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Formazione e struttura delle rocce e struttura interna della Terra, Sintesi del corso di Geografia

La formazione e la struttura delle rocce, i processi di formazione della crosta terrestre e la struttura interna della Terra. Vengono inoltre presentati i risvolti economici derivanti dal rapporto tra età delle rocce e risorse minerarie. Viene descritta la teoria della deriva dei continenti e la tettonica globale. Infine, vengono presentati i sei tipi di eruzione vulcanica e le colate di fango.

Tipologia: Sintesi del corso

2023/2024

In vendita dal 06/02/2024

Giorgioperuzzini
Giorgioperuzzini 🇮🇹

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Scarica Formazione e struttura delle rocce e struttura interna della Terra e più Sintesi del corso in PDF di Geografia solo su Docsity! 3.2- Formazione e struttura delle rocce La Storia geologica spiega inoltre i risvolti economici derivanti dal rapporto: età delle rocce e risorse minerarie. Rocce antiche → contengono: minerali di ferro, manganese, nichel, rame, metalli preziosi Rocce giovani → carenza di minerali L’Italia cui storia geologica risale a 250 milioni di anni fa scarseggia di giacimenti minerari. . In Italia ci sono pochi giacimenti minerari: i più importanti si trovano in Toscana e in Sardegna. Nella produzione di gas naturale (mentano) invece, sono importanti i giacimenti della Pianura Padana e quelli dell’Adriatico. I processi di formazione della crosta terrestre vengono definiti ciclo litogenico, quest’ultimo è costituito da 3 processi, quali: • magmatico • sedimentario • metamorfico Le rocce magmatiche (ignee) sono prodotte dal raffreddamento del magma e possono distinguersi in due tipi: intrusive e effusive. Le rocce intrusive si formano da un raffreddamento interno e lento che permette la cristallizzazione del magma e la formazione di rocce olocristalline. Le rocce effusive, invece, sono caratterizzate da un raffreddamento rapido ed esterno, mediante delle fratture della crosta terrestre. Diversamente dalle precedenti non avviene un completo processo di cristallizzazione. (es. basalto e ossidiana) Le rocce sedimentarie si formano da mutamenti sulla superficie terrestre o fondi marini e presentano uno spessore ridotto. All’interno di queste spesso vi sono fossili. Le rocce sedimentarie possono essere suddivise a loro volta in 3 gruppi: clastiche (dal greco clastos=spezzato), organogene e chimiche. - Clastiche: derivano da rocce preesistenti alterate o disgregate, prodotte da deposito e accumulo di detriti, per poi compattarsi mediante la pressione. (argille) - Organogene: formatesi da accumulo e dalla cementazione di materiali derivati da organismi viventi (conchiglie e scheletri) o da questi direttamente generati (scogliere coralline) - Chimiche: risultato di fenomeni di origine chimica (calcare, gesso e salgemma) Le rocce metamorfiche derivano da altre rocce che per cause tettoniche si trasformano per via dell’incremento delle temperature o per via della pressione. Questo processo è definito “metamorfismo” ed è di due tipi: di contatto o regionale. Il primo interessa una quantità limitata di rocce venute a contatto con materiale magmatico incandescente. Il secondo interessa una quantità ampia che per via dei movimenti della crosta terrestre fanno affondare queste grandi masse di rocce che per temperature e pressione si modificano. 1 Molte rocce per qualità, resistenza e pregio vennero utilizzate per l’edilizia storica e monumentale (tufo e travertino) vedasi l’antica Roma, oppure per la pavimentazione stradale. 3.3- Struttura interna della Terra e tettonica delle placche La composizione interna della terra è costituita da involucri concentrici, cui composizione si ricava da onde sismiche. Al centro della terra vi è il nucleo interno solido, seguito da un nucleo esterno fluido; quest’ultimo è costituito da: ferro puro, nuche e altri elementi. Il terzo involucro è il mantello, uno strato solido costituito da: composti di ossigeno con silicio, magnesio e ferro. L’ultimo strato è la crosta terreste, la quale ricopre interamente la superficie della terra ed è caratterizzata da uno spessore che varia dai 5km sino i 70 km. La crosta terreste + la parte più esterna del mantello = litosfera che a differenza dell’idrosfera è immobile. Da sottolineare è la “teoria della deriva dei continenti” di Wegner, geologo e meteorologo tedesco, il quale a inizio Novecento ipotizza una teoria secondo la quale circa 200 milioni di anni fa, da un unico continente, Pangèa (tutta terra),circondato da un unico mare, Pantalassa (tutto mare), si formarono i continenti; mediante la mobilità e il frazionamento delle masse terrestri→ teoria non accolta dagli scienziati dell’epoca. Alla fine degli anni Sessanta, degli studiosi con il supporto delle nuove tecnologie, hanno ripreso le ipotesi di Wegener. Gli studi condotti hanno consentito di comprendere le cause della deriva dei continenti, la distribuzione dei terremoti e dei vulcani e la formazione delle catene montuose. Questa teoria ad oggi è meglio nota come “tettonica globale” (dal greco tektoniké, “arte del costruire”), tratta di una disciplina che studia la struttura e la deformazione della crosta terrestre. Sotto la litosfera, la parte della superficie in movimento, c’è, all’interno del mantello, l’astenosfera (dal greco asthenos= debole) una zona, dove si ipotizza che in alcuni casi, avvenga una fusione parziale del mantello e la generazione dei magmi. 2 STRUTTURA DELLA TERRA Nucleo interno solido Nucleo esterno liquido Mantello Crosta terrestre Altro avvenimento pericoloso sono le colate di fango, le quali avvengono quando il materiale solido di origine piroclastica si aggiungono grandi quantitativi di acqua, dando vita a questa colata di detriti che distrugge tutto quello che incontra. I vulcani presentano sei tipi di eruzione che possono essere distinte in: • HAWAIANE- caratteristiche delle isole Hawaii, sono eruzioni a scorrimento veloce ma “tranquillo”. Lave fluide povere di gas • ISLANDESI- Simili alle precedenti ma con lava che fuoriesce da lunghe fessure, invece che da crateri • STROMBOLIANE- dal vulcano di Stromboli e delle Eolie. Le eruzioni sono caratterizzate da una lava viscosa, piccole esplosioni, • VULCANICHE- dal vulcano delle Eolie. Fortemente esplosive, lava viscosa e caratterizzata da piccole esplosioni con getti di frammenti. Colate di lava ed esplosioni violente, lancio di bombe e blocchi • PLINIANE- Prendono il nome da Plinio, autore che scrisse riguardo all’eruzione del Vesuvio dle 79 d.c. che portò alla distruzione di Ercolano e Pompei. Intensa attività esplosiva, emissioni di grandi quantità di cenere e pomici + flussi piroclastici. Le eruzioni sono talmente intense che può collassare il cratere principale, la depressione che si va a formare è detta “caldera”, dentro ad essa può generarsi un nuovo cono • PELEEANE- Prendono il nome dal vulcano Pelée nelle Antille. Queste eruzioni sono caratterizzate dalla fuoriuscita di magmi viscosi che tendono a solidificare nel camino ostruendolo. Emettono un ingente quantità di gas e vapori densi ad alte temperature. Le attività dei vulcani, possono essere: Attive, estinte (attività estinta da più di 10 mila anni) o quiescenti (fase di riposo lunga). In Italia i vulcani attivi sono: Etna, Stromboli e Vulcano in Sicilia. Spenti: Colli Euganei in Veneto, L’Amiata in Toscana, il Roccamonfina in Campania, il Vulture in Basilicata e il monte Ferru in Sardegna. Quiescente: Colli Albani in Lazio. Nell’area dei Campi Flegrei, a volte compaiono lenti movimenti in verticale, verso il basso e verso l’alto, detti bradisismi, prodotti da una massa magmatica a qualche km di profondità. La distribuzione dei vulcani è legata al movimento delle placche tettoniche. La maggior parte dei vulcani seguono una distribuzione in allineamenti e una piccola parte in una distribuzione sparsa. Circa la metà dei grandi vulcani si dispongono lungo i bordi dell’Oceano Pacifico costruendo la cosiddetta Cintura di fuoco. Oltre alle eruzioni, ci sono fenomeni di vulcanismo secondario, come le fumarole e le solfatare (sorgenti di acqua calda e vapore misti a gas ricchi di zolfo), i soffioni (sorgenti di vapore d’acqua caldissimo e a forte pressione) e i geyser (emissioni d’acqua calda zampillante a intermittenza 3.6 Risorse e rischi dei vulcani I vulcani, oltre alla pericolosità, offrono anche molte opportunità e risorse. Attraggono il turismo, sia per osservare l’edificio vulcanico e i fenomeni del vulcanismo secondario, sia per le opportunità che offre, come le acque termali per la cura di molte malattie (es. Saturnia). Possono anche essere usati nel settore energetico, sfruttando il naturale calore interno della Terra per produrre energia 5 elettrica (geotermia), un’energia pulita e rinnovabile, nel settore edilizio, sfruttando le risorse ricavabili dalle estrazioni di minerali (es. tufo) e nell’agricoltura, poiché i suoli ricchi di materiali dovuti alla disgregazione di rocce vulcaniche, fanno diventare fertile il terreno. Il fenomeno della vulcanologia però anche molto pericolosi, soprattutto, come in Italia, se i fianchi sono molto popolati. Grazie a osservatori situati nelle vicinanze dei vulcani, si possono controllare alcuni fenomeni e predisporre piani di evacuazione della popolazione, anche se non è possibile prevedere il momento e le modalità di eruzione. Tra le eruzioni più disastrose c’è quella del vulcano Tambora in Indonesia, che provocò la morte di 90000 persone a causa dei flussi piroclastici, delle onde dello tsunami, dei gas sulfurei e delle carestie ed epidemie conseguenti; inoltre mutarono anche le condizioni meteorologiche per la salita delle ceneri più fini nell’atmosfera e l’altezza del vulcano, che si abbassò di più di 1000 metri, a causa dello sprofondamento della parte alta dell’edificio vulcanico. 3.7 I terremoti e il rischio sismico Il terremoto o sisma (dal greco seismòs=”scossa) è un movimento della crosta terrestre causato da oscillazioni di terreno, prodotte da onde sismiche che si propagano da pochi km a 700 km di profondità (qualche secondo o alcuni min). Il punto in cui si origina il terremoto è detto ipocentro, cui corrispondente punto in superficie è l’epicentro. Nell’evento sismico si possono distinguere vari aspetti, tra cui: le cause generatrici, le scale di misurazione e gli effetti; la distribuzione geografica. Le cause sono dovute al rilascio di energia meccanica, quando le pressioni, alle quali sono sottoposte le masse rocciose per i movimenti delle placche, oltrepassano la soglia critica, tanto da deformare e poi provocare fratture con spostamenti dei margini. Quando l’energia viene liberata si attivano vari tipi di onde sismiche che si propagano ad una velocità differente. Partono dall’ipocentro per poi raggiungere la superficie. La forza dei terremoti viene misurata secondo la scala MCS – Mercalli-Càncani- Sieberg- la quale è articolata su 12 gradi, che valuta gli effetti prodotti a danno di persone o cose: da strumentale o impercettibile (I) a catastrofica (XII). L’ intensità dell’energia meccanica, la “magnitudo”, venne registrata dai sismografi secondo la scala di Charòer Richter (1935 poi modificata in seguito). Magnitudo max. raggiunta è di 9.5 La distribuzione geografica è in relazione con la mobilità della crosta terrestre. Difatti i terremoti sono prodotti dallo scontro tra placche: es. Cina, Giappone e le Filippine hanno la zolla pacifica che flette sotto la spinta di quella eurasiatica o nella fascia delle grandi fosse dell’Oceano Pacifico, nella fascia delle catene montuose di recente formazione nell’area mediterranea fino all’Himalaya, e nelle dorsali oceaniche (catene montuose sottomarine) in Islanda. L’Italia ha un rischio sismico medio-alto, dovuto alla sua posizione nella zona di convergenza tra la zolla africana e quella eurasiatica. 6 L’Italia ha un rischio sismico medio-alto, per via della posizione nella zona di convergenza tra la zolla africana e quella eurasiatica. Le zone con sismicità più elevata, sono: Sicilia, Calabria, ma anche Friuli, Veneto e Liguria occidentale. I terremoti possono avere l’ipocentro sotto un fondo oceanico, che può essere sollevato o abbassato dal movimento della crosta. Le vibrazioni del terremoto arrivano velocissime in superficie, mentre l’onda marina generata è più lenta. Lo spostamento di ingenti masse d’acqua crea delle onde che possono trasformarsi in muri d’acqua capaci di distruggere quello che trovano lungo il loro percorso. Le onde riducono la velocità, ma l’energia rimane costante, si innalzano raggiungendo anche la decina di metri. Questo fenomeno, noto come maremoto, si utilizza con il termine giapponese “Tsunami”, cui definizione è “onde sul porto”. Il maremoto può però essere causato anche da cause naturali, quali: eruzioni vulcaniche, frane, esplosioni o caduta di grandi meteoriti in mare. (Tsunami 2011 Fukushima =effetti tragici) I terremoti causano migliaia di morti ogni anno e possono portare a svariati danni, basti pensare agli incendi, carestie ed epidemie, ma anche danni a strutture sociali ed economiche. Gli studi inerenti il rischio sismico, tuttavia non sono sviluppati come quelli in vulcanologia, poiché ad oggi non è possibile individuare e prevenire il rischio sismico. Questa rilevazione è importante perché ci consente di contenere o limitare i danni. Fondamentali sono le norme antisismiche da adottare come la verifica degli edifici che siano conformi alla zona di pertinenza se ubicati in zone sismiche; ma sono anche di rilevante importanza le infrastrutture, le vie di comunicazione, reti dei servizi, piani di intervento e grado di addestramento delle popolazioni (Giappone preparato maggiormente). 