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Sintesi di Che cos'è la filologia dei testi a stampa, Villari., Sintesi del corso di Filologia italiana

Sintesi completa del testo di Villari, Che cos'è la filologia dei testi a stampa.

Tipologia: Sintesi del corso

2016/2017

Caricato il 31/08/2017

giulia-19459
giulia-19459 🇮🇹

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Scarica Sintesi di Che cos'è la filologia dei testi a stampa, Villari. e più Sintesi del corso in PDF di Filologia italiana solo su Docsity! SINTESI: Che cos’è la filologia dei testi a stampa, Susanna Villari, Carocci Editore. Definizione preliminare: Textual bibliography= disciplina che pone in sinergia la bibliografia analitica (ovvero l'esame autoptico, cioè fondato sulla testimonianza oculare) + l'indagine filologica finalizzata alla ricostruzione del testo critico secondo la volontà d'autore. (Fahy+ Stoppelli, primi decenni anni 90, laddove in area anglossassone era già intensamente praticata, i filologi inglesi si misuravano con la tradizione a stampa dei capolavori della letteratura anglo ( sprtt drammaturgia shakespeariana). = Necessaria analisi degli aspetti paleografici, codicologici. Sono un fondamento per datare e classificare i manoscritti. Tale attenzione filologica non è stata però, riservata parimenti alla tradizione a stampa. >> preconcetto: i prodotti del medesimo procedimento tipografico sono identici, salvo rare eccezioni. Ma n.b.: la diversità degli esemplari costituisce la norma non l'eccezione, data la frequenza con cui le forme tipografiche nelle tipografie di ancien regime venivano scomposte e ricomposte in corso di tiratura, con l'esito di produrre differenti stati della stampa. Bowers= bibliografia testuale come una branca della bibliografia da porsi con la critica del testo [attività filologica finalizzata a ricostruire le lezioni autentiche di un'opera] in un rapporto analogo a quello che intercorre tra la paleografia e la filologia relativamente all'analisi dei codici manoscritti. Bowers + Gaskell: >> Bowers=BIBLIOGRAFIA TESTUALE E INDAGINE FILOLOGICA SONO INTERCONNESSE. >> Gaskell: CRITICA TESTUALE APPLICATA AI PROBLEMI DEI TESTI A STAMPA >>L'impatto dell'analisi bibliografica sulle metodologia ecdotiche è stato tale da modificare questo tipo di approccio, intensificando le relazioni tra ricerca bibliografica e critica testuale, fino a indurre una concenzione della textual bibliography non più come semplice settore della bibliografia, ma più propriamente come una sorta di settore della filologia. >> Gaskell: la critica testuale applicata ai problemi dell'edizione dei testi stampati. Introduzione: Filologia dei testi a stampa= questo settore della filologia è stato introdotto da Stoppelli e Fahy fin dai primi decenni del 900. fenomeni, è già un buon punto di partenza per evitare di confondere lezioni inattendibili da lezioni d'autore. •Il compositore= ha il compito di collocare i caratteri metallici negli appositi supporti per creare la forma di stampa/ tipografica (matrice di stampa). Il suo profilo è assimilabile a quello dell'amanuense di professione: il suo obiettivo è l'assoluta fedeltà al modello di riferimento. Ma il compositore, non ha come l'amanuense, l'esclusiva responsabilità degli esiti della sua trascrizione; si deve confrontare con altre figure professionali: •Il torcoliere= compito delicato dell'impressione dei fogli di stampa ( durante tale operazione, di pox verificare: difetti o eccessi di inchiostrazione, caduta o lesione dei caratteri o rottura delle intere forme. Tutte queste anomalie causano imperfezioni o pox arrivare a determinare la necessità della ricomposizione delle forme). •Lo stampatore= dirige l'officina tipografica ed è responsabile delle scelte editoriali, contando sulla collaborazione del correttore-revisore, il quale non soltanto ha il compito di verificare l'operato dei compositori, correggendo le bozze di stampa, ma ha pure l'onere di garantire che i prodotti della stampa rispondano alle esigenze del mercato editoriale. ( Spesso si tratta di un intellettuale perfettamente integrato col suo ambiente. Il suo ruolo è analogo a quello del copista per passione con il suo modello; ma quest'ultimo obbedisce ad esigenze culturali proprie o di una cerchia ristretta). •Il correttore-revisore= deve interpretare le istanze culturali del suo tempo e rispondere a più vaste e complesse sollecitazioni (ex: il problema della standardizzazione della lingua delle opere letterarie appare un postulato non trascurabile dell'impegno editoriale: i testi devono passare attraverso il filtro della revisione linguistica prima di essere stampati. >>Solo a partire dal XVII secolo gli stampatori inizieranno ad avere un atteggiamento più rispettoso nei cfr dei testi degli autori con interferenze tendenzialmente limitate alla grafia, all'interpunzione, all'uso delle maiuscole. >> I problemi peculiari delle tradizioni a stampa si ridimensionano progressivamente per le opere del 600 in poi, fino all'evolversi delle tecnologie tipografiche, grazie alle quali comincerà a diminuire la probabilità di varianti di stato. Tradizioni a stampa= presuppongono più complicate interferenze >>Oggetto privilegiato della textual bibliography sono le edizioni prodotte all'epoca della stampa manuale. >> in presenza di tradizioni manoscritte, ricostruire la facies formale di un'opera significa distinguere il sistema dell'autore da quello del copista, procedendo per deduzione sulla scorta dell'acquisizione del maggior numero di info pox sull'usus scribendi dell'uno e sulle peculiarità scrittorie dell'altro. Invece in presenza di antiche tradizioni a stampa la constitutio textus (costituzione del testo critico) presuppone il riconoscimento di piu complicate interferenze del sistema del compositore, del sistema dell'autore, degli interventi normalizzatori o censori del revisore editoriale, della politica culturale dello stampatore. Autografo e idiografo >>Quando un'edizione a stampa è realizzata vivente l'autore, con il suo consenso e la sua attiva collaborazione o sorveglianza, essa assume il valore di originale come un autografo o un idiografo (testo vergato da un copista ma sotto la sorveglianza diretta dell'autore). Compito del filologo è riconoscere gli elementi spuri dalle lezioni autentiche. Cenni storici: >>La textual bibliography si collaca in Inghilterra nel 1914, anno della pubblicazione di due importanti articoli di Greg e McKerrow. Il saggio di quest'ultimo fu poi ampliato posizione nel contesto della tradizione del testo, cioè, in termini lachmanniani, dalla sua posizione stemmatica. Nella complessiva valutazione della tradizione di un'opera il filologo potrà imbattersi in tradizione manoscritte unistestimoniali o pluritestimoniali, in tradizioni miste o in tradizioni esclusivamente a stampa. L'ambito di pertinenza della textual bibliography è quello delle tradizioni a stampa, ma le variegate situazioni offerte dalla tradizione di un testo confermano la necessità di un'interazione tra i vari settori della filologia e di un approccio multidisciplinare ai problemi posti da un testo. Metodo lachmanniano: La scelta tra le varianti della tradizione e l'emendatio devono porsi esclusivamente come operazioni meccaniche, aventi come presupposto la ricostruzione genealogica dei rapporti tra i testimoni, attraverso le fasi imprenscindibili di recensio, collatio, examinatio, eliminatio codicum descriptorum e la ricostruzione di una stemma codicum. Limiti: 1) nell'applicazione nel campo delle letterature romanze e della tradizione dei testi in volgare (tradizioni viziate dal fenomeno della contaminazione); 2) Pretesa meccanicità delle scelte ecdotiche. I neolachmanniani ( tra i quali Barbi) difendono le linee fondamentali del metodo ma ne correggono l'aspetto meccanico, valorizzando il giudizio critico, e sopprimendo il presunto divario tra attività filologica e attività critica>> la prassi ecdotica si è dunque aperta all'applicazione di nuove metodologie come quelle relative a testi traditi da originali (filologia d'autore) o quelle relative a testi traditi da stampe. Contaminazione= fenomeno della trasmissione di un testo dovuto al fatto che il copista/ stampatore attinge contemporanea a + modelli. L'hp di c. si evidenzia