Scarica Storia del teatro scena e spettacolo in Occidente. e più Appunti in PDF di Storia del Teatro e dello Spettacolo solo su Docsity! STORIA DEL TEATRO V. Petrone CIVILTÀTEATRALEGRECA Le conoscenze sul teatro greco (almeno quelle della sua fase più antica) sono ben lontane dall’aver risolto i dubbi sulla sua origine, a cominciare ad esempio dalla loro morfologia, che solo studi scientifici (scavi archeologici + confronto con le fonti) hanno permesso di mettere in chiaro alcuni aspetti, ma rimanendo sempre nell’ambito di congetture ipotetiche e senza trovare unanimità tra gli studiosi. Lo stesso discorso si potrebbe fare per la genesi della tragedia, e il suo legame col dio Dioniso. In questo caso il discorso delle fonti è ancora più intricato, in quanto o redatte con gran ritardo o soggette a riscritture e fraintendimenti interpretativi, complice anche lo stato in cui sono giunte fino a noi. Tra le fonti spesso citate sono: - la Poetica di Aristotele (335/323 a.c.) - il Marmor Parium (iscrizione su lastra di marmo della quale furono ritrovati ampi frammenti nell'isola di Paro, III sec a.c.) - il De Architectura - Vitruvio (35/25 d.c.) - l’Onomasticon - Polluce ( circa 170 d.c.) - la Biblioteca - Fozio (IX sec. d.c.) - la Suda - Opera lessiografica molto ricca di informazioni però datata intorno alla fine del X secolo d.c. NASCITA DELLA TRAGEDIA E FESTE DIONISIACHE AD ATENE Una delle ipotesi più accreditate colloca la preistoria della tragedia alle antiche feste agresti in onore del dio Dioniso, di carattere rituale e atte a celebrare, con cori che, muovendosi a passo di danza cantavano inni in onore del dio della fertilità e dell’ebbrezza (dioniso). Lo stesso Aristotele nella sua Poetica (una delle maggiori fonti attendibili) a erma che la tragedia “nacque dai cori del ditirambo” un canto corale, appunto, in onore di dioniso. Nonostante ciò l’origine dionisiaca della tragedia viene rimessa in discussione da nuovi contributi, pertanto datarla, anche con relativa approssimazione, risulta arduo. Basti pensare che Dioniso era già noto ai greci fin dalla metà del II secolo a.c. con gli epiteti di LimnaioseLenaios. L'iconografia di Dioniso lo rappresenta come un uomo barbuto con foglie di edera sulla testa, un bastone di tirso in mano e circondato da satiri che suonano l'aulos e baccanti (ancelle) essa evoca i desideri irrazionali dell'uomo e la partecipazione collettiva e orgiastica associata al culto del dio. Inoltre, indipendentemente dal culto di Dioniso a Creta, notoriamente, già si svolgevano delle cerimonie dal carattere spettacolare (combattimenti animali, danze rituali) con pubblico. Da un certo momento in poi, quello che era un repertorio tradizionalmente incentrato su Dioniso ha subito un cambiamento di tematiche, includendo storie di altri dei ed eroi della mitologia greca. Èquichenascelatragedia. Un’altra fonte sulla tragedia è fornita ancora da Aristotele, il quale descrive (nella Poetica) la stessa come una forma di spettacolo tra serio e comico interpretato da coreuti mascherati da satiri, che danzavano e cantavano: Satyricòn. Atene e i demi attici (periferie) veneravano Dioniso con varie feste che si susseguivano, partendo dal periodo invernale fino alla primavera: - Dionisie rurali (le più antiche) si celebravano nei demi attici nel mese di Poseidone (dicembre gennaio) - Le Lenee, ricorrenze del mese di Gamelione (gennaio febbraio) ad Atene, si rappresentavano prevalentemente commedie. - Le Antesterie, (febbraio marzo) dette feste del vino nuovo, dedicate al culto di morti e senza rappresentazioni STORIA DEL TEATRO V. Petrone - Le Grandi dionisie (dionisie urbane), si celebravano ad Atene nel mese di Elafebolione (marzo aprile) ed è qui che si ospitano gli Agoni teatrali. L’istituzione delle grandi dionisie (e relativi agoni teatrali) è da attribuire al Tiranno Pisistrato (536/532 a.c.), con l’intento di superare le divisioni interne alla polis (divisioni tra aristocrazia e popolo) e risalirebbe dunque al quadriennio della 61^ olimpiade. Queste erano le feste più recenti ma ben presto divennero anche le più importanti tra le altre per il grande investimento simbolico che assunsero. Inoltre arrivarono ad avere un grande investimento di capitali e furono fatte coincidere in una stagione dell’anno in cui vi erano più collegamenti tra le varie città alleate verso atene, al fine di rinsaldare vincoli di amicizia. Siritienecheoccupasserocinquegiornate(10/14elafebolione(marzo-aprile)). l’8 probabile Proagòn, pubblica presentazione delle tematiche della tetralogia da parte dei tre autori (si pensa da una ipotetica rappresentazione sintetica delle opere). il 9 con un probabile preludio, dedicato alla processione della statua di Dioniso. Nel pomeriggio del 10 si aveva la competizione dei cori ditirambici, inseriti poi nel programma delle Grandi Dionisie nel 508 a.c.; L’11 era dedicato alle commedie (5); Il 12/13/14 vi erano gli Agoni Tragici, con tre autori in gara che, suddivisi uno per giornata, mettevano in scena una tetralogia (tre tragedie e un dramma satiresco). Alla fine dell’ultima giornata si decretava un vincitore, tramite giuria. Com’era composta questa giuria? L’arconte eponimo era la figura designata all’organizzazione delle grandi dionisie, egli sceglieva gli autori ammessi alla competizione e a dava loro un coro. Ogni coro era finanziato da un corego (cittadino facoltoso, scelto dall’arconte eponimo), che provvedesse alle esigenze dei coreuti e del loro istruttore. Il corego si faceva carico delle spese di fitto delle sale prove, dei costumi e del compenso dei musici. I cittadini non si sottraevano ai doveri della coregia in virtù del prestigio che questo incarico aveva, anche in relazione ai riconoscimenti che ne derivano (onore della memoria, riconoscimento pubblico, esenzione servizio militare temporaneo). La giuria era composta da diecicittadini ateniesi (scelti a sorte tramite precedenti consigli cittadini), uno per ogni tribù. Chi pagava gli attori? Al compenso degli attori provvedeva lo stato, a testimonianza della grande considerazione che aveva la polis di questa figura. Dove si svolgevano le esibizioni teatrali? Non a caso, data l’importanza che l’evento assunse, il primo luogo deputato alle rappresentazioni fu l’agorà (piazza cittadina), fulcro della vita pubblica ateniese. Era ubicata sull’acropoli, nei pressi del tempio di Dioniso Leneo. In occasione delle grandi dionisie la piazza cittadina veniva trasformata in spazio teatrale, con l’orchestra (dove agiva il coro) per la danza del coro e tribune lignee per il pubblico. 500/497a.c. STORIA DEL TEATRO V. Petrone vendicatrici delle morti tra consanguinei, comincia a perseguitare Oreste facendolo impazzire. InEumenidi: Oreste si reca ad Atene, su consiglio del dio Apollo, viene giudicato nel tribunale presieduto da Atena e ottiene l’assoluzione dal suo crimine. Eschilo non credeva nel destino dettato dal singolo individuo, bensì dettato da entità superiori che ne condizionano l’esistenza, pertanto la colpa di un delitto/peccato originario ne condiziona anche la discendenza (ghenos) instaurando una spirale di violenza che può essere interrotta solo da un intervento divino. Attraverso storie esemplari e terribili l’autore esalta saggezza e giustizia, trasparendo una profonda religiosità. Egli dominava la complessità dell’espressione teatrale, essendo anche (contemporaneamente) autore, istruttore del coro, coreografo, autore delle musiche. Maestro dello stile solenne, coniò un linguaggio eletto e innovativo. SOFOCLE (496/406 a.c.) Aiace,Antigone,Edipore,Elettra,Trachinie,Filottene,EdipoaColono Sofocle, è autore di 130 opere, ma a noi sono giunte solo solo sette tragedie. Supera Eschilo negli agoni teatrali del 468 a.C. e diventa un autore di punta ad Atene. Le sue opere mettono l'accento sulla parte recitata rispetto a quella corale e introde un terzo attore. Si concentra sulla rappresentazione di personaggi grandiosi messi alla prova dalle avversità per esprimere le loro qualità morali. Nei suoi lavori, si riflette sulla solitudine dell'individuo e sulla vanità della vita, concludendo che la compassione umana reciproca è la risposta a questi dilemmi. EDIPO RE è considerata una delle sue opere più importanti, tanto da essere definita da Aristotele “la Tragedia perfetta”. L'Edipo Re narra la tragica caduta di Edipo, il sovrano di Tebe, che durante lo svolgimento della tragedia scopre la sua vera identità e il suo destino infelice: aver ucciso suo padre e aver sposato sua madre, con la quale ha concepito figli che in realtà sono i suoi fratelli. Sebbene Edipo sia all'oscuro di questi terribili fatti, è colpevole di parricidio e incesto. La tragedia evidenzia il catastrofico crollo della famiglia di Edipo e la rivelazione dell'inevitabilità del suo destino, così come predetto dall'oracolo. In questa storia, Edipo è un personaggio che lotta con la sua identità e il suo destino. Nonostante i suoi sforzi per sfuggire alle profezie e cambiare il corso degli eventi, alla fine si rende conto che tutto ciò che ha cercato di evitare si è compiuto. La sua ricerca della verità e la sua determinazione nel conoscere se stesso portano solo alla sua rovina. L'Edipo Re è una tragedia che mette in evidenza la forza ineluttabile del destino umano e il suo potere distruttivo. Non importa quanto Edipo tenti di sfuggire alle sue colpe e alle conseguenze dei suoi atti, alla fine è costretto a confrontarsi con la realtà dei suoi crimini e a subire le conseguenze terribili. EURIPIDE (485/406 a.c.) Alcesti, Medea, Ippolito, Eraclidi, Ecuba, Andromaca, Supplici, Elettra, Troiane, Eracle, Elena, Ifigenia in Tauride, Ione, Fenicie, Oreste, Ifigenia in Aulide, Baccanti. Euripide, è considerato uno dei più grandi autori tragici greci e un innovatore. Le sue opere si caratterizzano per il loro realismo psicologico e per il modo in cui mette in discussione i valori tradizionali dell'epoca. STORIA DEL TEATRO V. Petrone Tra le sue tragedie più celebri vi sono: - "Medea", in cui la protagonista compie un terribile atto di vendetta per il tradimento del marito (che l’ha abbandonata) arrivando ad uccidere i figli che quest’ultimo ha avuto con la nuova moglie. - "Alcesti", che racconta la storia di una moglie disposta a sacrificarsi per salvare suo marito - "Eraclidi", che narra le vicende degli eredi di Eracle minacciati di morte - "Ippolito", che presenta il conflitto tra il desiderio e la moralità. Le opere di Euripide spesso esplorano temi complessi e controversi come la condizione delle donne, la guerra e la natura umana. Oltre alle opere menzionate in precedenza, Euripide scrisse anche molte altre tragedie che a rontavano temi come l'amore, la guerra, la vendetta e l'ambizione umana. Alcuni esempi noti includono "Le Baccanti", che racconta la storia delle donne che seguono il dio Dioniso e si abbandonano a comportamenti frenetici, e "Le Troiane", che descrive il destino tragico delle donne di Troia dopo la caduta della città. Egli è influenzato dalla sofistica, un pensiero che si di onde tra gli intellettuali ateniesi del V secolo a.c. che prevede un razionalismo spregiudicato che fa proprie le armi della retorica per mettere alla prova verità e principi tradizionali, quindi smascherando l’immoralità dei miti. Euripide fu anche un innovatore nel campo del teatro, introducendo nuovi elementi nelle sue opere. Ad esempio, era noto per il suo uso di personaggi femminili complessi e potenti, che spesso sfidavano i ruoli tradizionali delle donne nella società greca. Le sue tragedie mettevano in luce le lotte interiori dei suoi personaggi e a rontavano questioni morali e sociali complesse. Tuttavia, non tutte le sue opere furono ben accolte dal pubblico dell'epoca. Ad esempio, "Le Baccanti" suscitò controversie per la sua rappresentazione delle donne e dei culti religiosi, mentre "Ippolito" generò polemiche per il modo in cui trattava il tema dell'incesto. Tra le sue altre innovazioni c’è la nuova funzione del prologo, non più solo introduttivo ma anche espositivo, raccontando al pubblico l’antefatto di una vicenda complessa. Oltre ad Eschilo, Sofocle ed Euripide Ci sono anche altri autori tragici dell'antica Grecia che hanno contribuito alla tradizione teatrale, sebbene le loro opere siano per lo più andate perdute. Alcuni di questi autori includono Frinico,Agatone,CratinoeCratete. IL DRAMMA SATIRESCO era una breve composizione comica, inserita alla fine di una tetralogia per alleggerire l'atmosfera dopo la tragedia. L’autore era il medesimo delle tragedie e di norma si riprendevano i temi o protagonisti delle tragedie stesse. Era detto “satiresco” perché gli attori si travestivano da "satiri" (creature semi-caprine) e mettevano in scena situazioni assurde e ridicole, vanificando gli sforzi degli eroi, che nonostante tutto mantenevano la loro dignità. La maggior parte dei testi è andata perduta ad eccezione del Ciclope euripideo. Sono da ricordare anche I cercatori di tracce, di sofocle, di cui possediamo solo estesi stralci, Inaco, anch’esso sofocleo che consiste in una estesa raccolta di frammenti. C’è da ricordare che permangono una serie di titoli su cui gli studiosi cercano di risalire tutt’oggi alle tetralogie di appartenenza. Col tempo l’evoluzione di questo genere ebbe sempre maggior autonomia rispetto alla rappresentazione tragica, distaccandosi dai temi mitologici sostituendoli con quelli di attualità. COMMEDIA Gli studiosi alessandrini suddividono l'intera produzione commediografa ateniese in tre età distinte: STORIA DEL TEATRO V. Petrone - commedia antica, che va dall'istituzione degli agoni fino alla morte di Aristofane; - commedia di mezzo, fino alla morte di Alessandro Magno 323 a.c.; - commedia nuova, che si estende fino alla metà del III secolo a.C. Durante la commedia di mezzo, oltre alla scomparsa definitiva della parabasi, l'elemento satirico si a evolisce a favore della parodia mitologica. Gli autori come Anassaride, Antifane e Alessi si concentrano maggiormente sulla rappresentazione della vita quotidiana e dei personaggi comuni. Purtroppo, non sono giunti fino a noi testi completi di questa fase della commedia greca. Nel campo della commedia greca attiva attorno alla metà del V secolo a.C., oltre a Cratino ed Eupoli, ci sono due autori comici molto noti: Aristofane e Menandro. ARISTOFANE vissuto tra il 445 e il 380 a.C., è considerato l'esponente della "commedia antica". Sono giunte a noi undici commedie, tra cui "Acarnesi", "Cavalieri", "Nuvole", "Vespe", "Pace", "Uccelli", "Lisistrata", "Tesmoforiazuse", "Rane", "Ecclesiazuse" e "Pluto". Le sue opere seguono uno schema drammaturgico consolidato: - prologo - parodos corale (derivata dal genere tragico) - l'agone (scene di contrasto tra i personaggi) - parabasi (la sfilata dei coristi privi di maschera davanti al pubblico) - parte conclusiva costituita da scene comiche non collegate tra loro recitate dagli attori. Aristofane satirizza il costume contemporaneo ateniese, a rontando temi come il timore della guerra, il pericolo della demagogia, l'inso erenza per l'intellettualismo e il sistema giudiziario parziale. Le sue opere più famose includono "Acarnesi", "Rane" e "Uccelli". RANE (406 a.C.) "Le Rane" è un'opera satirica che prende di mira sia i contemporanei di Aristofane che gli aspetti della vita politica e culturale dell'epoca. Attraverso il suo umorismo e le sue battute taglienti, Aristofane critica la corruzione, la guerra, la retorica vuota e la decadenza morale della società ateniese. La trama della commedia ruota attorno a un viaggio immaginario compiuto da Dioniso, il dio del teatro, nell'Ade, il regno dei morti, accompagnato dal servo Xantia. Dioniso è preoccupato per la qualità delle tragedie che vengono messe in scena ad Atene dopo la morte del suo amico Euripide. Pertanto, decide di scendere negli inferi per riportare Euripide in vita e ripristinare la grandezza del teatro tragico. Lungo il suo percorso, Dioniso si imbatte in varie avventure e incontri strani, come il confronto fra il Euripide e Eschilo per determinare chi sia il migliore. Uno dei momenti più celebri della commedia è il dibattito tra Euripide e Eschilo sulla natura del teatro e sulla qualità delle tragedie. Aristofane sfrutta questa discussione per esporre le sue opinioni sulla poesia, sulla filosofia e sulla politica. La commedia si conclude con Dioniso che, dopo aver assistito a uno spettacolo di Euripide e di Eschilo, prende una decisione sul futuro del teatro tragico (scegliendo Eschilo). "Le Rane" rappresenta una delle opere più significative di Aristofane e o re uno sguardo pungente sulla società dell'antica Atene e sulla sua cultura teatrale. UCCELLI (404 a.C.) STORIA DEL TEATRO V. Petrone (ARISTOTELE) Secondo Aristotele, i generi teatrali della tragedia e della commedia hanno origine dai canti poetici. LA TRAGEDIA legata al dio Dioniso, deriva dai "corifei del ditirambo", che erano inni corali cantati e danzati in onore del dio. Tespi, considerato il primo autore e attore di tragedie, si spostava su un carro per recitare in diverse città e avrebbe vinto la prima competizione drammatica delle Grandi Dionisie. Alcune figure importanti hanno apportato modifiche al "ditirambo": - Arione di Metimna nel VI secolo a.C. trasformò il ditirambo in una forma letteraria, passando dall'improvvisazione alla forma scritta. - Tespi, nel VI secolo a.C., un attore itinerante, introdusse il prologo e alcune battute, introducendo il "corifèo" (il leader del coro) e l'"hypokritès" (l'attore che risponde). Tespi è anche accreditato per aver introdotto l'uso delle maschere. LA COMMEDIA sarebbe nata dalle falloforie, antiche processioni propiziatorie del VI sec. a.c. e Il termine Komodìa significherebbe canto del Kosmos (termine attico) che indicava la gioia, la licenza del simposio dopo il corteo festeggiante. Un’altra etimologia collegherebbe la Komodìa al termine dorico Kome (villaggio), alludendo al passaggio tra villaggi da parte degli attori. La commedia fa riferimento al "canto della gioia dionisiaca" e originariamente era una danza propiziatoria legata all'avvicendamento delle stagioni. Epicarmo, il primo autore conosciuto a tramandare testi comici, mescolava scene farsesche ispirate a figure mitologiche e alla vita quotidiana. La forma comica era influenzata anche dalla "farsa fliacica", una rappresentazione di situazioni quotidiane messa in atto da attori-mimi nomadi chiamati "flyakes". Dove avvenivano queste rappresentazioni? Queste rappresentazioni teatrali avvenivano su pedane in legno, sollevate da scalette e con un telo o una parete dipinta sullo sfondo. Questi teatri lignei coesistevano con le strutture teatrali in muratura e hanno influenzato il teatro temporaneo romano. LO SPETTACOLO IN ETÀ CLASSICA si basava sulla tragedia greca, che seguiva uno schema prestabilito con parti come prologo, parodo, episodi, stasimi, esodo e commos. Il coro svolgeva un ruolo centrale, con danze, canti e costumi suggestivi. Tuttavia, nel corso del tempo, il ruolo del coro si ridusse e l'attenzione si concentrò sugli attori. L'ATTORE chiamato "hypocritès", era specializzato nel canto e nella recitazione. Con il passare del tempo, furono introdotti più attori sul palco e la figura dell'attore si separò da quella dell'autore. Gli attori avevano competenze musicali e si esibivano con gesti solenni o basati sulla verosimiglianza. Le maschere erano fondamentali per gli attori, consentendo loro di interpretare ruoli diversi. IL RUOLO DEL CORO nella tragedia era significativo, con danze, canti e costumi che attiravano l'attenzione visiva. Il coro agiva nello spazio dell'orchestra fino all'esodo e durante gli episodi rimaneva silenzioso e immobile mentre gli attori si STORIA DEL TEATRO V. Petrone esibivano. Il coro svolgeva una funzione di mediazione con il pubblico, commentando l'azione e permettendo al pubblico di elaborare criticamente l'azione tragica. Nel corso del tempo, il ruolo del coro si ridusse e divenne meno centrale nello spettacolo. L'attore e l'autore erano originariamente uniti nella stessa persona, ma successivamente furono separati. L'attore era specializzato nell'arte del canto e della declamazione e veniva stipendiato direttamente dallo stato. Esistevano premi distinti per l'interprete e per il poeta tragico. Gli attori dovevano avere una voce potente e melodiosa e una gestualità adeguata, che poteva variare da uno stile solenne a uno basato sulla verosimiglianza. Durante l'età classica, gli attori erano esclusivamente uomini, e le donne venivano rappresentate da attori maschili che indossavano maschere. Le donne non potevano recitare in pubblico, eccetto alcune eccezioni come le compagnie nomadi dei mimi. ATTORI E MIMI Gli attori del III secolo a.C. nell'età ellenistica, noti come "technitai", acquisiscono diverse competenze e iniziano a proporre spettacoli antologici, combinando brani tratti da più tragedie in un’unica rappresentazione. Questo porta al distacco del coro dall'intreccio drammatico e all'enfasi sull'abilità dell'attore. Anche i brani recitativi, come le "rhesis", vengono musicati. La rappresentazione integrale di una tragedia o commedia cade in disuso, e i repertori delle compagnie teatrali ellenistiche diventano una fonte per i primi drammaturghi in lingua latina. Gli attori guadagnano una reputazione tale da ricevere incarichi diplomatici, mentre il pubblico li celebra come divi, alimentando comportamenti divistici. Le compagnie teatrali professioniste crescono in numero e si esibiscono anche su richiesta, non solo in occasioni cerimoniali. Il teatro si trasforma sempre più in un'attività di intrattenimento, influenzando profondamente il teatro romano. Nel III secolo a.C., ad Atene si forma la corporazione degli "Artisti di Dioniso", un'associazione di artisti teatrali dedicata al culto del dio Dioniso. La corporazione si di onde rapidamente in tutto l'impero di Alessandro Magno e apre sedi nelle principali città. Allo stesso tempo, compaiono anche compagnie nomadi che si dedicano al genere comico del mimo, che si basa sull'improvvisazione dell'attore chiamato "mimo" e presenta scenette farsesche di derivazione popolare. Verso la metà del III secolo a.C., il mimo inizia a essere oggetto di sperimentazione letteraria con autori come Eroda, che compongono mimi in versi giambici. LA MUSICA riveste un ruolo fondamentale nel teatro dell'epoca, e si presume che gli attori abbiano competenze musicali, poiché la monodia (canto solista) è spesso utilizzata per esprimere il pathos. Sofocle e Euripide hanno approcci diversi alla composizione musicale: mentre Sofocle dà priorità alla parola, Euripide privilegia la melodia sulla recitazione. Euripide stesso è un esperto di tecniche di composizione musicale e si avvale della collaborazione del musicista Timoteo di Mileto. Con le riforme musicali introdotte da Timoteo, l'abilità musicale degli attori si sviluppa a scapito dell'importanza del coro. LE MASCHERE sono strumenti essenziali per gli attori, consentendo loro di interpretare diversi ruoli. Realizzate in materiali come lino, sughero e legno, le maschere vengono rifinite con stucco e dipinte per simulare volti maschili e femminili. Purtroppo, nessuna maschera originale è giunta fino a noi, ma abbiamo copie in terracotta che erano utilizzate come oggetti votivi. con l’Ononomasticon di Giulio Polluce si forniscono dettagli sul colore e sull'aspetto delle maschere: STORIA DEL TEATRO V. Petrone - Le maschere tragiche, che erano 28 durante il periodo classico, presentavano bocca e occhi leggermente aperti e spesso includevano anche i capelli/parrucche. Nel periodo di Licurgo, la maschera tragica chiamata "onkos" accentuava le caratteristiche del volto, creando una smorfia con una bocca più grande e una fronte ampia con un'acconciatura a forma di piramide. - Le maschere comiche, che erano 48, ra guravano il volto umano in modo grottesco e caricaturato, mettendo in evidenza i vizi umani e talvolta rappresentando anche volti animali. Nell'età ellenistica, le maschere diventano più ampie e diventano un modello per le maschere nel teatro romano, caratterizzate da una fronte aguzza e un'alta acconciatura chiamata "onkos". Erano dipinte con espressioni accentuate e vivaci colori, in relazione all'età e al temperamento del personaggio. I COSTUMI assumono connotazioni che indicano il ceto e l'età dei personaggi. Nel costume tragico, si osserva un'anacronistica rappresentazione dei personaggi, poiché le vesti degli eroi mitologici seguono i modelli contemporanei. I personaggi di alto rango indossano il "chitone" (una tunica lunga), di dimensioni ridotte per i guerrieri, che può essere abbinato al "clamide" (un mantello corto) o all'"himation" (un mantello lungo). Le dee indossano lussuosi abiti di lino chiamati "pharos". Il colore dei costumi simboleggia il ruolo dei personaggi: i re indossano preziose vesti porpora, i poveri indossano vesti scure e i vinti appaiono con indumenti stracciati. Con il cambiamento dell'edificio teatrale nell'età ellenistica, anche i costumi subiscono modifiche. Oltre alle già citate maschere dette "onkos", gli attori indossano alti coturni (suole alte circa 15 cm) e i costumi sono imbottiti e riccamente decorati. IL TEATRO DI DIONISO ELEUTERO La forma dell'orchestra era trapezoidale, non circolare come comunemente creduto, e i "koilon" (spalti) seguivano la stessa forma. Ai lati dell'orchestra erano presenti i "parodoi" (corridoi laterali) per l'entrata e l'uscita del coro, degli attori e del pubblico. Di fronte al "theatron" (area degli spettatori) e adiacente all'orchestra si trovava la "skenè", una baracca inizialmente di legno con una porta centrale utilizzata dagli attori e che fungeva da sfondo per la scena. Successivamente, la skenè ottenne una base in pietra e pareti lignee sostenute da pali. Sviluppo in età ellenistica (il teatro di Epidauro) furono apportate modifiche monumentali al Teatro di Atene. Durante questo periodo, la skenè si sviluppa ora su due piani, con decorazioni e colonne anche nei paraskenia fu dotata di un "logheion" (palcoscenico) alto tre metri, che era stretto e lungo, elevato rispetto all'orchestra per distinguere gli attori protagonisti dal coro. Altre modifiche strutturali includono l'inglobamento dell'orchestra nel theatron, che acquisì una forma circolare insieme al "koilon" (gradinata curvilinea). Venne anche aggiunta la "proedria", una fila di seggi in pietra leggermente avanzata rispetto al koilon, riservata al sacerdote di Dioniso, alle autorità giuridiche e cittadine e agli ambasciatori. Furono introdotti l'"euripos", un canale per lo scolo