale e priva di radici. Si presenta come annuncio di marca: non si concentra sulle caratteristiche del prodotto ma sugli aspetti formali della comunicazione. Ciò consente di associare alla marca un mondo simbolico di perfezione assoluta, dove il prodotto non è vissuto dai consumatori come un alcolico ma come un concetto astratto. Lavora anche sull’identità visiva della marca, ossia lo stile specifico che caratterizza il lavoro degli artisti. Presenta una struttura espressiva stabilizzata e riconoscibile che permette di collegare ogni singolo messaggio emesso all’identità di marca che lo ha collocato sul mercato. Per questo è stato possibile realizzare nel corso degli anni centinaia di annunci stampa nei quali la bottiglia ha assunto la funzione di contenere simbolicamente realtà culturali molto diverse (NY, LA attraverso il richiamo delle piscine di Hollywood) e personaggi famosi come la Monroe e Warhol. Questa nuova strategia permette di rimediare a quell’atteggiamento scostante che i significati di perfezione e di superiorità trasmessi dal primo annuncio stampa e la perdita di collegamenti con una realtà geografica e culturale precisa possono comportare nei confronti del consumatore. Si cerca un rapporto di complicità con il consumatore. Viene usata la figura della paronomasia quindi la ripetizione di uno stesso soggetto modificato ogni volta con l’introduzione di piccole varianti, e il consumatore è attratto dal meccanismo seriale della ripetizione, ma anche ansioso di scoprire il nuovo soggetto. 35 8.2 Minute Maid Ha una classica struttura a imbuto prevista dalla scuola anglosassone della pubblicità. Si tratta di un percorso di decodifica orientato dall’alto verso il basso, che restringe progressivamente il campo grafico e semantico, per chiudere con la sintesi estrema rappresentata dal packshot, dal logo della marca, e dal payoff. La funzione di attirare è affidata al visual e non alla headline. Il visual è l’elemento che il lettore incontra per primo muovendo il proprio sguardo dall’alto. L’intenzione del pubblicitario era quella di mettere in scena una realtà quotidiana e “vissuta”, quindi in grado di facilitare l’attivazione di un processo di identificazione. Si spiega così perché la cucina sia dominata da colori chiari che producono sensazioni di un ambiente pulito e rassicurante, ma anche da colori caldi che sono sintonici con il colore del prodotto pubblicizzato. Anche alcuni materiali usati contribuiscono al luogo “caldo”: legno dei mobili piastrelle colorate, pavimento in cotto. Rendono caldo l’ambiente anche l’energia vitale trasmessa dalla finestra centrale che è inondata di luce solare (simbolo di rinascita, immortalità, rigenerazione); il calore contenuto nel lavoro umano (lavorazione pseudo-artigianale dei mobili); prevalenza di forme arrotondate dei mobili; prevalenza di fiori e piante; stato di disordine “controllato” (stoviglie, oggetti d’uso domestico). Importante sottolineare l’assenza di figure maschili in contesto familiare, nel quale lo spettatore si aspetta di trovare almeno quella paterna. La madre è sicuramente sposata perché ha la fede quindi la famiglia è ritratta nei canoni tradizionali. C’è infatti una quarta sedia, quella del padre che è al lavoro. Resta il fatto che è un mondo prevalentemente virato al femminile. Si tratta di una femminilità tradizionale e quindi calda dal punto di vista emozionale e affettivo. L’insieme di tutti questi fattori produce un annuncio che sollecita lo spettatore a entrare al suo interno grazie alla messa in scena di un ambiente rassicurante dal punto di vista psicologico. La scena è simmetrica, con il tavolo al centro. Ci sono però degli aspetti che mettono in luce una sostanziale “diversità” del personaggio della ragazza. Principalmente perché si posiziona al lato opposto della struttura dell’immagine rispetto agli altri due personaggi, inoltre si trova a destra che è l’area di conclusione del percorso di lettura del fruitore. È l’unico personaggio in piedi e occupa una porzione maggiore dello spazio, e viene per questo ripresa da un punto di vista leggermente più basso, il che la valorizza di più. Sta bevendo un bicchiere di succo d’arancia (= prodotto pubblicizzato). Non guarda e non viene guardata dagli altri personaggi. Il suo abbigliamento e i libri che tiene in mano fanno pensare che uscirà a breve di casa. Tutti questi elementi tratteggiano il ritratto di un personaggio dotato di una notevole autonomia sul piano psicologico, e il fatto che non sia ancora adulta e quindi integrata in convenzioni e ruoli tipicamente adulti, rafforza le connotazioni di indipendenza del