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Storia del videogioco: dagli anni 50 a oggi, Sintesi del corso di Teorie e tecniche della comunicazione multimediale

Riassunto del libro "Storia del videogioco: dagli anni 50 a oggi"

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020
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Caricato il 16/07/2020

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Scarica Storia del videogioco: dagli anni 50 a oggi e più Sintesi del corso in PDF di Teorie e tecniche della comunicazione multimediale solo su Docsity! STORIA DEL VIDEOGIOCO - DAGLI ANNI 50 A OGGI INTRODUZIONE: LA NATURA DEL VIDEOGIOCO Si possono commettere due errori nel tentare di dare una definizione alla parola videogioco  1 identificarlo con la forma fisica che lo contiene, come ad esempio un coin-op (coin operated machine, macchina azionata a gettoni o monete per sale giochi o locali pubblici). 2 scambiare il videogioco per le stringhe in codice informatico che lo compongono Qual è la vera natura del videogioco? È un’operazione multimediale interattiva, cioè un prodotto culturale autoriale che si esprime attraverso una specifica forma interattiva, utilizzando uno o più mezzi espressivi. L’interazione con un videogioco richiede l’immersione in un mondo simulato e regolato da leggi tecniche. In un videogioco, inteso come opera multimediale interattiva (OMI), possono venire meno sia la componente del video, sia quella del gioco, perché il videogioco non è necessariamente finalizzato al solo intrattenimento inteso come passatempo piacevole, ma può anche avere fini didattici- scientifici. Un artista può decidere di raccontare l’orrore della guerra, magari inserendo riferimenti autobiografici, posso scegliere di farlo con un quadro, una graphic novel, un saggio o anche girando un film o realizzando un videogioco. Immaginare un’OMI che parli del Diario di Anna Frank e definirla videogioco può sembrare scorretto o scandaloso, ma in realtà non lo è, se non attribuiamo all’idea di videogioco la singola funzione ludica. 1 LE ORIGINI I primi esperimenti Prima che Ralph Baer e Nolan Bushnell (il padre del videogioco e il padre dell’industria dei videogiochi) arrivassero a creare il videogioco come prodotto culturale, ci sono altri esperimenti compiuti da alcuni pionieri che è importante ricordare. L’elettronica applicata al concetto di gioco è lo spunto che darà il via alle opere multimediali e interattive, che nascono e crescono grazie agli sforzi di appassionati e sperimentatori. Primo esperimento di gioco elettronico  lo dobbiamo all’impresa britannica Ferranti International PLC che, per dimostrare al pubblico le potenzialità dei suoi nuovi computer digitali, porta una di queste macchine (Nimrod), costruito al solo scopo di riprodurre un antico gioco di logica matematica, Nim, nel quale due avversari devono rimuovere a turno uno o più oggetti da uno solo di diversi gruppi. Vince chi toglie l’ultimo oggetto. Nel Nim elettronico, gli oggetti sono rappresentati da luci da spegnere, e il computer è progettato per sfidare un essere umano e viene realizzato non a scopo di intrattenimento, ma come semplice dimostrazione tecnica della potenza di calcolo dei nuovi elaboratori. Alexander Douglas  dottorando inglese dell’Università di Cambridge, realizza il primo gioco elettronico rappresentato graficamente su uno schermo. Il gioco, OXO, è una versione del tris, ed era parte della tesi di Douglas sull’interazione tra uomo e computer. OXO però resta confinato a Cambridge, perché il computer in questione non viene utilizzato in nessun altro luogo. Meritano inoltre di essere citati gli sforzi di creare un avversario non umano per il gioco degli scacchi: il primo algoritmo risale al 1948 e si deve ad Alan Turing e David Champernowne , mentre Shannon scrive nel 1950 il primo codice su carta sotto forma di un articolo dal titolo Programming a Computer for Playing Chess (Programmare un computer per giocare a scacchi). Il primo vero simulatore di scacchi funzionante è però quello programmato dal filosofo e ricercatore di informatica tedesco Prinz nel novembre del 1951 su un computer Ferranti. Tennis For Two Ulteriore passo avanti verso il primo vero videogioco  si compie nel 1958, grazie al fisico statunitense Higinbotham. Con l’aiuto del collega Dvorak, sviluppa un simulatore di tennis sul computer analogico Donnel Model 30, utilizzando come schermo un oscilloscopi. Sebbene la grafica sia rudimentale e non siano rappresentati in alcun modo i tennisti, questo prototipo di videogioco offre una visuale laterale del campo con tanto di rete; la palla, resa come un semplice puntino, rimbalza secondo le leggi della fisica in base alle racchettate virtuali date dai due giocatori attraverso un controller analogico in alluminio dotato di un pulsante per colpire la palla e una manopola per aggiustare l’angolatura. Tennis For Two riproduce anche l’effetto di colpire la rete, che deve essere scavalcata. Non è invece previsto un sistema di regolamenti e punteggi, quindi il tutto si limita a una rudimentale simulazione di esperienza tennistica. Sebbene sia rimasto oscuro, ha grande valore per l’intuizione di Higinbotham di aver scelto come soggetto del suo lavoro proprio il tennis. Infatti i primi videogiochi saranno, diversi anni dopo, proprio dei simulatori di questo sport. La sua più grande invenzione arriva dopo, con il prototipo di quella che sarebbe poi diventata la prima consola della storia. Più passava il tempo, più la visione di Bear andava formandosi, grazie anche alle intuizioni del suo team (ad esempio, il nuovo membro del team Bill Rush). Ma subentra un problema  il dispositivo o macchina che usano non è abbastanza potente per reggere un’intelligenza artificiale. Così ha l’idea di creare un gioco dove devono interagire due persone, e sceglie il tema del Tennis (che insieme a Pong, rimarrà nella storia). Il team riesce a trovare qualcuno che finanzi il progetto, la Magnavox, azienda nota per la produzione di televisori. Nel 1972 nasce la Magnavox Odyssey, la prima console, concepita solo per giocare. Odyssey si presenta esteticamente in linea con 2001 Odissea nello spazio di Kubrick  funziona con delle cartucce a circuito stampato, contenenti però non una ROM (memoria con un gioco vero e proprio), ma i soli jumper che permettono ai circuiti interni della console di variare i movimenti delle tre luci a schermo, con 16 varianti, per un totale di 28 videogiochi diversi, distribuiti su dodici cartucce. Per simulare la grafica ogni gioco ha un proprio overlay da attaccare allo schermo, in due formati diversi, grande e piccolo. In Italia la console viene chiamata Odissea. Per colpa degli spot pubblicitari realizzati dalla Magnavox, però, il pubblico viene indotto a credere che la console funzionasse solo su televisori Magnavox, quando invece era compatibile con ogni genere di modello. Nonostante la straordinaria invenzione, Baer non riesce a ottenere il successo voluto, a causa di una cattiva gestione del marketing. Il lavoro di Bear però apre le porte a una vera e propria rivoluzione, che porterà il videogioco fuori dall’ambito universitario, per introdurlo nelle case e nella sfera dell’economia reale. Come Russel prima di lui, Baer diviene uno dei padri dimenticati dell’industria, ma a differenza di Russel, almeno Bear ha tentato di commercializzare il suo prodotto. Nolan Bushnell Bushnell  ingegnere elettronico e inventore, e la sua creazione più rilevante è quella dell’industria stessa del videogioco. Baer può essere considerato l’iniziatore spirituale della cosiddetta game industry, ma è Bushnell ad avere avuto la lucidità imprenditoriale per trasformare una buona idea in un’impresa fiorente e renumerativa. La ricerca continua di idee e ispirazione e la predisposizione costante al divertimento caratterizzano ogni scelta di vita dell’uomo e ogni sua decisione imprenditoriale. Una vera e propria filosofia di vita che, come vedremo, sarà la forza di Bushnell e della stessa Atar, azienda sempre un passo avanti alla concorrenza, che tende all’innovazione. Appassionato di computer game, conosce alla perfezione Spacewar! e inizia a realizzare dei giochi aiutato da studenti dell’istituto, coloro che avevano libero accesso al laboratorio. Nascono così Tic Tac Toe 3D, Tic Tac Toe, Fox and Geese. Nel frattempo, lavora come tecnico di arcade in un parco divertimenti di Salt Lake City. Dopo di ciò, inizia ad allargare il proprio orizzonte di conoscenza e a comprendere i meccanismi attraverso i quali opera il business del videogioco. Dopo la laurea viene assunto come ingegnere presso la Ampex Corporation. Essendo troppo ambizioso e irrequieto, Bushnell sente il bisogno di innovare e di far parlare di sé. Decide così di combinare i propri talenti: quello da ingegnere e quello da imprenditore, con la passione di una vita: i giochi arcade. Crea così la sua versione di Spacewar!, quella che il mondo conoscerà con il nome di Computer Space. Computer Space Computer Space  avrebbe dovuto riprendere le caratteristiche di Spacewar!, tra cui, il gameplay, mantenendo intatti il campo gravitazionale, la modalità Hyperspace e la fisica spaziale. Ma questa rivisitazione aveva un problema: la lentezza delle navicelle e la loro realizzazione grafica piuttosto primitiva, dovuto all’utilizzo