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Sociologia della comunicazione e dei media digitali, Appunti di Sociologia Della Comunicazione

Gli appunti sono completi e permettono di svolgere l'esame ottenendo ottimi risultati. Gli argomenti trattati nel corso sono relativi all'opinione pubblica e alla formazione di opinion leader, la teoria della spirale del silenzio e quella della coltivazione, llo sviluppo della società fino alla platform society con i suoi meccanismi, i processi di misinformation e i media e culture algoritmiche. Il file contiene anche degli esempi pratici, e un riassunto in preparazione all'esame con domande frequenti.

Tipologia: Appunti

2021/2022

In vendita dal 02/10/2023

Ester.23
Ester.23 🇮🇹

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Scarica Sociologia della comunicazione e dei media digitali e più Appunti in PDF di Sociologia Della Comunicazione solo su Docsity! 1 Sociologia della comunicazione e dei media digitali Quando parliamo degli effetti sociali dei media sulla società parliamo di come il sistema dei media influisce sul nostro modo di: informarsi, formarsi un’opinione, produrre e consumare cultura, agire e mobilitarsi (importanti azioni collettive). È fondamentale capire la relazione tra media e società, sono sempre interconnessi e si influenzano a vicenda. La dimensione globale e la visibilità̀ transazionale dei movimenti è sostenuto da un certo sistema dei media e la capillarità̀ con cui riescano a mobilitare singole persone in tanti stati diversi dipende anche dall’importanza dei media. I media e soprattutto la digitalizzazione ha cambiato le relazioni nei confronti dell’opinione pubblica: - le teorie classiche vanno riconsiderate - emergono questioni relative alla privacy e alla fiducia Le grandi infrastrutture su cui viaggiano le informazioni sono essenzialmente quelle digitali, soprattutto le piattaforme sociali piattaforma mediale della contemporaneità̀ Viviamo in una società delle piattaforme, non sono solo più social media, e sono spesso basati su logiche algoritmiche, niente è casuale ma si basa tutto su un algoritmo che impatta su quello che io vedo/ penso/ faccio. Platform society Fa riferimento alla centralità̀ che le piattaforme (tutte le risorse che utilizziamo per supportare le nostre attività̀) hanno acquisito all’interno della nostra vita quotidiana. La focalizzazione dell’attenzione degli studiosi ha iniziato a spostarsi dalla sola internet intesa come ciò̀ a cui accediamo mediante i motori di ricerca e i soli social, verso tutta quest’architettura che caratterizza la contemporaneità̀. Ci si sta concentrando sulla pervasività e la presenza d alcune piattaforme fondamentali che sono lo strumento attraverso cui gestiamo la quotidianità, che va oltre la presenza dei social e dei media. José Van Dijck riflette su quali sono le infrastrutture che oggi (2020) caratterizzano la società̀, con questo volume “Platform Society” afferma che l’elemento che caratterizza la società̀ è la presenza di infrastrutture sopra le quali noi poggiamo la nostra vita quotidiana. Per piattaforme intende un’architettura digitale programmabile, progettata per organizzare interazioni tra utenti; non solo utilizzatori finali, ma anche imprese commerciali e istituzioni pubbliche con delle regole alle quali adeguarsi. Per svolgere le nostre attività quotidiane facciamo riferimento a queste piattaforme che mediano le nostre interazioni, le nostre azioni e decisioni, che contengono i nostri contenuti, che ci permettono di comprare, e che in generale stanno al giorno d’oggi mediando tutte le nostre attività. Ne fa anche un discorso di sistema economico, i soggetti sono sempre più ampi e non si fa riferimento solo al grande sistema dei media (CNN, produttori serie tv…) ma ce ne sono anche altri che tendiamo a non vedere. Sono dei tool che mettono in con tatto singoli individui ma anche imprese commerciali. Serie di strumenti digitali che usiamo per entrare in relazione con soggetti che ci interessano. 2 Si tratta di un ecosistema di piattaforme, non separabili le une dalle altre, è un assemblaggio di piattaforme interconnesse governate da un particolare insieme di meccanismi che modellano le pratiche quotidiane. Non sono indipendenti, non possono fare a meno l’una di un pezzo di un’altra e sono una vera e propria infrastruttura (mettono in contatto me con il governo, aziende…). Il punto di partenza del ragionamento di Van Dijck sulle caratteristiche della platform society è che ormai noi modelliamo buona parte della nostra vita quotidiana su queste architetture; quindi, quali sono i meccanismi che caratterizzano le piattaforme e caratterizzano la nostra vita quotidiana? Nell’ecosistema coesistono 2 tipi di piattaforme: - piattaforme infrastruttura - piattaforme di settore INFRASTRUTTURA: Queste piattaforme fondamentali sono chiamate le “big five” o FAMGA - Facebook - Apple - Microsoft - Google - Amazon Queste grandi piattaforme gestiscono la stragrande maggioranza dei dati che circolano in rete, delle informazioni e dei contenuti. Sono quelle che oggi fanno da gate keeper, in una società sono quei soggetti che mediano il flusso di informazioni, cosa io vengo a sapere lo gestiscono loro. Nella società algoritmica, sono per esempio le organizzazioni che decidono cosa mettere al top del mio feed. Sono tutti distributori di contenuti, molto di più della loro identificazione immediata e superficiale (Amazon è un venditore di prodotti), e influenzano ciò che io percepisco del mondo. Formano il cuore dell’ecosistema su cui le altre applicazioni e piattaforme vengono poi ad appoggiarsi. Stiamo vivendo in una società in cui l’infrastruttura è affidata a 5 grandi colossi tecnologici che stanno guidando l’evoluzione e le nostre attività secondo le loro logiche; i loro meccanismi finiscono per influenzare anche noi 5 Sono i connettori tra i fornitori di servizi e gli utenti, molte volte ci interfacciamo con chi sviluppa la parte finale, l’app, con però tutti i servizi che mettono a disposizione i big five; oppure spesso le app sono anche connettori tra utenti e microimprenditori (air bnb, uber, etsy). Hanno un impatto sulla società molto grande, offrendo servizi di collettività (spesso di big five possiedono parte di queste applicazioni, investendo nel loro sviluppo, air bnb un privato mette a disposizione una sua casa). In altri casi, svolgono anche la funzione di connettori tra utenti finali e imprese complementari tradizionali, già esistenti, che raggiungono il loro pubblico grazie a questa interazione (the fork o imprese di delivery, ristorante già esistente, i driver fanno i microimprenditori presso sé stessi). Ci suggeriscono dei modi secondi i quali è ideale che noi ci organizziamo, come uno dei tanti criteri di scelta che abbiamo a disposizione. I media stanno all’interno di queste piattaforme Lezione del 5/10 Opinione pubblica Moltissime delle teorie che sono state sviluppate nel tempo sul rapporto tra mezzi di comunicazione e società sono legate a come questi contribuiscano alla formazione dell’opinione pubblica (notizie, produzione culturale). Cambiando il sistema dei media e rendendolo digitale cambia anche il modo in cui si forma l’opinione pubblica. I primi studi sul rapporto tra mezzi di comunicazione e società sono stati fatti in America, e le campagne elettorali sono state l’oggetto principale di studio. I media possono influenzare il pensiero politico e le scelte delle persone, ed è un pensiero sviluppato fin dal principio. Ci si è resi conto che i mezzi di comunicazione di massa sono degli importantissimi collanti di una società, legano e tengono insieme persone che appartengono allo stesso contesto sociale fornendo oggetti e contenuti sullo stesso pensiero comune. Il termine di COMUNICAZIONE viene intenso nell’accezione di “METTERE IN COMUNE”, connettono persone della stessa società con dei SIGNIFICATI SOCIALI CONDIVISI (parole, valori, abitudini) ed elementi di comportamento e modi. Da un lato ci informano su quello che succede e contemporaneamente ci offrono dei modelli a cui ispirarci su professioni, comportamento, relazione con gli altri. Dentro questo ragionamento si sviluppa anche lo studio di come i media contribuiscono al formarsi dell’opinione pubblica. WALTER LIPPMAN- 1992 “Ciò che l’individuo fa si basa non su una conoscenza diretta e certa, ma su immagini che egli forma o che gli vengono date” 6 Quando si sviluppano delle società complesse e articolate su tanti livelli diversi, noi individui prendiamo delle decisioni non tanto basandoci su esperienze dirette, ma su delle conoscenze che percepiamo in modo mediato, spesso dai mezzi di comunicazione. Su moltissime questioni prendiamo delle decisioni basandoci su immagini, idee, rappresentazioni e racconti che ci vengono date e che noi utilizziamo per formarci un’opinione. Vendiamo solo un pezzetto della realtà, non siamo davvero li in prima persona, ma, nonostante ciò, ci siamo fatti un’idea sulla base di ciò che ci viene detto (immigrazione). Tutti i racconti dei media sugli eventi e sul comportamento formano l’opinione delle persone, a seconda di come questi ci raccontano di certe situazioni noi agiamo di conseguenza. CHE COS’È L’OPINIONE PUBBLICA? È collettiva, è fatta di credenze (giudizi e non verità assolute), è determinata e non è sempre unitaria COSA C’ENTRANO I MEDIA? Non possiamo fare esperienza diretta di tutto ciò su cui dobbiamo avere un’opinione, e nasce nel periodo in cui i media e la stampa iniziano a svilupparsi. Nasce quando le persone possono scambiarsi delle idee informati sui fatti della vita pubblica, quando si ha un’opinione collettiva e condivisa (leggere le notizie sui giornali). I media sono lo strumento attraverso cui le persone hanno iniziato a sviluppare delle opinioni pubbliche. Sulla base dell’opinione pubblica le società cambiano ed evolvono, e questo processo è iniziato con i primi media a stampa per poi diffondersi, potersi informare è la base per creare un pensiero e confrontarsi per avere un’opinione condivisa. Lo sviluppo e l’istruzione sono passaggi fondamentali per diffondere il sapere e rendere l’intera società partecipe. Le persone hanno poi iniziato a occuparsi della vita pubblica e politica con la formazione di circoli, e i media lo hanno reso un fenomeno di massa. COME SI FORMA L’OPINIONE PUBBLICA? CASCATA: l’idea tradizionale, coloro che possono accedere di prima mano alle informazioni (protagonisti degli eventi a livello economico o sociale) cominciano a partire dalla conoscenza diretta dei fatti per sviluppare dei racconti, che poi condividono con i soggetti politici e i media. Il racconto poi arriva a noi, e la modalità con il quale ci arriva influenza ciò che pensiamo noi. Élite economiche e sociali élite politiche e governo media e leader d’opinione demos giudizio e modo di pensare collettivo della maggioranza dei cittadini insieme delle idee che un determinato agglomerato umano ritiene giusto e vero in un determinato momento sistema di credenze sulla cosa pubblica non è un qualcosa di unitario, ma l’insieme delle correnti di opinione anche opposte dominanti in una società 7 I cittadini ricevono quindi delle narrazioni e rappresentazione che formano la loro opinione. Così ha funzionato fino a quando erano presenti stampa, radio e televisione in quanto era un percorso verticale con i cittadini all’ultimo step. RIBOLLIMENTO: quando al sistema dei media tradizionali si affianca quello dei media digitali ci sono dei cambiamenti. Il processo di formazione dell’opinione pubblica non avviene solo verticalmente, ma anche al contrario, viene dal basso: non solo posso vedere i racconti delle élite, ma posso vederli anche direttamente da chi è testimone in prima persona degli eventi. Si può saltare il processo di mediazione, e ci possono essere delle opinioni che si formano dal basso con il cittadino diretto del cittadino e qualcuno che inizia a raccontare (Greta Tumberg). Quello che il sistema dei media ha portato nella formazione dell’opinione pubblica non sempre è stato positivo, alcune di queste trasformazioni sembrano aver affievolito la sua importanza. Con lo sviluppo dei media e del ribollimento l’opinione pubblica si è frammentata, le fonti si moltiplicano e con loro anche la quantità di possibili giudizi. Troviamo una molteciplità di opinioni possibili all’interno della rete, e l’opinione pubblica condivisa fa più fatica a formarsi, siamo bombardati da giudizi di valori diversi e contrastanti. Indipendentemente dai media tradizionali possiamo anche scegliere la nostra nicchia e posizionarci li. QUANDT 2012 Opinion leader La figura dell’opinion leader emerge con il primo approccio contemporaneo allo studio del rapporto tra media e opinione pubblica. Per definirli si usa l’acronimo KOL= key opinion leader Se ne occupano Paul Lazarsfel & Elihu Katz, elaborano una teoria che si chiama “Two step flow of communication” nella quale mettono a fuoco nella comunicazione mediale l’importanza della figura dell’opinion leader. CHI SONO GLI OPINION LEADER? Figure che hanno un potere comunicativo particolarmente forte, parlano attraverso i media e quindi sono in grado di influenzare in modo determinante l’opinione pubblica (influencer). È una definizione di opinion leader più locali, importanti in un gruppo e che sono le persone a cui noi ci rivolgiamo, più riconosciute dal basso. Più è frammentata l’opinione pubblica, più sarà possibile trovare degli opinion leader locali con gruppi ristretti rispetto ad alcuni posizionamenti. Noi oggi siamo in una situazione per cui la presenza di internet e dei social media ha frammentato l’opinione pubblica come società, possiamo trovare una molteplicità di opinioni diversi e gruppi che aderiscono a cui possiamo aggregarci e in cui possiamo riconoscerci. Chi gode del prestigio o detiene i mezzi per influenzare in modo determinante l’opinione pubblica Membri di una comunità, di un gruppo o di una società a cui gli altri si rivolgono per avere consigli, opinioni o punti di vista 10 - Commitment, elevato coinvolgimento ed interesse per determinati argomenti - Socievolezza, capacità di trasferimento di informazioni a gruppi di individui (gregari) che appartengono allo stesso gruppo sociale, deve avere una grande abilità comunicativa per essere efficace nel passaggio di informazioni - Leadership, deve avere un riconoscimento dal basso, la comunità a cui appartiene deve vederlo come persona in possesso di maggiori conoscenze/ commitment o literacy Su questi punti si gioca la credibilità degli influencer come opinion leader, devono far vedere che hanno realmente una motivazione personale su alcuni argomenti e devono essere riconosciuti dal basso, non solo per l’essere famosi ma per avere qualcosa in più su certi argomenti Gli opinion leader possono anche essere - verticali, comunicano verticalmente attraverso i media (ospitati all’interno dei media tradizionali, programmi di approfondimento ecc), hanno un ruolo molto visibile - orizzontali, agiscono all’interno delle singole reti sociali più o meno ampie. Non è necessario essere persone famose ma basta avere una grande capacità di influenza, tante teorie alternative sono state sostenute da persone che sono diventate opinion leader nelle reti social (complottisti, no vax, non sono persone note ai più) - monomorfi, hanno rilevanza in un solo o in un numero limitato di campi - polimorfi, riescono a fare il salto di tematica e la loro influenza non riguarda solo un argomento ma più in generale idee, atteggiamenti, propensioni e scelte politiche e di consumo, è più carismatico (influencer che cercano di essere presenti anche nel sociale e altri ambiti, funziona quando questi hanno una posizione carismatica, è il loro modo di vivere che viene riconosciuto dal basso per avere credibilità su diversi temi) Lezione dell’11/10 OP SUI SOCIAL MEDIA I media aumentano le potenzialità degli opinion leader, enfatizzano la figura e moltiplicano le possibilità di nascita e influenza. All’interno delle piattaforme social è più difficile però identificarli, si possono riconoscere da alcune caratteristiche. Ci sono tanti studi che rimettono in gioco gli studi di Paul Lazarsfel & Elihu Katz, e cercano di declinarlo in forme che siano adatte alla contemporaneità. Classificazione degli opinion leader in base ad altri criteri: area di influenza (locale orizzontale, globale verticale), area della conoscenza, comportamento (distruttivo, trova un modo per imporre la propria opinione e ottenere una posizione di leader, a discapito di cosa passano alla società), termine (lungo o breve, consolidate nel tempo o legate a un solo momento ed evento particolare, è più facile) 11 *L’opinion leader distruttivo è stato descritto come un comportamento volitivo di un leader che può o intende danneggiare l’organizzazione di cui fa parte o i suoi follower attraverso - incoraggiamento a perseguire obiettivi che violano gli interessi legittimi dell’organizzazione - utilizzo di uno stile di leadership che comporta l’uso di metodo di influenza dannosi verso i propri follower, indipendentemente dall’esistenza di giustificazione per questo comportamento Spesso l’obiettivo è quello dell’auto-realizzazione carismatica, conquistare popolarità è diventato un valore a sé molto presente nella nostra società. CARATTERISTICHE DELL’OL DIGITALE - essere considerati esperti di un prodotto o servizio - essere un membro attivo di una comunità online - partecipare con alta frequenza e dare un contributo sostanziale - essere considerato da altri utenti come soggetto che ha buon gusto in relazione alle decisioni di acquisto (riconoscimento dal basso) Gli influencer non sono mai totalmente verticali, ingaggiano. L’analisi è stata fatta da quasi 10000 follower di opinion leader, e identificano 4 caratteristiche dei contenuti per essere considerati significativi: - originalità: novità, innovazione e non convenzionalità, autenticità (come forma di risonanza con i propri follower, se sono oggetti troppo lontani dalla mia vita non sarò propensa a seguirli) - unicità: distinzione rispetto agli altri - qualità: cura dei contenuti e della forma, attrattività, comprensibilità e assertività, funzionalità alla creazione della reputazione - quantità: quantità di messaggi postati Questi profili diventano influenti al massimo anche grazie ad alcune caratteristiche dei follower - propensione all’interazione online anche con chi non si conosce - congruenza dei contenuti sul profilo e interessi, gusti, personalità dei follower Opinion leader Scope of influence Demain of knowledge Behaviour Time Short-term Positive Destructive Monomorpic h Global Local Polymorphic Long-term 12 Questo schema ci dice che ci sono tre gruppi di elementi chiave che fanno scattare il meccanismo di costruzione dell’opinion