Scarica Seneca, Persio, Lucano, Petronio. e più Dispense in PDF di Letteratura latina solo su Docsity! Quadro di Riferimento Storico-Culturale Dinastia Giulio-Claudia Nei primi anni del suo principato, Augusto si era preoccupa di organizzare il consenso, e lo fece con grande abilità, mascherando il potere assoluto che di fatto deteneva, mantenendo formalmente le magistrature repubblicane. In questo modo riesce ad illudere la classe senatoria, dilaniata dalle continue lotte civili, che il suo principato non si sarebbe trasformato in dispotismo di stampo orientale. Alla sua morte, la scelta del successore risulta particolarmente difficile, a causa della mancanza di figli maschi e della morte prematura di colui che aveva adottato in vista della successione. Muore il 19 Agosto del 14 d.C. e diviene Princeps Tiberio, che inaugura la dinastia Giulio Claudia (Tiberio, Caligola, Claudio e Nerone), ricordata dalla tradizione come autrice di innumerevoli nefandezze. Tiberio Divenuto Princeps, si presenta in Senato ribadendo la sua fedeltà al regime instaurato da Augusto e di voler collaborare con la nobilitas. In realtà, la tradizione lo ricorda come un gran dissimulatore e come colui che preferiva un ritiro a Capri piuttosto che un soggiorno a Roma, ma, soprattutto come colui che lascia il governo nelle mani del sanguinario Seiano, autore di processi e persecuzioni ai danni della nobilitas e dei letterati che, infatti, nei loro scritti, adulano il princeps e i suoi uomini, non esprimendo alcun tipo di ostilità verso questi. Caligola Anch’egli autore di persecuzioni, e ricordato per la sua sfrenata pazzia. Nerone Ultimo esponente della dinastia Giulio-Claudia, un vero e proprio despota, autore di crimini come il matricidio e l’uccisione del fratellastro della moglie. Con Nerone aumentano le persecuzioni, fin quando gli eserciti delle province si ribellano, provocando la sua caduta. Con la sua morte si apre un periodo di anarchia militare e di incertezza politica. Egli promuove l’attività letteraria con il fine di esaltare la sua persona e la sua politica imperiale. Sotto Nerone si presentano le prime figure di spicco dell’opposizione nobiliare: Seneca, Petronio e Lucano. L’ostilità della tradizione verso questa dinastia ha insospettito la critica, perché il racconto dei vari principati segue una costante: un primo periodo in cui il Princeps è equo e moderato e una seconda fase nella quale si corrompe e il governo si trasforma in un regime di terrore. In realtà, la tradizione è figlia della classe senatoria che tramanda la propria visione della lotta fra nobilitas e principato. In realtà, Tiberio e Claudio, ad esempio, furono ottimi amministratori tanto che sotto il loro principato l’impero raggiunse condizioni di grande floridezza. Caligola e Nerone, tentarono di trasformare il principato in una monarchia di stampo orientale dove il sovrano detiene anche il potere divino come i monarchi ellenistici. SENECA VITA: nasce a Cordova nel 4 a.C. circa, si trasferisce da bambino con la sua famiglia a Roma dove studierà filosofia presso lo stoico Attalo. Frequenta anche la scuola dei Sestii ( fondata da Quinto Sestio) dove imparerà uno stile di vita stoico(basato sul vegetarianismo, rinunce, ascetismo e riflessione). A causa di problemi fisici dovuti a tale regime di vita, farà un viaggio in Egitto restando vittima di un naufragio dal quale si salvò. Tornato a Roma intraprese la vita politica divenendo questore nel 32 d.C. grazie alle sue abilità oratorie, le quali però destarono l’ invidia dell’ imperatore Caligola. Nel 41 salito al potere Claudio, Seneca fu condannato (vittima delle macchinazioni di Messalina, moglie di Claudio) alle relegazione in Corsica sotto l’ accusa di adulterio con Livilla (sorella di Caligola). Alla morte di Messalina nel 48 prese il suo posto Agrippina che fece ritornare il poeta presso la corte romana come istruttore del figlio Nerone. Quando Nerone divenne imperatore nel 54, Seneca fu nominato insieme con Afranio Burro consigliere dell’ imperatore e riuscì a diventare console nel 56. Nerone perseguì un principato tirannico creando ostilità con le fazioni repubblicane e l’ allontanamento ideologico del poeta consigliere. Seneca, dopo che la congiura dei Pisoni del 65 rivolta all’ imperatore fallì, decise di togliersi la vita prima che lo facesse Nerone sospettoso riguardo la partecipazione del poeta alla congiura. I DIALOGI: una raccolta di 10 opere divise in 12 libri, dal cui titolo si penserebbe di essere in presenza di dialoghi filosofici ma in realtà il poeta si rivolge nelle sue opere a un destinatario che raramente riporta brevi e semplici obiezioni e che il più delle volte è un interlocutore fittizio. • CONSOLATIO AD MARCIAM scritta nel 37 rivolta a Marcia (figlia del repubblicano Cremuzio Cordo) per la morte prematura del figlio (trattando di temi come la morte ineluttabile vista come liberazione dai mali terreni e la fugacità del tempo) e riporta anche un omaggio agli ideali di libertas politica perseguiti dal padre. • DE IRA opera dedicata al fratello Novato, divisa in tre libri dove si indagano le ragioni psicologiche e le conseguenze sociali della collera sottolineando soprattutto l’ importanza che ha il freno dell’ ira sugli uomini politici. Considera infatti tiranno colui che non riesce a trattenere le proprie emozioni (facendo l’ esempio di Caligola da poco morto) e invece saggio colui che ha una moderazione nelle passioni (cintando contrariamente Augusto) . Probabile è in quest’ opera l’ intento del poeta di dar un consiglio politico al nuovo imperatore Claudio. • CONSOLATIO AD HELVIAM MATREM scritta nel 41 quest’ opera è originale perché proprio chi è colpito dal destino avverso si fa portatore della consolazione. Infatti è il poeta stesso che a causa del suo esilio tranquillizza la madre incitandola a trovare consolazione negli studi filosofici come lui che essendo saggio non soffre per il suo esilio ma bensì ha la possibilità di dedicarsi alla contemplazione degli spatia humiliora. delle comete. Anche in quest’opera è possibile scorgere uno scopo moralistico ovvero quello di liberare gli uomini dai timori che nascono dall’ignoranza dei fenomeni naturali e insegnare loro il retto uso dei beni messi a disposizione dalla natura. Questa idea moralistica viene riesumata dalle prefazioni, dagli epiloghi e dalle digressioni presenti negli stessi libri. Seneca inoltre incita gli uomini allo studio delle scienze naturali che sono viste insieme con la filosofia il mezzo utile all’elevazione umana fino a giungere a una coscienza divina (infatti in futuro il progresso scientifico porterà alla luce cose mai conosciute prima). LE EPISTULAE AD LUCILIUM: una raccolta di 124 lettere suddivise in 20 libri, scritte durante il periodo del ritiro politico (dal 62 al 65) e dedicate a Lucilio (di modeste origini, divenuto eques riceve importanti incarichi in Sicilia) al quale Seneca si propone come vate di saggezza (nonostante la sua proclamazione di umiltà). L’epistolario di Seneca viene propriamente definito letterario, poiché ,diversamente da quello ciceroniano, viene concepito fin dall’inizio per la pubblicazione e quindi implica come destinatario non solo Lucilio ma anche “i posteri”; non per questo motivo però le lettere di cui è composto sono da ritenersi fittizie. Un’ altra differenza tra Cicerone e Seneca è descritta dal poeta stesso nell’epistola 118, affermando che la sua scelta delle tematiche non è stata fatta a caso (come nel caso ciceroniano) ma bensì consona al suo intento didascalico di mostrare la via della verità. Questo percorso avviene affrontando problemi etici di vita quotidiana (possibile grazie all’utilizzo dell’epistola e a un linguaggio familiare) che dal basso si elevano secondo i principi epicurei e stoici verso la saggezza, con lo scopo della libertà interiore e il controllo di se stessi (e quindi la liberazione dalle passioni e dal timore della morte). Come presupposto della ricerca della saggezza il poeta pone il distacco dalle faccende politiche (avendo il poeta stesso perso le speranze per la creazione di una monarchia illuminata) , esortando Lucilio e tutti gli uomini all’otium per la conquista della libertà interiore. L’introspezione diviene elemento tipico di colui che si prepara alla morte, vista come momento emblematico per il saggio che, liberatosi della paura della morte, tramite il suicidio acquista la sua integrale indipendenza dal mondo e dai suoi beni effimeri. LE TRAGEDIE: ci vengono tramandate 9 tragedie con l’aggiunta di una decima, l’Octavia, ritenuta dai moderni spuria. • HERCULES FURENS (Eracle euripideo) Eracle dopo essere ritornato dagl’inferi uccide il tiranno Lico per averci provato con sua moglie Megara, ma per la collera uccide anche la moglie e i figli. Quando si rende conto dell’errore vuole uccidersi ma viene fermato dall’amore per il padre Anfitrione che alla sua morte si sarebbe ucciso. Viene infine convinto dall’amico Tèseo a salvarsi. • TROADES (sempre su modello euripideo) parla delle donne troiane fatte prigioniere dei Greci che per ripartire devono sacrificare Polisenna (figlia di Priamo) uccisa davanti alla madre Ecuba e Assianatte (figlio di Ettore) gettato da una torre. • PHOENISSAE (sono le Fenicie di Euripide e l’Edipo a Colono di Sofocle) incompleta non ha la comparsa delle Fenicie ma ci sono rimaste solo due scene: nella prima Antigone che consola il padre Edipo cieco ed esiliato; nella seconda Anticone e Giocasta cercano di evitare il fratricidio tra Eteocle e Polinice. • MEDEA (d’influsso euripideo e ovidiano) ripudiata da Giasone per sposare Creusa(figlia di Creonte, re di Corinto), Medea con le sue arti magiche decide di uccidere Creusa e suo padre; prima di scappare su un carro guidato da draghi uccide anche i due figli avuti con Giasone. • PHAEDRA (su modello euripideo) Fedra, moglie di Teseo si innamora del figliastro Ippolito il quale la respinge. Fedra offesa decide di accusare Ippolito di violenza suscitando l’ira di Teseo che maledicie il figlio il quale viene ucciso da un mostro marino manato da Poseidone; Fedra si sente in colpa e si uccide. • OEDIPUS (fonte è l’Edipo re di Sofocle) Tebe è invasa da una pestilenza causata da un patricidio che Edipo comprende (tramite l’indovino Tiresia) esser stato compiuto per sua mano nei confronti del padre Laio. Disperato si acceca mentre la madre/moglie Giocasta si toglie la vita. • AGAMEMNON (spunto dall’Agamennone di Eschilo) Agamennone, dal momento che torna dalla guerra di Troia con la concubina Cassandra (profetessa di Priamo), viene ucciso dalla moglie Clitennestra e l’amante Egisto. La figlia Elettra e Cassandra vengono rinchiuse mentre Oreste, che è riuscito a scappare, viene profetizzato da Cassandra, tornerà per vendicarsi del padre. • THYESTES (preso spunto da fonti a noi perdute) Tieste cerca di far violenza alla moglie del fratello Atreo e di sottrargli il regno, perciò Atreo si vendica uccidendo e dando in pasto a Tieste i suoi figli. • HERCULES OETEATUS (“Ercole sull’Eta” tratto delle Trachinie di Sofocle) Ercole innamorato di Iole suscita la gelosia della moglie Deianira la quale per amore gli donerà una veste impregnata del sangue del centauro Nesso credendolo un filtro d’amore; ma in realtà il sangue contiene un potente veleno che brucia e divora le cerni dell’eroe, il quale farà accendere un rogo sul monte Eta dove si ucciderà tra le fiamme. Dopo la sua morte viene accolto tra gli dei. • OCTAVIA è una pretesta che narra della figlia di Claudio che viene data in sposa a Nerone e da lui viene uccisa nel 62 per amore di Poppea. Giunge seneca che cerca di persuadere Nerone verso un comportamento umano. (non