Scarica Seneca e il tempo, le lettere a Lucilio e più Tesine universitarie in PDF di Letteratura latina solo su Docsity! Seneca e il tempo - Le epistulae Morales ad Lucilium Ciò che più di Seneca colpisce è la sua modernità. Viviamo in un’epoca in cui tutto è veloce, il presente è già passato nell’istante stesso in cui realizziamo che lo stiamo vivendo e può sopravvivere nel futuro solo se immortalato attraverso uno scatto, o un contenuto da postare su un social che ci proietta in un eterno di cui non siamo però veramente coscienti. All’interno di questa riflessione occorre soffermarci su quello che invece ci suggerisce il saggio che con straordinaria semplicità ci invita a non sprecare il tempo in nostro possesso. Non dobbiamo però cadere nell’illusione che Seneca ci inviti a “cogliere l’attimo” come ha fatto Orazio, perché in lui persiste il concetto epicureo del vivere ogni momento poichè ne abbiamo pochi, mentre lo stoico guarda al tempo come una risorsa da utilizzare a pieno. Nel De brevitate vitae, l’autore afferma “Non abbiamo poco tempo ma ne abbiamo perso molto. La vita è lunga abbastanza e ci è stata data con generosità per la realizzazione delle cose più grandi, se fosse stata impiegata bene. Ma quando va persa nel lusso e nell’indolenza, quando non la si spende per nulla di buono, soltanto sotto la minaccia della morte, ci accorgiamo che è passata, e non ci eravamo accorti che passasse”. Possiamo forse meglio comprendere il perchè delle sue riflessioni se ripercorriamo brevemente parte della sua vita. È il 39 quando Caligola condanna Seneca a morte per motivi che appaiono poco chiari. Il filosofo riesce a mettersi in salvo e con la morte dell’imperatore spera di poter vivere più tranquillamente, scopre tuttavia che la situazione non è destinata a migliorare con la salita al potere di Claudio; sotto il suo regno venne accusato di adulterio, ritenuto colpevole e quindi condannato all’esilio per otto anni in Corsica. A porre fine alla sua condanna, richiamandolo a Roma è l’imperatrice Agrippina, seconda moglie di Claudio che gli accorda il privilegio di essere l’istitutore di Nerone. Questi saluto al potere nel 54 tiene accanto a sè il letterato come suo consigliere, in virtù di questa fiducia, Seneca era certo di poter avere un influsso positivo sull’imperatore, spingendolo a seguire la filosofia stoica e ad abbandonare le barbarie messe in atto dai suoi predecessori, ma si trova ad essere deluso nel momento in cui anche il giovane Nerone manifesta tendenze sanguinarie e fa assassinare Britannico e Agrippina. Il filosofo decide allora di allontanarsi dalla corte per dedicarsi ai suoi studi, questo però non lo proteggerà dalle congiure di palazzo e nel 65, considerato complice di Calpurnio Pisone, che aveva ordito un attacco ai danni dell’imperatore, viene costretto al suicidio. Proprio nelle Epistole a Lucilio, Seneca paragona il tempo alla morte e afferma che esso è l’unica cosa che possediamo davvero. Infatti l’autore sfida il suo interlocutore a trovare qualcuno che sappia attribuire al tempo il giusto valore, che sappia apprezzare il giorno e abbia la consapevolezza che ogni giorno si sta morendo un po’ (Epist. 1,2 quem mihi dabis qui aliquod pretium tempori ponat, qui diem aestimet, qui intellegat se cotidie mori?). Sempre nella stessa lettera esprime la sua convinzione che l’uomo non possieda null’altro che sè stesso ma solo in relazione al tempo che gli viene dato e dunque solo capendo la sua importanza può esserne padrone e utilizzarlo nel modo migliore (1,3 omnia, Lucili, aliena sunt, tempus tantum nostrum est; in huius rei unius fugacis ac lubricae possessionem natura nos misit). Ma soffermiamoci ora ad esaminare con più attenzione l’opera nella sua interezza: si tratta di 124 lettere che sono suddivise in 20 libri. Il titolo completo dell’opera è "Epistulae Morales ad Lucilium" e già da esso abbiamo una chiara indicazione dell’argomento di questi scritti: Seneca affronta temi relativi alla filosofia morale. La loro composizione è da datarsi tra il 62 e il 65, cioè gli anni del ritiro dalla politica, per questo ci è sembrato importante fare la digressione precedente, perché senza riuscire a contestualizzare quello che è accaduto nella vita del filosofo non si riesce a comprendere perché egli si sia dedicato a queste composizioni in quello specifico momento della vita. Si tratta di un periodo di profonda riflessione, perfino di autoanalisi sotto certi punti di vista, se è vero che Seneca condivide con i lettori la sua saggezza è anche corretto pensare che questi scritti siano il frutto di tutte le esperienze vissute e delle considerazioni che da esse sono scaturite. L’autore si veste ancora una volta del ruolo di istitutore e questa volta lo fa con l’amico e discepolo Lucilio - e per estensione con il suo pubblico - per guidarlo verso il raggiungimento della sapienza; forse da un certo punto di vista vuole fare ammenda per non essere riuscito a guidare, come avrebbe desiderato, Nerone stesso e coglie l’occasione di queste lettere per condividere ancora una volta le sue riflessioni e aiutare nella formazione dei suoi futuri lettori. I mezzi che utilizza per spingere Lucilio ad ottenere la “sapientia” sono: