Scarica Rissunto schematico del manuale di letteratura latina di G.B. Conte e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Letteratura latina solo su Docsity! 1 (G. B. Conte, Letteratura latina) CAP. 1: Le origini 1.1 – Dalla fondazione alla conquista del mediterraneo (753-202 a.C.) La fondazione di Roma è fissata dalla tradizione il 21 aprile 753 a.C., più o meno corrispondente agli studi effettuati: i primi insediamenti sul colle Palatino sarebbero avvenuti nell’VIII secolo. Le prime fasi di vita della città furono caratterizzate dalla dominazione etrusca, che instaurò un regime monarchico che durò fino al VI secolo. Dopo la caduta della monarchia, iniziò l’età repubblicana con i primi consoli eletti, secondo la tradizione, nel 509 a.C. I Romani iniziarono a scontrarsi prima con le popolazioni italiche poi con nemici esterni, come Pirro (Epiro) e Cartagine. Contro Cartagine Roma si impegna in tre guerre: la prima dal 264 al 241 a.C., la seconda dal 218 al 202 a.C. e la terza dal 149 al 146 a.C. Contemporaneamente si impegna in guerre verso Macedonia, Siria e Pergamo. In questo modo Roma si affermò come potenza egemone del Mediterraneo. A livello politico Roma vede diversi cambiamenti: le lotte tra patrizi e plebei, i tentativi di riforma dei Gracchi (133-121 a.C.), la guerra sociale con gli alleati italici che porterà alla concessione della cittadinanza romana a tutti i popoli dell’Italia. Importante poi lo scontro tra Mario e Silla e la dittatura di quest’ultimo (finita nel 78 a.C.). I contatti sempre più fitti con l’Oriente portano i Romani ad accostarsi in modo sempre più intenso alla cultura greca che avrà un ruolo decisivo nella formazione dei gusti e della letteratura. Le origini della produzione in lingua latina si pongono convenzionalmente nel 240 a.C., anno in cui Livio Andronico fece rappresentare un suo testo scenico. I testi di Andronico comunque nascono come traduzione di un genere letterario già maturo, ovvero la tragedia greca. 1.2 – Cronologia e diffusione della scrittura Sin dal VII secolo a.C. a Roma la scrittura era dedicata a momenti di vita pratica (un invito a bere su una coppa, firma su un recipiente, proibizione religiosa su un cippo (cippo del lapis niger). La scrittura però non è sempre con alfabeto latino o in lingua latina → crogiolo di popoli e di lingue in cui progressivamente si afferma il latino. La presenza di iscrizioni strumentali ci dimostrano che a Roma arcaica c’era già una certa capacità di scrivere piuttosto diffusa tra le persone di media condizione + la scrittura era indispensabile per una serie di funzioni pubbliche (sacerdoti, leggi, trattati) e private (genealogie famiglie nobili, iscrizioni celebrative). Non è invece attestata una circolazione libraria → i libri più antichi sono i libri Sibyllini, che le fonti ci dicono fossero testi religiosi in greco. Nell’età medio-repubblicana (IV-III secolo a.C.) l’alfabetizzazione era ormai abbastanza diffusa. ALTA E MEDIA REPUBBLICA 2 1.3 – Le forme comunicative non letterarie Le forme comunicative non letterarie indubbiamente hanno preparato il campo ad una vera e propria cultura letteraria in lingua latina → il tradizionalismo della cultura romana in età repubblicana favorì il perpetuarsi di certe formule e di certe strutture di pensiero anche in autori seguenti alla grecizzazione della cultura latina (Plauto, Nevio, Catullo, Virgilio). L’influenza greca comunque è sempre stata presente anche prima della consapevole adesione ai canoni e ai modelli greci dei letterati latini. ▪ Leggi e trattati L’uso della scrittura fu legato sin dall’antichità alla necessità di avere precise registrazioni ufficiali come trattati o leggi: - leges regiae: impostazione rigidamente sacrale - Leggi delle XII tavole: affidate a dodici tavole di bronzo esposte nel Foro romano stilate da un’apposita commissione (decemviri legibus scribundis) tra il 451 e il 450 a.C. → considerate dai Romani come il fondamento vero e proprio della loro identità culturale ▪ I fasti e gli annales calendari: la comunità romana aveva sviluppato un proprio calendario ufficiale regolato dalle autorità religiose, i pontefici → diviso in giorni fasti e in giorni nefasti, in base alla possibilità o meno di svolgere gli affari pubblici il termine fasti col tempo iniziò ad identificare anche i magistrati di quell’anno (fasti consulares e fasti pontificales) e i trionfi militari dei magistrati (fasti triumphales) ↓ le informazioni depositate nei fasti man mano aumentarono + si iniziò ad usare la tabula dealbata, tavola esposta pubblicamente dal pontefice in cui venivano riportati oltre ai nomi dei magistrati anche gli avvenimenti di pubblico interesse (trattati, guerre, prodigi, cataclismi) queste registrazioni ufficiali avvenendo anno per anno presero il nome di annales e cominciarono a formare una vera e propria memoria collettiva di Roma (Annales Maximi di Publio Muzio Scevola che raccoglievano in età gracchiana gli annales degli ultimi 280 anni) Gli storici che si occuparono dei primi secoli di Roma erano soliti fare riferimento a questa documentazione anche per avvalorare i loro resoconti → importante impulso alla struttura della storiografia romana, che iniziò a trattare gli avvenimenti storici anno per anno ▪ I commentari Il termine commentari in età classica aveva un vasto raggio di applicazione: appunti, memorie, osservazioni → tutte opere non professionali, caratterizzati da un apporto di informazioni e memorie personali la produzione dei commentari favorì lo sviluppo della produzione in prosa legata all’attualità politica e affine alla memorialistica. Prendono origine dai diari-resoconti dei magistrati in età repubblicana che riportavano in essi i provvedimenti e gli eventi principali durante il proprio mandato → venivano poi posti nei collegi sacerdotali divenendo documentazione ufficiali, base per i libri ponteficum 5 ▪ La questione del saturnio Le testimonianze più antiche della poesia romana ci mostrano l’uso di un particolare verso, il saturnio → usato per Odissea di Andronico e Bellum Poenicum di Nevio, ma anche per testi più antichi, per elogi funebri ▪ l’etimologia del termine fa pensare a qualcosa di indigeno, di italico, come era appunto il dio Saturno → tuttavia le testimonianze che possediamo si inseriscono in panorama ormai influenzato dalla cultura greca (es. epitaffi degli Scipioni) + i poeti che lo utilizzano usano anche altri metri ▪ la struttura non è riconducibile a nessun verso canonico della poesia greca, avvalorando le ipotesi di uno sviluppo di una “preistoria” della cultura letteraria latina ▪ alcuni ritengono che il verso si basasse addirittura su principi diversi da quelli greci (alternanza quantitativa), anche se risulta difficile che poeti usassero versi tanto diversi → ipotesi che il saturnio sia il frutto della trasformazione di cola (unità metriche) rintracciabili anche in filoni della poesia greca oppure che giocassero un ruolo decisivo il numero di sillabe o i raggruppamenti di parole ▪ il saturnio, a causa della sua forte differenza con i versi greci, scomparve dalla letteratura latina ▪ la letteratura latina arcaica infatti adottò versi propri della letteratura greca: - in forma pura, come l’esametro - in forma impura, riadattata: i versi di Plauto e degli altri comici pur basandosi su principi e modelli greci, presentano delle norme nuove ↓ a predominare sarà però la forma pura 6 CAP. 2: Il teatro romano arcaico 2.1 – La scena Tra la prima rappresentazione scenica attuata da Livio Andronico nel 240 a.C. e l’età dei Gracchi (133-121 a.C.) la cultura romana vede la fioritura di opere sceniche e rappresentazioni teatrali. ▪ le rappresentazioni impegnano le autorità statali che organizzano i ludi, la nobiltà che proteggeva gli artisti e il popolo minuto che assisteva in massa, specie alle commedie → la letteratura scritta rimane un fenomeno più ristretto ▪ i principali generi teatrali in origine sono prodotti d’importazione dalla Grecia: - palliata: commedia di ambientazione greca, chiamata così per il pallio, abbigliamento tipico dei Greci (Plauto, Terenzo, Cecilio Stazio) - cothurnata: tragedia di ambientazione greca, chiamata così per i coturni, ovvero altissimi calzari usati dagli attori tragici greci ↓ oltre ad essere ambientate in contesti greci, spesso sono derivate da precisi e conosciuti modelli greci → il pubblico colto può cogliere gli adattamenti e persino svolgere un paragone coi modelli ▪ a fianco alle opere d’ispirazione e ambientazione greca si posero anche i corrispettivi latini: - togata: commedia di ambientazione romana, chiamata così per la toga che si sostituiva al pallio - praetexta: tragedia di ambientazione greca, chiamata così dall’abbigliamento dei senatori romani, ovvero la toga pretesta (riga porpora) → le tragedie romane mettevano in scena figure di alto rango e prendevano ispirazione da fatti storici ▪ i termini della drammaturgia romana sono tutti greci o etruschi (histrio per attore) → Tito Livio precisa l’origine etrusca degli spettacoli romani, anche se forse presso gli Etruschi erano più spettacoli pubblici che rappresentazioni teatrali vere e proprie ▪ l’occasione era contrassegnata da cerimonie pubbliche religiose, che rimasero la sede privilegiata delle rappresentazione teatrali per tutta l’età repubblicana → il legame con la festività era però più istituzionale e esteriore rispetto alla Grecia ▪ i ludi scaenici durante il periodo di Plauto e Terenzio si svolgevano in queste ricorrenze: - ludi Romani: in onore di Giove, si svolgevano a settembre; nel 240 a.C. ospitarono la prima rappresentazione di Livio Andronico - ludi Megalenses: in onore della Magna Mater si svolgevano nel mese di aprile - ludi Apollinares: in onore di Apollo (visto come dio protettore dalle pestilenze) si svolgevano nel mese di luglio - ludi plebeii: dedicati a Giove, si svolgevano nel mese di novembre ▪ a organizzare i ludi erano sempre i magistrati edili o i pretori urbani e i ludi non prevedevano solo le rappresentazioni teatrali, ma anche altre forme di intrattenimento ↓ essendo le autorità pubbliche spesso parte della nobiltà, è chiaro che alcuni clan familiari favorissero lo sviluppo del teatro così da poter mettere in scena scene eroiche o imprese di antenati illustri appartenenti alla propria famiglia 7 ▪ l’influenza delle autorità era decisamente minore nella commedia, che doveva invece tenere maggiormente conto del gusto del pubblico ▪ la commedia latina non metteva in scena forme di critica sociale o di costume, né tanto meno attacchi ad personam o prese di posizioni politiche → la commedia ha un suo modo di essere realistica, senza però intaccare la sfera dell’attualità, ecc. Nevio coi Metelli ▪ nel 207 a.C. venne fondato il collegium scribarum histrionumque (confraternita degli autori e degli attori) → forma di riconoscimento, anche se solo parziale, visto che gli autori sono messi alla stregua degli attori, attività che allora nessun Romano libero avrebbe svolto + “scribi, scrivani” non poeti ▪ i magistrati dovevano trattare con gli autori e con il capocomico, il dominus gregis, che dirigeva la compagnia e collaborava a volte con gli autori stessi ▪ il primo teatro di pietra a Roma fu costruito nel 55 a.C. → prima si usavano solo strutture provvisorie in legno, che comunque non erano rudimentali, ma si richiamavano alla struttura greca l’azione si svolgeva all’esterno davanti a due o tre case collocate su una strada che portava da un lato al centro della città (al foro, all’agorà), dall’altro fuori dal centro abitate (in campagna o verso il porto) ▪ nel teatro latino (non si sa se anche al tempo di Plauto) si usavano le maschere → fisse per determinati tipi di personaggi che ricorrevano costantemente in ogni commedia (vecchio, giovane, lenone, matrona, cortigiana, schiavo, parassita, soldato) ↓ la loro funzione era quella di far riconoscere fin da subito il personaggio, per cui spesso era più importante il ruolo ricoperto che il nome stesso (es. Plauto) → spesso il commediografo si concentrava poco sulla psicologia dei personaggi che rimaneva stereotipata e generica, ma molto sulla comicità (es. Plauto, vs. Terenzio) ▪ le maschere avevano anche la funzione pratica di permettere a pochi attori di ricoprire anche più parti 2.2 – Le forme LA COMMEDIA ▪ come vediamo dalle commedie di Plauto, le commedie latine a. non erano divise in atti b. erano composte di parte cantate e recitate ▪ più specificatamente la commedia si componeva di tre parti principali: - parti «recitate»: parti senza accompagnamento musicale, scritte in senari giambici (trimetro giambico greco) - parti «recitative»: parti con accompagnamento musicale, ma non cantate (settenario trocaico, tetrametro trocaico catalettico greco) - parti «cantate»: composte da una straordinaria varietà di metri ▪ il senario giambico plautino presenta maggiore varietà e libertà rispetto al corrispettivo metro greco viste le numerose soluzioni del giambo possibili → questa libertà è però controbilanciata da una serie di leggi metrico-verbali più rigide 10 CAP. 4: Nevio Gneo Nevio, cittadino romano di origine campana, combatté nella prima guerra punica (264-241). Sembra fosse un plebeo di nascita e la sua biografia reca tracce di polemica anti-nobiliare; inoltre, non abbiamo notizia di un suo appoggio a protettori aristocratici. La tradizione vuole che attaccasse in poesia la potente famiglia dei Metelli e si sospetta che sia stato incarcerato per certe allusioni contenute nei suoi drammi. Morì forse in esilio ad Utica (Africa) tra il 204 e il 201 a.C. Un indizio interessante è un’allusione di Plauto nel Miles gloriosus in cui parla di un poeta imprigionato e costretto al silenzio, che la tradizione ha voluto identificare in Nevio. Di lui ci restano alcuni frammenti della sua produzione tragica, che vedeva almeno due praetextae (Romulus e Clastidium), e della sua produzione comica, più numerosa. L’opera principale fu però il Bellum Poenicum, che presentava originariamente alcuna divisione in libri, avvenuta in seguito. Il poema narrava della storia di Enea da Troia al Lazio e poi della storia della prima guerra punica → grande attualità per il pubblico romano. ▪ Tra mito e storia IL BELLUM POENICUM ▪ il Bellum Poenicum è il primo testo epico latino che abbia tema romano, come anche le due tragedie Romulus e Clastidium (vittoria su Casteggio) sono i primi titoli di praetextae a noi noti ▪ il Bellum Poenicum trattava di fatti estremamente contemporanei, ma anche della preistoria di Roma con la vicenda di Enea → saldatura tra mito e storia ▪ presenza di uno sfondo omerico: la fondazione di Roma si ricollega alla vicenda di Troia e i viaggi per mare di Enea sono paralleli alle peregrinazioni di Odisseo ▪ l’intervento divino non ha più la stessa valenza che aveva in Omero, ma assume una missione storica e convalida la fondazione di Roma ▪ sicuramente non era presente una narrazione continua, quindi mito di fondazione e storia contemporanea erano trattati in blocchi distinti → ipotesi di un incontro tra Enea e Didone ▪ Nevio sicuramente era un profondo conoscitore della poesia greca → la Campania era zona di lingua e cultura ellenica ▪ il Bellum Poenicum presuppone Omero e la tradizione ellenistica: - poema storico-celebrativo in cui si cantava secondo il modello omerico fatti contemporanei - brevità - l’intreccio tra una storia di viaggi e una storia di guerra sembra indicare un incrocio tra Iliade e Odissea, come era già avvenuto in Apollonio Rodio ▪ si riscontra un’originale mescolanza tra poetica ellenistica e ispirazione nazionale: - forte presenza di figure di suono (caratteristico della poesia arcaica) con ripetizioni, allitterazioni, assonanze che richiamano il modello dei carmina sacrali - uso del saturnio 11 ▪ la sperimentazione del linguaggio poetico si sviluppa in due direzioni differenti: 1. nella sezione mitica: questa parte del poema imponeva a Nevio la sfida di trovare un linguaggio simile a quello greco con i numerosi epiteti formulari → nuovi composti, nuove combinazioni sintattiche senza riprodurre in modo meccanico quelli greci 2. nella sezione storica: Nevio adatta il suo stile poetico a una lunga narrazione continua, il cui modello dev’essere ricercato più nella storiografia che nella poesia → linguaggio semplice, concreto, ordine lineare, termini tecnici e vocaboli prosaici ▪ lo sperimentalismo di Nevio è molto forte nell’opera, ma non basterà a competere con Ennio → tuttavia mantenne il suo prestigio come esempio di poesia civile, visto che rese in forma lapidaria alcuni precetti base dell’ideologia romana di età repubblicana LA PRODUZIONE TEATRALE ▪ oltre alle praetextae Nevio produsse tragedie ispirate alla materia mitica greca, specialmente al ciclo troiano come Andronico ▪ importante anche la tragedia Lycurgus, in cui veniva trattato il tema del culto dionisiaco, che allora si stava diffondendo anche a Roma ▪ più importante sembrerebbe la produzione comica che rese Nevio il principale predecessore di Plauto → talento letterario assai versatile ▪ dai frammenti abbiamo l’impressione di una colorita inventiva verbale che preannuncia Plauto + ci mostrano un teatro più “impegnato” rispetto a quello degli autori successivi → conteneva attacchi personali a personaggi politici (≅ ad Aristofane) 12 CAP. 5: Plauto Il nome nella forma completa del poeta è un dato incerto. Gli antichi lo citano infatti comunemente come Plautus, forma romanizzata di un cognome umbro (Plotus, «dalle grandi orecchie», «dai pieti piatti»). Per il resto del nome ci sono diverse teorie: - M. (Marco) Accio Plauto: sospetta, in quanto i tria nomina si usavano per chi aveva la cittadinanza e non sappiamo se Plauto l’abbia mai avuta - T. (Tito) Maccio Plauto: per errore di divisione delle lettere sarebbe uscito M-Accio. Maccius sicuramente non era un nome gentilizio, ma deriverebbe da Maccus, un personaggio tipico dell’atellana → volontà di tenere nel suo nome un