nello stemma codicum disegnando una linea tratteggiata. (Questo tipo di trasmissione è detta anche orizzontale o trasversale). Stemma= rappresentazione grafica dei rapporti tra i testimoni (sorta di albero genealogico che ha al suo vertice l'originale perduto). capitolo I Indagini preliminari La recensio: Recensio= censimento. Indica il reperimento, la raccolta e la descrizione dei testimoni della tradizione di un testo. Per la recensio delle edizioni a stampa il filologo potrà far ricorso ai cataloghi e ai repertori bibliografici. >>I cataloghi collettivi più aggiornati offrono info sulla localizzazione degli esemplari nelle varie biblioteche ma tali indicazioni non devono ritenersi esaustive e vanno integrate con ricerche più mirate e capillari direttamente sugli schedari (talora on line) delle singole biblioteche. >>L'esame dei vari esemplari di un'edizione può peraltro far emergere oltre a varianti di stato anche testimonianze di revisioni autografe. >>Un esemplare postillato che conservi le annotazioni di un lettore illustre e ben identificabile, contribuisce alla ricostruzione della storia della fortuna e dell'interpretazione di un testo. Gli strumenti dell'indagine bibliografica: Punto di partenza della ricerca è la consultazione di repertori bibliografici e cataloghi i quali costituiscono le due fondamentali forme di registrazione dei libri. •Bibliografia= libri che sono per caratteristiche specifiche imparentati tra loro, ma il riferimento non è a copie specifiche di essi. •Catalogo= il riferimento è alle copie particolari, presenti in una determinata collezione di libri (biblioteca pubblica o privata). Confini che sfumano >>I confini tra le due forme non sono tuttavia così netti, e le funzioni di repertori e cataloghi a volte si integrano e sovrappongono quando, ad ex da un catalogo di una biblioteca estremamente ricca sia pox ricavare un quadro abbastanza completo delle varie edizioni di un'opera, o quando da un >> La riproduzione digitale contribuisce decisamente alla recensio e in qualche misura anche alla collatio, agevolando gli studiosi non solo nel reperimento di testimoni ma spesso anche in una loro immediata fruizione. La collazione Collazione= confronto testuale tra i testimoni della tradizione x registrarne identità e divergenze. Il passaggio alla fase di collazione (ovvero di confronto tra i testimoni della tradizione) presuppone che il filologo abbia completato la recensio e abbia ben costruito le basi del suo lavoro critico. Per la collazione sono validi i criteri della filologia di tradizione ma, le tradizioni a stampa implicano che la testimonianza di ciascuna edizione sia definita considerando i rapporti tra i singoli esemplari che di essa sono pervenuti. >> il cfr degli esemplari è fondamentale per la definizione dell'esemplare ideale, quello cioè che rappresenta il risultato definitivo del processo di stampa. >>La collazione dovrebbe dunque essere effettuata non genericamente tra singole edizioni ma tenendo conto delle peculiarità dei singoli esemplari. Gli esiti di una collazione non sono mai privi di significato: Al di là degli esiti della collazione, cioè tra un'indagine che scopre numerose modifiche in corso di tiratura e una invece che non trova nulla o praticamente nulla, non c'è differenza qualitativa. L'importante secondo le parole di Harris: " Ciò che conta è che la verifica sia stata fatta e quindi che il dubbio riguardante quel libro, nei limiti del ragionevole e del possibile, sia stato sciolto." >>Infatti neppure nell'ambito della filologia di tradizione è garantita a priori la rilevanza degli esiti della collazione. Può profilarsi anche il caso che una collazione tra copie manoscritte che metta in luce soltanto errori poligenitici poco significativi ai fini ecdotici. (Tra l'altro l'assenza di varianti di stato non è un dato poco significativo ma può segnalare una particolare cura nelle procedure di stampa ( cioè uno scrupoloso controllo preventivo sulle forme prima del passaggio al torchio, per evitare interventi in corso di tiratura), o al contrario una scarsa preoccupazione per la correttezza del testo da parte degli operatori della tipografia, non interessati ad arrestare il processo di stampa neppure accorgendosi di errori lampanti. Errore poligenetici= e. banali e frequenti come aplografie filogia per filologia, dittografie sperperare per sperare. Errori che 2 o + copisti possono commettere indipendentemente anche trascrivendo da modelli diversi; non sono classificabili tra gli e. guida, in quanto la loro presenza si registra in più testimoni, negli stessi contesti, non fornisce alcuna prova di relazione di parentela tra i testimoni stessi; nel contempo, la presenza di un e. poligenitico in un testimone e l'assenza in un altro non ne costituisce prova di indipendenza, trattandosi di e. facilmente e intuitivamente emendabili. >>In base a calcoli statistici è stato dimostrato, che è necessario collazionare almeno il 3% degli esemplari di un'edizione (ovvero 30 esemplari di un'edizione che abbia avuto una tiratura di mille esemplari), per poter formulare hp plausibili sul suo esemplari ideale. Ma normalmente si lavora su un campionario più o meno ampio, con tutti i rischi connessi a indagini parziali. >> il motivo è dovuto a concreti problemi e limiti di questo tipo di ricerca. >>Se di una stampa sono sopravvissuti pochi esemplari gli elementi di giudizio saranno oggettivamente insufficienti. Se il numero di edizioni (e di esemplari sopravvissuti) è invece lo studioso poteva portare con sé i fogli riprodotti ed eseguire la collazione sovrapponendoli alle carte dei singoli esemplari conservati nelle varie biblioteche. >> metodo sperimentato da Fahy per collazionare alcuni esemplari superstiti dell'edizione dell'Orlando Furioso del 1532. A giudizio di F, tale procedura è meno affaticante per la vista e compensa gli svantaggi derivanti dalla fisiologica minima variazione del formato delle fotocopie rispetto a quello dell'originale, o dalla distorsione prodotta sui margini della fotocopia quando sia impossibile far aderire completamente il volume aperto sul piano della fotocopiatrice>> minime varianti possono dunque sfuggire, è perciò opportuno secondo F, ripetere la collazione. Collazionatore portatile di McLeod= poco usato, si basa su un meccanismo di specchi. >>In sintesi= allo stato attuale si usa il metodo di collazione tradizionale (parola per parola, ma con il sostegno dell'osservazione dello specchio di stampa). Aspetti materiali del libro antico e indagine filologica >> Innegabile lo stretto connubio tra il contenuto di un'opera e la fisicità del suo contenitore= lo studio delle caratteristiche materiali di un libro antoco possono comsentire anche la ricostruzione di momenti della storia compositiva di un'opera. Tecniche stampa antica La parte del lavoro più lunga e minuziosa spettava al compositore, il quale rispetto a un amanuense, procedeva con estrema lentezza: per formare parole e frasi estraeva da una cassa in tanti scomparti i caratteri mettallici (punzoni)= caratteri metallici sistemati capovolti e invertiti specularmente in una barretta di legno o metallo dal compositore, detta compositoio, capace di contenere una o più righe. Vantaggio= le righe composte all'interno del compositoio venivano assemblate su un telaio detto appunto vantaggio che veniva poi bloccato con viti o cunei di legno o metallo per creare una forma di stampa resistente alla pressione. Per imprimere un foglio di stampa occorrevano due forme (una esterna e una interna). Punzone= piccolo parallelepipedo di acciaio, sulla cui sezione superiore vi è l'incisione a rovescio di un carattere tipografico; è l'unità di base insieme ai relativi supporti (compositoio e vantaggio) per l'allestimento di una forma di stampa. Composizione: poteva procedere secondo l'ordine testuale (pagina per pagina) o per gruppi di pagina appartenenti a una determinata forma. Nel primo caso si completavano le due forme di stampa necessarie a stampare su entrambe le facciate del foglio tutte le pagine di un fascicolo; nel secondo caso si completava soltanto la forma necessaria a stampare una sola facciata del foglio. Controllo della forma prima o durante la tiratura: Tiratura= complesso di copie ricavate dalla medesima forma