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Storia del cinema, un'introduzione Bordwell-Thompson, Sintesi del corso di Storia Del Cinema

riassunto del Bordwell-Thompson

Tipologia: Sintesi del corso

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Scarica Storia del cinema, un'introduzione Bordwell-Thompson e più Sintesi del corso in PDF di Storia Del Cinema solo su Docsity! Capitolo I L’invenzione e i primi anni del cinema (1880-1904) Durante il diciannovesimo secolo, quando furono studiate le proprietà della visione dell’occhio umano, un fisico e un geometra inventarono singolarmente uno strumento chiamato ‘fenachistoscopio’, strumento che attraverso una fessura offriva allo spettatore l’illusione del movimento. Un contributo fondamentale per la nascita del cinema era la possibilità di proiettare una rapida serie di immagini su una superficie. Nel 1888 George Eastman ideò un apparecchio chiamato ‘Kodak’ concependo una pellicola di celluloide trasparente per le macchine fotografiche, materiale utilizzato da altri inventori per la proiezione e ripresa di film. Alcuni inventori si interessavano all’analisi del movimento: nel 1878 l’ex governatore californiano Leland Stanford chiese a Muybridge di fotografare dei cavalli durante la cosa per studiare il loro passo attraverso dodici macchine fotografiche. Augustine Le Prince arrivò quasi ad inventare il cinema quando riuscì a realizzare sei brevi film utilizzando il rullo di celluloide Kodak. Nel 1888 Thomas Alva Edison (inventore del fonografo e della lampadina elettrica) iniziò a progettare la costruzione di macchine per mostrare le immagini in movimento, collaborando col suo assistente Dickson e nel 1891 vide la luce il kinetoscopio e il kinetografo: la pellicola da loro usata era larga 35mm con quattro perforazioni laterali. Edison e Dickson diedero vita ad un piccolo teatro di posa e cominciarono a realizzare dal 1893 brevissimi film di una durata massima di 20 secondi che riprendevano estratti di numeri eseguiti da personaggi famosi, ballerini, sportivi, acrobati… Kinetoscopio e Kinetografo venivano dati in affitto a locali dove i clienti pagavano circa 5 centesimi per ascoltare la registrazione (kinetografo) o per vedere questi filmati (kinetoscopio). Un altro meccanismo per proiettare e realizzare film fu inventato dai fratelli Sklandanowsky: ma il loro bioskop era troppo ingombrante. Ciò che contribuì a rendere il cinema un’impresa commerciale è l’opera dei fratelli Lumière. Sotto la richiesta di realizzare pellicole meno costose di quelle di Edison, in pochi mesi realizzarono il Cinematographe che permetteva di realizzare film da 16 fotogrammi al secondo. Nel marzo del 1895 venne realizzato il primo film con questa tecnica ‘L’uscita dalle fabbriche Lumière’ che vedeva il movimento di persone prese dalla realtà. I fratelli e la loro invenzione cominciarono ad avere tantissimo successo. In Inghilterra Paul, fabbricante di materiale fotografico venne incaricato di costruire una macchina simile al kinetoscopio realizzando dunque innanzitutto una macchina di facile utilizzo e film molto importanti per quanto riguarda il cinema delle origini. In America, in questo periodo, furono progettati sistemi di proiezione e ripresa da tre gruppi concorrenziali che cercavano di lanciare nel mercato uno standard dal successo commerciale. Da una parte Latham e i suoi figli studiarono la possibilità di aggiungere alla macchina da presa un ricciolo che permettesse la realizzazione di film più lunghi allentando la tensione della pellicola. Tra le altre, un’invenzione significativa fu anche quella di Thomas Armat del proiettore phantascope, seguita dalla progettazione del mutoscope a cura di H. Casler che produceva immagini più grandi e più nitide. Verso il diciannovesimo secolo il mezzo cinematografico si inserì all’interno di svariati divertimenti popolari: la maggior parte dei soggetti era costituita da vedute, brevi resoconti di viaggio, notizie di cronaca e attualità. Sin dall’inizio i film di finizione ebbero grande importanza. La maggior parte dei film delle origini era composta da una singola inquadratura: la macchina da presa rimaneva immobile e l’azione si svolgeva in un’unica ripresa; quando i registi effettuavano diverse riprese di un singolo soggetto queste venivano trattate come tanti film separati. Durante i primi anni della storia del cinema, i gestori delle sale cinematografiche erano fortemente controllati sulla forma da dare ai programmi proiettati. Lo spettacolo avveniva in svariati posti del mondo ma la realizzazione dei film avveniva in quelle parti in cui era stata inventa tata la macchina da presa: di solito era generalmente accompagnato dalla musica suonata o da un pianista o dall’orchestra di un luogo. Gli imbonitori avevano il compito di comunicare il titolo e descrivere talvolta i paesaggi, gli eventi di attualità. I fratelli Lumière erano convinti che il cinema fosse una moda passeggera. Le prime cineprese erano sorrette da treppiedi fissi che non permettevano le panoramiche: è nel 1896 che Promio, mettendo il treppiede su una gondola a Venezia introdusse il movimento in una ripresa. Inizialmente i Lumière non vendevano il loro cinematographe, è invece nel 1897 che cominciarono a vendere le loro macchine da presa interessandosi sempre meno a produrre film. In Francia nacquero così case di produzione come la Star Film di Georges Méliès, la Pathé e la Gaumont. Pathé si concentrò principalmente sulla produzione di film, riprendendo inizialmente le ideee di Méliès e dei film americani e d inglesi: egli vendeva sia i proiettori che i film e i suoi film piacevano tantissimo al pubblico. La sua principale rivale in Francia era la casa di produzione fondata da Gaumont che arrivò a costruire uno studio di produzione. Il cinema di Méliès non narravano storie nel senso in cui siamo abituati ad intenderle noi: esisteva pur sempre una trama, ma il suo scopo principale era quello di fare spettacolo mostrando giochi di prestigio. A lui va attribuita anche l’introduzione delle ballerine nei filmati: egli era cosciente del fatto che il pubblico richiedesse qualcosa che avrebbe potuto leggere in continuità agli altri svaghi del tempo. In Inghilterra la produzione di film si diffuse rapidamente: questi venivano mostrati in programmi di musichall oppure nelle fiere. In Inghilterra soprattutto divenne popolare il pianto ride, ossia il viaggio fantasma che dava allo spettatore l’illusione di viaggiàre. I più importanti produttori dell’Inghilterra formavano un gruppo denominato “scuola di Brighton” i cui capiscuola erano George A. Smith e J. Williamson. Il cinema inglese fu un cinema innovativo che si indebolì a causa delle concorrenti francesi, italiane e danesi. Ma erano gli Stati Uniti a rappresentare il più grande mercato del mondo per il cinema avendo più sale di ogni altro paese. Edison, con il suo vita scope, per fronteggiàre la concorrenza chiamò Edwin Porter per realizzare film più lunghi: a lui son state attribuite tutte le innovazioni del cinema precedente al 1908, come ad esempio la realizzazione del primo film narrativo ‘Vita di un pompiere americano’. Molti dei suoi film erano composti da più inquadrature. Il suo film più importante è “La grande rapina al treno”, realizzato nel 1903 in cui attraverso 14 inquadratura è narrato l’assalto di una banda di ladri ad un treno: nel film era presente un’inquadratura in cui uno dei banditi sparava in primo piano verso la macchina da presa, inquadratura che i gestori delle sale potevano collocare all’inizio o alla fine del film. Porter fece in modo che l’industria si concentrasse sulla produzione di film di finzione: ciò portò un cambiamento anche all’interno della stessa realizzazione che non dipendeva, come nel caso dell’attualità, da eventi reali che dovevano essere attesi. Ne “La capanna dello Zio Tom” Porter userà le didascalia per collegare episodi tratti dal romanzo. Capitolo II L’espansione internazionale del cinema 1905-1912. Nel 1905-1906 l’industria cinematografica francese dominava il mercato internazionale: mentre le due case di produzione principale, la Pathé e la Gaumont continuavano ad espandersi, nascevano nuove case di produzione. La Pathé controllava la produzione, la distribuzione e l’esercizio: costruiva macchine da presa e proiettori, produceva film e addirittura fabbricava le pellicole su cui stampare le copie da distribuire e nel giro di pochi anni cominciò anche a distribuire film realizzati da altre compagnie. Nel 1906 vi lavoravano ben sei registi supervisionati da Zecca che giravano per testa un film a settimana. Fino a primi anni del cinema sonoro venne utilizzata la colorazione ideata dalla Pathé. Il controllo della Pathè non era solo un controllo verticale ma anche orizzontale: in men che non si dica allargò la produzione aprendo nuovi teatri di posa in Stati Uniti, Russia e Italia. Anche l’espansione della Gaumont fu rapida: mise sotto contratto nuovi registi e con la collaborazione della donna Guy-Blaché cominciò a realizzare film più lunghi, succeduta poi da Feuillade, autore versatile che realizzava commedie, film storici, melodrammi e di genere fantastico. Ma tra le società più piccole va menzionata anche la Film d’Art. L’Italia arrivò invece un po’ più tardi sulla scena della produzione cinematografica che quando si sviluppò lo fece sul modello francese. Nacquero la Cines a Roma, la Ambrosio e la Itala a Torino: società che chiesero in prestito alcuni artisti dalla Francia arrivando a realizzare alcuni film che altro non erano che remake di film francesi. L’Italia cominciò, seconda solo alla Francia a realizzare film di più di un rullo (ne è un esempio La caduta di Troia in tre rulli, film che ebbe un così grande successo da spronarli nella realizzazione di film storici più lunghi. La maggior parte dei film italiani erano film in costume. Enrico Guazzoni è stato un importante regista che entrò a far parte della Cines nel 1907 realizzando film dai titoli tutti a sfondo storico-mitologico e presentando drammi a sfondo familiare. Le case di produzione non vogliono correre rischi e per le loro storie si affidano a romanzi di successo che portavano al cinema un pubblico che normalmente snobbava il cinema. “Quo vadis?” è un suo film del 1912 tratto dall’omonimo romanzo di Sienkiewicz: il film contava ben 5000 comparse e aveva scenografie tridimensionali che ricreavano l’Antica Roma: le riprese durarono 2 anni per ben 2250 metri di film e due ore di proiezione. A questo film si ispirò il film di Giovanni Pastrone chiamato “Cabiria” che in lunghezza e proiezione superava di gran lunga il predecessore. Il 1914 corrisponde al momento in cui si porta al compimento un processo di standirdzazzione della produzione di film incentrato sulla figura del produttore da cui dipendono tutte le scelte. Il produttore diventa il vertice di questa catena mentre la cultura europea concede sempre più liberta al regista: in America le libertà del regista vengono limitate al massimo; attraverso la sceneggiàtura il produttore può controllare il regista e il film è interamente pensato prima di cominciare le riprese, limitando e azzerando la creatività. Fino agli anni 1915 i film venivano girati a New York, la città più ricca e moderna. Le varie case di produzione si mettevano insieme per creare un trust che avrebbe portato vantaggi economici e il monopolio che avrebbe impedito a chiunque ne fosse fuori di girare film. Per abbattere e oltrepassare queste regole molti decisero di spostarsi dall’altra parte dell’America, specialmente in California. La nascita di Hollywood come centro del cinema è proprio dovuta ad una ribellione indipendente fatta da coloro che non possono lavorare a New York e che inventano una nuova industria cinematografica. I primi film girati ad Hollywood furono per lo più film western per la natura circostante del luogo. Il sistema degli studios Hollywoodiani aveva sviluppato metodi di produzione efficientissimi che differenziavano il ruolo del regista, responsabile delle riprese del film, e quello del producer a cui spettava la responsabilità della produzione tutta. La lavorazione di un film era divisa tra diversi specialisti: sceneggiàtori, scrittori ecc.. attorno allo studio sorgevano terreni vasti dove si potevano costruire i set per le riprese in esterni, utilizzati spesso per risparmiare denaro. L’importanza dei film americani era rappresentata oltre che dai ricchi set e dai divi anche ai ritmi coinvolgenti e alla levigatezza formale. I registi continuavano ad usare il montaggio alternato secondo modalità sempre più complesse: sempre più frequenti erano le inquadrature in soggettiva. Durante questi anni si stabiliscono anche le linee guida della narrazione: vi sono due storie che si sviluppano in cui da una parte vi è il personaggio che deve perseguire il proprio scopo e dall’altro vive nelle passioni. La grandissima espansione dell’industria cinematografica americana chiedeva il contributo di moltissimi registi così alla generazione precedente si aggiunse una nuova generazione di registi. Thomas H. Ince aveva iniziato a lavorare nel cinema come regista e produttore nei primi anni Dieci organizzando in maniera migliore le riprese. Griffith David intraprese la carriera di drammaturgo, senza successo. Provò a fare l’attore ma ben presto intraprese la strada della direzione cinematografica. Egli realizzò più di cinquecento film, i primi semplici cortometraggi di tre o quattro minuti girati a New York finché non si trasferì ad Hollywood quando venne assunto da una casa di produzione. Griffith mostrava una particolare attenzione alla grammatica del linguaggio visivo e presentava storie con un montaggio parallelo e non più a blocchi. Vi è la trasposizione del ‘nel frattempo’: non era facile rappresentare due azioni che avvenivano contemporaneamente. Griffith fondò con Sennet la “Triangle Film Corporation” con cui produsse “Nascita di una nazione”(1915), la prima opera cinematografica pienamente narrativa: è la ricostruzione romanzata di alcuni episodi della guerra di Secessione americana presa da due romanzi di Thomas Dixon. È un’opera ampiamente criticata per il contenuto razzista: Griffith usò la macchina da presa fissa e non vi era bisogno di nessuno che spiegasse cosa stesse accadendo durante il film, nonostante alcune didascalie anticipino alcune inquadrature: le didascalie sono ora narrative (quando in terza persona meglio spiegano ciò che sta per succedere) ora descrittive (quando si soffermano sulle azioni compiùte dai personaggi, principalmente attraverso i dialoghi). Con lui vigeva la regola dei 180°: attraverso il sistema dei raccordi (che legava un’inquadratura A ad una B) traduceva sul piano visivo l’inquadratura che abbiamo a teatro; si tentava di creare un piano di 180° e uno spazio simile alla quarta parete del teatro per coerenza e semplicità. Lo scopo non è più mostrare quanto sia fatto bene il film ma far scordare allo spettatore che quello sia un film. Griffith utilizza per il montaggio di questo film il montaggio di tipo alternato, ossia quello che permette di rappresentare in inquadrature consequenziali ciò che sta avvenendo nello stesso momento, e talvolta il montaggio contiguo (un personaggio viene fatto uscire e compare in una sequenza successiva in un ambiente adiacente al primo). All’interno del film compaiono parecchie soggettive (montaggio analitico), elemento che attirava notevolmente il pubblico di immedesimarsi nello sguardo del personaggio. Con “Intolerance” (1916) Griffith cercò di rispondere alle accuse di razzismo per il suo primo film creando un film che condannava tutte le forme di violenza e intolleranza. All’uscita dalle sale il pubblico non apprezzò il film dichiarandolo fin troppo pacifista. Qui compaiono circa cinquemila comparse e Il film abbraccia circa 2500 anni di storia; il costo fu elevatissimo tanto che gli incassi non superarono le spese di produzione. La macchina da presa è ancora ferma: ciò che si muove è ciò che vi è davanti. Per questo film alcune riprese avvennero dall’alto grazie alla gru a bordo di una mongolfiera (campo lungo). In questo film Griffith si spinse oltre, stimolando la riflessione dello spettatore attraverso il montaggio parallelo di quattro storie che prendono luogo in tempi e spazi molto distanti, tutte accomunate dall’idea della ricerca di armonia e pace tra gli individui. In Itolerance notevole è l’utilizzo del primo piano già presente in ‘Nascita di una nazione’. William Hays scrisse un codice per limitare la produzione cinematografica all’interno degli USA: attraverso questo codice veniva proibìta la rappresentazione cinematografica del nudo, l’allusione all’omosessualità, non si potevano mostrare omicidi brutali né alcool e droghe. Capitolo IV La Francia negli anni Venti Durante la Prima guerra Mondiale la Francia subì un rapido declino perché le risorse vennero assorbite dall’impegno militare. Durante gli anni Venti crebbero le importazioni di film stranieri soprattutto importati dagli USA a differenza delle esportazioni che rimasero modeste. Nacque dunque in Francia e all’Estero la voglia di creare un cinema nazionale in grado di contrastare la concorrenza americana. Fattore di ostacolo alla produzione fu la mancanza di unità. Dopo che la Pathé e la Gaumont si frantumarono cominciarono a nascere piccole case di produzione indipendenti che rimanevano attive giusto il tempo della realizzazione di un film i cui prezzi di realizzazione erano molto bassi e le attrezzature impiegate erano ormai superate. Durante questi anni ci fu uno sviluppo delle tecniche di illuminazione ma a causa dei costi elevati, i registi francesi continuavano a lavorare con la luce naturale creando zone d’ombra nel set. Gli studi francesi, ubicati nei borghi parigini, circondati dunque da case e strade periferiche non disponevano di larghi spazi circostanti in cui registrare scene all’aperto, per cui i registi si servivano di edifici storici per richiamare il senso realistico. Tra i generi favoriti dall’industria cinematografica francese vi era certamente il serial che associava la tecnica teatrale a quella tendenza lirica e naturalista. Per i serial i registi francesi si basavano su romanzi celebri per scrivere le loro scenografie. Genere minore fu il fantastico che si rifaceva alla tradizione popolare del cinema francese, utilizzando trucchi di riprese e scenografie stilizzate. Tra il 1918 e il 1923 una nuova generazione di autori credeva fortemente nella possibilità del cinema di essere una forma d’arte. L'inizio degli anni venti fu segnato dalla nascita di numerosi movimenti artistici legati al cinema, ritenuto una sintesi delle arti che allo stesso tempo le riuniva tutte. Caratteristica di questo periodo era la rappresentazione della realtà capace di mettere in luce l’anima e l’essenza degli oggetti e delle persone attraversa un’attenzione al ritmo visivo. Tra le tecniche di montaggio (molto veloce) utilizzate abbiamo numerosi flashback ed effetti ottici che modificavano la scena (un filtro posto davanti alla telecamera dava allo spettatore un senso di soggettività, che si poteva anche ottenere modificando la messa a fuoco dell’obiettivo). L’attenzione era rivolta all’aspetto fotografico e all’illuminazione degli oggetti. Le storie messe in scena risultavano convenzionali ma a compensare era l’effetto stilistico. Queste tecniche adottate dal cinema francese ebbero larga diffusione e andarono indebolendosi nello stesso a causa della concorrenza dei film appartenenti ad altre correnti sperimentali come surrealismo e dadaismo. L’affermarsi del cinema in modo radicale permise lo sviluppo di un cinema sperimentale d’avanguardia, le cui opere furono realizzate dai futuristi italiani che celebrano l’era della macchina intesa come elemento di modernità assoluta. Non esiste un manifesto comune di tutti gli artisti che si avvicinano al cinema, ma ne esistono diversi attraversati da elementi in comune: primo fra tutti è il voler mettere in discussione i presupposti del cinema come industria e come arte narrativa. Altro presupposto da mettere in discussione è il linguaggio cinematografico. Legato alle Avanguardie Storiche vi è un nazionalismo culturale e artistico. Secondo artisti e cineasti d’Avanguardia il montaggio costituisce l’arte del cinema, attraverso esso si possono valorizzare gli aspetti del cinema d’autore: montaggio che deve esplorare le possibilità grafiche, ritmiche e allegoriche (il conflitto tra due inquadrature non è più un conflitto narrativo ma anche grafico costituito da elementi allegorici). Altro aspetto è il rapporto con il pubblico, con la sala e con il denaro (elemento poco curato dalla storiografia del cinema classico). Nel 1924 il pittore F. Léger realizza il film “Ballet mécanique”, un film che presuppone un discorso di elaborazione e consapevolezza di immaginario nel cinema attorno alla figura di Charlie Chaplin: è una della prime opere concepite come multimediale. Durante l’esecuzione del film era prevista una performance musicale con pianole meccaniche. Si distingueva dunque un cinema commerciale ed uno artistico: il film d’arte fece sorgere una serie di nuove attività come cineclub, riviste, mostre, conferenze.. Il cinema d’arte segue degli elementi: il montaggio che non è narrativo ma segue la logica vicina al mondo della sperimentazione cubista. Il film d’Avanguardia ha un’importante relazione estetica col movimento, ne è un esempio l’idea di Duchamp in “Nudo che scende le scale” di catturare l’ideologià positiva del movimento e la stessa percezione cognitiva. Duchamp per altro ha lasciato un contributo al cinema con “Anémic cinéma” con la collaborazione del fotografo Man Ray. Durante questi anni abbiamo artisti che si avvicinano al cinema solo per prolungare esperimenti che stanno facendo in altri campii. Il film in realtà non ha trama, è composto da una serie di dischi rotanti, alcuni con immagini ipnotiche, altri con frasi in francese: sono 19 dischi in movimento in cui Duchamp non intendeva realizzare un film. Capitolo V La Germania degli anni Venti Nei primi anni Dieci in Germania nacque l’Autorenfilm come mezzo di innalzamento del cinema come forma d’arte, spinto anche da Paul Wegener, già star del teatro e per decenni protagonista del cinema tedesco. L’Autorenfilm portò una maggiore rispettabilità al cinema, anche se lo scarso successo di pubblico di gran parte di questi film ne segnò il rapido declino già nel 1914. Altro fattore di diffusione del cinema tedesco fu la diffusione dello star system. Nel 1916 la Germania probì l’importazione di film incentivando dunque la produzione nazionale. Con l’ascesa al potere del nazismo, l’industria cinematografica tedesca fu seconda solo a quella di Hollywood per dimensioni, innovazioni tecniche e riscontri sul mercato e si inaugurò la tendenza alla costruzione di ampie compagnie che fondevano diverse società. Sotto la scia del cinema italiano, il cinema tedesco puntava soprattutto alla resa della spettacolarizzazione. Le spese di produzione avevano prezzi accessibili e questo permise ai tedeschi di poter competere nel mercato straniero. Un modo per far luce nella categoria così vasta dell’espressionismo è quello di collocarla in un periodo storico, il periodo di Weimar tra il 1919 e il 1933. Questi anni sono caratterizzati da una notevole produzione intellettuale sia nel campo della letteratura, che in quello dell’arte, dell’architettura, della musica.. La cultura di Weimar vede anche il mito di Berlino, città libertina e pulsane. L’avvento del nazismo spegnerà tutte queste sperimentazioni. Con la diffusione dell’espressionismo si voleva esaltare il lato realistico e la messa in evidenza di vere emozioni profonde nascoste alla realtà. In ambito pittorico i principali esponenti tedeschi furono il gruppo dei Die Brucke, tra cui maggiori esponenti vi era Kirkchner e Der Blauer Reiter con maggiore esponende Kandinskiji. Nel cinema la nascita dell’espressionismo si registra con la produzione del film “Il gabinetto del dottor Caligari” film muto del 1920 di Wiene che vede la ‘stilizzazione radicale’ del pro filmico, ossia tutto ciò che sta davanti alla macchina da presa (scenografia..), e con tale termine indichiamo la costruzione di scenografie che richiamano la dimensione soggettiva dell’esperienza del personaggio, la dimensione del sogno e dell’incubo. Il cinema espressionista è caratterizzato da atmosfere inquietanti e l’illuminazione opera in modo non naturale. La storica Lotte Eisner interpreta il cinema tedesco in una chiave visuale-escatologica e le interessa ricostruire la parentela e la forma visiva. Alla Eisner interessa lo studio della luce e in maniera diretta la forma; Kracuer invece si interessa all’aspetto sociologico del film e quindi più al contenuto, e riconosce il cinema come mezzo artistico più adatto a catturare i cambiamenti dei modi collettivi di sentiere e di vivere. Tra espressionismo e cinema americano si crea un forte rapporto: il cinema tedesco aveva raggiunto la maggior espressività di tutto il cinema grazie ad una grande rivoluzione. All’avvento del nazismo tutti emigrarono e si creò una forte osmosi tra Berlino e Hollywood dando vita ad uno stile per metà americano e per l’altra europeo. Murnau è stato un regista e sceneggiàtore tedesco che portò in scena con “Nosferatu il vampiro”(1922) numerosi esterni per un impiego della luce che fosse il più naturale possibile. Tale film attribuì una grande importanza al suo regista. La storia è raccontata dal cronista della città di Brema. Elemento da evidenziare è la presenza dei personaggi che leggono libri, ora un testo che spiega la storia dei bambini e ora un diario di bordo. Dall’espressionismo Murnau trae l’interesse per le numerose storie cupe e soprannaturali, con componenti distorte. Murnau impressionò notevolmente il cinema americano e collaborò con Freud, utilizzando la cosiddetta macchina volante, liberando la cinepresa dalla staticità (chiamata anche ‘camera scatenata’). La macchina da presa è poggiàta da Freud sopra l’ascensore e si appoggià al dinamismo dell’oggetto fisico, posta poi su una bicicletta. Mentre con Nosferatu abbiamo la presenza delle didascalie, con i film suoi successivi si arriva ad una scrittura che passava solo attraverso le immagini. Nosferatu è considerato il capolavoro del regista tedesco ed uno dei maggiori esempi di cinema horror ed espressionista. Dopo il 1924 Murnau arriverà in America e collaborerà con la Fox, interessata a realizzare film artistici, motivo per cui Murnau realizza “Sunrise” (1927). La Fox gli lascia carta bianca per realizzarlo e questo film non riscuoterà il grande successo aspettato. Sunrise è un film muto, nonostante ai tempi potesse essere già occhio le sperimentazioni artistiche perché il pubblico illetterato non le capisce. Da qui emerge il realismo socialista che va a recuperare la verosimiglianza e l’immediatezza e condanna l’arte fine a se stessa. Come abbiamo detto finora il montaggio aveva per i registi sovietici un ruolo importantissimo, ma questi ben presto si resero conto che fosse necessario studiare la composizione delle singole inquadrature: vennero dunque cercati angoli di ripresa più dinamici (per esempio le inquadrature dal basso, quelle inclinate o decentrate). Difficilmente in scena l’illuminazione era intensa: il più delle volte i personaggi erano ripresi contro fondali neri ed una vivida accentuazione dei lati del volto anziché della parte frontale. Accanto a questa esigenza di realismo, altri autori adottarono una recitazione fortemente stilizzata: era una recitazione eccentrica finalizzata ad esaltare gli aspetti grotteschi. Capitolo VII Hollywood: l’ultima stagione del muto, 1920-1928 Negli anni Dieci le catene di sale cinematografiche si organizzarono a livello locale. Nel 1924 nacque la seconda società cinematografica più importante di Hollywood, la MGM da parte di Loew. Intuita l’importanza delle sale cinematografiche che queste rivestivano per il successo del film, le società maggiori si impegnarono a renderle sempre più spettacolari per colpire lo spettatore. Le sale più importanti offrivano oltre al film principale un ricco assortimento di numeri musicali e teatrali tutti dal vivo, cinegiornali.. i film muti avevano sempre un accompagnamento musicale che nei grandi palazzi era rappresentato da un’ orchestra mentre nei locali più piccoli era rappresentato da un gruppo da camera o da un organo. Alcune sale imitavano i teatri tradizionali altre invece quelle dette “atmosferiche” davano allo spettatore di trovarsi sotto un cielo stellato. Le compagnie che controllavano la maggior parte delle catene di sale cinematografiche (Paramount- publix, la first national e la mgm ) vennero chiamate le Tre Grandi. Accanto ad esse di dimensioni minori sorgevano le Cinque Piccole (film booking office, warner bros, fox,universal,producers distribuiting corporation). Mentre la universal produsse film a basso costo destinati a sale più piccole e in essa lavorarono divesi registi importanti e diverse star, la fox continuò a produrre film popolari soprattutto western. La warner bros non possedeva sale ne una distribuzione propria ma ebbe un grande successo grazie alle avventure di un cane Rin-Tin-Tin. Le altre due società erano modeste : la Producers attiva per un breve periodo, la film booking office specializzata in pellicole d’azione e poi alla base della RKO. Ad Hollywood i principali studios si organizzarono in una società chiamata MPPDA: la sua strategià era quella di costringere i produttori ad eliminare dai loro film elementi offensivi includendo clausole di tipo morale nei confronti degli studios. Addirittura la MPPDA creò un codice di produzione che doveva essere rispettato. Analizziamo ora i cambiamenti tecnologici e di stile nell’industria Hollywoodiana. L’uso del montaggio analitico si fece sempre più sofisticato come anche l’illuminazione. Negli anni 20 cambia l’approccio alla fotografia: alcuni autori sistemano avanti alla lente dell’obiettivo dei filtri o tessuti per creare immagini indistinte: cosi l’attenzione dello spettatore veniva condotta verso il primo piano ottenendo un soft style dell’immagine (Griffit e Sartov). Vennero introdotte le pellicole pancromatiche, molto costose che richiedevano una maggiore esposizione alla luce per ottenere una buona immagine. Durante gli anni 20 cominciò ad affermarsi la generazione di registi più importante dei 30 anni successivi come Ford, Vidor ecc.. il 30 agosto 1926 muore Rodolfo Valentino e dall’accaduto Fellini realizza “lo sceicco bianco” con alberto Sordi. Rodolfo valentino poiché bellissimo giovane mediterraneo che porta la sua bellezza in america per avere successo era un vero sex symbol : era però visto come un effemminato ed emigrato che non rispecchiava l’ideale di bellezza maschile americano. Tra i generi più amati vi era il film epico, a sfondo religioso, con soggetto storico ecc..a metà degli anni venti la MGM fu particolarmente impegnata in opere importanti e si scontro con molti ostacoli: ritardi e difficoltà produttive. Elemento fondamentale di questi anni è che un pubblico afroamericano che frequenta sale separate dal pubblico dei bianchi. Durante gli anni 20 ci fu la realizzazione di molti comici in cui registi quali Charlie Chaplin e Harold Lloyd ottennero successo attraverso un umorismo bizzarro e audace. Ma durante gli anni 20 si segnala l’arrivo di registi stranieri ad Hollywood: rappresentanti degli studios si presentavano in Europa per selezionare attori e registi che portavano con se. Senza dubbio il più importante regista europeo che contribui alla grandezza del cinema di Hollywood fu Murnau che si recò ad Hollywood per girare con un enorme bugget “aurora” e altri film come “tabu”. Capitolo VIII “l’introduzione del sonoro e lo studio system Hollywoodiano 1926-1945” Dal punto di vista della produzione dal 1914 parliamo di cinema classico. Anche se la parola classico ci fa pensare alla notorietà di un film, ha in realtà a che fare con un sistema di produzione industriale e razionale messo a punto a partire dal 1914. con “modo di produzione” intendiamo una catena di produzione che riguarda distribuzione, produzione e consumo dei film. Con studio system invece si intende il controllo totale nella mani di pochi (oligopolio). Lo stile dipende dall’industria e dalla tecnologia di base impiegata. Nel 1926 si puo parlare di una nuova tecnologia sonora nonostante l’industria cinematografica si trovò di fronte a numerosi problemi di stile: microfoni non direzionali che percepivano qualsiasi rumore del set e che limitavano l’azione poiché spesso veniva sospeso a pesanti impalcature mentre un tecnico lo spostava. Si cercò di sganciare l’atto di creazione cinematografica da un contesto artistico\creativo e collegarlo al suo modo di produzione. America e cinema sono due culture della modernità che trovano nel sistema economico degli stati uniti il terreno più fertile per svilupparsi economicamente. Da parte della cultura americana ce una maggiore disinvoltura nei confronti delle altre arti. Il cinema classico americano sembra accettare poche variazioni al suo interno. In ogni produzione industriale si dividono per grado nelle fasce di target del mercato. Il sistema industriale non riguarda solo la produzione di film: nel giro di pochi anni lo studio system controlla la distribuzione e la percentuale di tutti i biglietti venduti. Oltre a questo controllo totale delle case di produzione lo studio system ha in mano lo star system: la star diventa la spesa maggior del film e il motivo per cui si incassano più soldi. Le grandi case di produzione possedevano le star che potevano prestare ad altre case di produzione medie a pagamento. Il 1914 corrisponde al momento in cui si porta a compimento un processo di standardizzazione della produzione di film incentrato sulla figura del produttore da cui dipendono tutte le scelte riguardanti il film. Il produttore diventa quindi il vertice di questa catena mentre allo stesso tempo la cultura Europea concede più libertà al regista. In America invece la libertà è limitata al massimo: attraverso la sceneggiàtura il produttore può controllare il regista e il film viene pensato interamente prima di cominciare le riprese, limitando e azzerando la creatività. La sceneggiàtura diventa strumento di controllo totale e addirittura questa può essere assegnata ad un regista nonostante sia già stata assegnata ad un altro. Un processo di standardizzazione portò alla creazione di uno stile classico Hollywoodiano. Per film classico dal punto di vista narrativo intendiamo la storia di un individuo o coppia il cui finale deve essere il matrimonio o l’affermazione: il personaggio motivato raggiunge chiaramente agli occhi dello spettatore il suo obiettivo. Non si puo parlare di un cinema classico dal 1914 al 1960 e che resta identico a se stesso. Uno studio americano funzionava organizzato in modo piramidale, al cui vertice vi stavano i fondatori ed un presidente che riscuotono le percentuali maggiori del film. Il presidente non prendeva uno stipendio fisso e in tal modo era motivato a cercare di realizzare il miglior film dell’anno; comandava una ventina di persone che si occupavano degli aspetti più pratici. La produzione vera e propria era delegata al produttore centrale (prototipo della produzione centrale è Irving Thalberg) che aveva tutto il potere creativo e decideva dalla sceneggiàtura alla scelta delle luci. Esso era affiancato da una decina di produttori associati specializzati in un genere diverso ognuno. Thalberg lavorava per la MGM: per questa casa di produzione Mayer, uno dei fondatori, si occupava degli aspetti economici e produttivi, mentre Thalberg degli aspetti realizzativi, quelli creativi e visivi erano responsabilità dell’art director (Austin Gibbons). Ogni casa di produzione ha uno stile visivo responsabile dell’art director: esso segnava varie sceneggiàture a vari sceneggiàtori e sceglieva la più adatta. All’epoca la campagna di marketing era nella mano del produttore centrale, figura che verrà meno dopo Thalberg. Un’altra novità di Thalberg era quella di selezionare qualche spettatore a cui far visionare il film in anteprima e valutarne la loro idea e quindi stabilire se il film dovesse essere rivisitato o meno. Tutto è fatto infatti in funzione del pubblico che porta gli incassi. Ad esempio Gibbons, persona coltissima profondamente interessata all’art decò, ebbe tantissimo successo per “Grand Hotel”. Gibbons diede al film una grande patina di eleganza, prodotto dalla MGM con grandi star fu diretto Baum: qui lo sceneggiàtore e il regista hanno un’importanza marginale: sono infatti Gibbons, Thalberg e Mayer che decidono tutto. Per la Warner le grandi ambizioni vennero rispettate da Berkeley con l’invenzione di grandissimi musical specializzandosi in backstage musical. Le coreografie erano affidate a Berkeley che voleva riportare al cinema la sperimentazione delle Avanguardie con numeri musicali sganciati dal tema narrativo (è il caso di Quarantaduesima strada). Altri generi frequenti sono la screwoball comedy: al centro della trama vi sono coppie di personaggi eccentrici; è un genere molto in voga che mescola elementi di commedia ad elementi di una comicità fisica e quindi una comicità colta ad una fisicista. In questo genere cinematografico sono rare le storie d’amore che indicano le divisioni di classe. Inaugurata nel 1934 le Hepburn ne risulta essere una delle maggiori attrici. All’interno dei temi si alludeva alla repressione di uno dei personaggi. Si faceva portavoce di nuovi valori . Altro genere in voga in quel periodo sono gli horror, film sociali, film di guerra, gangster e noir. Con la nascita del sonoro viene meno lo stile narrativo e il linguaggio cinematografico: il pubblico vuole ormai vedere solo film sonori. La casa di produzione vuole mettere dentro il film eseguito in modo classico numeri musicali che poi avrebbe venduto montando sequenze secondo un criterio grafico. Elementi della sperimentazione del cinema europeo entrarono al cinema attraverso il grande cinema americano che introduce elementi di montaggio, grafici provenienti dal cubismo. Questi elementi non hanno nulla a che vedere con il cinema moderno. In questa fase tutto ciò che ha a che fare con il montaggio non compare sulla pellicola, deve essere trasparente. Film di serie A, dunque che il pubblico voleva andare a vedere, venivano proiettati insieme a film di serie B: alcuni film di serie B erano realizzati con le scenografie di altri film e scarti e venivano chiamati B-movie, film a basso costo o cui qualità era dubbia di qualsiasi genere e sottogenere. Non si lavora più in termini qualitativi ma quantitativi. Tutto il cinema europeo si confronterà con l’assetto industriale che viene creato in America: l’unico suo concorrente avversario è la Germania. La casa di produzione controlla e distribuisce le star attraverso vari stratagemmi: queste firmano un contratto di sette anni che le vincola vendendosi alla casa di produzione. Durante questi sette anni la star doveva prestare il proprio volto e doveva comportarsi nella vita di tutti i giorni come ci si comportava in scena. La casa di produzione organizzava la vita della star che veniva ripagata con tantissimi soldi e la loro stessa immagine fisica era da loro costruita come la loro stessa biografia che veniva scritta dagli studios centre. Alcuni attori si ribellarono a questo sistema, alcuni fecero causa alla casa di produzione. Le star contemporanee sono diventate dei veri e propri brand, decidono per chi lavorare e come farlo; fino agli anni cinquanta le star erano invece degli oggetti e a partire dagli anni settanta diventano autonome. Un esempio è quello di Katharine Hepburn, una star costruita in termini di immagini: ella cominciò la sua carriera utilizzata in funzione dei suoi lineamenti androgeni con la sua femminilità molto forte e autonoma, firmò un contratto con la RKO (altra importantissima casa di produzione). Questi film non ebbero un immediato successo e una volta licenziata la Hepburn lavorerà con la MGM. Inizialmente con la RKO la Hepburn compariva fumando, indossando i pantaloni e bevendo e convinse la MGM di produrre “The Philadelphia story”, scendendo a patti con alcuni degli stereotipi della donna americana, costruendo un personaggio romantico ma che per tutta la parte del film non rinuncia alla propria autonomia. La prima scena di The Philadelphia story (1940) mostra l’elasticità degli studios: la Hepburnè una star che in scena si presenta come è e non come un personaggio confezionato. Tracy Lord innamorata di un uomo ricco e stanca del marito lo lasci sbattendolo fuori di casa. Il cult della star era costruito dalle riviste, più la rivista creava un cult più la star avrebbe venduto. Le star attuano un vero e proprio lavoro sulla voce: la Hepburn non aveva necessità di denaro dunque non si piegava totalmente al volere del produttore. All’inizio assume i ruoli di donna mascolina perché va contro gli stereotipi della femminilità. Il caso della MGM è significativo perché come sintesi di una Hepburn mascolina ed un’altra via di mezzo tra una mascolina ed una donna femminile. La Hepburn diventa una grandissima diva del cinema di film che hanno sempre il solito plot di un matrimonio finito che per essere ricomposto prevede nuove forme. L’innovazione più spettacolare del secolo fu il colore: la Technicolor inaugurò una nuova macchina da presa dotata di prismi per suddividere la luce che proveniva dall’obiettivo su tre diverse pellicole in bianco e nero, una per ciascuna dei colori primari. L’introduzione dei colori giustificava il costo aggiuntivo che raggiungeva il film superando le spese di un film in bianco e nero largamente. Gli studios aprirono reparti dedicati agli effetti speciali costruendo apparecchi specifici: l’effetto speciale di solito prevedeva che l’immagine girata separatamente ad un’altra venisse combinata con essa attraverso o retroproiezione o stampa ottica. Nel primo caso gli attori recitano sul set nel teatro di posa, mentre su uno schermo dietro di loro si proiettava un’immagine precedentemente girata (es. le scene in cui i personaggi sono in automobile girate sui veicoli in studio, mentre sullo sfondo scorre lo schermo.). Il sistema di stampa ottica offriva più opzioni per combinare le immagini: con questo si poteva risparmiare sulle scenografie. Ra i principali registi di questo periodo ricordiamo Ernst Lubitsch con il film “vogliamo vivere” una delle rare commedie sul razzismo. Il titolo originale “to be or not to be” si riferisce al chiaro tradimento della protagonista con un giovane aviatore polacco, lei si presenta nel camerino di lui tutte le volte che il marito si presenta con il monologo essere o non essere. Tra i maggiori registi emersi tra 1930 e 45 fu Orson Welles. Messo sotto contratto dalla RkO il primo progetto che porto a temine fu “IV potere”. Welles ottene un controllo straordinario sul suo lavoro che gli permise di scegliere il cast e montare la versione definitiva. “”IV potere” (1941) sconvolse una serie di convenzioni divenute canoniche ad Hollywood. È un film importante non per le innovazioni tecniche ma per l’uso del tempo e il modo di trattare i personaggi. Un altro suo film dello stesso anno è in biaco e nero e narra la vita del magnate della stampa charles kane: “citizane Kane”. Kane tenta la scalata verso la casa blanca e il suo avversario lo ricatta impugnando la carta volendo raccontare ai giornali la sua storia con una cantante d’opera. Kane non accetta il ricatto e perderà le lezioni. televisiva: la Columbia per esempio inizio a produrre prodotti televisivi. Nella metà degli anni 50 i biglietti cinematografici subìrono un calo a causa della televisione: gli americani possedevano per il 90% un televisore. I produttori per rubare spettatori dai loro salotti e riportarli AL cinema valorizzavano l’aspetto visivo e sonoro del film. Oltre al coloro del Technicolor, per differenziare cinema da tv si ricorreva a immagini più ampie: riapparvero i formati panoramici. Il più popolare tra i formati panoramici era il cinema scope: era poco costoso e semplice da utilizzare durante le riprese. I registi applicarono alla composizione panoramica i principi stilistici più classici per sottolineare le figure principali quali la messa a fuoco e la profondità di campo con un ritorno al montaggio ortodosso. Per quesi nuovi formati panoramici si cercava una proiezione più luminosa e modifiche nella progettazione delle sale. I produttori risposero alla fuga di pubblico concentrandosi sui settori specifici della popolazione. La maggior parte delle produzioni era rivolta ad un pubblico famigliare e incominciarono ad uscire film riservati ad adulti, giovani o adolescenti. La tattica del target fece sorgere nuovi tipi di fruizione. La Disney avviò la produzione di film con personaggi reali, esplose il mercato per gli adolescenti con musical rock, con fantascienza e horror. A metà degli anni 60 si contavano oltre 600 sale e facevano appello ad un pubblico istruito. Un'altra alternativa al cinema d’essai erano i driver-in : il proprietario si dotava di uno schermo e di un auto parlante per ogni posto in macchina, di una biglietteria e un banchetto per le bevande. Si comprava un terreno agricolo che solitamente sorgeva fuori città rendendolo accessibile alla popolazione della periferia. Il biglietto era a buon mercato visto che i film erano spesso a seconde o terze visioni. La qualità era comunque tutt’altro che ottimale : spesso la pioggià offuscava l’immagine e gli auto parlanti nelle auto avevano un suono di cattiva qualità. Tra i generi che si cercavano di censurare vi erano i film di exploitation: film per adulti realizzati con produzioni minime su argomenti attuali a bassissimo bugget. I film di exploitation erano horror, di fantascienza e di argomento erotico. Con il tempo l’allentarsi dei controlli censori favori il diffondersi dell’elemento sessuale. Anche se la base industriale di Hollywood cominciava a sgretolarsi, lo stile classico era il principale stile di racconto. Venne incrementato l’uso di long take e immagini composte in profondità con movimenti di macchina facilitati dai dolly crab. Le case di produzione cercarono di ridare vita alla differenzazione tra genere cinematografici e puntavano sulla recitazione si star che potessero aumentarne i costi. Tra i genere il melodramma, western, e musical. In particolare la vita dei musical ritorna in voga negli anni 50 con il tecnicolor. “Singin’ in the rain” è un omaggio ai grandi bakestage degli anni 30 e si offre come un importante film sul cinema. Il musical è il genere che meglio può raccontare il cinema Hollywoodiano. Il film può essere letto come denuncia un inutilità di opposizione tra cultura alta e popolare. Un altro aspetto teorico è rappresentato dal rapporto tra immagine,realtà e rappresentazione, cio non toglie che il musical possa essere letto come una forma di divertimento. Il film e Hollywood si faranno beffa anche del modo in cui Hollywood ha bisogno della cultura alta quando questi processi hanno poco a che vedere con l’arte. Nel film vediamo il tip tap, il circo opposto al teatro classico. Il musical rappresenta lo spettacolo per lo spettacolo. Il cinema degli inizi con la macchina da presa fissa e persone che parlano ritorna con il film sonoro : la rivoluzione del sonoro ha cancellato la tradizione del cinema muto e costringe ad un ripensamento totale del linguaggio cinematografico. L’artificio Hollywoodiano compare all’interno del film ricostruendo personaggi divinizzati, fittizi, creando il collegamento tra realtà e rappresentazione. Nel film viene ripresa una ripresa del film muto. La maggior parte del pubblico si preoccupa di seguire soltanto una storia, ma le variazioni dei meccanismi di funzione si prestano ad una lettura teorica, compare anche la costruzione dell’immagine dell’attrice quando Don Loockwood con l’arrivo del sonoro non sopporta la voce graffiante della moglie Lina e gli viene suggerito di trasformare il film di un musical e doppiare la moglie Hollywood non fa niente per nasconderci che è tutto finto, in questa modo la finzione è esaltata. A Lina vengono fatti fare corsi di dizione. I film è fedele ai problemi di dove posizionare il microfono e come coprire i ronzii di fondo dalla macchina da presa. Il pubblico si rende conto dei dialoghi, compare la figura del dialogista un personaggio insignificante. Il film mostrava al pubblico i retroscena e soprattutto questa difficoltà della rappresentazione. In Russia viene fatto “il manifesto sincronistico” CHE spingeva il suono all’interno di una dimensione intellettuale e simbolica sganciando suono e immagine. Il film gioca sul contrasto tra le pratiche alte e basse e sulla dimensione di finzione in cui il realismo è inesistente e ricreato solo dallo spettatore. Tutte le componenti false del cinema vengono portate in scena in maniera euforica. Lo spettatore puo vedere il film anche senza una cultura filosofica o essere intellettuale ma cio non significa che non si possano ottenere diversi modelli di lettura. Un caso di norma inflazione è rappresentato da Hitchoock : egli rappresenta la sintesi raggiunta tra ragioni artistiche ed economiche degli studios. Egli raggiunse questo equilibrio perchè il dominio del visivo sul narrativo non è permanente ma si mimetizza nel racconto. Ne è un esempio “rear windoow” in cui le scenografie sono surrealiste e si sganciano dal flusso narrativo per cui alcune inquadrature sembrano quadri. Uno dei motivi a cui Hitchoock ricorre è quello dell’occhi in richiamo alla visione. Apparentemente i suoi film sono narrazioni ma viceversa lui partiva dalle immagini montandoci attorno un racconto. Non vuole raccontare una storia ma vuole che le sue ragioni visivi vengano accettate dagli studios Hollywoodiano disseminando le soluzioni artistiche ad un primo livello di lettura, i suoi film sono un film di genere che si rivolgono ad un dato spettatore,ma ad un secondo livello hitchoock si rivolge ad uno spettatore che apprezza le novità visive, novità portate alla luce anche grazie al legame evidente della sua formazione al cinema muto. Hitchoock è la prima figura che dimostra che si possa realizzare un film di regia che si venda abbastanza nel mercato. Capitolo XII Neorealismo e oltre, 1945-1954 Mentre i produttori lottavano per la sopravvivenza, il cinema neorealista si impose. Nel 1945 i partiti formarono un governo di coalizione mirando a fondare la rinascita sulla base di idee socialiste e liberali e i registi furono pronti a farsi testimoni di quella che viene ricordata come Primavera italiana. Il cinema italiano era famoso in tutta Europa per le scenografie meravigliose di studio, nonostante gli studi di Cinecittà avessero subìto pesanti danti durante la guerra e dunque non erano in grado di ospitare grandi produzioni. Perciò le ambientazioni si spostarono verso le campagne e le piccole strade. L’Italia si stava specializzando nel doppiaggio di film stranieri e aveva perfezionato la sincronizzazione del sonore registrando il dialogo successivamente. I film neorealisti narravano vicende contemporanee e miravano ad una rinascita volgendo lo sguardo verso modelli della tradizione: dopo il periodo di rimozione, nell’immediato dopoguerra nasce un cinema neorealista che guarda alla realtà. Ne è un esempio “Roma città aperta” di Rossellini (1945) che narra della Resistenza come un’alleanza stipulata tra cattolici e comunisti a fianco della popolazione: i protagonisti, coinvolti nella lotta contro l’esercito tedesco che occupò Roma. Poche opere neorealiste rappresentano il dopoguerra in modo realistico quanto “Ladri di biciclette” di De Sica (1948) che narra la storia di un operaio che vive grazie ad una bicicletta. Il tema trattato è la crudeltà del dopoguerra. Lo sceneggiàtore del film, Zavattini voleva realizzare un film che narrasse novanta minuti della vita dell’operaio e di seguirne il suo passo lento. Altro tema del cinema neorealista è il mondo rurale trattato ampiamente da De Santis in “Riso amaro” in cui lo stesso presenta una forte influenza del cinema americano. Vengono portate in scena le donne molto vicine a tendenze americane, quali per esempio il masticare la gomma americana e il vestirsi come pin-up, tutte collocate in un panorama italiano. Nel 1948 la primavera italiana si concluse con la sconfitta della destra e il Paese impegnato nella ricostruzione , il reddito nazionale stava superando i livelli del periodo prima della guerra e l’Italia si stava spostando verso un’economia di tipo moderno. Nel 1949 fu emanata la legge Andreotti che doveva sostenere e promuovere la crescita del cinema italiano e al contempo frenare l’avanzata dei film americani e gli eccessi del Neorealismo: questa legge aveva un pesante controllo su tutti i film. Molti film neorealisti erano condannati dalla Chiesa che li riteneva anticlericali per il modo di descrivere la vita e le abitudini della classe operaia; la Sinistra, invece attaccava il pessimismo e la mancanza di un’esplicita dichiarazione di fede politica. Il movimento neorealista si sviluppò attorno ad un circolo di critici che scrivevano per la rivista cinematografica “Cinema” in cui annunciano di star cercando un nuovo cinema: tra i collaboratori maggiori si ricordano Michelangelo Antonioni, Luchino Visconti, Giànni Puccini, De Santis e Ingrao. Questi attaccavano i film appartenenti al genere dei ‘telefoni bianchi’. Molti registi neorealisti erano maturati facendo esperienza su film calligrafismi. La storiografia classica del neorealismo rimanda a due cronologie: mentre la prima (1945-1948) è più breve, la seconda si collega ad una diffusione più estesa temporalmente (1945-1954). Intorno agli anni cinquanta troviamo alcuni film che annunciano il cinema d’autore italiano: mentre in Italia il dibattito neorealista assume sembianze ideologiche, la critica francese, venendo da una tradizione diversa, guarda al neorealismo più come novità sul piano dell’immagine che dà spazio ai tempi morti. I film neorealisti sono generalmente girati con attori non professionisti e le scene sono girate perlopiù all’esterno in cui il soggetto presenta la vita di lavoratori e indigenti impoveriti dalla guerra; le inquadrature sono sporche e i dialoghi erano quasi sempre doppiati. Il neorealismo rosa fu la forma dominante negli anni Cinquanta arrivando fino agli anni Sessanta ed era invece così chiamato per le storie d’amore, melodrammi. Talvolta attori professionisti recitavano con attori non professionisti. Classico del cinema neorealista è l’uso di commenti musicali di stampo melodrammatico per sottolineare lo sviluppo emotivo di una scena. I film neorealisti spesso trascurano le cause degli eventi a cui assistiamo e a differenza del cinema classico non vi è un logico concatenarsi degli eventi. Il cinema neorealista non attua una distinzione tra scene più importanti e scene di meno rilievo: di solito tutte le scene vengono appiattite alla stessa importanza privilegiàndo anzi eventi ordinari. Questo è ben mostrato in “Umberto D.” in cui un’intera scena è dedicata al risveglio di una cameriera e a tutte le azioni che essa fa dopo il risveglio, film (1952) che descriveva la vita solitaria di un pensionato: non poteva non colpire i funzionari come una pericolosa regressione: il film inizia con una scena in cui la polizia disperde una dimostrazione di vecchi pensionati e si chiude in un fallimento come il suicidio di Umberto D. I dettagli nel cinema di De Sica come in quello dei suoi colleghi neorealisti hanno un intento narrativo. Il neorealismo si sforzava di descrivere tutte le sfaccettature della vita comune. Molto innovazioni non avvennero soltanto per le sue posizioni politiche ma anche per le impostazioni nella forma cinematografica. I film neorealisti proponevano storie contemporanee ispirate ad eventi reali e spesso raccontavano la storia recente. Nei film di Luchino Visconti vi è presente una fortissima denuncia al disagio sociale, mirava ad emozioni intense e rivelavano il suo amore per il melodramma e la posizione di confine tra la vita e il teatro: Nel 1942 Visconti realizza il suo primo film “Ossessione” e cominciò a dedicarsi alla realizzazione di opere tratte dai libri di Verga. Le opere di Luchino Visconti erano comunque caratterizzate da un’accentuata spettacolarizzazione, a differenza di quelle di Roberto Rossellini. L’intento principale di Rossellini era piuttosto quello di restituire umanità a quella che gli appariva una società in disfacimento. Rossellini vedeva la continuazione del progetto neorealista conducendo il pubblico verso una presa coscienza delle necessità della vita spirituale, della conoscenza di se stessi e dell’impegno verso il prossimo. I suoi film sono altamente didascalici e vogliono mostrare come il pensiero comune tenda a scambiare le persone sensibili per sempliciotti od eretici. Un film noto di Rossellini è “Paisà” che presenta il rapporto tra civili italiani e militari alleati: è uno dei film più rappresentativi della dinamica neorealista. Per tale film Rossellini si affidò a persone non del mestiere e diede voce a personaggi che si esprimono nella loro lingua. Nei film con Ingrid Bergman, Rossellini tende a descrivere la graduale scoperta della consapevolezza morale da parte di un personaggio femminile. In “Viaggio in Italia” ad esempio, una donna inglese scopre in Italia un paese estremamente vivo perfino nelle catacombe: solo dopo il passaggio casuale di una processione religiosa, forse, lei e il marito ricominceranno ad amarsi. In questo film, lo sfondo è coinvolto in un processo di de-dramatizzazione in cui i litigi tra moglie e marito si alternano in scene di escursioni di lei in luoghi turistici; queste gite suggeriscono la tendenza romantica della donna, la sua incertezza sul concetto di piacere fisico e il desiderio di maternità: sarà per questo condotta a riconoscere un rapporto sterile con suo marito. Il messaggio del film è diretto anche se il modo in cui è espresso lo avvicina al cinema moderno. La narrazione si può definire episodica per la presenza di ellissi e finali aperti. Lo stile di Rossellini appare sgraziato e anche le soluzioni più semplici producono comunque risultati ben più complessi. I tempi morti sono riempiti da momenti in cui i personaggi si limitano a stare seduti, pensare o camminare e tocca allo spettatore percepirne lo stato d’animo. Nel film la protagonista finge di dormire quando suo marito rientra a casa e Rossellini suggerisce così un tumulto di emozioni attraverso l’alternazione di inquadrature che riprendono i due chiusi ognuno nel proprio orgoglio. Ciò che avvicina Rossellini a Visconti è che anche Rossellini adottò lo stile della panoramica con lo zoom e la capacità di presentare l’azione in modo neutrale aldilà del punto di vista di uno dei personaggi. “Sciuscià” è un film del 1946 diretto da De Sica che meglio tratta tematiche legate ai bambini e alla vita difficile che son costretti a portare avanti per sopravvivere al dopoguerra. Con questo film l’intento di De Sica era quello di realizzare un film senza montaggio, sogno ambito da Goethe. Ultima fase del neorealismo fu la commedia all’italiana che oltre a Vittorio de Sica e Totò vi erano Sofia Loren, Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni e Alberto Sordi. In questo periodo gli studi di Cinecittà rimessi in funzione furono trasformati in una vera fabbrica di film attenta al mercato internazionale. Tantissimi film americani venivano distribuiti con grandissimo successo e il governo congelava i profitti all’interno del paese: ciò permise ad Hollywood di rinvestire il denaro nella produzione, nella distribuzione e nella programmazione di film italiani. L’Italia sosteneva alcune produzioni americane sul territorio mettendo a disposizione tecnici e