leadership su Instagram o sui social in generale. Questi tre elementi chiave sono il fatto che un account Instagram è percepito come unico e originale per lo stile, per i contenuti, per le caratteristiche sue intrinseche. Il fatto che questa percezione di unicità o di originalità venga riconosciuta da dei follower che sono disponibili a farsi coinvolgere nel processo di costruzione del valore del profilo (quindi che rispondano, che commentano, che raccomandino, segnalino il profilo ad altri e quindi che intercettino almeno un segmento di follower attivi). I follower cercano sempre di creare una certa complicità, facendo scattare anche il meccanismo di sintonia e vicinanza. GLI OPINION LEADER E TWITTER Nel 2011 è stato condiviso un articolo, “who says what to whom on twitter” per capire effettivamente come circolano le notizie, chi fa da intermediario e chi determina che una notizia sia diffusa più di un’altra, determinandone la viralità. La maggior parte degli intermediari che determina la diffusione di notizie su Twitter non sono opinion leader già famosi e conosciuti, ma degli utenti comuni. SE NON SONO FAMOSI, PERCHÉ RIESCONO A DIFFONDERE NOTIZIE? Questi intermediari, soggetti comuni che determinano il soggetto delle notizie, hanno delle caratteristiche che li rendono simili agli OP - sono esposti a più fonti mediali degli altri utenti (seguono più profili o pagine) È stata la prima piattaforma su cui sono stati studiati gli opinion leader, circolano tante news e ha tanti flussi di comunicazione, da spazio a una dinamica di comunicazione tra le persone che la utilizzano abbastanza articolata, nonostante non sia grandissima. Sono stati condotti tre diversi studi 1. “WHO SAYS WHAT TO WHOM ON TWITTER” 15 Ci sono tanti elementi che contribuiscono a questo lavoro - Media, raccontano quali sono i giudizi di valori corretti su un determinato fenomeno (non raccontano fatti ma hanno narrazioni volti a creare una parte dell’opinione pubblica) - Comunicazione interpersonale e rapporti sociali, uniti agli opinion leader che agiscono nei media - Manifestazioni individuali di opinione, per l’opinione pubblica contribuisce anche quello che io dico/ manifesto - Percezione dei climi di opinione nel proprio ambiente sociale, quello che io intuisco sia preferito dalla maggior parte della popolazione *questi ultimi due passaggi sembrano soggettivi, ma sono invece importanti e possono spiegare, ad esempio, lo scarto tra sondaggi e voti reali nel suo caso di analisi. È una spiegazione più profonda, non prende in considerazione solo gli OP ma mette in gioco anche i singoli. Cercare di capire la maggioranza delle persone che vivono intorno a noi è un meccanismo di psicologia sociale abbastanza diffuso, con effetti sull’intera vita sociale e non solo sul singolo. DAVID RIESMAN, 1950 “THE LONELY CROWS: A STUDY OF THE CHANGING AMERICAN CHARACTER” Elizabeth recupera gli studi del sociologo americano David Riesman, concentrandosi su un trattato sull’evoluzione dei modi di vivere degli americani. Alla fine del suo percorso storico Riesman ha fatto emergere quanto sia importante per l’individuo contemporaneo monitorare l’opinione pubblica. La formazione dell’opinione pubblica è il frutto di un lavorio sociale teso all’allineamento, per trovare consenso su alcuni giudizi di valore fondamentale L’opinione pubblica si forma nell’interazione tra il monitoraggio compiuto sull’ambiente sociale circostante e i comportamenti dell’individuo stesso. Ogni società che si è evoluta nel tempo è stata caratterizzata, in diverse fasi storiche, da un modo in cui le persone mettono in comune un modo di comportarsi. 16 Nel suo studio si chiede dove gli esseri umani attingono le regole per vivere insieme, ogni società è caratterizzata da un modo in cui si apprendono e condividono le regole del vivere comune e non esiste una comunità di individui slegati tra loro. Ogni fase storica ha i suoi tipi di individui caratteristici e ogni società ha un modo in cui si garantisce la condivisione di regole al suo interno, le regole ci consentono di stare insieme, integrarci gli uni con gli altri. Integrazione: meccanismi che ci permettono di integrarci gli uni agli altri, si creano regole di comportamento condivise (chi non le rispetta viene isolato) Socializzazione: meccanismi che ci permette di raccontarci all’interno di una società, di diffondere i modi di comportamento che abbiamo deciso Per arrivare alla società post-moderna suddivide la storia della società americana in tre grandi fasi - Pre-moderna, società tribali o nomadi, piccoli gruppi isolati che vivevano insieme. Sono società che spesso sono basate su legami familiari allargati, sono molte coese al loro interno e non hanno bisogno di grandi strumenti per trasmettere le regole del loro vivere sociale, molte volte basta l’oralità. Hanno dei ruoli abbastanza stabili e sono spesso legate a tradizioni; nella cultura americana la tradizione è ancora molto forte e sentita - Moderna, comunità più complesse e fuori controllo nelle città, si vive insieme a persone che non si conoscono e non ci si può più basare alla tradizione per scegliere le norme di comportamento. Si può cambiare la posizione sociale e servono nuovi strumenti per rendere coesa la società. I media diventano un punto di riferimento comune a tutti da cui si possono imparare e condividere molte regole di comportamento, ognuno individualmente è tenuto a imparare queste regole in base alle fonti che ha a disposizione. Nelle società moderne gli individui agiscono diretti da un personale e individuale sistema di valori che possono mutare il proprio status sociale. - Post-moderna, le comunità sono ancora più complesse, si vive in grandi città o metropoli e ci si sposta, ci sono contemporaneamente diverse culture e è sempre più difficile condividere delle regole. I media e le istituzioni non sono più sufficienti, le traiettorie di vita delle persone attraversano contesti diversi e, paradossalmente, tornano ad essere importanti le comunità più piccole. Quando il mondo si fa globale non si riesce più ad avere una comunità grande in cui identificarmi, devo avere un contesto locale più piccolo a cui appartenere. Torna importante il bisogno di essere conformi ai valori delle reti sociali alle quali apparteniamo, capire le regole delle piccole comunità che ci traghettano poi in tutte le nostre traiettorie. In questo contesto i media e le istituzioni non bastano più, e quindi ogni individuo deve capire da solo quali sono le regole della rete sociale a cui appartiene per non restare isolato. L’individuo monitora costantemente il suo intorno come se avesse un “radar”, oltre ad avere le istituzioni si forma un’idea del vivere comune a partire dalle reti sociali, dalle regole del gruppo e sulla base delle pressioni che questi gruppi esercitano. Per non rimanere isolati quindi si tende a capire qual è il pensiero dominante nel gruppoà quanto ciò che la gente intorno a noi pensa influisce sulla nostra opinione pubblica Da qui parte Elizabeth per immaginare un modello che spieghi quello che lei vede succedere intorno a sé. 17 Un problema della società contemporanea è la paura di restare isolati, il venir meno delle reti sociali di appartenenza che ci stanno attorno nelle traiettorie della nostra vita. Per questo, l’individuo è portato a monitorare continuamente quello che pensano gli altri, non soltanto per quanto riguarda le regole ma anche per le opinioni dominanti. Il monitoraggio avviene attraverso l’esperienza personale: attingendo alle nostre reti sociali e cercando di capire cosa pensano le persone che ci circondano, e attingendo anche ai media. Non sempre queste due cose sono sintoniche, l’opinione dominante dei media non sempre è dominante anche nel nostro contesto reale = OPINIONE PUBBLICA DUALE Gli individui sono molto allenati a capire velocemente se quello che pensiamo è allineato all’opinione dominante oppure no, se quello che i media raccontano ci mette in una posizione di sintonia o distonia. Si sono sviluppate delle competenze tali che mettono in condizione di valutare se il proprio punto di vista rispetto a un tema controverso ci colloca tra coloro che condividono una posizione maggioritaria o minoritaria, spesso usato come meccanismo di sopravvivenza. Questo monitorare l’opinione dominante agisce in modo molto chiaro sulla scelta di esprimere o meno un pensiero, senza però cambiarlo, influenzando il comportamento nella sfera pubblica. Non è un qualcosa che influenza il mio pensiero cambiandolo, ma è qualcosa che fa evolvere le società in una direzione o nell’altra. L’opinione pubblica prevalente è quella che le persone intuiscono dai racconti mediali e da quello che viene scritto sui social come dominante nella società. In questo caso l’opinione dominante è a favore Si danno due casi: la persona A esprimerà la sua opinione favorevole, sentendosi inclusa nell’opinione dominante e aumentando la percezione che quella sia davvero la dominante; la persona B invece non è d’accordo e, percependo di essere in una situazione di minoranza, decide di non esprimersi per non essere isolata. Dal momento che solo le persone d’accordo esprimono la loro opinione, la parte della società che la pensa diversamente verrà nascosta finendo nella spirale del silenzio. Più persone percepiscono di essere in minoranza rispetto all’opinione dominante, più persone staranno zitte e meno queste loro idee saranno presenti e rappresentate. Le opinioni percepite come minoritarie spariscono piano piano dai racconti mediali e dalle discussioni, diventando invisibili (anche se sono sempre presenti). I risultati sono diversi perché alcuni non lo dicono perché immaginano che siano nell’opinione della minoranza. Quando pensiamo di essere lontani dall’opinione pubblica stiamo in silenzio per evitare l’isolamento. Questo ha anche un effetto sociale, perché non si ha la percezione delle opinioni diverse perché non vengono espresse, si crea una distorsione, si crea un’enfasi sulle opinioni dominanti che fa perdere di vista l’esistenza delle altre opinioni. 20 Per diventare rumorosi È tutta una NARRAZIONE COSTRUITA, un modello, che però è servita per emergere come pensiero minoritario. Nel 2006 iniziano a mobilitarsi globalmente perché la sensibilità all’ambiente è diventata parte dell’opinione dominante, non hanno più bisogno di avere un singolo oggetto ma possono parlare in modo più generale. Tenendosi sempre vistosi e spettacoli, prendono dei monumenti simbolo in varie parti del mondo per esporci dei manifesti. Il modello era sempre del piccolo contro il grande nella dimensione del rischio, sono ormai seguiti dai media e riescono ad esprimere parte dell’opinione pubblica che si sta consolidando. Lo stesso nel 2011 per il nucleare, man mano che acquisiscono rilevanza occupano ambiti più concreti della vita delle persone, non si posizionano più su una nave in Alaska ma ai grandi eventi sociali (luoghi oggetti per la loro causa, luoghi simbolici di per sé e luoghi importanti nell’immaginario contemporaneo) Nel 2014, essendo sempre più rumorosa, Greenpeace ha imparato i linguaggi della contemporaneità, irrompendo in luoghi simbolicamente meno rilevanti ma con azioni molto notiziabili come i flash mob. Il movimento si è evoluto, ha sempre continuato a mettersi in scena con linguaggi man mano sempre più vicini alla modernità. Non basta essere rumorosi una volta, bisogna essere costanti e portare sempre novità agli occhi dei media. Il modello narrativo cambia, non è più solo il piccolo che sfida il grande ma è anche qualcosa di più leggero che irrompe però nella quotidianità con azioni performative. Nel frattempo, è anche nata la rete e si sono sviluppati i linguaggi mediali, e l’organizzazione si è adattata a questi nuovi mezzi per continuare a portare avanti la sua rumorosità, diventando virale. Tra i punti chiave ci sono la componente emotiva, elementi evocativi dell’imaginario (lego, bambini) e elementi contrastanti che lo distruggono, una frase che identifica il movimento e il concetto del boicottaggio (fa sentire tutti partecipi). Con l’arrivo della rete il passaggio successivo sono le rumorosità che diventano sempre più significative, possiamo identificarci e con la nostra azione comune tutti noi siamo Greenpeace tramite una modalità partecipativa. Qualche anno dopo infine, nel 2018, non si limita più al video virale ma costruisce una campagna di engagement di tutti gli attivisti come primo passo per la mobilitazione e sensibilizzazione nell’ambiente contemporaneo. Sceglie un linguaggio contemporaneo e riesce a costruire a ingaggiare tutti gli attivisti in prima persona, si sentono tutti parti di un movimento collettivo, parte di un’opinione condivisa raccontata questa volta con orgoglio. Usano WhatsApp e chiedono a tutti di indicare dove trovano grandi quantità di rifiuti plastici su tutte le spiagge, è un gesto simbolico che spinge ad agire più volenterosamente rispetto a un atto pratico; non risolve davvero il problema ma ingaggia le persone. Il numero è diventato importante e si iniziano ad utilizzare strumenti che permettono di contare il numero, oggi conta molto meno il gesto spettacolare ma il numero reale di sostenitori. azioni spettacoli facili da raccontare dai media ripropongono il gesto eroico degli attivisti di mettere a rischio la propria vita per sfidare il colosso centrale 21 Greenpeace è riconosciuta come parte dell’opinione dominante e le persone aderiscono. Lezione del 18/10 Spirale del silenzio e social media LA SPIRALE DEL SILENZIO CONTINUA AD AVERE EFFETTO ALL’INTERNO DEI SOCIAL MEDIA? È chiaro che Elizabeth negli anni ’70 del 1900 aveva un sistema dei media molto coeso e sintonico, pochi canali e molti media a broadcast che veicolassero un’opinione pubblica condivisa. SNOWDEN 2014 L’opinione pubblica si spacca, alcuni gli credono e altri no, alcuni sono moderati e altri più sicuri. È un caso fortemente divisivo Impostano dei questionari e li sottopongono a dei campioni della popolazione americana - Opinione delle persone sulle rivelazioni di Snowden - La loro propensione a parlarne in diversi contesti: di persona o online - La percezione dell’opinione di coloro che li circondano offline e online In termini macroscopici i risultati che emergono sono a favore del fatto che si riproponga all’interno dei social media un effetto a spirale, se non in modo più evidente. - Le persone sono meno propense a parlarne sui media che di persona, l’86% si sente più sereno a parlarne di persona e solo il 42% sui social Snowden è un ex consulente della NASA che comincia a fare delle rivelazioni che esistono forme di sorveglianza diffusa dei telefoni e della e-mail degli americani per le fasce di popolazione più interessanti. Non incolpa solo la NASA, ma le principali agenzie federali. Il Pew Research Center realizza ricerche quantitative sull’uso di internet in America, ed è uno dei centri più importanti. Si mobilita in questo caso per capire se su un tema così divisivo si creano degli effetti della spirale del silenzio legati e dipendenti dall’uso dei social media. I social media non sono percepiti come una piattaforma più libera per il dialogo senza gli effetti della spirale del silenzio, ma anzi a volte intimorisce un po’ di più 22 - In entrambi i casi, online o offline, il monitoraggio dell’opinione dominate delle persone che sono con me in quel momento è fondamentale, se si percepisce di essere in sintonia con la propria audience si è più disponibili a condividere la propria opinione. Su Facebook, ad esempio, la percentuale di disponibilità alla condivisione raddoppia se le persone sono d’accordo con noi; la percezione di una divergenza di opinioni generale l’effetto della spirale anche nei media - Usare i social media da l’idea alle persone di conoscere meglio le opinioni della propria rete sociale, di avere un monitoraggio anche con amici stretti, famigliari o vicini maggiore e chi non li usa afferma di avere più difficoltà. Si da grande peso a quello che si percepisce attraverso la rete e l’opinione che si intuisce dominante ha grande rilevanza - Più le persone usano i social media e più sono timorose nell’ingaggiare una discussione con la paura di non essere in linea con l’opinione dominante. Il tipico utente di Facebook che accede al sito alcune volte al giorno ha la metà della probabilità di essere disposto ad avere una discussione sul tema rispetto a chi non usa i social. Questo perché si ha la percezione di conoscere molto meglio l’opinione di chi gli sta intorno, e di conseguenza se non è d’accordo tende a ritirarsi ancora di più, si è più condizionati La ricerca del PRC conferma l’esistenza di un effetto a spirale, le persone tendono a ritrarsi dalla conflittualità tanto più usano i social MONITORARE L’OPINIONE PUBBLICA È chiaro che ci sono dei profili istituzionali che raccontano l’opinione dominante, i profili dei media, profili pubblici di figure di opinion leader, istituzionali e politiche e anche all’interno dei social esiste una rappresentazione dell’opinione dominante che sono gli stessi delle piattaforme tradizionali. È un saggio sull’esistenza alcuni modi per monitorare l’opinione dei social media Ci si basa sul click speech, si osserva dove si accumula il numero più significativo di like, quali sono i contenuti più condivisi e commentati, e anche i contenuti dei commenti. Quello che producono gli altri utenti dei social sui temi divisivi diventa strumento di monitoraggio, like, commenti, condivisioni e menzioni sono uno strumento importante nel rappresentare l’opinione pubblica dominante da parte dei social media. Chi teme maggiormente l’isolamento monitora continuamente questi indizi e si accoda a trend di commenti, menzioni, o meno a seconda di come si percepisca (minoranza o maggioranza). Le forme di sanzione e isolamento che partono da una presa di posizione conflittuale con l’opinione della maggioranza sui social possono essere anche più pesanti delle forme di isolamento che si realizzano nello spazio reale. L’isolamento può generarsi con le hate speech o gli attacchi personali che caratterizzano oggi l’opinione sui social, aumentando ancora di più la spirale del silenzio. Il timore non è solo dell’isolamento ma anche dell’aggressività della maggioranza, si ha paura di essere oggetto di ira o insulto. In aggiunta, visto che le reti sono spesso intrecciate e sovrapposte il timore è anche dovuto al fatto che si potrebbe conoscere davvero qualcuno, rimanendo così esclusi anche offline in caso di opinione divergente. THE “SPIRAL OF SILENCE” REVISITED 25 rappresentazione dell’immagine che noi abbiamo della monarchia inglese (sembra discordante ma in realtà è a suo favore). Non passa attraverso solo la fiction, ma tutti quei programmi in cui viene proposto un modo di guardare il mondo, una scala di valori e delle gerarchie di importanza Un altro esempio è “amici”, viene utilizzato per posizionare qualcosa nel nostro immaginario; tutti i talent solitamente contribuiscono a rappresentare una corretta competizione con valori e forniscono un racconto che posiziona nel nostro immaginario alcuni aspetti fortemente positivi a discapito di altri. Un ultimo esempio è il “grande fratello vip”, è entrato nel cast un ex conduttore, quindi presente nei media, con dei problemi di depressione da gestire. Si è cercato di creare attenzione e notizia mettendo in gioco la persona, e una volta che si sono presentate le prime problematiche il resto del cast ha reagito in modo scomposto senza dare una mano, con arroganza o sufficienza. Tutto questo è utilizzato nel racconto dei media come posizionamento nel nostro immaginario di lotta al bullismo. FUNZIONE BARDICA Si rifà alla tradizione medievale dei menestrelli, cantori che si muovevano di città in città raccontando e cantando le storie che sentivano. Questo è esattamente ciò che fanno i media, raggruppano storie su ciò che succede nel mondo e le raccontano poi nella forma della fiction, narrazione, cosa divertente…, in modo da influenzare anche il nostro immaginario. I media a furia di raccontare storie su un determinato argomento lo posizionano anche al top dei nostri interessi (monarchia inglese), svolgono un lavoro di posizionamento nell’immaginario di alcuni contenuti rispetto agli altri. Le cose vengono raccontate con elementi ricorrenti e riproposti, in modo da occupare una specifica posizione nella nostra immaginazione e percezione. JOHN DISKE E DAVID HARTLET, 1978 Sviluppano ulteriormente la teoria della coltivazione, vogliono capire meglio cosa fanno i media nel contesto sociale con il racconto di queste storie. Si articolano dei sotto aspetti intersecati tra loro, si parte dal primo e si arriva poi a una reazione a catena - Condividere una rappresentazione della realtà, ci da l’idea di avere un’interpretazione condivisa - Coinvolgere le persone in un sistema di valori condiviso Le storie, proposte e ripetute dai media, si riflettono sul nostro modo di vedere e interpretare il mondo e producono una visione che diventa sempre più omogenea e mainstream. Ci fanno percepire più o meno alcuni aspetti della realtà Il fatto di raccontare ciò che succede per intrattenerci e costruire immaginari comuni e condivisi è il punto di partenza, provano a fare un passo oltre. 