di stampa. Dopo il controllo della forma da parte del correttore o dell'autore, era possibile ovviare a sviste ed errori mediante la sostituzione dei caratteri di piombo, prima del passaggio al torchio. Ma era frequente che i controlli si effettuassero anche in una fase successiva all'impressione di un certo numero di fogli di stampa. Il torchio manuale era manovrato da un torcoliere o tiratore, di solito affiancato da un battitore addetto all'inchiostratura. È noto che l'esiguità dei caratteri metallici disponibili in una tipografia consentiva la realizzazione di un numero molto limitato di forme. Dopo la stampa i compositori dovevano scomporre le forme e sistemare i punzoni nella cassa. Le due forme (una interna e una esterna) che contenevano il testo di un foglio avevano una vita molto breve (anche soltanto di ore) durante la quale avveniva la correzione delle bozze. Mentre il torcoliere procedeva all'impressione delle forme già pronte, il compositore procedeva alla realizzazione delle forme - In quarto 4^= quattro carte, derivanti dal foglio ripiegato per 2 volte, con in totale 8 facciate; - In ottavo 8^= otto carte, derivanti dal foglio ripiegato per 3 volte, con in totale 16 facciate; - In decimo 10^= 6 carte, derivanti da una combinazione di tagli e piegature, con in tot 12 facciate; - In dodicesimo 12^= 12 carte, derivanti da due possibili combinazioni di tagli e piegature; - In sedicesimo 16^= 16 carte, derivanti dal foglio ripiegato per 4 volte, con in totale 32 facciate; - In ventiquattresimo 24^= 24 carte, derivanti dal foglio ripiegato per 3 volte lungo il lato corto e poi 4 volte nell'altro verso; - In trentaduesimo 32^= 32 carte, derivanti dal foglio ripiegato per 5 volte, con 64 facciate. Formato di stampa del Furioso del 1532: Particolare tipologia di formato è anche il quarto in ottavo (edizione Orlando Furioso 1532), composto da due fogli di stampa ripiegati due volte e posti l'uno dentro l'altro (inquadernati). Per realizzare un fascicolo di questo tipo non occorrevano solo due forme di stampa, come avveniva normalmente per un fascicolo in 8^ ma ne occorrevano 4, vale a dire 2 per il foglio interno ( recto e verso) e due per il foglio esterno (recto e verso). >>Le forme di stampa, erano costruite in modo tale che dopo l'impressione, il foglio, una volta ripiegato, formasse un fascicolo con le carte nell'ordine previsto. Ad ex per un formato in quarto, con una forma esterna si imprimevano sul recto di un foglio le pagine 1,4,5,8; con una forma interna si imprimevano sul verso dello stesso foglio le pagine 2,3,6,7. Piegato il foglio, doveva derivare un fascicolo con la pagina 2 sul verso della 1, con la 4 sul verso della 3, con la 6 sul verso della 5, con la 8 sul verso della 7. >>Ogni fascicolo a stampa ha una segnatura che lo rende distinguibile dagli altri, indicandone la posizione all'interno del volume. Si tratta di un contrassegno ( di solito alfabetico ma anche numerico o simbolico, ex: a5,a6, a7. Per gli incunaboli, normalmente privi di numerazione delle carte e delle pagine, il contrassegno del fascicolo è l'unico indicatore di riferimento per descrizioni di un'opera o di rinvii testuali. Ma anche qualora le pagine abbiano una regolare cartulazione o paginazione, le segnature (introdotte con un'essenziale funzione di guida al corretto ordinamento dei fascicoli) costituiscono un importante oggetto di osservazione e valutazione per i moderni studiosi. >>Un diffuso elemento di raccordo tra le carte di un volume era costituito comunque (come per i manoscritti) anche dal richiamo che si riscontra alla fine del verso di ogni carta, per anticipare la prima parola del recto della carta successiva, oppure solo alla fine del verso dell'ultima carta di un fascicolo, per anticipare la prima parola del recto della prima carta del fascicolo successivo. Richiamo= ripetizione di parola o sillaba come raccordo tra le carte o fascicoli di un volume, con funzione di guida per il legatore. >>Alla fine del testo veniva stampato il registro delle segnature, cioè l'indicazione delle segnature dei fascicoli di cui era composto il libro. Il registro fornisce info fondamentali sulla struttura del volume ex ("omnes sunt duerni, si avverte cioè che tutti i fascicoli sono duerni..).>> n.b.: il registro delle segnature non è un arido elenco di sigle ma lascia trasparire un vicenda editoriale e talora compositiva con a volte determinanti conseguenze dal punto di vista storico-critico ed ecdotico. Segnatura= sigla che contrassegna ciascun fascicolo di un libro. Carta= prodotta anticamente mediante un impasto (derivato dalla macerazione di stracci) essiccato sopra una griglia di fili di ottone incastonati in un telaio: si chiamano filoni i fili verticali, vergelle quelli orizzontali. Filoni e vergelle imprimono sulla c. linee parallele visibili in controluce, che sono tipici anche di certi tipi pregiati di c. moderna. Sulla c. resta anche l'impronta della filigrana. Cartulazione= numerazione delle carte solo sul recto. in ottavo: il primo aveva due piegature, mentre il secondo aveva tre piegature. Nuove emissioni e rinfrescature >>Nuova emissione= una divulgazione in tempi e circostanze diverse di un gruppo di esemplari appartenenti a una medesima edizione a stampa. Il caso tipico è quello di uno stampatore, che rimette in circolazione con un nuovo frontespizio e con dati tipografici o paratestuali nuovi o rimaneggiati, i fascicoli di un'opera rimasti invenduti, spacciandoli per una novità editoriale. L'emissione può anche essere simultanea quando, ad esempio due editori si spartiscono gli oneri e gli utili di una medesima edizione, suddividendo i volumi in due gruppi, ciascuno diverso nel frontespizio e nel colophon, e anche in questo creando la sensazione di due diverse edizioni. Si può anche parlare di rinfrescature quando il frontespizio viene rinnovato alterando gli originali dati tipografici. Rinfrescatura= nuova emissione realizzata mediante un frontespizio rinnovato. Colophon= dal gr. estremità, indica la sottoscrizione posta alla fine di un libro. Nei libri a stampa contiene le indicazioni tipografiche (ad ex nome dello stampatore e luogo e anno di stampa). Il c. è particolarmente importante negli incunaboli essendo privi di frontespizio. Il rilevamento dell'impronta: Impronta= codice alfanumerico finalizzato a ID un'edizione. >>Da notare il rilevamento dell'impronta e la registrazione delle segnature costituiscono due parametri utili nell'esame di una tradizione a stampa. •L'impronta è un codice alfanumerico (analogo al codice ISBN) che contribuisce all'immediata identificazione di un'edizione e al l'individuazione di una nuova emissione o rinfrescatura nei casi in cui ad ex, un tipografo abbia messo in circolazione gli esemplari invenduti di un'opera sostituendo o rimaneggiando il frontespizio o il colophon. Analoga funzione nella recensio dei testimoni a stampa ha la registrazione delle segnature. La segnatura, da non confondersi con l'indicazione della collocazione di un manoscritto in biblioteca, è il contrassegno che identifica i singoli fascicoli di un antico volume stampato. L'allestimento di un libro a stampa è, infatti, il prodotto dell'assemblaggio di un numero determinato di fascicoli, (fascicolatura) che potevano essere sistemati agevolmente nel corretto ordine dal legatore e dai fruitori osservando la progressione delle segnature. Questo compito era agevolato dalla presenza, alla fine dei volumi, di un registro delle segnature, cioè un elenco delle sigle dei fascicoli che compongono i volumi, accompagnato dall'indicazione del formato dei fascicoli stessi (duerni, terni...). >>Confrontando il registro con l'effettiva struttura e distribuzione dei fascicoli di ciascun esemplare, nel caso vi sia qualche divergenza è pox individuare nodi problematici meritevoli di essere sciolti mediante opportune e più accurate verifiche. La descrizione del libro antico (relativamente a libri a stampa): Essa risponde a precise regole e convenzioni relative all'indicazione di tutti quei dati utili a identificare un'edizione: autore, titolo dell'opera, luogo e anno di stampa (deducibili dal frontespizio e/o colophon). dovuto al fatto che spesso, i cataloghi, sia a stampa che a schede, di singole biblioteche, sono pensati e utilizzati come bibliografie, perché impostano la descrizione con criteri prettamente bibliografici. E al contrario, in Italia abbiamo bibliografie che si limitano a enumerare alcune copie, senza porsi il problema della ricostruzione della copia ideale.= la prospettiva di una perfetta sinergia tra l'ambito della catalogazione libraria e l'ambito della critica testuale è forse non lontana, ma allo stato attuale il filologo deve procedere empiricamente, con tutti i mezzi disponibili, per rintracciare e collazionare il maggior numero possibile di esemplari a stampa di una o più edizioni di un'opera, da cui dedurre tutte le info utili sulla vicenda editoriale dell'opera stessa.] Esemplare= copia manoscritta o a stampa, nella filologia dei testi è il singolo prodotto di un procedimento tipografico. Un'impressione produce in serie un congruo numero di esemplari. (E. di tipografia= manoscritto o a stampa utilizzato in tipografia come base per la realizzazione di un'edizione). Capitolo II: Le tradizioni a stampa problemi specifici e metodi Tradizioni lineari e radiali: Lo stampatore che avesse voluto allestire una nuova edizione dell'opera, prendeva a modello quella precedente.>> In genere nessun tipografo preferiva prendere a modello una versione manoscritta. Quindi la seconda prende a modello la prima (editio princeps), la terza la seconda, etc. N.b.= l'uso degli stemmi per illustrare i rapporti tra i testimoni a stampa non rientra nella comune prassi ecdotica dei testi a stampa, salvo in caso di tradizioni miste. Di solito l'editore critico di un'opera trasmessa da stampe si limita in una Nota al testo a descrivere verbalmente la situazione della tradizione. Testimone= il termine indica il codice manoscritto o il libro a stampa che fornisce testimonianza di un testo, lo riporta cioè, in una forma più o meno fedele a quella dell'originale d'autore. >> l'insieme dei testimoni= tradizione di un testo. T.Descriptus= attesta gli errori significativi di un altro testimone conservato e aggiungendone di propri, risulta chiaramente essere copia di essi. Ai fini della costituzione del testo critico ha pertanto scarso valore, perché presenta rispetto al suo modello soltanto errori ulteriori. Esempio più elementare di tradizione lineare: A (editio princeps) | B (2* edizione) | C (3* edizione) | D (4* edizione) >> Qui i testimoni dipendenti dall'antigrafo a stampa conservato risultano descripti cioè copie di altro testimone conservato). Il postulato di questa ricostruzione è che ciascun testimone abbia eriditato caratteristiche del precedente, aggiungendo errori propri, con una progressiva moltiplicazioni di errori e varianti. La trasmissione lineare non implica che le stampe siano descriptae: quindi la classificazione stemmatica in tal senso è fuorviante Ma secondo i canoni della filologia delle stampe, la trasmissione lineare non implica che le stampe siano necessariamente descriptae. >>Quindi la classificazione stemmatica è fuorviante. In primo luogo, ciascuna stampa potrebbe aver ereditato dalla precedente varianti ed errori ascrivibili a determinati stati costituiscono materialmente il medesimo documento, rimaneggiato dall'autore, e passato in tempi diversi nelle mani dei copisti. Perduto l'originale O/O1, A e B offrono la testimonianza delle due diverse fasi redazionali dell'opera, ovvero rispecchiano la stratificazione di interventi che doveva essere attestata dall'originale. Analogamente nello stemma II, A/A1 e così pure B/B1 rappresentano la medesima edizione, ma A1 e B1 si suppongono particolari esemplari utilizzati dall'autore come copie di lavoro per la revisione dell'opera: B deriva da un esemplare di A con correzione A1 mentre C e D derivano rispettivamente da un esemplare di B privo di correzioni e da uno B1 con correzione. Più spesso gli esemplari con correzioni d'autore sopravvivono quando l'autore non porta a termine la propria revisione o quando il testo revisionato non viene pubblicato. >> un famoso esemplare con correzioni autografe sulla stampa Napoletana del 1835 dei Canti leopardiani, è conservato presso la Biblioteca Nazionale di Napoli, ed è chiamato NC (Napoletana corretta ovvero Starita corretta), per distinguerlo da tutti gli altri esemplari dalla stampa Starita del 1835. >>Gli esemplari entrari in tipografia invece, venivano di solito distrutti dopo l'esecuzione della stampa ma si conoscono non pochi casi illustri di esemplari riconoscibili dalle inconfondibili annotazioni. Tali annotazioni rendono evidente il rapporto di filiazione tra un'edizione e l'altra, mentre le correzioni apposte a penna, e recepite nella nuova edizione documentano le dinamiche della revisione. Tuttavia, se l'esemplare revisionato d'autore risulta disperso, solo l'edizione che ne deriva testimonia gli esiti della revisione>>difficoltà per il filologo di discernere tra innovazioni editoriali e correzione dell'autore stesso. Gli esemplari entrati in tipografia venivano di solito distrutti dopo l'esecuzione della stampa: >> Un ex illustre di nuove edizioni di cui si sono persi gli esemplari di tipografia è dato dall'Orlando Furioso. Per lo schema della trasmissione del testo vedi pg 51; dove l'editio principes del 1516 viene revisionata e diventa A1 da cui poi discende la nuova edizione del 1521, a sua volta revisionata, B1 + carte autografe, passando quindi all'edizione finale del 1532. Perdita esemplari con correzioni: A1, esemplare revisionato della princeps (1516) andato perduto, lo stesso per B1, esemplare revisionato dalla seconda edizione del 1521, e che ha generato la nuova edizione del 1532, è andato perduto. >>Nel caso di perdita degli esemplari con correzioni d'autore, la testimomianza indiretta di una revisione d'autore è data da varianti che per loro tipologia sono riconducibili soltanto all'autore>> operazione delicatissima per il filologo, in quanto il revisore editoriale, personaggio di cultura, era benissimo in grado di apportare correzioni com criteri analoghi da quelli che avrebbero potuto essere adottati dall'autore. Il riconoscimento di varianti d'autore deve poggiare su fatti certi: autore vivente alla data della ristampa o il fatto di aver lasciato pronto l'esemplare revisionato. Il filologo nell'analizzare una nuova edizione deve distinguere tra: calco della precedente o se davvero accoglie consapevoli innovazioni formali o sotanziali. (I frontespizi spesso dichiarano che l'opera è stata corretta e revisionata ma più si tratta di esigenze commerciali e quindi le innovazioni vengono enfatizzate). Ipotetica trasmissione radiale: A Pag 53: viene descritta un'ipotetica trasmissione radiale: secondo lo stemma I, D interrompe il processo di trasmissione lineare, accogliendo a modello la seconda edizione B, invece che la precedente C. Le varianti e gli errori potrebbero testimoniare i mutamenti di stato che doveva avere un esemplare perduto: >>N.B.= il dato costante è l'impox di attribuire con certezza il valore di descripti ai testimoni della tradizione, anche quando essi descrivano un'edizione precedente, perché teoricamente le loro varianti e i lori errori singolari potrebbero attestare le varianti e gli errori di un esemplare perduto. Per analoghe ragioni, l'hp di un archetipo è più complesso rispetto a quanto avviene per le tradizioni manoscritte, per le infinite variabili della trasmissione a stampa sopra illustrate che offuscano gli autentici rapporti genealogici tra i testimoni. >>N.B.= Al fine di formulare ipotesi accettabili su una tradizione a stampa, il filologo non può esimersi dal passare al vaglio, come farebbe per una tradizione manoscritta, tutte le informazioni deducibili dalle singole testimonianze, collazionando minuziosamente gli esemplari superstiti. Un'hp genealogica sarà valida se fondata sul concorso di tutti gli elementi significativi disponibili (errori, varianti, documenti della genesi dell'opera...) e quando non sia resa debole o discutibile da prove contrarie o da assunti non dimostrabili. Rappresentazione di altri stemma: (pag 55) Stemma I: la reciproca indipendenza tra i tre testimoni potrebbe essere attestata da errori separativi, mentre l'esistenza di un archetipo comune verrebbe suggerita da errori congiuntivi. Stemma II: hp per cui gli errori di A siano stati emendati per congettura dall'editore di B o che quelli di B siano stati emendati dall'editore di C. La trasmissione risulterebbe quindi lineare. Stemma III: la trasmissione si suppone lineare ma il filologo conoscendo solo le varianti di stato definitive, Ax1 e Bx1, è portato a identificare gli errori di B e C come errori propri e non del loro antigrafo (Bx e Ax). La scelta del testo base: Si sceglie l'editio princeps quando la trasmissione lineare non metta in luce varianti significative e sicuri interventi d'autore. Infatti, salvo prova contraria, la princeps è quella che rispecchia più fedelmente l'originale entrato in tipografia. Mentre le stampe successive che ne ereditino gli errori con la semplice aggiunta di errori ulteriori, si presuppone che derivino dalla princeps attraverso progressive filiazioni. Ma n.b. se tutti i testimoni a stampa hanno lo stesso grado di autorità, il filologo si troverà costretto a selezionare il testo base per l'edizione critica. La scelta dipende da: -valutazioni ectodiche -modalità di intendere il concetto di ultima volontà dell'autore (argo discusso nell'ambito della filologia d'autore). Nell'ambito delle trasmissioni manoscritte si distingue tra tradizione attiva e quiesciente: la prima è di difficile interpretazione per il filologo perché le varianti e gli emendamenti congetturali sono frutto di copisti dotati di cultura e quindi facilmente equivocabili in varianti d'autore. >> N.b.: questo tipo di trasmissione è tipica delle tradizioni a stampa, dove se il compositore ha atteggiamento passivo, il correttore-revisore interviene sul testo, consapevole della responsabilità che ne deriva dalla diffusione seriale del testo.>>Rischio di confondere le revisioni del correttore con quelle d'autore. Sostanziali e accidentali: il problema delle grafie Accidentali= elementi grafici (la grafia delle parole) e paragrafematici (segni interpuntivi, diacritici, uso delle maiuscole). Sostanziali= elementi concernenti la sostanza del testo (lessico, granmatica, morfologia e sintassi). Metodo eclettico: elaborato dai filologi inglesi dallo studio delle opere di S., il metodo è basato sulla distinzione tra lezioni o varianti sostanziali e lezioni o varianti accidentali. è la mediazione tra il testo dell'autore e il suo lettore, affinché un'opera possa interpretare nel suo più autentico significato (da qui anche la definizione di edizione interpretativa). Tra l'altro, gli aspetti grafici e paragrafematici sono quelli più soggetti agli arbitri di copisti e compositori tipografici; il loro rispetto non garantisce pertanto la fedeltà a una volontà d'autore. >> quindi la necessità di intervenire sul sistema paragrafematico suggerisce l'inutilità di un atteggiamento conservativo nei cfr del sistema grafico. Peraltro, come osserva Fahy, la frammentazione linguistica del volgare italiano rende altissimo il grado di interferenze tra la lingua dell'autore e la lingua degli operatori delle tipografie, determinando nella prassi critico-editoriale problemi non paragonabili a quelli affrontati dai filologi anglosassoni. >>Fahy: il criterio editoriale che si fonda sul rispetto della grafia antica e la teoria del copy-text presuppone una situazione di ampia unità linguistica. Fahy= criterio è inapplicabile (del rispetto delle grafie antiche) per mancanza unità linguistica (intereferenze tra scelte linguistiche autore e operatori tipografia) e per la natura fonetica dell'italiano (no differenza tra la pronuncia e la grafia). Questione degli accidentali per la situazione italiana diventano marginali: N.b= Quindi la metodologia ecdotica italiana mostra una scarsa attenzione per gli aspetti accidentali o ne giudica impraticabile la totale conservazione, rispetto alla metodologia ecdotica inglese che invece si fonda sulla ricostruzione della volontà d'autore sia per le lezioni sostanziali che per quelle accidentali. >>Tuttavi, è pur vero come giustamente afferma Stoppelli, che l'obiettivo di un'edizione critica è la ricostruzione di una facies più attendibile di un'opera letteraria, quella cioè che verosimilmente rispecchia la volontà dell'autore. Inoltre, se è vero che la veste grafica può aver subito alterazioni da parte di copisti e stampatori, è altrettanto vero che anche gli aspetti sostanziali potrebbero essere fraintesi o volutamente modificati. L'adeguamento della grafia all'uso moderno, determina il seguente paradosso: il filologo si impegna a depurare il testo dalle scorie della tradizione, riportandolo a una facies autentica ma nello stesso tempo introduce elementi estranei all'autore e propri del moderno sistema grafico. A questo proposito Contini precisa che dipende dalle finalità dell'edizione: Se l'intento è di dare alle stampe un'edizione del Petrarca latino secondo gli autografi, nessun dubbio che -e, nichil non vadano alterati ma se invece lo scopo è divulgativo, sarà lecito scrivere -ae, nihil. L'edizione critica è un hp di lavoro: non restituisce perfettamente la forma voluta dall'autore >>N.b: quanto finora enunciato non fa che confermare il carattere dell'edizione critica come ipotesi di lavoro: nessun testo critico potrà mai presumersi in tutto coincidente con la forma voluta dall'autore, e non solo per le alterazioni prodotte nei vari passaggi della tradizione, ma anche per il fatto stesso che persino gli autografi sono potenzialmente portatori di sviste, di lapsus calami, di lezioni erronee che l'autore, qualora se ne fosse accorto, avrebbe corretto. >> Operazioni inopportune e condannabili in ambito filologico: -formulare congetture che non tengano conto della fenomenologia degli errori e delle varianti; -adottare lezioni di altri rami di una tradizione; -seguire pedissequamente il testimone di riferimento rispettando forme inattendibili ed errori evidenti; -appensantire gli apparati critici con elementi superflui, senza trarre dall'analisi delle varianti informazioni funzionali alla complessiva illustrazione dei percorsi della tradizione e alla definizione del testo critico.= filologismo caricaturale cui alludeva Contini, cioè quel modo restrittivo e fuorviante di intendere la filologia come arido momento di indagine e l'edizione critica come collettore di dati inerti, non rielaborati criticamente. accogliere le revisioni manoscritte, considerate provvisorie e personali dell'elaborazione. Gavazzeni: duplice prospettiva delle revisioni attestate dalle stampe + revisioni attestate dagli autografi, riproponendo i testi in due sedi diverse dell'edizione a partire dall'ultimo approdo (a stampa e manoscritto). Vita dei Campi= Riccardi per l'edizione critica si basò sul testo della prima edizione milanese dell'opera (1880), registrando in un apparato evolutivo le varianti dell'edizione Treves del 1897; mentre Tellini adottò il testo del 1897 (ultima edizione approvata dall'autore) approntando un apparato genetico. >> La scelta di partire dalla genesi, dal traguardo o dalle tappe intermedie di tale storia non deve fondarsi sulla presunta maggiore o minore qualità poetica o espressiva delle singole stesure, ma riguarda soltanto l'individuazione di un punto di osservazione privilegiato. >> Il concetto di ultima volontà va in definitiva commisurato alla storia particolare di un'opera, alla sua tradizione, all'atteggiamento dell'autore, alle premesse delle varie stesure, ai limiti e ai condizionamenti che un autore può aver subito nell'approntare un nuova edizione. Nota inoltre la differenza tra redazione manoscritta e redazione a stampa nell'esame comparativo delle varianti: -la prima attesta la tensione alla perfezione, quindi in una concezione dinamica del processo creativo consente di definire i passi che l'autore compie fino all'approdo finale. -la seconda invece ci consegna un prodotto finale perché ogni volta approvato dall'autore. Quindi l'esame comparativo delle varianti redazionali di edizioni diverse porta a mettere a confronto fasi ben definite dell'itinerario intellettuale dell'autore, di cui è pox ricostruire l'impatto sul pubblico e le linee della fortuna e della ricezione. Varianti redazionali e di stato -Individuazione della stratigrafia redazionale nel caso in cui il testimone sia un manoscritto: si fa ricorso alla topografia delle correzioni, l'eventuale varietà degli inchiostri, la differenziazione del ductus della scrittura etc. -Se l'autore è intervenuto invece in corso di tiratura: lo studioso se ne accorge soltanto collazionando gli esemplari dell'edizione. Nel caso di varianti adiafore, però il rapporto tra la lezione nuova e quella scartata non è evidente, perché la lezione sostitutuva potrebbe identificarsi indifferentemente con l'una o con l'altra. Lo studioso potrà esercitare il suo giudizio critico attenendosi all'usus scribendi dell'autore e a tutti gli elementi interni disponibili ma nex valutazione è definitiva. >> Ed è qui che i metodi della textual bibliography sono d'aiuto. >>A pag 70-71 viene illustrata la modalità di procedimento della textual bibliography che passa sempre attraverso l'esame della struttura materiale del libro. A pg 70, sono riportate le 6 varianti di stato del Furioso del 1532. Le lezioni riportate a sx sono attestate da due soli esemplari mentre quelle riportate a dx compaiono in tutti gli altri esemplari. Tra parentesi, Ariosto, dopo aver effettuato le ultime correzioni delle forme di stampa, aveva fatto passare sotto il torchio fogli di carta più grande, in modo che essi venissero assemblati insieme e distinti dai fogli scorretti, destinati a confluire in altri esemplari con gli scarti della tiratura. Ora il fatto che le varianti della colonna di dx siano attestate da questi esemplari in carta grande conferisce ad esse l'autorità di lezioni definitive. ( Ma n.b. Ariosto è un caso particolare, infatti in un esemplare normalmente confluiscono in modo casuale gli stati definitivi e anteriori della tiratura: cancellatia e i cancellanda.) In assenza dell'eccezionale supporto di esemplari di particolare autorità, l'individuazione delle lezioni definitive, con un metodo filologico tradizionale sarebbe impossibile, in quanto le varianti elencate, ad eccezione della terza, sono adiafore. Ecco perché diventano necessari i metodi della t.b. Ma la successione potrebbe anche invertita: il 3 al posto del 2, perché A avrebbe accogliere di nuovo, lezioni precedentemente scartate. L'incertezza filologica è stata risolta da Harris osservando le caratteristiche dei caratteri metallici utilizzati: in particolare alcune delle r minuscole si presentano difettose. Per passare da Sempre a Teme e poi di nuovo a Sempre, il compositore avrebbe dovuto scomporre il verso due volte; ma a dimostrare il fatto che nel passaggio al secondo stato della stampa il verso Sempre è in timore, e far contraria via restò inalterato, vi è la circostanza che la r di timore presenta la medesima imperfezione. Data l'improbabilità che il compositore ripescasse dalla cassa un carattere con l'identico diffetto, è apparsa fondata la prima ipotesi correttoria, cioè Sempre che resta inalterato al secondo stato per diventare alla fine Teme. >>La filologia tradizionale considera superflui gli elementi paragrafematici e grafici, tende piuttosto ad adottare criteri di ammodernamento ( per ex, l'uso sovrabbondante delle virgole, tipico cinquecentesco, non corrisponde alla nostra sensibilità moderna). Ma elementi minimi, come una virgola, sono determinanti nella ricostruzione degli stati della stampa>> in altre parole, gli accidentali per la TB non possono essere trascurati. L'esemplare ideale: Concetto bibliografico di esemplare ideale: valutazione aspetti esteriori Il concetto di esemplare ideale nasce come concetto bibliografico, non filologico. E in quanto concetto bibliografico può essere applicabile soltanto agli aspetti esterni del libro, non ai suoi contenuti testuali. (Vd definizione di Bowers a pag 76, dove fa rientrare anche cancellanda e cancellatia a conferma del fatto che l'emissione è considerata nel suo insieme, quale esito del lavoro tipografico, indipendentemente dalle dinamiche testuali che hanno sollecitato e prodotto varianti e indipendentemente dalla considerazione dell'eventuale valore autoriale delle varianti stesse. Il bibliografo opera dunque osservando le caratteristiche degli esemplari e deducendo da esse la situazione standard del libro; quella cioè presumibilmente aderente alla volontà dello stampatore e ricavabile, ad esempio, dal registro delle segnature e dalle condizioni attestate dagli esemplari che appaiono integri e completi ed espresse mediante la formula collazionale. Il bibliografo non entra nel merito dei contenuti testuali né della volontà dell'autore ( vd pag 77 Bowers). Concetto esemplare ideale in senso filologico: estensione alla valutazione degli aspetti testuali Per adattare il concetto di esemplare ideale alle esigenze ecdotiche occorre, dunque, andare oltre lo standard della descrizione bibliografica (che include tutti gli stati dell'emissione) e procedere ad un'ulteriore astrazione che consenta di distinguere tutti gli stati anteriori e tutti gli stati definitivi di una stampa, estendendo ovviamente la valutazione ai contenuti testuali: non solo, dunque, cancellantia e cancellanda (anche dette macrovarianti) ma anche le microvarianti testuali che possono emergere soltanto da minuziose collazioni e sono di esclusiva pertinenza del filologo. N.b.= mentre l'indagine su una tradizione manoscritta mira, quando pox alla ricostruzione di un archetipo, anche attraverso la ricostruzione di vari subarchetipi, l'indagine su una tradizione a stampa dovrebbe mirare a ricostruire di ciascuna edizione l'esemplare che è il prodotto delle procedure definitive della stampa. >>Una volta individuate le varianti di stato dopo aver collazionato gli esemplari di un'edizione, la definizione dell'esemplare ideale, superando il livello meramente bibliografico, è legata a una serie di operazioni di critica del testo. Per ex vedi pag 79 dove viene illustrato il processo. Nota: l'esemplare ideale si ricostruisce accorpando virtualmente i fascicoli con le varianti di stato definitive. L'operazione di assemblaggio degli stati definitivi presuppone che, in caso di varianti adiafore, i contesti Si parla di apparato evolutivo, genetico o genetico-evolutivo a seconda che si accolga il testo della prima edizione, dell'ultima o di una intermedia. Anche in questo è necessario l'intervento sugli errori e gli arbitri tipografici del testo-base, ma alla pox di un emedamento congetturale (emendatio ope ingenii) si potrà affiancare il supporto delle altre edizioni (emendatio ope codicum). 3- Edizione critica in presenza di una sola edizione non originale: l'editore assumerà tale edizione, o meglio l'esemplare ideale di essa, come testo-base, emendandone tutti gli errori palesi x congettura o sulla scorta delle altre edizioni; 4-Edizione critica nel caso di tradizioni miste, comprendenti materiali d'autore: data la varia tipologia delle testimonianze implica il supporto complementare delle tecniche della filologia dei testi a stampa e della filologia d'autore; 5-Edizione critica nel caso di tradizioni miste, comprendenti materiali non d'autore: vedi punto 4. Cosa comprende una Nota al testo: -Lavoro svolto dal filologo -Preliminare descrizione dei testimoni -Illustrazione dei loro rapporti genealogici sulla scorta della valutazione di varianti ed errori -Motivazione della scelta di un determinato testimone di riferimento x l'edizione -Indicazione dei criteri adottati per la trascrizione del testo. Quindi la Nota si articola in almeno due partizioni fondamentali, dedicate rispettivamente alla tradizione del testo e ai criteri editoriali. >>Descrizione di un'edizione all'epoca della stampa manuale (di norma più ricca e dettagliata rispetto a quella fornita dai cataloghi bibliografici, il punto di vista qui illustrato è dunque filologico): Dalle sintetiche indicazioni come quelle del frontespizio e/o colophon, formato, numero complessivo di carte o pagine, marche editoriali e filigrane, si aggiungono info sul contenuto ( scansione edistribuzione delle singole sezioni dell'opera, segnalazione delle pagine bianche etc.). La trascrizione del frontespizio è di solito diplomatica e quindi riproduce le peculiarità grafiche dell'esemplare. Infine è necessario dare gli estremi anagrafici, città, biblioteca, collazione, dell'esemplare utilizzato. Bisogna poi completare la descrizione con l'elenco degli esemplari superstiti noti e con loro relativa localizzazione in biblio italiane o straniere). Dopodiché, per quanto riguarda l'indicazione della