Scarica Seconda parte- Manuale storia greca- Bettalli e più Sintesi del corso in PDF di Storia Antica solo su Docsity! - ERODOTO Erodoto —> ha avuto maggiore popolarità perché si rivolgeva ad un pubblico più ampi con una funzione di intrattenimento, nel periodo ellenistico ha avuto molto più fortuna di Tucidide. Erodoto veniva da Alicarnasso, si trova sulla costa meridionale dell’Asia minore corrisponde all’attuale Turchia di fronte all’isola di Cos. Una città che si era affermato nel contesto di una popolazione indigena quella dei Cari, quindi vi era una popolazione mista, alcuni parenti portavano dei nomi Cari. Erodoto nasce in un momento in cui Alicarnasso era soggetta all’autorità persiana e aveva obblighi tributari e militari nei confronti dei Persiani. Vi erano dei governatori che supportavano l’interesse dei Persiani. Nasce nel 490/480, la sua famiglia si opponeva al governatore persiano, e per questa ragione Erodoto era stato costretto all’esilio. Anche Tucidide fu un esule e sembra che il fatto di essere allontanato dalla propria città ha consentito loro di analizzare i fenomeni storici con il giusto distacco. Erodoto fu un grande viaggiatore, visitò diverse aree del mondo persiano e del mondo greco, dovette visitare le regioni occidentali dell’Asia minore, la costa della Scizia, visito la Siria, l’isola di Cipro, la Fenicia, la Mesopotamia, l’Egitto, la Cirenaica, da prova di conoscere numerose isole dell’Egeo, della Grecia: statuario di Delfi, Atene, Beozia, e partecipo ad una spedizione coloniale nel sud Italia e nella formazione di Turi, una colonia panellenica per iniziativa di Pericle. Non rivela una conoscenza importante della Magna Grecia. Dovendo parlare ad un pubblico Magno-greco dovevano spiegare come fosse fatta la Crimea la descrisse come la penisola salentina, ad Atene mette a confronto le mura di Macba a quelle di Atene, così anche per le dimensioni. Usava il metodo comparativo per renderlo comprensibile talvolta ad un pubblico diverso. Sembra avesse visitato Atene. Non si sa quando muore. Fa rifermenti al 431-403, si crede sia vissuto fino 424 e quando scrive delle guerre persiane in un momento in cui nel mondo greco era scoppiata la guerra del Peloponneso tra Atene e Sparta, la scelta di narrare una guerra del passato sia stata fatta in funzione del presente era tenuto in considerazione questo aspetto. - Opera : Il contenuto dell’opera di Erodoto non è dedicata alle guerre persiane, certo queste rappresentano il nucleo della narrante e occupa i libri che vanno dalla seconda parte del libro VI fino alla fine dell’opera, questa suddivisione in libri non risale ad Erodoto, si pensa sia stata elaborata nella biblioteca di Alessandria. Il filo conduttore di quest’opera è rappresentato dal processo di espansione dell’Impero persiano, creato da Ciro il grande nel VI secolo e lo scheletro cronologico è rappresentato dalla successione dei sovrani persiani. Ciro – Cambise– Dario I – Serse. Tutti hanno la tendenza espansionistica e l’opera di Erodoto è il riflesso di questo espansionismo. Accanto a questo filone di storia politico-militare corre un filone di tipo etnografico e geografico. Ad esempio quando Cambise conquista l’Egitto inizia una digressione che occupa tutto il secondo libro e riguarda la regione dell’Egitto, i caratteri fisici, le piene dei Nilo, gli animali, usi e costumi, credenze religiose e nella seconda altre del II libro si accenna alla storia dell’Egitto dai tempi antichi a quello di Erodoto. Così per la Scizia o Cirene e rivela nell’opera due filoni paralleli: - Di storia politica e militare - Di stampo etnografico e geografico La struttura dell’opera è estremamente sorvegliata e ciò che tiene insieme tutto sono le vicende dei quattro sovrani. L’opera riguarda solo in parte le guerre persiane che non sono altro che l’ultima istanza di espansione. Erodoto viaggiò molto sia nel mondo persiano sia nel mondo greco, toccando una serie di centri del mondo greco come Atene e partecipò alla formazione di Turii nel 344 e ne divenne cittadino, così come per Protagora e Ippodamo di Mileto, un urbanista. Abbiamo pochi elementi biografici, alcuni elementi sono ricavabili dalla sua stesa opera, dovette scrivere fino agli anni 20 del V secolo, fino alla prima fase della guerra del Peloponneso. I contenuti della sua opera hanno un filo conduttore di tipo politico legato all’ascesa e all’espansione dell’Impero romano, nello stesso tempo accanto a questo filone politico e militare è ugualmente importante il filone etnografico e geografico , l’opera di Erodoto è dedicato ai popoli con cui l’impero persiano è giunto a contatto, le digressioni possono essere più o meno ampie, quindi il racconto delle guerre persiane è l’esito del processo continuo di espansione che porta a confrontarsi con le città greche dell’Asia minore e della madre patria. Il proemio dell’opera di Erodoto Erodoto, Storie , I, proemio Ἡροδότου Ἁλικαρνησσέος ἱστορίης ἀπόδειξις ἥδε, ὡς μήτε τὰ γενόμενα ἐξ ἀνθρώπων τῷ χρόνῳἐξίτηλα γένηται, μήτε ἔργα μεγάλα τε καὶ θωμαστά, τὰ μὲν Ἕλλησι, τὰ δὲ βαρβάροισι ἀποδεχθέντα, ἀκλεᾶ γένηται, τά τε ἄλλα καὶ δι ̓ἣν αἰτίην ἐπολέμησαν ἀλλήλοισι. «Questa è l’esposizione delle ricerche di Erodoto di Alicarnasso, perché gli eventi umani [lett. “le cose che hanno origine dall’uomo”] non svaniscano con il tempo e le imprese grandi e meravigliose, compiute sia dai Greci sia dai barbari, non restino senza fama; in particolare [lett. tra le altre cose anche] per quale causa si fecero guerra gli uni con gli altri». Questo proemio, può apparire neutra ma in realtà contiene al suo interno degli elelmeti e riferimenti culturali, nel momento in cui Erodoto si accinge a comporre la sua opera non aveva modello idi storiografia a cui fare riferimento, era un pioniere, fu il primo autore a scrivere un opera di storia nazionale di così ampio respiro. Non è improbabile che ci siano stati altri autori che abbiano scritto opere di storia locale ma non nazionale, la discussione è aperta. Cicerone lo definisce padre della storia, la stessa nozione di storia aveva dei significati molto più circoscritti del significato di storia, historie significa ricerca, indagine, inchiesta, e può riguardare qualsiasi aspetto del sapere non per forza il passato. Il termine riferito al passato lo troviamo nella Poetica di Aristotele che distingue tra al storia e la poesia, sostenendo che a storia si occupa del particolare e la poesia del generale. Nel III secolo viene risolta una contesa territoriale tra due città, Samo e Priene, con riferimento a opere storiche. Fu Erodoto a coniare il termine historia, ed è sua la prima attestazione, nasce proprio dall’analisi del suo tipo di procedimento di indagine. Erodoto apripista ha dei modelli culturali: 1. Poemi omerici che hanno rappresentato un opera con un impatto culturale sul mondo greco enorme, considerati dei poemi di riferimento. Lo si capisce da elementi: - l’idea di grandezza delle imprese, nei poemi omerici le azioni degli eroi sono grandi al di là della misura umana, si parla delle cause della guerra come nell’Iliade il riferimento al tema della guerra. - gloria, riferimento al “senza fama e senza gloria”, kleosindica la gloria e la fama. Il compito degli Aedi è di cantare le glorie degli uomini. Nell’Iliade, Achille è intento a cantare le glorie degli uomini, così anche gli Aedi cantano gliekleaandron. guerra persiana come una sorte di spedizione punitiva contro Eretria e Atene che avevano sostenuto tale rivolta. In realtà Ecateo si oppone a questa rivolta a causa della conoscenza delle dimensione dell’Impero persiano e quindi sapeva che non avrebbero avuto successo contro di loro, è stato anche un autore di due opere che anticipano quelle di Erodoto: aveva perfezionato le carte geografiche messa a punto da Anassimandro e aveva composto uno scritto di due libri che portava il titolo di descrizione della terra, una sorta di mappa delle coste del mediterraneo da Gibilterra fino all’Asia minore e si contornava le coste dell’Egitto da sotto fino a Gibilterra, era una somma delle conoscenze geografiche che i greci avevano acquisito attraverso la colonizzazione di viaggi esplorazione. Aveva dal vita al filone geografico. Aveva scritto anche un’altra opera di contenuto vagamente storico Genealogie, giunta in frammenti di brevi citazioni di luoghi geografici, il cui contenuto erano le genealogie degli eroi, ci è rimasto il proemio ossia l’inizio dell’opera in cui a Ecateo diceva: “Ecateo di Mileto così racconta: scrivo queste cose come mi sembrano essere vere i racconti dei greci come mia appaiono sono infatti molti e ridicoli”, questo proemio compare l’idea di una critica storica ossia della tradizione greca dandone un senso secondo come li appaiono quindi tramite razionalizzazione del mito. L’opera inizia con il nome dell’autore e della città come quella di Erodoto, quindi è stato un predecessore. } Erodoto è uno storico strano perché scrive di storia senza sapere cosa sia visto che la nozione di storia si definisce dopo di lui, con Aristotele, non lavora a tavolino ma che scrive per recitazioni pubbliche come fosse un conferenziere, un viaggiatore, è molto lontano dal modello dello storico che abbiamo noi anche perché lavora con informatori e non con documenti quindi è molto lontano dallo storico di oggi. Era uno storico ? Sì, per quattro elementi: 1. Erodoto è il primo autore che distingue il tempo del mito da quello della storia, il primo in può essere indagato mentre il secondo è oggetto di indagine, ciò lo si capisce dai primi cinque capitoli della sia opera, che trattano delle cause mitiche della guerra tra greci e barbari e vengono riconosciuti in rapimenti di donne, quattro rapimenti: gli Asiatici lo avevano rapito ad Argo, in risposta viene rapita Europa da parte dei greci, poi il rapimento di Medea e gli asiatici avevano replicato con quello di Elena, ciò ci viene raccontato dai fenici. Erodoto apporta una variante che gli è giunta da informatori fenici —> capitolo 5, paragrafo 3. Erodoto è agnostico quindi non prende posizione su questa questione e sugli eventi mitici perché non possono essere indagati. Compie un operazione importante: soltanto il tempo della storia può essere oggetto di indagine.Per Erodoto la storia è solo recente. Erodoto è uno storico sui generis, è fatto per informare perché le sue fonti sono di informazione, si comporta similmente ad un antropologo: la sua curiosità viene stimolata dai viaggi, si pone delle domande ed cerca di rispondere e di verificare ciò che viene a sapere a volte prende una posizione altre volte no e si limita a riferire quanto detto. Erodoto può essere davvero considerato uno storico ? Cicerone lo definiva come padre della storia, infatti egli è uno storico, il discorso si articola su quattro ragioni: 1. Erodoto definisce che cosa sia lo spazio storico e quindi il tempo della storia in opposizione al tempo del mito, lo spazio temporale che può essere oggetto di una indagine ossia che può essere fatto oggetto di historie all’interno del quale ci sono dei dati. > La caduta della città di Sardi, in Libia, che diventa parte dell’Impero persiano e questo è l’inizio della storia di Erodoto, uno