Scarica Sbobine complete Linguistica Generale LM Sintassi e più Sbobinature in PDF di Linguistica Generale solo su Docsity! 1 LINGUISTICA GENERALE Laurea Magistrale A. A. 2021/2022 Lezione 1 28/02/2022 In questa prima lezione del corso di linguistica prenderemo in considerazione la definizione di nozioni fondamentali che ci serviranno per parlare più specificatamente della sintassi. parleremo del concetto di Linguaggio e di Lingua e di Grammatica, che cos’è, come funziona, quali sono i moduli e la loro interazione. LINGUAGGIO La parola ‘linguaggio’, viene generalmente utilizzata per parlare di sistemi di trasmissione dell’informazione, che non sono necessariamente di tipo linguistico, possono essere sistemi non naturali o artificiali di varia natura. Nella linguistica la parola ‘linguaggio’ ha un significato molto specifico, possiamo definire ‘linguaggio’ come ‘un sistema mentale che permette di esprimere pensieri utilizzando un sistema di suoni’, ancora più essenzialmente il linguaggio è suoni associati a significati. La parola ‘suoni’ in questa definizione ha un significato più ampio di quello proprio: con ‘suoni’ intendiamo forme espressive, forme che esprimono dei significati. Nelle lingue naturali i significati sono comunemente e nella stragrande maggioranza dei casi, associate a dei suoni, quindi le lingue naturali sono prioritariamente lingue orali, però non è sempre così e per esempio le lingue dei segni, cioè le lingue utilizzate dalle persone sorde, come la LIS, lingua dei segni italiana, che è una lingua dei segni, utilizza non suoni ma movimenti e configurazioni delle mani, del viso per esprimere significati, quindi le lingue dei segni utilizzano il canale visivo invece del canale uditivo per la trasmissione dei significati e anche la scrittura, in quanto sistema costruito sulle lingue naturali è un modo per esprimere significati. Quindi i significati di un sistema linguistico possono essere espressi attraverso la scrittura, utilizzando segni grafici e non suoni, intendiamo la parola suoni come strumenti tipico e prioritario per esprimere significati, ma non in un senso esclusivo. Chiamiamo ‘facoltà del linguaggio’ quella naturale capacità che gli essere umani acquisiscono attraverso l’acquisizione linguistica e che sanno usare una volta che il processo di acquisizione è completato, è la capacità di associare pensieri, concetti a segni. La capacità in sostanza di costruire delle frasi, esprimere, realizzare delle frasi e comprendere delle frasi. La linguistica è lo studio scientifico di questa facoltà e dei prodotti di questa facoltà, è lo studio scientifico del linguaggio ma anche del modo in cui il linguaggio si esprime nella specie umana e nelle lingue naturali. Il concetto di lingua e linguaggio Ovviamente non sono la stessa cosa, in italiano abbiamo due parole diverse per esprimere due parti di questa area semantica, ci sono lingue come per esempio l’inglese in cui si usa una sola parola: ‘language’ per esprimere questi due significati diversi. In che cosa consiste questa distinzione? Consiste nel fatto che con ‘linguaggio’ noi ci riferiamo a un sistema mentale, a una proprietà, a una capacità che ha alcune caratteristiche: è esclusiva degli esseri umani (non ci sono altre specie in cui si osservi), è una facoltà biologicamente determinata, cioè noi ce l’abbiamo in quanto membri della specie, ogni individuo della specie umana ha questa potenziale capacità alla nascita e quindi è presente uniformemente in tutti gli individui, il che significa che ad esclusione di casi in cui ci siano delle patologie che impediscono il completo sviluppo e la completa maturazione, tutti gli individui sono dotati della facoltà del linguaggio. Che cosa sono le lingue? Le lingue, anche dette ‘lingue naturali’ l’aggettivo ‘naturali’ sottolinea che si tratta di una espressione di una facoltà biologicamente determinata. A volte le lingue sono chiamate anche lingue ‘storico-naturali’, indicando che le lingue sono espressione di una facoltà biologica naturali e che diventano poi un oggetto esterno alla mente degli individui e dei parlanti, che ha una propria autonomia e quindi le lingue possono essere anche osservate non dal punto di vista interno, ma anche da un punto di vista esterno, come degli oggetti che sono condivisi da comunità di parlanti. Le lingue sono le diverse forme in cui si realizza la facoltà del linguaggio. Da questo che cosa possiamo dedurre? Che cosa significa? Significa che le lingue sono diverse ma che la facoltà del linguaggio che sta alla base dell’esistenza delle lingue non è diversa nei vari individui della specie, riassumendo il linguaggio è uniforme, cioè è la stessa capacità mentale in tutti gli individui ed è innato, perché è una capacità naturale che abbiamo come dote biologica. Mentre le lingue sono diversificate e acquisite, è evidente che gli esseri umani non vengono al mondo avendo una conoscenza ed è evidente che acquisiscono una lingua che trovano nell’ambiente. Il fatto che un essere umano diventi capace di usare una lingua o più lingue, richiede un’esposizione a degli stimoli ambientali. Ma poiché sono la realizzazione di una facoltà uniforme, le lingue hanno caratteristiche fondamentali identiche, sono degli elementi di carattere universale e questa osservazione 2 si esprime, viene colta in quello che si chiama principio di uniformità del linguaggio, il quale dice che le caratteristiche fondamentali, essenziali (non le differenze superficiali e macroscopiche) le caratteristiche più profonde delle lingue, sono in realtà le stesse di tutte le lingue e questo dipende dal fatto che sono il prodotto, il frutto ovvero la messa in atto di una struttura mentale cognitiva che è la stessa in tutti gli esseri umani. Il principio di uniformità del linguaggio dice anche che le lingue non possono essere, aldilà delle differenze di superficie, non possono essere fondamentalmente diverse, neppure nella dimensione diacronica, quindi questo principio dice che da quando la facoltà del linguaggio è comparsa nella specie umana, datazione che non è possibile fare con precisione: ci sono opinioni e controversie su questo punto. Potremo dire che questa facoltà è comparsa nella specie intorno a 100.000-80.000 anni fa, sono delle speculazioni al momento attuale. Tuttavia quello che il principio di uniformità afferma che da quando è comparso nella specie umana, il linguaggio è sempre lo stesso, perciò delle lingue anche preistoriche che non hanno lasciato documentazioni (fondamentalmente documentazione scritta), le lingue dell’Homo sapiens, non sono per loro natura diverse dalle lingue moderne. Non ci sono lingue più avanzate, più arretrate, lingue più complesse o più semplici, più perfette o meno perfette. Oppure l’idea che si trova diffusamente affermata da parte di non specialisti che le lingue antiche fossero lingue più perfette e più complete delle lingue moderne è un’idea che non ha alcun fondamento. GRAMMATICA Vediamo adesso alcune cose essenziali di un concetto fondamentale nell’analisi linguistica, cioè il concetto di grammatica. La parola ‘grammatica’ è un po’ come la parola ‘linguaggio’, è usata nella lingua comune con significati diversi, si intende lo strumento di supporto all’apprendimento di una lingua. Un libro che possiamo utilizzare generalmente in quanto non parlanti nativi, possiamo usare per cercare delle informazioni relative al funzionamento di una lingua, questo è uno dei sensi, il significato più comunemente usato, anche riguardo a qualcosa di più astratto, conoscere le regole della grammatica del latino significa conoscere tutte le regole che permettono di costruire correttamente le frasi o di interpretarle correttamente. In linguistica questo significato è un significato secondario perché nella disciplina linguistica con grammatica si intende una descrizione che naturalmente è fatta sulla base di un’analisi, di uno studio che utilizza degli strumenti ben precisi. La grammatica è la descrizione del sistema di regole che è proprio di una data lingua. In linguistica, la parola ‘regole’ non ha un valore prescrittivo (no che qualcuno abbia stabilito una certa forma che si osserva nelle produzioni linguistiche dei parlanti di una data lingua è accettabile o meno). La regola non è indicare di usare il congiuntivo al posto dell’indicativo, la regola è l’osservazione di una regolarità. E’ qualcosa che riguarda il funzionamento di una lingua, la linguistica scientifica non ha un approccio prescrittivo (non dice cosa è giusto e cos'è sbagliato), la linguistica scientifica osserva e vede quali sono le regolarità esistenti in un certo sistema linguistico. La linguistica quindi, studiando, analizzando con gli strumenti che le sono propri, le diverse lingue e anche comparando i sistemi di regole osservabili nelle diverse lingue, arriva a dare una descrizione di questo funzionamento. Con la parola ‘grammatica’ si intende anche qualcosa di parallelo a questo, che è collocato in una dimensione diversa, cioè non ha una descrizione che i linguisti fanno e che magari generalmente poi scrivono, trasmettono al mondo scientifico attraverso libri e articoli. La grammatica è anche l’insieme delle conoscenze relative a una data lingua che sta nella testa dei parlanti e che permette ai parlanti di usare correttamente una data lingua, cioè di fare le frasi in maniera corretta, secondo quanto è proprio di una certa lingua e di capire le frasi che vengono pronunciate dagli altri, quindi ‘grammatica’ nel senso di competenza. La competenza linguistica, detta anche la competenza del parlante nativo è un insieme di conoscenze e di informazioni che sono mentalizzate, cioè che attraverso l’acquisizione linguistica. In genere l’acquisizione della prima lingua, anche se questa informazioni si può trasmettere e trasferire anche all’acquisizione della seconda lingua, in genere parliamo dell’acquisizione della prima lingua o delle prime lingue, nei casi molto frequenti i bambini siano esposti a stimoli provenienti da sistemi linguistici diversi. Questa competenza è una competenza in gran parte inconsapevole, cioè è una competenza che noi abbiamo come parlanti di una lingua perché la sappiamo mettere in atto, ma molto spesso non ne abbiamo consapevolezza. In realtà anche le persone istruite, scolarizzate riescono ad essere consapevoli delle regole, dei processi che noi mettiamo in atto nell’uso di una lingua, solo per una piccola parte, la stragrande maggioranza delle cose, delle informazioni e delle regole, avviene senza che noi ne abbiamo una consapevolezza. Questa competenza si chiama ‘grammatica’ o per essere più precisi, ‘grammatica mentale’, l’ideale dei linguisti sarebbe che la descrizione del sistema di regole che i linguisti fanno, corrispondesse il più possibile alla grammatica mentale. Vuol dire che i linguisti avrebbero colto completamente il proprio obiettivo, descrivendo una lingua dal punto di vista del parlante, comprendendo esattamente le regole. Non solo le regole nel senso di regolarità osservabili dall’esterno, ma comprendendo quali sono gli elementi essenziali che portano 5 dei legami di significato con la base ma è una parola diversa, questo tipo di morfologia si chiama ‘morfologia derivazionale’ la derivazione è quell’operazione morfologica per cui da una parola di base si forma un’altra parola, quindi per esempio il verbo lavorare, attraverso un’operazione di derivazione posso formare il nome lavoratore e così via. La morfologia però collabora anche con la morfosintassi, si parla infatti non più di morfologia lessicale ma di morfosintassi, in che senso collabora con la sintassi? La forma che le parole assumono nella frase, dipende anche dalla sintassi, cioè dal rapporto sintattico che le parole hanno nella frase, ovvero da come la combinazione delle parole ha costruito la frase, anche questo lo vedremo con più chiarezza più avanti, comunque guardando all’italiano la morfologia dell’italiano è quella che sta alla base della flessione, ovvero il fenomeno per cui le parole cambiano forma a seconda del ruolo che hanno nella frase. Un chiaro esempio di cosa sia la morfosintassi, ovvero di quale sia il ruolo della morfologia in relazione alla morfosintassi sono i fenomeni di accordo, per esempio in una lingua come l’italiano il soggetto della frase si accorda con il verbo, quindi dobbiamo dire ‘i gatti corrono’ e non possiamo dire ‘il gatto corrono’ perché non è una frase grammaticale in cui non è rispettato l’accordo di numero, questo semplicissimo dato mette in relazione la forma delle parole, quindi la morfologia con la sintassi. A questo punto abbiamo visto che quindi l’unità minima della sintassi, l’unità di base della sintassi sono le parole, nella prossima lezione vedremo qualcosa riguardo alle caratteristiche delle parole. Lezione 2 01/03/2022 In questa seconda lezione prenderemo in considerazione le unità minime della sintassi e cioè le parole. La sintassi agisce combinando le parole, il lessico è la parte del sistema linguistico, quindi della grammatica di ciascuna lingua naturale, che è maggiormente soggetta a variazione. Le lingue differiscono le une dalle altre, in parte per aspetti strutturali ma soprattutto per aspetti lessicali. Uno degli aspetti rispetto al quale le lingue si differenziano le une dalle altre è la struttura della parola, il modo in cui le parole vengono costruite, questo aspetto della variazione interlinguistica è chiamato tipologia morfologica, vedremo alcuni aspetti di questo punto di vista, in maniera molto sintetica. Vedremo poi che le parole hanno in realtà una struttura interna, sono analizzabili in unità più piccole e introdurremo il concetto di morfema, vedremo che ci sono diversi tipi di morfemi e vedremo anche che le parole ai fini della sintassi non sono tutte uguali, nel senso che ogni parola è diversa da tutte le altre e appartengono a tipi diversi, questo appartenere a tipi diversi condiziona in maniera molto chiara il funzionamento della sintassi, questa è una caratteristica che noi ritroviamo in tutte le lingue. Alcuni di questi tipi sono presenti in tutte le lingue del mondo, come i concetti di verbo e nome che sono concetti universali, per quanto riguarda altri tipi e altre categorie, l’universalità può non esserci ma in ogni caso vedremo l’appartenenza di una parola ad una certa categoria piuttosto che ad un’altra è ciò che condiziona il comportamento sintattico. Le categorie di parole sono chiamate anche ‘parti del discorso’, a questo fine vedremo che rispetto alle parole, ma anche rispetto ai morfemi, cioè alle sottoparti che costituiscono le parole, possiamo individuare due grandi classi, la classe degli elementi lessicali e la classe degli elementi funzionali e vedremo che queste due classi di parole/elementi (parole e morfemi) si comportano in maniera molto diversa soprattutto dal punto di vista sintattico. 6 PAROLA Il concetto di parola è intuitivo, nel senso che tutti i parlanti conoscono le parole della propria lingua, nel senso che sanno se una certa sequenza di suoni corrisponde o non corrisponde ad una parola possibile della propria lingua, sanno distinguere una sottoparte della parola (morfema) da un gruppo di parole. Quindi i parlanti hanno una conoscenza intuitiva di questo e non hanno dubbi o incertezze al riguardo, ciò nonostante la definizione di parola, cioè darne una definizione è difficile perché è un concetto sfuggente, perché la parola può essere vista da vari punti di vista, dei diversi moduli della grammatica, per cui si può dare una definizione di parola dal punto di vista sintattico, morfologico, fonologico, semantico. Non sempre o nella totalità dei casi queste definizioni coincidono, ci sono casi di non corrispondenza, come la parola italiana ‘tagliaerba’ che è una parola composta, cioè formata unendo due parole, a differenza della derivazione in cui si prende una parola e si aggiungono dei morfemi, la composizione prende due parole e le unisce, ‘tagliaerba’ è chiaramente un parola dal punto di vista morfologico e sintattico, è un’unità sotto questo due punti di vista e non è un’unità dal punto di vista fonologico, perché la sequenza ‘tagliaerba’ corrisponde alla sequenza della struttura ‘taglia l’erba’ in una frase come ‘Gianni taglia l’erba’ da un punto di vista prosodico, fondamentalmente corrisponde a due parole fonologiche. C’è poi un altro motivo per cui la definizione di parola non può essere esaustiva e cogliere esattamente tutti e solo i casi che corrispondono davvero a delle parole, un altro esempio di questo lo osserviamo nel confronto tra due espressioni, il verbo ‘scappare’ e l’espressione ‘tagliare la corda’ dal punto di vista del significato queste espressioni sono quasi sinonimiche, ‘tagliare la corda’ è un’espressione un po’ gergale ma il significato è quello di fuggire, sia ‘scappare’ che ‘tagliare la corda’ possiamo definire come due unità di significato, quindi anche la definizione semantica di parola non è sempre adeguata, cioè il fatto di definire una parola come un’unità di significato, è una definizione adeguata ma non sempre. In realtà ‘tagliare la corda’ è un’espressione idiomatica (idioms, in inglese), dove il termine ‘idioms’ indica un gruppo di parole che ha un significato non letterale, i parlanti in realtà non elaborano letteralmente il significato a meno che non si intenda tagliare la corda nel senso letterale del termine. Se si intende nel senso idiomatico, i parlanti codificano l’espressione perché la codificano, perchè ha un significato che non è prevedibile, perché non è dato dalla somma dei significati. Un qualcosa di particolarmente interessante, a noi quello che interessa è capire quali sono le caratteristiche delle parole che sono rilevanti per la sintassi, avendo premesso che la parola è l’unità minima della sintassi. La sintassi lavora nel costruire frasi combinando al livello più piccolo le parole, poi gruppi di parole e frasi. Quindi noi considereremo le parole dal punto di vista sintattico, sul lessico e quindi sulle parole delle lingue possiamo dire anche che c’è una variabilità notevole da una lingua all’altra, le caratteristiche delle parole cambiano in maniera piuttosto grossa nelle varie lingue, possiamo dire che il lessico è la parte delle lingue in cui risiede la massima variazione, le lingue si diversificano nella loro componente lessicale, si diversificano meno nella fonologia o nella morfologia. Naturalmente la diversificazione lessicale riguarda il significato, la forma fonologica e riguarda la struttura morfologica delle parole. Perché nel lessico, il lessico è la parte delle lingue in cui c’è la massima variazione interlinguistica? Il primo motivo è ovvio, è l’arbitrarietà del segno linguistico, il cui concetto è molto tradizionale nella linguistica moderna, è un concetto coniato da Jean Sossu (?) e indica che non vi è un rapporto di causalità tra la forma della parola (significante) e il significato, tra il significato e i suoni non c’è un rapporto di necessità, ovvero il significante non dice niente di caratteristiche del significato, il significante non è quello che è perché rispecchia delle proprietà del significato. L’arbitrarietà del segno linguistico è alla base del fatto che qualunque significato può essere espresso da qualunque significante, questo è molto evidente se si confrontano le lingue fra di loro, il significato della parola ‘cane’ è espresso in modo diversi nelle altre lingue (perro, chen, dog, hound) ‘cane’ avrà qualche migliaio di significanti nelle lingue del mondo. La caratteristica delle lingue di essere traducibili proprio grazie alla proprietà dell’arbitrarietà fa sì che le lingue siano sommamente diversificate. C’è poi un altro aspetto che riguarda le unità lessicali che è alla base della variazione interlinguistica e questo aspetto è la struttura interna delle parole, ovvero il modo in cui le parole vengono formate e il modo in cui nelle parole sono contenute informazioni che si aggiungono al significato lessicale, vero pieno, referenziale, cioè il significato che si riferisce a dei concetti esterni alla 7 grammatica, nelle lingue naturali, le parole e le frasi contengono oltre a dei significati che contengono dei concetti, contengono anche delle informazioni di tipo grammaticale (singolare, maschile, passato, etc.). Queste nozioni sono inserite all'interno delle parole o della frase in modi molto diversi da una lingua all’altra e questo è un aspetto macroscopico della variazione interlinguistica, a questo riguardo c’è una tradizionale classificazione che si chiama 'tipologia morfologica’ che raggruppa, suddivide le lingue in tre fondamentali tipi, cui poi più recentemente ne è stato aggiunto un altro, in quattro gruppi che sono dei tipi linguistici proprio in base al modo in cui costruiscono le parole. TIPI MORFOLOGICI DI LINGUA Il primo gruppo sono le lingue FUSIVE, come l’italiano, il greco, il latino, le lingue slave e in parte le lingue germaniche. Come sono fatte? Le lingue fusive hanno la maggior parte delle parole formate da più di un morfema, formate unendo delle sottoparti che sono chiamate morfemi. Le parole sono nella maggior parte dei casi polimorfemiche, ma la struttura interna della parola non è trasparente, bensì opaca, cioè non è possibile in molti casi individuare nella sequenza dove finisce un morfema e dove ne comincia un altro. Molto spesso, in uno stesso morfema sono contenuti più significati grammaticali. In italiano abbiamo il verbo parlare alla prima persona (parlo), parl- corrisponde al significato lessicale, è un morfema di tipo grammaticale, di tipo funzionale, qual'è il significato grammaticale che è portato da questa -o? E’ il significato di tempo presente, prima persona, etc. si tratta di più significati che sono rappresentati da un’unica desinenza, ecco perchè diciamo che la struttura interna è opaca, perchè possiamo distinguere la radice dalla desinenza, ma non possiamo far corrispondere parti costitutive della parola con significati grammaticali. Le lingue ISOLANTI sono lingue in cui le parole sono per la maggior parte dei casi monomorfemiche, sono forme libere, cioè ogni parola corrisponde ad un morfema e la flessione è inesistente. In realtà nessuna lingua è esattamente e completamente isolante, ma le lingue prevalentemente isolanti sono lingue in cui ci sono molte parole separate, alcune parole hanno un significato lessicale, altre hanno un significato grammaticale (a volte definite come ‘particelle’), sono delle parole nel senso che possono stare da sole, sono autonome e indipendenti, non devono necessariamente unirsi e non si uniscono ad altre parti. Un esempio classico di lingua isolante è il cinese, in questo esempio vediamo che wang è un moferma di tipo lessicale, che porta il significato di dimenticare non è all’infinito semplicemente si usa l’infinito per forma di citazione e il significato corrispondente alla radice italiana e le ta sono due particelle che esprimono un significato relativo al tempo, all’aspetto, in qualche modo è il significato di che corrisponda all’italiano al participio passato e il significato grammaticale relativo alla persona che è la terza persona che si riferisce al nome, quindi mentre wo indica la prima persona del verbo, quindi questo è un esempio di lingua isolante. Poi ci sono le lingue AGGLUTINANTI, un esempio classico di lingua agglutinante è il turco, sono lingue che hanno parole fatte da molti morfemi, tendenzialmente ma a differenza delle lingue fusive hanno una struttura interna trasparente = la sequenza di suoni che costituisce la parola può essere facilmente segmentata per individuare al suo interno le diverse parti che corrispondono a dei significati, generalmente significati grammaticali. 10 anche se va inteso in un modo più restrittivo, escludendo gli ausiliari, che sono una categoria a parte (a scuola vengono considerati allo stesso modo perchè hanno la flessione per tempo, modo, flessione, etc., sono la stessa cosa solo da un punto di vista morfologico). L’aggettivo come parte del discorso tradizionale è una categoria molto grande che include oggetti molto diversi tra loro, include i qualificativi, come i dimostrativi, chiamarlo allo stesso modo è una forzatura sotto vari punti di vista, semantico come sintattico. Guardando all’italiano, gli aggettivi propriamente detti stanno più spesso in posizione postnominale, ma anche dopo il nome. I dimostrativi possono stare solo in posizione prenominale, questa è una prima fondamentale differenza. C’è un’altra fondamentale differenza (in inglese tutti gli aggettivi stanno prima del nome), in italiano il dimostrativo ha la stessa distribuzione dell’articolo (il libro, questo libro, ma non il questo libro). Il e questo si escludono a vicenda come Dottor Jekyll e Mister Hyde, hanno la stessa distribuzione a sinistra del verbo (sono in distribuzione complementare) e si escludono a vicenda. Un indizio del fatto che due cose sono almeno ad un livello più astratto la stessa cosa, è se si escludono a vicenda, come i determinanti in questo caso. Categoria che include vari tipi di parole, i più comuni sono determinanti (articoli+dimostrativi), ausiliari (che non fanno gruppo assieme ai verbi) e congiunzioni (che sono introduttori di verbi). A metà fra le due colonne (che rappresentano le due categorie di parole: lessicali e funzionali). Le categorie lessicali costituiscono delle classi aperte, in cui si possono introdurre delle novità, questo non accade con le parole che fanno parte delle categorie funzionali (non aggiungiamo nuovi articoli, dimostrativi, ausiliari e congiunzioni). Il concetto di lessicale e funzionale fa riferimento al tipo di significato, le categorie lessicali hanno un significato referenziale, che fa riferimento a concetti esterni alla grammatica, mentre le categorie funzionali portano dei significati che fanno riferimento a dei concetti interni alla grammatica. Lezione 3 02/03/2022 Dopo aver parlato di parole ci occuperemo in questa lezione del rapporto tra le parole, tra il lessico e la sintassi. In particolare ci occuperemo della valenza, la valenza è il fenomeno per cui determinate caratteristiche lessicali influenzano la sintassi, cioè il lessico si proietta nella sintassi. Sono caratteristiche semantiche di alcune classi di parole che determinano certe proprietà della frase, la categoria di parole che maggiormente influenza la struttura della frase è quella del verbo, cominceremo quindi ad occuparci del verbo. Partiamo dalla ovvia considerazione che il significato dei verbi descrive un’azione oppure un processo o uno stato che quasi sempre coinvolge una o più entità, chi fa l’azione, chi la subisce, chi si trova a vivere uno stato, chi partecipa a un processo e così via. Le entità coinvolte dal significato del verbo si chiamano argomenti, naturalmente il termine argomento ha qui un significato tecnico. Il significato di questa parola nell’ambito della grammatica e della sintassi è un significato diverso da quello dell’uso comune. Si chiamano argomenti le entità che sono coinvolte da un dato verbo. Il numero di argomenti a cui un verbo si lega all’interno della frase dipende dalle caratteristiche del significato del verbo stesso: diversi verbi, diverso numero di argomenti. Ad esempio, il significato di una parola come ‘camminare’ coinvolge una sola entità, cioè l’individuo che cammina, noi diciamo che camminare 11 è un verbo che ha un argomento, al contrario ‘incontrare’ coinvolge necessariamente due entità, chi incontra chi o che cosa e quindi è un verbo che si lega a due argomenti e per la stessa ragione, un verbo come ‘regalare’ coinvolge tre entità: chi regala, ciò che viene regalato e chi riceve il regalo. Ci troviamo di fronte ad un verbo tri argomentale, la caratteristica per cui un verbo all’interno della frase instaura dei legami con gli argomenti, ossia con altre parole, gruppi di parole, pezzi della frase, questa caratteristica si chiama valenza. Naturalmente è ovvio che questo nome è una metafora, riprende la metafora della chimica in cui con valenza si intende il legame che si instaura tra atomi di elementi. La valenza di un verbo come regalare fa sì che questo verbo quando entra a far parte di una frase, perché la frase sia grammaticale, ben formata, deve trovare tre argomenti, tre entità, deve instaurare tre legami. Possiamo stabilire, rimanendo nella metafora chimica, che la valenza di questo verbo trivalente deve essere saturata da tre argomenti. Quindi ‘Gianni regalerà dei cioccolatini ai nonni per il loro anniversario’, gli argomenti coinvolti sono sottolineati, se