3.8 Degradazione meteorica e i movimenti franosi Le rocce soggette a forze esogene subiscono processi di degradazione meteorica, ovvero un complesso di fenomeni che porta al disfacimento delle rocce. La degradazione può essere distinta in 3 tipologie: Termoclastismo - : le rocce si dilatano e si contraggono per le oscillazioni di calore dovute al passaggio tra giorno (riscaldamento) e notte (raffreddamento), provocando un processo di lenta degradazione/frantumazione. Si manifesta soprattutto in rocce di diverso colore, perché i vari componenti si riscaldano e si dilatano in tempi diversi 7 o TROPOSFERA: è la fascia più densa per l’alto contenuto di gas; qui avviene la maggior parte dei fenomeni meteorologici (contiene l’80% della massa totale dell’atmosfera). È riscaldata dal calore proveniente alla superficie terrestre, che assorbe le radiazioni solari, e diminuisce di temperatura andando verso l’alto. Ha un ruolo fondamentale per la vita sulla Terra. o STRATOSFERA: contiene uno strato di ozono che filtra la maggior parte delle radiazioni ultraviolette del Sole, nocive per gli esseri viventi. Negli anni ’70 si è scoperto che lo strato di ozono si stava assottigliando (buco dell’ozono), soprattutto in Antartide, per le sos tanze introdotte nell’atmosfera dagli elettrodomestici o MESOSFERA: contine egas molto rarefatti, per l’attenuazione della forza di gravità. La temperatura arriva a -90°C. Qui, piccole meteoriti, per effetto dell’attrito, diventano incandescenti e, evaporando, formano le stelle cadenti o TERMOSFERA: la temperatura aumenta fino a 1000°C e si ha una ionizzazione delle particelle, che rendono visibili le aurore polari o ESOSFERA: è la parte più esterna dell’atmosfera e non è divisa nettamente dallo spazio cosmico; la temperatura aumenta con l’altezza e arriva a 2000°C La composizione atmosferica è formata da gas uniformi (fino a 100km di altezza), per questo prende il nome di omosfera. È formata dal 78% di azoto, 21% di ossigeno (fondamentale per la vita), argon, anidride carbonica, vapore acqueo e altri gas. Negli strati bassi si trovano particelle minuscole che prendono il nome di pulviscolo atmosferico, che può essere naturale (polline, ceneri vulcaniche ecc) e artificiale (presente nelle aree urbane). 4.2 Elementi del tempo e del clima Nell’atmosfera si sviluppano molti fenomeni: venti, precipitazioni, nubi ecc. Ad esempio il fulmine, che attrae l’attenzione per la sua forza e rapidità, in quanto rilascia molta energia con una velocità elevatissima. Gli studi recenti hanno accresciuto le conoscenze sul clima e sui cambiamenti del tempo: è interessante come le condizioni meteorologiche abbiano una rilevanza in tutti gli aspetti delle attività antropiche, come nelle condizioni fisiopsicologiche dell’essere umano (diverse sensazioni caldo – freddo da individuo a individuo) e nelle reazioni dell’organismo a un particolare tipo di tempo (termoregolazione). Il tempo atmosferico è lo stato delle condizioni atmosferiche (combinazione di elementi) in un determinato luogo e momento, quindi una situazione reale circoscritta nello spazio in un preciso istante, ed è oggetto di studio della METEOROLOGIA. Il clima è l’andamento tipico annuale delle varietà del tempo atmosferico in una regione in un periodo di tempo abbastanza lungo ( es. un trentennio), quindi è un concetto teorico relativo a tempi lunghi e a uno spazio abbastanza ampio. A volte si prende in considerazione il clima locale, ossia il clima di aree più ristrette, influenzate da fattori tipografici o ambientali. È oggetto di studio della CLIMATOLOGIA. Della radiazione elettromagnetica che il Sole emette nello spazio, solo una piccola parte raggiunge l’atmosfera: la radiazione arriva a onde corte al limite esterno dell’atmosfera e solo il 51% entra in contatto con la superficie terrestre, perché una parte viene riflessa da nubi, pulviscolo e vapore acqueo e una parte viene assorbita da ozono, vapore acqueo e anidride. La litosfera e l’idrosfera la ricevono, la convertono in calore e la trasmettono nell’aria, attraverso l’emissione di raggi a onde lunghe. I principali elementi dell’atmosfera sono: 10 • TEMPERATURA: è una grandezza fisica data dal trasferimento di calore nell’aria (grazie ai raggi a onde lunghe) e indica il grado termico (rispetto a una scala) di una frazione di aria in un determinato momento e luogo; si misura con il termometro. L’escursione termina è la differenza tra la temperatura massima e minima di un luogo: diurna (in un giorno) e annua (differenza tra mese più caldo e mese più freddo). La distribuzione di temperatura viene rappresentato in modo cartografico con le isoterme, ossia linee che uniscono tutti i punti della superficie terrestre con la stessa temperatura • PRESSIONE: è il peso che esercita l’aria sulla superficie terrestre e si misura con il barometro. Il peso medio è di 760mm della colonnina di mercurio: valori maggiori indicano alta pressione, mentre minori indicano bassa pressione. Questo peso è dinamico e può cambiare spesso; è in stretta relazione con l’altitudine: la pressione diminuisce con l’aumento della quota. La pressione è anche influenzata dalla temperatura e dall’umidità: aria calda e umida, più leggera (bassa pressione) tende a salire, mentre l’aria fredda e secca, più pesante (alta pressione), tende a scendere. Sulle carte climatiche, la distribuzione della pressione i rappresenta con le isobare, linee che uniscono i punti con uguale pressione. • VENTI: sono spostamenti di masse d’aria causate dalle differenze tra aree di alta pressione (anticicloniche) e di bassa pressione (cicloniche). Il vento è tanto più forte quanto più vicine sono le aree di bassa e alta pressione. La direzione del vento è misurata con gli anemoscopi (banderuole o maniche a vento), la velocità con l’anemometro (in km/h) e la forza in base agli effetti prodotti sul moto ondoso, su una scala in gradi che va da 0 (calma di vento) a 12 (uragano). I cicloni tropicali (uragani), che superano i 200km/h, sono determinati dalle alte temperature sugli oceani della fascia equatoriale che creano centri di pressione minima. I tornado invece, meno estesi ma più distruttivi, arrivano anche a 500km/h: sono misurati attraverso la scala Fujita, che misura la sua intensità in base ai danni prodotti. L’aria in movimento (nella grande circolazione atmosferica) è fondamentale alla vita, perché porta il calore dalle aree in eccedenza (equatoriali) a quelle in deficit (polari) per mantenere l’equilibrio termico. • UMIDITA’ E PRECIPITAZIONI: derivano dal ciclo dell’acqua, formato dall’evaporazione dagli oceani e dalle piante e dalle precipitazioni sopra la terraferma e i mari. Il trasferimento dell’acqua superficiale nell’aria sotto forma di vapore avviene con l’evaporazione. L’umidità assoluta è il peso del