di un computer di bassa potenza. Bushnell decide di realizzare il proprio device utilizzando componenti prese in prestito dalla Ampex. Costruisce personalmente il prototipo di Computer Space usando la camera di sua figlia come laboratorio. Mentre Bushnell lavorava a questo progetto, firma un contratto con un’azienda specializzata in intrattenimento da sala giochi: la Nutting Associates, per la realizzazione di una nuova macchina. Coincidenza vorrrà che Bill Nutting, a capo dell’azienda, mostrasse interesse per il progetto, così la Nutting diviene licenziataria del gioco. Consapevole dell’importanza di attrarre il pubblico, realizza un cabinato in vetro di resina, dall’aspetto futuristico e dal colore sgargiante. La Nutting mette in produzione 1500 macchine: alla Music Operators Association Convention di Chicago, Bushnell mostra personalmente Computer Space ai distributori. Il gioco viene lanciato sul mercato americano nel novembre del 1971, imponendosi a tutti gli effetti come il primo coin-op della storia. Nonostante la grande richiesta prevista, le difficoltà del gioco non permettono una grande diffusione e le macchine restano quasi invendute. Il primo esperimento di Bushnell non rimarrà però un’occasione persa. Il giovane imprenditore comprenderà più a fondo la complessità del funzionamento dell’industria e capirà come non ripetere lo stesso errore. Così si arriva a Pong. Pong Dopo l’esperienza di Computer Space e l’errore di gestione della Nutting  Bushnell decide di costruire da solo il proprio business. Insieme a Ted Dabney e Larry Brian, sceglie di fondare la propria compagnia, così nasce Atari. Uscito Brian dalla compagnia, Bushnell e Dabney investono un capitale iniziale di 250 dollari ciascuno. In meno di 10 anni, Atari diventa una società da 2 miliardi di dollari l’anno, superando ogni record come azienda con la crescita più alta nella storia dell’industria americana. Atari inizia a lavorare con Bally, famosa azienda produttrice e distributrice di flipper. Dovevano realizzare per la Bally una nuove macchina da flipper, e i due, volendo allargare la clientela e guadagnare più extra possibili, iniziano a riparare macchine da flipper nei bar e nelle caffetterie. Con la somma guadagnata, Atari potrà assumere il primo impiegato full time: Cynthia Villanueva, che diventa la segretaria personale. Bushnell istruisce la ragazza su come far credere che Atari sia una grande azienda, nota e conosciuta. Al Alcorn, insegnere informatico e abile riparatore di televisioni, è il secondo dipendente assunto. La matricola sarà messa alla prova con l’incarico di realizzare una versione casalinga di un gioco elettronico basato sul ping pong. Nolan dirà ad Alcorn di aver firmato un contratto con la General Electric, che gli ha commissionato il progetto, ma in realtà intendeva solo testare le sue capacità. Questa sua mossa, otterrà un risultato imprevedibile e travolgente. Nasce quindi Pong, il primo videogioco di successo della storia. Come Computer Space, anche Pong viene saldato da Alcorn come un televisore in bianco e nero, inserito all’interno di un cabinet di legno, largo ppoco più di un metro. Dopo tre mesi di lavoro, Alcorn mostra a Bushnell e Dabney la versione definitiva del prototipo. I due rimangono senza parole. Alcorn ha superato ogni aspettativa, proponendo una versione più complessa e variegata del progetto di Bushnell. La scelta del nome però è di Bushnell, che aggiunge alla macchina istruzioni molto sintetiche, destinate a diventare celebri, quasi un simbolo della storia del videogioco. Tra i diversi stratagemmi adottati al fine di rendere il gameplay più complesso e avvincente, si decide di dividere la racchetta in otto segmenti: a seconda del segmento colpito, la pallina segue traiettori differenti. Alcorn imita le dinamiche della fisica, facendo accelerare progressivamente la pallina man mano che viene colpita. Un primo errore del circuito impediva alle racchette di arrivare in cima allo schermo, delimitando il campo virtuale. Invece di correggerlo decide di mantenerlo, alzando il margine di errore dei giocatori e limitando il tempo di ogni partita. Pong è il primo videogioco di successo riconosciuto come tale, semplice da capire e divertente da giocare. Il team ricchezza di contenuto che rappresentano una vera e propria innovazione rispetto a qualsiasi altro prodotto d’epoca. La trama, raccontata solo attraverso il testo, prevede delle ambientazioni e delle situazioni impensabili per titoli che invece si esprimono tramite grafica: la narrazione prende il via dalla mente dell’autore e il giocatore diventa il “coautore” della vicenda. I vocaboli riconosciuti dai parser di queste prime text adventures sono molto limitati e semplificati. Don Woods  fa scoprire questa avventura al pubblico. Si imbatte nel gioco mentre è al lavoro presso lo Stanford Artificial Intelligence Laboratory e, nel 1977, ottiene da Crowther l’autorizzazione a mettere mano al codice del gioco, cui aggiunge ulteriori elementi fantasy come elfi, troll, e anche un vulcano magico, ispirato al Monte e Fato del Signore degli Anelli. Diffuso anch’esso attraverso Arpanet, CCA apre ufficialmente l’epoca delle avventure testuali. Scoperto il testo, non resta che elevarlo alla massima espressione artistica, e a questo ci penserà Infocom, una delle più grandi Software house di tutti i tempi. Infocom Infocom  vede la luce in una università. Siamo nella seconda metà degli anni 70: Dave Lebling e Marc Blank, decidono di sviluppare un gioco e lo chiamano, in maniera provvisoria, Zork. L’ispirazione viene da Colossal Cave Adventure e a Dungeon & Dragons. Con Bruce Daniels tra i progettisti, lo sviluppo ha inizio e già nel 1977 il gioco è pronto nella sua prima versione. Successo  sia nelle università che tra gli utenti di Arpanet. Infocom nasce ufficialmente il 22 giugno 1970, e il primo prodotto con il quale l’azienda si mette alla prova è proprio Zork. Troppo pesante per i personal computer d’epoca, viene spezzato in tre parti:  Nel novembre 1980 esce Zork I, pubblicato da personal Software Inc, e le aspettative non vengono deluse, perché in qualche anno Zork I avrebbe superato 1 milione di pezzi venduti, così da convincere Infocom ad auto produrre i suoi titoli  Con Zork II  il team si sposta presso gli studi storici di Wheeler Street 55. Da questo indirizzo, ha inizio la vera storia di Infocom, e anche l’età dell’oro delle avventure testuali. Tutto inizia quando fu introdotto il testo  dai primi parser elementari, capaci di riconoscere solo frasi composte di verbo e sostantivo, si passa con Infocom a parser più complessi, capaci di gestire comandi multipli. La prosa affascinante, la trama brillante e l’umorismo sottile e pungente dei titoli targati Infocom fanno il resto. Alcuni esempi di opere brillanti sono Planetfall, Deadline, A Mind Forever Voyaging. L’obiettivo di questi giochi è uno: coinvolgere al massimo il giocatore. Infocom produce due opere in collaborazione con il grande umorista Douglas Adams: Bureaucracy e un adattamento di The Hitchhiker’s Guide to the Galaxy. Realizzata da Steve Meretzky e lanciata nel 1984, l’avventura testuale galattica avrà un successo incredibile e sarà la prima delle opere interattive a vedere la partecipazione diretta dell’autore. Presentati in confezioni uniche, per contenuti e per forma, i giochi Infocom sono promossi in maniera creativa grazie a ciò che manca ai loro concorrenti: la grafica. Infocom ha prodotto anche giochi dalla scatola sagomata a forma di disco volante e contenente oggetti reali, necessari al compimento dell’avventura. Altro esempio di eccellente marketing e creatività sono le guide per portare a termine i vari giochi, vendute a parte: gli InvisiClues, fascicoli contenenti le soluzioni dei quesiti da superare nell’avventura, abbinati a uno speciale pennarello, in grado di far comparire solo le risposte richieste. L’umorismo e l’attenzione con cui queste soluzioni vengono redatte spingono molti giocatori ad acquistare le guide solo per il gusto di leggerle. Le opere di Infocom nascono per far pensare. Concepita come critica sociale e politica, A Mind Forever Voyaginf fa del suo principale bersaglio il mandato presidenziale di Ronald Reagan. Sfruttando la fantascienza come filtro metaforico, il gioco affronta temi delicati, come il militarismo e la religione. Siamo nell’anno 2021 e il giocatore controlla PRISM, il primo computer stanziante mai creato. In una situazione d’emergenza globale sempre più insostenibile, giovani si suicidano usando dei neuro stimolatori connessi direttamente al cervello. PRISM dovrà avviare la simulazione di un ipotetico piano di rinascita: l’esito disastroso della simulazione consuma la condanna di Meretzky nei confronti della politica di Reagan. L’utilizzo dell’opera interattiva come strumento di critica, mostra l’intuizione da parte di Infocom delle grandi potenzialità espressive delle opere multimediali interattive testuali. Ad un certo punto, però, anche Infocom vide arrivare il momento della crisi. Due sono le ragioni del crollo del grande colosso dell’avventura testuale: 1 L’avvento di computer sempre più performanti 2 Il passo falso costituito dallo sviluppo e dalla commercializzazione di Cornestone, che non è un gioco ma un software per uffici. La fine inizia il 13 giugno 1986, quando