dell'acqua piovana dell'orchestra, e il "theologeion", un tetto praticabile sul quale comparivano le rappresentazioni degli dei. Altri elementi includono i "thyròmata", tre grandi portali che definivano gli ingressi riservati al protagonista (centrale), al deuteragonista (destra) e al tritagonista (sinistra), le "pàrodoi" che avevano funzioni convenzionali per l'ingresso dei personaggi da diverse direzioni, la "skenographia", la pittura sulla skenè attribuita a Sofocle e Agatarco di Samo, i "diazomata", corridoi che suddividevano la cavea in tre fasce e verticalmente i "klimakes" che separavano lo spazio in cunei per agevolare lo spostamento degli spettatori in base al loro status e cittadinanza, e l'altare centrale per i sacrifici animali alle divinità. MACCHINE SCENICHE STORIA DEL TEATRO V. Petrone Con il passare del tempo, i ludi scaenici si evolvono e si mescolano con altre forme di intrattenimento, come la satura, un genere poetico-letterario che combina versi improvvisati con gesti danzati e accompagnamento musicale. Nasce come spettacolo esclusivo di dilettanti appassionati a causa del divieto per i cittadini romani di esibirsi nei ludi pubblici, ma successivamente i professionisti si appropriano di questa forma di intrattenimento. I giovani romani, delusi dalla scomparsa della satura a causa dell'influenza dei professionisti, ritornano all'improvvisazione in versi e la uniscono alla farsa atellana, un genere teatrale italico influenzato dalla farsa fliacica greca. Da qui derivano gli "exodia", brevi farse recitate come conclusione di tragedie o commedie, simili al dramma satiresco greco. Parallelamente, il mimo, di origine greca, si di onde a Roma dalla metà del III secolo a.c. e diventa parte integrante degli spettacoli pubblici dei Ludi Florales a partire dal 238 a.c. I mimi si esibiscono in numeri di varia natura, come improvvisazioni, danze e giochi di abilità, accompagnati da musica e canto. L'imperatore Augusto cerca di introdurre l'atletica per celebrare la battaglia di Azio, ma ottiene scarso seguito. Tra il 60 e il 65 d.c., Nerone associa l'atletica alle gare poetiche chiamate "neronia". Tuttavia, è con l'imperatore Domiziano che l'atletica ottiene un edificio apposito, lo stadio che successivamente viene restaurato da Alessandro Severo, ma alla fine cade in rovina, oggi in quella sede vi è Piazza Navona. GENERI TEATRALI E AUTORI LATINI Il trapianto dei modelli drammaturgici attici a Roma ha avuto inizio dopo la conquista della Magna Grecia (282- 272 a.c.), ma non è stato accolto senza opposizioni. Gli studiosi identificano oggi diverse "fabulae" a Roma, che comprendono testi comici o tragici di ambientazione greca o romana. Tra questi generi, troviamo la "fabula cothurnata" (tragedia di argomento greco), la "fabula praetexta" (tragedia di argomento romano), la "fabula palliata" (commedia di argomento greco) e la "fabula togata" (commedia di argomento romano). Inoltre, va menzionata la farsa atellana (fine II secolo a.C.) e il mimo (I secolo a.C.), che esprimono la tradizione italica. LIVIO ANDRONICO (280-200 a.c.) Uno dei primi innovatori teatrali fu Livio Andronico, attore, drammaturgo che divenne poeta di stato romano. Grazie ai suoi meriti, il Collegium Scribarum Histrionumque (corporazione degli autori e degli attori) ottenne una stabile residenza nel tempio di Minerva. Nel 240 a.C., curò la rappresentazione di un dramma tratto da un modello greco, considerato il primo testo letterario scritto in latino. Tradusse anche le opere di Eschilo, Sofocle ed Euripide per avvicinare i giovani romani allo studio della letteratura. Livio Andronico e altri drammaturghi romani applicarono la "contaminatio", che consiste nel comporre una fabula combinando situazioni e personaggi tratti da diversi testi greci. Questo approccio privilegiava la componente performativa e musicale. Inoltre, introdussero la recitazione ritmata per i dialoghi (diverbia) e l'esecuzione di monologhi come un recitativo operistico (come paragone all’opera lirica di molti più secoli avanti) o cantati (cantica). Livio Andronico sviluppò una particolare tecnica performativa che separava l'interpretazione di un personaggio tra azione mimica, recitato e parti cantate. PLAUTO (255/250-184 a.c.) Un altro importante autore teatrale romano fu Tito Maccio Plauto, famoso per le sue commedie, che hanno avuto grande successo nella Roma antica. Gli sono attribuite circa 130 commedie, ma secondo Marco Terenzio Varrone ne sono state considerate valide solo 21. Tra le sue opere più note ci sono "Anfitrione", "La Commedia degli Asini", "La Commedia della Pentola", "Le Due Bacchidi", "I Prigionieri", "Il Gorgoglione, il Parassita del Frumento", "La Fanciulla del Caso", "La Commedia della Cesta", "La Commedia del Fantasma", "I Due Gemelli", STORIA DEL TEATRO V. Petrone "Il Soldato Fanfarone", "Il Mercante", "Il Bugiardo", "Il Cartaginese", "Il Persiano", "Il Canapo", "Le Tre Monete", "Il Selvaggio" e "La Commedia del Baule". Plauto si ritiene sia stato un attore e interprete di farse atellane prima di dedicarsi alla scrittura nel 218 a.C. È diventato uno degli autori preferiti dal pubblico romano grazie ai ritratti vividi e talvolta parodistici della società romana che o riva nelle sue commedie. La sua abilità nel tradurre e adattare i modelli greci alle esigenze del pubblico romano è evidente nel modo in cui ha utilizzato il materiale del commediografo greco Menandro come ispirazione per le sue opere, come nel caso di "Le Due Bacchidi" che prende spunto da "Dis Exapatòn" di Menandro. Mentre per gli autori ellenistici, come Menandro, la caratterizzazione psicologica dei personaggi era più importante della trama, per Plauto il nucleo della commedia si basava sul contrasto e sulle be e, con personaggi spesso ripetitivi ma funzionali alle dinamiche della be a e alla rappresentazione della società romana, come il servo che inganna il padrone per aiutare i suoi figli innamorati di donne che non possono sposare a causa di divieti paterni. Tre delle sue commedie hanno proprio il nome del servo come protagonista: "Epidicusa", "Stichus" e "Pseudolus". L'obiettivo primario di Plauto era divertire il pubblico, utilizzando umorismo volgare, doppi sensi, litigi accesi e scambi di insulti. Ha introdotto anche l'alternanza tra dialoghi e canzoni (cantica) per o rire uno spettacolo vario, musicale e danzato. La mancanza del coro nelle sue commedie ha permesso agli autori latini di sperimentare l'alternanza tra parole, mimica, musica e gesti. La presenza di quattro attori in scena indicava anche il superamento della limitazione greca di tre attori e la tendenza degli attori romani a specializzarsi in uno o due personaggi, seguendo il modello della farsa atellana. TERENZIO (184/174-159 a.c.) Publio Terenzio Afro, noto come Terenzio è un drammaturgo romano che si distingue da Plauto per il suo maggiore legame con il mondo greco, come dimostrano i titoli delle sue sei commedie. Tra queste, "La Fanciulla di Andro" è stata rappresentata ai Ludi Megalenses nel 166 a.C., "Il Punitore di Se Stesso" e "L'Eunuco" sono state rappresentate anch'esse ai Ludi Megalenses, "Formione" durante i Ludi Romani, "I Fratelli" durante i ludi funebri per il generale Emilio Paolo e "La Suocera" messa in scena durante i Ludi Romani dopo due tentativi falliti. A di erenza di Plauto, Terenzio dà maggiore spazio ai dialoghi rispetto alle canzoni (cantica) e introduce nuove tematiche etiche, come la tolleranza, la compassione e l'aiuto disinteressato, al fine di stimolare la riflessione nel pubblico. La sua scrittura si caratterizza per una formulazione letteraria diversa, in cui i personaggi sono caratterizzati da sfumature interiori più ricche, reazioni emotive verosimili e sentimenti espressi attraverso riflessioni adatte al personaggio e alla situazione. Inoltre, la tecnica della contaminatio viene utilizzata per raggiungere questi obiettivi, avvicinandosi al modello di Menandro. Questa Innovazione, volta a una maggiore verosimiglianza, è influenzata dal principio di "humanitatis" dell'autore, sviluppato attraverso la sua formazione culturale nel "circolo degli Scipioni". I membri di questo circolo ammirano la cultura greca e studiano la sua produzione filosofica e poetica, tanto da adottare uno stile di vita filoellenico in contrasto con le tradizioni romane. L'antitradizionalismo presente nel teatro di Terenzio ha portato alla caduta delle sue prime opere, fino alla messa in scena dell'" Enunchus", che è meno impegnata sul piano pedagogico. Ad esempio, il primo tentativo di rappresentazione dell'"Hecyra" nel 165 a.C. ha visto il pubblico abbandonare il teatro per assistere a uno scontro tra pugili e agli spettacoli dei funamboli. Al terzo tentativo, nel settembre dello stesso anno, l'opera viene finalmente eseguita per intero e applaudita. Per difendersi dalle critiche dei detrattori, Terenzio trasforma la tradizionale funzione informativa del prologo in un'autoapologia, ossia una difesa delle proprie opere mettendo in luce le finalità poetiche. SENECA (4 a.c. - 65 d.c.) STORIA DEL TEATRO V. Petrone Nel genere tragico, nel II secolo a.C., Marco Pacuvio e Lucio Accio sono autori di rilievo. Pacuvio scrisse circa 12 tragedie cothurnatae, mentre Accio rese la tragedia un alto stile oratorio, sebbene ciò portasse a una diminuzione del consenso del pubblico comune, trovando invece accoglienza presso un'udienza elitaria. Tuttavia, il più illustre autore di tragedie nel mondo romano è il filosofo Lucio Anneo Seneca. La destinazione delle sue opere è oggetto di controversia, poiché non esistono prove che documentino la loro rappresentazione teatrale. Si ipotizza che i suoi testi fossero destinati esclusivamente alla lettura da parte di un pubblico selezionato, anche a causa dello stile solenne e della complessa struttura retorica del suo linguaggio. Le opere complete di Seneca sono giunte fino a noi in età moderna e hanno ottenuto successo tra gli autori rinascimentali italiani e gli scrittori elisabettiani. Tra le sue opere più famose vi sono "Ercole Furioso", "Le Troiane", "Le Fenicie", "Medea", "Fedra", "Edipo", "Agamennone", "Tieste", "Ercole sull'Eta" e "Ottavia" (erroneamente attribuitagli), una fabula praetexta di ambientazione romana. La cronologia delle sue opere non è ancora definita con certezza, e le sue tragedie sono ispirate ai soggetti della drammaturgia di Euripide, ma presentano anche elementi di originalità nel ritratto violento e sanguinario delle passioni, e sono sostenute da temi morali propri del pensiero dell'autore. IpersonaggidelletragediediSenecavivonoconflittiinterioridolorosi,incuilapassionelotta controlaragione,creandoun'atmosferaorrorificaconesplosionidiviolenzaciecaespaventose apparizionidiombre. PROFESSIONISMO ATTORICO E NUOVI GENERI IN ETÀ IMPERIALE In età imperiale, dopo la scomparsa del tragediografo Lucio Accio, si assiste alla fine della drammaturgia latina e all'inizio di una lenta decadenza dal punto di vista letterario. Tuttavia, dal punto di vista storico-teatrale, questo periodo segna l'apice del teatro romano, in cui gli attori diventano protagonisti e creano generi teatrali sperimentali e innovative rielaborazioni delle fabulae utilizzando il gesto, la danza, la musica e il canto come forme espressive. Il genere spettacolare del mimo mantiene la sua popolarità durante l'età imperiale, e gli attori che lo interpretano vengono chiamati "mimus". A di erenza della Grecia e della Roma repubblicana, in cui i mimi erano socialmente emarginati e non ammessi nelle associazioni degli artisti, ora si organizzano nell'associazione dei "Parasiti Apollinis", che include sia mimi che pantomimi. Questa nuova associazione conferisce prestigio al genere del mimo. Come in Grecia, anche a Roma la rappresentazione integrale delle opere teatrali scompare, e il termine "tragoedia" viene utilizzato per indicare nuove forme di spettacolo come la "tragoedia saltata" dei pantomimi, la "tragoedia cantata" (rappresentazioni più brevi di una tragedia in cui la componente cantata e musicale è predominante) e la "chitoredia" (esibizione interamente cantata dei monologhi più belli di una tragedia). Gli attori tragoedi, abili nella voce, nel portamento e nel gesto nell'interpretazione dei monologhi cantati, diventano il fulcro dello spettacolo teatrale romano. Inoltre, si a erma l'uso delle maschere, che diventano ancora più espressive e presentano grandi fori per gli occhi e la bocca. Un nuovo genere teatrale che si impone è il pantomimo, uno spettacolo eseguito da un attore solista che si esprime attraverso i movimenti del corpo e l'uso delle maschere, accompagnato da sontuosi costumi e musica. Il successo del pantomimo si riflette nell'attenzione alle componenti fisico-espressive degli attori e nell'interesse per la dimensione performativa. Questo genere spettacolare influisce anche sulla letteratura, ispirando dialoghi come il "De Saltatione" di Luciano di Samosata e il "Pro Saltatoribus" di Libanio, e promuovendo la mescolanza di tecniche performative e la trasformazione dei generi spettacolari. La compagnia teatrale, o "grex", è formata da attori maschi che hanno la responsabilità di memorizzare e recitare adeguatamente il ricco repertorio. La recitazione è influenzata dagli attori ellenistici, con declamazioni solenni per STORIA DEL TEATRO V. Petrone una pianta circolare o ellissoidale. Questi edifici, con gradinate continue che sembravano unire due teatri con l'arena al centro, presero il nome di "anfiteatri". Il più antico anfiteatro in muratura è quello di Pompei, costruito nel 80 a.C. A Roma, su iniziativa di Gaio Statilio Tauro, venne costruito il primo anfiteatro stabile nel 29 a.C. Tuttavia, questo edificio fu distrutto da un incendio nel 64 d.C. e successivamente ricostruito. L'anfiteatro romano più celebre è l'anfiteatro Flavio, noto come Colosseo, commissionato dall'imperatore Vespasiano e inaugurato dall'imperatore Tito nel 80 d.C. con grandi festeggiamenti descritti nel "Liber Spectaculorum" di Marziale. L'anfiteatro aveva una pianta ellissoidale, con un'arena al centro, livellata e coperta di sabbia. Sotto l'arena c'era un sistema di celle e corridoi sotterranei chiamati ipogei, che servivano come zona di manovra per le apparizioni scenografiche e come area d'attesa per i gladiatori. Attorno all'arena si ergevano le sezioni di gradinate della cavea, dove il pubblico si sedeva. L'accesso alla cavea avveniva attraverso i "vomitoria", passaggi d'ingresso, e i corridoi longitudinali. I gradoni inferiori della cavea erano separati e protetti dagli scontri che avvenivano nell'arena mediante un alto parapetto. L'arena poteva anche essere allagata per ospitare le naumachie, simulazioni di battaglie navali. STRUTTURE PROVVISORIE Nella prima età repubblicana, i ludi scaenici (spettacoli teatrali) venivano allestiti su strutture architettoniche provvisorie in legno. Queste strutture venivano costruite all'inizio del periodo festivo e smantellate alla fine, e venivano erette nei circhi o addossate ai templi e ad altri edifici pubblici. La prima testimonianza di queste strutture risale al 179 a.C., quando il pontefice massimo e censore Marco Emilio Lepido fece costruire presso il tempio di Apollo un teatro in legno con un palcoscenico. Queste strutture provvisorie includevano un palcoscenico rettilineo sopraelevato chiamato "proscaenium", collegato al suolo da una scaletta. Il proscaenium si estendeva lungo una parete scenica con porte d'ingresso e di solito era dotato di una piccola tettoia sostenuta da colonne. Il palcoscenico poteva anche essere circondato lateralmente da altre costruzioni in legno con ingressi separati. Gli spettatori assistevano agli spettacoli in piedi, seduti su panche o sulle gradinate degli edifici ai quali il proscaenium era addossato. Questa struttura potrebbe essere stata ispirata dai palchi utilizzati dalle compagnie teatrali itineranti della farsa fliacica. RITARDO COSTRUZIONE DI TEATRI IN MURATURA A Roma, per ragioni politiche, non era permesso costruire teatri in muratura. Questo divieto era basato sul fatto che un teatro in muratura si sarebbe distanziato dal carattere religioso che il teatro aveva in Grecia, dove spesso era costruito nelle vicinanze di un tempio. Inoltre, la costruzione di sedili per il pubblico, come le gradinate, veniva considerata un'inaccettabile concessione agli usi ellenistici, contrari agli usi tradizionali romani. Nonostante il divieto, nel 155 a.C. i questori Gaio Cassio Longino e Marco Valerio Messalla tentarono di dotare Roma di un teatro stabile, ma la struttura fu demolita dal console Publio Cornelio Scipione Nasica. Queste restrizioni politiche spiegano il ritardo romano nella costruzione di teatri in muratura, nonostante il successo delle commedie di Plauto e Terenzio tra il III e il II secolo a.C. Le prime venivano rappresentate al circo Flaminio, mentre le seconde presso il tempio dedicato alla Grande Madre sul Palatino, entrambe su strutture lignee provvisorie. TEATRI IN PIETRA (età imperiale) A partire dall'età di Augusto, la civiltà romana inizia a sviluppare una varietà di teatri in pietra, accanto alle altre strutture architettoniche come il circo e l'anfiteatro. Questi nuovi teatri, ispirati alle forme strutturali acquisite dalla civiltà greca, erano dedicati alle esibizioni di attori, mimi e pantomimi, rispondendo alle preferenze del pubblico dell'età imperiale. STORIA DEL TEATRO V. Petrone Un esempio significativo del cambiamento strutturale dal teatro greco a quello romano è rappresentato dal teatro greco-romano di Ternesso, costruito nel II secolo a.C. In questo teatro, l'orchestra non era più riservata al coro, ma agli spettatori più illustri. Ciò sottolinea il carattere elitario che il teatro assumeva nell'epoca romana e la graduale scomparsa del coro come elemento centrale delle rappresentazioni teatrali. Roma, rispetto ad altre città italiche, mostrava un ritardo nella creazione di teatri permanenti. Ad esempio, Pompei poteva vantare già due teatri nel 80 a.C. Questa disparità evidenzia la peculiarità di Roma nel contesto della sua stessa regione in termini di sviluppo di teatri in pietra permanenti. Il Teatro di Pompeo costruito nel 55 a.C. da Pompeo Magno, era situato presso il Campo Marzio, vicino al circo Flaminio. Per superare l'opposizione senatoriale, Pompeo fece erigere un tempio dedicato alla dea Venere su un podio, la cui gradinata costituiva l'intera cavea del teatro. Questo teatro era il più grande del mondo antico e ispirò Vitruvio nella sua concezione teatrale. Nel 17 a.C., Augusto fece restaurare il teatro in occasione dei Ludi Saeculares, rivestendo la cavea con marmo e adornando la sommità con le statue delle Nationes. Fu inoltre aggiunto un nuovo velarium e la statua di Pompeo Magno fu collocata nei pressi dell'ingresso principale. Dietro all'edificio, si sviluppava un ampio porticato utilizzato per ripararsi dalla pioggia e per ospitare le attrezzature sceniche. Il Teatro di Marcello inaugurato nel 13 a.C. da Augusto in onore del nipote Marcello, si trovava anch'esso nel Campo Marzio. L'elegante struttura a doppio ordine di arcate in travertino è ancora visibile oggi, anche se inglobata nel Palazzo Savelli di epoca rinascimentale. Il piano del teatro è stato acquisito dal Comune di Roma e restaurato negli anni '30 del XX secolo, modificando l'aspetto urbano circostante. Questo teatro perfettamente proporzionato ha servito da modello per la costruzione di altri teatri nell'intero impero romano. Nel Teatro di Marcello si possono notare due novità. In primo luogo, vi è una nuova relazione spaziale tra gli spettatori e gli attori, con l'avanzamento del proscenio fino al diametro dell'orchestra emiciclica, che accoglie gli spettatori e elimina il coro. In secondo luogo, si osserva una maestosa scenae frons, suddivisa su vari ordini e magnificamente decorata con colonne, portali, nicchie e statue. Un aspetto particolare è l'autonomia dell'edificio rispetto alla conformazione del terreno, ottenuta attraverso l'utilizzo di archi, pilastri e corridoi voltati che conferiscono stabilità alla struttura e consentono un'accoglienza ordinata degli spettatori. Gli spettatori accedono alla cavea emiciclica suddivisa in cunei utilizzando rampe e corridoi sotterranei che si aprono in vari punti della cavea. Un corridoio coperto, sostenuto da colonne, sovrasta l'ultimo livello della cavea e si fonde con il complesso della scena. L'unione di tutte le componenti rende la struttura unitaria, e ora può essere chiusa nella parte superiore tramite un velarium per proteggere gli spettatori dalle intemperie, creando al contempo e etti di luce che contribuiscono all'atmosfera teatrale. IL TEATRO MEDIEVALE Il Medioevo è quel periodo storico che va dalla caduta dell’impero romano d’occidente 476 d.c. e la scoperta dell’America 1492. Durante questo periodo il teatro non seguì un unico processo di sviluppo a causa della censura imposta dalla Chiesa cattolica, che influenzava la vita pubblica e privata delle persone. Tuttavia, il teatro e la teatralità non scomparvero del tutto. Inizialmente, persistevano festività pagane nella cultura popolare, mentre in seguito la Chiesa stessa comprese l'importanza del coinvolgimento dei fedeli attraverso rappresentazioni evangeliche. Condanna della Chiesa Nei primi secoli della sua istituzione, la Chiesa cristiana condannò il teatro, vietando l'uso dei luoghi di culto per spettacoli considerati pagani e corrotti. Tertulliano, nel suo trattato "De Spectaculis" del II secolo d.C., criticò il teatro, gli attori e gli edifici teatrali. Nella cultura carnevalesca, i leader della Chiesa identificarono rituali pagani tardo-romani e li combatterono quando si infiltravano negli ambienti delle scuole delle cattedrali. Questa cultura divenne portatrice di valori ribelli STORIA DEL TEATRO V. Petrone rispetto alle gerarchie istituzionali, parodiando i loro valori. Le manifestazioni della "Carnomannia" e delle "Libertates decembris", anche conosciute come "Feste degli innocenti o dei folli", promosse dagli studenti delle scuole, rappresentavano la libertà dalle regole e il rovesciamento violento di ogni gerarchia accademica, religiosa e sociale. Queste feste richiamavano probabilmente antiche celebrazioni pagane come le "Calendae" di gennaio, che erano state condannate dalla Chiesa per i travestimenti, i banchetti e i canti. A volte, queste feste si svolgevano nelle basiliche o nei cimiteri adiacenti. Queste manifestazioni sregolate furono legalizzate e limitate attraverso un decreto imperiale di Corrado I di Franconia nel 911, rivolto agli studenti della cattedrale di Costanza. Il decreto fissava una durata di tre giorni per le festività, in prossimità del 28 dicembre. Durante queste festività, veniva nominato un "Episcopus puerorum" o "Stultorum o Innocentium", che organizzava varie bizzarrie, infrangendo i limiti delle consuetudini e mettendo in scena brani evangelici in chiave comica, come la strage degli innocenti ordinata da Erode, coinvolgendo attivamente il pubblico. Roswitha di Gandersheim (935-974) è considerata la prima poetessa tedesca della storia. In un periodo in cui il dramma era praticamente assente, Roswitha rielaborò le opere drammatiche di Terenzio, fornendo un messaggio edificante in cui il male veniva punito attraverso dialoghi. La sua opera comprende 8 leggende e 6 drammi, tra cui "Abraham", "Dulcitius", "Calimachus", "Paphnutius", "Gallicanus" e "Sapientia". In queste opere è evidente l'uso dello stile di Terenzio. RoswithadiGandersheimcontribuìsignificativamenteallaletteraturatedescamedievaleconle sueoperedrammatichemoralizzanti. MIMO E GIULLARE Tra il VI e il X secolo, nonostante le di cili condizioni di vita, la condanna della Chiesa e la mancanza di spazi per esibirsi, il "mimo" della tarda latinità mantenne una certa continuità nella sfera della professione attorica. Nel periodo dell'XI e XII secolo, la figura principale dell'intrattenimento era il "giullare", che poteva essere anche una donna. Lavorando in compagnie nomadi, il giullare contribuiva al concetto di "teatralità di usa" nel medioevo, agendo come intermediario tra diverse culture. Il giullare, successore dell'attore nomade tardoromano, metteva in scena canti, danze, travestimenti e acrobazie, ed era anche in grado di addestrare animali. Tuttavia, la Chiesa considerava queste pratiche negative, in quanto riteneva che gli spettatori potessero essere corrotti attraverso gli occhi. Le testimonianze documentarie sulla figura del giullare enfatizzano la sua espressività corporea, come se non avesse capacità narrative. Tali documentazioni sono principalmente di origine ecclesiastica, che intendeva riservare esclusivamente al predicatore le prerogative dell'eloquenza. La Chiesa di erenziava la figura dell'attore, una distinzione iniziata già nel mondo romano: Gli "Actor", che prediligevano la parola e venivano elogiati per i loro canti sulle gesta dei santi martiri. Gli "Histriones", che prediligevano la mimica e la danza e venivano relegati ai margini della società, spesso confusi con i mendicanti o i malviventi. Nonostante ciò, il giullare era una figura richiesta, sia nelle fiere e nelle feste collettive della comunità, sia nelle sale dei nobili e alle cene delle alte sfere ecclesiastiche. Questo lo portava ad essere considerato un "bu one di corte" e ad abbandonare il lavoro di girovago per comporre e recitare canzoni per gli ospiti, privilegiando la componente vocale rispetto a quella fisica e guadagnando quindi maggiore considerazione. Altre occasioni particolari in cui il giullare si esibiva erano le grandiose "corti bandite", conviti pubblici aperti a tutta la comunità e o erti da brigate gentilizie o famiglie nobili, che potevano durare giorni o settimane. Nel XII e XIII secolo, l'espressione poetica e drammaturgica divenne un fatto storicamente rilevante all'interno del mondo professionale e si a ermò la figura del "troubador" (trovatore), un poeta-musicista colto che di solito risiedeva presso una corte. STORIA DEL TEATRO V. Petrone Infine, il "Jeu de la Feuillèe" (XIII secolo), scritto in volgare e di natura comica e profana, raccoglie elementi della tradizione giullaresca in un progetto drammaturgico senza precedenti. Questa è considerata la prima commedia borghese in volgare con il nome dell'autore, Adam de la Halle, menzionato esplicitamente. L'opera presenta una serie di personaggi, inclusi l'autore stesso, un pazzo, suo padre, un medico, una prostituta, un monaco e alcune fate. Le scene comiche, caratterizzate da un linguaggio osceno, sono collocate in uno spazio neutro, probabilmente