26 - Spiegare le azioni delle persone, sia di persone note all’interno di una cultura sia cosa motiva le azioni di persone con ruoli importanti all’interno della società (giudice, poliziotto ecc) - Rassicurare la cultura della sua adeguatezza o svelarne le inadeguatezze pratiche per farla evolvere - Rassicurare che lo status e l’identità degli individui è garantito dalla cultura - Trasmettere un senso di appartenenza culturale a livello locale (non solo globale) Lezione del 20/10 STEREOTIPI QUESTA RAPPRESENTAZIONE STEREOTIPATA NON DA CONTO DI TUTTA LA RICCHEZZA CHE ESISTE IN UN CONTESTO SOCIALE MA PROPONE DEI MODELLI UN PO’ RISTRETTI, COSTRUENDO ALLE VOLTE UN IMMAGINARIO DI STANDARDIZZAZIONI E SEMPLIFICAZIONI. La funzione bardica svolta dai media ha degli effetti positivi ma non sempre raccontano la realtà in tutte le sue sfaccettature, contribuiscono a volte alla creazione di stereotipi. All’interno della loro programmazione i media trattano temi che sono virtualmente in grado di generare un effetto di coltivazione a lungo termine. Alcuni degli stereotipi più usuali sono su genere/ età, salute, scienza, famiglia, educazione, politica, religione, violenza. Per molti anni la teoria della coltivazione si concentra sulla VIOLENZA (1967-1985) per capire se lo storytelling mediale ha degli effetti sul vissuto della violenza nella società contemporanea. Con il moltiplicarsi dei canali i media cominciano a far circolare molti contenuti riconducibili alla rappresentazione della violenza, e alcuni studi di psicologia cercano di capire se sulla psiche del singolo individuo questa fruizione di contenuti violenti abbia un impatto. Gli studi sulla teoria della coltivazione hanno dimostrato che un effetto c’è, fondamentalmente legato a come le persone si rappresentano il mondo che le circonda. Uno storytelling che continua a insistere su violenza, criminalità, aggressività coltiva nel nostro immaginario sociale un’immagine del mondo più rischiosa e pericolosa di quanto non sia in realtà. Questi effetti hanno anche delle ricadute sulla vita sociale, si arriva a dimostrare che in una società con un elaborato immaginario aggressivo cresce il livello di sfiducia nel prossimo. Con la percezione di un mondo pericoloso gli altri possono facilmente diventare nemici, e si diffonde anche un vissuto più demotivato, affranto e sfiduciato complessivamente anche nei confronti della società. L’effetto di coltivazione è dato dalla quantità, uno storytelling per avere effetto deve essere riprodotto più volte. Ad esempio: la situazione dell’uomo moderno sta peggiorando, non è un mondo in cui vale la pace far nascere dei figli, le istituzioni pubbliche non sono interessate ai problemi della gente comune, le persone non aiutano gli altri ma pensano solo a loro stesse, le persone cercano di trarre vantaggio dagli altri e non di comportarsi correttamente, non ci si può fidare della maggior parte delle persone… Le cose non sono mai così semplici, esiste un differenziale di coltivazione: quando più persone sono forti consumatori di media tanto più questo effetto di coltivazione si produce. La percezione del rischio è costante e molto forte ma con diverse intensità, più le persone sono esposte ai contenuti mediali più è probabile che si sentano spesso minacciate. 27 Questa ricerca molto lunga dimostra nel corso degli anni la veridicità dell’idea: più si usano i media e più ci si lascia influenzare: si ha una maggiore percezione del pericolo e sfiducia nelle relazioni con gli altri. FATTORI INTERVENIENTI Sono degli elementi che favoriscono l’effetto di coltivazione - Differenziale di coltivazione tra forti e deboli consumatori di media: l’effetto di coltivazione è maggiore in chi è molto esposto ai media - Rete sociale, chi ha poche interazioni e relazioni social è più influenzabile di chi invece ha relazioni sociali diversificate e ricche; più l’effetto di coltivazione è contemperato da altre fonti di racconto della realtà, si hanno più punti di vista - Effetto di risonanza, se si vive in un contesto in cui si verificano situazioni simili a quelle rappresentate dai media l’effetto di coltivazione diventa ancora più alto. Ad esempio, in un contesto con un tasso di criminalità abbastanza alto i racconti mediali che enfatizzano gli episodi criminali risuonano gli uni con gli altri, portando questa percezione sempre più presente (sia con aspetti negativi come questo, che con aspetti positivi) TIPI DI EFFETTI DI COLTIVAZIONE La coltivazione si costruisce attraverso la ripetizione di forme narrative simili, PATTERN STABILI DI SIGNIFICATO o modelli stabili di rappresentazione. L’effetto di coltivazione, inoltre, non si crea solo sulla violenza, ma ogni volta che si ha la ripetizione all’interno dei media di questi pattern (accettazione della disabilità). Vivere in un ambiente simbolico nel quale certi tipi di istituzioni creano certi tipi di messaggi porta a coltivare certi tipi di coscienza collettiva. - Effetti di primo ordine: il pubblico adotta la rappresentazione del mondo che propone i media e spesso sovrastima o sottostima alcuni fenomeni - Effetti di secondo ordine: il pubblico mutua dai media delle attitudini, sentimenti e valori Questi effetti possono essere consequenziali, ma non necessariamente 30 interessati a una cosa e più ce la mostrano, insieme ad alcuni contenuti che più hanno successo che aumentano la nostra polarizzazione. Più ci confermiamo nella nostra opinione resa solida dai contenuti che la confermano più è facile percepire chi la pensa diversamente come ostile (una persona sensibile all’ambiente mette like, commenta, guarda contenuti che lo propongono; la sua opinione si fa sempre più radicale per le conferme ricevute dai social e chi non è d’accordo verrà percepito come qualcuno che non capisce/ non si informa). Ci si tende quindi a rinchiudere in gruppi con un pensiero omogeneo con un’autosegregazione e una difficoltà di dialogo per la ricerca di soluzioni comuni. Si può parlare di confermation bias, una conferma del nostro pensiero data da tutti i contenuti ripetuti ai quali siamo sottoposti. Tanto più si esposti ai media, e tanto più siamo “chiusi” nella nostra bolla di contenuti, tanto più sarà facile credere la nostra opinione sia confermata. Tra i rischi delle echo chambers ci sono le FAKE NEWS o MISINFORMATION: producono cascate informative che portano a propagare online contenuti che sostengono una specifica posizione, delle volte falsa. Esistono diversi tipi di fake news, o totalmente falsa (ha una circolazione limitata) oppure notizie quasi vere, si racconta una cosa ma non completamente o con un’interpretazione forviante. In queste camere una volta che entra una fake news è molto facile che inizi a circolare, e allo stesso modo molto difficile che smetta visto che mancano contenuti contrastanti. Quando una fake news conferma l’opinione che è dominante all’interno dell’echo chamber siamo più portati a crederci, anche se questa poi non è veritiera al 100%. *Le echo chambers hanno influenza anche per quanto riguarda il dibattito politico, la capacità di espressione aggressiva e violenta di chi è chiuso in queste camere porta i politici a costruire relazioni specifiche con questi gruppi se non ad assumerne le forme comunicative. Il fatto che incontriamo sempre meno punti di vista diversi da noi a causa dei social che ci permettono di costruire un mondo coerente intorno a noi è un problema, non riusciamo più a crearci un’opinione partendo da diversi punti di vista. Le echo chamber coltivano, mi presentano gli stessi pattern di significati e mi convincono sempre di più della mia opinione. FILTER BUBBLE MECCANISMO LEGATO AL FUNZIONAMENTO DEI SOCIAL NETWORK CHE POTENZIA L’ECHO CHAMBER. È stata fatta una ricerca negli USA su 10 milioni di utenti di diverso orientamento politico e ci si è chiesto che cosa differenzia la loro esposizione alle social news - Tipologia della rete sociale, sono influenzato dai miei amici - Tipi di news condivisi, attività di sharing sulle piattaforme - Modalità di interazione con il newsfeed (frequenza di connessione, interazione con specifici amici, like, commenti, click su link, like a pagine) 31 L’elemento cruciale è il funzionamento dell’algoritmo delle piattaforme sociali. Così si crea un contesto di consumo, contenuti, news e narrazioni del mondo iper-personalizzato dove il confronto con punti di vista diversi diventa sempre meno chiaro. In più, per la maggior parte delle persone sui social questo processo di selettività è inconsapevole, non è visibile, gli utenti sono passivi perché le norme di filtraggio non sono note. L’effetto di coltivazione quindi continua ad esserci, anche se costruisce delle nicchie molte coese di persone che condividono gli stessi contenuti e rappresentazioni del mondo. La circolazione di forme di misinformation è favorita anche dal fatto che il flusso di comunicazione visibile attraverso la bacheca di ciascun utente si compone di testi a diverso statuto (articoli prodotti dai media, meme satirici, commenti di persone comuni, opinioni di politici o personaggi pubblici) che appaiono tutte insieme nel feed senza una gerarchia, tutto è proposto insieme. Qualche anno fa si è iniziato a parlare di POST-VERITÀ (Oxford Dictionary 2016): in questo flusso di contenuti mediato da filter bubble o echo chamber tutto ci appare insieme, ci troviamo in una situazione in cui esiste una forma di post-verità che rappresenta tutto ciò che denota circostanze nelle quali dei fatti obiettivi sono meno influenti nell’orientare la formazione dell’opinione pubblica rispetto alle convenzioni personali o gli appelli all’emotività. Filter bubble = funzionamento dell’algoritmo + la rete sociale connessa + le pratiche quotidiane di uso dei social media Cosa gli algoritmi non ti fanno vedere? Ci propongono contenuti che ci piacciono sulla base di quello che abbiamo già scelto, fatto, o che interessa persone simili a noi Qualche anno fa si è iniziato a parlare di POST-VERITÀ (Oxford Dictionary 2016): in questo flusso di contenuti mediato da filter bubble o echo chamber tutto ci appare insieme, ci troviamo in una situazione in cui esiste una forma di post-verità che rappresenta tutto ciò che denota circostanze nelle quali dei fatti obiettivi sono meno influenti nell’orientare la formazione dell’opinione pubblica rispetto alle convenzioni personali o gli appelli all’emotività. Dobbiamo formarci un’opinione in un contesto con tanti stimoli diversi con un mix di contenuti 32 Lezione del 25/10 Questo meccanismo sviluppa dei comportamenti definiti pro-attitudine all’information, quando mi trovo all’interno di questo mondo (caratterizzato dal filter bubble e flussi di informazione che favoriscono un approccio di post verità) tendo ulteriormente a potenziare la ricerca di informazioni che va a confermare ciò che penso. Più siamo immersi in un flusso di misinformation, più andiamo cercando in modo pro- attitudinale informazioni coerenti con quello a cui abbiamo aderito. POLARIZZAZIONE Confermandoci progressivamente nella giustezza del nostro modo di pensare siamo molti meno disponibili al dialogo con chi la pensa in modo diverso, i social confermano l’esistenza di un’opinione giusta, la nostra, e una sbagliata, degli altri. non c’è conciliazione, l’unico modo in cui posso dialogare con gli altri è cercare di convincerli a passare dalla mia parte. È un meccanismo che è sempre stato tipico delle piattaforme social, sono sempre stati un luogo di polarizzazione con reti molto convinte della loro opinione, gli altri sono quelli che la pensano in modo sbagliato. Nella contemporaneità il mondo della conciliazione è molto difficile da raggiungere, abbiamo idee espresse in forma di poli radicalizzati. Anche la polarizzazione è un effetto sociale della prevalenza di certi media a discapito di altri. Anche i media tradizionali sono colpiti da questo effetto, molte volte con l’interesse di raggiungere dei target finiscono per produrre contenuti rivolti esplicitamente a audience polarizzate. Questa dinamica si rinforza nel passaggio di un media all’altro, e così anche il nostro comportamento (scegliamo solo ciò che è simile a noi). PROCESSO A CASCATA Un altro meccanismo che favorisce questi processi è l’effetto a cascata che si genera all’interno delle piattaforme social. Questo meccanismo genera forti polarizzazioni, le persone si scontrano in modo così violento nei social e nel contesto sociale. Sono meccanismi che si confermano a vicenda, sono portato a essere molto convinto delle mie opinioni e ad essere circondato da conferme, di conseguenza sono anche portatore di informazioni radicate e fortemente identitarie. Ho la percezione di essere circondato da reti omofile di persone che sentono e pensano come me, radicandomi ancora di più nella mia opinione. La mia opinione diventa fortemente polarizzata e gli altri sono tutti quelli che non la pensano come me o che sono fuori dal mio mondo di certezze e opinioni. Descrive come lo stesso contenuto può raggiungere un utente attraverso molti flussi di comunicazione, e assumendo forme diverse per ciascuno di essi. L’autore che l’ha descritto lo definisce come un turbinio di catene tutte iniziate da diverse persone che agiscono indipendentemente, e spesso convergono su un gruppo di amici e conoscenti. 35 La network society quindi si regge su flussi di informazione, è caratterizzata da forme di società fortemente influenzate dai mezzi di comunicazioni disponibili tra persone e istituzioni, ha un modo di connettersi che mutua d’dappertutto al modello della rete, è una società in continua evoluzione ed è convergente su una rete di grandi piattaforme. Tutti questi fenomeni, secondo Castells, generano degli effetti - Effetti sui “pubblici” e sulla società - Effetti sui “contenuti” e sulla cultura Techno-società, le relazioni tra le persone e tra i gruppi che costituiscono il contesto sociale sono modellate dall’avvento dei media digitali, per la quantità di persone che possiamo avere intorno e per il modo in cui gestiamo le nostre relazioni (senza soluzione di continuità, abbiamo sempre a disposizione la nostra rete sociale, questo bisogno di avere una rete sociale sempre pronta a rispondere è un bisogno indotto). È una dimensione della società che è stata attivata dallo sviluppo delle tecnologie, la costante disponibilità di rete sociale, la possibilità di testare il suo funzionamento. Ha introdotto anche altre dinamiche di alimentazione e gestione della rete sociale, includendo immagini, post, video, che generiamo per renderci visibili con i nostri piccoli prodotti culturali (walkman, videocassette) Network logic, la logica della rete (connessione tra tanti punti) da forma in modo più significativo alla società. Non solo le persone sono connesse all’interno di reti sociali, le imprese lavorano in rete e anche nella dimensione economiche e nell’organizzazione della produzione si costituiscono delle reti perché è più facile gestire flussi di informazioni che passano da un soggetto all’altro Cambiamento, è una società in continua evoluzione, è trasformata costantemente anche dall’evoluzione delle tecnologie Convergenza, la grande infrastruttura su cui si regge tutto il sistema diventa quella delle piattaforme digitali, tutti i contenuti/ flussi informativi/ media tendono a convergere in una rete di piattaforme, tutta connessa e con le caratteristiche di un unico sistema integrato Frammentazione culturale, si generano tante differenziazioni ed è una società frammentata (la comunicazione in rete ha come effetto la polarizzazione e costruzione di gruppi) Digital divide, genera un tipo nuovo di disuguaglianza legata al fatto che alcuni hanno accesso a tutto questo mondo della rete e altri no, come nuova stratificazione della società (have or have not, competenti o non competenti) Convergenza verso la rete di tutti i flussi mediali (crea ulteriori disuguaglianze), fa si che tutti i contenuti mediali circolino e si mescolino in un unico grande sistema di piattaforme in cui i codici dei vari linguaggi si uniscono (gamification, misinformation, si affermano alcuni linguaggi). Questo convergere del prodotto ha fatto si che abbiamo modificato il modo di immaginarci e relazionarci con i vari contenuti culturali (comporre o scomporre). È anche un effetto sui linguaggi e i codici che prevalgono in una cultura 36 Castels si ferma qua, analizza solamente questi due effetti della network society fino agli anni 2000 (world wide web, prime connessioni interpersonali con le chat, la telefonia che diventa mobile…) Connective society In tutta questa network society si manifesta l’essenzialità della dimensione della connessione. Quando questa condizione di essere always diventa pervasiva si fa un passo avanti, network society non basta più, si parla ora di CONNECTIVE SOCIETY. Il concetto inizia a svilupparsi con la nascita del web 2.0, nel 2004. È tutto quello sviluppo della rete che si basa sulle piattaforme social che esplodono, ci sono tantissimi blog, forum e piano piano altri social (Facebook). Si inizia a parlare di un altro passo evolutivo degli effetti che l’innovazione tecnologica ha sulla società, si arriva a una società in cui l’elemento connotante o caratteristico è l’essere sempre connessi. RAINIE E WELLMAN, 2012 I social sono ancora uno strumento di networking, usare i social come strumento di connessione con le altre persone ha un effetto sul modo in cui si strutturano le reti sociali. Questo effetto lo chiamano networked invididualism, individualismo connesso. È quindi la società contemporanea in cui l’essere connessi alla rete è una condizione pervasiva di tutta la nostra quotidianità. Si accentua quello che aveva già intravisto Castels per quanto riguarda l’assenza di soluzione di continuità tra la vita online e offline, abbiamo bisogno di essere connessi per poter svolgere tutte le nostre attività. “Networked” è il primo libro in cui si usa il termine connective society, e si mette a tema questo essere sempre connessi e si cerca di spiegare come determini delle trasformazioni all’interno delle società. Si mette a fuoco che la vita online e offline non hanno soluzione di continuità, anche nella vita quotidiana passiamo questi confini in continuazione. 