può trattarsi sicuramente di un’opera interamente senechiana in quanto viene descritta la morte di Nerone) Seneca predilige l’influsso euripideo, soffermandosi molto sui caratteri psicologici, evolutivi e passionali dei personaggi. Le opere seguono uno schema fisso con trimetri giambici, parti dialogiche del coro ( il quale fa solo dei commenti moraleggianti) che divide il tutto in cinque atti e come un susseguirsi di dialoghi e monologhi dei personaggi. E’ probabile che le opere senechiane sia state concepite non tanto per la messa in scene in teatro quanto piuttosto per esser intese come recitationes (letture pubbliche, in voga in quel periodo storico) caratterizzate da una forte ricerca del pathos. Ciononostante non è da escludere che le tragedie senechiane ( sebbene prive della stessa drammaticità greca che vedeva l’uomo in connessione con il divino) come anche le recitationes siano accumunate dallo stesso destinatario e che quindi la differenza più importate è da farsi tra opere destinate alla rappresentazione ed opere concepite per la lettura. Non ci sono in tutte le opere frasi moraleggianti ma è la rappresentazione stessa del degrado umano invaso dal furor irrazionale a essere di carattere didascalico. La funzione dei personaggi infatti è quella non di assecondare la trama scenica quanto di essere portatori ,sia loro e sia gli eventi che li coinvolgono, di esempi e chiarimenti dei meccanismi delle passioni. Una staticità della trama con conseguente occasione di approfondimento psicologico. LUDUS DE MORTE CLAUDII/APOCOLOCYNTOSIS: alla morte di Claudio nel 54, Seneca prende l’occasione per una vendetta nei confronti dell’imperatore che lo aveva esiliato in Corsica con questo libello che ha lo stampo di una satira menippea. Di quest’opera ci sono giunti due titoli, uno dei quali, Apocolocyntosi, è un nome greco che sta a significare “trasformazione in zucca” che indica probabilmente non tanto una trasformazione vera e propria dell’imperatore in zucca, quanto piuttosto un rovesciamento dell’apotheosis che sta invece a significare la “trasformazione in dio”. • TRAMA: Claudio dopo esser stato avvelenato del piatto di funghi viene giudicato dagli dei e principalmente dal divo Augusto non esser degno di entrare a far parte del consesso degli dei. Viene mandato nell’Orco al servizio di Caligola che a sua volta lo renderà schiavo del liberto Menandro, schiavo di un liberto nella morte così come lo fu in vita. Per la morte di Claudio, Seneca aveva anche scritto il discorso funebre ricco di esaltazioni dell’imperatore che avrebbe letto Nerone. Questo elemento apparentemente contraddittorio è spiegabile dalla situazione politica di quel momento storico, infatti da una parte il poeta ha accusato la figura dell’imperatore morto e del suo principato, insulti che Agrippina(madre di Nerone)lasciava passar volentieri, a causa dei sospetti e delle credenze di usurpazione da parte di Nerone, e dall’altra ha voluto legittimare quello che doveva essere la posizione politica presa da Nerone come princeps e come l’inizio di una nuova età dell’oro. In un secondo momento, però, la fama del poeta provoca le invidie del sovrano che gli vieta di recitare i propri versi pubblicamente. A differenza di Seneca che si ritira a vita privata, Lucano risponde con una linea di opposizione accentuando nel poema epico i toni repubblicani. Prende anch’egli parte alla congiura dei pisoni e muore suicida per ordine di Nerone. BELLUM CIVILE Poema epico-storico, ricordato anche con il nome Pharsalia, dalla celebre frase contenuta nel IX libro:”Pharsalia nostra vivet et a nullo tenebris damnabimur aevo” (La nostra Farsalia vivrà e nessun tempo ci condannerà all’oscurità). Farsalia è riferito allo scontro di Farsàlo del 48 a.c. L’opera consta di 10 libri, ma sicuramente il progetto originario era di 12 libri, esattamente come l’Eneide, infatti il X libro è