vapore acqueo (in grammi) in un certo volume d’aria (in metri cubi); l’aria però può contenere solo una quantità definita di vapore (punto di rugiada o limite di saturazione), oltre la quale avviene la condensazione (dallo stato gassoso a liquido), mentre se il raffreddamento è veloce e le temperature molto basse, avviene il brinamento o sublimazione (dallo stato gassoso a solido, con formazione di cristalli di ghiaccio). Più aumenta la temperatura, più l’aria riesce a contenere vapore: per questo, con il riscaldamento, l’atmosfera trattiene più umidità con conseguenza di precipitazioni abbondanti e rischio di inondazioni. L’umidità relativa è invece il rapporto tra la quantità di vapore presente in un certo volume d’aria e il limite massimo che può esserci alla stessa temperatura; è misurata in percentuale con l’igrometro. • Le NUBI si formano quando il vapore acqueo diviene visibile in minuscole goccioline d’acqua, per l’abbassamento di temperatura. La nebbia è formata da minuscole goccioline in sospensione negli strati più bassi dell’atmosfera, 11 fino a terra, che limita la visibilità da pochi cm a meno di 1km. La foschia invece limita la visibilità tra 1 e 10km. Le nubi si possono classificare in base all’altezza (alte, medie e basse), mentre l’estensione in verticale forma i cumuli, mentre in orizzontale gli strati; ci sono poi i cirri, nuvole bianche e irregolari, formate da sottili aghi di ghiaccio. Ci sono molti tipi di nubi, tra cui: stratocumuli, altostrati, cirrocumuli, nembostrati e cumulonembi: gli ultimi due portano piogge e temporali. Le goccioline si formano per la presenza nell’atmosfera di nuclei di condensazione, ossia granuli di pulviscolo o pollini che si uniscono e aumentano di volume, diventando più pesanti e precipitando al suolo sotto forma di pioggia o, con basse temperature, di neve e grandine. La quantità di precipitazioni è misurata dal pluviometro in mm, uno strumento a imbuto che raccoglie l’acqua, la neve o la grandine in un recipiente. La distribuzione geografica delle precipitazioni è rappresentata sulla carta dalle isoiete, linee che uniscono luoghi con stessa quantità di precipitazioni. Il regime pluviometrico indica la distribuzione delle precipitazioni (da giornaliera ad annua), ma più importante è la frequenza , cioè il numero di giorni dell’anno con precipitazioni , e l’intensità, cioè la quantità di precipitazioni nell’unità di tempo (mm/h): frequenza e intensità stanno sempre più aumentando, con conseguenze negative in fatto di perdita di vite umane e danni economici. 4.3 Fattori del tempo e del clima Il tempo atmosferico e la distribuzione dei climi sulla terra, dipendono dai seguenti fattori:  LATITUDINE: Influisce sulla temperatura, in funzione della quantità annua di radiazione, ma anche per la differente inclinazione dei raggi del Sole- radenti nelle zone polari, quando nella stessa ora sono perpendicolari (zenit) o prossimi nella fascia intertropicale  ALTITUDINE: L’atmosfera riceve calore dalla superficie terrestre. Gli strati più bassi della troposfera, sono densi e ricchi di vapore acqueo e pulviscolo, inoltre assorbono meglio la radiazione terrestre  DISTRIBUZIONE DELLE TERRE E DEI MARI: Influisce sull’umidità, sulla temperatura, influenzata da masse continentali e oceaniche. Le masse continentali assorbono in breve tempo e lo rilasciano rapidamente. Le masse oceaniche, invece, si riscaldano lentamente ma più in profondità (per la trasparenza e il rimescolamento delle acque), e rilasciano anche il calore più lentamente 12 L’inquinamento dell’aria è caratterizzato da due fenomeni: smog: (smoke e fog “nebbia”) una nebbia scura di piccole particelle derivanti dalla combustione piogge acide: si formano da emissioni di ossidi di zolfo e azoto che, a contatto con l’acqua formano l’acido solforico e nitrico. Le modificazioni del clima risiedono anche nel fenomeno dell’urbanizzazione, il quale è in continua espansione. Quest’ultima genera la cosiddetta isola termica urbana, ovvero un innalzamento della temperatura provocato dal calore immesso nell’aria delle fabbriche, dal traffico automobilistico, riscaldamento domestico e l’immagazzinamento del calore derivante dal cemento e dall’asfalto. 4.6 La crisi climatica globale Per evitare una crisi catastrofe globale, occorre agire su due fronti: Adattamento alle mutate condizioni dell’atmosfera- Il territorio deve essere reso più resistente alle situazioni meteorologiche estreme, sempre più frequenti; Riduzione dell’anidride carbonica e altri gas serra La crisi climatica costituisce il problema maggiore per l’umanità. Il Sistema Terra si sta avvicinando sempre più al global warming, ovvero “riscaldamento globale” – esito dell’impatto antropologico incontrollato- quest’ultimo è caratterizzato da: intensificazione fenomeni meteorologici estremi, acidificazione degli oceani, erosione del suolo, salinizzazione dei terreni, desertizzazione, fusione dei ghiacci e innalzamento del livello marino. Le cause principali di questa crisi climatica sono le emissioni dei gas serra, tra cui CO2. Di fronte a ciò si stanno sancendo accordi internazionali, stipulati dalla Convenzione quadro delle nazioni unite sui cambiamenti climatici (UFNCCC). Nel 1997 è stato redatto il protocollo Kyoto, ma il primo vero accordo legale a livello mondiale è l’Accordo di Parigi del 2015, il quale punta ad una aumento max. di 1.5°C e inoltre tenta di dare una risposta globale alla minaccia dei cambiamenti climatici nel contesto dello sviluppo sostenibile e degli sforzi mirati a sradicare la povertà, fornendo ai paesi in difficoltà economica un adeguato sostegno→ no esiti sperati per mancato adempimento di Stati e leader politici. Da un’incapacità a svolgere azioni politiche concrete, nasce la protesta a livello mondiale di numerosi giovani. Tra le regioni del globo maggiormente a rischio o ci sono quelle polari, con lo scioglimento dei ghiacciai, che sta portando anche alla speculazione da parte di leader politici, che intendono sfruttare l’abbondanza di petrolio, gas e ricchezze minerali, più agevolmente sfruttabili grazie ai cambiamenti climatici, per arricchirsi. Molte regioni del mondo, per il rialzo delle temperature, che portano a perdere raccolti e bestiame e, quindi, alla diminuzione di cibo, non riescono a sopravvivere e sono costrette a emigrare in altri Paesi: ciò però porta a un emergenza economica e sociale. Sono soprattutto i cittadini dell’Africa sub sahariana a subire i danni maggiori, anche se non hanno contribuito al riscaldamento globale. 