personaggio. Ciò è possibile grazie alla sempre maggiore presenza della figura dell’adolescente sul piano economico, sociale e culturale a partire dagli anni 50/60 del 900. La ragazza è nel periodo dello sviluppo e quindi rafforza il concetto espresso dall’headline “Questo succo d’arancia è così buono che potete sentirlo nelle vostre ossa”. Si tratta di una metafora da interpretare in senso letterale perché il calcio contenuto va a rafforzare 36 veramente le ossa. Dal punto di vista interpretativo, la headline presenta un’ambiguità che ha lo scopo di stimolare l’attenzione del lettore. La figura dell’enunciatario è decisamente femminile per il tono oft impiegato e per la mancanza di una figura maschile. Ci si rivolge alla madre che ha il compito di crescere i figli e quindi l’enunciatario cerca di svolgere una funzione rassicurante ricorrendo al parere fornito dagli esperti all’interno della bodycopy. Il succo è al centro dell’immagine (dove cade l’occhio di chi osserva), il suo aspetto geometrico si distacca dalle forme arrotondate e “naturali” di ciò che lo circonda. Spicca cromaticamente grazie al blu scuro. A proposito di colori, non è un caso che la ragazza indossi una giacca di un colore simile, e che ci sia una “M” (lettera iniziale del nome della marca) → rimandi visivi di tipo anaforico. Succo e ragazza hanno lo stesso andamento verticale. In questo modo si cerca di stabilire una relazione diretta tra enunciatario e enunciatore, e il consumatore è invitato a un processo di identificazione. 8.3 Caffè Motta Recupera il passato in quanto il peso del passato è molto rilevante per il successo di un prodotto. Si tratta di una fotografia a tutta pagina a colori che ritrae una situazione di vita quotidiana e chiaramente ambientata in un periodo passato (anni 60/70). I protagonisti sono una giovane coppia in viaggio con una vecchia Fiat 500 bianca ferma in campagna per capire se erano sulla strada giusta. Sono in una situazione di difficoltà, hanno una cartina in mano. La headline (in alto a sinistra) dice “Noi che il navigatore era la cartina stradale, noi che il gusto del caffè non è mai cambiato”; seconda headline “Noi che nella vita abbiamo visto cambiare tante cose, siamo rimasti legati al gusto del nostro caffè. Noi, Caffè Motta!”. Siamo di fronte a un messaggio che usa la strategia del “retromarketing”, con lo scopo di comunicare che la qualità dei prodotti è rimasta invariata nel corso del tempo. Il modello di enunciatario è quello di un soggetto di una certa età che ha appreso che il tempo cambia la realtà, ma seleziona anche tutto quello da conservare perché meritevole come tale. Viene contrapposto nel piano valoriale più profondo il Passato al Presente: il Passato è quel valore positivo che la marca ha scelto per il suo posizionamento sul mercato. 37 Seconda strategia: intimità Il contesto è a-significante e anche l’enfasi del discorso continua a essere concentrato sull’Io della modella. Il livello di coinvolgimento del destinatario è maggiore perché la strategia è orientata verso una “messa a nudo” dell’identità profonda della modella. Assume una postura più naturale che le permette di comunicare di non voler interpretare un ruolo professionale, ma di voler mostrare all’esterno la sua sfera privata e soggettiva. In questo caso perciò la modella è fragile e indifesa. Riesce così a coinvolgere maggiormente dal punto di vista psicologico il destinatario. Esprime l’intenzione di voler far entrare il destinatario nei suoi pensieri (occhi spesso chiusi, non rivolge il corpo, arti attaccati al corpo come tentativo di difesa). Terza strategia: inclusione L’enfasi si sposta sul Tu dell’interlocutore. Quest’ultimo viene incluso nel messaggio. Al centro della rappresentazione c’è sempre l’Io della modella, e in questo caso questa cerca di interpellare direttamente il destinatario: attraverso lo sguardo che ha un effetto di forte implicazione nei confronti di chi guarda; corpo proteso verso il destinatario. Assume pose, espressioni e posture differenti, non fa ricorso a componenti psicologiche profonde. L’enunciatario viene considerato come un co-enunciatore del messaggio, mettendo chi è esposto al messaggio sullo stesso piano dell’enunciatore e tentando di coinvolgerlo direttamente nel processo di enunciazione. Quarta strategia: complicità L’obiettivo è ottenere un livello superiore di coinvolgimento del destinatario rispetto alla precedente, alla quale assomiglia apparentemente. La modella si rivolge chiaramente al destinatario, ma ora lo sguardo è accompagnato da un volto accattivante e da un corpo che asseconda ciò che esprime il volto