spazio temporale che si sviluppa su tre generazioni. La memoria storica può spingersi in una società in cui non esiste la conservazione di una memoria storica scritta, in tale società è affidata all’oralità. Lo spazio storico si spinge indietro per tre generazioni, prima non si conserva memoria e poi il tempo del mito. Lui sceglie di distinguere il tempo del mito è quello della storia, dichiarando di non prendere posizione a proposito delle cause mitiche relative all’inimicizia tra Asia e Europa: dice che non discute a questo proposito ma inizia da chi è stato il primo ad avere compiuto un atto offensivo nei confronti dei Greci, occupandosi di un periodo che può essere soggetto ad indagini —>Historie 2. Erodoto è uno storico perché ha consapevolezza che la storia sia dinamica, il compito dello storico è indagare il divenire storico[testo su Ariel] Qui Erodoto mette in evidenza come la grandezza di una città è in un continuo flusso nel divenire storico, se noi consideriamo il mondo dell’epica questo era un mondo antico e statico come fosse un mondo astorico collocato in una dimensione temporale non precisabile in cui era tutto grande. Ciò che è grande era stato piccolo e viceversa. Perché Erodoto ha scelto come oggetto della sua opera l’impero Persiano e le guerre persiane ? Continuò alla sua opera dopo 50 anni dalla conclusione delle guerre persiane. Tali guerre erano per Erodoto erano un evento della sua infanzia di cui difficilmente avrebbe potuto avere una memoria, in una distanza temporale importante. La ragione di questa scelta, quando esamina l’ascesa dell’Impero persiano esamina un processo di espansione dell’Impero persiano legato ad Atene che nell’anno 477 quindi subito dopo le guerre persiane aveva formato una lega di città, definita Lega Delio Attica, delio deriva dall’isola di Delo che si trovava al centro dell’Egeo dove c’era un Santuario che attirava molti popoli perché univa Atene a molte comunità del mare Egeo. Quando Erodoto compone la sua opera si era affacciato un nuovo fenomeno imperialistico ossia quella di Atene per continuare la lotta contro i persiani con questa lega antipersiana. Dopo il primo insuccesso persiano di Maratona vi era stata una nuova invasione ideata da Serse che si era conclusa con la sconfitta dei persiani e si credeva ci sarebbe stata un'altra invasione, la lega costruita su base paritaria, gradualmente, si va trasformando in un impero di Atene. Nel momento in cui Erodoto scrive la sua opera egli si trova testimone di un nuovo imperialismo quello ateniese e la questione dell’analisi dell’imperialismo persiano è sollecitata dal presente. Affronta perciò le problematiche del suo tempo, la storia è sempre contemporanea perché le problematiche sono sollecitate dal presente. Nello stesso tempo si può avere l’impressione che Erodoto proietti sul presente quello che ha dato al passato: la parabola persiana è stata un gran processo di espansine che è finita in una rovinosa caduta, ad una ascesa era corrisposta una discesa ossia la sconfitta nelle guerre contro i greci. “Le città che al mio tempo erano piccole ora sono grandi”, usa un imperfetto come se si ponesse nella prospettiva di un lettore futuro quindi di chi sarà testimone della continuazione di questo processo come se suggerisce che il processo di ascesa e discesa continuerà: anticipa quella che poteva essere la caduta di Atene come era avvenuto per la Persia. Erodoto è pienamente uno storico perché sceglie un tema passato dettato dall’esperienza presente, ma ha anche una volontà di interpretare il presente guardando al passato. 3. La critica delle fonti è tipica di un antropologo ma anche di uno storico: mette a confronto le fonti, compie dei paragoni. Ciò indica che la sua posizione di fronte a ciò che indaga è sempre critica, a volte suggerisce una soluzione, per scempio ne, caso delle piene del Nilo elencando tre teorie, altre volte non si schiera. Raccoglie informazione e teorie le dispongo le confuta ed esprime il suo parere, tutto ciò rivela un atteggiamento costantemente vigile nei confronti degli eventi. È uno storico con un atteggiamento critico. 4. Erodoto ricerca le cause dei fatti storici e politici, viene posto in secondo piano rispetto a Tucidide perché si pensa che la sua eziologia sia più avanzata anche se non esiste una differenza qualitativa. In Tucidide vi è una consapevolezza teorica delle cause mentre in Erodoto non viene teorizzata ma appare nel suo farsi, distingue tre ordini di cause: - Origine divina, ad esempio la sua spiegazione della sconfitta dei persiani è data dal fatto che Serse si era macchiato di hibrisperché voleva congiungere Asia e Europa incorrendo una una punizione divina. - La rivolta ionica delle città greche della costa dell’Asia minore contro i persiani fu una causa della guerra persiana - fenomeno strutturale ossia l’espansionismo persiano, di fronte a questa tendenza di aggiungere territori era inevitabile, che era la causa originaria. Erodoto lascia implicito mentre Tucidide teorizza. - TUCIDIDE Per capire Tucidide bisogna tenere sullo sfondo Erodoto, con i suoi aspetti geografici e etnografici che ebbero una notevole popolarità dopo le conquiste di Alessandro. L’opera di Tucidide si rivolgeva già a priori ad un pubblico più limitato e per questa ragione è un opera meno popolare, anche se gli autori successivi assunsero come autore di riferimenti Tucidide. - Tucidide viene da Atene, sappiamo poco della sua biografia e gran l’arte delle notizie biografiche ci vengono fornite dallo stesso, il nome del padre era Holoros un nome di origine tracia, sappiamo che nel VI era un nome di un dinasta della Tracia la cui figlia aveva sposato il vincitore della battaglia di Maratona, ciò significa che la sua famiglia doveva essere imparentata con quella di Milziade e dunque apparteneva all’ élite politica e sociale di Atene, apparteneva ad una famiglia aristocratica e co si riflette nel fatto che aveva avuto una carriera politica. Fu uno dei dieci comandanti che guidavano l’esercito di Atene nell’anno 424 ed era stato posto a capo di una squadra di flotta la cui base era un isola nel nord dell’Egeo, l’isola di Taso, immediatamente prospiciente alla regione della Tracia. Tucidide era stato destinato a quel settore perché era un luogo che conosceva in virtù della sua famiglia e aveva interessi economici in Tracia con diritti di sfruttamento delle miniere d’oro di quella regione, una ragione ricca di miniere d’oro e d’argento e si trattava di una zona boscosa che era fondamentale per approvvigionamento del legname per la flotta. Nel 424 T fu il protagonista sfortunato di un episodio che ha come suo centro Anfipoli, una colonia di Atene, le colonie fondate da Atene sono numericamente limitate e risalgono al periodo classico, che aveva un’importanza economica. Nella prima fase della Guerra del Peloponneso la fase archidamica, lo scontro diretto tra Atene e Sparta è una guerra di logoramento, una fase di stallo e inazione interrotta da un episodio, Brasida conquista Anfipoli e T arriva troppo tardi e in seguito al suo insuccesso fu costretto a lasciare Atene ed ad andare in esilio, situazione molto simile ad Erodoto. Torno ad Atene soltanto 20 anni dopo alla fine della guerra del Peloponneso, ci dice che quei vent’anni erano stati utili perché gli avevano consentito di entrare in contatto con membri dell’alleanza spartana e quindi di attingere informazioni. Si discute su dov’è abbia trasfuso l’esilio: in Tracia, santuario di Olimpia.. comune ai due autori è l’ideale dell’autopsia ossia l’aver visto, se la conoscenza migliore è quella visiva allora le cose più vere sono quelle di cui si è testimoni diretti e dunque la storia contemporanea. (I greci credevano che l’unica storia possibile fosse quella contemporanea). T fa un omaggio al suo predecessore, con una digressione di un periodo di 50 anni che porta il nome dipentecontetia(il periodo dei 50 anni, anche se in realtà sono 48, tra il 479 che costituisce la fine dell’opera di Erodoto è l’inizio della guerra del Peloponneso 431). Eredità della tradizione epica : Tucidide sottolinea che l’evento che tratta è quelli più memorabile tra le guerre combattute fino a quel momento, il termine “grande” lo troviamo anche nel proemio di Erodoto è ci riporta ai proemi omerici. Nel capitolo 23 del primo libro si dice che questa guerra fu quella che causò più sofferenze: “la guerra che io narro durò a lungo e in concomitanza con essa sia produssero sofferenze..”, la. Guerra viene mostrata come una sorta di catastrofe cosmica perché ci furono anche eclissi, pestilenze, contagi, peste, carestie. Questi elementi concorrono a definire la nozione di grandezza della guerra per la quale sarà un evento senza precedenti. Indipendenza di giudizio , Tucidide dovette andare in esilio e fu lontano da Atene fino al 404, gli ultimi 20 anni li visse nella condizione di esule in Tracia, era entrato in contatto con i peloponnesiaci da cui trasse informazioni. Una delle caratteristiche delle sue opere sembra un oggettività e imparzialità dal punto di vista formale, ci sono solo tre passi in cui l’io di T balza in primo piano per il resto è assente dalla narrazione, diversamente con Erodoto abbiamo una presenza cornea dell’autore dentro l’opera. Interesse per la cronologia degli eventi : in Erodoto, meno sprovveduto di quanto sembra, lo scheletro della narrazione è rappresentato dalla successione dei re persiani, con Tucidide invece il problema della datazione degli eventi riceve una soluzione diversa, con i nomi dei magistrati che davano il proprio nome all’anno, magistrati eponimi: ad Atene era l’arconte, a Sparta l’eforo, ad Argo la sacerdotessa di Atena. Era difficile orientarsi in questa giungla perché i magistrati erano diversi e bisognava avere una conoscenza locale, l’anno iniziava in momenti diversi per ogni città: ad Atene iniziava da Luglio (anno attico), in altre città iniziava in autunno, di fronte a questa difficoltà T incrocia le cronologie di Atene, Sparta e Argo e poi procede con gli anni di guerre, fissa il momento iniziale e poi procede contando gli anni. La soluzione utilizzata da Erodoto e Tucidide è diversa ma entrambi vogliono collocare gli eventi sulla linea del tempo. Punti di divergenza tra Erodoto e Tucidide: “Ha narrato per iscritto”, l’enfasi, nel proemio di Tucidide, va messa proprio sul termine “scritto” mentre Erodoto parla di esposizione nel suo proemio perché fatta per essere fruita tramite l’ascolto non la dimensione della lettura. In Tucidide l’opera è fatta per essere letta e non recitata. Questa scelta ha due conseguenze. Il pubblico di T è ristretto, di élite, in grado di leggere. Uno stile concettoso in cui si procede per ipotassi, attraverso una costruzione periodica di proposizioni subordinate. Un gruppo di politici interessati alla politica, ad una analisi serrata degli eventi che ne mette in evidenza le dinamiche e le motivazioni. E e T sono agli antipodi. La scelta fatta da Tucidide è il risultato di ciò che egli considera il fine ultimo dell’opera storica, Erodoto si rivolgeva ad un pubblico di persone curiose per intrattenimento, per T la funzione dell’opera storica è di tipo didattico, deve