Infocom viene acquistata da Activision per 7 milioni e mezzo di dollari. Activision impone una serie di scelte che mal si adattano alla politica di qualità della software house di Cambridge, ed è così che Infocom si avvia alla chiusura, che avviene il 5 maggio 1989. Geniali, ironiche e avvincenti, le avventure Infocom si basavano sul motore grafico più potente mai esistito: il cervello umano. Questa è stata l’immensa forza che ha trainato il marchio americano portandolo alle stelle, e questa è stata anche la filosofia che, una volta tradita, ha portato alla sua caduta. L’esplosione della game industry globale Seconda metà anni 70  il videogioco ha conquistato l’America. Oltre oceano c’è ancora una concezione negativa dell’intrattenimento elettronico. Se il mondo delle sale giochi, fatto di jumbo, flipper e coin-op, viene considerato torbido, malfamato e persino utilizzato dalla malavita per il riciclaggio di denaro, è necessario fare un ulteriore passo avanti affinché quella del videogioco diventi un’industria accettata e riconosciuta. Quel piccolo grande passo sarà compiuto più avanti da Nolan Bushnell. Con Atari consolidata, il grande leader pensa alla prossima mossa, ovvero la produzione larga scala dei coin-op. con un credito di 50.000 $, Bushnell dota Atari di un vasto stabilimento. Alcorn, Bushnell e Dabnet puntano su tutti lavoratori scartati da altre aziende, e con questo esercito, l’azienda è pronta. Atari cerca di ridefinire il proprio programma  Ted Dabney viene liquidato a causa di una visione del lavoro lontana da quella del capo dell’azienda. Imparata la lezione di Baer, Bushnell capisce di dover proteggere le proprie invenzioni, ma è già troppo tardi: tutti si sono accorti di Pong. Gli sciacalli sono arrivati. Nel 1974  ogni bar, locale, hanno Pong, ma solamente un terzo di questi è prodotto da Atari. Deciso a proporre un nuovo successo mondiale, ma senza lasciare il suo “porto sicuro”, ovvero il tennis elettronico. Bushnell farà sfornare ad Atari dei Pong Games: nascono Ping Pong, Dr. Pong, Pong Doubles, QuadraPong. Bushnell decide di combattere la guerra agli sciacalli non con la legge, ma con l’innovazione  un punto di svolta arriva da Mayer ed Emmons, con lo sviluppo del primo racing game della storia: Trak 10 ricorderà a Bushnell l’importanza della sperimentazione. Seguirà Gotcha, il primo maze game (gioco labirintico) della storia, che si dimostrerà estremamente significativo per il videogioco. Person vince la concorrenza, Atari deve essere sempre un passo avanti agli altri. La compagnia Fine anni 70  Atari VCS si trova a dover competere con macchine altrettanto appetibili, per quanto riguarda la line-io (cioè la selezione di titoli disponibili al momento del lancio e successivamente). La prima console stava per avere inizio  mancavano solo degli antagonisti davvero all’altezza. Il primo arriva nel 1979, quando Mattel Lancia la sua nuova console, chiamata Intellivision. La macchina, già dal nome, dichiara i suoi intenti di intrattenimento casalingo. Prodotta dal colosso dei giocattoli, famoso nel mondo per le bambole barbie, Intellivision rappresenta una svolta tecnologica. Per competere con Atari, Mattel si era dotata di un hardware tecnologicamente molto più prestante, provvisto addirittura di un processore a 16 biy. Il design moderno ed elegante e un’aggressiva campagna di marketing, fanno di intellivision il vero rivale della console leader di mercato. La console di Mattel riesce a tenere testa ad Atari VCS, anche proponendosi come un sistema non solo per il gaming, ma anche per l’economia domestica, invogliando gli acquirenti con l’annuncio di una tastiera come futuro accessorio. Di conseguenza, tutte le console moderne cercheranno sempre più di imporsi come centro di snodo multimediale per l’intrattenimento domestico. Coleco, 1982  lancia la sua ColecoVision, per sconfiggere Atari VCS e Intellivision, partendo da una strategia molto decisa: offrire un’esperienza di gioco uguale a quella delle sale. Così, COleco si aggiudica le licenze dei più grandi giochi arcade, come Donkey Kong di Nintendo. L’architettura di ColecoVision è simile a quella di un computer e anche a quella di una console, e permette all’azienda di commercializzare moduli d’espansione che ne potenziano le caratteristiche tecnologiche e le modalità di fruizione. Tra queste, la possibilità di leggere i giochi dell’Atari VCS. Nonostante la competizione, Atari riesce a vincere il conflitto. Scoperto l’intrattenimento casalingo, sarà il ciclo di vita delle macchine a scandire il ritmo dell’industria: da Atari VCS, Intellivision e ColecoVision arriveremo alla Playstation 4 e all’Xbox. Nemico pubblico: il caso Death Race Metà anni 70  videogioco diventa fenomeno globale. Ancora oggi, però, attorno al concetto di gioco elettronico rimangono molti pregiudizi, causati perlopiù dalla disinformazione rispetto a un tema diverso, perciò considerato spaventoso o pericoloso. Death Race  nasce nel 1976, prodotto da Exidy. Accusato di essere un gioco violento, Death Race rappresenta il “paziente zero” che scatenerà questa epidemia. È ambientato in un mondo dove la guerra non esiste, e la violenza viene sfogata attraverso corse mortali a bordo di veicoli stravaganti. Il nome deriva dal classico film d’azione del 1975, Death Race 2000. Durante il gioco, il giocatore deve correre sopra dei gremlin in fuga: colpendoli, questi si tramutano in piccole croci, rimandando l’ambientazione di un cimitero. Le fattezze dei gremlin vengono scambiate per esseri umani e a complicare la situazione c’è il poster del gioco, dove appare la figura incappucciata della morte. Se la faccenda inizia a farsi preoccupante, la scoperta del titolo di lavorazione del gioco. Pedestrian (pedone), sarà la goccia che farà traboccare il vaso. In breve tempo, Death Race diventa uno scandalo per gli Stati Uniti. Televisione e stampa  si interrogano sulla pericolosità del gioco e sull’impatto che potrebbe avere sulla fragile integrità psichica della generazione degli arcade. Nasce così la prima controversia mediatica della storia legata ai videogiochi. Il caso arriverà perfino a essere discusso nel famoso programma 60 minutes, trasmesso sulla CBS. Pete Kauffman  produttore di Death Race, si difenderà più volte, ribadendo che nel gioco si investono creature fantasy, non pedoni, e che il titolo non ha niente a che fare con l’omicidio di esseri umani. Nonostante ciò, lo scandalo che gira attorno al gioco ne aumenterà le vendite. Il motivo principale dell’astio nei suoi confronti risiede nella disinformazione: a causa del suo nome (videogioco), il medium interattivo è spesso considerato un prodotto per bambini e non può permettersi di affrontare temi adatti a un adulto. Numerosi editori di videogames impareranno a servirsi di scandali e polemiche per le campagne promozionali, perché è chiaro che aiutino nel “cavalcare l’onda”. Invasori spaziali A partire dal 1978  videogioco inizia a conquistare anche l’estremo oriente. Le sale giochi in Giappone sono sempre più popolate e affollate, e molte aziende si battono per realizzare coin-op di successo, in grado di attrarre il pubblico di massa. Protagonista di una delle più significative rivoluzioni culturali video ludiche  Taito, compagnia nipponica che, a partire dagli anni 60, si era lanciata nel business degli arcade. Tomohiro Nishikado, brillante game designer dell’azienda  decide di modificare un gioco già realizzato e utilizzato da Taito come test di valutazione dei programmatori. Il titolo era Space Monsters: la dirigenza non era entusiasta dell’idea, ma nessuno poteva immaginare che da quell’adattamento sarebbe scaturita l’opera simbolo del videogioco stesso: Space Invaders. Nel mondo è appena uscito Star Wars  ambientazione spaziale sembra a Nishikado una buona scelta, grazie anche a un sogno rivelazione: aveva sognato un gruppo di bambini che, aspettando babbo natale, si ritrovavano a dover fronteggiare un’invasione aliena. Nishikado decide di riprendere le meccaniche del gioco classico di Atari (Breakout)  dove il giocatore deve abbattere un muro di mattoni, colpendolo con una pallina. Al posto della barriera di mattoni, il designer giapponese progetta una muraglia di alieni. Il giocatore, muovendo orizzontalmente una torretta laser posta all’estremità dello schermo, distruggendo l’avanzata delle file nemiche. Lo scopo del gioco è quello di sparare contro tutte le creature e passare al livello successivo. Il giocatore perde se l’esercito alieno riesce a raggiungere il fondo dello schermo, ossia se tutte le navette vengono abbattute dagli alieni. A differenza di tutti i giochi prodotti fino a quel momento, il giocatore si scontra con un avversario alla pari. La struttura del gioco è più ricca di quanto fosse mai stato realizzato fino a quel momento: il giocatore può ripararsi dietro a un bunker, può evitare il fuoco anche sparando direttamente contro il proiettile esploso dai nemici. Durante la progettazione del gioco  si verifica un incidente fortunato: l’alleggerimento del carico di lavoro del processore porta a un ritmo di gioco velocissimo una volta che il giocatore si ritrova a dover sconfiggere gli ultimi alieni. Suono  pur potendo contare su un semplice chip audio mono, il sonoro di Space Invaders propone, oltre al suono degli spari e dei nemici che esplodono, un