37 NETWORKED INDIVIDUALISM Cominciano a studiare quali sono gli effetti della connective society. L’elemento cruciale e dominante è l’esplosione della nostra capacità di gestire le reti sociali, in realtà tutta la possibilità di connessione si traduce in forme di individualismo, ci sono reti in cui il perno centrale è il singolo individuo, è l’elemento che fa da perno per tante reti diverse che vengono alimentate e fatte crescere attraverso la comunicazione. L’individuo non è isolato o concentrato su sé stesso, ma sono proprio le reti a volere come elemento centrale ed essenziale l’io, il punto di contatto e riferimento di tutti. Quello che viene potenziato della comunicazione di rete e nella gestione delle reti sociali dai social network è che gli individui appartengono a tante reti diverse, anche in modo parziale, e fanno molto più affidamento alle molteplicità di reti a cui appartengono rispetto a piccoli gruppi più coesi. È un individualismo connesso, al centro del mondo c’è l’io, però connesso a una serie di reti variabili. Si definisce il concetto di NETWORKED INDIVIDUALISM, caratteristico della vita sociale delle persone una volta che si trovano nella connective society. Parte da un’osservazione: cambiano le tipologie e le forme delle reti sociali alle quali noi apparteniamo. Prima di questa forma di perenne connessione e disponibilità le reti sociali importanti per le persone erano definite gruppi stabili (famiglia, amici di lunga data, persone che abitano nello stesso posto). Per parlare di individualismo connesso è necessario individuare che si moltiplicano, grazie alla perenne disponibilità della connessione in rete, queste forme di appartenenza anche parziali a diverse reti. Abbiamo a disposizione una tipologia molto più ampia e diversificata di reti sociali con cui interagire, e grazie alla possibilità di essere connessi alle persone possiamo moltiplicare le reti sociali alle quali apparteniamo. Si ha un effetto di moltiplicazione, le opportunità di connessione con reti sociali sono molte di più, sia in misura maggiore che parziale rispetto a quelle precedenti. L’appartenenza alle reti sociali è fondamentale, e il modo in cui queste si presentano cambia. Questi gruppi di individui collegati attraverso le reti personali, famigliari, geografiche, stabili, continuano a esistere ma diventano meno caratterizzanti per la società moderna, esistono come punto di riferimento ma meno come punto fondante della società. Al loro posto, si affermano delle reti di legami deboli, basate su comunanza di interessi, attività condivise a livello episodico, comunanza di consumo di prodotti. Cambia anche il peso che noi diamo alle diverse tipologie di reti sociali, questi legami deboli diventano sempre più importanti nella nostra vita quotidiana e che vengono sostenute tramite la connessione digitale. Si passa a un nuovo sistema operativo sociale concentrato non più sull’individuo come parte di un gruppo (famiglia, colleghi, lavoro, vicinato) ma in quanto singolo capace di allacciare da solo una grande quantità di relazioni. 40 Dentro questa tipologia di comunicazione c’è tutta una parte generata dagli utenti, quindi autogenerata, in cui questi decidono a chi è rivolta, scelgono la piattaforma, pongono o tolgono limiti e sono attori del processo di selezione. C’è una partecipazione attiva delle persone, in una rete che è fondamentalmente molti a molti. Si parla di MASS SELF COMMUNICATION, gli utenti sono coinvolti in un processo di comunicazione che non è soltanto interpersonale (relativa alla nostra rete di contatti) ma può raggiungere un’utenza di massa. Allo stesso tempo anche se gli individui hanno assunto una nuova posizione, chi prima erano solo i ricettori oggi sono anche loro comunicatori; è un misto tra comunicazione di massa e comunicazione in cui sono attori anche le persone comuni e gli utenti dei social. Gli utenti sono consapevoli di non essere più solo destinatari di forme di comunicazione di massa, ma anche soggetti in grado di produrre contenuti. C’è un passaggio da oggetto destinatario a soggetto emittente, in grado di raccontarsi, autorappresentarsi, essere esposti ai commenti. Quali sono i contenuti di massa che fruiamo nei social? Ad esempio, le sponsorizzazioni, i video politici nelle elezioni o le news. Sono tutti elementi che vogliono raggiungere quante più persone possibili, che si mischiano poi agli utenti comuni. C’è la consapevolezza di essere parte di questo mondo, persone comuni possono essere comunicatori attivi insieme a istituzioni, politici, giornali. Si ha un nuovo ruolo comunicativo nella società. Questo nuovo senso della posizione nella comunicazione genera anche un’ulteriore pressione verso la messinscena e la visibilità di molti aspetti della vita quotidiana. I media, già dall’invenzione di format come reality, hanno reso possibile raccontare la propria vita quotidiana che ha portato a una pressione su della messinscena di qualsiasi suo aspetto. Questa società è caratterizzata da una tematizzazione generalizzata del quotidiano, non esiste nessun ambito sociale che non sia comunicabile e comunicato in modo accettabile nelle piattaforme social. Si è quindi arrivati a percepiti dei fatti privati come dei fatti pubblici, e vengono quindi esposti sulle piattaforme. Ad esempio: Fedez quando ha pubblicato l’immagine della sua ferita. È un personaggio pubblico, abituato a condividere tutto, e ha fatto così anche in questo caso. Può esistere una soglia in cui non è più opportuno condividere, ad esempio per le malattie, la fisicità nella fragilità… Dall’altro lato però si po' vedere anche un vissuto quotidiano tematizzato come fatto pubblico, con magari l’obiettivo di sensibilizzare su alcuni temi. La valutazione sull’opportuno o meno resta una questione personale. Una cultura della connessione che si genera nella connective society è una cultura in cui le strutture dei social media sono entrate gradualmente al centro delle nostre routine e pratiche quotidiane. 41 Web 2.0 - È un insieme caratterizzato da piattaforme, tipicamente social, che non sono più dei siti web ma delle vere e proprie piattaforme che funzionano soltanto se gli utenti le riempiono di contenuti - Queste piattaforme funzionano meglio tanto più gli utenti le usano, se non ci sono contenuti nella piattaforma non c’è niente. Gli utenti che pubblicano è una condizione principale delle piattaforme, che sollecitano continuamente a creare contenuti (pressione). Abbiamo fiducia nelle piattaforme perché sono continuamente aggiornate, altrimenti non funzionerebbero e si basano anche sulla fiducia reciproca - Il motore delle piattaforme, oltre alle persone, sono i dati che lasciamo, dandogli anche un valore economico e facendole funzionare. Più persone comprano su Amazon e più i consigli che questo da sono efficaci, dopo aver accumulato dati Lezione del 2/11 Platform society ELEMENTI COSTITUTIVI 1. DATI Queste piattaforme non solo erogano dei servizi e dei contenuti ma una delle loro attività fondamentali è quella di raccogliere dati, raccolgono automaticamente grandi quantità di dati sui contenuti che produciamo o sulle attività che svolgiamo e li archiviano per migliorare il servizio (influenzano anche la formazione della nostra opinione pubblica, i servizi possono essere di ricerca o economici e di marketing). È un patto che necessariamente decidiamo di usare le piattaforme, è un passaggio imprescindibile. È anche la società del web 2.0, l’infrastruttura digitale su cui poggia la connective society. È una nuova tipologia di web che ha iniziato a svilupparsi nel 2004 con Tim O’ Reilly, e ha alcune caratteristiche fondamentali Si parla di un nuovo mondo di strumenti che utilizziamo, fondamentalmente attraverso il mobile, per gestire la nostra vita quotidiana. Siamo diventati sempre più legati a un mondo di piattaforme digitali nel modo e nella forma in cui sviluppiamo tutte le nostre attività, parlando di PIATTAFORMIZZAZIONE DELLA SOCIETÀ. 42 Il primo strumento attraverso il quale vengono raccolti i dati è il click del mouse, OGNI VOLTA CHE SELEZIONIAMO QUALCOSA LASCIAMO UNA TRACCIA, dei dati che vengono usati in termini di siti web, glocalizzazione o interessi. Questi primi segmenti di dati sono quelli che le app ci chiedono se vogliamo far tracciare o meno, se diciamo di no possiamo essere tracciati solo nell’app e non nelle nostre altre azioni; l’effetto positivo è quella di personalizzare sempre di più i contenuti e quello negativo di chiudermi sempre di più in un cerchio. Il tracciamento non è mai del singolo ma ovviamente fa riferimento a gruppi. Anche se si esce da questo percorso di tracciamento, ci sono delle altre forme di raccolta dati che restano in ogni caso attive. Una di queste è il device utilizzato per connettersi alla rete, incorporano dei software e delle app che raccolgono dati. A campione, alcune delle nostre conversazioni possono essere anche registrate per migliorare l’advertising con un tracciamento a fini di marketing. Siamo costantemente geolocalizzati, i nostri dati ogni volta che usiamo dei dispositivi mobili sono tracciati (trova il mio cellulare), si registra lo spostamento nello spazio sempre a fini di marketing e di ottimizzazione dei servizi Si tracciano anche il tempo d’uso, le app più usate, quanto si naviga in rete, che dispositivi si hanno… Gli stessi strumenti che usiamo quindi garantisco alle piattaforme dei dati per restituirci un miglioramento dei servizi. Un ultimo strumento di raccolta dati sono i social buttons e i pixel. I social buttons sono tutti quei bottoni che ci permettono di condividere sulle piattaforme social dei contenuti trovati altrove con il nostro profilo. Il tracciamento spiega che un determinato profilo ha interagito e ha trovato interessante un sito o un’informazione. I pixel sono dei piccolissimi frammenti di software che si agganciano alla nostra identità digitale, l’account con il quale ci muoviamo all’interno della rete. Ad esempio, su Google Chrome se ci registriamo ci permette poi di entrare anche in altre app con lo stesso account. Le piattaforme tendono ad inglobarci in un sistema unico in cui siamo sempre rintracciabili. Un altro strumento di identificazione è l’IP, un numero unico di identificazione che corrisponde al device con cui accediamo. dell’azienda o della piattaforma, ma che sono società di marketing che con i dati dei diversi dati elaborano dei profili), che condividono i nostri dati con un numero sempre maggiore di persone. I pixel fanno anche un’attività di retargeting o remarketing che servono a riproporci dei prodotti a cui siamo risultati interessati anche all’interno di altri siti o momenti della nostra navigazione. Di solito sono legati all’e-commerce, e sono finalizzati a riagganciarci a un prodotto quando ci siamo dimostrati interessati ma non l’abbiamo comprato. Anche in questo caso si agganciano alla nostra identità, in maniera più specifica riguardo alla pagina che abbiamo visitato (viaggio Milano- Dubai e non uno qualsiasi). Le aziende hanno Nel momento in cui svolgiamo alcune attività i pixel si agganciano o ai nostri account o al nostro IP; un esempio sono i cookies di prime parti (il sito in cui ho navigato attacca il cookie e mi segue per un po’, raccogliendo dei dati). Tendenzialmente questi sono quasi obbligatori, mentre ce ne sono altri, di seconde (non solo a un sito web, ma a tutti quelli di cui fa parte) e terze parti (il sito può condividere i dati anche con soggetti che non fanno parte 45 (persone con disponibilità economiche che investono in imprese in crescita). Airbnb deve quindi produrre reddito per i suoi azionisti e deve continuare a crescere per il venture capitalist. Ha dei vincoli nel suo funzionamento, deve capitalizzare (imporre delle percentuali che restano alla piattaforma stessa), deve vendere dell’advertising per guadagnare, e deve trovare il modo di essere costantemente in espansione. Queste piattaforme a cui ci appoggiamo non hanno come primo obiettivo quello di offrirci un servizio, ma sono vincolate a un guadagno economico e una crescita. 5. MODELLO DI BUSINESS Ogni piattaforma ha il suo modello di business che si basa, nella maggior parte dei casi, sulla connessione iper-profilata tra utenti, contenuti, dati e pubblicità. La modalità standard di creazione di valore è la cessione di informazioni personali in cambio di servizi utili agli utenti Altri casi di business sono - richiesta di commissioni per entrare in questi meccanismi di visibilità e relazione con il cliente (per affittare un appartamento devi pagare, promuovere l’albergo su booking), pubblicità - modalità dell’abbonamento, premium, che inizia con un periodo gratis e poi per usufruire di funzioni più avanzate bisogna pagare - cessione ad altri dei dati di profilazione, spesso ad altre aziende che li ritengono interessanti (se non diamo il permesso di cedere i dati ai terzi non può farlo) 6. CONDIZIONI DI UTILIZZO Sono gli accordi che noi sottoscriviamo sulla fiducia e che definiscono le relazioni che abbiamo con la piattaforma, e le modalità d’uso dei nostri dati. Leggendo queste condizioni capiamo molto sulla natura della piattaforma, sui social ad esempio tutto ciò che pubblichiamo è di proprietà della piattaforma. Con le condizioni di utilizzo ci sono delle autorizzazioni che accettiamo (ad esempio a Facebook concediamo la licenza di utilizzo dei nostri contenuti altrimenti non potrebbero essere pubblicati e diffusi). Il patto che facciamo con la piattaforma da la possibilità di pubblicare e condividere i nostri contenuti. Le piattaforme devono guadagnare per pagare i dipendenti, le innovazioni tecnologiche, i dati che ricevono ecc. Nella maggior parte dei casi le piattaforme si reggono sul meccanismo della vendita di spazi pubblicitari. Propongono agli investitori pubblicitari e alle aziende la possibilità di acquistare degli spazi e di raggiungere un pubblico molto profilato e di qualità con determinati gusti ed interessi (con i dati raccolti danno un’audience precisa). 46 Lezione dell’8/11 Effetti sociali della piattaformizzazione della società EFFETTI SULLA DISTRIBUZIONE DELL’INFORMAZIONE E ACCESSO AL COMMERCIO È dal 2015 più o meno che si è cominciato a parlare di questa piattaformizzazione del web. Anche i flussi commerciali sono ampiamente filtrati dalle piattaforme, non sono solo dei gate keeper per i flussi informativi ma anche per quanto riguarda il commercio. Ci sono due grandi gruppi di effetti: quelli di selezione dei contenuti e quelli di modificazione delle nostre relazioni sociali. Effetto filtro: le informazioni con cui il mondo del commercio deve oggi negoziare la sua visibilità è presentata secondo le logiche delle piattaforme e dei loro algoritmi EFFETTI SULLE RELAZIONI SOCIALI: viviamo all’interno di uno spazio ibrido dove gestiamo le relazioni sociali un po’ online e un po’ offline. Negoziano regole di convivenza, le piattaforme, soprattutto social, sono strumento di mediazione delle relazioni interpersonali non in modo autonomo da quelle reali, c’è un attraversare continuo dello spazio virtuale e reale (spazio ibrido). Questo mixarsi fa si che si mescolino anche forme e tipologie di regole diverse, l’usare delle piattaforme social impone delle sue regole che finiscono per influenzare anche la vita sociale offline (Van Dijck, cosa vuol dire se rispondo lentamente o velocemente a un messaggio, posso pubblicare foto di altre persone, cosa vuol dire se taggo qualcuno…). I social network sono luoghi dove si negoziano regole di convivenza, mixandole in modo crescente con norme sociali e sociotecniche create negli ambienti online Si mette in gioco anche il nostro rapporto con le piattaforme social che sono soggetti attivi nel suggerire diverse possibilità di scelta, influenzandoci (Instagram mi mette a disposizione un modo di scegliere gli amici più stretti, se le persone non la usano la toglie, negoziazione) Un esempio riguarda il non rispondere in fretta come sinonimo di non interesse e il fatto che noi ricerchiamo questa istantaneità anche nella vita reale, così come il tema dei confini della privacy e i conetti di pubblico e privato. Si può guardare anche a Dahan Boyd, una studiosa che ha messo a fuoco l’effetto del collasso dei contesti: perdiamo il controllo dei confini della nostra audience e non sappiamo più con chi stiamo comunicando e che magari queste persone appartengono a sfere sociali diverse. L’ideale sarebbe riuscire mantenere un tono comunicativo adeguato a tutti, ma questo non permette sempre di entrare nel vivo del racconto quotidiano. Le relazioni tendono ad appiattirsi a un unico tono comunicativo medio e spesso condividiamo informazioni con persone a cui senza la comunicazione online non direi Chiaramente le 5 big five sono i nuovi intermediatori dei flussi informativi, sono i nuovi filtri degli accessi all’informazione. I criteri di gerarchizzazione delle news non sono più solo quelli stabiliti dalle redazioni giornalistiche ma gli si affiancano dei nuovi criteri definiti dalle piattaforme (se si usa Google news sarà lui a proporci le notizie più rilevanti). 