io dico ‘Gianni regalerà dei cioccolatini per il loro anniversario’ è una frase agrammaticale, manca un pezzo, un legame che non è saturato, in fondo questa frase può essere grammaticale, solo se noi pronunciamo questa frase in un contesto di conversazione in cui si sta parlando di regali da fare ai nonni per l’anniversario. E quindi ‘Gianni regalerà dei cioccolatini’ è una frase possibile solo perché uno dei tre argomenti è sottinteso, è già stato inserito e attivato all’interno della frase. E’ uno di quei casi in cui una delle parti costitutive della frase può essere silente, ovvero presente anche se non realizzata attraverso suoni, per la stessa ragione la terza frase ‘Gianni regalerà ai nonni per il loro anniversario’ è francamente non grammaticale, qui è ancora più chiaro che manca un pezzo non costitutivo, che un legame non è stato saturato, né si può considerarlo sottinteso, per la precisione se ci troviamo in un contesto conversazionale in cui sono già stati menzionati dei cioccolati e quindi in qualche modo l’entità è attiva nel discorso, qui metteremo un pronome clitico, la frase sarebbe ‘Gianni li regalerà ai nonni per il loro anniversario’, questo ‘li’ è la realizzazione in suoni di uno dei tre argomenti di ‘regalare’. Notate che è, sempre per la stessa ragione, non grammaticale anche la frase successiva, Gianni regalerà dei cioccolatini dei fiori per il loro anniversario, se io qui metto un quarto argomento, la frase continua a non essere grammaticale perchè è come se volessimo inserire quattro argomenti per un verbo trivalente, ovvero inserire due argomenti al posto dell’argomento complemento, che può essere soltanto uno. Naturalmente la frase diverrebbe grammaticale se inserissimo una congiunzione, Gianni regalerà dei cioccolati e dei fiori ai nonni per il loro anniversario, in realtà qui la congiunzione inserisce una struttura diversa perchè è una forma ellittica fondamentalmente che sta al posto di Gianni regalerà dei cioccolatini e regalerà dei fiori ai nonni per il loro anniversario, è qualcosa che ha a che fare con la specifica natura delle congiunzioni coordinative, su cui non ci soffermiamo in questo momento. IL numero di legami, le proprietà di legami che i verbi possono instaurare all’interno della frase si chiama struttura argomentale, noi la struttura argomentale di un verbo come regalare la possiamo rappresentare ad esempio in questo modo, cioè possiamo mettere il verbo, l’unità lessicale e tre posti vuoti, tre posti disponibili a legami, uno prima del verbo che è la posizione dell’argomento soggetto diciamo e due dopo il verbo che sono la posizione dell’argomento complemento oggetto diretto e oggetto indiretto. In certi casi si può precisare ulteriormente la struttura argomentale stabilendo qual è la natura sintattica, stabilendo che classe di parola può occupare una certa posizione, possiamo dire che un verbo come regalare la prima posizione è occupata da un nome, ovvero un gruppo nominale, Gianni, il bambino, la seconda posizione è costituita da un gruppo nominale che realizza il complemento oggetto, per esempio i cioccolatini e la terza posizione è costituita da un gruppo preposizionale, è realizzata attraverso un nome che però è introdotto da una preposizione, in particolare dalla preposizione a. Vediamo un altro caso, il caso di un verbo come incontrare che è invece un verbo bivalente, biargomentale, notate che in questa frase Gianni incontra la ragazza in giardino, oltre ai due argomenti c’è una cosa in più che non è un argomento e non interferisce con le proprietà valenziali del verbo, nel caso di un verbo come incontrare la struttura argomentale è questa: _____incontrare_____ due posti liberi con due posizioni da saturare. L’ultimo esempio ci porta a definire, precisare una differenza fondamentale che esiste a proposito della valenza tra i costituenti della frase, cioè le frasi sono costituite da parole con struttura argomentale come i verbi e altre parole che instaurano con i verbi dei legami che sono argomenti, che dal punto di vista sintattico possono avere varie forme, ma poi c’è 12 anche qualcos’altro, nell’esempio precedente era in giardino, Gianni incontra la ragazza in giardino, questo porta a distinguere due tipi di costituenti che si possono trovare nelle frasi, gli argomenti e i circostanziali. Gli argomenti li abbiamo definiti: sono queste entità che devono essere presenti nella frase affinchè la valenza verbale sia correttamente saturata. Sono argomenti, entità coinvolte dal processo o azione descritta dal verbo e obbligatoriamente presenti, negli esempi che abbiamo visto prima sono argomenti Gianni, nonni, cioccolati, la ragazza e così via. I circostanziali sono unità aggiuntive, costituenti aggiuntivi della frase, possono essere una sola parola o un gruppo di parole, sono elementi costituenti che non sono richiesti dal verbo, cioè non sono obbligatori, negli esempi che abbiamo visto prima Gianni ha regalato ai nonni dei cioccolatini per il loro anniversario, per il loro anniversario completa il significato ma la sua presenza non è necessaria perché la frase sia grammaticale, nell’esempio con incontrare è un circostanziale il costituente in giardino. Riassumendo i circostanziali non sono un completamento necessario ed obbligatorio del verbo, mentre gli argomenti lo sono e la loro assenza non pregiudica la grammaticalità della frase, inoltre la presenza di un circostanziale non determina la grammaticalità della frase, anche se contribuisce al suo significato e quindi questo significa che non compensa la mancanza di un argomento, se un verbo è bivalente come incontrare e c’è un argomento come un soggetto il ragazzo e poi ci sono una serie di circostanziali, come in giardino, domani, alla solita ora, tutto questo non compensa l'assenza del secondo argomento che è indispensabile. SE io dico Gianni incontrerà domani in giardino alla solita ora la frase non è grammaticale. I circostanziali possono essere presenti quindi in un numero variabile, zero, uno, più d’uno e non prevedibile in base al tipo di verbo. Il numero dei circostanziali è libero e l’ultima caratteristica che differenzia i circostanziali dagli argomenti è il fatto che i circostanziali sono caratterizzati da una molto maggiore libertà di posizione nella frase rispetto agli argomenti, abbiamo già detto che l’italiano ha un ordine delle parole non totalmente rigido, quindi anche gli argomenti a seconda del tipo di verbi e di frase possono avere una certa libertà di posizione ma non è mai la libertà di posizione ampia, solo parzialmente ristretta e circoscritta che caratterizza gli argomenti. Questo lo vediamo molto chiaramente se prendiamo un verbo bivalente come GIanni incontra la ragazza, così confrontando il latino con l'italiano, il latino è una lingua in cui l’ordine delle parole non è determinante ai fini del significato dell'interpretazione della frase, invece l’italiano sì o almeno in certi casi, come la ragazza incontra Gianni e Gianni incontra la ragazza. Lo stesso non vale per i circostanziali, se Gianni incontra la ragazza in giardino tutti i pomeriggi, in giardini e tutti i pomeriggi sono due costituenti di tipo circostanziale e posso sistemarli liberamente all’interno della frase, Gianni incontra la ragazza in giardino la ragazza, oppure Tutti i pomeriggi Gianni incontra la ragazza in giardino, oppure Gianni tutti i pomeriggi incontra la ragazza in giardino, ci possono poi essere delle regole più specifiche delle lingue che stabiliscono un ordine preferenziale, basico, neutro, per cui a seconda del tipo di significato del circostanziale questo precede o segue altri circostanziali, c’è per esempio nelle lingue germaniche, nel tedesco nell’inglese una preferenza per un ordine di base che prevede che il circostanziale di tempo preceda quello di modo, che a sua volta preceda quello che esprime la causa e alla fine va il circostanziale di luogo, queste sono proprietà che non hanno a che fare con la struttura argomentale e poi è evidente se guardiamo ad altri tipi di circostanziali e guardiamo ad altre lingue che comunque la libertà è sempre molto maggiore nei circostanziali che non negli argomenti, va precisato anche una questione terminologica. Qui parliamo di argomenti e circostanziali, la definizione circostanziale caratterizza il tipo di significato che questi costituenti portano alla frase, cioè aggiungono, non sono le entità coinvolte e circostanziate, cioè precisano le condizioni temporali, di luogo, di modo, di causa etc. in cui l’evento descritto dal verbo ha luogo. I circostanziali in sintassi sono però anche chiamati aggiunti, vedremo più avanti perché, fondamentalmente perché si aggiungono ad una struttura sintattica di base che include il verbo e i suoi argomenti, quindi il gruppo verbo quello che si chiama sintagma verbale è costituito fondamentalmente dal verbo e dai suoi argomenti, gli altri elementi sono elementi aggiunti. Torneremo ampiamente e in dettaglio sugli aggiunti e sul loro rapporto con il resto della frase. Quindi, dette queste cose generali, possiamo osservare le proprietà di valenza dei verbi, facciamo esempi dall’italiano ma tenete conto che questi esempi potrebbero essere estesi alle altre lingue in modo sostanzialmente identico, l’esemplificazione la diamo sull’italiano ma questi concetti sono concetti che possono essere applicati a tutte le lingue. 15 Anche l’aggettivo può avere valenza, l’aggettivo dotato di struttura argomentale è generalmente un deverbale o comunque ha un rapporto di parallelismo con il verbo qui il verbo è desiderare e l’aggettivo è desideroso, l’aggettivo non può reggere un complemento oggetto, non posso dire il cane è desideroso affetto, i due argomenti sono messi assieme dall’aggettivo in una struttura che contiene anche una copula, l’ausiliare essere, qui c’è una copula, è vero che il cane è soggetto dell’ausiliare essere però è vero che quel ‘è’, essendo un ausiliare non è una parola lessicale e non ha struttura tematica, ciò che fa il cane è saturare la valenza dell’aggettivo e non dell’ausiliare, abbiamo a questo punto la possibilità di definire con chiarezza in cosa consiste la distinzione che abbiamo fatto tra parole di categoria lessicale e parole di categoria funzionale (tra i nomi, gli aggettivi, gli avverbi e gli ausiliari o i determinanti o le congiunzioni). Possiamo esprimere questa differenza che ‘altra abbiamo espresso facendo ricorso da una descrizione più generica, adesso possiamo essere più precisi, sono parole appartenenti alla categoria lessicale quelle che possono avere potenzialmente una valenza, tutti i nomi, indipendente che abbiamo una griglia argomentale o meno, tutti gli aggettivi, tutti i verbi. L’altra classe di parole che può avere, sia pure in un numero non molto esteso di casi è quello delle preposizioni, la preposizione su mette in relazione un significato locativo coinvolgendo due entità, dire che il libro è sul tavolo, significa mettere in relazione libro e tavolo, benché libro sia il soggetto che si accorda con l’ausiliare è è la preposizione che mette assieme i due argomenti, come la preposizione fra che mette in rapporto tre entità in un rapporto spaziale, definendo la locazione dell’una rispetto all’altra nello spazio. Questo è quello che ci servirà più avanti per descrivere aspetti della struttura della frase che dipendono da questa proprietà lessicale delle parole, cioè la struttura argomentale. Lezione 4 07/03/2022 In questa lezione prenderemo in esame la sintassi in un’ottica generale, esaminando alcune caratteristiche che la identificano come modulo della grammatica, per poi passare nelle prossime elzioni ad occuparci, di entrare nel vivo dell’argomento sintassi e a vedere come funziona la struttura delle frasi delle lingue. Le proprietà generali della sintassi, fra queste consideriamo: l’autonomia della sintassi alla semantica, la discretezza, la combinatorietà. L’autonomia della sintassi alla semantica significa che in linea generale la sintassi, ovvero la combinazione delle parole all’interno delle frasi risponde a principi che non sono i principi del significato linguistico. Vediamo più da vicino che cosa si può intendere e per fare questo diamo prima una definizione: esistono vari tipi di espressione linguistica, possiamo individuarne tre: l’enunciato, la proposizione e la frase. Quando in sintassi (preciso in sintassi perchè negli altri livelli dell'organizzazione della grammatica ‘enunciato’ può assumere dei significati diversi, per esempio in fonologia che con ‘enunciato’ si intende qualcosa di fondamentalmente diverso, in sintassi l’enunciato è una qualunque espressione dotata di un senso compiuto, che ha un senso complessivo che corrisponde ad un pensiero costruito, la forma degli enunciati può essere varia, quindi per esempio, se la risposta, se qualcuno dice ‘Mario dice ha comprato dieci gratta e vinci’ e qualcuno risponde ‘Mah’ questo ‘mah’ è un’espressione di senso compiuto che esprime critica e disapprovazione, non possiamo certo dire che ‘mah’ sia una frase o una proposizione. Non è neppure propriamente una parola che appartenga alle parole che abbiamo identificato come classi di parole, sarebbe, nella vecchia classificazione delle parti del discorso, ‘mah’ è un’interiezione. Dal punto di vista morfosintattico ‘mah’ non è nulla, però in questo preciso contesto, in risposta all’enunciato di un’altra persona, questo ‘mah’ ha un significato compiuto, come possiamo definire un enunciato ‘mah’ come una serie di parole dell’italiano che hanno un significato ma che non corrispondono ad una frase completa. Se qualcuno dice ‘Chi l’ha detto questo?’ ‘Il direttore’ ‘il direttore’ è un enunciato, in realtà è una frase ellittica, una frase in cui è sottintesa una parte, nella sua forma esplicita e non sottintesa quest’espressione, ‘il direttore’ è un sintagma nominale ma non è una frase, e poi naturalmente un enunciato può anche essere una vera e propria frase, come ‘Il cane di Francesa è nero con una macchia bianca’ è un enunciato, è anche una frase, ed è anche una proposizione. Che cos’è invece una proposizione? Quella di 16 proposizione è una nozione semantica, cioè che ha a che fare con il modulo della grammatica con quella parte della competenza linguistica che si occupa dei significati, è in connessione con la sintassi ma è diversa dalla sintassi, la proposzione è un’espressione di senso compiuto che ha un valore di verità, cioè questo vuol dire si può dire se è vera o falsa, ‘Il cane di Francesca è nero con una macchia bianca’ è una proposizione perchè sapendo chi è Francesca e sapendo di che colore è il suo cane, possiamo dire se questa affermazione è vera o falsa, c’è qualcos’altro che possiamo dire per definire una proposizione, possiamo dire che le proposizioni sono formate da un soggetto e da un predicato, sono i due ingredienti di questa struttura che ha un valore semantico compiuto. La nozione di soggetto e predicato è naturalmente nota a noi tutti, ma volendola precisare e riportare esattamente al concetto di proposizione possiamo dire che soggetto e predicato sono due concetti che stanno in un rapporto di reciprocità, cioè si definiscono a vicenda, recirprocamente, il soggetto lo possiamo definire come ciò su cui il predicato afferma qualcosa, se io ho lo frase ‘Il cane di Francesca è nero con una macchia bianca’ ‘è nero con una macchia bianca’ è il predicato e ‘il cane di Francesca’ è il soggetto e quindi definiamo il soggetto come ciò su cui il predicato afferma qualcosa e definiamo come predicato qualcosa che viene detto sul soggetto. Se vogliamo è una definizione circolare, ma questa circolarità corrisponde al fatto che questi sono i due ingredienti essenziali di una proposizione che sono quindi in un rapporto di reciproca necessità, il soggetto si definisce e per essere individuato ha bisogno di un predicato e viceversa. Che cos’è una frase? Mentre proposizione è una nozione semantica, quindi ha che fare con quella sfera della grammatica, frase è una nozione sintattica, fate attenzione che nella grammatica tradizionale frase e proposizione sono pressoché sinonimi, sono parole che vengono usate più o meno indifferentemente, diciamo che nella linguistica di tipo scientifico invece si preferisce distinguere questi due concetti anche se i due concetti possono coincidere, ma proposizione è più concetto dalal prospettiva semantica, frase è un concetto che ha validità semantica. Frase è un enunciato che è costituito da soggetto e da predicato, noi possiamo dire che contiene almeno soggetto e predicato, tra frase e proposizione c’è semplicemente una differenza di prospettiva, la frase è vista dal punto di vista della sintassi e questo determina delle differenze tra i due concetti, che adesso vedremo: proposizione e frase possono coincidere naturalmente, ma non necessariamente, quindi ‘Il cane di Francesca è nero con una macchia bianca’ è un enunciato, è una proposizione (posso dire se è vero o falso) ed è una frase (è una frase perfettamente formata, contiene un soggetto, un predicato ed altri elementi che possono essere presenti a seconda della griglia argomentale del verbo o delle parole che sono contenute nella frase). Quand’è che non coincidono? perché possono non coincidere? I motivi sono vari, il primo motivo è che adifferenza della proposizione la frase non ha necessariamente un valore di verità, non tutte le frasi sono tali che si possa dire se sono vere o false, per esempio ‘Il cane nero’ è una frase ed è anche una proposizione perché io posso dire, in riferimento ad un determinato cane, se la frase è vera o falsa. Ma ci sono molte altre forme di frasi, per cui il valore di verità non è più disponibile, per esempio nella frase interrogativa ‘Chi è arrivato?’ questa frase non ha un valore di verità, se una frase è un ordine o un consiglio che dò a qualcuno come ‘Non dimenticarti il pane’, questa frase non ha un valore di verità, eppure è una frase perfettamente ben formata. Quindi questo è un primo motivo, è un primo elemento di differenza tra il concetto semantico e il concetto sintattico, il secondo elemento di differenza sta nel fatto che frase e proposizione possono non corrispondere. Una proposizione, quindi un’espressione dotata di un significato con un valore di verità, può corrispondere a più di una frase. La frase ‘Gianni chiude la porta’ da un punto di vista semantico, descrive un evento dove c’è un agente (Gianni) che fa un’azione che si applica ad un secondo argomento del verbo chiudere che è coinvolto dall’azione descritta nel verbo. La stessa proposizione, che ha un valore di verità, perché io posso dire se è vero o no che Gianni chiude la porta, è espressa da una frase passiva, dalla corrispondenza nella frase passiva, ad esempio ‘La porta viene chiusa da Gianni’, qui siamo di fronte chiaramente a due frasi diverse, ma il significato proposizionale che è il significato semantico essenziale, in questo caso il tipo d’azione, l’agente e l’altro argomento su cui si applica l’azione è lo stesso, qui abbiamo una proposizione che corrisponde a due frasi possibili, possiamo aggiungere ‘La porta è chiusa da Gianni’ che corrisponde al medesimo significato, alla medesima proposizione, viceversa vale anche l’argomento inverso e cioè una frase può corrispondere a più di una proposizione, questo accade tipicamente quando la frase contiene degli elementi deittici, che sono parole che acquistano capacità di riferirsi a delle entità, a degli oggetti 17 extralinguistici che acquisiscono la capacità semantica referenziale solo all’interno del contesto in cui sono collocati, in sostanza il significato dei deittici si completa e si perfeziona all’interno della frase in cui sono collocati, per cui, in una frase come ‘Questo l’ha detto lui ieri’, questo, lui, ieri sono elementi deittici, sono tutte parole che possono fare riferimento a delle entità individuabili, che cosa è stato detto, chi l’ha detto, a che giorno corrisponde ieri, possono essere definiti solo in base ad un contesto conversazionale comunicativo in cui viene pronunciata la frase, quindi in effetti questa frase che è una frase grammaticalmente corretta può però corrispondere ad un numero indefinito di proposizioni diverse in cui ciascuna delle quali, i deittici possono acquistare un significato referenziale diverso. La differenza tra frase e proposizione e quindi il concetto di autonomia della sintassi dalla semantica può essere riportato alla distinzione tra due fondamentali concetti della linguistica, cioè il concetto di grammaticalità e il concetto di interpretabilità. La grammaticalità è la condizione per cui un’espressione linguistica (che può essere una frase o una cosa più piccola) è grammaticale, ossia che è e che i parlanti la riconoscono come aderente e rispondente ai principi e alle regole morfosintattiche di una data lingua, quindi se una frase è accettabile per la sintassi, cioè se una frase è grammaticale, vuol dire che questa frase rispetta le regole della sintassi di una data lingua. Invece il concetto di grammaticalità non si applica alla semantica, per la semantica invece è pertinente il concetto di interpretabilità, cioè una frase è accettabile per la semantica se questa frase è interpretabile, cioè se le può essere attribuito un significato, cioè se il parlante, l’ascoltatore o il lettore è in grado di attribuire a questa frase un significato, cioè di interpretarla. Da cosa si vede se le cose sono diverse? Possiamo prendere ad esempio degli estremi un po’ paradossali che servono a chiarire questa distinzione, il primo esempio non è paradossale ed è anche molto possibile, una frase che in italiano standard non è grammaticale: ‘C’è delle persone nell’ingresso’ questa frase è grammaticale in molte varietà regionali, come nel toscano dove se il soggetto sta dopo il verbo non si fa l’accordo, in fiorentino si dice ‘C’è delle persone nell’ingresso’. Tutti sappiamo che questa frase non è grammaticale nell'italiano standard, la prof stessa non la userebbe quando intende parlare in italiano, non di meno la frase è interpretabile, questa deviazione dalla grammaticalità non impedisce l’interpretazione della frase, negli esempi che seguono invece ci troviamo di fronte alla situazione opposta, ci troviamo di fronte a espressioni che sono frasi perfettamente grammaticali ma non sono interpretabili semanticamente, qual era la regione di questa non corrispondenza? Il primo esempio è la seguente frase ‘Il lonfo non guaterva ne fluisce e molto raramente barigatta’ che è tratta da una delle fanfole che sono composizioni diciamo così scherzose e ironicamente definite dall’autore metasemantica, dall’autore Fosco Maraini, che questa frase è perfetta per indicare ciò di cui stiamo parlando perchè questa frase contiene alcune parole dell’italiano, il, non, è, molto raramente, ma contiene anche quattro parole che non sono dell’italiano: lonfo, vaterca, gluisce, barigatta, il parlante italiano sa perfettamente però pur trovandosi di fronte a parole inesistenti che lonfo è un nome ed è un maschile singolare, mentre vaterca, gluisce e barigatta sono dei verbi, appartenenti alla prima coniugazione, si tratta della terza persona dell’indicativo presente mentre gluisce è la terza persona del verbo gluire che nessuno di noi ha mai sentito se non in questa composizione. Quest’espressione è un’espressione che un parlante nativo potrebbe perfettamente prendere per una frase reale, di cui però il parlante stesso non riesce a capire il significato perchè non conosco il significato di alcune parole. Quindi è una frase grammaticale ma non interpretabile, diverso è il caso invece di questo esempio tratto da Chomsky, di questa non corrispondenza tra sintassi e semantica ed è: ‘Colourless green ideas sleep furiously’ (idee verdi incolori dormono furiosamente) qui la situazione è diversa perché ci troviamo di fronte ad una frase costituita da parole reali ed esistenti e quindi individualmente interpretabili, ciascuna parola è dotata di un suo proprio significato, ma la frase non riesce ad acquistare un significato, il parlante ha difficoltà a far corrispondere un concetto o un insieme concettuale a questa frase, perché? Perché, pur essendo presente il significato di ogni parola, sono le relazioni in questo caso tra il significato delle parole che compongono la frase, le relazioni semantiche all’interno della frase non sono rispettate, che cos’è che non funziona? C'è il fatto che qualcosa che è incolore non può essere verde, c’è anche il fatto che il verbo sleep normalmente si unisce ad un soggetto animato, c’è un animale o una persona generalmente e anche il concetto di dormire e il concetto di furiosamente non si accordano da un punto di vista semantico perché furiosamente fa riferimento ad un’attività concitata, quindi ci sono tutta una serie del significato che sono contrastanti, al punto da rendere la frase nel suo complesso 20 le lingue naturali hanno come forma più tipica l’oralità e nell’oralità è indispensabile la sequenzialità: non posso dire tutte le parole assieme, el devo dire una dopo l’altra) e quindi nonostante le frasi sono fatte di parole messe in sequenza, la sintassi non funziona in base all’ordine sequenziale, ma in base alla struttura che sta dietro e al di sotto delle frasi: le parole dentro alla frase formano dei gruppi che si chiamano costituenti sintattici o sintagmi, come vedremo i parlanti hanno un’intuizione molto chiara di quali sono i gruppi che formano le parole. Hanno un’intuizione naturale in quanto ogni parlante, in quanto competente nella propria lingua, è competente nell’individuazione dei costituenti sintattici, come sappiamo la competenza non è consapevolezza o lo è solo in parte, quindi cerchiamo di capire da cosa vediamo che il linguaggio è indipendente dalla struttura. Naturalmente la costituenza, cioè la struttura, il modo in cui le parole sono raggruppate nella frase, determinano anche il significato della frase stessa, è la struttura che determina o che contribuisce a determinare il significato della frase e non la sequenza delle parole. Riassumendo, il significato di una frase dipende fondamentalmente da due cose: dal significato delle parole che lo compongono e dalle caratteristiche strutturali della frase, che sono appunto il modo in cui le parole sono raggruppate in costituenti, ai fini dei significato sintattico, l’ordine sequenziale non è pertinente. Apparentemente ci sono casi in cui le frasi sono sequenza di parole, dove se cambio l’ordine delle parole cambia anche la frase, se dico ‘Gianni guarda Maria’ e dico ‘Maria guarda Gianni’ ho invertito l’ordine sequenziale delle parole e ne vengono fuori due frasi diverse con due significati diversi. Naturalmente tutti sappiamo che non è così, se abbiamo una frase appena più complessa, dove invece di nomi propri abbiamo un nome con un articolo, l’inversione non funziona. Posso invertire l’ordine non delle parole ma dei gruppi che stanno all’interno della frase, il parlante prima individua con un’operazione non cosciente quali sono i gruppi e i gruppi sono la ragazza e il ragazzo che sono i due argomenti del verbo. Il fatto che la struttura sia ciò che conta e non la sequenza lineare diventa ancora più evidente nelle frasi ambigue. L’ambiguità è un concetto chiave della sintassi, se io vedo e non pronuncio questa frase ‘la vecchia porta la sbarra’ è ambigua perché ciascuna di queste parole può avere più di un significato perché a ciascuna. L’ambiguità può essere di due tipi se ho una frase come ‘la vecchia porta la sbarra’ ciascuna di queste parole può avere più di un significato, perchè ciascuna di queste forme può corrispondere a parole diverse, la è solo un articolo, vecchia può essere un aggettivo o porta un verbo, vecchia può essere un nome ad indicare un’anziana signora, sbarra può essere un verbo o un nome, la frase può essere che la vecchia porta sbarra la via, o la vecchia porta la sbarra. E’ un’ambiguità lessicale, interpretata nella maggior parte dei casi dalla fonologia, non è quello che ci interessa però, a noi qui interessa l’ambiguità strutturale. Tanto per alleggerire la discussione ci fa vedere una vignetta che si basa sull’ambiguità lessicale: va a prendere i suoi glasses e torna con due bicchieri di vino, anziché con gli occhiali. L’ambiguità strutturale ha a che fare con la dipendenza dalla struttura: Gianni guarda le ragazze con gli occhiali: qui la fonologia non interpreta, non pronuncio in due modi diversi, i significati sono due: Gianni guarda con gli occhiali le ragazze o Gianni guarde le ragazze con gli occhiali [=che portano gli occhiali], ‘con gli occhiali’ è un costituente, il parlante lo sa e se nella sua mente attribuisce questo con Gianni guarda la frase acquista un significato, se lo collega con le ragazze, acquista un altro significato. Si riporta il seguente cartello: Vendiamo letti per bambini con piedini di legno, qui l’ambiguità strutturale produce un effetto comico probabilmente involontario, acquistando un significato paradossale. 