15 4.7 Il vento e i deserti I venti esercitano la loro energia in modo continuo e su ampi territori dando origine a una morfologia, detta eolica, infatti, con la sua azione di erosione, trasporto e deposizione, modella il terreno generando forme caratteristiche, soprattutto nelle zone con climi aridi (umidi e con poca vegetazione), tipici dei deserti. I principali deserti sono il Sahara, l’Arabico e il Gobi. Il Sahara, come altri deserti, si sta ampliando sempre di più, attraverso il processo di desertizzazione. Il vento esercita due azioni principali: o DEFLAZIONE: quando, a causa della mancata vegetazione, il vento rimuove e solleva in aria (erosione e trasporto) piccole particelle di terreno superficiale. Il processo è selettivo: le particelle più piccole (come i limi) sono alzati facilmente e trasportati lontano, mentre quelle più consistenti sono sollevate e trasportate da venti forti, come le tempeste di sabbia. La deflazione produce sul suolo delle conche non profonde, il cui diametro va da pochi metri a molti chilometri. o CORRASIONE: è un’azione abrasiva (di levigatura) e avviene in seguito all’urto delle particelle fra loro e sulla roccia; è più intenso vicino al suolo e meno sopra i due metri: causa fori, conche e archi naturali nella roccia. Le cavità nella roccia , anche di diversi metri, sono influenzate dalla resistenza delle rocce, dall’azione prolungata del vento e dalla sua intensità. Questo processo può originare cavità di dimensioni diverse (tafoni) che, se assemblate tra loro, formano monumenti naturali, soprattutto nelle zone aride. Il trasporto delle particelle avviene per SOSPENSIONE (quando particelle molto piccole sono solevate dal vento e vengono trasportate anche a migliaia di kilometri; negli anni, accumulandosi, hanno formato agglomerati di colore giallastro, chiamati loess), TRASCINAMENTO (quando i granelli di sabbia, o materiali più grossolani, vengono trascinati per rotolamento sulla superficie) e SALTAZIONE (quando questi materiali grossolani sono sollevati per un piccolo tragitto e poi ricadono al suolo, compiendo piccoli salti e colpendo altri detriti che, a loro volta, si alzano). L’azione del vento dà origine ai deserti, che possono essere: rocciosi (hamada), ciottolosi (serir) e sabbiosi (erg). Il materiale trasportato dal vento forma dei depositi, come le dune, che possono essere vive (se il vento le fa cambiare forma) o fisse (se sono coperte da piante e le radici non le fa spostare). La forma delle dune vive cambia in base alle caratteristiche del vento e del materiale di cui sono formate: la parte esposta ha un pendio dolce perché il vento ci fa rotolare la sabbia che, raggiunta la cresta, cade nel lato opposto, protetto dal vento e più ripido. 16 Idrosfera: linfa ed energia vitale Capitolo 5 5.1 – Gli stati dell’acqua e il bilancio idrologico L’acqua è un bene prezioso ed indispensabile per la vita sulla terra, pertanto deve essere tutelata e valorizzata; questo perché in seguito al riscaldamento globale sono incrementati i pericoli legati alle inondazioni e la siccità. L’acqua si muove e distribuisce mediante 3 stati fisici: solido (ghiaccio), liquido (acqua), gassoso (vapore). L’idrosfera è presente sia nella litosfera, nell’atmosfera e nella biosfera, mediante la possibilità di assumere diversi strati. L’acqua infatti, evapora dagli oceani o altre superfici liquide, si immette nell’aria e torna in superficie in forma liquida (pioggia) o solida (neve o grandine). Circa il 96% dell’acqua è salata e si trova nei mari e oceani – idrosfera marina, mentre il restante 4% è acqua dolce e si trova sui continenti in forma liquida o solida – idrosfera continentale Il ciclo dell’acqua si sviluppa attraverso 4 componenti: evaporazione ed evapotraspirazione, precipitazione, infiltrazione e ruscellamento. Tutto ciò è possibile grazie all’energia del Sole, che permette gli scambi di materia ed energia tra l’atmosfera terrestre e le superfici di oceani e terre emerse. I continenti ricevono più acqua (stato solido e liquido) rispetto a quella che perdono per evaporazione, poiché il vapore acqueo, prima di cadere, viene trasportato dai venti a migliaia di km; ciò permette di avere un bilancio idrico positivo, essenziale alla vita e alle attività. 17 Altri movimenti sono le correnti marine, ossia spostamenti di masse d’acqua che si muovono in modo costante, poiché hanno temperatura e salinità diverse da quelle delle acque circostanti. Sono conseguenza del rigonfiamento delle acque marine della fascia equatoriale, dovuto alle alte temperature che ne provocano l’espansione e il deflusso verso latitudini maggiori: ciò permette il richiamo di acque più fredde dalle zone polari. Le correnti sono anche influenzate dall’azione dei venti e dalla rotazione terrestre, soprattutto per quanto riguarda la direzione, tanto da creare dei circuiti oceanici di masse d’acqua. Anche la conformazione dei continenti determina la direzione delle correnti, così come le differenze di temperatura e salinità tra due aree oceaniche: la corrente tende a riequilibrare le diversità. Esistono infatti correnti fredde (dalle regioni polari a latitudini minori) e calde (dall’Equatore a latitudini maggiori), così da avere un ruolo di equilibrio termico, con uno scambio di calore tra regioni equatoriali e polari (es. corrente del Golfo). 5.5 – Il mare e le coste L’interazione tra idrosfera e litosfera avviene lungo le coste, cui morfologia varia mediante l’abrasione. Quest’ultima è un’attività erosiva svolta dall’energia meccanica del moto ondoso. Nel modellamento costiero si aggiunge a volte l’alterazione chimica e l’opera esercitata da alcuni organismi animali e vegetali. Le coste possono essere dritte, oppure articolate, con sporgenze e rientranze (promontori e baie). La costa alta è formata da un terreno che scende al mare in modo ripido, in cui le onde, sbattendo, producono una scanalatura (solco di battigia), che può provocare il crollo della roccia; mentre la costa bassa si trova nelle zone pianeggianti. Le tipologie di costa alta sono: Falesia - parete rocciosa a picco sul mare, che indietreggia col tempo Ria - insenatura lunga e stretta, perpendicolare alla linea di costa Vallone - insenatura lunga e stretta, parallela alla linea di costa Fiordo - insenatura dovuta all’erosione dei ghiacciai, stretta, con coste a picco, che si addentra nell’interno Sulle coste basse invece, il movimento delle onde forma la spiaggia. L’azione costruttiva del mare consiste nell’accumulo di detriti, come sabbie e ghiaie, che può avvenire anche a distanza dalla costa, dove si forma una sottile striscia di sabbia (cordone litoraneo), mentre l’azione erosiva (processi di rifrazione) si ha soprattutto nei luoghi sporgenti, come promontori e capi. Le coste spesso sono alterate dalle opere marittime (porti e moli), dall’eliminazione della vegetazione o la distruzione delle dune, privando le coste da difese naturali e dai 20 prelievi di sabbia e ghiaia. Per evitare l’erosione dei litorali, spesso vengono realizzate scogliere artificiali, che agiscono da sbarramento nei confronti dell’energia delle onde. La laguna è uno specchio d’acqua tra la costa e il cordone