il cortile di una locanda o la piazza di Arras. Un'illustrazione presente nel manoscritto che conserva il testo mostra il poeta di fronte a un pubblico seduto su panche, stabilendo un rapporto diretto con l'intrattenitore. Drammi ciclici in europa A partire dal XV secolo, in Europa si svilupparono tre principali tipologie di drammi sacri in volgare: - I "misteri" (o "mistery plays" in Inghilterra e "mystères" in Francia) riprendevano episodi biblici dall'Antico e Nuovo Testamento. Questi drammi erano spesso organizzati in cicli e avevano lo scopo di illustrare la storia della salvezza umana, in particolare la passione di Cristo. - I "miracoli" (o "miracle plays" in Inghilterra, "miracles" in Francia e "comedias de santos" in Spagna) erano racconti sulla vita, il martirio e i prodigi compiuti da un santo o dalla Vergine Maria. Questi drammi attingevano dalle Sacre Scritture, dai martirologi e dalle leggende morali. - Le "moralità" (o "drammi allegorici", chiamati "morality plays" in Inghilterra e "moralités" in Francia) univano elementi religiosi e profani per dimostrare principi morali. Spesso coinvolgevano personaggi allegorici che rappresentavano il contrasto tra bene e male, vita e morte, vizio e virtù. Nel tardo Medioevo, i misteri godettero di grande popolarità. La festa del Corpus Domini, istituita per celebrare il miracolo eucaristico di Bolsena, contribuì alla nascita di questi drammi. Durante la festa, si svolgeva una grandiosa processione che includeva uno spettacolo all'aperto, in cui veniva rappresentata la storia di Cristo dalla creazione del mondo fino al Giudizio Universale. Gli spettacoli avvenivano in piazze importanti o seguendo un percorso cittadino. L'organizzazione degli spettacoli era a data alle confraternite pie in Francia e in Spagna, mentre in Inghilterra erano le corporazioni degli artigiani a occuparsi dell'allestimento. Il clero aveva un ruolo di supervisione, ma gli attori erano spesso dilettanti scelti tra le associazioni cittadine. Gli investimenti finanziari per gli spettacoli diventarono sempre più ingenti, e gli apparati scenografici si arricchirono. Le rappresentazioni si svolgevano per settimane, durante le quali la vita della città ruotava attorno all'evento spettacolare. In Francia, i misteri del XV secolo si concentrarono principalmente sulla Passione di Cristo. Alcuni esempi noti sono la "Passion d'Arras" (1437) di Eustache Mercadè, rappresentata ad Arras in quattro giornate, e il "Le Mystère de la Passion" (1452) di Arnoul Grèban, messo in scena a Le Mans. Anche la "Passion di Valenciennes" (1547), rappresentata in venticinque giornate non consecutive, fu un'opera di rilievo. In Inghilterra, ci sono giunti testi di cicli di misteri di specifiche località. Il ciclo più antico è quello di Chester (1325) con 25 drammi e altrettante giornate di rappresentazione, seguito dai cicli di York (1350) con 48 drammi su 54 giornate, e Wakefield (1425) suddiviso in 32 giornate. In Germania, troviamo il dramma ciclico chiamato "dramma di Pasqua" di Lucerna (1583), che poteva durare per giorni. Sono giunte testimonianze della "seconda giornata" di questo spettacolo, che si svolgeva nella piazza del mercato con le strutture sceniche in legno disposte in cerchio. LAUDE UMBRE E SACRA RAPPRESENTAZIONE FIORENTINA Nel XIV secolo in Italia si svilupparono due forme di teatro sacro in volgare: la " lauda drammatica" e la "sacra rappresentazione fiorentina". STORIA DEL TEATRO V. Petrone La lauda drammatica (LAUDA UMBRA) era basata su un testo devoto cantato in versi e si collegava al movimento dei Disciplinanti, confraternite dedite alla penitenza. Queste rappresentazioni erano dialoghi tra un cantante solista e un coro di fedeli, e si di usero principalmente a Perugia, Assisi e Orvieto. La sacra rappresentazione fiorentina, invece, si sviluppò nel XV secolo all'interno della corte medicea. Queste opere, scritte in ottave di endecasillabi, erano commentate da esecuzioni musicali. Le sacre rappresentazioni avevano principalmente scopi educativi e morali, e venivano organizzate dalle confraternite che si occupavano dell'educazione dei giovani. Nel corso del tempo, queste rappresentazioni si fecero meno moralizzanti e incorporarono elementi profani e avventurosi. Oltre al teatro sacro, in Italia si celebravano anche feste civili e di corte durante l'età romanica. Le grandi feste cicliche annuali consentivano alla comunità di autorappresentarsi, definendo l'identità civica attraverso gesti e parole simboliche. Con la transizione dalle realtà politiche dei comuni alle signorie, le feste pubbliche persero la loro dimensione collettiva e divennero celebrazioni del nuovo potere, influenzate dal fervore culturale umanistico. Le corti italiane sfruttarono il mecenatismo per lanciare un messaggio egemonizzante attraverso le immagini mitologiche. Le feste erano composte da manifestazioni che includevano sfilate di carri allegorici, banchetti e spettacoli drammatici. Il banchetto, in particolare, rappresentava un momento teatrale con la disposizione dei convitati come spettatori e gli interventi dei giullari. Le feste signorili erano organizzate in occasione di eventi dinastici importanti e coinvolgevano artisti e letterati per la creazione dei testi e l'organizzazione degli spettacoli. SPAZIO TEATRALE MEDIEVALE Durante il Medioevo, non esisteva un edificio teatrale specifico per le rappresentazioni. I teatri romani, utilizzati fino al V secolo, furono abbandonati o riadattati per altre funzioni. Ciò comportò l'assenza della scenae frons e del palcoscenico come spazio per gli attori, stabilendo una nuova relazione tra gli attori e gli spettatori. Le rappresentazioni si svolgevano in spazi preesistenti, che potevano essere pubblici come la chiesa e la piazza, o privati come la sala patrizia e l'oratorio delle confraternite. Eccezionalmente, queste rappresentazioni trasformavano e ricostruivano gli spazi secondo le esigenze, specialmente durante le grandi celebrazioni liturgiche e le ricorrenze dei santi patroni. Un luogo preesistente particolarmente importante era la chiesa, con la sua zona dell'altare maggiore rivolta a est, simboleggiante il Paradiso, e il portale di ingresso rivolto a ovest, simboleggiante il regno dei morti. I "luoghi deputati" o "stazioni" erano spazi designati per ambientare un episodio del dramma sacro. Potevano essere una zona specifica all'interno della chiesa o strutture sceniche appositamente costruite. Nel Basso Medioevo, le confraternite cittadine e le corporazioni di arti e mestieri si occupavano dell'organizzazione e del finanziamento degli eventi teatrali. Le rappresentazioni sacre si suddividevano in parti sceniche grandiose, con numerosi luoghi deputati. La simbologia dell'asse est-ovest era ancora presente in molte configurazioni dei luoghi deputati nelle piazze medievali europee, evidenziando la dimensione cosmica e universale delle vicende rappresentate. In Inghilterra, le rappresentazioni dei drammi ciclici venivano eseguite da compagnie di attori semi-professionisti su carri mobili chiamati "pageant". Costruzioni circolari a pianta centrale, circondate da un fossato o una palizzata, venivano utilizzate con mansions distribuite lungo la circonferenza e al centro. Il pubblico era sistemato attorno alla zona centrale d'azione. Filippo Brunelleschi, un famoso architetto, contribuì con la sua ingegnosità alla creazione di e etti speciali per le rappresentazioni dei drammi liturgici. Ad esempio, nel suo ingegno per "L'Annunziata" rappresentata a Firenze nel 1439, utilizzò un sistema di leve e carrucole per far girare una cupola con angeli e far scendere una mandorla con l'angelo dell'Annunciazione. STORIA DEL TEATRO V. Petrone IL TEATRO RINASCIMENTALE Il Rinascimento italiano, sviluppatosi nel XVI secolo, fu un movimento artistico e intellettuale che si di use in tutta Europa, incorporando le idee dell'Umanesimo e concentrandosi sullo studio filologico dei classici greci e latini. Durante questo periodo, il teatro come lo conosciamo oggi fu "ritrovato" e "creato" grazie allo studio dei classici, che suscitò il desiderio di far rivivere le rappresentazioni teatrali. Nel Rinascimento, le rappresentazioni teatrali non si svolgevano più nelle piazze pubbliche accessibili a tutti, come nel Medioevo, ma venivano organizzate da un mecenate: un finanziatore degli artisti, nelle corti signorili. Queste feste signorili erano intese a mostrare il prestigio del mecenate e ad intrattenere gli ospiti, che erano ora spettatori subordinati che celebravano il potere. Le città stesse assunsero un aspetto teatrale durante il Rinascimento. All'ingresso della città venivano erette strutture architettoniche in legno chiamate "Entrate trionfali", ornate e decorate, per accogliere ospiti illustri e marcare l'ingresso agli edifici principali. Un esempio famoso è l'Entrata trionfale di Firenze del 1589, realizzata per celebrare il matrimonio del Granduca Ferdinando I De Medici. I "Tornei" erano spettacoli scenografici in cui i cavalieri si esibivano in duelli a cavallo, mentre la " Giostra del saracino" (ancora oggi rievocata ad Arezzo) era una sfida tra un cavaliere e un manichino meccanico armato. Il "Trionfo" era una sfilata di carri splendidamente decorati con riferimenti alla mitologia classica, che solo i più colti erano in grado di decifrare come un modo per il mecenate di paragonarsi agli dei. Infine, il banchetto era un momento conviviale tipico delle corti, in cui le arti si intrecciavano per celebrare il mecenate, che sedeva su un trono appositamente elevato. RISCOPERTA DELL’ANTICO Durante il Medioevo, nonostante non si sia interrotta del tutto la conoscenza dei classici, molte opere antiche venivano copiate dagli amanuensi e conservate nelle biblioteche monastiche. Tuttavia, molte di queste opere subirono una sorta di censura silenziosa da parte della Chiesa, che non riuscì ad assimilare completamente all'interno del canone culturale cristiano. Questo spiega perché alcuni autori godettero di maggiore fortuna rispetto ad altri, ad esempio Terenzio, ammirato per la sua forma ra nata e sentenziosa, rispetto a Plauto, che era più trasgressivo e dissacrante. Nel tardo Medioevo, l'Umanesimo emerse con l'obiettivo di riscoprire e riabilitare i testi antichi, perduti o dimenticati, al fine di valorizzare la classicità e i suoi valori etici e civili. Questi testi furono di usi in tutta Europa grazie all'invenzione della stampa a caratteri mobili da parte di Johannes Gutenberg nel 1455. Un importante contributo fu la scoperta da parte del cardinale tedesco Niccolò Cusano, nel 1429, di 12 commedie plautine fino ad allora sconosciute. Nel 1433, il cardinale Orsini, Giovanni Aurispa, ritrovò il commento sul teatro di Terenzio di Elio Donato, un grammatico latino del IV secolo, da cui venne estratta la celebre epigrafe " Imitatio vitae, speculum consuetudinis, imago veritatis". In questo periodo, venne ritrovato anche il commento di Lovato Lovati sulle tragedie di Seneca, e fu proprio un allievo di Lovato, Albertino Mussato, a scrivere la prima tragedia umanista in latino, l'"Ecerinis" nel 1314. L'Umanesimo portò alla riscoperta della "Poetica" di Aristotele, che fornì al teatro rinascimentale precise regole. Tra queste regole si trovano le tre unità pseudoaristoteliche: - l'unità di azione, che si trova nel testo aristotelico a cui si aggiunsero: - l'unità di tempo (limitata a ventiquattro ore) - l'unità di luogo (ambienti raggiungibili in una giornata). Altre regole comprendevano il principio di verosimiglianza: l'uso di caratteri universali che rappresentassero aspetti dell'umanità; il principio del decoro: che richiedeva il rispetto delle norme sociali; l'istituzione di due generi (tragedia e commedia) e la divisione dell'opera in cinque atti. STORIA DEL TEATRO V. Petrone LA SCENA PROSPETTICA FISSA Nel primo trentennio del XVI secolo, l'invenzione della scena prospettica attraversa una fase creativa intensa che culmina nella sua normalizzazione istituzionale. Durante la prima metà del secolo, tutti gli allestimenti teatrali adottano la forma di "scena fissa", in cui l'immagine scenografica rimane immutata dall'inizio alla fine della rappresentazione. Una svolta significativa avviene con l'allestimento urbinate della commedia "Calandria" (1513) del cardinale Bernardo Dovizi (il Bibbiena), con scenografia curata da Girolamo Genga. In questa occasione viene introdotto un nuovo dispositivo scenico che combina elementi tridimensionali in legno con fondali prospettici dipinti. Baldassare Peruzzi, pittore e architetto, propone un'impaginazione rigorosamente prospettica per la scenografia e la costruzione del palcoscenico. Un esempio di ciò sono le scene rappresentanti lo spazio urbano di Roma, realizzate per la rappresentazione delle "Bacchides" di Plauto nel 1531, in occasione delle nozze Cesarini-Colonna. Peruzzi inventa la "tripartizione" dello spazio del palcoscenico in base alla prospettiva: la parte anteriore e piatta è dedicata al movimento degli attori, quella centrale, leggermente inclinata, ospita i primi edifici scenografici, mentre la terza parte conclude la scena con un forte declivio prospettico. Per quanto riguarda l'immagine scenografica, Peruzzi sviluppa il modello della "piazza più strada". Nelle immediate vicinanze del proscenio si crea uno spazio allargato che rappresenta una piazza, la quale si estende lungo una strada centrale che si dirige verso un punto lontano dell'orizzonte. Privatizzazione del teatro Il primo trentennio del XVI secolo è caratterizzato dalla "privatizzazione del teatro", con una crescente preferenza per spazi privati destinati alla fruizione esclusiva degli spettatori, soprattutto a Firenze. Giardini privati, come quelli utilizzati dalla compagnia della Cazzuola per le rappresentazioni della "Mandragola" (1525) e della "Clizia" (1526) di Machiavelli, e sale, come quella scelta dalla compagnia veneziana dei Sempiterni per la "Talanta" (1542) di Pietro Aretino sotto la direzione di Giorgio Vasari, vengono adoperati per gli allestimenti teatrali. Durante questo periodo, vengono e ettuate sperimentazioni per esplorare nuove possibilità sceniche. Ad esempio, nell'allestimento della commedia "Il Commodo" (1539) a Firenze, Bastiano da Sangallo (Aristotile) introduce non solo la scena prospettica, ma anche un dispositivo illuminotecnico che rappresenta il movimento del sole. Vasari, suo allievo, ripropone questa innovazione a Venezia, esplorando anche la cosiddetta "strada lunga" nella scenografia, eliminando la piazza peruzziana e permettendo alla prospettiva di svilupparsi lungo un grande viale centrale. A metà del secolo, Sebastiano Serlio, allievo di Peruzzi, raccoglie queste esperienze nel suo "Secondo Libro di Perspettiva" (1545), parte dei suoi 7 volumi dedicati all'architettura. In questo libro, Serlio non si limita a una divulgazione tecnica, ma prende spunto dalle indicazioni di Vitruvio sui tre principali sfondi per le rappresentazioni teatrali romane e le ripropone secondo i principi prospettici. - Lo scenario tragico è caratterizzato da edifici solenni e uno stile imponente di ispirazione romana. - Lo scenario comico preferisce uno stile tardo-medievale e goticheggiante, ra gurando un quartiere borghese abitato dal ceto medio. - Lo scenario satirico presenta una prospettiva boschereccia, con un sentiero che si addentra nella foresta, preparando la scena per il "dramma pastorale". Il palcoscenico serliano è poco profondo e diviso in due parti, con il proscenio perfettamente in piano e il resto che si innalza verso il punto di fuga. Le quinte, disposte simmetricamente ai lati del palcoscenico, sono angolari, con un piano frontale detto "in maestà" e uno in scorcio detto "in sfuggita". Inoltre, c'è un grande fondale che completa la scena. La scena “a portico” si sviluppa nel periodo del Cinquecento, essa è basata sulla struttura colonnata della "scaenae frons" ispirata alle incisioni delle edizioni terenziane. Questa nuova forma scenica prende vita intorno STORIA DEL TEATRO V. Petrone agli anni '30 del Cinquecento nella loggia dell'architetto Giovanni Maria Falconetto, su commissione del patrizio Alvise Cornaro, che era il mecenate dell'attore Angelo Beolco, noto come Ruzante, a partire dal 1528. La costruzione monumentale, composta da cinque arcate, viene realizzata nel cortile della residenza padovana con l'obiettivo di fornire uno sfondo scenico per le rappresentazioni all'aperto. Da Scena fissa a scena mutevole A partire dagli anni '50 del XVI secolo, si assiste a una trasformazione nella scenografia teatrale, passando dalla scena fissa alla scena mutevole. Questo cambiamento estetico è legato al movimento artistico del Manierismo, che abbandona la rappresentazione razionale e geometrica della realtà per cercare l'e etto sorpresa e la fantasticheria. La scenografia si evolve, rivolgendo l'attenzione del pubblico dalle rappresentazioni prospettiche urbane verso un genere nuovo chiamato "intermedi", che sfoggiano paesaggi aerei o marini, inferni sotterranei, divinità sulle nuvole, fiamme reali e mostri emergenti dal palcoscenico. Per permettere tali cambiamenti scenografici, si utilizza un palcoscenico più profondo e arricchito di macchine e strumentazioni necessarie a tali virtuosismi. La sperimentazione inizia con la commedia, come nell'esempio fiorentino dei "Fabii" di Lotto del Mazza (1568), dove la scenografia muta tra il quarto e il quinto atto, passando da una vista prospettica di Piazza della Signoria a quella di Piazza San Giovanni. Questa novità piace anche nell'allestimento successivo de "La Vedova" di Giovan Battista Cini (1569), in cui si passa dall'immagine urbana di Piazza della Signoria a quella campestre di Arcetri tra il secondo e il terzo atto. Uno dei creatori di tali scoperte scenotecniche è lo scenografo Baldassarre Lanci, che reintroduce nel teatro moderno le antiche quinte rotanti dei periatti per cambiare le scene. Un punto di svolta fondamentale nella pratica scenica rinascimentale arriva con Bernardo Buontalenti, responsabile della regia e delle macchine sceniche degli spettacoli al Teatro Mediceo di Firenze nel 1586 e nel 1589. Per permettere un cambio simultaneo tra la scenografia della commedia "La Pellegrina" di Girolamo Bargagli (1589) e quella dei sei intermedi dell'opera, Buontalenti dispone coppie simmetriche di prismi rotanti dietro a due periatti fissi ai lati del palcoscenico. Inoltre, la prospettiva rimanente è dipinta su fondali apribili in due metà che scompaiono lateralmente e scivolano su guide. In questo modo, Buontalenti combina la scena "versatilis" dei periatti con quella "ductilis" delle quinte scorrevoli, che diventerà la base della scenografia barocca nel futuro. TRATTATISTICA TEATRALE Nel corso del XVI secolo, l'arte della messinscena teatrale diventa oggetto di trattati che mirano a sistematizzare le esperienze accumulate dai responsabili e direttori degli allestimenti teatrali. Due trattati di particolare rilevanza evidenziano l'importanza dello spettacolo materiale rispetto al testo rappresentato: "Quattro Dialoghi in Materia di Rappresentazioni Sceniche" (1556): scritto da Leone de' Sommi, che sfrutta la sua esperienza come apparatore presso la corte dei Gonzaga a Mantova. Quest'opera si propone di esaminare e descrivere la pratica teatrale del tempo. "Discorso della Poesia Rappresentativa e del Modo di Rappresentare le Favole Sceniche" (1598): scritto da Angelo Ingegneri, un intellettuale eclettico che ha lavorato per diverse corti, come quelle dei Malaspina, dei Gonzaga e dei Della Rovere. Ingegneri è anche stato il regista dello spettacolo inaugurale del Teatro Olimpico di Vicenza. Nel suo trattato, auspica la creazione di una figura professionale separata dal poeta, a cui assegna il nome di "corago". Questo "corago" sarebbe una sorta di regista teatrale responsabile della messa in scena delle opere. MODELLI DRAMMATURGICI RINASCIMENTALI STORIA DEL TEATRO V. Petrone Durante il Rinascimento, dopo la fase di traduzione dei testi classici in volgare, si a erma una nuova drammaturgia basata sulle regole dedotte dagli antichi. Il postulato delle tre unità, erroneamente attribuito ad Aristotele, viene sviluppato da diversi autori del periodo. La convenzione dell'unità di tempo è proposta da Giovan Battista Giraldi Cinzio, mentre l'unità di luogo viene introdotta da Giulio Cesare Scaligero. Ludovico Castelvero, con la sua "Poetica" di Aristotele "Volgarizzata et Sposta", impone la rigida ottemperanza al principio delle tre unità nella tragedia e nella commedia. Nel Cinquecento, i modelli del teatro antico riportano in auge i tre generi della drammaturgia classica: commedia, tragedia e favola pastorale moderna. La commedia ottiene un grande successo presso le corti italiane, come quelle dei Medici a Firenze, degli Este a Ferrara, dei Della Rovere a Urbino, dei Gonzaga a Mantova, e la corte pontificia a Roma. Ludovico Ariosto scrive la prima commedia originale in lingua volgare, la "Cassaria", che presenta personaggi plautini con uno sguardo sulla realtà contemporanea. Anche la "Calandria" del cardinale Bernardo Dovizi (il Bibbiena) e le opere di Angelo Beolco (il Ruzante) riscuotono successo, o rendo una visione critica della società del tempo. La tragedia, invece, non ottiene lo stesso successo della commedia e rimane confinata alla pagina scritta, frequentata principalmente dai letterati. Tra le prime tragedie italiane vi è la "Sofonisba" di Gian Giorgio Trissino, che segue il modello euripideo, e la "Rosamunda" di Giovanni Rucellai, ambientata nel Medioevo e caratterizzata da colpi di scena. La "Sofonisba" viene rappresentata con successo presso il Teatro Olimpico di Vicenza nel 1562. FAVOLA/DRAMMA PASTORALE Il terzo genere drammatico che si sviluppa nel Rinascimento è la "favola" o "dramma pastorale", con ambientazioni boscherecce e personaggi come ninfe, satiri e pastori. Nasce come tentativo di riproporre il dramma satiresco antico e trova il suo punto di partenza nelle ecloghe umanistiche, in particolare nell'"Orfeo" di Poliziano. Il testo principale di questo genere è l'"Aminta" di Torquato Tasso, presentato nel 1573 a Ferrara e messo in scena dalla compagnia dei Gelosi. L'"Aminta" ruota attorno all'amore contrastato del pastore Aminta per la ninfa Silvia. GLI INTERMEDI Durante la seconda metà del Cinquecento, si sviluppa un nuovo genere teatrale chiamato "intermedio" o "intermezzo". Questo genere si distingue dalla drammaturgia tradizionale perché è svincolato dalle regole e norme della drammaturgia regolare. Gli intermezzi hanno origine dall'usanza di inserire pause musicali o scene durante i banchetti nel Quattrocento, chiamate "inframesse" o "intromesse", che avevano lo scopo di intrattenere i convitati. Successivamente, questa pratica si di onde anche nei teatri durante le rappresentazioni in volgare delle opere di Plauto e Terenzio a Ferrara. Durante queste rappresentazioni, gli atti della commedia erano alternati a esibizioni canore o momenti coreografici, come le "moresche", che erano danze che simulavano combattimenti tra mori e cristiani. Questo tipo di intrattenimento prende il nome di "intermedio" e si divide in due forme: l'Intermedio Apparente e l'Intermedio Non-Apparente. L'Intermedio Apparente è un racconto vero e proprio e viene utilizzato principalmente nei teatri di corte. Spesso, questi intermezzi assumevano una rilevanza maggiore rispetto alla commedia principale grazie agli e etti scenici STORIA DEL TEATRO V. Petrone volontariamenteomeno,lesituazioni.Ilorozibaldonisonoricchidigiochidi parole,scenemimicheeacrobatiche. Tanto i Vecchi quanto i Zanni utilizzano il linguaggio dialettale e indossano maschere. Vengono a ancati da parti mobili come la Servetta, vivace e provocante, e il Capitano, una parodia del personaggio militare eroico di Plauto. La prima generazione dei Comici dell’Arte I comici dell'arte hanno a lungo so erto di una reputazione negativa, associata a bu oni e ciarlatani di strada, e accusati di immoralità a causa di scene scabrose. Tuttavia, gli attori hanno cercato di migliorare la loro immagine dimostrando una cultura elevata e una competenza artistica. Hanno ottenuto una certa protezione da mecenati e hanno pubblicato trattati per difendere la loro arte, nonché scenari e commedie complete. La compagnia dei Gelosi, attiva tra il 1568 e il 1604, ha avuto un ruolo significativo nell'elevare la professione dell'attore attraverso strategie di promozione culturale. Hanno nobilitato la loro professione presso le principali corti europee, adottando un modello accademico e scegliendo un nome che richiamava una qualità morale, un motto e un emblema. Questo approccio accademico era inteso a respingere le critiche della Chiesa e della cultura u ciale e a distinguersi dagli attori di strada. La compagnia dei Gelosi, guidata da Francesco Andreini e sua moglie Isabella Andreini, ha ottenuto grande prestigio ed è stata presa come modello per la creazione di altre compagnie, come i Confidenti, gli Uniti, i Desiosi, gli Accesi e i Fedeli. Alcuni attori famosi di questo periodo includono Niccolò Barbieri (Beltrame), Silvio Fiorillo (Capitan Matamoros) e Tristano Martinelli (Arlecchino). A partire dagli anni '70 del XVI secolo, i comici dell'arte hanno stabilito nuove relazioni con le élite dominanti e sono stati riconosciuti come artigiani rispettabili nel campo teatrale. Alcuni esempi di questo cambiamento includono l'accoglienza di Isabella Andreini all'Accademia degli Intenti, l'investitura di Pier Maria Cecchini come Cavaliere da parte dell'Imperatore Mattia e le frequenti chiamate dei Gelosi alle corti, incluso presso i monarchi francesi. Gli attori dei comici dell'arte sono stati anche protagonisti in importanti eventi culturali, come le rappresentazioni de "L'Aminta" di Torquato Tasso alla corte estense nel 1573. Le maschere della Commedia dell’Arte sono personaggi riconoscibili grazie alle maschere e ai costumi caratteristici che indossano, nonché ai gesti codificati che utilizzano. Alcune delle maschere più celebri includono: - Balanzone: un noto Dottore in legge di origine bolognese, appartenente ai Vecchi. È serio, saccente e presuntuoso, noto per i suoi monologhi senza senso. Indossa abiti neri degli universitari bolognesi e ha un corpo robusto con guance rubizze e ba . La sua maschera copre solo il naso e le sopracciglia. - Pantalone: una delle maschere più longeve della Commedia dell'Arte, rappresenta il vecchio mercante veneziano, avaro e lussurioso. Indossa una calzamaglia con una cintura alla quale sono appesi un coltello e un sacchetto di