47 Le regole di convivenza online si negoziano tra i bisogni degli utenti affordancies che ci mettono a disposizione le piattaforme accoglienza delle affordancies coevoluzione tra noi e le piattaforme anche per quanto riguarda i temi delle regole della vita sociale. Sono coevoluzioni culturali di cui le piattaforme fanno parte, insieme all’evoluzione della cultura delle persone che le usano Le piattaforme spingono verso alcune modalità codificate di espressioni, ad esempio delle emozioni o di oggettivazioni delle relazioni in alcuni gesti. Ci sono dei gesti e delle relazioni sociali che sono determinati e guidati dalle piattaforme. Seguire qualcuno rivela e potenzia un interesse, è un tipo di gestualità che magari fa nascere qualcosa che prima non esisteva. Sono dinamiche relazionali introdotte dalle piattaforme, osservare, seguire, commentare è una grammatica relazionale che prima non esisteva, e che è diventata per noi una grammatica dell’agire sociale. Queste forme sono state definite dalle piattaforme, alcune affondarcies messe a disposizione sono diventate parte delle grammatiche sociali (taggare per dire che sei con me nella foto e dimostrare di essere insieme è una grammatica di amicizia, follow, share…) Noi oggi viviamo in un contesto di relazioni sociali in cui è naturale interessarsi in quello che qualcuno fa anche se lui non lo sa, siamo abituati a essere osservati da un numero n di persone in quello che raccontiamo nella nostra vita quotidiana anche senza una relazione di reciprocità. Questo cambia il nostro modo di raccontarci, immaginarci e rivolgerci all’audience, siamo più nella posizione del performer e meno in quella della relazione a uno a uno. Anche l’espressione delle nostre emozioni è stata codificata, abbiamo una gamma di emozioni a disposizione dalle piattaforme (non sono tutte, solo quelle scelte). *Datification: più i nostri comportamenti online sono codificati più sono facilmente trasformabili in dati. Ci offrono una serie di codici per relazionarsi con gli altri e per esprimere le nostre emozioni, che servono anche il processo di DATIFICATION. Tanto più è ricca e diversificata la gamma di espressioni che possiamo esprimere tanto più queste possono essere codificate, si ha una lettura più precisa dei nostri comportamenti (molto utile per le aziende) *Mercificazione, tutto quello che noi comunichiamo attraverso le piattaforme spesso diventa oggetto di uno scambio economico che regge il mondo delle piattaforme. Se posso codificare in modo dettagliato le reazioni che le persone hanno davanti al post di un’azienda le restituisco questi dati ma mi faccio pagare di più l’inserzione pubblicitaria *Selezione: farsi da parte delle piattaforme strumento e principale soggetto di selezione dei contenuti a cu noi possiamo accedere 50 Non è prevedibile il risultato della selezione operata dalle piattaforme perché noi siamo parte in causa presenti nel meccanismo, lo modifichiamo in corso d’opera. Rispetto a questa produzione algoritmica c’è sicuramente un problema di trasparenza: non siamo collocati in una posizione trasparente rispetto al funzionamento degli algoritmi. Vediamo quello che scegliamo noi e le azioni che compiamo, e poi vediamo il risultato di ciò che ci viene fornito in risposta. Apparentemente percepiamo questa selezione come guidata dalle nostre scelte, ma in realtà il passaggio degli algoritmi non è trasparente, non conosciamo tutte le loro regole in quanto sono delle blackbox (quando Amazon ci consiglia id comprare qualcosa insieme non sappiamo sulla base di cosa, lo stesso per Netflix). Ci sono tre tipologie di selezione algoritmica presentata da Van Dijck PERSONALIZZAZIONE SULLA BASE DELL’ANALISI PREDITTIVA GLI ALGORITMI MI RESTITUISCONO DEI CONTENUTI E DELLE OFFERTE COERENTI AGLI INTERESSI, DESIDERI. È uno dei meccanismi che entra in gioco e che tiene conto delle mie scelte ma anche delle scelte delle persone della mia rete sociale, delle persone che io seguo o che mi somigliano, creando così delle reti network omogenee. È quella che in modo più lineare analizza i nostri input e ci da delle risposte coerenti rielaborandoli, si basa sui meccanismi di analisi predittiva (comportamenti passati, si cerca di prevedere lo sviluppo dei nostri interessi nel futuro). Tiene conto sia delle nostre azioni, che di quelle delle persone a noi affini nella rete sociale e per scelte o gusti, si basa su un meccanismo che personalizza l’offerta in base a ciò che piace a noi e in base al cluster, gruppo, al quale siamo ricondotti. Tiene conto a noi come individui sia come parte di gruppi sociali conosciuti come “target”, portandoci un po’ ad assimilarci. Genera un’omogeneizzazione delle scelte dei singoli rispetto ai gruppi che la piattaforma ha identificato e ai quali propone prodotti simili REPUTAZIONE E TREND Se un tema è un trending topic mi viene comunque proposta con maggiore frequenza. Magari non c’entra molto con le scelte che io ho già fatto, ma visto che è apprezzata da molte persone la piattaforma presuppone che possa piacere anche a me. I trending riguardano anche temi sociali, e quindi l’algoritmo ci restituisce, oltre a contenuti che ci piacciono, contenuti che hanno una buona reputazione, anche questi codificati (stelline e recensioni, sono meccanismi per esprimere la buona reputazione) Una delle ragioni per cui siamo sempre chiamati a lasciare recensioni è che più la reputazione di un contenuto è chiara più questo funziona bene all’interno dell’algoritmo, genera un effetto culturale (su Trip advisor, ad esempio, nelle posizioni più alte ci sono determinati ristoranti in base a ciò che gli utenti votano, i giovani votano sushi) Sono contenuti già scelti da altre persone, la popolarità influisce in modo molto forte nella restituzione che abbiamo da parte delle piattaforme. Quello che ottiene più consenso viene sempre privilegiato, ci viene proposto di aggregarci ai trend in base alla logica della popolarità in quanto dominante Non conosciamo i criteri per cui le piattaforme selezionano determinati contenuti sulla base di loro algoritmi, siamo protagonisti ma non conosciamo tutte le regole, alcune cose ci sfuggono 51 MODERAZIONE All’interno delle piattaforme digitali esistono dei meccanismi di moderazione stati messi tanto in gioco negli ultimi anni con i meccanismi di controllo e di selezione di ciò che può o meno circolare. Ci sono dei criteri di individuazione dei contenuti non adatti e di rimozione, ogni piattaforma ha dei suoi criteri di accettabilità, ci sono delle soglie oltre le quali non si può andare senza la rimozione dei contenuti. Questo criterio di accettabilità ha un impatto culturale, abbiamo un’idea ben precisa di cosa può essere trasmesso o meno. Meta: azienda che gestisce quasi tutte le piattaforme social che utilizziamo. Quali sono i suoi criteri di accettabilità? Qual è il modello culturale che ci propone per una comunicazione socialmente accettabile? Ci sono due grandi pilastri su cui si può segnalare e chiedere l’intervento della piattaforma Ci sono altri grandi filoni legati al concetto di sicurezza che mettono in moto la rimozione in tre grandi aree: violenza e comportamenti criminali, sicurezza e contenuti deplorevoli Esiste proprio un modello vero e proprio di società e di cosa è accettabile o meno, c’è una rappresentazione degli esseri umani che escludono determinati comportamenti. Sicurezza: deve essere un luogo sicuro, le espressioni che minacciano le persone e possono intimidire, escludere o limitare il diritto di espressione altrui non sono consentiti Autenticità: non si producono profili fake e non si dicono cose false sulla propria attività o identità 52 La moderazione avviene sulla base dell’intervento di persone si media quello che è il diritto di cronaca, di essere informati anche su fatti violenti con l’utilizzo di questo tipo di contenuti. È consentito quindi l’utilizzo di contenuti su atti violenti se questo serve a spiegare cosa sta succedendo in determinati contesti. La decisione ultima è lasciata all’utente con “vuoi vedere comunque”, avvisando a cosa ci si sta per esporre. Il modo in cui però questi contenuti vengono controllati dalle piattaforme è piuttosto lento, servono parole chiave per identificarli o la segnalazione di qualcuno, ma prima che vengano rimossi possono rimanere in circolo per un po’. I contenuti da rimuovere sono identificati attraverso tecnologie di rilevamento automatiche con parole chiave, moderatori umani che valutano attività e contenuti non conformi e la collaborazione degli utenti chiamati a segnalare eventuali trasgressioni, tanto più la collaborazione è alta tanto più sono efficaci questi meccanismi. Es immagine guerra in Vietnam, 1972. Un giornalista ha ripubblicato la foto sul suo profilo e si è innescato il meccanismo della moderazione, è stata segnalata perché contiene una bambina senza vestiti. Per giustificare la rimozione Facebook ha detto che i criteri della moderazione devono valere per tutto il mondo, in Occidente può avere un valore storico e documentale ma non ovunque è così. Dopo un processo di mediazione con la piattaforma il caso è stato rivalutato e la foto è stata ripubblicata. MERCIFICAZIONE Tutto quello che noi comunichiamo attraverso le piattaforme spesso diventa oggetto di uno scambio economico che regge il mondo delle piattaforme. Se posso codificare in modo dettagliato le reazioni che le persone hanno davanti al post di un’azienda le restituisco questi dati ma mi faccio pagare di più l’inserzione pubblicitaria Informazione nella Platform society QUAL È IL RUOLO DELLE PIATTAFORME NELL’EVOLUZIONE DEL SISTEMA DELL’INFORMAZIONE? Per provare a raccontare quello che è successo prima negli anni ’90 e poi nel 2000 si riprende una distinzione di Nicholas Carr sul processo di disaggregazione e di riaggregazione del rapporto tra news o testate e piattaforme. Il percorso di evoluzione dell’informazione passa prima da una disaggregazione, un meccanismo che separa e distingue, e poi da una riaggregazione, le informazioni vengono riunite e sistemate in un modo diverso e nuovo. 1. DISAGGREGAZIONE ANNI 90’ Quello che cominciato a succedere negli anni 90’ è che quei contenuti pubblicitari che venivano ospitati dalle testate giornalistiche cominciano a spostarsi nel mondo digitali. Emergono dei nuovi competitor in termini anche di meccanismi di business, nascono nuovi soggetti che ospitano i contenuti pubblicitari a pagamento (motori di ricerca, Ebay o grandi store). 55 Le piattaforme social sono diventate dei nuovi aggregatori, propongono loro delle selezioni di notizie e dei percorsi di selezione in base a un criterio loro (valorizzazione degli algoritmi) con un mix di fonti istituzionali e fonti non istituzionali (tanti like, letti, condivisi). Negli anni 2000 le piattaforme social hanno cominciato a interessarsi al tema dell’informazione non solo come uno dei tanti contenuti che circolano al loro interno, ma anche come uno degli strumenti attraverso cui mantenere alta l’attenzione degli utenti e proporsi come fornitore di servizi. Le piattaforme hanno quindi cercato di riproporre nuove forme di consumo nativo delle news, hanno cercato di uscire dal meccanismo in cui la testata giornalistica pubblica notizie sui social, ma per leggerle devono uscirci. Negli anni 2000 i social network hanno anche tentato di diventare loro stessi dei luoghi di pubblicazione delle news con gli istant articles. Sono articoli direttamente pubblicati sulla piattaforma, senza andare sul sito della testata giornalistica. Sono spazi in cui le testate giornalistiche possono pubblicare notizie per interno, mantenendo l’autorialità, senza che gli utenti debbano cambiare pagina per leggere. È un progetto su cui i social ciclicamente tornano perché vogliono impedire che le persone vadano su altri siti con link esterni. Si producono articoli in modo diverso in linea con la piattaforma social (multimediali, immagini…), sono veloci, di grande qualità, ma che nascondono la presenza dell’editore dietro la notizia uniformandoli ad altri contenuti digitali. Si crea un problema di visibilità, le testate diventano soggetti meno visibili e questo è un problema per le loro strategie comunicative. Inoltre, gli editori hanno anche meno controllo del rapporto con l’audience. Ovviamente le testate giornalistiche guadagnano sulla quantità di link e visualizzazione delle loro pagine e quindi ci perdono, la prima proposta di istant article non ha avuto successo e ora il tentativo di accordo è stato riproposto, con una ricompensa. Si propone di mettere all’interno degli articoli pubblicati nella piattaforma specifici della testata, che li vende. L’idea è quella di implementare delle campagne pubblicitarie o inserzioni specifiche, offerte dalle piattaforme come un vantaggio per le testate. In realtà, le campagne sono piccole come budget e riducono i guadagni delle campagne pubblicitarie sui siti. L’idea delle istant articles di Facebook viene abbandonata, e sviluppa un nuovo modello con una sezione che si chiama “Facebook news” per una capitalizzazione di quanto le persone sono interessate ad avere informazioni direttamente dalla piattaforma. Il valore aggiunto che Facebook immagina di fornire a questa sezione è la selezione delle notizie in base a ciò che gli utenti leggono e condividono, con l’identificazione delle preferenze e una personalizzazione con gli algoritmi. Inoltre, gli utenti possono scegliere gli argomenti su cui sono più interessati a ricevere notizie, insieme a delle “notizie del giorno” scelte dalla piattaforma. Integra quindi le conoscenze che Facebook ha sui suoi utenti con una selezione algoritmica sofisticata, con un intervento diretto delle persone. Inoltre, aggiunge un elemento di mediazione: un team di giornalisti che selezionano le notizie del giorno. 56 Questa forma sembra aver avuto più successo, la piattaforma social ospita degli articoli delle testate giornalistiche e la lettura completa si fa cliccando e andando poi su sito, Facebook si mette all’interno di una rete di testate che ospita in uno spazio suo specifico (Facebook news). Gli istanti articles invece sono stati meno accettati. Esempio Meta: la parte di cui stiamo osservando ancora lo sviluppo è quella di offrirsi delle piattaforme social come veri e propri aggregatori di news per il covid, Meta ha pensato sull’avvio di una parte news con le “Meta news”, sezioni del social che funzionano come Google news. Selezionano notizie sulla base della popolarità e di fonti affidabili proponendo delle aggregazioni di contenuti legati alle notizie più importanti della giornata. RUOLO EDITORIALE DELLE PIATTAFORME È da almeno da 20 anni che le piattaforme social cercano di avere un ruolo editoriale, non solo essere luoghi di scambi di contenuti ma di avere una loro posizione della proposta, distribuzione e aggregazione di contenuti di rilievo per gli utenti. Il bisogno di essere informati è sempre molto forte e cresce soprattutto in tempi di crisi, e le piattaforme certamente vogliono essere un soggetto importante anche in questa fase. Questo segna il fatto che le piattaforme social hanno cominciato a volersi proporre come delle piattaforme editoriali vere e proprie che aggregano news e contenuti e creano dei loro spazi di pubblicazione. L’obiettivo è quello di proporre dei formati nativi in modo che si potesse fare informazione direttamente sulla piattaforma. Quello che oggi c’è di più simile per presentare contenuti giornalistici forniti per interno attraverso la piattaforma sono i video, sono contenuti giornalistici prodotti a livello professionale dalla testata secondo un linguaggio nativo (tempi, ritmi, logiche di visualizzazione tipiche della piattaforma) che vengono fruiti per intero all’interno della piattaforma social senza spostarsi sul sito. *Emergenza umanitaria Covid Perché ha determinato un cambiamento nel rapporto tra le piattaforme e la natura editoriale dei contenuti che pubblicano, soprattutto per quanto riguarda l’informazione? L’emergenza sanitaria ha determinato un’evoluzione fondamentale nel modo in cui le piattaforme social hanno gestito il loro rapporto con l’informazione e con la natura editoriale dei contenuti che pubblicano. Ha riguardato tutte le piattaforme social a distribuzione mondiale. Il primo luogo dove è stato implementato Facebook news sono stati gli USA, nell’interfaccia c’è un’area di suggerimenti specifici su base algoritmica, uno spazio entertainment e una parte “good Morning” in cui i giornalisti della company scelgono le notizie. È un’offerta che Facebook fa alle testate giornalistiche che possono aderire ed essere inserite in queste selezioni che vengono proposte agli utenti. Gli editori guadagnano in base alle visite ai loro siti perché resta l’dea che si clicca sul link e si va a leggere la news sul sito, e in base alla pubblcità presente su Facebook news, i cui introiti vengono ripartiti (Washington post, i guadagni delle pubblicità vengono divisi) 57 Partiamo da un’idea che queste piattaforme siano dei social media, oltre alla relazione interpersonale permettono la circolazione di contenuti sia generati dagli utenti che da professionisti. *SCANDALO CAMBRIDGE ANALYTICA Per capire tutto dobbiamo fare un passo indietro, tornando allo scandalo Cambridge analytica. È una questione che si sviluppa in corrispondenza della campagna elettorale di Donald Trump nel 2016, ed è l’origine delle crisi economiche di Facebook. È ancora un momento d’oro per lo sviluppo delle piattaforme, il 17 marzo del 2018 Christopher Wylie inizia a rilasciare delle dichiarazioni a delle testate giornalistiche molto importanti del mondo anglosassone lasciando trapelare delle indiscrezioni circa un uso improprio fatto delle piattaforme social nell’ambito della campagna elettorale. In particolare, parla di Facebook, all’epoca ancora una delle più frequentate. Dice che c’è un’azienda, Cambridge analytica (società di consulenza politica britannica e uno spin off dell’università di Cambridge), che ha sfruttato i dati personali di oltre 50 milioni di utenti di Facebook per ipotizzare e ottimizzare al massimo la portata della propaganda politica delle campagne elettorali di alcuni politici, tra cui quella di Donald Trump. Lascia quindi intendere che i dati personali di questi utenti sono stati utilizzati per favorire e rendere elettorale le sue campagne elettorali, favorendo un candidato a discapito di altri. La società Cambridge analytica, che fa consulenza politica e studia sistemi avanzati di previsione delle intenzioni di voto delle persone e del consenso, cerca di sviluppare un progetto basato sulla psicometria, il monitoraggio di come certe caratteristiche psicologiche delle persone le portino a recepire più facilmente certi tipi di messaggi a discapito di altri, e come i messaggi di propaganda politica si possano ottimizzare in base ai profili psicologici delle persone. Cambridge analytica vuole realizzare un progetto di consulenza politica basato sulla psicometria, e fin qui non c’è niente di male (anche se sono fatti per convincermi). Ha però bisogno di dati per sviluppare questi profili psicometrici, e affida a un suo collaboratore l’ideazione di un sistema per rilevare più dati possibili usando le piattaforme digitali. Questo consulente, Alexander Kogan, crea un’altra società d’appoggio che si chiama “Global science Research” e un’app che si chiama “this is your digital life”. Una volta raccolti questi dati sono passati a Cambridge analytica che li usa esplorare dei profili psicografici finalizzati a indirizzare agli utenti messaggi di propaganda politica diversi. L’esito di queste dichiarazioni è un crollo delle azioni di borsa di Facebook. È un gioco, un test con delle domande circa i propri atteggiamenti nei confronti del mondo, vita, difficoltà che da in risposta un identikit digitale associando le persone a delle pietre. In questo modo accumula tantissimi dati sui profili psicologici degli utenti, a fini scientifici. 60 *Covid 19 Rivoluziona gli aspetti delle piattaforme social. Si pone nei primi mesi del 2020 la questione dell’infodemia, rispetto a un fenomeno nuovo circolano tantissime informazioni, talvolta non vagliate con accuratezza ma veloci, e la stessa organizzazione della sanità afferma che le persone hanno difficoltà a orientarsi. Anche le grandi organizzazioni internazionali pubbliche e istituzionali riconoscono la circolazione incontrollata di notizie, non tutte controllate. Questo problema tocca da vicino i social, in cui queste informazioni circolano con molta facilità. Le piattaforme pian piano cambiano posizione. Nel febbraio 2020 in Cina su Twitter sono già stati pubblicati oltre 15 milioni di tweet sul tema, ed è la prima piattaforma che prende posizione. Come piattaforma, decide di diventare uno di soggetti che decide di arginare la circolazione confusiva delle informazioni. Questo è un passo rispetto alla dichiarazione di Zuckerberg di qualche anno prima. Twitter decide di intervenire sui propri algoritmi in modo che a seguito di una parola chiave cercata nel motore di ricerca viene restituita una personale selezione delle fonti affidabili. È una prima presa di posizione, l’affidabilità secondo Twitter risiede nelle istituzioni. Non si ha più una tech company, ma una company che ha fatto una scelta molto precisa di definizione di cos’è un’informazione affidabile, o che interviene sui suoi motori di ricerca per offrire come risultato una fonte affidabile. Un mese dopo, a marzo 2020, Twitter aggiunge anche degli aggiornamenti sulla situazione covid in Italia, un suo aggregatore di news. È una porzione della piattaforma in cui vengono raccolte le informazioni che vengono dalle fonti ritenute affidabili. È un lavoro di aggregazione di carattere giornalistico, anche se Twitter non scrive. Interviene anche sull’algoritmo privilegiando i profili che forniscono questi update sul covid che ritiene affidabili, non lo fa più funzionare sulla base dei dati raccolti sugli utenti proponendo cose che interessano, ma portando in primo piano fonti affidabili. Twitter si assume la responsabilità di orientare i propri algoritmi. Facebook invece sta agendo sempre sulla base del criterio della selezione per moderazione, si limita a mettere in campo le sue squadre di fact chekcer ma non vuole ancora intervenire sugli algoritmi e sui motori di ricerca. Lascia circolare tutto e solo poi controlla. Si accorda con il ministero della salute per inserire un messaggio che rimanda alla pagina internet del ministero quando la ricerca verte su temi legati al covid. Se si digita covid sul motore di ricerca di Twitter, si viene rimandati a un messaggio che linka il sito del ministero della salute dei diversi paesi. Interviene sugli algoritmi di visualizzazione per bloccare eventuali suggerimenti automatici per evitare che si associno delle parole chiave fuorvianti. 61 Incarica il capo della divisione sanità cinese (controlla i criteri di sicurezza, non falsità, non incitamento a violenza…) di rimuovere i post che secondo le organizzazioni sanitarie principali violino gli standard. È un processo lentissimo, la prima posizione che adotta è simile a quella di Zuckerberg. Questo meccanismo è troppo lento rispetto alle news, a marzo di adegua a Twitter. Anche altre piattaforme si muovono, tra cui TikTok, in un modo diverso. L’immaginario degli utenti è diverso, non sono fornitori di informazioni ma creators, persone che producono contenuti. Valorizza la creatività e l’espressione personale, ma anche l’autenticità e l’integrità. Durante la creazione, la visualizzazione o l’integrazione con contenuti correlati al covid, suggerisce di tenere presente la verifica con fonti attendibili (con link ai ministeri di salute e all’Organizzazione Mondiale della Sanità), e la segnalazione di contenuti che violano le linee giuda. Incoraggia i creators a verificare i fatti di cui si parla con fonti attendibili, come concetto cruciale di questa presa di posizione. Fornisce quindi sempre aggregatori di informazioni utili, una cerchia di informazioni verificate che provengono dalle istituzioni. Persino Pinterest prende posizione rivolgendosi ai creators, consigliando di rivolgersi ad esperti, segnalare contenuti che violano le linee guida, e riservandosi il diritto di non mostrare risultati di ricerca che contengano informazioni false o dannose. Le piattaforme social sono sempre piattaforme tecnologiche che abilitano la produzione e condivisione di contenuti, ma sono anche piattaforme i cui algoritmi regolano la visualizzazione dei contenuti e la loro natura, intervenendo sul tipo di contenuti che posso vedere in risposta a una certa ricerca. Continuano a proporsi come aggregatori di notizie sul covid facendosi GARANTI DI AFFIDABILITÀ attraverso la selezione di fonti che appartengono al mondo dell’informazione (testate giornalistiche) ed istituzioni nazionali. È un cambiamento fondamentale, c’è stato un cambiamento importante dalla visione di Zuckerberg a ora. I social sono intervenuti non solo con forme di selezione per moderazione ma attraverso l’intervento diretto sulle forme di selezione algoritmica. Da questo cambiamento si farà fatica a tornare indietro, è un cambiamento strutturale che investe il rapporto tra le piattaforme e il contenuto, gli interventi delle piattaforme potranno facilmente ripetersi e continuare. Propone un aggiornamento live sul covid con un’aggregazione di fonti affidabili, e propone un link al ministero della salute. Agisce sui meccanismi interni, e riconosce le fonti istituzionali come affidabili. Anche Facebook agisce sul motore di ricerca, proponendo fonti ufficiali 62 RUOLO DELLE ISTITUZIONI Nella pandemia le istituzioni hanno usato le piattaforme social per comunicare con i cittadini, sono diventate un luogo in cui le istituzioni locali hanno costituito nuovi canali di comunicazione. All’interno di questo contesto la comunicazione delle istituzioni nelle piattaforme è stata fortemente privilegiata dagli algoritmi in quanto fonte affidabili e le istituzioni stesse hanno sfruttato questa visibilità per creare delle campagne. Ad esempio, la presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero della Salute, l’Istituto Superiore di Sanità, il Dipartimento della Protezione Civile e la Croce Rossa Italiana sono istituzioni che si sono mosse sui social. Si sono realizzate campagne di comunicazione finalizzate a informare i cittadini, che hanno contribuito a costruire la narrazione del covid, a veicolare una serie di valori e a raccontare la rappresentazione della malattia evolvendo nel tempo. A gennaio 2020 la prima istituzione che ne parla è la Croce Rossa e la relazione alle persone che viaggiano spesso. Prima ondata: ci sono tante campagne che mettono al centro il virus, le sue caratteristiche e le forme di prevenzione. La prima fase di comunicazione le istituzioni mettono a tema il covid, le sue caratteristiche e come difendersi, fino alla metà di marzo. Ci si sposta sull’evoluzione della vita quotidiana delle persone che all’impressivo comincia a cambiare. Tra marzo e aprile emergono altri temi come la protezione, la responsabilità, la solidarietà. Queste campagne sono veicolate attraverso i social e privilegiate dai motori di ricerca contribuiscono a far emergere in modo forte questi contenuti. Ad aprile questi temi vengono portati avanti insieme alla cura di se, alla solidarietà locale di quelli che vivono con noi e alla coesione per reagire insieme. Seconda ondata: alcuni soggetti prendono in mano la comunicazione in modo più deciso (presidente del Consiglio, Ministero della Salute) e altri perdono importanza. Si hanno dei picchi in corrispondenza delle prese di posizione delle istituzioni, ma la comunicazione resta attiva per quasi tutto il periodo. La comunicazione si concentra su alcuni concetti chiave tra cui la responsabilità collettiva verso gli altri (nuovo lockdown) e individuale (per Natale). Oltre al concetto di proteggere gli altri, le persone sono messe al centro della battaglia al virus. 65 cambiamento) ma sono raramente ispirate all’oggettività che ha caratterizzato le grandi testate giornalistiche tradizionali. Non ci sono modi giusti o sbagliati di informarci, ma se ci riferiamo a queste dobbiamo sapere che sono comunitarie e con una precisa impostazione ideologica, spesso in collaborazione con alcune aziende. Queste testate ottengono anche tanto consenso perché esprimono dal punto di vista culturale un comune sentire. L’informazione che circola oggi nei nostri spazi social è - data driven - comunitaria Processi di misinformation Abbiamo già parlato di questo nella teoria della coltivazione con le echo chamber e le filter bubble. Un caso chiave degli ultimi anni sono state le elezioni americane del 2016. Il clima che si vive in quel mese di novembre 2016 è molto teso, la campagna elettorale tra Trump e la Clinton era molto accesa, la strategia di Trump era contraddistinta da insinuazioni sul fatto che la parte avversa imbrogli. Ha iniziato soprattutto a mettere in giro la voce che tutte le manifestazioni a suo sfavore fossero in realtà organizzata dai democratici che vogliono far credere che ci siano tante persone ostili alla sua candidatura. Erik Tuker, con un solo Twitter e 40 social, scopre che ad Austin si sarebbe svolta una manifestazione anti Trump e pensa che magari era stata fatta davvero dai democratici. Scrive su Twitter di guardare i bus ipotizzando che fossero stati i democratici, e per i meccanismi di circolazione e di attribuzione di un’idea di verità alle news che dominano sui social diventa in breve tempo una notizia. Viene condiviso da tantissime persone e diventa effettivamente un tema della campagna, anche se si trattava di un caso di misinformation (non voluta, non si immaginava questa cosa). È così che a volte si generano i percorsi di misinformation. Vede tutti questi bus e al semaforo, dopo aver guardato velocemente su Google, ha trovato solamente l’annuncino delle proteste e utilizzandola come unica verifica ha collegato il caso. Il tweet è reso visibile a tutti i gruppi sostenitori di Trump e sono interessati a trovare tutte le informazioni possibili che sostengano quelle ipotesi. Case history: un giorno di inizio novembre a Austin si vede questa foto con una lunghissima fila di autobus tutti uguali fatta dal parabrezza di una macchina in una giornata piovosa, fatta da un operatore id marketing che sta andando al lavoro. Ha in testa quello che Trump sta facendo con i suoi sospetti, vede i bus e da questa interpretazione. Usa degli hashtag che fanno si che il tweet esca dai suoi 40 amici e circoli in tutta la piattaforma in quanto molto orientati (fake protest). 66 Questo post di Reddit viene ripreso in un forum di conservatori, passando ancora su un’altra piattaforma in cui viene sempre riproposto con il testo di Tuker ma con il titolo di Reddit. Diventa una micronotizia riconfezionata con questi due aspetti. Ora che la notizia è sul forum dei conservatori americani Tuker è sparito, è una cosa che sta viaggiando in modo indipendente dal suo autore, solamente il giorno dopo. A questo forum free Republic partecipano anche diversi personaggi politici americani, sempre di destra, e sono anche loro increduli di aver trovato la conferma alle loro supposizioni. Lo condividono quindi sulle loro pagine Facebook e sulle pagine a sostegno. La notizia entra in Facebook con l’endorsement di un politico, non è più l’operatore di marketing sperduto ma un personaggio politico. Effettivamente, diventa una breaking news e inizia a girare e venire condivisa. Su Facebook sta circolando il link al forum dove c’è questa breaking news e i post di uomini politici che la ripropongono. Il fatto che la fonte sia soltanto Tuker e che il forum e i politici condividono in realtà lo stesso tweet gli fa acquisire più visibilità (sembrano due fonti diverse ma in realtà è solo un tweet). A questo punto il giorno dopo cominciano a succedere cose anche al di fuori del social. Si è in un percorso di circolazione incontrollata che moltiplica la quantità di fonti diverse che propongono la stessa notizia. Si propongono tre flussi comunicativi - social media: la diffusione dell’informazione cresce, la notizia continua a circolare e viene continuamente ripresa (si muovono i media tradizionali) - un reporter della Fox TV chiede un’intervista per un servizio televisivo al manager della compagnia dei bus - la manager inizia a ricevere anche delle mail personali che chiedono a chi abbia affittato i bus La manager afferma che non sono stati noleggiati per le proteste anti Trump, ma per un convegno interno per un’azienda di Austin che non appare su internet. Il giornalista di Fox è locale di Austin, la notizia smentita compare ma solamente sulla Fox TV locale mentre ormai il tweet è uscito dal Texas. Continua a circolare e diventa una notizia confermata da molte fonti, che in realtà stanno solo facendo rigirare lo stesso pezzo di contenuto. L’inchiesta della Fox continua, però parte solo sulle testate locali. Nel frattempo, la circolazione del tweet sta raggiungendo molte persone in America che non vedono i quotidiani locali del Texas. Anche i siti di debunking di confutazione di bufale online che si mettono a decostruire questo percorso. Lo stesso Tuker una volta capito che il suo tweet stava avendo una diffusione maggiore di quella che si aspettava, scrive sul suo blog che aveva solo visto gli autobus, che aveva capito che la sua supposizione era sbagliata. La pubblicazione viene ripreso, non solo su Twitter, ma anche su un’altra piattaforma chiamata Reddit. Dentro Reddit c’è un gruppo chiamato “The Donald” che riprende la notizia e la qualifica come breaking news anche come “they found the buses”. 67 Sul suo blog condivide anche la foto del suo tweet con scritto “FALSO” ma non serve a niente, i flussi in cui si è inserito il tweet non sono gli stessi a cui arrivano le smentite delle testate locali, dei siti di debunking o di Tuker. Le persone che stanno vedendo sui social circolare questa notizia non sanno chi è Tuker, e quindi la rettifica a loro non arriva. I sostenitori di Trump non guardano ad esempio i siti di debunking, usano altre fonti e le testate sono molto locali. La news a un certo punto se ne va per i fatti suoi e le smentite non riescono a raggiungere le persone. Sulle pagine di destra di Facebook continuano ad arrivare notizie su questo fatto, dove il testo non è neanche quello originale. Non si sa da dove provenga la notizia perché appunto il testo è diverso, arriva da altri fonti (non si sa neanche più che è di Twitter). Ci sono tantissime declinazioni di questa notizia che la fanno sembrare vera, arriva da fonti diverse, con testi diversi, e titoli diversi. L’origine del tweet viene completamente persa, sembra che i bus siano stati visti da moltissime persone che stanno raccontando con parole diverse quello che è successo, e non uno unico. Una volta che il post circola il tweet correttivo di Tuker non raggiunge praticamente nessuno e il 12 novembre lo cancella, ma ormai cancellare il capostipite non serve perché è circolato tantissimo. Le testate americane sono andate poi a indagare, e Tuker stesso si è prestato alle ricerche sentendosi in dovere di rilasciare un’intervista. CONCLUSIONI: 1. quando ci muoviamo sulle piattaforme social e si attivano questi flussi di condivisione è difficile arginarli, le smentite non riescono mai ad avere la stessa circolazione, non si riesce ad avere lo stesso pubblico perché la notizia viaggia su dei flussi che non sono replicabili. Gestire le notizie false o mal interpretate è estremamente difficile, si parla di misinformation perché è un mix di baias di conferma di una persona che ha dato una notizia senza aver fatto una ricerca giornalistica, è tutto un mix di approssimazioni e di ricerca di conferma di quello che si pensa (quella di Tuker era misinformation perché aveva interpretato male, diventa fake news quando le attribuiscono il titolo di breaking news) 2. tutto questo circola all’interno di reti omofile, di persone che la pensano allo stesso modo con omogeneità di pensiero 3. segue le logiche di credibilità delle piattaforme social per diventare sempre più vera 1. FLUSSI DI COMUNICAZIONE A CASCATA Ne abbiamo già fatto cenno, quello che genera i fenomeni di misinformation sono i flussi di comunicazione a cascata. Il Tweet di Tuker si è diffuso attraverso 350 000 condivisioni, che hanno creato il flusso a cascata. Noi siamo il fiume e riceviamo tanti rivoli di informazione e non riusciamo a capire se c’è un’unica fonte o più fonti, ci sembrano tante diverse. LA CASCATA DERIVA DALLE ATTIVITÀ DI SOCIAL SHARING DA PARTE DEGLI UTENTI LE CUI BACHECHE SONO STATE RAGGIUNTE DA POST CONDIVISI DA PROFILI E PAGINE DIFFERENTI, OPPURE DA AMICI. 70 La fiducia ha tre diversi aspetti 1. Confidiamo che - L’altro abbiamo qualcosa di significativo da comunicarmi - L’altro possa ascoltarmi e capirmi 2. La fiducia reciproca sta nel fatto che l’altro sia sincero, e che quindi - Sia come appare - Sia quel che dice e mostra di essere 3. Confidiamo anche che - L’altro crea alla verità di quello che dico - Alla verità della mia “faccia”, che io sia quello che dico Questo meccanismo lo mettiamo in atto in modo inconsapevole, non ci pensiamo sopra ogni volta che iniziamo un’interazione. 