trasmettere un insegnamento politico, come si vede nel capitolo 22 che fa parte di quei capitoli 20-23 che costruiscono i capitoli metodologici. Tucidide, La Guerra del Peloponneso , 1.22,1-4 Καὶὅσα μὲν λόγῳ εἶπον ἕκαστοι ἢ μέλλοντες πολημήσειν ἢἐν αὐτῷἤδη ὄντες, χαλεπὸν τὴν ἀκρίβειαν αὐτὴν τῶν λεχθέντων διαμνημονεῦσαι ἦν ἐμοί τε ὧν αὐτὸς ἤκουσα καὶ τοῖς ἄλλοθέν ποθεν ἐμοὶἀπαγγέλλουσιν· ὡς δ ἂ̓ν ἐδόκουν μοι ἕκαστοι περὶ τῶν αἰεὶ παρόντων τὰ δέοντα μάλιστ ̓ εἰπεῖν, ἐχομένῳὅτι ἐγγύτατα τῆς ξυμπάσης γνώμης τῶν ἀληθῶς λεχθέντων, οὕτως εἴρηται· τὰ δ ̓ἔργα τῶν πραχθέντων ἐν τῷ πολέμῳ οὐκ ἐκ παρατυχόντος πυνθανόμενος ἠξίωσα γράφειν οὐδ ̓ὡς ἐμοὶἐδόκει, ἀλλ ̓ οἷς τε αὐτὸς παρῆν καὶ παρὰ τῶν ἄλλων ὅσον δυνατὸν ἀκριβείᾳ περὶἑκάστου ἐπεξελθών. ἐπιπόνως δ ̓ ηὑρίσκετο, διότι οἱ παρόντες τοῖς ἔργοις οὐ ταὐτὰ περὶ τῶν αὐτῶν ἔλεγον, ἀλλ ̓ὡς ἑκατέρων τις εὐνοίας ἢ μνήμης ἔχοι. Καὶἐς μὲν ἀκρόασιν ἴσως τὸ μὴ μυθῶδες αὐτῶν ἀτερπέστερον φανεῖται· ὅσοι δὲ βουλήσονται τῶν τε γενομένων τὸ σαφὲς σκοπεῖν καὶ τῶν μελλόντων ποτὲ αὖθις κατὰ τὸἀνθρώπινον τοιούτων καὶ παραπλησίων ἔσεσθαι, ὠφέλιμα κρίνειν αὐτὰἀρκοῦντως ἕξει. κτῆμά τε ἐς αἰεὶ μᾶλλον ἢἀγώνισμα ἐς τὸ παραχρῆμα ἀκούειν ξύγκειται. «Quanto ai discorsi che furono pronunciati dagli uni e dagli altri sia in procinto di fare la guerra che durante, era difficile ricordare esattamente quanto detto sia a me per quelli che io stesso udii sia a quelli che me li riferivano da qualche altro posto. Pertanto, ho riportato ciò che mi sembrava che ciascuno di volta in volta avrebbe dovuto dire di adatto alle circostanze, attenendomi bene inteso al senso generale (o «all’intenzione complessiva») delle parole effettivamente pronunciate. I fatti della guerra per parte loro non ho ritenuto opportuno narrarli così come li ho uditi dal primo venuto o secondo la mia personale opinione, ma vagliando sia quelli cui io stesso ero stato presente sia quelli che apprendevo da altri uno per uno con la maggior precisione possibile. «Trovare» i fatti è stato faticoso perché quelli che avevano assistito agli avvenimenti non riferivano le stesse cose sugli stessi ma erano condizionati dalle simpatie o dalla memoria. Probabilmente l’assenza del favoloso renderà il mio discorso assai meno piacevole per l’ascolto. A me tuttavia basterà che lo giudichino utile quanti vorranno valutare con chiarezza i fatti passati e (orientarsi tra) quelli futuri quando si ripresenteranno, simili o uguali, in ragione della natura umana. Ciò che ho composto è un’acquisizione (lett. «un possesso») per sempre, non un pezzo di bravura per l’ascolto immediato». T è consapevole delle sue scelte e le esplicita nei capitoli di contenuto metodologico. La verità è difficile da trovare e quindi non la di può ricavare dal primo venuto, ricorrono una serie di eventi che rimandano ad una precisione ed esattezza. La ricerca dev’essere esatta, non ci si può affidare al primo venuto. Tucidide contrappone il proprio lavoro a quello dei poeti che abbelliscono i fatti, al lavoro di chi scrive logoi quindi vuole creare una frattura con Erodoto che scrive logoi ovvero discorsi. La ricerca spasmodica della verità è da rintracciare nella funzione dell’opera storica secondo Tucidide. Due punti fondamentali: l’idea che la storia tende a ripetersi, secondo a Tucidide, simile o uguale, non fa riferimento ad una concezione ciclica della storia ma essa è il prodotto della natura umana, l’uomo agisce sul piano della storia dagli istinti più bassi, dalle pulsioni primordiali, dall’ambizione, dalla ricerca dell’onore, dalla volontà di sopraffazione. Perché è la natura umana che non cambia e dunque il corso della storia. Quindi l’analisi è l’insegnamento della storia è utile perché diversamente non ci sarebbe un insegnamento corretto, per consentire ai futuri politici di orientarsi in maniera propositiva nelle scelte future, la sua opera deve essere un “possesso per sempre” (ktemaeisaièi), allude alla dimensione fisica di fruizione della sua opera, in senso metaforico si allude al fatto che quest’opera fornirà un insegnamento che valga per il futuro. Attraverso l proemio di Erodoto corrono due filoni paralleli: geoetnografico e storico-militare. Per Erodoto ciò che è oggetto di historie è estremamente ampio, mentre in Tucidide questo filone geografico ed etnografico non è presente perché per Tucidide la storia è quella politica e militare e questa visione ha avuto fortuna fino alla fine del 800. Solo dall’inizio del 900 si e scoperta la dimensione erodotea della storia, per T la guerra è movimento, è interessato agli aspetti dinamici non ai fenomeni di lunga durata, è sconvolgimento —>kinesis (movimento). Contrasto tra Erodoto antropologo e Tucidide saggista. Ci presenta tutto filtrato attraverso la sua interpretazione perché non abbiamo la storia della guerra del Peloponneso ma la sua storia, non abbiamo elementi per valutare se la sua interpretazione è corretta o meno, insidiosa perché si presenta con i caratteri dell’oggettività, ad es. Pericle. Discorsi di cui T si occupa nel capitolo 22, in cui i personaggi mostrano le proprie idee —> stile mimetico che è un’eredità della tradizione omerica: in cui gli eroi parlano in prima persona, discorsi che hanno una funzione letteraria di vivacizzavano della narrazione. Questa tradizione con Erodoto è passata nel genere della storiografica. Servono a trasmettere un insegnamento di tipo morale. Questa tradizione continua nella storiografia antica, anche romana. 1/3 della narrazione di Tucidide è occupata dai discorsi, hanno una funzione conoscitiva, i personaggi intervengono mostrando le proprie motivazioni, punti di vista, lo scopo dei discorsi è di tipo didattico e funzionali rispetto alla narrazione perché mettono in luce le motivazioni in gioco. T vuole capire quali meccanismi mettono in moto la storia, per capire gli eventi del futuro. “Quanto ai discorsi che furono pronunciati dagli uni e dagli altri sia in procinto di fare la guerra che durante, era difficile ricordare esattamente quanto detto sia a me per quelli che io stesso udii sia a quelli che me li riferivano da qualche altro posto. Pertanto, ho riportato ciò che mi sembrava che ciascuno di volta in volta avrebbe dovuto dire di adatto alle circostanze, attenendomi bene inteso al senso generale (o «all’intenzione complessiva») delle parole effettivamente pronunciate.” Prima di Antifonte non abbiamo la notizia di pubblicazione di discorsi pubblicati, ciò poneva un problema particolare perché dovevano essere parte integrante della narrazione. Le parole che T attribuisce agli oratori sono due ma nel rispetto del senso complessivo del discorso, ossia i concetti e le idee espresse sono quelle degli oratori non sono inventata mentre la forma è tucididea. Eziologia, per Erodoto le cause degli eventi vengono trovate sui livelli del piano divino e umano, e poi tra causa scatenante e causa vera. Nel caso di T non troviamo spiegazioni sul piano divino, la storia è il prodotto dell’uomo e delle sue pulsioni più basse, è una visione laica della storia in cui le divinità non prendono parte. T distingue esplicitandoli due ordini di cause: 1. Cause occasionali, le scintille che fanno scoppiare il conflitto 2. Vera causa, il timore di Sparta di fronte all’ascesa della potenza di Atene. Fino alle guerre persiane Sparta aveva avuto un ruolo leader, dopo le guerre persiane si sviluppa la potenza di Atene. Di fronte all’ imperialismo di Atene vi è la reazione di Sparta. Il contenuto del primo libro, il proemio, contiene l’enunciazione del tema e la sua importanza. Tra i capitoli 2-19 si apre una digressione di archeologia che vs intesa nel senso letterale: un discorso sui fatti antichi. Questa digressione contiene un profilo della storia greca da Minosse fino alle guerre persiane e il suo scopo è mostrare come in precedenza non c’era mai stata una guerra così grande come quella del Peloponneso,T trattato del 446, riguardo cui gli alleati di Sparta, nel 431 decisero che questo trattato era stato violato. T. si sofferma su un arco di tempo di una trentina di anni e seleziona una serie di episodi che sono funzionali a dimostrare il suo assunto e la ragione per cui questa digressione viene introdotta, quindi si ha un processo di accrescimento di Atene. - Si ha quindi un paradosso: T. è l’unico testimone su questo periodo di 50 anni, testimone fortemente incompleto: il suo obiettivo non è narrare questo periodo in tutte le sfaccettature, ma il suo racconto si focalizza sul potere di Atene e l’interpretazione di questo periodo è predeterminata e quello che inserisce in questo periodo è funzionale a quello che lui evidenzia. T. è molto selettivo: evidenzia una serie di episodi, ma ne lascia da parte molti altri. Nel 449 si sarebbe giunti tra la lega delio-attica e altre potenze la PACE DI TALIA, un trattato di non belligeranza, e quello che si è messo in dubbio è che il re persiano mai avrebbe potuto accettare di mettersi alla pari di una città greca.Mai un gran re avrebbe accettato di stringere un trattato alla pari di una città greca. Si è messo in evidenza la formalizzazione di questo trattato, ma è certo che dal 449 in poi finiscono gli episodi di scontro tra greci e persiani. Questa pace non viene nominata da T.come un altro fatto inspiegabile è che noi sappiamo che nel 454 il tesoro della lega viene trasferito da Delo ad Atene. L’evento che simboleggia una lega paritaria è che Atene si appropriava della cassa. In T. questo fatto non è rilevante e l’unica fonte che spiega le ragioni di questo trasferimento, ovvero la vita di Pericle, scritta da Plutarco, in cui si dice che il trasferimento era avvenuto sulla disfatta che gli ateniesi avevano subito in Egitto, e rispetto a cui si temeva una nuova avanzata dei persiani, quindi si decise di mettere al sicuro il tesoro. Quindi nel 454 il tesoro viene trasferito sull’acropoli di Atene e custodito all’interno del Partenone. Tutti gli scrittori successivi, che parlano della lega delio-attica, lo fanno sul racconto di T. Le città greche sulle coste dell’Asia Minore vengono sottratte al controllo persiano e quindi entrano a far parte della lega. Si ha una battaglia sul fiume Eurimedonte intorno al 470 e successivi tra le forze della lega e prima la flotta e poi l’esercito persiano nella regione della Panfilia, sulla zona dell’Asia Minore, un po’ sopra l’isola di Cipro. I greci sconfiggono prima la flotta persiana e poi l’esercito. Nel 470 i greci giungono ai confini dell’Asia Minore e poi avevano liberato tutte le città dell’Asia Minore. La lega delio attica intervenne prima in Palestina e poi anche in Fenicia. Prima si ha un intervento a Cipro e poi la flotta si sposta in Egitto dove interviene a sostegno di una rivolta di un principe libico, Inaros, contro l’autorità persiana, nota bene che sia l’Egitto e Cipro erano facenti parte dell’impero persiano. L’intervento avvenne con una flotta di 200 navi, ognuna con un equipaggio di 180 rematori. L’equipaggio di una trireme, nave da guerra tipica del mondo greco in età classica, la quale aveva tre ordini sovrapposti di rematori, molto leggera, la vela veniva usata solo per gli spostamenti, ma non in battaglia, la quale aveva un rostro di bronzo sulla prua