collegamento con la sua professione Varie fonti dicono fosse nativo di Sarsina, in Umbria, un’area non pienamente grecizzata. La data di morte si colloca nel 184 a.C. e dal Cato Maior sappiamo che Plauto scrisse da senex lo Pseudolus, rappresentata intorno al 190 a.C. → visto che la senectus per i Romani iniziava a sessant’anni, Plauto dovrebbe essere nato intorno al 255-250 a.C. Varrone nel De comoediis Plautinis mise in evidenza ventuno commedie dell’autore, ritenute autentiche. Le altre commedie del corpus andarono perse nella tarda antichità. Le uniche commedie per cui abbiamo una data sono lo Pseudolus (190 a.C.) e la Casina, in cui si fa riferimento alla repressione dei Baccanali (186 a.C.), la cui data si pone come terminus post quem. 5.1 – Tipologia degli intrecci e dei personaggi ▪ la forza di Plauto sta nel comico che nasce dalle singole situazioni e dalla creatività verbale che ogni nuova situazione sa sprigionare ▪ le trame presentano in generale una struttura simile: lotta tra due antagonisti per il possesso di un bene (donna e/o somma di denaro per accaparrarsi la donna stessa) ▪ tra le trame si vede una forte prevedibilità degli intrecci e dei tipi umani incarnati dai personaggi: 1. Plauto non vuole porre interrogativi sul carattere dei suoi personaggi né ha particolare interesse per l’etica o la psicologia 2. usa prologhi espositivi che forniscono informazioni essenziali sullo sviluppo della trame → toglie la sorpresa e colpi di scena ▪ il numero limitato di tipi (servo astuto, lenone, vecchio, giovane amante, parassita, soldato fanfarone) → inquadrati fin dal prologo, in cui ci si concentra più sul ruolo che sul nome proprio del personaggio ▪ componendo trame prevedibili, Plauto può concentrarsi su certe particolari forme dell’intreccio: - commedia del servo: l’azione di conquista del bene è delegata dal giovane a un servo ingegnoso e di libertà non realistica → un artista della frode, una controfigura del poeta che mette in scena la vicenda stessa (es. Pseudolo) - commedia della Fortuna (o Tyche): la Fortuna è una forza onnipresente, protagonista assoluta del teatro ellenistico → valore stabilizzante, che permette al servo di avere un avversario e un alleato suoi pari, così da poter prevalere ma nemmeno con troppa facilità - commedia degli equivoci: commedia che ruota intorno al riconoscimento (agnitio) che porta un’identità prima nascosta, mentita o perduta ad essere rivelata a tutti dopo una serie di errori, equivoci e confusioni di persona 15 CAP. 6: Cecilio Stazio Cecilio Stazio nacque tra il 230 e il 220 a.C. e la sua attività letteraria si colloca verso il 180 a.C.. Cecilio era di origine straniera, un Gallo insubre da Milano, e fu forse portato a Roma dopo la battaglia di Clastidium (222). Fu contemporaneo di Plauto e di Ennio, di cui fu un amico intimo. Morì nel 168 a.C., un anno dopo l’amico vicino cui fu sepolto. La commedia meglio conosciuta è il Plocium. I titoli delle sue commedie hanno sia nomi greci che latini. ▪ Un grande commediografo ▪ era valutato come un autore di primo rango, non inferiore a Plauto o Terenzio, da molti intellettuali latini ▪ la posizione storica di Cecilio è intermedia tra Plauto e Terenzio, da cui si distanzia per certi aspetti e a cui si richiama per altri - = Plauto) ricchezza di metri, fantasia comica, gusto per il farsesco - ≠ Plauto) si attiene maggiormente al modello greco e non è presente la figura dello schiavo - = Terenzio) la predilezione per Menandro e la maggiore adesione al modello greco - ≠ Terenzio) varietà metriche, effetti farseschi e sboccati, assenza di approfondimento psicologico ▪ il relitto più interessante dell’opera di Cecilio lo abbiamo dalle Nottes Atticae di Gellio, che istituisce un confronto tra un passo del Plocium e del modello menandreo (Plokion) → le innovazioni portate da Cecilio sul modello vengono giudicate negativamente da Gellio ↓ Cecilio, come anche Plauto, tendeva a trasformare i monologhi menandrei in cantica ▪ Cecilio quindi tendeva anche lui a reinventare le storie dei modelli greci secondo una nuova e autonoma poetica teatrale 16 CAP. 7: Oratoria e storiografia in epoca arcaica 7.1 – L’oratoria Gli oratori più importanti dell’età arcaica sono uomini politici di rilievo ≠ dall’annalistica e dalla storiografia che sono praticate da membri della classe dirigente, ma non di rilievo (ecc. Catone) Come oratori spiccavano Scipione l’Africano Maggiore, Quinto Fabio Massimo Cunctator e Lucio Emilio Paolo. Di loro abbiamo scarsissime testimonianze; molto meglio testimoniata la figura di Catone 7.2 – L’annalistica di Fabio Pittore e Cinicio Alimento ▪ a Catone si deve la creazione di una storiografia in lingua latina → in precedenza vi era solo un’annalistica in greco scritta da membri della classe dirigente romana ▪ l’uso del greco serviva in origine a creare una rottura con la tradizione degli Annales Pontificium da cui la storiografia traeva i materiali ed ereditava la struttura annalistica ▪ questo modello di storiografia venne introdotto da Quinto Fabio Pittore per raggiungere oltre ai Romani colti anche un pubblico non latino per contrastare la storiografia greca filocartaginese ▪ l’opera di Fabio Pittore andava dalla fondazione di Roma alla fine della seconda guerra punica (218-202), inserendo anche alcuni elementi autobiografici ▪ diede ampio spazio alla componente antiquaria → ricercava le origini delle istituzioni e delle cerimonie, interesse per le origini di Roma, per l’età regia e gli inizi della repubblica ▪ Cincio Alimento partecipò alla seconda guerra punica, venne fatto prigioniero e conobbe di persona Annibale ▪ scrisse anche lui in greco secondo il modo annalistico una storia di Roma dalle origini 17 CAP. 8: Letteratura e cultura nell’età delle conquiste (202-133 a.C.) ▪ finita la seconda guerra punica Roma inizia la sua politica di espansione nel Mediterraneo che culmina nel 146 a.C. con la conquista di Corinto ▪ l’espansione di Roma da piccola città-stato a padrona del Mediterraneo causa dei cambiamenti profondi nell’assetto socio-economico e culturale, visti da alcuni come decadimento e snaturamento degli antichi ideali ▪ la classe dirigente e la classe media si arricchiscono, mentre i piccoli proprietari terrieri vanno incontro alla proletarizzazione → le terre vanno nelle mani di pochi visto che erano state abbandonate + è disponibile molta manodopera grazie agli schiavi dalle diverse guerre ▪ nuovo rapporto con il mondo culturale greco, da cui vengono intellettuali, filosofi, poeti e artigiani che giungono in Italia spesso al seguito di grandi comandanti come schiavi o ostaggi di quelle città che si erano opposte alla res publica → processo di ellenizzazione, da alcuni visto come la causa della corruzione dei costumi romani ↓ partito filoellenico («circolo degli Scipioni») vs. partito antiellenico (Catone il Censore), per cui non ripudio totale della cultura greca, ma necessità di un’attenta selezione ▪ il “circolo” di intellettuali con un programma culturale e interessi comuni riunito intorno a Scipione Emiliano (circolo degli Scipioni) si impegnò con l’azione anche di intellettuali greci (es. Polibio e Panezio) a sprovincializzare la cultura latina → non un vero e proprio circolo, ma solo comunanza di interessi tra alcune figure dell’aristocrazia ▪ Catone il Censore si presentò come difensore del mos maiorum e oppositore di alcuni aspetti della cultura greca contrari ai principi della tradizione romana (es. filosofie materialistiche o scettiche, l’ideologia del protagonismo e dell’esaltazione del singolo) → atteggiamento ormai lontano dalla mentalità delle classi colte, che puntavano invece ad uno svecchiamento e ad una sprovincializzazione della cultura tradizionale romana 20 ▪ libro VII: in questo proemio dava maggiore spazio alle divinità simboliche della poesia, ovvero alle Muse che con lui entravano definitivamente a Roma sostituendosi alle Camene di Andronico + polemica verso Nevio che aveva usato il saturnio ↓ Ennio si presenta come primo dicti studiosus (calco dal greco per philologos), quindi si presenta come il primo in grado di stare al pari della cultura alessandrina e con la poesia contemporanea in lingua greca ▪ Ennio adotta l’esametro dattilico nella letteratura latina per primo 9.4 – Lo sperimentalismo enniano: lingua, stile e metrica ▪ per rifarsi maggiormente al modello greco inserì numerosi grecismi, ma non solo parole o costrutti, ma persino desinenze greche ▪ nella rielaborazione dell’esametro sulla lingua latina vediamo un forte sperimentalismo → arricchì l’esametro di numerose figure di suoni, principalmente l’allitterazione, che ricordavano lo stile allitterante dei carmina antichi ⟹ sottopone un verso greco a effetti stilistici specificatamente romani ▪ il rapporto tra stile allitterante e esametro è l’aspetto più arcaico di Ennio → l’esametro era per sua natura uniforme e regolare e lo stile allitterante suonava monotono, motivo per cui le allitterazioni diminuiscono coi poeti successivi e le usarono solo per finalità espressive (poetae novi) ▪ Ennio lavorò per adattare la lingua latina all’esametro e viceversa 9.5 – Ennio e l’età delle conquiste ▪ gli Annales accentuavano la tendenza già presente in Nevio a fissare nel testo epico non solo le gesta, ma anche valori, esempi di comportamento e modelli culturali → modello dei poemi omerici, considerati un’enciclopedia tribale per il popolo greco ▪ gli Annales presentavano la storia di Roma seconda un’ideologia aristocratica: somma di imprese eroiche dettate dalla virtus di alcuni individui ▪ Ennio oltre a celebrare le virtù guerriere, celebra anche le virtù di pace: saggezza, moderazione, saper pensare e saper parlare → tentativo di amalgamare tradizione romana aristocratica e cultura greca 21 CAP. 10: Catone Marco Porcio Catone nacque a Tusculum (vicino a Roma) nel 234 a.C. da una famiglia plebea di agricoltori benestanti. Combatté contro Annibale, fu tribuno militare in Sicilia. Lucio Valerio Flacco lo aiutò nella carriera politica: fu questore in Sicilia e Africa, edile plebeo, pretore in Sardegna e infine nel 195 a.C. console (homo novus). Si impegnò poi come accusatore in una serie di processi politici contro esponenti della fazione degli Scipioni e divenne censore, carica che esercitò presentandosi come protettore delle antiche virtù contro la degenerazione dei costumi e le dilaganti tendenze individualistiche portate dalla cultura ellenistica. Nel 155 a.C. parlò contro l’ambasceria inviata da Atene di cui faceva parte anche Carneade. Si fece poi promotore della terza guerra punica, che però non vide morendo nel 149 a.C. Di Catone ci rimane la testimonianza di diverse orazioni, di cui abbiamo qualche frammento per alcune. Importante poi la sua opera storica in sette libri, le Origines. Interessante anche la sua trattatistica e precettistica: il De agri cultura (unica opera conservata integralmente, sicuramente per la sua tecnicità e utilità) che rappresenta il testo latino in prosa più antica; una serie di operette per il figlio, spesso raggruppate sotto un’unica opera, i Praecepta ad Marcum filium. 10.1 – Gli inizi della storiografia senatoria ▪ con le Origines Catone dà inizio alla storiografia in latino → fino allora c’era solo l’annalistica romana in lingua greca fatta da persone dell’élite, anche se non persone di primo piano ▪ l’elaborazione ad opera di membri della classe dirigente (attività dignitosa con cui occupare l’otium) conferisce alla storiografia romana un certo impegno politico ↓ in Catone abbiamo le sue preoccupazioni per la corruzione dei costumi, la rievocazione di battaglie personalmente condotte contro l’individualismo e il culto della personalità → inserisce anche orazioni proprie ▪ voleva concentrarsi sulla storia contemporanea, che occupava circa la metà dell’opera; l’altra metà raccontava la storia dalla fondazione di Roma fino alle guerre puniche ▪ nel tentativo di soffocare sul nascere il culto delle grandi personalità Catone presenta la creazione dello stato romano come un’opera collettiva del populus Romanus intorno alla classe senatoria → vs. tradizione annalistica, non faceva i nomi dei condottieri, né romani né stranieri (es. Annibale è Carthagininsium dicatator) ▪ Catone preferiva portare alla luce i nomi di personaggi di secondo piano, più oscuri, di rango meno elevato → emblema dell’eroismo collettivo ▪ Catone era vivamente interessato alla storia delle popolazioni italiche, mettendo in rilievo il contributo che esse avevano avuto nella grandezza di Roma e nel modello etico tradizionale ▪ interesse etnografico per i popoli stranieri 22 10.2 – Il trattato sull’agricoltura ▪ il De agri cultura non lascia spazio ad ornamenti letterari o riflessioni filosofiche sulla vita e il destino degli agricoltori, ma si compone di una serie di precetti esposti in modo asciutto e schematico ▪ l’agricoltura viene presentata come un’attività preferibile ad altre più immorali (usura) o pericolose (commercio via mare) + il lavoro agricolo forma i buoni cittadini e i buoni soldati ▪ Catone, acquisiti i valori dell’aristocrazia, presenta l’agricoltura come una fonte di grossi profitti per la nobiltà che possiede vasti latifondi e molta manodopera grazie agli schiavi (che possono anche essere maltrattati e abbandonati se non più utili) → retaggio tradizionale dei gruppi dirigenti ▪ vengono dati anche precetti generali sul comportamento del proprietario terriero → come pater familias dovrà essere presente il più possibile nella tenuta per sorvegliare sui lavori ▪ lo stile è scarno e conciso, colorito da espressioni di saggezza popolare spesso in forma proverbiale ▪ patina arcaizzante ottenuta con allitterazioni, omoteleuti, ripetizioni ▪ l’agricoltura è vista come un’impresa su vasta scala → il proprietario deve avere vasti magazzini in cui conservare i prodotti in attesa del rialzo dei prezzi, comprare il meno possibile e vendere il più possibile, avere una mentalità da produttore non da consumatore ▪ il trattato presenta molti dei tratti salienti di quello che andrà a costituire in età tardorepubblicana il mos maiorum (parsimonia, industria, duritia, disprezzo per le ricchezze, ecc) 10.3 – La battaglia politico-culturale di Catone ▪ lo stile oratorio di Catone era vivace e ricco di movimento, ma meno sostenuto rispetto al trattato ▪ il suo stile è ben rappresentato dalla sua massima nei Praecepta «rem tene, verba sequentur» → rifiuto dell’ars (techne) retorica di matrice greca, corrispondente alla sua battaglia contro la penetrazione a Roma dei costumi e della cultura greca ▪ in realtà la matrice greca era presente, solo veniva ben dissimulata per dare l’impressione dell’immediatezza, più che dell’elaborazione a tavolino ▪ Catone non si scagliava contro la cultura greca nella sua totalità, ma verso gli aspetti più illuministici che si scontravano coi valori sociali tradizionali → azione corrosiva per le basi etico- politiche della repubblica e del regime aristocratico ▪ alcuni costumi greci avrebbero potuto portare a creare disunità nell’aristocrazia romana portando all’affermazione sopra gli altri di personalità di prestigio, più carismatiche ▪ Catone sostanzialmente voleva elaborare una cultura che, pur mantenendo radici nella tradizione, sapesse accogliere gli apporti greci senza farne aperta propaganda ▪ Catone era in buoni rapporti con l’Emiliano, il cui “circolo” fece penetrare la cultura greca a Roma costruendo una nuova sintesi di mos maiorum e spinte illuministiche 25 ▪ in Terenzio i prologhi si distaccano dalla tradizione e la loro funzione informativa, diventando più uno spazio per le prese di posizione dell’autore che chiarisce il rapporto coi modelli, risponde alle critiche dei detrattori e parla di questioni di poetica ↓ (= Ennio, Accio e Pacuvio) si identifica come un poeta-filologo ▪ la contaminatio dei modelli è una delle critiche che gli vennero più fatte → Terenzio risponde che a mescolare più modelli non si rovinano i modelli stessi e inoltre questa pratica era già praticata da altri prima di lui come Ennio, Nevio e Plauto ▪ Terenzio presenta il modello di una commedia “statica”, contrapposta alla commedia piena di azione e movimento di Plauto → fonda l’azione drammatica sul dialogo, non sul movimento scenico 11.4 – Temi delle commedie di Terenzio ▪ Terenzio preferisce sacrificare l’inventiva verbale e le trovate comiche della palliata tradizionale a favore invece dell’approfondimento dei caratteri dei personaggi all’interno della trama, a volte anche in modo anticonvenzionale ▪ i rapporti familiari, sempre stati al centro della commedia latina, in Terenzio diventano umani, vengono sentiti con maggiore serietà ▪ l’approfondimento in questo senso di personaggi e relazioni interpersonali rispondono ad una maggiore adesione tanto ai modelli greci che agli ideali “umanistici” di origine greca che circolavano negli ambienti dell’élite culturale romana → humanitas (sul calco della philanthropia menandrea) ↓ l’humanitas consiste nel riconoscere e rispettare l’uomo in ogni uomo («Homo sum, humani nihil a me alienum puto», che ritroviamo nell’Heautontimorumenos) ▪ paradossalmente la commedia di maggiore successo fu quella più vicina alla tradizione della palliata plautina, ovvero l’Eununchus, che presenta un tipico dolum plautino 26 CAP. 12: Lo sviluppo della tragedia: Pacuvio e Accio 12.1 – Pacuvio Marco Pacuvio nacque nel 220 a.C. a Brindisi (area culturale greco-osca), era figlio della sorella di Ennio. Si trasferì a Roma, dove fu noto anche come pittore. Fu in contatto con personaggi dell’ambiente scipionico, anche se non si sa a che livello. Morì a Taranto nel 130 a.C. Scrisse esclusivamente tragedie, anche se la sua produzione non è vasta, se si considera la longevità e lo si compara a Ennio o ad Accio. Abbiamo 12 titoli sicuri di cothurnatae e il titolo di una praetexta di argomento contemporaneo, ovvero il Paulus, dedicata alla vittoria di Lucio Emilio Paolo a Pidna. 