battito regolare, destinato ad aumentare nelle fasi finali del livello. Questo effetto audio simula il battito del cuore del giocatore, provocando un effetto di ansia crescente che intensifica l’esperienza emotiva. Punto di svolta  per la prima volta, con l’opera di Nishikado, vengono introdotti personaggi molto ben delineati e caratterizzati. Sono i primi personaggi riconosciuti come tali nella storia del videogioco. Verranno riprodotti su t-shirt, pupazzi, portachiavi e compariranno su giornali, riviste e trasmissioni tv. Il gioco diventa in breve tempo un fenomeno di massa: vengono aperte sale giochi esclusivamente dedicate al titolo, ristoranti dove poter consumare cibi e bevande tra una partita e l’altra. Esportato negli stati uniti nel 1982, il gioco arriva a incassare oltre 2 miliardi di dollari, superando persino Star Wars. L’impatto di Space Invaders va oltre il suo semplice successo commerciale, e provoca un cambiamento radicale nel settore dell’intrattenimento globale. Gli alieni arriveranno anche nel mercato delle console casalinghe, e Space Invaders diventa sinonimo stesso di lanciato il 22 maggio 1980. Pac Man apparirà ispirerà delle canzoni, sarà riprodotto in una serie di cartoni animati e diverrà il re del merchandise. Il successo di Pac Man fortifica e consolida l’emergente industria del gioco, provocando un mutamento e ampliando la varietà di tematiche e delle modalità di gioco proposte. Inoltre, canonizza molti di quelli che diventeranno gli elementi tipici del gaming moderno: la presenza di nemici intelligenti. Il comportamento di quattro diversi fantasmini è difficile da prevedere, e anche se non si può ancora parlare di intelligenza artificiale, l’illusione che il giocatore deve avere di fronte al gioco è quella di avere a che fare con degli avversari astuti, che agiscono in base a strategie precise. Gli anni 80 vedranno la nascita di una febbre da labirinto: se Gotcha di Atari è stato il capostipite dei Maze Game, sarà Pac Man a rendere famoso il genere, inaugurando un periodo significativo per l’intera storia del videogioco. Esplode così la mania dei Maze Game, coloratissimi e divertenti. Tra decine e decine di titoli, meritano di essere menzionati Pengo, in cui il protagonista è un simpatico ppinguino, e Lady Bug, una coccinella come intrepida eroina. Pengo, pubblicato da SEGA nel 1982, è ambientato in Antartide, e ribalta il canone di Pac man: il giocatore deve assumere un approccio offensivo. Invece di avere un obiettivo da compiere mentre fugge dai suoi nemici, Pengo deve eliminarli. Per farlo, il giocatore dovrà servirsi di alcuni blocchi di ghiaccio da spingere contro gli avversari, gli Sno-Bee, per schiacciarli. Il labirinto permette la fuga del pinguino e allo stesso tempo viene utilizzato come mezzo offensivo. Qualcosa di simile avverrà con Lady Bug, prodotto da Universal Pictures nel 1981, che manterrà il canone di Pac Man. In Lady Bug, il giocatore controlla una coccinella in un labirinto: le pareti del labirinto sono porte girevoli che possono essere fatte scorrere dalla coccinella attraversandole e sono invalicabili per gli insetti nemici che uccidono la coccinella al semplice tocco. Il labirinto è pieno di fiori e lo scopo del gioco è mangiarli tutti per passare al livello successivo. Divertenti e semplici da giocare, i Maze Game ridanno vigore agli arcade. Apriranno il videogioco a un pubblico mai interessato prima a giocare, quello femminile. Sta per nascere un nuovo genere di successo: il Platform. Donkey Kong Il Giappone è conquistato dal videogioco e l'industria si sta delineando come il settore prolifico e fiorente, in continua evoluzione. Dopo l'ascesa di Taito e Namco, altre aziende del sol levante iniziano a impegnarsi per conquistare il proprio spazio sul mercato. Solo una di queste diverrà la casa simbolo del videogioco orientale: la Nintendo, grazie a Donkey Kong. Nintendo, guidata dal suo terzo presidente, Hiroshi Yamauchi, decide di lanciarsi nell'avventura dell'intrattenimento elettronico. E diventeranno un colosso mondiale dell'intrattenimento grazie a lui, alla guida dell’azienda per oltre cinquant'anni. È Yamauchi a decidere la svolta verso il settore del videogioco. Sotto la sua guida, il mondo scoprirà quello che tutt'oggi è considerato il game designer più famoso di tutti tempi: Shigeru Miyamoto. Deciso a conquistare il nuovo continente, Yumauchi incarica suo genero, Minoru Arakawa, a esportare i titoli Nintendo in Occidente. Nasce così Nintendo of America. Il primo di questi titoli è Radarscope, ma negli stati uniti il gioco non ottiene il successo sperato. Seguiranno Heavy Fire, Space Fever e Sheriff, ma anch'essi incapaci di far emergere l'azienda nipponica nel mercato oltreoceano. Nintendo e Yamauchi avevano bisogno di qualcosa che gli americani non avessero mai visto fino ad allora, qualcosa di esplosivo. Ed è qui che entra in gioco Shigeru Miyamoto. Amante della musica Country e dei Beatles, Miyamoto era entrato a far parte della Nintendo per creare giocattoli. L'occasione della vita arriva nel 1979, quando Yamauchi chiama Miyamoto nel suo ufficio e gli chiede di ideare un gioco arcade. Miyamoto accetta. A trasformare l'idea in codice sarà Gunpei Yokoi, brillante capo del team di ingegneri Nintendo, che inventerà il game boy. L'unico limite imposto a Miyamoto sarà quello di chiamare il gioco con un nome inglese, e così il giovane game designer utilizza un dizionario giapponese/inglese per trovare il nome adatto a tradurre il concetto di "gorilla cocciuto". Miyamoto opta per una soluzione bizzarra e molto poco in regola con la lingua inglese: Donkey Kong (gorilla asino), che renderà Nintendo una delle compagnie più importanti d'America. La storia immaginata da Miyamoto prenderà vita nel concept del gioco: un gorilla in fuga, un carpentiere arrabbiato e una fanciulla impaurita saranno i protagonisti. Il giocatore si trova nei panni di Jumpman, il carpentiere, con lo scopo di salvare la donzella rapita dal gorilla e portata in cima a un grattacielo. Nei diversi livelli che compongono la missione, il protagonista si trova a sfuggire ai barili e alle fiamme lanciati dal gorilla, superando diversi ostacoli e pericoli per arrivare a una perfetta conclusione da happy ending. In un momento in cui il concetto stesso di personaggi non è in voga nei giochi arcade, Nintendo dà vita a un'icona, la stessa che l'accompagnerà per tutta la sua storia: quel Jumpman senza nome infatti, diventerà Super Mario. Qui è appena abbozzato come un omino baffuto e toso. Super Mario e Donkey Kong saranno presenze fisse tra i personaggi e i titoli Nintendo. Il famoso gorilla rimarrà però più confinato all'ambito videoludico, mentre Mario si evolverà nel tempo, diventando un'icona dell’entertainment, come Topolino di Walt Disney. Una trama divertente, una meccanica di gioco nuova e coinvolgente e uno stile narrativo da cartone animato interattivo caratterizzano Donkey Kong come qualcosa di originale e fuori dagli schemi. La premessa narrativa data dalle sequenze animate, basterà a differenziare il gioco da tutti gli altri. Con Donkey Kong si afferma il genere del Platform game, caratterizzato dalla presenza di una meccanica di gioco che implica l'attraversamento di livelli costituiti da piattaforme a volte disposte su più piani: il personaggio si muove da sinistra a destra, può saltare, salire ascendere scale, combattere nemici e collezionare oggetti. La meccanica del salto si è già vista nei videogiochi, ma non è mai stato richiesto al giocatore di saltare nel vuoto o su piattaforme movimento, o di superare ostacoli con fiamme e barili. Il Platform, insieme a quello dei Maze Game, infiammerà le sale giochi degli anni 80. Ron Judy e Al Stone, incaricati della distribuzione erano preoccupati dei debiti: ma mai avrebbero pensato che un gioco con un gorilla per protagonista avrebbe rovesciato la situazione, portandoli al successo. Come per Pong, il gioco viene “testato” sui giocatori, e le location scelte per i primi test sul pubblico sono due bar di Seattle, lo Spot Tavern e il Goldies. Donkey Kong arriva a totalizzare 30 $ di incasso settimanale. Il successo di Donkey Kong spinge Arakawa a produrre le macchine direttamente negli stati uniti e in brevissimo tempo i distributori, e Arakawa, si trovano milionari. La strategia vincente di Yamauchi e la grande creatività di Miyamoto risulteranno un mix ineguagliabile nella storia del videogioco. Conquistate le sale giochi, Donkey Kong arriva anche sulle console casalinghe. Donkey Kong, come Pacman, introduce elementi che rimarranno fino a giorni nostri, rilanciando ulteriormente il valore dell'industria del videogioco. Successivamente, l’Universal accusa Nintendo di aver plagiato la storia di King Kong, il gorilla icona dell'omonimo film del 1976 e ricorrere alle vie legali. La controversia ha inizio nell'aprile del 1982, quando l'avvocato Sid Sheinberg, presidente di MCA e Universal City Studios, si convince che il gioco infrange il copyright del celebre gorilla cinematografico. Sheinberg, convocato il presidente di Coleco, minaccia di portarlo in tribunale. La Coleco, decide di pagare a Universal il 3% delle royaltry Sui profitti della cartuccia per ColecoVision di Donkey Kong. particolare di Battlezone è il suo estremo realismo. Il gioco è dotato di un periscopio, che richiede ai giocatori di avvicinarsi allo schermo per vedere quello che succede sul campo di battaglia. Il gioco presenta una varietà di Gameplay straordinaria per l'epoca, soprattutto a livello tattico, con i nemici differenziati per punti di forza e debolezza e le diverse tipologie di carri armati da scegliere. Nonostante la semplicità della grafica vettoriale dell'epoca, il realismo del gioco e l'accuratezza con la quale vengono ricostruite le battaglie sono impressionanti per il periodo, tanto da attirare l'interesse dell'esercito, che riconosce nel titolo uno strumento utile ai fini dell'addestramento militare. L'esercito avvicina Atari per realizzare una versione militare del progetto, ma molti sviluppatori si rifiutano di lavorarci. Le forze armate hanno la meglio e alla fine Rotberg accetta. The Bradley Trainer, versione di Battlezone realizzato in seguito per gli arruolati, verrà sviluppato l'anno seguente. Se Atari si trova suo agio sul campo di battaglia, altre aziende invadono in quel periodo lo stesso territorio per trovare il proprio spazio nel business. Una di queste è Williams Elettronics, compagnia specializzata nella produzione di flipper, inizialmente guidata da Eugene Jarvis, Che la lascerà quando Bushnell abbandona l'azienda. Febbraio del 1980  i piani alti di Williams decidono che è tempo di entrare nel mercato dei videogiochi, e si rivolgeranno a Jarvis per creare la prima Hit. Defender dichiara guerra ad Atari. Si tratta di uno dei giochi più impegnativi e difficili dell'epoca, tanto complicato da poter essere considerato il titolo che sancisce la nascita dell’hardcore gamer, ovvero quel tipo di giocatore accanito che cerca continuamente nuove sfide per mettere alla prova la sua abilità e distinguersi dalla massa. Inizialmente Jarvis pensa di imitare Space Invaders, ma capisce presto di volersi ispirare a qualcosa di più attuale moderno: Asteroids, il classico Atari del 1979, la cui protagonista era una navicella alle prese con la distruzione di minacciosi asteroidi. Di Asteroids, Jarvis apprese il fatto che i giocatori possono spostarsi liberamente attraverso tutto lo schermo. Per Defender decide di introdurre un mondo di gioco ancora più ampio, ricreando un universo che sconfina dallo schermo. Attraverso il meccanismo dello scrolling (la possibilità di passare da una schermata all'altra), il game designer allargherà infinitamente l'ambiente di gioco. L'ispirazione narrativa viene dal telefilm del 1960 The Defenders, incentrato sulle vicende di un gruppo di avvocati. La logica di quei personaggi spietati animano il semplice concept di Jarvis: se sei attaccato, devi difenderti con ogni mezzo possibile. Lo scopo del gioco è proteggere 10 astronauti e impedire che vengano rapiti dagli alieni, capaci di trasformarsi in velocissimi mutanti qualora riescono nel loro obiettivo. I colori vivaci e la tecnologia all'avanguardia per l'epoca rendono Defenders un videogioco esteticamente molto accattivante, caratteristica non poco importante che permetterà il titolo di sopravvivere tra i tantissimi concorrenti. Defenders, compiuti 55.000 unità venduta in tutto il mondo, si rivelerà il titolo più venduto da Williams Elettronics. Jarvis È riuscito a creare uno dei giochi più ostici di tutta la storia delle sale giochi. E diventerà uno dei giochi più richiesti di tutti tempi, oltre che uno dei massimi successi della Golden Age dei videogiochi. Ultima frontiera: i GDR Pc Gaming  inizia a emergere insieme a un nuovo genere interattivo, che ricorda la tradizione del gioco di ruolo cartaceo. Abbiamo visto come i videogiochi, sotto forma di avventure testuali, abbiano scoperto la scrittura già ai tempi dei mainframe, rielaborando elementi e tematiche del gioco di ruolo. Manca solamente un piccolo passo in avanti per canonizzare il genere dei GDR. A compierlo sarà, nel 1979, Richard Garriott, in arte Lord British. Garriot  è un giovane studente di un liceo di Houston, e sarà colui che darà vita ad Akalabeth: World of Doom. Programmato interamente in BASIC su un computer Apple II, il gioco è il risultato di una serie di sperimentazioni, evolutesi nel corso degli anni, e si ispira al celebre Dungeon Dragons. Garriott, nell'estate del 1979, realizzò la versione definitiva del gioco. In principio non pensava di creare un titolo adatto per il consumo. Nello stesso anno decide di realizzare un ulteriore versione e di mostrarla al capo del negozio di informatica per cui lavora. Akalabeth viene messo in vendita. Il capolavoro che aprirà la strada al gioco di ruolo nasce tra le mura domestiche, con i mezzi di fortuna: Richard Garriott investe 200$ per realizzarne la comprensione, dotandolo di un foglietto di istruzioni fotocopiato e di una copertina disegnata dalla madre. Il successo arriva per le vie più inaspettate. Delle pochissime copie vendute, le aziende produttrici di software California Pacific Computer ne riceve una. Ne rimane così colpita da chiamare Garriott per comprarne i diritti e vendere il gioco. Il gioco venderà 30.000 copie e il ragazzo si ritroverà a ricevere 150.000 $. Scopo del giocatore  è uccidere 10 mostri di potenza crescente e completare le missioni, assegnate da un personaggio fittizio che risponde al nome di Lord British. Il giovanissimo designer cura anche il testo che compone la storia, scritto in un inglese elisabettiano. Per gli standard dell'epoca, Akalabeth riesce a stupire per la qualità della grafica e la profondità del Gameplay, immerso in una trama fantasy intrigante. Tutto ciò permette al titolo e al suo creatore di entrare a far parte della storia del medium interattivo, dando nuovo vigore al genere dei GDR. Akalabeth introdurrà molti degli elementi che diverranno canonici del genere, come la visuale "in prima persona" e la necessità di nutrirsi per sopravvivere. Il titolo permette ai giocatori di personalizzare la propria esperienza: il codice è scritto in Applesoft BASIC, in un linguaggio facilmente modificabile da aiutanti, che possono così alterare l'esperienza, aumentando la forza del giocatore e i poteri. Il successo del titolo non fermerà il suo creatore dell'ideare nuove opere che esprimono la sua visione. Akalabeth sarà il predecessore spirituale della serie più nota è apprezzata di giochi di ruolo creata da Richard Garriott: Ultima. Ultima  è un universo narrativo originale, nonostante le influenze di Tolkien, con un Gameplay tutto il suo e una trama complessa. La vicenda attorno alla quale ruota l'intera saga e quella di Mondain, un malvagio mago dotato del potere dell'immortalità, che ha soggiogato il regno di Sosaria, invadendolo di mostri e bestie feroci. Come nel romanzo fantasy “La storia infinita” di Michael Ende, in Ultima il protagonista dell'avventura è in realtà lo stesso lettore. Secondo la storia del gioco è proprio il nobile Lord British ad andare alla ricerca di una persona in grado di porre fine al regno oscuro dello stregone. Vestiti i panni dell'eroe, il giocatore dovrà affrontare una serie di prove, tornando poi indietro nel tempo per uccidere il mago. A rendere l'avventura ancora più appassionante è la possibilità di esplorare altre città, seguendo una linea dimissioni, dette quest, da affrontare per arrivare all'epilogo. Schema che resterà invariato fino a giorni nostri (WOW). Oltre alle statistiche di base esistono statistiche variabili che influenzano il corso delle Gameplay: tra queste, i punti esperienza, ottenibili attraverso le battaglie con i mostri. Il sistema di combattimenti e incantesimi sarà in questo primo episodio di Ultima ancora semplice rispetto a come si annovera nel corso della serie. Ultima I, viene pubblicato da California Pacific Computer del 1981, per i computer Apple II. La saga ideata da Richard Garriott arriverà a contare ben nove episodi, e diventerà sinonimo di gioco di ruolo. La Golden Age è ufficialmente finita. Insieme all'industria, sta morendo il videogioco stesso. Una catastrofe desolante, ma anche l'opportunità per una rinascita in grande stile: come la leggendaria fenice, il videogioco si prepara infatti a risorgere dalle sue ceneri. La rivoluzione del compagno Mario 1983  segna il crollo dell'industria e il distacco di un pubblico sempre più amareggiato dal videogioco. Nato come un esperimento al servizio del puro divertimento e dell'innovazione, quello del videogioco si è trasformata negli anni un business standardizzato in logiche economiche che con tutto hanno a che fare tranne che con la creatività. Se la crisi investe il mercato USA, il posto di Atari viene presto occupato da un nuovo sovrano: Nintendo. Lo farà con una strategia per molti versi scontata ma che risulterà vincente, avvicinando ancora più il videogioco alle famiglie e all’ambiente casalingo. Nel maggio 1983, la casa giapponese è pronta per approdare finalmente nei salotti con la sua prima console: Famicom. La console Nintendo mira a ricostruire la fiducia spezzata da Atari con una macchina da gioco utile, divertente e adatta a tutti. Nasce quindi la cosiddetta “croce direzionale”, costituita da quattro pratici tasti che formano una croce, in seguito utilizzata per i giochi portatili di Nintendo, i Game & Watch. È un sistema che permette di muovere i personaggi facilmente, a vantaggio dello scorrere della trama. Anche a livello tecnico, il Famicom risulta anni luce avanti rispetto