stesso. Oppure, il suo sguardo non è più diretto, ma è trasversale rispetto all’osservatore. Il corpo segue lo sguardo. La modella appare intrigante, maliziosa e a volte anche velatamente sexy. Per questi motivi riesce a coinvolgere con efficacia il destinatario dal punto di vista psicologico. In questa strategia si cerca la complicità che tende a fare dell’enunciatario un co-enunciatore (come nel caso precedente) del messaggio, perché il contesto non è importante e l’enfasi è sulla relazione tra i due soggetti in gioco. La terza e la quarta strategia, visto che includono qualcuno, possono parallelamente escludere qualcun’altro. Infatti sono due strategie selettive che possono comportare qualche rischio in termini di efficacia comunicativa. Quinta strategia: rappresentazione Prevale l’oggettività di una vera e propria messa in scena, al centro della quale opera ancora la singola modella, la cui importanza viene indebolita. L’enfasi infatti viene spostata sul contesto che circonda la modella, la quale sembra recitare un ruolo narrativo all’interno di una storia raccontata da un terzo soggetto. Della storia viene raccontata solo una parte, sarà poi chi guarda a immaginare il resto. C’è un massiccio ricorso ai più espressivi contesti sociali: letterari, pittorici, fotografici, teatrali, cinematografici e così via. Spesso si ricorre a una specifica figura di donna presente nell’immaginario collettivo contemporaneo: femme fatale, sophisticated lady, donna carriera, ecc. 40 Sesta strategia: empatia Rappresentazione narrata in terza persona, ma questa volta la modella si posiziona in un ambiente poco definito e tende a essere la principale protagonista della strategia comunicativa. Prevale l’atmosfera estetizzante, il mood, la sensazione psicologica suscitata. Si mandano messaggi che cercano di stabilire una sintonia con il mondo interiore del destinatario. Caratterizza in particolare il mercato dei profumi, ma anche dei capi d’abbigliamento. 9.3 Nike e Instagram Le aziende fanno ricorso anche ai canali digitali di comunicazione, oltre ai tradizionali annunci stampa. I brand hanno atteso a lungo prima di utilizzare Internet, pensando che i canali tradizionali fossero sufficienti, ma poi hanno compreso che era impossibile fare a meno dei vantaggi dei nuovi canali. Vengono sperimentate nuove formule comunicative e nuovi linguaggi come i fashion movies. Analisi di Nike e l’impiego di Instagram: Negli anni 80 il mercato delle scarpe cresce notevolmente e si è modificato tanto da far nascere una nuova realtà merceologica come quella delle sneakers = scarpe sportive estremamente tecnologiche, in grado di svolgere molteplici funzioni, e molto espressive sul piano del design. Da subito Nike, Reebok e Adidas si contendono il mercato con clamorose innovazioni sul piano dei prodotti ma soprattutto sul piano comunicativo. Nike però riuscì a imporsi grazie al grande impatto che molti spot stanno ricevendo. Nel tempo poi riuscì a mantenere la sua leadership, rinnovando i linguaggi e adeguandoli alle innovazioni tecnologiche. Quando sono nati i social media, Nike li ha sistematicamente impiegati per rendere diretta e interattiva la sua relazione con i consumatori. Instagram si rivela da subito uno strumento molto valido per interagire con i consumatori. Si tratta di un social che coinvolge un target molto giovanile e ciò spiega l’elevato interesse nei suoi confronti da parte delle aziende che producono sneakers. Ciò che è particolarmente elevato rispetto agli altri social è il brand engagement, ossia il livello di connessione esistente tra le marche e i clienti. Ogni utente può costruire una rappresentazione virtuale di se stesso, uno storytelling visuale in cui si racconta. In maniera analoga anche la marca si rappresenta così nello spazio virtuale e stabiliscono dei facili canali di collegamento con i consumatori. Si riesce a dialogare quotidianamente con i clienti, invece che impiegare settimane con campagne pubblicitarie. Nel profilo Nike i prodotti hanno un ruolo marginale → l’impiego dei social media è quello di favorire il ricorso a un’ideologia pubblicitaria mitica per la sua attività di comunicazione. Negli spot i protagonisti sono i campioni famosi, ma sui social sono i consumatori, che sono fortemente invitati dalla marca a partecipare alla creazione dei suoi contenuti (importanti anche i ritratti personali inviati sul canale social dalle persone). Ne deriva la creazione di una comunità vasta di persone che unisce la marca ai consumatori stessi, tenuta insieme da uno stile di vita sportivo. Ovviamente il consumatore sa di non poter avere le stesse prestazioni sportive dei campioni degli spot, ma la promessa implicita della marca è che acquistando i suoi prodotti potrà avvicinarsi al mondo e alle gesta dei vincenti del mondo dello sport. 