21 La dipendenza dalla struttura non è una proprietà che entra in gioco solo nell'interpretazione semantica delle frasi. Essa è una caratteristica della sintassi in un senso più generale, in quanto tutte le operazioni sintattiche dipendono dalla struttura, quindi non solo le operazioni semantiche dipendono dalla struttura, ma anche le operazioni sintattiche, cioè fanno riferimento ai costituenti che formano la frase, guardano cioè le parole e non come unità all’interno della sequenza ma come unità che formano gruppi all’interno della frase. Vediamo più precisamente come si manifesta questa proprietà, un tipo di fenomeni che manifestano chiaramente la dipendenza dalla struttura è quello dei movimenti sintattici, prenderemo più avanti nel corso ci occuperemo più in dettaglio dei movimenti sintattici, per il momento basta dire che nelle lingue si osservano dei fenomeni per cui determinate costituenti o parole all’interno della frase assumono una posizione diversa, vengono a spostarsi nella presenza lineare. Uno dei motivi per cui molte lingue manifestano il movimento sintattico è la costruzione delle frasi interrogative, le frasi interrogative in sostanza sono la trasformazione di frasi dichiarative. L’idea è che la forma di base sia una frase dichiarativa e che questa si può trasformare in una frase interrogativa e in molte lingue, tra cui ad esempio l’inglese ma non solo, questa trasformazione comporta il movimento dell’ausiliare, il movimento di un ausiliare se c’è o il movimento di un do se un altro ausiliare non è disponibile nella frase dichiarativa. Per ora è sufficiente dire queste, can eagles that fly swim? Le aquile che volano possono volare? diremo più naturalmente in italiano, il parlante sa che questa frase è la trasformazione di una frase dichiarativa, qual è la frase dichiarativa corrispondente? Il parlante sa che la frase dichiarativa corrispondente è eagles that fly can swim, per cui la frase dichiarativa è ottenuta attraverso il movimento dell’ausiliare can dalla sua posizione di ausiliare all’inizio della frase, il parlante sa che l’altra frase dichiarativa che contiene le stesse parole, per esempio la frase eagles than can fly swim che è una frase grammaticale in inglese non è la frase da cui per trasformazione si produce la frase interrogativa, come fa il parlante a sapere questo? Che la prima e non la seconda frase dichiarativa è quella che corrisponde alla frase interrogativa? Lo deve sapere per comprendere il significato della frase interrogativa che sarebbe diverso, il parlante elabora il significato perchè sa qual è la struttura dei costituenti all’interno delle due frase, sa che la prima frase ‘eagles that fly can swim’ sa che eagles that fly è un costituente, in sostanza è il soggetto ampliato attraverso la combinazione con una frase interrogativa e sa che la frase ‘eagles that can fly swim’ è un’altra frase possibile ma ha una struttura in costituenti diversi, quindi vediamo che l’ausiliare can nella prima frase è l’ausiliare del verbo principale, mentre nella seconda frase è l’ausiliare del verbo che fa parte della frase relativa che è l'ampliamento del soggetto, il parlante sa questo e quindi sa quali sono le frasi interrogative corrispondenti, la prima frase è quella in cui l’ausiliare can che è l’ausiliare del verbo principale si sposta all’inizio della frase e sa che la forma interrogativa della seconda frase dichiarativa si deve fare introducendo un ausiliare che non è presente nella frase dichiarativa, quindi do, eagles that can fly do swim, do eagles that can fly swim? In sostanza questo fenomeno che è un fenomeno molto comune in molte lingue del mondo si basa su una proprietà fondamentale delle lingue e del linguaggio cioè che la sintassi è dipendente dalla struttura, il parlante sa come sono raggruppate le parole all’interno della frase, lo sa inconsapevolmente, prevalentemente in modo inconsapevole. Vediamo un’altra manifestazione della dipendenza alla struttura che è il fenomeno dell’accordo, fenomeno per cui determinate parole all’interno frase seguendo regole che sono diverse da lingua a lingua condividono dei tratti e delle caratteristiche morfologiche e morfosintattiche, caratteristiche della flessione come il numero, il genere, la persona e quindi in italiano per esempio noi sappiamo che il soggetto determina l’accordo sul verbo, per quanto riguarda la persona e il numero, quindi se io ho un soggetto di terza persona singolare, un nome come la ragazza, il verbo si accorda alla terza persona singolare e quello che si osserva è che questo fenomeno non è un fenomeno che si riferisce all’ordine lineare, si potrebbe in prima battuta dire che la regola che sta alla base de la ragazza arriva, è che il nome che precede il verbo determina le caratteristiche del verbo. Questo è subito smentito dato che in italiano è possibile avere un ordine inverso di soggetto e verbo e l’accordo non è escluso e ancora più chiaramente vediamo che non è l’ordine lineare che determina l’accordo quando prendiamo una frase più complessa, come ‘la ragazza di cui mi hanno parlato i miei cugini arriva’ noi vediamo che la relazione che causa l’effetto dell’accordo non è l’adiacenza ma è una relazione sintattica diversa, quindi in questa frase non è ‘cugini’ che fa scattare l’accordo del verbo che gli sta accanto ma è il nome ‘la ragazza' che è più lontano, in realtà quello che sappiamo è che è 22 la relazione tra soggetto e verbo quella che determina l’accordo e quello che i parlanti sanno è che il soggetto può avere strutture, può formare costituenti di struttura diversa, infatti se in la ragazza arriva il soggetto è adiacente al verbo e fa scattare l’accordo, il nome che fa scattare l’accordo è adiacente al verbo, in la ragazza di cui mi hanno parlato i miei cugini arriva non è vicino ma fa scattare l’accordo comunque, tutto il materiale che sta tra ragazza e il verbo sono parole che fanno parte del costituente del soggetto, il parlate sa che la ragazza di cui mi hanno parlato i miei cugini è un costituente e quindi lo considera come un’unità ai fini dell'operazione sintattica dell’accordo. Lezione 5 08/03/2022 Ripartiamo dall'ultimo punto toccato nella lezione 4: la dipendenza dalla struttura. Il linguaggio è dipendente dalla struttura perché la sintassi, il modulo che si occupa di costruire le frasi, nel combinare le parole non costruisce semplicemente delle sequenza piatte costituite da tutte le parole che entrano a far parte della frase ma raggruppa le parole, forma dei gruppi, i costituenti i quali condizionano sia il significato della frase, determinano l'interpretazione semantica all’interno della frase, sia le operazioni semantiche che avvengono quando parliamo, trasformiamo le frasi dichiarative in interrogative e frasi attive in frasi passive. In questa lezione approfondiremo questo primo punto della sintassi: ci occuperemo della regola di combinazione sintattica, merge, che in innglese significa unire, fondere. La combinazione sintattica agisce in questo modo, prende due oggetti dove con due oggetti si ha come minimo un parola o una combinazione di parole e li accoppia e ripete successivamente questa operazione. Poi vedremo che regola merge in tal modo costruisce dei gruppi, i cosiddetti costituenti sintattici, detti sintagmi (sintagma o costituente sintattico sono sinonimi), vedremo anche come è possibile rappresentare la costituenza all’interno delle frasi, cioè far vedere quali sono i raggruppamenti, ci sono due modi e vedremo quali sono: le parentesi e gli alberi sintattici e infine vedremo come si possono individuare i sintagmi all’interno delle frasi. I parlanti nativi hanno delle intuizioni su quali sono i gruppi all’interno delle frasi, ma non è detto che la cosa sia ovvia e facile, quindi prenderemo in esame i cosiddetti test di costituenza. Come si formano i costituenti sintattici? Merge è una regola gerarchica, cioè che costruisce struttura, ovvero questo significa che le frasi non sono sequenza piatte, ma sono sequenze strutturate. Adesso, servendoci di una specie di lavagna, cerchiamo di capire che cosa vuol dire il concetto di costituente sintattico: prendiamo una frase come ‘Il ragazzo lava il pavimento con lo spazzolone’ allora si potrebbe dapprima nel tentativo di spiegare come sono costruite le frasi, si potrebbe partire da una prima ipotesi e vedere se funziona. La prima ipotesi è che semplicemente quando un parlante di una lingua, in questo caso dell’italiano, vuole costruire una frase, decide quali significati vuole inserire nella frase, va a cercare nel lessico quali sono le parole che corrispondono ai dati significati, dopodiché le mette in una sequenza e con un’operazione di combinazione che possiamo dire prende le parole tutte insieme. Volendo rappresentare questa operazione che prende le parole tutte insieme, potremo dire che possiamo rappresentare questa operazione con le parentesi quadre. Le parentesi quadre sono uno dei due modi con cui nella sintassi si rappresenta il contenuto di un costituente, quindi un costituente sintattico, se noi vogliamo esprimere il fatto che una certa sequenza di parole forma un costituente sintattico, la racchiudiamo tra parentesi quadre. Naturalmente la frase è un costituente sintattico. Questa rappresentazione: [il ragazzo lava il pavimento con lo spazzolone] non è un’operazione sbagliata, però è una rappresentazione incompleta, c’è un altro modo che si usa nella rappresentazione della struttura sintattica che è la cosiddetta rappresentazione ad albero. La rappresentazione ad albero è una rappresentazione in cui si disegna un albero immaginario che a differenza degli alberi normali ha la radice in alto e l’albero si ramifica, a che cosa serve l’albero? L’albero è un corrispettivo della rappresentazione con le parentesi, noi lo useremo prevalentemente con la rappresentazione ad albero, ci torneremo e faremo molti esercizi, gli alberi non sono il problema della sintassi, neanche la cosa più difficile da fare negli esami di linguistica e di sintassi anche se in genere incutono un certo terrore agli studenti. Imparerete a fare gli alberi senza grosse difficoltà. 25 Questa è la corrispondenza tra la rappresentazione parentesizzata e la rappresentazione ad albero, faremo molti esercizi su queste rappresentazioni, probabilmente siamo di fronte ad un modo di analizzare le frasi completamente nuovo ma le cose diventeranno semplici andando avanti, resta il fatto che possiamo fare domande su Classroom. Noi abbiamo fatto l’analisi della frase il ragazzo lava il pavimento con lo spazzolone basandoci su fatti di intuizione, abbiamo detto che il pavimento lo spazzolone e il ragazzo sono dei costituenti, poi abbiamo detto che ci sono dei costituenti più grandi, con lo spazzolone e poi ci ha detto che per il momento lava forma il costituente con il suo pavimento prima che con il soggetto, è una cosa che a prima vista può sembrare strana, diventerà chiaro presto. Oltre che fare appello all’intuizione che ci permette in una qualche misura di estrinsecare quella che è la conoscenza istintiva e inconsapevole della struttura sintattica, ci sono degli altri modi oggetti per analizzare dall’esterno e individuare dei criteri, questi criteri si chiamano test di costituenza.Quali sono i test di costituenza? Il primo test di costituenza è il test della frase scissa, che è un tipo di frase che costituisce una trasformazione di una frase semplice, di base, così come una frase dichiarativa è una frase di base di un’interrogativa, la frase dichiarativa è la frase semplice, quindi per esempio una frase come il ragazzo lava il pavimento con lo spazzolone può essere trasformata attraverso la scissione (modo di modificare la frase per focalizzare su uno dei costituenti della frase) posso dire è il ragazzo che lava il pavimento con lo spazzolone, è la frase scissa che porta questo tipo di informazione, sappiamo che qualcuno lava il pavimento con lo spazzolone, ma il parlante dice chi è, porta un’informazione nuova, la frase viene formata inserendo il costituente che ci interessa marcare come informazione nuova, lo inseriamo nel contesto voce del verbo essere e congiunzione è, allora perchè questa struttura che si usa comunemente tra le opzioni che la sintassi usa per segnalare il particolare valore informativo di un’informazione nuova. La frase scissa che si fa comunemente è un test di costituenza, solo un gruppo di parole che corrisponde ad un costituente può essere spostato tra il verbo essere e la congiunzione che. Quindi il ragazzo è un costituente, ma io posso anche dire, è con lo spazzolone che il ragazzo lava il pavimento e posso dire è il pavimento che il ragazzo lava con lo spazzolone, con lo spazzolone e il pavimento sono due costituenti. Un’altra precisazione che va fatta è ad esempio con questo test non viene colto il fatto che lo spazzolone è pure un costituente all’interno di con lo spazzolone, nonostante che lo spazzolone è un costituente non possiamo fare la frase scissa senza con. A volte i sintagmi preposizionali si comportano come dei costituenti non ulteriormente analizzabili al loro interno, rispetto ad alcuni dei test di costituenza, questo non significa necessariamente che lo spazzolone non è un costituente, i test di costituenza funzionano in una sola direzione, se un gruppo di parole analizzato con un test di costituenza risponde positivamente allora quel gruppo di parole è un costituente, se non si comporta come un costituente non è detto che lo sia, ma solo se non si può applicare il test. Se un gruppo di parole può essere scisso all'interno di una frase, vuol dire che quel gruppo di parole è un costituente, vediamo il secondo test di costituenza,k che è la possibilità di isolamento. Quando noi usiamo il linguaggio in situazioni comunicative e dialogiche è costante l’attenzione nell’evitare ripetizioni e ridondanze se per esempio posso usare un gruppo di parole isolatamente per esempio per rispondere ad una domanda invece di usare l’intera frase, vuol dire che questo gruppo di parole che si può isolare è un costituente, data la frase il ragazzo lava il pavimento con lo spazzolone, alla domanda Che fa? posso rispondere lava il pavimento, se qualcuno chiede Chi? posso rispondere il ragazzo e questo dimostra che il pavimento e il ragazzo sono due 26 costituenti, come nel caso della frase scissa il test non coglie che lo spazzolone è un costituente all’interno di con lo spazzolone, questa struttura interna è come se sparisse di fronte al test dell’isolante se qualcuno chiede Con che cosa? io non posso dire ‘lo spazzolone’ ma devo mettere il con davanti. Il terzo test che si può utilizzare è quello della non inseribilità, dice che fondamentalmente io non posso inserire un costituente all’interno di un costituente, io non posso spezzare un costituente, sempre riprendendo la solita frase io in questa frase ho aggiunto ogni giorno, che è un circostanziale, un aggiunto che come tale può stare in posizioni diverse nella frase, posso dire: il ragazzo ogni giorno lava il pavimento con lo spazzolone il ragazzo lava ogni giorno il pavimento con lo spazzolone il ragazzo lava il pavimento ogni giorno con lo spazzolone ogni giorno il ragazzo lava il pavimento con lo spazzolone tutte queste quattro frasi sono tutte perfettamente grammaticali, io non posso dire il ogni giorno ragazzo lava il pavimento con lo spazzolone etc. quindi il fatto che un costituente non può essere spezzato dimostra che quello è un costituente, un altro test è la cosiddetta sostituzione con una proforma, proforma è un termine tecnico che si usa invece di pronome, termine usato nell’analisi grammaticale per riferirsi ad una parola che sta al posto di qualcos'altro, nonostante pronome abbia un significato trasparente, in realtà nella descrizione grammaticale scolastica si chiamano pronomi anche cose che stanno al posto dei nomi, se una dice come vai domani a Roma? Ci vado in treno, dove ci sta al posto di a Roma, dove a Roma non è un nome ma un gruppo preposizionale, ci è un pronome, per usare le parole in modo più preciso chiamiamo le parole che stanno al posto di qualcos’altro come proforma, è una locuzione, un’espressione che sta al posto di qualcos’altro. Se sta al posto di un nome lo possiamo chiamare pronome, ma se non ci sta non lo possiamo chiamare pronome, allora che cosa è la sostituzione con una proforma? Che cosa c’entra con la costitutenza? C’entra che noi possiamo costituire con una proforma un gruppo di parole se questo gruppo di parole è un costituente, quindi lui lava il pavimento invece di il ragazzo, ci fa capire che il ragazzo è un costituente, ma anche il ragazzo lo lava e lo sta al posto del pavimento, è una proforma, ci lava il pavimento, inteso come con lo spazzolone lava il pavimento, è una proforma ma non un pronome in senso proprio, ci sono poi anche delle proforme più complesse, che possiamo anche aggiungere e dire che per esempio ci può essere la proforma il ragazzo lo fa ogni giorno, dove lo fa è una locuzione che sostituisce lava il pavimento con lo spazzolone, il ragazzo è molto accurato e lo fa ogni giorno. Un altro test di costituenza è il test dell’ellissi, è il test che ci fa capire che solo un gruppo che corrisponde ad un costituente può essere cancellato in espressioni ellittiche. Che cosa sono le espressioni ellittiche? Le ellissi sono strutture che si usano molto nella comunicazione linguistica per evitare le ripetizioni e le ridondanze, posso dire mi piacerebbe andare a passeggiare ma non si può andare a passeggiare, è una frase che funziona molto male e che nessun parlante nativo la direbbe, escludendo che voglia dare un’enfasi particolare, non diremmo mi piacerebbe andare a passeggiare ma non si può andare a passeggiare, diremmo invece mi piacerebbe andare a passeggiare ma non si può. Mi piacerebbe andare a passeggiare ma non si può è una struttura ellittica dove cioè manca un pezzo, il pezzo cancellato è quello che ci interessa dal punto di vista del test di costituenza che ci dimostra che quello lì è il costituente. Prendiamo in considerazione l’ultimo test di costituenza, quello della coordinazione che non serve a capire solo se un gruppo di parole è un costituente ma anche se due gruppi di parole appartengono alla stessa categoria, se sono dello stesso tipo. Questi sono tipi di costituenti la cui parola principale appartiene ad un categoria, che cosa dice il test di coordinazione? Dice che possono coordinare due pezzi solo se costituenti e solo se sono dello stesso tipo, posso dire il ragazzo lava il pavimento e lucida le maniglie, mi fa capire che lava il pavimento è un costituente, è la risposta ad un quesito lasciato aperto all'inizio, questa frase mi fa capire che lava si unisce al pavimento prima e poi si unisce al ragazzo, poi mi fa capire che lava il pavimento e lucida le maniglie mi fa capire che sono due gruppi che sono costituiti da un verbo, due sintagmi verbali consistenti nel verbo e nel complemento oggetto, posso dire il ragazzo lava il pavimento e le maniglie e qui quello che coordino sono i due sintagmi nominali, posso anche dire il ragazzo lava il pavimento con los spazzolone e con lo straccio, si tratta di due sintagmi preposizionali, posso anche dire il ragazzo lava il pavimento con lo spazzolone e lo straccio coordino lo spazzolone e lo straccio e poi li aggiungo al sintagma 27 preposizionale, questo significa che a differenza di altri test visti prima che non riuscivano a isolare lo spazzolone dentro ad un costituente più grande, il test della coordinazione ci riesce fa vedere che il costituente è un costituente dentro al costituente più grande. Ci fermiamo qua e ci invita a fare gli esercizi sul manuale di Cecchetto a pagina 21 e 22, sul libro ci sono anche le soluzioni, provate a fare gli esercizi, confrontate le soluzioni trovate sul libro e se abbiamo dubbi, li inseriamo su Classroom. Lezione 6 08/03/2022 ARGOMENTI LEZIONE:costituenti sintattici, perchè la costituente può causare l’ambiguità, quale è il rapporto tra interpretazione semantica e struttura dei costituenti. perché la struttura sintattica delle frasi è una struttura gerarchica? perché nelle frasi c’è una struttura e non una sequenza piatta di parole? come è fatto un costituente? Questione ambiguità: (riferimento all’esempio della frase del manuale “Maria ha parlato con un amico di Gianni), questa frase è ambigua perché ha due possibili interpretazioni: Maria ha parlato con un amico a proposito di Gianni oppure Maria ha parlato con un amico di Gianni. Come la presenza di due possibili diverse interpretazioni della frase sono riconducibili alla struttura sintattica? e come possiamo rappresentare questo fatto? lo possiamo rappresentare ricorrendo all’utilizzo delle parentesi quadre: Maria ha parlato [con un amico] [di Gianni] > [ [un amico] [di Gianni] ]. all’interno di questa frase è evidente che le parole “un amico” e “di gianni” formano dei gruppi e quindi sono due costituenti ma possiamo anche unire questi due costituenti racchiudendo tra due parentesi quadre, poi cancellando le parentesi interne abbiamo l’ultima struttura dove abbiamo il verbo parlare e poi “con un amico di Gianni”, formando un gruppo unitario. Mentre le parentesi che separano “con un amico” e “di Gianni”, danno luogo alla possibile seconda interpretazione, Maria ha parlato con una persona a proposito di Gianni. Questa rappresentazione fatta con le parentesi corrispondono poi ai risultati non solo alle nostre intuizioni di parlanti ma anche dei test di costituenza, per esempio io posso applicare il testo della frase scissa e quindi questo testo con la frase “Maria ha parlato con una persona che è un amico di Gianni” io posso dire “è con un amico di Gianni che Maria ha parlato”, mentre se l’interpretazione è “Maria ha parlato con qualcuno a proposito di Gianni” posso dire “è di Gianni che Maria ha parlato con un amico”, è evidente che il testo della frase scissa produce risultati diversi a seconda della struttura sintattica di partenza, non possiamo avere la stessa frase scissa a partire da due strutture sintattiche diverse come quelle che abbiamo appena visto. Adesso prendiamo in considerazione un’altra frase sempre per continuare con il tipo di osservazione che stiamo facendo, cioè su come si determina la costituenza all’interno delle frasi, una frase come: E’ importante rileggere il documento con attenzione entro domani, tralasciamo la frase principale all’interno di questa espressione e consideriamo solo la frase infinitiva con un verbo non flesso e una serie di altri elementi. Di nuovo l’intuizione ci dice che in questa sequenza individuiamo dei gruppi: il documento è un gruppo, come con attenzione e entro domani a nessuno verrebbe in mente di pensare che documento con sia un costituente e questa di nuovo è un’intuizione naturale e spontanea, quello che vediamo è che la frase contiene diversi costituenti e che ogni costituente è contenuto in un costituente più grande. Qui facciamo un passo avanti rispetto alla prima osservazione intuitiva che ci dice che il documento,con attenzione e entro domani sono sicuramente tre gruppi, possiamo osservare che questi gruppi si uniscono a formare più gruppi, con una struttura definita a matrioska come le bambole che stanno l’una dentro l’altra, si parla di una struttura ricorsiva anche se non tendente all’infinito. Come possiamo dimostrare la struttura ricorsiva? La possiamo dimostrare con i test di costituenza, prendo in esame il testo della sostituzione con la proforma, in un caso sarà il pronome e in un altro la perifrasi con il verbo fare, la struttura in cui si utilizza il verbo fare che ha valore di proforma e poi vedremo che insieme con la sostituzione della proforma va di pari passo il test dell'ellissi e della frase scissa. Vediamo cosa viene fuori da questi test con il testo sottolineato della frase: E’ importante rileggere il documento con attenzione entro domani 30 phrase sono le sigle corrispondenti alle categorie e useremo queste abbreviazioni inglese perchè così si fa sul manuale su cui noi dobbiamo studiare, per evitare di usare sigle differenti che possono fare confusione, adotteremo le abbreviazioni inglese. Il sintagma nominale lo chiameremo NP, è un sintagma che ha il nome come testa, come possiamo capire quando il costituente è formato da più parole, come possiamo capire qual è il gruppo che corrisponde al sintagma nominale, quali altre parole insieme al nome stanno dentro a questo costituente? Partiamo prendendo come esempio una frase semplicissima come Gianni dorme, questa frase formata da esattamente un nome ed esattamente un verbo, non ho dubbi sul fatto che il sintagma nominale corrisponde al nome, bisogna però dire che i casi come questo in cui il sintagma nominale è costituito dal solo nome non sono molto frequenti nelle frasi comuni, casi come questo sono limitati, in italiano, in cui il sintagma nominale è nudo (bear noun phrase, costituito dalla sola testa senza altri ingredienti) questi casi non sono molto frequenti, tranne il caso del nome proprio, nella maggior parte dei casi il nome va insieme a qualcos’altro, tipicamente va assieme a un articolo, quindi che cosa possiamo osservare? Possiamo osservare che se noi lasciamo immutata la parte verbale di questa frase io posso dire Gianni dorme ma posso sostituire il nome che chiaramente è una testa nominale con una sequenza diversa, per esempio posso sostituirla con una sequenza di tipo nominale, con un pronome cioè, di nuovo, vi ricordate di quando abbiamo parlato delle parti del discorso? Abbiamo detto che non ci interessa da un punto di vista sintattico distinguere tra una categoria pronome e una categoria nome perché da un punto di vista sintattico (e non morfologico) sono la stessa cosa, io li posso scambiare all’interno di una frase: posso dire Gianni dorme, lui dorme e la frase resta perfettamente grammaticale ma anche formata da costituenti interscambiabili, della stessa natura così come posso sostituire il nome proprio con un pronome (struttura tipica più presente), così posso sostituire il nome con una sequenza nome preceduto da un determinante, il bambino, questo bambino, quel bambino e quindi il bambino dorme è una frase esattamente della stessa struttura, naturalmente poi, data la proprietà combinatoria della sintassi e anche la sua natura ricorsiva io questo pezzo che corrisponde al gruppo nominale lo posso ampliare inserendo altri elementi, per esempio aggiungendo un aggettivo e quindi dire il bambino piccolo dorme, piccolo è a sua volta un costituente che però rientra in un costituente più grande di categoria nome, che è un costituente lo vedo dal fatto che posso dire il bambino più piccolo, dove più è una parola che modifica l’aggettivo e quindi forma con l’aggettivo il costituente e quindi un sintagma aggettivale ma poi si unisce ed entra a far parte del sintagma nominale assieme alla testa, questo ingrandire il costituente: abbiamo visto in linea di principio non ha limiti, e io posso ingrandirlo, aumentarlo diciamo con elementi di vario tipo ad esempio con una frase, in questo frase amplio le dimensioni del costituente nominale, la cui testa è il nome, che corrisponde, inserendo un’intera frase: in questo caso si tratta di una frase relativa, che ha la bicicletta rossa, si tratta di una frase relativa che modifica il nome, sta di fatto che il gruppo il bambino che ha la bicicletta rossa è, dal punto di vista del funzionamento della frase, è esattamente corrispondente a Gianni e lui e Gianni e lui sono nomi, se io posso sostituire un gruppo di parole al cui interno trovo parole di classi sintattiche, di categorie morfosintattiche diverse, parti del discorso diverse: articolo, nome, congiunzione, aggettivo, ausiliare, tutto quanto dentro ad un costituente che può essere sostituito da un nome nudo, isolato. Quindi se tutto questo complesso può essere sostituito, può essere commutato con una sola parola la cui categoria è il nome, vuol dire che tutto questo complesso è di categoria nome, del resto, prima di un verbo come dorme io non posso avere un aggettivo o un