e lo scopo della battaglia. Si ha quindi una spedizione non da poco, perché poi sappiamo che ci furono dei rinforzi, con 50 navi e con 50mila uomini. I greci vennero risospinti verso il mare e vennero chiusi verso l’isola di Prosopipide. Da molti che erano pochi tornarono in patria, quindi vi fu una disfatta da parte degli ateniesi. Nonostante la disfatta, che può sembrare catastrofica, uno dei processi che giunsero a Cipro, vediamo che Milziade muore a Cipro e quindi si vede come la lega non venga meno ai propri compiti e ai propri obiettivi. Si attacca in modo aggressivo i persiani nel loro impero. Si giunge alla pace di Caglia e a una cessazione di queste ostilità. L’altra questione è invece il progressivo mutamento dei rapporti tra Atene e i suoi alleati, la lega inizialmente era stata concepita come una lega ugualitaria, tutti quindi contavano per un voto, e quindi dobbiamo immaginare che Atene mai avrebbe accettato di guidare una spedizione per cui non avrebbe mai contato, quindi era ovvio che Atene avrebbe contato di più. Atene si mostra prona a cogliere ogni possibilità per accrescere il proprio potere nella lega. Le operazioni militari si concentrano a Nord della Grecia. Sulla foce del fiume Strimone, vi era un centro di nome Eione, che era un centro di base persiana. Si ha una operazione di eliminazione di queste piazzeforti. Atene sin dall’inizio cerca di impadronirsi di questa regione, insediando dei propri cittadini. Questo si traduce in un insuccesso, poiché questa zona e bbnra abitata da dei non greci, quindi inizialmente questi zx perché rivela come, essendo perseguite delle iniziative antipersiane, si hanno dei vantaggi economici. Un altro motivo di contrasti economici era il fatto che dalla lega non si esce e la reazione di Atene è quella di porre l’assedio a questa città e Atene aveva gioco facile, dato che gli alleati erano isolani, cittadini delle isole del mar Egeo, per cui Atene le poteva costringere militarmente a non uscire. Questo accadde con l’isola di Nasso, che cercò di uscire dalla lega e contro i patti Atene la ridusse all’obbedienza e la costrinse a rimanere all’interno della lega e questo è il primo episodio che si colloca a meno di 15 anni dalla fondazione della lega stessa. Questo processo fu favorito da un fenomeno nuovamente evidenziato da Tucidide. Alla lunga gli alleati preferivano versare un tributo, piuttosto che fornire navi per la lega. Quindi gli ateniesi si dimostrano vigorosi verso il pagamento del tributo. Fornire navi alla flotta non voleva solamente dire disporre di navi e avere accesso a risorse di legname e significava disporre di infrastrutture che servivano al mantenimento di una flotta, voleva dire avere dei cantieri, avere una sorta di porto militare, avere rimesse per le navi, dove le navi potevano essere tenute fuori dall’acqua, quando non servivano per operazioni militari. Gli alleati, versando il tributo, andavano progressivamente indebolendo, perché fornivano forza ad Atene e alla flotta, ma la flotta poteva servire a ridurre all’obbedienza gli alleati. - Per cercare di correggere l’interpretazione di Tucidide noi abbiamo a disposizione un altro tipo di fonti, ovvero le iscrizioni, in cui, attorno al 460, i decreti scritti su pietra ed esposti sull’Acropoli di Atene tende a crescere esponenzialmente. Queste iscrizioni tendono a venire scritte su lastre di pietra, rastremate verso l’alto. A partire dal processo di formazione della lega delio-attica e la sua trasformazione in un impero di Atene è pari alla evoluzione del sistema politico della città equivale allo sviluppo di un sistema democratico. Atene diventa un sistema democratico, si ha un potere del popolo. Uno dei corollari dell’evoluzione del senso democratico della città è la trasparenza. Uno dei modi in cui la città comunica è scrivere i testi su stele ed esporli sull’acropoli, per fare in modo che tutti potessero vedere quello che era stato fatto dall’assemblea. - Un secondo ordine di documenti è rappresentato dalle cosiddette liste dei tributi, in seguito al trasferimento della cassa della lega da Delo ad Atene, dal 454, compaiono per noi delle iscrizioni in cui viene registrato l’ammontare di una quota pari a 1\60 dell’importo complessivo del tributo versato da ogni alleato e questa quota veniva consacrata alla dea Atena e quindi conservata nella sua cassa. Ad Atene esistevano tre casse e tre tesori, uno è quello di Atena, le ricchezze della divinità, una parte del bottino era dedicata e consacrata ad Atena. Esisteva il tesoro della città, e poi vi era una terza cassa che era quella della lega delio-attica, le tre casse erano custodite sull’acropoli. Si hanno dei fondi che erano totalmente separati. Concettualmente non appartenevano alla città, ma alla divinità. La dea presta soldi alla città, la quale, in certi casi, le restituisce calcolando gli interessi alla frazione del cent, ovvero l’obolo, calcolato quindi nelle più minime frazioni.L’altra cassa è quella della città e poi si ha la cassa degli alleati. Si hanno quindi 59\60 venivano versati nella cassa della lega e amministrati dai responsabili della lega. Si ha poi una amministrazione della lega, che portavano il nome di tesorieri della lega. Quello che abbiamo registrato nelle liste dei tributi era la quota di 1\60 che venivano versate alla dea. Si hanno le liste di 15 anni, iscritte su un monolite che era esposto sull’acropoli che era esposto sulla statua di Atena. Si ha quindi il simbolo del potere di Atene. Queste liste sono state ricostruite sulla base di un enorme numero di frammenti. I documenti epigrafici sono importanti perché assegnano l’ammontare del tributo affidato a differenti alleati, gli alleati spariscono, e poi ricompaiono, e poi cercano di uscire dalla lega. In altri casi il tributo viene dimezzato, ridotto in maniera considerevole, con ogni probabilità Atene aveva confiscato una porzione del proprio territorio e vi aveva insediato i propri cittadini. Atene inviava delle CLERUCHIA, ovvero CLEROS, lotto di terra, CLEUCO, colui che detiene un lotto di terra, quindi si deve immaginare che quello che faceva Atene era confiscare dei lotti a dei territori alleati. Abbiamo delle fluttuazioni dell’entità del tributo e possiamo spiegare delle anomalie, ad esempio attraverso le cleruchie. Una colonia era diversa rispetto a una cleruchia perché la prima era una vera e propria polis, che interrompeva ogni rapporto con la madre patria, le cleruchie invece sono possedimenti ateniesi in un territorio alleato, al di fuori dell’Attica, quindi i Cleruchi rimangono cittadini di Atene. Le cleruchie sono possedimenti ateniesi all’interno del territorio dell’attica. - L’ultimo fenomeno considerato è quella di decreti, assunti dall’assemblea di Atene, la democrazia Ateniese è radicale perché tutto viene deciso dal popolo attraverso decreti. Numerosi decreti di questo periodo riguardano Atene e i suoi alleati. Un fatto su cui vale la pena di richiamare l’attenzione è che a questo punto, quando compaiono questi decreti è Atene che decide sullo statuto dei propri alleati, è quindi l’assemblea di Atene che, dagli anni ’50 in poi del V secolo, noi non sentiamo più parlare del consiglio della lega. Tutte le decisioni sono prese dal consiglio di Atene. All’origine quindi quello che era una lega paritaria, chi comanda e prende le decisioni è l’assemblea di Atene. Ribellione dell’Euba—si ha un decreto che riguarda i rapporti politici tra Atene e Calcide, la quale nel 446 si ribellò assieme ad altre città dell’Eubea e la reazione di Atene fu veramente violenta. Atene si impegna a lasciare integra Calcide, a patto che venissero considerate parte dell’alleanza e sottomesse. Si ha un aspetto che riguarda i rapporti tra Atene e Calcide: si ha un decreto senza formula di datazione. Nel 445 Calcide venne costretta a rientrare nella lega e ridotta all’obbedienza. Si hanno dei giuramenti che le due città si impegnavano soprattutto su terreni accidentati dove la falange oplitica poteva difficilmente mostrare la propria potenza. LA PACE DEL RE Conone aveva concepito un piano che prevedeva lo sbarco nel Peloponneso e un attacco diretto alla città. Non si concretizzò ma venne occupata l’isola di Citera, situazione potenzialmente molto pericolosa per Sparta. Conone rientrava ad Atene portando il denaro utile per ricostruire le Lunghe Mura. Gli spartani trovarono in Antalcida un uomo capace di dialogare con il Gran Re. Egli fece una proposta che andava incontro a tutte le richieste persiane e che fu accolta con qualche difficoltà dalle altre città greche. 386: congresso di pace a Sparta con i rappresentanti di tutte le poleis. L’inviato di Artaserse dettò le condizioni della pace: • Gran Re ribadiva il suo potere assoluto su tutto il territorio asiatico (quindi anche le città greche d’Asia a cui era concesso di mantenere il proprio governo a patto che pagassero un tributo) • Tutte le altre polis in Grecia dovevano essere libere e autonome. Vietata qualsiasi alleanza. Eccezioni: isole di Lemno, Imbro e Sciro ad Atene e lega peloponnesiaca a Sparta. A Sparta era chiesto di vigilare sul rispetto delle clausole di pace. Così essa mantenne il ruolo di egemone del mondo greco. Dopo la pace: Corinto e Argo scioglievano la loro unione. 382: un comandante spartano si impadronì dell’acropoli di Tebe insediando un governo filo-spartano. Era un atto privo di qualsiasi giustificazione formale. L’ASCESA DI TEBE E LA RICERCA DI UN IMPOSSIBILE EQUILIBRIO (379-356) . LA FINE DEL BIPOLARISMO SPARTA-ATENE Tebe esercita il predominio sul mondo greco tra le due battaglie di Leuttra (371) e Mantinea (362). Si tratta di un’egemonia debole che mostra l’impossibilità di una poleis di superare in potenza le altre. Sono anni instabili di cambi di alleanze. La vitalità culturale del mondo greco rimane straordinaria. Emergono nuove forme di aggregazione federale. L’unica potenza sconfitta in questi anni è Sparta. NUOVI ASSETTI POLITICI: LE CONFEDERAZIONI BEOTICA E TESSALA Tebe e il progetto federale: l’ingresso forzato di Tebe in orbita spartana ebbe vita breve. 379: Pelopida riconquista la città. Da quel momento inizia il periodo più florido della città che culmina con l’egemonia su tutta la Grecia e finisce con la distruzione di Alessandro della città nel 335. Il progetto politico di Tebe prevedeva. • Adozione di ordinamenti democratici • Unificazione della Beozia in una confederazione nel IV secolo il ruolo egemonico di Tebe non viene più messo in discussione. Gli altri centri della Beozia godevano di larga autonomia negli affari interni. Concorrevano nel formare l’esercito federale e il consiglio della Confederazione. Due personaggi tebani: Pelopida ed Epaminonda. Il governo federale avrebbe dovuto realizzarsi in modo pacifico ma così non fu. Giasone di Fere: la Tessaglia (nord della Grecia) era semore stata ai margini della storia. Mentre Tebe raggiungeva la sua massima forza però venne eletto il tago (monarchia elettiva, massima carica della confederazione tessala) Giasone di Fere. Egli riuscì nell’impresa di unificare la Tessaglia. L’ambizione di Giasone suscitò l’interesse e la preoccupazione del mondo greco. L’esercito era dei più potenti. Questo finì nel 370 quando Giasone venne assassinato in una congiura. Le vicende di Giasone mostrano la debolezza del modello della polis tradizionale e la facilità di realizzare una forza militare in grado di intervenire nelle lotte del tempo. Il modello di unificazione regionale di Giasone conoscerà importanti sviluppi nel futuro. Il progetto di Giasone verrà realizzato da Filippo di Macedonia. ALLA RICERCA DEL TEMPO PERDUTO: LA II LEGA ATENIESE Atene mostrava il suo attivismo nell’antagonismo con Sparta. 