4. Un ulteriore aspetto che ci aspettiamo è che l’altro - Non manipolerà la comunicazione - Sarà cooperativo e rispetterà gli impegni, avrà degli obiettivi - Sarà sincero su di sé e sul mondo Detto tutto questo, una volta che quando si avvia un processo di comunicazione si mette in gioco una relazione tra - Credibilità proiettata, che io proietto e mi porgo come una persona di cui avere fiducia - Credibilità percepita, gli altri si pongono come persone degne di fiducia È un meccanismo che mettiamo in atto in modo non riflessivo, ma non siamo completamente ingenui e cerchiamo di rintracciare degli indizi (3 diverse tipologie) per capire se possiamo mettere in atto questo atto di fiducia o no. TIPI DI CREDIBILITÀ 1. Credibilità cognitiva, cerchiamo di rintracciare degli indizi che ci dicano se la persona con cui interagiamo è competente, se ha una serie di conoscenze a cui mi interessa accedere. Una volta che ho riconosciuto questa competenza scelgo di entrare in comunicazione con loro (si guardano anche costi e benefici) 2. Credibilità normativa, fa riferimento all’insieme dei valori che un soggetto rappresenta (valori = norme), si cercano indizi per capire se il soggetto con cui interagisco è espressione di valori o di uno status che per me sono desiderabili. Non attribuisco fiducia sulla base della competenza ma sulla stima che ho per qualcuno grazie ai suoi valori 3. Credibilità affettiva, ci fidiamo perché abbiamo sviluppato con una persona una relazione e un rapporto affettivo. Se non abbiamo una frequentazione diretta ci fidiamo perché sentiamo di poterci identificare e sentirci familiare con questa persona, mi fido perché percepisco questa persona come appartenente alla mia sfera amicale 71 Questi tipi di cedibilità possono combinarsi, ma non è detto, e posson quindi sceglierne uno rispetto agli altri. La condizione ideale è quando si combinano, in questo caso si ottiene il massimo della credibilità (meccanismi su cui lavorano anche gli influencer). Non sempre tutti e tre questi livelli entrano in gioco insieme, se mettiamo da parte gli influencer, nella comunicazione dei social media con i post la dimensione cognitiva è quella che entra meno in gioco nell’attribuire credibilità ai contenuti social. Se usciamo dalla sfera di soggetti che conosciamo e riconosciamo, ed entriamo nel flusso dei feed dei contenuti che viaggiano sulle piattaforme social, chi sia l’autore spesso un dato non conosciuto. Quando scorriamo il feed dei contenuti sui nostri profili non stiamo osservando quello che un soggetto preciso ci dice, l’autorialità dei contenuti non è nota perché tutto è mescolato (testate, profili, pagine). La credibilità di tipo cognitivo è quella che quindi viene messa in gioco meno, le news mi arrivano da soggetti vari e non so quindi stabilire se siano competenti o meno. Si punta sulla credibilità normativa e affettiva, per i valori o la mia rete di conoscenze. Ci troviamo in una situazione in cui non potendo verificare la verità di quello che viene condiviso o postato, ci troviamo davanti a un’attribuzione di un privilegio ai contenuti che ci assomigliano, o che sono postati da qualcuno con cui abbiamo una relazione di tipo affettivo. La radice normativa è sostenuta dall’omofilia della rete, i contenuti mi assomigliano perché mi sono costruito un determinato tipo di rete e quindi ci credo; quella affettiva è sostenuta dal fatto che con le persone che mi assomigliano sono più propenso a instaurare relazioni e a sentirle vicine. PROPAGAZIONE DELLA CREDIBILITÀ Si è studiato che la credibilità si propaga all’interno della rete, circola all’interno delle piattaforme social aggiungendo strati di credibilità (se un mio amico condivide qualcosa che ha postato un suo amico me lo rende più credibile). SHERCHAN E NEPAL La nostra credibilità affettiva si propaga all’interno della rete, un individuo proietta la sua credibilità su un altro (quasi popolarità). Questo meccanismo di basa anche sui like, se vedo che un contenuto ha avuto tanti like da parte dei miei amici inizio a pensare che sia credibile. La dimensione della credibilità per popolarità è molto forte, si basa sulle forme di accreditamento con cui un individuo proietta la sua cedibilità su un altro, propagandosi anche verso altri utenti che non si conoscono con una catena. La propagazione della credibilità all’interno dei social network è stata descritta come simile al passaparola È facile che sulla base di questo passaparola all’interno della rete i contenuti diventino sempre più credibili. FOAF sta per questi processi definito “friend of a friend”, la credibilità delle persone che sono mie amiche si proietta su tutte le persone che sono loro amiche o che fanno parte della loro rete. 72 FIDUCIA SISTEMICA Questo rapporto influisce anche sul nostro rapporto con il sistema dei media nella sua completezza. Il fatto che viviamo in un contesto in cui le forme di credibilità più diffuse sono quella normativa e affettiva, ricade anche su come ci relazioniamo ai media. La fiducia che le persone attribuiscono ai media è di tipo sistemico, ci si fida del modo in cui lavorano i media (soprattutto per i media tradizionali, prima del loro grande sviluppo). Esempio BBC: mi fido perché i loro giornalisti lavorino seguendo certe routine scrupolose di verifica della verità dei fatti e di oggettività della restituzione dell’informazione. Non mi interessa chi sia a parlare o se i miei amici apprezzino, mi fido del lavoro della testata che non pubblica senza una verifica delle fonti. Questo tipo di aspettativa nei confronti del lavoro dell’informazione è quella che hanno avuto le persone per molti decenni quando il sistema mediale non era così sviluppato. Anche Will, una testata nativa delle piattaforme, ci propone una fiducia sistemica anche se è diversa da quello della BBC. All’interno de sistemi dei media, l’evoluzione verso la piattaformizzazione ha portato questo grande cambiamento: la fiducia sistemica non si basa più sul piano cognitivo (BBC) ma su quello normativo (Will). C’è stato e c’è ancora un elemento importante, il passaggio dalla credibilità cognitiva e normativa personale, mi fido perché me lo dice una specifica persona in quanto esperto o in quanto incarna un set di valori (giornalista esperto non tutta la testata). Nascono le figure degli esperti, figure che parlano e che chiedono innanzitutto di attribuirgli una credibilità cognitiva per le loro conoscenze (medici durante la pandemia). Dopo questo, più le persone si espongono si può arrivare ad ottenere una fiducia basata su un mix di competenze e capacità di incarnare un set di valori. La fiducia cognitiva da sola fa fatica a reggere nel mondo delle piattaforme, e spesso si mescola con quella normativa. Il terzo tipo di fiducia fondamentale è quello affettivo, con una credibilità affettiva personale. Si da credibilità al mediatore perché con lui si ha una relazione affettiva, in base anche a quello che i miei amici condividono e mi raccontano. *Tutto questo modo di costruire la fiducia da spazio a tutti i fenomeni visti in precedenza, un contenuto parzialmente vero che viene però condiviso da una testata con i miei stessi valori acquisisce credibilità e circola facilmente, anche se non è verificato al 100%. Esempio factanza: ha il concetto di fatto dentro il suo stesso nome e vuole fare informazione indipendente, costruisce delle presentazioni in slide show che raccontano i fatti della giornata spiegando, anche con un po’ di ironia che cosa succede. Inserisce anche delle descrizioni che rappresentano tipicamente il sistema valoriale, e non fa solo informazione oggettiva con dati. È una presa di posizione culturale che noi riteniamo accettabile, riteniamo fondamentale avere anche la dimensione normativa per creare la fiducia 75 I mediatori di tutto questo processo sono i big 5 e le piattaforme di settore, con un meccanismo caratterizzato da elementi inusuali, è quasi un gioco che gratifica per partecipare anche a qualcosa di più grande. Lezione del 6/12 BIG FIVE: CONNETTONO I PAZIENTI Diventano un importante strumento di networking tra pazienti, una nuova opportunità sempre a disposizione. Le big 5 sono quelle che offrono l’infrastruttura per connettersi, il fatto interessante è che le reti di persone che si conoscono per una situazione sanitaria simile si sono spostate sulla rete, all’interno di spazi appositi messi a disposizione dalle big 5. Connettono e mettono a disposizione tutte le loro risorse, è una connessione che corrisponde anche a una specie di datificazione della loro situazione di salute, le piattaforme mettono a disposizione delle risorse che chiedono di condividere dati sullo stato di salute e li mette a disposizione di tutti. Anche lo stato di salute diventa datificato, e viene appunto condiviso come dato (non sono solo forum di aiuto e supporto emotivo ma ad esempio la percentuale di persone che hanno un sintomo, quanto forte, con che frequenza...). Questo è un effetto della piattaformizzazione che ricade sul modo in cui le persone vedono il network e su ciò che condividono, e anche su quello che si immagina sia lo strumento per tenere sotto controllo quello che ci circonda. VAN DIJCK Se riflettiamo su buona parte di quello che è stata la narrazione del Covid, questo processo anche da parte dei media è stato interiorizzato: nelle prime fasi è stato più analogico (cosa bisogna fare) e poi è diventato sempre più datificato (bollettino di quante persone si ammalano, vanno in ospedale ecc). Da un lato queste piattaforme anche nel momento in cui connettono pazienti producono dati da fornire poi ai medici (un modo di raccontare la malattia in modo diverso con dati) e contemporaneamente producono una rappresentazione datificata della malattia. In un certo senso, sostituisce una relazione tra persone che cercano di capirsi e raccontarsi le cose, con una relazione con un insieme di informazioni apparentemente oggettive e datificate che si portano ai medici come strumento sufficiente. Questo ha un impatto molto forte anche su come noi percepiamo la relazione con la nostra fisicità, non è un insieme di dati di funzionamento ma un sistema più complesso di fattori ed elementi. Tutto questo processo di datificazione promuove una medicina basata su delle evidenze patient-drive, i pazienti portano delle evidenze numeriche su cui si dovrebbe basare lo studio e l’avanzamento della medicina sia come singoli che come gruppi. L’approccio allo studio delle malattie e della loro evoluzione è anch’esso data-driven, dove i dati sono appunto forniti dai pazienti con dei panel di validazione di terapie e ipotesi scientifiche. Siamo davanti a un percorso di datificazione delle malattie personali dei pazienti che prende forma sia come informazione strutturata (grafici e dati da portare anche ai medici) ma anche come rappresentazione narrativa (la narrazione soggettiva della malattia). 76 Insieme alla datificazione dello stato di salute, c’è anche una datificazione del progresso e della conoscenza scientifica, un aspetto del progredire diventa data-driven. Si parla anche di citizen scienze, un avanzamento del sapere scientifico legato alla medicina che diventa guidato dai pazienti che forniscono i dati e cooperano. In questo modo di procedere ci son dei limiti e degli elementi di criticità - Autoselezione del campione, chi partecipa a questi network si auto seleziona e quindi non sempre i monitoraggi consentono di avere un’effettiva rappresentatività (ad esempio chi non usa la tecnologia è escluso), è un po’limitante e - Auto-somministrazione del farmaco - Auto-registrazione delle evidenze, i dati sono anche auto raccolti da persone comuni, senza magari l’accortezza di un medico Importantissimi sono anche i problemi legati alla privacy, una volta che i dati sono raccolti e pubblici possono generare problemi nei confronti delle assicurazioni, di potenziatori datori di lavoro (sono visibile in tutti gli aspetti con persone con cui ho relazioni professionali). Insieme a questo c’è anche una promozione di una forma di filantropia dei dati, produco tanti dati in forma non corretta o in eccesso perché mi sembra uno strumento di particolare utilità, si è spinti a produrre fati pensando di essere utili al prossimo. Le piattaforme di settore si inseriscono in questo mondo fornendo strumenti di monitoraggio di specifiche malattie, e anche in questo caso la raccolta di dati in tempo reale è automatizzata e rende queste app molto utili per la ricerca scientifica. Alle volte chi è in grado di usare queste app e di procurarsi i dispositivi appartiene a classi sociali privilegiati, e buona parte delle persone rimane esclusa. In sintesi, siamo davanti a una pressione alla raccolta automatizzata di dati individuali, una pressione che viene dalle piattaforme perché la raccolta di dati posiziona queste piattaforme nei sistemi in modo privilegiato e mettendole in risalto, sono interlocutori alla pari delle istituzioni. In seconda battuta, è possibili combinare questi dati con altri anche per azioni di marketing. Gli operatori delle big five forniscono l’hardware, lo spazio di archiviazione o i software per la raccolta di dati, che possono essere connessi ad altre parti dei database di cui son in possesso, oggetto di una profilazione ancora più precisa dei target. EUROPA E PRIVACY Negli USA il controllo è molto meno stringente, mentre in Europa è stato fondato un EUROPEAN OPEN SCIENCE CLOUD, uno spazio virtuale in cui i dati convergono aperto a tutti gli operatori del settore. Si vuole creare un sistema di infrastrutture comuni europee con gli stessi principi di fair - Rintracciabili - Accessibile - Interoperabili, devono essere confrontati gli uni con gli altri - Riusabili Questi dati sono a disposizione di tutti gli operatori sanitari europei gratuitamente, in modo da evitare che si creino bolle di appartenenza. 77 Metaverso È una delle linee di tendenza verso cui si sta andando con questa evoluzione delle piattaforme. La parola metaverso è stata messa in circolazione da Mark Zuckerberg, che ha dato il nome di Meta all’azienda che un tempo era Facebook. In effetti, nel momento in cui la parola è stata lanciata, è stata abbinata con il concetto di REALTÀ VIRTUALE: uno spazio tridimensionale costruito all’interno del computer dove io posso agire come se fossi nello stesso spazio reale. È una narrazione che da un lato rimanda al gaming, molto simile in quando si gestiscono spazi virtuale in cui ci si muove o in soggettiva o con un avatar. In realtà, le radici dell’immaginario sono legate ai sogni di sviluppo dei sistemi di realtà virtuale. PERCHÉ SI AVVICINA ALLA REALTÀ VIRTUALE? Zuckerberg è storicamente legato a Facebook, ma dal 2018 (con il caso di Cambridge analytica) inizia ad essere associato a situazioni problematiche con una reputazione bassa. Questi problemi, in quanto Facebook è un’azienda quotata in borsa, hanno determinato ciclicamente dei cali dei valori delle azioni. Ha deciso di rinominare l’azienda Meta, per far si che le criticità relative a Facebook non la intaccassero, lascia i problemi alle singole piattaforme. Inoltre, Facebook ha raggiunto quasi il suo massimo sviluppo, una percentuale di utenti molto alta che cresce molto lentamente causando ancora una volta poco valore in borsa (legato al potenziale della crescita di anno in anno). Per queste due ragioni quindi Zuckerberg ha deciso di staccare l’azienda dal nome Facebook, chiamandola Meta. Ha cercato di lanciare come ulteriore terreno di crescita e sviluppo questa dimensione della virtualità, che già è presentata dal gaming con grande successo e una grande attenzione alla realtà aumentata. Il metaverso è quindi il nome che viene dato a questo progetto: UN INSIEME DI SPAZI VIRTUALI TRIDIMENSIONALI DA CREARE ED ESPLORARE CON ALTRE PERSONE CHE NON SI TROVANO NELLO STESSO SPAZIO FISICO TRAMITE UN AVATAR, si da la dimensione della fisicità e spazialità al mondo social. Secondo l’immaginario, non è solo uno spazio dove ci si sposta a piacimento, si incontrano persone e si svolgono attività, ma ha anche delle APPLICAZIONI FORMATIVE ED ESPLORABILI (un qualcosa di ludico e anche formativo). Oculus è l’azienda che è stata acquisita per lo sviluppo di quelle che si immaginano siano le interfacce per agire all’interno del metaverso, proposto come uno spazio immersivo che si esplora indossando i visori e spostandosi con i joystick. Allo stesso tempo, ci sono anche delle partnership con Horizon e Workrooms per lo sviluppo di mondi virtuali. Nasce Meta: Facebook, Messanger, WhatsApp, Instagram e Oculus (azienda acquisita che produce visori per l’immersione nel mondo tridimensionale). L’idea è quella di rendere 3D ed esplorabile attraverso il movimento nello spazio questo mondo dei social. 