12.2 - Accio Lucio Accio, nato a Pesaro nel 170 a.C. da genitori liberti, si affermò a Roma come autore tragico a in età matura (30 anni circa) e fu per un breve periodo in competizione con l’anziano Pacuvio. Compì un viaggio d’istruzione a Pergamo. Divenne poi una figura eminente nel collegium poetaurm. Durante la sua carriera attaccò con veemenza il poeta satirico Lucilio. Morì tra il 90 e l’80 a.C. A differenza di Pacuvio, fu anche un poeta-filologo con diversi interessi eruditi e letterari; propose forse anche riforme ortografiche secondo i principi dell’analogia (Pergamo). Si segnala come il più prolifico tragediografo latino e a noi rimangono i titoli di circa quaranta cothurnatae. Inoltre, abbiamo testimonianza di due praetextae: una d’argomento attuale e una dedicata al mito di Enea come fondatore di Roma (Aeneadae). Abbiamo testimonianza anche di un poema scritto in esametri intitolato Annales. 12.3 – Lo sviluppo della tragedia ▪ Ennio ebbe il merito di creare una tragedia sempre più in grado di collocarsi a fianco ai classici greci → la sua eredità venne coltivata da Pacuvio e Accio durante l’età scipionica, l’età dei Gracchi e l’età di Mario ▪ le tragedie dei due ebbero subito successo e continuarono ad essere rappresentate almeno fino all’età augustea e il loro influsso è percepibile anche in alcuni poeti seguenti (Virgilio, Ovidio e Seneca tragico) ▪ il modello greco viene liberamente e autonomamente rielaborato → pratica della contaminazione ▪ quando questi poeti affrontano temi religiosi, politici, morali o filosofici utilizzano miti tragici liberamente toccando temi e problemi sentiti nella società romana contemporanea svincolati dai modelli, fanno assumere significati nuovi e attuali alle tematiche mitiche (es. tirannide, oppure questioni religiose e/o filosofiche visti i nuovi culti e indirizzi filosofici che si stavano sviluppando) → ricchezza di contenuti ideali ▪ vicino ai contenuti precedenti si affianca un certo gusto per l’elemento patetico e per il romanzesco + gusto per il pittoresco e l’orrido 27 ▪ Accio e Pacuvio diventano quindi rappresentanti di una linea “anticlassica” che attraversa un po’ tutta la letteratura latina ▪ importante anche la diffusione della retorica → sviluppo senza precedenti e assimilazione progressiva della retorica greca contemporanea, specie della retorica asiana (Accio a Pergamo) ↓ le tragedie si arricchiscono di discorsi atti a commuovere e persuadere o contrapposti in veri e propri dibattiti ▪ sperimentalismo linguistico, che a volte viene percepito come latino impuro: costruzioni forzate, neologismi audaci, giochi di parole → alcune delle innovazioni linguistiche sono poi passate al linguaggio poetico ▪ con Accio e Pacuvio la tragedia acquisì importanza e salì di tono diventando sempre più una pratica riservata ai gentiluomini, di signori colti e illustri uomini politici 30 CAP. 14: Politica e cultura fra l’età dei Gracchi e la restaurazione sillana (133-78 a.C.) 14.1 – Oratoria e tensioni politiche ▪ i conflitti dell’età dei Gracchi (Tiberio e Gaio Gracco, 133-121 a.C.) e poi quelli tra Mario e Silla, che divenne dictator dall’82 al 78 a.C., incentivarono lo sviluppo dell’oratoria a Roma ▪ l’affermazione di Cicerone come massimo oratore latino ha determinato la perdita degli oratori precedenti, che ci vengono però presentati da Cicerone stesso nel Brutus, dove delinea una storia dell’eloquenza romana ▪ il circolo degli Scipioni si oppose alle riforme agrarie dei Gracchi e abbiamo la testimonianza dell’Emiliano, caratterizzato dalla gravitas, contrapposto per stile all’amico Gaio Lelio, caratterizzato invece dalla lenitas ▪ dei discorsi di Tiberio Gracco non ci resta nulla, mentre di Gaio abbiamo qualche informazione, considerato il primo classico dell’oratoria romana → entrambi erano stati formati da maestri greci grazie alla madre Cornelia e di Gaio viene detto fosse caratterizzato da uno stile asiano ▪ altri due oratori importanti della generazione seguente furono Marco Antonio e Licinio Crasso → Antonio faceva appello alle emozioni, mentre Crasso variava maggiormente e sapeva graduare tono ed effetti ▪ Crasso e Gneo Domizio Enobarbo emanarono un editto che sanciva la chiusura della scuola di retorica di Plozio Gallo → la scuola aveva tendenze democratica, era filogracchiana e non richiedeva la conoscenza del greco né il pagamento di rette elevate essendo accessibile anche ai giovani non abbienti, sarebbe potuta diventare un centro per capi popolari abili nella parola → vollero rendere l’eloquenza un monopolio dell’aristocrazia ▪ i precetti della scuola di Plozio Gallo sono contenuti nella Rethorica ad Herennium, un manuale scritto ad inizio I secolo a.C. erroneamente attribuito a Cicerone durante il Medioevo ▪ Asianesimo e atticismo ▪ l’«asianesimo» era chiamato così perché nato a Pergamo, in Asia Minore, fra il IV e il III secolo a.C. → ricercava pathos e musicalità, ricorrendo ad uno stile artificioso e ridondante e ad un’actio affettata (Gaio Gracco, Publio Sulpicio Rufo, Quinto Ortensio Ortalo) due tipi di asianesimo: uno ricercava una sequenza di frasi sofisticate, ricche di metafore e giochi di parole e costruite con artificiosi schemi ritmici; il secondo era caratterizzato dalla sovrabbondanza di parole colorite (potevano combinarsi) ▪ più tardi a Roma si afferma la corrente «atticistica» come risposta allo stile di Cicerone, ritenuto erroneamente asiano → stile semplice, discorsivo, scarno sul modello di Lisia, con un periodare nitido e conciso (Marco Bruto, Gaio Licinio Calvo) 31 14.2 – Lo sviluppo della storiografia ▪ l’interesse delle vicende storiche porta a creare un nuovo metodo storico che lasci la cronaca annalistica per auspicare una penetrazione razionale degli eventi che unisce all’elencazione delle campagne militari la spiegazione causale e la narrazione degli eventi politici → razionalismo polibiano ▪ Sempronio Asellione (cerchia scipionica) prende posizione contro la storiografia annalistica, quindi si propone di narrare gli eventi a cui ha assistito di persona e dimostrare con quale intento e per quale ragione sono accaduti ▪ Celio Antìpatro (plebeo) scrisse un’opera storica che trattasse monograficamente la seconda guerra punica → nascita della monografia storica latina + non si limitava all’esposizione dei fatti, ma lasciava spazio a elementi fantastici e miracolosi, al pathos e ai racconti di sogni e apparizioni ▪ durante l’età dei Gracchi continua comunque il filone annalistico con diverse personalità, tra cui Quinto Claudio Quadrigario, che, pur seguendo il metodo annalistico, iniziava la sua esposizione non dalle origine della città, ma dall’incendio gallico ▪ Sisenna e la storiografia «tragica» ▪ Lucio Cornelio Sisenna scrisse le Historiae, un’opera che trattava solo le vicende contemporanee (dalla guerra sociale a Silla), precedute da una rapida introduzione sulla storia antica ▪ Silla compare come un eroe → attento agli eventi politici, ma nella sua narrazione inserisce anche particolari romanzeschi e favolosi (storiografia «tragica») rifacendosi alla storiografia ellenistica (favorito dal contesto socio-politico del suo tempo) stile caratterizzato da un asianesimo spinto, con molti arcaismi, rarità lessicali ▪ di Sisenna abbiamo anche alcuni frammenti delle Fabulae Milaesiae, racconti licenziosi con stile moderato, ma vivace (Aristìde di Mileto) modello di Apuleio ▪ Gli inizi dell’autobiografia ▪ uomini politici importanti scrivono commentarii sulla propria vita e sull’operato politico → essendo delle raccolte di appunti, non richiedevano molta cura stilistica secondo alcuni questo genere è da mettere in connessione con la nascita del ritratto d’arte figurativa a Roma in ambiente aristocratico ▪ alcune autobiografie si presentavano come delle vere e proprie apologie, altre (come quella di Silla) presentavano l’autore come investito da una missione divina 32 14.3 – Studi antiquari, linguistici e filologici ▪ l’«antiquaria» è la scienza che indaga le origini remote di usi, costumi, istituzioni giuridiche e sociali spesso legata alla storiografia, ma anche ad altre scienze come la filologia, la linguistica e l’archeologia ▪ è probabile che nell’antiquaria si iniziasse a far sentire la consapevolezza degli apporti delle diverse culture italiche alla formazione della civiltà romana ▪ abbiamo una divaricazione tra storiografia e antiquaria → gli storici inseriscono sempre meno spesso digressioni di tipo antiquario nelle loro opere ▪ la filologia latina nasce proprio in questo periodo, durante il I secolo a.C., simbolo di una maturità culturale e di esigenze critiche alle opere dei secoli precedenti ▪ con Accio e Lucilio l’attività filologica si legava alla creazione letteraria secondo il costume alessandrino, ma col tempo i due campi si distanziarono ▪ Lucio Elio Stilone Preconio (maestro di Varrone e Cicerone) iniziò un lavoro critico di pubblicazione e commento dei testi letterari → autenticità delle commedie plautine, commento al Carmen Saliare e alle Leggi delle XII Tavole ▪ altri filologi si concentrarono sull’edizione di Nevio e di Lucilio, della compilazione di opere enciclopediche ▪ Analogia e anomalia nell’uso della lingua ▪ a Pergamo si intendeva la lingua come libera creazione dell’uso (consuetudo), ammettendo come un fenomeno necessario le deviazioni, le anomalie del sermo cotidianus ▪ ad Alessandria si era sviluppata invece una tendenza purista e conservatrice che appellandosi all’autorità dei classici voleva la lingua fondata sulla norma (ratio) e sull’analogia, la regolarità conseguente al rispetto di modelli riconosciuti ▪ analogista si professerà Giulio Cesare con il trattato perduto De analògia 35 CAP. 15: Il periodo cesariano (78-44 a.C.) ▪ come punti di riferimento si prendono la morte di Silla (78) e quella di Cesare (44), i due personaggi politici più importanti per i loro esperimenti nell’assetto politico dello stato: la dittatura e il principato → crisi delle istituzioni repubblicane e maturazione di nuove soluzioni ▪ la figura dominante in ambito culturale è invece Cicerone che inizia la sua carriera sotto Silla e la continua pochi mesi dopo la morte di Cesare ▪ la poesia vede alcuni precorritori in età sillana e la sua fine durante le guerre civili ▪ vediamo poi il debutto di alcune figure come Cornelio Gallo, Virgilio e Lucrezio ▪ abbiamo la massima fioritura dell’oratoria giudiziaria e politica e lo sviluppo di un pensiero filosofico romano (entrambe con Cicerone) ▪ si sviluppano poi linguistica, antiquaria, filologia e biografia, mentre il teatro continua il suo percorso di decadenza ▪ a questo periodo è legato anche Sallustio con la sua opera storiografica ▪ la riflessione filosofica si avvale sempre più del pensiero greco classico, che però non pregiudica uno sguardo diretto al presente e alla sfera politico-sociale → la filosofia romana riprende il pensiero greco e a fianco ad esso crea una filosofia nuova, adattandola alle tradizioni e agli interessi romani (es. questione della religione nel privato, nel pubblico e nello stato; riflessione sulla migliore costituzione; riflessione etica sul comportamento umano; ecc) ▪ gli intellettuali e i poeti iniziano a reclamare la propria autonomia, non essendo più precettori o consiglieri al servizio di qualche aristocratico + volontà di distaccarsi dai modelli greci, che rimangono comunque il sostrato delle opere latine → frutto di emulazione, non di imitazione ▪ nascono dei veri e propri circoli intellettuali, uniti da affinità di gusto, di poetica e di ideologia LA TARDA REPUBBLICA 36 CAP. 16: La poesia neoterica e Catullo Poetae novi (o neoteroi) è la definizione usata da Cicerone per indicare le tendenze innovatrici e il nuovo gusto poetico del I secolo a.C. Vengono definiti anche cantores Euphorionis dal nome di Euforine di Calcide (III secolo a.C.) celebre per la ricercatezza e l’erudizione dei suoi versi → fenomeno di ellenizzazione + contatto con l’Oriente ↓ lento ma progressivo indebolimento dei valori e delle forme della tradizione (generi politicamente e moralmente impegnati) vs. emergere di nuove esigenze ▪ comparsa di un nuovo tipo di poesia, di tono leggero e dimensioni brevi, destinata al consumo privato e dedicata all’espressione dei sentimenti personali → paignia o in latino nugae per la natura disimpegnata e di intrattenimento e per la mancanza di pretese ▪ si crea così con Q. Lutazio Catulo il filone della «poesia nugatoria» frutto dell’otium, dedicato alla lettura e alla conversazione dotta, che si indirizza verso i sentimenti privati (amore), ricerca di elaborazione formale, contatto con la cultura e la poetica alessandrina ↓ la poesia non lascia uno spazio limitato all’otium e ai suoi piaceri, ma li colloca al centro dell’esistenza, ne fa i valori assoluti, le ragioni esclusive ↓ ▪ crescente disinteresse per la vita attiva, per i valori della tradizione, contrapposti sempre più al tempo libero, alle lettere, all’appagamento dei bisogni individuali e privati → crisi dei valori del mos maiourum ▪ questa tendenza è accentuata dal diffondersi dell’epicureismo (rinuncia ai negotia, vita appartata e tranquilla con gli amici, ricerca dell’atarassia) → anche se in contrasto con i neoteroi che cercano invece l’amore e ne fanno il perno della vita ▪ l’affinità di gusto dei vari poeti (che non compongono una scuola o un circolo) si traduce anche in contatti, incontri, discussioni e letture comuni → attività critico-filologica a fianco all’attività poetica ▪ i poeti si caratterizzano per il labor limae, lavoro sulla forma, la cura scrupolosa della composizione e il lavoro di lima ≅ a Callimaco ▪ come Callimaco era contro gli epigoni del poema omerico e aveva propuganto un nuovo stile poetico ispirato alla brevitas e all’ars = i neoteroi vs. Ennio e i suoi imitatori ↓ i generi apprezzati sono quelli brevi (es. epigramma) o quelli che danno modo al poeta di far sfoggio della propria erudizione (epillio, poema mitologico) ▪ nuovo linguaggio poetico che segna una svolta nel gusto letterario a Roma → il neoterismo costituì una barriera di modernità che relegava al passato la poesia precedente 37 16.1 – I poeti «preneoterici» Quinto Lutazio Catulo Nato attorno al 150 a.C. da una famiglia nobile, fu console insieme a Mario e poi vittima della persecuzione mariana e costretto al suicidio. Fu autore di opere storiche e autobiografiche, fu anche un oratore elegante e di dizione raffinata. Fu però soprattutto poeta e introdusse nella poesia latina l’epigramma di stampo greco. Attorno a lui si formò un gruppo di letterati accumunati dal nuovo gusto per la poesia, il «circolo di Lutazio Catulo». ▪ Valerio Edituo di cui abbiamo due epigrammi d’amore ▪ Porcio Lìcino due frammenti di un componimento a carattere storico-letterario sulle origini della poesia latina e sui rapporti di Terenzio con gli Scipioni ▪ Volcacio Sedìgito riprende il filone di critica letteraria di stampo alessandrino e fornisce il canone dei migliori commediografi latini Levio Poeta di inizio primo secolo, è caratterizzato dal gusto per la poesia leggera e da uno spiccato sperimentalismo linguistico e metrico. Riprendeva miti della tradizione epica e tragica rielaborati a volte dalla poesia alessandrina. Il lusus è evidente nella fantasiosa ricerca di nuove forme espressive, nell’uso di metri disparati, nell’uso di parole rare e nella formulazione di composti bizzarri. Famosi dell’autore anche i carmina figurata sul modello alessandrino. Mazio Autore di una traduzione in esametri dell’Iliade (traduzione d’autore) e di mimiambi (mimi in metri giambici inventati da Eroda in età ellenistica) dal contenuto leggero e vivace. A differenza dei mimi, i suoi mimiambi erano destinati alla sola lettura. Notiamo anche in lui un certo sperimentalismo linguistico. Sueio Autore di un Moretum («La focaccia») che più che un’opera bucolica, appare come un’opera di erudizione. Autore anche di un Carmen epicum: capiamo (come Mazio) che il genere epico non era sentito come in contrasto. 