41 CAPITOLO 10 - Pubblicità fotografica dei profumi 10.1 Chanel, Chanel n° 5 Alla marca vengono associati valori come la bellezza, la raffinatezza, la classe, il lusso e la francesità. Nell’annuncio del 1988 per la pubblicità del profumo Chanel n° 5 viene fotografata la modella attrice Carole Bouquet, che è stata testimonial per diversi anni. L’attrice riempie quasi tutto lo spazio dell’immagine ed è collocata dietro un flacone di profumo. Veste un abito rosso, indossa gioielli (probabilmente firmati Chanel), e guarda direttamente negli occhi l’osservatore con un sorriso radioso. Una mano è collocata sul flacone e l’altra incornicia il viso. Nella lettura dell’immagine gli occhi dell’osservatore vanno dall’alto verso il basso, incontrando per primo il volto dell’attrice e poi il profumo. Apparentemente sono due elementi chiaramente separati ma complementari perché uniti nella stessa struttura visiva. Non sono collegati sul piano narrativo, ma sono giustapposti sul piano visivo. Insieme riescono a comunicare una sensazione di tranquillità. Anche se sono considerati come due elementi separati gli viene attribuito lo stesso significato (profumo = forma geometrica e fredda; attrice = gioia di vivere e serenità). La ripresa in piano ravvicinato introduce il lettore nell’intimità della scena: viene catturato prima dallo sguardo diretto dell’attrice e poi attratto dalla bellezza e dal fascino del volto. Questo viene accentuato dal fatto che alla donna sono già attribuiti dei particolari significati (di bellezza, classe e raffinatezza) a livello sociale, e così dà un senso anche all’oggetto nell’immagine. Questo messaggio funziona secondo il classico principio pubblicitario dell’identificazione → si acquista il prodotto perché si cerca di assomigliare al modello proposto dall’annuncio (si acquista un sogno). Questo meccanismo si trova in quasi tutte le pubblicità di profumi nella fascia alta del mercato. Nel corso della storia Chanel è riuscita a interpretare il concetto di “Regina”, intesa come particolare figura femminile che nella storia umana ha trovato molte incarnazioni come Penelope, Didone, Elisabetta I, ecc, che è in grado di esprimere talento e potere, ma soprattutto destino (destino di grandezza politica e di solitudine che è stato destinato a Coco è rimasta sola malgrado le sue numerose avventure amorose). Nella fotografia sui bottoni della giacca, sul collo della bottiglia di profumo compare il celebre trademark della maison = le due C nere intrecciate. 10.2 Dior, Midnight Poison La pubblicità dei profumi è in grado di trasmettere sensazioni di tipo estetico e di attirare creando l’illusione di una relazione di tipo personale, come nel caso di Chanel. Ѐ anche possibile coinvolgere intensamente facendo riferimento ai valori profondi della cultura umana. Un esempio è il profumo Midnight Poison di Dior. L’annuncio è occupato a tutta pagina da una fotografia della giovane attrice Green Eva, fotografata dall’alto e sembra stare stretta all’interno dell’annuncio (i gomiti stanno all’esterno dell’inquadratura). Guarda verso 42 CAPITOLO 11 - Pubblicità audiovisiva degli alimenti 11.1 McDonald’s, Altalena McDonald’s vende, oltre a panini e patatine, un immaginario di marca complesso che contiene numerosi elementi come prevedibilità, sicurezza, convenienza, divertimento, familiarità, e altri. Tale immaginario sembra rivolto alle famiglie. L’obiettivo dichiarato infatti è di essere vissuta come catena di ristoranti per le famiglie. In realtà si riferisce soprattutto all’infanzia perché sono consapevoli del fatto che gli odierni bambini saranno i genitori del futuro, e perché agendo su soggetti facilmente influenzabili (bambini) riusciranno a trascinare l’intera famiglia. L’obiettivo della strategia comunicativa è orientato a dare vita a un immaginario ludico e infantile, che richiama il mondo delle fiabe e dei cartoni, e che si concretizza con gli omini dell’Happy Meal. Per costruire questo immaginario è stata utilizzata la pubblicità: da semplice panino è stato trasformato in un simbolo dell’unità famigliare. Negli anni 70 si è espanso anche all’estero e ha aumentato in maniera esponenziale gli investimenti di marketing e pubblicità, impiegando per i suoi messaggi pubblicitari in massima parte la cultura americana (mitologia del Far West, conquista di territori, mito del self-made man). Ma ha anche impiegato a livello internazionale il valore della felicità, associandolo alla marca. Nello spot realizzato in corrispondenza delle Olimpiadi di Atlanta del 1996 viene ripreso frontalmente un bambino molto piccolo che oscilla su una piccola altalena in una stanza. Il bambino si allontana e si avvicina allo spettatore, alternando momenti di pianto (quando si allontana) e di riso (quando si avvicina). A un certo punto viene mostrato anche allo spettatore che fuori dalla finestra c’è la scritta luminosa di McDonald’s, e viene vista dal bambino solo a momenti alterni, in base all’oscillazione dell’altalena. Il messaggio quindi è semplice: basta vedere l’insegna che le persone sono serene, perché riconduce a ricordi felici. Ritroviamo anche una dimensione ludica rivolta ai bambini: l’altalena (gioco classico per i bambini), e allo stesso tempo il gioco basato sulla comparsa e scomparsa di qualcosa (gioco analizzato anche da Freud). Ne deriva che la marca ha una natura materna e una capacità (come le madri) di calmare le angosce dei bambini. Siamo di fronte a un successo di mercato basato sulla capacità di proporre un mondo culturale femminile e materno: il cibo di McDonald’s è un sostituto materno, perché sostituisce il bisogno di protezione. 11.2 Ferrero, Rocher (con Richard Gere) Rocher è una pralina al cioccolato particolarmente complessa, con una struttura interna che comprende diversi strati di prodotto. Questa originale invenzione viene arricchita grazie alla copertura del cioccolatino con una carta dorata, che evidenzia le asperità create dalle scaglie di nocciola presenti sulla superficie di cioccolato → prezioso gioiello. Il prodotto viene comunicato in Italia con messaggi pubblicitari televisivi. Questa saga ha attribuito notorietà e prestigio al prodotto, ma ha collocato quest’ultimo all’interno di un mondo comunicativo arretrato sul piano culturale (battute ironiche). Si rivolgeva a un consumatore moderno. 45 Cercarono di modernizzare il mondo pubblicitario di Rocher. Il nuovo spot (1999) è ambientato in un teatro dove viene messa in scena un’opera lirica, in sottofondo c’è una canzone romantica che dura per tutto lo spot. Viene inquadrata una ragazza vestita elegante, raffinata, con collana di perle che è rimasta incantata dallo spettacolo. Con un binocolo vede che il cantante soprano ha sulla scollatura un fiore giallo che richiama l’aspetto del cioccolatino Rocher. La ragazza sembra voler mostrare desiderio di mangiare il cioccolatino. Nel palco a fianco c’è Richard Gere, che prende il Rocher e lo posiziona vicino alla ragazza, la quale vede il cioccolatino e lo prende (Gere è contento), e lo mangia. Si fa riferimento al nome del protagonista dello spot precedente (Ambrogio). Alla fine Richard fa vedere un cioccolatino sul quale c’è una frase: “Ferrero Rocher. Momenti d’oro” → eccezionalità della situazione vissuta dalla protagonista e per richiamare il colore oro della carta del cioccolatino. Sul piano narrativo: storia classica. Il Soggetto è Richard Gere, che si deve ricongiungere all’Oggetto di valore ossia la ragazza; l’Opponente è la rappresentazione teatrale che impone il silenzio negli spettatori; l’Aiutante è il prodotto che interviene per eliminare quelle pareti invisibili tra il soggetto e l’oggetto. Lo spot si basa su due film girati con Richard Gere e Julia Roberts e in questo modo si riesce subito a stabilire una complicità con il consumatore. Basandosi sulla storia del film “Pretty Woman”, si vuole attribuire al Rocher connotazioni di prestigio sociale. Mancano tentativi di parodia, omaggio o gioco ironico nei confronti del testo originale. 11.3 Cadbury, Gorilla Si tratta di un’azienda inglese di dolci. Riescono attraverso una macchina innovativa a estrarre meccanicamente i gradi contenuti nei semi di cacao. In questo modo si otteneva un cioccolato puro → slogan "Absolutely Pure”. Promuove così un prodotto sano e l’idea di purezza. Per un secolo ha comunicato sempre con lo stesso stile visivo, quindi lo spot Gorilla del 2007 è estremamente originale e sorprendente, rimanendo in linea con il loro stile. Il prodotto è poco rilevante perché vi si fa riferimento solo alla fine, in un video di lunga durata per la televisione, che è un mezzo costoso (90 secondi). Il successo l’ha ottenuto l’anno dopo con la nascita di piattaforme web come Youtube. Per 89 secondi la camera si muove con lentezza, mostra alcuni dettagli del gorilla. La cosa sorprendente è che l’animale assume comportamenti tipicamente umani (suona anche la batteria). Il filmato è caratterizzato da un elevato senso di insensatezza e forse è il principale fattore che ha determinato il suo successo → è talmente strano che ha suscitato un vasto dibattito incrementando la sua circolazione sul web. Non ha molto di uno spot ma riesce perfettamente ad attirare l’attenzione = è più importante la circolazione del messaggio piuttosto che il messaggio stesso. Il contenuto è come una moneta sociale, da cambiare e da condividere. Deve riuscire a intrattenere e convincere il pubblico al quale è destinato, e in questo modo le aziende riusciranno a creare un legame intenso con il consumatore. 