alle console a cui tutti erano abituati, grazie l’evoluzione tecnologica avvenuta nel frattempo. Molti componenti costosi dell'epoca del VCS sono ormai abbordabili a un prezzo molto inferiore, e permettono di riprodurre giochi con una qualità grafica e dei colori impressionanti per l'epoca. Le scelte innovative per la realizzazione della console e le sue caratteristiche tecniche si traducono presto in un successo incredibile: nei primi due mesi del lancio, il Famicom arriverà vendere ben 500.000 unità. Per sbarcare nel nuovo mondo, Nintendo ha bisogno di un distributore in loco: la prima scelta sarà Atari. Con un nuovo progetto, la console Atari 7800. Dopo lunghissime contrattazioni tra i vertici di Nintendo e quelli di Atari, Yamauchi darà L'ok finale e il contratto sarà pronto per essere firmato. Nonostante sembri tutto pronto, basterà il Consumer Elettronics Show estivo di Chicago a raffreddare gli entusiasmi. Durante la famosa fiera, Coleco presenta l'Adam Computer, nuova console della casa, sulla quale gira una conversione di Donkey Kong, prodotto Nintendo. Kassar fa un passo indietro. Sarà convocato un nuovo meeting tra Coleco, Atari e Nintendo. Yamauchi tirerà le redini dell'intero incontro, riuscendo a far desistere il presidente di Coleco, che rinuncerà a Donkey Kong. Risolta la controversia con Coleco, l'affare tra Atari e Nintendo sfuma comunque, con il licenziamento improvviso dello stesso Kassar. All'inizio del 1985  il territorio è sgombro da ogni tipo di concorrenza: Atari è crollata, e Coleco ha abbandonato il progetto Adam Computer. Il lancio del Famicon sarà circoscritto a un'area limitata, quella di New York, accompagnato da una campagna pubblicitaria del valore di ben 5 milioni di dollari: tutto gestito da Ron Judy e Don James. Nonostante il team di eccellenza, e il prodotto interessante, il videogioco deve ancora affrancarsi da una reputazione offuscata dagli ultimi insuccessi di Atari. Quella del NES, non sarà solamente un'operazione commerciale, ma una missione diplomatica e culturale. Il NES va venduto ai negozianti come un sistema di intrattenimento tout court, qualcosa che non si associa alle precedenti console. Il NES, Deve essere visto come un il nuovo giocattolo. Per queste ragioni, la macchina Nintendo viene lanciata assieme a R.O.B., un robot di plastica ideato per sostituire il secondo giocatore. Per tranquillizzare i commercianti Arakawa impersona si fa carico di una decisione rischiosa: Nintendo ricomprerà tutti i prodotti invenduti e si occuperà di spedire gli ordini e di allestire negozi. Una sorta di formula "soddisfatti o rimborsati", che alleggerisce i rivenditori da qualsiasi rischio economico. Durante le vacanze natalizie del 1985, il NES verrà diffuso tra le principali catene di negozi di New York, prima tra tutte il colosso dell'intrattenimento Toys "R" Us, vendendo 5000 unità. Un successo non proprio esplosivo, ma di certo sufficiente per permettere a Yamauchi di continuare la propria strada interna americana e di conquistarla nuovamente. Manca però un titolo di punta in grado di lanciare la console, rendendola un acquisto obbligato. Il grande eroe di tutti tempi firmato Nintendo è già stato creato: bisogna soltanto scatenare tutto il suo potenziale. Super Mario Bros, uscito nel 1985, calerà Mario all'interno di un mondo coloratissimo, pieno di sorprese e ambientazioni diversificate, tutte da esplorare. L'avventura si sviluppa in orizzontale: con la telecamera si possono seguire gli spostamenti attraverso una serie di schermate, il giocatore si muove in un mondo complesso, tra caverne, castelli e piattaforme sospese nell'aria. Super Mario Bros. sancirà ufficialmente la nascita del Platform 2D. All’epoca della sua uscita, Super Mario Bros, è un gioco senza precedenti tanto sul piano visivo quanto del Gameplay, con una varietà sorprendente di invenzioni unica: prima tra tutte, la trama, che sarebbe stata ripresa per tutto il corso della serie, così come suoi personaggi. Mario deve salvare la bionda principessa (Peach) da una sorta di tartaruga/drago gigante di nome Bowser. Il coraggioso idraulico deve superare livelli del gioco, scombinando via via l'esercito di Bowser, composto di tartarughe e funghi(Goomba). Mario può raccogliere monetine rompendo dei blocchi con la testa, oppure un fungo che lo fa crescere in grandezza o un altro con cui sparare sfera di fuoco. Una meccanica geniale, un mondo di gioco unico nel suo genere e una trama semplice. Super Mario Bros e la nuova console Nintendo saranno un'accoppiata invincibile, e nel 1985 Nintendo deciderà di includere Super Mario Bros nella confezione giapponese della console. Una scelta talmente vincente che verrà replicata anche negli stati uniti, dove nel 1986 il NES diventa un fenomeno su scala nazionale. NES, Super Mario e Nintendo faranno risorgere il videogioco, per non farlo morire mai più. Computer Games Abbiamo visto come la fine degli anni 70 e l'inizio degli anni 80 il mercato console e arcade si sia popolato di aziende in lotta per aggiudicarsi un piccolo spazio naturale. In questa "corsa alle armi" c'è un settore ancora incontaminato: il gioco sul pc. Lo spazio casalingo rappresenta ancora il focus dell'industria ma, con l'emergere di tecnologie macchine concepite esclusivamente per giocare, il settore del pc sta per conoscere una grande espansione. Parliamo degli Home Computer, computer casalinghi che si possono collegare a un televisore: pratici ed economici come una console. A esplorare il pieno potenziale di questo mercato è Commodore International, compagnia fondata da Jack Tramiel nel 1955. Nel 1955, dopo essersi trasferito a Toronto, Tramiel Fonda Commodore International, compagnia specializzata nella riparazione di macchine da scrivere. Nel giro di pochi anni, Commodore passa a produrre hardware inseguendo i trend emergenti. Ad animare l'intera politica dell'azienda, fino a costruire la base del suo successo, sarà una visione ugualitaria della tecnologia. Intuisce che il computer non può essere un oggetto costoso, complesso ed esclusivamente legato all'Accademia, ma alla portata di tutti. Una filosofia che si rivelerà vincente, facendo entrare gli Home Computer Commodore in milioni di case. La svolta arriva nel 1976, quando Commodore acquista MOS Technologies, una compagnia produttrice di chip a basso costo. Sarà questa lanciare sul mercato macchine notevolmente più economiche rispetto alla concorrenza. Tra queste, il PET computer del 1977, il primo home computer venduto a meno di 1000$. Sarà nel 1981 che Commodore conquisterà davvero il pubblico, con il lancio sul mercato di VIC-20, Home computer da soli 300$. Accompagnata da una campagna marketing efficace, la macchina ideata dal brillante Michael Tomczyk ottiene subito un gran successo. Se numerose famiglie acquistano il computer come utile strumento di lavoro, saranno immediatamente conquistate dai giochi contenuti al suo interno. Alexey Pajitnov. Il leggendario rompicapo accompagna la console portatile Nintendo, rivelandosi la killer application che serve per farla affermare. Vide gioco di logica e ragionamento, si fonda sull'idea semplice ma efficacissima. Agonisti del gioco sono i tetramini, piccole forme geometriche di varia natura da incastrare tra loro: il giocatore deve gestire nello spazio le forme bidimensionali, in caduta libera dalla sommità dello schermo. Scopo del gioco è ruotarle e posizionarle, prima che raggiungano il fondo, in modo che si incastrino con quelle già precedentemente posate e si allineino, scomparendo. Coinvolgente e magnetico nel suo concept estremamente semplice, Tetris diventa una maniera collettiva, rappresentando un'opera intramontabile nella storia del videogioco. Abbinato al Game boy, Tetris si rivelò un successo da 40 milioni di copie, diffondendosi presso un pubblico diversificato, fatto non solamente dei giocatori esperti e di bambini ma anche gli adulti e ragazze. Il successo dell'accoppiata spinge Nintendo a proseguire per questa nuova strada. Impossibile, a questo proposito, non contare ancora una volta sulla forza della serie di super Mario, divenuta insieme al suo eroe protagonista incontrastato del videogioco. Super Mario Land  realizzato per il debutto del game boy in Giappone e negli stati uniti è il primo gioco di Mario diretto da Gunpei Yokoi, con la supervisione di Miyamoto. Il titolo prende nome dal suo predecessore super Mario bros., differenziandosene però per la presenza di alcuni personaggi e per l'ambientazione. Super Mario land porta il giocatore in luoghi lontani, fino ad allora mai esplorati dal personaggio, tra rivisitazione della Cina, delle civiltà precolombiane e dell'isola di Pasqua. Super Mario land diventa uno dei titoli più venduti per il Game boy, trainando anche le vendite dell'hardware. La forza del Game boy brucia letteralmente la concorrenza, agguerrita già partire dei primi anni 90, quando gli altri produttori si rendono conto delle potenzialità del nuovo modo di giocare. Un esempio è il Game Gear, console portatile prodotta da SEGA nel 1990. Sarebbe dovuta essere l’arma segreta di SEGA per sconfiggere il Game boy. La grande sfida si traduce nell'utilizzo di LCD a colori retro illuminati e di processori dalle prestazioni potenziate. La maggiore potenza del Game Gear corrisponde a costi di produzione superiori, rispetto