incompleto. Probabilmente l’autore avrebbe voluto concludere l’opera con il suicidio di Catone a Tapso che rappresenta l’estremo atto di rivendicazione della libertas, o con l’assassinio di Cesare alle idi di Marzo 44 a.C. Nella stesura del poema il poeta utilizza varie fonti: Tito LIvio per la ricostruzione storica dello scontro fra Cesare e Pompeo; Orazio, i cui epodi sulla maga Canidia hanno ispirato la scena di necromazia del VI libro ed infine Virgilio,in modo particolare attinge frasi e scene dalle Georgiche. I libro Il poema si apre con un elogio a Nerone. La narrazione storica parte dal passaggio del Rubicone e dalla conquista di Rimina da parte di Cesare che, in seguito, si preoccupa di richiamare le truppe dalla Gallia per invadere l’Italia. Il libro si chiude con una serie di prodigi che annunciano ai romani una serie di sciagure incombenti. II libro Incontro fra Bruto e Catone, il primo che non vuol intraprendere la battaglia poiché consapevole della sicura sconfitta e il secondo che, invece, è convinto di schierarsi dalla parte di Pompeo per difendere Roma e la libertas, anche a costo di morire. In questo libro Catone l’Uticense incarna la figura del perfetto eroe stoico. III libro A Pompeo appare in sogno la prima moglie Giulia che minaccia di perseguitarlo durante tutta la guerra per le sue seconde nozze. Pompeo, invece, trasferisce in Oriente dove raduna gli eserciti, questa scena ricorda il “catologo” idiliaco delle navi. IV libro Campagna militare di Cesare in Spagna. V libro Appio Claudio, un pompeiano, consulta l’oracolo di Delfi ricevendo una risposta oscura sull’esito della guerra. Cesare, a seguito di una ribellione delle truppe, si fa traghettare dal barcaiolo Amicla; scoppia un tempesta, Cesare si salva ma viene riportato sulla terraferma. Pompeo, invece, decide di mettere al sicuro la moglie nell’isola di Lesbo e questa è una delle scene più cariche di pathos. VI libro Pompeo e Cesare si preparano allo scontro finale in Tessaglia. Sesto, il figlio di Pompeo, consulta la maga tessala Eritto che richiama alla vita un soldato morto (scena di necromazia), e gli profetizza sciagure sia per i pompeiani che per la libertas. VII libro Pompeo sogna dei nuovi successi militari. La maggioranza del consiglio di guerra è a favore della guerra che si conclude con il pieno successo di Cesare e la fuga di Pompeo. VIII libro Pompeo riprende la moglie e cerca asilo in Egitto, presso il re Tolomeo che, invece, lo uccide sperando di procurarsi i favori di Cesare. IX libro Con la morte di Pompeo Catone prende il comando dell’esercito pompeiano, attraversa il deserto libico, e si rifiuta di consultare l’oracolo di Giove Ammone poiché al saggio non serve conoscere il futuro per cambiare le proprie decisioni. Cesare giunge in Egitto dove gli viene presentata la testa del rivale , fa finta di provare sdegno, in realtà se ne rallegra. X libro Cesare giunge ad Alessandria per visitare la tomba di Alessandro Magno, che secondo Lucano fu suo maestro nella tirannide. Al banchetto partecipa anche Cleopatra e si intraprende una discussione sulle sorgenti del Nilo. Gli alessandrini si sollevano contro Cesare e qui in si interrompe l’opera. CONFRONTO CON VIRGILIO Lucano viene definito l’anti-Virgilio poiché fa di quest’ultimo il suo punto di partenza per ribaltare il modello dell’epos tradizionale. Lo fa creando continue allusioni antifrastiche: allude cioè al modello virgiliano, ma ne capovolge sempre gli esiti. Virgilio, ad esempio, ricorre al mito per narrare le origini dell’impero, altrimenti sarebbe stato costretto a parlare delle guerre civili, tema da lui ritenuto troppo rischioso. Lucano, invece, proprio per esprimere la propria avversione a questo atteggiamento di Virgilio, narra un FATTO STORICO, eliminando la componente divina, ma introducendo per il gusto per il soprannaturale, per il macabro e per il truculento. Nel