formula di collazione (elemento chiave nella bibliografia analitica e nelle procedure di bibliografia testuale), essa presuppone l'individuazione delle caratteristiche esterne dell'esemplare standard, che può coincidere con quello descritto o discostarvisi in qualche parte. Nota che per ricavare la formula collazionale bisogna aver contezza di tutti gli esemplari superstiti e delle loro anomalie e peculiarità: il cfr tra le imperfezioni attestate da alcuni esemplari (cadute di carte o fascicoli, presenza di cancellanda) e le caratteristiche di altri esemplari ( che accolgono ad es. fascicoli integri e cancellantia) consente di accertare l'assetto materiale perfetto e definitivo del libro. Problemi con gli accidentali: Problematicità connesse alla trascrizione critica di un testo in volgare italiano antico: (profilo grafico e paragrafematico e sotto il profilo del tessuto sostanziale): >>Altra operazione problematica nel processo di edizione dei testi, è la trascrizione (anche se di un testo a stampa e anche se effettuata sulla scorta di un testimone di riferimento individuato come il più autorevole della tradizione). La trascrizione non è mai un'operazione meccanica, richiede infatti un impegno interpretativo sostenuto da competenze tecniche (di natura paleografica, linguistica e storico- culturale). Delicato è per ex il processo di ammodernamento grafico, anche se limitato ad alcuni elementi essenziali come la separazione delle parole, la distinzione della u dalla v, lo scioglimento delle abbreviazioni. L'operazione di separazione delle parole, può presentarsi problematica nel Data la sua particolare tradizione, l'Orlando F, è un'opera che per la sua tradizione ( numerose edizioni, di cui tre originali + attestazioni autografe), è stata studiata con i metodi della filologia d'autore (data la pox di cfr gli esiti delle 3 diverse redazioni del testo). Debenedetti che aveva tra le mani numerosi esemplari, adottò per il testo-base, un esemplare in carta grande. Questa fortunata circostanza fece sì che il testo critico della sua edizione laterziana (Ariosto 1928), coincidesse negli aspetti sostanziali con il testo definitivo (attestato dagli stati seriori della stampa ferrarese del 1532). Segre, seguì gli appunti di D, ma a differenza di quella laterziana, la sua edizione accoglieva gli apparati critici che registrano le varianti sostanziali delle lezioni del 16 e del 21 e le varianti di stato scartate dall'edizione del 32. Gli esemplari del 32, molti in carta grande, sono classificati secondo la tipologia del foglio A interno: gli esemplari del tipo I si caratterizzano per la presenza del foglio A interno nella forma primitiva (cancellandum), mentre gli esemplari di tipo II sono caratterizzati dalla nuova tiratura del foglio A interno (cancellans). Ariosto si servì di fogli leggermente + grandi per distinguerli da quelli con gli scarti della tiratura. Fahy collazionò oltre agli esemplari da loro esaminati altri 24. (Elenco a pag89). Fahy affronta il problema del Furioso del 32 con i metodi propri della textual b cioè con una più sistematica collazione degli esemplari e un rigoroso esame delle 250 varianti interne, valutate nei loro contesti bibliografici, includendo nella considerazione anche le varianti accidentali, tipografiche e d'interpunzione (tralasciate da D.). Fahy fornisce un oggettivo sostegno alle scelte ecdotiche che i precedenti editori avevano fondato esclusivamente sul loro acume critico. Il Furioso del 1516: Dorigatti 2006 La poesia non procede per linea evoluzionistica: l'edizione del 16 non è letterariamente inferiore alle successive Merita grande attenzione nel campo delle nuove tecnologie l'edizione a cura di Dorigatti (Ariosto 2006), che per la prima volta, valorizza l'edizione del Furioso del 1516. Dorigatti muove da alcune premesse critiche espresse da autorevoli studiosi: Dionisotti= capolavoro assoluto quello del Furioso del 16. Segre= sarebbe tempo di analizzare l'edizione del 16, nella sua autonomia piuttosto che limitarsi a lodare i miglioramenti dell'Ariosto apportati nel 21 e nel 32. Caretti= non si vuole mettere in discussione il prestigio ormai secolare dell'edizione del 32 ma mettere in dubbio che la poesia proceda secondo una linea evoluzionistica costante, per cui l'edizione del 16, è letterariamente inferiore. La nuova edizione dovrebbe presentarsi integralmente e in forma autonoma sia la stampa del 16 con le varianti di quella del 21, che la stampa del 32. >>Dorigatti propone dunque il testo dell'edizione del Furioso del 16, distaccandosi tuttavia dall'impostazione variantistica auspicata da Caretti. Secondo Dorigatti, il Furioso del 16 è un'opera in sé conclusa, espressamente licenziata dall'autore e dotata di un proprio, singolarissimo profilo linguistico e letterario. E quindi non è necessario corredare quest'edizione di varianti che appartengono ad un altra e diversa opera. Dorigatti, si allontana dai metodi tradizionali della filologia d'autore (che implicano l'osservazione diacronica delle varie redazioni di un testo letterario), nel caso del Furioso del 16, per due motivazioni: 1-Perché l'indagine comparativa sulle tre edizioni originali (siglate A,B,C) ha già dato i suoi frutti con l'edizione Debenedetti, Segre (Ariosto 1960); B e C diventano dunque un punto di riferimento ad ex, per avvalorare l'hp di errori o rese grafiche improprie di A, che vengono emendate sulla scorta di B e C. Infatti le sviste di A sono si limitano a banali refusi facilmente emendabili anche sulla scorta di B e C ( ex: n o u capovolte, qnasi in luogo di quasi); ma non mancano errori più significativi. Vd caso relativo al canto V, 73,6 "fin che l'ira e il furor del Re decline", così emendato da D, sulla base dell'usus scribendi e con il cfr di B e C. A infatti presenta: l'ira et furor, laddove B e C presentano l'ira e il furore". La scelta finale di D, sulla scorta di B e C, è dettata anche dalla necessità di ripristinare la coerenza sintattica del verso senza alterare la metrica. >>Per quanto riguarda la scelta delle varianti di stato: Secondo i criteri della filologia delle stampe, D assume i contesti biblio (ovvero l'insieme delle varianti presenti in una stessa forma) come parametro per definire con certezza la direzione correttoria. Ad ex, nel canto 33, 17,6 l'alternativa della lezione sentendo in tanto, ELLA venne in aiuto" e la lezione "sentendo in tanto, NE venne in aiuto", si risolve in favore della seconda variante, dato che quest'ultima si trova nel contesto di una forma tipografica. Solo quando l'analisi comparativa delle varianti di una stessa forma tipografica, non offra sicuri appigli, soccorono le lezioni di B e C e la valutazione degli aspetti stilistici, metrici e linguistici. >>L'edizione D del Furioso è da ritenersi davvero pionieristica nel campo dell'ecdotica delle stampe in Italia, per l'attenzione agli aspetti contenutistici e materiali del libro e per il sapiente equilibrio creato tra le esigenze del rispetto della volontà dell'autore (mediante l'estrema attenzione al tessuto degli accidentali) e le di fruizione moderna dell'opera. Lo studioso persegue infatti criteri di trascrizione conservativi della grafia originale, limitandosi alla regolizzazione di alcuni fenomeni grafici (u e v distinti, la fricativa post alveolare sorda resa con s), alla divisione delle parole, scioglimento delle abbreviazioni, alla cauta normalizzazione del sistema paragrafematico. Gli Ecatommiti di Giovan Battista Giraldi Cinzio: Edizione Giraldi 2012 Si tratta di una raccolta novellistica dell'umanista ferrarese G.B. Cinzio (1504-1573), il termine deriva da εκατόν μύθοι cioè le cento favole) pubblicata per la prima volta nel 1565 a Mondovì presso la tipografia di Torrentino con le cure dell'autore stesso (M è la sigla per riferirsi a questa edizione). In assenza di manoscritti attestanti abbozzi o precedenti stesure, gli unici dati relativi alla genesi dell'opera, si ricavano dall'esile documentazione esterna (lettere dell'autore o di personaggi a lui contemporanei) o da elementi interni all'opera stessa, di natura testuale o materiale. Sono seguite una serie di edizioni tutte postume alla principes, tranne quella del 66. >> La tradizione si rivela fino a un certo punto lineare (dall'editio princeps M