denaro. Ha una corporatura sgraziata, una barbetta da capra e una maschera nera con un naso adunco. - Beltrame: una maschera di origine milanese creata da Niccolò Barbieri. Rappresenta un vecchio paesano stolto e fanfarone che cerca di apparire di un rango più elevato. Spesso si trova nelle parti di marito e padre e cerca di ostacolare la felicità degli Innamorati. - Arlecchino: una maschera bergamasca creata da Alberto Naselli. È uno zanni sciocco con una smorfia demoniaca. Indossa una calzamaglia colorata e una maschera nera. Ha un'ispirazione diabolica dalla farsa popolare francese. - Pulcinella: una maschera napoletana di origini antiche, forse risalente al "maccus" della farsa atellana. È uno zanni sciocco che si be a dei potenti pubblicamente. Indossa un camicione bianco e ha una maschera nera con un naso lungo. STORIA DEL TEATRO V. Petrone - Mezzettino: uno zanni furbo e imbroglione, chiamato così per la sua bassa statura. È stato reso famoso da Angelo Costantini. Indossa un costume a strisce bianche e rosse formato da losanghe disposte in verticale e tiene in mano una chitarra. - Il Capitano: questa maschera può variare, ma di solito rappresenta un soldato vanaglorioso che si vanta di titoli e imprese mai compiute. Può anche impersonare un soldato di nobili sentimenti. Spesso assume i connotati del soldato spagnolo, con un vestito simile a quello dei soldati spagnoli dell'epoca. Ha un grosso naso ed enormi ba , porta uno spadone e talvolta indossa un elmo con lo stemma di un porcospino. Alcuni celebri Capitani sono Francesco Andreini con il suo Capitan Spaventa, serio e sognatore, e Silvio Fiorillo con il suo Capitan Matamoros, borioso e spaccone. SPAZIO TEATRALE RINASCIMENTALE Durante il Cinquecento, la civiltà teatrale italiana passò dalla condizione provvisoria dei luoghi teatrali, come i giardini e i cortili delle case signorili, a quella permanente degli edifici stabili. Questo cambiamento segnò una svolta significativa nella storia del teatro italiano. All'inizio del secolo, gli architetti ebbero la possibilità di sperimentare con gli allestimenti teatrali sia negli spazi esterni che interni. Ad esempio, nella Sala delle Udienze del Palazzo della Ragione di Ferrara nel 1502, si utilizzò una forma di semiellisse allungata per le gradonate del pubblico. La cavea venne suddivisa da due tramezzi per separare le donne al centro dagli uomini ai lati. Inoltre, si prevedeva uno spazio privilegiato per l'occhio del principe nel mezzo dell'orchestra. Le sperimentazioni nei luoghi teatrali comportavano generalmente la collocazione delle gradonate del pubblico vicino al lato corto dello spazio quadrangolare del cortile o della sala, con il palcoscenico rialzato all'opposto. Ad esempio, nel teatro provvisorio del Campidoglio del 1513, progettato da Pietro Rosselli, si utilizzò una pianta quadrangolare con gradonate su tre lati e la scena sul quarto lato. La cavea, alta circa sei metri, presentava sette gradini sopra i quali si ergevano pareti decorate. La scena, in linea con altri esempi di scene a portico, aveva cinque aperture chiuse da tende dorate, con altre due aperture recanti la scritta "via ad forum". Un esempio interessante che unisce la cavea vitruviana alla moderna scenografia prospettica è la pianta teatrale disegnata da Sebastiano Serlio nel suo "Secondo Libro della Perspettiva". Questa pianta si riferisce all'esperienza concreta di un allestimento teatrale a Vicenza nel cortile di Palazzo Colleoni Da Porto nel 1539. La cavea aveva una forma semicircolare, ma era inscritta in un perimetro quadrangolare basato sulle dimensioni del cortile privato. Si creavano tre zone distinte all'interno delle quali veniva distribuito il pubblico in base al grado sociale e al sesso. L'orchestra semicircolare, chiamata "piazza del teatro", lasciava uno spazio vuoto di fronte al proscenio, chiamato "piazza della scena", mentre il palcoscenico era inclinato per creare l'e etto prospettico. Nel 1539, Bastiano da Sangallo creò una so tta sopra il palco nel secondo cortile di Palazzo Medici a Firenze per ospitare i congegni aerei degli intermezzi durante la commedia "Commodo" di Antonio Landi. TEATRO OLIMPICO DI VICENZA Un esempio significativo di edificio teatrale permanente del Cinquecento è il Teatro Olimpico di Vicenza, inaugurato nel 1585. Progettato da Andrea Palladio, rappresenta il culmine della ricerca umanistica e rinascimentale sull'architettura degli antichi. Palladio morì prima di completare il progetto, e i lavori furono portati avanti da suo figlio Silla e successivamente da Vincenzo Scamozzi, che aggiunse le prospettive tridimensionali dietro le cinque porte della scaenae frons. Il Teatro Olimpico si inserisce in un edificio preesistente, un teatro romano, e di conseguenza la cavea a gradoni ha una pianta semiellittica per adattarsi al perimetro murario antico, o rendo una migliore visuale per il pubblico sistemato lateralmente. Sopra l'ultimo livello della cavea si erge un elegante peristilio con una balaustra, mentre in basso si trova un'orchestra semiellittica riservata al pubblico illustre. STORIA DEL TEATRO V. Petrone La connessione tra la cavea e la scenae frons è garantita dalle corrette collocazioni delle versurae, dimostrando il superamento degli errori esegetici della precedente tradizione vitruviana. La scaenae frons del Teatro Olimpico si sviluppa su tre livelli: - il piano superiore, l'attico, è interamente decorato con riquadri che mostrano altorilievi; - l'ordine intermedio presenta semicolonne e lesene corinzie intervallate da nicchie con le statue degli accademici olimpici; - il piano inferiore, a livello della scena, ha tre porte centrali e altre due porte laterali corrispondenti alle versurae. La porta centrale, di dimensioni maggiori, è chiamata "ianua regia", mentre le altre due sono chiamate "hospitalia". Dietro a queste cinque porte, Scamozzi creò sette prospettive stradali, tre dietro la porta regia e una dietro ciascuna delle altre porte. Queste prospettive, realizzate in legno e stucco, o rivano un senso di profondità e molte di esse erano percorribili. Rappresentavano le sette vie di Tebe e richiamavano l'"Edipo Re" di Sofocle, che fu la rappresentazione inaugurale del teatro. IL TEATRO DUCALE DI SABBIONETA progettato da Vincenzo Scamozzi nel 1590, presentava una cavea semicircolare unica, conclusa da due ampie volute divergenti, e una via prospettica tridimensionale simile a quelle del Teatro Olimpico di Vicenza. Il loggiato sul retro degli spettatori richiamava il progetto di Palladio, ma il pavimento inclinato verso il palcoscenico era un'innovazione derivata dal Teatro Mediceo di Firenze. IL TEATRO MEDICEO DI FIRENZE realizzato nel 1586 da Bernardo Buontalenti all'interno degli U zi, rappresenta il modello delle moderne sale teatrali. La sua pianta allungata destinava due terzi dello spazio alla cavea e all'orchestra. La cavea a gradoni aveva la forma ad U tipica delle prime sale barocche e accoglieva le gentildonne, mentre l'orchestra ospitava il pubblico maschile, con una pedana centrale per il principe. Il pavimento era leggermente inclinato verso la scena per o rire una migliore visuale, e dal so tto pendevano sedici lumiere che garantivano la ventilazione della sala. Il palcoscenico era dotato di sottopalco, so tta e retropalco per le manovre scenotecniche. IL TEATRO FARNESE DI PARMA progettato da Giovan Battista Aleotti e completato nel 1628, combinava elementi del Teatro Olimpico e del Teatro Mediceo. La sua pianta a U presentava una vasta sala luminosa interamente realizzata in legno e stucco dipinti a imitazione di marmo, anche se la decorazione originale è andata perduta a causa dei danni della Seconda Guerra Mondiale. La cavea a gradoni era sollevata rispetto all'orchestra mediante un alto zoccolo con balaustra, e dietro gli spettatori si innalzava una loggia classicheggiante con arcate praticabili. Il palcoscenico presentava un boccascena elaborato con un sistema di colonne decorate e una profondità maggiore rispetto ai teatri rinascimentali. L'arcoscenico aveva il compito di delimitare la visione e nascondere le zone superiori in cui operavano macchine e macchinisti, e successivamente fu perfezionato da importanti scenografi come Giacomo Torelli, Bernini, Vigarani e Burnacini. IL TEATRO BAROCCO Durante il Seicento, si verificò un cambiamento di gusti nella cultura che portò a nuovi valori e scopi nello spettacolo. Rispetto al Rinascimento, emersero nuovi generi teatrali che andavano oltre i tradizionali generi aristotelici di tragedia e commedia. Questi nuovi generi si arricchirono con altre forme d'arte, in particolare la musica, dando vita al "Melodramma". La scenografia barocca si concentrò sull'esaltazione della natura, considerata come una dimensione infinita, a ascinante e sorprendente. Attraverso l'uso di macchine sceniche, si riuscì a creare illusioni di straordinarie immagini naturali. L'approccio alla natura metteva in relazione il teatro con STORIA DEL TEATRO V. Petrone IL TEATRO SPAGNOLO IN EPOCA BAROCCA Nel XVI secolo, in Spagna, esistevano due principali forme teatrali: lo spettacolo di corte e gli "autos", che erano drammi sacri rappresentati su carri mobili ornati. Nel XVII secolo, il dramma sacro continuò a essere popolare grazie alla sua imponenza scenica e ai miglioramenti drammaturgici. Nel teatro comico professionale, personaggi come Lope de Rueda e Alberto Naselli (Gian Ganassa) risposero alla crescente domanda di spettacoli teatrali da un mercato in costante crescita. In Spagna, la popolarità del teatro professionale portò alla creazione di nuovi spazi teatrali permanenti chiamati "corrales" o cortili. Il primo di questi fu il "Corral del la Cruz" a Madrid nel 1579, seguito dal "Corral del Principe". Questi teatri erano gestiti da ricche confraternite di assistenza e pietà e presentavano caratteristiche uniche, come l'uso di elementi architettonici integrati nella scena e il monopolio delle confraternite sugli spazi teatrali. Gli spettatori pagavano una tassa per finanziare gli attori all'ingresso principale e un'altra per finanziare la confraternita in un'area specifica del teatro. I prezzi dei posti variavano a seconda della posizione all'interno del teatro, con le finestre delle case private a ttate come posti più costosi. Il palcoscenico, chiamato "tablado", era situato al centro del cortile, rialzato da terra e dotato di botole. Dietro gli attori c'era la "parete scenica" con tre porte per l'ingresso e l'uscita degli attori. Sopra c'erano due piani balconati chiamati "corredores", e ancora più in alto c'era lo spazio nascosto per le macchine sceniche chiamato " desvàn de los tornos", dove venivano posizionati teli dipinti per indicare i cambi di scena. Durante il XVII secolo si sviluppò il "Siglo de Oro" della drammaturgia spagnola, con l'emergere di importanti autori e opere. Uno dei principali protagonisti di questo periodo fu Felix Lope de Vega Carpio (1562-1635), che creò la "comedia nueva". Nei suoi scritti, come il trattato "Nuova Arte di far Commedie in Questi Tempi" (1609), si discostò dai precetti classici, come le teorie aristoteliche, fondendo elementi comici e tragici per creare la "tragicommedia". Divise le opere in tre atti chiamati "jornadas" e utilizzò versi polimetri. La sua vasta produzione comprende commedie d'intreccio come "La Dama Sciocca" (1613) e "Il Cane dell'Ortolano" (1614), commedie basate su eventi storici come "Fuente Ovejuna" (1614), tragedie come "Il Castigo Senza Vendetta" (1631) e anche drammi sacri chiamati "autos". Tirso de Molina (1584-1648), pseudonimo del frate Gabriel Tèllez, è famoso per la sua commedia romantica "Il Burlatore di Siviglia o il Convitato di Pietra" (1630), che ha contribuito al successo del mito di "Don Giovanni". Un altro importante drammaturgo del Siglo de Oro fu Pedro Calderón del la Barca (1600-1681). Scrisse sia commedie d'intreccio sia commedie filosofico-teologiche, come "La Vita è Sogno" (1635). È considerato un maestro del genere "auto", caratterizzato da una forte componente teologica, una ricchezza tematica e formale, e uno sfarzoso apparato scenografico. Tra le sue opere più note vi è "Il Gran Teatro del Mondo" (1633-1636). TEATRO FRANCESE IN EPOCA BAROCCA Nel XVI secolo, il teatro in Francia conobbe un periodo di grande sviluppo chiamato "Grand Siècle". Questo periodo fu favorito dalle politiche culturali del cardinale Richelieu, primo ministro di Re Luigi XIII. Ci furono due importanti fenomeni che caratterizzarono questo periodo. Inizialmente, la sala pubblica dell'Hotel de Bourgogne venne a ttata dalle compagnie teatrali. Nel 1548, fu inaugurata dalla Confrèrie de la Passion. Successivamente, nel 1629, i Comédiens du Roi diventarono la prima troupe stabile ad esibirsi in quella sala. Nello stesso periodo, anche gli "auteurs à gages" (autori stipendiati) iniziarono a lavorare per il teatro. Nel 1641, Luigi XIII emanò un editto che riconobbe u cialmente la professione degli attori. STORIA DEL TEATRO V. Petrone Con la fondazione dell'Académie Française nel 1635 da parte di Richelieu, il teatro divenne uno strumento politico per ra orzare l'assolutismo monarchico. L'istituto aveva lo scopo di unificare la lingua francese e di stabilire gli orientamenti culturali della letteratura drammatica. Questo portò a un classicismo normativo che prevedeva la concentrazione dell'azione, l'adesione alle tre unità pseudo-aristoteliche, una netta distinzione tra il genere tragico e il comico, e il rispetto delle regole di "vraisemblance" (verosimiglianza) e "bienséance" (decoro). Gli spazi teatrali durante il periodo barocco in Francia erano allestiti in luoghi preesistenti come le case degli aristocratici o le sale utilizzate per il gioco della pallacorda. In seguito, vennero creati teatri stabili come il "Théâtre du Marais" nel 1634 e il "Comédie Française" nel 1680, che divenne il primo teatro pubblico al mondo ad avere il monopolio delle rappresentazioni drammatiche, mentre l'"Opéra" era destinato alle opere musicali. Per quanto riguarda la scenografia c'era un forte influsso della scenografia italiana con l'uso della prospettiva e delle quinte angolari. Si poteva trovare anche la scena "paratattica" di origine medievale, ma vi erano anche nuove forme creative come la scena parapettata e plafonata, che creava ambienti domestici per le rappresentazioni comiche. Drammaturghi più importanti del "Grand Siècle" uno dei primi fu Pierre Corneille (1606-1684). Egli fu uno dei primi autori a essere influenzato dalle direttive dell'Académie. La sua opera più famosa è la tragicommedia "Le Cid" del 1637. Corneille iniziò come commediografo per la compagnia dell'attore Montdory, scrivendo opere come "Melita" nel 1630 e "Piazza Reale" nel 1633. Con opere come "L'illusion comique" del 1635, utilizzò il meccanismo del teatro nel teatro per creare giochi di inganno su tre diversi livelli di rappresentazione. Le sue tragedie erano idealiste, con eroi di volontà ferrea pronti a sacrificare l'onore aristocratico per l'amore, come in opere classiche come "Orazio" (1640), "Cinna o la Clemenza d'Augusto" (1640), e "Poliuto" (1641). Molière, il principale maestro della commedia di questo periodo fu Jean-Baptiste Poquelin, noto come Molière (1622-1673), che fu attivo sia come attore che come commediografo durante il regno di Luigi XIV. Molière fu influenzato dagli spettacoli dei comici dell'arte italiani come Giuseppe Bianchi (Capitan Spezzaferro) e Tiberio Fiorilli (Scaramouche) tra il 1633 e il 1642. La sua prima commedia fu "Lo Stordito" nel 1655, ma ottenne successo a Parigi con "Le preziose ridicole" nel 1659. Molière iniziò una satira sociale nei suoi lavori, come nella "Scuola delle mogli" nel 1662. Nell'ultimo decennio della sua vita, Molière scrisse "commedie di carattere" in cui i protagonisti erano caratterizzati da un tratto specifico della loro personalità, presentato in modo grottesco e ridicolo, come l'ipocrisia in "Tartu e" (1664), il libertinismo in "Don Giovanni" (1665), l'intransigenza di Alceste ne "Il misantropo" (1666), la brama di denaro di Arpagone ne "L'avaro" (1668), e l'ipocondria di Argante ne "Il malato immaginario" (1673). Il più grande tragediografo di questo periodo fu Jean Racine (1639-1699), che aderì alle norme classicistiche, utilizzò l'elegante e melodioso verso alessandrino e creò personaggi tormentati da passioni distruttive. Opere come "Britannico" (1670), in cui il sentimento perverso di Nerone per Giunia lo spinge ad avvelenare Britannico, e "Fedra" (1677), che racconta l'amore incestuoso di Fedra per il figliastro Ippolito, mostrano la sua ispirazione dai miti di Euripide e Seneca e la sua attenzione alla psicologia dei personaggi. La Commedia dell'Arte italiana si di use in Europa con il successo delle compagnie italiane che iniziarono a esibirsi al di fuori dell'Italia. In Francia, le compagnie della Commedia dell'Arte furono accolte con favore dalle regine Caterina de' Medici e Maria de' Medici. STORIA DEL TEATRO V. Petrone Alberto Naselli (Gian Ganassa) e sua moglie Barbara Flaminia (Ortensia) si esibirono a Linz, Presburgo, Vienna e poi a Spira e Parigi. Tristano Martinelli, insieme a suo fratello Drusiano, ottenne successo in Inghilterra durante il regno della Regina Elisabetta I. Tristano creò il personaggio di Arlecchino e si esibì anche in Spagna. Nel 1600, Tristano partecipò alle nozze di Enrico IV di Borbone e Maria de' Medici, sfruttando l'occasione per inserirsi nel circuito teatrale francese. Nel 1603, Francesco e Isabella Andreini e il loro figlio Giovan Battista Andreini furono accolti trionfalmente alla corte inglese della regina Elisabetta I. In Francia, Giovan Battista Andreini diresse la sua compagnia e si esibì di fronte al nuovo monarca, Luigi XIII, nel 1621. In Spagna, dopo il periodo di successo dei Naselli e dei Martinelli, la presenza dei comici dell'Arte italiani diminuì a causa della propaganda antispagnola e della concorrenza delle compagnie spagnole. In Inghilterra, la competizione era minore, e con la fine del periodo puritano di Oliver Cromwell nel 1660, il paese aprì le porte alle compagnie straniere. Nonostante l'opposizione dei puritani di Londra, Tiberio Fiorilli (Scaramouche) si esibì con successo alla White Hall Banqueting House nel 1675 e lavorò anche con Molière a Parigi tra il 1658 e il 1659. In Francia, le compagnie dell'improvvisa continuarono a utilizzare l'italiano in scena per lungo tempo, ma gradualmente inserirono battute in francese, adattandosi alla cultura locale e introducendo tematiche morali. Tuttavia, nel maggio 1698, la messinscena de "La Fausse Prude" suscitò l'ira del Re Luigi XIV per l'o esa alla sua amante Madame de Maintenon. Ciò portò alla chiusura dell'Hotel de Bourgogne e all'espulsione degli attori italiani, che furono vietati di recitare entro trenta leghe da Parigi. Solo nel 1716 poterono tornare nella capitale. Luigi Riccoboni (Lelio), direttore della Nouvelle Troupe Italienne du Roi, si occupò di rilettura metateatrale dei testi italiani, ibridando il genere comico e tragico e infrangendo le distinzioni dei generi. Le generazioni successive di comici dell'Arte portarono alla fusione definitiva dell'improvvisa con l'opéra-comique. TEATRO ELISABETTIANO Nel XVI secolo inglese, durante il regno di Elisabetta I Tudor (1558-1603), si verificò un notevole sviluppo economico e culturale che portò alla definizione del periodo come "Età Elisabettiana". Nel contesto teatrale, il termine "teatro elisabettiano" si riferisce alla produzione drammatica che si estese dal 1576 al 1642, anche se è possibile individuare due fasi distinte all'interno di questo periodo, caratterizzate da di erenze lessicali, strutturali e sceniche che li distinguono dal teatro durante i regni di Giacomo I Stuart e Carlo I. Per lo studio del teatro elisabettiano, abbiamo a disposizione due tipi di fonti: - Fonti storiche esterne: Queste fonti comprendono documenti legati alla costruzione e gestione dei teatri, come il diario di Philip Henslowe, un impresario del teatro Rose, che fornisce dettagli preziosi, inclusi aspetti economici, sulle attività svolte nel suo teatro. Le lettere private ricostruiscono le relazioni spesso complesse tra attori, impresari e drammaturghi, mentre i documenti pubblici, come quelli del 1642, regolavano l'attività teatrale o ne proibivano la pratica. Altre fonti esterne includono i registri del Revels O ce, che supervisionava le feste di corte, quelli della Stationer's Company, che rilasciava licenze per la pubblicazione dei testi drammatici, e quelli dell'O ce Works, che forniva sedie e palcoscenici per gli spettacoli di corte. STORIA DEL TEATRO V. Petrone Le opere di Shakespeare si suddividono in tre generi principali: commedie, drammi storici e tragedie. Alcune opere presentano caratteristiche che rendono di cile collocarle in una categoria specifica. Un ulteriore genere, chiamato "romances" (drammi romanzeschi), è stato aggiunto dalla critica. Per attribuire le opere a Shakespeare, si sono utilizzati criteri esterni come frontespizi, iscrizioni alla Stationer's Register e testimonianze dei contemporanei, insieme a criteri interni basati su tematiche, stile e metrica. Il canone delle opere di Shakespeare è definito dal First Folio, una raccolta pubblicata nel 1623 da John Heminge e Henry Condell, con un'introduzione di Ben Jonson. Questo volume contiene 36 opere attribuite a Shakespeare, di cui 17 erano già note e 18 erano inedite. Alcune opere successive, come "I Due Nobili Congiunti" e "Pericle, Principe di Tiro", sono state attribuite a Shakespeare in seguito. Nonostante la mancanza di date precise, la produzione di Shakespeare può essere suddivisa in cinque periodi: - primo periodo (1590-1593), scrisse opere come "Enrico VI", "Riccardo III" e "La Commedia degli Orrori" - secondo periodo (1595-1599), scrisse opere come "Riccardo II", "Re Giovanni" e "Romeo e Giulietta". - terzo periodo (1600-1604) include opere come "Giulio Cesare", "Hamlet" e "Misura per Misura". - quarto periodo (1605-1608), scrisse opere come "Otello", "King Lear" e "Macbeth". - quinto periodo (1609-1613), scrisse opere come "Pericle", "Cymbelino" e "The Tempest". IL SETTECENTO Durante il Settecento, il teatro subì importanti riforme che miravano a elevare la sua dignità artistica e culturale. Gli autori principali di questo periodo, come Goldoni, Lessing e Alfieri, si impegnarono nel rinnovamento del teatro, attribuendogli una funzione educativa e morale. Pertanto il settecento viene definito dalla critica come “ il secolo delle riforme”. Le riforme coinvolsero la drammaturgia, la messinscena, la recitazione e il rapporto con il pubblico. Si cercò di superare il tradizionale dualismo tra tragedia e commedia introducendo il concetto di "dramma" e di creare un'atmosfera di verosimiglianza e naturalezza sulla scena. Le teorie sull'arte della recitazione e sulle tecniche di allestimento si svilupparono durante questo periodo, con l'obiettivo di creare interpretazioni realistiche e enfatizzare la personalità dei personaggi attraverso l'uso di costumi appropriati. Non tutte le proposte di riforma furono immediatamente attuate, ma il dibattito che le accompagnò conferì al teatro un ruolo centrale nella cultura dell'epoca, riconoscendo la sua funzione pedagogica e il potere di comunicazione sociale. La visione razionalista e illuminista del teatro durante il Settecento attribuì a questa forma d'arte un ruolo culturale e morale significativo. L'Enciclopedia e le opere di Marmontel promossero l'idea del teatro come "scuola di costumi e virtù" e come veicolo per di ondere conoscenze. Tuttavia, ci furono anche critiche al ruolo del teatro, Rousseau sostenne che gli spettacoli tradizionali rendevano il pubblico passivo e promosse l'idea di una partecipazione attiva degli spettatori, anticipando il concetto di festa rivoluzionaria. Nel XVIII secolo si sviluppò un dibattito sull'arte dell'attore e sulla reazione che essa poteva suscitare nel pubblico. Da un lato c'era l'emozionalismo, che sosteneva che l'attore dovesse provare personalmente i sentimenti espressi STORIA DEL TEATRO V. Petrone sulla scena, mentre dall'altro c'era l'antiemozionalismo, che sosteneva che l'attore dovesse costruire l'interpretazione senza coinvolgimento emotivo. Queste teorie sono state sintetizzate nei trattati "L'attore" di Rémond de Sainte-Albine e "L'Arte del teatro" di Antoine-François Riccoboni. L'emozionalismo enfatizzava la spontaneità e l'ispirazione immediata per rendere viva e credibile la performance dell'attore. Si credeva che un attore fosse e cace se riusciva ad attingere alle proprie esperienze emotive e ad immedesimarsi nei sentimenti del personaggio, in modo che apparissero sinceri allo spettatore. Questa teoria sottolineava l'importanza dell'interiorità psicologica dell'interprete e dell'identificazione con il personaggio. D'altra parte, l'antiemozionalismo privilegiava la tecnica, il controllo razionale e lo studio della parte. Secondo questa prospettiva, l'attore doveva prima sviluppare una solida competenza tecnica, includendo posture, gesti e uso della voce, per poi studiare la parte in modo consapevole, tenendo conto del contesto e del carattere del personaggio. Denis Diderot, nel suo trattato "Paradosso sull'attore", sosteneva in modo paradossale che l'attore che costruisce la sua parte con un controllo freddo e calcolato dei mezzi espressivi riesce a suscitare maggiore emozione nel pubblico. Secondo Diderot, l'attore che prova direttamente le emozioni che deve rappresentare rischia di recitare in modo incoerente e incontrollabile, perdendo di vista la coerenza dell'intera parte. L'attore talentuoso, per Diderot, è un "grande mistificatore" che interpreta così bene il personaggio da far credere al pubblico che sia il personaggio stesso. Nella terza parte delle sue Memorie, Carlo Goldoni descrive il ruolo innovativo di tre grandi attori-comici del Settecento: David Garrick in Inghilterra, Préville in Francia e Sacchi in Italia. Garrick, in particolare, è riconosciuto come un attore rivoluzionario per il suo stile di recitazione "naturale" e per la sua capacità di immedesimarsi nei personaggi. Garrick introdusse un modo di gestire e muoversi sulla scena completamente nuovo. In un'epoca in cui l'azione fisica e il movimento erano considerati volgari, egli portò sulla scena un'espressività facciale e gestuale straordinaria. La sua recitazione si basava sulle variazioni tonali della voce, sulle espressioni del viso e sul rapporto del corpo con lo spazio scenico. La sua abilità nel trasformarsi in personaggi comici e tragici