poema virgiliano il protagonista assoluto è Enea. Nel poema lucaneo, invece, ci sono più protagonisti: Catone, Cesare e Pompeo. Enea è il rappresentante delle virtù positive, subisce impavido i colpi del destino poiché la sua missione è retta dagli dei. Pompeo rappresenta l’antieroe, non ha l’appoggio degli dei e del fato, non ha il temperamento del protagonista e non ha fiducia né nei suoi uomini né in se stesso. Nell’Eneide il pio Enea abbandona a malincuore la moglie per rispettare la missione affidatagli dagli dei. Cesare, nel poema lucaneo, rappresenta il furor, l’uomo bramoso di potere, che non si ferma né davanti alle leggi morali, né a quelle divine per portare a termine il suo progetto politico. Probabilmente il “protagonista” dell’opera è Catone che primeggia moralmente, si ribella al volere del fato, seppur inutilmente, e preferisce morire piuttosto che assistere alla perdita della libertas. definito ‘atipico’ rispetto a quello virgiliano, ma anche rispetto ad altri poemi epico- storici risalenti all’età arcaica, ovvero quelli di Nevio ed Ennio che esaltavano la superiorità di Roma; Lucano, invece, fa del suo poema un’arma di denuncia della guerra civile a Roma, che porta alla sconfitta dei valori repubblicani alla fine della libertas. STILE Ampi monologhi patetici e tragici. Gusto per il macabro e l’orrido. Novità importante: l’autore interviene continuamente con il suo commento e la sua protesta. PETRONIO LA VITA Delle vicende biografiche dell’autore non possediamo alcuna notizia diretta. Solo Tacito negli Annales parla di Gaio Petronio, proconsole in Bitinia e console nel periodo neroniano. L’autore definisce Petronio “albiter elegantiae” poiché aveva una personalità estremamente raffinata e conduceva una vita dedita i piaceri presso la corte imperiale. Tacito racconta in modo esemplare la scena della sua morte: Petronio si recide le vene, se le lega a suo piacere e poi se le fa aprire di nuovo. Contemporaneamente si intrattiene con i suoi amici rifiutando argomentazioni filosofiche sull’immortalità dell’anima, volendo udire solamente canti piacevoli e versi facili (molti critici ritengono che sia una parodia della morte di Seneca). Prima di morire Petronio rende pubblico il suo testamento “i codicilli” dove racconto le Labirinto. Ogni luogo diviene un labirinto per i personaggi: la casa di Trimalchione, la Graeca urbs, la nave. Il lungo vagare di Encolpio rappresenta la ricerca di verità, in un mondo in cui è difficile distinguere il vero dalla parvenza del vero. Per raggiungere la verità l’uomo deve intraprendere un cammino ricco di ostacoli. TRIMALCHIONE Oltre all’amore per le ostentazioni, prova una continua angoscia per l’inesorabile trascorrere dell’esistenza tanto che si fa costruire una macchina del tempo con un trombettiere che deve continuamente aggiornarlo sui giorni di vita che gli restano. Trimalchione è uno schiavo affrancato dal suo padrone e, alla morte di quest’ultimo privo di eredi eredita non solo tutte le sue fortune ma anche il nome. L’astuzia del protagonista consiste nel fatto che egli non si accontenterà della proprietà terriera ereditata, ma si dedica al commercio per arricchirsi ancor di più. L’elemento caratterizzante di Trimalchione è l’ambiguità che si legge nei cibi a sorpresa che presenta, nel modo di comportarsi nei confronti dei commensali, passando nell’immediato dalla lusinga all’insulto, dal lamento funebre all’invito a godere delle gioie della vita. L’ambiguità di Trimalchione si esplica anche a livello semantico con arditi giochi di parole. Egli durante la cena cita Ulisse e si indentifica in lui poiché vede la sua stessa ambiguità e vanta la sua polytropià che per Encolpio è un’ideale irraggiungibile. PETRONIO FRA OMERO E VIRGILIO Utilizza come modelli sia Omero che Virgilio. L’imitatio, però, implica sempre il rovesciamento della fonte assunta come modello. Varie