46 CAPITOLO 12 - Pubblicità audiovisiva delle bevande 12.1 Martini, Martini Bianco (Charlize Theron) Martini è una marca di aperitivi alcolici presenti in molti paesi e che quindi necessita di una strategia di comunicazione transnazionale, di messaggi forti ma semplici e comprensibili a tutte le culture. Ha sviluppato un format pubblicitario specifico e riconoscibile. Ha costruito un mondo di marca caratterizzato da valori come la giovanilità, bellezza, glamour, sensualità, allegria ed evasione. Il passaggio agli anni 90 (dove si stava più attenti alla sostanza e ai contenuti) ha portato Martini a modificare la sua strategia di comunicazione. Ora è una strategia multisoggetto avente l’obiettivo di raccontare allo spettatore una storia articolata attraverso alcuni spot. Ha molto successo per la sua maggiore efficacia espressiva le immagini di un giovane che arriva in motoscafo (è il modello David Charles Sahagian), si siede al tavolo di una ragazza (Charlize Theron), la quale era con un anziano signore. Il ragazzo dopo aver bevuto un bicchiere di Martini con la ragazza si alza e lei lo insegue. Il suo vestito si distrugge a causa di un filo che è rimasto incastrato nella sedia e mostra il sedere allo spettatore, sul quale si posa il grande marchio Martini. L'intenzione era quella di voler fare un'operazione senza tempo tipicamente postmoderna: scelte espressive riguardanti la musica, i codici cromatici, il luogo dell'ambientazione, i tratti somatici, il trucco e l'abbigliamento del protagonista. Si proietta lo spettatore nel mondo degli anni 60, in un piacevole mondo di ricchezza e mondanità. Il giovane è dotato di un aspetto vagamente misterioso ma anche di un sex appeal e un fare deciso che possono far pensare all'attore che impersonava James Bond. La storia ha una struttura narrativa molto esplicita e di tipo classico: il soggetto è il giovane e deve superare una prova, ossia affrontare l'opponente (uomo anziano) per potersi congiungere con l'oggetto di valore cui aspira, la ragazza. Il prodotto in questa narrazione svolge il ruolo di aiutante, che dà all'eroe la forza necessaria per affrontare l'antagonista, ma è anche un “filtro magico” che contribuisce a legare strettamente la ragazza all'eroe. La comparsa del prodotto nello spot modifica lo svolgimento della storia perché crea la cosiddetta “zona liminoide”, definita così da Turner, che consiste in un momento di passaggio dopo il quale la relazione dei personaggi muta e non è più quella precedente e il prodotto stesso viene a essere fortemente valorizzato. La contrapposizione tra il ruolo dell’eroe e quello dell’antagonista è molto evidente, anche perché non viene usato il linguaggio verbale, ma solo una ricca capacità di suggestione propria delle immagini. Il Soggetto è sempre in movimento, a differenza dell’Opponente. Anche quando si siede al tavolo continua a muoversi (gesti sexy e allusivi). Quindi l’Opponente viene connotato come debole e perdente. Il confronto tra i due protagonisti avviene sul piano della forza: non è un caso che il momento di massimo scontro sia rappresentato da un contatto tra le rispettive mani, ossia una sorta di braccio di ferro, che è la più classica delle prove di forza maschili. Si è giocato sulla contrapposizione tra un soggetto dinamico e forte e uno statico e debole. Analizzando il messaggio in modo più profondo è presente quindi una chiara opposizione tra i valori Giovane e Vecchio. L'eroe è estraneo rispetto a una dimensione passionale e tende a caratterizzarsi soprattutto come un personaggio basato sull'azione. Anche la ragazza sembra aver poco a che vedere con dinamiche passionali, sebbene abbandoni il suo stato di tranquillità per congiungersi con 47 CAPITOLO 13 - Pubblicità audiovisiva dell’abbigliamento 13.1 Levi’s, Pick up Negli anni 80 Levi’s cerca di rilanciare il modello di jeans più famoso: il 501. Creano una serie di spot ambientati in una delle situazioni sociali più affascinanti della storia del prodotto: il mondo dei giovani americani degli anni 50 (che hanno reso possibili film come Grease e American Graffiti, o Happy Days). Viene introdotta la figura dell’uomo oggetto, ossia una persona che si caratterizza per un corpo da osservare e desiderare (come succedeva per le ragazze). Merita attenzione lo spot “Pick up” (1989). Contiene molte inquadrature separate da numerose e veloci dissolvenze che rendono la narrazione fluida. Nella macchina che si è rotta ci sono una ragazza e un uomo formale (giacca e cravatta), si trovano in una strada perduta del deserto americano. Passa un furgoncino su cui si trova un ragazzo che è opposto all’uomo come comportamento e portamento. Ha una personalità vincente, indossa jeans e stivali. Li aiuta. Capisce che non c’è nulla da fare e quindi si toglie i pantaloni e li usa come traino per la macchina rotta. La ragazza sale sulla macchina del giovane, e appena partiti alla macchina che stanno trainando si stacca il paraurti e rimane da solo nel deserto. Domina il tema dell’allontanamento dei jeans dal loro proprietario. A differenza delle altre pubblicità, il prodotto non viene indossato per far vedere come sta addosso ma per essere tolto → consente di fare leva sulla resistenza dei pantaloni, sino a perderli per strada. La promessa è la qualità del prodotto e la sua robustezza (riescono a trainare una macchina → cede il paraurti, non i pantaloni). Il prodotto è Aiutante, uno strumento magico, il cui intervento modifica la storia, permettendo al Soggetto di superare l’Opponente e congiungersi con la ragazza che desidera. Si traduce così sul piano narrativo il payoff: “Levi’s or nothing”. Sul piano più profondo si fa riferimento al passaggio dall’adolescenza all’età adulta, che riguarda da vicino il teenager che consuma il prodotto perché la conferma di mascolinità avviene attraverso lo sviluppo fisico e sessuale. La scena chiave del traino della macchina riesce a rafforzare la sua identità di marca perché la figura simbolica sull’etichetta che raffigura due cavalli che vanno in senso opposto viene sostituita dalle macchine. Il giovane è presentato come un personaggio autonomo, anticonformista, che pur di ottenere il suo obiettivo, è disposto a non avere pudore. Maltratta i suoi jeans (e se ne priva), il fazzoletto. Al contrario l’uomo è conformista, è uno scandalo vedere il ragazzo togliere i jeans, si preoccupa delle apparenze. A livello profondo, il mondo di marca che questo spot presenta è basato sull’esaltazione della libertà individuale, valore sociale legato alla cultura americana dalla quale la marca proviene. 13.2 Diesel, Little Rock Negli anni 90 Diesel voleva trovare un mondo pubblicitario che fosse altrettanto potente di quello di Levi’s, che però fosse originale (pur parlando lo stesso linguaggio anticonformista). Lo ha trovato applicando il meccanismo dell’ironia e della dissacrazione costante in tutto ciò che una marca può incontrare nel suo cammino (stereotipi narrativi generati dalla cultura di massa). 50 Nello spot in questione si rimanda al genere western. Si presentano due personaggi tra loro opposti: un eroe bello, giovane, con una moglie e una figlia, altruista e veste jeans Diesel; l’antagonista brutto, vecchio, cattivo che indossa vestiti vecchi e sporchi. I due alla fine si scontrano in un tipico duello western e inaspettatamente muore l’eroe giovane che veste Diesel. Viene quindi usato lo schema narrativo Western, che genera tensione psicologica e che verrà sciolta dal duello finale; ma allo stesso tempo sorprende lo spettatore perché lo tradisce con un finale a sorpresa. Diesel ci vuole dire che nella realtà quotidiana non esiste un eroe buono come quello del filmato. Si vuole contrapporre all’eroe di Levi’s del caso precedente. Questo è un chiaro esempio di presentazione di un vero e proprio mondo di marca, che sembra cambiare continuamente a seconda dei soggetti presentati, ma che è dotato di alcune costanti: trasgressione, ironia, contrapposizione con il mondo degli adulti, gioco, ecc. Si rivolge a un pubblico anticonformista che rifiuta di identificarsi negli eroi tradizionali e si diverte ad assistere alla loro sconfitta. In ogni caso non prende una posizione con un messaggio particolarmente diretto ed esplicito, ma si limita a proporre un mondo e a fare una proposta che può essere liberamente reinterpretata dal consumatore. 