80 Tutto questo sul meccanismo di vendere degli oggetti digitali che possono essere di proprietà, diventano collezionabili, dotati di un valore e lo strumento di accesso a tutte queste attività esclusive. Questi oggetti nascono per essere oggetti di proprietà nel metaverso usabili poi anche all’esterno. Questo meccanismo si basa sulla tecnologia della block chain, che permette di associare a un oggetto digitale un codice su cui vengono registrati tutti i passaggi che l’oggetto fa. È considerato un meccanismo di sicurezza per tutte le transazioni che passano all’interno del mondo digitale, ci sono catene di soggetti che registrano in automatico ogni transazione. All’interno dell’oggetto resta traccia di tutti i suoi passaggi, e sono registrati anche da soggetti che li rendono difficilmente falsificabili. Le block chain vengono usate per gli NFT, le criptovalute, la sicurezza alimentare… Abbiamo da un lato il metaverso con la sua realizzazione 3D, e dall’altro la block chain come strumento di certificazione della proprietà degli oggetti che viaggiano nel metaverso e delle ricadute che hanno nello spazio reale. Da un lato c’è un immaginario di una realtà virtuale che viene dagli anni 80’, le esperienze tipo Second Life, tutto quello che è stato capitalizzato nel tempo, la volontà di Zuckerberg di smarcarsi dalle solite piattaforme social e dall’altro un universo in cui devono replicarsi in qualche modo dei meccanismi presenti nella vita reale, ad esempio la possessione di oggetti. Lezione del 13/12 Media e culture algoritmiche Il modo in cui comunichiamo influenza la nostra società e il fatto che appoggiamo gran parte della nostra comunicazione a dei media che hanno come bande di funzionamento degli algoritmi esercita una qualche influenza sulla cultura contemporanea. Uno dei temi cruciali del dibattito contemporaneo sulle piattaforme digitali è il ruolo degli algoritmi. Tutto comincia intorno al 2015, ci si chiede se non ci fosse un impatto di questa presenza così costante e pervasiva degli algoritmi sulla cultura contemporanea. Il primo che ne parla è TED STRIPHAS, che ha messo in luce il ruolo cruciale svolto dagli algoritmi in queste piattaforme che si traduce in un importante impatto culturale, tanto da introdurre il concetto di cultura algoritmica. Si è concentrato su tre aspetti - Intervengono in modo significativo a ridurre l’entropia in un contesto di overload cognitivo, riducono la quantità di contenuti che ci arrivano ma allo stesso tempo sono un filtro importante. La logica su cui si basano gli algoritmi influisce sul modo in cui noi riceviamo le informazioni, uno dei filtri che vengono utilizzati per farci arrivare dei contenuti informativi su cosa sta succedendo è quello esercitato dagli algoritmi con le logiche che abbiamo visto - Contribuiscono a un processo essenziale della cultura: definire la visibilità e il valore di prodotti culturali. Non si parla più di informazione e news, ma di circolazione dei prodotti culturali intesi in senso ampio (libri, film, serie tv, musica) 81 - Contribuiscono a riassemblare il sociale, specialmente attraverso social media sulla base delle affinità e connessioni individuate dagli algoritmi. Influiscono sul tipo di persone con cui io posso più o meno facilmente entrare in connessione attraverso le piattaforme digitali Attorno alla metà degli anni 10’ si comincia a mettere a fuoco che la presenza degli algoritmi non è soltanto un dato tecnologico, ma a questi tre livelli ha anche un impatto culturale per l’accesso alle news, all’accesso e al valore che viene attribuito a diversi prodotti culturali e per la dimensione della socialità. Altri autori vanno avanti a ragionare su quali siano le caratteristiche di questa cultura algoritmica contemporanea. BEER Nel 2017 si approfondisce la dimensione sociale, l’impatto che hanno sulla socialità. Viviamo in una società in cui la nostra socialità viaggia su binari basati su incontri nella vita reale, e contemporaneamente su binari basati sulle tecnologie digitali, in cui le opportunità di relazioni sociali sono definite in parte dai nostri comportamenti e in parte dagli algoritmi. Influenzano la costruzione della nostra sfera sociale, i processi con cui ci vengono segnalate possibili connessioni rielaborano in modo particolare gli interessi che abbiamo espresso (non sempre la restituzione è filtrata con il valore che noi attribuiamo a una determinata cosa, però contribuiscono a orientarci ni un modo rispetto che un altro) BUCHER (2012) Le logiche algoritmiche premiano la popolarità, la reputazione dei contenuti e tendono a riproporci con insistenza i contenuti maggiormente popolari e quelli che hanno le recensioni più alte, modellando la visibilità dei contenuti culturali e commerciali che conosciamo attraverso le piattaforme. La logica della popolarità è diventata pervasiva nella cultura delle piattaforme, quella più popolare è anche quella con più valore HAYLES (2019) E INTRONA (2011) Tutto questo contribuisce ai processi di costruisce di significato che vengono suggeriti dalle selezioni algoritmiche. Sono le interpretazioni che noi diano della realtà che ci circonda, non solo per cosa è importante e cosa no, ma anche sulle interpretazioni che dobbiamo dare a un fatto o evento. Siamo prevalentemente esposti alle interpretazioni più popolari e a quelle che gli algoritmi prediligono, influenzando la nostra percezione e il nostro modo di leggere la realtà CHENEY-LIPPOLD (2011) In conseguenza, influenzano anche la capacità di individuare, catalogare e ordinare il mondo e le persone Dentro la platform society questo aspetto sta diventando molto importante, la nostra società è fortemente influenzata dalla cultura algoritmica. 82 MEDIA ALGORITMICI TANIA BUCHER Le piattaforme che utilizziamo per fruire di contenuti audiovisivi sono algoritmiche, così come quelle che utilizziamo per la socialità, per informarci, per accedere ai contenuti di intrattenimento che passano attraverso le piattaforme digitali. Come caratteristica fondamentale hanno l’appoggiarsi su algoritmi per ordinare, filtrare, gerarchizzare e curare i contenuti. Di fatto, noi interagiamo con delle piattaforme programmate su una serie di logiche per fornirci un certo tipo di contenuti. Con i media algoritmici interagiamo sia con una rete di persone che selezionano contenuti per noi (library) sia con meccanismi automatizzati che ci rendono disponibile l’accesso alle varie tipologie di contenuto. Sempre andando ad approfondire, molti autori si sono concentrati sulla riflessione di questi media algoritmici. L’elemento che li contraddistingue è il processo di selezione e attribuzione di valore, basato su sistemi ricorsivi di suggerimento (ripropongono contenuti simili) basati sulle tracce digitali degli utenti e su meccanismi di raccomandazione selettiva. I media algoritmici funzionano in interazione con gli utenti, ci ripetono continuamente forme di suggerimento e proposta di contenuti. Le piattaforme sono caratterizzate dal fatto di essere molto ricche di essere molto ricche di suggerimenti di contenuti futuri, ci suggeriscono contenuti personalizzati (diverso dai media tradizionali, propongono contenuti già fatti) sulla base di ciò che abbiamo già fatto, è ricorsiva. I media ci incanalano verso percorsi di fruizione ripetitivi, sono basati su sistemi di raccomandazione selettiva e tendono a tenere conto delle tracce che lasciamo. L’unica cosa che ci può distogliere da questa fruizione ripetitiva è la popolarità, abbiamo magari l’occasione di incontrare un contenuto atipico, oppure la novità. I meccanismi non sono totalmente automatizzati o basati esclusivamente su logiche di programmazione software, ma sono piuttosto il risultato della composizione di azioni degli utenti e azioni delle piattaforme, che si determinano a vicenda. Gli studiosi colgono anche un limite in questa ripetizione dell’identico nella varietà di contenuti a cui abbiamo accesso, ci vengono tolte una gamma di offerte molto variegate. Si accede prevalentemente e quasi esclusivamente alle tipologie di contenuto che ho già avuto modo di fruire. Quello che emerge è che non è una dimensione totalmente verticale, ma in base alle tracce che lascio e di quanti percorsi sono disponibile a esplorare posso anche un po’ diversificare i contenuti, sono un soggetto che interagisce con questa presentazione di contenuti algoritmici. Non si parla più solo di un impatto sulla cultura che la presenza degli algoritmi all’interno di tante diverse tipologie di piattaforme genera, ma i media digitali contemporanei sono definibili come media algoritmici = TECNOLOGIE MEDIALI CHE SI BASANO FONDAMENTALMENTE SU ALGORITMI PER ORDINARE, FILTRARE, GERARCHIZZARE E CURARE I CONTENUTI. 85 Il modo in cui noi parliamo della Festa della Donna sui social è influenzato da quelli che diventano i contenuti popolari, i trending topic, oppure si accolgono le linee enarrative dominanti nella propria bolla algoritmica, frutto dell’intersezione tra tracce digitali lasciate e la loro interpretazione algoritmica. Brand, istituzioni e persone comuni hanno ripreso questi valori e i modi in cui venivano raccontati nei post pubblicitari in questa data. Il corpus su cui è stato reperito tramite Crowdtangle ed è composto da 6,624 post e si può definire un big data set, con le espressioni “8 marzo”, “festa donna” e “festa donne”. I temi ricorrenti all’interno di questi post sono stati identificati attraverso un’analisi del contenuto della parte visiva e del testo e poi attraverso un’analisi delle parole chiave. Se si prendono i top post con l’engagement più alto si ha un’idea di cosa è circolato di più, quelli che sono diventati ricorrenti nei feed degli utenti con maggiore ricorrenza. Erano presenti due grandi tematiche: donna come immagine di empowerment e allo stesso tempo la condizione di difficoltà della donna (da un lato valori positivi e capacità delle donne, dall’altro delle difficoltà). Questo è un modo di raccontare la donna fortemente connotato culturalmente, è una delle narrazioni che la presenta come un soggetto di valore che, oltre alle difficoltà, riesce a fare tutto. L’immagine della donna che emerge in relazione alla festività dell’8 marzo è quella di una donna come “principessa guerriera” caratterizzata da determinazione, coraggio e capacità di lottare, e quella di donna come “vittima di ingiustizie” soprattutto nell’ambito del lavoro. Gli aspetti più stereotipati come fragilità o maternità sono molto meno presenti. C’è poi il simbolo, in questi 75 post emergono alcune donne simbolo che sono coerenti con questo immaginario che viene proposto: Rita Levi Montalcini e Marie Curie (donna scienziato), Rosa Parks (donna attivista), Katherine Switzer e Franca Viola. Per quanto riguarda la descrizione della donna come figura di valore ed empowerment, gli elementi che connotano sono forza, maternità in senso ampio (capacità materna, a volte legata anche alla forza), capacità di lottare e coraggio, fragilità (solo il 4%). Contemporaneamente c’è tutto l’altro universo di discorso, la donna che ancora deve fronteggiare una serie di difficoltà riguardanti il lavoro (accesso, stipendio, conciliazione), discriminazione, violenza, rispetto (richiede un rispetto che non ha ancora in termini concerti). 86 Sono presenti anche tante pagine satiriche che propongono meme e che hanno ricevuto un forte engagement (edèsubitoex, boomfriendzone, bastardidentro, cosebrutteinpaginebelle, 30 politico). L’8 marzo viene ricondotto allo stereotipo di rapporti fallimentari tra uomini e donne, la dimenticanza e il goffo recupero, la competizione con la figura materna, la relazione di coppia come sopportazione, lo studio come vessazione e fatica senza scopo. C’è questo mix tra empowerment, donne simbolo e questo flusso che racconta di sventure varie soprattutto nelle relazioni tra uomini e donne. L’analisi sull’intero data set è stata effettuata utilizzando le diverse parole chiave che sono state rilevate come tipiche delle diverse forme di narrazione nello small data set per verificarne la ricorrenza in tutto il campione. Le parole chiave sono state divise in due distinte aree semantiche - Rappresentazione della donna come vittima e oggetto di discriminazione: lavoro, rispetto, violenza, vittima, oppressione, sessuale, discriminazione (si è parlato molto di questi temi ma poi nei post solo il 12% che hanno avuto l’engagement parlavano di violenze, mentre quelli per la discriminazione quasi tutti sono entrati nella top dei post più engagement) - Rappresentazione della donna come soggetto di valore per le sue capacità: forza, coraggio, lotta, maternità (è stato più premiato nei post in cui è circolato di più rispetto alla totalità) Quello che circolava in Instagram è l’effetto combinato degli algoritmi che ripongono i contenuti più popolari, e l’attività degli utenti che ne hanno premiato uno piuttosto che un altro. Il risultato non è legato tanto alla quantità di post che parlano di un certo tema, ma di quelli che sono diventati più popolari (discriminazione e violenza). L’immaginario influente che circola all’interno dei social network non è rappresentato dalla totalità dei contenuti che circolano nei post, le persone pubblicano dei contenuti e poi la combinazione tra algoritmi e gradimento seleziona una parte di questo contenuto facendolo diventare la rappresentazione che circola di più (quelli che avuto più ingaggio non sono le parole chiave ma quelli di prima). La combinazione tra azione degli utenti e algoritmi ha selezionato una rappresentazione che ha penalizzato il racconto dell’immagine della donna che ha come criticità l’essere soggetto di violenza. Si è ridotto questo nell’immaginario circolante ed è invece cresciuta la sensibilità alla discriminazione sociale, nella combinazione tra quello che è stato pubblico e quello che ha toccato gli utenti (su cui poi gli algoritmi hanno lavorato) alcuni temi sono risultati più graditi, affini e influenti. Emerge una significativa convergenza tra small e big data-set nell’indicazione delle figure femminili emblematiche che provengono principalmente da due ambiti: quello delle donne scienziate e quello delle donne attiviste. Nel complessivo data set prevalgono le prime con il 59% delle citazioni rispetto alle donne attiviste con il 40,5% delle citazioni. I social media non solo sono attivi nel modellare l’immaginario, ci propongono dei repertori a cui ci possiamo ispirare, ma i processi di selezione e valorizzazione algoritmica generano anche delle selezioni nei contenuti che circolano di più, influendo sull’immaginario che andiamo raccontando. 87 Lezione del 14/12 Sintesi per esame Ci sono tre grandi ambiti del corso: 1. Effetti sociali della comunicazione 2. Platform society 3. Aggiornamenti con le tendenze più recenti con metaverso e media algoritmici 1. EFFETTI SOCIALI DELLA COMUNICAZIONE CONCETTO DI OPINIONE PUBBLICA È il giudizio e modo di pensare collettivo della maggioranza dei cittadini. È l’insieme delle idee che un determinato agglomerato umano (città, nazione, gruppo di nazioni) ritiene giusto e vero in un determinato momento. È un sistema di credenze sulla cosa pubblica, e non è mai qualcosa di unitario, ma l’insieme delle correnti di opinione anche opposte dominanti in una società. Le parole chiave sono: collettiva, credenze, determinata, non unitaria Modi di formazione: a cascata (Deutsch) a cinque livelli (dalle élite economiche e sociali, alle élite politiche e il governo, ai media e ai leader d’opinione, al demos) e per ribollimento (nel pubblico si formano ribollimenti o movimenti di opinione in modo repentino e inaspettato, resi più visibili dallo sviluppo della rete internet). TRE TEORIE DEGLI EFFETTI SOCIALI DEI MEDIA 1. Opinion leader (two step flow communication) - Cos’è: riguarda l’identificazione della figura degli opinion leader all’interno della società - Quando nasce: tra la fine degli anni Quaranta e l’inizio degli anni Cinquanta - Da cosa parte: due ricerche che hanno guardato l’influenza dei mass media sulle scelte di voto dei cittadini americani di Eire Country Ohio e l’influenza dei mass media sulle scelte di consumo delle donne della cittadina di Decatur negli Stati Uniti nelle aree di prodotti di mass market, fashion e cinema - Cosa andavano cercando: come i media influenzassero le scelte di voto e le pratiche di consumo - Cosa hanno scoperto: esistono degli intermediari, opinion leader, che sono intervenuti - Modello: presenza degli opinion leader come mediatori tra i contenuti mediali e le reti sociali a cui appartengono - Quali sono le caratteristiche degli opinion leader: literacy, committment, socievolezza, leadership - Tipologie di opinion leader: verticali/ orizzontali, monomorfi/ polimorfi… - Opinion leader nei media digitali - Opinion leader nei media digitali: (non è quello che abbiamo detto fino adesso) ci sono state ricerche mirate a riconoscerli per vedere se si ripropongono anche nei media digitali 90 - Mass self communication e caratteristiche: ancora di massa, nuove forme di contenuto, autogenerata/ autodiretta/ auto selezionata, mira a molti 2. PLATFORM SOCIETY - Che cos’è e quali sono: ecosistema di piattaforme che non possono essere considerate separate le une dalle altre (definisco) - Piattaforme che la caratterizzano: Big five e piattaforme di settore, caratteristiche e infrastruttura, ruoli - Elementi costitutivi: - dati e come vengono raccolti - algoritmi e a cosa servono (filtrano, erogano contenuti) - le interfacce e a cosa servono (rendono visibili i contenuti, orientano la produzione e favoriscono alcune azioni) - lo status proprietario (a chi appartengono, che scopo hanno, dove sono situate) - il modello di business e come guadagnano - condizioni di utilizzo, norme e valori a cui le piattaforme fanno riferimento - Effetti sociali: datificazione, mercificazione e l’ingresso di nuovi tipi di selezione all’interno della società - Datificazione: codifica dei comportamenti e delle emozioni degli utenti per poterle standardizzare ed elaborare in forma di dati. Ci sono aspetti del mondo che per la prima volta vengono trasformate in date cose mai fatte prima, quasi tutti gli aspetti della nostra vita (geolocalizzazione e pagamenti), produce delle tecniche di analisi predittiva in tempo reale dei nostri comportamenti (spiego cos’è) e come avviene la datificazione dei like (esempio), i nostri dati circolano in diverse piattaforme attraverso ecosistemi di applicazioni che li condividono - Selezione: i contenuti a cui gli utenti accedono sono frutto di un processo di selezione basato su utenti e algoritmi, sono processi data driven che permettono di filtrare le attività degli utenti. Sono in collaborazione con gli utenti, ci sono tre tipologie importanti (personalizzazione, reputazione e trend, moderazione), gli utenti con le loro azioni nutrono gli algoritmi per il processo di selezione, problema di trasparenza PIATTAFORMIZZAZIONE DELL’INFROMAZIONE - Quali sono i processi di riaggregazione e disaggregazione (Nicholas Carr) negli anni Novanta (contenuti informativi e audience, lavoro dei motori di ricerca che hanno riaggregato news all’interno delle loro offerte) e negli anni Duemila (forme di consumo nativo delle news che mescano contenuti provenienti da parti diverse, proposte delle piattaforme in termini di riaggregazione come gli istant articles, Facebook news o gli aggregatori del covid) con il nuovo ruolo editoriale delle piattaforme - Nuovo ruolo editoriale delle piattaforme con il ruolo del covid: emergenza sanitaria, evoluzione del rapporto tra piattaforme e contenuti editoriali (Cambridge analytica). Cosa è cambiato: piattaforme che regolano la visualizzazione dei contenuti e regolano anche la loro natura - Misinformation: caso di Austin, flussi di condivisione a cascata, omofilia delle reti, logiche di credibilità 91 PIATTAFORMIZZAZIONE DELLA SALUTE - Le piattaforme introducono la medicina personalizzata (servizi) e una privatizzazione dei dati pubblici - Ruolo delle Big five e delle piattaforme di settore - Elementi caratterizzanti: raccolta automatizzata di dati individuali da parte delle piattaforme, l’inclusione di questi fati in un ecosistema complesso dove la proprietà delle corporation esercita il dominio su un vasto insieme di dati che possono essere riprogrammati e combinati all’infinito con altre collezioni di dati, gli operatori delle Big Five sono al centro del sistema e forniscono hardware/ spazio di archiviazione/ software, i dati possono essere connessi ad altre parti del database di cui sono in possesso 3. METAVERSO E MEDIA ALGORITMICI VIRTUAL REALITY - Quando nasce: immaginario anni 80’ e le tappe di sviluppo negli anni successivi - Caratteristiche del metaverso che Meta oggi ci propone MEDIA ALGORITMICI - Che cos’è la cultura algoritmica - Cosa sono i media algoritmici (Tania Bucher) - In cosa consistono l’immaginazione e la narrazione algoritmici