40 ▪ il gioco apparentemente libero del poeta si posa su delle solide strutture formali → effetti fonsosimbolici, simmetricità, rapporti formali, circolarità di certe strutture (es. carmi 2, 5) ▪ non bisogna ricercare delle forme di biografismo → non si intende negare la vita vissuta (spunto delle poesie, dopotutto l’esperienza biografica è molto importante in Catullo), ma vedere come questa si inserisce nel tessuto poetico e nella tradizione letteraria ▪ i capisaldi dell’ambiente culturale e poetico di Catullo (neoteroi) sono il lepos, la venustas (eleganza, bellezza) e l’urbanitas (eleganza, finezza) → principi non solo letterari, ma che influenzano anche il codice etico ed estetico ▪ Lesbia è l’incarnazione della devastante potenza dell’eros → il nome richiama l’isola di Lesbo, patria di Saffo ▪ l’amore per Lesbia ha diverse sfaccettature: gioie, sofferenze, tradimenti, abbandoni, rimpianti, speranze, disinganni ▪ l’amore per Catullo diventa l’esperienza fondamentale della sua vita, diventa centro dell’esistenza umana e valore primario ↓ resta estraneo alla politica e alle vicende della vita pubblica, limitandosi ad esternare un generale disgusto per i protagonisti della scena politica ▪ l’amore per Lesbia, nato come adulterio, come amore libero e basato sulla passione amorosa (eros), diventando interesse esclusivo del poeta tende a configurarsi nelle aspirazioni del poeta come un vincolo matrimoniale → foedus d’amore ▪ il foedus (patto) è violato da Lesbia diverse volte e il poeta si lamenta per i tradimenti della donna appellandosi a due valori cardine dell’ideologia romana: - fides: “fiducia”, garantisce il patto stipulato vincolando moralmente i contraenti - pietas: “rispetto”, virtù propria di chi assolve ai propri doveri nei confronti degli altri, specie parenti o dei ▪ la violazione ripetuta del foedus d’amore porta Catullo a dividere il suo amare (componente sessuale) dal bene velle (componente affettiva) (carme 72, 85) ▪ Catullo dal canto suo è consapevole del fatto di non essere mai venuto meno al foedus d’amore con Lesbia → si consola grazie alla voluptas (piacere) del ricordo ▪ I carmina docta ▪ nel carme 1 presenta il suo libellus come lepidus, novus, expolitus → lepos, novitas, labor limae, brevitas, quindi una poetica ispirata a raffinatezza formale e limpidezza ▪ la poetica dichiarata si rifà sicuramente alla poetica alessandrina, specificatamente quella callimachea (brevità, eleganza, dottrina) ▪ in questi carmi Catullo usa anche nuove forme compositive dando prova di raffinata sapienza strutturale 41 ▪ questa poetica si pone in polemica con quella tradizionale legata all’epos (Ennio) → l’élite culturale moderna preferisce la nuova epica elaborata dai neoteroi, ovvero l’epillio ↓ l’epillio favorisce grazie alle dimensioni il lavorio di rifinitura stilistica (labor limae) atto a fornire asciuttezza e pregnanza + permette al poeta di far sfoggio della sua dottrina (carmina docta) ▪ carme 61: epitalamio scritto per il matrimonio di L. Manlio Torquato e Vinia Aurunculeia che Catullo si immagina cantato durante la deductio, la processione che accompagna la sposa dalla casa paterna a quella del marito → elementi formali greci + elementi culturali romani ▪ carme 62: epitalamo non composto per un’occasione reale di nozze, si compone di una serie di strofe cantate alternativamente da due cori di giovani e fanciulle sul tema del matrimonio e della verginità ▪ carme 63: si ispira alla vicenda del giovane Attis che nel delirio religioso si evira per diventare sacerdote di Cibele e una volta libero dall’invasamento si lamenta per il folle gesto ▪ carme 64: narra il mito delle nozze di Peleo e Teti (amore felice), arricchito da una digressione di stampo alessandrino sulla storia dell’abbandono di Arianna a Nasso da parte di Teseo (amore infelice) (⟹ Heroides) il rapporto tra i due componimenti istituisce una serie di relazioni che hanno il loro nucleo nel tema della fides → il mito diventa proiezione della vita, dei sentimenti e della speranza di un foedus amoroso duraturo del poeta ▪ carme 66: omaggio a Callimaco, si tratta di una traduzione della famosa elegia alla fine degli Aitia, ovvero la Chioma di Berenice, in cui Callimaco celebrava la bellezza della moglie di Tolomeo III attraverso la scoperta di una nuova costellazione in cui l’astronomo di corte aveva riconosciuto la ciocca di capelli offerta ex-voto dalla regina per il ritorno del marito dalla guerra. Nella composizione Catullo accentua i temi della fides e della pietas, condanna l’adulterio e celebra le virtù eroiche ▪ carme 68: questione irrisolta della sua unità, riassume i temi principali della poesia catulliana (amicizia, amore, attività poetica, il dolore per la morte del fratello) e ripercorre il ricordo dei primi amori con Lesbia che sfuma nel mito di Protesilao e Laodamia (unitisi prima delle nozze e puniti con la morte di lui appena sbarcati a Troia) → il largo spazio concesso al ricordo e alla vita vissuta, proietta nel mito, e le dimensioni ben superiori all’epigramma ellenistico rendono questo carme il modello e l’archetipo dell’elegia soggettiva latina 42 ▪ Lo stile ▪ la cultura letteraria di Catullo è ricca e complessa → all’influsso dominante della letteratura alessandrina si accosta anche una sensibile influenza della lirica greca arcaica, specie Archiloco e Saffo (es. carme 51 Ille mi par esse deo videtur) ▪ la lingua è un’originale combinazione di linguaggio letterario e sermo familiaris → il lessico e le movenze della lingua parlata vengono assorbite e filtrate da un gusto aristocratico che le raffina e impreziosisce senza togliere loro la capacità espressiva ▪ i volgarismi presenti non vanno intesi come un tratto di lingua popolare, ma sono riconducibili al gusto dell’élite per il turpiloquio accanto all’erudizione ▪ i diminutivi presenti nei componimenti oltre a richiamarsi alla dimensione familiare, rispondono anche all’estetica del lepos, della grazia ▪ lo stile di Catullo risulta quindi composito e vivace (derisione, invettiva sferzante e scurrile, morbidezza del linguaggio amoroso, baldanza giovanile, malinconia, abbandoni elegiaci ▪ la vitalità del linguaggio affettivo e il pathos sono presenti anche nei carmina docta, che comunque mantengono un carattere spiccatamente letterario 45 MODELLI E CARATTERISTICHE ▪ prima del De rerum natura non abbiamo opere latine di poesia didascalica impegnate ▪ la letteratura ellenistica sul modello di Esiodo, Parmenide e Empedocle aveva usato l’esametro epico per scrivere opere didascaliche come i Fenomeni e pronostici di Arato di Soli (sulla previsione del tempo) → la letteratura ellenistica tratta principalmente di argomenti tecnici, ma distaccati dalla loro dimensione pratica (quasi idealizzati) e senza implicazioni filosofiche ▪ Lucrezio si differenzia anche dalla poesia didascalica ellenistica perché ambisce a (1) descrivere e soprattutto (2) spiegare (quindi non solo descrittivo) ogni aspetto della vita del mondo e dell’uomo e a (3) convincere il lettore della validità della dottrina epicurea ↓ il modello lucreziano più che il poema didascalico ellenistico è il Περί φύσεως di Empedocle, che viene omaggiato alla fine del libro I (anche se con idee diverse dall’epicureismo) ▪ il lettore-discepolo è continuamente esortato (se non minacciato) affinché segua con diligenza il percorso educativo che l’autore gli propone → Lucrezio indaga le cause dei fenomeni e propone al lettore una verità, una ratio sulla quale è costretto ad esprimere il suo consenso o il suo rifiuto ▪ mentre gli ellenistici tendevano anche a far apparire l’oggetto d’indagine come meraviglioso, Lucrezio usa sempre espressioni come non est mirandum o nec mirum → non c’è nulla di che meravigliarsi davanti ad un fenomeno perché è connesso ad una specifica regola oggettiva e chi comprende i meccanismi delle cose non può meravigliarsi di come funzionino ↓ si passa alla retorica del necessario (necesse est è spesso usato) ▪ il lettore, reso responsabile con le reazioni richieste agli insegnamenti proposti, diventa consapevole della propria grandezza intellettuale → sublime lucreziano ↓ non è più solo una forma stilistica che rispecchia la forma di interpretazione del mondo dell’autore, ma anche una forma di percezione delle cose ▪ il sublime, coinvolgendo il lettore, lo spinge a sentire un bisogno morale → si trasforma in invito all’azione, ovvero di scegliere un modello di vita, emozionarsi e trovare dentro di sé la forza di accettazione e adeguamento ▪ il testo prevede un lettore quasi agonistico pronto a ingaggiare quasi una lotta con un insegnamento duro e aspro e a fare di se stesso e delle proprie reazioni un contenuto del poema → Lucrezio attraverso la difficile esperienza del sublime vuole liberare il suo destinatario dalla schiavitù del piacere facile ↓ la forma sublime del testo deve adattarsi alla forma sublime del destinatario ▪ il rapporto docente-allievo che si instaura nel poema didascalico ellenistico, qui diventa un centro di tensione e un tema problematico 46 ▪ da questi propositi nasce anche la rigorosa struttura argomentativa del poema, basata sul sillogismo (strumento principe della filosofia) per costruire dimostrazioni per assurdo e sull’analogia per ricondurre al noto e visibile ciò che è lontano o invisibile all’occhio umano ↓ es. libro III (confutazione della morte): inno ad Epicuro, trattazione suddivisa in due sezioni (dimostrazione che l’anima è materiale, fatta di atomi / l’anima quindi è soggetta al ciclo di nascita e morte comune agli altri corpi materiali) con 29 prove diverse per sostenere l’assunto. Sii rende conto che non è sufficiente dimostrare scientificamente la mortalità dell’anima, quindi dà la parola alla Natura che si rivolge all’uomo: se la vita è stata colma di gioie, ce ne si può ritirare come un convitato sazio e felice dopo un banchetto; se è stata segnata da dolori e tristezza, non ha senso sperare che prosegua → solo gli stolti sperano che continui anche se non possono vedere nulla di nuovo visto che tutte le cose sono sempre le stesse ▪ nel testo si rintraccia anche un’influenza della diatriba, genere nato in Grecia in età ellenistica nell’ambiente cinico, usata per argomenti filosofico-moraleggianti → permette di costruire uno schema di presentazione semi-drammatica dell’argomento con spunti satirici anche vivaci e l’utilizzo di più personaggi 17.3 – Studio della natura e serenità dell’uomo ▪ dopo l’inno a Venere e una presentazione dell’assetto dell’opera, Lucrezio invita il lettore a non considerare empia la sua dottrina e a riflettere piuttosto su quanto crudele e empia sia invece la religio tradizionale → es. Ifigenia e Agamennone per la partenza della flotta greca (tono patetico) ▪ la religione opprime la vita degli uomini, turba la loro gioia con la paura, ma se gli uomini diventassero insensibili alle minacce di pene eterne, smetterebbero di essere succubi della superstizione religiosa e dei timori → utile quindi una conoscenza delle leggi dell’universo, che rivelano la natura materiale e mortale del mondo, dell’uomo e dell’anima stessa (superstizione religiosa ∞ timore della morte ∞ speculazione scientifica) ▪ vediamo fin da subito perché il messaggio di Lucrezio sarà ignorato → oltre alla difficoltà dell’opera, perché metteva in discussione i fondamenti culturali (sociali e politici) dello stato romano, che della religio aveva fatto un elemento di coesione ▪ Epicuro è descritto da Lucrezio come il primo uomo che osò levare gli occhi contro la religione e per questo è degno di essere venerato quasi come un dio, avendo liberato gli uomini da enormi sofferenze ↓ Epicuro è sempre descritto sul modello del guerriero omerico impegnato in un duello eroico (Epicuro vs. superstizione) → volontà di dare una certa intonazione epico-eroica alla trattazione didascalica ▪ Epicuro non affermava l’inesistenza degli dei, ma credeva che fossero figure eterne, perfette e felici, che vivevano nella pace degli intermundia (zona tra cielo e terra) incuranti delle vicende della terra e degli uomini, a cui l’uomo poteva rivolgere il proprio rispetto o che poteva rendere un proprio punto di riferimento → l’uomo non è dipendente da essi e da loro non riceve né benefici né punizioni ▪ nel libro V una sezione della storia dell’umanità è dedicata alla nascita del timore religioso che sorge spontaneo per ignoranza delle leggi che governano gli astri, la natura o i fenomeni metereologici 47 17.4 – Il corso della storia ▪ oltre ai temi trattati anche dagli antichi naturalisti (materia, formazione dei corpi, etica, morale, religione, morte, amicizia e amore) Lucrezio dedica un’ampia parte dell’opera alla storia del mondo, originato da un’aggregazione casuale di atomi e destinato alla distruzione ▪ la seconda parte del libro V tratta invece dell’origine della vita sulla terra e della storia dell’uomo → la vita si è formata grazie a particolari circostanze come terreno umido e calore ▪ confutazione delle tradizioni su esseri mitici che avrebbero popolato la terra (es. centauri) ▪ i primi uomini conducevano una vita agreste al di fuori di ogni vincolo sociale e si procuravano il necessario dalla natura + erano sempre in pericolo perché attaccati dalle fiere ▪ Lucrezio tratta poi le tappe del progresso umano, che sono sia positive (linguaggio, fuoco, metalli, tessitura, agricoltura) sia negative (guerra, timore religioso) → spesso è stata la natura a mostrare all’uomo come agire, altre l’uomo ha creato qualcosa che gli serviva (es. linguaggio) ↓ opposto alle visioni teleologiche del tempo → la natura segue le sue leggi, nessun dio la piega ai bisogni dell’uomo ▪ finché il progresso materiale è ispirato al soddisfacimento dei bisogni primari è valutato positivamente, mentre le riserve si concentrano sulla decadenza morale che il progresso ha portato con sé (guerra, ambizioni e cupidigia) → i problemi elencati però sono risolvibile dall’epicureismo, volto alla limitazione dei bisogni e alla ric3rca d piaceri naturali e semplici (no edonismo) ▪ il saggio si deve allontanare dalle tensioni della vita politica (λάθε βιώσας) e dedicarsi invece allo studio della natura con gli amici più stretti 17.5 – L’interpretazione dell’opera ▪ la figura dello scrittore e quella del narratore non sono sovrapponibili del tutto, motivo per cui non si possono accettare le tesi di quelli che hanno ricercato nell’opera tracce di uno squilibrio mentale di Lucrezio (crisi maniaco-depressive e angoscia esistenziale) ▪ non accettabile nemmeno la tesi di un “Antilucrezio” che il Lucrezio “ufficiale” tenti di persuadere (Patin, 1868) → avversione alla teoria materialista ▪ una lettura senza preconcetti rivela una tensione illuministica dell’autore che vuole ottenere il convincimento razionale del suo lettore e trasmettergli i precetti di una dottrina di liberazione morale nella quale egli stesso creda ▪ contro la dottrina stoica → noncuranza degli dei nei confronti degli uomini ▪ Lucrezio si scaglia contro le insensatezze della passione amorosa per ribadire che il saggio epicureo deve star lontano da una passione irrazionale come l’amore → volontà di contrapporsi all’ideologia erotica dei neoteroi e aderire alla morale tradizionale che condanna gli amanti che dissipano le loro sostanze in doni e lussi inutili 50 CAP. 18: Cicerone Marco Tullio Cicerone nasce nel 106 a.C. ad Arpino da agiata famiglia equestre e compie studi di retorica e filosofia a Roma. Inizia a frequentare il foro sotto la guida del di Lucio Licinio Crasso e dei due Scevola. Stringe con Tito Pomponio Attico un’amicizia destinata a durare tutta la vita. Presta servizio militare nella guerra sociale, debutta come avvocato e difende Roscio mettendosi contro alcuni esponenti del regime sillano. Compie poi un viaggio in Grecia e in Asia dove studia filosofia e retorica. Al ritorno sposa Terenzia e gli nascono due figli: Tullia e Marco. Divenuto questore della Sicilia nel 75, difende la causa dei siciliani contro l’ex governatore Verre nel 70. Nel 63 diventa console e reprime la congiura di Catilina. Dopo la formazione del primo triumvirato (Cesare, Pompeo e Crasso) la sua fama diminuisce e si deve recare in esilio per aver messo a morte i complici di Catilina senza processo (58). Richiamato a Roma dopo un anno continua la sua attività forense e compone alcune opere filosofiche e retoriche. Allo scoppio della guerra di civile si schiera dalla parte di Pompeo per poi ottenere il perdono di Cesare dopo la sua vittoria. Divorzia da Terenzia e si sposa con Publilia, da cui poi divorzierò dopo pochi mesi. Nel 45 muore la figlia Tullia e inizia la lunga composizione di opere filosofiche, lontano anche dalla vita politica per la presenza di Cesare. Dopo l’uccisione di Cesare nel 44 torna alla vita politica e inizia la sua lotta contro Antonio. Ottaviano volta la faccia al senato e forma il secondo triumvirato (Ottaviano, Marco Antonio e Lepido). Il nome di Cicerone entra nelle liste di proscrizione e viene ucciso dai sicari di Antonio il 7 dicembre del 43 a.C. Di Cicerone ci restano svariate orazioni, opere retoriche, opere politiche, opere filosofiche, un epistolario e alcuni frammenti di alcune sue opere poetiche. 18.1 – Tradizione e innovazione nella cultura romana Cicerone è protagonista e testimone della crisi che portò al tramonto della repubblica e durante questo periodo elabora un progetto etico-politico nel vano tentativo di porre rimedio alla fine della repubblica → ottica legata sostanzialmente ai ceti possidenti (aristocrazia e ceto equestre) ▪ per raggiungere questo obiettivo si serve della comunicazione orale e scritta, usando artifici che mette in pratica nelle sue orazioni e che teorizza nei trattati teorici → costruisce un’ars dicendi sapiente e produttiva, funzionale al dominio dell’uditorio e alla regia delle sue passioni ▪ al proprio progetto politico-sociale Cicerone ha cercato di dare concretezza , ma ha progressivamente sentito sempre più la necessità di riflettere sui fondamenti della politica e della morale rifacendosi al pensiero ellenistico ↓ ▪ voleva dare una solida base ideale, etica, politica a una classe dominante, il cui atteggiamento non deve essere un’ottusa chiusura nella tradizione e a cui la tradizione stessa non impedisca l’assorbimento della cultura greca → equilibrio fra istanze di ammodernamento e necessità di conservazione dei valori tradizionali ▪ l’ideale di Cicerone è una vita caratterizzata dall’otium nutrito di arti e letteratura, da uno stile di vita raffinato e dall’humanitas 51 18.2 – L’egemonia della parola: carriera politica e pratica oratoria ▪ I primi successi e il processo di Verre ➢ Pro Roscio Amerino Il padre di Sesto Roscio era stato ucciso su mandato di due suoi parenti in combutta con Lucio Cornelio Crisogono (favorito di Silla), che aveva fatto inserire il nome dell’ucciso nelle liste di proscrizione per poter così acquistare all’asta le proprietà terriere dell’uomo. Gli aguzzini cercarono di liberarsi anche del figlio accusandolo di parricidio. ▪ la difesa non doveva tacere la responsabilità di Crisogono, ma per motivi politici Cicerone dovette cercare di coinvolgere il meno possibile Silla ▪ Cicerone si fa portavoce dell’ala della nobiltà che pur apprezzando l’operato di Silla nella repressione della parte democratica e popolare, si doleva per la concentrazione del potere nelle mani di un solo uomo ▪ Cicerone è ancora legato agli schemi dell’asianesimo in voga allora → frasi veloci e sonore, con cadenza vivace, piene di neologismi e con lussureggianti metafore ▪ già ben sviluppata appare la capacità ritrattistica di dipingere personaggi e ambienti in quadri ricchi di colore, spesso con una vena satirica ➢ In Verrem o Verrinae I siciliani vista la fama di Cicerone gli chiesero durante la sua questura di sostenere l’accusa contro Verre, che aveva sfruttato la provincia. Cicerone raccolse le prove in pochissimo