sabbioso, in cui le comunicazioni con il mare aperto si hanno attraverso passaggi stretti, la cui chiusura può originare laghi costieri. Nei tratti dove sfociano i fiumi, vengono depositati gli ultimi detriti trasportati. Nella foce a delta, i sedimenti fluviali si dispongono a ventaglio intorno allo sbocco in mare, mentre il moto ondoso e le correnti formano lingue di sabbia lungo la riva; queste foci si originano quando le ampiezze di marea (es nei mari interni o mediterranei) sono modeste e il movimento del mare non riesce a disperdere in ampi spazi i detriti del fiume ( es. Po). Nelle foci a estuario invece, l’ampiezza di marea è grande e le potenti correnti (per il forte dislivello marino) allontanano i detriti dei fiumi in varie direzioni, così che le foci appaiono come rientranze larghe e a imbuto. Le dighe influenzano molto le relazioni tra aree interne e coste: bloccando il materiale trasportato dai fiumi, modificano molto la foce e producono conseguenze sul piano ecologico (es. Tevere, che non amplia più il suo delta) 5.6 – Scorrimento superficiale, sorgenti e fiumi Il modellamento della superficie terrestre è spesso dovuto alle erosioni. Per quanto concerne l’idrosfera, possiamo dividere le erosioni in due tipologie: areale e lineare. Erosione areale- Quando le piogge esercitano sui terreni un’azione battente di tipo meccanico, formano un velo superficiale uniforme, che successivamente si divide in rivoli. Questi ultimi si raccolgono lungo le linee di massima pendenza. Erosione lineare- Quando i rivoli si raccolgono lungo le linee di massima pendenza, scavano piccoli solchi che a mano a mano diventano sempre più profondi e durevoli. L’acqua piovana caduta, scorre sulla superficie per poi infiltrarsi nel sottosuolo; la velocità di tale processo dipende dalla tipologia di terreno e dalla disposizione delle rocce, le quali possono essere: - PERMEABILI: rocce porose che lasciano entrare l’acqua (es. sabbie e ghisa) -IMPERMEABILI: rocce più compatte che rendono difficoltoso il passaggio dell’acqua (es. argille) Se le acque entrano nelle rocce permeabili ed incontrano una roccia impermeabile si forma una falda d’acqua freatica, che può riemergere naturalmente creando una sorgente perenne o termporanea che può essere: minerale: alto contenuto di sali termale: temperatura da 20° a 100°C termominereale: calda e ricca di sali 21 Nello scorrimento superficiale, i solchi si allargano sempre di più formando corsi d’acqua, che formano il reticolo idrografico (fiume principale, fiumi secondari e affluenti). Il solco dove scorre il flusso d’acqua è l’alveo o letto, delimitato da due margini di terreno detti sponde. Le caratteristiche di un fiume sono: o Lunghezza: distanza tra la sorgente e la foce o Pendenza: rapporto tra il dislivello tra sorgente e foce e la lunghezza del fiume; è maggiore nei corsi d’acqua montani o Velocità: dipende dalla pendenza (più veloce in montagna), dalla profondità e dalla rugosità del letto (dalla natura delle rocce, dove l’attrito diminuisce la velocità) o Portata: quantità d’acqua che passa in una sezione trasversale del fiume nell’unità di tempo; si esprime in metri cubi al secondo. Le portate maggiori si hanno nei fiumi ampi e con scorrimento veloce e dipende anche dalla quantità e intensità di precipitazioni, perciò varia molto in un certo luogo nel corso dell’anno. Per ogni corso d’acqua si calcola una portata media, minima (di magra) e massima (di piena). Il rio delle Amazzoni è quello con la portata maggiore. Bisogna anche conoscere la portata solida (materiale solido trasportato). o Regime: variabilità della portata nel corso dell’anno, che dipende dall’andamento pluviometrico e termico, dallo scioglimento di nevi e ghiacciai e dalle caratteristiche del bacino idrografico (topografia, struttura, opere dell’uomo, come le dighe). I fiumi a regime iemale hanno portata massima in inverno e minima in estate; quelli a regime glaciale hanno portata massima in estate (per lo scioglimento dei ghiacciai) e minima in inverno ( per le precipitazioni in forma solida) e quelli a regime torrentizio hanno portata molto variabile, con lunghi periodi di magra interrotti da piene improvvise. Il riscaldamento globale altera portata e regime. o Bacino: formato da tutta la superficie che convoglia le acque piovane in un corso d’acqua e delimitato dalla linea spartiacque, che lo separa dai bacini limitrofi. L’ampiezza è influenzata dalla lunghezza del fiume e dalla morfologia del territorio. Bisogna saper gestire i bacini idrografici per evitare danni dovuti alle piene. Spesso ci sono alluvioni ed esondazioni a causa dell’opera dell’uomo, come disboscamenti, cementificazioni eccessive, aree urbane impermeabilizzate e riduzione degli alvei dei corsi d’acqua. 5.7 Erosione delle acque e dei fiumi Le acque correnti superficiali (dilavanti o selvagge) denudano il terreno, soprattutto in aree collinari e montane prive di alberi. Ad esempio, le argille, per la loro struttura, sono spesso attaccate da queste acque, che possono formare i calanchi, forme tipiche di terreni argillosi formate da solchi di erosione. Per diminuire i fenomeni erosivi è possibile canalizzare le acque superficiali o rimodellare i versanti. Un’altra forma dell’azione delle acque dilavanti sono le piramidi di terra, formate da materiale eterogeneo, incoerente e poco permeabile: sono guglie di varia altezza, protette sulla cima da blocchi di roccia più resistente, che si innalzano rispetto alle zone più scoperte, soggette a erosione. L’acqua dilavante può formare guglie anche sotto forma di ghiaccio o di agente chimico (es. formazione del Bryce Canyon). Il modellamento della superficie terrestre per opera dei corsi d’acqua avviene con i processi di erosione, trasporto e deposito- sedimentazione. La forza erosiva dipende da quantità dell’acqua, dalla pendenza, e dal tipo di roccia. L’erosione meccanica avviene per lo scorrimento dell’acqua sulle rocce e per le collisioni dei 22 La fusione avviene invece al disotto della linea delle nevi permanenti, nella zona di ablazione: se la lingua glaciale si spinge in questa zona, fuoriesce acqua che alimenta un flusso con depositi misti fluvioglaciali. A causa del riscaldamento globale, le lingue stanno arretrando. 