378: Sfodria, comandante spartano, partì con l’intenzione di impadronirsi del Pireo. Venne però colto in territorio attico e se ne tornò indietro. Probabilmente si trattava di un atto di intimidazione spartano. 377: fondazione della II lega ateniese. Alla lega aderì anche Tebe. L’intendimento della lega era in funzione anti-spartana, ma nel rispetto dell’autonomia e della libertà di ogni polis (come prevedeva la pace del Re). Atene rinunciava al ruolo egemonico. Ma si inimicò parte dei confederati. Motivo del fallimento di Atene: mancanza di mezzi. Atene doveva rispettare le condizioni della pace e nello stesso tempo imporre tributi per recuperare il ruolo di potenza. Impossibile. IL FALLIMENTO DELLA PACE COMUNE E LA BREVE EGEMONIA TEBANA La pace del Re era stato il primo tentativo di pace comune tentativo di pacificazione esteso a tutti i Greci. Ma il periodo successivo alla pace è ricco di guerre, segno che nessuna polis era in grado di far rispettare la pace. Per questo era necessario ricorrere a un garante esterno: il Gran Re di Persia. 337: dominio macedone con la pace di Filippo. Uno degli ostacoli a una pace duratura: pretesa di Tebe di rappresentare la confederazione beotica, in contraddizione con i dettami della pace del re. Anche il dominio spartano sulla lega peloponnesiaca e sulla Messenia violava la pace. Leuttra: rifiuto tebano di rinunciare a rappresentare la confederazione portò all’intervento spartano. 371: esercito beotico di Epaminonda sconfisse l’esercito di Cleombroto. Questa battaglia mostra il grande equivoco di una polis che comandava sulle altre con un corpo di appena 3000 cittadini. La battaglia fu sentita come un avvenimento eccezionale, anche a causa delle innovazioni militari di Epaminonda. Egemonia tebana: dopo la battaglia di Leuttra egemonia tebana (371-362). La città agì su più fronti: • Interno per la confederazione • Settentrionale con Pelopida • Meridionale con Epaminonda • Marittimo: costruzione di una flotta Risultati furono però modesti. Motivi: Tebe e la Beozia erano entità troppo piccole e povere per esercitare un primato durevole. Anche Sparta era piccola ma il suo dominio si era retto su una forte connotazione ideologica che l’aveva resa il referente di tutte le oligarchie. Tebe non aveva queste attrattive, anzi si era schierata con i Persiani durante la loro invasione della Grecia. L’azione di Tebe però era stata efficace nella distruzione del potere di Sparta. Tutto avvenne nella prima e nella seconda discesa nel Peloponneso (370). Presenza dei Tebani consentì alla lega arcadica di svilupparsi, fu fondata la capitale della lega a Megalopoli. Epaminonda promosse la liberazione della Messenia. Prima venne anche invasa la Laconia, prima volta in cui il suolo spartano viene calpestato dai nemici. Crolla il sistema spartano basato sulla schiavitù degli iloti messeni. UN MONDO IN DIFFICOLTA’ In Grecia regnava la confusione perché era impossibile applicare le vecchie categorie alla realtà presente. Nessuna polis esercitava più l’egemonia. Ogni città aveva un limitato potere regionale: Sparta su Laconia, lega arcadica su parte del Peloponneso, Tebe su Beozia. Atene era a capo della lega navale ma molti alleati avevano defezionato nella guerra “sociale” (357-355). Atene reagì inviando i suoi migliori generali che però vennero sconfitti nella battaglia di Embata. Lega continuò formalmente a esistere fino al 337 ma perse di importanza. Ad Atene si iniziò a pensare di rinunciare a una politica estera aggressiva per realizzare un programma di rafforzamento economico in un quadro di pacificazione. Sostenitore principale di questa idea: Eubulo. Progetto realizzato solo in parte perché emerse Filippo di Macedonia. FILIPPO II DI MACEDONIA: LA CONQUISTA DELLA GRECIA (359-336) UNA PERSONALITA’ ECCEZIONALE Filippo, salito giovane sul trono di un regno marginale e arretrato, acquisì il controllo di tutta la Grecia e pose le basi per la spedizione in Oriente. Le fonti su Filippo ci vengono da Demostene e Eschine, ma sono inaffidabili perché discorsi politici appassionati e la verità dei fatti è messa in disparte. LA MACEDONIA PRIMA DI FILIPPO Macedoni = “montanari”. Abitanti delle zone montuose che coronano la zona posta all’estremità settentrionale della penisola greca. Era la tipica società guerriera: sovrano primus inter pares, divideva l’autorità con l’assemblea dei soldati. Primo sovrano rilevante: Alessandro I nel V secolo. I Macedoni possono essere considerati Greci? La tradizione vedeva Argo come la loro terra d’origine ed erano stati accettati a partecipare ai giochi olimpici. Però Alessandro I era soprannominato “Filelleno” e questo dimostra che la sua grecità fosse dubbia. La Macedonia era un regno attardato e attira l’attenzione di Atene per il legname e come pedina per i giochi politici. Parametri per affrontare la questione della grecità dei Macedoni: • Criterio linguistico • Criterio culturale: l’elite macedone si dava un’educazione in larga misura greca, il pantheon degli dei era lo stesso. DALL’ASCESA AL TRONO ALLA PACE DI FILOCRATE (359-346) Filippo salì al trono nel 359. Opere svolte al governo: • Consolidamento dei confini settentrionali del regno • Riorganizzazione dell’esercito che lo trasformerà in una macchina bellica insuperata fino all’arrivo dei romani aumento dei soldati, professionalizzazione e riforma dell’armamento che rese la falange oplitica più leggera. Venne mantenuta l’importanza della cavalleria. Anfipoli: fu conquistata nel 357, sulla costa settentrionale della Tracia. Seguì la conquista di altre città della Tracia. Gli Ateniesi non apprezzarono i movimenti di Filippo ma non potevano intervenire perché erano impegnati nella guerra con gli ex alleati della lega navale. La guerra sacra: la III guerra sacra durò dal 356 al 346. Sacra perché riguardava il controllo dell’Anfizionia di Delfi, organismo di 24 membri che deteneva il controllo del santuario di Apollo. Fattore scatenante: Tebe accusa gli abitanti della Focide di aver coltivato le terre sacre del tempio. I Focidesi decisero nel 356 di occupare il santuario scatenando la guerra. Focidesi impiegarono le infinite ricchezze del santuario per vincere la guerra e controllarono buona parte della Grecia centrale. I Tessali erano divisi al loro interno. Una parte chiede e ottiene l’aiuto di Filippo. Filippo riportò una grande vittoria contro i Focidesi. Olinto: Filippo smantellò l’ultimo centro di potere autonomo nella Grecia del Nord: confederazione delle città della penisola calcidica, capitale Olinto. 348: caduta di Olinto. Demostene prese coscienza della pericolosità di Filippo scrivendo la prima delle sue Filippiche. La fine della guerra: Filippo mostrò anche le sue doti diplomatiche e concluse le ostilità. Ci furono incontri occidentale. Filosofia aristotelica ha fatto uno sforzo di sistematizzazione e raccolta dell’intero sapere umano, gettando le basi per lo sviluppo della scienza ellenistica. • Platone: cittadino ateniese • Aristotele: meteco di Stagira. Fu legato ai Macedoni nemici di Atene (fu precettore di Alessandro) Entrambi furono ostili verso la democrazia ateniese. Queste scuole filosofiche erano riservate a ricchi privilegiati. Atene divenne una grande città universitaria. Isocrate: figlio di un ricco ateniese, lavorò come logografo (= scrittore di discorsi giudiziari). Fondò una scuola di retorica che ebbe enorme successo. Costosissima, raccolse la classe dirigente di tutta la Grecia. Diffuse anche idee politiche, lanciando l’idea di una crociata panellenica contro i Persiani. In politica interna privilegiava l’idea di una democrazia moderata. Ebbe grande importanza nel campo dell’educazione: i suoi metodi di insegnamento sono incentrati sulla retorica. Peso del passato: nel 387 vennero rappresentate ad Atene le tragedie di tre grandi autori del V secolo (Euripide, Eschilo e Sofocle). Questi testi erano diventati classici cioè si ammetteva l’impossibilità di crearne altri così validi e significativi. Questo è un esempio del peso del passato sulla vita ateniese. La storia della grandezza di Atene era stata mitizzata. Anche a Sparta è successo qualcosa di simile: Agesilao cerca di riprodurre l’antico stile di vita. PARTE QUINTA L’ETA’ ELLENISTICA ALESSANDRO MAGNO (336-323) I Azione di conquista che riunì nelle mani di un solo uomo il controllo di un territorio immenso (dalla Grecia al bacino dell’Indo). Si assiste al crollo dell’impero persiano che era stato il principale interlocutore delle città greche e il termine di confronto politico e ideologico. La Grecia delle poleis sperimenta l’autorità di un monarca assoluto la cui volontà è legge in virtù della sua forza militare. La libertà e l’autonomia soffrono delle limitazioni ma questo non implica la morte delle poleis. Nasce un modo nuovo di concepire la politica internazionale: la diplomazia avrà un ruolo fondamentale e il rapporto con il sovrano sarà uno scambio vantaggioso reciprocamente. Alessandro: • Razionalità che ne guidò le azioni • Pothos, componente irrazionale, daimon che lo avvicinò alle culture orientali LA SUCCESSIONE 336: morte di Filippo II. Alessandro ebbe come precettore Aristotele che gli trasmise l’amore per il sapere e l’amore per la cultura greca, soprattutto per Omero (Achille ispirò sempre le sue azioni). Alessandro rivendicò subito il regno eliminando gli altri pretendenti. Ottenne dal mondo greco gli stessi riconoscimenti che aveva ricevuto Filippo e i pieni poteri nella guerra contro la Persia. Operazioni militari in Macedonia, dove la scomparsa di Filippo aveva acceso il fermento. 335: rapida campagna che portò Alessandro fino all’Illiria. Si diffuse in Grecia la notizia della sua morte riprese la resistenza antimacedone, sostenuta dal Gran Re che voleva trattenere Alessandro in Grecia. I centri della rivolta furono Atene e Sparta. Ad Atene vennero fatti uccidere i capi del partito filomacedone. Argo, Elide e Arcadia si unirono alla rivolta. 335: Tebe cadde. Alessandro fece distruggere la città vendendo come schiavi i superstiti e dividendo il territorio tra le poleis vicine. Fu una punizione esemplare perché la rivolta si spense. Invece Alessandro fu mite nei confronti di Atene: i politici vennero processati dai tribunali cittadini. Sparta invece divenne antimacedone solo più tardi, quando Alessandro era già in Asia 331: scoppiò una rivolta. Agide assediò Megalopoli ma fu sconfitto dalle forze macedoni. LA TERRA CONQUISTATA CON LA LANCIA: LA GUERRA CONTRO LA PERSIA Filippo II aveva inteso la guerra contro la Persia come una campagna punitiva e un’impresa di liberazione delle città greche dell’Asia Minore. Alessandro ereditò il compito. 