tempo e anticipò i tempi del processo. In questo modo riuscì a creare un’accusa valida contro Quinto Ortensio Ortalo (patronus di Verre). Cicerone non fece in tempo a esibire tutte le prove per la loro validità e poté pronunciare solo la prima delle orazioni composte → Verre fu schiacciato dall’evidenza delle prove e fuggì dall’Italia venendo condannato in contumacia Le altre orazioni vennero pubblicati nella Actio secunda in Verrem, divisa in cinque libri. Essa rappresenta un documento storico per conoscere i metodi di cui si serviva l’amministrazione romana nelle province ▪ lo stile delle Verrinae è ormai maturo, avendo eliminato le esuberanze e le ridondanze prettamente asiane, ma senza accostarsi all’eloquenza secca e scarna degli atticisti ↓ ▪ periodi armoniosi e complessi, sintassi duttile e fraseggio conciso e martellante quando possibile + vasta gamma di registri gestiti con sicurezza, dalla narrazione semplice e piana, al racconto, all’ironia al pathos ▪ maestro del ritratto → Verre come un tiranno avido di averi e sangue dei sudditi 52 ▪ Il progetto di concordia dei ceti abbienti Entrato in senato dopo la questura, parlò in favore del progetto di legge presentato dal tribuno Manilio per conferire a Pompeo poteri straordinari sull’Oriente e gestire meglio la situazione con il re del Ponto, Mitridate ➢ Pro lege Manilia o De imperio Cn. Pompei Cicerone parla a favore della legge e di Pompeo e insiste sull’importanza dei tributi che affluivano dall’Oriente, di cui sarebbe privata la popolazione romana se prevalesse Mitridate. ▪ punto massimo di avvicinamento alla politica dei populares, indirizzata a gratificare le masse con elargizioni e a prevaricare sull’autorità del senato vs. gli aristocratici che diffidavano di dare tanto potere ad un solo uomo ▪ Cicerone in questo caso difende gli interessi dei pubblicani, che costituivano un gruppo leader all’interno dell’ordine equestre Cicerone aveva bisogno del loro appoggio per creare quella concordia dei ceti abbienti (senatori e cavalieri), in cui vedeva la via d’uscita dalla crisi, una volta raggiunto il consolato come homo novus Grazie all’appoggio dell’ala moderata della nobiltà che decise di allearsi con il ceto equestre Cicerone riuscì a diventare console. Divenuto console nel 63 a.C. sedò la congiura di Catilina e teorizzò la concordia ordinum che lo aveva portato al potere. Durante il consolato si oppose ad una legge agraria con l’orazione De lege agraria e prese posizione contro i populares difendendo un cavaliere ➢ Catilinarie Quattro orazioni con cui svelò le trame sovversive che il nobile decaduto aveva ordito una volta sconfitto nella competizione, lo costrinse a fuggire da Roma e giustificò la sua decisione di far giustiziare i complici senza processo ▪ toni veementi, minacciosi e ricchi di pathos + artifici retorici mai impiegati come la prosopopea della Patria (si rivolge a Catilina con parole di biasimo) + ritratto di Catilina e dei suoi seguaci corrotti dal lusso e dai vizi ➢ Pro Murena Mentre era impegnato con le Catalinarie, Cicerone si trovò a dover difendere da un’accusa di corruzione elettorale Lucio Licinio Murena, eletto console per l’anno seguente. Cicerone vedeva in lui un continuatore della sua politica, al contrario dell’accusatore Servio e Catone il Giovane (poi Uticense) che lo appoggiava. Cicerone canzona ironicamente il formulario giuridico alla base della formazione di Servio, contrapposta alle glorie militari di Murena, e l’anacronistico rigore stoico di Catone. ▪ toni di una satira lieve e arguta che non scade mai nella derisione o nella beffa volgare ▪ vediamo qui il delinearsi un nuovo modello etico in cui il rispetto per il mos maiorum è contemperato dall’apertura alle gioie della vita che ormai concedono nuovi standard della società 55 18.3 – L’egemonia della parola: le opere retoriche Quasi tutte le opere retoriche di Cicerone furono scritte dopo un paio d’anni dall’esilio (58-57). ▪ Eloquenza e filosofia Il problema se l’oratore dovesse accontentarsi della conoscenza di regole retoriche o gli fosse necessaria una larga cultura (diritto, filosofia, storia) era da tempo oggetto di dibattito in Grecia ➢ De inventione L’inventio indica il reperimento dei materiali da parte dell’oratore. Per questo trattatello giovanile si ispirò ampiamento al Rhetorica ad Herennium. Nel proemio identifica la retorica come sintesi di eloquenza e sapientia (filosofia), ritenuta fondamentale per la formazione di una coscienza morale ➢ De oratore Dialogo scritto nel 55, è ambientato molti anni prima e vi prendono parte alcuni fra i più insigni oratori dell’epoca, tra cui Marco Antonio (nonno di Antonio) e Lucio Licinio Crasso, portavoce di Cicerone: - libro I: Crasso sostiene la necessità per un oratore di una vasta formazione culturale, Antonio gli contrappone l’ideale di un oratore la cui arte si basi su doti naturali, sulla pratica e sulla dimestichezza - libro II: trattazioni di questioni analitiche e dei problemi su inventio, dispositio e memoria - libro III: Crasso discute le questioni su elocutio e pronuntiatio (actio) ▪ l’ambientazione (91), poco prima della guerra civile, è caratterizzata dall’ossessione di tutti per la crisi dello stato che stride con l’ambiente sereno in cui si riuniscono (villa tuscolana di Crasso) ▪ il modello è quello del dialogo platonico, alle cui strade e piazze di Atene si sostituisce il giardino della villa di campagna ↓ scarto rispetto ai manuali greci e latini del tempo → opera viva e interessante che pur fondandosi sulla letteratura specialistica greca mantiene un legame con l’ambiente romano e la pratica forense ▪ la tecnica della parola dev’essere affiancata da una formazione culturale → in questo modo viene accertata l’affidabilità etico-politica dell’oratore, la cui abilità di parlare su qualsiasi argomento può essere un pericolo → probitas (onestà, rettitudine morale) e prudentia devono essere le due virtù indispensabili per un oratore ▪ la formazione dell’oratore coincide con quella dell’uomo politico→ uomo con una cultura vasta e generale capace di padroneggiare l’arte della parola e di persuadere i propri ascoltatori ➢ Orator Trattato scritto circa dieci anni dopo il precedente e dedicato a Marco Bruto, riprende le stesse tematiche aggiungendo una sezione sui caratteri della prosa ritmica. Dopo aver delineato il profilo dell’oratore ideale, vengono esposti i tre fini della retorica a cui corrispondono i tre registri stilistici: - probare (portare argomenti validi per la tesi) → stile umile - delectare (produrre una piacevole impressione estetica) → stile medio - flectere (smuovere emozioni con il pathos) → stile elevato e patetico 56 ▪ Storia dell’eloquenza e polemiche di stile Cicerone veniva criticato per non aver preso abbastanza distanza dall’asianesimo per le ridondanze, per le figure, per l’elemento ritmico e le facezie vs. stile semplice, asciutto e scarno degli atticisti (Lisia) ➢ Brutus Dialogo dedicato a Marco Bruto, rappresentante delle tendenze atticistiche. I personaggi coinvolti sono lo stesso Cicerone, Attico e Bruto. Viene delineato la storia dell’eloquenza greca e romana, che culmina con una rievocazione delle tappe della carriera di Cicerone (dal ripudio dell’asianesimo alla maturità) → carattere autopologetico ▪ rottura degli schemi che contrapponevano i generi di stile di asiani e atticisti→ le varie esigenze e le diverse situazioni richiedono il ricorso all’alternanza di registri diversi ▪ il modello preso in considerazione è Demostene, un attico, ma di tendenze ben diverse da quelle di Lisia o Iperide ➢ De optimo genere oratorum Completare e contemporanea al Brutus, mette a confronto due orazioni opposte di uno stesso processo, Sulla corona di Demostene e Contro Ctesifonte di Eschine, e Demostene viene riconosciuto come il perfetto modello dell’eloquenza attica ➢ Topica Ispirati ad un’opera di Aristotele, trattavano i topoi ai quali far ricorso durante un discorso per trovare argomentazioni valide. Di questi si possono servire anche filosofi, storici, giuristi e pure poeti 57 18.4 – Un progetto politico ➢ De re publica Dialogo ambientato nel 129 nella villa suburbana dell’Emiliano che insieme all’amico Lelio è uno degli interlocutori. Il libro ci è giunta in modo frammentario: una parte ritrovata da Angelo Mai ad inizio ‘800, altri brani sono ripresi da altre opere e il Somnium Scipionis ha avuto una trasmissione indipendente. Si compone di sei libri: - libro I: tre forme di governo fondamentali secondo Aristotele (monarchia, aristocrazia, democrazia) e le loro tre degenerazioni (tirannide, oligarchia, oclocrazia) (Polibio). Da Polibio riprende la tesi per cui Roma si salva da questa degenerazione perché raggruppa tutte e tre le forme (consoli = monarchia, senato = aristocrazia, comizi = democrazia) - libro II: storia della costituzione romana - libro III: tema della iustitia e dedicato alla confutazione della crtica all’imperialismo di Carneade (i Romani con il pretesto della guerra giusta avevano allargato i propri domini) - libro IV: educazione dei cittadini e dei principi che devono regolare i loro rapporti - libro V (e IV): figura princeps (parti più lacunose) - libro VI: rievocazione da parte di Scipione Emiliano del sogno fatto tempo addietro in cui gli era apparso il nonno Scipione Africano per mostrargli dall’alto del cielo la piccolezza e l’insignificanza delle cose umane e riverargli la beatitudine che spetta alle anime dei grandi uomini di stato ▪ modello del dialogo platonico, specie della Repubblica, a differenza della quale però non cerca di costruire il modello di uno stato ideale, ma di identificare la forma migliore di stato nella costituzione romana dell’età scipionica ▪ la teoria del regime misto (Polibio e Aristotele) qui vede l’elemento democratico guardato con antipatia, considerato più una valvola di sicurezza per far sfogare le passioni del volgo → visione aristocratica della repubblica ▪ la figura del princeps è poco chiara ed è difficile saperla collocare nell’organismo statale, anche se probabilmente si riferisce forse più ad tipo di uomo politico eminente, sembra pensare ad un’élite di personaggi eminenti che si ponga alla guida del senato e dei boni → no risvolti augustei, ma ruolo mantenuto all’interno dei limiti della repubblica ↓ il princeps deve stare lontano da tutte le passioni egoistiche, dal desiderio di potere e dal desiderio di ricchezza → senso del Somnium Scipionis, ovvero della despicientia delle cose umane ➢ De legibus Come Platone con Le leggi, Cicerone completa il dialogo sullo stato con quest’altro dialogo, probabilmente postumo, di cui si sono conservati i primi tre libri e frammenti degli altri due. Ambientato nel presente, gli interlocutori sono Cicerone, il fratello Quinto e Attico, che discutono presso la villa di Arpino di Cicerone e nella natura intorno (locus amoenus > Fedro). I contenuti: - libro I: tesi stoica per cui la legge non nasce della convenzione, ma si basa sulla ragione innata in tutti gli uomini e quindi data da dio - libro II: le leggi che dovrebbero essere in vigore nel miglior stato si basano sulla tradizione legislativa romana - libro III: leggi riguardanti i magistrati e le loro competenze 60 ▪ La vecchiezza e l’amicizia ▪ nel Cato Maior attraverso la figura di Catone il Censore Cicerone trasfigura l’amarezza della vecchiaia, che, oltre al decadimento fisico e all’imminenza della morte, sembra portare anche la perdita della possibilità di intervento politico ▪ nella vecchiaia si armonizzano il gusto per l’otium e la tenacia dell’impegno politico ▪ l’amicitia era per i Romani la creazione di legami personali a scopo di sostegno politico ↓ nel Lelius col tentativo di superare questa logica clientelare e di fazione dell’aristocrazia ricerca i fondamenti etici della società nel rapporto che lega fra loro gli amici → l’amicizia non rimane solo un legame politico ▪ i legami di amicizia sono allargati al di fuori della cerchia ristretta della nobilitas → l’amicizia si basa sulla virtus e la probitas, valori riconosciuti a diversi strati della popolazione (boni) ▪ si avverte il disperato bisogno di Cicerone di rapporti sinceri, che poté forse trovare solo con Attico ▪ I doveri della classe dirigente ▪ la base filosofica del De officis viene offerta dallo stoicismo moderato di Panezio (vs. epicureismo), la cui filosofia fornisce una minuziosa casistica necessaria a regolare i comportamenti quotidiani della classe dirigente ↓ in Panezio, che aveva voluto fornire agli aristocratici romani un modello di vita basato sui costumi nazionali, Cicerone trova un punto di riferimento per costruire un discorso che sappia proporre tanto una riflessione teorica quanto l’enunciazione di precetti validi per la vita di tutti i giorni ▪ Panezio proponeva una forma di stoicismo meno rigorosa con un giudizio più positivo sugli istinti, che non devono essere repressi, ma corretti e disciplinati dalla ragione → le virtù cardinali stoiche (giustizia, sapienza, fortezza e temperanza) venivano reinterpretate come sviluppo di questi istinti ▪ Cicerone si rivolge principalmente ai giovani → funzione pedagogica, comune comunque anche alle altre opere filosofiche ▪ Cicerone mostra come sia necessario accettare e meditare la riflessione filosofica dei Greci per assolvere ai doveri richiesti dalla società 61 ▪ Il sistema delle virtù ▪ nel De officis viene delineato un sistema di virtù basato su quello di Panezio, che rivisitò il sistema tradizionale di virtù cardinale stoiche ▪ la virtù cardinale della giustizia veniva a sostituirsi la beneficientia → da “dare a ciascuno il suo” si passa a collaborare al benessere della comunità mettendo a disposizione della collettività se stessi e i propri beni vs.→ si era visto come la corruzione delle masse con proposte demagogiche potesse essere un mezzo pericolosissimo nelle mani di individui senza scrupoli, proiettati verso interessi privati ▪ alla virtù cardinale della fortezza si era sostituita la magnitudo animi → scaturisce da un naturale istinto a primeggiare sugli altri e si concretizza nella capacità di imporre il proprio dominio alla base della magnitudo animi ci dev’essere un disprezzo per tutti i beni terreni e un tornaconto personale (onori, ricchezze, potere) per evitare la tirannide ▪ la ragione deve controllare gli istinti e trasformarli in virtù togliendo ogni elemento egoistico o prevaricatorio in modo tale che poi possano essere al servizio della collettività e dello stato ▪ Le prime origini del galateo ▪ la virtù cardinale della temperanza si sostituisce il decorum, un’armonia di pensieri, gesti e parole che è possibile solo a chi abbia saputo sottomettere i propri istinti al controllo della ragione ▪ questo decorum è mostrato attraverso una ricca precettistica all’interno del De officis → comportamenti da tenere nella vita quotidiana, gesti, posture, consigli di toilette, consigli di abbigliamento, precetti per la conversazione d’intrattenimento, descrizione della casa ideale di un aristocratico romano (ampia ed elegante, senza sfarzi o lussi eccessivi) ↓ inizia una tradizione di galateo che non costituisce ancora un filone letterario a sé ▪ Flessibilità e pluralismo dei valori ▪ tratto innovativo del concetto di decorum è che accetta la possibilità di una pluralità di atteggiamenti e scelte di vita diversi ▪ ognuno sceglie la propria strada in base alle proprie qualità, quindi si può scegliere anche una vita diversa da quella del perseguimento delle cariche pubbliche, purché essa sia sempre rivolta alla collettività → rivalutazione di mansioni che riguardano affari economici, cura del patrimonio, vocazione intellettuale o scientifica ▪ la pluralità di modelli di vita ammessi nell’ultimo Cicerone rispecchia le diverse vocazioni e attività dei boni a cui egli aveva iniziato a rivolgersi 62 18.6 – Cicerone prosatore: lingua e stile ▪ Cicerone si è trovato come Lucrezio davanti al problema di trovare nuovi termini per esprimere alcuni concetti filosofici o retorici ▪ Cicerone (= Lucrezio) decide di evitare grecismi il più possibile → sperimentazione lessicale nella traduzione di termini greci di cui ci rimane testimonianza nell’epistolario introduzione di molte parole nuove e costruzione delle basi del lessico astratto ▪ la scelta della parole era molto importante, ma più incisivo per Cicerone era la creazione di un periodo complesso e armonioso fondato sull’equilibrio e la rispondenza di parti (modelli in Demostene e Isocrate) → concinnitas ▪ eliminazione di incoerenze nella costruzione, di anacoluti, di costruzioni a senso tipici della prosa arcaica latina, ereditati dal linguaggio colloquiale → preferenza per l’ipotassi ▪ varietà di toni e registri stilistici → ogni stile (semplice, medio, sublime) viene impiegato a seconda delle esigenze discorsive (probare, delectare, movere) ▪ ad ogni stile e registro espressivo corrisponde una collocazione delle parole adeguata, un’opportuna sonorità fatta di armonia ed euritmia → la disposizione verbale è sempre tale da realizzare il numerus, un suo sistema di regole metriche adattate alla prosa la sede privilegiata di questi effetti metrico-ritmici è la clausola del periodo 18.7 – Le opere poetiche L’attività poetica era criticata positivamente solo da Cicerone stesso, visto che già i contemporanei apprezzavano poco la sua poesia. In gioventù compose poemetti alessandrineggianti di argomento mitologico e tradusse anche i Fenomeni di Arato nell’Aratea. Scrisse anche poemi epici, di cui ci è rimasto un poema autocelebrativo, il De consulatu suo, scritto per celebrare l’anno della gloriosa battaglia contro Catilina → sbeffeggiato già dai contemporanei e poi dalla critica successiva ▪ le prime prove poetiche mostrano un atteggiamento simile a quello dei neoteroi, quindi incline ad un certo sperimentalismo artistico → periodo dei poemi alessandrineggianti, quindi a carattere erudito e didascalico ▪ i suoi gusti poi si fecero più