5.10 – Il modellamento glaciale Il modellamento glaciale è presente in molte aree del Pianeta. L’attività dei ghiacciai, avviene mediante processi di erosione (esarazione ed estrazione), di trasporto e di deposito. L’esarazione avviene per erosione meccanica del ghiaccio e dell’acqua di fusione: avviene in modo indiretto, attraverso lo sfregamento di detriti incastrati nel ghiaccio sul fondo o sulle pareti. L’estrazione invece avviene per lo sradicamento di materiale sul fondo, che viene cavato, frantumato e rimosso. Le due principali forme create dall’azione erosiva dei ghiacciai, sono il circo, nella parte più elevata, è una cavità semicircolare, a ferro di cavallo, sovrastata su tre lati da pareti rocciose ripide; due o più circhi in contatto tra loro formano creste dentellate e cime aguzze. Un’altra forma è la valle glaciale, un luogo incavo, con un fondo ampio e piatto e pareti laterali ripide, prodotte dal movimento verso il basso della lingua glaciale; quest’ultima scorre trasportando verso il basso rocce e detriti asportati durante il suo cammino. L’erosione glaciale non ha un limite e le masse di ghiaccio possono produrre cavità anche al di sotto del livello del mare: la depressione provocata da un ghiacciaio, se dopo la sua scomparsa è riempita da acqua di un fiume, è detta criptodepressione, che può formarsi anche per movimenti tettonici; per misurarla si calcola da differenza tra la profondità del bacino lacustre (sotto il livello del mare) e l’altezza in cui si trova il pelo dell’acqua (sopra l’altezza del mare). Se questo fenomeno avviene in ambienti costieri, si formano valli chiamate fiordi. Il trasporto dei detriti non è selettivo come per l’acqua e il vento: i ghiacciai trascinano insieme tutti i materiali che trova; questo materiale detritico, detto morena, che deriva dai versanti e dal fondo, è disomogeneo sia per provenienza che per dimensioni. Le morene sono di diverso tipo: di fondo, interne e di superficie; queste ultime si formano verso i fianchi della valle, dai cui versanti precipita il materiale alterato da agenti esogeni, formando morene laterali. Quando due lingue glaciali confluiscono in una, le rispettive morene laterali formano una morena mediana. Dal fronte terminale della lingua fuoriesce acqua, che va ad alimentare un flusso che dà origine a depositi misti fluvioglaciali. Nella parte terminale del ghiacciaio si formano i depositi di materiale che non può più essere trasportato: si forma un cordone morenico frontale, di forma arcuata; le creste moreniche, col tempo, a causa dell’alterazione del ghiacciaio, formano un anfiteatro morenico (questi si trovano, come dighe naturali, davanti ai laghi prealpini, come lago Maggiore, di Como ecc). I ghiacciai di grosso spessore possono trasportare materiali 25 enormi che, quando iniziano a ritirarsi, vengono abbandonati a centinaia di km dal luogo d’origine: sono chiamati massi erratici. Biosfera: sensibile spazio di relazioni Capitolo 6 6.1 – La biosfera: sistema complesso La biosfera è la sfera della vita del pianeta terra. Include le altre 3 sfere, con le quali interagisce: la parte più bassa dell’atmosfera, la quasi totalità dell’idrosfera e la parte superficiale della litosfera (fino al limite inferiore delle falde acquifere). La biosfera è la massima struttura di organizzazione biologica che ha inizio dell’eòne Fanerozoico (quello della manifestazione della vita, iniziato 541 milioni di anni fa) e fa parte del geosistema. La biosfera è fortemente modificata dall’azione antropica: gli esseri umani infatti stanno distruggendo boschi e foreste a vantaggio di piante per l’alimentazione e moltiplicando alcune specie animali a scapito di altre, per soddisfare la richiesta di cibo. Questi interventi dell’uomo stanno minacciando il geosistema, causando: perdita della biodiversità, cambiamento climatico, acidificazione degli oceani, consumo globale dell’acqua dolce, cambiamento dell’uso del suolo, inquinamento chimico ecc… Alcune regioni soffrono maggiormente gli effetti della globalizzazione, soprattutto quelle povere che sono costrette a fuggire dalle loro terre natie per problemi ambientali. Gli esseri umani hanno modificato il loro ambiente, anche per bisogni non primari, senza tenere conto però che ogni essere vivente, anche animali e piante, possono muoversi e modificarlo per adattarsi meglio: la mobilità è il segno distintivo della biosfera. Le relazioni tra il mondo inorganico e quello vivente sono molto strette e in evoluzione continua: ad esempio l’atmosfera ha un ruolo importante nel funzionamento della biosfera, soprattutto con l’energia fornita dal Sole che permette il mantenimento di temperature adeguate alla vita e la fotosintesi clorofilliana. La fotosintesi avviene grazie agli organismi autotrofi (piante e fitoplancton, che producono da soli sostanze per il loro sostentamento), che si nutrono di sostanze inorganiche presenti nel terreno (acqua e Sali minerali) e nell’atmosfera (anidride carbonica, che entra nelle cellule delle piante e viene assorbita dalla clorofilla): da qui (interazione tra sfere) si origina il ciclo del carbonio, parte essenziale della vita sulla Terra. Purtroppo il bilancio di questo ciclo sta peggiorando, poiché nell’atmosfera entra più anidride carbonica di quanta ne esce, a causa delle emissioni antropiche. Un altro ciclo importante è quello dell’azoto, elemento che fa parte di biomolecole fondamentali per gli organismi (proteine, acidi nucleici, amminoacidi). Soltanto le piante (produttori)riescono ad assimilare direttamente l’azoto attraverso il suolo, sotto 26 forma di nitriti, nitrati e ammonio, mentre gli animali (eterotrofi e consumatori) lo assimilano mangiando le piante o altri animali se predatori: le piante perciò, che producono materia organica cibandosi di quella inorganica, sono la base della catena alimentare di tutti gli esseri viventi. Gli organismi eterotrofi sono anche i decompositori, cioè batteri e funghi che usano i resti di animali e piante presenti nel terreno, e poi liberano componenti inorganici fruibili dai produttori. 6.2- La pedosfera La pedosfera (o suolo), è il sottile strato superficiale che si trova in parte delle terre emerse. È in continua evoluzione per la combinazione degli agenti atmosferici che alterano la roccia e gli organismi viventi che trasformano i detriti, e consente lo sviluppo della vegetazione spontanea e delle colture. Il suolo quindi è influenzato dal clima, dalla morfologia, dalla vita biologica e dai sali minerali. Il suolo è formato da una parte solida, una liquida e una gassosa. La parte solida è composta da frammenti di rocce (argilla, sabbia ecc) e da materia organica animale e vegetale, viva o decomposta (funghi, foglie, batteri ecc); a questi si aggiungono i gas presenti nell’atmosfera e i liquidi (soprattutto acqua). Insieme generano dei processi fisici e reazioni chimiche che determinano le caratteristiche di ciascun suolo, più o meno idoneo allo sviluppo delle piante. Il processo che porta alla formazione del suolo è la pedogenesi, che nasce da alcuni fattori: roccia madre (dalla cui alterazione e disgregazione deriva il materiale solido inorganico), forme del terreno, tipo di clima e organismi presenti. Il suolo è articolato in tre livelli di spessore, detti orizzonti, quali: il più superficiale è ricco di humus (sostanze organiche), l’intermedio è povero di sostanze organiche, mentre il più profondo è formato da roccia che fornisce i