altro verbo o un determinante, devo avere necessariamente un gruppo o un elemento di categoria nome, a questa serie aggiungo un’ultima possibilità che in realtà dovrei mettere accanto a lui dorme, come alternativa a lui dorme, che è la possibilità esistente in italiano, ma non in tutte le altre lingue europee, cioè la possibilità che il pronome sia sottinteso, ovvero nullo, come si dice usando un’espressione più tecnica, pro è il modo in cui nella sintassi si indica il pronome sottinteso, il pronome che corrisponde al soggetto sottointeso che è una caratteristica sintattica dell’italiano su cui torneremo, per il momento possiamo senz’altro dire che esiste in italiano un pronome soggetto che può essere sottinteso e indichiamo questo pronome soggetto come un elemento di categoria nome. Qui, a questo punto, posso mettere le parentesi che mi fanno vedere qual è il costituente, quindi Gianni è sicuramente un elemento nominale, Gianni è un nome, è una testa di un sintagma nominale, costituito dalla sola testa e lo stesso vale per lui e per pro, ma 31 anche il bambino è un sintagma nominale, ma anche il bambino piccolo e il bambino più piccolo e infine anche il bambino che ha la bicicletta rossa sono sintagmi nominali. Di nuovo, abbiamo visto come dentro ad un costituente che ha una sua propria natura,quella di essere un nome perché è intercambiabile con un nome, ci stanno dentro altri costituenti che contengono parole di varia categoria. Vediamo ora il VP, il sintagma verbale è un costituente che ha un verbo come testa, da che cosa è formato un VP? Il ragionamento è parallelo a quello che abbiamo fatto prima, quindi possiamo partire dalla stessa frase da cui siamo partiti prima, ma cui soffermarci sul verbo anzichè sul nome, ovviamente dorme è un verbo, è una forma flessa del verbo dormire e così come io posso sostituire questo verbo con altri: prima potevo sostituire il nome Gianni con altri elementi, tra cui pronomi, sequenzi e gruppi contenenti un nome e altre cose, così per quanta riguarda i verbi io posso scambiare un verbo con altri verbi, ma anche con gruppi. Ovviamente io posso dire Gianni dorme, Gianni corre, Gianni cammina e qui sostituisco un verbo con un altro, la cosa più interessante è quanto io posso sostituire con il verbo più un’altra parola, per esempio Gianni va in bicicletta, oppure Gianni mangia un biscotto, oppure Gianni dà una caramella alla compagna di banco, tutte queste espressioni, esattamente in modo parallelo a quello che abbiamo visto prima, sono espressioni che possono essere scambiate con il singolo verbo, ottenendo una frase perfettamente grammaticale e con una struttura esattamente corrispondente, quindi una frase in cui c’è un sintagma nominale che fa soggetto, in questo caso Gianni ma potrebbe essere qualunque altro gruppo nominale e un gruppo che svolge la funzione del verbo, potremmo dire del predicato e cioè il verbo oppure il verbo e qualcos’altro, il verbo e un gruppo introdotto da una preposizione come va in bicicletta, oppure il verbo seguito da un sintagma nominale che è il complemento del verbo, come in mangia un biscotto. Il verbo seguito da un complemento e un altro costituente che è l’oggetto indiretto, il termine, potremmo chiamarlo, il fine o il complemento di termine come si denomina nella grammatica tradizionale, si tratta anche in questo caso di gruppi che possono essere scambiati con il verbo semplice, anche in questo caso l’elemento che va insieme al verbo può essere una frase così com’era prima nel caso della frase relativa. In questo caso non si tratta di una frase relativa anche se la congiunzione introduttrice è la stessa, è che, tuttavia prima il bambino ha la bicicletta rossa si trattava di una frase relativa che modifica il nome bambino mentre in questo caso che la compagna di banco sia bellissima è una frase secondaria, una frase completiva o oggettiva che svolge il ruolo di complemento del verbo pensare, che la compagna di banco sia bellissima ha una funzione che è confrontabile a quella di un biscotto in mangia un biscotto, si tratta proprio di un complemento e anche in questo caso, attraverso l’uso delle parentesi quadre, indichiamo la struttura esterna naturalmente, la struttura totale, non la struttura dettagliata interna, ma indichiamo i confini del costituente sintagma verbale. Consideriamo adesso in relazione sempre al sintagma verbale un altro aspetto molto importante che poi vedremo più avanti, è essenziale rispetto alle caratteristiche dei costituenti sintattici, una caratteristica che è particolarmente evidente nel verbo, nel costituente di categoria verbo ma che poi è estendibile a tutti i costituenti della sintassi e cioè il rapporto tra i due argomenti di un verbo bivalente. Prendiamo una frase con un verbo bivalente come fumare, una frase come Gambadilegno fuma il sigaro, fumare è un verbo bivalente, lo indichiamo usando la griglia tematica, quindi c’è il verbo, c’è un argomento che precede il verbo nell’ordine lineare e c’è un argomento che generalmente segue il verbo nell’ordine lineare, così come l’abbiamo visto l’altra volta per esempio bere, mangiare o fumare, anche fumare può avere una costruzione monovalente, però come 32 abbiamo già visto in questi casi tra la costruzione bivalente e la costruzione monovalente generalmente c’è una certa differenza di significato, nel caso di verbi come mangiare, fumare, bere la costruzione più basica è la costruzione bivalente, mentre la costruzione monovalente è una costruzione in cui il significato del verbo è generalizzato così come Gianni beve l’aranciata e il verbo fumare indica l’azione di assumere dei liquidi, così il verbo fumare indica l’azione di aspirare del fumo da un qualcosa che brucia, è vero che si può anche dire Gambadilegno fuma e la frase è perfettamente grammaticale perché è un uso monovalente del verbo fumare è possibile, io posso dire anche però Gianni fuma da dieci anni ed è chiaro che il significato del verbo monovalente è diverso da quello del verbo bivalente, non significa che Gianni sono dieci anni che ha in mano una pipa o una sigaretta, ma significa che sono dieci anni che ha l’abitudine di fumare. Chiusa questa parentesi che riguarda la questione che la struttura argomentale principalmente dei verbi a volte richiede delle analisi più sottili perché altrimenti potremmo pensare che si tratti di controesempi al fatto che la griglia argomentale è una proprietà lessicale del verbo, in realtà non si tratta di eccezioni o smentite dell'esistenza della griglia argomentale, ma si tratta del fatto che un certo verbo può avere più significati non dissimili ma comunque differenti rispetto ad una qualche caratteristica. Chiusa questa parentesi torniamo al modo su come rappresentiamo gli argomenti che entrano a far parte del sintagma nominale, fumare è la testa ___fumare____ io aggiungo il complemento ___fumare il sigaro e poi aggiungo il soggetto Gambadilegno fumare il sigaro questa è in realtà non un modo casuale, il fatto che io abbia messo prima il sigaro e poi Gambadilegno non è un caso è esattamente la conclusione a cui arriveremo tra un attimo, analizzando proprio il rapporto che c’è tra il verbo e i suoi due argomenti, perché il sigaro prima e poi il soggetto? Perché non prima il soggetto e poi il complemento oggetto? Perché non tutti e due uniti al verbo? In altri termini, avendo un verbo come fumare e avendo due sintagmi nominali come Gambadilegno e il sigaro come argomenti del verbo, io posso avere: i) ipotesi uno: la combinazione sintattica della testa verbale con il suo complemento a cui poi si unisce naturalmente in una seconda operazione l’altro argomento Gambadilegno fumare [il sigaro] ii) ipotesi due: l’unione della testa con il sintagma nominale che è il suo soggetto a cui poi si unisce in una successiva operazione il complemento [Gambadilegno fumare] il sigaro iii) ipotesi tre: l’unione della testa verbale in una sola operazione sintattica, in una sola applicazione della regola merge ai suoi due argomenti [Gambadilegno fumare il sigaro] La prof già ci ha detto qual è la soluzione giusta, che è la prima, ma perché diciamo questo? Prima di dire perché siamo arrivati a stabilire questo, vediamo in termini di rappresentazione ad albero come possiamo rappresentare le cose: quindi vediamo che nella prima ipotesi abbiamo prima la combinazione fumare il sigaro e poi, in un altro nodo più alto, l’unione del soggetto. Nella seconda è il contrario: le due strutture sono speculari, prima il soggetto si unisce al verbo e poi il verbo si unisce al gruppo e, terza ipotesi, non c’è un prima e un poi, i due costituenti si uniscono al verbo. Quindi abbiamo nei primi due casi una struttura gerarchica perché abbiamo due livelli di costituenza: un primo nodo di un livello più basso perché corrisponde ad un pezzetto più piccolo e poi un nodo di livello più alto e questo vale per tutti e due le ipotesi, la prima e la seconda si tratta di strutture gerarchiche e asimmetriche, la destra e la sinistra sono assimmettriche, mentre le terza struttura è una struttura simmetriche perchè la testa ha lo stesso rapporto con l’argomento di sinistra e di destra e poi la struttura è piatta, c’è un solo nodo oltre a naturalmente i livelli terminali dei rami cioè le singole parole, in realtà qui non sono le singole parole, qui stiamo considerando i costituenti e non le singole parole. 35 le cose stanno proprio così, ma per il momento questa ipotesi che si sia un’asimmetria tra i due argomenti di un verbo bivalente è confermata dai dati che abbiamo discusso fino a questo punto Lezione 7 14/03/2022 In questa lezione prenderemo in considerazione la struttura dei costituenti sintattici e quindi partiremo dalla struttura del VP, cioè del sintagma verbale, in particolare vedremo che in presenza di verbi con griglie argomentali diversi, corrispondono strutture sintattiche diverse, vedremo quindi come si rappresenta la struttura di diversi tipi di sintagma verbale e poi ci occuperemo di un’ulteriore questione, cioè del modo in cui si inseriscono nella struttura sintattica e si rappresenta la presenza di elementi circostanziali all’interno dei sintagmi verbali. Nella scorsa lezione abbiamo visto che la struttura sintattica prodotta dalla regola di combinazione, di unione, dalla regola merge è una struttura gerarchica quindi che crea sequenza strutturate e non sequenza piatte come abbiamo visto discutendo la costituenza di frasi formate da molti costituenti e poi abbiamo anche visto che la regola che porta alla combinazione di gruppi in particolare di sintagmi con verbi, di sintagmi verbali, è asimmetrica, abbiamo infatti visto che la posizione nel caso dei verbi bivalenti che quindi hanno due argomenti, la posizione strutturale dei due argomenti rispetto alla terza, cioè al verbo, è una posizione asimmetrica, infatti se dal punto di vista sequenziale, in una frase come il bambino legge i fumetti i due argomenti il bambino e i fumetti sono esattamente l’uno prima e l’altro dopo la testa verbale, quindi da un punto di vista sequenziale non c’è alcuna asimmetria, abbiamo visto che vari fatti osservabili nelle lingue naturali queste due argomenti non sono in una posizione simmetrica rispetto al verbo, ma sono in una posizione asimmetrica, in quanto l’argomento che corrisponde al complemento che in molte lingue tra cui l’italiano viene dopo la testa verbale, l’argomento che corrisponde al complemento ha un rapporto strutturale più stretto, quindi è più vicino strutturalmente al verbo e per questo si chiama argomento interno, mentre l’argomento che corrisponde al soggetto della frase, ha un rapporto più distante, meno stretto e per questo si chiama argomento esterno. Abbiamo anche già visto che questa asimmetria si esprime nella rappresentazione sintattica, sia essa fatta con la parentesizzazione, sia fatta attraverso gli alberi, questa asimmetria è visibile nella rappresentazione sintattica. Noi oggi ci occuperemo di come è la rappresentazione sintattica, fatta con la rappresentazione arborea, utilizzando nodi, rami e costruendo gli alberi. Prendiamo quindi ad esempio un verbo come fumare che è un verbo bivalente, abbiamo già fatto degli esempi nella precedente lezione, con questo verbo come rappresentiamo un sintagma verbale fatto con questo verbo? Prendiamo una frase come il nonno fuma la pipa, è proprio esattamente una frase, cioè c’è un soggetto, un verbo, un complemento e poi c’è anche il verbo flesso, coniugato, si direbbe usando una terminologia più tradizionale, e quindi è una vera e propria frase. Come vedremo più avanti la frase non è la stessa cosa di un sintagma verbale e ci torneremo, ma per il momento noi prenderemo in considerazione il sintagma verbale, quello che noi stiamo esaminando d’ora in avanti non è la struttura della frase ma è la struttura del sintagma verbale, da che cosa è costituito un sintagma verbale? Nel caso di un verbo bivalente il sintagma verbale è costituito dal verbo, la testa e dai due argomenti, quello interno e quello esterno, ecco perché nella rappresentazione ad albero, in questo esempio ed in quello che seguiranno il verbo starà all’infinito. Il verbo all’infinito sta ad indicare che noi consideriamo il verbo nella sua natura lessicale, nella sua relazione lessicale-sintattica, lo consideriamo da un punto di vista sintattico lessicale, cioè vediamo come si comporta il verbo assieme ad altra parole e da questo punto di vista lo consideriamo in un’ottica sintattica però prendiamo in considerazione semplicemente il verbo nella sua natura argomentale, quindi quanti argomenti ha e questo lo indichiamo mantenendo la forma del verbo all’infinito. Quindi una frase come il nonno fuma la pipa è costituita dalla testa verbale, dal V e poi è costituita da due gruppi che sono due gruppi nominali, che sono due sintagmi nominali che indichiamo con la sigla NP noun phrase, questi due gruppi (il nonno e la pipa) sono dei veri e propri gruppi, non si tratta di una parola sola, noi adesso non analizziamo la struttura interna di questi sintagmi nominali, lo faremo in una prossima lezione e quindi indichiamo il fatto che prendiamo il costituente senza analizzarne la struttura interna, lo indichiamo collegando l’etichetta NP alle parole attraverso un triangolo, 36 quindi il triangolo sta a significare che le due parole nell’insieme costituito un NP e che non analizziamo in modo ulteriore la struttura di questo costituente, anche se una struttura interna c’è. E lo stesso vale per il nonno, invece fumare è la testa del sintagma verbale, quindi fumare non è un costituente è una testa, è una parola singola e questo lo contrassegno unendo la parola con questo tratto all’etichetta V, V è una testa, mentre l’NP il nonno e l’NP la pipa sono due costituenti di categoria nome, che per il momento lasciamo non analizzati. La struttura del sintagma verbale l’abbiamo già un po’ vista nella precedente lezione e comunque sappiamo già, per alcune ragioni che abbiamo già discusso, che la prima operazione di combinazione unisce la testa V al suo complemento e questo la rappresentiamo unendo i due rami in unico nodo, in un’operazione di unione sintattica successiva viene unito invece il sintagma nominale che corrisponde al soggetto al costituente già formato in precedenza e il nodo più alto di questa struttura lo etichettiamo con VP cioè sintagma verbale. Questo nodo da cui scendono dei rami che portano alla fine a tutte le parole che costituiscono questa sequenza sta ad indicare che questa sequenza corrisponde esattamente al sintagma verbale. Un’altra cosa da dire è: che cos’è questo nodo intermedio? Noi vediamo che gli altri nodi che abbiamo qua sono tutti quanti etichettati, questo è un NP, questo è un NP, qui ora non vediamo esattamente un nodo perché la struttura del costituente non è esaminata ma questo è un costituente che rientra in una struttura ad albero in cui il nodo più alto è un nodo VP, ma anche questo è un nodo e quindi come posso prevedere con omogeneità assegniamo a questo nodo un’etichetta. Questo nodo è in realtà una proiezione della testa, così come anche il nodo VP è una proiezione della testa, abbiamo detto il sintagma verbale, che è l’intera sequenza, ha la stessa categoria della sua testa, ama che il pezzo più piccolo dell’intero sintagma verbale, quello costituito dal verbo e dal suo complemento ha la stessa categoria della testa. Quindi sappiamo che questo è un nodo di categoria V, come lo indichiamo? Convenzionalmente, nella prossima lezione vedremo la storia di questa particolare terminologia, questo nodo viene chiamato V/ con una barra all'apice, si chiama V/ e nella prossima lezione verrà spiegato perché si chiama V/. Quindi questo nodo V/ che è un primo livello di proiezione della stessa V che quindi include la testa V e il complemento e che poi a sua volta si proietta nuovamente in un secondo livello che include la testa V, il complemento e anche l’argomento esterno che è il soggetto della frase. Vediamo adesso altri tipi di sintagmi verbali e prendiamo in considerazione il sintagma verbale con i verbi monovalenti, si tratta di verbi che hanno una testa e un argomento esterno, come si costruisce la struttura ad albero di questi verbi? Un verbo di questo tipo è dormire, dormire ha una sola valenza, ha una sola posizione disponibile per un argomento e questa rappresentazione schematica che corrisponde alla griglia argomentale ci fa capire che l’unico posto disponibile è per un argomento esterno che precede il verbo. Qual è la struttura di un sintagma verbale che corrisponde ad una frase come il gatto dorme? Il verbo dormire è la testa, il gatto è un NP, l’operazione di costruzione del sintagma verbale è la stessa che abbiamo visto prima per il verbo bivalente, la testa proietta un primo livello di costituenza che però in questo caso va a vuoto, cioè non c’è un complemento 37 che si unisce a questa testa e poi si proietta il secondo livello a cui invece si unisce l’argomento esterno, ovvero il soggetto della frase, quindi in sostanza, in questa teoria di rappresentazione della struttura sintattica, assumiamo il principio che la struttura del sintagma verbale è sempre la testa, fondamentalmente, cioè si costruisce attraverso due operazione di proiezione, di ripetizione su due livelli gerarchici superiori, il livello V/ e il livello VP e questo accade anche se lo specifico verbo non prevede il riempimento di queste posizioni, quindi un verbo come dormire non prevede il riempimento della posizione del complemento, quindi la posizione del complemento resta vuota e quindi il livello V/ di fatto corrisponde allo stesso contenuto del livello V, cioè alla sola testa, mentre il livello di proiezione successivo include anche il soggetto. In modo speculare possiamo osservare che esistono anche se sono in realtà molto più rari dei verbi monovalenti, i quali non hanno un argomento esterno, ma hanno solo un argomento interno. SI tratta di casi rari, la maggior parte dei verbi con un solo argomento sono dei verbi intransitivi che hanno un soggetto ma non hanno un complemento. Questo caso che stiamo esaminando adesso è un caso opposto, c’è un argomento interno ma non c’è un soggetto, si tratta di quei pochi verbi che nella grammatica tradizionale scolastica sono definiti verbi impersonali, dove l'aggettivo impersonale fa riferimento al fatto che questi verbi non hanno un soggetto, un esempio di questi è il verbo sembrare che si solito va alla terza persona, poi flessa in tempi e modi diversi, in questa costruzione monovalente il verbo sembrare va sempre alla terza persona, non c’è un soggetto ma c’è un complemento. Il complemento è proposizionale (non preposizionale) cioè una frase in sostanza, una frase come sembrare che pioverà. In una frase come sembra che pioverà c’è il verbo sembrare che proietta il suo albero sintattico dalla testa V al nodo V/ e poi al nodo VP e diversamente da prima, il nodo V/ comprende anche il complemento che in questo caso è una frase, qui ho scritto tra virgolette frase perché è una descrizione per il momento provvisoria, vedremo più avanti come si può analizzare e rappresentare la struttura delle frasi, per il momento prendiamo semplicemente il fatto che la sequenza che pioverà corrisponde ad una frase secondaria e che questa frase secondaria e è una frase di tipo completivo o oggettivo ed è esattamente il complemento del verbo sembrare e questo viene rappresentato ponendo la frase dipendente nella posizione del complemento, invece non c’è un argomento esterno per questo verbo, per cui la struttura dell’albero finisce qui. Vediamo adesso il caso diverso dei verbi zerovalenti, i verbi zerovalenti sono verbi che non hanno né un argomento interno, né un argomento esterno, i famosi verbi meteorologici, come ad esempio piovere, nevicare, qual è la struttura del sintagma verbale di questi verbi? A questo punto possiamo facilmente identificarla, è la struttura che prevede la testa V e poi la proiezione di livello V/ e poi la proiezione massima del livello VP, in 40 c’è una posizione di complemento vuota, diciamo potenzialmente riempibile, ma non la possiamo riempire, non possiamo collocare il circostanziale in questa posizione, quindi questa rappresentazione è sbagliata perché questa posizione è potenzialmente riempibile ma non possiamo collocare il circostanziale in questa posizione perché questa rappresentazione non tiene conto che il rapporto tra sintagma preposizionale e verbo non è un rapporto di testa - argomento ma è un rapporto di circostanziale inserito nel costituente verbale. Questa rappresentazione è sbagliata: La rappresentazione giusta è la seguente:, in cui si osserva un nodo ricorsivo a cui è attaccato il circostanziale, da cui discende il circostanziale: Vediamo il caso dell’aggiunzione con i verbi zerovalenti, nel caso dei verbi zerovalenti prendiamo una frase come piove ininterrottamente, piovere è un verbo zerovalente, ininterrottamente è un avverbio, quindi anche se non abbiamo fatto molti esempi, la prof ci ha detto che l’avverbio costituisce un sintagma lessicale, quindi un AP, adverbial phrase. Questo è quello che abbiamo, una testa che è un verbo e una testa che è l’avverbio, il quale però proietta un suo proprio costituente che è il sintagma avverbiale, qui non mettiamo il triangolo perché ci troviamo di fronte ad una parola singola e tuttavia dal punto di vista sintattica, la natura di queste due parole: il V è la testa di un sintagma verbale, mentre il sintagma avverbiale è appunto un sintagma e potrebbe essere formato da più parole. Apparte questo, quello che ci interessa è vedere come facciamo a rappresentare il rapporto che c’è tra il verbo e l’avverbio, ovviamente l’avverbio non è un argomento del verbo, quindi si proietta il sintagma verbale come si fa per qualunque altro verbo monovalente, quindi la posizione di complemento vuoti, la posizione destinata all’argomento esterno è vuota e si proietta un nodo ricorsivo e si attacca all’avverbio. Anche in questo caso vale quello che si è osservato prima: a destra del verbo, nell’albero sintattico, ci sarebbe una posizione vuota ma questa posizione vuota non può accogliere un elemento, nessun elemento perché questo verbo non può accogliere un complemento. 41 Vediamo adesso, ancora a proposito dell’inserimento dei circostanziali, come si fa a rappresentare le strutture, i sintagmi verbali (al momento stiamo parlando di questi) in cui c’è più di un circostanziale. Per esempio, una struttura come dopo pranzo il nonno fuma la pipa in poltrona, abbiamo vari costituenti, abbiamo dopopranzo, il nonno, la pipa, in poltrona, ma sappiamo che il nonno e la pipa sono i due NP che costituiscono gli argomenti del verbo fumare, però poi abbiamo anche due sintagmi preposizionali, dopo pranzo e in poltrona e già sappiamo perché li abbiamo esaminati poco che si tratta di due aggiunti, di due elementi circostanziali. Come si inseriscono dentro l’albero? IN questo caso abbiamo varie possibilità, questo è il modo in cui rappresentiamo in maniera abbreviata la struttura dei costituenti, queste sono le etichette: la testa verbale e i due aggiunti di categoria P, due sintagmi preposizionali PP e poi i due sintagmi nominali NP che sono gli argomenti del verbo. La pipa è il complemento, per cui sta in V/, il VP contiene l’argomento esterno il nonno e poi un aggiunto che in questo caso è dopo pranzo lo inseriamo in un livello ricorsivo del VP, quindi proiettiamo il nodo VP ricorsivo e ci attacchiamo il sintagma preposizionale, l’altro sintagma preposizionale lo attacchiamo esattamente nella stessa maniera, cioè proiettando un altro nodo VP ricorsivo, quindi c’è un primo nodo VP, quello diciamo del livello del sintagma verbale stretto, che contiene i due argomenti e a questo primo livello VP, primo venendo dal basso perché l’idea è che ogni nodo corrisponde ad un’operazione di combinazione sintattica e quindi di proiezione della testa, il livello più basso è questo e si arriva fino al quinto. Il livello massimo del sintagma verbale in senso stesso è quello a cui si attacca l’argomento esterno e i livelli superiori, che in linea di principio possono essere un numero limitato, sono i livelli a cui si attaccano gli argomenti. Quello che sicuramente possiamo dire è che in questo caso, di fronte ad una frase come questa, noi non abbiamo elementi empirici, ossia fatti osservabili, che ci diano l’informazione su qual è il circostanziale che viene incluso per primo nel sintagma verbale, in questa rappresentazione che abbiamo fatto, il costituente che viene incluso per primo è quello a sinistra, dopo pranzo e invece il circostanziale di destra viene aggiunto in un’operazioe successiva. Però in realtà potrei fare il contrario, potrei aggiungere prima in poltrona e poi, in un’operazione successiva, aggiungere il costituente, il circostanziale di sinistra, in realtà non ci sono dati empirici che mi possono permettere di stabilire se una di queste due strutture è corretta e l’altra no, non ci sono elementi, 42 entrambe le strutture sono possibili e le due rappresentazioni sono equivalenti, non è interessante tutto sommato stabilire qual è l’elemento che viene aggiunto prima. Quello che sicuramente non posso fare è aggiungere due elementi circostanziali in una sola operazione sintattica, quindi proiettare un solo nodo ricorsivo VP e a questo attaccare i due circostanziali, perché questo? Non semplicemente perché viola la combinazione sintattica che è binaria, lo abbiamo stabilito in base a dei fatti, se dei fatti sentissero questo, dovremmo dire che non è vero che questa regola di combinazione è binaria, il punto è che i fatti non smentiscono questa affermazione perché se io rappresentassi la struttura del sintagma verbale con i due aggiunti in questo modo, di nuovo facendo a livello superiore della struttura una struttura piatta, la struttura non è piatta nella parte relativa al sintagma verbale in senso stretto, ma diventa piatta nella parte rossa, cioè quella che riguarda, che dà conto della presenza dei due aggiunti, però questa struttura rossa è una struttura sbagliata (si noti anche dall’asterisco) perchè è una struttura che non mi permette di individuare il costituente fumare la pipa in poltrona senza metterci dentro anche l’altro costituente, invece se io applico i test di costituenza, posso dire è dopo pranzo che il nonno fuma la pipa in poltrona, oppure è in poltrona che il nonno fuma la pipa dopo pranzo, questo mi fa capire che in poltrona e dopo pranzo sono entrambi due costituenti e sono autonomi l’uno dall’altro, sono separabili, mentre nella struttura rossa i due costituenti vengono ad essere inseparabili, questa rappresentazione è sbagliata. In molti casi, in realtà, ci sono più opzioni possibili per rappresentare l’aggiunzione, per realizzare l’inserimento dei circostanziali nella struttura della frase e le rappresentazioni che ne risultano sono equivalenti, quindi se nella frase precedente aggiungo prima il cicorsotanziale di sinistra o il circostanziale di destra non ha importanza perché le due strutture che ne derivano sono equivalenti, non producono differenze significative. C’è anche un altro aspetto che è rilevante rispetto a questa questione dell’equivalenza di strutture che rappresentano l’inserimento di aggiunti e questa questione riguarda a quale nodo noi attacchiamo il circostanziale, a quale nodo facciamo l’aggiunzione, ovvero quale nodo ricorsivo proiettiamo per inserirvi un aggiunto. In questa frase il gatto dorme sull’amaca, sull’amaca è un aggiunto, è un circostanziale che si riferisce al verbo dormire, all’azione, allo stato in cui il gatto è il soggetto che consiste nel dormire. A questo punto, data questa condizione, noi possiamo ipotizzare di reduplicare la proiezione massima, il nodo VP, ma un’altra cosa che noi possiamo fare e in effetti frequentemente si trova nei libri e nei manuali la modalità alternativa a questa è di mettere il circostanziale non aggiungendolo ad un nodo VP ma ad un nodo ricorsivo V/, il meccanismo è identico, la testa proietta il primo nodo, quello che potrebbe contenere un complemento se ci fosse e poi questo nodo si reduplica ad includere il circostanziale per poi passare al nodo superiore che è la proiezione massima del sintagma verbale che contiene anche l’argomento esterno. Questo è l’aggiunta ad un nodo ricorsivo V/, in moltissimi casi la scelta tra l’una e l’altra delle due rappresentazioni è indifferente, in sostanza uno può fare come vuole perché tanto fondamentalmente non cambia, un po’ cambia ma cambia in un modo che non è significativo, che non è interessante, se io aggiungo il sintagma preposizionale al nodo VP questo significa che il circostanziale si estende, la modificazione del circostanziale riguarda non il solo verbo ma l’intero insieme 45 semantico, tra questo circostanziale e le altre parti della frase, cioè come già detto le alici si riferisce a pizza e non al resto della frase. Un’altra cosa su cui voglio richiamare la nostra attenzione è, facendo un passo indietro, è che se noi decidiamo di fare la proiezione di un nodo V/ e non della proiezione massima ma del livello V/ per attaccare un circostanziale, la struttura viene così: quindi si proietta un nodo ricorsivo, poi si proietta un nodo VP che è la posizione canonica a cui si attacca l’argomento esterno, al contrario se facciamo una proiezione ricorsiva del nodo più alto, cioè del VP, attenzione che il soggetto, l’argomento esterno del verbo si attacca alla proiezione più bassa, cioè al primo nodo VP, perché il secondo nodo VP è un nodo ricorsivo che è quello che serve a raccogliere eventuali espansioni, cioè aggiunti del sintagma verbale, ma la posizione in cui si attacca l’argomento esterno è quella del VP, ovvero del primo, del VP più basso, attenzione a non commettere l’errore di attaccare il soggetto al nodo VP più alto. Lezione 8 15/03/2022 Continuiamo la nostra descrizione dei costituenti sintattici, nella scorsa lezione abbiamo parlato di sintagmi verbali, in questa lezione prenderemo in esame la natura dei costituenti sintattici in generale, quindi parleremo della teoria della rappresentazione sintattica, della teoria della struttura della frase che ci sta presentando, che si chiama teoria X/ e vedremo poi la struttura e la rappresentazione di sintagmi nominali (NP), sintagmi aggettivali (AP) e sintagmi preposizionali (PP), le altre tre categorie fondamentali sulle quali si costituiscono dei costituenti. Nella scorsa lezione abbiamo preso in esame la struttura del sintagma verbale, abbiamo visto che la struttura fondamentale del sintagma verbale è quella che vediamo in cui la testa che è il verbo proietta due livelli di struttura, quindi il sintagma verbale è formato da due operazione di unione sintattica, la prima operazione unisce la testa al complemento del verbo e la seconda operazione unisce la testa ad un argomento esterno, complemento e argomento esterno in questo disegno sono messi tra parentesi ad indicare che non necessariamente sono entrambi presenti, possono essere entrambi presenti, può essere presente uno dei due e in questo caso la cosa più frequente è che sia presente il solo complemento e nei verbi zerovalenti non è presente né il complemento nell’argomento esterno, né l’argomento interno, né l’argomento esterno. In sostanza la struttura del sintagma verbale dipende dalle caratteristiche argomentali, dalla griglia argomentale del verbo, però abbiamo detto ci sono motivi per generalizzare la struttura e dire che tutti i verbi costruiscono dei sintagmi verbali della stessa struttura, salvo poi lasciare vuote determinate posizioni a seconda delle caratteristiche di valenza del verbo stesso. 