diversi lo rendeva un modello di riferimento per gli spettatori del Settecento, che consideravano la sua recitazione come una novità rispetto alla semplice potenza declamatoria e alle pose stilizzate. Oltre alle sue capacità artistiche, Garrick è anche noto per essere stato uno dei primi esempi di attore-manager in Europa. A partire dal 1747, diventò comproprietario e impresario del teatro Drury Lane a Londra. Gestì il teatro in tutte le sue fasi, curando la direzione della compagnia, la scelta dei testi, gli adattamenti e persino gli aspetti tecnici come scenografie, costumi e illuminazione. Garrick ottenne successo internazionale e si ritirò dalle scene nel 1776, tre anni prima della sua morte. Il suo funerale e la sepoltura nell'abbazia di Westminster furono considerati un riconoscimento u ciale dell'Inghilterra per il valore civico del teatro e l'arte dell'attore, suscitando ammirazione in tutta Europa. Nel suo scritto, Carlo Goldoni menziona Pierre-Louis Dubus, noto come Préville, come un attore comico di talento, anche se non il più significativo del suo tempo. Préville era famoso per le sue interpretazioni alla Comédie- Française, inclusa la sua performance come protagonista ne "Il burbero benefico" di Goldoni. STORIA DEL TEATRO V. Petrone Durante quel periodo, molti attori drammatici di fama si erano ritirati dalle scene, come Lekain, Dumesnil e Clairon. Lekain, attore tragico, era anche un abile direttore e aveva promosso riforme teatrali come l'eliminazione dei posti a sedere sul palcoscenico. Dumesnil era nota per la sua recitazione emozionale e naturale, ma talvolta caricata nella gestualità e nell'espressione vocale intensa. Clairon, invece, si distingueva per la sua cura nella costruzione del personaggio attraverso uno studio accurato e per la sua attenzione ai dettagli gestuali e costumistici. Goldoni menziona anche la tradizione italiana della commedia dell'arte, rappresentata da Antonio Sacchi, noto come Tru aldino. Sacchi era un attore colto e poliedrico, leader di una compagnia teatrale che si esibiva sia in commedie dell'arte che in drammi premeditati e tragedie. Era particolarmente associato a Goldoni e Gozzi, che scrivevano opere specificamente per lui e la sua compagnia. Sacchi godette di fama internazionale e si esibì in tutta Europa, ma alla fine della sua vita morì povero a Marsiglia. Goldoni sottolinea la di erenza tra il riconoscimento civile ed economico ottenuto dai suoi colleghi europei e la condizione sociale e istituzionale di discredito che gli attori italiani, compreso Sacchi, dovevano a rontare fino al secolo successivo. All'inizio del XVIII secolo, l'opera in musica era diventata il principale tipo di intrattenimento teatrale, ma il genere aveva subito una decadenza a causa dell'influenza dei cantanti e degli impresari che privilegiavano la musica rispetto alla trama e all'azione scenica. Benedetto Marcello nel suo Teatro alla moda, pubblicato nel 1720, critica questa situazione satirizzando il mondo del melodramma con trame illogiche e personaggi inverosimili. L'intellettualità del periodo, in particolare l'ambiente dell'Arcadia, invocava una riforma dell'opera in musica. Questa riforma si concentrava sul libretto, che doveva presentare azioni coerenti e razionali. Venivano scelte storie principalmente serie o tragiche con pochi personaggi, al fine di sviluppare una trama semplice e lineare. Lo stile del libretto doveva essere chiaro, musicale e facilmente cantabile e memorizzabile dal pubblico. Gli auspici degli intellettuali furono realizzati grazie all'opera di librettisti come Apostolo Zeno e Pietro Metastasio. Metastasio, poeta della corte imperiale di Vienna, completò la riforma del genere melodrammatico. I suoi libretti, come "Didone abbandonata" del 1724, ottennero grande attenzione da parte dei musicisti che si sfidarono per musicarli e contribuirono alla di usione della lingua italiana in tutta Europa. Con Metastasio, il libretto divenne un'opera autonoma in cui la parola riacquistava dignità poetica e drammatica, esprimendo il conflitto dei personaggi divisi tra dovere e passione. I libretti di Metastasio presentavano un'azione lineare e chiara attraverso dialoghi tra pochi personaggi che avanzavano la trama e esprimevano sentimenti in modo patetico ma definito. La struttura del libretto alternava recitativi e arie, i primi proseguivano l'azione in forma dialogica o monologica, mentre le arie esprimevano i sentimenti dei personaggi. Ranieri de' Calzabigi e Christoph Willibald Gluck proseguirono sulla strada della razionalizzazione intrapresa da Metastasio. Insieme realizzarono un melodramma riformato in senso razionale, semplificando ulteriormente l'azione e adottando una musica essenziale, senza virtuosismi nelle arie, a favore di un recitativo drammatico accompagnato dall'orchestra. LA RIFORMA DELLA DRAMMATURGIA: DIDEROT E IL GENERE SERIO Denis Diderot, attraverso i suoi scritti teorici e le sue opere drammatiche, ha contribuito in modo significativo alla riforma della drammaturgia nel XVIII secolo. Nel suo tentativo di innovare la tecnica di scrittura teatrale, Diderot STORIA DEL TEATRO V. Petrone I titoli delle commedie riflettono l'approccio drammatico: ogni personaggio viene identificato da un aggettivo che ne sottolinea la principale caratteristica morale o di personalità. Dal lato maschile, Goldoni sperimenta la figura di Pantalone D'Arbes, che, nonostante compaia in scena con il tradizionale costume della maschera, subisce un'evoluzione psicologica realistica e moderna. Pantalone diventa l'emblema dell'onesto mercante veneziano, sostenitore dell'etica del lavoro, dell'onestà, del buonsenso e dei valori della famiglia tradizionale. Così, Goldoni lo presenta come interprete dell'etica borghese della classe media veneziana dell'epoca, in cui l'autore vede una speranza di rinnovamento per la società. Lavorando a Venezia, considerata la capitale italiana dello spettacolo con sei teatri pubblici aperti per gran parte dell'anno, Goldoni riesce in pochi anni a modificare le abitudini della scrittura comica. Propone un modello di teatro definito "riformato", che si sviluppa gradualmente senza sconvolgere il pubblico, ma accompagnando il cambiamento di gusto verso un tipo di teatro non solo divertente, ma anche specchio dei valori utili e morali della società. Goldoni mira a imporre la supremazia del testo interamente scritto e a trasformare l'improvvisazione in una tecnica premeditata basata sullo studio degli attori. Questo processo non mira a mortificare il talento degli attori, ma piuttosto a esaltarlo attraverso una sinergia tra la scrittura del drammaturgo e l'interpretazione scenica. Goldoni rivendica una moralità e una dignità professionale inedite per gli attori dell'epoca, riconoscendo il loro ruolo come mediatori in un teatro onorato ed educativo, contrapponendosi al comune discredito sociale che i comici professionisti subivano. La stagione dell'anno comico 1750-1751, conosciuta come la stagione delle "sedici commedie nuove", è stata fondamentale per l'a ermazione della riforma di Goldoni. Durante la vendita degli abbonamenti, la compagnia Medebach si trovò in di coltà a causa di defezioni improvvise, tra cui quella dell'attore Cesare D'Arbes. Goldoni, per rispondere alle aspettative del pubblico, promise sedici nuove commedie anziché le otto previste dal suo contratto. Nonostante la sfida gravosa, riuscì a portarla a termine con grande successo, producendo opere come "Il teatro comico", "La bottega del ca è" e "Il bugiardo", che sono considerate alcuni dei suoi capolavori. Nello stesso periodo, Goldoni si rese conto del suo valore e decise di avviare un progetto editoriale in collaborazione con Medebach e lo stampatore Bettinelli. Il primo volume delle sue commedie venne pubblicato alla fine del 1750. Tuttavia, questa iniziativa portò a conflitti sempre più intensi con il capocomico, poiché legalmente i copioni appartenevano alla compagnia, mentre Goldoni rivendicava la paternità artistica delle commedie. Questa disputa, insieme ad altre ragioni, lo spinse ad allontanarsi dalla compagnia e ad accettare un'o erta più vantaggiosa dall'impresario del teatro San Luca a partire dalla Quaresima del 1753. Prima di lasciare la compagnia di Medebach, Goldoni scrisse diversi capolavori che garantirono il successo della compagnia. Durante questo periodo, si concentrò sulla figura della servetta Maddalena Marliani, nota come Corallina, che era tornata nella compagnia nel 1752 dopo un periodo di assenza. Alla fine dell'anno, Goldoni scrisse per lei "La locandiera", forse la sua commedia più famosa. In questa commedia, Goldoni adattò il ruolo della servetta a protagonista, creando un personaggio di Mirandolina, una locandiera astuta e intraprendente che si confronta con tre corteggiatori e sfida l'arroganza del Cavaliere, portandolo a cambiare idea sulle donne e facendolo innamorare. Alla fine, Mirandolina sposa il cameriere Fabrizio, raccomandatole dal padre, per garantire la sua esistenza borghese basata sul lavoro e sulla prudenza. STORIA DEL TEATRO V. Petrone Questa commedia è un esempio del realismo goldoniano ispirato alla realtà, ma filtrato attraverso le tecniche teatrali che rendono il contenuto attraente per il pubblico. Goldoni scriveva i suoi copioni su misura per gli attori, e la trama e i personaggi erano adattati alle loro capacità interpretative. Il passaggio al teatro San Luca, tuttavia, presentò nuove sfide per Goldoni. Il teatro aveva dimensioni più ampie e non era adatto al formato intimo delle sue precedenti commedie. Pertanto, dovette fare compromessi, abbandonando i soggetti ispirati alla vita contemporanea per sperimentare nuove ambientazioni esotiche e creare dispositivi scenici e caci. Una delle sue sperimentazioni di successo fu la cosiddetta "trilogia persiana", composta da "La sposa persiana" (1753), "Ircana in Iulfa" (1755) e "Ircana in Ispaan" (1756), che ottennero un grande successo di pubblico. Nella seconda metà degli anni '50, Goldoni a rontò diverse di coltà legate alla sua relazione con la compagnia di San Luca, alle polemiche con Pietro Chiari e Carlo Gozzi, e al processo legale per i diritti dell'edizione delle sue commedie con Bettinelli. Questi elementi portarono Goldoni a uno stato di malessere e depressione. Tuttavia, all'inizio degli anni '60, ritrovò nuovi stimoli creativi e scrisse una serie di commedie in cui i principi della riforma teatrale si esprimevano con piena maturità. Queste commedie includevano uno studio psicologico approfondito dei personaggi e un'attenzione rinnovata all'ambiente sociale. Alcuni dei suoi successi di questa fase furono le commedie di ambientazione borghese e veneziana come "I rusteghi" (1760), "La casa nova" (1761), "Sior Todero brontolon" (1762) e "Una delle ultime sere di carnovale" (1762). In queste opere, i personaggi si trovano in conflitto con la società circostante e le vicende, incentrate sulle contrapposizioni tra vecchi e giovani, e tra uomini e donne, sfiorano tensioni e disagi nevrotici. Lo sguardo di Goldoni sulla società borghese perse la serenità e divenne amaramente critico nei confronti di una classe che non riuscì a rappresentare una forza di cambiamento e si chiuse in un isolamento imitando in modo maldestro i costumi dell'aristocrazia in decadenza. La Trilogia della villeggiatura, composta nel 1761 e composta da "Le smanie per la villeggiatura", "Le avventure della villeggiatura" e "Il ritorno dalla villeggiatura", rappresenta un a resco sociale articolato in cui Goldoni racconta la parabola fallimentare di un gruppo di borghesi che cerca una vita al di sopra delle proprie possibilità durante una villeggiatura fuori città. Questi borghesi si sottomettono a un rito sociale costoso e a convenzioni sempre più restrittive, che li conducono a una duplice rovina economica e sentimentale. Nel 1762, Goldoni lasciò Venezia per Parigi, dove fu chiamato a collaborare con la Comédie-Italienne come autore di nuovi testi per il repertorio. Inizialmente, considerava questo incarico come temporaneo e un'opportunità per sperimentare la sua riforma teatrale nel contesto francese, oltre a concedergli una pausa dal di cile mercato teatrale veneziano e dagli attacchi dei suoi avversari. Tuttavia, il suo soggiorno a Parigi si rivelò definitivo, e Goldoni dovette a rontare le sfide legate alla di erenza di stile e approccio attoriale. Gli attori della Comédie-Italienne erano ancora abituati all'improvvisazione e trovavano di coltà nell'adattarsi alle modalità della commedia di carattere proposta da Goldoni. Nonostante queste di coltà, Goldoni riuscì a creare alcune commedie convincenti durante il suo periodo parigino, facendo tesoro delle circostanze sfavorevoli. Un esempio di ciò è "Il ventaglio" del 1765, una commedia che si basa principalmente sul gioco scenico, sul ritmo e sulla concatenazione di equivoci e azioni. La regia contemporanea ha saputo evidenziare anche aspetti amari e inquietanti della trama. Nonostante le di coltà incontrate nel contesto francese, Goldoni riuscì a rielaborare le sue idee e a creare opere che conservavano il suo tocco distintivo. LA CONTRORIFORMA DI CARLO GOZZI STORIA DEL TEATRO V. Petrone Carlo Gozzi (1720-1806), un nobile veneziano e acerrimo nemico di Goldoni, ha lasciato un'impronta significativa nel panorama della commedia italiana del Settecento. La sua ostilità verso Goldoni emerse soprattutto a metà degli anni '50 a Venezia, durante un vivace dibattito teatrale che coinvolgeva ragioni commerciali, culturali e letterarie. Tuttavia, l'attacco di Gozzi si basava su radici ideologiche antilluministe che andavano oltre la disputa letteraria. Egli percepiva il teatro di Goldoni come un pericoloso attacco alla tradizione e alla struttura stessa della società veneziana, ritenendo che la rappresentazione realistica della classe borghese e la satira dell'aristocrazia potessero sovvertire l'ordine e la stabilità collettiva. Gozzi criticava anche il fatto che Goldoni fosse un drammaturgo professionista che viveva del proprio lavoro teatrale, accusandolo di venalità, popolarità ottenuta attraverso mezzi volgari e ignoranza delle regole della composizione letteraria. Pertanto, all'inizio degli anni '60, Gozzi decise di contrapporre una sua "controriforma" teatrale a quella di Goldoni. La prima manifestazione di questa controriforma fu la fiaba teatrale "L'amore delle tre melarance", debuttata nel gennaio 1761 con la collaborazione della compagnia di Antonio Sacchi. Questa fiaba era scritta in forma di canovaccio, con parti scritte e altre improvvisate, coinvolgeva maschere dell'arte e presentava il gusto della parodia, includendo sul palcoscenico i "rivali" Goldoni e Chiari sotto le spoglie dei personaggi comici mago Celio e fata Morgana. Questo esperimento ottenne un enorme successo, incoraggiando Gozzi a continuare a scrivere. Gozzi sostenne la compagnia come autore dilettante, o rendo i suoi testi gratuitamente. Il suo repertorio era basato su vicende esotiche e fiabesche, con l'inclusione di personaggi tipici della commedia dell'arte e l'uso di e etti scenici, trasformazioni, magie e incantesimi. Alcune delle sue fiabe teatrali più celebri, composte tra il 1762 e il 1765, includono "Re cervo", "Turandot" e "L'augellin belverde". La scelta del genere fiabesco rappresentava una negazione categorica del realismo goldoniano e del genre serieux, ma al contempo soddisfaceva il gusto del pubblico settecentesco per l'esotico e il fantastico. Con il passare del tempo, Gozzi abbandonò gradualmente i tipi e gli stilemi della commedia dell'arte, che erano ormai in declino. Verso la fine degli anni '60, inaugurò un nuovo filone di teatro romanzesco ispirato ai modelli spagnoli, noti come "drammi spagnoleschi". Queste opere presentavano trame articolate e personaggi che rispettavano precisi ruoli comici, garantendo alla fine un lieto fine consolatorio con il ripristino dei rapporti gerarchici e dell'ordine costituito. Questi drammi spagnoleschi continuarono ad essere prodotti fino alla fine del secolo, sostenendo l'ideologia conservatrice dell'autore. TRAGEDIA IN FRANCIA E IN ITALIA Nel Seicento, il genere tragico raggiunse l'eccellenza artistica nella forma della tragedia classicistica francese, con autori come Corneille e Racine che ne fecero un modello per tutta Europa. Questo successo continuò anche nel secolo successivo, nonostante la crescita del genere serio e della commedia nei repertori teatrali. La scrittura tragica rimase un oggetto di interesse compositivo per l'elevatezza stilistica e l'estetica dei contenuti, rappresentando il più alto esempio di poesia drammatica. In Francia, importanti autori letterari si cimentarono nella tragedia, tra cui François-Marie Arouet, noto come Voltaire, che scrisse una ventina di tragedie, tra cui "Zaira" (1732) e "Merope" (1743). Voltaire si ispirò all'esperienza inglese e al teatro di Shakespeare per proporre un rinnovamento della struttura del genere. Egli ampliò le tematiche trattate, includendo soggetti esotici o tratti dalla storia nazionale, e diede maggiore importanza all'azione sul palcoscenico e agli e etti scenici. Voltaire stesso si impegnò personalmente nella messinscena delle sue tragedie, curando costumi storici, comparse e e etti speciali. Nonostante queste innovazioni, l'impianto drammatico delle sue tragedie rimase fortemente classicistico, con l'utilizzo delle tre unità, del verso e con pochi personaggi psicologicamente approfonditi, seguendo l'esempio di Racine. STORIA DEL TEATRO V. Petrone Il principale obiettivo della "Drammaturgia d'Amburgo" era la formazione di un nuovo pubblico che partecipasse attivamente al teatro, considerandolo un evento culturale in grado di formare una coscienza nazionale. Lessing concepiva il teatro come un luogo di scambio culturale e sociale, aperto a una serie di interazioni tra la realtà concreta e i modelli ideali di comportamento. Lessing stesso contribuì personalmente al nuovo repertorio teatrale attraverso le sue opere, con il suo miglior risultato rappresentato da "Minna von Barnhelm o la fortuna del soldato", una commedia del 1767 ambientata durante la guerra dei sette anni. La pièce presentava personaggi contemporanei con cui lo spettatore poteva identificarsi nei comportamenti e nei valori. Il conflitto ruotava attorno all'onore, al denaro e ai sentimenti, temi che sarebbero diventati centrali in molte delle future tragedie borghesi. "MinnavonBarnhelm"èunacommediadiLessingchenarralastoriadiunmaggiore dell'esercito,Tellheim,ediMinna,unadonnariccacheerastatalasuapromessasposa. Tellheimèstatocongedatoperfalseaccusedicorruzioneesitrovaindi coltàfinanziarie.Non volendocomprometterelareputazionediMinna,siallontanadalei.Tuttavia,Minnaintende comunquesposarloeingannaTellheimdicendoglidiesserestatadiseredatadalsuotutore perchéharifiutatodisposareunaltrouomo.Allafine,leaccusecontroTellheimsirivelano infondate,iltutorediMinnasmascheral'ingannodiMinnasullasuacondizioneeconomica,ei duepossonosposarsifelicemente. In questa commedia, Lessing mette in contrasto i personaggi, che vengono caratterizzati attraverso dialoghi vivaci. Le tematiche a rontate riguardano principalmente storie private e familiari, concentrandosi sui conflitti tra padre e figlia. In opere come "Miss Sarah Sampson" ed "Emilia Galotti", Lessing sposta l'attenzione dai conflitti politici e storici ai contrasti all'interno delle famiglie borghesi. Queste opere a rontano temi come la ribellione contro l'autorità paterna e la difesa della libertà individuale. Lessing esprime anche un messaggio di denuncia del potere assoluto dei principi, promuovendo l'importanza della tolleranza e della libertà individuale. Le sue opere riflettono l'ideale illuminista di fiducia nella ragione e nella libertà dell'individuo. TEATRO NELL’OTTOCENTO Nel XVIII secolo, lo spettacolo teatrale guadagna importanza e tale tendenza continua nel XIX secolo, con un aumento dell'o erta teatrale a tutti i livelli. Vengono create nuove fasce di pubblico e costruite sale teatrali adatte a ogni genere di spettacolo. La Rivoluzione Francese favorisce la di usione del gusto per gli spettacoli, portando alla nascita di un pubblico popolare desideroso di avvicinarsi al teatro, anche se privo delle competenze e della cultura del pubblico dell'epoca precedente. Essa ha avuto un impatto significativo sullo spettacolo. Con la fine delle restrizioni censorie dell'ancien régime, il numero di sale teatrali è aumentato e si è di uso l'interesse per il teatro drammatico. Il teatro diventa uno strumento ideologico e funzionale alle esigenze del momento, coinvolgendo un pubblico più ampio, comprese persone di estrazione popolare. In risposta, vengono aperte sale teatrali con repertori specifici che si concentrano sull'intrattenimento anziché sui temi politici. Questo porta allo sviluppo di generi di intrattenimento per sale specializzate. Nel frattempo, nei teatri italiani si a erma la predominanza del melodramma. Il teatro diventa un luogo di incontro per diverse classi sociali. Si preferisce il teatro culturale rispetto agli spettacoli puramente di intrattenimento, cercando di suscitare interesse e rappresentare i valori del pubblico dell'epoca. STORIA DEL TEATRO V. Petrone Nella scrittura drammatica, prevale l'estetica e il gusto romantico, con una contestazione delle forme tradizionali. Si abbandonano le tre unità pseudo-aristoteliche per mettere in risalto il protagonista e superare la divisione tra i generi. Tuttavia, i personaggi medi dominano nelle commedie realistiche, molto apprezzate in Europa, che presentano storie intricate conformi alla morale dell'epoca. Durante il XIX secolo, l'attore trionfa e si sperimentano le prime esperienze di regia. Gli spettatori vanno a teatro per vedere i grandi attori, su cui le compagnie teatrali si basano per attirare il pubblico. Nasce il fenomeno del "divismo" nel teatro italiano, con attori di grande rilievo. Allo stesso tempo, si cerca un teatro che a ronti tematiche attuali e veritiere, portando alla figura del regista come figura centrale verso la fine del secolo. Durante il periodo del XVIII e XIX secolo, il teatro assume un ruolo importante come mezzo di comunicazione politica e propaganda. Le rappresentazioni teatrali privilegiano testi legati all'attualità, utilizzando sia la metafora storica indiretta che storie emblematiche che esaltano i valori della Rivoluzione. Il pubblico dimostra una sensibilità particolare alle emozioni trasmesse da una recitazione appassionata, aprendo la strada a un teatro politico e di propaganda. Durante il periodo di Napoleone, il teatro diventa uno strumento per comunicare i valori ideologici dell'impero. Napoleone esercita un controllo sulle sale teatrali per evitare contestazioni e opposizioni. Solo pochi teatri autorizzati a Parigi possono operare sotto il privilegio imperiale, mentre i teatri privati devono o rire solo intrattenimento. Un contributo significativo al rinnovamento dello spettacolo viene da François-Joseph Talma, che introduce uno stile recitativo innovativo e un approccio più dinamico alla messinscena. Talma abbandona la declamazione enfatica a favore di un tono recitativo naturale e di movimenti più fluidi, rompendo la staticità tradizionale. Durante la Rivoluzione francese, si svolge un'attività teatrale fervente che supera i limiti tradizionali dello spazio scenico. Vengono organizzati spettacoli grandiosi in spazi aperti o per le strade, coinvolgendo l'intera città e anticipando il concetto di teatralità di usa. Queste manifestazioni spettacolari o rono alla società rivoluzionaria l'opportunità di rappresentarsi e manifestare i propri valori. Vengono create feste collettive per aggregare la popolazione e confermare i valori rivoluzionari. Queste feste, come la festa della Federazione e la festa dell'Ente Supremo, svolgono un ruolo pedagogico importante nel di ondere i valori rivoluzionari e ra orzare la lealtà delle classi più basse. Le feste sono caratterizzate da scenografie elaborate e sfilate di statue allegoriche. Nel corso del tempo, si sviluppa una separazione tra le classi dirigenti e il pubblico, portando a disordini e degenerazioni parodistiche. Le feste nazionali perdono gradualmente importanza con l'avvento del Direttorio e del Consolato, e vengono sostituite da parate militari. Parallelamente, si assiste alla proliferazione di teatri privati in Francia. Vengono creati nuovi testi teatrali con una struttura lineare e contenuti romanzeschi e sentimentali, che ottengono successo presso il pubblico e contribuiscono a una ricca produzione drammatica commerciale. Le rappresentazioni teatrali avvengono principalmente nelle sale dei "boulevards", i viali periferici di Parigi che danno il nome a questo nuovo genere teatrale. Queste opere, chiamate "vaudeville", sono esempi di commedie leggere con inserimenti di canzoni. Il termine "vaudeville" deriva dall'espressione "voix de ville" (voci della città), facendo riferimento ai "couplets" strofici cantati e facilmente memorizzati dal pubblico. Questo genere teatrale, prodotto da diversi autori, si basa su una collaborazione tra un drammaturgo che sviluppa l'idea del soggetto e della trama, un secondo autore che struttura le scene e i dialoghi, e un terzo chiamato "uomo-memoria" che compone le canzoni, arrangiandole per i cori e creando i concerti finali. STORIA DEL TEATRO V. Petrone Le commedie vaudeville presentano una struttura drammatica fragile e contenuti poco impegnativi, il che porta a considerare il termine "vaudeville" come sinonimo di commedia commerciale. Nonostante ciò, il pubblico del XIX secolo apprezza questo genere, attirando autori brillanti come Eugène Scribe, Victorien Sardou e Georges Feydeau. Un altro genere teatrale popolare durante questo periodo è il "mélodrame", creato per un pubblico popolare desideroso di forti emozioni. Si di erenzia dal melodramma operistico in quanto la musica e le parole non si fondono mai, ed è noto con il termine francese "mélo". L'autore principale di questo genere è René-Charles Guilbert de Pixérécourt, che stabilisce lo schema strutturale della composizione. Il mélodrame prevede l'introduzione di intermezzi musicali nei momenti cruciali e l'uso dei "tableaux", quadri scenici che o rono una pausa nell'azione per mostrare al pubblico i personaggi disposti in una composizione ben strutturata. I mélodrames seguono uno schema narrativo ricorrente, sviluppato attraverso una serie di avventure che conducono a un lieto fine e alla ria ermazione dei valori morali tradizionali. Solitamente, una giovane e virtuosa eroina si trova coinvolta in trame