334: l’esercito passò l’Ellesponto. La guerra si sarebbe svolta soprattutto sulla terraferma. Insieme al re viaggiavano anche molti storici, geografi, naturalisti e interpreti. Fasi della conquista: primo scontro fu presso il fiume Granico nel 334. L’esercito avanzò lungo le coste dell’Asia Minore portando sotto il suo controllo le città greche. Fu opposta resistenza soprattutto ad Alicarnasso dove c’era il comandante Memnone. Alessandro poi stabilì a Gordio gli accampamenti invernali. Memnone morì improvvisamente e i piani di Alessandro furono agevolati. 333: scontro a Isso. Dario III fugge a Babilonia. 332: assedio di Tiro. Poi anche di Gaza. Il satrapo in Egitto consegnò ad Alessandro la regione. 331: fu fondata Alessandria (destinata a diventare uno dei porti più importanti e un centro di cultura). Esercito macedone si diresse poi verso l’Asia interna. 331: scontro a Gaugamela che spiana la strada alla conquista di Babilonia, Susa, Persepoli e Pasargade. Palazzo di Persepoli venne dato alle fiamme. Organizzazione del territorio sottomesso: Alessandro è signore di un territorio vastissimo abitato da popoli molto diversi, legati alle proprie tradizioni e che avevano mal sopportato il controllo dei satrapi del Gran Re. Alessandro fece valere il diritto delle armi: i territori conquistati diventarono sua proprietà e avrebbero versato a lui il tributo. All’inizio assegnò l’amministrazione delle satrapie a ufficiali macedoni. Poi inizia a servirsi di satrapi macedoni affiancati da macedoni. L’amministrazione finanziaria ebbe una gestione separata, anche come suddivisione territoriale: i distretti finanziari coprivano più di una satrapia. La liberazione delle città greche d’Asia Minore: il tema della liberazione delle poleis d’Asia Minore era centrale nel dibattito politico greco. Liberare le poleis greche significò eliminare il controllo persiano e sostituire i governi oligarchici con altri democratici. Vennero però posizionate guarnigioni macedoni per prevenire il ritorno dei Persiani e per fare prelievi fiscali per le spese dell’esercito. L’autonomia fu concessa, purchè non andasse contro il proseguimento della guerra. Non furono stipulati contratti, trattati da pari a pari. Era il re a stabilire lo status delle città. Le città “liberate” non entrarono neanche nella lega ellenica. La libertà fu per loro sempre un dono concesso dall’alto. 1.107. NUOVE PROSPETTIVE: LA RICOSTRUZIONE DEL GRANDE IMPERO PERSIANO L’obiettivo di Alessandro era sostituirsi a Dario come legittimo re dell’Asia. Questo poteva avvenire solo se Dario veniva sconfitto. Quindi Alessandro lo inseguì fino a Ecbatana. Dario aveva poi trovato rifugio presso il satrapo Besso. Besso lo fece uccidere e si proclamò re con il nome di Artaserse IV. Ora la guerra di Alessandro era contro un usurpatore e lo scopo era la vendetta del sovrano legittimo di cui Alessandro si sentiva erede. Ci furono tre anni di campagne durissime in cui Alessandro dovette cambiare l’assetto dell’esercito e organizzarlo in unità più piccole e agili. Besso tradito dai suoi, venne consegnato al generale macedone Tolomeo. 329: Besso fu giustiziato a Ecbatana. Scontri con le popolazioni locali durarono fino al 327 quando il matrimonio con Rossane, figlia dell’ultimo capo della resistenza, segnò la pacificazione con la provincia. Confine orientale: ultima impresa di Alessandro Magno ricostituzione della frontiera orientale dell’impero al bacino dell’Indo. Il principe indiano di Tassila chiese aiuto ad Alessandro perché minacciato dal vicino Poro. Alessandro varcò l’Indo fino al fiume Idaspe dove avvenne l’ultima battaglia. Sul confine fondò Nicea e Bucefala. Decise di tornare indietro. La spedizione organizzata per il ritorno aveva l’esigenza di assicurare e consolidare la frontiera. Una parte dell’esercito si imbarcò su una colossale flotta guidata da Nearco. Gli altri contingenti proseguivano via terra assoggettando le popolazioni locali. 324: Alessandro rientrava a Pasargade dopo aver riunito nelle sue mani tutto l’impero di Ciro il grande e di Dario. L’UNIFICAZIONE INCOMPIUTA con la lontananza di Alessandro gli episodi di insubordinazione si erano moltiplicati: satrapi e comandanti macedoni avevano cominciato a gestire il potere autonomamente. Fra questi Arpalo fuggì in Grecia. Responsabili vennero puniti ma restava il problema della creazione di un sistema politico stabile in grado di dare unità all’impero. Alessandro quindi si mosse in due direzioni: • Rafforzamento autoritario del proprio potere • Fusione delle componenti principali del regno (persiano e greco-macedone) Frattura con l’esercito macedone: mutamento più grande si verificò nell’idea che Alessandro aveva della propria regalità. L’assimilazione al modello del monarca orientale finì per compromettere i rapporti con la nobiltà macedone. Ci sono una serie di episodi che segnalano il malcontento. 330: viene progettata una congiura in reazione alla decisione di introdurre a corte il cerimoniale persiano. Alessandro reagì mandando a morte Filota, che non aveva denunciato i responsabili, Parmenione e Clito. 327: tensioni quando Alessandro volle introdurre per i Macedoni l’obbligo della proskynesis (inchino davanti al sovrano). Callistene si oppose e morì. Alla base delle tensioni fra re e nobili ci sono anche le trasformazioni dell’esercito. Alessandro aveva arruolato molti soldati indigeni addestrati alla greca. Questo processo indeboliva l’elemento macedone e svuotava i vincoli che legavano il re all’esercito e ai Compagni. Alessandro però aveva compreso che l’integrazione fra l’elemento indigeno e quello greco-macedone era l’unica strada per la governabilità di un dominio così vasto. 324: nozze di Susa Alessandro e alcuni suoi ufficiali sposano delle donne persiane. Questo fu in realtà il preludio di una nuova frattura. Il monarca assoluto e il mondo greco: 324 decreto degli esuli. Il re concedeva il ritorno in patria agli esuli. Questo era un provvedimento autoritario che violava la libertà e l’autonomia delle poleis. Questo fu per Alessandro un modo per comporre le tensioni interne alla Grecia e per Viene tratta la pace • Antigono stratega dell’Asia, ma non reggente • Tolomeo: Egitto • Lisimaco: Tracia • Cassandro: Macedonia. Viene assassinato Alessandro IV e così finisce la stirpe di Alessandro Magno. LA NUOVA GEOGRAFIA POLITICA L’impero di Alessandro era ormai diviso in 5 regioni: • Egitto di Tolomeo • Macedonia e Grecia di Cassandro • Tracia di Lisimaco • Asia occidentale di Antigono • Satrapia di Babilonia di Seleuco . Antigono aveva però ancora il sogno di ricreare l’impero di Alessandro sotto il suo controllo. Campagne di Antigono fino alla battaglia di Ipso (307-301): Antigono si rivolse verso il Mediterrano. Suo figlio Demetrio si assicurò il controllo di Atene. Atene recuperava la democrazia. Demetrio strappò a Tolomeo l’isola di Cipro, base per controllare le coste della Siria. Antigono per primo si proclamò re. Mosse contro l’Egitto ma la spedizione fu un insuccesso. Tolomeo mantenne l’Egitto e si proclamò re. 304: Antigono assedia Rodi ma si conclude con un nulla di fatto. Per l’isola inizia un periodo di prosperità e l’assunzione di un ruolo di primo piano. 303: Demetrio rientra in Grecia e si assicura il controllo di Corinto. Nasce la lega ellenistica come punto di partenza per dare l’assalto al trono macedone di Cassandro. Con Cassandro si schierarono Lisimaco, Tolomeo e Seleuco. 301: a Ipso si ebbe lo scontro decisivo che sconfisse Antigono che morì. Si estingue la generazione dei diadochi: Asia Minore a Lisimaco tranne alcune zone a Tolomeo. Tolomeo Siria, anche se gli accordi di pace prevedevano che passasse a Seleuco. Nascono i presupposti per le guerre tra Tolomei e Seleucidi. Cassandro Grecia, dove però Demetrio manteneva il controllo di alcune città (Corinto). Demetrio era padrone del mare. Con la morte di Cassandro riuscì a eliminare i pretendenti al trono e a farsi incoronare re di Macedonia nel 294. Sarà un regno di breve durata. Lisimaco e Pirro invasero la Macedonia. Demetrio cadde prigioniero nelle mani di Seleuco tentando di riguadagnare l’Asia Minore nel 286. E morì. Muore anche Tolomeo I. 281: battaglia di Curupendio Lisimaco vs. Seleuco. Lisimaco muore. Con la morte di Seleuco poi finisce la generazione dei diadochi. UN POTERE DA CONSERVARE E TRAMANDARE: I REGNI ELLENISTICI NEL III SECOLO L’AFFERMAZIONE DELLE DINASTI ELLENISTICHE Con la nuova generazione di re si affermano le dinastie ellenistiche. Comune a tutti i sovrani: esigenza di tramandare il proprio regno. • Macedonia coinvolta nelle tensioni in Grecia • Regno dei Seleucidi difficoltà nel mantenere il controllo sulle lontane regioni orientali e sull’Asia Minore. • Lagidi (Egitto) mantenere il controllo sulla Siria (contesa con i Seleucidi) e su Grecia e Asia Minore. Tutti i regni dovettero fare i conti con disordini interni che portarono a volte alla costituzione di poteri autonomi. LA MACEDONIA Dopo la morte di Seleuco alcuni anni di incertezza. Si insediò poi la dinastia degli Antigonidi. Il lungo regno di Antigono Gonata: conflitto per il trono tra Tolomeo Cerauno e Antigono Gonata. Con l’invasione dei Celti nella penisola morì Tolomeo. 277: Lisimachia: Celti vennero sconfitti da Antigono che si fece poi riconoscere re. Con Antigono la Macedonia conobbe un periodo di prosperità e rafforzò il controllo sulla Grecia. A Corinto, Calcide e Demetriade vennero stanziate delle guarnigioni macedoni. Antigono tentò di riguadagnare la supremazia sull’Egeo. Tolomeo II allarmato riuscì a coalizzare contro la Macedonia Atene e Sparta guerra cremonidea. Il rapporto Macedonia-Egitto si fece più aspro. 260-253: seconda guerra siriaca Tolomei vs. Seleucidi. Antigono dovette affrontare la minaccia degli Etoli e degli Achei due grandi leghe future protagoniste della storia della penisola. Achei ottennero Corinto. Rinascita sotto il regno di Antigono Dosone: Dosone, macedone, si alleò con gli Achei e ricostituì una alleanza di stati greci sotto l’egemonia macedone. Ultimo grande momento della storia di Macedonia. Poi Antigono Dosone morì e lasciò il trono a Filippo V che perse lo scontro con Roma. L’EGITTO DEI TOLOMEI Tolomeo I riuscì a mantenere la sua autorità sull’Egitto contro le interferenze esterne. L’Egitto rimase immutato anche sotto i suoi eredi. Ci furono invece dei cambiamenti nelle aree in cui i Tolomei cercarono di stabilire la loro influenza: Egeo, Asia Minore e Siria (Celesiria a sud). I Tolomei erano interessati alla Siria perché: • era una protezione contro l’accesso militare via terra al Nilo • forniva all’Egitto i beni di cui era povero. per la Siria ci furono sei guerre siriache. L’ultima si concluse nel 168 con l’intervento di Roma. La terza guerra siriaca fu innescata da problemi di successione all’interno della casa seleucide e vide il successo di Tolomeo III; i territori controllati dall’Egitto raggiunsero la loro massima estensione (ma già nel 221, con l’ascesa al trono di Tolomeo IV, l’ascesa lagide si avvia al declino). La quarta guerra siriaca mise a rischio il regno stesso di Tolomeo IV, salvato solo dalla decisiva vittoria ottenuta a Rafia nel 217. L’Egitto conservò la Celesiria, ma la sua stabilità interna risultò indebolita. Schema delle guerre siriache • I siriaca: 274-270, Tolomeo II e Antioco I; • II siriaca: 260-253, Tolomeo II e Antioco II; • III siriaca (detta laodicea): 246-241, Tolomeo III e Seleuco II; • IV siriaca: 219-217, Tolomeo IV e Antioco III; • V siriaca: 202-200, Tolomeo V e Antioco III; • VI siriaca: 170-168, Tolomeo VI e Antioco IV. I Tolomei fino a Tolomeo V • Tolomeo I Sotere: 305-283: • Tolomeo II Filadelfo: 285-246: • Tolomeo III Evergete: 246-221; • Tolomeo IV Filopatore: 221-204; • Tolomeo V Epifane: 204-180. I SELEUCIDI La vittoria di Curupedio (281) ha consegnato a Seleuco l’intero regno di Lisimaco, anche se poco dopo, egli stesso cadde sotto il pugnale di Tolomeo Cerauno; la sua eredità fu raccolta dal figlio Antioco I. Lui e i seguenti sovrani saranno “condannati” alla difesa, alla conservazione e alla riconquista dei territori del loro regno. Il primo pericolo venne dai Celti, chiamati in Asia dal re Nicomede di Bitinia; su di loro Antioco I ottenne una decisiva vittoria nella battaglia “degli elefanti” e li confinò nella Frigia settentrionale (la Galazia). Antioco I affrontò anche la prima guerra siriaca e nel 263 subì la secessione di Eumene di Pergamo. 