attori. Alcuni cineasti si orientavano verso l’aspetto psicologico, le condizioni sociali che influenzano i rapporti tra individui: è il caso di Antonioni che incentra i suoi film sull’ascesa di classe che porta ad una perdita di senso morale. CAPITOLO XIII Cinema del dopoguerra 1945-1959 La guerra aveva limitato la circolazione di film americani in Europa, dando maggiore spazio alle cinematografie locali. Furono, in seguito alla guerra,gli aiuti statunitensi a reintrodurre il cinema americano nei vari paesi europei. Hollywood mirava alla distribuzione su larga scala, mirando a rafforzare le industrie dei vari paesi per facilitare la diffusione dei propri film. Ciò avvenne rapidamente, nel 1953 già la metà degli concentra sulla figura femminile concepita come salvezza del mondo. Il suo film successivo "Vampir"(1932), narrante di un uomo che protegge due sorelle da un vampiro, è stato anche il suo primo film sonoro. Entrambi i film non riscontrano gran successo, per cui aspettò fino al 1943 per pubblicare "Dies Irae", film sull'ipocrisisa di chi aveva condannato le streghe. Con quest'ultimo stabilì lo stile che poi lo avrebbe contraddistinto durante la sua carriera sonora: composizione accurata, cruda fotografia in bianco e nero e riprese molto lunghe. A seguire "Ordet" e "Gertrud" rispettivamente con tema di religione e una donna. Il cinema delle "affezioni" è quel cinema che crea un rapporto tra percezione, azione e affezione; caratterizzato da inquadrature in primo piano del soggetto con i suoi stati d'animo mettendo in evidenza l'affetto inteso come sentimento ed emozione a cavallo tra narrazione ed esistenza. La religiosità è ricca della sua sacralità ma anche delle emozioni e dei sentimenti dei suoi personaggi. Con "Ordet" abbiamo uno sviluppo dal punto di vista estetico in cui la profondità di campo e il piano sequenza interrompono la costruzione classica del cinema tra intermezzi soggettivi e oggettivi. La profondità di campo permette di mettere tutto ciò che c'è nella scena a fuoco ed è lo spettatore che decide dove volgere lo sguardo. A parte Dreyer gli altri cineasti scandinavi più importanti sono tutti svedesi, come Ibsen e Strindberg che avevano reso celebre in tutto il mondo la drammaturgià scandinava. Tra i più innovativi invece Alf Sjoberg e Ingmar Bergman. Sjoberg divenne il regista principale del Regio Teatro Drammatico di Stoccolma, alternòsempre teatro e cinema. Capitolo XIV Il cinema come arte e l’idea di autore. Già negli anni Quaranta ci si chiedeva chi potesse essere ritenuto l’autore del film. Sotto l’occupazione si considerava il periodo del sonoro propriamente come l’era dello sceneggiàtore. In un saggio del 1948 sulla Camera-stylo si compie il paragone tra il cineasta che adotta la macchina da presa come lo scrittore fa con la penna. Il cinema moderno sarebbe stato prettamente personale e invece la tecnologia, il cast artistico e tecnico sarebbero stati semplicemente strumenti dell’evoluzione creativa dell’artista. Nel 1948 nasce il cinema d’autore e Alexander Astruc pubblicò lo stesos anno sull’Ecran Francaise un articolo che denunciava il fatto che il cinema fosse troppo legato a convenzioni tecniche e figurative troppo standardizzate. Il nuovo autore/regista a cui Astruc aspirava era quello di un singolo con una propria visione del mondo, in grado di descrivere il mondo mentale dello scrittore e del poeta. Jean Luc Godard nei primi anni Cinquanta si distinse per radicali critiche cinematografiche: di importante rilievo è quella all’interno della rivista “Cahiers du Cinéma” in cui dichiara che colui che lavora per il cinema non fa un mestiere ma arte! I critici che lavorarono in questa rivista forzavano molto l’idea di autore fino a rendere l’argomento come una sorta di provocazione. I “Cahiers du cinéma” esaltavano i registi che scrivevano o controllavano le sceneggiàture dei loro film. Andrew Sarris iniziò a sostenere la “teoria dell’attore” come metodo di critica e storiografia. I critici fedeli alla teoria dell’autore intendevano esaminare il film come un prodotto di creazione analogo al romanzo: il film poteva essere letto come la visione della vita dell’autore. Dario Tomasi, critico cinematografico, elencò una serie di punti fondamentali per definire un autore e un film d’autore: prima di tutto il lavoro del regista si estende a tutte le fasi della lavorazione del film, fin dall’ideazione fino al montaggio con attenzione particolare alla sceneggiàtura. Come secondo punto riconosce nei film d’autore una complessità maggiore e contenuti di non facile lettura. Elemento importantissimo nel cinema d’autore è lo stile che risulta originale senza la rinuncia alla dimensione narrativa, usando in modo particolare la macchina da presa e curando l’illuminazione e altre tecniche che lo contraddistinguevano dagli altri. Ultimo elemento che ci segnala è un cambiamento del pubblico che non è più passivo ma attivo. Tomasi sosteneva anche che un’opera d’autore non fosse unica ma complessiva in quanto tutti i film di uno stesso autore riflettono lo stesso modo di esser girati. Truffaut riduceva il ruolo dell’autore a quello di un semplice esecutore. Luis Bunuel(1900-1983) è stato un regista trasferitosi a Parigi nel 1925 dove cominciò a frequentare il gruppo surrealista e a lavorare come aiuto-regista di Epstein. A Parigi egli diresse un cortometraggio scritto e prodotto con il suo amico surrealista Salvador Dalì. Il cinema di Bunuel è caratterizzato da un brutale impatto visivo e da uno spirito anti-clericale e anti-borghese. Bunuel produce film profondamente morali e si impegna a colpire i valori borghesi con immagini piuttosto dirette e basate su una moderata profondità di campo, con pochi movimenti di macchina, una messa in scena semplice. Tra i temi di Bunuel si impegnò anche a rendere il suo cinema commerciale tant’è che introduce oltre al crollo degli ideali, la perdita dell’innocenza, l’evocazione di un mondo che perde la sua grazia, immagini poetiche accompagnate da un cast ricco di star e talvolta anche su uno stampo comico. Altro tema presente nei film di Bunuel vi è un’ossessione omicida e il turbamento tra le convenzioni in fatto di religione e sessualità. Durante il “periodo francese” Bunuel si avvicinerà alla sperimentazione in cui utilizzerà realtà e fantasia, narrazione ad episodi, soffermandosi sull’ambiguità dei sogni intrecciandoli tra di loro. I personaggi dei suoi film son personaggi affetti da ossessioni sembrano invitare il pubblico a condividerle. Luis Bunuel userà due attrici per lo stesso personaggio e tutto questo lo porterà ad un grande successo nel circuito d’essai, in quanto in questo momento è padrone dell’intrattenimento delle masse. La povertà dei mezzi gli permette di concentrarsi su ricche sceneggiàture, inserendo frammenti di sogni personali e ricordi. La modernità è evidente per gli esperimenti svolti con la struttura narrativa. Le transizioni tra realtà e fantasia portano a digressioni e alla ripetitività di alcune immagini. I finali dei suoi film sono ricchi di carica riflessiva e terminano in modo inatteso ed enigmatico. Uno dei film più conosciuti di Bunuel è “L’age d’or’ (1930) che racconta attraverso una serie di scenette tematiche collegate tra loro e i tentativi di una coppia di consumare la propria relazione continuamente frustrati dai valori borghesi e da quei tabù sessuali imposti da autorità quali chiesa, famiglia e società. Ingmar Bergman(1918-2007) nacque da un pastore luterano e trascorrerà l’infanzia seguendo gli spostamenti del padre nelle case parrocchiali di svariati paesini. Ricevendo l’educazione luterano i precetti luterani saranno oggetto ricorrente nei suoi film assieme alla figura della balia e della figura severa del padre. Per quanto riguarda l’ambito religioso il dio diventa lontano e silenzioso questo porta alla confusione degli esseri umani e al loro narcisismo e neanche l’arte (come vediamo in Persona) può risarcire la dignità umana. Bergman si approcciò inizialmente al mondo teatrale per poi passare dietro la macchina da presa nel ’45. Fino al 2003 realizzò più di sessanta film e continuò a lavorare a teatro. I suoi primi film trattano le crisi amorose adolescenziali caratterizzate da un tormento spirituale e sulla riflessione del rapporto tra teatro e vita. Il lato positivo è la fede nell’arte. I suoi film del dopoguerra gli permisero di definirlo artista che riesce a gestire diversi generi cinematografici. I primi temi da lui trattati sono drammi domestici, incentrati su giovani coppie alienate che cercano la felicità attraverso la natura e l’arte. Successivamente si concentrò a fallimenti amorosi di carattere coniugale trattati anche da un punto di vista comico. Tra le opere considerate artistiche abbiamo “il Settimo Sigillo”(1956) in cui son presenti ambienti naturali e diversi flashback. È ambientato in Scandinavia, dove dopo le crociate in Terra Santa un nobile cavaliere fa ritorno. Ma al suo ritorno trova la Morte che lo aspetta e la sfida a scacchie. Il film ci pone l’interrogativo del rapporto tra l’uomo e l’onnipotente davanti allo scorrere della vita: mostra la paura degli uomini di fronte alla morte, paura che si identifica anche nella mancanza di fede. Ma la fede vince anche la morte. Questo film inaugura la tematica religiosa e quella dell’uomo che non comprende il valore dell’essere uomo. Il film più famoso di Bergman è “Il posto delle fragole” a cui deve anche la sua fama internazionale: il ruolo principale era recitato da Sjostrom, un regista svedese. Il film racconta la storia di un anziano (Isak Borg) che sapendosi vicino alla fine ripercorre un viaggio fisico e interiore attraverso i luoghi della propria vita. È una sorta di meditazione sulla vita e sulla vita costruita in modo che la memoria si intrecci con la realtà, e con salti di tono continui, oscillanti tra mondo onirico e realtà. Isak Borg vince un premio accademico e dovrà andare a Lund per ritirarlo: la sua giornata comincia con un incubo: si trova in una città sconosciuta a lui dove gli orologi non hanno lancette. Passato un carro funebre cade giù la bara di un uomo morto che lo afferra per un braccio, nel cui viso riconosce il proprio viso. È una storia di meditazione tra la vita e la morte: tratta i ricordi della vita passata e i rimpianti per le occasioni perse e auspica ad un’esistenza migliore che ormai non è più raggiungibile per cui vecchio. Bergman si serve del titolo “il posto delle fragole”, un frutto che rappresenta appieno la primavera e che simboleggià la prima età e l’innocenza. L’ossessione di Bergman sono i primi piani (davanti a sfondi astratti che si concentrano su sfumature dello sguardo e dell’espressione) che riprende continuamente e attraverso cui talvolta i personaggi si rivolgono direttamente al pubblico: è il caso di Persona in cui il bambino tocca la lente dell’obbiettivo e capisce di essere ripreso quasi fosse in trappola. I suoi film sono dominati dal senso di infedeltà, delusione, sofferenza e angoscia. I suoi film hanno riconoscenze in tutto il mondo, tantoché le sue sceneggiàture verranno tradotte in molte lingue: ricevuti numerosi oscar lo incarneranno come artista regista per eccellenza. Akira Kurosawa (1910-1998) sceneggiàtore e aiuto regista esordì dirigendo una breve storia di arti marziali ambientata nel diciannovesimo secolo che ridava azione e movimento al film storico. I film di Kurosawa furono d’ispirazione per “Star Wars”. Federico Fellini (1910-1998) esordì come fumettista satirico e vignettista per Marcantonio, la principale rivista satirica italiana. Al cinema vi approda inizialmente come sceneggiàtore in collaborazione con T. Pinelli, per cui firmerà grandi successi quali “Avanti c’è posto”, “Paisà” e tanti altri. Nei film di Fellini moltissimi sono i personaggi ricorrenti, dal matto che riveste un ruolo di collegamento con il divino al maschio narcisista, dalla puttana voluttuosa; non mancano parate, spettacoli, feste, seguiti di solito da albe tristi e infrante illusioni. Fellini crea un mondo personale e questo fu il motivo della sua fama fra gli anni Cinquanta e Sessanta: la sua notorietà conquistata con “I vitelloni” fu confermata da “La strada”, concretizzazione di un cinema del reale. Il suo debutto assoluto come regista avverrà con “Lo sceicco bianco” nel 1953 assieme ad Antonioni. In questo momento l’attività di regista prende il sopravvento su quella di sceneggiàtore. Con questo film, Fellini, inaugura una sorta di realismo magico, onirico, che però non viene sin da subìto apprezzato. Molti personaggi del cinema di Fellini presentano una mascolinità intrisa di debolezze e incertezze riprendendo il mito del cicisbeo. “La dolce vita” descrive la vita di ricchi sfaccendati. Scritto come un film moderno lo spettatore ha poco chiari i temi del film. Il film si ispirò all’Antica Roma ed utilizza un formato panoramico. Fellini è legato al cinema moderno in quanto lavora molto più sulle immagini che sulla storia. Il film riscosse un grasso successo perché è stato oggetto discorsivo e perché presentava temi di scandalo: critica fortemente la società che strumentalizzata si fa trascinare dai media e va dietro le vite dei divi. La dolce vita contrappone la Roma antica, la Roma cristiana a quella moderna giudicando decadente la vita contemporanea. I vestiti indossati dai personaggi sono suntuosi, le scenografie aggiungono un tocco magistrale. Michelangelo Antonioni (1912-2007) approda nel cinema con documentari quali “Gente del Po”, “N.U.” e altri.. e fa parte del cosiddetto cinema del post neorealismo, quando l’Italia ritrova un’identità sul piano economico e culturale. Molto presente durante gli anni ’50 e ’60 è il cinema d’autorialità. Dopo tanti cortometraggi nel 1950 realizzerà “Cronaca di un amore” in cui un intreccio noir descrive la storia di un adulterio ambientata nel mondo dell’alta borghesia. Antonioni prende ora distanza da soggetti populisti del neorealismo per avvicinarsi ad un nuovo mondo popolato da personaggi che analizza a fondo psicologicamente. Nel 1960 esordirà con la tetralogià nota, composta da “La notte”, “L’avventura” e “L’eclisse” e “il deserto Rosso” dove porta in scena l’incomunicabilità e l’alienazione, e i grandi drammi del Novecento. Antonioni è il poeta dell’incomunicabilità: egli mette in scena sentimenti e senso di depressione e frustrazione portando davanti alla cinepresa personaggi che si aggrappano alla vita che sembrano essere intrappolati. Il cinema è da lui inteso come rappresentazione di un vuoto sociale, culturale e personale, e di un mondo impersonale e vuoto. All’interno dei suoi film compaiono feste, vacanze e ambientazioni artistiche che nascondono l’assenza nei personaggi di emozioni: anche la sessualità è ridotta a seduzione occasionale. La tecnologia acquista nei film di Antonioni una propria vita: alcuni elementi, quali un ventilatore o un robot giocatolo hanno una presenza più nitida delle persone che li stanno utilizzando. “Il deserto Rosso” (1964) fa parte di una tetralogià ed è il primo film a colori di Antonioni: mostra una panoramica industriale prettamente ambiguo in cui le sbiadite combinazioni cromatiche sono attribuite sia alla psiche instabile del protagonista sia a quella interpretata da Antonioni di un mondo moderno ma sfiorito. Il ritmo è sempre lento, ricco di tempi morti tra gli eventi. Il ritmo è sempre lento con molti tempi morti tra un evento e l’altro: ogni scena comincia prima dell’azione e si conclude dopo che questa si è conclusa: tutti e quattro i film mostrano un finale aperto. Le prime opere rendono esplicito al pubblico la scelta di nasconder loro le reazioni dei personaggi, sfruttando spesso elementi della scenografia. L’utilizzo dei colori fa sì che l’astrazione si spinga ancora più in là, pitturando ad esempio la frutta di grigio. Robert Bresson (1901-1999) è stato regista, sceneggiàtore e soggettista di una generazione precedente alla Novelle Vague: dai suoi esponenti era considerato un grandissimo maestro. Il suo cinema può essere definito industriale e fa leva sulla spettacolarizzazione e sui sentimenti. Egli concepiva l’attore come un modello che deve possedere una configurazione impersonale guardando alla trascendenza e configurandosi con la filosofia francese in un destino che decide per l’attore, segnato da una scelta. La macchina da presa con Bresson è concepita come un dispositivo che sollecita l’attore. L’attore (che verrà definito un automa) è diventato una sorta di Marionetta. Per Bresson l’autore è invece colui che crea dei mondi altri: egli non mirò alla rappresentazione della realtà in quanto frammentata ed intesa come una serie di spazi e contenitore di affetti. Il mondo per lui è un mondo chiuso e circolare. Bresson si riferisce alla filosofia di Kierkengard e i suoi film tratti da romanzi rispecchiano il carattere di totale isolamento, carichi di grande letterarietà e rispecchianti il testo scritto. Il destino dei personaggi è già stato scritto ed essi si comportano solo per portare avanti un fato già assegnatoli. Bresson gioca molto sull’intensità delle passioni che verranno poi soffocate nella scelta del suicidio. I protagonisti compiono un percorso solitario estraniandosi dal mondo, sottolineando questa scelta tematica con una scelta stilistica di colori grigi: sono personaggi gettati nel mondo, per cui la fuga è vista come possibilità di un futuro migliore. L’ultimo suo film è del 1983, ispirato ad un racconto di Tolstoj “L’argent” e racchiude perfettamente la filosofia a cui si volge l’autore. I personaggi son ricchi di incertezza e mettono in scena una contrapposizione tra desiderio personale e ciò che effettivamente l’uomo può. Pasolini. Pasolini, marxista ed omosessuale scatenò accesi dibattiti anche attraverso una sintassi filmica sgrammaticata e attori provenienti dalla strada. Questi film vennero visti come un ritorno al neorealismo, ma in realtà Pasolini accusava il neorealismo di essere legato alle politiche della Resistenza e di offrire un realismo che era solo superficiale. I suoi primi film propongono atmosfere ed immagini disparate, personaggi volgari, scene girate per strada commentate dalla musica di Bach. Pasolini sottolineava questi accostamenti di stile e li giustificava sostenendo che i contadini e i ceti più bassi della società evidenziavano un legame con la società primitiva che egli intendeva evocare attraverso citazioni di grandi opere del passato. Pasolini tratta temi religiosi attraverso gli occhi di un credente nuovo: occhi attraverso cui Gesù diventa un predicatore spesso impaziente. I personaggi dei suoi film portano la pelle rugosa e i denti spezzati. Alcuni film come “Uccellacci e uccellini” costituiscono un esempio della scelta di raccontare vicende che acquistano la dimensione di parabole politiche contemporanee. Pasolini compie spesso riadattamenti di miti classici e storia contemporanea ed assume un atteggiàmento critico sul piano politico. Celebre film di Pasolini è “La ricotta”(1963) che narra la storia di un uomo povero che ha una famiglia povera e numerosa. Il protagonista è un attore che rinuncia al suo cestino del pranzo che gli spetta in quanto impegnato sul set per donarlo alla sua famiglia. Quando riesce finalmente a comprare un pezzo di ricotta lo mangià con avidità e gli vengono dati gli avanzi dell’ultima cena che è stata già girata. Torna sul set per girare l’ultima cena della crocefissione e subìto dopo il ciack si scopre che è morto di indigestione sulla croce. Bertolucci fu a diciannove anni auto regista di Pasolini: il suo stile visivo è però molto più morbido di quello del regista e si serviva di lente carrellate. Il giovane regista sperimentò un uso innovativo del flashback dove passato e presente si alternano senza stacchi. “Il conformista” (1970) è il prototipo del film d’arte politicizzato: nel suo ritratto di uomo represso sessualmente che diventa un assassino politico in epoca fascista, Pasolini compie un gioco tra fantasia memoria e realtà. Anche l’industria cinematografica italiana entrò in crisi e nel 1965 lo stato intervenne garantendo premi per progetti ritenuti “di qualità” e mutui e crediti tratti da fondi speciali. L’industria volse dunque verso produzioni a basso budget che esploravano nuovi generi quali l’erotismo e le imitazioni di James Bond. Il thriller fantastico assume ora sfumature erotiche ma il genere italiano di maggior successo fu quello che venne definito “spaghetti western” di cui maggior esponente era Sergio Leone. Leone era un cinefilo che lavorò come aiuto regista per il padre, per De Sica e altri registi americani che giravano i propri film in italia. I western di Leone portano in scena un realismo crudo: rappresentano città malsane e una violenza molto più accentuata di quanto gli spettatori avessero mai visto. Caratteristica dei suoi film sono anche le colonne sonore di Ennio Morricone che danno all’azione un tono eroico. Il cinema inglese reagì al diminuìre delle presenze nelle sale cinematografiche introducendo nuovi generi tra cui il genere horror. Il genere horror era ora più sanguinario e arricchito dalla fotografia a colori. Questo periodo è chiamato il periodo del boom economico: la vita si sposta all’interno delle fabbriche e ci si apre ad una nuova disposizione sociale ad una diversa libertà sessualeLa moda dell’horror aprì la strada ad uno dei film più famosi di quel periodo per il suo essere insolito: “L’occhio che uccide”(1960) diretto da Powell è incentrato su un assistente operatore che inizialmente si presenta come timido ma che successivamente si rivela uno spietato assassino. Il film esplora le radici della violenza sessuale e solleva la questione di come il mezzo cinematografico ecciti gli impulsi erotici. Il cinema del Kitchen Sink fu l’equivalente britannico della Nouvelle Vague. A metà degli anni Cinquanta comparve una serie di opere di narrativa e teatro incentrata su lavori ribelli. Il Kitchen Sink non ebbe vita lunga: tra i maggiori esponenti troviamo sicuramente Anderson che inasprì la critica della struttura sociale in Inghilterra: egli alternava continuamente il colore bianco e il colore nero. Abbandonata la vita dei lavoratori nelle città industriali si cominciò a prendere in considerazione la vita della swining London: abiti inglese e rock britannico andarono in voga e fecero diventare Londra la capitale del trendy e della mobilità sociale. Una serie di film sulla superficialità della vita ebbe fortuna nei cinema d’essai di tutto il mondo. A parte l’importanza nuova che si dava alla vita a Londra, si abbandonò il realismo della Kitchen Sink. Dopo la Seconda guerra mondiale, in Germania inizia una lentissima elaborazione del passato nazista: quegli anni verranno chiamati i “tristi anni” dell’era Adenauer. Il cinema è borghese e senza ricambio generazionale a differenza del neorealismo italiano. Sino alla metà degli anni ’60 il cinema tedesco risultava bloccato a causa dell’incapacità di configurare traumi passati rifugiàndosi in un costante evadere in generi borghesi che hanno allontanato il pubblico. L’industria tedesca entrò così in cri e per sopravvivere le sale cinematografiche cominciarono a proiettare film pornografici. È il 1962 e viene pubblicato il Manifesto di Oberhausen che trova vita nell’omonima cittadina quando un gruppo di cineasti, in occasione di una rassegna cinematografica, pubblicarono il manifesto firmato da 26 registi che denunciavano un cinema ancora fermo a modelli ormai desueti con una conseguenza diminuzione di pubblico e crisi delle risorse finanziarie. Tale manifesto auspicava ad un nuovo cinema libero da condizionamenti commerciali, estetici e culturali. Non vi era però un manifesto generale, dovremo aspettare gli anni ’70 per averne uno vero e proprio. Nasce così il “Neueur Deutscher Film” sotto anche le influenze culturali di Robert Musil, Heinrich Ball e del gruppo 47 (un gruppo di giovani letterati emergenti) per quanto riguarda la letteratura, ma anche l’influenza del neorealismo italiano e della Nouvelle Vague. Altra influenza è rappresentata dalla filosofia esistenzialista di Sartre e dalla teoria critica della Scuola di Francoforte. Nel 1965 venne fondato dal Ministero dell’Interno tedesco un “Consiglio del giovane cinema tedesco”, strumento legislativo nazista. Sono anni in cui si comincia a riflettere sul passato nazista e su ciò che aveva comportato alla società. Il genere più importante era l’Heimat Film, incentrato su storie d’amore di provincia; anche i film di guerra e biografici andavano molto di moda. I primi anni del dopoguerra videro sorgere anche i film delle rovine che affrontavano la problematica della ricostruzione della Germania. Il Nuovo Cinema tedesco strinse collaborazioni con scrittori sperimentali per realizzare un cinema d’autore che mirava alla qualità letteraria. Negli anni Sessanta gli studi dell’Unione Sovietica arrivarono praticamente alla paralisi: molti film subìrono correzioni durante la scritture e le riprese a causa della purezza ideologica che la campagna di Zdanov andava cercando. Emerse comunque una nuova generazione di autori che aveva contribuito al realismo socialista e che fece venerare sempre più Stalin. I film esaltavano la figura di Stalin per non incorrere alla censura ma ciò porto ad una stagnazione per la produzione. Nel 1952 ebbe origine il filone dei film di tre persone: ossia film che narravano conflitti tra coniugi o amanti che si risolvevano grazie all’intervento di qualche membro del Partito. Alla morte di Stalin nel 1953 seguì il periodo del “disgelo” e portò notevoli cambiamenti nella produzione e nella creazione di generi. Oltre ai film di propaganda, il genere bellico cominciò ad essere affrontato sotto nuovi punti di vista: le storie sono intrecciate a legate ad amori impossibili tra membri di realtà diversa (ad esempio un soldato e un povero) e vengono messi in discussioni molti valori. Nel 1961 Kruscev lanciò una campagna per eliminare il mito di Stalin invocando una maggiore apertura alla democrazia. Apparve così una nuova enfasi sulla gioventù in moltissimi film sull’infanzia. Il più esaltato tra i giovani registi fu Andrej Tarkovskij che si interessò al cinema d’arte europeo. Tra i temi da lui trattati troviamo la vendetta di morte per rivendicare la vita di alcuni cari, i pericoli e tutto quello che comporta la guerra. Nonostante molte pressioni politiche molti film di questo periodo affrontavano temi di interesse collettivo per intellettuali e giovani. Il cinema dell’Europa orientale imitava inizialmente la struttura sovietica con sceneggiàture approvata dal Partito che controllava sia la distribuzione che l’esercizio: il Partito poteva anche impedire la programmazione di un film già completato. Il disgelo portò in molti Paesi dell’Est europeo un fervore culturale nuovo con riviste, stili sperimentali: i giovani appena usciti da scuole di cinema approfittavano di un’atmosfera più aperta. Negli anni ’50 la scuola polacca produsse il cinema più importante dell’Europa dell’Est, conquistando riconoscimenti in tutta Europa. I registi polacchi utilizzavano il genere bellico per mettere in discussione la versione ufficiale della Storia affrontando argomenti controversi, l’uso ambiguo di immagini religioso ed effetti visivi barocchi. Tra i nuovi registi alcuni evitarono uno stile realista preferendogli un approccio drammatico ed uno stile vistoso. La scuola polacca vide il tramonto nei tardi anni Sessanta. La Cecoslovacchia invece presentava un sistema di produzione decentralizzato. Il cinema cecoslovacco tendeva verso un acuto realismo artistico. Gli autori più giovani esordirono nel cortometraggio: conoscevano la Nouvelle Vague, il neorealismo e la scuola polacca. Ad accomunare i vari autori erano lo stile, le preoccupazioni tematiche, le condizioni di lavoro e il bisogno di allontanarsi dalle formule del realismo socialista. La Iugoslavia, a differenza delle altre repubbliche socialiste aveva sviluppato un intenso socialismo nazionale che prevedeva una certa libertà espressiva anche per quanto riguardava il cinema. Nel 1962 ci fu una legga sul cinema che attribuiva una maggiore autonomia nella produzione alle repubbliche regionali. Fin dalle origini il cinema Giapponese conobbe un notevole sviluppo soprattutto grazie allo sviluppo verticale dell’intera catena produttiva e distributiva e alla grande domanda da parte del pubblico urbano. I primi film Giapponesi traevano ispirazione dalla drammaturgià nazionale dando vita a due grandi generi principali: il film storico e un genere relativo alla vita contemporanea: molto spesso si trattava in questo caso di storie d’amore e di vita familiare. Qualunque fosse il genere era rispettata la convenzione di far recitare ruoli femminili a uomini. I film Giapponesi fino agli anni Venti, durante le proiezioni erano accompagnati da un commentatore. Il cinema Giapponese si convertì piuttosto tardi al sonoro. A seguito della comparsa della Toho, nuova casa di produzione, cominciarono ad emergere autori che davano molta importanza alla componente psicologica e nuovi generi: commedie su impiegati e studenti, film dedicati alla vita sulle classi minori e il cosiddetto “film della madre”. Mentre le due case principali Giapponesi lasciavano un certo spazio a sceneggiàtori e registi, la Toho favoriva la centralità del produttore. Verso la fine degli anni ’50 gli studios Giapponesi erano pronti a sfruttare il mercato giovanile: per i ragazzi si ritornò ai film di spada e per le ragazze storie d’amore. I film del nuovo cinema Giapponese furono inizialmente ben accolti da critica e pubblico. Mentre i film dei giovani registi erano frequentemente distribuiti dalle grandi società. Questo nuovo cinema rese consueto l’uso di strutture a flashback, inserimenti fantastici e simbolici e sperimentò inquadrature nuove, movimenti di macchina. I registi del nuovo cinema Giapponese mettevano in scena furti, stupri e omicidi e la critica era spesso ricondotta a posizioni politiche. Altri registi pur esprimendo un certo livello di critica sociale scelsero di occuparsi di stili più tradizionali. Nonostante già negli anni Trenta e Cinquanta fossero stati realizzati film con ambienti poveri e scenari naturali i cinesti brasiliani furono fortemente influenzati dalla Nouvelle Vague e dal neorealismo italiano. Nelson Pereira dos Santos aveva attaccato sulla rivista “Fundamentos” tutti quei film prodotti dalla Vera Cruz, importante casa di produzione che voleva imitare i modi di produzione Hollywoodiani. I film ritenuti “molle” del cinema muto furono sicuramente “Rio, quarenta graus”(1955) e “Rio, zona Norte” (1957). Humberto Mauro realizzò circa 360 documentari e molteplici lungometraggi in cui esprimeva un fortissimo legame con il Brasile: Mauro venne visto dal cinema novo come un coraggioso cineasta che non si era piegato al volere del mercato e alle sue mode ma era stato il primo ad aprire un dibattito sull’autenticità della cultura brasiliana. Il presidente Goulart intendeva rendere i brasiliani consapevoli della loro arretratezza e il cinema seguiva questa ideologia mostrando appunto l’ignoranza che opprime i contadini, il problema delle regole militari e religiose. Quando la presidenza di Goulart venne interrotta da un golpe comunista, seguiranno governi dei generali e l’eliminazione di diritti costituzionali. Al golpe seguirà la soppressione fisica di istituzioni e persone che erano in qualche modo legate al primo tentativo di golpe comunista. Il primo presidente Civile verrà eletto nel 1985 .Durante questi anni si sviluppa un nuovo cinema anche in Brasile che prende il nome di “Cinema novo”. Inizialmente i registi di questo cinema si specializzavano in cortometraggi e solo in un secondo momento volgevano lo sguardo verso lungometraggi. Il cinema novo esprime un profondo legame con la terra nativa sia a livello culturale che a livello di tradizioni. Questo legame espresso attraverso esiti letterari, artistici e musicali invase anche il cinema. Fonte di moltissimi film furono libri di G. Ramones e J. G. De Rosa: questi autori, insieme ad altri, descrivevano la miseria del Nordest, la siccità della pianura del sertao, la spiritualità dei poeti attraverso un tono metaforico allegorico, servendosi dell’ausilio di uno stile fantastico. Tra i temi principali del cinema Novo abbiamo il desiderio di liberazione dalla schiavitù, l’abbandono della propria terra per trovare un luogo nuovo in cui vivere, la ricerca di un nuovo lavoro, le diverse condizioni di vita che si differenziano per ceto sociale. Tra gli altri elementi diffusi troviamo il cannibalismo, che rimandava alla capacità dei brasiliani di assimilare rapidamente le influenze coloniali. Nel 1964, con il colpo di stato il Cinema Novo era finito ma i suoi registi continuavano a lavorare con nuovi produttori Glauber Rocha fu uno dei padri del cinema Novo che presenterà un cinema personale ritenuto anche come cinema d’opinione, dove linguaggio diventa l’oppressione e il dolore. Il suo “Il diavolo nero e l’angelo bianco”, ambientato nel sertao mostra i capi religiosi che opprimono i contadini; assieme a questi contribuiscono all’oppressione anche banditi violenti. La storia si rifà alle ballate popolari e l’azione è spesso commentata da canzoni. Per il cinema sperimentale americano i primi anni Quaranta furono un momento di transizione. Mentre molti cineasti della costa occidentale sperimentavano l’animazione astratta attraverso la tecnica batik, si diffuse molto rapidamente il genere dei “film trance” dove la dimensione onirica e la realtà si mischiavano. In questa situazione i personaggi potevano avere diverse interpretazioni e ciò aprì le porte a una lunga serie di psicodrammi. Fino a questo momento quasi tutti gli autori si finanziavano da soli: con il dopoguerra emersero nuove possibilità di sbocco sul mercato nella forma di rassegne presentate presso musei. Uno dei generi più comuni del dopoguerra era quello del film sul ballo che sviluppava manipolazioni del montaggio e movimenti di macchina. Va detto che molti cineasti fossero profondamente influenzati dal surrealismo e dal dadaismo e che molti pittori si dedicarono ai film. pagare di più. Tra il 1962 e il ’72 le principali compagnie persero notevoli capitali: per attirare nuovamente il pubblico in sale quindi si cercò di capire cosa avrebbe potuto attirarlo maggiormente. Il pubblico era attratto da produzioni europee. Lo stile classico andò via, via, trasformandosi, grazie anche ad idee di alcuni registi: divennero più frequenti le riprese in ambienti esterni, compresi bar e case domiciliari, e si diffuse l’obbiettivo a focale lunga. I registi sperimentarono anche un montaggio più veloce e talvolta sequenze di immagini mute erano accompagnate da canzoni pop. Nel periodo d’innovazione cinematografica i registi più vecchi stavano per uscire di scena perché la loro tecnica appariva ormai antiquata. La ripresa del cinema americano è dovuta anche alle nuove tecnologie di produzione di suoni e immagini. Scoperta significativa è quella portata da Dolby che introdusse le tecniche di riduzione digitale del suono nell’industria: fu Arancia Meccanica il primo film ad impiegarle. Nel 1977 avvenne la grande rivoluzione: con Star Wars si utilizzò il sistema ottico stereofonico. Mentre i registi di vecchio stampo si ritiravano, prese piede una nuova generazione di registi, quelli detti della Nuova Hollywood. Molti di questi registi avevano trent’anni circa(Woody Allen), altri come Georges Lucas e Francis Coppola avevano frequentato scuole di cinema. Molti registi della Nuova Hollywood si muoveranno in generi già consolidati dalla tradizione e gli studios offrirono loro l’opportunità di creare un cinema d’arte simile a quello europeo. Hollywood accolse le soluzioni narrative che il cinema d’arte europeo già aveva sperimentato: non solo i giovani si cimentarono in questo cinema d’autore ma anche alcuni tra i più vecchi. Per salvare l’industria cinematografica, nel corso degli anni Settanta furono assunti vari provvedimenti. Citiamo in causa la legge del ’71 che riconosceva crediti d’imposta per investimenti nelle produzioni americane. In tal modo fu possibile realizzare grandi film di successo come Taxi Driver. Un grandissimo successo senza tempo fu sicuramente ”L’Esorcista” di William Friedkin, (1973), seguito da “Lo squalo” di Spielberg e altri titoli di successo. L’esorcista, ambientato a Washington vede come protagonista una bambina figlia di un’attrice. Friedkin lavorò a lungo in televisione, in particolare per una serie di romanzi sul crimine. Riuscì ad ottenere l’attenzione della critica grazie alla commedia “Quella notte inventarono lo spogliarello”. L’esorcista è la storia dell’esorcismo praticato su una ragazza posseduta dal demonio. È un’inquietante e perversa metafora sull’America degli anni ’70. Nella diegesi la madre della bambina, è un’attrice che sta lavorando ad un film tipico della Nuova Hollywood. Quest’ambiente è descritto in maniera sarcastica: in modo particolare la figura del regista, Friedkin è lucidissimo nello svelare in pochi tratti essenziali le ipocrisie e le perversioni interne al movimento e a mostrare come quel periodo utopico sia già finito. La distribuzione del film è pioneristica: il film viene distribuito in tutti gli USA contemporaneamente durante il periodo estivo. La tv era ora sfruttata come mezzo pubblicitario: il lancio avviene attraverso il libro e cambia le tecniche e le abitudini vissute fin ora dalla Hollywood cinematografica. Non si era mai vista una serie di film in grado di realizzare incassi simili con le prime visioni: durante l’inizio e la metà degli anni Settanta, la maggior parte delle maggiori compagnie aveva all’attivo almeno un film di grandissimo successo. Alla fine degli anni Settanta le società non erano più disposte a rischiare denaro tentando strade non ancora provate. Per minimizzare i rischi le società cominciarono a far uscire i film su cui aspettavano un grande successo nel periodo estivo e durante a Natale. Dopo il successo di Star Trek e Lo squalo, gli studios si resero conto che gli incassi provenienti da giocattoli, magliette e gadget di ogni genere facessero incassare più degli incassi al botteghino, gli studios si convinsero ad aprire delle proprie società di merchandising; nonostante ciò continuavano ad avere bisogno dei registi. Cominciarono a rivolgersi sempre di più a registi che avevano alle spalle grandi film di successo quali Lucas e Spielberg. Iniziava alla fine degli anni Settanta l’era del blockbuster, forti della presenza di famosissime star e di sorprendenti effetti speciali. È anche vero però che per quanto i film che poi riscuotevano grandissimo successo facevano incassare tantissimo, gli studios non potevano interamente concentrarsi su film ad alto budget. Tra i maggiori protagonisti della Nuova Hollywood vi era certamente Robert Altman. Robert Altman si introiettò verso un pubblico giovanile e nel cinema d’arte Hollywoodiano. Le sue opere che in genere sono parodia dei generi classici, trasmettono sfiducia nei confronti delle autorità; gli attori dei suoi film si avvalevano di una semi-improvvisazione: nei film di Altman i personaggi borbottano e parlano contemporaneamente. Il regista utilizzava un montaggio brusco, riprese effettuate con varie macchine da presa in modo da mantenere sempre il punto di vista esterno al personaggio. Negli anni Ottanta Altman si trovò in difficoltà ma continuò a produrre film ma cominciò a produrre film da adattamenti di testi teatrali. Uno dei suoi film più famosi “Nashville” in cui decise di seguire ben 24 personaggi durante un weekend. Anche Woody Allen realizzò un cinema personale, strettamente collegato alla città di New York. Inizialmente collaborò con la televisione, scrivendo testi comici; fece l’attore di cabaret e fu protagonista di alcuni film. È all’inizio degli anni Settanta che diventa un regista comico famosissimo: realizzò film