46 La teoria sintattica che adottiamo in questo corso, che è quella che è anche presentata nel manuale di Cecchetto, la teoria X/ afferma che la struttura essenziale di tutti i costituenti sintattici, non solo del sintagma verbale, in tutte le lingue è fondamentalmente la stessa, per cui per ogni testa X si proietta un costituente che si chiama XP attraverso due operazioni di combinazione sintattica, di merge, che cos’è X? X è ovviamente una variabile, quindi il costituente, il sintagma P (phrase), prende la stessa categoria della sua testa e abbiamo visto che X può avere diversi valori, questa è la struttura fondamentale di tutti i costituenti sintattici, quella che viene chiamata struttura X/, è una struttura in cui c’è una testa che proietta un primo livello che è X/ e proietta un secondo livello che è XP, è la stessa struttura che abbiamo visto per i sintagmi verbali, la teoria afferma che questa struttura vale anche per altri valori di X. Quindi, per ogni valore di X si costruisce con la stessa procedura di combinazione sintattica un costituente della stessa categoria, se X=N, la testa proietta fino ad un livello massimo NP, se X=A la testa proietta fino ad un livello massimo AP, se la testa è P, proietta un costituente di tipo PP, sintagma preposizionale, se la testa è un avverbio, proietta un costituente di tipo ADP La forma del sintagma quindi è sempre la stessa, quindi al di là della terminologia tecnica che dobbiamo usare per indicarci a questa struttura sintattica, la struttura del costituente è sempre la stessa, c’è una testa, una singola unità del lessico e quindi la posizione di testa, quella che corrisponde alla X può ospitare solo una testa, una parola, vedremo che addirittura in certi casi ospita unità più piccole, ma in ogni caso non può contenere un costituente, mentre la prima operazione di combinazione, quella che unisce la testa con il complemento, crea questo primo livello di proiezione, questo primo nodo che corrisponde al livello X/ che contiene il complemento, questa posizione si chiama posizione di complemento, se è un verbo si tratta del complemento del verbo, ma se la testa non è un verbo si tratta di qualcos’altro, in ogni caso la posizione di questa struttura astratta è, indipendentemente da qual è la categoria che la implementa, questa posizione si chiama posizione di complemento, la quale contiene un altro costituente, un XP. Poi, la successiva azione di combinazione arriva alla proiezione più alta, quella che corrisponde al livello XP e determina la combinazione con un elemento che dal punto di vista della sequenza lineare sta a sinistra, la posizione nell’albero che corrisponde a questo livello, si chiama specificatore e anche la posizione di specificatore non contiene teste ma costituenti, possiamo trovare un costituente ed è quello che si osserva nel caso dei sintagmi verbali: tipicamente la testa V contiene un complemento che è un costituente, tipicamente un sintagma nominale, anche se non esclusivamente e lo specificatore contiene un altro costituente, tipicamente un sintagma nominale ma non necessariamente. Questa è la struttura astratta dei costituenti sintattici che vale per qualunque tipo di X. Una precisazione terminologica: perché si chiama struttura X/? Teoria X/? la denominazione deriva dall’uso tipografico della fine anni ‘60 e inizio anni ‘70 in cui ancora si scriveva usando le macchine da scrivere e la notazione utilizzava la X che è la variabile dove X può essere N, V, P, etc. poi utilizzava per riferirsi al primo nodo di proiezione questa modalità, una X con un trattino messo sopra che si poteva fare con la macchina da scrivere tornando indietro e in inglese si chiamava x bar, poi il livello ulteriore di proiezione si chiamava si chiamava x doppia barra oppure anche x 47 phrase, quando poi è cominciata la videoscrittura questa notazione è caduta in disuso perché praticamente impossibile da fare ed è stata sostituita dagli apici, si chiama barra ancora anche se non è più una barra, è rimasta questa denominazione. Chiusa questa parentesi di storia del gergo tecnico, vediamo adesso come si implementa, come si realizza questa struttura generale, la struttura X/ nel caso dei costituenti nominali. Ovviamente come gli altri tipi di sintagmi che analizzeremo lo stesso tipo di ragionamento visto per i sintagmi verbali vale anche per gli altri tipi di sintagmi, la teoria X/ ritiene che tutti i costituenti di tutti i tipi hanno la stessa struttura fondamentale non per un’assunzione immotivata, ma perché l’analisi delle strutture sintattiche di un numero cospicuo di lingue fa vedere che al di là di differenze vistose ma in molti casi solo superficiali, effettivamente noi possiamo ricondurre tutti i vari di costituenti che troviamo nelle diverse lingue ad una struttura fondamentale. Più avanti vedremo quali sono gli aspetti nei quali le lingue si differenziano le une dalle altre per quanto riguarda la struttura dei costituenti, per ora atteniamoci agli elementi in comune. La generalizzazione teorica che X/ riesce a descrivere nel modo più appropriato come sono fatti e come sono formati i costituenti sintattici di vario tipo e vale per tutte le lingue. Quindi, ovviamente, così come abbiamo visto per il verbo, anche per il nome la struttura del sintagma dipende dalle proprietà valenzali del nome, se il nome è zerovalente, monovalente, bivalente. Prendiamo da prima in esame i nomi non argomentali, a differenza dei verbi. Il fenomeno della valenza è un fenomeno che caratterizza in primo luogo i verbi, quindi i verbi normalmente hanno una griglia argomentale, il caso più normale dei verbi è quello di avere degli argomenti, i verbi che non hanno nessun argomento sono rari, sono pochi, sono limitati appunto ai verbi meteorologici o poco più, la stessa cosa non vale per le altre categorie lessicale e cominciando dai nomi vediamo che molti nomi non hanno degli argomenti: il significato di molti nomi non coinvolge altre entità. I nomi non argomentali sono quelli il cui significato non implica l’esistenza di argomenti e spesso si tratta di nomi che si riferiscono ad entità concrete e quindi che non mettono in gioco altre entità, invece i nomi argomentali, quelli che appunto coinvolgono altre entità hanno un significato che implica l’esistenza di altre entità che sono corrispondenti agli argomenti. Che tipo di significato è? Generalmente è un significato astratto, riferibile ad un’azione, ad uno stato o a una relazione (come vedremo) e non si riferiscono ad oggetti concreti, come vedrete i nomi argomentali hanno un significato che è riferibile ad un’azione e in questo assomigliano a dei verbi perché il significato più tipico dei verbi è proprio quello di indicare azione o stati, in effetti c’è un legame molto spesso o semantico o semantico e morfologico tra un nome argomentale e un verbo, inoltre il legame tra il nome argomentale e il verbo è un legame appunto semantico oppure anche derivazionale e il nome in genere eredità cioè prende la stessa griglia argomentale del verbo a cui è collegato o da cui molto spesso deriva morfologicamente. 50 in alternativa si poteva fare un nodo ricorsivo N/ a cui mettere l’aggiunto, vi ricordate questo ha a che fare col fatto che in molti casi ci sono opzioni equivalenti per fare l’aggiunzione. Vediamo un altro esempio di un nome argomentale, descrizione, chiaramente descrizione ha un parallelo nel verbo descrivere, è un derivato, il significato è l’azione del descrizione e quindi l’azione del descrivere è anche il risultato dell’azione del descrivere, è sicuramente un nome argomentale e in questo sintagma nominale, la descrizione di Manzoni della peste noi vediamo esattamente il nome con i suoi due argomenti: Manzoni corrisponde all’argomento esterno, quello che ha valore agente e a quello che sarebbe il soggetto nel sintagma verbale corrispondente e peste è l’argomento interno, cioè il complemento, qui vediamo la struttura in cui è realizzato uno solo dei due argomenti, descrizione della peste, qui vediamo la struttura in cui è realizzato l’altro dei due argomenti, cioè la descrizione di Manzoni, se vogliamo mettere tutti e due gli argomenti dobbiamo fare come prima: dobbiamo mettere prima un argomento, in questo caso è più facilmente interpretabile la frase che contiene i due argomenti nell’ordine la descrizione di Manzoni della peste, piuttosto che la descrizione della peste di Manzoni anche se questa seconda opzione in realtà non sarebbe sbagliata assolutamente, comunque qui la prof ha dato la rappresentazione di uno dei due possibili ordini delle parole, quello in cui l’argomento esterno precede l’argomento interno, l’argomento esterno di fatto sta nella posizione di complemento, mentre l’argomento interno sta nella posizione di aggiunto, ma anche l’ordine inverso sarebbe possibile. Quello che è interessante a questo riguardo è che in altre lingue, per esempio in inglese le cose sono leggermente diverse, in inglese c’è la possibilità di inserire entrambi gli argomenti di un nome all’interno del sintagma verbale, quindi nelle posizioni canoniche e non nelle posizioni di aggiunto. 51 Questo è il sintagma nominale che corrisponde a description of the plague, questo è il sintagma di description by Manzoni ma in inglese esiste anche una terza possibilità che in italiano non è disponibile quella di mettere l’espressione del genitivo, il cosiddetto genitivo sassone che è semplicemente l’espressione del genitivo che è messo nella posizione di specificatore del sintagma nominale, è un genitivo che precede come è proprio di alcune lingue, come le lingue germaniche, il possessore che precede l’oggetto posseduto, il possessore in questo caso si chiama genitivo possessivo, cioè si esprime al genitivo l’argomento esterno, sta di fatto che in inglese possiamo dire Manzoni’s description of the plague e di fatto possiamo mettere quello che è di fatto l’argomento esterno anche se è di fatto realizzato come un genitivo, il caso morfologico che esprime il possessore, ma di fatto sta nella posizione strutturale di argomento esterno, quella in cui sta fondamentalmente almeno nella struttura verbale l’argomento esterno, in inglese la struttura di questo sintagma nominale Manzoni’s description of the plague è esattamente corrispondente a quello del sintagma nominale Manzoni described the plague. Vediamo qualcosa di più preciso sullo specificatore del sintagma nominale che, questo ce lo dico come informazione terminologica, si usa come spec, NP, specificatore dell’NP, che cosa ci sta nello specificatore dell’NP? In una lingua come l’italiano in cui non esiste questo uso del genitivo o comunque di un caso di possesso posto alla sinistra del nome, in una lingua come l’italiano uno degli argomenti del nome non è nell’NP e sta fuori, allora se l’argomento interno sta nella posizione del complemento, di fatto anche nel caso dei nomi che hanno argomenti, la posizione di specificatore dell’NP viene ad essere una posizione libera e viene ad accogliere un elemento che quantifica il nome, cioè un determinante, questo non vale solo per l’italiano ma vale per tutte le lingue, il determinante lo possiamo collocare nella posizione di specificatore. Per il momento adottiamo una rappresentazione un po’ semplificata perché quello che interessa è che siano chiari i rapporti strutturali, delle questioni tecniche più sottili ci si può occupare più avanti, in una rappresentazione semplificata inseriamo direttamente il determinante, l’elemento che appartiene alla categoria determinante nella posizione di specificatore del nome, quindi per esempio il determinante la, quindi l’articolo determinativo sta in questa posizione. E’ interessante notare che anche in inglese noi possiamo dire the description e the sta qui, sta esattamente nella posizione dello specificatore di NP, la cosa interessante è che se in inglese abbiamo un genitivo come in Manzoni’s description l’articolo si omette e quindi questo ci fa capire che la presenza di un determinante o la presenza dell’argomento esterno si escludono a vicenda, di fatto la posizione di specificatore è disponibile per l’uno o l’altro dei due elementi, il determinante oppure un argomento del nome. Cosa possiamo ancora dire sul sintagma nominale? Possiamo parlare poi di una speciale categoria di nomi argomentali, che sono i cosiddetti nomi relazionali, si tratta di nomi che hanno degli argomenti ma che sono argomenti in quanto sono nomi il cui significato mette in relazione tra loro due entità, per esempio i nomi di parentela. Il nome come padre non indica un’azione o uno stato, si riferisce a una persona, così come si riferisce ad una persona il nome muratore, però padre è un nome relazionale perchè il significato di padre implica l'esistenza di un figlio o una figlia, oppure si può trattare di nomi che esprimono relazioni di gerarchia, il nome 52 capo indica che ci sia qualcuno che è sottoposto a questo capo e si possono fare altri esempi di questo tipo, quindi anche questi nomi sono in realtà nomi argomentali perchè l’altra entità che viene implicata dal loro significato è di fatto un argomento del nome e poi possiamo anche considerare argomentali i nomi che indicano il possessore di un qualcosa, anche se su questo punto no tutti gli studiosi, non tutti i sintatticisti sono d’accordo è possibile che ci capiti di trovare analisi diverse, la prof direbbe che sia l’analisi che considera il possessore un argomento, sia l’analisi che considera il possessore un aggiunto può essere considerata accettabile. Quindi, in sostanza il padre di Gianni è fatto così: padre è la testa del sintagma nominale, ma di Gianni che è il figlio, sta nella posizione di complemento del nome padre. Come sono fatti i nomi non argomentali? Ovviamente i nomi non argomentali sono nomi che non hanno argomenti, quindi la struttura di un sintagma nominale come per esempio il maglione è costituita dalla sola testa preceduta dal determinante, dall’articolo in questo caso. Come inseriamo gli aggiunti in un sintagma nominale? Lo abbiamo già visto prima nel caso in cui l’aggiunto era il secondo argomento, l’aggiunzione si fa nel modo consueto, si reduplica un nodo e si mette il circostanziale, si attacca a questo nodo. Vediamo i due costituenti a confronto: il maglione di lana e il maglione di Pippo, il maglione di lana è un sintagma nominale in cui c’è un elemento che circostanzia ma non è richiesto dal significato del nome, non ha alcuna specifica relazione con il significato del nome. Il maglione di Pippo, essendo Pippo il possessore, possiamo considerarlo un argomento, come è stato detto prima, anche l’analisi secondo cui Pippo è un aggiunto non va considerata sbagliata. Vediamo adesso qualcosa sul sintagma aggettivale, non ci sono molte osservazioni diverse da fare sul sintagma aggettivale, perché in sostanza, il ragionamento fatto a proposito del verbo e a proposito del nome lo possiamo 55 preposizionale. Le strutture le vediamo qua: sotto la collina, sotto, la preposizione non ha argomenti e sotto a noi la preposizione ha un argomento che sintatticamente prende la forma di un sintagma preposizionale. Infine, cosa sta nello specificatore del sintagma preposizionale? Nello specificatore del sintagma preposizionale possono stare elementi che ovviamente, in parallelo a quanto abbiamo visto con le altre categorie, modificano o precisano il significato della preposizione stessa, un caso abbastanza tipico è che ci sia un avverbio o un quantificatore, quindi ad esempio proprio sotto la collina, un sintagma avverbiale messo nello specificatore oppure subito dopo la preposizione è intransitiva ma è preceduta da uno specificato avverbiale oppure poco prima di noi dopo questo poco è un quantificatore. L’ultima cosa da dire è quella che riguarda le cosiddette preposizioni articolate che si trovano in molte lingue romanze ma anche in tedesco ci sono delle preposizioni articolate. Che cosa sono le preposizioni articolate? Sono delle fusioni di livello fonologico, quindi sono due parole che si modificano per effetto l’una dell’altra che subiscono una specie di coalescenza, ma si tratta di due parole che ai fini morfologico-sintattici sono proprio due parole vere e proprie, sono strutturalmente due soggetti diversi e autonomi. Come rappresentiamo la preposizione articolata in termini di struttura sintattica? La rappresentiamo tenendo conto del fatto che la preposizione e l’articolo benché fonologicamente fusi sono due cose diverse, così come sotto la collina, noi abbiamo che sotto la preposizione e la è l’articolo che viene dopo e che fa parte di un costituente diverso, cioè la collina, parallelamente analizziamo la preposizione articolata sulla collina, nella cantina, quindi c’è un parte di questa parola che corrisponde alla preposizione e l’altra parte che corrisponde all’articolo, quindi con questo abbiamo analizzato i quattro costituenti lessicali fondamentali, vedendone anche alcuni aspetti, naturalmente torneremo più volte su questi argomenti, vedremo di modo e faremo esercizi, avendo modo di entrare in familiarità con queste strutture nelle esercitazioni che seguiranno. Lezione 9 16/03/2022 In questa lezione cominciamo a parlare della frase e quindi ci occuperemo dei seguenti argomenti, innanzitutto diamo una prima definizione della frase, poi cercheremo di capire e di spiegare per quale ragione la frase non sia la stessa cosa di un sintagma verbale, è una domanda molto sensata perché noi ci siamo occupati fino ad ora di sintagmi verbali e abbiamo visto che un sintagma verbale contiene gli elementi sufficienti per formare una frase e allora perché una frase non è semplicemente un VP? Quindi vedremo quali sono le caratteristiche delle frasi che non sono caratteristiche del sintagma verbale e infine cominceremo a vedere qual è la natura della frase come costituente sintattico. Possiamo dire che, partendo dall’ultimo punto, le frasi sono dei costituenti sintattici perché sono costruiti attraverso l’applicazione reiterata della regola sintattica fondamentale, la regola merge, quella che produce anche tutti i costituenti sintattici, è merge che produce i sintagmi verbali e i sintagmi nominali, aggettivali e preposizionali che abbiamo visto. Qualunque operazione di combinazione sintattica è il risultato 56 dell’applicazione di questa regola, quindi non solo gli interi costituenti ma anche i livelli intermedi all’interno dei costituenti, anche il livello X/ è un costituente ed è prodotto dalla regola merge. La costruzione delle frasi tiene conto delle proprietà valenziali delle parole, in particolare del verbo che comunque è l’ingrediente fondamentale delle frasi, quindi la griglia argomentale dei verbi condiziona delle proprietà del sintagma verbale ma anche della frase, dei verbi e anche, in misura minore, delle altre teste lessicali che fanno parte della frase stessa. Possiamo anche dire che vale per la frase a maggior ragione quello che vale per i costituenti, la frase non è solo una sequenza di parole, è una sequenza strutturata di parole e questa osservazione poi ha anche delle conseguenze semantiche, cioè delle conseguenze che riguardano il significato delle frasi, perché questo non è semplicemente la somma dei significati delle singole parole, ma, in una certa misura, che in parte abbiamo visto (si sta riferendo al concetto di dipendenza dalla struttura e in parte vedremo più approfonditamente andando avanti) il significato della frase dipende anche dalla struttura sintattica, quindi è un prodotto dei significati lessicali delle parole che compongono la frase, ma anche della struttura con cui queste parole sono raggruppate e sistemate nella frase stessa. Abbiamo anche visto, quando abbiamo dato una definizione delle espressioni linguistiche, ci ha presentato il concetto di proposizione, enunciato e frase, abbiamo visto che la frase la possiamo considerare come la faccia sintattica, la rappresentazione sintattica che corrisponde ad una proposizione, abbiamo visto che il concetto di proposizione è un concetto più propriamente semantico che in effetti ha a che fare con la struttura argomentale degli ingredienti della frase, quindi con i rapporti di tipo lessicale e semantico che dipendono dalla griglia argomentale in primo luogo dei verbi. La frase è una proposizione che deve rispondere a dei requisiti sintattici, che presenta delle caratteristiche sintattiche indispensabili, che cos’è una proposizione? Una proposizione è l’espressione che corrisponde ad un nucleo semantico di un soggetto e un predicato, la frase è la stessa cosa ma vista anche dal punto di vista sintattico, noi possiamo dire che una frase è un’espressione che deve contenere un soggetto e un predicato, vedremo che questo concetto di obbligatorietà del soggetto è proprio un requisito sintattico della frase. Che cosa si intende con soggetto e predicato? Abbiamo già parlato di questo, dando la definizione di proposizione di frase: il soggetto e il predicato sono due entità, fondamentalmente di tipo semantico, ma vedremo anche di tipo sintattico, che sono in una relazione di reciprocità, cioè il soggetto si definisce facendo riferimento ad un predicato, un predicato si definisce facendo riferimento ad un soggetto, un soggetto è ciò su cui il predicato dice qualcosa, il predicato è ciò che si dice riguardo a un soggetto, degli esempi di soggetto e predicato li vediamo qui, un’espressione che è una frase, il gatto dorme, dove il gatto è il soggetto e dorme è il predicato, questa struttura, lo abbiamo già visto nelle precedenti lezioni, la possiamo interpretare come un sintagma verbale, noi abbiamo adottato il metodo convenzionale di usare il verbo all’infinito, se fosse scritto il gatto dormire avremmo indicato che stiamo esaminando l’espressione come un sintagma verbale, cioè a livello del sintagma verbale, ma di fatto il sintagma verbale sembra coincidere con una frase, c’è un verbo e c’è il suo argomento, c’è il sintagma che corrisponde al suo argomento ma anche un’espressione come Gambadilegno fuma è identica salvo che il suo argomento è espresso da un nome proprio anziché da un costituente oppure Pippo mangia le noccioline, dove il predicato non è costituito da un semplice verbo, ma è costituito dal verbo assieme al suo argomento interno, quindi abbiamo un’espressione, una struttura che ci fa capire e che richiama il soggetto di asimmetria degli argomenti verbali, asimmetria nel senso che Pippo è il soggetto, è l’argomento esterno ed è il soggetto, mentre l’argomento interno, in questo caso il sintagma nominale le noccioline forma un costituente interno assieme al verbo e forma un predicato. Però poi noi sappiamo che ci sono anche strutture diverse come il cane è nero o Gianni è uno studente che sono sicuramente delle frasi però non le possiamo considerare dei sintagmi verbali perché se noi andiamo ad analizzare il contenuto di queste espressioni vediamo che c’è sicuramente un costituente, ovvero un nome, un nome proprio oppure un costituente di categoria nome che è il soggetto come il cane o Gianni, poi c’è un qualcosa che si chiama copula che è di fatto un ausiliare che porta il significato di tempo, modo, persona ma l’elemento predicativo in queste strutture non è il verbo ma è nel primo caso un aggettivo e nel secondo caso un nome, infatti queste espressioni nella grammatica tradizionale vengono definite come dei predicati nominali, questi sono dei predicati verbali, le 57 ultime due sono dei predicati nominali, è corretta questa definizione della grammatica tradizionale, coglie il punto essenziale, cioè che qui in queste ultime due frasi, la predicazione è data dal nome e non dal verbo. Che cos’è è in queste strutture? E’ è un ausiliare, detto più specificamente copula, la copula è l’ausiliare essere che si usa nel caso di frasi che contengono un predicato nominale, ma il predicato non è il verbo essere, il predicato non è la copula, è esattamente l’aggettivo o il nome, il verbo essere in queste strutture ha una funzione puramente morfologica e infatti non è un caso che ci siamo lingue come il russo dove in questo tipo di strutture la copula non c’è, Gianni studente che corrisponde all'italiano Gianni è uno studente. Questi esempi ci aiutano a illustrare il concetto di soggetto e predicato, ci aiutano a capire in che senso un sintagma verbale contiene gli stessi elementi della frase ma già qui abbiamo sottolineato negli ultimi due esempi che non sempre una frase coincide con un sintagma verbale, il cane è nero e Gianni è uno studente sono due frasi perfettamente grammaticali dell’italiano che però non coincidono con un sintagma verbale, tuttavia questo non è l’unico elemento di non coincidenza. Ci sono diversi motivi per cui non possiamo affermare che la frase coincida con un sintagma verbale, resta il fatto che l’osservazione che è di tipo intuitivo, noi come parlanti di una lingua naturale sappiamo che il nucleo di una frase è nella maggior parte dei casi un sintagma verbale, il sintagma verbale contiene gli elementi fondamentali della frase stessa, però ci sono vari motivi che ci fanno capire che è un elemento fondamentale ma non basta a fare una frase, il sintagma verbale non basta a fare una frase. Una prima cosa che prenderemo in considerazione è, fra le caratteristiche della frase che non dipendono da proprietà del verbo, è la caratteristica della modalità, che cosa si intende con modalità? Modalità è un termine preciso, tecnico per indicare la natura della frase rispetto a queste opzioni, frase interrogativa, frase dichiarativa, frase imperativa, frase esclamativa. Se noi prendiamo una serie di frasi come Gianni prepara il caffè, che è una frase dichiarativa, Gianni prepara il caffè? che è una frase interrogativa anche se in italiano questa frase interrogativa è diversa dalla frase dichiarativa solo perché nella scrittura c’è un punto interrogativo e nel parlato c’è un’intonazione diversa, non ci sono differenze sintattiche tra una frase dichiarativa e la corrisponde frase interrogativa totale, poi possiamo avere anche una frase interrogativa parziale in cui l'interrogazione riguarda solo un pezzetto della frase, torneremo più avanti sulla natura delle frasi interrogative ma intanto possiamo sicuramente fare riferimento a questo concetto e quindi abbiamo una frase come Gianni che cosa prepara? Che cosa prepara Gianni? è una frase interrogativa parziale, anziché totale come la precedente, possiamo avere una frase imperativa come prepara il caffè, oppure Gianni prepara il caffè! che è una frase esclamativa. Queste sono frasi chiaramente diverse, sono fatte delle stesse parole, quindi il contenuto lessicale, gli ingredienti lessicali della frase sono sempre gli stessi, quindi il tipo di contenuto che dipende dalle unità, cioè dalle parole che la frase contiene è costante, cioè non cambia da una fase all’altra, ma è chiaro che il parlante utilizza queste diverse opzioni per comunicare un significato complessivamente diverso, cioè appunto un significato che è costante per certi aspetti, cioè dal punto di vista del contenuto lessicale, ma cambia dal punto di vista della modalità della frase, ora quello che ci interessa osservare in questo confronto che stiamo facendo tra proprietà del sintagma verbale e proprietà della frase è proprio il fatto che non c’è niente nella natura del verbo che può determinare la modalità della frase, non è il verbo preprarae che porta con sé che la frase sia dichiarativa, esclamativa, etc. e ovviamente arriviamo a concludere che la modalità è una caratteristica che appartiene alla frase e non appartiene al verbo. 60 voglio semplicemente fare una dichiarazione piatta ma voglio portare un’informazione in qualche modo contrastiva con quella che qualcun’altro ha detto, con un’altra possibile affermazione esistente nel discorso. Sherlock ha fatto qualcosa, what Sherlock did was abandon the investigation, quello che mi interessa qui è che in una frase che io posso costruire partendo e modificando una struttura più basica, posso, per ragioni di ‘enfasi’ (termine poco preciso) io qui introduco l’ausiliare do e quello che faccio è realizzare il passato sull’ausiliare do e quindi non ripetere il passato sul verbo quindi questa coppia di frasi fa vedere esattamente che la prima frase è un corrispondente dal punto di vista della realizzazione della categoria tempo della seconda, tranne che nella prima il tempo è realizzato nel morfema desinenziale -ed e nella seconda è realizzato attraverso l’ausiliare, ci sono poi anche categorie funzionali legate al nome, una di queste è la definitezza, quel tipo di categoria grammaticale che è realizzata dai determinanti, determinanti, tra le altre cose precisano, chiariscono se un certo NP con cui sono accordati è definito o indefinito, per esempio, la cosa è più complicata di così, confrontiamo l’articolo determinativo con l’articolo indeterminativo e possiamo dire che almeno in una parte dei casi l’articolo determinativo porta il significato di un NP definito e che comunque è noto, rispetto ad un NP non definito di cui non si è già parlato e che resta non precisato nel discorso. Quello che possiamo die è che anche nel caso del nome si verifica lo stesso fenomeno che si osserva per altro più massicciamente nel verbo, cioè che la flessione può essere portata da parole separate, in questo caso l’articolo come nell’italiano o come in una lingua germanica come l’olandese in cui het è l’articolo determinativo, ma una lingua germanica sorella, lo svedese, la stessa espressione huset, corrispondente ad het huis dell’olandese (la casa) prende la forma di huset dove chiaramente noi vediamo che il materiale è lo stesso, abbiamo la stessa molto simile forma che corrisponde a house dell’inglese a casa del latino etc. e abbiamo anche una forma molto simile per quando riguarda il determinante, però in svedese questo determinante prende la forma di un morfema legato e quindi fondamentalmente di una desinenza, di un morfema flessivo e come tale si pone poi a destra nella parola ed è esattamente parallelo a quello che abbiamo visto per i verbi. Quindi questo ci fa capire che che cos’è l’informazione grammaticale? Già lo sapevamo ma adesso ci siamo posti il problema da un'ottica precisa, che forma sintattica prende l’informazione grammaticale? Si tratta di parole, di parti di parole e quindi adesso possiamo tornare alla nostra domanda precedente, cioè il sintagma verbale e la frase sono la stessa cosa? Abbiamo risposto di no. Mancava l’ultimo esempio, qui abbiamo l’esempio del latino, in cui il corrispettivo di un articolo determinativo o peraltro neanche indeterminato non c’è per cui in certi casi la forma corrispondente è il nome nudo, cioè senza nessun elemento che esprima il valore di definitezza, questo è un caso di espressione zero, una certa informazione grammaticale resta silente, questo non significa che in latino non ci sia la categoria di definito o indefinito, c’è, in certi casi è anche espressa, prende anche una forma fonologico-morfologica ma non sempre. Dunque, perché la frase non è un VP? Primo problema: se io ho una frase con l’ausiliare e faccio l’albero sintattico non so dove mettere l’ausiliare perché se io disegno un sintagma verbale tipo Gianni dorme metto dorme nel V e Gianni nella posizione di specificatore del VP, ma se io dico Gianni ha dormito, dove metto ‘ha’, potrei ipotizzare di mettere l’ausiliare di ha dormito sotto la testa V però abbiamo detto che questo non è possibile in questo tipo di rappresentazione perché V è una rappresentazione di testa e come tale può contenere solo una testa (e quindi solo una parola), quindi ci troviamo di fronte ad un problema che è un problema di livello della rappresentazione, dell’albero, non posso mettere due parole in corrispondenza di un nodo terminale, quindi di una V, uno potrebbe dire che la teoria che ha inventato per rappresentare la struttura non va bene e va cambiata perché ci sono casi in cui, in corrispondenza di una certa etichetta V di un certo nodo, io ci devo poter 61 inserire due parole, questa è un’ipotesi, non è detto che sia l’ipotesi giusta e possiamo già anticipare che non è l’ipotesi giusta perché ci sono degli argomenti più forti e sono argomenti che hanno a che fare con la struttura dei costituenti e noi possiamo dimostrare che il verbo e l’ausiliare appartengono a due costituenti diversi, cioè che se io ho una sequenza come ausiliare verbo come Gianni ha fumato il sigaro io posso dimostrare che fumato il sigaro è un costituente e che ‘ha’ non fa parte di questo costituente e sta in un altro costituente. Possiamo dimostrarlo applicando i consueti test di costituenza, io posso avere una farse come Gianni ha preparato il caffè stamattina e posso fare una sostituzione con un proforma e posso dire Gianni ha fatto questo stamattina, fatto questo non è chiaramente un parola sola, sono due parole ma è una proforma, potrei anche dire Gianni lo ha fatto stamattina ma lo è un pronome clitico che va prima dell’ausiliare e mi complica le cose, posso dire Gianni ha fatto questo stamattina, oppure Gianni ha preparato il caffè ogni mattina e Gianni ha fatto questo ogni mattina, che cosa è ‘fatto questo’? E’ preparare il caffè, corrisponde esattamente a quella parte della frase, quindi la sostituibilità con la proforma dimostra che preparare il caffè è un costituente e se preparare il caffè è un costituente vuol dire che ‘ha’ non fa parte di questo costituente, quindi se l’ausiliare e il verbo non fanno parte neppure dello stesso costituente, figuriamoci se è possibile metterli sotto la stessa testa V, chiaramente no. Poi io ho altri test che posso applicare alla stessa frase, Gianni ha [preparato il caffè] e [scaldato il latte], questo è il test della coordinazione che mi dice che preparare il caffè e scaldare il latte sono due costituenti della stessa categoria V, oppure potrei fare una farse scissa, è preparare il caffè che Gianni non vuol fare e così via e in altre lingue è esattamente la stessa cosa, non è una proprietà dell’italiano, la struttura dei costituente è una proprietà del linguaggio, mettono le parole insieme formando costituenti, quindi The boy will [meet his grandmother] and [give her flowers] sono due costituenti di categoria V, questa è la riprova che io non posso mettere nella stessa struttura l’ausiliare e il verbo, devo trovare un modo per ampliare questa struttura in maniera che contenga l’ausiliare. Nella prossima lezione vedremo quindi qual è quel costituente in cui trovano posto il sintagma verbale, la testa verbale e i suoi argomenti e anche l’ausiliare cioè l’elemento che porta l’informazione flessiva, il costituente che corrisponde ad una frase. Lezione 10 17/03/2022 Abbiamo concluso la precedente lezione ponendoci la seguente domanda: come possiamo rappresentare la struttura della frase e abbiamo infatti visto che ci sono varie considerazioni che abbiamo fatto che ci portano a concludere che la frase non è un sintagma verbale, la frase è qualcosa di diverso. In particolare che cosa vedremo in questa lezione? Vedremo che la frase contiene elementi che non riguardano il verbo e il suo sintagma, questo lo abbiamo visto nella lezione scorsa e lo riprenderemo in questa lezione. Per rappresentare la frase c’è bisogno di una struttura più ampia, l’espansione della struttura all’interno di questa teoria della sintassi, rispetta un principio universale della teoria stessa, cioè la teoria X/, tutta la struttura sintattica di tutti i costituenti di tutti i tipi ricalca la struttura fondamentale, quell’albero, l’albero X/ costituito da una testa che proietta un primo livello X/ dove X è la variabile che proietta un secondo livello XP con il complemento lo specificatore. Quindi noi dobbiamo rappresentare la struttura della frase facendo utilizzo di questa struttura fondamentale del costituente, prenderemo in esame il concetto di principio e anche il concetto di parametro, cioè gli elementi universali e gli elementi obbligatori e gli elementi variabili della grammatica, dopo aver fatto questo, la prof introdurrà il concetto di soggetto e vedremo in che senso il soggetto è un elemento caratterizzante ed essenziale di una frase e poi cercheremo di capire che cosa significa il principio, l’affermazione che tutte le frasi hanno un soggetto. Ripartiamo dall’osservazione che la teoria sintattica ha l’obiettivo di rappresentare tutte le informazioni, tutti i tipi di significato che sono contenuti all’interno di una frase, il sintagma verbale, che nella maggior parte dei casi fa parte di una frase, contiene le informazioni lessicali, quelle che sono stabilite nel lessico e sono legate alla struttura argomentale del verbo e riguardano le relazioni tra il verbo e i suoi argomenti. Però abbiamo anche già visto che la frase contiene altri tipi di significato, altre informazioni e quali sono queste informazioni? Abbiamo visto che la modalità della frase è qualcosa che non è prevedibile in base al verbo principale della 62 frase e lo stesso vale per la posizione gerarchica, il fatto che una frase sia principale o dipendente non ha niente a che fare col verbo e con la sua griglia argomentale e poi c’è un altro elemento essenziale che è la flessione, quindi le proprietà della flessione sono informazione del livello frase che non dipende dal verbo, quindi l’informazione propria della frase, questa relativa modalità, posizione gerarchica e flessione è un’informazione di tipo funzionale, che si contrappone all’informazione e al significato proprio del sintagma verbale, che si articola nel sintagma verbale, che invece è di tipo lessicale. Per soffermarci brevemente sul concetto di flessione, a livello della frase le categorie flessive sono quelle di tempo e modo che riguardano il concetto di tempo verbale e modo verbale, tempo e modo si realizzano in quell’elemento che può essere una parola autonoma, un ausiliare oppure la parte desinenziale, il morfema del verbo e poi c’è un altro tipo di informazione che si chiama accordo, che cos’è l’accordo? L’accordo è un fenomeno per cui i valori delle categorie (in genere in lingue come l’italiano sono il numero e la persona) proprie del soggetto, si trasferiscono al soggetto o all’ausiliare, alla testa che realizza la flessione, il soggetto è il trigger dell’accordo, è l’elemento che lo fa scattare, che lo determina e la parola che realizza la flessione è il target dell’accordo. Tempo, modo e accordo sono anche chiamati i tratti della flessione, a volte abbreviati, T, M, A. Il costituente che utilizziamo per rappresentare la struttura della flessione quindi la struttura della frase è questo, è una categoria X/, come abbiamo detto, la cui testa è I e che quindi proietta il livello I/ e IP ed è una testa di tipo funzionale, I infatti sta per Inflection che è il corrispettivo inglese dell’italiano ‘flessione’, quindi questa testa, questa categoria I, questa testa I contiene un elemento che può prendere varie forme come vedremo che realizza la flessione, i tratti di tempo, modo e accordo e poi proietta i livelli, i barra e i P propri di tutti i costituenti sintattici, in che modo la categoria I si lega al sintagma verbale? Si lega nel modo ovvio, diciamo che prende il sintagma verbale come suo complemento. In questo schema la prof non ha sviluppato la struttura del sintagma verbale, ma diciamo quindi che possiamo rappresentare una frase che contiene un sintagma verbale e altre informazioni di tipo funzionale in questo modo, il sintagma verbale si inserisce in una struttura più ampia e quindi la struttura del sintagma verbale si espande fino ad arrivare al livello IP, quindi per riassumere quanto avevamo visto, eravamo arrivati alla conclusione che la frase non è un sintagma verbale, che il VP contiene le informazioni di tipo lessicale ma non trovano posto nel sintagma verbale le informazioni di tipo funzionale, non solo non trovano posto ma perché la rappresentazione sia adeguata alla reale struttura e costituzione della frase è necessario che le informazioni funzionali e lessicali siano rappresentate in modo distinguibile, in modo separato. Questo anche se, in certi, la morfologia delle lingue fonde le informazioni lessicali e le informazioni funzionali all'interno di una stessa parola, mettendoci in una prospettiva più pratica, quella di dover rappresentare in termini di struttura X/ gli elementi che costituiscono una frase, il problema diventa concreto ed evidente quando l’informazione flessiva viene realizzata da un ausiliare quindi da una parola diversa dal verbo, come, per esempio, nella frase che abbiamo già esaminato l’altra volta, John will meet his friends, tralasciando adesso il soggetto, su cui torneremo dopo, abbiamo già visto l’altra volta che non si possono rappresentare due elementi in una sola testa, nella testa V, questo diciamo viola i requisiti e le regole che vigono sulla struttura X/, sulla rappresentazione X/, non posso mettere due parole 65 Questo va benissimo in lingue in cui come l’italiano o come lo spagnolo, per esempio per fare degli esempi di lingue a noi vicine, in cui una frase può essere formata dal solo verbo piovere, quindi se io dico piove, o tuttalpiù oggi piove, posso rappresentare questa sequenza, questa frase, che è una frase, nel sintagma verbale, basta che faccio un aggiunto o una reduplicazione di VP o di V/ per metterci l’NP oggi e sono apposto. Ma, invece, se confronto l’italiano e lo spagnolo con altre lingue anch’esse noi vicine perché sono lingue europee come l’inglese, il francese o il tedesco, il risultato, il confronto fa emergere un problema: qual è il problema? Il problema è che in queste lingue bisogna che la frase contenga il soggetto, quindi si deve dire it rains, il pleut, es regnet, ora qual è il punto? Possiamo ipotizzare che rains o pleut o regnet siano forme di verbi che non sono zerovalenti? Possiamo ipotizzare che lo stesso significato, cioè il significato piovere corrisponda in italiano e spagnolo a verbi zerovalenti e nelle altre lingue, inglese, francese e tedesco a verbi monovalenti? E’ chiaro che questo è assurdo, quindi da questo deriva il fatto che questa rappresentazione X/ è una rappresentazione sbagliata perché fa vedere che c’è un argomento esterno di rain e, se assumiamo che la struttura argomentale, cioè semantica del verbo rain, sia la stessa del verbo piovere, questa è chiaramente una rappresentazione sbagliata, del resto, tutto questo argomentare è chiaramente a scopo dimostrativo perché lo si sa benissimo qual è il punto, sappiamo benissimo come stanno e la spiegazione di questa differenza tra le lingue sta nel fatto che l’italiano e lo spagnolo sono lingue in cui è possibile sottintendere, cioè non esprimere il soggetto nelle frasi, mentre l’inglese, il tedesco e il francese sono lingue in cui questa mancata realizzazione del soggetto è non possibile, cioè è proprio sbagliata, quindi, in realtà la differenza nel comportamento dei verbi zerovalenti come piovere ha un corrispettivo, ha un parallelo perfetto anche in verbi non zerovalenti, anche nei verbi che hanno degli argomenti, che siano essi mono, o bi o trivalente, cioè c’è una differenza che è generale tra queste lingue, la differenza dipende da una variazione parametrica. Un parametro è un aspetto della grammatica rispetto al quale le lingue si differenziano, è un punto di variazione, il parametro si differenzia dal principio, che è un altro concetto fondamentale di questo approccio alla grammatica e al linguaggio, il principio è una proprietà dell’organizzazione della grammatica, è un aspetto caratterizzante della grammatica che quindi, come tale, è essenziale alla grammatica stessa ed è universale, è una caratteristica inevitabile delle lingue naturali. La variazione tra le lingue del mondo è data dall’interazione dei principi e dei parametri, ci sono dei principi che quindi contrassegnano proprietà comuni a tutte le lingue e, per esempio, la struttura X/ in questa teoria della sintassi è considerata essere un principio, cioè tutte le lingue fondano la struttura delle frasi su questo costituente, mentre invece, i parametri sono delle proprietà rispetto alle quali le lingue possono scegliere opzioni diverse: non si tratta di una variazione illimitata, si tratta di una variazione contenuta, ma è il modo in cui le lingue si possono differenziare rispetto alle caratteristiche grammaticali. Qui stiamo parlando di un parametro, il parametro che si chiama parametro del soggetto nullo, detto anche pro drop, cosa dice il parametro del soggetto nullo? Dice che le lingue si trovano di fronte ad una scelta: scelta 1: il soggetto delle frasi può, non deve, attenzione bene, può non essere espresso; scelta 2: il soggetto deve sempre essere espresso, naturalmente il fatto che in un’espressione linguistica, quindi anche in un discorso il soggetto sia espresso o non sia espresso, dipende naturalmente dal contesto linguistico, per esempio, in italiano possiamo dire una frase come ‘dorme’, immaginiamo una situazione reale di espressione linguistica: se io dico ‘dorme’ invece di’ Gianni dorme’ o ‘lui dorme’, posso dirlo perché che chi dorme è Gianni è già presente nel contesto del discorso, quindi se lo dico a qualcuno perchè mi ha chiesto Gianni che cosa sta facendo? sappiamo entrambi che sta parlando di Gianni, se nel contesto non c’è nulla che mi faccia capire chi dorme è Gianni, noi non 66 diciamo ‘dorme’, diciamo ‘Gianni dorme’ è ovvio che la presenza o assenza del soggetto nelle frasi dipende da fattori che non sono solo sintattici, quello che conta da un punto di vista sintattico è che laddove il soggetto, il referente del soggetto è attivo nella situazione comunicativa, in italiano e spagnolo il soggetto può essere non realizzato, mentre invece, nella altre lingue, il soggetto deve necessariamente essere realizzato. L’evitamento della ripetizione in inglese e francese si fa usando il pronome invece del nome, quindi se qualcuno dice what is John doing? la risposta normale in inglese non John is sleeping perché effettivamente è una ripetizione, la risposta più probabile è he is sleeping, però tralasciando gli aspetti legati al passaggio di informazioni, che è il motivo per cui noi spesso usiamo il linguaggio, tralasciando questi aspetti e fermandoci alla sola grammatica, la differenza tra una lingua come l’inglese e una lingua come l’italiano la vediamo in queste due strutture. La struttura del sintagma verbale costruita sul verbo sleep è identica, mentre inglese l’NP che funziona da argomento esterno di sleep, in realtà qui non è necessariamente it, può anche essere he se sto parlando di John, se sto parlando del gatto può essere it. In italiano, invece dell’NP realizzato da un pronome, abbiamo un vuoto, un soggetto silente, questo soggetto silente nella rappresentazione sintattica, si indica con pro, pro è un’abbreviazione di pronome, pronoun e si deve scrivere minuscolo, infatti questo nel gergo sintattico in italiano si chiama si ‘pro piccolo’ perché poi vedremo più avanti che c’è un altro tipo di soggetto che viene indicato con PRO (scritto con le lettere maiuscole) e che viene chiamato ‘pro grande’, quindi per il momento pro piccolo o anche semplicemente pro è sufficiente. pro è il soggetto nullo, cioè il soggetto silente, però noi nell’albero ce lo mettiamo lo stesso perché, in realtà, quel soggetto, pur non assumendo una forma fonologica, è presente e lo capiamo dal fatto che il verbo è accordato. Se il soggetto non è realizzato, tuttavia il verbo è accordato con un soggetto che può essere un soggetto alla terza persona singolare, se noi stiamo parlando di Gianni, ma se io sto parlando dei bambini e dico i bambini che stanno facendo? la risposta può essere dormono, dove ‘dormono’ è accordato con un pro che in questo richiama a coriferimento, si riferisce a un nome plurale, i bambini, quindi il fatto che lì un soggetto c’è lo dimostra l’accordo del verbo, che non è in una forma non accordata, ma è in una forma accordata per numero e persona col soggetto sottinteso, nella grammatica tradizionale questa entità si chiama soggetto sottinteso ed è una descrizione molto appropriata perché in realtà ‘sottinteso’ sta ad indicare che un soggetto c’è, pur non essendo espresso fonologicamente. Torniamo alla questione del verbo zerovalente tipo piovere, qual è il punto con il verbo zerovalente? Il punto è che i verbi zerovalenti non hanno un argomento, mentre in dorme o sleeps il soggetto, nullo o realizzato che sia, e il soggetto obbligatoriamente realizzato nel caso dell’inglese, è un argomento del verbo, di chi compie l’azione o si trova nello stato di dormire, con i verbi zerovalenti questo soggetto argomentale non c’è tuttavia, nelle frasi il soggetto c’è, quindi la situazione con i verbi zerovalenti è tale che il soggetto che compare nelle frasi non è un argomento del verbo, quindi non fa parte del sintagma verbale, non possiamo metterlo nella posizione di specificatore di VP, però c’è, è un soggetto che emerge quando costruiamo la frase, le lingue non pro drop che non hanno il soggetto nullo, lo fanno vedere, ed è un soggetto che svolge un ruolo sintattico, pur non svolgendo un ruolo argomentale, quindi, mentre il soggetto di pro dorme o he sleeps è un soggetto che fa da soggetto della frase ma svolge anche il ruolo di argomento del verbo, il soggetto che si chiama espletivo, che compare nelle frasi con i verbi zerovalenti, svolge la funzione di soggetto sintattico, ma non la funzione di argomento del 67 verbo, perché c’è bisogno di un soggetto sintattico? Beh, questo è un requisito della frase e questo è un principio, questo è un principio perché è una cosa che si osserva in tutte le lingue, in tutte le lingue c’è un costituente, quindi un gruppo di parole, a sua volta formato di altri costituenti, che, in tutte le lingue c’è un costituente che ha la caratteristica di contenere un soggetto e un predicato, questo costituente è la frase. Questo è un principio perchè le frasi sono una nozione che si attribuisce a tutte le lingue, tutte le lingue hanno le frasi e tutte le frasi hanno il soggetto, il soggetto può, in alcune lingue, essere sottinteso. Il punto è: dove sta il soggetto espletivo? Non sta nel VP e allora noi possiamo ipotizzare che il soggetto espletivo stia nella stessa struttura, che è una struttura che si costruisce proiettando una testa funzionale, la stessa struttura che accoglie la flessione e questa struttura che accoglie la flessione, lo abbiamo già visto prima, è la struttura che viene appunto proiettata dalla testa funzionale I, I sta per inflection, che è la parola che traduce flessione in inglese. Quindi noi mettiamo il soggetto, qualunque soggetto, il soggetto sintattico lo mettiamo nella posizione di specificatore di IP, quindi noi abbiamo un costituente IP di tipo X/ che è esattamente la stessa forma dei costituenti con cui siamo entrati in familiarità, cioè il VP, l’NP, l’AP e il PP. La forma è esattamente la stessa, però la natura di questo costituente è funzionale anziché lessicale. Il fatto che la struttura che accoglie il soggetto sintattico e la flessione sia la stessa, quindi noi mettiamo la flessione nella testa I e il soggetto sintattico nella testa NP, è molto coerente perché il fenomeno dell’accordo è esattamente un fenomeno per cui i tratti, in particolare il tratto U di accordo, che stanno nella testa I e che sono realizzati dalla flessione ausiliare e desinenza, che sta in I, dipendono, quindi sono in un rapporto molto stretto, dal soggetto, perché l’accordo (nella frase) è il fenomeno per cui la flessione assume una certa forma a seconda di caratteristiche del soggetto, in particolare, in una lingua come l’italiano, le caratteristiche rilevanti del soggetto, quelle che determinano la forma della flessione sono il numero e la persona. Nella posizione di specificatore di IP, ci sta un NP, perché sempre di un NP si tratta, che non è un argomento del verbo, nel caso dei verbi zerovalenti e che può essere o un soggetto nullo (nel caso dell’italiano, per cui la frase è ‘piove’), oppure un pronome come it, nel caso dell’inglese, it è pro sono entrambi soggetti espletivi, perché, attenzione soggetto espletivo vuol dire soggetto sintattico di una frase che contiene un verbo zerovalente, quindi soggetto espletivo vuol dire soggetto non argomento del verbo, non vuol dire soggetto nullo (attenzione a distinguere tra soggetto nullo e soggetto espletivo!) sono due cose diverse: il soggetto nullo può essere tanto un soggetto argomentale (come nella frase ‘dorme’) quando un soggetto non argomentale, perché io posso dire ‘piove’ e il soggetto, che in inglese è obbligatoriamente realizzato, lì non c’è ed è sottinteso. Con soggetto espletivo si intende il fatto che il soggetto non è un argomento del verbo, è solo con una funzione sintattica, quello che c’è da notare è che in italiano il soggetto espletivo è obbligatoriamente nullo, non possiamo dire esso piove, mentre in inglese non può essere nullo. A questo punto, detto quindi che la posizione del soggetto