minerali. Con il tempo, il suolo raggiunge un completo sviluppo e un equilibrio dinamico con l’ambiente ed è detto suolo maturo: per questo è fondamentale per la biodiversità e per il controllo dell’anidride carbonica nell’atmosfera. L’equilibrio, come già detto, è sconvolto per impatti antropici aggressivi, come la desertificazione, dovuta allo sfruttamento delle risorse idriche, alla deforestazione, agli incendi, all’urbanizzazione eccessiva, ecc… 6.3 – La vegetazione naturale La VEGETAZIONE NATURALE si può classificare in base ad alcuni elementi, tra cui la fisionomia: formazioni arboree (foreste, taiga..), arbustive (brughiere..), erbacee (praterie, steppe..) e desertiche (vegetazione rada in ambienti aridi). Il clima è molto importante per le piante; per le loro differenti esigenze termiche si dividono in: megaterme (temperatura sempre sopra i 20°C), mesoterme (tra 15 e 20°C), microterme (tra 0 e 15°C) ed echistoterme (sotto gli 0°C). In base alla necessità di luce e radiazioni, necessarie per la fotosintesi, le piante si dividono in: sciafile (non hanno bisogno dell’azione diretta dei raggi) e eliofile (hanno bisogno dell’illuminazione diretta). L’elemento più importante per lo sviluppo della vegetazione è l’acqua e dunque il regime pluviometrico. 27 animali e vegetali interagiscono tra loro, formando una comunità biologica (biocenosi), in una determinata porzione di territorio (biotopo). Biotopo e biocenosi insieme formano un ecosistema, un sistema funzionale autosufficiente formato da organismi viventi e da materia inorganica che interagiscono. Gli ecosistemi sono aperti e possono scambiare materiali ed energia con ecosistemi vicini (es. palude e bosco). I biomi terrestri sono: FORESTA PLUVIALE: anche detta equatoriale, con clima umido e caldo. Sono presenti molte specie arboree vicine e vegetazione molto densa e sempreverde (erbe, liane, arbusti, alberi molto alti) che spesso non fa arrivare la luce solare al suolo. Ci sono anche molti legnami pregiati, che subiscono uno sfruttamento intenso e distruttivo. La fauna è abbondante: ci sono soprattutto scimmie e uccelli, mentre gli animali a terra sono pochi e piccoli, a eccezioni di tartarughe e coccodrilli. Simile alla foresta equatoriale ci sono la pluviale tropicale e la monsonica, quest’ultima tipica della giungla, con alberi che perdono le foglie nella stagione asciutta. SAVANA: si trova nelle regioni a basse latitudini calde tutto l’anno. qui c’è un bioma di transizione, con una vegetazione mista di arbusti, erbe e alberi. Nella stagione asciutta si ha la caduta delle foglie e l’appassimento di molte erbe (es. graminacee). Gli alberi sono isolati tra le erbe: i più diffusi sono le acacie e il baobab. La fauna è ricca di erbivori (zebre, giraffe, elefanti, antilopi ecc) e carnivori (leoni, leopardi ecc), ma anche di rettili e uccelli. Purtroppo la colonizzazione europea ha trasformato il paesaggio della savana, rompendo l’equilibrio tra società e ambiente, attraverso l’introduzione di piantagioni industriali, sfruttamento agricolo, espansione dell’allevamento e sfruttamento delle risorse forestali che hanno impoverito il suolo, erodendolo. DESERTO: la vegetazione e la fauna che possono vivere in ambienti con scarsità di pioggia e mancanza di acqua sono poche. Tra la veg etazione si hanno piante che possono estendere le radici fino alle falde acquifere per ricercare acqua o con foglie piccole e dure, per diminuire la superficie di evaporazione. Tra la fauna troviamo animali che resistono alla sete, come dromedari e cammelli, ma anche piccoli roditori e rettili FORESTA DECIDUA: si ha un clima temperato e l’alternanza di un periodo freddo e di uno caldo. Sono presenti poche specie arboree, latifoglie con caduta delle foglie in inverno (querceto, faggeta). Uno degli animali tipici è l’orso PRATERIA: le precipitazioni sono scarse e le temperature molto variabili. La vegetazione è quasi esclusivamente erbacea (graminacee) . Un tipo di prateria a erbe basse, che si trova sia nei climi caldi sia nei freddi, è la steppa, con una vegetazione che si raggruppa in ciuffi e si distribuisce nel terreno in modo irregolare. Un’altra formazione erbacea e arbustiva è la landa (o brughiera), formata da ericacee, tipica delle regioni a clima fresco MACCHIA MEDITERRANEA: è sempreverde. Sono presenti formazioni arbustive(ginestre, ginepro ecc) e arboree basse, con foglie piccole e dure (olivi, sugheri, lecci). La fauna è composta da cinghiali, daini, caprioli e istrici. FORESTA DI CONIFERE: si trova a settentrione, in climi rigidi, con vegetazione di aghifoglie e sempreverdi. Gli alberi sono il pino e l’abete, mentre tra gli animali ci sono la renna, l’ermellino, il lupo, il visone ecc. Sia la foresta di conifere che quella decidua sono sfruttate in quanto il loro legname è pregiato ed è usato nell’industria del mobile 30 e per la produzione di cellulosa. La taiga, formazione con conifere sempreverdi, è sempre più attaccata da incendi, a causa del riscaldamento globale TUNDRA: tipica dei climi subpolari e polari, quindi freddi. La vegetazione diviene priva di alberi, poiché il suolo ghiacciato non riesce a far penetrare le radici: sono presenti soprattutto muschi e licheni, mentre i poli sono privi di vegetazione. Tra gli animali troviamo l’orso bianco, il bue muschiato, i pinnipedi (foche e trichechi) e gli uccelli I biomi dell’idrosfera sono molto più estesi di quelli terrestri e sono divisi in due tipologie: acque interne (dolci) e acque marine. 6.7 – Il paesaggio Il PAESAGGIO è un sistema vivente in costante evoluzione su uno specifico spazio, formato da comunità vegetali, animali e umane. E’ un modo di vedere il mondo, un insieme di valori in uno spazio circoscritto. Nel paesaggio il tempo si concretizza nello spazio, per cui nel presente si manifestano tutte le scale del passato, anche lontanissimo: nel paesaggio quindi è possibile comparare i differenti modi con cui i gruppi umani e le società si sono relazionati con lo spazio nel corso dei millenni. La Convenzione europea del paesaggio ha dato una definizione di paesaggio: “determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni (importanza della soggettività delle percezioni individuali e della collettività), il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e umani e dalle loro interrelazioni (dimensione relazionale, superando le scomposizioni tra naturale e antropico). Il paesaggio influenza molto il benessere, per cui deve essere salvaguardato da ciascuno. I turisti stanno apprezzando sempre di più i caratteri geologici dei paesaggi, grazie al riconoscimento di geositi, che permettono di valorizzare e tutelare un territorio, ma anche di ammirarlo e visitarlo. Da qui nasce il geoturismo, forma di turismo che migliora il carattere distintivo di un luogo e, quindi, ottimo strumento di valorizzazione di un territorio 31