che si rivolgevano anche ad un pubblico giovane attraverso l’uso di citazioni cinematografiche. Ciò che però lega Woody Allen al maggior successo sono i film che abbandonano il versante comico, con trame incentrate sulla storia d’amore confusa. La maggior parte dei suoi film sono costruiti attorno a temi che lo interessano direttamente esplorando una vasta gamma di stili. Francis Ford Coppola è uno di quei registi che in seguito diverrà produttore e contribuirà a ridefinire il cinema Hollywoodiano. Prima di dedicarsi al cinema si era dedicato agli aspetti del processo di realizzazione di un film, dalla sceneggiàtura alla post-produzione. Con “Il padrino” Francis Coppola dimostrò di essere in grado di realizzare film di grande successo: ma non si accontentò, voleva spingersi oltre e realizzare film d’arte. Coppola esplora la mente dei personaggi dei suoi film e si pone in un rapporto di ispezione psicologica proprio come faceva Antonioni, se non in maniera più approfondita. Quando si cimentò nella realizzazione della seconda parte del Padrino trasformò l’opera in una ancora più complessa e si imbarcò nella realizzazione di “Apocalypse now”. Il film racconta la guerra del Vietnam e il regista cercò di dare alla guerra una presenza visiva schiacciante, con suono stereofonico, dissolvenze lente e allucinanti. Nel 1969 Francis Coppola fonderà una casa di produzione per produrre i suoi film; nel frattempo continuò a sperimentare tecniche innovative sia per la composizione dell’immagine che per l’a narrazione. Per Lucas e Spielberg la rivisitazione della consolidata tradizione Hollywoodiana rappresentava una forte nostalgià del passato. Entrambi diedero nuova vitalità ai film di avventura per famiglie, alla commedia con disegni animati e ai film fantastici. Spielberg si divideva tra film meno impegnativi e film più impegnati che riadattavano best-seller. “Lo squalo” di Spielberg (1975) univa al brivido suscitato dal film la critica nei confronti delle autorità politiche. In tutte le sequenze, scena dopo scena, l’ansia del pubblico cresce gradualmente attraverso il montaggio serrato. Grandissimo contributo al film fu la colonna sonora di John Williams dal momento in cui lo squalo che avrebbe dovuto terrorizzare il mondo in realtà si vede soltanto nella scena finale. Attraverso “E.T.” Spielberg allude al desiderio di felicità infantile: scegli immagini semplici ma significative. ET è infatti un’extraterrestre che comunica con la musica e che riesce a raggiungere milioni di persone. George Lucas era cresciuto guardando la televisione e leggendo fumetti: ciò si riflette assolutamente in “American Graffiti”, film che descrive il suo mondo adolescenziale con le crisi che comportano il passaggio all’età adulta. Negli anni Settanta i tre registi ebbero un grandissimo successo ma solo Lucas e Spielberg rimarranno sulla cresta dell’onda anche negli anni Duemila. Martin Scorsese riuscì a realizzare film personali ispirandosi al cinema d’arte europeo e attingendo dalla tradizione americana: pochi furono in grado di volgere lo sguardo alle due cose contemporaneamente. I suoi film devono molto alla tradizione Hollywoodiana: l’autore delle musiche del suo film “Taxi driver” è B. Herrmann, stesso compositore di Hitchcock. I film di Scorsese si basano su elementi autobiografici. All’interno delle sue storie ci sono sempre personaggi deviati mentalmente e grazie allo stile di Scorsese riusciamo ad arrivare dritti nella mente di questi. Il personaggio di Taxi driver è infatti un Robert de Niro depresso e isolato che soffre di un’insonnia cronica che lo porta a lavorare come tassista notturno. Durante il giorno scrive un diario e il suo unico svago quando esce sono i film porno. Capitolo XVII L’Europa e l’URSS dagli anni Settanta in poi In Europa, a metà degli anni Settanta il boom economico del dopoguerra si era arrestato e anche l’industria cinematografica ne risentì notevolmente: il numero degli spettatori nelle sale continuava a calare e molte sale videro la chiusura. La causa principale fu sicuramente la tv che a colori e con una buona qualità d’immagine ebbe un ruolo decisivo all’interno del panorama cinematografico. Sempre meno film riuscivano a registrare grandi incassi e molti di essi erano destinati ad un pubblico di teenager. Furono i governi ad aiutare i vari cinema nazionali a riprendersi: sostennero infatti produttori con prestiti, premi, concessioni e finanziamenti calcolati sulla previsione di quanto il film avrebbe incassato. Negli anni Sessanta e Settanta il cinema d’autore ebbe il sostegno anche di enti televisivi: è il caso della Germania occidentale in cui il giovane cinema tedesco grazie ad un accordo con la televisione si trovò in condizioni favorevoli per le coproduzioni. Altre televisioni nazionali cominciarono a sostenere il cinema seguendo il modello tedesco. Con il proliferare dei canali commerciali, favorito dal via libera che molti governi diedero, le presenze al cinema precipitarono. In Italia, dove ben quattrocento canali televisivi arrivarono a programmare duemila film alla settimana le sale persero milioni di presenze all’anno. In Germania il governo continuò a finanziare film d’arte a basso costo e la risposta più decisa alla crisi venne dalla televisione. Negli anni Ottanta infatti le società televisive private cominciarono a sostenere l’industria cinematografica: finanziavano opere in grado di recuperare i costi di programmazione nelle sale prima del passaggio televisivo e si garantivano un buon investimento. I generi popolari europei mantennero una certa stabilità. La maggior parte dei registi si rivolgeva agli spettatori locali ma alcuni generi riuscivano ad attrarre anche il pubblico internazionale, come la commedia italiana. Caso esemplare è “La vita è bella” di Roberto Benigni. Anche le commedie sexy francesi e l’umorismo britannico mantennero una buona posizione sia nel mercato nazionale che in quello straniero. I polizieschi francesi e i gialli inglesi rimanevano comunque sulla cresta dell’onda. Agli inizi degli anni Sessanta era evidente nell’opera di Jean-Luc Godard l’influenza da parte di Brecht. Godard voleva infatti distruggere l’illusione di realtà creata dai film classici attraverso montaggio discontinuo, scritte, stili di recitazione stilizzati: elementi tutti che impedivano al pubblico di identificarsi passivamente e ne stimolavano la riflessione. Godard fondeva la critica politica con la sperimentazione formale e nei suoi film era presente un’analisi quasi sociologica della vita francese e violenti attacchi alla politica americana. Durante gli avvenimenti di maggio, Godard realizzò molti cine-volantini, tesi di fotografie su cui generalmente era scarabocchiata qualche breve frase. I suoi film realizzati nel 1968 alternano questo materiale a dialoghi di riflessione politica tra i personaggi. Quando Godard si unì a Gorin per formare il gruppo Dziga Vertov, rinnegando i suoi film precedenti si convertì al maoismo. Il gruppo si sciolse in seguito ad un grave incidente di cui Godard fu vittima. Ogni film di Dziga Vertov mescola materiali eterogenei, dove lo stile del cinema diretto si combina con inquadrature e titoli stilizzati e in cui i personaggi si rivolgono allo spettatore guardando verso la macchina da presa. Godard insieme alla fotografa Mieville creò un centro di produzione dedicato alle nuove tecnologie. Dopo aver lavorato con le nuove tecnologie ed essersi concentrato sui rapporti tra immagini, testi scritti e dialoghi, tornando al cinema si definì un pittore al quale è capitato di fare film. I Film di Godard pittore hanno una radiosità che ammorbidisce la durezza del soggetto e la complessità della storia. Godard mostra i vantaggi del ritorno ad un’estetica dell’immagine. L’eredità della Nouvelle Vague da una parte e del cinema d’impegno politico dall’altra si espanse in molte direzioni. Il calo degli spettatori , il declino delle esportazioni e la competizione con Hollywood spinsero registi e produttori a realizzare un cinema più accessibile: i film europei si rivolgevano soprattutto al pubblico locale e i registi internazionali si allontanarono dallo sperimentalismo. Alain Resnais mostrò un crescente interesse nel mostrare gli artifici della narrazione con un tocco leggero che di rado aveva adottato nei suoi capolavori indiscussi quali “Hiroshima mon amour”. Mentre molti registi europei tornarono agli adattamenti di classici letterari e al cinema moderno degli anni Cinquanta e Sessanta in una forma più moderata si faceva strada una nuova “tradizione della qualità” francese. All’inizio degli anni Ottanta una generazione di giovani registi francesi inventò un nuovo stile visivo allontanandosi dal cinema politico. Questi registi realizzavano un cinema veloce e artificiale e si ispiravano alla Nuova Hollywood con particolare attenzione ai film di Coppola. I critici parigini definirono questa tendenza “Cinema du Regard”: i film citati infarciscono storie piuttosto banali con oggetti high-tech e con uno stile cambiato dagli spot televisivi: le inquadrature sono caratterizzate da tagli netti e blocchi di colore. Molti critici hanno considerato questa tendenza un’espressione dello stile postmoderno che prende spunto dalla cultura di massa per creare un’estetica delle apparenze. Il Cinema du Regard era una versione rivolta ai giovani di quella tensione verso la bellezza astratta nel cinema di Herzog e Wenders. In Italia gli esperimenti formali delle commedie sembravano più orientati a conquistare il favore del pubblico. Nanni Moretti iniziò la sua carriera dirigendo commedie pseudo-underground per poi sviluppare un umorismo che da voce ad una generazione delusa dagli ideali progressisti che avevano fallito. I personaggi del cinema di Moretti sono un po’ nevrotici e fanno i conti con le frustrazioni della società moderna. Reiner Werner Fassbinder è stato il più influenzato della Nouvelle Vague: cinofilo e fan sfegatato di Godard lavorava in tempi ristrettissimi. Nonostante morì a soli 37 anni realizzò 38 film, portavoce di un cinema sperimentale e devoto al cinema classico americano, in particolare al gangster movie e al melodramma di D. Sirk. All’inizio della sua carriera Fassbinder inquadrava spesso personaggi in maniera neutra. Nella sua fase di revisione Hollywoodiana accettò le convenzioni del continuità system. Egli si concentra spesso sulla vittimizzazione e sul conformismo mostrando come i componenti di un gruppo sfruttino quelli che non si son ben integrati. leggende e rituali appartenenti alla tradizione popolare e si diede vita ad un cinema veramente di massa. I generi più prodotti in Israele erano generalmente musica, film di spionaggio, melodrammi e commedie romantiche concentrandosi molto anche sui problemi psicologici delle classi medie spesso con un supporto finanziario. Il governo si preoccupò anche di istituire un’accademia di cinema a Gerusalemme. Fu negli anni 90 che la produzione continuò a diminuire, il governo ridusse i finanziamenti e molti registi passarono dal cinema alla tv anche perche la maggior parte degli incassi andavano al mercato di Hollywood. La visibilità che ha trovato il cinema israeliano in molti festival importanti, è merito dell’aiuto finanziario e della cooperazione con la Francia. Gran parte degli operatori cinematografici dell’industria Egiziana emigrano a causa delle problematiche che ci sono nel territorio e questo porta alla crisi della produzione. L’industria produttiva si riaprirà solo più tardi negli anni 80 grazie ai successi delle videocassette ma non trova un vero e proprio equilibrio e a causa della pirateria e al mancato sostegno del governo troverà un altro periodo di crollo. Sarà in questo periodo che la produzione americana prenderà il sopravvento. Anche negli anni 90, si alterneranno periodi ricchi e altri di discesa. L’Egitto non si appoggiò mai a delle coproduzioni internazionali ma fece affidamento a delle compagnie dei paesi del golfo che aiutarono nell’integrazione attraverso il controllo delle sale cinematografiche. Aumentò la crescita dei multiplex, l’aumento dei biglietti venuti. Il cinema della Turchia si impose nei tardi anni 60. Molto di moda andavano i film erotici, commedie, film storici o epici, melodrammi e western intrattenendo un gran numero di pubblico. Ma la produzione e il consumo erano già sulla via del declino negli anni 80 quando si insediò al potere un governo militare. Molti registi sospetti agli occhi del regime furono perseguitati. Il suo cinema è stato sempre un cinema governato dalla severità della censura, a non tutti i film era garantito riuscire ad arrivare nelle sale e molti erano destinati ad mercato delle videocassette in continua crescita. Negli anni 80 il cinema turco era molto influenzato dalle compagnie americane. Non ha mai trovato un vero e proprio sviluppo anche se nel corso degli ultimi anni ha raggiunto una più ampia libertà espressiva e gran parte della censura è stata abbandonata. Il cinema iraniano, grazie alla realizzazione di un’importante festival dedicato al cinema vide la sua industria fiorente e crescere per tutti gli anni 70. Accanto al cinema d’intrattenimento, si affiancò un nuovo cinema che affrontava tematiche sociali e politiche. Il forte calo dell’industria avvenne a fine degli anni 70 quando molti registi andarono in esilio. La censura, oltre a ricoprire temi politici, stava spostando l’attenzione anche su temi sessuali e sulle influenzi provenienti dalle influenze occidentali. I film stranieri subìscono grandi tagli e i dialoghi rivisitati e doppiati. Nonostante il periodo di guerra, anche se non è possibile un sostegno finanziario, continua ad incoraggiare una nuova generazione di registi cercando di aumentare sempre la produzione. Questo permise al cinema di acquisire una visibilità internazionale. L’industria fu fiorente per quanto riguarda i melodrammi, film gialli e storici. I produttori avevano un pubblico garantito perché i film americani erano quasi tutti vietati, pochi erano importati legalmente. La censura stava iniziando a mollare la presa lasciando maggiore libertà. Tuttavia non si raggiungerà mai una vera e propria libertà infatti sarà il governo a indirizzare i registi verso la tv in modo tale da riuscire a controllare le loro mosse con maggiore facilità. Per quanto riguarda L’Iraq, nel 1980 il governo lanciò un programma a favore del cinema patriottico che stabiliva il monopolio dello stato sulla produzione e invitava i registi a lavorare a film dal budget elevato. Fino al 2006 la produzione filmica fu quasi penalizzata a causa della guerra. Pochi furono i film prodotti e tutti trattavano l’argomento della vita militare e del disastro che si stava vivendo. l’Iraq quasi privo di sale esportò alcuni film all’estero con la speranza di poter un giorno crescere creando un nuovo gruppo di film- maker. La Palestina non aveva un industria cinematografica. Israele aveva fatto in modo pero che alcuni film potessero essere sostenuti dal governo. Altri investimenti arrivarono dall’Europa. La vita di guerra e la situazione che viveva la popolazione erano i temi centrali. In Afghanistan negli anni 90 vennero soppresse quasi tutte le forme di espressione artistica. produzione e esercizio cinematografico sparirono del tutto. Dopo l’attacco alle torri gemelle, i talebani vennero cacciati e la produzione cinematografica conobbe una lenta ripresa. L’America latina sembrava essere ossessionata dal cinema Hollywoodiano che dominava il mercato già dagli anni 10. Il suo cinema infatti assume molti elementi appartenenti a questo cinema e risulta essere molto influenzato dal neorealismo e dalla nouvelle Vague. Inoltre era fortemente influenzato dalle tendenze letterarie e da leggende popolari che rifletteva l’immaginario collettivo a cui si fondeva anche un realismo magico e fantastico. I film locali nel corso del tempo si sono guadagnati sempre più maggior successo permettendo una circolazione anche al di fuori del continente. L’esportazione fu necessaria per riassorbire i costi dei film e a seguito di una coproduzione si è potuto parlare di un mercato latino-americano unificato. In Brasile, il Cinema Novo forse rappresenta più di ogni altra “nuova ondata” uno stretto legame tra cultura e tradizione nazionale. Ricco di riferimenti letterari, musicali e teatrali con un tono metafisico e allegorico, il suo cinema si fa strada permettendo la diffusione già negli anni 90 di multiplex e sale cinematografiche che comportò un incremento del pubblico. Il problema fondamentale di questo cinema non era tanto il suo sviluppo che registrò un graduale aumento dal 2001 quanto quello della distribuzione dal momento che il pubblico era più spesso attratto dai film di Hollywood rispetto a quelli locali. I registi presto si resero conto che per sostenere l’industria i film nazionali dovevano essere esportati. Negli anni 30 in Argentina i film si erano conquistati nel continente il primo posto tra le produzioni in lingua spagnola. I generi più diffusi erano i musical, melodrammi, azione e commedie. Successivamente si fece strada un cinema d’autore. Le tematiche spaziavano da storie politiche, all’ambito sessuale e religioso. Stava nascendo l’idea un cinema alternativo. Nacquero i cineclub e il neorealismo italiano faceva sentire sempre di più la sua influenza. Dopo un colpo di stato, la maggior parte dei cineasti realizzò film approvati dal regime, basati sul folclore o su versioni ufficiali della storia nazionale. I film soprattutto di carattere politico dovevano provocare discussione e azione negli spettatori. Il cinema sembrava aver vissuto tre fasi: il primo cinema legato a quello di Hollywood che sopraffaceva lo spettatore attraverso lo spettacolo rendendolo consumatore di un ideologia borghese. Il secondo cinema era quello artistico d’autore che promuoveva l’espressione individuale e il terzo cinema che vedeva il film come una vera e propria arma di liberazione. Il regista apparteneva ad un collettivo, non solo un movimento di massa ma come un gruppo che lavorava per conto degli oppressi. A metà degli anni 90 vennero creati locali per cinema di qualità che avvicinò il pubblico a generi diversi. Gli incassi aumentarono e portò alla nascita di coproduzioni con la spagna. Negli anni 70 in Cile si faceva un cinema politico molto energico che si alienò con il governo liberale prima di poter subire una brusca caduta a seguito di un colpo di stato. La cultura cinematografica era favorita da una cineteca nazionale e da un dipartimento di cinema presso una delle più importanti università. Il governo presto offrirà sostegno all’industria cinematografica permettendo ad alcuni registi di emergere. Al cosi detto terzo cinema veniva attribuita una funzione creativa non statica, che permettesse un dialogo, un confronto con il pubblico. L’industria cinematografica però doveva affrontare problemi economici sempre più gravi che metteva in difficoltà le scelte del pubblico disponibili solamente film sovietici e europei. Quasi a metà degli anni 70, con lo stato sotto assedio, i militari distrussero le scuole cinematografiche e i centri di produzione, bruciarono le copie dei film e distrussero qualsiasi tipo di impianto. La crisi di quest’industria si avvertirà ancora negli anni 90. Fino agli anni 40 il governo sosteneva l’industria cinematografica messicana. La nascita di alcune società nazionalistiche permise la promozione di film sul mercato sia interno che estero e l’acquisizione di alcuni teatri di prosa permettendo la nazionalizzazione di una rete di sale. Il pubblico era attratto da generi quali commedie, melodrammi, musical. Negli anni 50 l’industria dovette sostenere la concorrenza televisiva rinnovandosi dal punto di vista tecnico (introduzione del colore)e variando i temi comprendendo anche il western, l’horror e aggiungendo scene di nudo. Questi film erano dei film poveri, girati velocemente . alcuni registi però riuscirono ad emergere grazie alla cura fotografica e