sintattico è lo specificatore di IP e la posizione della flessione è I, abbiamo capito come si fa ad espandere il VP, il sintagma verbale e farlo diventare una frase, lo si mette all’interno, lo si incassa dentro all’IP, in modo che l’IP contiene sia l’informazione del sintagma verbale, sia l’informazione flessiva, però ci sono dei problemi che emergono se noi facciamo questa operazione e i problemi sono chiaramente dei problemi di ordine delle parole, il primo problema si presenta con il verbo: riprendiamo in esame il caso dell’italiano, di una frase come ‘incontrerà gli amici’ se io dico che rappresento la flessione con la desinenza, come è sensato fare e rappresentato la componente lessicale, la parte lessicale con la radice del verbo, allora io dovrei avere eràincontr, ma non si dice perché l’italiano è una lingua che la flessione ce l’ha alla fine della parola, come faccio a rendere la struttura che ipotizzo adeguata alla reale forma della frase? Beh, ipotizzo quello che si chiama un movimento sintattico, il movimento sintattico, cioè ipotizzo che, nella costruzione della frase, la radice, la parte lessicale del verbo, si sposta, va in qualche modo ad incorporare la propria flessione, questo qui, che indichiamo bonariamente con una linea, poi vedremo che ci sono anche altri modi per indicare movimenti, ci ritorneremo più avanti, mi fa vedere che incontr che è la parte lessicale va in I, si mette a sinistra della flessione e la incorpora nella parola. Possiamo anche concepire il movimento come un’operazione leggermente diversa, invece di pensare che un pezzo di frase si sposti da una posizione a un’altra posizione, possiamo ipotizzare che un elemento della frase si copia, si copia dalla sua posizione a un’altra posizione, in questo caso dalla testa V si copia nella testa I e poi 70 dopo aver pensato alle cose della lezione di oggi e anche dopo aver letto il libro, studiato il libro fino al paragrafo 2.7 compreso, possiamo fare gli esercizi che ci sono a pagina 59 del manuale di Cecchetto, non tutti perché alcuni sono su cose che ancora non abbiamo fatto, gli esercizi b e c a pagina 59 del manuale. Lezione 11 21/03/2022 Gli argomenti delle esercitazioni sono: la rappresentazione ad albero dei vari tipi di sintagmi studiati: verbale, nominale, preposizionale, aggettivale, non riguarda la struttura della frase che verrà trattata in futuro. Ci si è soffermati sull'individuazione dei circostanziali, sul loro rapporto col resto della frase e sul loro modo di inserire i circostanziali nell’albero sintattico. Queste sono le lavagne usate durante l’esercitazione telematica dell’anno scorso: la prima espressione analizzata è questa: la ricostruzione del borgo dopo il terremoto del 1730, stabilito che la ricostruzione del borgo è un sintagma nominale la cui testa è data dal nome ricostruzione, ricostruzione è chiaramente un nome argomentale, è un nome deverbale del verbo costruire e del verbo ricostruire riprende almeno in parte la griglia tematica e quindi il nome ricostruzione prende come proprio complemento il sintagma preposizionale del borgo. Sappiamo che i nomi non possono prendere complementi diretti, mentre abbiamo la struttura la ricostruzione del borgo, non abbiamo la ricostruzione il borgo, tuttavia la struttura sintattica è la stessa, il complemento è la posizione che tecnicamente si chiama il nodo fratello della testa N, cioè si dice un nome è fratello di un altro nodo quando entrambi discendono da un nodo di livello superiore, quindi N e PP entrambi sono collegati al nodo N/ attraverso i rami e quindi sono nodi cosiddetti ‘fratelli’. Poi, il livello superiore di proiezione è la posizione di specificatore che nel caso del sintagma nominale, in molti casi contiene il determinante. Poi c’è il resto del costituente, dopo il terremoto del 1730, questo è un costituente la cui testa è la preposizione dopo e quindi è un sintagma preposizionale, che contiene poi il sintagma nominale il terremoto del 1730, tutto questo costituente è certo un circostanziale e quindi viene inserito nel sintagma nominale, quindi viene collegato al nome ricostruzione attraverso un’aggiunzione, in due possibili modi che qui si vedono entrambi illustrati: il primo è di reduplicare, quello di fare una copia del nodo NP, proiettare un NP più alto, un nodo ricorsivo NP e dal secondo nodo NP far scendere il ramo che si connette al sintagma preposizionale. In alternativa si può inserire il circostanziale ad un livello più basso, reduplicando la proiezione N/, nel primo N/ che è quello strutturale e canonico si inserisce il complemento se c’è (come in questo caso), nel secondo nodo N/ si può inserire l’aggiunto, le due rappresentazioni sono equivalenti, non c’è differenza tra una rappresentazione e l’altra. Nella seconda lavagna analizziamo la seconda parte di questo intero sintagma nominale, cioè dopo il terremoto del 1730, naturalmente abbiamo detto che si tratta di un sintagma preposizionale, la cui testa è la preposizione dopo è il cui complemento è il sintagma nominale retto dalla preposizione, quindi dopo, questo è il sintagma 71 nominale, il determinante, il nome e in questo sintagma nominale si inserisce un ulteriore circostanziale che non è un complemento del nome, ma circostanza temporale di quale terremoto si tratta, quindi del 1730 è di nuovo un sintagma preposizionale introdotto dalla preposizione ‘di’, qualche dubbio ci potrebbe essere su che cosa sia 1730, visto che si tratta di un numero, tuttavia il dubbio da un punto di vista sintattico è immediatamente sciolto dal fatto che noi troviamo questo numero che si scrive normalmente in cifre ma che si può scrivere anche in lettere, noi lo troviamo preceduto da un articolo, è proprio questa caratteristica distribuzionale che ci fa capire che si tratta di un nome, questo è l’NP il 1730, che vediamo analizzato più in dettaglio, qui. Qui abbiamo la preposizione di, qui abbiamo l’NP, qui la posizione strutturale vicina a P e quindi di + il dà luogo alla preposizione articolata del. La lavagna successiva è simile a quella prima ma con una differenza, la ricostruzione del borog è la stessa struttura già analizzata, ma qui è la ricostruzione del borgo medievale, qui la differenza rispetto a prima è il circostanziale medievale, perché la ricostruzione del borgo è esattamente la stessa struttura vista prima, ricostruzione come complemento del borgo fatto da un sintagma preposizionale che contiene un sintagma nominale. La differenza sta nell'aggettivo medievale che è l’aggiunto in questo caso e che, in questo caso, circostanza e modifica il nome borgo e non il nome ricostruzione, come era invece nell’esempio precedente, per cui l’aggettivo va messo nell’albero sintattico, va inserito nel sintagma nominale che modifica e cioè come aggiunto a borgo, anche qui avevamo due possibile: o reduplicare un nodo N/ e attaccare il sintagma aggettivale al nodo N/ oppure in alternativa si poteva reduplicare un nodo NP e attaccare il sintagma al secondo nodo NP, di nuovo le due opzioni sono equivalenti. 72 Quello che è importante osservare quindi, è che, tornando alla prima slide, è che l’ordine lineare sequenziale delle parole va sì rispettato nella rappresentazione ad albero, ma dice solo una parte delle cose: dopo il terremoto del 1730 viene dopo la ricostruzione del borgo, quindi c’è un ordine lineare per cui in questi sintagmi lineari un circostanziale segue la testa con il suo complemento, però il rapporto di questo circostanziale con il resto cambia in maniera significativa nelle due strutture perché l’aggiunto va messo nella struttura sintattica in una posizione che faccia capire qual è la sua relazione col resto della frase, va messo col nodo ricorsivo perché si deve capire che è un aggiunto e non un argomento e va messo come aggiunto nel sintagma in cui ha una relazione di tipo semantico, cioè a cui si riferisce. Notate che nel caso di borgo che non è un nome argomentale, che non ha un complemento, la posizione del complemento, cioè quella che si attacca al nodo N/ l’aggiunto è quello che si può inserire in una posizione N/ ma deve essere in una posizione N/ copiata, ricorsiva. Vediamo adesso un sintagma verbale, questa qui in realtà è una frase, ma come ci aveva avvertito la prof, sia per gli esercizi da fare a casa, sia per queste esercitazioni, per ora non le analizziamo come frasi, analizziamo solo la parte che riguarda il sintagma verbale, le relazioni che il verbo ha con i suoi argomenti e con gli eventuali circostanziali, perciò usiamo la forma dell’infinito del verbo proprio per rappresentare questo fatto, che il verbo è preso nella sua essenza di lessicale, di significato, di rapporto argomentale e non nella sua funzione di parola che realizza la flessione. Qui abbiamo un verbo bivalente, quindi un caso evidente, con i suoi due argomenti, l’argomento interno, la pipa, e l’argomento esterno, il nonno, l’argomento interno sta nella posizione di complemento e l’argomento esterno sta nella posizione di specificatore. Abbiamo un primo aggiunto che è questo circostanziale, dopo pranzo, un sintagma preposizionale e questo sintagma preposizionale non possiamo metterlo che nel modo che vediamo, cioè reduplicando il nodo VP, per cui l’aggiunto si attacca alla sinistra del soggetto, se avessimo reduplicato un nodo V/, quindi avremo avuto il VP specificatore con l’argomento esterno e poi un nodo V/ con il sintagma preposizionale, sarebbe una struttura perfettamente grammaticale, ma l’ordine non corrisponderebbe a quello della frase da analizzare perché sarebbe: il nonno dopo pranzo fuma la pipa. Naturalmente si deve poi tener conto che, essendo questo un circostanziale e avendo esso una certa libertà di movimento, io potrei aggiungerlo in vari punti e non solo a sinistra della testa ma anche a destra: io potrei avere il nonno fuma la pipa dopo pranzo oppure il nonno dopo pranzo fuma la pipa e anche varie altre possibilità. Qui in questa parte di destra vediamo che l’aggiunzione che al nodo V/ ricorsivo dà luogo alla struttura che ci diceva: il nonno dopo pranzo fuma la pipa, perfettamente grammaticale ma non va bene per la frase da analizzare, perché la struttura deve rispettare anche l’ordine sequenziale. Qui abbiamo anche un ulteriore aggiunto, il dopo pranzo lo abbiamo eliminato per semplicità, naturalmente ci potrebbe stare ovviamente, c’è un intero sintagma preposizionale ‘di radica islandese’ che è un circostanziale che si riferisce al nome pipa, dice, quale tipo di pipa? Quindi, come rappresentiamo questo sintagma preposizionale di radica islandese? Intanto il sintagma preposizionale intero, questo qui, si deve inserire come aggiunto del nome, qui lo abbiamo inserito come a 75 Infine abbiamo analizzato anche in questo secondo gruppo, un sintagma verbale, la frase a cena la zia beve birra inglese tiepida e naturalmente anche qui vale il discorso che analizziamo solo alla struttura fino al livello del sintagma verbale, non ci occupiamo degli aspetti che riguardano la frase, qui abbiamo bere, verbo bivalente, con la zia argomento esterno e la birra argomento interno. Questo è l’NP la cui testa è birra e sta nella posizione di complemento del verbo bere, poi abbiamo due aggiunti, il primo aggiunto è a cena, che è un sintagma preposizionale che è un circostanziale chiaramente che si riferisce all’intero sintagma verbale, cioè quando accade l’azione descritta dal sintagma verbale, perciò, l’unico modo per attaccare questo circostanziale alla struttura è di reduplicare un nodo VP, mentre invece, inglese e tiepida sono due aggettivi e sono tutti e due riferiti a birra, sono due aggettivi tutti e due riferiti a birra ma che fanno parte di costituenti diversi e non sono uniti in un solo costituente. Qui è stato esemplificato il tipo di aggiunzione in cui si reduplica il nodo NP, giusto per farci vedere le due diverse modalità, la prof avrebbe però potuto fare la stesso cosa, anzi, l’aveva fatta prima, l’aveva dapprima fatto la reduplicazione del nodo N/ attaccando prima inglese a un nodo N/ e poi tiepida ad un secondo nodo N/, la seconda possibilità è che il costituente la birra, nell’NP canonico si colloca il determinante e poi, primo nodo ricorsivo inglese e secondo nodo ricorsivo tiepida, perché inglese nel primo nodo ricorsivo e tiepida nel secondo? Perché la proiezione in verticale si traduce poi in ordine sequenziale, più un nodo è vicino alla testa ed è basso, più nella sequenza è vicino alla testa e quindi è attaccato, se la prof avesse messo inglese al posto di tiepida e tiepida al posto di inglese avremmo avuto: la zia beve birra tiepida inglese, c’è una correlazione tra il livello di proiezione e ordine sequenziale, più il costituente è attaccato ad un nodo alto, più è periferico, lontano dal centro della frase. 76 Lezione 12 22/03/2022 In questa lezione riprendiamo il concetto di frase, ripartendo da quello che abbiamo visto a proposito dei sintagmi verbali, rivedendo gli aspetti della frase che rendono questo costituente diverso dal sintagma verbale, quindi ci occuperemo di rappresentazione della struttura delle frasi, le frasi semplici, le frasi subordinate. Riprendiamo da un tema trattato in lezioni precedenti: la struttura dei sintagmi verbali, ripartiamo da una frase come il nonno fuma la pipa, si tratta di un verbo bivalente con due argomenti, un argomento esterno e un argomento interno e abbiamo visto che la struttura di un sintagma verbale di un verbo bivalente è la seguente: in realtà però fuma la pipa è una frase e non è un sintagma verbale, quindi come rappresentiamo questa struttura? Abbiamo visto che la frase contiene degli elementi, degli ingredienti che non fanno parte del sintagma verbale, in particolare è la flessione quindi è il contenuto funzionale, il significato funzionale delle frasi che non è determinato, non è previsto nella forma lessicale di un verbo, un verbo può partecipare a frasi di struttura varia, con proprietà flessive varie, può essere associato con soggetti vari e quindi acquistare caratteristiche di flessione di vario tipo, non è il verbo che porta la flessione e questa cosa la si rappresenta nella struttura sintattica separando l’informazione lessicale, predicativa, argomentale che corrisponde alla testa V dall’informazione funzionale, appunto quella che corrisponde alla flessione e la flessione è rappresentata dalla testa I, quindi la testa I che sta per inflection, quindi la testa I proietta un costituente di tipo X/, quindi ci sarà un livello I/ e un livello IP, cosa c’è nella testa I? Nella testa I, nelle varie frasi delle varie lingue ci possono essere elementi di natura diversa, fondamentalmente non ci può essere niente, ci può essere un ausiliare o un morfema, un pezzo di parola, dipende dal tipo di frase e dal tipo di lingua, però possiamo dire che, a un livello un po’ più astratto di rappresentazione e di concezione della struttura della frase, nella testa I ci sono quelli che si chiamano i tratti di flessione, la parola tratti, come molti di noi sanno, richiama il concetto di caratteristica linguistica, si parla si tratta per esempio a proposito della fonologia, quali sono questi tratti di flessione? I tratti sono dei pezzi di informazione, dei primitivi di informazione che in questo caso è informazione che riguarda la flessione e questi pezzetti di informazione li definiamo come tratti di informazione relativa a tempo, modo e accordo. Che cos’è il tempo e il modo lo sappiamo, si tratta di categorie di flessione che hanno a che fare con proprietà semantiche della frase, il tempo in cui si colloca l’evento descritto dal verbo, il modo si definisce piuttosto alla prospettiva del parlante, dell’emittente rispetto a valutazioni di verità della frase, ma adesso non entriamo in questo. E con accordo ci si riferisce specificamente, in questo caso, all’accordo tra il soggetto della frase e l’elemento che realizza la flessione, quindi l’accordo tra il soggetto e il verbo, oppure l’accordo tra soggetto e ausiliare ad esempio in italiano, il nonno fuma, fuma si accorda con nonno per numero e persona, tu fumi, fumi si accorda con tu, seconda persona singolare e se c’è un ausiliare è la stessa cosa. Questi elementi, questi pezzetti di significato funzionale che poi si possono realizzare in vari modi nella frase, sono quelli che sono contenuti 77 diciamo di base, fondamentalmente nella testa I, quindi c’è un contenuto astratto potremmo dire che poi, a seconda della frase, si realizza, cioè prende una forma specifica. In una frase come il nonno ha fumato la pipa, questo contenuto astratto si realizza nell'ausiliare, in questo caso è un ausiliare che realizza la proprietà di tempo, quella che si chiama passato prossimo, realizza una proprietà di tempo passato, di modo indicativo e poi realizza l’accordo con un soggetto, qui non è ancora presente nell’albero sintattico, o meglio dire, è presente ma in forma di argomento esterno del verbo, questa struttura è chiaramente non definitiva perché la struttura che vediamo produce un ordine a il nonno ha fumato la pipa e non è l’ordine della frase che dobbiamo analizzare, in generale non è l’ordine delle frasi in una lingua come l’italiano, se è per questo in quasi tutte le lingue dove il soggetto precede in genere il verbo o l’ausiliare. Come possiamo dar conto di questo stato di cose? Diamo conto di questo stato di cose, introducendo la nozione di movimento sintattico, più precisamente in cosa consiste quindi il movimento sintattico? Noi abbiamo un sintagma nominale il nonno che è disponibile, è già presente nella frase perchè è stato inserito nella frase al momento della formazione del sintagma verbale, quindi quando, nella costruzione della frase, il parlante ha individuato il verbo, l’argomento interno e l’argomento esterno fa una costruzione, naturalmente si tratta di processi inconsapevoli ed estremamente veloce, qui li stiamo analizzando in maniera molto lenta, fa una costruzione unendo, combinando prima l’argomento interno col verbo e quindi questo è il costituente e poi, in una successiva operazione, l’argomento esterno con il verbo, quindi diciamo, l’argomento esterno è già presente e disponibile ma è in una posizione di vicinanza con il verbo perché, in questa posizione di vicinanza, in particolare nella posizione di specificatore rispetto alla testa verbo, c’è un rapporto stretto tra queste due entità, però, poi, quando noi costruiamo la frase, abbiamo bisogno che sia anche un soggetto nella frase, un soggetto sintattico e questo soggetto sintattico di fatto sta in una posizione diversa da quella dove è stato inserito l'argomento esterno, sta nella posizione di specificatore dell’IP, quindi noi rappresentiamo questa situazione dicendo che lo stesso sintagma nominale, il nonno, svolge nella frase due funzioni: svolge la funzione di argomento esterno del VP, quindi ha una relazione argomentale col verbo e poi svolge la funzione sintattica nella posizione più alta del sintagma della frase dell’IP dove ha la funzione grammaticale, diciamo e quindi, tralaltro la funzione di determinare, di far scattare, di fare il trigger dell’accordo 80 un movimento del verbo, per ora resta a livello di atto di fede, ma più avanti torneremo a vedere le prove di questa affermazione. Vediamo adesso che cosa succede con un verbo monovalente, per esempio un verbo come dormire, qui abbiamo il sintagma verbale di un verbo come dormire, c’è anche qui un argomento esterno, il gatto e questa è la struttura del sintagma verbale e la frase corrispondente ‘il gatto dorme’? La frase corrispondente è quasi uguale a quella dell’esempio precedente, ovviamente in questo caso non c’è un argomento interno perché il verbo è un verbo intransitivo, ma la struttura della frase è la stessa, quindi proiettiamo, cioè inseriamo data una frase come il gatto ha dormito, inseriamo il VP all'interno di una struttura più ampia, proiezione di una testa I, la testa della flessione che contiene i tratti di tempo, modo e accordo ed è l’ausiliare, che, esattamente come prima, realizza i tratti di tempo, modo e accordo, successivamente proiettiamo il livello più alto e abbiamo nuovamente il movimento del soggetto, valgono esattamente gli stessi argomenti che abbiamo detto prima. Questo NP si sposta dalla posizione di specificatore dove svolge la sua funzione argomentale, il suo ruolo rispetto alla testa predicativa V e la posizione di specificatore di P che è la posizione del soggetto, dove questo NP va a fare il suo dovere e fa scattare l’accordo, determina l’accordo sulla testa I. E lo stesso, se invece di avere un tempo verbale che richiede l’ausiliare o un tempo verbale come per esempio 81 l’indicativo in cui l’ausiliare non c’è, abbiamo il movimento dalla testa V, la parte lessicale del verbo, alla testa I dove il verbo si flette e si realizzano i tratti di tempo, modo e accordo. Cosa succede con i verbi zerovalenti? Qui c’è qualcosa che deve essere diverso rispetto a prima: il fatto che manchi un argomento interno abbiamo visto che non cambia nulla rispetto alla costruzione della frase, ma il fatto che cambi un argomento esterno mi aspetto che abbia delle conseguenze sulla struttura della frase. Perché? procediamo al solito, quindi prendiamo una frase proprio minimale come piove, che è una frase perfettamente accettabile in italiano, che cosa succede? Il VP si inserisce nel sintagma della flessione, nell’IP, la testa I realizza i tratti di accordo, si ha il movimento del verbo dalla testa V alla testa I dove il verbo si flette e qui è identico a quello che abbiamo visto prima. Il problema è quello del soggetto: perché? Perché la frase con i verbi zerovalenti appunto non ha argomenti che possano fare la funzione di soggetto sintattico e quindi cosa ci metto nello specificatore di IP? Ora, di fronte ad una frase come quella dell’italiano, piove, oppure oggi piove dove oggi è un aggiunto, quindi non cambia niente rispetto alla struttura nucleare della frase. Piove è una frase perfettamente grammaticale, quindi noi potremo, di fronte a questo dato dell’italiano e delle altre lingue come l’italiano, potremmo trarre la generalizzazione che in realtà non è vero che tutte le frasi devono avere un soggetto, che non è vero che il soggetto è un ingrediente indispensabile di una frase, perché di fatto, se il verbo è un verbo zerovalente e non ha il soggetto, la frase non ha il soggetto, quindi potremmo fare questa ipotesi: in realtà dobbiamo modificare l’affermazione che poi corrisponde ad un principio ‘tutte le frasi un soggetto’ in ‘tutte le frasi con i verbi argomentali hanno un soggetto, le frasi con i verbi zerovalenti non hanno un soggetto’ ma è vera, è giusta questa ipotesi? Beh, possiamo già anticipare la risposta, che non è un’ipotesi corretta perché ci sono due elementi, due fatti empirici, due dati che costituiscono prove contrarie di questa ipotesi, quindi che la negano: la prima prova contraria è questa: non è vero che in una lingua come l’italiano (e tutte le lingue che sono uguali all’italiano in questo senso) non è vero che solo con i verbi zerovalenti non c’è il soggetto della frase, in italiano o in una lingua in cui il soggetto può mancare anche con un verbo monovalente o bivalente, per esempio io posso dire, in un dialogo, dov’è il gatto? qualcuno risponde dorme sulla poltrona, non c’è bisogno di dire il gatto dorme sulla poltrona o esso dorme sulla poltrona, sarebbe una risposta meno naturale, quella più naturale è quella in cui il soggetto viene cancellato, ovvero è sottinteso, chi dice ‘dorme sulla poltrona’ sa che c’è un soggetto che è presente nella conversazione e che è stato menzionato prima e cioè il gatto. Si dice che l’italiano è una lingua a soggetto nullo, questo ‘a 82 soggetto nullo’ è un’espressione tecnica, che tornerà, vuol dire che il soggetto è costituito da un pronome che resta non realizzato fonologicamente, quindi è un soggetto che c’è ma non si sente, ovvero non si vede. Nella notazione sintattica questo soggetto silente, nullo, vuoto si indica usando la forma pro, che sta per pronome è un pronome, è come se ci fosse un esso in una frase come il gatto, dov’è il gatto? esso (sottinteso) dorme sulla poltrona, è un NP non realizzato che c’è ma non è realizzato, da cosa si vede che c’è? Si vede non solo dal fatto che i parlanti sanno che c’è ma si vede anche dal fatto che svolge la sua azione sintattica, fa scattare l’accordo perché infatti il gatto dorme e se io dicessi dove sono i bambini? e qualcuno rispondesse giocano in giardino, avremo giocano, il quale è accordato con un soggetto alla terza persona plurale, il soggetto c’è e vuol dire che fa il suo lavoro di trigger dell’accordo e anche dal punto di vista del riferimento all’entità i parlanti sanno capire che è il riferimento, chi è il soggetto, chi è che svolge l’azione o si trova in un certo stato, dorme, gioca. Questa è la prima prova contraria, poi c’è un’altra prova contraria ma prima di vederla, vediamo come facciamo a rappresentare una frase con il soggetto nullo. Quindi questo è il VP di dormire sulla poltrona e questo è il soggetto della frase, il soggetto della frase che, naturalmente, parte originato come argomento esterno del verbo e quindi c’è il consueto movimento del costituente, salvo che in questo caso si tratta di un movimento di un costituente silente. La rappresentazione del movimento comunque indica che questo NP silente svolge la doppia funzione di argomento del verbo e soggetto sintattico trigger dell’accordo, poi c’è un’altra cosa da considerare, la prova contraria numero 2. E cioè che se noi passiamo a osservare una lingua che non è come l’italiano, per esempio l’inglese, e tutte le lingue che da questo punto di vista sono uguali all’inglese, lingue che non sono a soggetto nullo, osserviamo che in queste lingue in cui il soggetto sottinteso non è ammesso, tutte le frasi hanno sempre un soggetto sintattico, anche le frasi con i verbi zerovalenti, per cui, la conclusione a cui possiamo arrivare è che il principio per cui tutte le frasi hanno un soggetto non viene smentito da frasi possibili in italiano come ‘oggi piove’, il principio non è smentito, ci sono dei fatti di varia variazione interlinguistica, di diversità tra le lingue che spiegano queste differenze. Un primo elemento è che l’italiano è una lingua a soggetto nullo e che può sottintendere il soggetto, l’italiano e lo spagnolo, tra le lingue a noi più vicine, mentre l’inglese, il francese e il tedesco non possono sottintendere il soggetto e quindi la seconda osservazione è: che cosa succede con le frasi con i verbi zerovalenti? Il soggetto delle frasi con i verbi zerovalenti non è un soggetto argomentale perché il verbo non ha argomenti ma è un soggetto puramente sintattico, che viene inserito nella frase solamente per svolgere il suo ruolo sintattico, questo tipo di soggetto si chiama soggetto espletivo, questa è un’espressione tecnica come quella del soggetto multiplo e va imparato bene che cosa si intende con soggetto nullo (un soggetto presente ma non realizzato) e cosa si intende con soggetto espletivo (un soggetto non argomentale che viene inserito solo per la finalità sintattica con i verbi zerovalenti). Dato che l’italiano è una lingua a soggetto nullo, il soggetto espletivo non viene realizzato: viene ad essere un soggetto espletivo che svolge funzione sintattica ma anche nullo, per cui noi in italiano non diciamo esso piove, deve essere obbligatoriamente sostituito dal pronome nullo. Questa 85 rappresentazione non è teorico è così convenzionale, quindi nella notazione sintattica ci sono vari modi per rappresentare il movimento e uno dei modi che si usa è quello delle tracce. Partiamo da una frase/struttura che abbiamo visto prima dove abbiamo il doppio movimento, abbiamo il movimento dell’NP (del soggetto) e il movimento del verbo alla flessione, ha rappresentato questo facendo dei tratti per rappresentare la posizione di partenza e facendo delle linee curve per far vedere dove va a finire, qual è il punto di atterraggio di questo oggetto che si sposta, c’è però anche un modo diverso che è anche un po’ più pulito per rappresentare le cose che è quello che ricorre e che fa uso della traccia. Il concetto di traccia è un concetto secondo il quale, nell’albero sintattico, nella struttura sintattica, un’unità che si sposta dalla sua posizione di partenza lascia qualcosa in quella posizione, per cui si parla di traccia e vedremo più avanti che questo qualcosa è effettivamente riconoscibile, è un altro dei dati empirici che dà sostanza e che fa capire che quello