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Appunti del corso di Sociologia della Comunicazione, Vittadini unicatt, Appunti di Sociologia Della Comunicazione

Appunti completi per il corso di SOCIOLOGIA DELLA COMUNICAZIONE con Nicoletta Vittadini alla Cattolica del Sacro Cuore di Milano - Corso in Lingue, Comunicazione e Media

Tipologia: Appunti

2014/2015

In vendita dal 12/08/2015

aleguli91
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Scarica Appunti del corso di Sociologia della Comunicazione, Vittadini unicatt e più Appunti in PDF di Sociologia Della Comunicazione solo su Docsity! SOCIOLOGIA DELLA COMUNICAZIONE 08.10.2013 Questo corso affronta il tema della comunicazione in tutte le sue molte sfaccettature ( interpersonale, mediata...) e di come essa si realizza nella società contemporanea, perché non esiste una comunicazione in astratto, che non sia anche condizionata e condizionante la società in cui si sviluppa. - Cosa caratterizza la comunicazione nella società contemporanea? É diversa durante ogni differente epoca storica. - Come funziona con i media odierni, cosa é cambiato dal passato e quali cambiamenti sono tuttora in corso? - Come circola la cultura all'interno di un tempo e di una società? Rispondere a queste domande é utile sia a scopo conoscitivo, per comprendere l'ambiente in cui viviamo, l'interazione tra comunicazione e contesto in cui si sviluppa, sia per intraprendere una professione in ambito di comunicazione e informazione. - Da dove viene la parola "sociologia"? E' un neologismo coniato nel 1800, che unisce due radici differenti, una latina socius e una greca λ ο γ ι α. Alcuni lo traducono come discorso sul sociale, ma più corretto è studio sul sociale. A coniare questo termine partendo dalla flosofa è stato nel 1824 Auguste Comte, per indicare gli studi sulla società. Parlare di società presuppone già la sua esistenza: esiste una struttura, detta società, noi ci troviamo dentro di essa e ne siamo infuenzati. Il punto di partenza è il fatto che non esista esattamente una struttura detta società, ma esista qualcosa che è il sociale, e le relazioni tra le persone. E che queste relazioni non avvengono in modo casuale, bensì ordinato e condiviso e non sono occasionali. E' la socialità che fa la società, sono le persone stesse le vere protagoniste del discorso. Comte la defnisce così: "La sociologia è lo studio positivo (=scientifco, siamo in un discorso di matrice illuminista) dell' insieme delle leggi fondamentali proprie a fenomeni sociali." Dobbiamo studiare da un lato il sociale, e da un lato le sue leggi. Se uniamo le due cose, possiamo dire di occuparci dei rapporti fra gli uomini, che è il cuore dello studio; e ci si occupa poi delle strutture in cui questi rapporti si costruiscono. Si occupa anche di come questa socialità vada a costruire dei gruppi, che sono piccoli (famiglia), grandi (stato) o macro (cultura). La parola leggi signifca che la sociologia cerca (e per questo si può annoverare tra le scienze positive) le regolarità, le costanti accanto alle variabilità specifche della questione. 1 Ci sono moltissime altre defnizioni di sociologia: nel 1922, Max Weber dice più precisamente che si tratta di studiare l'azione sociale, ovvero come le persone agiscono nella società. Come funziona quest'azione? Dice "Quella che io chiamo l'azione sociale è un agire che sia riferito secondo il suo senso e intenzionato nella gente, all'atteggiamento degli altri individui e orientato nel suo corso in base a questo." Signifca che l'azione delle persone nella società ha alcune caratteristiche: - è intenzionale: le persone agiscono nella società con degli obiettivi precisi; - questa intenzione spesso ha l'obiettivo di cambiare l'atteggiamento degli altri; - secondo le reazioni che noi riceviamo da chi ci sta intorno, cambiamo il nostro "programma": teniamo conto di queste reazioni e riprogrammiamo continuamente il nostro agire. Esempio dell'aula universitaria, topico, contiene in se tutte le caratteristiche dell'agire sociale: gli agenti sono il professore e gli alunni, e nell'aula hanno tutti degli scopi ben precisi. Cambiare l'atteggiamento dell'altro, cercando di comunicare qualcosa. Il docente tiene conto delle reazioni degli alunni, nel riprogrammare il suo discorso; dal canto loro, gli studenti si trovano lì con l'intenzione di seguire il corso e di imparare, e anche il loro comportamento è legato a quello del docente. La sociologia e la sociologia della comunicazione non si occupano di cose tanto diverse: agire per cambiare l'atteggiamento altrui è un elemento essenziale di qualsiasi processo di comunicazione. → GEORGE SIMMEL, che scrive più o meno contemporaneamente a Weber, dice che la sociologia tratta dei gruppi e delle interazioni sociali. 1989: un sociologo italiano dice che l'obiettivo della sociologia è comprendere le società contemporanee studiando le collettività, i gruppi di ogni forma e dimensione, come si collegano fra loro e come compongono le società. La comunicazione entra sempre in gioco perché i gruppi esistono solo grazie al fatto che si comunica gli uni con gli altri, la comunicazione è il collante di tutto ciò che è l'oggetto della sociologia. 10.10.2013 La sociologia generale ci ha spiegato qualcosa della società contemporanea. Una delle questioni su cui la sociologia contemporanea ha lavorato molto è il concetto di globalizzazione. Società contemporanea è caratterizzata dai processi di globalizzazione. Questo concetto proviene da studi sociologici su come le relazioni tra persone che abitano in questo mondo si sono evolute negli ultimi decenni (nella società contemporanea). GLOBALIZZAZIONE → DELOCALIZZAZIONE → RILOCALIZZAZIONE La globalizzazione è caratterizzata da fenomeni legati all'evoluzione dello 2 cultura di partenza, di manifestarla, di esprimerla e di trovare persone che la condividono (es. quartiere cinese “china town”) Bisogno di ritrovare delle coordinate della propria identità all’interno del paese in cui si vive, di rilocalizzarsi. Es: i Social network sono luoghi in cui le identità culturali riemergono con più forza di prima. Fenomeno REINVENZIONE DELLA TRADIZIONE: volontà di riagganciarsi alla propria identità culturale a volte fa riprodurre tradizioni tipiche del proprio paese in modo vistoso ed eccessivo: dialetti, abbigliamento, feste della tradizione ecc. Fenomeno della rilocalizzazione spiega perché alcune forme di estremismo culturale, religioso, forme di espressione di identità culturale nascono nei paesi di destinazione. Es. terrorista islamico in Inghilterra. Il bisogno di riappropriarsi in modo vistoso della propria identità di origine si trasforma in adesione a delle posizioni estremistiche ritenute proprie ed espressione della cultura di partenza. La SOCIOLOGIA studia: - Le relazioni tra gli uomini operanti in una società (affetti, potere, infuenze reciproche, confitti) - Le condizioni di appartenenza ad una comunità. Condizioni di reclusione e di esclusione - Interazioni comunicative delle loro forme e delle mediazioni Ci occupiamo dunque di comunicazione. La sociologia della comunicazione si occupa di questi tre grandi temi: - comunicazione interpersonale - comunicazione e media - comunicazione via internet La sociologia se ne occupa necessariamente da due punti di vista: – Di come avvengono i processi di trasmissione di comunicazione. Tecnologia, testo, comunicazione, rete, media. Tutto ciò che riguarda il passaggio di contenuti e signifcati attraverso i processi di comunicazione. Piattaforme, strumenti. tipologie di testo. forme di mediazione. – Di come i processi di trasmissione di comunicazione generino relazioni, reti, forme di condivisione. Come attraverso questo processo si arriva alla relazione, al network, alla condivisione. ETIMOLOGIA DI COMUNICAZIONE: cum + munire = legare insieme, costruire communico = mettere in comune e far partecipe 5 La radice della parola ci porta a dire che la comunicazione è qualcosa attraverso cui noi mettiamo in comune dei signifcati, facciamo partecipi altri di questi signifcati (la comunicazione implica partecipazione) e attraverso questa messa in comune noi costruiamo dei legami. Cosa defnisce un atto di comunicazione? La prima defnizione viene dalla psicologia sociale. - Perché ci sia un atto di comunicazione ci vuole una intenzionalità. Se non ho intenzione di comunicare non ho un atto di comunicazione. Ci vuole un certo livello di consapevolezza, una condivisione di signifcato, un sistema simbolico o convenzionale che mi permetta di condividere un signifcato e tutto questo processo avviene all’interno della cultura di riferimento. Defnizione di GALLINO (slides) “La comunicazione è una relazione sociale nel corso della quale uno o più individui arrivano a condividere particolari signifcati”. Trasmissione di signifcato è una questione cruciale Uno dei primi modelli di comunicazione che è stato formulato fu quello di SHANNON (slides) La dimensione del contesto è fondamentale. Comunicazione è un processo circolare ma contano il sistema di valori, di pregiudizi, di vissuti personali, il contesto di riferimento, le emozioni le percezioni e le informazioni che si hanno. Dunque conta il contesto. Qui la questione che si pone è che tutti questi processi di comunicazione che sono stati modellati e trasformati in schemi partono nell’ambito di un processo di comunicazione interpersonale ma all’interno di un contesto sociale questi signifcati, che vengono veicolati nella comunicazione fra due persone, iniziano a circolare. Modelli di Shannon e co. rappresentano una relazione comunicativa fra due. I signifcati cominciano poi a circolare in un gruppo, iniziano il loro percorso all’interno di un contesto sociale, e tutto diventa più complesso. Processo di comunicazione genera signifcati all'interno di un contesto sociale. La sociologia si occupa della comunicazione vedendo in che modo i processi di comunicazione costruiscono la realtà sociale. Noi costruiamo e condividiamo attraverso tali processi una rappresentazione della realtà che ci circonda. Quello che noi comunichiamo all’interno di un contesto sociale costruisce il senso comune. 6 DEFINIZIONE SENSO COMUNE: qualcosa di basilare, conoscenze che condividiamo a livello fondamentale, opinioni comuni, es. quelle espresse da detti popolari che si strutturano in convenzioni sociali. È quella parte del vivere sociale che diamo per scontata. Es. una mamma vuole bene a suo fglio Quando il senso comune si scardina infatti si resta scioccati (Es. fatti di cronaca nera). Ci sono convinzioni sociali che noi non mettiamo in discussione. Es: di come noi attraverso la comunicazione costruiamo la nostra realtà sociale è l’anniversario della strage del Vajont (vicenda tragica e oscura). I media hanno celebrato l’anniversario a modo loro (es. le testate giornalistiche ecc.). Questo lavoro che i media hanno fatto è un lavoro di consolidamento e della costruzione della MEMORIA COLLETTIVA. Celebrare attraverso i mezzi di comunicazione un anniversario o una ricorrenza ha una funzione specifca: costruire una cultura collettiva. Questa è un’attività di comunicazione che agisce sulla costruzione di legami, di una cultura e di una società che si puntella di questi anniversari. Tendiamo dunque a costruire una rappresentazione sociale della realtà. Altro esempio di quello che la comunicazione contribuisce a costruire come rappresentazione sociale della realtà sono gli stereotipi. Gli stereotipi sono costruiti attraverso processi di comunicazione. Essi funzionano come delle metafore, semplifcano, modellano e vengono consolidati dalla comunicazione interpersonale e da quella che passa attraverso i media. Inoltre servono per costruire una rappresentazione della realtà sociale. DEFINIZIONE STEREOTIPO: modalità attraverso cui rappresentiamo gli altri e l'ambiente sociale senza possederne delle conoscenza dettagliate e precise. Vengono consolidati dai mezzi di comunicazione. Ritornando sul senso comune SENSO COMUNE: piattaforma per la comunicazione e l’azione in una cultura. → ALFRED SCHUTZ sociologo tedesco che studia il senso comune. ''Il senso comune opera come sistema di signifcati (culturali) e di defnizioni della realtà, di rappresentazioni degli altri e dell’ambiente e di conseguenza quelli che noi possiamo chiamare schemi di conoscenza che le persone impiegano a livello esplicito''. NB: Gli stereotipi non sono veri in assoluti ma sono prodotti del vivere collettivo e sociale Es: “i ragni non si mangiano” “la mamma vuole bene al suo bambino”. 7 sono la stessa cosa!), e questa intenzione è legata alla premessa che, qualsiasi siano i SA che interagiscano in una comunicazione, essi sono simili ma anche irrimediabilmente distinti: la conseguenza è che in qualsiasi interazione comunicativa ho bisogno di agire sulla base di qualche “supposizione”. L’ interazione comunicativa ha sempre e comunque un margine di imprevedibilità: io non sono l’altro, posso conoscerlo e anche bene ma quello che so è l’esperienza che ho di lui e della relazione con lui, ma non sarò mai lui. Questi dati d’esperienza sono la base su cui si avviano ragionamenti più articolati. Io posso rappresentarmi l’altro solo a partire dall’esperienza e dalle informazioni che io ho già di lui: mi bastano? E se devo comunicare con qualcuno di cui non ho esperienza? Non basta l’esperienza. Utilizzo qualcosa che so a livello sociale. Ho degli schemi di esperienza, non sempre si ha l’esperienza diretta su cui basarsi per comunicare. Uso esperienze simili che ho vissuto io e che sono condivise a livello sociale: abbiamo dei repertori di esperienze condivise, che ci permettono di interagire anche se non ci conosciamo attraverso le inferenze. Possiamo sapere cosa aspettarci dall’azione comunicativa, come comportarci con l’ altro a partire dai repertori di esperienze di relazioni socialmente condivise. Una prima importante dinamica sociale, fondamentale, è la costruzione e la condivisione di questi repertori, o schemi interpretativi, che servono a interpretare le intenzioni comunicative altrui. I repertori-codici comunicativi non sono condivisi allo stesso modo da tutte le società! La comunicazione interpersonale è sociologia della vita quotidiana, ed è stata oggetto di studio di GEORGE HERBERT MEAD, fondatore di una corrente sociologica detta interazionismo simbolico, che dice che chi comunica agisce sulla base di un'intenzione, ma chi riceve non reagisce soltanto, alla comunicazione, non decodifca, ma interpreta le intenzioni di chi comunica basandosi su un repertorio di interpretazioni socialmente condivise. La dinamica comunicativa interpersonale è un gioco di interpretazione di intenzioni signifcative di un contenuto. La psicologia sociale dice che questa dinamica è un gioco reciproco di intenzionalizzazione, che è un lavoro dei soggetti agenti, che manifestano/ tentano di manifestare specifche intenzioni che saranno oggetto di reinterpretazione. La sociologia dice che per mettere in atto un'intenzione, il soggetto dev'essere in grado di essere rifessivo. Ovvero capace di rifessività, essere capace di un rapporto consapevole con il proprio atto comunicativo, e di farne oggetto a me stesso. Di guardare a ciò che sto facendo come fosse un oggetto, di rifettere su ciò che sto facendo, di auto-monitorarmi. Devo riuscire a farne oggetto a me stesso, in un processo detto decodifca anticipatoria, ovvero cercare di capire la reazione del mio interlocutore, per agire di conseguenza. Mead dice che la rifessività è la caratteristica fondamentale che permette di costruire una società, 10 legami sociali. Mead cerca di capire in che modo le interazioni fra le persone arrivino costruire il legame sociale, e come questo abbia un effetto sull'identità. Noi siamo capaci di interpretare le intenzioni comunicative e di reagirvi, perché siamo in grado di assumere la prospettiva altrui, senza la quale non potremmo cooperare, agire insieme e quindi costruire una società, che si basa sui legami espletati dalla comunicazione. A partire da questo, l'interazionismo simbolico sviluppa tre punti fondamentali: 1. Grazie alla rifessività, noi agiamo e reagiamo al mondo circostante in base al signifcato che attribuiamo a tutte le cose. Quando si sviluppa questa teoria a inizio 1900, le teorie sul rapporto uomo-società erano il comportamentismo (=noi reagiamo agli stimoli a cui siamo esposti, senza rifessività) e il considerare la società come una struttura che infuenza e determina il nostro comportamento. Mead invece dice reagiamo a ciò che ci circonda in base al signifcato che vi attribuiamo sulla base della nostra esperienza (che siano oggetti, atti comunicativi, …) 2. Da dove viene il signifcato che noi attribuiamo alle cose? Tutti questi oggetti possono generare emozioni. Il loro signifcato nasce dall'interazione comunicativa tra gli individui: è condiviso, ed è quindi un prodotto sociale. E da qui discende una serie di questioni: il signifcato di qualcosa e il suo effetto (paura, serenità,…) è un prodotto sociale nato dall'interazione, e quindi la comunicazione tra gli individui costruisce una parte della realtà. Questi signifcati vengono costruiti e negoziati anche attraverso un processo interpretativo, messo in atto ed elaborato nell'incontro e nello scambio di informazioni. La comunicazione, anche quella attraverso i media, costruisce una parte della concezione della realtà. Questa realtà è in parte frutto del repertorio di signifcati condivisi che ci ha fornito l'esperienza. I signifcati possono essere semplici (es. la paura) o estremamente complessi (es. quelli veicolati dai media). Questa concezione di signifcato è un processo che socialmente continuiamo a portare avanti. Il modo in cui noi interagiamo con gli altri c'entra con questo processo: perché ogni volta che comunichiamo, e non abbiamo suffciente esperienza dell'altro per avere uno schema interpretativo ad hoc, proviamo degli schemi interpretativi, e ad immedesimarci nell'interlocutore; proviamo degli schemi di azione e reazione, di modifcare la situazione in cui siamo per avere sintonia, e facciamo evolvere i nostri schemi interpretativi sulla base dell'esperienza. Questa comunicazione è ciò da cui parte la costruzione sociale della realtà, di schemi interpretativi condivisi dell'altro e del mondo. 3. Se noi pensiamo agli individui all'interno della società e della comunicazione, questi SA sono caratterizzati da tre aspetti, a cui lui dà un 11 nome. Questione dell'identità: in questo processo anche le persone si costruiscono come identità: l'identità è il SELF, risultato del rapporto tra I e ME. > "I": la parte che ci caratterizza come individualità. Quella parte di tratti originali, personali, unici che caratterizza ciascuno di noi. E' la parte irrifessiva, ed esprime anche la dimensione creativa, la diversità. Ma questa parte non è irrelata rispetto al resto del mondo, e soprattutto negozia con il ME. > "ME": la parte non solo rifessiva, capace di guardare l'I anche a distanza, ma è la parte che entra in relazione con le reazioni che gli altri hanno alle nostre azioni. Pian piano si costruisce (con l'I) sulla base delle reazioni al nostro I. Tiene conto rifessivamente delle reazioni altrui ai nostri comportamenti. > "SELF ": è il risultato del rapporto fra i primi due. Se ci fosse solo il ME saremmo tutti uguali, perché ci modelleremmo tutti uguali sulle relazioni altrui ai nostri comportamenti. Se ci fosse solo l'I saremmo asociali, incapaci di interagire con gli altri perché non terremmo conto delle loro reazioni. Il SELF è l'identità che ci costruiamo nel corso del tempo. Dentro tutto ciò c'è una parte di controllo sociale, perché una parte della nostra identità è legata alle reazioni altrui rispetto ai nostri comportamenti, a quelli che sono gli schemi interpretativi, l'accettabilità in un gruppo di determinati comportamenti… L'identità si forma tra originalità e bisogno di relazionarsi con gli altri, nonché tramite forme di controllo sociale. Rispetto a questa dimensione di reazione tra individuo-realtà, arriviamo ad elaborare un set di risposte comuni. Ad immaginare ogni volta il singolo interlocutore, ma arriviamo ad avere una esperienza tale da originare come fgura di interlocutore un altro generalizzato, generico, "dotato" di un set di risposte codifcate a ciò che noi facciamo, ovvero rispetto a cui noi abbiamo delle aspettative. Ci immaginiamo gli altri come insieme di tutti coloro con cui ci relazioniamo, e rispetto a cui nutriamo aspettative di reazioni. LE ASPETTATIVE DI RUOLO Noi non agiamo all'interno dei processi comunicativi semplicemente verso degli altri, ma siamo quasi tutti anche investiti da quelle che si chiamano aspettative di ruolo: sono le aspettative codifcate legate al ruolo che noi abbiamo in quel particolare ambito comunicativo. Devo considerare anche quelle che nel contesto sociale sono le aspettative codifcate di cui siamo investiti e investiamo l'altro. 22.10.13 RUOLO: tema cruciale per la sociologia della comunicazione.
 ci sono due questioni che entrano i gioco per capire come funziona la 12 relazioni più personali abbiamo un orizzonte di aspettative (es. da un amico ci aspettiamo determinate cose) Possiamo dire dunque che noi agiamo su due fronti: Normativo – Interpretativo. Il ruolo ha una funzione normativa, ci impone delle costrizioni. Esiste un “agire tipico di ruolo” (quello che fa la maggior parte delle persone che ha quel ruolo, regole relazionali e comunicative) e lo comprendiamo perché nella nostra società circolano dei modelli di ruolo (insieme di regole che ci indicano l’agire tipico di un ruolo) che ci raccontano quello che fa la maggior parte di persone che ha quel ruolo. Tali modelli circolano attraverso i media, cultura, comunicazione interpersonale. Ciascun individuo interpreta il ruolo in modo particolare (assorbimento o distanza del proprio ruolo): possiamo assorbire le regole dell’agire tipico di un ruolo, all’interno di un contesto sociale, oppure darne un’interpretazione più personale, prendendo una distanza dal ruolo. → GOFFMAN (si occupa di ruolo) Questo gioco tra norma e interpretazione (io sono medico ma sono anche il dottor luigi) viene da lui defnito distanza dal ruolo. Noi ci muoviamo in uno spazio intermedio tra le aspettative normative che defniscono i ruoli e l’immagine complessiva che noi proiettiamo di noi stessi. Il nostro sé dunque emerge e ci fa interpretare il ruolo in modo particolare. Quelle che sono le aspettative di ruolo su cui noi giochiamo. Le nostre interpretazioni non sono regole fondamentali ma sono dimensioni più informali che esprimono la nostra individualità. Es: medici con maschera da clown. I medici attraverso queste maschere mettono in discussione il ruolo cercando di instaurare con il loro paziente una relazione comunicativa diversa attraverso un aspetto informale del loro ruolo (in questo caso l’abbigliamento). Aspetto che lavora sul piano informale per esprimere individualità. Ci sono però occasioni in cui le aspettative di ruolo diventano molto rigide, in cui nono si può non attenersi alle aspettative di ruolo le persone dunque devono comportarsi secondo le regole di ruolo, in modo più uniforme, controllabile, regolabile. Questo si verifca quando: - Il gruppo sociale si sente minacciato da forze esterne (o interne). Il contesto sociale quindi si irrigidisce, dà poco spazio all’iniziative individuale, incasella le persone più rigidamente in comportamenti codifcati - Il gruppo è orientato a uno scopo ben defnito, accettato e “morale” (che ha un valore). Ognuno qui deve per forza rivestire il proprio ruolo. 15 - Il gruppo ha bisogno di pianifcazione e organizzazione. Aziende, istituzioni ecc. Quali sono questi casi? Situazione di confitto. Nel momento del confitto i ruoli si irrigidiscono, vi è meno spazio per l’interpretazione individuale del ruolo. Regimi totalitari: la minaccia intorno al gruppo è costruita socialmente, ci si racconta di essere un gruppo minacciato. Ci si chiude e ci si irrigidisce in regole di ruolo che privilegiano le uniformità di comportamenti e meno l’individualità. Squadre sportive, team professionali, aziende, istituzioni: queste hanno un obiettivo da raggiungere e quindi bisogna essere chiari. Qui domina la comunicazione per ruoli e funzioni. Giochi di ruolo: qui il margine di interpretazione è limitato. A volte invece i ruoli tendono a essere ampiamente e liberamente interpretati. Quando si ha il massimo grado di creatività nell’interpretazione dei ruoli? Quando l’istituzione a cui il ruolo si collega è in crisi, quando l’individuo si propone un rinnovamento dell’istituzione. Es: ”Attimo fuggente”. Il professore è innovativo: non mette in discussione le regole fondamentali del ruolo “docente”, le dimensione del ruolo di professore. Ma si interpreta in modo creativo, che suscita una rifessione su quel ruolo, quelli che sono i tratti informali. Gioca tra normatività e interpretazione personale (salire sulla cattedra, muoversi in modo particolare) Es: Papa Francesco: non mette in discussione le regole fondamentali del ruolo “pontefce”, ma vengono messi in discussione alcuni aspetti informali, come l’abbigliamento che è un aspetto comunicativo importante ma non rappresenta l’essenza stessa del ruolo. Qui si comunica qualcosa, una volontà di cambiare. Es: Movimento 5 stelle: comunicazione innovativa. Anche qui c’è stato un gioco sul ruolo che è passato attraverso la comunicazione. Si cambia la fonte della comunicazione. Si spostano alcuni aspetti del ruolo comunicativo dell’uomo politico: - spostamento luogo fsico: dai media tradizionali alla rete - spostamento dei nomi: da nome “onorevole” a nome “cittadino”. Non si cambia quello che uno fa. - idea della diretta in streaming dei gruppi parlamentari, gruppo della camera e del senato, introduce un’innovazione su questi aspetti soft del ruolo dell’uomo politico. Alcune cose che avvenivano in uno spazio privato avvengono in uno spazio pubblico. Ci sono nuove ritualità introdotte, ci sono delle dislocazioni delle attività di comunicazione (dai media tradizionali ai nuovi media). Questo lavoro su aspetti soft del ruolo ha come obiettivo l’innovazione. 16 Per concludere: I ruoli sociali hanno una dimensione più rigida e strutturale. Ci si aspetta che un giudice, un medico svolgano precise attività. Ci sono pero aspetti più soft del ruolo legati alla prossemica, ai toni comunicativi, ai comportamenti, all’abbigliamento, che possono essere interpretati più liberamente da chi impersona questo ruolo. Interpretazione libera del ruolo è spesso occasione di rinnovamento. 24.10.2013 CONFLITTI DI RUOLO I ruoli comunicativi possono generare confitti, non sono così pacifci. Il ruolo è un percorso che genera dimensioni confittuali. I ruoli possono generare confitti: · INTRA-RUOLO: (all’interno dello stesso ruolo) Abbiamo due aspetti dello stesso ruolo che sono contradditori. Quando il ruolo comunicativo che assumo mi chiede di fare cose diverse in una particolare situazione comunicativa. · INTER-RUOLO: quando due ruoli ricoperti dalla stessa persona indicano comportamenti diversi. Noi viviamo in un contesto sociale in cui ricopriamo tanti ruoli diversi, noi non abbiamo solo un ruolo sociale. Ad un livello legato più alla vita quotidiana siamo amici, fgli, studenti... A livello più alto siamo dirigenti, responsabili di una associazione ecc. Questi ruoli entrano a volte in confitto fra di loro. Il “confitto di interessi”, questione che riguarda non solo il singolo individuo ma che esiste a livello ampio all’interno del contesto sociale, è un esempio di confitto inter-ruolo. Io ho un determinato ruolo che mi richiede di fare certe cose e contemporaneamente ne ricopro un altro che mi chiede di fare alcune cose in confitto con quelle del primo. Es: uomo politico e dirigente, ruolo di madre lavoratrice. Confitti che costellano la nostra società: le persone sono caricate da un numero ampio di ruoli. Es: la fgura femminile in questo particolare contesto sociale deve negoziare e gestire nella vita quotidiana una molteplicità di ruoli spesso confittuali. 