all’elaborazione di immagini quasi pittoresche concentrandosi su panorami con ampia profondità di campo. Fu tra i 70 e 80 che il governo decise di comprare le principali strutture cinematografiche impegnandosi nella produzione e distribuzione dei film. Si diffuse un cinema d’autore sempre in ascesa e vennero toccati argomenti anche politici. Con lo spostamento del governo verso destra, il nuovo presidente intraprese una politica di privatizzazione e supervisione della banca nazionale del cinema che comportò il ritorno ad una produzione privata. La produzione diminuì rapidamente lasciando però spazio ai film fantastici che stano man mano acquisendo successo. La cultura cinematografica subì molti attacchi ma nonostante questo, il nuovo presidente permise una ricostruzione economica con finanziamenti più consistenti. Molti registi vennero corteggiati da Hollywood altri ebbero diversi riconoscimenti a Cannes. Negli anni 2000 il cinema messicano continuerà una rapida diffusione grazie all’aumento dei multiplex che lo avvicina per stile al mondo di Hollywood in quanto i film erano molto commerciali ma con stampo artistico. Cuba, simbolo della rivoluzione antimperialista, contribuì con il suo cinema a creare un nuovo stile di vita. Nel 59 venne fondata una vera e propria industria cinematografica guidata da Alfredo Guevare che si occupò anche della fondazione di una cineteca. Impegnata nella produzione, distribuzione e gestione delle sale del paese, l’industria si occupava sia delle esportazione che delle importazioni. Importante fu l’utilizzo che se ne fece della pubblicità che incrementò la diffusione grazie anche ai cine moviles camion che si recavano nelle arie più lontane per proiettare i film. Era evidente l’influenza del neorealismo ma anche di importanti registi quali Antonioni, Bergman, nouvelle Vague.. i film erano ricchi di citazioni, flashback e flashforward, collage di riprese teatrali, inserti documentaristici e vi era l’impegno dell’animazione che si alternano tra scene fantastiche, continui monologhi interiori. I registi cubani si specializzarono proprio nel alternanza di finzione e documentario che grazie anche ad un commento over permettevano al pubblico di comprendere anche le tecniche visive più audaci. Negli anni 70 il cinema cubano è famoso perche è in grado di far coesistere le convenzioni del cinema moderno con le forze narrative alle quali gli spettatori di massa erano legati. Negli anni 80 il cinema tendeva a rivolgersi ad un pubblico più giovane attraverso la commedia satirica ma dopo il crollo del blocco sovietico, cuba divenne fortemente isolata e la censura sempre più severa. Il cinema Indiano era fiorente già dall’epoca del muto. Con l’avvento del sonoro il mercato si e a seconda delle lingue. Molti film ebbero un grande successo grazie alle sequenze musicali che erano sia cantate che ballate. Vi erano film mitologici-avventuruosi e film “sociali”, in genere melodrammi romantici ambientati in epoca contemporanea che affrontano problemi legati al lavoro, al sistema delle caste e alla parità sessuale. Il cinema divenne la principale forma di intrattenimento urbano ma la scarsa organizzazione fu alla base di un mercato molto competitivo in quanto ogni successo generava un’imitazione. Negli anni 50 la censura proibì le scene di sesso e materiale politicamente controverso. La produzione continuò con le commedie, thriller o melodrammi ambientati. Molti film risultavano essere standardizzati, si basavano su una trama romantica o sentimentale arricchita da elementi comici, prevedeva un lieto fine e il film si alternava tra canti e danze. Molto utilizzato era il playback che sostituiva la voce degli attori con quella di cantanti professionisti. La produzione filmica continuava ad essere caotica ancora tra gli anni 70 e 80. Il cinema costituiva la principale forma di cultura popolare. Il governo creò “un cinema parallelo” con sede a Bombay che spingeva a concentrare l’attenzione verso un cinema d’arte a basso costo di produzione. I nuovi film rifiutavano le forme del cinema popolare e dipendevano completamente dai finanziamenti del governo ma emersero dei problemi di distribuzione. Si ebbero problemi anche con la censura. Presto il cinema d’arte acquisirà un carattere sempre più commerciale. Con lo sviluppo della tv negli anni 80, il governo chiese ai registi di impegnarsi nella realizzazione di telefilm che ebbero grande successo. I registi si impegnarono nelle coproduzioni con compagnie europee e statunitensi. Vi fu una crescita esplosiva dei finanziamenti privati nella tv satellitare: divenne un mezzo indispensabile per la promozione del cinema e i produttori vi scorsero una nuova fonte di proventi. La concorrenza televisiva sempre in aumento non faceva altro che danneggiare il cinema. I produttori cercarono di elevare gli standard a un livello che la televisione non avrebbe potuto raggiungere, mentre gli esercenti migliorarono la qualità dei locali costruendo multiplex: gli spettatori cominciarono a ritornare in sala. I film Hollywoodiani entrarono a fatica nel mercato locale. Nel 2000 il governo indiano garanti al cinema lo status di industria riconosciuta. La distribuzione di dvd divenne sempre più importante. Austria e Nuova Zelanda sono presenti sul mercato internazionale grazie ai finanziamenti dello stato dando vita ad un nuovo cinema destinato al circuito dei festival. Il cinema australiano ottenne successo nell’ambito dei generi popolari privilegiando lo stile appartenente alla Nouvelle Vague francese e al cinema d’autore. I film di maggiore successo erano i film storici. Alla fine degli anni 90 le cinematografie dei due paesi dipendevano finanziariamente delle risorse locali e dalle risorse locali provenienti ricavati dalle produzioni straniere girate sul posto. Il Giappone stava vivendo un periodo di grande successo economico contrariamente alla situazione che viveva la sua industria cinematografica. Il numero di spettatori continuava a diminuìre rapidamente e questo comportò un calo di produzione. I film più richiesti erano quelli sulle arti marziali, i racconti gangster, i film del dvd permise di ottenere una qualità di immagini e suoni migliori rendendo anche più difficile la creazione di copie pirata. La distribuzione dei dvd ebbe grande successo anche perché erano ricchi di contenuti extra che non facevano altro che incuriosire il pubblico. Questa diffusione fu accompagnata dallo sviluppo degli impianti home theater con grandi schermi e videoproiettori. I film iniziarono ad essere in formato digitale e questo confribui alla fusione del cinema con l’informatica. Negli anni 80 gli studios dovettero affrontare la concorrenza con le mini-major che avevano finanziamenti dall’estero. Anche se queste avevano prodotto film importanti, non riuscirono a competere con le grandi case di produzione perché ci fu un rapido aumento dei costi di produzione. Le grandi compagnie stavano iniziando a rafforzare il loro potere per esempio la Disney creò la Touchstone Pictures responsabile di film dedicati non più solo ai bambini. Le altre come la Columbia , Warner e Paramount investirono direttamente nelle catene di sale. Con il passare del tempo lo scopo di queste grandi case cinematografiche era quello di coordinare le diverse attività produttive massimizzando i profitti. La Disney aveva infatti portato avanti come i guadagna potessero arrivare non solo dal film ma dai gadget ad esso connessi. In breve tempo gli studios più importanti si associarono agli imperi dell’industria dell’intrattenimento. Le più importanti società Hollywoodiane di produzione e distribuzione vennero assorbite da gruppi di media globali. Gli studios si legarono a reti televisive e i produttori cinematografici convissero con squadre di baseball, editori di libri, società discografiche e siti web. Le compagnie quando entravano a far parte di imperi mediatici, facevano affidamento su produzioni a budget elevato con star importanti ed effetti speciali. Per ottenere incassi sempre maggiori era necessario che film “sbancasse al botteghino”, che la visione fosse impegnata in un numero maggiore di sale per un tempo più lungo in modo tale che si potesse dare il via ad accordi che gli avrebbero permesso di avviare licenze in vista di serie tv, fumetti, videogame.. era necessario che questi film creassero attesa e impazienza negli spettatori, facendo parlare la stampa e i programmi televisivi. Alcuni dei più importanti film vennero considerati negli anni 70 dei veri e propri eventi culturali (Jaws, Guerre stellari..), erano considerati film imperdibili. Queste megaproduzioni erano vendute in tutto il mondo. Gli studios, per ridurre i rischi utilizzò le megaproduzioni e ricorsero a star, registi e sceneggiatori affermati. Le megaproduzioni erano molto costose soprattutto per rispettare le date di uscita spesso decise con largo anticipo e i dirigenti si trovavano a dover sostenere spese nel momento in cui ci fossero stati problemi di produzione o sceneggiatura. Inoltre sembrava che un sequel potesse esserci solo se risultava essere più sensazionale del primo. A queste spese si aggiungevano quelle che comportava la star che otteneva spesso quote di partecipazione al loro film oltre che al compenso. Quando un film riscuoteva successo, gli studios offrivano ai suoi creatori budget più elevati nella speranza di mettere a segno un altro colpo vicende. Gli studios si fornivano di potenti alleati capaci di fornire idee, progetti e talenti. Il tutto era supervisionato da alcuni agenti che permettevano di mettere i produttori in contatto con le star, registi e sceneggiatori. Gli studios escogitavano diversi sistemi per ottenere finanziamenti come la cessione anticipata dei diritti esteri o quelli video. Un’altra strada era coproduzione tra diverse major dividendo i costi. Oppure, per diminuire i costi spostavano le produzione all’estero in posti meno costosi di Los Angeles. Per incrementare i profitti si utilizzava il metodo di inserire una pubblicità indiretta delle marche attraverso il cosi detto “product-placement”, le aziende destinavano ai film risorse e prodotti. Oppure un’altra strada era quella degli accordi di “brand partnership” grazie a cui la campagna pubblicitaria di un prodotto serviva anche a promuovere un film. Inoltre negli anni 80 MTV iniziò a trasmettere via cavo le colonne sonore dei film e i relativi video per la quale venivano utilizzate canzoni pop che permise un flusso ininterrotto di spot. Tutti questi investimenti portarono i produttori a realizzare film sempre più costosi. Aspetto importante era anche il rinnovamento delle sale. Si progettarono già dagli anni 70 multisala. Si puntò sulle grandi dimensioni, sul comfort e sull’organizzazione armoniosa delle superfici. L’ambiente divenne più accogliente con poltrone lussuose e porta-bevande. L’aumento dei prezzi del biglietto venne giustificato con l’introduzione del 3D e del digitale. La maggior parte dei film americani conteneva scene di violenza, di sesso, un linguaggio osceno. I film che non erano destinati alle famiglie, avevano un divieto riservato ai maggiori di 13 anni. Dagli anni 70 si affermarono generi che non comprendevano tabù come horror, fantascienza e fantasy ricchi di effetti speciali che ispiravano fumetti, serie televisive e videogiochi. Anche la commedia registrava un progressivo successo. Soprattutto la commedia romantica fece decollare la carriera di grandi attrici. Nell’ambito del neo- noir, il thriller a sfondo criminale si affermò con scene traboccanti di sesso, delitti, tradimenti con posizione centrale la figura del serial killer che conferiva al film una connotazione morbosa e horror. I film d’azione e di avventura incentravano il loro successo intorno a star pieni di muscoli per poi riversare nella formula vincente dei due poliziotti uno bianco e uno nero. Questo genere portò alla luce generi classici come i film ambientati nell’antichità o film di spionaggio caratterizzati da fughe, battaglie, inseguimenti. Negli anni 90 i diversi genere si contamino. Molti generi vennero divisi in puntate e sequel. Il cinema Hollywoodiano aderiva ad alcune convenzioni narrative consolidate. i produttori insistevano sul fatto che le sceneggiature dovessero contenere i 3 atti con un punto di svolta nella trama o un cambio d’azione. Agli sceneggiatori era richiesto di iniziare il film con violenza o mistero. Bisognava inserire un processo di trasformazione del protagonista e nel corso del film doveva modificare alcuni aspetti della propria personalità. I film stravolgevano le schematiche temporali attraverso flashback, allucinazioni, ricordi o finali sovrannaturali.. soprattutto i film a basto costo, usavano uscire dagli schemi temporali e narrativi. Vennero introdotte novità dal punto di vista del colore e della luce facendo uso di ombre e schemi cromatici.. Dagli anni 80 agli anni 2000 ci furono immensi cambiamenti nel settore cinematografico. Partendo dalla durata delle inquadrature che negli anni 60 aveva una durata media molto lunga all’utilizzo e all’accelerazione del montaggio che comportò una semplificazione della messa in scena. Dagli anni 30 agli anni 60 si assiste ad una vera e propria libertà dell’attore sul set in cui venivano ripresi a figura intera lasciando i primi piani ai soli momenti clou del film. Negli anni 80 invece, questa libertà venne limitata un esempio è durante quello che avviene nel momento del dialogo tra più personaggi in cui si alternano diversi piani ravvicinati sia da parte del personaggio che parla, sia di colui che ascolta lasciando l’inquadratura dell’ambientazione solo a fine scena. Hollywood da sempre padrona di personaggi di stile ha da sempre continuato questa intensificazione grazie al passaggio tra accelerazioni e rallentamenti, diverse inquadrature a forte impatto visivo. Tutto questo è stato ripreso dallo stile televisivo che doveva mantenere acceso nello spettatore l’interesse e la curiosità. Negli anni 80 la comparsa dei video assist che permetteva di trasferire l’immagine dalla macchina da presa ad un piccolo monitor, dava al regista la possibilità di controllare l’impostazione dell’inquadratura e l’azione al momento in cui veniva ripresa. L’introduzione del montaggio con il codice di tempo rese più semplice il mixaggio e la registrazione del suono. Il passaggio dal montaggio sul nastro a quello digitale diede la possibilità di vedere in anteprima come sarebbe apparso il film sullo schermo televisivo e questo diventava determinante per la scelta di una determinata inquadratura. Venne capito l’importanza della colonna sonora che con il tempo venne sempre di più potenziata. L’introduzione dei multisala e del digitale permise di avere una migliore riproduzione del suono che faceva immergere direttamente lo spettatore sul luogo d’azione (come ad esempio in ApocalypseNow). Il suono divenne fortemente direzionale e anche i rumori fuori campo venivano percepiti in modo diverso. La tecnologia poteva essere usata anche in modo non realistico. Per accrescere la suspance e il senso d’orrore, i suoni erano usati in modo inverosimile e avevano la funzione di commento musicale coinvolgendo lo spettatore ancor di più. Anche i suoni reali venivano riprodotti con una precisione che andava oltre le esigenze del realismo. I media erano sempre più vicini al cinema e questo comportò che molti importanti registi iniziarono la loro carriera realizzando spot televisivi spesso per MTV. Spesso i giovani registi emergenti doveva farsi spazio con film di genere, sequels o remake che costituivano una fonte sicura per le major, solo pochi riuscirono a trovare un compromesso tra il proprio stile personale e quanto richiesto dalle esigenze del momento. L’utilizzo della tecnologia digitale garantì ai film d’azione- avventura un impatto più efficace. Uno tra i successi più grandi fu certamente Avatar, realizzato da Cameron in formato 3D. Negli anni 90 i film indipendenti assunsero varie forme. Il film indipendente a stampo trasgressivo fu “Pulp Fiction”. Gli esercenti, per riempire le numerose sale erano disposti ad accogliere anche i film più insoliti proposti da distributori al difuori delle major. Questo permise di diversificare la produzione raggiungendo un altro genere di pubblico più giovanile. Per questo le major comprarono le società di distribuzione indipendenti ingaggiando attori, sceneggiatori e registi che si erano particolarmente distinti con film indipendenti. I film indipendenti potevano contare su forme di finanziamento come alcuni emittenti televisivi e quando usci il mercato dell’home video, questi film potevano contare sul budget ricavato grazie alle prevendite delle videocassette. A differenza delle major che traevano benefici dalla macchina pubblicitaria, i film indipendenti affidavano la promozione dei loro film alle recensioni e ai festival del cinema stranieri e nazionali. A finanziare questi film erano la New Line Cinema e la Miramax impegnate in particolar modosul “cinema d’autore indipendente”. Queste erano nate come piccole società che compravano e distribuivano opere finite ma negli anni 90 divennero mini-major che riuscirono a finanziare e produrre film. La Miramax divenne artefice di diversi successi (Pulp Fiction, belli e dannati) e strinse rapporti duraturi con attori scelti per poi espandersi nel settore televisivo, musicale ed editoriale. Il settore indipendente era oggetto a numerosi rischi finanziari, i grandi successi erano casi eccezionali. Gli studios avviarono una campagna d’acquisti: nel 1993 la Disney comprò la Miramax. Le Major inoltre rilanciarono le divisioni dedicate ai classici e crearono nuove etichette per produrre e commercializzare prodotti non convenzionali. Queste società vennero chiamate le “dipendenti”, questo interesse era dovuto al fatto che anche se il film indipendente era di rado che diventava campione di incassi, era sufficiente ottenere un successo moderato per realizzare buoni profitti. Inoltre, gli studios erano sempre alla ricerca di una nuova linfa e di nuove tendenze culturali. Comprando queste società indipendenti, le major potevano scoprire giovani registi di talento su cui puntare. Molti film indipendenti sotto il controllo degli studios ottennero importanti riconoscimenti e aumentarono i profitti. I cineasti indipendenti traevano beneficiò dalla nuova visibilità e dalle risorse finanziarie ma come effetto negativo vi era una riduzione dell’originalità di ciò che era nato come alternativa ad Hollywood. Dagli anni 90 anche se i temi affrontati nei film si distinguevano dal cinema commerciale, ci fu la richiesta di utilizzare attori, generi e tecniche narrative riconoscibili. Le tecniche narrative di questi film comprendevano flashback, narrazioni reticolari, giochi sul punto di vista e universi paralleli ( si fecero strada nei polizieschi, commedie romantiche e nei thriller psicologici). Le tendenze dei film indipendenti erano: film d’autore, off-Hollywood, retrò e DIY (fai da te). I film d’autore erano caratterizzati da: assenza di colori, aspetto sgranato e sbiadito, ritmo lento e colonna sonora che mescolava diversi generi. Erano privi di star e caratterizzati da una recitazione asciutta e distaccata. La trama era divisa in tre lunghe parti e antidrammatica. I film off-hollyood ricorrevano a generi riconoscibili e attori famosi. Ciò che li allontanava da Hollywood era il budget relativamente contenuto e utilizzava strategie narrative o soggetti azzardati. Tra i film di questo genere troviamo Pulp fiction. Nel film vi è un miscuglio di diversi generi. Gli attori avevano tutti ruoli da esposizione che avevano un’aria vissuta e annoiata, le loro storie si intrecciano, l’ordine cronologico degli eventi è stravolto e i riferimenti a film e show televisivi sono disseminati ovunque. Questo film ebbe un successo. Questo film ebbe un grandissimo successo diversamente da quanto avvenne con “belli e dannati” e “Lola darling”. Questo cinema si rivolgeva al pubblico che