tradizionalisti fino a criticare aspramente i poetae novi → periodo dei poemi epico-storici di stampo enniano ▪ nonostante le scarse qualità di poeta, contribuì a regolarizzare l’esametro latino → l’esametro uscì più legante, più duttile e vivace nel ritmo, già vicino al modello augusteo ▪ maggiore libertà espressiva nella disposizione delle parole e per la spinta del discorso oltre i confini del verso → favorì gli enjambement e l’anastrofe ▪ le prove migliori dell’arte poetica di Cicerone furono le traduzioni dei poeti greci, nonostante spesso risultasse troppo magniloquente e con poco pathos 65 19.3 - Varrone Marco Terenzio Varrone nacque nel 116 a.C. quasi certamente a Rieti (Lazio). Fu allievo insieme a Cicerone del filosofo Antioco d Ascalona. Nella guerra civile fu legato a Pompeo. Cesare gli affidò poi l’incarico di allestire una grande biblioteca. Morì in età avanzata nel 27 a.C. (Varrone Reatino) Durante la sua vita scrisse numerose opere. Le due opere meglio conservate sono il De lingua latina e il De rustica o Rerum rusticarum libri tres. Di altre opere abbiamo solo qualche frammento o ne conosciamo solo il titolo: Saturae Menippeae e opere di storia, geografia, antiquaria (Antiquitates rerum humanarum et divinarum), lingua e letteratura latina (Questiones Plautinae, De comoediis Plautinis, De poetis), retorica, diritto, filosofia (Logistorici) e scienza (Disciplinae). ▪ Erudizione antiquaria, filologia e studi linguistici ▪ la composizione delle principali opere antiquarie cade negli stessi anni della stesura delle opere filosofiche e retoriche di Cicerone → ipotesi che Varrone si ponesse il compito di fornire una risposta intellettuale e culturale alla crisi che Roma stava attraversando ▪ Varrone vede come decadenza la storia romana dell’ultimo secolo e guarda all’espansione dei consumi come a un pericoloso fattore di corruzione → maggiore attaccamento alle tradizioni romane, anche se era più aperto di altri ad ammettere l’importanza di apporti stranieri (greci, italici, etruschi) alla formazione della civiltà romana ↓ sottolineando la funzione di «amalgama» culturale svolta da Roma, Varrone si pone sulla linea di pensiero di alcuni filosofici greci per i quali la superiorità di Roma sta nella capacità di assimilare il meglio dalle altre civiltà con cui era entrata in contatto ➢ Antiquitates rerum humanarum et divinarum Nell’opera trova ordinamento quasi tutto il patrimonio della civiltà latina → proposito di fare una rassegna della vita romana (lingua, letteratura e costumi) e delle sue connessioni con il passato Le Antiquitates si compongono di una prima parte (maggiore) dedicata alle Res humanae (uomini, luoghi, tempi, cose) e un’altra dedicata alle Res divinae ▪ l’opera riscosse successo (specie per la sezione delle res humanae) presso i contemporanei che vedevano per la prima volta fissati con autorevolezza alcuni punti fermi delle origini di Roma (es. data di fondazione nel 753 a.C.) ▪ le Res divinae sono ben attestate grazie ai Padri della Chiesa, che le usarono come bersaglio prendendo l’opera come il testo base della teologia pagana ▪ Varrone distingue tre modi di concepire la divinità: - teologia favolosa → i miti - teologia naturale → le teorie filosofiche sulla divinità possesso esclusivo degli intellettuali e non diffondibili fra il popolo - teologia civile →la divinità è concepita nel rispetto di un’esigenza politica, quindi utile allo stato 66 ▪ la struttura dell’opera (la parte delle Res humanae prima) mostra come per Varrone la religione sia solo una creazione degli uomini ▪ nell’opera (come in altre opere storiche, es. De vita populi Romani) la storia è concepita come storia di costumi, istituzioni e mentalità e la storia è collettiva, riguarda tutto il popolo, sentito come un organismo unitario in evoluzione ➢ Imagines o Hebdomades Nonostante la sua concezione della storia, Varrone si dedicò anche a ricerche biografiche: oltre a brevi biografie di poeti romani, compose le Imagines, conosciute anche come Hebdomades per il raggruppamento di sette ritratti per ciascuna categoria trattata → i ritratti cessavano di essere un privilegio dell’aristocrazia ▪ i settecento ritratti di uomini famosi per ogni categoria, sia greci che romani (statisti, poeti, filosofi, danzatori, sacerdoti, ecc.), erano accompagnati da un epigramma che caratterizzava il personaggio ➢ opere filologiche Non essendoci all’epoca un confine chiaro tra antiquaria e filologia, Varrone si occupò anche di quest’ultima. Studiò il teatro arcaico, in particolare Plauto con le Questiones Plautine, un commento linguistico-grammaticale alle commedie, e il De comoediis Plautinis, in cui affrontò il problema delle numerosissime commedie dividendole tra sicuramente spurie, incerte e sicuramente autentiche (= Elio Stilone) ➢ De lingua latina La sensibilità per lo stile e l’interesse per i fatti linguistici portarono Varrone ad occuparsi di storia della lingua latina, basandosi su metodi ellenistici. Il De lingua latina si presentava come una trattazione sistematica ed esaustiva che partiva da problemi di origine della lingua e di etimologia per affrontare poi morfologia, sintassi e stilistica. Ci rimangono solo cinque libri (V-X) sulle etimologie e sulla questione dell’analogia e dell’anomalia ▪ Varrone non trascura l’importanza di elementi stranieri nella formazione della lingua latina (= antiquaria) ▪ le etimologie sono spesso bizzarre e fantasiose (paraetimologia) ▪ riguardo alla contesa tra analogisti e anomalisti Varrone tentò una conciliazione tra le due posizioni → ideale di una lingua attenta ad accogliere le innovazioni, ma senza chiusure puristiche 67 ▪ Opere letterarie e filosofiche ➢ Saturae Menippeae I riferimenti contemporanei contenuti nell’opera non sono abbastanza espliciti e numerosi da consentire una datazione sicura di composizione, che sicuramente si protrasse per un lungo periodo. ▪ il titolo, se originale, non fa riferimento al genere stesso, visto che tale etichetta è usata solo in tempi moderni + gli antichi ignoravano ogni precedente greco (satura tota nostra est) → i trattati greci rimandano a caratteri di una forma letteraria e di un genere diversi dalla tradizione satirica romana ↓ si classificano sotto la sigla menippea una serie di testi che per caratteristiche formali e tematiche in comune sembrano richiamarsi ad uno stesso modello: - temi fantastici e ultraterreni - prosimetro → altre forme presentavano questa forma, ma qui il verso è inserito nel contesto narrativo - ampia gamma registri e livelli stilistici - temi di attualità, polemica letteraria e critica politica ▪ il tema della tristezza dei tempi e della decadenza dei costumi romani doveva essere diffuso nell’opera → la satira dei vizi dei contemporanei era l’altro risvolto della sguardo nostalgico rivolto al passato ▪ il modello è sicuramente Menippo di Gadara, a cui si accostano anche Ennio, Lucilio (a cui rimandano diverse analogie formali, coincidenze linguistiche e lessicale se non citazioni), la commedia ▪ il linguaggio era colorito e ricco di invettiva, abbondante di giochi di parole, arcaismi, volgarismi ▪ Varrone mostra il suo virtuosismo con la sua creatività verbale di stampo plautino (molti hapax) ▪ le parti in prosa si alternavano a quelle in versi secondo il modello del prosimetro di Menippo ➢ Logistorici Trattavano di argomenti morali illustrandoli con esempi tratti dalla storia e dal mito, anche se spesso Varrone mette in scena personaggi contemporanei o scomparsi da poco. I titoli doppi (personaggio + argomento trattato, es. Marius de fortuna) hanno fatto pensare a somiglianze di genere letterario con gli ultimi dialoghi di Cicerone, che potrebbe aver voluto riprodurre il modello ➢ Disciplinae In quest’opera Varrone organizzò tutto il sapere della scienza antica in una forma che condizionò il futuro ordinamento degli studi nell’Europa occidentale → distinzione delle arti liberali in sette libri, che andrà a costituire il trivium (grammatica, dialettica, retorica) e il quadrivium (geometria, aritmetica, astronomia, musica) medievale + due libri sulla medicina e l’architettura, più tecniche e divise dalle arti liberali 70 CAP. 20: Cesare Gaio Giulio Cesare nacque a Roma il 13 luglio del 100 a.C. da una famiglia patrizia di antichissima nobiltà. Essendo imparentato con Mario, venne perseguitato dai sillani. Dopo la morte di Silla tornò a Roma e ricoprì diverse cariche del cursus honorum. Nel 60 a.C. stipulò con Pompeo e Crasso l’accordo del primo triumvirato e divenne console l’anno seguente. Ottenne poi il proconsolato in Gallia, dove col pretesto di provazione e sconfinamenti da parte delle popolazioni non sottomesse intraprese un’opera di sottomissione dell’intero mondo celtico. Ostacolato con cavilli giuridici dagli avversari, Cesare invase l’Italia dando inizio alla guerra civile (49- 48), che terminerà con la battaglia di Farsalo in Tessaglia. Aveva poi ricoperto la dittatura e il consolato divenendo padrone di Roma fino al 15 marzo del 44 a.C. (Idi di marzo), quando venne ucciso dagli oppositori in senato. Di lui ci sono rimaste due opere: i Commentarii de bello Gallico in sette libri più un libro composto dal luogotenente di Cesare, Aulo Irzio; i Commentarii de bello civili. Abbiamo testimonianza anche di alcune sue opere perdute: diverse orazioni (in un elogio funebre alla zia Giulia celebra la discendenza della gens Iulia da Iulo-Ascanio, figlio di Enea e Venere), un trattato su problemi di lingua e stile, il De analògia, e vari componimenti poetici. Del Corpus Caesarianum fanno parte anche altre opere spurie: il Bellum Alexandrinum, il Bellum Africum, il Bellum Hispaniense. 20.1 – Il commentarius come genere storiografico ▪ il termine commentarius (dal greco ὑπόμνημα) indicava un tipo di narrazione tra la raccolta dei materiali grezzi (es. appunti, rapporti, ecc.) e la loro rielaborazione in una forma artistica tipica della vera e propria storiografia → es. Silla ▪ Cesare intendeva inserirsi in questo filone → Cesare e Irzio nella prefazione al libro VIII del De bello Gallico parlano dei commentarii di Cesare come di opere composte per offrire il materiale su cui scrivere agli storici ▪ sotto una veste dimessa, il commentarius come era concepito da Cesare si avvicinava di più alla historia vera e propria ↓ drammatizzazione di alcune scene, il ricorso a discorsi diretti → nel drammatizzare evita gli effetti plateali e abbellimenti retorici eccessivi ▪ Cesare usa la terza persona singolare per distaccare il protagonista dall’emozionalità dell’ego e lo pone come personaggio autonomo nella storia 71 20.2 – Le campagne in Gallia nella narrazione di Cesare ▪ il De bello Gallico originariamente si chiamava C. Iuli Caesaris commentarii rerum gestarum → il riferimento alla campagna gallica sarà stato dato in seguito per distinguerlo dal De bello civile ▪ il contenuto dell’opera ricopre gli anni dal 58 al 52 a.C. - libro I: campagna contro gli Elvezi e il capo germanico Ariovisto - libro II: rivolta delle tribù galliche - libro III-V: spedizione verso diverse popolazioni galliche e germaniche + scontri coi Britanni - libro VI: campagna di sterminio e devastazione contro la Gallia Belgica - libro VII: scontri con Vercingetòrige ▪ secondo alcuni sarebbe stato scritto nell’inverno seguente alla fine degli scontri, quindi tra il 52 e il 51 a.C., secondo altri sarebbe stato scritto anno per anno durante gli inverni (periodo di sospensione delle operazioni militari) ↓ 1. contraddizioni nell’opera che non sono spiegabili se si presuppone una redazione in breve tempo 2. evoluzione stilistica → dallo stile scarno e disadorno proprio del genere ad un stile con alcune caratteristiche sempre maggiori tipiche della historia (discorsi diretti e ampliamento del lessico) ▪ la testimonianza di Irzio nella prefazione dell’VIII libro sulla rapidità di composizione dell’opera ci può far pensare che Cesare abbia redatto separatamente i resoconti delle varie campagne e li abbia poi riordinati e coordinati in poco tempo 20.3 – La narrazione della guerra civile ▪ il De bello civili si divide in tre libri, due per i fatti del 49 e uno per i fatti del 48, senza però giungere alla conclusione dei fatti → dubbio che abbia pubblicato l’opera da vivo, quindi opera incompiuta ▪ l’opera sarebbe stata composta tra il 47 e il 46 a.C. (se si pensa l’abbia pubblicata in vita) ▪ dall’opera affiorano le tendenze politiche di Cesare che non perde l’occasione di colpire la vecchia classe dirigente, rappresentata come una consorteria di corrotti → satira sobria ▪ la rappresentazione satirica culmina con la descrizione del campo pompeiano prima della battaglia di Farsalo → convinti di vincere, i pompeiani stabiliscono le pene da infliggere, si aggiudicano i beni dei vinti e si contendono le cariche politiche arrivando anche alle mani ▪ con quest’opera aspira a distruggere l’immagine di rivoluzionario che emergeva dalla propaganda aristocratica → si mostra come colui che si è sempre mantenuto nell’ambito delle leggi, da lui difese ▪ Cesare si rivolge principalmente allo strato medio e benpensante che vede nei pompeiani i difensori della costituzione repubblicana e della legalità e che teme sovvertimenti sociali ▪ Cesare poi cerca di rassicurare i ceti possidenti riguardo ai debiti della plebe e degli aristocratici → non attuerà alcuna cancellazione dei debiti ▪ Cesare insiste sulla costante volontà di pace (vs. controparte pompeiana che si rifiuta di giungere ad un accordo serio) e clemenza verso i vinti (vs. crudeltà dei nemici) ▪ Cesare celebra la fedeltà e il valore dei soldati, di cui contraccambia la fedeltà con affetto sincero 72 20.4 – La veridicità di Cesare e il problema della «deformazione storica» ▪ lo stile scarno e il rifiuto di abbellimenti retorici contribuiscono a conferire un tono apparentemente oggettivo e impassibile → sotto però vediamo interpretazioni tendenziose e deformazioni degli avvenimenti con fini di propaganda politica ▪ la connessione con la lotta politica è maggiore nel De bello civili che nel De bello Gallico, che non venne scritta come alcuni credono per appoggiare la seconda candidatura al consolato ▪ non abbiamo falsificazioni vistose, ma omissioni più o meno rilevanti e di un certo modo di rappresentare i rapporti tra i fatti ▪ il De bello Gallico mette in evidenza le esigenze difensive che hanno spinto Cesare a intraprendere la guerra → consuetudine dell’imperialismo romano di presentare le guerre di conquista come necessarie a proteggere lo stato romano e suoi alleati ▪ Cesare rassicura anche l’aristocrazia gallica promettendole la sua protezione dai ribelli che dietro agli ideali di indipendenza celano l’aspirazione alla tirannia ▪ sebbene in entrambe le opere mette in luce le proprie capacità di azione militare e politica, evita di alimentare l’alone carismatico intorno alla sua figura di generale ▪ la fortuna è un elemento spesso presente nella narrazione, anche se non come una divinità protettrice, ma più come una forza necessaria che spieghi i cambi repentini di situazione → cerca sempre di spiegare gli avvenimenti secondo cause umane e naturali seguendone la logica interna 20.5 – I continuatori di Cesare ▪ il luogotenente di Cesare Aulo Irzio compose il libro VIII del De bello gallico per congiungere la narrazione di quest’ultimo con quella del De bello civili + il Bellum Alexandrinum andamento più sobrio e scarno, più vicino alla tradizione del commentario rispetto a quello di Cesare ▪ il genere del commentario non era molto stabile e nei continuatori di Cesare vediamo diversi indirizzi di stile: patina arcaizzante, ricercatezze di stile accostate a un linguaggio popolareggiante e colloquiale 20.6 – Le teorie linguistiche di Cesare ▪ le orazioni di Cesare erano giudicate molto positivamente dagli antichi, tra cui Quintiliano e Tacito ▪ in un passo del Brutus Cicerone contrappone lo stile dei Commentarii a quello delle orazioni ▪ lo stile oratorio di Cesare probabilmente evitava le eccessività e i toni troppo sgargianti, preferendo un uso accorto degli ornamenta che comunque non rendeva il testo eccessivamente scarno e semplice caro agli atticisti ▪ Cesare viene visto da Cicerone come un purificatore della lingua nonostante le divergenze stilistiche 75 21.2 – La congiura di Catilina e il timore dei ceti subalterni ▪ Catilina, la cui congiura venne repressa da Cicerone nel 63 a.C., aveva intravisto la possibilità di creare una sorta di blocco sociale anti-senatorio composto dal proletariato urbano, dai ceti poveri, dai membri indebitati dell’aristocrazia e da masse più o meno ampie di schiavi Contenuto: - proemio - ritratto di Catilina, la cui personalità corrotta si staglia sulla generale decadenza dei costumi portata dall’accrescersi della potenza di Roma e al dilagare delle ricchezze → excursus - Catilina raggruppa intorno a sé diverse persone e continua i preparativi anche nel resto dell’Italia grazie ad un compagno, Manlio, che a Fiesole sta radunando un esercito - Catilina è sconfitto alle elezioni consolari e attenta alla vita di Cicerone - Cicerone accusa apertamente in senato Catilina che fugge da Roma e raggiunge il suo esercito - excursus sui motivi della degradazione e sulle condizioni che hanno favorito Catilina - Cicerone fa incarcerare i complici e il senato delibera sulla loro sorte → discorsi contrapposti di Cesare e Catone Uticense, il primo chiede una pena mite, il secondo la condanna a morte - confronto Cesare e Catone - i complici di Catilina vengono giustiziati e Catilina viene sconfitto e muore ▪ alla crisi e alla decadenza dei costumi di Roma dedica un excursus quasi all’inizio → archeologia sul modello tucidideo, in cui traccia una storia dell’ascesa e della decadenza di Roma ↓ il punto di svolto è rintracciato nella distruzione di Cartagine, a partire dalla quale secondo Sallustio è iniziato il decadimento della moralità romana ▪ Sallustio attribuisce un ruolo di rilievo nella figura