citazioni virgiliane all’interno del testo, riprese con ironia. Encolpio=Enea. Riprende l’epos omerico dandone una lettura degradata: Encolpio=Ulisse. Priapo=Poseidone. DEGRADAZIONE DELL’EROE Encolpio vien definito Ulisse imperfetto perchè rappresenta la degradazione dell’eroe non solo nelle situazioni, ma soprattutto perché non possiede la dote peculiare di Ulisse: la polytropìa (la multiformità, la capacità di adattarsi alle situazioni). Encolpio, a differenza di Ulisse, è incapace di riflettere, sceglie sempre in modo avventato e pecca di ingenuità. Tuttavia ciò che Encolpio perde dal punto di vista eroico, lo recupera, sia pur negativamente, dal punto di vista della sua humanitas. Questo processo di umanizzazione è evidente già nel modo diverso di narrare: nell’Odissea è Omero a narrare; nel Satyricon c’è una piena identificazione fra narratore e protagonista. LO STILE Realismo stilistico: tutti i personaggi parlano a seconda del loro rango o sociale o mestiere. Agamennone si esprime da vero maestro di eloquenza, Trimalchione e i convitati come incolti. La ricchezza di quest’opera è racchiusa proprio nel linguaggio utilizzato, poiché Petronio riporta sia sermo familiaris, il sermo plebeius e lo stile solenne, e questo ci cosente di conoscere meglio le espressioni utilizzate sia dal ceto emergente che dagli strati bassi della società. Inoltre, i discorsi dei liberti durante la cena testimoniano il loro modo di vedere la realtà che li circonda e quindi anche le loro ideologie. REALISMO PETRONIANO La grandiosità del Satyricon è racchiusa nel suo realismo. Nel romanzo, infatti, emergono chiaramente i problemi economico-sociali dell’epoca neroniana come il sovraffollamento delle città (Graeca urbs), la crisi dell’agricoltura, l’emergere di ceti sociali nuovi, la corruzione (crapuloni, sacerdotesse corrotte, letterari squattrinati, donne di facili costumi, cacciatori d’erità…) . Il filologo tedesco Auerbach, in un capitolo del “Mimesis”, ha individuato in Petronio non solo delle novità, ma anche limiti al suo realismo: il non aver messo in luce le forze sociali che stanno alla base dei rapporti presenti nel testo, l’aver dato importanza più all’individuo che alla società, la mancanza di elementi storici ben precisi. In realtà, seppur senza riferimenti precisi all’imperatore e al periodo, non mancano le coordinate temporali all’interno dell’opera. CHI E’ DAVVERO PETRONIO? Rivoluzionario: Il suo continuo ricorso al meccanismo dell’inversione potrebbe far pensare che sia uno scrittore anticonformista rispetto al panorama letterario della sua epoca. Il significato delle inversioni ha il fine di far comprendere al lettore determinati guasti; l’autore è portavoce di una morale aristocratica, che cerca rifugio nel buon tempo antico. Il tipo di inversione più utilizzato è quello dei modi di comportamento (la matrona di Efeso che tradisce il ricordo del marito) e quello delle regole del vivere sociale degli abitanti di Crotone (sono disposti a mangiare la carne pur essendo pitagorici). Moralista: Alcuni critici ritengono che sia un moralista, in realtà non assume mai atteggiamenti tali, ma si serve dell’ironia e della parodia per far comprendere il suo punto di vista. Aristocratico: Nel Satyricon Petronio presenta il ceto dei liberti che sempre più sostituiva gli aristocratici nel possesso di ricchezze, e Trimalchione neb è l’exemplum principale. Tuttavia i liberti, per l’autore fanno parte di un mondo destinato a perire, poiché Trimalchione non solo non può avere eredi, ma è come se fosse già morto a causa della macchina del tempo che si è fatto costruire per conoscere quanti giorni di vita gli restano. L’unico momento in cui il ceto dei liberti può rimpiazzare totalmente l’aristocrazia è nella finzione del funerale di Trimalchione, in quanto è l’unico momento in cui egli può fingersi d’essere un cittadino al pari degli aristocratici.