malvagie ordite da un personaggio invidioso o malvagio, che agisce per sposarla o usurparne l'eredità legittima. L'eroina sopporta con rassegnazione le so erenze fino a quando, alla fine, la verità viene rivelata e la giustizia viene ripristinata, condannando il malvagio. Le trame possono essere complicate da numerose peripezie e incidenti, che spesso portano a episodi cruenti che creano tensione e sembrano favorire i cattivi. I colpi di scena sono fondamentali, turbando l'equilibrio dei personaggi e innescando ulteriori peripezie, fino al momento finale in cui la giustizia trionfa, confermando i valori morali tradizionali come la castità e la rassegnazione religiosa delle eroine. Nei mélodrames, il pubblico possiede una conoscenza completa della situazione e sa cose che i personaggi ignorano. Si aspetta un lieto fine e l'attenzione è focalizzata su come gli eventi si sviluppano piuttosto che su ciò che accadrà. La bravura dell'autore consiste nel mantenere un pubblico attento fino al finale, suscitando una serie di emozioni intense e coinvolgenti. Il teatro del XIX secolo si distingue per la presenza di numerosi generi spettacolari popolari, che combinano musica, danza e numeri di varietà. Tra questi generi, la pantomima è particolarmente di usa, soprattutto in Inghilterra, e si caratterizza per gli e etti spettacolari e gli elementi di acrobatica. In Francia, si sviluppa la "pantomime arlequinade", che incorpora semplici intrecci comici con un riutilizzo delle maschere della Commedia dell'Arte. Nel "ballet pantomime", la danza assume un ruolo predominante, mentre nel "mimodramma à grand spectacle" si combinano gesti, azioni mute e momenti di spettacolarità come battaglie a cavallo, parate favolose e numeri pirotecnici. Nel contesto anglosassone, il "burlesque" è un genere amato, che include testi recitati, canzoni e accompagnamento orchestrale. Il burlesque parodizza generi teatrali importanti, come le opere di Shakespeare o i drammi intensi, e alla fine del XIX secolo inizia a incorporare numeri di danza e spogliarello. Nella seconda metà del secolo, con l'aumento della popolazione urbana, si assiste a una moltiplicazione dei divertimenti popolari. I "cafè-chantant" (ca è-concerto) diventano luoghi di intrattenimento vario per un pubblico STORIA DEL TEATRO V. Petrone A tal fine, alcune parti delle tragedie erano a date al coro, che esprimeva il punto di vista dell'autore. Nonostante l'innovazione di Manzoni, il suo sistema tragico non influenzò significativamente la scena teatrale italiana e le sue tragedie furono rappresentate raramente, nonostante la loro importanza letteraria. Sul palcoscenico, invece, prevalse il genere del dramma storico con ambientazione medievale e rinascimentale, caratterizzato da elementi patetico-sentimentali del teatro di consumo. Tuttavia, anche questi elementi vennero progressivamente dimenticati. IL TEATRO ROMANTICO IN FRANCIA Il Teatro Romantico in Francia si sviluppò più tardi rispetto ad altri paesi europei, ma ebbe un impatto significativo sulla scena teatrale. Victor Hugo giocò un ruolo chiave nel movimento romantico con la sua "Prefazione" alla tragedia storica "Cromwell" nel 1827. In essa, Hugo sosteneva il superamento delle divisioni di genere, l'abolizione delle regole classiche e l'importanza del sublime e del grottesco. Hugo individuò nel dramma la forma poetica del suo tempo, sostenendo che l'imitazione di modelli so ocasse l'originalità e che l'opera teatrale dovesse includere tutte le componenti della vita, dal tragico al comico, dal brutto al sublime, in una miscela di toni e registri diversi. Le idee esposte nella "Prefazione" di Hugo riflettevano le discussioni che circolavano negli ambienti intellettuali e sui giornali, influenzati dalla di usione dei testi teorici del Romanticismo tedesco e dalle rappresentazioni dei testi di Shakespeare da parte di compagnie inglesi a Parigi. Nonostante un'iniziale fredda accoglienza nel 1822, la tournée successiva nel 1827 suscitò ammirazione da parte della critica, che elogiò la forma drammatica diversa del teatro shakespeariano, libero dalle convenzioni classiche. La prima rappresentazione di "Ernani" nel 1830, che applicava direttamente i principi romantici di Hugo, scatenò polemiche con i classicisti. La serata, nota come la "Battaglia di Ernani", vide un acceso confronto tra i letterati tradizionali e i giovani romantici, e il pubblico conservatore manifestò perplessità di fronte alle vicende drammatiche, dando modo ai sostenitori di Hugo di scatenare una polemica a sostegno della drammaturgia e della poetica romantica. Le opere teatrali di Hugo, come "Marion Delorme" (1831), "Il Re si Diverte" (1833), "Lucrezia Borgia e Maria Tudor" (1833), "Angelo Tiranno di Padova" (1835) e "Ruy Blas" (1840), presentavano drammi storici dal tono passionale e poetico e trasgredivano costantemente le norme compositive classiche. Le trame si estendevano su lunghi periodi di tempo, comprendevano diverse ambientazioni e si svolgevano direttamente sulla scena, con un ritmo intenso, emozionanti peripezie e risoluzioni di grande impatto. I personaggi erano creature dai sentimenti ardenti e appassionati che interagivano con figure comiche, e lo stile presentava una mescolanza voluta di elementi elevati e umili. Alexandre Dumas padre (1802-1870) fu un altro autore di grande successo nel teatro romantico francese grazie alla sua prolificità nella produzione di drammi storici e adattamenti dei suoi romanzi. Opere come "Enrico III e la Sua Corte" (1829), "Antony" (1831) e l'eccezionale successo di "Kean. Genio e Sregolatezza" (1836), che raccontava la vita dell'attore Edmund Kean (1789-1833) mettendo in evidenza il rapporto tra finzione e vita reale nell'esperienza artistica, conquistarono il pubblico. Il dramma teatrale "Chatterton" (1835) di Alfred de Vigny (1797-1863) si concentrava sulla figura dell'artista romantico, appassionato e incompreso. Ambientato nel contesto del poeta Thomas Chatterton, il dramma trattava del suo amore infelice e impossibile per la moglie dell'uomo che lo ospitava. Il terzo atto culminava con la morte di Chatterton per avvelenamento, mentre nell'ultimo incontro con la donna, i due rivelavano il loro amore reciproco prima della tragica fine di Chatterton. L'attrice Marie Dorval, amante di de Vigny, contribuì a rendere la scena finale indimenticabile con l'aiuto di una scalinata inserita appositamente per farla scivolare dal piano superiore fino al proscenio, dove moriva di fronte al pubblico, amplificando l'impatto drammatico. STORIA DEL TEATRO V. Petrone ATTORI E COMPAGNIE Nell'Ottocento, il teatro vide un grande protagonismo degli attori e delle compagnie. Il pubblico si recava al teatro per ammirare le performance degli interpreti e confrontare le loro prestazioni. Nonostante la produzione teatrale fosse incentrata sul dramma, la tragedia rimase per molti anni la prova principale del talento degli attori, soprattutto nella forma poetica del verso. Le compagnie teatrali dell'epoca erano principalmente nomadi e basate sui ruoli. Gli attori si specializzavano in una specifica categoria di parti che avrebbero interpretato durante la loro carriera, caratterizzate da stili recitativi ricorrenti. I ruoli erano gerarchicamente ordinati, con i primi attori e le prime attrici che interpretavano i ruoli protagonistici, seguiti da attori comprimari e personaggi di minore importanza. L'organizzazione delle compagnie nomadi capocomicali era particolarmente radicata in Italia, dove l'attore era tradizionalmente itinerante e apprendeva la professione attraverso una pratica continua sin da bambino. Tuttavia, il sistema delle compagnie nomadi presentava alcuni difetti, come la mancanza di una formazione strutturata e continua. Per cercare di migliorare l'organizzazione teatrale, furono create compagnie "privilegiate" finanziate dallo Stato, che avevano il compito di promuovere il miglioramento del repertorio e delle pratiche sceniche in accordo con i programmi culturali dei governi. Queste compagnie privilegiate ottennero sovvenzioni annuali e dovevano rispettare standard di qualità nel repertorio, ottenendo l'approvazione delle direzioni teatrali prima delle rappresentazioni. Una delle compagnie privilegiate più celebri fu la Compagnia Reale Sarda, fondata a Torino nel 1820 e attiva fino al 1853. Queste compagnie o rivano agli attori la possibilità di evitare la dipendenza dal botteghino, garantendo uno stipendio fisso e consentendo la realizzazione di allestimenti più curati e innovative interpretazioni. FENOMENO DEL GRANDE ATTORE Il Fenomeno del Grande Attore, sviluppatosi nella seconda metà del XIX secolo, rappresenta l'apice dell'arte dell'attore e si basa su una concezione dello spettacolo centrata su un singolo personaggio e la sua interpretazione. Questo fenomeno si di use in tutta Europa, ma ebbe particolare rilevanza nell'Italia del secondo Ottocento grazie ad artisti come Adelaide Ristori, Ernesto Rossi e Tommaso Salvini, che si ispirarono al magistero di Gustavo Modena, il quale introdusse un approccio innovativo all'interpretazione, superando gli automatismi dei ruoli e promuovendo lo studio approfondito del personaggio per una personale interpretazione. Il suo progetto teatrale aveva una dimensione educativa e culturale, mirando a elevare la consapevolezza civile del pubblico. Questo modello di teatro educativo influenzò gli attori della successiva generazione, come Salvini e Rossi, che furono suoi allievi negli anni '40. Modena si focalizzò sulla caratterizzazione dei personaggi, cercando di rivelarne la complessità umana nelle sue molteplici sfumature e contraddizioni. Utilizzò spesso il grottesco, mescolando elementi tragici e comici, e il suo personaggio emblematico fu Saul di Alfieri, al quale conferì tratti comici per mettere in evidenza le contraddizioni e le fragilità umane di un sovrano in crisi. Il Grande Attore diede inizio al processo di ricreazione del testo da parte dell'attore, apportando significati aggiuntivi rispetto all'autore originale. Nel progetto spettacolare del Grande Attore, il personaggio occupava una posizione centrale e il repertorio comprendeva celebri figure eroiche tratte da tragedie e drammi. Gli autori di riferimento erano tragediografi del XVII e XVIII secolo, come Racine, Alfieri e soprattutto Shakespeare. L'attore impiegava tutte le sue abilità tecniche e sensibilità per rendere avvincente e credibile l'interpretazione, utilizzando modulazioni vocali, gesti calcolati, espressioni facciali ed elaborati costumi. Il Grande Attore era in grado di evocare passioni e trasmetterle al pubblico, creando l'impressione di un'identificazione immediata nel personaggio, nonostante fosse frutto di un lavoro meticoloso di osservazione e tecnica, coinvolgendo sia la mente che il cuore degli spettatori. STORIA DEL TEATRO V. Petrone Nel contesto del Grande Attore, il rapporto con il testo era funzionale al personaggio, e spesso venivano apportate modifiche e adattamenti agli originali drammaturgici per adattarsi alle performance del protagonista. Questo era particolarmente evidente nell'interesse di Adelaide Ristori per il ruolo di Lady Macbeth, che la portò a commissionare una traduzione personalizzata del dramma shakesperiano. I Grandi Attori italiani, come Ristori, Rossi e Salvini, erano anche capocomici e imprenditori, responsabili dell'intera compagnia teatrale e della gestione degli spettacoli. Organizzavano lunghe tournée principalmente all'estero, in luoghi dove il pubblico non conosceva l'italiano, ma era a ascinato dalla potenza del gesto e dall'espressività delle emozioni. Le tournée di Adelaide Ristori includono esibizioni a Parigi (1855), Londra e Scozia (1857), oltre a due lunghe tournée negli Stati Uniti (1866 e 1873). Rossi e Salvini fecero viaggi in tutta Europa e si esibirono in Russia e negli Stati Uniti, lasciando un'impronta indelebile nelle menti degli spettatori. A partire dagli anni '80 del XIX secolo, si è verificato l'a ermarsi di una nuova generazione di attori-artisti che ha introdotto uno stile recitativo percepito come "moderno" e in contrasto con quello precedente. Due figure di grande rilievo internazionale in questo contesto sono Sarah Bernhardt ed Eleonora Duse. Nonostante le loro di erenze artistiche, entrambe le attrici condividono numerosi tratti nella loro carriera, come la fama ottenuta attraverso lunghe tournée all'estero. Sarah Bernhardt (1844-1923), nota anche come impresaria e direttrice teatrale, è emersa come una diva agli inizi del XX secolo, attirando intorno a sé artisti e letterati. Nonostante la Comédie-Française, inizialmente, non abbia apprezzato il suo talento vocale che le valse il soprannome di "voix d'or", Bernhardt è riuscita a farsi strada nei palcoscenici dell'Odéon e di un teatro che in seguito avrebbe portato il suo nome. La sua carriera decollò con le tournée internazionali degli anni '70 in Inghilterra e negli Stati Uniti, ottenendo successi trionfali e notevoli incassi. Il repertorio di Bernhardt comprendeva una serie di opere teatrali, tra cui "Fedra" di Racine, "Ernani" e "Ruy Blas" di Hugo, "Fedora" e "Teodora" di Sardou, ma è particolarmente celebre la sua interpretazione di "La Signora delle Camelie" di Dumas: In questo ruolo, Bernhardt ha o erto una memorabile rappresentazione di un personaggio dalle ambigue caratteristiche, diviso tra la civetteria e la mondanità da un lato, e l'amore autentico e l'aspirazione alla purezza dall'altro. La sua resa scenica della morte di Marguerite, in cui passa abilmente da un sentimento al suo opposto, ha lasciato il pubblico con una giravolta emozionale che culmina nel suo crollo a terra, creando un e etto di grande impatto emotivo. Eleonora Duse (1858-1924), figlia di un attore, ha conquistato la notorietà come prima attrice nella compagnia di Cesare Rossi a partire dal 1882. Ha interpretato una serie di ruoli del repertorio dell'epoca, come "La Principessa di Baghdad", "La Moglie di Claudio" di Dumas, "Odette" e "Francillon" di Sardou. Duse ha dato vita a una recitazione anticonvenzionale attraverso il suo "dolorismo dusiano", esprimendo so erenza attraverso sequenze mimico-gestuali, movimenti scenici nervosi e sfumature vocali. Ai suoi contemporanei, la sua recitazione "moderna" sembrava superare le convenzioni e i limiti del ruolo, permettendo un'interpretazione interiore del personaggio che rivelava conflitti e sentimenti repressi. La sua interpretazione de "La Signora delle Camelie" trasforma Marguerite in una giovane donna che, nonostante gli abiti lussuosi, non ha dimenticato le sue umili origini. Duse manifesta il disagio della condizione psicologica del personaggio attraverso gesti imbarazzati e sguardi bassi, svelando la complessità del suo carattere. Il suo ingresso nel primo atto avviene quasi in sordina, ma si impone con un atteggiamento dignitoso e uno sguardo sfidante. La collaborazione sia teatrale che sentimentale con Gabriele d'Annunzio ha portato alla realizzazione di tragedie scritte appositamente per lei, come "Il Sogno d'un Mattino di Primavera" (1898), "Sogno d'un Tramonto d'Autunno" (1899), "Città Morta" (1899), già presentata a Parigi da Sarah Bernhardt, e "Francesca da Rimini" (1900). QuestaesperienzaconilpoetahamessoinluceledotiinterpretativediDuse,evidenziandola suavarietàtonaleel'e caciadelgesto,chediventavasimbolicoepolisemanticoall'internodi STORIA DEL TEATRO V. Petrone scarpette da punta per conferire slancio ed elevazione e movimenti come l'"arabesque" che simulavano il volo degli spiriti nell'aria. Il balletto romantico aveva una predominanza femminile, sebbene alcune prime parti maschili fossero presenti. Gli spettacoli più famosi di questo genere, come "La Bella Addormentata nel Bosco" (1890), "Lo Schiaccianoci" (1892) e "Il Lago dei Cigni" (1895), composti per la corte dello zar di Russia, rappresentarono la sintesi artistica delle tecniche e delle tematiche del balletto teatrale dell'Ottocento. Essi combinavano assoli per i primi ballerini, numeri collettivi e passi a due di grande virtuosismo, a ascinando il pubblico con le loro storie e la musica coinvolgente. IL TEATRO VISIBILE Nel XIX secolo si può notare una distinzione tra due tipi di teatro: il "teatro visibile", caratterizzato da una scrittura veloce e interamente al servizio della scena, e il "teatro invisibile", con una pregio letterario e originalità contenutistica, ma marginalizzato nel contesto teatrale professionale. Il genere drammatico dominante è la "pièce bien faite" (azione drammatica ben costruita), di usasi in tutta Europa grazie a autori come Eugène Scribe. Queste opere presentano intrecci complessi, con equivoci, scambi di persona e colpi di scena, culminando nella "scena madre" che porta allo scioglimento finale. L'abilità compositiva degli autori si concentra sulla struttura piuttosto che sui contenuti, con dialoghi brillanti e personaggi integrati nei valori borghesi. Queste opere sono spesso prodotte in collaborazione e mirano a soddisfare le aspettative del pubblico. Alexandre Dumas figlio rappresenta un passaggio dal romanticismo al realismo con la sua opera più famosa, "La Signora delle Camelie". Il dramma si focalizza sulla storia d'amore infelice tra Marguerite, una cortigiana di lusso parigina, e Armand Duval. La trama si basa su eventi reali nella vita di Dumas, che aggiungono un elemento di fascino per il pubblico. La composizione solida, con scene suggestive e elementi melodrammatici, si unisce a una "tesi" morale borghese che giustifica il finale tragico come una catarsi sociale. Altri autori come Victorien Sardou seguono la tradizione del "teatro visibile" con pièces incentrate su eroine passionale in vicende avventurose e intricate, come "Odette", "Fedora", "Teodora" e "Tosca". DRAMMATURGIA BORGHESE DEL SECONDO OTTOCENTO Nella seconda metà del XIX secolo, il teatro borghese raggiunge il suo apice con la figura di Henrik Ibsen, drammaturgo norvegese (1828-1906). Ibsen si dedica a rappresentare criticamente la classe borghese, svelandone le contraddizioni e mettendo in luce le tensioni tra la società e l'individuo. La sua visione teatrale si concentra sulla creazione di un " teatro fotografia" che riproduca realisticamente la realtà, prestando attenzione ai dettagli ambientali. Nei suoi drammi, l'ambientazione scenica coincide spesso con il salotto borghese, identificato da Diderot come l'ideale luogo drammatico. Ad esempio, in "Casa di Bambola" (1879), si può notare un ambiente accogliente e ben arredato, che rappresenta la media condizione familiare borghese, caratterizzata da un forte senso del decoro. Il dramma si sviluppa intorno al personaggio di Nora, una donna considerata dal marito una graziosa bambina irresponsabile. Tuttavia, Nora nasconde un segreto: ha contratto un debito per curare il marito malato, falsificando la firma del padre. Quando l'usuraio la ricatta, Nora si aspetta che suo marito la comprenda e la difenda. Invece, viene condannata e minacciata di perdere la custodia dei figli. Questo evento la spinge a lasciare la famiglia per cercare la sua vera identità. NeidrammidiIbsen,l'azionescenicaèspessolimitata,mentrel'attenzionesifocalizzasui dialoghiesuicontrastitraipersonaggi.Essisiconfrontanosullequestionifondamentalidelle relazioniinterpersonalinellavitafamiliareeprofessionale.Ipersonaggiibsenianianalizzanoe mettonoindiscussioneilpassato,rivelandoveritànascosteeipocrisie,rendendolaloro esistenzainsopportabile. Il passato assume un ruolo centrale nei drammi di Ibsen. Gli eventi cruciali si svolgono prima dell'inizio delle rappresentazioni, e il dramma si sviluppa attraverso la dolorosa presa di coscienza delle conseguenze. Ad esempio, in "Spettri" (1881), laprotagonista,HeleneAlving, STORIA DEL TEATRO V. Petrone vedelasuavitacrollareacausadellesceltefatteinpassato,chesiripresentanocomespettri nelpresente.Helenehanascostolacorruzioneel'infedeltàdelmaritoanchedopolasuamorte, esiritrovaconunfigliomalatodestinatoallapazzia.Sirendecontodelsuofallimento esistenzialeperaversacrificatoilveroamoreinnomedellasicurezzaeconomicaedella rispettabilità. I drammi di Ibsen esplorano le profondità psicologiche dei personaggi, il loro conflitto con il mondo esterno e le loro ossessioni interiori. Questa tendenza alla scrittura drammatica come analisi psicologica o re molteplici livelli di significato e spesso presenta elementi simbolici. Ad esempio, in "L'Anitra Selvatica" (1884), l'anatra selvatica tenuta prigioniera in una cesta in so tta diventa un emblema della vita fallimentare del protagonista. In "Casa Rosmer" (1886), la convivenza di cile tra il pastore Rosmer e la governante Rebecca è bloccata nel passato, simboleggiato da oggetti e ambienti che rappresentano un destino tragico ineluttabile. Ibsen, con la complessità della sua scrittura e dei suoi contenuti, si fa spazio sia nel movimento del Naturalismo, rappresentato da Antoine, che nel Simbolismo, rappresentato da Lugné-Poe. La sua produzione teatrale rimane limitata all'Ottocento a causa di un ictus che lo colpisce nel 1899. NATURALISMO APPARENTE DI AUGUST STRINDBERG August Strindberg, drammaturgo svedese attivo tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo, ha attraversato diverse fasi creative nel corso della sua carriera. Nella sua produzione teatrale, si possono individuare due fasi principali: una prima fase influenzata dal naturalismo e una successiva caratterizzata da un simbolismo mistico e soggettivo. Negli anni '80, Strindberg scrive drammi che sembrano aderire al naturalismo, ma in realtà la sua adesione a questa poetica è solo apparente. I suoi lavori, come "Il Padre" (1887) e "La Signorina Giulia" (1888), si concentrano sul conflitto interpersonale, in particolare sul contrasto tra uomo e donna. Più che le dinamiche sociali e la ricostruzione dell'ambiente, l'autore mette in luce gli sviluppi interiori dei personaggi, il loro fragile equilibrio psicologico e le di coltà nel costruire relazioni costruttive. Questo interesse per l'interiorità dei personaggi avvicina il lavoro di Strindberg a quello di Henrik Ibsen. In "Il Padre", il conflitto familiare tra due coniugi per l'educazione della figlia si trasforma in un feroce scontro psicologico. La moglie, Laura, viene rappresentata come una figura vampiro che distrugge l'equilibrio psicologico del marito, instillando in lui il sospetto della paternità e portandolo alla rovina. In "La Signorina Giulia", una giovane aristocratica si concede a un cameriere durante una notte di festa, ma successivamente si rende conto della distanza sociale che li separa e si suicida con un rasoio che lui le porge. Nel decennio successivo, Strindberg attraversa una profonda crisi personale e si avvicina al simbolismo mistico e religioso. I suoi viaggi in Europa e l'influenza di filosofi come Nietzsche e artisti come Munch lo portano a una nuova forma di drammaturgia dominata dalla visione soggettiva dei personaggi. Questa poetica trova espressione nella trilogia "Verso Damasco" (1898-1901), composta come un "dramma a stazioni" in cui l'azione si sviluppa attraverso blocchi tematici distinti e autonomi. I personaggi che il protagonista incontra rappresentano le sue proiezioni della realtà, mentre le ambientazioni diventano essenziali e simboliche. La parola viene utilizzata per evocare frammenti della vita interiore, senza però o rire una risoluzione definitiva dell'esistenza. Questa proposta antinaturalistica si ritrova anche nei testi successivi, come "Un Sogno" (1902), in cui le relazioni tra i personaggi diventano confuse e secondarie, e prevale la ricerca dell'introspezione dell'io attraverso episodi frammentari inseriti in uno spazio-tempo libero e alogico. Oltre alla sua produzione drammaturgica, Strindberg era anche coinvolto nella dimensione spettacolistica del teatro. Ha diretto diverse compagnie teatrali e nel 1907 ha fondato l'Intima Teatern (Teatro Intimo) a Stoccolma, una piccola sala teatrale che promuoveva rappresentazioni drammatiche con un rapporto intimo con il pubblico. Ha scritto una serie di "drammi da camera", come "Temporale", "Il Pellicano" e "Sonata di Fantasmi", che si caratterizzano per la compattezza delle trame e l'attenzione alla scrittura. In questi lavori, gli interessi drammaturgici si concentrano maggiormente sui rimandi simbolici che sulle situazioni e sulle relazioni tra i STORIA DEL TEATRO V. Petrone personaggi. Gli impianti scenografici di questi testi superano il realismo, con pochi arredi e l'uso di luci colorate che creano suggestive atmosfere. LA PICCOLA DRAMMATURGIA BORGHESE ITALIANA La "piccola drammaturgia borghese italiana" si sviluppa in parallelo alla grande drammaturgia borghese europea e a ronta temi simili, concentrandosi sulle dinamiche familiari e mettendo in scena inquietudini, frustrazioni e menzogne che minano i valori tradizionali. Questa corrente teatrale si svolge principalmente all'interno dei salotti borghesi, evidenziando i rapporti tempestosi o ipocriti tra coniugi e le di coltà nei rapporti tra genitori e figli. Tra gli autori rappresentativi di questa corrente, Giuseppe Giacosa (1842-1906) e Marco Praga (1862-1929) si concentrano sul tema del tradimento coniugale e delle relazioni triangolari. Le opere di Giacosa come "Tristi Amori" (1889) e "Come le Foglie" (1900) e di Praga come "La Moglie Ideale" (1890) esplorano l'adulterio delle mogli nei confronti di mariti indi erenti o assorbiti dal lavoro. Tuttavia, alla fine, si assiste a un ritorno alla famiglia, dove le donne rinunciano alla fuga o pongono fine a un legame insostenibile per riconciliarsi con il nucleo familiare. - In "Tristi Amori", Emmaèunamogliesottomessaeamante,madopocheilsuo tradimentovienescopertodalmarito,decidedirestareaccantoallafigliainvecedi scappareconl'uomocheama. - In "La Moglie Ideale", laprotagonistaGiuliaèunadonnasposatachehaunarelazione conunavvocato.Nonostanteilmaritoscopralasituazione,Giuliariescearovesciarela situazione,salvandolasuareputazioneemantenendolafrequentazioneconl'amante perpreservarelasuacredibilitàsociale. - "Come le Foglie" a rontailtemadelcambiamentosocialenellaclassedirigente italiana,conunafamigliaborghesecostrettaavivereinmodopiùmodestoacausadi gravidi coltàfinanziarie.Lacommediametteinluceicontrastitral'altaborghesia superficialeeuncetoemergentepiùresponsabileeguidatodaprincipimoralisolidi. DIRITTO D’AUTORE Nell'ambito della drammaturgia borghese italiana, si verifica un crescente coinvolgimento del drammaturgo nel processo di allestimento delle opere teatrali. Questo porta all'a ermazione del concetto di diritto d'autore, sia a livello artistico che economico. Marco Praga, direttore