al Game boy, anche nel prezzo al pubblico. Lo schermo a colori rende il Game Gear bello da vedere, ma molto scomodo da utilizzare. Il problema fondamentale è costituito dalla durata della batteria: il Game Gear consuma tantissimo e i giocatori sono costretti a giocare attaccati alla presa della corrente casalinga. Il Game Gear costringerà SEGA a fare marcia indietro. A dettare le regole del mercato portatile sarà dunque Nintendo. Un altro grande successo per la casa giapponese arriva pochissimi anni dopo, nel 1996, con uno dei fenomeni più caratteristici non solo dell'universo Game boy ma dell'intera industria del videogioco: quello dei Pokémon. Pokemon  Creato da Satoshi Tajiri, un giovane appassionato di tecnologia affascinato dagli insetti, diventa in brevissimo tempo un successo mondiale di proporzioni illimitate, ripreso anche in serie animate, film, fumetti, giochi di carte collezionabili, libri e gadget. Satoshi Tajiri Mette in piedi un'impresa editoriale con l'amico disegnatore Ken Sugimori, realizzando la rivista "Game Freank". Presto i due capiscono di volere creare un gioco tutto loro. L'idea di due insetti collegati tra loro attraverso un cavo dalle porprietà quasi elettriche è lo spunto iniziale dell'avventura. Capsule Monsters  È questo il prototipo di Pocket Monsters, un gioco di ruolo che stravolge tutte le convenzioni del genere. Il protagonista non è un guerriero armato, ma un "allenatore" bambino di 10 anni, che dovrà a catturare e addestrare delle strane creature: i Pokémon. Diversi per caratteristiche e abilità, questi mostriciattoli, raggiunto un certo livello, si evolvono, diventando ancora più potenti. Oltre all'aspetto narrativo o al Gameplay, la vera novità di Pokémon sta nel fatto di combinare l'elemento collezionistico con quello agonistico. Una commistione interessante, che si rivela cruciale per la serie. Tajiri, figlio di un'epoca dove si giocava ancora in cortile con i propri amici, voleva ricreare l'esperienza del gioco collettivo e dall'interazione anche sul piccolo schermo del Game boy. Realizza a tale scopo due versioni del gioco, spingendo così ragazzi a scambiarsi gli esemplari mancanti connettendo due Game boy attraverso il cavo link. Il game designer incentiva in questo modo la comunicazione, creando allo stesso tempo una nuova idea di videogioco. Completato il prototipo nella versione definitiva, Tajiri mostra il gioco a Nintendo: Yamauchi vuole Pocket Monsters a tutti costi per il suo Game boy. Dopo due anni di lavoro, il gioco assume la sua forma definitiva: Pocket Monsters Red e Pocket Monsters Green: lanciata in Giappone il 27 febbraio 1996, le due versioni entrano nel novero dei più grandi successi della storia Nintendo. La popolarità Del gioco si diffonde grazie al passa parola, ed è ulteriormente rafforzata dai diversi prodotti su licenza dedicati a Pocket Monsters: un cartone animato, un gioco di carte collezionabili, giocattoli e gadget. L'interesse per i mostriciattoli non cala nonostante il passare degli anni: la casa di Kyoto, senza dover realizzare una nuova console, si ritrova per le mani un gioco che da solo riesce a risollevare le sue sorti. È esplosa la cosiddetta "Pokè-mania". Anche in USA, Pokémon traina il Game boy con una forza travolgente. Con lo sbarco negli stati uniti nel 1999, nasce il nome attuale, termine destinato a rimanere nella storia. Il pubblico americano impazzisce per il gioco e viene conquistato dall'intero fenomeno Pokémon. La serie Pokémon, può essere considerata uno degli esempi più riusciti di media franchise. Non sarà una moda passeggera, ma una fortunatissima serie di videogiochi che totalizzerà vendite milionarie a ogni uscita di un nuovo episodio, fino ai nostri giorni. Il successo della serie ideata da Tajiri viene replicato da Yamauchi con il Game Boy Color, prima versione a colori del Game boy. La strada verso la conquista delle tasche del giocatore ormai per Nintendo è in discesa: la nuova mini console privilegia ancora la praticità, con due batterie stilo a garantire una durata di 10-12 ore. Nel 2001, sarà la volta di Game Boy Advance, console 32 bit che porterà ai massimi livelli la grafica in pixel su portatile. Con il Game boy, Nintendo è riuscito a creare un marchio di successo, entrando nella vita e nella memoria di milioni di giocatori. Nel 2004 realizzerà una delle console portatili considerate tra le più grandi di tutti tempi: il Nintendo DS, cui seguirà il 3DS, lanciato nel 2011. Il riccio e il gorilla Rinato dalle sue ceneri dopo la spaventosa crisi del 1983, all'inizio degli anni 90 il mercato dei videogiochi è dominato da Nintendo. Già durante il ciclo di vita del NES, la compagnia giapponese SEGA aveva provato a opporsi a quello che era di fatto un monopolio, immettendo sul mercato una macchina dalle caratteristiche analoghe, il Master System. La console non ottiene un successo di pubblico altrettanto rilevante e la generazione 8 bit si conclude con la schiacciante vittoria di Nintendo. Con l'era 16 bit, le cose iniziano a cambiare: per la prima volta, Nintendo si trova a dover rivaleggiare davvero con SEGA per il dominio dei salotti. Una guerra tutta orientale, combattuta a colpi di hardware. Nel 1989 SEGA Lancia il Genesis conosciuto con il nome di Mega Drive. La nuova console a 16 bit mostra fin da subito l'evidentissimo divario con la console di Nintendo. È chiaro che le piccole e indistinguibili sagome dei personaggi del NES appartengono a una generazione precedente: i disegni in pixel dei personaggi SEGA, molto più grandi rispetto a quelli visti fino a quel momento, sono curati fin nei minimi dettagli. Ma lo scarto tecnologico non basta a SEGA per conquistare il trono di Nintendo. Comprando un Genesis, i giocatori trovano inclusi nella confezione Altered Beast, conversione del’'omonimo e fortunato picchia duro da sala giochi realizzato da SEGA nel 1988. Bello, ma non è 500.000 copie di Donkey Kong Country soltanto nei tre ordini. Venderà in totale 9 milioni di copie del gioco, che diventerà il titolo più venduto di sempre dai tempi di Super Mario Bros. 3. Restando fedele al proprio hardware, Nintendo ha dovuto trovare una strada alternativa per le innovazioni, in uno sforzo congiunto di ricerca tecnologica e creatività. Il tentativo di SEGA di puntare sull'evoluzione dell’hardware, porterà la casa verso la rovina. SEGA deciderà di allungare la vita del proprio hardware realizzando un'espansione periferica, il SEGA mega drive 32X, che avrebbe trasformato la console da 16 bit in una macchina a 32 bit. Fin dall'inizio l'espansione non risveglia gli entusiasmi dei giocatori, a causa della scarsa attrattiva dei titoli che a livello grafico non rispecchiano le potenzialità 32 bit della periferica. Il SEGA mega drive 32X viene quindi svenduto a soli 19,95 $. L'estenuante battaglia della generazione 16 bit si chiude a favore di Nintendo. L’avventura del Pirata Gli anni 80 non sono caratterizzati esclusivamente dall'emergere del fenomeno arcade, ma vedono anche la scelta di un nuovo genere interattivo: quello dell'avventura testuale. Come avviene spesso nel campo dell'intrattenimento culturale, nel settore del divertimento digitale nessun genere risulta tuttavia mai veramente morto. Nel caso delle avventure testuali, il meccanismo di trasformazione è facilmente identificabile con la sempre maggiore presenza di elementi grafici a sostegno del testo, data dalle capacità tecniche dei primi CD-ROM e di un hardware sempre più potente. L'ibridazione tra testo e immagine da vita al genere delle avventure grafiche, nato come semplice evoluzione delle text adventures e trasformatosi oggi nel girone delle cosiddette "neo-avventure". Le avventure grafiche sono delle avventure testuali accompagnate da semplici illustrazioni digitali. Il punto di svolta del genere può essere ricondotto al lavoro della coppia di programmatori Ken e Roberta Williams, che nel 1990 fondano la compagnia di sviluppo on-line Systems. Impegnati a sviluppare software per il computer Apple II, I due sviluppatori sono immediatamente colpiti da Colossal Cave Adventure, e sarà proprio l'opera di Crowther ad aprire loro gli occhi di fronte alle sconfinate possibilità per il videogioco di raccontare storie e creare universi. E per merito dell’intuizione di Roberta Williams, appassionata giocatrice di avventure testuali, nasce la prima avventura grafica della storia: Mistery House. La trama prende velocemente forma, Roberta si occupa della storia e della grafica, istruisce Ken su come fondere gli elementi per dar vita al gioco. La lavorazione dura tre mesi, e il 5 maggio 1980 viene pubblicato Mystery House. Ambientata all'interno di una magione vittoriana abbandonata, Mystery House chiama il giocatore a esplorare l'ambiente, con la promessa di trovare un tesoro nascosto. Come in un classico giallo di Agatha Christie (autrice alla quale la Williams si ispira dichiaratamente), una scia di tragici eventi rivelerà la vera natura della storia: ad aggirarsi per la casa c'è un assassino, che dovrà essere scoperto prima che qualcun altro cada vittima dei suoi omicidi. Il Gameplay è basato sul ragionamento e sulla risoluzione di enigmi da superare per mandare avanti la narrazione di una storia lunga e complessa. Mistery house viene pubblicato sotto l'etichetta SierraVenture, raggiungendo un successo