Es: confitto di ruolo: vicenda Movimento 5 stelle. Votazione in senato per decidere sulla decadenza o non decadenza di Berlusconi dal ruolo di senatore. La commissione che ha votato in senato composta da senatori di diversa appartenenza politica. Mentre avvengono le votazioni viene postata su Facebook una battuta da un senatore del movimento 5 stelle. Questione dibattuta: intanto che un individuo ricopre il ruolo di un senatore può contemporaneamente ricoprire il ruolo di abitante della rete e fare battute su una persona? Questo è un confitto di ruolo, non risolto. Non si comprende 17 le relazione di potere si gioca sul fatto che qualcuno ne sa di più rispetto a quella situazione comunicativa. Anche in questo caso abbiamo una dimensione complessa perché ognuna di queste 4 aree fnali a cui Goffman arriva (setting, scopo, singoli, relazioni fra partecipanti) dettano delle regole Es: sui social network. Es: il setting può dettare delle regole. Ci sono cose che posso e non posso fare. Cosa è il setting? Il luogo e il tempo del social. Quali sono i vincoli che impone il luogo? Il setting è ciò che il sistema mi consente o non mi consente di fare. Su Facebook possiamo condividere il contenuto, possiamo vedere o no il proflo di uno che ha messo la privacy ecc. Le regole che detta la piattaforma costituiscono dei vincoli che sono vincoli di luogo. Cosa facciamo quando comunichiamo sui social? Non lo sappiamo ancora. La defnizione socialmente condivisa del tipo di attività non è ancora stata elaborata. Non si sa se stiamo comunicando in pubblico o in privato, che registro comunicativo bisogna tenere, quello del pubblico o del privato? Secondo ricerche che sono state fatte una defnizione di quale sia il setting di regole da usare non è ancora stato defnito. Sto comunicando come se affggessi un manifesto per strada o comunico solo con la mia amica? Qui ancora ognuno la pensa a modo suo. Qui è il piano su cui all’interno dei social si giocano i confitti intra-ruolo. Quando usiamo un social siamo in un contesto in cui ricopriamo davanti al pubblico ruoli diversi e dobbiamo gestire una comunicazione multiruolo, multi audience. Le relazioni tra i partecipanti sono defnite a volte dallo status a volte da quanto le persone sono competenti in una situazione comunicativa. Esse si giocano su ruoli che ricoprono fuori e dentro il gruppo, fuori e dentro la rete. Ciascuno di questi livelli impone vincoli e regole. Goffman dice: “in ogni situazione comunicativa in cui gli individui si trovano ad interagire con altri negoziano la defnizione della situazione”. In ogni situazione comunicativa in cui noi interagiamo lavoriamo di aspettative e di intenzionalità. Ognuno proietta una propria visione della situazione comunicativa, ha un frame, un modello in testa che proietta su quella situazione comunicativa. Es: entro su Facebook e sono convinto di agire su uno spazio pubblico e dunque mi attengo alle regole. Sto proiettando su un luogo, su uno spazio, su un'interazione, una mia defnizione di situazione comunicativa. Questa mia defnizione della situazione comunicativa ha altre facce: immagino che ci siano dei valori e degli scopi, immagino che chi sta lì ricopre dei ruoli e ho un setting 20 di regole che applico. Es: sono su un social. Voglio proiettare su quello spazio l’idea che io sto comunicando come professionista. Scrivo quello che faccio, i miei lavori, progetti, le cose che hanno a che fare con la mia attività lavorativa. Proietto su quello spazio una particolare defnizione della situazione comunicativa. Sto pensando di raccontare e condividere il mio lavoro e mi aspetto che gli altri commentino, apprezzino il mio post. Proietto su questo spazio quello che si utilizza in una comunicazione professionale: un certo tono, certe regole, stile, cose che si dicono e non. Non è detto però che tutti gli altri che sono lì stiano proiettando la mia stessa defnizione di situazione comunicativa. Goffman dice che noi ci impegniamo sempre in un processo di negoziazione con gli altri della defnizione della situazione comunicativa: cerchiamo di capire se stiamo facendo la stessa cosa. C’è un fase nell’interazione comunicativa in cui noi negoziamo con gli altri la defnizione della situazione comunicativa che stiamo vivendo. Negoziamo gli scopi i ruoli e le norme. Accade che due persone, che sono nello stesso setting e che ricoprono ruoli analoghi fuori dalla rete, proiettino sullo stesso spazio dei modelli di situazioni comunicative diverse. Noi comunque negoziamo, riallineiamo sempre la defnizione della situazione comunicativa con il soggetto con cui stiamo comunicando. Goffman dice che nella defnizione della situazione comunicativa sono importanti - SPAZIO/TEMPO FISICO: il fronte fsico. “Le relazioni comunicative si svolgono in presenza e a distanza”. - SPAZIO/TEMPO SIMBOLICO: rappresenta il valore che attribuisco a quello spazio fsico (questo è il piano, il fronte che conta di più). “L’interazione sociale si svolge in due territori: ribalta e retroscena”. In quest’ultimo fronte la grande distinzione è quella del pubblico e del privato. Spostiamo il confne tra pubblico e privato, si generano innovazioni sociali e culturali. Goffmann elabora la metafora drammaturgica nel raccontare la vita quotidiana. (Questo lo dice nel suo libro “La vita quotidiana come rappresentazione”) Per spiegare molte cose della sociologia della vita quotidiana usa la metafora drammaturgica: noi è come se vivessimo un po’ su un palcoscenico. Parla di distinzione tra spazi di ribalta e spazi di retroscena. Le interazioni comunicative sono legate a questa grande distinzione simbolica tra gli spazi della ribalta pubblica e gli spazi del retroscena privato. Noi nella nostra vita quotidiana sperimentiamo due tipi di relazione comunicativa: - RIBALTA: Quella dove ci mettiamo in scena come se fossimo su una ribalta e 21 quindi impersonando certi tipi di ruoli, selezionando quello che è pertinente allo spazio pubblico, presentandoci con quella che è la nostra dimensione rivolta verso l’esterno. - RETROSCENA: Spazi, situazioni comunicative di retroscena, ossia tutte quelle relazioni che non mettono in gioco il presentarsi in pubblico. Si gioca invece dentro relazioni comunicative più prossime, intime, informali. Esattamente come in teatro: da una parte la messa in scena, la libera interpretazione dei personaggi e dall’altra il backstage in cui si prepara la messa in scena e gli attori interagiscono tra di loro con regole diverse da quelle della scena. Questa metafora ci spiega molto della nostra vita quotidiana. Dobbiamo acquisire competenze comunicative che non mandino in crisi la comunicazione Ritornando all’esempio di prima: Facebook si considera uno spazio pubblico o privato, ribalta o retroscena? Non è chiaro. La comunicazione all’interno di questo spazio è vicina alla crisi. Goffman arriva a dire che la situazione comunicativa è il risultato di un equilibrio fra le proiezioni che ciascuno ha su di essa e la negoziazione di queste proiezioni fra i vari partecipanti. Quanto più è stabile questo equilibrio tra proiezioni diverse (dell’immagine della situazione comunicativa) e la negoziazione fra i vari partecipanti, tanto più la comunicazione è effcace. Non tutti abbiamo lo stesso potere di negoziazione, il potere di far vincere la nostra defnizione di situazione comunicativa. Per questo i partecipanti non partono tutti uguali, non sono tutti sul medesimo livello. Ci sono differenze di status, di abilità comunicative, bisogna comprendere la situazione e conoscerne gli strumenti per avere un potere negoziale più alto. Qualcuno ha più potere comunicativo di altri e quindi può proporre la sua defnizione della situazione. Quando non si ha questo potere si cerca di negoziare ma non si può proporre la propria defnizione. Es: conduttore di talk show ha potere di defnire la situazione comunicativa, gli ospiti no. Es: il professore si, alunno non può imporre la sua defnizione comunicativa. Talvolta questo potere lo si ottiene con l’abilità comunicativa, con la capacità e la conoscenza del mezzo. Es: Foto movimento 5 stelle Due dirette in streaming dell’incontro tra i rappresentanti del gruppo alla camera dei 5 stelle. Diretta dell’incontro con Bersani Diretta dell’incontro con Letta 22 gli eventi sociali. Questi frame rispondono ad alcune domande fondamentali: Che cosa succede in quello che vedo? Che regole governano la situazione comunicativa in cui mi trovo? Cosa mi posso aspettare da essa, qual è il mio ruolo e come mi devo comportare? Queste domande ce le facciamo in modo irrifesso, il repertorio di frame ci permette di rispondervi velocemente ed effcacemente nella maggior parte dei casi. Siamo comunicatori talmente esperti -dice Goffman- che sappiamo anche mettere questi frame in chiave, non solo passare da uno all'altro nella stessa interazione comunicativa ma anche sospendere alcune caratteristiche di un frame perché lo collochiamo in una situazione particolare. Sappiamo anche astrarli, tanto da distinguerne le varie forme di messa in chiave a livello interpretativo: molti effetti comici si generano proprio sul fraintendimento della messa in chiave di alcuni frame interpretativi. Sappiamo anche intuire quando un frame in un'interazione comunicativa sta cambiando, e slittare da un frame all'altro. Goffman dice che quando ci troviamo in una situazione comunicativa sappiamo cosa fare, ma ci sono anche casi in cui dobbiamo aspettare fno alla fne per capire cosa stiamo facendo. Ci sono anche situazioni in cui si defnisce dopo che cosa sia avvenuto, in cui la defnizione è in sospeso. Dentro il processo di framing entrano in modo signifcativo anche i mezzi di comunicazione, che lo fanno in due forme diverse: - sono degli agenti di socializzazione: tra le fonti da cui noi "impariamo" i frame ci sono anche i media, come risorse che creano il repertorio di cornici interpretative; - sono un soggetto che, rispetto agli eventi che narra, suggerisce delle cornici entro cui interpretare un evento. Quanto più si riesce a comunicare un evento rendendolo riconoscibile entro dei frame, tanto più è grande il successo della comunicazione, il racconto è effcace. Le notizie vengono comprese meglio se incorniciate dentro un frame riconosciuto. Il medium costruisce un frame, ma questo dev'essere compatibile con le cornici interpretative del pubblico, reali. Come funziona il processo di framing da parte dei media? Innanzi tutto attraverso la selezione di alcuni aspetti dell'evento, presi come privilegiati. Questi elementi sono resi più salienti nel prodotto fnale, per suggerire una particolare risoluzione del "problema" inscrivendolo in un preciso frame. 25 La costruzione di frame funziona se: - attira o mobilita il pubblico; - se è credibile e coerente con i frame di quella specifca realtà/cultura; - se è saliente, ovvero intercetta valori e idee che siano centrali per i destinatari. I media a volte non solo suggeriscono frame, ma generano frame funzionali ad incorniciare degli eventi. Es: il discorso del femminicidio è un frame. E' un neologismo, e ha generato un'iconografa (immagine delle scarpette rosse di un'artista), una serie di rifessioni ed eventi. Il fenomeno dell'uccisione delle donne è stato inscritto in una cornice interpretativa. Si è data visibilità al fenomeno, etichettandolo, all'interno della società globale. Il processo di framing non è subito e soltanto manipolatorio (ci "dicono cosa pensare"), ma può anche semplicemente rendere salienti dei fenomeni. Alcuni sociologi hanno elencato i frame più importanti e diffusi che i media utilizzano per raccontarci cose a noi nuove. Sono frame narrativi base: – il confitto, – l'exemplum ( personalizzazione di un caso particolare), – gli effetti di un evento – la valutazione morale – e in alcuni casi anche la responsabilità del problema. Es: presentare la notizia di una guerra attraverso la descrizione dello scontro fra parti ( confitto) o attraverso le parole dei capi di Stato, su come credono di agire ( personalizzazione). Il nostro bagaglio di frame non viene solo dai media, ma essi sono in grado di costruire delle cornici aventi degli effetti, e che poi noi inseriamo nel nostro bagaglio per attivarli quando necessari. Il framing non funziona solo in grande ma anche in piccolo, non solo rispetto alla "concezione di eventi" ma anche rispetto alla singola notizia. Da un lato ne abbiamo bisogno, e da un lato ci vengono suggeriti: i media sono infuenti perché applichiamo i loro frame in modo irrifessivo su situazioni che conosciamo. I frame funzionano molto bene sulle interpretazioni dei dialoghi. 31.10.2013 Le CORNICI INTERPRETATIVE/FRAME sono strumenti di semplifcazione ma anche di categorizzazione della realtà. Ci suggeriscono delle categorie entro le quali interpretare gli eventi con cui veniamo in contatto. Dei frame fanno parte anche le PRECOMPRENSIONI dell’altro individuo 26 coinvolto nella relazione comunicativa. Il framing agisce non solo nell’interpretazione della realtà che ci circonda e degli eventi di cui veniamo a conoscenza, ma agisce anche come strumento di precomprensione degli altri che sono coinvolti nella relazione comunicativa. Noi non abbiamo mai a disposizione una piena conoscenza dell’altro in tutte le sue sfaccettature e in tutte le sue caratteristiche. Possiamo avere una conoscenza più o meno ampia, ma quando incontriamo in una relazione comunicativa qualcuno con cui non abbiamo una familiarità o una consuetudine molto stretta utilizziamo delle precomprensioni per cercare di capire chi abbiamo davanti. I Frames, che agiscono nella precomprensione dell’altro con cui siamo coinvolti nella relazione sociale, oscillano tra due aspetti: - INDIVIDUAZIONE: percezione dell’unità fsica e di comportamento dell'altro. - TIPIZZAZIONE (o categorizzazione sociale): riconoscere nell'altro un tipo sociale che noi abbiamo già presente nelle nostre categorie. Come nei ruoli, ma vale in tutte le relazioni comunicative, da riconoscere un tipo sociale (adulto, giovane, persona autorevole o no) a riconoscere altri tipi sociali. Abbiamo categorie che riguardano diversi livelli di interpretazione dell’altro (persona socievole o no). Noi lavoriamo sempre tra tipizzazione e individuazione nel momento in cui siamo coinvolti in una relazione. Quanto più siamo vicini tanto più siamo coinvolti in una relazione comunicativa e siamo in grado di riconoscere l’unicità della persona con cui interagiamo. Quando invece l’interazione comunicativa è occasionale o episodica, mettiamo in atto delle categorie o tipizzazioni che ci permettono di cominciare a interagire. Questa stessa dinamica, oscillazione tra tipizzazione e individuazione, l’abbiamo anche con persone con cui non abbiamo interazioni comunicative dirette. Persone che non fanno parte del nostro in group (gruppo di persone con cui abbiamo occasione di agire direttamente, e di riconoscere dei tratti comuni).
 Nei contesti esistono: - IN GROUP: grande o piccolo. Persone con cui ho relazioni più strette. - OUT GROUP: persone che non fanno parte del gruppo in cui ci riconosciamo. Quanto più le persone appartengono al nostro in group, tanto più noi siamo in grado di spostare la nostra conoscenza dell’altro e impostare le relazioni comunicative sul piano del riconoscimento dell’individualità e dell’unicità della persona. Quanto più le persone appartengono all’out group , tanto più noi ci muoviamo sul piano delle tipizzazioni e delle categorie. Es: out group: persone che appartengono a diverse culture. Oppure persone 27 
I media hanno un ruolo nel condividere questo insieme di valori su tanti punti di vista: Silverstone si occupa di questa responsabilità dei media sotto tanti aspetti. A noi interessa ciò che lui dice sulla reazione con gli altri che appartengono all’out group. “gli schermi forgiano la nostra conoscenza dell’altro, formano la nostra conoscenza del mondo e per questo hanno una forza morale” Uno dei ruoli che i media rivestono è quello di allargare o ristringere l’orizzonte dei nostri doveri o responsabilità nei confronti degli altri. “A seconda di come i mezzi di comunicazione rappresentano l’altro (colui che appartiene all’out group) noi tendiamo ad includerli o ad escluderli da quello che è il nostro orizzonte di interesse, coinvolgimento e responsabilità” Nel contesto sociale questo è fondamentale perché chi tengo dentro e chi metto fuori dal mio orizzonte di attenzione, visibilità e interesse, fa le caratteristiche di una società. Il ruolo dei media, a seconda di come tipizzano o categorizzano l’altri, è allargare e restringere l'orizzonte della nostra attenzione, interesse e responsabilità nei confronti degli altri. 
 RESPONSABILITA' DEI MEDIA: v edere gli altri o non vederli come soggetti è qualcosa che infuenza ciò che noi facciamo
 come attori sociali. Chi per noi è visibile o trasparente nel nostro orizzonte di interesse e visibilità, quello che noi facciamo come soggetti attori del mondo sociale. 
 Vedere in modo denso gli altri è una discriminante fondamentale. Vedere gli altri signifca che noi abbiamo una sfera di attenzione (sfera della nostra morale) a ciò che ci sta attorno che ha dei nodi centrali (relazioni per noi essenziali ad es. mamma, sorella ecc. stanno al centro della nostra attenzione) ma ha anche delle zone periferiche (da lui defnita periferia morale). 
Stare dentro o fuori questa periferia morale, per tutto quel mondo che appartiene al nostro out group, essere prossimi o distanti da noi, è il discrimine che i media constribuiscono a costruire I media come fanno a costruire questo discrimine?
 I media portano alla nostra attenzione alcuni aspetti: ci segnano eventi, situazioni, temi. Ma essi sono effcaci, non sempre in modo consapevole, anche nel portare fuori dalla nostra attenzione pregnante alcuni aspetti. Portano fuori dalla nostra periferia morale alcuni soggetti alcuni temi e apetti dell’out group attraverso alcune strategie di avvicinamento (i media ci mettono davanti a delle cose talmente vicine che non le vediamo). 