della Società Italiana degli Autori (SIA), successivamente rinominata SIAE, tra il 1896 e il 1911 si impegna nella difesa della proprietà intellettuale e artistica, promuovendo l'obbligo per i teatri di pagare una percentuale sugli incassi a favore degli autori per ogni testo drammatico rappresentato. Questo riconosce all'autore il diritto di rivendicare la paternità dell'opera teatrale nel suo complesso e non solo nella stesura del copione, guidando gli operatori teatrali a una fedele interpretazione del testo scritto. Praga cerca di attuare tali principi durante la sua direzione della Compagnia Stabile del Manzoni a Milano (1912-1917), ponendo l'accento sulla tutela dell'opera nel suo insieme e riconoscendo l'importanza dell'allestimento teatrale per valorizzare il testo dell'autore. In questo contesto, emerge anche il ruolo del direttore delle prove, che prefigura quello del "regista". INNOVAZIONI TRA SPAZIO E SCENOTECNICA Nel XIX secolo, il teatro all'italiana con la sua configurazione tradizionale diventa un luogo di incontro per la buona società in tutta Europa. Le innovazioni nello spazio scenico si concentrano sulla creazione di scenografie più realistiche, in linea con le aspirazioni di maggiore realismo dell'Illuminismo e dei movimenti artistici successivi come il Romanticismo, il Realismo e il naturalismo. I progressi tecnologici consentono l'introduzione di e etti speciali e illusionistici come panorama e diorama, che ricreano suggestivi paesaggi e condizioni atmosferiche. L'illuminazione teatrale si sviluppa, passando dalle candele all'illuminazione a olio e alle lampade a gas, che o rono un maggiore controllo dell'intensità luminosa. STORIA DEL TEATRO V. Petrone IL TEATRO DEL PRIMO NOVECENTO La scena teatrale del primo Novecento è caratterizzata da sperimentazioni audaci e tentativi falliti di movimenti e personalità che cercano di rivoluzionare l'estetica teatrale. Le avanguardie emergono come momenti di frattura, introducendo nuovi modi di concepire l'arte e contestando radicalmente le forme consolidate. Movimenti come il futurismo, l'espressionismo, il dadaismo e il surrealismo, conosciuti come avanguardie "storiche", si organizzano attorno a figure carismatiche e redigono manifesti polemici e provocatori per esprimere le loro posizioni estetiche e ideologiche. Questi movimenti mirano a scuotere lo spettatore, sfidando le convenzioni sociali e il conformismo borghese. In questo contesto, la regia teatrale si a erma come figura creativa consapevole del proprio ruolo nell'assicurare l'unità dell'opera teatrale. La regia cerca anche di individuare un linguaggio specifico e peculiare dell'arte teatrale, che spinge a riconsiderare gli elementi fondamentali del teatro come il testo, lo spazio e l'attore. Si contesta la preminenza del testo, introducendo ad esempio i "drammi del silenzio". Lo spazio teatrale stesso viene ripensato come un elemento da plasmare in modo anticonvenzionale, andando oltre la concezione di una semplice "scatola" da riempire. In alcuni casi, vengono teatralizzati luoghi inediti e inaspettati. Tuttavia, l'elemento che suscita le discussioni più intense è l'attore, il cui ruolo viene messo in discussione e ridimensionato, già a partire dalla fine dell'Ottocento e in modo ancora più controverso nel primo Novecento. Un altro aspetto che si a accia nello sviluppo dello spettacolo teatrale è l'innovazione tecnologica, che o re al regista ulteriori possibilità espressive. e nuove avanzate sperimentazioni. IL SIMBOLISMO Il Simbolismo è un importante movimento artistico che si sviluppa in Francia alla fine del XIX secolo come reazione al Naturalismo e alla mentalità positivista e scientifica. Sul palcoscenico, i simbolisti cercano di opporsi alle commedie borghesi e alle rappresentazioni della vita quotidiana, proponendo una drammaturgia poetica e spirituale che si concentra sul mistero e il soprannaturale. Il movimento simbolista è influenzato da poeti che rifiutano la realtà come un universo conoscibile e scientificamente strutturato. Il simbolo, elemento centrale del movimento, rappresenta un mondo superiore che rimane ina errabile e oltre la comprensione umana. Sotto l'influenza di filosofi come Schopenhauer e Nietzsche, il Simbolismo propone un rinnovamento radicale sia a livello di contenuto che di forma. I temi ricorrenti includono la ricerca dell'eterno e dell'universale, mentre il destino umano viene distaccato dalla sua dimensione quotidiana e a dato a forze sovrannaturali insindacabili. Il movimento rifiuta il linguaggio logico e descrittivo, privilegiando toni immaginifici e musicali. L'influenza di Wagner risulta determinante per la genesi e l'evoluzione del teatro simbolista. Dopo il suo primo concerto a Parigi nel 1860, si sviluppa un culto wagneriano che culmina nella fondazione della rivista "Revue Wagnérienne" nel 1885. Wagner aspira a proiettare lo spettatore verso una realtà trascendentale e teorizza l'opera d'arte totale, cercando la sintesi delle arti per potenziare la parola poetica con gli altri linguaggi artistici. Tuttavia, la frattura estetica tra Wagner e i simbolisti si manifesta nella concezione dello spazio scenico. Wagner concepisce il palcoscenico ancora in una dimensione materiale, utilizzando un apparato scenografico ottocentesco ingombrante, mentre il movimento simbolista ritiene che ciò sia limitante e preferisce un "teatro mentale", in cui lo spazio autentico della rappresentazione risiede nella mente dello spettatore. Alcuni simbolisti, come Stéphane Mallarmé, a ermano la superiorità del libro letto rispetto al teatro rappresentato, riconoscendo che la facoltà dell'immaginazione è più potente di ogni artificio scenografico. Tuttavia, non tutti i simbolisti adottano una posizione così radicale. Ad esempio, il drammaturgo Pierre Quillard nel saggio "Dell'Inutilità Assoluta della Messa in Scena Esatta" del 1891 non discute la rappresentabilità del testo, a condizione che sia la parola lirica a creare la scena, sostituendo al realismo visivo le visioni mentali. In questo contesto, si sviluppa la collaborazione con i pittori del movimento "Nabis" (dall'ebraico, profeti), che con il loro stile allusivo e antinaturalistico realizzano scenografie bidimensionali ed evocative, come fondali monocromi, al fine di creare l'atmosfera desiderata. STORIA DEL TEATRO V. Petrone Paul Fort, un giovane poeta, fondò il Théâtre d'Art nel 1890, diventando il primo regista simbolista. La compagnia ottenne l'attenzione dell'élite parigina con la messa in scena del dramma "La Fanciulla dalle Mani Mozze" (1891) di Pierre Quillard, basato su una leggenda medievale. La scenografia, curata da Sérusier, suddivise lo spazio scenico in due piani, utilizzando un velo di mussola trasparente e un fondale dorato con angeli multicolori. Gli attori recitavano il testo in versi con una gestualità sacrale e ieratica sulla parte arretrata del palcoscenico. Una recitante, vestita con una lunga tunica blu, svolgeva le funzioni di coro, leggendo alcuni passaggi in prosa per collegare le battute degli altri attori, narrare i fatti, rivelare i cambiamenti di luogo e tempo, e lasciare alla parola poetica il compito di esprimere l'anima dei personaggi. Nella messa in scena del biblico "Cantico dei Cantici" (1891), tradotto e adattato da Paul-Napoléon Roinard, si sperimentò l'uso di una tela metallica che delimitava uno spazio sacro e impenetrabile. Inoltre, si esplorò la teoria delle corrispondenze, di usa da Baudelaire e Rimbaud, che attribuiva a ogni vocale un colore diverso. Roinard orchestrò parole, musica, colore e profumo nelle 8 sezioni dell'opera, cercando di creare un'esperienza sensoriale totale e immersiva per lo spettatore. Nonostante l'ambizione di creare una sintesi delle arti e o rire un'esperienza coinvolgente, il Théâtre d'Art a rontò proteste da parte del pubblico e si trovò in di coltà economiche e organizzative. Di conseguenza, la compagnia chiuse nella primavera del 1892, segnando il declino del movimento. Aurélien Lugné-Poe, un attore formatosi al Conservatorio di Parigi e influenzato dal Théâtre Libre di André Antoine e dal Théâtre d'Art, raccolse il testimone del movimento simbolista e nel 1893 fondò il Théâtre de l'Œuvre. Lugné-Poe entrò in contatto con i pittori Nabis, in particolare con Vuillard, e si avvicinò alla corrente simbolista. Fu in questo contesto che ebbe l'opportunità di conoscere i significativi testi di Maurice Maeterlinck, come "Pelléas et Mélisande", con cui inaugurò il Théâtre de l'Œuvre. Nelle produzioni del Théâtre de l'Œuvre, l'amore infelice dei protagonisti si rifletteva sulla scena attraverso fondali imprecisi che si armonizzavano con l'atmosfera malinconica e misteriosa dei drammi. I costumi, ispirati alla pittura di Memling, adottavano tonalità cupe, con l'eccezione dell'abito di Mélisande, che si distingueva per il suo candore nitido. Gli attori recitavano in uno stile peculiare messo a punto da Lugné-Poe, con una gestualità lenta e solenne e una dizione quasi sillabata, che tendeva a minimizzare l'azione e a trasfigurare l'attore in una figura trasognata. Nel Théâtre de l'Œuvre, vennero adottati veli e schermi per rendere evanescenti le figure e o uscarne la corporeità, evitando il fenomeno di polarizzazione, in cui lo sguardo dello spettatore si focalizzava sull'interprete anziché sul personaggio-simbolo, impedendo l'evocazione dell'infinito. I simbolisti contestarono l'importanza dell'attore e prospettarono la sua sostituzione con ombre, riflessi e proiezioni di forme e marionette. Il Théâtre de l'Œuvre realizzò uno spettacolo dirompente intitolato "Ubu Roi" di Alfred Jarry nel 1896. Questo dramma parodico e trasgressivo, derivato forse da una farsa scolastica per ridicolizzare un professore, rappresentava Padre Ubu come un personaggio avido di potere, violento e senza scrupoli, instaurando un clima di terrore dopo aver ucciso il re di Polonia per usurparne il trono. Il personaggio di Padre Ubu, privo di logica e profondità psicologica, era una maschera paradossale e grottesca, con un ventre smisurato e un cappuccio in testa che enfatizzava le parti del corpo connesse alla sfera istintuale. L'azione del dramma procedeva in modo non lineare, attraverso quadri frammentari. Il linguaggio utilizzato era scurrile e provocatorio, con l'introduzione di nonsense e invenzioni linguistiche che sfidavano il senso comune. Gli scenari realizzati dai Nabis erano volutamente infantili e rappresentavano interni ed esterni in modo incongruo, con zone torride e artiche. I cambi di scena venivano segnalati da cartelli con evidenti errori di ortografia, seguendo una pratica teatrale simile a quella dell'epoca elisabettiana. Gli elementi scenografici venivano sostituiti in modo irriverente da corpi, ad esempio un attore immobile con il braccio teso diventava una porta di prigione, mentre Firmin Gémier, interprete di Ubu, inseriva una chiave nella mano e mimava l'atto di aprire una porta cigolante sollevando il braccio. STORIA DEL TEATRO V. Petrone Le atmosfere rarefatte del simbolismo si dissolvono definitivamente nei drammi di Jarry, che, pur essendo antinaturalistici, segnano la fine degli antichi umori e delle ricerche trascendentali, anticipando il teatro del Novecento. NASCITA DELLA DANZA MODERNA I simbolisti si interessarono alla danza moderna e Stéphane Mallarmé la considerò come il linguaggio astratto per eccellenza, un modo di esprimere concetti attraverso il corpo. Questa concezione influenzò il teatro del primo Novecento, che mise in discussione i propri statuti tradizionali e guardò con attenzione al mondo della danza, cercando di superare il modello del balletto classico. François Delsarte, un maestro di canto, recitazione e oratoria, giocò un ruolo fondamentale nel promuovere il cambiamento. Nel pieno dell'epoca romantica, Delsarte avviò una riflessione profonda sull'espressione umana. Partendo da una prospettiva cristiano-platonica, sviluppò un sistema che suddivideva il corpo umano in tre parti, ognuna corrispondente a una sfera dell'esistenza umana: - La testa, associata allo spirito e al pensiero. - Il tronco, associato all'anima e alle emozioni. - Gli arti, associati alla componente vitale e alle sensazioni. Secondo Delsarte, l'espressione esteriore era autentica nella misura in cui rispecchiava l'impulso interiore. Il gesto, in particolare, diventava il mezzo privilegiato di comunicazione e la mimica, da lui sistematizzata, era sincera, a di erenza dei gesti falsi e stereotipati insegnati nelle scuole di declamazione. Molti allievi frequentarono lo studio di Delsarte a Parigi tra il 1840 e il 1870, apprezzando le sue lezioni di "estetica applicata". Tra di loro c'era l'attore statunitense Steele MacKaye, che successivamente diventò il principale divulgatore delle idee di Delsarte. Il sistema di Delsarte, originariamente concepito per una formazione artistica più consapevole, fu gradualmente trasformato da MacKaye e dalla sua allieva Genevive Stebbins in una "ginnastica armonica" sistematizzata. Questa disciplina, introdotta nel 1890 nei college statunitensi, divenne uno strumento di educazione femminile. Negli Stati Uniti, le idee di François Delsarte generarono un fervore intorno al delsartismo, che influenzò le fondatrici della danza moderna: Loie Fuller, nata vicino a Chicago, era un'autodidatta della danza che iniziò la sua carriera come attrice in operette e vaudevilles. Dopo un periodo di insuccesso in Inghilterra, sviluppò una rapida formazione come ballerina. Creò la "skirt dance", una combinazione di flamenco e cancan, in cui si faceva volteggiare un'ampia gonna, svelando il corpo in modo seducente. Successivamente, sviluppò la "danza serpentina", eseguendo movimenti a spirale ritmici e ipnotici mentre faceva fluttuare una grande gonna multicolore, illuminata da una luce intensa. La sua performance ebbe un grande successo e suscitò molte imitazioni. Nonostante i tentativi di proteggere il suo stile chiedendo il copyright, le sue apparizioni continuarono a suscitare ammirazione fino alle scene parigine, dove conquistò il consenso della cerchia intellettuale e artistica. Isadora Duncan, originaria della California, assorbì gli umori dell'America di fine secolo, orientata verso la rottura dei lacci borghesi e perbenisti, dall'ambiente familiare povero ma artisticamente stimolante. Contrariamente a Fuller, Duncan studiò danza classica con Marie Bonfanti, una rinomata ballerina della Scala e insegnante accreditata a New York. Duncan rivoluzionò la danza intorno al concetto di movimento puro, liberandolo dai virtuosismi tecnici e dalle sovrastrutture estetiche sedimentatesi nei secoli. Per lei, era importante tornare alle fonti primigenie, alla natura e all'antica Grecia come modelli di armonia e autenticità. Si esibiva scalza, indossando una tunica morbida e leggera, e si muoveva sulla musica di compositori classici come Beethoven, Chopin, Wagner e Gluck, escludendo gran parte della musica contemporanea e il jazz che considerava disarmonico anche in pittura. La musica stimolava il ritmico fluire del suo movimento, che partendo dal plesso solare, sede delle emozioni e delle passioni, assumeva un andamento ondulato e trasmetteva emozioni agli spettatori. Loie Fuller e Isadora Duncan portarono le loro innovazioni in Europa. STORIA DEL TEATRO V. Petrone nonostante l'opera fosse stata un clamoroso insuccesso quando era stata rappresentata due anni prima a Pietroburgo. Stanislavskij accettò malvolentieri, ma durante la preparazione del dramma, comprese gradualmente la sua profondità e optò per una ricostruzione dettagliata dell'ambiente borghese e quotidiano, attribuendo un valore psicologico agli elementi esteriori. Questo segnò l'inizio del "realismo psicologico" del Teatro d'Arte e la sua associazione con le opere di Cechov. Negli anni successivi, solo un altro spettacolo raggiunse lo stesso successo: "I Bassifondi" (1902) di Gor'kij, che descriveva la vita dei poveri e dei senzatetto in un dormitorio sul Volga. Stanislavskij ricostruì l'ambiente in modo naturalista, tanto che gli spettatori delle prime file erano preoccupati di essere infestati dalle pulci del luogo misero in cui si svolgeva l'azione. Nel 1902, Stanislavskij volle esplorare le istanze simboliste e fondò un Teatro Studio separato dal Teatro d'Arte, a dandone la direzione a Vsevolod Mejerchol'd. Tuttavia, le divergenze tra i due riguardo allo stile recitativo portarono a una breve durata di questa iniziativa. Dopo una trionfale tournée in Germania e nell'Europa centrale nel 1906, Stanislavskij attraversa una profonda crisi personale e artistica al suo ritorno in patria. Si ritira per tre mesi sul golfo di Finlandia, dove riflette sulla sua attività teatrale e sviluppa l'idea dello "stato d'animo creativo". Questo stato, che egli ipotizza come fondamentale per l'ispirazione dell'artista, è caratterizzato da un senso di conforto, coinvolgimento e convinzione nelle azioni compiute. Stanislavskij ipotizza che questo stato possa essere raggiunto attraverso tecniche specifiche, che in questa fase iniziale del suo "Sistema" si focalizzano sul rilassamento muscolare e la concentrazione. Tornato a Mosca, Stanislavskij trova aiuto nelle sue ricerche in Leopold Sulerzickij, noto come Suler, un mistico anarchico con esperienze diverse. Insieme, lavorano alla messa in scena di tre drammi simbolisti: - "Il Dramma della Vita" (1907) di Knut Hamsun: Stanislavskij si avvale delle competenze di Suler nelle tecniche dello yoga e nella nozione induista di "prana" (la forza vitale invisibile presente in ogni essere vivente). Gli attori vengono invitati a concentrare l'energia nel volto e nelle mani, ma ciò causa un aumento della tensione muscolare. Stanislavskij comprende che il rilassamento è fondamentale nello sviluppo delle sue teorie sulla recitazione. - "La Vita dell'Uomo" (1907) di Leonid Andreev: La scenografia progettata da Egorov, con profili stilizzati su sfondo di velluto nero e attori vestiti di nero con viso e mani enfatizzati, crea un e cace stile grottesco che si adatta all'atmosfera cupa del dramma e contribuisce al suo successo. - "L'Uccellino Azzurro" (1908) di Maeterlinck: Questo dramma, rappresentato come una favola incantata, evita gli stereotipi convenzionali. Stanislavskij utilizza elementi realistici inseriti in un contesto onirico e poetico, creando un'atmosfera pura e bella come un sogno infantile. Prima della messa in scena, Stanislavskij si reca in Normandia per incontrare l'autore Maeterlinck e per comprendere meglio la sua poetica. Durante il suo viaggio, incontra anche Isadora Duncan e Edward Gordon Craig. In collaborazione con Craig, Stanislavskij progetta un rivoluzionario "Amleto" da rappresentare al Teatro d'Arte nel 1908. Nel 1909, Stanislavskij avvia il lavoro sullo studio del Sistema teatrale con un gruppo di attori del Teatro d'Arte, utilizzando come base il dramma "Un Mese in Campagna" di Turgenev. Durante i quattro mesi di attività, si concentra sul rilassamento muscolare per ottenere movimenti fluidi e liberi da tensioni e sulla concentrazione, addestrando gli attori a focalizzarsi su una zona specifica del palcoscenico, escludendo pubblico e sala attraverso il "cerchio di attenzione". Introduce anche il concetto di "ingenuità", che consiste nel recuperare la qualità dell'infanzia per credere sinceramente in ciò che non si può vedere o percepire, utile nelle situazioni immaginarie del dramma. Nonostante i risultati validi, il lavoro sperimentale di Stanislavskij viene accolto con di coltà all'interno del Teatro d'Arte, così nel 1912 decide di fondare il Primo Studio come una sede separata e privata per condurre le sue ricerche. Tra gli allievi dello Studio figurano Michail Cechov e Evgenij Vachtangov, che diventa direttore dello Studio nel 1916 dopo la morte di Suler. STORIA DEL TEATRO V. Petrone Il Sistema di Stanislavskij subisce continue trasformazioni e può essere suddiviso in tre fasi: - Prima fase (1916-1924): Lavoro sull'interiorità e la psicologia dell'attore. - Seconda fase (1924-1930): Elaborazione di una tecnica di studio del personaggio. - Terza fase (1930- 1938): Sperimentazione di un metodo basato sulle azioni fisiche. Nel suo articolo del 1921 intitolato "Mestiere", Stanislavskij classifica tre stili di recitazione: - Stile "meccanico" o "di mestiere": L'attore si basa su cliché, gesti e atteggiamenti codificati dalla tradizione, senza apportare nulla di creativo e generando personaggi stereotipati. - Stile "rappresentativo": L'attore elabora in modo originale il personaggio, studiandone attentamente la natura e conferendogli tratti esteriori o interiori individuali. Tuttavia, durante lo spettacolo, tali caratteristiche vengono riprodotte in modo freddo. - Stile "immedesimato": Questo stile rappresenta l'autentica creatività dell'attore, in cui si identifica emotivamente con il personaggio. Il Sistema si basa sul principio di "perezivanie" (immedesimazione), che viene ottenuto attraverso diverse tecniche nel corso del tempo. Il lavoro sul testo e sulle circostanze date rimane fondamentale. Nella prima fase, Stanislavskij privilegia due procedure: - Il "magico se": L'attore deve interrogare il testo e ricostruire mentalmente la situazione in cui si trova il personaggio. Solo allora, per creare un'interpretazione viva e coerente, l'attore può chiedersi cosa farebbe personalmente se si trovasse nella stessa situazione del personaggio. - La "memoria emotiva": L'attore può attingere ai suoi ricordi per proiettare un'emozione autentica in un momento della vita del personaggio. Riattivando la "memoria dei sensi", l'emozione correlata può riemergere spontaneamente. Queste prime fasi del Sistema sono alla base dell'elaborazione successiva negli Stati Uniti, dove le teorie di Stanislavskij hanno avuto una grande di usione grazie alla tournée del Teatro d'Arte nel 1923 e agli allievi del Primo Studio emigrati. Tra di loro, Michail Cechov e Rikard Boleslavkij, che ha fondato l'American Laboratory Theatre nel 1924 e ha insegnato il Metodo, che è ancora insegnato oggi all'Actors Studio di New York, fondato nel 1947. RITEATRALIZZATORI All'inizio del XX secolo, il teatro subisce una profonda trasformazione e si avvia a una rifondazione artistica. Adolphe Appia ed Edward Gordon Craig sono considerati protagonisti di questo periodo e hanno contribuito con le loro teorie a gettare le basi per una nuova epoca teatrale. Entrambi hanno tratto ispirazione dalla nozione di "opera d'arte totale" di Richard Wagner, che pone l'accento sulla sintesi delle diverse forme d'arte all'interno del teatro, tutte guidate da un unico creatore. Tuttavia, sia Appia che Craig ritengono che il teatro non debba semplicemente essere una trasposizione del testo teatrale, subordinando tutto alla parola come proposto dal Naturalismo, né ridursi alla pittura come nel Simbolismo, che riduce il teatro a una forma bidimensionale e statica. Il loro obiettivo principale era individuare un linguaggio teatrale autonomo, che potesse esprimere l'essenza dell'arte teatrale. Adolphe Appia (1862-1928) è nato a Ginevra ed è stato influenzato dalla produzione wagneriana dopo aver assistito a rappresentazioni di opere come il "Parsifal" e l'"Anello del Nibelungo". Ha notato una discrepanza tra la fusione perfetta di parola e suono nella musica wagneriana e l'allestimento teatrale basato su un realismo romantico. Appia ha cercato di riformare la messa in scena teatrale a partire dal dramma wagneriano. Ha progettato nuovi allestimenti, come per l'"Anello del Nibelungo", ma le sue proposte sono state respinte da Cosima Wagner. Ha scritto importanti testi teorici come "La Messa in Scena del Dramma Wagneriano" (1895) e "La Musica e la Messa in Scena" (1899), nonché "Opera d'Arte Vivente" (1921), che si focalizza sulla tecnica e il ruolo dell'attore. STORIA DEL TEATRO V. Petrone Appia ha sviluppato l'idea che nella messa in scena sia necessario un principio ordinatore che conferisca armonia interna, superando l'imitazione mimetica della realtà proposta dal teatro naturalista. Ha sottolineato l' importanza della musica come unificatore e ha cercato di subordinare tutti gli elementi scenici, inclusi gli attori, al potere espressivo della musica. Ha proposto una scenografia stilizzata e tridimensionale che potesse accogliere l'interazione del corpo dell'attore con lo spazio, incorporando una luce attiva e vivente che modellasse l'ambiente scenico. Inoltre, Appia ha collaborato con Emile Jacques-Dalcroze, il fondatore della Dalcroze Eurythmics, che ha influenzato la sua ricerca artistica. Insieme, hanno realizzato progetti scenici chiamati "spazi ritmici", che utilizzavano elementi come terrazze, piattaforme, scale e giochi di luce per mettere in evidenza il corpo umano in relazione alla musica. Hellerau, un istituto fondato da Appia e Dalcroze nel 1911, è diventato un importante centro culturale internazionale, ma è stato chiuso a causa della Prima Guerra Mondiale. Dopo la chiusura di Hellerau, Dalcroze ha continuato la sua ricerca a Ginevra, mentre Appia si è concentrato su pochi spettacoli, tra cui l'allestimento di "Tristano e Isotta" alla Scala di Milano (1923), che ha incontrato giudizi conservatori negativi a causa della scenografia astratta. Appia è morto nel 1928 in una clinica psichiatrica. Sebbene le sue idee siano state raramente realizzate in produzioni teatrali durante la sua vita, hanno avuto un impatto significativo sul teatro del XX secolo, specialmente per l'uso espressivo della luce e la rivalutazione del corpo umano come strumento artistico. Edward Gordon Craig (1872-1966) è stato un regista teatrale e teorico dell'arte del teatro. Figlio dell'attrice Ellen Terry, Craig ha avuto un apprendistato nel mondo del teatro sin da giovane. Dopo un inizio promettente come attore, ha abbandonato la recitazione e si è dedicato alla progettazione visiva e alla regia teatrale. Nel suo spettacolo di debutto, "Didone ed Enea" (1900), Craig ha introdotto soluzioni innovative che si discostavano dal naturalismo predominante nel teatro inglese. Ha creato una scena suggestiva che utilizzava il colore e la luce per ottenere un e etto armonioso. La sua scenografia era caratterizzata da elementi visivi semplici, come un trono stilizzato e costumi integrati nella scenografia. Craig ha continuato a dirigere altri spettacoli, come "The Masque of Love" (1901) e "Acis e Galatea" (1902), che hanno ricevuto l'attenzione degli artisti e degli intellettuali per le loro innovazioni sceniche e cromatiche. Nel 1903, Craig ha lavorato come regista per la compagnia teatrale fondata dalla madre, dirigendo