a scendere) poi V5 assume a modello V, mentre da V5 derivano F e F2 e da queste ultime deriva T. Inoltre le stampe successive a V sono peraltro caratterizzate da una serie di interventi di censura. Tra le varie edizioni l'unica che si rivela attendibile è l'editio princeps (M), sebbene sia caratterizzata da numerosi errori ( sui quali però l'autore è in gran parte intervenuto mediante una lunga lista di errata corrige, edita in calce alla stampa. >>L'edizione critica Giraldi 2012 si è fondata dunque sulla princeps (M) mediante la ricostruzione dell'esemplare ideale e mediante l'interpretazione dell'articolato sistema correttorio proposto dall'autore nell'errata corrige. L'ex di quest'edizione si presenta particolarmente interessante per illustrare le interazioni tra analisi bibliografica e critica del testo. Come riporta Gamba, la principale causa di valore e di rarità di questo libro, consiste nella difficoltà di reperire copie perfette. dediche, la sezione finale del capitolo in terzine e gli errata corrige. Da notare che le dediche introduttive, però, recano in questo caso una data che ne conferma la tardiva inserzione, e le altre, non datate (e stampate in fascicoli con contrassegno numerico), si devono supporre addirittura successive. L'introduzione di queste sezioni nella fase conclusiva del processo tipografico non risponde dunque soltanto alle ragioni pratiche dell'organizzazione del lavoro di stampa, ma dipende anche dalla concreta circostanza che l'autore le consegnò tardi in tipografia, quando il processo di stampa era ormai concluso. Il tipografo si trovò allora nelle condizioni di dover inserire nuovi fascicoli in una struttura già dotata di un assetto organico, con i fascicoli stampati e regolarmente contrassegnati da progressive segnature alfabetiche. Inoltre la struttura esterna dei volumi, lascia trasparire con precisione il precedente piano compositivo ed editoriale: in origine il primo volume doveva accogliere in 904 pagine regolarmente numerate, il principio, l'introduzione, le dieci novelle introduttive e le prime 5 deche, mentre il secondo doveva comprendere le 820 pagine con i dialoghi, le altre 5 deche e il capitolo in terzine. Le sezioni contenute in pagine non numerate, o dotate di una numerazione che interrompe e altera quella progressiva preesistente, sono invece evidentemente il prodotto di un'elaborazione successiva e di un'altrettanto tardiva composizione tipografica. Un altro dato interessante riguarda l'oscillazione nella consistenza dei fascicoli eccedenti con le dediche. Alcune dediche, che occupano la prima carta di un bifolio (1 carta stampata + una carta bianca), in altri esemplari si presentano in un foglio singolo ( con perdita della carta bianca). Il fatto non ha conseguenze sul piano testuale ma è interessante sul piano della storia materiale del libro e induce a riflettere su un aspetto non secondario della realizzazione di un progetto editoriale: quello di una corretta previsione e gestione delle risme di carta necessarie a stampare un'opera=quando l'autore scelse di aggiungere le dediche, la carta si rivelò insufficiente. Quindi lo stampatore cercò di recuperera qua e là dai fascicoli già stampati, le carte bianche per riciclarle. Così si spiega la non costante presenza delle carte bianche nei vari esemplari. Per le varianti adiafore si è tenuto conto dell'indirizzo corettorio: Gli esemplari inoltre si caratterizzano anche per la presenza di varianti di stato, risolte individuando la direzione correttoria (refuso> lezione corretta), mentre per le varianti adiafore si è tenuto conto del contesto bibliografico. Per ex, dall'osservazione dello specchio di stampa è stata individuata la direzione correttoria da Et finita la cena a Finita la cena. Quest'ultima è lezione definitiva, infatti risulta evidente un eccesso di spazi tipografici, derivante appunto dalla soppressione della congiunzione et, effettuata contestualmente all'anticipazione del sintagma con dolci ragionamenti. La correzione fu realizzata mediante la mera ricomposizione tipografica del rigo 17 e la conseguente dilatazione degli spazi tipografici tra le parole allo scopo di lasciare inalterati l'incipit e l'explicit del rigo stesso e garantire nel contempo la giustificazione della pagine. I Promessi Sposi (1840) La storia redazionale ed editoriale del romanzo storico manzoniano è stata oggetto di numerosi studi filologici e critici, volti alla ricostruzione del percorso elaborativo del romanzo, dalla redazione del Fermo e Lucia ( completata nel 1823 e attestata da un autografo e mai pubblicata) alla cosiddetta ventisettana (I Promessi Sposi, Ferrario, Milano 1827) e infine all'edizione del 1840-42 (quarantana) in dispense quindicinali, soggetta a continui ripensamenti persino in corso di tiratura. La consapevolezza del problema filologico relativo alla redazione definitiva dei Promessi Sposi era comunque già Il nuovo editore, Badini Confalonieri, concilia dunque l'esigenza di recuperare il libro nella sua materialità ( con atteggiamento paragonabile a quello di Dorigatti: Ariosto 2006) con l'intento di accogliere il testo secondo l'ultima volontà dell'autore. Ecco la procedura di BC: -Riproposizione delle caratteristiche materiali della quarantana: riproduzione della copertina originale in cartone azzurro e dei due frontespizi illustrati; utilizzo di fogli delle medesime dimensioni e di un font di caratteri (appositamente creato) molto simile a quello dell'originale. -Interventi per sanare anomalie nelle illustrazioni: per esempio incongruenze nei gesti dei personaggi nelle immagini rispetto al testo. Ad ex, BC, ripristina l'immagine di Don Rodrigo agonizzante che appoggia la mano dx in corrispondenza del cuore, così come il testo lo descrive. -La ricostruzione del testo critico, mediante l'esame e la classificazione degli esemplari della quarantana. Rispetto all'edizione Chiari-Ghisalberti (Manzoni 1954) Badini Confalonieri ha fondato il suo testo su una più rigorosa ricostruzione del sistema deducibile dalle correzioni autografe manzoniane attestate dall'esemplare con correzioni autografe della ventisettana e dalle bozze e dai fogli a stampa revisionati della quarantana. Il riesame delle carte manzoniane ha suggerito in sostanza il ripristino di quelle lezioni autentiche su cui i precedenti editori critici erano intervenuti impropriamente o che avevano subito modifiche per mere sviste editoriali, e al contrario l'introduzione dei necessari emendamenti (sollecitati dalle correzioni dell'autore stesso) non attuati nelle precedenti edizioni. -Attenzione agli aspetti grafici e paragrafematici, già attentamente vagliati da Barbi e da Chiari e Ghisalberti, con atteggiamento più conservativo nei cfr dell'interpunzione originaria ma con un cauto ammodernamento degli accenti per esigenze di fruibilità moderna dell'opera. -Allestimento in un volume a parte, di tutti i necessari sussidi critici ed esegetici: Note al testo, bibliografia e indici di un essenziale commento, particolarmente utile anche alla definizione dell'accurato progetto editoriale manzoniano e dei rapporti tra il testo e gli apparati iconografici, ricostruibili sulla scorta del carteggio tra Manzoni e Gonin e dell'autografo di Manzoni (Motivi delle vignette) conservato a Milano, Biblioteca Nazionale Braindese, ed edito in Parenti (1945). >> L'edizione di Badini Confalonieri è fortemente innovativa sul piano metodologico, in quanto offre un notevole esempio della possibilità di presentare il testo critico di un'opera senza rinunciare agli originali elementi esteriori caratterizzanti, considerati normalmente non riproducibili nelle edizioni critiche. >>Evidenti le differenze tra l'anastatica curata da Nigro (Manzoni 2002) che riproduce fotograficamente uno dei tanti esemplari della quarantana con tutti i suoi pregi e difetti (compresi i fascicoli con scarti della tiratura, dai quali, come ricordato, nessun esemplare è esente), e l'edizione curata da Badini Confalonieri (Manzoni 2006) che è invece a tutti gli effetti un'edizione critica, come emerge del resto dal ricco e accurato apparato filologico, giustificativo di tutte le scelte testuali che costituiscono il frutto delle procedure di critica testuale.
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