di movimento non è un’invenzione infondata, ma ha un corrispettivo empirico, cioè ci sono, vedremo, dei casi in cui si capisce che in una certa posizione dell’albero, in una certa posizione della sequenza delle parole, anche se non c’è una parola, c’è qualcosa che in qualche modo si può notare indirettamente e questo qualcosa si chiama traccia, è un qualcosa di non visibile, ma che comunque si fa notare. In ogni modo, la traccia che si rappresenta con una t è anche un’espediente della notazione sintattica, cioè per rappresentare il movimento, cioè invece di, in sostanza, di scrivere la forma fonologica, la o le parole nella posizione di partenza, ci si mette una ‘t’ e si scrive la forma fonologica solo nella posizione di arrivo, naturalmente, se io facessi una rappresentazione come questa di destra (qui sotto), se non sapessi come l’ho fatta, questa rappresentazione non è completa perché io vedo che qui, nello speciifcatore di VP e nella testa V c’è una traccia in ognuna delle due posizioni, ma dove sia andato a finire quell’oggetto lì, la rappresentazione non me lo dice, se io non lo sapessi già potrei pensare che questo è andato a finire qua e quello che partiva da specificatore è andato a finire in I, in realtà, le restrizioni che la teroia impone sul movimento in questo caso non lasciano molto dubbio, una testa può essere andata a finire solo in una posizione di testa e uno specificatore solo in una posizione di specificatore. Tuttavia è necessario comunque essere chiari quando si usano le tracce e allora si usa il sistema dell’indice, quindi si dice che per esempio questa traccia, che chiamiamo traccia I, dove I è l’indice è in connessione con questo NP che si chiama I, quindi l’indice della I della traccia mette in relazione questa traccia con l’NP corrispondente e lo stesso vale con la seconda traccia a cui diamo un indice diverso, per esempio la j e mettiamo accanto alla forma del verbo una j, questa rappresentazione ha lo stesso significato di quella di sinistra, è più pulita, noi possiamo fare come preferiamo: possiamo continuare nei nostri esercizi e anche negli esami ad adottare la modalità di sinistra oppure possiamo adottare quella di destra, l’importante è che il disegno sia 86 interpretabile, se usiamo la tracciamo dobbiamo stare attenti a metterci un indice in modo che si capisca che l’oggetto che stava nella posizione dove ora c’è t, dove è andato a finire. A questo punto, per concludere questa revisione o riepilogo della rappresentazione della struttura delle frasi, prendiamo in considerazione anche la rappresentazione delle frasi subordinate, poi torneremo più avanti sui vari tipi di frasi subordinate, sulla rappresentazione delle farsi, però intanto vediamo come facciamo a rappresentare la struttura di una frase che non è una frase semplice ma è una frase che sta in dipendenza di un’altra frase. In generale, non sempre ma molto spesso, le frasi subordinate o secondarie sono introdotto da una congiunzione, al congiunzione, se ci ricordiamo quello che abbiamo visto sulle cosiddette parti del discorso, sulle categorie di parole, la congiunzione è una categoria del gruppo funzionale, non si tratta di una parola con un contenuto e una natura lessicale e nel gergo diciamo così, nel gergo sintattico la congiunzione è chiamata complementatore, si può perfettamente continuare a chiamarla congiunzione, anche perché il complementatore è un tipo particolare di congiunzione. Sta di fatto che il termine complementatore ricorre, il complementatore, che è una parola che fa parte delle categorie funzionali, tra l’altro e quindi in questo è un po’ come la flessione, è un’altra categoria che entra in gioco e che, come la flessione, è una categoria funzionale. Tra l’altro c’è un rapporto abbastanza stretto tra il complementatore e la flessione, tra la congiunzione e la flessione, questo si vede per esempio dal fatto che il tipo di complementatore, ovvero di congiunzione si combina con strutture flessive, con forme di 87 flessione diverse, per esempio una congiunzione come ‘che’ in una frase come io penso che domani pioverà, questo che introduce una frase cosiddetta finita, quelle che nella grammatica tradizionale dell’italiano si chiamano frasi finite, opposte a quelle infinite, quelle che nel gergo si chiamano anche frasi temporalizzate, dove c’è sia l’accordo della persona e del numero, sia l’espressione del tempo e del modo, mentre invece, la flessione di, in una frase come io spero di andare al mare, l’elemento di che in questa funzione è un complementatore, introduce una frase infinitiva, di andare o to go in inglese (è stato messo l’esempio inglese per far vedere che non è una caratteristica dell’italiano ma è una differenza tra frasi temporalizzate e non temporalizzate che si osserva nelle lingue in generale), un’altra cosa che possiamo dire è per esempio che, se noi guardiamo una struttura come vado al mare anche se piove, questa frase subordinata, anche se piove, va all’indicativo, mentre posso anche dire vado al mare sebbene piova e qui sappiamo che con sebbene ci deve andare il congiuntivo, questo che cosa mi fa vedere? Non c’è una differenza di significato tra il verbo che viene dopo anche se e il verbo che viene dopo sebbene, il significato è sempre lo stesso, si potrebbe descrivere come una frase con valore concessivo: faccio qualcosa anche se le cose lo impediscono o qualcosa del genere, il valore semantico di anche se è seguito dal verbo al congiuntivo, quindi introduce un verbo all’indicativo mentre sebbene introduce un verbo al congiuntivo, questo ci fa capire che c’è un legame tra il tipo di complementatore e certe caratteristiche della flessione, per cui questo ci dà un motivo per mettere in relazione l’IP con il complementatore, e quindi così come la flessione, che è nella testa funzionale I, il complementatore è una testa funzionale C che proietta una propria struttura X/ che è questa, una struttura fatta di specificatore, testa e complemento, la struttura di sempre, C è la testa e poi ci sono le due posizioni canoniche, la frase semplice, l’IP si unisce al complementatore è diventa il complemento di C in questa struttura, questo è il modo in cui noi, in qualche modo, troviamo lo spazio per inserire la congiunzione propria delle frasi secondarie, ovviamente è inutile sottolineare che qui il concetto non è trovare lo spazio in un disegno (perché non è questo l’obiettivo dell’analisi sintattica), l’obiettivo dell’analisi sintattica è dare una rappresentazione omogenea e coerente della relazione che esiste tra le varie parti della frase, siccome ci sono dati che ci fanno capire che c’è una relazione stretta tra il complementatore e certe caratteristiche della frase che è introdotta dal complementatore e noi rappresentiamo questo legame in questo modo: incassando la frase semplice ‘domani pioverà’ in una struttura più ampia in cui la frase semplice si unisce alla congiunzione ‘che domani pioverà’. Ad esempio, una frase come: penso che il gatto dorma è costituita da una frase principale semplice (penso) e una frase secondaria introdotta dalla congiunzione (che il gatto dorma), quindi il gatto dorma è un IP come quelli che abbiamo analizzato finora, che il gatto dorma è la frase secondaria che la testa C proietta un CP, vedremo poi più avanti che anche la posizione dello specificatore del CP è riempita, questo CP, che corrisponde alla frase secondaria che il gatto dorma si unisce alla frase principale. Nella frase in oggetto ‘penso che il gatto dorma’ vediamo esattamente che la frase secondaria svolge la funzione proprio di complemento del verbo pensare, che cosa penso? Penso che il gatto dorma, questo stato di cose lo rappresentiamo così: questa è una frase secondaria che ha la funzione di complemento di un verbo, non tutte le frasi secondarie hanno questa struttura, questa è una frase secondaria che ha il valore di complemento di un verbo e questa è la struttura: il 90 Quindi, abbiamo detto, qual è la funzione della testa C? 1. Rappresentare la posizione gerarchica, quindi la presenza del complementatore esprime il fatto che la frase è secondaria; 2. l’altra funzione, l’altro ruolo che svolge la testa C, l’elemento che occupa la testa C nella frase è quello di rappresentare un’altra cosa e cioè la modalità, la modalità è un altro parametro, oltre alla posizione gerarchica, come ricorderemo, che serve a descrivere e a classificare la struttura delle frasi, modalità cioè dichiarativa, interrogativa, imperativa, esclamativa. Naturalmente la modalità non è una caratteristica esclusiva delle frasi secondarie perché la modalità riguarda tanto le frasi secondarie quanto le frasi principali, questo quindi è un motivo per cui, come vedremo tra poco più in dettaglio, il CP e la testa C e le sue proiezioni sono esclusivamente utilizzate per rappresentare le frasi secondarie, ma possono servire anche per dar conto e anche per presentare le frasi principali, detto in altri termini, ci sono ragioni, le lingue mostrano fatti che ci fanno ritenere che in alcuni casi, anche le frasi principali non esauriscono la loro struttura con un IP ma è necessario fare un’espansione della struttura per rappresentare tutte le caratteristiche di una determinata frase e questa espansione della struttura consiste nel legare un IP a una testa C, cioè unire sintatticamente un IP e una testa C. In sostanza, in sintesi, il CP è una caratteristica delle frasi secondarie, ma, per certi versi, può essere una caratteristica anche delle frasi secondarie. Perché per certi versi? Per certi versi vuol dire quando le frasi sono interrogative, la seconda proprietà della testa funzionale C è quella di esprimere, diciamo così, la modalità interrogativa. Prima di esaminare varie caratteristiche, varie questioni legate alla struttura e alla rappresentazione delle frasi interrogative attraverso il sintagma del complementatore, è utile fare una breve parentesi per chiarire, anche proprio dal punto di vista terminologico, in modo poi da poter fare dei riferimenti che siano assolutamente non ambigui per tutti, naturalmente quello che sta per dire la prof sono nozioni fondamentali che sono certamente note a tutti noi, ma magari con terminologie diverse. Dobbiamo semplicemente, per il momento, fare una classificazione dei tipi di frase interrogativa. Le frasi interrogative si possono classificare in base a due parametri: 1. il primo è se l’interrogativa è diretta o indiretta, questo corrisponde a dire se l’interrogativa è una frase principale o una frase secondaria. Se è una frase principale l’interrogativa ha la classica forma delle domande, per intenderci ha un punto interrogativo alla fine, tipo: Gianni dorme? Mentre la frase 91 interrogativa indiretta, essendo incassata in un’altra frase, non ha il punto di domanda alla fine, un esempio di frase interrogativa indiretta è: ho chiesto se Gianni dorme. 2. il secondo parametro riguarda la portata dell’interrogazione, della domanda, cioè, da questo punto di vista si distinguono le frasi interrogative in cui è l’intera frase ad essere oggetto della domanda, quindi la domanda verte sull’intera frase e quindi queste interrogative si chiamano totali e si distinguono dalle interrogative in cui la domanda non verte sull’intera frase, ma solo su un costituente dell’intera frase, perché il resto della frase non è oggetto di domanda. IL primo tipo è l’esempio che la prof ha fatto prima: Gianni dorme? questa è una frase interrogativa diretta totale, le frasi interrogative dirette totali sono quelle la cui risposta può essere sì o no, mentre se io dico: che cosa fa Gianni? In una frase del genere rispetto alla frase dichiarativa Gianni dorme?, che cosa fa Gianni? è una frase in cui la domanda verte su quello che fa, non su Gianni perché Gianni lo sappiamo già che c’è, non è questionato, ciò che è oggetto di domanda è ciò che Gianni fa (e quindi è questionato?). Oppure è altrettanto un’interrogativa parziale chi dorme? non si mette in questo che qualcuno dorma, la domanda è chi è fa questa azione o si trova in questo stato. Le interrogative parziali non posso dire sì/no perché non è una risposta pertinente, si chiamano anche interrogative wh, perchè in inglese le interrogative parziali sono generalmente introdotte da parole interrogative come who, what, when, where, which etc. che sono parole interrogative, dette anche nel gergo della sintassi parole wh, elementi wh che introducono appunto e segnalano qual è il costituente che è oggetto della domanda, fatta questa precisazione terminologica sui vari tipi di interrogativa, cominciamo ad occuparci delle frasi interrogative dirette, le vere proprie domande con il punto interrogativo alla fine. La prof ci dice che, prevalentemente, gli esempi che la prof farà in questa discussione delle frasi interrogative sono tratti dall’inglese, questo perché tra l’inglese e l’italiano ci sono tante differenze di tipo sintattico e tra le tante differenze, l’inglese è una lingua che ha l’ordine delle parole rigido e le regole relative sono molto più rigide e con molte meno variabili di quanto accada in italiano, per questa ragione fare gli esempi dall’inglese significa semplicemente semplificare i problemi, mentre molto spesso, se per certi fenomeni noi ci mettiamo a riflettere su cosa accade in italiano, purtroppo dobbiamo necessariamente constatare che in italiano le cose sono meno chiare e un po’ più complesse, per questa ragione la prof fa esempi dall’inglese. Va da sé che questi esempi che sono elementari e che c’è sempre poi la traduzione accanto devono servire a tutti, a chi di noi conosce bene l’inglese e magari lo studia e anche a chi l’inglese lo conosce poco, oppure non lo conosce affatto, occorre questi esempi presi da un’altra lingua come esempi che servono a fare delle osservazioni comparative. La seconda parte del corso è riservata agli studenti di lingue dove verranno presi aspetti delle grammatiche delle varie lingue europee in una prospettiva comparativa. Gli esempi in inglese sono il tipo di semplificazione più comune che si può trovare in certi fenomeni. Prendiamo l’esempio delle frasi interrogative in inglese, queste sono caratterizzate da un fenomeno che viene chiamato inversono verbo e soggetto, ovvero più precisamente per l’inglese occorre parlare di inversione ausiliare soggetto, significa che avendo una frase dichiarativa come John will meet is friend, partendo da una frase dichiarativa come questa, noi possiamo fare una frase interrogativa totale facendo la seguente operazione: l’ausiliare e il soggetto si invertono di posizione: in generale questo vale sempre quando si parla di frasi interrogative, noi possiamo sempre considerare le frasi interrogative come delle trasformazioni di una frase dichiarativa corrispondente. La frase interrogativa comporta una certa trasformazione che varia a seconda del tipo di frase e a seconda del tipo di lingua, rispetto alla frase interrogativa corrispondente. Se noi consideriamo la corrispondente frase dell’italiano, tipo Gianni incontrerà i suoi amici, dichiarativa, la frase interrogativa è Gianni incontrerà i suoi amici? in italiano, fondamentalmente, può non cambiare niente dalla frase dichiarativa alla frase interrogativa totale, quello che cambia è il punto interrogativo nella scrittura o è l’intonazione che è molto diversa nella pronuncia, però non ci sono fatti che riguardano l’ordine delle parole, mentre in inglese i fatti che riguardano l’ordine delle parole sono molto chiari, bisogna fare la frase interrogativa totale portando l’ausiliare a sinistra del soggetto invece che a destra, ora, questa inversione, così si chiama nella descrizione della grammatica dell’inglese, che cos’è e come viene fuori questa inversione? Da un punto di vista molto ingenuo che non è probabilmente quello nostro, che abbiamo già fatto 92 qualche lezione di sintassi e già sospettiamo che questa inversione in realtà è un movimento sintattico, ma mettendoci in un’ottica ingenua, noi possiamo dire che questo fenomeno dell’inversione ausiliare soggetto potrebbe corrispondere a una di queste tre ipotesi, diciamo così, nello schema si dà la struttura di una frase dichiarativa, quindi soggetto, ausiliare e verbo: John will meet e la struttura della frase interrogativa totale, quindi la prima ipotesi dice che l’ordine Will John meet? lo si deriva spostando, facendo un movimento dell’ausiliare dalla sua posizione di partenza a un’altra posizione che sta a sinistra del soggetto, prima ipotesi; seconda ipotesi: l’ordine ausiliare soggetto e verbo lo si ottiene spostando il soggetto dalla sua posizione ad una posizione a destra dell’ausiliare, terza ipotesi: i due ausiliare e soggetto si scambiano di posto, uno va a destra e l’altro a sinistra. Per capire quale di queste tre ipotesi, siamo in un’ottica ingenua, uno che non sa che esiste la struttura X/, che esistono gli alberi sintattici e i sinatticisti, un’osservazione semplice. Per stabilire quale di queste ipotesi è quella giusta, possiamo creare una situazione di tipo sperimentale e questo la prof ce lo fa vedere per farci capire qual è il tipo di ragionamento induttivo che si usa nell’analisi sintattica e nella teoria sintattica, come si fa a costruire un’ipotesi e a verificare che quest’ipotesi è vera? Per fare questo, si deve creare una situazione sperimentale, tale che, avendo una frase dichiarativa di partenza, le tre procedure descritte nello schema, danno risultati diversi e quindi la situazione che può dar luogo a tre risultati diversi per queste tre procedure è la situazione in cui tra il soggetto e l’ausiliare nella frase dichiarativa c’è qualcosa, c’è un altro elemento, tipicamente, in queste situazioni, la cosa che può stare tra un soggetto e un ausiliare è un avverbio, perché, per la caratteristica propria di alcuni avverbi, che è quella di godere di un’ampia libertà di posizione nella frase. L’avverbio è la parte del discorso, ovvero la categoria lessicale, che più di tutte gode di proprietà distribuzionale. Una frase del genere è questa: These new shops definitely are doing well. Non è una frase che la prof ha inventato, è tratta da un libro, non l’ha inventata la prof perchè in certi frasi il giudizio di grammaticalità su cosa abbastanza sottili come la posizione di un avverbio va lasciato ai parlanti nativi, naturalmente, chi di noi conosce abbastanza l’inglese sa che sarebbe anche possibile l’ordine These new shops are definitely doing well, o These two shops are doing definitely well. Ma posizionare l’avverbio dopo l’ausiliare non ci servirebbe a svolgere l’esperimento mentre invece, posizionandolo tra il soggetto e l’ausiliare serve; perché serve? Serve perché i risultati che vengono fuori dall’applicare l’esperimento sono tre naturalmente, di cui uno è grammaticale e gli altri due non lo sono. Se l’ipotesi giusta è quella per cui l’ausiliare si sposta e va a sinistra del soggetto, quindi l’ausiliare si sposta: are these two shops definitely doing well? Se invece la procedura corretta fosse che il soggetto si sposta dopo l'ausiliare avremmo: definitely are these new shops doing well? cioè il soggetto va dopo l’ausiliare, questa non è una frase grammaticale in inglese e neppure la semplice inversione, are definitely these new shops doing well? nemmeno questa è corretta. 95 è il fatto che in inglese l’unico ordine delle parole è quello che vediamo nella prima delle due forme: I wonder whether John will meet his friends, congiunzione, soggetto, ausiliare verbo, non è invece possibile (possibile agrammaticale) I wonder whether will John meet his friends, quindi congiunzione, ausiliare, soggetto, verbo. Questo significa che nelle frasi secondarie in inglese non si verifica l’inversione ausiliare soggetto, qui c’è una spiegazione evidente, proprio palese del perché il movimento non si verifica. IL movimento non si verifica perché la posizione C è già occupata dalla congiunzione, essendo C già occupato l’ausiliare non può spostarsi da I perché non ha dove atterrare. Lezione 14 23/03/2022 In questa lezione continueremo ad esaminare la struttura del sintagma del complementatore, in particolare il contenuto, la struttura l’abbiamo già visto: si tratta di un costituente di tipo X/ come tutti gli altri, ma che soa può essere contenuto nelle posizioni testa, complemento e specificatore, testa e specificatore del CP? Continueremo a parlare di frasi interrogative e vedremo come funzionano le frasi interrogative parziali che comportano un movimento sintattico, il cosiddetto movimento Wh-, poi prenderemo in esame le frasi interrogative indirette e vedremo come sono costruite, come ne rappresentiamo la struttura e infine prenderemo in esame vari tipi di frasi subordinate non interrogative e il modo in cui queste frasi subordinate si collegano alla frase principale. Come abbiamo visto nella precedente lezione, la testa funzionale C contiene informazioni che riguardano la frase, queste informazioni sono la posizione gerarchica e la modalità, cioè in particolare l’interrogatività, l’elemento che si trova nella testa C, che sia una congiunzione, un complementatore o che sia, nel caso delle frasi interrogative dirette dell’inglese, l’ausiliare che si sposta dalla testa I alla testa C, la testa, la posizione C viene interpretata, realizzata da elementi che realizzano l’uno o l’altro dei due contenuti funzionali, cioè posizione gerarchica e interrogatività o anche, in certi casi, come abbiamo visto nel caso di certe congiunzioni come in inglese la congiunzione whether in entrambi i casi. Cosa può stare nello specificatore di CP? Noi possiamo ipotizzare coerente con l’ipotesi con quanto affermato finora che anche lo specificatore di CP sia ‘sintonizzato’ con la sua testa come è normale che sia all’interno di ogni costituente, c’è un legame stretto tra specificatore e testa e quindi noi possiamo ipotizzare che lo specificatore contenga dei tratti, che quindi l’elemento della posizione specificatore realizzi un contenuto affine quantomeno a quello della testa, con la differenza, naturalmente, che la posizione C può accogliere una testa, mentre la posizione di specificatore non può accogliere teste e deve accogliere fondamentalmente dei costituenti, cioè delle proiezioni massime di livello XP. Ma l’ipotesi che possiamo fare è che anche l'elemento dello specificatore realizza la modalità interrogativa, possiamo ampliare il rudimentale schema che ci ha mostrato 96 nella scorsa lezione, in cui c’era il tratto di interrogatività nella testa C, lo possiamo ampliare mettendo un corrispondente tratto di interrogatività nella posizione di specificatore. Che conseguenze ha questo passo? Questo passo ha, come prima conseguenza che analizziamo, quella di mettere a disposizione, rendere disponibile una posizione strutturale che ci consente di rappresentare la struttura delle frasi interrogative parziali o Wh-. Le frasi interrogative parziali, abbiamo già detto l’altra volta, sono le frasi in cui la domanda verte solo su un costituente della frase stessa e non ha portata sull’intera frase e le frasi interrogative parziali sono costruite a partire dalla corrispondente dichiarativa attraverso alcune trasformazioni, il tipo di trasformazioni e se le trasformazioni siano presenti tutte o in parte nella grammatica, dipende dal tipo di lingua. Considerando da prima l’inglese, per le ragioni che abbiamo visto l’altra volta, perché l’inglese ha una sintassi regolare da questo punto di vista, diciamo che le frasi interrogative parziali si costruiscono in questo modo: il costituente su cui verte la domanda, che è oggetto su cui si estende la portata dell’interrogazione, viene trasformato nel senso che si inserisce all’inizio del costituente stesso o si sostituisce il costituente con l’interno costituente o con una parola di tipo Wh-, quindi si può sostituire un intero costituente con una parola come who, whom, what o oppure il costituente può essere trasformato mettendo all'inizio la parola, cioè il sintagma viene introdotto da, per esempio, which. La seconda caratteristica delle frasi interrogative Wh- in inglese è che c’è un movimento, c’è un movimento per cui il costituente wh- si porta all’estrema periferia a sinistra della frase, il costituente wh- diventa il primo elemento nella frase, in realtà questo fenomeno, questo movimento si verifica anche in italiano, possiamo, a questo riguardo, cominciamo osservando la frase dell’inglese che era: John will meet his friends, questa è la frase dichiarativa e una frase wh- è per esempio: At what time John will meet his friends? La frase si costruisce con il movimento dell’ausiliare da I a C, lo stesso che abbiamo descritto per le frasi interrogative totali, cioè non wh-, Will John meet his friends? e in più si osserva il movimento di un costituente dalla sua posizione di partenza alla posizione di specificatore del CP, la posizione di partenza del costituente wh- varia a seconda di qual è il costituente su cui verte la domanda, in questo caso: At what time, se noi consideriamo la frase dichiarativa corrispondente potrebbe essere John will meet his friends at 10 in the afternoon, quindi at 10 è, nella frase dichiarativa, un costituente preposizionale, un sintagma preposizionale che è un circostanziale perché non è un argomento del verbo, meet è un verbo bivalente e i due argomenti del verbo ci sono già, John friends, quindi at 10 nella frase dichiarativa o at what time nella corrispondente frase interrogativa è esattamente un circostanziale, quindi è un aggiunto. Quindi in questa lavagna lo vediamo più in dettaglio (appena sopra) che il costituente wh- che atterra nella posizione di specificatore di CP parte da una posizione di aggiunto al sintagma verbale, è posizionato in un nodo ricorsivo del V/, il movimento wh- si osserva in molte lingue, tra cui anche l’italiano, non in tutte le lingue però, in effetti è una caratteristica sintattica che è oggetto di variazione parametrica, cioè ci sono lingue in cui si osserva sistematicamente o obbligatoriamente il movimento wh- e ci sono lingue in cui, invece, esistono le interrogative parziali, esistono i costituenti wh-, esistono modi di segnalare attraverso caratteristiche morfologiche che un certo costituente è un costituente interrogativo, ma, fra queste caratteristiche non ‘è il movimento alla periferia a sinistra della frase, queste lingue si dice hanno il wh- in situ, cioè il costituente 97 interrogativo resta nella stessa posizione dove è stato generato, dove si è unito alla sua testa nel caso che il wh- sia un complemento o comunque si è unito al costituente attraverso aggiunzione. Bisogna dire che, a differenza di altri parametri in cui generalmente il menù che si offre, che la grammatica universale offre è tra due opzioni e queste due opzioni sono alternative l’una rispetto all’altra e decisamente alternative, possiamo dire che la variazione interlinguistica tra le lingue del mondo rispetto al movimento wh- non è così netta, cioè si sono lingue come per esempio l’inglese che ha il movimento wh- obbligatorio, lingue come per esempio il giapponese che non ha il movimento wh- ma poi all’interno di questi due poli di questa variazione si osserva una certa continuità, per cui è più adeguato parlare di maggiore o minore probabilità che il wh- abbia luogo, in molte lingue è corretto parlare di maggiore o di minore probabilità. Sicuramente l’italiano è una lingua che ha movimento wh- perché noi possiamo dire: Gianni incontrerà i suoi amici a che ora? invece di: A che ora Gianni incontrerà i suoi amici? la struttura senza movimento wh- è una struttura anche possibile in italiano ma in realtà dà luogo ad un'interpretazione particolare della frase, se io dico Gianni incontrerà a che ora? in genere è un modo di richiamare l’attenzione sull’informazione portata dal wh- o con un valore ironico o contrastivo oppure volendo sottolineare l’importanza e la centralità di quella parte della frase rispetto all’informazione generale, altrimenti, se non c’è l’intenzione di segnalare in particolare l’importanza informativa del costituente, in italiano il wh- si mette all’inizio. Anche in inglese c’è in certe strutture interrogative un wh- in situ, per esempio se qualcuno dice John speaks Chinese, una domanda fatta su questa frase dichiarativa è una domanda in risposta a quella frase potrebbe essere John speaks what language? però in questa frase siamo di fronte a quella che si chiama un’interrogativa ad eco, però non è una vera interrogativa: è la frase che ha la struttura di una frase dichiarativa: John speaks e poi il