4.1 Gli anni difficili di Antioco II e Seleuco II Antioco II reagì con vigore agli attacchi di Tolomeo II, uscendo con successo dalla seconda guerra siriaca. Alla sua morte, nel 246, Berenice, la seconda moglie di Antioco, chiamò in aiuto il fratello Tolomeo III perché difendesse i diritti del figlio contro Seleuco II (nato dalle prime nozze di Antioco e Laodice). La spedizione di Tolomeo fu un successo, ma Berenice e il figlio vennero assassinati prima del suo arrivo a Babilonia. Seleuco II riuscì a mantenere il regno, ma la guerra laodicea ebbe pesanti conseguenze. La debolezza della causa seleucide favorì le iniziative autonomistiche nelle parti più orientali del regno; fu così che le satrapie di Partia e Battriana si resero indipendenti. Intanto in Asia Minore, Antioco Ierace (lo “Sparviero”) fratello minore di Seleuco II aveva trasformato la regione sotto il suo controllo in un regno autonomo, che resterà tale fino alla sua conquista da parte di Attalo di Pergamo nel 227. Antioco III Il Grande Antioco III (Ὁ Μέγας) sarà l’ultimo grande sovrano della dinastia; salito al trono giovanissimo, riuscì a realizzare in parte l’ambizioso progetto di ricostruire il grande regno dei suoi antenati: • Consolidò i confini meridionali con l’Egitto (anche se non conquisterà la Siria); • Ristabilì il controllo sull’Asia Minore; • Riportò i possessi seleucidi fino all’India. I Seleucidi fino a Seleuco IV • Seleuco I Nicatore: 312-281; • Antioco I Sotere: 281-261; • Antioco II Theos: 261-246; • Seleuco II Callinico: 246-225; • Seleuco III Sotere: 225-223; centrale, mentre gli Achei rappresentavano la potenza egemone del Peloponneso, basti considerare le città di Corinto, Argo, Sicione, Megara, Megalopoli ed erano alleati di Sparta (per il momento). I successi di Cleomene III, che rischiavano di sgretolare la lega achea, spinsero Arato all’azione; si fece nominare στρατηγός αὐτοκράτωρ (strategos autokrator, poteva così prendere qualsiasi decisione senza l’approvazione del consiglio federale) e cercò l’alleanza della Macedonia. 3.1 Nasce la nuova lega ellenica sotto la guida di Antigono Dosone Le forze congiunte acheo-macedoni recuperarono le posizioni perdute nel Peloponneso e costrinsero Cleomene III a rientrare a Sparta, fu così che Antigono Dosone riuscì a costruire una nuova lega di stati greci (224) sotto l’egemonia macedone, ne facevano parte; gli Achei, i Focesi, i Beoti, gli Acarnani, i Locresi Opunzi, gli Epiroti, i Tessali e la città di Eubea. I membri non sono più singole città, ma confederazioni di popoli; ogni membro inviava rappresentanti al consiglio federale che si occupava solo di politica estera (era una struttura più fragile, però meno oppressiva). La coalizione affrontò Sparta nell’estate del 222 a Sellasia e la vittoria degli alleati fu schiacciante; Cleomene si rifugiò da Tolomeo, mentre per la prima volta un esercito nemico entrò a Sparta. La tradizionale regalità venne abolita e alla città furono imposti un governatore macedone (ἐπιστάτης, epistates) e una guarnigione. I PRIMI ANNI DEL REGNO DI FILIPPO V: LA “GUERRA SOCIALE” I successi della lega misero in allarme gli Etoli; ne seguirono alcune operazioni militari nel Peloponneso, che miravano a indebolire gli Achei e che scatenarono la guerra sociale (degli alleati, si trattava infatti della confederazione etolica e la lega ellenica). Arato chiese l’intervento del re macedone, Filippo V, salito sul trono nel 221. Dopo una serie di operazioni militari, si giunse alla pace stipulata a Naupatto nel 217. L’evento è importante per il suo significato storico; si tratta dell’ultimo accordo concluso fra soli Greci, di lì a poco prenderanno il sopravvento i Romani. • Il nuovo ruolo della lega etolica nella Grecia centrale. • La pirateria nel Mediterraneo. • La figura di Arato di Sicione e l’affermarsi della lega achea nel Peloponneso. • La “lega ellenica” di Antigono Dosone. • Il conflitto fra Achei ed Etoli: la guerra sociale. FRA CARTAGINE E ROMA: I GRECI D’OCCIDENTE IN ETA’ ELLENISTICA LE DIFFICOLTA’ DELLE POLEIS D’OCCIDENTE Le grandi imprese di Alessandro Magno non ebbero alcun impatto sulle colonie dell’Italia meridionale e della Sicilia; in Occidente permane il sistema delle πόλεις, come anche le debolezze interne del passato. Nell’Italia meridionale il pericolo è costituito sia dalla crescente potenza di Roma, sia dalle popolazioni locali. L’incapacità di organizzare una difesa autonoma sarà alla base di richieste di aiuto che porteranno nella penisola italica Agatocle (signore di Siracusa, la cui ascesa è stata favorita dai tradizionali conflitti tra città siciliane) e Pirro, re dell’Epiro. L’ultimo grande esponente della grecità di Sicilia sarà Ierone II, in grado di garantire al regno di Siracusa una breve autonomia. DA AVVENTURIERO A RE: LA PARABOLA DI AGATOCLE L’ascesa di Agatocle avrebbe le sue radici nelle tensioni fra democratici e oligarchici che riesplosero nella città dopo la morte di Timoleonte. Agatocle, di umili origini, divenne un esponente della fazione democratica. Riuscì a crearsi solide postazioni a Morgantina e Leontini e a negoziare un vantaggioso accordo con la debole fazione oligarchica al governo; i patti gli conferivano controllo su tutte le piazzeforti extraurbane di Siracusa, ma presto trasformò questa posizione in un potere totale sulla πόλις. 2.1 L’egemonia sulla Sicilia orientale e la guerra contro Cartagine Il primo obiettivo di Agatocle fu il ripristino dell’egemonia sulla Sicilia orientale, ne nacque così lo scontro con Agrigento, Gela e Messina. Le ambizioni di Agatocle non finirono qui e nel 311 giunse al conflitto con Cartagine. Le prime fasi del conflitto non furono favorevoli ad Agatocle, che venne sconfitto presso Agrigento e costretto a trovare riparo a Siracusa; fu così che egli decise di forzare il blocco navale cartaginese e portare la guerra in Africa. Agatocle ottenne alcuni importanti successi, ma non riuscì a espugnare Cartagine. Concluse un patto con Ofella (che controllava Cirene); il patto prevedeva (in caso di vittoria): • Il passaggio a Siracusa delle postazioni che Cartagine ancora deteneva nella Sicilia occidentale; • A Ofella i possessi africani. L’accordo non ebbe mai un seguito a causa dei dissensi scoppiati tra i due e dalla morte di Ofella. Agatocle venne richiamato in patria, perse a poco a poco i possedimenti in Africa, fino al 306, quando fu costretto a trattare la pace: • Cartagine: manteneva il controllo sulla Sicilia occidentale fino al fiume Alico; • Agatocle: conservava l’egemonia sulla Sicilia orientale. Grazie al matrimonio con Teossena (figlia di Tolomeo I) ha assunto il titolo di re. 2.2 Le spedizioni in Italia meridionale Taranto, per paura delle pressioni dei popoli italici, offrì ad Agatocle la possibilità di intervenire nelle questioni dell’Italia meridionale. Agatocle entrò due volte in Italia meridionale, ottenendo significativi ma effimeri successi sui Bruzi. Secondo la tradizione, nell’ultimo anno di vita (289), Agatocle avrebbe restituito a Siracusa la democrazia. L’INTERVENTO DI PIRRO IN OCCIDENTE Nel corso del IV secolo si era progressivamente affermata nella penisola la potenza di Roma, vittoriosa contro Etruschi, Celti e Sanniti. Quando Turi nel 282 chiese l’appoggio dei Romani contro i Lucani e molte città greche sembravano favorevoli al loro intervento, Taranto pensò che il suo ruolo egemone nella regione fosse in pericolo. Taranto ordinò il sequestro di una flotta romana in transito nello Ionio; quest’azione scatenò la guerra. 3.1 Lo scontro fra Pirro e Roma I Tarantini si rivolsero all’Epiro, in cerca di sostegno, e Pirro vide nell’Italia meridionale un’ottima occasione di conquista (come genero di Agatocle, e puntava alla Sicilia, pensava di riuscire a conquistarla passando per l’Italia meridionale). La campagna si aprì con una vittoria ad Eraclea sul Siri (280), in seguito Pirro si portò fino al cuore del Lazio, ma le trattative di pace si risolsero in un nulla di fatto. Riportò un’altra vittoria ad Ascoli Satriano (279), ma ancora una volta le trattative di pace furono senza esito (Roma non avrebbe mai rinunciato al controllo sull’Italia centrale). 3.2 Pirro in Sicilia Pirro sbarcò in Sicilia nel 278, chiamato da Siracusa, Agrigento e Leontini (con la morte di Agatocle si erano riaccesi i vecchi contrasti). In breve tempo la parte orientale si schierò al suo fianco e contribuì alla guerra contro Cartagine. I successi non tardarono a giungere e conquistò tutta la Sicilia occidentale (ad eccezione di Lilibeo). Pirro volle proseguire la guerra in Africa, ma i Greci avevano ormai ottenuto ciò che desideravano; la riaffermazione della propria autonomia e ristabilimento della pace. 3.3 La lotta per il trono macedone e la fine di Pirro Nel frattempo la situazione in Italia si era deteriorata; approfittando della lontananza di Pirro, Roma aveva riacquistato terreno. Il ritorno di Pirro non fu facile, ostacolato anche dalla flotta cartaginese, ma lo scontro con Roma ebbe esiti ancora peggiori; nel 275 a Maleventum (ribattezzata in seguito Beneventum) il console Manilo Curio Dentato ottenne una vittoria decisiva. L’ultima speranza di Pirro era rappresentata dalla Macedonia; nel 274 la invase e si abbandonò a saccheggi. Sceso nel Peloponneso, assediò invano Sparta, ma non riuscendo a sconfiggerli, si spostò ad Argo, dove morì combattendo per le strade della città nel 272 (e la tegola?). ROMA E I GRECI D’OCCIDENTE. IL REGNO DI IERONE II A SIRACUSA Vista la crescente potenza di Roma, le città greche cominciarono a considerarla con un potenziale alleato contro la minaccia dei popoli italici. Molte città, tra cui Taranto, dovettero arrendersi alla presenza romana, altre, come Locri, scelsero volontariamente l’alleanza. 