del dittatore aristocratico Silla, fautore delle proscrizioni ▪ il secondo excursus collocato al centro dell’opera denuncia la degenerazione della politica romana da Silla alla guerra civile fra Cesare e Pompeo ↓ la condanna coinvolge tanto i populares quanto la nobilitas senatoria → da un lato promesse alla plebe per aizzarne l’emotività e farne il piedistallo per le proprie ambizione, dall’altro combattono solo per consolidare e ampliare privilegi privati ▪ condanna del «regime dei partiti» coerente con le aspettative che Sallustio ripone in Cesare ↓ ▪ Sallustio ripone fiducia nella figura di Cesare, che sperava creasse un regime autoritario che sapesse: 1. porre fine alla crisi dello stato ristabilendo la res publica e ricreando la concordia tra i ceti possidenti 2. restituire prestigio al senato ampliandolo con uomini nuovi dell’élite di tutta Italia → delusione quando fece entrare nel senato alcuni soldati del suo esercito 76 ▪ deformazione di Cesare che viene purificato da ogni contatto con i catilinari evitando la condanna della sua politica come capo dei populares → stacca il fenomeno catilinario dalla sana opposizione antiaristocratica e indica nella corruzione della gioventù la causa prima della congiura ↓ ▪ il discorso che Cesare pronuncia per sconsigliare la condanna a morte fa largo spazio a considerazioni legalitarie → non falsificazione totale, ma l’insistenza su tali tematiche è coerente con la propaganda cesariana (pax e clementia) degli ultimi anni e con l’ideale politico di Sallustio ▪ confronto dei ritratti di Cesare e Catone l’Uticense: - Cesare si caratterizza per liberalità, munificientia, misericordia, brama di gloria - Catone si caratterizza per integritas, severitas, innocentia ▪ Sallustio voleva affermare che entrambe le personalità fossero positive per lo stato romano e addirittura complementari → Catone è portatore dei fondamenti della res publica ▪ concentrandosi su Cesare e Catone non voleva denigrare Cicerone → la sua figura appare ridimensionata, visto che non è il politico che domina gli eventi grazie alla propria mente, ma un semplice magistrato che svolge il proprio dovere ▪ di un certo spessore è il ritratto di Catilina che acquista una grandezza malefica → tinte forti e contrastanti: da una parte un’energia indomabile, dall’altra la familiarità con ogni depravazione ↓ esigenza moralistica, quindi mentre lo descrive lo giudica ▪ indicando come causa la degenerazione morale della classe dirigente, Sallustio può evitare di rappresentare Catilina come conseguenza logica della crisi → sarebbe stata una sorta di giustificazione della rivolta ▪ dai discorsi di Catilina emergono le cause profonde della crisi che da tempo travaglia lo stato → pochi potenti che monopolizzano cariche e ricchezze + massa senza potere e coperta di debiti senza troppe speranze nel futuro 21.3 – Il Bellum Iugurthinum: Sallustio e l’opposizione antinobiliare ▪ la guerra contro Giugurta (111-105 a.C.) è presentata come la prima occasione in cui ci fu un’opposizione verso l’insolenza della nobilitas, considerata la responsabile della crisi dello stato ▪ Contenuto: - proemio e cause della guerra - excursus geografico e etnografico sull’Africa - Giugurta, dopo essersi impadronito ingiustamente del regno di Numidia, corruppe l’aristocrazia romana col denaro e concluse una pace vantaggiosa - excursus sul «regime dei partiti» a Roma - Metello ottiene dei successi e il suo luogotenente, Mario, va a Roma per candidarsi console - Tornato in Numidia col compito di terminare la guerra, modifica la composizione dell’esercito arruolando plebei - excursus sulla leggenda della città di Leptis - la guerra termina quando Bocco, re della Mauritania precedentemente alleato di Giugurta, consegna Giugurta ai Romani 77 ▪ rappresentazione della degenerazione della vita politica romana → l’opposizione antinobiliare rivendicava contro la nobilitas corrotta il merito dell’espansione e della difesa del prestigio di Roma ▪ al centro pone l’excursus sulla decadenza di Roma, la cui causa è individuata nel «regime dei partiti» (mos partium et factionum) che ha causato dilacerazione e rovina nella res publica il bersaglio qui è la nobilitas → es. la politica dei Gracchi non è condannata del tutto, ma solo nei suoi eccessi ▪ con l’intento di rappresentare la nobiltà come un blocco unico, trascura di parlare dell’ala dell’aristocrazia favorevole ad impegnarsi nella guerra, dell’ala più legata al mondo degli affari e dell’ala incline all’imperialismo espansionistico ▪ le linee di pensiero della politica dei populares traspare dai discorsi del tribuno Memmio (protesta contro la politica inconcludente della nobilitas) e di Mario (convince la plebe ad arruolarsi) → rappresentativi dei valori etico-politici dell’ala più democratica nella sua lotta contro la nobiltà ▪ Memmio invita il popolo a opporsi ai pauci, l’oligarchia dominante → tradimento degli interessi della res publica, dilapidazione di denaro pubblico, monopolizzazione di cariche e ricchezze ▪ Mario propone un nuovo tipo di aristocrazia basato sulla virtus, non basata sulla nascita, ma sui talenti di ciascuno → ripresa dei valori tradizionali che hanno reso grande Roma ▪ il discorso di Mario esprime le aspirazioni dell’élite italica ad una maggiore partecipazione al potere ▪ il giudizio su Mario da parte di Sallustio rimane ambivalente: 1. l’ammirazione per l’opposizione alla nobilitas è limitata dalla consapevolezza delle responsabilità di Mario nella guerra civile 2. la politica di arruolamento della plebe non sembra piacere a Sallustio → punto d’inizio per gli eserciti personali + inquinamento dell’aristocrazia della virtus ▪ Giugurta presenta come Catilina un ritratto contrastante: da una parte un’energia indomabile per cui prova quasi ammirazione, segno di virtus; dall’altro la corruzione della sua virtus ▪ a differenza di Catilina la sua personalità è rappresentata in evoluzione → la sua natura corrotta non è tale fin dall’inizio, lo diventa poi a causa di nobili e homines novi romani 80 81 CAP. 22: 43 a.C. – 17 d.C.: caratteri di un periodo 22.1 – Introduzione ▪ l’età augustea va dalla morte di Cesare e Cicerone (44/43 a.C.) alla morte di Ovidio (17 d.C.), tre anni dopo quella di Augusto (14 d.C.) ▪ il titolo di Augustus venne dato a Gaio Giulio Cesare Ottaviano solo nel 27 a.C. ▪ abbiamo documentati i rapporti tra i poeti e Augusto e il suo entourage → Virgilio e Orazio sono inserite nell’ambiente politico di Ottaviano grazie a Mecenate ▪ il tema delle opere composte tra la morte di Cesare e Azio è la «grande paura» → gli squilibri politici hanno investito anche le province e popolazioni di agricoltori finora estranei a questi cambiamenti ↓ memoria delle guerre civili, come nelle Georigiche, alla fine del primo libro di Properzio, nelle Odi di Orazio e nell’Eneide (guerra Troiani-Latini vista come guerra civile) ▪ Virgilio e Orazio sono vittime della crisi essendo figli di piccoli proprietari italici ▪ Ottaviano permette loro di svolgere in tranquillità la loro carriera poetica + si presenta come promessa di ordine e ricostruzione sociale (pax augustea), per cui però è necessaria un’ultima guerra civile contro Antonio (31 a.C. ad Azio) ▪ i nuovi poteri che Ottaviano assume su di sé annunciano una nuova stagione politica che vuole restaurare alcune tradizioni, ma che getta anche le basi per il principato ▪ non avveniva un vero e proprio controllo sulla letteratura → gli autori aderiscono spontaneamente alla partito di Ottaviano, anche se comunque si devono attenere ad un’«ideologia augustea» ⟹ cooperazione politico-culturale in cui i poeti hanno un ruolo attivo e individuale ▪ l’operato di Augusto verrà sancito nella veste che lui riteneva più adatta nelle Res gestae in cui vediamo un giovane che vendica la morte del padre adottivo e si scontra con la regina dell’Oriente alleatasi con Antonio ▪ la letteratura si sviluppa nella poesia con Virgilio, Orazio, Ovidio, Tibullo e Properzio; nella storiografia con Livio ≠ dall’oratoria che ormai viene percepita non più utile come un tempo visto il periodo di pace ▪ tra i letterati si crea una vera e propria volontà di competere con la Grecia classica → ogni testo poetico ha dei modelli che però non devono solo essere ripresi come accadeva in età repubblicana, ma devono essere rifatti, devono poter stare sullo stesso livello del modello stesso ↓ la letteratura greca è tutta viva e compresente nelle loro opere, non un unico modello L’ETÀ AUGUSTEA 82 ▪ Una matura consapevolezza letteraria: il sistema dei generi ▪ Lucrezio aveva cercato di dare un’organizzazione e un’architettura complessa alla sua opera → in età augustea l’attenzione per la struttura diventa ancor più importante ↓ la forma e la struttura del testo diventano uno strumento di significazione aggiuntivo con cui i poeti moderni mostrano di assumersi piena responsabilità verso la forma letteraria ▪ ≠ dai poeti alessandrini che avevano un ampio patrimonio letterario davanti ben suddiviso in generi e che quindi cercarono di travalicare i diversi generi acquisendo nuove possibilità espressive ↓ i neoteroi non avevano un materiale letterario sufficiente per mettere in atto la varietas (poikilia) ellenistica ▪ i poeti di età augustea lavorano in direzione opposta → operano una selezione, restringendo il campo tematico e delimitando i linguaggi, cercando dominanti intorno a cui costruire forme organiche di discorso letterario, ovvero generi (es. poesia teocritea diventa solo bucolica, la poesia elegiaca parla solo d’amore con il servitium amoris alla domina) ▪ i poeti di questo quarantennio furono mossi da un comune impegno di pianificazione culturale, anche se ciascuno con le proprie inclinazioni e preferenze → dichiarazioni di poetica e stile + recusationese polemiche ▪ per i poeti, con una nuova e più stabile coscienza dei compiti e dei fini della letteratura, nasce un nuovo stato culturale, quello del poeta vates → già con Lucrezio si era creata l’idea di un poeta impegnato e con Augusto cresce l’ideale del poeta utile ↓ ideale di poeta ispirato dalle cose e fortemente impegnato nella sua società (vs. neoteroi) ▪ Autenticità dei poeti e ideologia augustea ▪ l’ideologia augustea proponeva il modello della «repubblica dei contadini», incentrata su famiglia, proprietà terriera, opposizione agli influssi orientali, al lusso e alla licenziosità ▪ la dimensione del privato cresce e vengono trattati diversi temi “privati”: ricerca della saggezza, il passare del tempo, i piaceri, i ricordi, il senso della morte, il rapporto con la natura → sviluppo e fortuna del genere elegiaco, che proponeva un modello di vita ripiegato sul privato e lontano dai doveri e dalla partecipazione politica ↓ i poeti elegiaci evitano la forma dell’epica e l’esaltazione nazionale → recusatio ▪ l’ultima fase del regno di Augusto fu tempestosa → la poesia sembra ormai dividersi tra celebrativa o apolitica e disimpegnata ▪ figura cardine di questa fase è Ovidio, che si presenta come un distruttore → i generi da lui praticati lasciano la loro identità tradizionale elegia: non tratta più esclusivamente dell’amore, ma si adatta ad una società galante e cerca di dare dignità letteraria a una cultura modernizzante libera da moralismi e richiami alle origini → piaceri, spettacoli, lussi, libero amore 85 ▪ Il libro delle Egloghe ▪ il titolo Bucolica, «canti dei bovari», racchiude il tratto fondamentale del genere che rievoca uno sfondo pastorale in cui i pastori sono messi in scena come attori e creatori di poesia ▪ al singolare i componimenti vengono detti “egloga”, «poemetto scelto» ▪ immagini e temi pastorali non erano del tutto assenti nella letteratura latina, ma sicuramente è un tratto di originalità dedicare a tali temi un libro intero ▪ contenuti: - egloga I: dialogo fra Tirteo e Melibeo. Contrasto tra i due destini: il primo grazie a un giovane divino godrà la sua vita tranquillo, il secondo vagherà lontano senza possessi - egloga II: lamento d’amore del pastore Coridone che si strugge per il giovinetto Alessi - - egloga III: tenzone poetica tra due pastori svolta in canti alternati, quindi canto amebeo - - egloga IV: canto profetico per la nascita di un fanciullo che vedrà l’avvento di una nuova e felice stagione cosmica (età dell’oro) - - egloga V: lamento per la morte di Dafni, eroe pastorale divinizzato - - egloga VI: il vecchio Sileno, catturato da due giovani, canta alcune scene mitiche e naturalistiche in cui campeggia la consacrazione poetica del grande elegiaco Cornelio Gallo. L’egloga è preceduta da una dichiarazione di poetica, utile a introdurre la seconda metà - - egloga VII: Melibeo racconta una gara fra due poeti, i poeti arcadi Tirsi e Coridone - - egloga VIII: dedicata ad Asinio Pollione, è una gara di canto divisa in due storie di amore infelice: un lamento d’amore e le pratiche magiche di una donna - - egloga IX: dialogo fra due pastori-poeti con richiami alla realtà della campagna mantovana e alle espropriazioni seguite alle guerre civili - - egloga X: conforto del poeta bucolico Virgilio alle sofferenze d’amore del poeta elegiaco Cornelio Gallo ▪ abbiamo diversi parallelismi tra i carmi: - primo dedicato a Ottaviano, l’ultimo a Cornelio Gallo - i due posti centrali (V e VI) occupati da un’egloga che allude alla scomparsa di Giulio Cesare e da una che affronta questioni di poetica ▪ alcune egloghe sono concepite a coppia poste a distanza per creare varietà: - I e IX: riferimenti alla guerra civile in Italia - II e VIII: monologhi amorosi - III e VII: tenzoni poetiche - IV e VI: i due componenti meno pastorali anche se non particolarmente legate 86 ▪ I confini del genere bucolico ▪ il carattere miscellaneo di Teocrito aveva reso possibile la varietà di temi: città, poesie celebrative per occasioni storiche, re o protettori + varietà d’ambientazione (Sicilia, Grecia, Magna Grecia) ▪ Virgilio sfrutta queste aperture → da un lato riesce ad acclimatare le egloghe paesaggio italico a lui familiare, dall’altro fare accenni all’Arcadia, che con lui diventa la terra della poesia bucolica ▪ Virgilio alla componente bucolica aggiunge anche il libero riusco di spunti autobiografici → I e IX contengono un nucleo di esperienza personale (confische delle terre nel 42-41 a.C.) ↓ Virgilio secondo le fonti antiche era stato prima spossessato, poi reintegrato nella proprietà ad opera di personaggi influenti, tra cui forse anche Ottaviano stesso ▪ partendo dall’identificazione di Titiro con Virgilio (molto discutibile) commentatori antichi e moderni hanno visto dietro a tutte le figure del mondo pastorale una serie di allusioni storiche Virgilio quando vuole fare riferimenti alla storia non usa l’allegoria → es. presenza implicita di Ottaviano nella I egloga (seguente alle confische) e nella IV secondo alcuni Egloga IV ▪ già dall’esordio (paulo maiora canamus) il poeta fa intendere la volontà di andare oltre la sfera pastorale (che rimane a livello stilistico e di immagini) per cantare un grande evento ▪ il puer di cui parla l’egloga venne identificato in età tardoantica in Gesù → in realtà rispecchia le aspettative di rigenerazione tipiche dell’età di crisi tra Filippi (42) e Azio (31) (Orazio, epodo XVI) ▪ ben rintracciabili i filoni culturali dell’egloga: poesie in onore di nozze e nascite + fonti non poetiche (influssi filosofici e dottrine messianiche) ▪ secondo la maggioranza degli interpreti la figura deve avere un referente prossimo, magari fa riferimento a un bambino mai nato, es. matrimonio tra Antonio e Ottavia, sorella di Ottaviano Egloghe VI e X ▪ l’egloga VI vede Sileno fare rivelazioni che spaziano tra immagini mitologiche e cosmologia, anche se il centro è l’omaggio al poeta Cornelio Gallo ▪ Gallo torna come poeta d’amore nell’egloga X → ambiente bucolico, l’ambientazione in Arcadia e l’idea che la poesia possa medicare le pene d’amore avvicinando l’uomo alla natura ▪ in questa egloga Gallo rappresenta il canto elegiaco, che è anche una scelta di vita, e si rifugia nella poesia bucolica dell’amico → Virgilio vuole precisare la sua dimensione poetica ▪ la poesia diventa rifugio dai drammi dell’esistenza → la vita ritirata dei pastori ha caratteri epicurei ⟹ le passioni sono presenti, ma la poesia è un modo di superarle con l’armonia ▪ a fianco del poeta si intravedono figure di grandi protettori che rendono possibile la vita di otium del poeta: Pollione (egloga VIII) e Ottaviano → NB. non è presente Mecenate ≠ da Georgiche ▪ nella poesia bucolica il canto d’amore, che nell’elegia prevede il patimento di pene d’amore, diventa consolazione e riconciliazione con la natura 87 23.2 – Dalle Bucoliche alle Georgiche (38-26 a.C.) ▪ nel 38 a.C. (completate le Bucoliche) Virgilio ha un nuovo e influente protettore, Mecenate, nel cui circolo viene a far parte anche Orazio ▪ Mecenate non chiede nessuna partecipazione diretta alle fortune del partito di Ottaviano, anche se la sua influenza è evidente in una nuova generazione di poeti (Epodi di Orazio e Georgiche) ▪ nel 29 a.C. il poema era giunto ad uno stadio definitivo e fu recitato al principe che tornava vittorioso dalle campagne in Oriente contro Antonio e Cleopatra ▪ la durata così lunga della composizione è dovuta alla sua attenzione su ogni particolare e alla sua mania di correggere → le Georgiche presuppongono una certa ricchezza di lettura: poesia greca (Omero, tragici, alessandrini) e romana (Lucrezio, Catullo, ecc.), fonti tecniche in prosa e trattati filosofici ▪ il lungo processo compositivo è testimoniato anche dalle varie allusioni storiche nell’opera → alla fine del I libro si fa riferimento alle guerre civili, in altre parti si vede Ottaviano già come principe ▪ secondo una notizia riportata da Servio Virgilio avrebbe alterato il testo del poema sopprimendo una parte e sostituendola con la storia di Aristeo → suicidio dell’amico Cornelio Gallo nel 26 a.C. ↓ obiezioni: - se l’opera cominciò a circolare nel 29 è strano che questi versi siano scomparsi nel nulla senza lasciar traccia - l’epillio di Aristeo è lungo più di 200 versi; se il brano tolto fosse stato di tale lunghezza, cos’altro avrebbe contenuto il libro IV oltre alla lode di Gallo più probabile che ci fosse solo una citazione a Gallo (es. si parla dell’Egitto in riferimento alla bugonia, terra di Gallo) poi rimossa senza alterare tutta la struttura - la digressione su Aristeo non sembra posticcia o improvvisata e si collega perfettamente al resto dell’opera e al contesto 90 ▪ vediamo la formazione di due coppie all’interno dell’opera: - I e III: proemi lunghi con digressioni finali oscure, il primo tratta della guerra civile e il terzo della peste del Norico → orrori della storia e disastri della natura - II e IV: proemi brevi con digressioni finali felici, il secondo elogia la vita campestre (opposta alla guerra) e il quarto la rinascita delle api (opposta alla pestilenza) ▪ l’equilibrio creato dallo stile e la simmetria della struttura non nascondono inquietudini e conflitti: - la fatica dell’uomo è inviata dalla Provvidenza divina per una sorta di necessità cosmica (teodicea del lavoro), anche se l’ideale del contadino si richiama all’età dell’oro - la vita agreste semplice e laboriosa ha reso grande Roma, che è anche la città luogo di degenerazioni e conflitti ▪ La storia di Aristeo e Orfeo ▪ la digressione finale del IV libro ha carattere narrativo a differenze delle altre → introdotta come aition alla maniera alessandrina per la bugonia (nascita delle api da una carcassa di un bue) ▪ contenuto: Aristeo perde le sue api a causa di un’epidemia, che scopre essere stata causata come punizione per essere stato involontariamente la causa di morte di Euridice: la ragazza mentre sfuggiva dalle sue attenzioni viene morsa da un serpente. Un veggente narra poi la vicenda di Orfeo ad Aristeo: sceso nell’Ade aveva riportato in vita la moglie grazie al suo canto, ma poi per un errore (girarsi a guardarla) l’aveva persa per sempre. Da questo racconto Aristeo trae un insegnamento prezioso: obbedire alla volontà degli dei. Con un sacrificio di buoi (consigliatogli dagli dei) viene placata la maledizione e dalle carcasse si sviluppa la vita di nuove api. ▪ vediamo ripresa la tradizione dei racconti ad incastro (es. carme 64 di Catullo) → i due racconti non dovevano essere solo collegati, ma dovevano richiamarsi a vicenda attraverso sottili parallelismi il poeta e il contadino finiscono a lottare contro la morte, anche se con due esiti opposti: Orfeo fallisce, Aristeo ha successo grazie anche alla sua scrupolosa obbedienza, mancata ad Orfeo ▪ Virgilio invita il lettore a rintracciare un insegnamento dai due modelli di vita → la figura di Orfeo fonde insieme le grandi possibilità dell’uomo e il suo limite, ovvero vincere la morte vs. Aristeo che rappresenta la paziente lotta contro la natura e la tenace obbedienza ai precetti divini 23.4 – Dalle Georgiche all’Eneide ▪ l’esperienza delle Georgiche permette a Virgilio di pensare in grande senza abbandonare i requisiti della nuova poetica → il poema si misura con diversi temi, organizzati in continuità, senza rinunciare alla cura formale ▪ grazie alle Georgiche Virgilio approfondisce la natura soggettiva del suo stile → partecipazione soggettiva oppure si immerge nella prospettiva di altri soggetti, quindi descrive e narra senza rinunciare alle emozioni 91 23.5 – L’Eneide ▪ Omero e Augusto (I) ▪ la nuova epica non voleva continuare Ennio, ma sostituirlo → confronto diretto con Omero ▪ i dodici libri sono concepiti come risposta ai quarantotto dei due poemi omerici → brevitas ▪ i libri I-VI raccontano il viaggio di Enea da Cartagine alle sponde del Lazio con una digressione sulle vicende che hanno portato Enea da Troia a Cartagine; i libri VII-XII raccontano la guerra tra i Troiani e i Latini che si concluderà con la morte di Turno all’ultimo verso dell’opera → la prima metà è detta «odissiaca», la seconda «iliadica», anche ci sono influssi dell’Odissea nella seconda parte e influssi dell’Iliade nella prima ▪ le due storie epiche si presentano in Virgilio in sequenza rovesciata: prima i viaggi, poi la guerra → questo comporta anche un’inversione dei contenuti: - il viaggio di Enea non è un νόστος, ma un viaggio verso l’ignoto - la guerra non serve a distruggere, ma a costruire una città nuova → superamento di Omero ▪ trasformazione dei modelli omerici senza precedenti, anche se il riutilizzo delle due sequenze narrative dei poemi omerici era già stato fatto da Apollonio Rodio e Nevio ▪ contaminazione di Omero stesso → la vicenda di Enea si presenta come seguente all’Iliade e si riallaccia all’Odissea (es. Enea segue in parte l’itinerario di Odisseo) + si inserisce nel ciclo omerico ▪ la guerra nel Lazio è vista come «ripetizione» della guerra di Troia, anche se non è una ripresa passiva → i Troiani, sfavoriti all’inizio, riescono a vincere i Latini e Enea uccide Turno come Achille con Ettore, anche se poi la guerra ha fini diversi ▪ l’intento di Virgilio è quello di lodare Augusto partendo dai suoi antenati → il poema si distacca dal presente per una distanza cronologica ampissima, visto che secondo gli antichi trascorrevano circa 400 anni da Troia alla fondazione di Roma ↓ gli eventi sono trattati come storici, ma non fanno nemmeno parte della storia di Roma, riguardano il mondo omerico, che si trova a una distanza di circa un millennio dal presente (753+400) ▪ questo spostamento permette a Virgilio di guardare il mondo augusteo da lontano, spesso riportato in scena da scorci profetici che indirizzano la storia a favore di Augusto stesso ▪ la trattazione di eventi futuri era già presente anche nei poemi omerici: - nell’Iliade Zeus profetizza il destino degli eroi e la distruzione di Troia ∼ nell’Eneide Giove prevede non solo il destino di Enea, ma anche la grandezza di Augusto - nell’Odissea Odisseo scende negli inferi e ottiene uno scorcio del suo destino ∼ nell’Eneide Enea impara dal regno dei morti non solo il suo futuro, ma anche i grandi momenti della storia di Roma - nell’Iliade la descrizione dello scudo di Achille introduce una sorta di visione cosmica ∼ nell’Eneide la descrizione dello scudo di Enea coglie i momenti critici dello sviluppo di Roma ↓ difficile equilibrio tra epica eroica ed epica storico-celebrativa 92 ▪ La leggenda di Enea ▪ esistevano diverse leggende di fondazione legate alla guerra di Troia: eroi greci o troiani che giungevano in Lazio e fondavano nuove città → acquistò peso la leggenda di Enea ▪ in Omero la casata di Enea sembra destinata a regnare su Troia dopo la caduta di Priamo, anche se poi divenne popolare (anche arte figurativa) la fuga di Enea da Troia in fiamme con il padre Anchise sulle spalle → culto di Enea come eroe fondatore ▪ in questo modo il più nobile eroe troiano sarebbe stato connesso a Romolo, il fondatore della città → rivendicazione di una parità con i Greci ▪ la fortuna del mito aveva anche motivi politici: - i Troiani erano nemici dei Greci e da Roma sarebbe nata la loro rivincita - l’inimicizia tra Cartagine e Roma si collegava ad Enea attraverso Didone - attraverso la figura del figlio di Enea Iulo-Ascanio la gens Iulia rivendicava le sue nobili origini, casata di Cesare e Ottaviano ▪ contenuto: - libro I: Giunone non dimentica l’odio per il popolo troiano e provoca una tempesta che decima le navi di Enea costringendolo ad approdare in Africa presso Cartagine. La regina Didone chiede all’eroe di narrare la fine di Troia - libro II: Enea racconta la sua fuga dalla città col figlio, il padre e i Pensati (simbolo di continuità della stirpe), però gli viene strappata la moglie Creusa - libro III: partiti dalla Troade si accorgono che una nuova patria li aspetta in Occidente. Il racconto termina con la morte di Anchise dopo diverse peripezie - libro IV: tragica storia dell’amore di Didone, che viene abbandonata da Enea per la sua pietas del Fato assegnatogli. La regina decide di uccidersi e nel farlo maledice Enea e profetizza l’eterno odio tra Cartagine e i discendenti dei Troiani - libro V: giochi funebri in onore di Anchise in Sicilia - libro VI: Giunto a Cuma, Enea viene spinto a consultare la Sibilla e ad accedere al mondo dei morti. Qui incontra parte del suo passato, quindi Deifobo, Didonde, Palinuro e il padre Anchise che gli schiude il futuro. Il mondo dei morti cela anche gli eroi del futuro di Roma - libro VII: Enea sbarca alla foce del Tevere e instaura un patto con Latino che gli promette in sposa la figlia Lavinia. Il patto però è spezzato da un demone mandato da Giunone che induce la moglie di Latino e il principe rutulo Turno (promesso a Lavinia) a fomentare la guerra. Lavinia, configurandosi come nuova Elena, è al centro della discordia - libro VIII: Enea sotto consiglio divino risale il Tevere e trova l’appoggio di Evandro, re della piccola nazione di Arcadi. Insieme al figlio di Evandro, Pallante, Enea trova un alleato negli Etruschi sollevatisi contro Mezenzio, alleato di Turno. Dono di un’armatura vulcanica a Enea e descrizione dello scudo - libro IX: Turno e i suoi alleati italici ottengono qualche successo. Morte di Eurialo e Niso durante una spedizione nottura - libro X: Turno in singolar tenzone uccide Pallante e lo spoglia del bàlteo. Enea uccide Mezenzio 95 CAP. 24: Orazio Quinto Orazio Flacco nacque l’8 dicemebre del 65 a.C. a Venosa (tra Apulia e Lucania) da una famiglia modesta, figlio di un liberto. La sua condizione però non gli preclude la migliore educazione: compiuti i primi studi nella scuola locale, il padre lo porta a Roma. Attorno ai vent’anni compie il consueto viaggio in Grecia per perfezionare i propri studi: ad Atene approfondisce le sue conoscenze filosofiche grazie a filosofi peripatetici e accademici. Qui venne attratto dagli ideali di libertà dei repubblicani. La disfatta di Filippi pose fine alla sua carriera militare. Poté in seguito tornare a Roma grazie ad un’amnistia, ma senza più le proprietà paterne dovette diventare scriba quaestorius (segretario di un questore). In questo periodo inizia a scrivere versi venendo in contatto con alcuni poeti e letterati, tra cui Virgilio e Vario che lo introducono a Mecenate. Mecenate gli donò un podere in modo tale da dargli tranquillità economica e un rifugio dagli affanni della vita romana. Con Augusto fu in relazioni abbastanza strette, anche se, quando il principe gli chiese di diventare suo segretario, rifiutò. Morì il 27 novembre dell’8 a.C. Di Orazio abbiamo: gli Epodi, le Saturae o Sermones, le Carmina, le Epistulae e l’Ars poetica. Gli Epodi (30 a.C.) sono diciassette componimenti scritti negli anni 30 pubblicati insieme al secondo libro delle Satire. Il nome rimanda alla forma metrica: un verso più corto accostato ad un verso più lungo. Vediamo una gran varietà di metri e temi: carme proemiale, carmi di invettiva, epodi civili, un epodo gnomico, un elogia alla vita rustica Le Satire si compongono di due libri. Il primo libro (35-33 a.C.) dedicato a Mecenate contiene 10 componimenti, il secondo (30 a.C.) ne contiene 8. Gli argomenti sono vari: argomenti letterario- programmatici, alcuni vizi delle persone (incontentabilità, avarizia, adulterio), un diario di viaggio a Brindisi, riflessione sulla propria condizione sociale e sui rapporti con Mecenate, un mimo tra lui stesso e un seccatore, diverse satire dialogiche su diversi argomenti (es. poeta stesso e servo sul fatto che il saggio sia l’unico uomo libero, quattro vizi capitali e paradosso stoico per cui sono tutti pazzi tranne il filosofo) Le Odi sono una raccolta di tre libri (23 a.C.) in cui il componimento più antico è quello dedicato alla gioia per la morte di Cleopatra (30 a.C.). Importante anche il Carmen saeculare richiesto da Augusto per i ludi saeculares: invocazione agli dei (Apollo e Diana) perché assicurino prosperità a Roma. A questi tre libri ne aggiunse un IV dedicato alla poesia lirica. I metri usati sono vari. Il criterio di disposizione delle odi è la variatio sia dal punto di vista metrico-formale che da quello di tono e contenuto. Le odi raramente danno spazio a meditazioni o introspezioni: spesso hanno un’impostazione dialogica rivolte ad «tu» indefinito. Le Epistole (20 a.C.) sono una raccolta di 20 componimenti in esametri. La prima epistola è dedicata a Mecenate ed è una sorta di presentazione e giustificazione della nuova forma letteraria. Il II libro (forse postumo) contiene due lunghe epistole di argomento letterario: una critica l’ammirazione per i poeti arcaici e esamina lo sviluppo della letteratura latina, l’altra è un congedo dalla vita poetica con un quadro della vita quotidiana del letterato romano e una riflessione sulla ricerca della saggezza. Nel II libro alcuni fanno rientrare anche il trattato dell’Ars poetica, che in esametri espone fondamentalmente teorie peripatetiche sulla poesia. 96 24.1 – Gli Epodi come poesia dell’eccesso ▪ la poesia giambica sembra legata come specifica Orazio stesso alla fase giovanile → gli Epodi presentano un’immagine del poeta molto diversa da quella della tradizione (buon gusto, affabilità, cordialità, distacco dalle passioni, senso della misura) ▪ bisogna però tener conto quanto di questi componimenti si rifà alle regole del genere, all’imitazione dei modelli ▪ Orazio rivendica l’abilità versificatoria e il merito di aver trasferito in poesia latina i metri di Archiloco, ma rivendica anche la sua originalità → ha mutuato da Archiloco metri e ispirazione aggressiva, ma non i contenuti ▪ oltre a sottolineare il fatto che gli Epodi non sono traduzioni e che attinge a una realtà romana e personale, vuole forse anche segnalare alcune peculiarità della sua ispirazione l’aggressività di Orazio può rivolgersi solo contro bersagli minori (personaggi anonimi o fittizi), risultando a volte artificioso, letterario; es. epodo 10, in cui augura a Mevio di morire in un naufragio (modello ripreso da Archiloco), le cui minacce e maledizioni sembrano dette a vuoto ▪ ciononostante, lo spirito archilocheo sembrò ad Orazio opportuno per esprimere ansie, passioni, paure e indignazioni di tutta una generazione (es. epodo 4 con la rivoluzione romana o epodi sulla guerra civile) ▪ per influsso di Callimaco Orazio dovette sentire l’esigenza di varietà legata al genere giambico → agli Epodi sembra riservare la molteplicità di temi, toni e livelli stilistici che finora era stata propria del genere satirico → epodi erotici, idillio rustico ▪ anche se il linguaggio prevalentemente usato è teso e carico, indugiando anche su aspetti crudi e ripugnanti della realtà, la poesia giambica ospita a volte una dizione più sorvegliata 24. 2 – Le Satire ▪ Un genere tutto romano: Orazio e Lucilio ▪ Orazio, come Quintiliano in seguito, nei suoi componimenti programmatici riconosce come unico precedente letterario Lucilio, considerato l’inventore del genere → non viene considerato il precedente di Ennio ▪ a Lucilio risalivano gli elementi fondanti del genere, ovvero l’uso dell’esametro e l’aggressione personale, che viene ricollegata da Orazio alla commedia antica ▪ Lucilio secondo Orazio rappresentava la società contemporanea (specie la classe dirigente), anche se nella sua poesia c’era gran varietà di temi e interessi: polemiche letterarie, discussioni filosofiche, questioni linguistiche o grammaticali, conversazioni + elemento autobiografico → fatti, personaggi, osservazioni connessi alla vita personale 97 ▪ Satira e diatriba: la morale oraziana ▪ Orazio considerava la sua satira lucilliana perché da Lucilio aveva ereditato i due segni distintivi dell’aggressività e dell’autobiografia, anche se riconosce alcune differenze ▪ stile ⟹ critica la facilità di Lucilio ▪ forma e contenuti ⟹ il rapporto tra diatriba e aggressività non era ben chiaro, al contrario in Orazio è caratteristico un collegamento tra l’attacco personale (aggressività) e un’intenzione di ricerca morale (diatriba) ↓ ▪ al piacere dell’aggressione Orazio sostituisce l’esigenza di analizzare i vizi mediante l’osservazione critica e la rappresentazione comica delle persone (ricerca morale empirica) → non vuole dare un modello di virtù, ma solo individuare una strada per pochi (circolo di poeti, letterati e politici intorno a Mecenate) attraverso le storture della società ▪ Lucilio attaccava cittadini eminenti (della sua stessa condizione), Orazio non può essendo figlio di un liberto → per trarre un insegnamento dalla condotta degli altri non erano necessari bersagli di alto livello, bastava anche un piccolo mondo di irregolari (cortigiane, parassiti, artisti, imbroglioni, filosofi di strada, affaristi e popolo minuto) ▪ insegnamento del padre a evitare i vizi guardando quelli degli altri → la morale ha radici nell’educazione e nel buon senso tradizionale, ma si arricchisce con apporti delle filosofie ellenistiche, giunte ad Orazio attraverso la diatriba ▪ gli obiettivi di Orazio sono l’autàrkeia (autosufficienza interiore) e la metròtes (senso della misura) → concetti non propri di una sola dottrina, ma abbastanza traversali (stoici, cinici, epicurei) ▪ la morale del giusto mezzo era un concetto appartenente alla più antica saggezza greca ▪ l’epicureismo ha un peso specifico nella satira di Orazio → l’empirismo e il realismo della morale orazione non poteva che entrare in conflitto con lo stoicismo ↓ ▪ all’epicureismo si rifanno la satira 1,2 contro l’adulterio e soprattutto il rilievo che viene dato in tutta l’opera alla tematica dell’amicizia e alla rappresentazione di gruppi di amici → philia del sistema di pensiero epicureo ▪ la ricerca morale non è presente solo nelle satire costruite sul modello della diatriba (ovvero una una discussione su un problema morale), ma anche quelle in cui il poeta rappresenta, racconta, descrive un episodio o una situazione ↓ in questi casi l’interesse morale non è separabile dalla rappresentazione stessa ⟹ è come la lente attraverso cui il poeta osserva fatti e personaggi (es. satira del seccatore 1,9)