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Seneca, La lettera agli schiavi (Epistulae morales ad Lucilium, 47), Appunti di Latino

Seneca, La lettera agli schiavi (Epistulae morales ad Lucilium, 47) : analisi guidata

Tipologia: Appunti

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Caricato il 18/06/2021

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Scarica Seneca, La lettera agli schiavi (Epistulae morales ad Lucilium, 47) e più Appunti in PDF di Latino solo su Docsity! Seneca, La lettera agli schiavi (Epistulae morales ad Lucilium, 47) - Analisi guidata [47, 4] Sic fit ut isti de domino loquantur quibus coram domino loqui non licet. At illi quibus non tantum coram dominis sed cum ipsis erat sermo, quorum os non consuebatur, parati erant pro domino porrigere cervicem, periculum imminens in caput suum avertere; in conviviis loquebantur, sed in tormentis tacebant. Analisi del brano 1) Traduci la seguente versione. 2) Che figura retorica è presente in “de domino...coram domino”? Questa figura retorica è presente anche in un’altra parte del testo? 3) Che proposizione è Ut...loquantur? 4) Che complemento è De domino? 5) Che valore ha l’at iniziale della seconda frase? 6) Che figure retoriche presenta “porrigere cervicem, periculum imminens in caput suum avertere”? 7) Elabora le tematiche presenti nei primi quattro paragrafi di questa lettera, con particolare attenzione al testo qui esaminato. 8) Cosa pensa Seneca della schiavitù? Delinea il suo pensiero a tal proposito, aggiungendo anche nozioni generali riguardanti la schiavitù durante il periodo romano. 1) Così accade che a quelli che non era consentito conversare in presenza del padrone, parlavano male di lui. Ma coloro che potevano dialogare in presenza del signore e fare un discorso con lui, perché la loro bocca non era chiusa dal padrone, erano pronti a sacrificarsi per lui, a deviare sul proprio collo in improvviso pericolo; essi parlavano nei banchetti, ma tacevano fra le torture. 2) Si tratta di un’antitesi. Viene posta in rilievo in quanto densa di significato : gli schiavi trattati male potevano spettegolare del padrone oppure rivelare fatti che lo danneggiavano (delazioni vere e proprie). Non è l’unica antitesi in questa parte del testo:, infatti Seneca utilizza la contrapposizione di illi - isti per mettere a confronto la condizione degli schiavi del suo tempo a quella del passato;, e in conviviis-in tormentis per indicare le due diverse situazioni e i relativi comportamenti opposti. 3) Si tratta di una proposizione completiva con il verbo al congiuntivo. 4) È un complemento di argomento. 5) Ha valore avversativo. Insieme all’antitesi ciò serve a mettere in risalto il diverso comportamento con gli schiavi nel presente e nel passato. 6) La costruzione è caratterizzata da un asindeto ed è presente un chiasmo tra “porrigere cervicem” e “periculum avertere” . 7)Nell’Epistulae ad Lucilium 47, Seneca affronta il tema della schiavitù. In primo luogo elabora il concetto di uguaglianza tra gli uomini, riprendendo la disciplina stoica. Chi è giuridicamente libero ma soggetto alle passioni, è schiavo anch’esso e siamo in questo tutti compagni e, ugualmente in balia della stessa sorte. Gli unici veramente liberi sono coloro che sanno obbedire alla ragione ma Seneca, come prima di lui anche Platone e gli stoici, la considera una condizione rara. Proprio per questo i servi andrebbero trattati in modo completamente diverso da quella che era la consuetudine e il filosofo Seneca , nella prima parte del testo, si congratula con l’amico Lucilio che dà prova di humanitas, comportandosi con loro in modo familiare. Attraverso una sermocinatio fa poi intervenire un interlocutore fittizio (procedimento tipico della diatriba cinico-stoica) e, in un climax ascendente, spiega come tutti gli uomini sono accomunati non solo da una condizione naturale, ma anche da valori interiori. In seguito Seneca condanna il comportamento innaturale, simbolo di decadenza, di mangiare fino allo sfinimento e l’usanza di avere intorno uno stuolo di schiavi in piedi e muti, pronti ad esaudire ogni singolo desiderio del padrone. L’autore spiega come questo atteggiamento sia controproducente: alimenterà l’odio e porterà gli schiavi a parlare in altre occasioni, per danneggiarlo e per rovinarlo. Invece coloro invece che sono stati trattati bene, darebbero addirittura la vita, come dimostrato da esempi concreti di schiavi che si sono sacrificati, pur di proteggere il padrone. 8)Cosa pensa Seneca della schiavitù? Delinea il suo pensiero a tal proposito, aggiungendo anche nozioni generali riguardanti la schiavitù durante il periodo romano. Seneca non promosse mai un movimento abolizionista , consapevole di come la schiavitù, ormai radicata nel tessuto sociale, fosse profondamente radicata nel tessuto sociale ed indispensabile per l’economia. Veniva legittimata e , riprendendo il fatalismo stoico, inquadrata nell’ordine cosmico. Tuttavia egli condannava moltissimi comportamenti e cercò di promuovere atteggiamenti più umani, insistendo su come lo status sociale non debba condizionare il modo di comportarsi nei confronti dei servi. Secondo alcuni studiosi, esiste l’eventualità che , attraverso la sua influenza, abbia anche fatto approvare dei provvedimenti favorevoli agli schiavi. Tra questi ad esempio quello del consilium principis che respingeva la possibilità di privare gli schiavi della loro libertà una volta affrancati, nel caso si fossero dimostrati ingrati. L’unico testo interamente dedicato all’argomento è l’ Epistola ad Lucilium 47, ma sono presenti riferimenti anche in molti altri testi.