tendenzialmente era messo da parte dalle major: i film gay e lesbici tra gli anni 80 e 90 erano produzioni indipendenti cineadattavano le tradizioni del melodramma e della commedia a stili di vita alternativi. Il cinema retrò è il cinema del ritorno al passato, dei film in costume che nasce come opposizione alle tendenze cinematografiche ricche di effetti speciali presenti nei film d’azione e nelle commedie demenziali. I film “fai da te” sono caratterizzati da un aspetto più grezzo. Protagonisti sono gli studenti universitari che si chiedono cosa faranno nella loro vita. I dialoghi sono molto lunghi ricchi di conversazioni sull’amore, sesso, lavoro e vicende di ogni giorno. La maggior parte dei film era girata in digitale in tempi molto veloci e ci si affidava anche all’improvvisazione. Vi era un vero e proprio ritorno alla riproduzione della realtà. Capitolo XX Cinema “globale” e tecnologia digitale. Gli studios avevano creato una cultura popolare condivisa da spettatori di Paesi diversi. Il cinema americano negli anni Novanta e Duemila ha raggiunto grazie alle sette case di distribuzione principale tutti i paesi del mondo. L’espansione di Hollywood è stata possibile anche grazie l’unione con le corporation straniere e ai finanziamenti che continuavano a ricevere tutte le major. Nello stesso periodo però la frequenza nelle sale statunitensi non aumentava e ciò significava solo che l’industria avrebbe dovuto rivolgersi ai mercati stranieri puntando sul cinema popolare. Negli anni Novanta la supremazia del cinema Hollywoodiana era evidente e aveva raggiunto mercati prima inaccessibili. Negli anni Settanta e Ottanta molte industrie cinematografiche europee ed asiatiche erano entrate in una fase di declino; i film Hollywoodiani trassero vantaggio dall’indebolimento dell’offerta locale e i grandi gruppi avevano accesso a nuovi mercati ed entravano in competizione con le compagnie locali di dimensioni inferiori. La Walt Disney ha rappresentato un modello per molti studios. Dal 1984 quando Michael Eisner divenne presidente, la società è tornata a prosperare partendo dal presupposto che il nome Disney era una garanzia di qualità. La Disney investì nelle reti via cavo e satellitari, cominciò a far tradurre il suo repertorio cinematografico in tantissime lingue e concesse licenze di merchandising a tantissime aziende sparse in tutto il mondo. Eisner diede particolare rilievo alle attività e ai servizi che andavano al di là del cinema e della televisione: creò linee di crociere, inaugurò parchi Disneyland in Francia, Giappone, Hong Kong e dava lavoro a tantissime persone di nazionalità varie. La Disney insegnò ad Hollywood a non distogliere mai lo sguardo dal mercato globale: gli studios iniziarono ad ingaggiare registi stranieri e ad organizzare tour mondiali per le star che dovevano accompagnare i loro film. Il successo di Hollywood di creare film-evento è dimostrato dai guadagni ottenuti all’estero. Hollywood cominciò a puntare su film basati su best seller di grandissimo successo internazionali, come la saga di Harry Potter. Gli studios si affidavano sempre di più alla distribuzione simultanea nelle sale nordamericane e straniere. In termini economici Jurrasic Park fu un film che riscosse un successo senza precedenti: l’incasso complessivo, dato anche dal merchandising, dalla tv via etere e quello via cavo è stato superato permetteva un controllo preciso della messa a fuoco; il digitale invece assicurava una buona resa dei dettagli nelle zone d’ombra mentre in quelle illuminate tendeva ad essere impreciso e a creare riflessi. I computer sono ormai presenti in tutte le fasi di preproduzione per la realizzazione di un film: dalla stesura del copione alla previsione del budget. In passato gli sceneggiàtori si avvalevano di disegni, riproduzioni in scala e progetti, poi, grazie a specifici software hanno potuto lavorare con maggiore precisione creando set virtuali 3D. Questo processo, chiamato di pre-visualizzazione si riferisce a qualsiasi tipo di pianificazione preliminare dell’immagine, disegni e progetti compresi. I registi, utilizzano la pre-vis, potevano programmare le posizioni della macchina da presa, l’illuminazione, le lenti, l’allestimento scenico e gli attori avevano la possibilità di vedere le ambientazioni dei set o le creature fantastiche che si sarebbero poi aggiunte successivamente. Alla fine degli anni Novanta, la maggior parte dei registi Hollywoodiani usava ancora la pellicola, alcuni cominciarono però a convertirsi al digitale. Jerry Lewis introdusse il video assist che permette di mostrare le inquadrature mentre vengono girate posizionando una videocamera analogica accanto alla macchina da presa. Ma il digitale ha portato soprattutto ad una rivoluzione per quanto riguarda la post-produzione: ha reso infatti molto più veloce e semplici le fasi successive alle riprese. Grazie al digitale era ora possibile bilanciare i colori in meno tempo e soprattutto i film iniziarono ad includere una quantità sempre maggiore di effetti speciali. Negli anni Ottanta venne proposta una serie di documentari 3D nel formato gigante. James Cameron, grande sostenitore della nuova tecnologia, si fece costruire su misura una videocamera per realizzare lungometraggi in formato gigante. La rivoluzione digitale coinvolse tutti gli aspetti dell’industria cinematografica: la distribuzione di un film nelle sale prevedeva infatti l’invio di migliaia di pellicole con costi elevatissimi che la tecnologia digitale poteva ridurre notevolmente. In un primo momento, negli USA, si pensò di spedire i film su hard drive o DVD-ROM. All’inizio del nuovo millennio, la proiezione digitale era prevista solo per gli spot pubblicitari mostrati prima dell’inizio del film e sugli schermi negli atri del cinema scorrevano immagini del trailer. I cinema che decisero di acquistare un sistema di riproduzione digitale goderono da subìto di grandi vantaggi soprattutto per quanto riguardava i costi di trasporto delle pellicole. A partire dalla fine degli anni Novanta parecchie innovazioni avvennero nel campo della promozione e della vendita di un film. Circa nel 1995 gli studios iniziarono a creare siti per i loro film: i primi siti creati contenevano soltanto materiale promozionale. Essendo molto più economici della pubblicità in televisione e sulla carta stampata, i siti Internet rappresentavano la soluzione ideale per il settore indipendente. Gli studios cambiarono atteggiàmento nei confronti dei fanzine che potevano essere una fonte di pubblicità gratuita. Hollywood cercò di eliminare i VHS poiché vendite e noleggio di DVD erano di gran lunga superiori a quelle dei VHS. Molti studios, primo tra tutti la Disney, cessarono direttamente la produzione di VHS nel 2005 e integrarono contenuti speciali (commenti, dietro le quinte e altri extra.) I dietro le quinte erano trasmessi via cavo per promuovere i film prima delle uscite in sala e poi venivano incisi in DVD. Ma anche i DVD, come le videocassette erano facili da doppiare e la pirateria continuò. La vendita di DVD cominciò ben presto a precipitare quando, legalmente, molti film cominciarono ad essere venduti online a prezzi inferiori. Internet non solo consente di vendere, ma anche di condividere i video in diversi modi. YouTube, il principale sito su cui è possibile caricare video gratuiti fu creato nel 2005: in genere i file condivisi sono brevi clip di film e programmi televisivi oppure video amatoriali e performance di cantanti, musicisti e attori che sperano di essere notati dai talent scout. Capitolo XXI Breve storia del documentario. Negli anni Venti alcuni artisti sperimentarono nuove forme di cinema portando le loro macchine da presa per le strade e cercando di catturare gli aspetti poetici dai paesaggi urbani. In parte documentari e in parte film d’avanguardia, tali opere diedero vita al filone delle cosiddette “sinfonie urbane”. Il primo film di questo tipo fu realizzato da Sheeler “New York the Magnificent”. In quel periodo le sinfonie urbane erano diventate più comuni in Francia soprattutto. La poetica di questi film rappresentava un fertile terreno di sperimentazione per molti giovani registi legati ai circuiti delle sale specializzate in cinema d’arte e dei cineclub. Il filone accoglieva diverse esperienze creative. In seguito le sinfonie urbane rimasero il filone preferito da chi disponeva di budget ridotti. Fino agli anni Venti i documentari di solito erano realizzati della lunghezza di cortometraggio. Fu allora che il documentario cominciò ad essere qualificato come una forma di cinema d’arte. In seguito alle sinfonie urbane si svilupparono i film esotici, i film di montaggio e quelli che puntavano sulla registrazione diretta della realtà. I documentari esotici ebbero un ruolo fondamentale soprattutto negli Stati Uniti. Uno dei maggiori film esotici di quel periodo è il film “Nanuk” che voleva raccontare la vita di una famiglia di eschimesi e che le major di Hollywood si rifiutarono di distribuire. Venne infatti distribuito dalla Pathé Exchange e ottenne un successo tale da convincere la Paramount a finanziare una spedizione del regista Flaherty nelle isole Samoa per dirigere un altro film esotico. Ma altrettanto successo ebbe il documentario in Unione Sovietica dove tutti e tre i filoni trovarono ampia espressione. Dziga Vertov realizzava cinegiornali e sosteneva la maggiore capacità di registrazione del reale da parte della macchina da presa rispetto all’occhio umano. Nel 1930 alcuni appassionati di cinema di New York si unirono ad un’organizzazione di fotografi comunisti trasformandosi in una rete nazionale di associazioni finalizzate alla produzione di cinegiornali da proiettare alle riunioni socialiste. Le spese di questi registi erano coperte da donazioni e da fondi provenienti dalla proiezione di vecchi film. Le riprese erano effettuate con cineprese mute. All’inizio questi film registravano scioperi e manifestazioni che avvenivano nel Paese. Nel 1937 la Nykino si trasformò nella Frontier, una casa di produzione che realizzava documentari più lunghi e fotografati da operatori di classe. L’ultimo più lungo film della Frontier fu “Native Land” che ricostruisce episodi reali in cui lavoratori lottano contro le forze capitaliste. Altro genere di documentari era realizzato contro le dittature. A metà degli anni Trenta per diffondere informazioni su un’immensa zona delle pianure meridionali degli Stati Uniti, venne affidato a Lorentz un ridotto budget per realizzare un documentario che fosse poi abbinato ai film commerciali. “The Plow” finì per far spendere molto più del previsto ma ebbe un rilevante successo che permise a Lorentz di finanziare il suo film successivo. Entrambi i due film avevano come colonna sonora le musiche di Thomson. Lorentz venne messo a capo di un ente che produceva documentari per vari settori statali e reclutava giovani cineasti per lavorare a progetti diversi. Nei decenni successivi i finanziamenti statali per realizzare documentari divennero sempre più frequenti. In Gran Bretagna, grazie a Grierson, grande ammiratore del cinema sovietico, aveva intenzione di combinare intrattenimento ed educazione all’interno di film da lui realizzati. Da Grierson venne assunto Flaherty; Flaherty iniziò con un film sulle industrie inglesi ma era troppo indisciplinato per realizzare documentari governativi. A lui è attribuito un importante documentario “L’uomo di Aran” (1922) che prima di vedere la luce fu più volte respinto. Il film narra gli sforzi degli abitanti di Aran per impiegare alghe come concime, pescare tra onde gigantesche e condurre una vita difficilissima. Il dramma è descritto attraverso due sposi e loro figlio. Con lo scoppio della seconda guerra mondiale il genere del documentario cambiò: gli eserciti dei paesi in guerra chiamarono cineasti professionisti a filmare gli scontri e il genere divenne più popolare col nome di documentario di guerra. Il governo americano sollecitò Hollywood a sostenere lo sforzo bellico e venne chiesto al regista Frank Capra di girare una serie di film di propaganda per spiegare ai soldati l’importanza della guerra. La serie, a cui collaborarono importanti figure di Hollywood si articola in sette film e, i soldati di leva erano obbligati a vedere la serie intera, mentre alcuni documentari furono proiettati anche per il pubblico. Altri registi si arruolarono e documentarono la guerra: è il caso di John Ford che documentò l’attacco e la risposta degli americani sull’isola di Midway. Il documentario inglese si impegnò nella lotta contro il nazismo. Alla fine della guerra il documentario restò in gran parte spalla delle istituzioni. Dopo i primi anni Cinquanta i documentari iniziarono a diradare la loro presenza in sala: l’informazione televisiva batteva sul tempo i cinegiornali settimanali e gli studi smisero di produrli. Dopo la guerra esordì una nuova generazione di documentaristi. Alcuni avevano iniziato a lavorare durante gli anni del conflitto, ma solo durante questo periodo le loro opere furono viste in tutto il mondo. I film a tema sociale attrassero nuovi talenti. Il documentario antologico era diventato un punto fermo del cinema in tempo di guerra e negli anni a seguire mantenne la sua importanza: uno dei più importanti fu “Le retour” di Cartier-Bresson che documenta la liberazione dai campi usa di concentramento nazisti e il ritorno a casa dei prigionieri. In Gran Bretagna e Francia il documentario si orientava verso un’espressione personale. Resnais, in Francia, si fece notare con una serie di documentari sull’arte. Jean Rouch intanto realizzava documentari etnografici. La sua influenza nel mondo del documentario cominciò a sentirsi quando girò “Les maitres fous”(1955), girato in Ghana quando alcuni sacerdoti del culto Hauka gli chiesero di filmare i loro riti di possessione: egli riprese membri del culto in preda a trance, convulsioni fino al momento in cui divorano un cane. I protagonisti adottano le identità dei loro colonizzatori: di giorno, i seguaci del culto sono scaricatori di porto e mandriani, ma nel rituale si uno si trasforma in un capitano dell’esercito, un altro nel governatore, un terzo in una signora francese. Questo film provocò uno scandalo. Molti Paesi africani lo proibìrono e chiesero a Rouch di distruggerlo ma il film vinse un premio alla Mostra del Cinema di Venezia e spronarono il regista a realizzarne altri. Il film etnografico mostrava agli occhi degli occidentali le differenze fra le società scoraggiàndo l’istinto europeo a cercare di trasformare altre culture. L’obiettivo di Rouch era quello di far acquisire al film etnografico una dimensione umana non limitandosi a mostrare culture diverse agli occidentali, utilizzando il cinema per creare un legame tra il ricercatore e il soggetto. Fra il 1958 e il 1963 il documentario subì grandi trasformazioni: i registi si dotarono di attrezzatura più facile da trasportare, di troupe ridotte e rifiutando i concetti tradizionali di sceneggiàtura e di struttura drammaturgica. Il nuovo documentario lasciava che l’azione si svolgesse in modo da permettere ai protagonisti di parlare in prima persona, escludendo un narratore extradiegetico. Questo cinema, definito “senza controllo” (Candid) è noto con il nome di Cinema diretto. Il nome allude alla possibilità di sfruttare nuove tecnologie per registrare gli eventi con un’immediatezza senza precedenti, evitando il filtro di scene ricostruite o di un commento narrativo. Nel 1923 la Eastman Kodak introdusse il 16mm, pensato soprattutto per i filmini domestici e quelli didattici. Negli anni Trenta, alcuni esponenti dell’avanguardia statunitense iniziarono ad adoperare questo formato per opere sperimentali e divenne comune nella seconda guerra mondiale. Questo formato era ideale per le riprese in prima linea per distribuire film didattici e di propaganda nelle basi militari. Finita la guerra, il formato fu adottato da autori di documentari e film sperimentali. La televisione, quando apparve nel Nord America e in Europa, fece di questo formato lo standard per pubblicità, film televisivi e reportage. Nacquero così le prime cineprese professionali da 16mm, di solito munite di teleobiettivo e mirini reflex. Al Cinema Diretto contribuirono altri due fattori. Inizialmente tutte le cineprese da 16mm professionali erano pesantissime e richiedevano un certo tempo di montaggio. Quando nel 1958 vennero introdotte cineprese da 16mm più leggere i documentaristi cominciarono ad utilizzarle: con cineprese del genere era possibile seguire il progetto ovunque, entrare in un’auto e effettuare panoramiche veloci. Altro fattore per lo sviluppo del Cinema diretto fu l’evoluzione dell’attrezzatura sonora: nei primi anni Cinquanta la traccia ottica sulla pellicola fu abbandonata per la registrazione su nastro magnetico e gli autori di documentari cominciarono a catturare il suono sul posto con registratori portatili. Negli Stati Uniti, il Cinema diretto si affermò sotto gli auspici del fotoreporter Robert Drew. Drew produsse una serie di cortometraggi destinati alla televisione; la svolta avvenne con “Primary”, un servizio sullo scontro tra Kennedy e Humphrey. Nonostante il film contenesse qualche scena di sonoro sincronizzato, era l’autenticità visiva a catturare l’attenzione: la cinepresa seguiva i politici per le strade e nei loro alberghi. Primary utilizzava il montaggio alternato tra sequenze che mostravano i due candidati e dall’aggiunta di brani di notiziari radiofonici che sostituivano il commento esplicativo. Drew usava quasi sempre troup multiple e si approcciava al cinema diretto come al cinegiornale, in cui il reporter deve bilanciare il rispetto dei fatti con il giudizio soggettivo. Anche nel Canada la televisione fu determinante per l’emergere del Cinema diretto. Emersero due movimenti: uno nel Canada inglese, l’altro tra i francofoni del Qubec. Mentre per il Canada inglese i registi rimanevano fedeli ad un’estetica dell’obiettività, i francofoni si identificavano con la cultura popolare urbana. I francofoni esploravano l’identità sociale della comunità francofona, In Francia il Cinema Diretto non nacque dalla televisione ma dalle inchieste etnografiche di Rouch. Film fondamentale fu “Cronaca di un’estate”: il prologo parla di un nuovo esperimento nel Cinema Veritè: tale etichetta restò applicata anche ai film successivi e anche alcuni americani iniziarono a definire Cinema Veritè le loro opere. Secondo i francesi del Cinema Veritè la macchina da presa e le attrezzature dovevano essere kostrate in scena: non era un freno all’azione ma un incentivo ad essa. “Cronaca di un’estate” invita i suoi soggetti a confessarsi interpretando se stessi davanti all’obiettivo. Il cinema Diretto continuò ad essere la forza dominante del cinema documentario. L’uso più diffuso delle tecniche tipiche del Cinema Diretto si può riscontrare nel filone emergente del “documentario rock”. I registi, dopo il film su Bob Dylan, si resero conto che le macchine da presa leggere e il suono in presa diretta rendevano possibile la rapida realizzazione di film altamente commerciali e relativamente poco costosi. Alcuni film documentari rock proponevano la registrazione di concerti memorabili, altri vennero struttuarati intorno a dei tour. Entrambe queste tendenze sono presenti in “Gimme Shelter”: il film alterna riprese relative ad un tour dei Rolling Stones a quelle di un singolo concerto. Il Cinema Diretto attirò molti registi per la capacità di cogliere l’immediatezza dei processi sociali e politici. Il regista più famoso che esplorò questa possibilità fu Frederick Wiseman, i cui documentari stabilirono i limiti di questo filone. Ognuno dei film del Cinema Diretto si fonda sul confronto immediato del regista con una situazione concreta. Generalmente non vi è nessun narratore e musica extradiegetica. Lo standard del documentario degli anni Settanta era meno rigido: mescolava testimonianze raccolte alla maniera del Cinema Diretto, scene