una produzione di "Condottieri a Helgeland" di Ibsen, rinominata "The Vikings". In questo spettacolo, ha utilizzato tendaggi e tonalità scure per creare un ambiente indefinito, sfruttando l'illuminazione per suggerire atmosfere e colorare spazio e costumi. Successivamente, Craig si è trasferito a Berlino su invito del mecenate Harry Kessler, dove ha continuato la sua attività artistica e ha avuto una relazione con la ballerina Isadora Duncan. A Berlino, ha esposto i suoi disegni e bozzetti scenici, attirando l'attenzione della critica. Craig ha anche sviluppato una teoria teatrale e ha pubblicato diversi testi, tra cui "L'Arte del Teatro" (1905) e "Sull'Arte del Teatro" (1911), in cui ha esplorato l'essenza dell'arte teatrale e l'importanza dell'azione come elemento centrale. Contrariamente a Wagner, che auspicava la fusione delle arti nell'opera d'arte totale, Craig sottolineava la specificità del teatro e la centralità del regista come artigiano che integra tutti gli elementi dello spettacolo per creare un'opera coerente. Craig promuoveva un teatro di idee in cui il regista poteva prescindere dal testo scritto e creare nuove forme espressive. Sostenendo il superamento della parola, ha concepito i "drammi del silenzio" che si basano su ritmi spaziali, masse architettoniche e giochi di luce e ombra. Ha anche sviluppato l'uso degli "screens", schermi snodabili di colore neutro che si muovevano nello spazio e potevano cambiare con l'illuminazione e il colore per reagire all'evoluzione del dramma. Craig ha sostenuto la sostituzione dell'attore umano con la "supermarionetta", un essere inanimato controllato dal regista, privo delle emozioni umane e in grado di creare un nuovo linguaggio simbolico. Ha teorizzato l'idea STORIA DEL TEATRO V. Petrone campane delle chiese. Nel 1924, Reinhardt torna a Berlino e riprende la direzione dei suoi teatri, dirigendo una celebre versione di "Sei Personaggi in Cerca d'Autore" di Pirandello. Durante questo periodo, si dedica anche al teatro leggero. Tuttavia, con l'avvento di Hitler nel 1933, Reinhardt viene o erto da Göring di rinunciare alla sua origine ebraica e accettare un riconoscimento di "arianità onoraria". Temporaneamente a Londra, rifiuta l'o erta e abbandona i suoi teatri, trovando rifugio negli Stati Uniti, dove progetta una serie di opere teatrali in gran parte irrealizzate e si avvicina al cinema. IL FUTURISMO ITALIANO Il Futurismo italiano è una delle prime avanguardie storiche che si sviluppa all'inizio del XX secolo. Il movimento è caratterizzato da un rifiuto radicale dell'arte del passato e da una celebrazione dei valori della modernità, come la velocità, la meccanica e l'energia. Il teatro futurista si configura come una nuova forma di spettacolo che cerca di coinvolgere attivamente il pubblico attraverso programmi articolati e compositi. Le serate futuriste rompono con le convenzioni dello spettacolo tradizionale e includono letture di manifesti, composizioni poetiche basate sulla parola in libertà e esposizioni di opere d'arte visiva ispirate ai principi futuristi. I futuristi di ondono le loro idee in modo propagandistico tramite opuscoli, volantini e interventi pubblici in spazi urbani. L'interazione provocatoria con il pubblico è una componente fondamentale del movimento, e spesso ciò genera ta erugli in sala. I futuristi cercano di "presentificare" il teatro nella vita quotidiana, cercando di irrompere nella routine e nella concezione statica del teatro tradizionale. Il Manifesto dei Drammaturghi Futuristi (1911) ribadisce l'atteggiamento di scontro con il pubblico, sottolineando che l'obiettivo dell'artista non è ottenere applausi, ma suscitare dissenso e reazioni. Nel "Teatro di Varietà" (1913), Marinetti identifica questo genere come un modello da seguire per il teatro futurista, apprezzandone l'antiaccademismo, la rapidità e l'interazione con lo spettatore. Il teatro futurista propone anche espedienti ingenui per coinvolgere il pubblico, come l'utilizzo di colla sulle poltrone o la vendita di un posto a dieci persone per creare confusione in sala. Marinetti ipotizza anche esecuzioni ribaltate, come una sinfonia di Beethoven suonata al contrario, o la riduzione di tutte le opere di Shakespeare a un solo atto, allo scopo di "dissacrare l'arte" e favorire una visione eccentrica e grottesca. Con il "Manifesto del Teatro Sintetico" (1915), Marinetti e i suoi collaboratori forniscono indicazioni operative per il teatro futurista. Essi sostengono la necessità di superare il dramma tradizionale, lungo, analitico e statico, e propongono un "teatro sintetico" che catturi il dinamismo della vita moderna attraverso atti simultanei, alogici e irreali. Gli atti diventano "attimi" e si puntano alla sintesi. Il teatro futurista si caratterizza per la realizzazione di opere brevi, molte delle quali si concentrano sull'espressione del dinamismo e dell'irrazionalità. Ad esempio, "Detonazione" di Francesco Cangiullo rappresenta un istante di silenzio seguito da uno sparo e la caduta del sipario, mentre "Vengono" di Marinetti descrive l'attesa dei padroni su una scena vuota, con la servitù che cambia l'arredamento seguendo le istruzioni del maggiordomo. "Le Basi" sempre di Marinetti mostra solo i piedi degli attori attraverso un sipario parzialmente alzato, con sette brevi scenette che alludono agli stati d'animo in modo telegrafico. I pittori scenografi del futurismo italiano STORIA DEL TEATRO V. Petrone I pittori-scenografi del Futurismo italiano hanno contribuito in modo significativo alla ricerca teatrale del movimento. - Enrico Prampolini ha redatto il manifesto "Scenografia e Coreografia Futurista", proponendo una riforma radicale del teatro in cui lo scenografo assume un ruolo centrale e innovativo, auspicando l'utilizzo di entità astratte e architetture elettromeccaniche come protagonisti dello spettacolo, sostituendo attori e marionette. Nel suo lavoro teatrale, ha anche collaborato con spettacoli di marionette e ha sperimentato la Pantomima futurista, riducendo la presenza umana a gesti meccanici. - Giacomo Balla ha esplorato il teatro astratto con l'esperimento "Feu d'Artifice" di Igor Stravinskij, animando un paesaggio di forme geometriche illuminate in sincronia con la musica. Nonostante le limitazioni tecniche, il progetto testimonia una ricerca importante nell'astrazione teatrale. - Fortunato Depero ha collaborato con i Balletti Russi e ha progettato scene e costumi innovativi, concependo l'interprete come una figura meccanizzata e geometrica. Ha proposto un teatro di marionette con i "Balli Plastici", in cui le marionette colorate di legno non seguono una storia, ma interpretano oscillazioni e interagiscono con la scenografia. DRAMMATURGIA ITALIANA DEL PRIMO NOVECENTO Luigi Pirandello (1867-1936) è considerato la figura più importante del Novecento italiano nel campo della drammaturgia. Dopo un periodo di insuccesso nella proposta dei suoi testi teatrali alle compagnie professionali, Pirandello si dedicò alla narrativa, pubblicando opere come "Il Fu Mattia Pascal" nel 1904 e scrivendo articoli teorici e critici sul rapporto tra scrittura letteraria e realizzazione scenica. Dal 1916, Pirandello iniziò a scrivere opere teatrali in dialetto siciliano per l'attore Angelo Musco, che successivamente furono tradotte in italiano. Queste opere, come "Pensaci Giacomino!", "Liolà" e "Il Berretto a Sonagli", esplorano il conflitto tra l'identità personale dell'individuo e il ruolo sociale che è costretto ad assumere. Le opere di Pirandello ruotano attorno alla ricerca di una verità stabile in un mondo in continua evoluzione, evidenziando l'evanescenza di una verità frammentata in molteplici opinioni soggettive che cambiano costantemente. Opere come "Così è se vi Pare" (1917) e "Il Giuoco delle Parti" (1918) incarnano chiaramente questa visione. Nel 1921, Pirandello scrisse "Sei Personaggi in Cerca d'Autore", un testo-manifesto in cui trasferì in forma drammatica le sue teorie e dimostrò l'impossibilità di rappresentare sul palcoscenico le figure dei personaggi e la loro realtà fantastica. Quest'opera inaugurò la trilogia del "teatro nel teatro", che includeva anche "Ciascuno a Suo Modo" (1923) e "Questa Sera si Recita a Soggetto" (1929), in cui Pirandello continuò a esplorare la relazione tra testo e scena. Pirandello sperimentò anche la fragilità del teatro materiale durante la sua esperienza come capocomico del Teatro d'Arte, fondato nel 1925. Lo scioglimento del teatro nel 1928, a causa di problemi economici e del cambiamento sociale con l'avvento del cinema sonoro e della società industriale, evidenziò le di coltà del teatro tradizionale. "I Giganti della Montagna" (1936), l'ultima opera di Pirandello, a ronta il confronto tra il mondo degli abitanti della Scalogna e quello della compagnia teatrale della contessa Ilse. Quest'opera suggerisce che il teatro non può più sottrarsi al confronto con la durezza della realtà. Gabriele D'Annunzio (1863-1938) è un drammaturgo e poeta italiano contemporaneo di Pirandello. La sua proposta teatrale si discosta radicalmente dai drammi borghesi realistici e veristi, avvicinandosi allo stile e ai temi del Simbolismo francese e all'estetismo inglese. Il suo interesse per il teatro è stato influenzato da diverse esperienze personali, tra cui la lettura del libro "La Nascita della Tragedia" di Nietzsche, un viaggio in Grecia nel 1895 che gli ha ispirato un nuovo apprezzamento per l'ellenismo e una rilettura di Eschilo e Sofocle, e la visione di spettacoli classici al teatro romano di Orange nel 1897. STORIA DEL TEATRO V. Petrone Un incontro di grande rilevanza per lui è stato quello con l'attrice italiana Eleonora Duse, con cui ha instaurato una collaborazione artistica e sentimentale che è durata circa 10 anni, a partire dal 1895. Insieme, hanno sognato di fondare un teatro all'aperto sulle sponde del lago di Albano, ispirato all'insegnamento di Wagner e dedicato alla rappresentazione di opere classiche e tragedie moderne, lontane dal realismo. Nonostante il progetto non si sia mai realizzato, l'idea di un teatro poetico li ha accomunati per lungo tempo. D'Annunzio ha scritto il suo primo dramma, "La Città Morta" (1896), per Eleonora Duse, ma successivamente ha concesso i diritti all'attrice rivale Sarah Bernhardt, che l'ha messo in scena due anni dopo. Ha scritto anche l'atto unico "Sogno d'un Mattino di Primavera" (1897) e "La Gioconda" (1899) per l'amata Duse. Il teatro di D'Annunzio ha faticato ad ottenere successo presso il grande pubblico. Era ispirato da grandi temi, personaggi con un carattere universale e un linguaggio ricco, lontano dalla quotidianità, con un registro aulico e fastoso, attento al ritmo e alla musicalità. Eleonora Duse ha assunto il ruolo di portavoce di questa nuova forma teatrale, tanto che ha intrapreso una tournée americana (1902-1903) con un repertorio esclusivamente dannunziano, ma che si è rivelata un disastro economico. Già nel 1901, Duse ha sostenuto un grandioso progetto di D'Annunzio: la messa in scena di "Francesca da Rimini", una tragedia in versi che prevedeva la presenza di una ventina di attori, numerose comparse, danze e intermezzi musicali. Questo progetto rivelava l'aspirazione del poeta a creare un'opera teatrale unitaria di ispirazione wagneriana. Per coordinare le scene di massa, è stato chiamato Luigi Rasi, direttore della scuola di recitazione di Firenze. L'allestimento di "Francesca da Rimini" rifletteva un atteggiamento protoregistico di D'Annunzio, che ha seguito attentamente la preparazione, ha diretto le due mesi di prove e si è interessato all'illuminazione. L'atteggiamento registico si è ripresentato nell'allestimento della tragedia pastorale "La Figlia di Iorio" (1904) di Virgilio Talli, in cui Eleonora Duse avrebbe dovuto interpretare il ruolo della protagonista, Mila di Codrio, ma che è poi stato a dato alla prima attrice della compagnia, Irma Gramatica. Ambientata in Abruzzo, la storia si svolge in un contesto contadino che tuttavia non si basa sul naturalismo, ma racconta conflitti archetipici di questa società, diventando una storia universale di amore e morte. In scena non viene mostrata la vita reale, ma solo la sua ombra, evocata attraverso versi ieratici e solenni. Dopo aver scritto "La Fiaccola del Moggio" (1904), anch'essa ambientata in Abruzzo ma in un tempo storico e in un luogo specifico, e la "Fedra" (1909), una rielaborazione del testo euripideo con un'atmosfera decadente, D'Annunzio si è trasferito a Parigi nel 1910, dove ha inaugurato una serie di importanti allestimenti teatrali francesi con "Le Martyre de Saint-Sèbastien" (1911). Successivamente, è tornato in Italia nel 1915 e ha partecipato attivamente agli eventi bellici, per poi ritirarsi in una vita solitaria nella villa che in seguito è stata chiamata "Vittoriale degli italiani". REGIA IN EUROPA Vsevolod Mejerchol'd (1874-1940) è stato un importante regista teatrale russo, allievo di Danchenko presso l'Istituto Filarmonico di Mosca e membro fondatore del Teatro d'Arte di Mosca. Dopo aver interpretato il ruolo di Treplev nella prima del "Gabbiano" di Chekhov, Mejerchol'd si è allontanato dal Teatro d'Arte per perseguire la sua passione per la regia e la drammaturgia simbolista. Ha formato la sua compagnia teatrale e successivamente è stato richiamato da Stanislavskij per dirigere il Teatro Studio. Mejerchol'd è poi stato assunto come regista presso il Teatro Drammatico di Pietroburgo da Vera Komissarzevskaja, una famosa attrice teatrale legata ai circoli simbolisti. Il loro debutto è avvenuto con una versione inedita di "Hedda Gabler" di Ibsen, in cui Mejerchol'd ha creato uno spettacolo caratterizzato da un freddo cromatismo simbolico e da una scenografia monocromatica. Ha sviluppato la sua poetica teatrale chiamata "teatro della convenzione" e ha pubblicato scritti teorici sulla sua visione teatrale raccolti nel libro "Sul Teatro" (1913). Mejerchol'd ha continuato a sperimentare nuove forme teatrali. STORIA DEL TEATRO V. Petrone La rivista e il gruppo manifestano un interesse crescente per il teatro e sviluppano un atteggiamento critico nei confronti della scena contemporanea. Lothar Schreyer, uno scrittore e regista, viene chiamato da Walden a codirigere la rivista e apre un laboratorio teatrale a Berlino nel 1918. Schreyer sostiene che l'opera scenica dovrebbe tradurre una rivelazione interiore dell'artista attraverso segni puri, senza una storia o contenuto specifico. Nel teatro espressionista, l'unità dell'opera è garantita dal ritmo, e la parola diventa suono che evoca sensazioni. Lo spazio scenico è vuoto e delimitato da figure in azione, mentre gli attori devono essere privi di carattere psicologico e spersonalizzati, coperti da maschere totali che ne nascondono il corpo e li assimilano a totem. L'azione scenica sfuma in un'esperienza mistica in cui attori e spettatori perdono la propria individualità. Ernst Toller rappresenta la tendenza politica dell'espressionismo, essendo un militante socialista e presidente del Comitato centrale degli operai, dei soldati e dei contadini nella Repubblica dei consigli bavarese. La sua opera "Uomo Massa" del 1921 a ronta i contenuti politici attraverso un tono lirico, esplorando la legittimità della violenza e il confronto tra una donna borghese pacifista e l'Innominato, che rappresenta la spietatezza impersonale della massa. Con la caduta della Repubblica dei consigli e la successiva repressione, Toller viene imprigionato per cinque anni. Il suo dramma "Oplà, noi Viviamo!" del 1927, che riflette l'esperienza autobiografica di Toller, mostra un protagonista che torna in una Germania irriconoscibile, tradita dagli ideali che ha combattuto. Decide di attentare alla vita di un ex compagno diventato ministro, ma viene arrestato e, disperato, si suicida. Il testo assume toni didascalici e riflette l'allontanamento dell'espressionismo teatrale tedesco verso un maggiore impegno politico, influenzato dalla collaborazione con Piscator. IL BAUHAUS Il Bauhaus di Walter Gropius è stata una scuola di architettura e arti applicate fondata da Walter Gropius nel 1919 a Weimar, in Germania. Gropius aveva l'obiettivo di abbattere le barriere tra artista e artigiano, integrando diverse forme artistiche in un'unica espressione. Inizialmente, il Bauhaus accoglieva anche influenze dell'espressionismo, rappresentate da membri di Der Sturm, ma in seguito si aprì all'astrattismo e al costruttivismo, con artisti come Paul Klee e Wassily Kandinsky tra i suoi docenti. Nel 1921, venne istituito un laboratorio teatrale al Bauhaus, che fu poi a dato a Oskar Schlemmer nel 1923. Schlemmer propose un approccio radicalmente diverso, puntando sull'astrazione e mettendo l'accento sull'essere umano come misura di tutte le cose. Egli riteneva che il teatro avesse avuto origine dalla danza e sviluppò la sua ricerca concentrandosi sull'attore- danzatore. Uno dei risultati di questa ricerca fu il "Balletto Triadico" (1922), una performance sinfonico-architettonica basata sul numero 3. Il balletto era diviso in tre sezioni, interpretate da tre artisti che si alternavano in soli, duetti e pas de trois, indossando 18 costumi. Le tre sezioni creavano atmosfere diverse attraverso l'uso di colori diversi: giallo per un senso allegro-burlesco, rosa per un sentimento gioioso-solenne e nero per un'atmosfera mistica-fantastica. Nel balletto di Schlemmer, i costumi erano un elemento chiave, trasformando gli attori in forme astratte animate. La danza risultava dall'interazione tra il costume, come elemento di mediazione con lo spazio, e il corpo dell'attore. Schlemmer sviluppò ulteriormente la sua ricerca verso una progressiva astrazione, sperimentando con materiali come metallo, vetro e legno. Al Bauhaus, c'era anche un'altra corrente rappresentata dall'artista ungherese László Moholy-Nagy, orientata verso il razionalismo e il tecnicismo, influenzata dal Futurismo e dal costruttivismo. Moholy-Nagy immaginava uno spettacolo teatrale completamente meccanizzato, in cui suoni, immagini e rifrazioni luminose si relazionassero dinamicamente, escludendo l'uomo dalla scena e consentendogli solo di orchestrare gli elementi STORIA DEL TEATRO V. Petrone dall'esterno. Il Bauhaus ha avuto un'influenza significativa sulla progettazione teatrale e architettonica, sperimentando nuove forme, materiali e approcci multidisciplinari. Tuttavia, nel 1933, il Bauhaus fu chiuso dalle autorità naziste. Nonostante la sua breve esistenza, l'eredità del Bauhaus continua ad avere un impatto significativo sull'arte, l'architettura e il design fino ai giorni nostri. Teatro Politico di Erwin Piscator Erwin Piscator (1893-1966) è considerato uno dei più importanti esponenti del teatro politico del Novecento. Fu un teorico, regista e protagonista della scena teatrale tedesca negli anni '20, un periodo in cui il teatro si univa attivamente alla politica, spesso con influenze marxiste. L'idea di Piscator era quella di combattere politicamente attraverso l'arte, unendo l'arte con un impegno attivo, polemico e politico. Piscator iniziò il suo lavoro nel Teatro Proletario nei quartieri opera di Berlino e nel 1924 si unì alla Volksbühne, mettendo in scena spettacoli come "Bandiere" di Alfons Paquet, che drammatizzava lo sciopero degli operai anarchici di Chicago del 1886, collegando gli episodi attraverso proiezioni fisse. Nel 1924 realizzò la rivista rivoluzionaria R.R.R. (Revue Roter Rummel), che combinava canzoni, musica, sport, proiezioni fisse, dati statistici e discorsi per condannare la società borghese. Nel 1925 al Grosses Schauspielhaus di Berlino, Piscator mise in scena "Ad Onta di Tutto", dedicato alla storia del movimento operaio, utilizzando uno stile di montaggio che comprendeva sketch teatrali, discorsi autentici, articoli di giornale, manifesti e per la prima volta anche immagini filmate. Questo rese Piscator il primo regista a utilizzare il cinema in modo creativo nel teatro. Le sue soluzioni registiche, tra cui l'uso di filmati, generarono controversie e nel 1927 lasciò la Volksbühne per fondare il suo teatro, la Piscator-Bühne. Qui mise in scena "Oplà, noi Viviamo!" tratto dal testo di Toller, caratterizzato da una scenografia costruttivista che permetteva azioni simultanee e innumerevoli combinazioni. L'uso della scenotecnica, come il palco girevole, gli ascensori e il tapis roulant, divenne distintivo del teatro di Piscator. Nel 1928, a causa di problemi economici, cedette il suo teatro e nel 1931 si trasferì in Unione Sovietica per girare il film "La rivolta dei Pescatori di Santa Barbara". A causa dell'avvento di Hitler, non poté più tornare in Germania e trascorse un lungo esilio negli Stati Uniti, dove fondò il Dramatic Workshop a New York, con allievi come Judith Malina, poi fondatrice del Living Theatre. A causa del maccartismo, Piscator fu oggetto di attacchi e nel 1951 poté finalmente tornare in Germania. Qui concluse la sua carriera dedicandosi alla messa in scena del dramma documentario. Il Teatro Epico di Bertolt Brecht Bertolt Brecht (1898-1956) è stato un drammaturgo tedesco che ha vissuto in un'epoca di grandi cambiamenti politici, sociali ed economici nella Germania postbellica. Ha assimilato diverse influenze artistiche, come l'espressionismo, il cabaret paradossale e il teatro politico, ma ha sviluppato il suo stile unico senza aderire esplicitamente al partito comunista. Brecht ha introdotto il concetto di "teatro epico", che si proponeva di essere comprensibile alle masse e di ampliare le loro conoscenze ed esperienze. Ha raggiunto il successo internazionale con opere come "L'Opera da Tre Soldi", che univa divertimento e politica con l'uso di musiche funzionali e cartelli illustrativi per creare uno straniamento dallo spettatore. Il teatro epico si basa sulla tecnica dello "straniamento", che mira a stimolare un atteggiamento critico nello spettatore, mettendo in luce gli aspetti inconsueti e curiosi dei personaggi e delle storie. Brecht ha cercato di presentare problemi aperti anziché o rire risposte definitive, incoraggiando gli spettatori a interrogarsi sulle realtà sociali e a considerare la possibilità di un cambiamento. Durante il suo esilio, Brecht ha scritto opere come "Madre Coraggio e i Suoi Figli", "L'Anima Buona del Sezuan", "Il Cerchio di Gesso del Caucaso" e "Vita di Galileo". Questi testi erano meno rigidi dal punto di vista ideologico e a rontavano questioni etico-politiche complesse, spingendo gli spettatori a riflettere sulla realtà e sulle possibilità di intervento per migliorarla. STORIA DEL TEATRO V. Petrone Brecht ha sviluppato una nuova tecnica di recitazione che enfatizzava lo straniamento e richiedeva agli attori di mantenere le distanze dai personaggi. L'attore doveva "mostrare" il personaggio anziché immedesimarsi emotivamente, utilizzando gesti selezionati e caratterizzanti, noti come "Gestus". Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, Brecht si stabilì nella Germania comunista e fondò il Berliner Ensemble nel 1949. Con questa compagnia, ha continuato a sperimentare le tecniche del teatro epico e della recitazione straniata. IL TEATRO DADA E SURREALISTA Il teatro dada e surrealista emerse nel periodo tra la Prima e la Seconda guerra mondiale, con una forte spinta alla sperimentazione e alla contestazione delle convenzioni artistiche. Il movimento Dada, nato a Zurigo nel 1916, aveva come obiettivo la distruzione delle forme artistiche tradizionali e l'antiarte. Si riunivano nel Cabaret Voltaire, dove si esibivano in serate d'avanguardia caratterizzate da performance irriverenti e provocatorie. Tristan Tzara fu uno dei principali esponenti del movimento e pubblicò diversi manifesti dadaisti. Dopo la fine della guerra, il movimento si trasferì a Parigi e divenne una forza propulsiva per l'avanguardia artistica francese. Guillaume Apollinaire presentò l'opera "Le mammelle di Tiresia" nel 1917, che suscitò scandalo per la sua decostruzione del senso e della logica narrativa. Quest'opera viene considerata precorritrice del surrealismo, un movimento artistico che si sviluppò negli anni '20 e fu guidato da André Breton. Il surrealismo si concentrava sulla liberazione dell'inconscio e sulla rappresentazione di immagini e situazioni irrazionali. Breton definì il movimento surrealista nel 1924 e scrisse il "Manifesto del Surrealismo". Nelle serate dadaiste a Parigi furono presentati anche i primi testi teatrali di Tristan Tzara, che espresse il nonsense e l'assurdo. Nel suo testo "La Prima Avventura Celeste del Signor Antipirina" e successivamente in "Cuore a Gas", Tzara utilizzò la ripetizione, gli scarti logici e le intrusioni liriche per creare un teatro dell'assurdo. La frattura di Brenton e il Surrealismo Nel 1924 si verifica una frattura nell'avanguardia dadaista, con André Breton che si distacca dal movimento e fonda il Surrealismo. Il Surrealismo è fortemente influenzato dalla teoria freudiana sull'interpretazione dei sogni e si propone di esplorare l'inconscio attraverso l'esperienza del sogno, dell'allucinazione e della follia, al fine di accedere a una realtà più profonda. Nel primo "Manifesto del Surrealismo", si fa riferimento a un "automatismo psichico puro" che cerca di esprimere il funzionamento del pensiero al di là della ragione, senza preoccupazioni estetiche e morali. Breton privilegia la poesia e la scrittura come strumenti principali della scrittura automatica surrealista, mentre il teatro viene guardato con sospetto e chi lo pratica viene considerato un eretico. Nel gruppo dei dissidenti teatrali, spiccano Roger Vitrac e Antonin Artaud, che vengono espulsi da Breton anche per divergenze politiche. Nonostante ciò, fondano il Teatro Alfred Jarry, intitolato al poeta dissacrante, e Vitrac si apre al surrealismo con le sue opere teatrali come "I Misteri dell'Amore" e "Victor o i Bambini al Potere". Nonostante la breve durata del Teatro Alfred Jarry, con soli 4 spettacoli, rimane un momento fondamentale nella storia del Novecento. Il teatro della crudeltà di Antonin Artaud Antonin Artaud (1896-1948) è un attore e poeta che giunge a Parigi nel 1920. Lavora con importanti registi e si avvicina al movimento surrealista, diventandone un protagonista e dirigendo il Centro di ricerche surrealiste per un periodo. Tuttavia, nel 1926 viene espulso dal movimento e fonda il Teatro Alfred Jarry insieme a Roger Vitrac. Nel 1931, Artaud ha un'esperienza rivelatrice durante l'Esposizione coloniale di Parigi, dove assiste a esibizioni di danze balinesi. Questo lo spinge a riflettere sulla possibilità di un teatro non verbale, ma gestuale e fisico, che si