13.3 Adidas, Laila Lo spot che analizziamo rimanda agli anni 60, periodo nel quale un pugile come Cassius Clay è diventato negli USA un simbolo della lotta per l’eguaglianza dei diritti umani. Il pugile si era imposto nell’immaginario collettivo sia per i suoi risultati sportivi, ma anche per i suoi comportamenti originali nella vita quotidiana e per il suo impegno politico e sociale. Negli anni 60 Adidas era il leader del mercato degli articoli sportivi. La marca nasce nel 1948 dalla separazione dei due fratelli Dassler, che erano i proprietari dell’omonima azienda, che aveva realizzato le scarpe indossate da molti corridori delle Olimpiadi del 1928 e 1932, tra cui Jesse Owens. A partire dalla metà degli anni 60 però lascia spazio nel mercato a vantaggio di Nike e Reebok. Negli ultimi anni però è riuscita a rilanciare numerosi nuovi prodotti, e anche a ricordare ai consumatori di quei momenti felici. Lo spot Laila ritrae un vecchio video di Cassius Clay (che prese il nome di Muhammad Ali) e attraverso le nuove tecnologie gli è stato affiancato la figlia (che è diventata campionessa della boxe femminile). Alla fine compare la scritta “Impossible is nothing” e il logo. Lo spot riesce a sorprendere lo spettatore perché va contro le regole del tempo, rendendo giovane un personaggio che non lo è. Ciò richiama anche il payoff che dichiara che nulla è impossibile con i prodotti Adidas. Si rivolgono ai giovanissimi che sono i principali consumatori di articoli sportivi, ma parla anche a un pubblico adulto, che era giovane quando Cassius si trovava all’apice della sua carriera sportiva → nostalgia. 51 CAPITOLO 14 - Pubblicità audiovisiva di profumi e di cosmetici 14.1 Dior, J’adore Negli spot di profumi sono presenti alcuni stimoli intensi rivolti a tutti i sensi del corpo umano. Ciò è il risultato del fatto che il senso che è principalmente coinvolto è l’olfatto e non può essere stimolato attraverso una foto. Si attua una strategia sinestetica, che tenta di aggirare il problema stimolando gli altri sensi e cercando di far sì che questi stimolino indirettamente l’olfatto. Il caso di Dior ha comunicato tramite una strategia fortemente incentrata sulla polisensorialità. La modella guardava direttamente negli occhi dello spettatore e si immergeva in una piscina d’acqua dorata sussurrando “J’adore”. Voleva trasmettere al prodotto un’immagine di sensualità e femminilità, ma sfruttando anche una notevole somiglianza dal punto di vista fonetico con il nome della marca. Si associano anche il prodotto al colore oro (parola che richiama il nome “Dior” e “j’adore”), colore collegato all’idea di sacro nel passato, e oggi all’idea del lusso. Sul piano visivo è da registrare un’intensa presenta del colore nel packaging, nel prodotto alla luce che domina l’ambiente, nei capelli della modella e negli oggetti. Il nuovo spot del 2004 Charlize Theron era sdraiata nel letto avvolta in un lenzuolo agitato dal vento. Era uno spot basato su una storia guidata dalle sensazioni suscitate nello spettatore. Avviene un processo di unione tra flacone del profumo e corpo dell’attrice. Sul piano narrativo, la marca è Destinante, mentre il prodotto è il Soggetto, quindi conduce la narrazione e non si limita a presentarsi come oggetto del desiderio della protagonista. Anche se non viene inquadrato, lo spettatore avverte sempre la presenza del profumo, grazie alla presenza di forme e colori che richiamano il flacone. La Theron non guarda mai in camera e non compie azioni significative. Sembra lei a rivestire il ruolo di Oggetto. Lo spettatore assiste a una narrazione particolare, nella quale non avviene la classica operazione di congiunzione tra il Soggetto e l’Oggetto prevista dal modello di Greimas. Infatti, sembra presentarsi un modello in cui i significati si sviluppano grazie alla semplice co-presenza degli attanti. Questo è spiegato anche dal fatto che Oggetto e Soggetto mostrano le stesse caratteristiche. Nello spot del 2006 Theron si comporta in modo diverso. L’attrice ha un ruolo attivo e si rivolge allo spettatore per quasi tutto il tempo: cammina verso di lui con un atteggiamento deciso e quasi aggressivo; passa diverse stanze e porte ed esprime un’immagine di libertà e indipendenza. Con un’espressione ammiccante e sensuale pronuncia “J’adore” e sparisce dalla vista. Riappare nuda e ridotta a silhouette nera mentre si allontana verso le porte. Anche in questo caso c’è un legame tra l’attrice e la forma del flacone. Sono tutte forme verticali, poste al centro dell’inquadratura. Alla fine assumono anche lo stesso colore quindi si fondono dal punto di vista cromatico. 14.2 Dove, Evolution La marca si sviluppa attorno alla saponetta (seconda guerra mondiale), che ha rappresentato una vera e propria rivoluzione. Viene comunicato dall’inizio come un prodotto di bellezza e il messaggio che vuole mandare è quello di una saponetta che si differenzia dalle altre perché Dove idrata la pelle. Questo ha riscosso un notevole successo. Ciò gli ha permesso di aumentare i prezzi, ma al giorno d’oggi il consumatore non è più disposto a 52