> STRATEGIE DI AVVICINAMENTO: alcune situazioni che vengono presentate quasi troppo vicine non riusciamo a vederle. Tutta quella parte dell'out group 30 per cui noi siamo portati a pensare che quelle persone sono diverse ma basterebbe cambiare una cosa e noi diventeremmo tutti uguali. “basterebbe che.. e saremmo tutti uguali” > IPERTIPIZZAZIONE: quando la rappresentazione di qualche categoria che appartiene al nostro out gruop alla fne è troppo tipizzata e corrispondente a uno schema interpretativo, un frame che conferma le nostre precomprensoni, noi alla fne fniamo per non vederla più in modo pregnante.
 Es: di strategie di eccessivo avvicinamento. - I poveri: persone che vivono che vivono in una condizione di marginalità sociale. Oggetto di questa prima strategia: basterebbe un cambiamento dell’economia, basterebbe un po’ di buona volontà affnché tutti entrino dentro di nuovo nello stesso frame. Questo modo di rappresentare alcuni situazioni tra loro diverse ma basterebbe un piccolo passaggio per cambiare le cose. Es: di ipertipizzazione: - La povertà paesi africani: è rappresentata sempre in un modo ipertipizzato. Noi sappiamo cosa aspettarci da un immagine che raffgura un paese africano povero: ci aspettiamo questo tipo di bambini, certe espressioni, conformazioni fsiche. Quest'immagine è vera ma è ipertipizzata: alla fne non ci chiama più in causa perchè questo tipo di immagine conferma una precomprensione. Conferma del tutto la precomprensione e il tipo che abbiamo in mente (paesi africani) che alla fne fa scivolare queste situazioni dal nostro orizzonte di interesse, attenzione, responsabilità. > STRATEGIE DI ALLONTANAMENTO: se le cose sono troppo lontane non le vediamo. Mettiamo qualcosa talmente fuori dal nostro orizzonte di attenzione che non lo vediamo più. Possiamo avere: – ALLONTANAMENTO VERSO IL PASSATO: ci sono alcuni paesi sono arretrati e noi non possiamo farci nulla. Sempre in termini di ipertipizzazioni ma spostate verso l’avvicinare alcune forme di alterità al passato sono le rappresentazioni di alcune etnie (Es: africane) rappresentate con un’iconografa che per noi è quella delle società primitive. Si insiste sulla rappresentazione di queste etnie attraverso un occhio occidentale, che riconosce alcune tracce di somiglianza tra queste etnie e il modo in cui si viveva in alcune fasi storiche. – ALTERITA' SPAZIALE: strategia che riguarda lo spazio. Sempre prendendo l’esempio di prima: noi siamo in un mondo distante da quello africano e quindi non possiamo occuparcene. – DE-PERSONALIZZAZIONE: cancellazione dell’individualità. È una strategia di allontanamento che riguarda la depersonalizzazione, ossia di fare uscire dall’individualità. In molti casi si parla di rappresentazione di ''non persone''. – DIMENSIONE ETNICA: Es: regimi autoritari: immagine per la ricorrenza della Shoah. Il lavoro 31 comunicativo e di infuenza culturale che è stato fatto nel regime nazista rispetto al popolo ebraico è stato caratterizzato dal fatto di fare uscire gli ebrei dall’orizzonte di attenzione della popolazione tedesca categorizzandoli come “non persone”. Oggi lo stesso fenomeno succede con gli immigrati, considerati come “non- persone”. Il frame in cui si inserisce questo tipo di out group (gli stranieri per noi appartengono di fatto ad un out group) è quello di “immigrati”. Ciò funziona come una strategia di allontanamento. Es: Un ‘altra categoria che spesso viene inquadrata in questa forma di allontanamento e di de-personalizzazione è quella degli obesi. In questo caso abbiamo a che fare con la dimensione fsica (essere obesi o anoressici). “noi siamo obesi e l’obesità non è semplicemente una categoria tra tante, non è un criterio per classifcare le persone, ma per dividere le persone dalle non persone” Es: esempio che non riguarda i media. Come trasformare le persone in un tipo o in una categoria. Ci sono alcune forme di abbigliamento (es. il burqa) che hanno lo stesso effetto degli esempi precedenti: donne col velo rappresentano una categoria, un tipo, qualcosa che si sposta sul piano della tipizzazione, (il velo nasconde una donna) e non sul piano dell’individualizzazione (quale donna è nascosta sotto quel velo?) Tutto questo ha un peso nelle relazioni comunicative interpersonali perché con questi “altri”, che fanno parte dell’out e dell’in group, abbiamo a che fare sempre. Ci sono meccanismi che noi mettiamo in gioco per aprire o chiudere il canale comunicativo con gli altri. VITA QUOTIDIANA: INTERAZIONE NON FOCALIZZATA: è regolata dalla disattenzione civile e si verifca ogni volta che, in un dato contesto, gli individui si limitano a mostrare reciproca consapevolezza dell’altrui presenza. Ciascuno segnala all’altro di aver preso atto della sua presenza, ma evita qualsiasi gesto che potrebbe essere interpretato come troppo invadente. Goffman dice: “Noi nella maggior parte della giornata nei confronti degli altri teniamo un atteggiamento di disattenzione civile” Non tutti quelli che incontriamo nell’arco della giornata sono oggetto di una relazione comunicativa. Disattenzione civile: a livello sociale abbiamo elaborato una tecnica per la quale non si apre sempre una relazione sociale ogni volta che si incontra qualcuno. Utilizziamo questo atteggiamento quando ci limitiamo a mostrare che siamo consapevoli che l’altra persona c’è ed evitiamo qualsiasi gesto che 32 facce di una relazione. Gli emittenti possono perseguire fni pedagogici, politici o commerciali, mentre i membri del pubblico vogliono informarsi, approfondire conoscenze o divertirsi. Es. lezione universitaria, studente e professore hanno scopi complementari e compatibile, il giornalista e chi legge il suo articolo ecc. - SCOPI CONFLITTUALI: sono i casi di una relazione concorrenziale in cui lo scopo di ognuno dei soggetti agenti è quello di prevalere sull’altro, come in un dibattito, un contradditorio, una sfda verbale. Es: dibattiti politici - SCOPI NEGOZIATI: relazioni comunicative con scopi negoziati sono quelle in cui potrebbe scoppiare un confitto ma poi si decide di arrivare ad un compromesso. Sebbene in presenza di una situazione potenzialmente confittuale, si accetta una base comune di azione reciproca, un compromesso, come nel caso dell’accordo operativo. Questi scopi servono a noi per essere buoni comunicatori nella vita quotidiana e sul piano professionale. L’equilibrio tra passare contenuti e salvaguardare la relazione cambia dal tipo di relazione comunicativa in cui mi trovo. 05.11.2013 Il discorso sulle tipologie di scopi che possono essere presenti all'interno di una situazione comunicativa è una tassonomia, serve per avere un'idea complessiva all'interno del quadro della comunicazione intesa come comunicazione sociale. Ci sono vari tipi di scopi. Metafora drammaturgica di Goffman: un elemento importante all'interno della relazione comunicativa, quello che ci consente (quasi come prerequisito) di interagire con gli altri è quello di essere riconoscibili, secondo Goffman "avere una faccia": essa è composta dalla nostra identità il SELF di Mead) e dal nostro ruolo all'interno della società. Tra le forme per costruire e mantenere una faccia c'è l'interazione comunicativa. La mettiamo in gioco nell'interazione dando informazioni su di noi (modo di vestire, linguaggio,…) ma soprattutto, nelle interazioni, mettiamo in gioco delle strategie per salvarla. Perché non sia messa in discussione quella parte della nostra identità in gioco. L'interazione ha successo se non vengono messe severamente in discussione le "facce" degli interlocutori. Questa è la parte dell'interazione volta a salvaguardare la relazione. Goffman dice che nella comunicazione abbiamo sviluppato, nelle nostre società/culture, dei rituali condivisi che consentono di preservare questa "dimensione sacrale". La sociologia della comunicazione ha analizzato le norme che noi abbiamo generato per rendere cooperativa l'interazione. Queste norme sono di due tipi: 35 – norme che favoriscono la CONDIVISIONE DEL CONTENUTO, ovvero che rendono più facile ed effcace la condivisione: legate allo status, ai turni di parola, e ( studi di Grice) dinamiche della cortesia (regolazione degli enunciati, strategie di rafforzamento della veridicità, criteri di rilevanza e pertinenza, evitando la confusione,…). – norme di SALVAGUARDIA DELLA RELAZIONE. Regole del tatto e della cortesia: è importante tenere comportamenti che seguano regole per salvare la faccia davanti all' interlocutore. Queste sono di tre tipi: 1. regole di tipo DIFENSIVO: nell'interazione noi cerchiamo di tutelare la nostra faccia, l'immagine di noi stessi, mostrandoci competenti e coerenti alla rappresentazione che vogliamo dare di noi stessi; 2. regole di tipo PROTETTIVO: le utilizziamo per sostenere gli altri coinvolti nell'interazione, a sostenere la loro faccia. Quando l'interlocutore è in diffcoltà lo aiutiamo ad uscirne; 3. regole per mantenere la propria faccia SENZA ABUSARE DELLA BENEVOLENZA DEL PUBBLICO, senza eccedere nel far usare agli altri le regole protettive nei nostri confronti. Siamo tutti coinvolti a preservare l'interazione tramite regole protettive. Ci sono dei rituali positivi (cose che facciamo) , e negativi (cose che non facciamo). > RITUALI POSITIVI: – RITUALI DI ACCESSO: tutte quelle attività che facciamo per interrompere la disattenzione civile e avviare una relazione comunicativa. Sono i rituali di saluto. Quando si avvia una relazione comunicativa si entra nella sfera d'interesse di un' altra persona: a volte siamo autorizzati a farlo, altre dobbiamo avviare rituali appositi perché non abbiamo una stretta familiarità con l'interlocutore. Es: "Scusi, mi saprebbe dire che ore sono?" vs "Ore?" (Scusi perché forziamo uno sconosciuto ad ascoltarci, entriamo senza permesso nella sua sfera relazionale). Poi rituali gestuali, verbali, che accompagnano. – RITUALI DI RATIFICA: tutte le volte che noi abbiamo una conversazione confermando o sanzionando positivamente una caratteristica del nostro interlocutore. "Ciao, c ome stai bene oggi!" Sono strumenti per mostrare apprezzamento verso il nostro interlocutore e sottolineare che riconosciamo la sua faccia, la sua identità positiva, un suo status o un passaggio di status. Strumenti attraverso cui salvaguardiamo la faccia del nostro interlocutore nell'interazione. > RITUALI NEGATIVI: – RITUALI DI DISCREZIONE: Sono tutte quelle cose che noi non facciamo per 36 non mettere in discussione il SELF dei nostri interlocutori. Es: ci sono temi di cui noi non parliamo, diversi per ogni cultura, perché generano imbarazzo. – RITUALI DI RIPARAZIONE: Ci possiamo sbagliare, ci può scappare un'affermazione che non sia di ratifca e vada oltre il consentito. Questi possono essere il silenzio, cambiare argomento, non insistere nel discorso se si è generato imbarazzo. I rituali di accesso servono anche ad informare gli altri che noi vogliamo essere partecipi di quello che gli accade ed entrare in relazione con loro, confermando che ognuno non è un' isola a sé stante ma un soggetto relazionale. I rituali di ratifca (o deferenza) invece sono tutte quelle forme di espressione verso qualcuno di apprezzare quello che è. (ruolo, status, identità): visto che la relazione con l'altro è sempre potenzialmente aggressiva, noi antropologicamente tranquillizziamo il nostro interlocutore sulle nostre intenzioni. I rituali di discrezione sono quelli che ci permettono di garantire quel minimo di distanza fsica con l'interlocutore che rende agevole la conversazione senza che si causi sofferenza o disagio con le nostre parole. Tutto ciò è stato anche studiato come politeness, che comprende in queste tre massime tutto ciò che si è detto sopra: – salvaguarda la relazione comunicativa: tutti quegli strumenti attraverso cui noi non ci imponiamo sugli altri; – offri delle alternative all'interlocutore senza metterlo in diffcoltà; – cerca di mettere l'altro a suo agio e mostragli amichevolezza. Sono delle regole e dei rituali che hanno un signifcato antropologico, primitivo dell'interazione: garantiscono che ci sarà cooperazione senza aggressività. Succede sempre così? No. Queste regole garantiscono l'effcacia della interazione dal punto di vista del passaggio di contenuti e da quello della salvaguardia della relazione. Ci sono anche però relazioni confittuali, dove volontariamente non si salvaguarda la faccia dell'interlocutore. "Lei mi sta interrompendo": sto dicendo che l'altro non sta rispettando le regole di una buona cooperazione, quindi gli tolgo legittimità. (Si vede molto bene nei talk show televisivi). I programmi di infotainment (es. Le Iene): incursione in un momento in cui l'interlocutore non è disponibile al dialogo, e viene forzato. Tutto ciò diventa più complesso quando agiamo trasversalmente a vari contesti culturali, ovvero interagiamo con persone che non appartengono al nostro contesto culturale. Una delle grandi differenze fra le diverse culture dal punto di vista comunicativo, è proprio quella che lavora sul peso che viene dato, nell'interazione, tra passaggio di contenuti e salvaguardia della relazione. ASSE DEL CONTESTO: asse della salvaguardia della relazione, che può essere bassa o alta; ASSE DELL'ESPLICITEZZA DEL CONTENUTO: è quello 37 • I messaggi sono strutturati, dettagliati, tecnici, rigorosamente logici nell’argomentazione. • La dimensione emotiva è considerata solo una parte rispetto alla relazione comunicativa. • La logica è lineare: si parte dal punto del problema. • Comunicazione prevalentemente logica. • La capacità di leggere e criptare tutta la dimensione non verbale, metacomunicativa è più marginale e debole. Es: di cultura a basso contesto: cultura anglosassone Noi ci muoviamo culturalmente in un continuum che va dall’estremo delle culture a bassissimo contesto, all’estremo delle culture ad altissimo contesto. Dal punto di vista della comunicazione, le culture ad alto contesto sono caratterizzate da questa forma retorica: raggirare intorno al punto in modo da mettere in evidenza con rispetto tutta quella tutela della relazione, propria delle culture ad alto contesto. Qui si esprime anche nel modo in cui si affronta un argomento. Avvicinarsi per passi al punto cruciale della comunicazione attraverso forme retoriche che sono rispettose del contenuto della comunicazione. Il contenuto della comunicazione non viene espresso subito o in modo diretto. Il modo di arrivare al “topic” centrale della comunicazione è una delle questioni che distingue questi due tipi di culture e che spesso genera la diffcoltà di comprensione. Le culture ad alto contesto risultano oscure a quelle a basso contesto perché non arrivano mai a dire di che cosa parliamo, sono confuse e ambigue; viceversa per le culture ad alto contesto l’atteggiamento di arrivare dritti al punto, tipico delle culture a basso contesto, suona troppo aggressivo, anche banalizzante. Le culture ad alto contesto infatti sono caratterizzate dal mettere in campo tutti i dettagli sull’argomento di cui si parla, anche quelli più tecnici e che si danno per scontato (dire tutto con dettagli e minuzie). Il fraintendimento interculturale si gioca spesso su questo scarto, su quello che è rispettoso per una cultura ma non lo è per un'altra. Es: (video due uomini che parlano) Cultura ad alto contesto si incontra con una cultura a basso contesto. Es: (video Gandhi) Modo di procedere di una cultura ad alto contesto. Il punto, il succo del discorso di Gandhi arriva solo alla fne. L’inizio è un racconto evocativo che porta l’ascoltatore dentro il discorso, viene lasciato lo spazio per intuire le risposte alle domande di Gandhi. Si lascia spazio ad una forma di interazione da parte di chi ascolta, accompagnare l’ascoltatore, attraverso una serie di suggestioni, fno al punto cruciale. Dentro questo tipo di relazione comunicativa, tra le culture ad alto e basso contesto, la questione di “salvare la faccia” all’interno delle relazioni si pone in 40 modo diverso: – Nelle culture a BASSO contesto, che sono culture che alla fne tendono a favorire una visione individualistica, il salvare la faccia è fnalizzato a salvare la propria autostima. Salvaguardia di sé all’interno della relazione. – Nelle culture ad ALTO contesto, che hanno invece un approccio più orientato alla dimensione collettiva, è importante salvare la faccia di entrambi gli interlocutori. Dunque rispetto alle strategie che noi mettiamo in atto all’interno delle relazioni comunicative per salvaguardare l’identità e la faccia dei vari interlocutori: – Culture a BASSO contesto si concentrano su persona che parla, emittente – Culture ad ALTO contesto si orientano su tutti gli interlocutori per salvaguardare entrambi, il loro status. Su dove si focalizza, rispetto alla promozione e non promozione del sé, la strategia comunicativa all’interno di queste due culture ci sono delle differenze: – BASSO contesto: lo stile è orientato all’autopromozione in quell’ottica di chiarezza, assenza di attenzione alle dimensioni di stato, di focalizzazione. – ALTO contesto: in esse domina lo stile che non mette al centro della relazione comunicativa il “sé”. Questa differenza la si coglie nelle relazioni interculturali che passano attraverso le nostre esperienze, attraverso i media. Capita che l’atteggiamento auto promozionale, che hanno alcuni stili di comunicazione che vengono dalle culture a basso contesto, risuonino arroganti, troppo concentrate su sé, troppo auto promozionali. (Es. cultura anglosassone ) Noi italiani ci collochiamo a metà fra le culture a basso e ad alto contesto. STUART HALL, in questa sua analisi delle differenze culturali, ha provato ad associare degli insiemi di valori alle culture ad alto e basso contesto: Quelle a BASSO (tendono a promuovere l’individuo) hanno come valori: • l'INDIPENDENZA • l'iniziativa e la responsabilità individuale • i diritti del singolo • la PRIVACY • la LIBERTA' DI OPINIONE e di azione • l'innovazione e l’espressione del sé. (La cultura statunitense può essere rappresentata da questo insieme di valori) Quelle ad ALTO contesto (culture che hanno un orientamento collettivista) presentano i seguenti valori: 41 • l'interdipendenza e la COMUNITA' (vs. idea dell'indipendenza e degli individui) • la COLLABORAZIONE (vs. iniziativa individuale) • armonia tra membri del gruppo e tra la natura (vs. l'iniziativa individuale) • la TRADIZIONE • il BENE COMUNE • il coinvolgimento reciproco. Tutti questi valori non sono di per sé giusti o sbagliati, se gestiti in modo equilibrato. Sono set di valori che connotano delle culture tra di loro diverse. Ultimo aspetto di cui ci occupiamo riguarda la DIMENSIONE DELLO SPAZIO E DEL TEMPO. Le culture a basso e ad alto contesto sono caratterizzate da uno specifco atteggiamento nei confronti del tempo e dello spazio. – Culture a BASSO contesto tendono ad avere una visione lineare del tempo. L’innovazione, l’iniziativa individuale, la vita quotidiana e la storia si svolgono su un percorso lineare, da passato a futuro, da uno stato di partenza ad uno stato che migliora, giunge, fa progredire quello che è lo stato attuale. Tempo organizzato, scandito, ritmato da eventi e impegni. La logica della storia, intesa in senso lineare, è la logica dell'evoluzione da un passato verso un futuro. Da punto di vista della spazio vi è la divisone tra spazio pubblico e privato. Parola chiave è innovazione. – Culture ad ALTO contesto tendono ad avere un’idea del tempo ciclico. Ciclicità del tempo: tempo, inteso come ciclo, si svolge secondo cicli che ritornano (non secondo una dimensione lineare). La storia ritorna non si evolve verso il futuro e ogni ciclo torna portando qualcosa di nuovo. Es: caste indiane. Le persone in India non cambiamo culturalmente il loro status. Questa è una cultura che ha idea di tempo ciclico, le cose tornano di generazione in generazione, di vita in vita, si ripercorrono delle strade. In questo tipo di pensiero la tradizione torna ciclicamente e al posto della dimensione dell’individualità abbiamo la dimensione della coralità che si combina con l’idea ciclica del tempo. 14.11.2013 Prendiamo in considerazione ora la DIMENSIONE MEDIATA della comunicazione: i MEDIA, come entrano in gioco nella comunicazione. Approccio dello studioso canadese MARSHALL McLUHAN, che scrive negli 42 organizzata una società, in cui noi viviamo insieme e abbiamo una cultura. Non è una cosa che arriva da fuori ad infuezarci. Innis dice che come io controllo tempo e spazio attraverso i media, organizzo anche la gestione del potere. Es: Impero romano. Lo spazio è controllato attraverso mezzi di comunicazione, mentre in una cultura senza mezzi di comunicazione leggeri il potere si regge molto più sulla stabilità temporale: non controlla tutto ma è un potere più mitico, legato alle immagini di quei sovrani quasi immutabili nel tempo, o che si esprime attraverso architetture immutabili nel tempo che sono espressioni del potere (Piramidi, templi, grattacieli,…) Sono fondamentali anche nella misura in cui si creano delle diseguaglianze sociali: Chi può accedere ai media, sono in pochi, pochissimi, tanti o tantissimi? Possono scrivere solo gli scribi, in Egitto? Solo chi ha un PC è connesso alla rete, e gli altri sono tagliati fuori? Chi ha il potere di comunicare è in una posizione sociale diseguale rispetto a chi non può: quante più persone e quante più forme possono accedere alla comunicazione, tanto meno si creano diseguaglianze sociali. Si creano sempre, comunque, e di diverse. Una decina di anni dopo lavora Mc Luhan, che si occupa della cultura elettronica, ovvero quella che viene introdotta dalla presenza del mezzo televisivo. (Oggi si ragionerebbe in termini di tecnologia digitale). I media sono strumenti che estendono la gamma delle possibilità e degli scopi delle attività dell'uomo nel tempo e nello spazio. Mc Luhan dice che bisogna considerare che i media sono anche estensioni delle nostre facoltà, Es. quella del vedere, delle capacità che ha l'uomo di percepire il mondo. Lui lavora sulla cultura elettronica; invece, dopo la vista e l'udito, col digitale si è messa in gioco anche la percezione del corpo nello spazio. MEDIA: estensione dei sensi umani. Con questi due studiosi si smette di parlare mezzi di comunicazione di massa, e si parla di media come un sistema unico. Mc Luhan seguendo Innis sostiene che la cultura elettronica rimetta in gioco alcune dimensioni della cultura orale ma su scala planetaria, sulla scia della globalizzazione. E' rimessa in gioco la parola parlata, con la tv, in una dimensione dell'oralità che recupera alcune caratteristiche delle società tribali fno a creare un villaggio globale: si costruisce una cultura globale con gli strumenti della cultura tribale del villaggio, ovvero la comunicazione orale. In questo è allineato con il discorso di Innis. → JOSHUA MEYROWITZ (USA, University of New Hampshire) a metà degli anni '80 dice che da quando si è scritto su rapporto media-società è arrivato il momento di aggiornare il discorso. Scrive "Oltre il senso del luogo", riprendendo da linea di pensiero di McLuhan e Goffman. Tratta di come le tecnologie di comunicazione, i media, modellano e infuenzano le relazioni sociali. Il medium centrale è ancora la tv: nella società contemporanea la tv 45 funziona come una secret exposing machine. Ovvero permette alle persone di guardarsi reciprocamente e di relazionarsi ma in un modo innovativo, perché trasforma la geografa situazionale della vita quotidiana. In che modo la tv e i suoi contenuti e modi vanno a modifcare alcuni aspetti delle situazioni comunicative convenzionali. I media, e soprattutto la tv, stanno rimettendo in gioco e cambiando i rapporti tra ribalta e retroscena. (Ribalta: il luogo in cui mi esprimo con un SELF, un'identità sotto controllo, mentre i retroscena sono tutti i luoghi della relazione intima con le persone che mi stanno vicine, e conoscono anche le parti non pubbliche, le parti di preparazione della ribalta, tutta la parte di backstage della vita quotidiana). I media stanno rimettendo in discussione cosa sta o meno sulla scena, cosa sta sulla ribalta e cosa sul retroscena, o stanno rendendo visibili alcuni retroscena che non erano visibili prima. Es: i reality: Sono di fatto un genere molto controverso, studiato. Sono un exemplum perché sono una tipologia di prodotto tv che ha rimesso in gioco sia come contenuto, sia nel mondo esterno, i rapporti tra ribalta e retroscena. Qui il retroscena diventa ribalta, perché le telecamere sono nel backstage. Questo tipo di sguardo sul retroscena è diventato uno sguardo dominante nei media, è diventato l'occhio dei media sul mondo anche per le dimensioni più pubbliche. Es: la politica e la cronaca: Abbiamo progressivamente spostato lo sguardo sul retroscena. E l'effetto di ciò nel contesto sociale è che abbiamo progressivamente spostato il confne tra ribalta e retroscena, anche nelle situazioni comunicative e la vita quotidiana. Abbiamo ampliato la nostra tolleranza di quello che sta in scena, e la dimensione dello spazio del retroscena è sempre più piccola. Esempio di MEYROWITZ: differenze tra generi (uomini-donne) e generazioni (genitori, fgli, nonni). Ad esempio, tra generazioni la questione è che si sposta il confne tra ribalta e retroscena, tra pubblico e privato: ci sono delle parti di backstage della vita di generazioni diverse che di solito non sono visibili alle altre generazioni. Ci sono parti di backstage della vita dei genitori che non sono visibili ai fgli (es. discussioni e momenti di debolezza… prima non erano visibili, o almeno non esibiti.) Progressivamente i media sono diventati il modo in cui ai fgli sono rese visibili le aree di backstage dei genitori. Raccontano anche ai bambini, in fase di formazione del SELF, cose che prima si tacevano. E lo fanno in modo non mediato, chiaro ed esplicito. Così si ha una SOCIALIZZAZIONE ANTICIPATORIA: come se nella nostra società altamente mediatizzata noi imparassimo come funziona il mondo degli adulti sempre prima. Si sta abbassando l'età in cui i bambini hanno accesso al mondo degli adulti. M. dice che questo infuisce sulla costruzione dei rapporti di fducia tra le persone, che hanno bisogno, per costruirsi, di un tempo in cui alcuni aspetti di backstage non siano necessariamente condivisi. (Se voglio che qualcuno si fdi di me, prima devo raccontare solo le cose buone!). Meyrowitz 46 sostiene che diventa sempre più diffcile costruire patti di fducia tra generazioni. Tutto ciò mette anche un po' in crisi il senso di sicurezza. Meyrowitz dice anche che questo cambio di rapporti ribalta-retroscena modifca le relazioni con il potere. Questo lo dice anche Thompson, un sociologo che scrive nello stesso anno un libro intitolato Media e modernità. Sostiene che il potere si basa su una limitazione della visibilità. Pensando a come nella storia si sono costruite le fgure di potere, si fa fatica a riconoscere carisma se si vede tutto di una persona ( vedi Queen Elizabeth! ). Alcune parti di backstage sono ammesse, perché servono a rendere umana anche una fgura carismatica, ma non più di un tot. I sovrani di epoche lontani facevano dei loro momenti di visibilità un evento. La limitazione della visibilità anche mediale è uno strumento essenziale di costruzione del carisma e del potere. Sia Meyrowitz che Thompson dicono che, per come funzionano i media, si sta ampliando l'orizzonte di visibilità sul potere. Ma più si amplia, meno chi detiene il potere riesce ad avere la fducia di chi deve dargli la delega. Se non si riesce a costruire patti di fducia con chi detiene il potere, c'è ancora più diffcoltà nel reggere le relazioni sociali. Chi è degno di fducia nel contesto sociale? Meyrowitz dice che i media sono in gioco nella costruzione dell'autorità (il giudice, il vigile, il medico): l'autorità dipende dal modo in cui viene rappresentato lo spettacolo gerarchico, e cioè come vengono controllate le informazioni e le situazioni su di essa disponibili. Thompson dice la costruzione dell'autorità dipende dal regime di visibilità e da quanto le persone possono controllare le informazioni e le situazioni. Lo status e l'auctoritas si mantengono anche attraverso un controllo di conoscenze, capacità ed esperienze. L'accesso esclusivo a delle conoscenze, come nel caso di un medico: la sua autorità si costruisce così. Cosa succede quando l' accesso alle conoscenze è generalizzato, quando la visibilità diventa generale? Che l'autorità si indebolisce, si contratta (i pazienti si mettono a fare diagnosi a partire da Doctor House!). Si indebolisce la fducia. E' quindi sbagliato che tutti possano accedere a qualsiasi conoscenza? No, ma bisogna guardare anche cosa succede quando questo diventa possibile. Il controllo sull'accesso alle conoscenze è una garanzia, ma rende molto più complicata la costruzione dell'auctoritas. E' il 1985, di Internet qualcosa si sa già al tempo. Meyrowitz dice che i media si stanno evolvendo, si capisce che potrebbero ospitare anche delle forme sociali nuove. Teoria molto innovativa per quegli anni: siamo davanti alla nascita di nuovi ambienti che tendono ad ospitare delle persone che agiscono come cacciatori e raccoglitori. (Sono i due grandi modelli sociali, staziale stabile e ciclico del contadino vs nomade, individuale del cacciatore). Nello sviluppo della Rete si vede lo sviluppo di 47 "agenti di cambiamento sociale".
 Ovvero contribuiscono a strutturare la società in un modo piuttosto che in un altro''. La tv, il telefono, e tutti gli altri media sono agenti di cambiamento della società. Non dobbiamo comunque cadere in quello che è il DETERMINISMO TECNOLOGICO (pensiamo che i media da soli cambino la società). I media interagiscono nella società con tante istituzioni che cambiano, interagiscono con noi: sono comunque uni dei tanti agenti del cambiamento sociale. 
 


Un nuovo modo di pensare la società. 
 Questo approccio fa riferimento ad un sociologo generale:
 → GEORG SIMMEL:
 – scrive prima di Mcluhan, Thompson
 – studia la modernità studiando precisamente la nascita delle aree metropolitane e delle città. Osserva come l'organizzazione sociale cambiava all'interno delle metropoli.
 Egli afferma che non dobbiamo pensare alla società come organismo in cui ogni elemento svolge una funzione. Bisogna dire che quando egli scriveva la maggior parte delle teorie che parlavano della società, della nascita sella società moderna, la vedevano come un sistema, una struttura in cui ogni componente svolgeva uno specifco ruolo, ogni classe sociale svolgeva una funzione specifca. Tutti insieme facevano funzionare la società (visione della società come se fosse una macchina).

 I media erano qui concepiti come una di queste istituzioni, uni di questi organi della società che aveva una funzione precisa: diffondere informazioni dal centro alla periferia. Parliamo di un ottica FUNZIONALISTA (ogni pezzo ha una sua funzione)
.
Simmel, guardando lo sviluppo delle metropoli, pensa che bisognerebbe concepire la società come una STRUTTURA RETICOLARE =
 La società è un intreccio di reti: – RETI FISICHE (di trasporto)
 – RETI SIMBOLICHE (di comunicazione) – RETI ANTROPOLOGICHE (di persone)
 
Pensando alla società contemporanea, questa di Simmel sembra una visione molto più moderna, contemporanea, rispetto a quella di altri sociologi che scrivono nella sua stessa epoca.
 Tra tutte queste reti ce ne sono alcune più importanti che sono "le reti di affliazione"

La società si basa su reti di affliazione (di appartenenza) ed esse si costruiscono attraverso comportamenti, consumi e sulla base di interazioni comunicative tra soggetti. 
 A quali gruppi, reti, le persone sentono di appartenere e anche quali reti di comunicazione sostengono queste appartenenze?
 50 Es: social network. Signifcativo perché è espressione della società contemporanea. 
 Consumi e comportamenti che si condividono. Le reti che si costruiscono fuori dai social network ci fanno appartenere a dei gruppi che condividono interessi culturali ecc. La nostra società funziona per organizzazione in gruppi, in insiemi di persone sostenuti dalle reti di trasporto e di comunicazione che condividono qualcosa di signifcativo (ad Es. Movimenti culturali, sociali, politici). Egli cerca inoltre di capire cosa ci sia di particolare in queste reti. Nell'individuo metropolitano quelle che sono le sfere forti della famiglia e del vicinato, basate sulla prossimità territoriale e tipiche della comunità rurale, perdono importanza. Esse vengono sostituite dalla sfera dei mille contatti superfciali; si moltiplicano la quantità di sfere a cui noi apparteniamo: queste sono sfere più superfciali.
 Vi è il passaggio da legami forti (quelli di famiglia) alla rete di contatti che si sviluppano nella metropoli (meno costanti, continui, densi). Non per forza però i contatti che si sviluppano nella metropoli devono essere caratterizzati da una superfcialità.

 · SFERE: gruppi, reti sociali a cui noi apparteniamo nella modernità si sono moltiplicate e sono passate dall'essere concentriche, all'essere tangenziali.

 · SFERE CONCENTRICHE: sfere della famiglia e del vicinato, tipiche della società premoderna. Al centro, nel nucleo, vi sono i legami forti, come quelli della famiglia, attorno vi è una sfera di altri legami, come quelli del vicinato.
 · SFERE TANGENZIALI: sfere di reti sociali, portate dalla modernità, non sono più concentriche, magari hanno un pacchetto di individui in comune ma hanno anche una parte di individui che non fanno parte della stessa rete.
 Es: le nostre reti sociali. Noi siamo al centro. Attorno a noi ci sono i nostri compagni di università: con alcuni c'è un rapporto più stretto, con altri (che comunque fanno parte della rete) meno. Tutto ciò ha un effetto ulteriore sul contesto sociale perché nascono due bisogni: 
1. bisogno di riconoscimento: Nel senso che in queste reti è necessario che io sia riconoscibile, chi sono, a quali reti sociali e culturali appartengo, indipendentemente dal luogo o dallo spazio in cui vivo. 
2. bisogno di originalità e peculiarità individuale: Perché al centro di tutte queste reti ci sono degli individui bisognosi non solo di essere riconosciuti come parte di un gruppo, ma di essere identifcati anche come diversi, originali, peculiari rispetto agli altri.

 LA MODA: → SIMMEL studia il fenomeno della moda che nasce con la modernità.
 51 All'interno di questo fenomeno la comunicazione svolge un ruolo importante. La moda è un fenomeno sociale in cui vi è una duplice tensione: all'imitazione e alla differenziazione. 
Imitazione: imitare uno stile che è di moda e in questo modo sono riconoscibile
 Differenziazione: la moda si interpreta secondo la propria personalità. La moda nasce con le società moderne e va in crisi nella contemporaneità. Per Simmel perché: 
- essa costituisce un codice sociale visibile, di facile lettura che sancisce la nostra appartenenza ad una classe sociale, culturale, status.
 
Simmel pensa alla diffusione delle mode come un meccanismo verticale:
 la diffusione delle mode avviene con la formazione di un meccanismo emulativo. Ci sono delle élite di stilisti, culturali, che introducono delle innovazioni nello stile. Gli altri soggetti le "copiano" in parte per marcare un'appartenenza ad un determinato gruppo, in un tentativo mai riuscito di abbattere le barriere attraverso i segni esteriori dell'abbigliamento.
 NB: oggi più che di classi sociali parliamo di appartenenze culturali. Questo percorso viene defnito da Simmel come un gocciolamento delle mode.
 
Un TRICKLE-DOWN (gocciolamento) verticale delle mode, che fltrano dalle élite, dal vertice della piramide sociale fno alla sua base, mutando continuamente perché gli strati superiori, una volta imitati da quelli subalterni, si rifugiano in nuovi territori stilistici immettendo nel circuito una nuova moda.
 Le mode gocciolano fno a parte più bassa della piramide sociale attraverso dei fltri, ma una volta giunte lì le élite si sono già spostate. È un continuo gioco di rincorsa e di gocciolamento perché una volta arrivate in fondo le mode cambiano e le élite si spostano. La moda non è un semplice contenuto. Quando si parla di moda non si ragiona solo in termini di abbigliamento o di esigenza di vestirsi, ma lui parla di Lebensform. 
Lebensform: l a moda coinvolge tutta la forma dell'agire umano e occasione di interazione. Noi interpretiamo le proposte delle élite, di questo gruppo sociale in cui ci riconosciamo. La moda si studia perché è una metafora dei rapporti tra attori e gruppi sociali, una metafora di una tendenza all'uguaglianza e alla differenziazione.
 Trattare la moda come una forma di vita ha delle profonde implicazioni sulle regole di circolazione e diffusione della moda che valgono per tutti i beni materiali ad alto contenuto simbolico: non solo l'abbigliamento, dunque, ma anche il design, il cibo, il turismo ecc. Vale anche per tutti i consumi culturali/mediali.

 Sistema di gocciolamento nella moda, di circolazione di contenuti dunque vale 52 di DESINCRONIZZAZIONE DEI TEMPI: Noi pur basandoci su un'organizzazione del tempo astratta, viviamo in un contesto sociale che ha progressivamente subito un processo di desincronizzazione. Ad esempio perché gli orari del lavoro non sono più uguali per tutti, le persone non si muovono tutti in modo sintonico, non viviamo più in una società industriale ma post industriale, in cui lo sviluppo dell'economia dei servizi ha desincronizzato questi tempi (persone hanno ritmi e tempi diversi). Anche la televisione ha cavalcato il processo di sincronizzazione: organizzazione dei palinsesti generalisti della tv tradizionale ha sostenuto questa sincronizzazione (tempo per l'informazione, per lo svago).
 Il processo di desincronizzazione ha che fare invece coi palinsesti tematici, che non si basano più su un'organizzazione che marca alcuni momenti della giornata come tipici di un certo consumo (es. il TG delle h 20), sono palinsesti che ti permettono di prelevare quello che ti serve a seconda del tuo tempo.
 Anche altri media, ad esempio lo sviluppo della rete ha contribuito a sostenere il processo di desincronizzazione. Qui vi è un'offerta orizzontale di contenuti sempre disponibili che però appartengono a generi diversi: allo svago, all'informazione. E sono tutti contemporaneamente disponibili però ad un meccanismo di prelievo per il consumo che si sincronizza sulla base dei nostri tempi individuali.
 Non vi è vincolo temporale nell'offerta di prodotti culturali in internet, ciò signifca che l'offerta dei media digitali mette al centro non il tempo sociale sincronizzato ma il mio tempo, la mia organizzazione del tempo che è all'interno di questi processi di consumo. Questo è il compiersi della desincronizzazione.

Come dice Simmel anche la dimensione dello spazio sta assumendo delle trasformazioni con l'avvento della modernità. Simmel parla di un modo di vita cosmopolita (temine precursore di "globalizzazione"). La vita nella società moderna è "cosmopolita" ovvero il raggio di azione degli individui supera il loro orizzonte quotidiano.

 NB: Simmel comunque fa il paragone con le società premoderne. Orizzonte di vita, di azione, di queste società ruota attorno alla vita quotidiana: vivo, lavoro, mi relaziono con le persone che vivono vicino a me. Nel momento in cui pero si sviluppa la metropoli il raggio di azione degli individui esce dall'orizzonte di vita quotidiana, a causa degli spostamenti, della molteplicità dei contesti e luoghi in cui si vive. In questa dimensione lo sviluppo dei mezzi di comunicazione enfatizza questa capacità di azione che va oltre l'orizzonte quotidiano. 
 I media e la tv allargano l'orizzonte di competenze, di conoscenze, di relazioni e inseriscono nell'orizzonte di vita quotidiana delle persone una porzione di mondo e di vita che non è a loro propria.

 → GIDDENS (1990) sociologo contemporaneo europeo. 
Scrive "Le 55 conseguenze della modernità". Contributo per la sociologia della comunicazione: qui affronta i temi di come si sta declinando oggi la modernità.
 Quando iniziano le società moderne? 
La storia moderna inizia con la rivoluzione francese. Simmel scrive sull'industrializzazione quindi nel 1800. Le si studiano nella prima parte del 1900
. 
Giddens ci parla di tarda modernità, degli epigoni della modernità, di conseguenze della modernità a fronte di una società che sta nuovamente cambiando. Per lui: – La società contemporanea è caratterizzata da cambiamenti veloci e di portata globale. – Tra gli attori che generano questi cambiamenti bisogna considerare i media. 
 I media (vecchi e nuovi) contribuiscono a questi cambiamenti secondo tre linee: separazione del tempo e dello spazio e ricombinazione di questi elementi (t e s) in forme che delimitano la vita sociale in contesti spazio temporali indefniti.
 Quello che vediamo oggi è che tempo e spazio viaggiano su due binari autonomi, non vi è una relazione stretta tra tempo e spazio.
 Ad esempio:
 quanto è indipendente dalla quantità di spazio da percorrere il tempo che ci metto a spostarmi da uno spazio all'altro. Io posso percorrere uno spazio breve in un tempo lungo e uno spazio lungo in tempo breve; ciò non dipende da quanto è lo spazio ma dal mezzo di comunicazione che utilizzo.

 Questa separazione di tempo e spazio, in cui non ci sono spazi legati a tempi specifci, si lega al concetto di desincronizzazione. Non vi è un tempo in cui io devo stare in uno spazio. Rapporto di tipo funzionale: sto nello spazio che mi è funzionale in quel preciso momento. I contesti spaziotemporali in cui la gente vive sono dunque indefniti perché si basano su relazioni che si stabiliscono di volta in volta. La società contemporanea è caratterizzata da un aspetto che lui chiama DISEMBEDDING.
DISEMBEDDING: disaggregazione dei sistemi sociali; concetto molto uguale alla desincronizzazione dei tempi (disembedding = disancorato). Organizzazione sociale che si crea di nuovo sull'individuo e che si sgancia dagli spazi concreti.
 Cosa resta alla fne ad organizzare questo contesto sociale?
 – Non abbiamo più tempi sincronizzati
 – Non abbiamo più spazi fsici che sostengono l'organizzazione del contesto sociale perché non abbiamo più spazi che ancorano le nostre azioni in un certo 56 tempi ma se mai abbiamo luoghi funzionali che usiamo per svolgere delle attività
 – Archi spazio temporali sono disembedded (non ancorati a luoghi specifci)
 Quello che ci resta sono le reti di relazione. E Giddens infatti ci dice che quello che ci resta di centrale in questa situazione disaggregata e disancorata dai sistemi di organizzazione precedenti è un ordinamento rifessivo dei rapporti sociali sulla base di input di sapere che riguardano le azioni sociali Giddens dice che a fondo di tutto quello che caratterizza la trasformazione della società contemporanea c'è la separazione di tempo e spazio.
 La separazione di tempo e spazio
: – è la condizione primaria dei processi di disaggregazione. La standardizzazione del tempo recide i legami tra attività sociale e presenza nello spazio. Questo muta le consuetudini e le pratiche sociali
 – è la condizione per "l'organizzazione razionalizzata" dell'attività sociale impensabile nel contesto premoderno (Es. il lavoro scandito da turni in fabbrica o la connessione della sfera locale con quella globale) – permette l'inserimento dei gruppi nella storia non più su scala locale (il nostro passato) ma nella storia globale (il nostro passato in riferimento al passato del mondo)

Es: 50 anni assassinio di Kennedy rappresenta un passato globale.

 Per Giddens i mezzi di comunicazione centrano in questo processo perché il loro sviluppo è essenziale per l'annullamento e riduzione della distanza tempo e spazio. 
Non solo abbiamo uno sviluppo dei mezzi di comunicazione e di trasporto, ma anche dei media.

Cosa vuol dire "Riduzione della distanza" per Giddens?
 È la capacità di fare esperienza di qualcosa indipendentemente dalla distanza, dalla mia collocazione geografca e temporale.
 Concetto degli eventi mediali (su di esso ci lavora Silverstone). In questa dimensione, in quello che è la lettura di Giddens e di Silverstone, l'evento mediale è una delle occasioni con cui io posso condividere una mia esperienza con molte altre persone indipendentemente da dove sono io, da dove sono gli altri e il tempo in cui essi stanno vivendo. 
 Dal punto di vista dell'analisi sociologica esiste un tempo che è indipendente dal mio tempo e spazio di vita, si crea attraverso queste esperienze condivise un tempo sospeso e condiviso. 

Es: Evento mediale: olimpiadi, la caduta delle torri gemelle. Il momento in cui noi ci fermiamo per seguire un evento in diretta è un tempo slegato dal nostro tempo di vita. Noi abbiamo tutti condiviso quel tempo anche se lo spazio era diverso per tutti. Questo per Giddens è un esempio di tempo disembedded, che è parte della nostra esperienza, che è disancorato da tempo e spazio. 57 persone che appartengono ad una stessa cultura si trovano vivere in luoghi diversi anche lontani fra loro (idea della diaspora= persone della stessa cultura che vivono in luoghi diversi)
 2. MEDIASCAPES: fusso di simboli
, paesaggi mediali. Circolazione di prodotti simbolici avviene quasi in modo diasporico su scala globale.
 3. TECHNOSCAPES: movimento delle tecnologie
 , Paesaggio delle tecnologie che defniscono scenari sociali nuovi. Esse connettono i luoghi indipendentemente dalla collocazione geografca. Es: Social network come sono distribuiti nel mondo. Facebook ha connesso un ampia parte dello scenario globale. Si creano geografe tecnologiche che defniscono delle prossimità culturali
 4. FINANSCAPES: movimento del denaro
. Interdipendenza globale a livello fnanziario. Paesaggio che ha luoghi che sono dentro (più vicini tra loro anche se lontani geografcamente) e luoghi che sono fuori
 5. IDEOSCAPES: fussi di rete, 
 paesaggio di idee che si disegna sulla base di geografe di connessione e non su geografe basate su spazi concreti.
 
 La geografa mondiale si sta ridisegnando sulla base di reti di connessione che non hanno nulla a che fare con lo spazio o il tempo, ma con alcuni scapes, alcuni paesaggi, che sostengono le connessioni.
 I media fungono da vettori di tutto questo: non solo dei mediascapes ma anche degli spostamenti delle persone. Essi sono infrastruttura fondamentale in questo processo di trasformazione del contesto sociale. 
 Per concludere siamo passati dunque da comunicazione interpersonale a geografe mondiali. 26.11.2013 I media forniscono un'agenda: signifca che i mezzi di comunicazione in qualche modo ci suggeriscono un' agenda di priorità, di temi che sono rilevanti per la nostra vita e per conoscere il mondo che ci circonda; suggeriscono una sorta di griglia interpretativa quotidiana ma anche a lungo termine, e una serie di questioni attorno a cui è opportuno che noi ci facciamo un'opinione. Es: giornata sulla violenza sulle donne: è un caso tipico! Tutti i media, anche internazionali, hanno suggerito questo tema come rilevante. Oltre che suggerire un'agenda hanno consentito una partecipazione da luoghi e contesti diversi, ciascuno con i suoi modi e le sue forme ha potuto prendere parte all'evento indipendentemente dalla propria collocazione geografca: ci sono state forme di partecipazione locale (eventi sul territorio) e di partecipazione globale, gli eventi messi tutti insieme. Una giornata istituita dall'Onu, a cui aderiscono moltissimi Paesi. Dentro quest'evento si è costruita l'iniziativa di quest'anno, 60 chiamata Orange, colore uffciale della manifestazione. L'ONU suggerisce una chiave di unifcazione di tutte le manifestazioni locali, in questo caso il colore. L'Italia ha fatto uno spin-off, scegliendo il rosso. 16 giorni di attività, fno al 10 dicembre. Il coordinamento globale delle attività è espresso anche dalla raccolta di eventi sorti dal basso all'interno di questa cornice. C'è un hashtag su Twitter e svariate attività bottom-up. E' un modo di visibilità di attività frammentate che non richiedono nemmeno competenze specifche, e che trovano nella rete un luogo di convergenza. Molte iniziative si sviluppano non solo attraverso i media, ma sono tornate a svilupparsi sul territorio, ritorno della centralità della comunicazione interpersonale e degli spazi fsici, degli eventi sul territorio. Per questa giornata, ci sono stati due tipi di iniziative (riprese dai media, e quindi diventate un modo di mettere in agenda questo tema): top-down, istituzionali, dall'alto, e altre bottom-up, dal basso, prodotte da singoli gruppi o individui. TOP-DOWN: – è stata messa a tema la mostra allestita a Roma che raccoglieva tutti i risultati di un contest dell'ONU europeo, dal tema campagna vs la violenza sulle donne. Un'iniziativa sul territorio, top-down ma che raccogli del materiale che viene da vari operatori; – il Campidoglio in rosso, illuminato con una scritta a tema "Stop alla violenza sulle donne". Agendo sul territorio, queste iniziative hanno contribuito a mettere in agenda questo aspetto. BOTTOM-UP: – i fash mob sul territorio, dedicate a singole vittime di violenza. Ovvero, c'è stata una risposta immediata di conferma che questo tema fosse stato messo in agenda. A ciò hanno contribuito massicciamente i media, che ne hanno parlato: suggerendo i temi da mettere in agenda e suggerendo le cornici dentro cui inscrivere l'evento. ANSA: ne parla in chiave iconica, con l'immagine (di un fash mob), e istituzionale, dell'iniziativa della mostra su iniziativa di Napolitano. Anche il Capo di stato ha contribuito all'evento, nominando Cavaliere della Repubblica una vittima di violenza, sfregiata, che è stata particolarmente coraggiosa con la testimonianza della sua esperienza. Cornice: si è sottolineato un tipo di atteggiamento ( coraggioso, dignitoso) come modello comportamentale. Il Corriere: riprende la cornice istituzionale riportando le parole di Napolitano, aggiungendo un altro frame nel descrivere i vari fash mob. Repubblica: dà un taglio un po' meno istituzionale, più personale, parlando più della persona, dei fash mob come evento diffuso a partire dalla popolazione, 61 una mobilitazione diffusa e in modo più personalizzato. La Stampa: come il Corriere; Sky: sottolinea i fash mob; TGCom24: dà un taglio globale a questa mobilitazione, ne parla a livello internazionale. Wired: ha raccolto le migliori campagne fra i vari Paesi. Quindi: un tema è stato messo in agenda, l'agenda è stata recepita dal pubblico (anche perché era un tema preparato), e sono stati suggeriti dei frame interpretativi dell'evento, in sintonia tra istituzioni e iniziative sul territorio: teoria dell'agenda settings. Ci troviamo negli anni '70, sviluppata in Texas, ma è ancora attuale. I media suggeriscono dei temi su cui rifettere e crearsi un'opinione, prioritari rispetto ad altri. Come avviene questo processo? Avviene nell'ambito di un percorso circolare. In un punto del percorso ci sono i temi del contesto reale e dell'agenda politica. Da lì parte il processo di agenda building, si effettua una selezione di salienza: si rappresenta come tema saliente non tutto ciò che avviene, ma si scelgono quelli ritenuti importanti. Poi entrano in gioco i media che, anche sulla base delle regole interne legate al singolo mezzo (criteri di notiziabilità,…) selezionano dal processo di agenda building quello che vogliono mettere a tema. iniziative spontanee (come i sopracitati fash mob): la rappresentazione dell'agenda del pubblico (e le sue priorità) in certi casi è in sintonia con l'agenda dei media. Non tutto quello che i media tematizzano si trova già anche nell'agenda del pubblico. A sua volta l'agenda del pubblico può infuenzare quella della politica: se sul territorio si mobilitano tante persone su un tema, l' agenda della politica recepisce alcune istanze e le fa proprie. Il punto è se un tema riesce ad attraversare tutti questi processi e rimanere saliente. Molti temi "si fermano" durante il percorso. Perché i temi entrino nell'agenda del pubblico devono interfacciarsi con almeno tre livelli: - l'AGENDA PERSONALE: ovvero le priorità di ciascuno, le aree tematiche di interesse del singolo; - l'AGENDA INTERPERSONALE: ovvero i temi ritenuti salienti a livello di gruppo sociale, di rapporti interpersonali; - la PERCEZIONE DEL CLIMA D'OPINIONE: noi tendiamo ad orientarci anche tenendo conto del clima d'opinione che percepiamo attorno a noi, delle tendenze dell'opinione pubblica. Tanto più i temi sono percepiti come rilevanti, 62 dalla tradizione, ma dalle norme condivise dalle reti sociali a cui apparteniamo. Norme condivise dal gruppo (sociale, una nazione). Si ha bisogno non più di una guida auto diretta ma di una guida che provenga da un gruppo sociale. L’individuo, per individuare le regole e i comportamenti conformi di una società postmoderna, monitora costantemente il suo interno come se avesse un “radar”. Cerca di capire quale è il clima di opinione pubblica, cosa pensano le persone intorno a lui, da cui cerca di trarre insegnamenti, modelli e informazioni che gli possono servire. Quindi gli individui agiscono diretti da: - Pressioni sociali esterne - Norme di gruppi primari - Bisogno di essere conformi ai valori delle reti sociali cui appartiene Quello che Riesman dice delle società postmoderne è signifcativo per la teoria di Elisabeth Noelle Neumann All'interno di queste società monitoriamo qualcosa che sta a metà tra noi (la nostra individualità, quello che ci dicono i media e quello che ci suggerisce il gruppo dei pari, quello che ci suggerisce il nostro intorno sociale che costituisce le rete di relazioni che abbiamo) Qui c'è un passaggio concettuale proprio della sociologia, due concetti sociologici: SOCIALIZZAZIONE: modo istituzionale con cui ci vengono insegnati i comportamenti conformi (le istituzioni, la scuola,la famiglia..) SOCIEVOLEZZA: il circolare delle informazioni sui comportamenti conformi all’interno di una rete di pari. Il passaggio dalla socializzazione alla socievolezza vuol dire che come mi devo comportare non lo imparo solo dalle istituzioni o dalla tradizioni, ma in parte lo apprendo attraverso le relazioni comunicative e sociali che intrattengo col mio intorno. Il monitorare continuamente il clima di opinione e che cosa è conforme per la mia rete sociale sta alla base della teoria della spirale del silenzio → ELISABETH NOELLE NEUMANN (1974) pubblica “La spirale del silenzio. Per una teoria dell’opinione pubblica” Per lei: (NB: parliamo di società Postmoderne!) I media contribuiscono alla formazione dell’opinione pubblica OPINIONE PUBBLICA: “è un insieme di opinioni sulla stato della cosa pubblica (su ciò che ci succede intorno) generate dagli individui in relazione ai media” (opinione pubblica : ciò che si crede che gli altri credano) 65 I media non formano l’opinione pubblica, perché essa si genera a partire da tante fonti: · Media · Comunicazione interpersonale e rapporti sociali · Manifestazioni individuali di opinione · Percezione dei climi d’opinione nel proprio ambiente sociale L'opinione pubblica si crea dall’intersezione di tutte queste fonti, che messe insieme creano quello che le persone pensano su ciò che sta loro intorno. Per Elisabeth: Ha un peso quello che noi monitoriamo con il nostro radar (per riprendere la metafora di Riesman) , ossia il clima d’opinione dominante intorno a noi. Alla fne è importante nella formazione dell’opinione pubblica ciò che si crede che gli altri credano, pesa quello che noi intuiamo come pensiero dominante. L’opinione pubblica si forma nell’interazione tra il monitoraggio compiuto sull’ambiente sociale circostante e i comportamenti dell’individuo stesso. Lei afferma che entrano in gioco nella formazione dell’opinione pubblica anche delle questioni più legate alla psicologia sociale; è inoltre importante da tenere conto il peso che nella società postmoderna hanno le relazioni sociali. Una delle cose di cui noi abbiamo più paura nelle società postmoderne è quella di essere isolati (questo è un assunto di psicologia sociale ma anche una questione che emerge dall’analisi sociologica). L’isolamento rappresenta un problema nelle società postmoderne. Ci sono 4 assunti: – La società fa uso nei confronti degli individui devianti (chi trasgredisce la legge) della minaccia d’isolamento – Gli individui avvertono costantemente la paura dell’isolamento (per questo teniamo sempre sotto controllo e monitoriamo il clima di opinione che ci sta attorno. Quello che ha detto Riesman) Infatti: – Per paura dell’isolamento essi tentano incessantemente di valutare il clima d’opinione Il risultato della loro valutazione infuenza il loro comportamento soprattutto nella sfera pubblica e in particolare attraverso il mettere in mostra o il nascondere le proprie opinioni, per esempio quindi attraverso l’eloquio o il silenzio. – Noi fniamo per essere infuenzati dall’opinione pubblica, da quello che monitoriamo intorno a noi, non su quello che pensiamo ma su quello pubblicamente esprimiamo del nostro pensiero. Noi esponiamo le nostre 66 opinioni che sono strettamente legate a quello che è il clima d’opinione dominante Perché parliamo di spirale del silenzio? Le persone nello spazio pubblico sono portate a dire come la pensano quando la loro opinione è in sintonia con quella dell'opinione pubblica dominante. Se il come la pensano è distonico, contrasta con quello che percepiscono come opinione dominante, gli individui tendono a stare zitti perché hanno paura di essere isolati. Se ho un pensiero distonico sono portato pubblicamente a non dirlo, ma magari continuo a pensarlo nello spazio privato. Questo vuol dire SPIRALE DEL SILENZIO: alla fne le opinioni che non sono in sintonia con quella che viene percepita come opinione dominante fniscono nel silenzio, prese come in un vortice e tirate giù nel silenzio. Perché succede questo? Per tutte le premesse che abbiamo detto: - Non essere isolati dalle reti sociali è fondamentale. - Abbiamo bisogno di non sentirci isolati. - Le persone nello spazio pubblico si conformano a quelle che vengono proposte come opinioni dominanti. Neumann: “la spirale del silenzio serve a garantire una certa coesione e un certo controllo sociale” Serve ad aggregare le persone intorno a dei comportamenti ritenuti conformi. In realtà l'opinione pubblica ha una funzione nella società: allinea le persone su alcuni comportamenti dominanti: “l’opinione pubblica è il frutto di un lavoro sociale teso all’allineamento in cui l’allineamento del singolo è frutto dell’allineamento degli altri” Il fatto che ci sia una coesione un allineamento sociale su un tema in particolare (Es. temi grandi come il razzismo o la violenza sulle donne) ha un senso a defnire dei comportamenti conformi. Oggi nessuno oserebbe dire che è razzista perché sarebbe isolato all’interno della sua rete sociale. 50 anni fa in Europa non era così. Su temi grandi come il razzismo va bene se le opinioni di chi non è in sintonia restano silenziose. Ma se si applica tutto questo a temi meno importanti, in cui la differenza di opinione non è cosi radicalmente ascrivibile ad una buona o non buona convivenza tra le persone, la spirale del silenzio può non far esprimere opinioni che potrebbero avere un senso. “L’opinione pubblica è come la pelle sociale degli individui” (visone antropologica) All’interno di questo ragionamento i media hanno un ruolo 67 (NB: sia Katz sia Neumann sono da considerare come voci fuori dal coro. Scrivono in due periodi in cui si parla molto di effetti forti dei media, di mezzi di comunicazione che infuenzano, guidano, condizionano. Per loro non dobbiamo immaginare i media come fusso che condiziona le persone e che ci fa fare determinate cose). Per lui noi siamo esposti ai media ma i loro effetti sul pubblico tengono conto di alcune variabili, gli effetti non arrivano così diretti Nel processo di comunicazione esistono un numero di “variabili” che determinano gli effetti dei media sul pubblico: · Il grado di esposizione ai media · le caratteristiche dei media (la stampa è diversa dalla tv) · Gli atteggiamenti e predisposizioni (cultura) · Le relazione interpersonali (questa variabile è il punto di partenza della sua teoria) (NB: Noi non dobbiamo pensare che le persone siano sole davanti ai mezzi di comunicazione. Gli individui di fronte a i media non sono “atomizzati”) Katz per elaborare questa teoria si basa su i risultati di 2 ricerche: – “The people choice” (1940) in cui era stato analizzato il comportamento di voto nelle elezioni in America negli anni ’40 appunto. (meccanismo di voto in America è uno dei temi più studiati dalla sociologia della comunicazione) – “L’infuenza personale nelle comunicazioni di massa” (1955) ha indagato i comportamenti (opinioni su questioni di interesse pubblico, moda,cinema) delle donne americane di una città rispetto ai media. Che cosa infuenza il comportamento di acquisto? → → Da esse nasce la sua teoria: ”FLUSSO DI COMUNICAZIONE A DUE STADI”= teoria che ha messo a fuoco per la prima volta la fgura del leader d’opinione. Le relazioni interpersonali sono fondamentali per capire gli effetti che i media generano su di noi. Dall’analisi delle elezioni del1940, era emerso che sul comportamento elettorale degli indecisi, i media e i leader d’opinione avevano avuto peso. Nel 1955 dal comportamento delle donne rispetto ai media emergeva la stessa cosa: il comportamento di acquisto era legato alle informazioni che venivano tratte dai media ma anche dalle leader d’opinione del gruppo sociale a cui queste donne appartenevano. La comunicazione a due stadi funziona così: ci sono dei mezzi di comunicazione di massa che hanno la capacità di diffondere dei contenuti, di suggerire dei comportamenti e atteggiamenti; rispetto ad ogni singolo gruppo sociale però gli opinion leader di quel gruppo 70 specifco riportano e sottolineano dei contenuti mediali; e ciò è effettivamente quello che orienta le persone. OPINION LEADER: (infuencers) persone che riproponevano il contenuto dei media all’interno delle relazioni sociali. Infuenti all’interno delle reti sociali. Essi mediano l’infuenza dei media e sono coloro che sono responsabili, partecipano nel guidare i comportamenti delle persone; sono fgure di riferimento. Chi sono di preciso? Quelli che di quel gruppo sociale sono più esposti ai media e più competenti nell’uso dei media. Es: donne anni ‘50. Quella che si legge tutte le recensioni cinematografche o seguiva le presentazioni, più esposta a questo contenuto mediale, diventa più competente nel settore del cinema. Come esercitano il loro essere leader? Attraverso le relazioni interpersonali o contatti interpersonali Il fusso verso i mass media e altri fussi di comunicazione scorrono dagli opinion leader alla loro rete sociale attraverso contatti interpersonali. Per Katz di fatto i Leader d’opinione sono dei nuovi Gatekeeper: sono ulteriori fltri, selezionatori di che cosa è importante o interessante del grande fusso di contenuti proposto dai media. Oggi ciò vale di più che negli anni '50 perché i contenuti che vengono distribuiti dai media sono aumentati esponenzialmente e anche perché di fronte a questa ampia moltiplicazione nessuno è in grado di tenere monitorato tutto. Finiamo di ritagliarci dei settori di competenza che sono propri di alcuni opinion leader che fungono proprio da gatekeeper di quello che i media trasmettono e da cassa di risonanza. Come si declina nella contemporaneità digitale la fgura dell’opinion leader? A questo contesto va aggiunto lo sviluppo del web 2.0 e quindi di un ulteriore fusso di informazione; qui dentro la fgura dell’opinion leader (infuencer) diventa fondamentale. 05.12.2013 TEORIA DELLA COMUNICAZIONE A DUE STADI
 Processo di comunicazione a due stadi costituisce una teoria su cui si basano ricerche attuali.
Ricerche da cui parte tale teoria: - Comportamento elettorale
 - Comportamenti d'acquisto del pubblico femminile Ne è emerso in entrambi i casi che il processo di comunicazione anche quando passa attraverso i media subisce un percorso di mediazione da parte degli 71 OPINION LEADER: soggetti che fanno parte di un gruppo sociale ma più esposti e più competenti nell'uso dei media. Sono leader d'opinione per il loro gruppo sociale di riferimento che rimediano i contenuti che passano tramite i mezzi di comunicazione di massa attraverso la comunicazione interpersonali.
 Questi soggetti fanno da gatekeepers, ovvero controllano il fusso di informazioni che arriva agli altri membri del gruppo sociale.
 Esistono due tipi di leader d'opinione che agiscono nelle reti sociali: · LEADER D'OPINIONE ORIZZONTALE: non fanno parte di uno status socio- culturale superiore agli altri, non sono necessariamente i giornalisti, i portavoce di qualche mezzo di comunicazione di massa o di qualche categoria professionale. Possono avere anche uno status socio-culturale analogo a quelli che si affdano a loro per avere informazione. · LEADER D'OPINIONE INFORMALE: secondo il variare dei temi cambia la persona che nel gruppo sociale fa da leader d’opinione. Non corrisponde sempre alla stessa tipologia di persona e varia al variare degli argomenti. Variano anche all'interno dello stesso gruppo sociale. Ci sono però delle caratteristiche che tutti questi leader d'opinione devono avere per forza. Caratteristiche sintetizzate in questi 4 punti: > LITERACY: persone che devono avere un’elevata esposizione ai media e che devono essere in grado di raccogliere un numero di informazioni maggiore degli altri
 . Che siano in grado di trovare fonti che altri non trovano. Questa competenza dell’uso de media è una caratteristica dei leader d’opinione: nell'uso dei media non si gioca solo in termini quantitativi, ma qualitativi. Non si tratta di vedere tanta tv o di leggere tanti giornali, ma di essere competenti nel trovare delle fonti. > COMMITMENT: rispetto al tema, l'argomento, la questione su cui diventano leader d'opinione devono avere un interesse, un investimento e un coinvolgimento personale elevato, superiore a quello degli altri membri del gruppo sociale, per determinati argomenti. Coinvolgimento personale sui temi di cui diventano opinion leader. > SOCIEVOLEZZA: – trasferimento delle informazioni e infuenza su gruppi di individui – contatto interpersonale (face to face o non face to face ) – appartenenza allo stesso gruppo sociale di qualcuno che deve avere una competenza comunicativa anche nelle relazioni interpersonali, in un numero superiore a quelle degli altri, e una capacità di trasferimento di informazioni. Si gioca sulla competenza comunicativa. > LEADERSHIP: perché una persona diventi all'interno di un gruppo sociale un opinion leader ci deve essere un investimento dal basso. Uno non si 72 - “The Tipping point” (2000) by Malcom Gladwell - “Six degrees/week ties” (2003) Duncan Watts → MALCOLM GLADWELL Esperto di comunicazione sulla rete 
Tipping Point. Uno dei fenomeni tipici della comunicazione in rete attraverso gli spazi social è l'esplosione virale di alcuni contenuti piuttosto che altri. Il fatto che alcuni contenuti circolino in modo virale. Nei processi di comunicazione che passano attraverso la rete esiste il tipping point. TIPPING POINT: momento magico in cui un idea, un trend o un comportamento sociale oltrepassa i confni e si diffonde in modo virale come un incendio. Il fatto che un contenuto, che metto in rete, si diffonda in modo virale non è un qualcosa di automatico e non dipende dalla qualità del contenuto; ma dipende dal fatto che questo contenuto intercetti alcuni Infuencers e che essi inizino a farlo girare. Es: di contenuto che ha iniziato circolare in modo virale può essere un'idea, pensiero, trend. 
Infuencers non sono tutti uguali. Ce ne sono 3 tipi: 
 1. CONNECTORS: investono sulla socievolezza, ossia sulla quantità di relazioni sociali che hanno. Possiedono ampie reti di connessione, tanti amici, tanti followers; sono presenti su tanti spazi social in cui sono attivi su un'ampia gamma di temi e di contenuti.

2. MAVENS: investono sopratutto sul commitment. Sono soggetti che sono “information broker” e che sanno sempre distribuire soluzioni ai problemi; hanno accesso a delle fonti a cui altri non arrivano e comunicano le informazioni in modo di facilitare lo sharing. (condivisione) 

3. PERSUADERS: investono sulla capacità di comunicazione in modo carismatico in modo da essere convincenti rispetto all'idea che propongono.

 Questi 3 tipi di Infuencers non agiscono in modo uguale rispetto anche lo stesso tipo di contenuti. I connectors sono caratterizzati da un’ ampiezza di reti; I mavens hanno una conoscenza approfondita di eventuali temi. Magari hanno reti sociali meno ampie ma un’autorità molto più alta; I persuaders infuenzano le persone portandole all‘azione

 Il discorso di Gladwell, sul fatto che alcuni contenuti comincino a diffondersi come un incendio e a circolare, non si basa solo sull’esistenza di questi 3 tipi di Infuencers. 
 Ci sono 3 regole che facilitano e infuenzano questo processo: 75 – THE LAW OF THE FEW (Legge dei pochi): la comunicazione non avviene in un'unica fase. Prima di arrivare alla diffusione di un contenuto su larga scala è necessario coinvolgere e convincere quella categoria più piccola, quella degli Infuencers, per poi arrivare alla massa. Questa è la differenza tra la comunicazione in rete e il medium broadcast. Anche nei media broadcast ci sono gli opinion leader ma il contenuto arriva alla massa di utenti e insieme agli Infuencers. – STICKINESS FACTORS (qualità del contenuto): ci vuole una capacità di coinvolgimento emotivo o cognitivo delle persone affnché questo meccanismo si attivi. Se non vi è nulla nel contenuto non bastano gli Infuencers per farlo circolare. – POWER OF CONTEXT (il contesto conta). Lo stesso contenuto con gli stessi soggetti non ha lo stesso esito in momenti diversi. Ad esempio l’attenzione che il contesto sta dando ora a certi temi, non sarà uguale tra qualche anno o in un momento diverso da questo. Citazioni di Gladwell che sintetizzano il concetto della comunicazione a due stadi: “se vuoi generare un cambiamento signifcativo in quello che le persone credono nel loro comportamento devi creare attorno a loro una comunità di persone in cui questa cosa in cui credono può essere espressa e nutriti. Deve esserci una rete sociale che aiuta a sostenere il cambiamento” “La diffusione virale è caratterizzata da questo paradosso: per creare un movimento contagioso devi prima creare piccoli movimenti che avviino il processo”. → PAUL ADAMS – DANIEL WATTS La social Infuence non si diffonde solo attraverso i “pochi”: tutti, a diversi livelli, siamo “Infuencer”. Chiunque può essere un Infuencer. Ma come li troviamo? Cos’è che fa di qualcuno un infuencers all’interno della rete? Essi lavorano su un social network in particolare: Twitter “Everyone’s is a Infuencer: Quantifying Infuence on Twitter” Se andiamo a vedere chi sono per ciascuno gli infuencers più importanti li troviamo in reti sociali di persone conosciute. · 70% → sostiene che un amico o un membro della famiglia gli suggerisce qualcosa passandolo online · 61% → cita un amico o un familiare che suggerisce qualcosa con una comunicazione interpersonale · 59% → articolo o libro (I read about it online in an article) 76 · 49% → un auctoritas legata ai media tradizionali (I learned about it in an advertisement, magazine/tv/online ad) · 32% (→ someone I follow that I don’t know or barely know, mentioned it online) Gli opinion leader più importanti li troviamo nelle reti interpersonali. 
 Prima di cercare gli infuencers su Twitter, questi due studiosi hanno analizzato i forum di discussione politica in cui si sono individuati i soggetti più citati, attivi, ripresi defniti catalizzatori di discussione. All’interno dei forum di discussione politica si registra la presenza di → CATALIZZATORI DI DISCUSSIONE: soggetti che registrano il numero più alto di commenti ai propri post. Sono in realtà questi i gatekeepers i leader d’opinioni di una specifca discussione politica. Ma questi soggetti cosa scrivono? Cos’è che alimenta così tanto i commenti, cosa genera la relazione? Il 95% dei catalizzatori sono caratterizzati a contenuti ri-mediati da altri luoghi della rete. I catalizzatori sono di fatto coloro che trovano fonti che gli altri non trovano; sono coloro che hanno delle caratteristiche tipiche degli opinion leader e rimettono in circolazione informazioni che gli altri non hanno, quindi hanno anche delle competenze. Quali sono queste fonti? In tutti casi sono news rilanciate con solo poche righe di commento. · 8% dei post ripropone contenuti tratti da Blog · 15% ripropone contenuti tratti da testate online · 60% dei post ripropone contenuti tratti dai media tradizionali (agenzie,quotidiani) I catalizzatori sono individui che agiscono da fltri, perché quello che rilanciano diventa importante nella discussione e da amplifcatori di contenuti. Svolgono la funzione di dare forma all’agenda della discussione. Ripescano cose che ci sono in rete e le rilanciano. Sono gatekeepers dei fussi di comunicazione che entrano nei gruppi di discussione, quasi senza commento. È un fusso di informazioni e non necessariamente di infuenza (la capacità di generare un effetto in modo indiretto) TWITTER: social network che gode di una copertura mediale ampia Following: updates (aggiornamenti) of people who post interesting tweets Retweet: pass along interesting pieces of information to their followers Mention: respond to (or comment on) other people’s tweets 77 declinano attraverso la piattaforma. 10.12.2013 LA QUESTIONE DELLA FIDUCIA La fducia è una precondizione della comunicazione. Le caratteristiche del patto di fducia sono: - la presupposizione di ricevere ascolto e comprensione; - la presupposizione che anche l'altro abbia qualcosa di signifcativo da comunicarmi. Questi sono due atti irrifessi, e sono stati defniti "principio di carità" o "principio di benevolenza interpretativa" (presupposizione dei principi positivi). Noi siamo disponibili a credere: - alla verità di quello che dico; - alla verità della mia "faccia". La fducia reciproca sta nel fatto che l'altro sia come appare e come mostra di essere. Questa è la base pre-razionale della vita sociale, perché la assumiamo senza bisogno di pensarci. Queste pre-condizioni di fducia sono alla base della nostra vita sociale. Il processo di costruzione della fducia é di tipo reciproco, si costruisce nelle relazioni attraverso i presupposti irrifessi. Quando una persona comunica, lo fa perché è disponibile a credere che gli altri credano alla sua messa in scena del SELF: che non sia menzognera, falsata, e che stia dicendo la verità. Quando avviamo una relazione comunicativa avviamo tutta una serie di presupposti, di disponibilità a credere nella tensione positiva della cooperazione comunicativa. In realtà questi presupposti dell'attività comunicativa hanno un peso nella società. Questa fducia reciproca, disponibilità di credere nella sincerità della rappresentazione dell'altro ci consente di sopravvivere e di rapportarci con l'altro. Quali sono i livelli di fducia che esistono nella nostra società e nella nostra vita? – CREDIBILITA' PROIETTATA da un lato (io comunico perché credo di avere di fronte qualcuno capace e disponibile a comprendere) – CREDIBILITA' PERCEPITA dall'altro (ovvero, chi ascolta è disponibile a credere che si stia dicendo la verità, che chi parla si stia rappresentando nel modo corretto). Questa fducia, fatta di atti e rifessi, é costruita nella relazione comunicativa e al suo interno può essere distrutta, decostruita e ricostruita, sempre attraverso azioni del contesto comunicativo. Esistono diversi livelli di fducia. Se siamo in grado di comunicare, è perché nella nostra storia ed esperienza di vita sociale si costruiscono diversi livelli di fducia: 80 1. FID UCIA ORIGINARIA: Si forma all'interno della nostra rete sociale primaria (la famiglia, la comunità primaria che ci circonda) e ci permette di dominare l'incertezza sull'esito di quello che facciamo. Si forma biografcamente nell'infanzia, e socialmente nella famiglia e nella comunità primaria. Es: Se mi ammalo, qualcuno mi curerà. É la fducia in una comunità solidale: ovvero nessuno ha interesse a danneggiare l'altro. Ci sono situazioni d'eccezione, che infatti mettono in crisi la persona, la capacità di sviluppare la fducia. Ci consente di fare atti di disponibilità a credere, (Es. che quando comunico l'interlocutore non vorrà danneggiarmi!) una fducia immediata e non rifessa. Sulla fducia primaria si fonda la SICUREZZA ONTOLOGICA: il fatto che noi riusciamo ad avere complessivamente quell'atteggiamento di fducia "base" che ci consente di agire. Es: se prendo un autobus, confdo che mi porterà a destinazione. Sono atti rifessi e scontati, ma non automatici: avvengono perché cresciamo all'interno di comunità primarie all'interno delle quali si forma la fducia. 2. FIDUCIA NELL'”ALTRO GENERALIZZATO”: ovvero nell'immagine che ho di coloro che mi stanno attorno. (Se ho un incidente, qualcuno verrà ad aiutarmi). Attorno a questa fducia si forma la capacità del vivere sociale, di non avere paura dell'altro e quella di identifcarsi con una comunità di appartenenza perché si riconosce la comunità come qualcosa di solidale, e la capacità di impegno sociale, fatto di reciproci atti di fducia. Questa fducia è il nucleo fondativo della fducia che noi abbiamo nel contesto contemporaneo. Quando ci muoviamo fuori dal gruppo primario, dobbiamo fare un atto di generalizzazione: abbiamo a che fare con persone per noi anonime, estranee, che ricoprono ruoli sociali particolari. Dobbiamo trasferire la fducia originaria nell'altro generalizzato che "è l'immagine mentale della società e delle sue regole, modelli di comportamento e aspettative che noi abbiamo". Ci dobbiamo fdare del contesto sociale in cui viviamo, delle regole che vigono in esso. 3. FIDUCIA NELLE ISTITUZIONI: ad esempio i media. Questa fducia é legata alla percezione che ne abbiamo, percezione fatta di tanti elementi: - fnalità dell'istituzione (ci fdiamo se pensiamo siano buone) - storia dell'istituzione (se sappiamo che l'istituzione è stata coerente, affdabile, lineare,…) - reputazione dell'istituzione (dev'essere positiva, senza inganni,..) - effcienza dell'istituzione (se essa fa quello che promette). Di quali istituzioni ci fdiamo oggi? Della scuola, dei giornali, della politica? Viviamo in una società in cui la dimensione della fducia è piuttosto in crisi, e prevale la sfducia. La fducia nelle istituzioni é bilanciata tra due estremi. Da 81 un lato abbiamo gli stereotipi, "I media ci dicono la verità", "I media mentono", "La giustizia non funziona"… Sono estremizzazioni, che però infuiscono sulla visione che abbiamo delle istituzioni. Dall'altro lato la fducia dipende anche molto dalla nostra esperienza personale. Noi bilanciamo la costruzione di fducia tra questi due estremi. → LUHMAN ed altri sociologi generali dicono che per vivere insieme dobbiamo sviluppare una forma di confdence, nel fatto che i sistemi sociali funzionino come ci si aspetta che accada. 4. Questa è detta FIDUCIA SISTEMICA: che coinvolge tutto il contesto sociale: mi fdo del fatto che la società funzioni come dovrebbe. (Es. Che funzioni il sistema sanitario, o giudiziario,…), che ci siano routines e processi automatici fssi. Es: se c'è un ospedale, so che dentro vi curano la gente malata. In questa forma di fducia sistemica, la mia esperienza personale conta meno. Questa assomiglia più a un atto di fede, non verifcabile. Come se aderissimo ad un ordine sovra- naturale. Es: Se ho del denaro, posso fare acquisti. Mi fdo che il meccanismo funzioni. È la risposta al bisogno di sicurezza che nasce con il complessifcarsi della società in cui viviamo, che richiede una generalizzazione dell'atteggiamento di fducia. Più la società è complessa, più si ampliano i piani su cui è necessario avere fducia, fno ad arrivare al piano più alto della fducia sistemica. È un bisogno di ridurre l'incertezza: l'ISTAT ogni anno misura l'indicatore di fducia dei consumatori: quanto è il rapporto di fducia nel fatto che le cose continueranno a funzionare come hanno sempre fatto, secondo le regole del vivere sociale. 12.12.2013 Esistono diversi livelli che nell'ambito di un contesto sociale permettono di costruire il rapporto di fducia: fducia primaria (originaria), fducia interpersonale generalizzata, fducia istituzionale specifca e fiducia sistemica. FIDUCIA SISTEMICA: Atto di fducia con cui noi consideriamo alcuni presupposti rispetto alla nostra vita sociale. Es: il funzionamento del sistema economico: diamo per scontato che se abbiamo del denaro possiamo fare determinate cose, raggiungere obiettivi, attivare degli scambi ecc.
 Essa si basa su due passaggi fondamentali:
 1. Sull'aspettativa di riconferma del funzionamento e delle regole di un ordine sociale.
 Noi ci fdiamo del fatto che quelle che noi chiamiamo regole del gioco sociale continuino a ripetersi, ci aspettiamo di ritrovare quotidianamente una 82 È credibile per la competenza in uno specifco settore. 
 La questione della credibilità si lega agli infuencers (infuente specifco) e agli opinion leader (orizzontale) che è competente in uno specifco settore. Credibilità questa volta cognitiva che può essere specifca. È credibile in modo generalizzato. 
 Qui entra in gioco la fgura del leader carismatico, d'opinione, di movimento, di gruppo (persona che è credibile perché è lui o lei. La credibilità è qui attribuita in modo generalizzato).
 Credibilità che mette insieme da una lato il piano normativo e dall'altro il piano affettivo giocato però in termini generali. 
 Il leader carismatico è credibile perché genera un rapporto di adesione affettiva (anche se non è una persona che io conosco direttamente) e contemporaneamente genera un investimento normativo (anche se non necessariamente è una persona che ha realizzato nella sua vita un sistema di valori, come il ricco o il santo)

 Es: di leader carismatici: Grillo
 Es: Obama nel suo primo mandato. Ma non solo leader carismatico perché ha dentro anche una componente normativa basata sul fatto di avere una storia di vita che rappresenta la storia di altre persone, coerente con un organizzazione di sitemi di valore.
 Es: Nelson Mandela: no leader carismatico. É un leader perché ha realizzato nella sua vita una coerenza con un sistema di valori, quindi è una fgura a credibilità normativa. Anche se non rappresenta il mio sistema di valori gli attribuisco una credibilità normativa.
 La credibilità può essere trasferita: Da un soggetto ad un altro attraverso il meccanismo dell'accreditamento.
 – La "recommendation", nel modo in cui è intesa nel contesto anglosassone, è un modo di trasferire credibilità (lettere di raccomandazioni per professioni, per studenti). – 
Meccanismo del testimonial: meccanismo di trasferimento di credibilità, soprattutto se uno ha una competenza in uno specifco settore. Es: Schumacher che fa la pubblicità dei pneumatici.
 – L'accreditamento da parte di ordini professionali: persone che trasferiscono credibilità su nuovi individui che si affacciano alla professione Da un contesto ad un altro.
 L'anticipazione di credibilità data dal successo in un altro contesto. 
Es: Renzi ha una capacità di leadership e una costruzione di credibilità trasferita da un contesto ad un altro. Renzi ha avuto successo in un dato contesto (come sindaco di Firenze) e ciò gli ha dato un'anticipazione di credibilità che lui ha 85 speso su un altro piano.
 Es: Obama nel suo secondo mandato
. Credibilità rifessa, normativa (perché si incarna un sistema di valori condiviso da gran parte della popolazione). Tutte queste sono dinamiche di costruzione della fducia nella comunicazione che passano attraverso il riconoscimento di credibilità.
 A che cosa serve la fducia? A ridurre l'incertezza sostituendo le informazioni mancanti con una forma di certezza che rassicura. Serve ad agire quando non riusciamo a gestire e ad ottenere tutte le informazioni: - nelle situazioni di emergenza. Es: terremoto, parere degli esperti. Ho bisogno di persone di cui fdarmi nelle situazioni critiche. - nelle scelte ad alto rischio (Es: militari) - nelle scelte che coinvolgono molte persone. (Es: scelte politiche ed economiche. Non sempre abbiamo tutte le informazioni per decidere cosa è meglio fare individualmente. Spesso ci affdiamo a scelte collettive, da qui la delega della fducia e credibilità costitutiva di un sistema economico e politico) Se manca la fducia?
 Si acuisce il senso di incertezza e gli esiti possibili sono: Si moltiplicano le regole. 
 Le regole sono l'alternativa alla fducia. I sistemi molto normativo sono quelli che si basano poco su una dinamica di fducia.
 Es: in una relazione di amicizia non ho bisogno di mettere in chiaro quali siano le regole della fducia. (Se non mantengo un segreto la mia amica non mi parla più). 
 Oppure quando torno a casa e devo preparare la cena. Non sto a ripeterlo tutte le volte, preparo la cena e basta. Si sostituisce la fducia cognitiva con quella affettivo/emotiva delle solidaristiche e "fdeistiche", dei simboli generali, del carisma. 
 Si generalizzano le forme di adesione rifesse, quelle che si basano su una adesione affettiva.
 Ricorso a un simbolo generale, ad un'idea. Si usa un'adesione carismatica e di carattere fdeistico quando tutte le altre forme di fducia vengono meno e devo compensare. Queste sono due declinazioni possibili nel caso in cui la fducia viene meno.
 
RIASSUNTO: Siamo partiti da un ragionamento sugli elementi della comunicazione. Parte 86 introduttiva sulla sociologia della comunicazione.
 1. Elementi della relazione comunicativa: soggetto agente, intenzionalità, dimensione identitaria, dimensione su cui si costruisce la relazione comunicativa.
 2. Ruoli e contesti: cosa implica la presenza di un ruolo in una relazione comunicativa, discorso di Goffman sull'identità e sulla faccia nelle relazioni comunicative, qual è il peso del contesto ossia la situazione comunicativa, la negoziazione della situazione comunicativa, il fatto che sia qualcosa di defnito nell'ambito della relazione e sui cui si gioca il potere ecc.
 3. Dalla situazione comunicativa come qualcosa di locale all'interno di un processo comunicativo alla comunicazione che esce dal piano della relazione interpersonale e che si affaccia alle dimensioni legate ai media, la dimensione dei rituali attraverso cui io interrompo la quotidianità per avviare una relazione comunicativa, la disattenzione civile, lo stigma, i frames come strumento cognitivo che abbiamo per interpretare un repertorio di strumenti cognitivi usati per interpretare le situazioni comunicative, gli eventi che ci vengono raccontati. 4. Rapporto mezzi di comunicazione di massa, cultura e società. Approccio culturale, che ruolo hanno i mezzi di comunicazione all'interno di una società, (Innis: i mezzi di comunicazione modellano il tipo di contesto sociale e culturale che si va a sviluppare). Autori approccio culturale e che proseguono discorso di Mc Luhan.. Ecc. discorsi sulla globalizzazione, disembedding (Giddens)
 5. Ragionamento sulla dimensione interculturale della comunicazione: diverse culture che si sviluppano in vari contesti sociali, culture ad alto e a basso contesto, forme di comunicazione che le caratterizzano.
 6. Teorie legate al rapporto tra media e modernità, legate ai media studies, effetti sociali dei media pertinenti nel contesto contemporaneo: – Teoria dei media come agenda (agenda setting)
 Teorie attuali: ci raccontano come la dimensione delle reti sociali sia qualcosa che agisce sulla formazione dell'opinione pubblica. Monitorare il mio intorno come un radar. – Spirale del silenzio – Teoria della comunicazione a due stadi: mette in gioco la dimensione delle relazioni sociali come mediatore tra media e contesto sociale. Scoperta e introduzione della fgura dell'opinion leader e attualizzazione negli studi su come si costruisce la fgura degli infuencers sugli spazi social.
(forse chiede queste)
 > QUESTIONE DELLA FIDUCIA:
 Tre sono le chiavi da tenere presenti: 87 → TAYLOR 1871 “le conoscenze, le credenze, l’arte, la morale, il diritto, il costume e qualsiasi altra capacità o abitudine acquisita dall’uomo in quanto membro della società” Tutto ciò che non è dimensione biologica Antropologo che propone un approccio in cui fa rientrare tutto nella cultura: le conoscenze, le credenze, l’arte, la morale, il diritto, il costume qualsiasi altra capacità abitudine acquisita dall’uomo in quanto membro della società. Tocca la dimensione primaria dell’uomo. Questo è un rischio perché non si possono più defnire i confni. Quali sono i confni della cultura? La cultura non solo la competenza di un individuo, uomo colto, insieme opere artistiche. Cosa teniamo dentro o fuori dalla cultura. - APPROCCIO SOCIOLOGICO: → PARSONS 1951 Sociologo che cerca di mettere dei confni. In realtà lui defnisce che la cultura è l'insieme delle norme, valori, credenze e simboli di una nazione, di un popolo, di un gruppo. Egli sposta la dimensione della cultura sul piano astratto (non ci sono oggetti materiali, la cucina..ci sono soltanto in termini di norme. “come si fa a cucinare”). Ciò che noi chiamiamo cultura è qualcosa che si sgancia dalle azioni della vita quotidiana ma che nella vita quotidiana c'è. Lui defnisce: “norme, valori, credenze, simboli”. Dimensione delle Norme = convenzioni condivise, criteri di giudizio riguardanti la vita collettiva Valori = gli ideali (felicità, giustizia), le mete collettive (istruzione, pace, rispetto per la natura), le qualità positive (solidarietà; riguardo per le scienze e le arti) Credenze = convinzioni profonde (fede religiosa), ma anche pregiudizi Simboli = tutto ciò che dà un signifcato agli elementi precedenti e che permettono loro di circolare e venire scambiati Ma la dimensione simbolica è quella che costituisce la cultura, che da un signifcato agli elementi precedenti, che permette loro di circolare e venire scambiati: la cultura sono tutti quegli elementi simbolici fatti di forme espressive, linguaggi che danno un signifcato a queste norme e che permettono loro di circolare e di essere scambiati. Se io non scrivo da qualche parte quali sono le norme non circolano facilmente. Per lui c’è un substrato di cultura che sono le norme e i valori e poi ci sono gli elementi che la fanno circolare, e questi sono le dimensioni simboliche ossia tutto quello che, artistico o non artistico, esprime questo insieme di norme, valori e credenze in una circolazione di prodotti culturali, mediali, leggi o altre 90 attività non necessariamente artistiche. Parsons rimette in gioco la dimensione del simbolico in modo signifcativo ma non la lega alla forma artistica necessariamente UN TENTATIVO DI SISTEMATIZZAZIONE Per spiegare meglio questo passaggio il luogo della cultura tra gli anni '50 viene identifcato con la sfera simbolica. La “sfera simbolica” diviene il luogo della cultura sia che si esprima in forme e prodotti culturali sia che si esprima in azioni che sono "culturali" in quanto hanno un valore simbolico. Vuol dire che dentro questa sfera simbolica ci stanno: · LA CULTURA MATERIALE: - Le opere di artigianato, gli abbigliamenti, la cucina, la cura del corpo, i libri, l’architettura, i prodotti della tecnologia e del consumo. - Il modo in cui vengono prodotti e consumati. La cultura materiale, (cucina, libri, prodotti della tecnologia di consumo..) che ci stanno quando sono caricati di un valore simbolico, non sempre. Cioè quando es l’abbigliamento ha un valore simbolico, la cucina rituale di festa (tacchino del giorno del ringraziamento, prodotti della tecnologia e di consumo). Quello che fa la differenza è essere espressione di valori e norme che fanno la cultura. Dentro qui ci sta il modo anche in cui vengono consumati, il modo in cui queste cose vengono fatte e consumate, quando è caricato di valore e diventa parte di una cultura Ci sono anche delle azioni che hanno un valore culturale che non sono tutte le cose che si fanno nella quotidianità, ma quelle azioni che si fanno acquistano un valore simbolico. Il valore culturale delle azioni: - Il mandare i fgli a scuola - Il sistema economico - La legislazione Es: Mandare i fgli a scuola esprime il fne collettivo dell’istruzione, il sistema economico di un paese secondo cosa premia imprenditorialità, le istituzioni pubbliche esprimono un sistema di valori e in questo senso è parte di una cultura. La legislazione, non in sé, secondo quale valore, orientamento o credenza esprime. Siamo ad un’'idea di cultura che comprende molte cose ma che distingue la dimensione del valore simbolico che questi oggetti e queste azioni hanno per rappresentare la cultura stessa. 91 Fino adesso abbiamo parlato di quello che si chiama sistema sia che parliamo di opere d’arte ecc.. Ora parliamo di qualcosa che esiste, qualcosa a cui si può appartenere, che si può condividere e imparare e che ha la natura di un sistema, qualcosa che esiste prima di noi e a cui noi aderiamo. Il dibattito è contemporaneo tra Parsons e altri sociologi. L’obiezione che viene fatta a Parsons è che la cultura non è qualcosa che si limita al riprodursi di generazione e in generazione ma è qualcosa di dinamico, e allora Raymond Williams dice: → RAYMOND WILLIAMS 1958 “la cultura come un processo che si riproduce e si trasforma giorno per giorno. un contesto in cui “ciascuno produce, pensa, agisce” e innova”. In realtà la cultura è qualcosa di dinamico, non è solo un sistema ma è anche un processo che si riproduce e si trasforma; quello che le persone fanno mette in moto questo processo. La cultura non si evolve da sola ma si evolve perché delle persone agiscono, giorno per giorno su un contesto in cui ciascuno produce pensa agisce e rinnova. La cultura non si evolve da sola, ma si evolve perché delle persone agiscono dentro la cultura, ciascuno produce, agisce e rinnova dentro il sistema della cultura stessa. Questo è uno snodo assolutamente cruciale. Quale è il rapporto tra prodotti culturali e pratiche culturali? Domanda che sorge in questo ragionamento è: da un lato abbiamo il mondo culturale dall’altra le pratiche culturali, le azioni che le persone compiono. Prodotti culturali sono di tanti tipi. C'è una duplice presenza: → GEERTZ (1973) la cultura come insieme di simboli e signifcati VS → BOURDIEU (1980) la cultura come insieme di pratiche Dice che la cultura va intesa come un insieme di simboli e signifcati. Estremizza il discorso di Parsons. Dice che la cultura è un insieme di pratiche e bisogna tenere conto del fatto che le persone agiscono all’interno della cultura. → GIDDENS: la soluzione del problema la propone lui tra anni '70 - '80 (si occupa anche di cultura oltre che di media). 92 Nel tempo gli attori sociali (chi agisce all’interno della società e della cultura) acquisiscono delle abitudini di comportamento che gli vengono comunicate attraverso il PROCESSO DI SOCIALIZZAZIONE: tappe formative delle persone che passano attraverso le istituzioni della famiglia, della scuola, che esistono all’interno della società e che forniscono un set di istruzioni che sono anche culturali, ossia come agire all'interno di questa cultura. Queste istruzioni legate alle caratteristiche delle culture in cui le persone vivono diventano abitudini, diventano trasparenti, sedimentate e poi ovvie. Quando diventano ovvie diventano ciò che lui chiama HABITUS (insieme di atteggiamenti e di regole caratteristiche di una società e che sono sedimentate in una dimensione più strutturata, quella che equivale per tutti e che diventa un pratica non più rifessiva). Noi siamo persone attive, non siamo soggetti che assorbono un habitus e immediatamente si adeguano, ma siamo delle persone che si appropriano di quell’habitus APPROPRIAZIONE: non prendiamo solo qualcosa ma lo facciamo nostro; un po' come nei ruoli, interpretiamo e fltriamo attraverso nostre caratteristiche. Anche l’HABITUS culturale viene interpretato ed è oggetto di appropriazione e in questo farlo nostro si generano degli scostamenti, modifche e discontinuità che sono la dimensione umana dell’AGENCY in rapporto alla STRUTTURA. Sono le differenze nel modo in cui ciascuno si appropria della cultura che fanno evolvere la cultura stessa. La cultura funziona nell’ambito di una dialettica fra TRADIZIONE E INNOVAZIONE: - TRADIZIONE è rappresentata dall’Habitus, dalla struttura, dall’insieme di signifcati che fanno parte della cultura. - INNOVAZIONE è quello che è espresso dall’Agency, dalle pratiche di appropriazione di una cultura, che garantiscono la trasformazione della cultura. Senza rinnovamento la cultura si spegne. → SWIDLER 1986 Cerca di spiegare l’Agency, la capacità di azione = è il luogo dove la cultura vive ed entra in pratica e si esprime quando usiamo una regola culturale elaborandola e adattandola ad un obiettivo che abbiamo; forziamo il codice culturale per agire, comunicare qualcosa. “L’agency è il luogo in cui si manifesta la pratica culturale ovvero in cui si utilizza un codice anche elaborandolo, modifcandolo, adattando le sue regole a nuove circostanze per fare qualcosa nel mondo” Es: Flashmob: pratica culturale tipica della contemporaneità e si basa su questa dialettica. Ci sono dei codici culturali che ci indicano cosa si fa in determinati 95 spazi. Es: la piazza di una città è uno spazio pubblico, le persone fanno cose, la performance non è compresa tra le pratiche culturali e sociali tipici di una piazza. I Flashmob forzano il codice culturale di uso di uno spazio pubblico, modifcandolo per una cosa non prevista per quel luogo e hanno come obiettivo quello di fare qualcosa nel mondo (sensibilizzare su un tema, partecipare ad un evento collettivo, esprimere qualcosa). Non modifcano il codice culturale d’uso della piazza in senso di struttura, non è qualcosa che altera radicalmente la struttura me ha dentro caratteristiche tipiche dell’Agency. Codici forzati in un determinato momento. Il Flashmob lascia una traccia culturale e si è sedimentato come pratica, non alterando strutturalmente qual luogo, è una tipologia di evento, una forma espressiva, un modo di agire che si è istituzionalizzato. Esso è nato dal basso per manifestare un adesione ad un tema, un movimento, una causa, e progressivamente si è istituzionalizzato. Es: giornate contro la violenza sulle donne. Nella nostra cultura contemporanea a livello globale è noto, è qualcosa che non c’era, legato a queste pratiche e alla dimensione dell’Agency, ma che adesso esiste ed è un processo comunicativo. C’è stato un processo di innovazione. Il rapporto tra sistemi di signifcati e pratiche è ciò che garantisce l’innovazione e la trasformazione culturale. Come avvengono questi processi di innovazione? Avvengono elaborando stili o “strategie di azione culturale”. Forme che sono organizzate ‘strategie di azione’. Alcuni hanno successo, durano nel tempo, diventano pratiche culturali e si ha un processo di innovazione, altri no. Dentro il Flashmob in termini di appropriazione di forme culturali, ci sono altre cose da considerare oltre alla dinamica legata allo spazio. Es: la costruzione di una strategia di azione culturale che prende dalla cultura contemporanea la dimensione performativa, noi viviamo in una cultura latente performativa, legata allo spettacolo, alla messa in scena, la performance del sé. (fenomeno del selfe); riconosciamo il valore della messa in scena, che è un momento centrale della nostra cultura. I Flashmob prendono degli aspetti tipici della cultura contemporanea (la performatività) e li mettono dentro una strategia di azione. In questa prospettiva Swidler dice: “la CULTURA (dimensione dell’habitus) è una “cassetta degli attrezzi”,una collezione di strumenti che noi acquisiamo e che si trasformano in mezzi per la realizzazione dell’azione (agency) di una performance precisa”. Quello su cui ci vuole guidare è il passaggio dell’idea di cultura come qualcosa di sovraordinato alle persone, mondo ideale platonico della cultura, qualcosa 96 che io posso acquisire ed imparare. Nella pratica sociale e culturale la cultura è una serie di strumenti che noi utilizziamo e su cui noi esercitiamo l’Agency. Questa idea di cultura ci porta verso la comprensione dei fenomeni legati alle audiences, luogo dove si esprime il consumo culturale. Il passaggio è legato all’idea di CULTURA DI GUSTO. Il modo con cui le persone esercitano l’Agency rispetto alla struttura, le pratiche culturali delle persone rispetto all’Habitus generano anche delle culture di gusto. Quando noi pensiamo ai riceventi dei prodotti culturali ci troviamo di fronte ad un insieme differenziato di persone, diversi gruppi di persone che agiscono in modo diverso. Non abbiamo davanti l’audicence nella sua assolta astrazione, ma gruppi diversi fra loro. I riceventi degli oggetti culturali si differenziano tra loro sulla base di diversi gusti e diverse pratiche di consumo culturale. Non si differenziano solo in base ai profli sociodemografci (giovani, vecchi, donne, uomini). Quella dei giovani è una categoria astratta: gruppo di persone con diversi gusti e pratiche di consumo culturale. Questo mix indica la cosiddetta cultura di gusto. → GANS 1974 “esiste un certo grado di omogeneità”. Per primo parla di culture di gusto. Scrive il libro “Popolar culture, high culture”. Rifette sulla relazione tra cultura popolare e cultura alta, tema forte negli anni 70. Se prendiamo i gruppi sociali troviamo un certo grado di omogeneità e di coerenza, date da un insieme di valori estetici e standard di gusto condivisi all’interno di questo gruppo. STANDARD DI GUSTO (cosa è bello, cosa è brutto): pacchetti di consumi culturali condivisi (ci piace il cinema o non ci piace), questo insieme di valori estetici, (standard di gusto = pratiche, cosa faccio?) dà la cultura di gusto. In base alla cultura di gusto si distinguono diverse tipologie di gusto che operano scelte simili. Per costruirle bisogna andare ad indagare quali sono le pratiche di consumo culturale abituale delle persone. Bourdieu a partire dall’individuazione dell’Habitus e delle pratiche culturali, anche lui rifette sulle culture di gusto. Scrive un libro “La Distinction. Critique sociale du jugement (gusto)“ Qui discorso ancora legato al concetto di classe sociale, oggi un po’ superato, le prime rifessioni sulla cultura di gusto sono legate alla distinzione tra diverse classi sociali. Bourdieu parte dall’idea che le classi sociali si distinguono anche perché hanno gusti culturali diversi. Bisogna parlare delle diverse culture di gusto delle varie classi sociali, si va oltre la distinzione astratta tra cultura alta e popolare (fne 97