4.1 Ierone II a Siracusa In Sicilia si faceva intanto strada Ierone II (ex ufficiale di Pirro); riuscì a farsi nominare stratego di Siracusa sfruttando i conflitti interni causati dalla presenza a Messina dei Mamertini (mercenari di origine campana). Ierone II li sconfisse nella battaglia presso il fiume Longano (269), non riuscì però a prendere Messina (i Mamertini avevano chiesto l’appoggio di Cartagine). Tornato in patria, Ierone assunse il titolo di re e governerà Siracusa fino alla sua morte nel 215. Ierone non cercò mai di estendere i propri possedimenti, ma pose l’attenzione sul rafforzamento economico del regno (tra i suoi consiglieri vi era anche Archimede). In questo periodo la Sicilia vide l’epocale cambiamento dei suoi equilibri basati sul rapporto tra πόλεις greche e Cartagine; i Romani riusciranno nell'intento di liberare la Sicilia dalla presenza cartaginese (prima guerra punica; 264-241). Ierone stesso decise di sostenere i Romani nel conflitto (in precedenza dalla parte dei Cartaginesi) e si rivelò un utilissimo alleato. • L’ascesa di Agatocle a Siracusa. • La conquista della Sicilia orientale. • La guerra con Cartagine e la spedizione in Africa. • Il passaggio di Pirro in Italia e la guerra con Roma. • Ierone II e la conquista romana della Sicilia. ECONOMIA, SOCIETA’ CULTURA NEL MONDO ELLENISTICO IL NUOVO DUALISMO Le monarchie ellenistiche Le monarchie ellenistiche costituiscono realtà profondamente diverse tra loro: • Il regno di Macedonia: prosegue idealmente la tradizione macedone; • Il regno dei Tolomei: costituisce un’unità compatta; • Il regno dei Seleucidi: è difforme ed eterogeneo. Alcuni tratti che accomunano queste realtà sono: • La regalità: l’autorità del sovrano ha carattere personale e trova la sua legittimazione nel diritto di conquista, e il re è in primo luogo il comandante delle sue truppe in battaglia. La tradizione greca inoltra attribuisce al sovrano saggezza, giustizia, lungimiranza e a completare il quadro si impiegati per i lavori domestici e per la coltivazione della terra, ma la loro presenza è attestata anche nelle campagne tolemaiche e seleucidi. LA CULTURA NELL’ETA’ ELLENISTICA Con le conquiste di Alessandro, la cultura greca raggiunge una diffusione mai conosciuta prima, e si radica fino persino in angoli remoti dell’Asia. Ma l’età ellenistica è anche un periodo di mutamento, dato sia dalla spinta di condizioni politiche diverse, sia dal contatto con varie civiltà. 4.1 I nuovi centri della cultura Anche se nuovi centri si affermano, Atene resta un punto di riferimento nel panorama culturale ellenistico; alle grandi scuole filosofiche del passato, si affianca nuove scuole promotrici di messaggi diversi: • Il Portico (Στοά, Stoà) di Zenone; • Il Giardino (Κῆπος, Kepos) di Epicuro. La produzione letteraria mostra un allontanamento dai temi della vita pubblica, per lasciare spazio alla dimensione personale e introspettiva. Ciò si osserva anche nella commedia, Menandro infatti riserverà spazio specialmente alle tematiche quotidiane. Nuovi centri di vita culturale fuori dalla Grecia di affermano; ad Alessandria vennero costruiti la famosa Biblioteca e il Museo. Finalizzata alla conservazione, ma anche alla fruizione dei libri, la Biblioteca conteneva migliaia di opere (700.000 rotoli nel 47, quando venne devastata da un incendio). Ad Alessandria confluirono studiosi e letterati; si deve ai filologi alessandrini la classificazione e sistemazione di numerosi testi, un lavoro immenso e inestimabile. In concorrenza furono Antiochia (fondata da Seleuco) e soprattutto Pergamo, dove fiorì un’importante scuola filologica e grammaticale. Fra le città greche grande prestigio acquisì Rodi, grazie allo sviluppo della scuola filosofica dove fu maestro Posidonio di Apamea. I sovrani ebbero un ruolo fondamentale nella promozione della cultura, così come anche il fenomeno dell’evergetismo; le loro opere contribuivano alla diffusione di modelli urbanistici e architettonici. Vecchi e nuovi valori La mutata situazione politica e il senso di insicurezza dilagante, spingono a elaborare una morale nuova, che ha per punto focale l’individuo in quanto tale e la sua felicità personale; una ricerca caratterizzata dall’indifferenza, fatalismo, sospensione del giudizio e spesso in una rinuncia all’azione. L’indagine scientifica conosce uno straordinario sviluppo, anche grazie al Museo di Alessandria. Gli studi astronomici figurano importanti nomi: Aristarco di Samo, Euclide di Alessandria, Archimede di Siracusa (che si è dedicato a vari campi del sapere). Si sviluppano anche discipline di origine orientale: astrologia, medicina oracolare, magia a scopi terapeutici e alchimia. Ma come in età classica, lo studio scientifico è appannaggio di pochi e resta una disciplina sostanzialmente intellettuale; sono scarsissime le applicazioni pratiche dei suoi risultati. La religione è il campo in cui risulta più chiaro l’influsso del mondo orientale; la religione tradizionale continua a esistere, tuttavia si fanno strada anche forme di religiosità che favoriscono il contatto personale con il dio (culto di Dioniso, Iside, Serapide). L’orgoglio di essere greco L’elemento greco si mantiene sempre profondamente consapevole della grandezza della propria civiltà e della propria eredità culturale. Lo si coglie dall’urbanistica dei nuovi centri che ripropone i modelli della madrepatria; fioriscono i ginnasi, simbolo di un sistema di formazione e di un preciso stile di vita, ma questo aspetto è testimoniato anche dallo sviluppo della storiografia locale. Si elaborano miti e leggende di fondazione che inseriscono la comunità in un intreccio di veri e propri rapporti di parentela con il resto del mondo greco. • La monarchia ellenistica: ideologia e strutture amministrative. • La posizione e la funzione della città all’interno dei regni ellenistici. • L’economia dei regni. • Le diverse realtà sociali compresenti nel mondo ellenistico. • Fioritura di nuovi centri culturali e ruolo dei sovrani ellenistici nella diffusione e nello sviluppo della cultura greca. • Persistenze e trasformazioni nei valori del mondo greco. • Il ruolo dell’identità ellenica. LA CONQUISTA ROMANA DEL MONDO ELLENISTICO “LE NUBI CHE PROVENGONO DA OCCIDENTE” La politica seguita da Roma negli anni compresi fra la prima campagna in Illiria nel 229 e la caduta di Corinto nel 146 evolve e prende forma nel tempo, sotto la pressione di eventi anche esterni al mondo greco e del concomitante e progressivo trasformarsi delle idee e delle esigenze della classe dirigente romana. Questa evoluzione difficile da decifrare è da considerarsi di fatto un atteggiamento apertamente imperialistico. Quanto al mondo degli stati ellenistici, la sua divisione in due blocchi: • Occidentale: Macedonia e penisola greca; • Orientale: regni di Siria, Egitto e Pergamo; espose la monarchia macedone a sostenere da sola il primo urto contro Roma, contribuendo alla sua sconfitta. Gli stati ellenistici coltivarono a lungo l’illusione di poter mantenere una certa autonomia nelle proprie scelte; piuttosto tardi e a proprie spese raggiunsero la consapevolezza del pieno significato che poteva assumere l’amicizia con Roma. LE CAMPAGNE ROMANE IN ILLIRIA: PRIMI PASSI VERSO ORIENTE? L’intervento romano in Illiria riveste un’importanza particolare agli occhi dello storico moderno; le premesse della spedizione romana sono da cercare nei successi che la Repubblica aveva colto in Italia durante il III secolo, portando sotto il suo controllo l’intera penisola e persino la Sicilia. L’Adriatico e lo Ionio erano sempre più teatro di vivaci scambi commerciali, ma anche ripetute azioni di pirateria illirica contro le navi da carico romane. I Romani dunque, si mossero contro l’Illiria in primo luogo per difendere i propri interessi economici. L’evento scatenante del conflitto fu la morte di un ambasciatore romano inviato presso la regina illirica Teuta, a protestare contro i ripetuti attacchi dei pirati; secondo Polibio fu assassinato dalla regina stessa. C’erano le premesse per una “guerra giusta” e l’azione militare che ne seguì (nel 229) segnò un rapido successo per Roma. La pace del 228 consegnava ai Romani il controllo su una fascia costiera che includeva le città di: Apollonia, Epidamno e Corcira. Nasce così il cosiddetto “protettorato” romano. Una seconda spedizione si rese necessaria nel 219, quando Demetrio di faro tradì l’amicizia con Roma e riprese le attività di pirateria; Roma reagì con vigore e costrinse alla fuga Demetrio. ROMA CONTRO LA MACEDONIA La prima guerra macedonica (215-205) Demetrio di Faro si rifugiò presso Filippo V, influenzando fortemente le scelte del giovane re macedone. Demetrio alimentò l’interesse di Filippo per i territori dell’Illiria nella speranza di riconquistarli. Una svolta nella politica macedone si ebbe nel 215, quando Filippo V stipulò un’alleanza antiromana con Annibale; aprire un secondo fronte al di là dell’Adriatico, obbligando Roma a dividere le proprie forze, risultava vantaggioso anche ai Cartaginesi. Roma cercò dunque alleanze nel territorio greco; nel 211 un patto fu stipulato con gli Etoli, Spartani, Messeni, Elei e con Attalo I di Pergamo. La prima guerra macedonica fu caratterizzata da saccheggi e devastazioni, senza battaglie decisive (a parte per gli Etoli che nel 206 furono costretti a chiedere una pace separata). Appena un anno dopo, la pace di Fenice, chiudeva il conflitto. 3.2 Il patto “siro-macedone” e le sue conseguenze La pace di Fenice precludeva qualsiasi iniziativa verso Occidente, perciò Filippo V rivolse la sua attenzione all’Egeo con una serie di operazioni di pirateria. Una nuova prospettiva gli venne offerta anche nel 204 con la prematura morte di Tolomeo IV; il regno venne lasciato nelle mani di cortigiani spregiudicati. Nell’inverno del 203-202 Filippo V concluse con Antioco III un accordo segreto che prevedeva la spartizione dei possessi lagidi, dividendosi le aree d’azione: • Filippo V: Asia Minore (conquistò Samo); • Antioco III: Celerisia (che conquistò nel 200 con la quinta guerra siriaca). Le conquiste di Filippo V preoccuparono Rodi e Bisanzio, che decisero di costituire un’alleanza a cui si unì Attalo I. La seconda guerra macedonica Le forze congiunte di Attalo I e Rodi pur avendo ottenuto qualche successo contro Filippo V, non potevano resistere a lungo; fu per questo motivo he chiesero l’intervento romano (intervento che avrà conseguenze determinanti per tutta la politica del mondo antico). Le ragioni dell’intervento romano non sono da ricollegarsi a violazioni commesse da Filippo V, ma all’interno di Roma stessa; nella società si faceva sempre più vivo uno spirito imperialistico. primi due anni di conflitto (200-199) non portarono a risultati significativi, ma la situazione mutò quando al comando delle truppe romane fu posto Tito Quinzio Flaminino. Dopo aver respinto Filippo in Tessaglia, il console ottenne un brillante successo sul piano diplomatico: la lega achea ruppe l’alleanza con la Macedonia, concludendone in seguito uno con Roma stessa. Le sorti della guerra si decisero nel 197 a Cinoscefale (Tessaglia); la falange macedone, imbattuta da secoli, venne sopraffatta. La “libertà della Grecia” Filippo V dovette: • Evacuare tutti i possedimenti greci in Europa e in Asia; • Restituire i prigionieri e i vascelli catturati; • Risarcire Rodi e Attalo; • Consegnare la flotta e pagare una forte indennità di guerra.