notevole. Il motivo del risultato sorprendente sta nel fatto che i giocatori appassionati di avventure per la prima volta potevano vedere le narrazioni prendere vita, grazie a una grafica in bianco e nero. Col passare del tempo, le avventure si evolveranno tecnologicamente insieme alla grafica, proponendo nuove modalità di interazione, un esempio è Time Zone. Time Zone  il gioco si presenta come uno dei più densi di contenuti dell'epoca. Elemento grafico, è puramente illustrativo e strettamente legato al testo: nonostante le scelte intraprese e le risposte date, il giocatore non può interagire alcun modo con le immagini presentate. L'illusione è comunque quella di essere parte di un universo vastissimo, e di contribuire attraverso le proprie azioni al proseguimento della trama. On-line Systems, cambia nome in Sierra Entertainment, e nasce King's Quest, la saga che avrebbe trasformato Sierra in uno dei mostri sacri delle avventure grafiche. L'avventura racconta la storia di Sir Graham, convocato dal re Edward dopo un periodo minaccioso per il suo regno. Il nobile cavaliere deve trovare tre leggendari tesori, che risolveranno i guai di Daventry e gli permetteranno di diventare re. King's Quest È ispirato alle fiabe, abitato da creature fantastiche e figure mitologiche come medusa e Caronte. King's Quest rappresenta una novità assoluta rispetto tutto ciò che la compagnia ha prodotto fino a quel momento: concepito sempre dalla Williams, il gioco permette per la prima volta di camminare all'interno dello scenario, con elementi diversi a dare l'illusione della profondità, e la prima volta anche personaggi sono animati. L'interazione ancora condotta principalmente attraverso il testo viene abbandonato nei successivi capitoli, dove saranno invece la grafica e l'interazione con gli scenari a farla da padrone. Altra grande novità del gioco, destinata a rimanere una caratteristica tipica del genere, è l'introduzione di indovinelli ed enigmi, basati sul ritrovamento di oggetti e sulla loro combinazione creativa. King's Quest, pubblicato nel 1933, risulta uno sforzo produttivo senza precedenti. il titolo da l'avvio a una serie fatta di otto capitoli, l'ultimo dei quali pubblicato nel 1998: verranno approfondite le caratterizzazioni dei personaggi, slegandosi dall'influenza favolistica, per dare vita a una propria cosmologia sempre più complessa. Sierra è riuscita a creare personaggi, storie e avventure memorabili. Ad arricchire lo staff dell'azienda, c’è un team di creativi tutti affascinati dal potere delle storie. Tra i più famosi designer dell'azienda vi è Jane Jensen, tutto oggi considerata una delle autrici di opere multimediali interattive più grande di tutti tempi. La scrittrice statunitense firmerà la celebre saga di Gabriel Knight. Con una trama che combina fatti storici realmente avvenuti a elementi di finzione soprannaturali, la trilogia di Gabriel Knight è stata considerata negli anni uno dei massimi modelli di narrazione interattiva. Il primo episodio della serie è Gabriel Knight: Sins of the Fathers, lanciato nel 1993. Il protagonista Gabriel Knigth è un affascinante scrittore e libraio, alle prese con la realizzazione del suo primo thriller. La vicenda inizia con la presentazione della vita quotidiana del protagonista. Quando un'ondata di strani omicidi investe la città, lo scrittore inizierà a investigare, cercando ispirazione per il suo libro: così scoprirà di provenire da una famiglia di cacciatori d'ombre (Schattenjäger), condannata da una maledizione che porterà lo stesso Gabriel a ritrovarsi coinvolto negli omicidi voodoo perpetrati in un’affascinante New Orleans ricostruita in pixel. La decisione finale Gabriel, porta la storia a due possibili conclusioni diverse. Quella del finale multiplo della narrazione non lineare è un'altra caratteristica che verrà ripresa in avventure moderne molto sperimentali. Questo primo episodio, sviluppato all'inizio per floppy disk, ha un successo che non solo sarà implementato anche per il CD-ROM, ma vedrà anche la realizzazione dei due capitoli successivi, Gabriel Knigth: The Beast Within e Gabriel Knigth: Il mistero di Rennes-le-Château. Le avventure grafiche conquistano il cuore di milioni di giocatori, grazie alle storie avvincenti, tematiche mature e appassionanti, umorismo, immedesimazione ed emozione. Insieme di elementi vincenti che caratterizza anche le produzioni della contendente di Sierra, la LucasArts, fondata da George Lucas. Rinominata nel maggio del 1982 in Lucasfilm, per poi ritornare ad avere il nome d'origine nel 1990. Nel 1986, pubblica Labyrinth: The Computer Game, avventura grafica dedicata al famoso film fantasy con protagonista David Bowie. L'interfaccia è basata sul testo, con una sorta di slot machine che permette di combinare verbi e nomi per compiere determinate azioni. Il capolavoro che consacra LucasArts è però Maniac Mansion; pubblicato nel 1987, quest'opera detterà le regole per tutti successivi sforzi creativi della casa. Ron Gilbert, programmatore Underworld, a dare l'idea a John Romero di creare un gioco tridimensionale: nasce così Catacombs 3D, un labirinto interattivo a tema fantasy dotato di una visuale "in prima persona". Nel 1992, la casa compie un ulteriore passo in avanti con Wolfenstein 3D. Il gioco mette il giocatore nei panni di un soldato in fuga da una base nazista: lo scopo è superare vari livelli eliminando i nazisti che si incontrano lungo la strada, fino ad arrivare al confronto finale con la versione cyborg di Adolf Hitler. La grafica è costruita in modo tale da lasciare al giocatore l'illusione di trovarsi all'interno di uno spazio dimensionale ma l’effetto è dovuto da un trucco di programmazione, che mette più piani bidimensionali incastrati a diversi livelli di profondità per costruire l'inganno ottico. Grazie a questo effetto e al Gameplay, Wolfenstein 3D diventa il gioco con la grafica più impressionante mai vista. I giovani di id Software dimostrano di possedere le idee chiare anche in fatto di business: per il successo di Wolfenstein 3D è determinante il modello di distribuzione utilizzato: lo shareware. I giocatori possono scaricare la prima parte del gioco gratuitamente e acquistare i restanti livelli contattando il publisher. Il successo di Wolfenstein 3D spalanca le porte del mercato al team e apre strada alla vera grande opera interattiva protagonista del genere: Doom. Doom  colonizza il genere dell’FPS, rendendolo il più popolare e mainstream tra tutti. Doom Mette il giocatore nei panni di un personaggio non definito. Anticonvenzionale, frenetico e servaggio, Doom popola i suoi livelli con demoni, mostri e figure infernali. Il giocatore deve farsi strada attraverso i tortuosi corridoi e le claustrofobiche stanze dell'ambientazione, fino a raggiungere l'inferno, utilizzando contro nemici un arsenale fatto di armi realistiche. Doom, pubblicato a gennaio del 1993, viene distribuito sempre tramite shareware. Nonostante attorno a Doom nascano diverse controversie relative ai suoi effetti dannosi dovuti all'eccessiva violenza, l'opera di Carmack ha un'influenza positiva sull'evoluzione del videogioco. Moltissimi giovani modder muoveranno i primi passi nella creazione di videogiochi grazie ad esso, dando vita a opere di tutto rispetto come Aliens Total Conversion. Doom rendere popolare anche il concetto di multiplayer, introducendo il Death match, dove i giocatori si scontrano l'uno contro l'altro in una battaglia all'ultimo sangue, attraverso Internet. id Software nel 1996, elaborerà la sua successiva hit, Quake, che mette il giocatore all'interno di livelli labirintici dall'ispirazione medievale, infestati da mostri. È il primo gioco interamente in 3D della compagnia. Il successo di Quake è dato soprattutto dalla componente multiplayer, sia con la modalità competitiva Death match, che con la cosiddetta "co-op", che richiede giocatore di collaborare per sconfiggere insieme nemici. Il videogioco scopre nuove dimensioni, quelle dell'on-line. In tutto il mondo i giocatori cominciano a sfidarsi attraverso Internet. Mentre la casa id Software sta già cambiando il videogioco, un'altra strada viene scelta da 3D Realms, compagnia fondata nel 1987 da Scott Miller e George Broussard. Strada segnata da Duke Nukem 3D, sparatutto poligonale "In prima persona". Duke Nukem mette il giocatore nei panni dell'omonimo eroe. Il protagonista di Duke Nukem viene caratterizzato da una personalità travolgente e volutamente stereotipata. Duke è una figura tutta muscoli, in guerra contro una specie di alieni invasori. Duke Nukem trascina i giocatori in strip club e bassifondi metropolitani, tra risse e scontri con i poliziotti alieni dalle fattezze di animali e altre creature ostili. Duke Nukem è uno dei titoli più rappresentativi e fortunati degli anni 90. Il genere dell'FPS è ufficialmente nato, manca però un passo per consacrare il genere. Entra in scena Valve, compagnia creata da Gabe Newell e Mike Harrington, che cambierà le sorti dell'industria con Half-Life. Half-Life  il giocatore veste panni del Dott. Gordon Freeman, un ricercatore di fisica che si trova coinvolto in un incidente in una frattura spaziotemporale: conseguenza di questa frattura, è un'invasione aliena nella struttura di ricerca sotterranea dove è ambientato il gioco. Gli intermezzi narrativi non interattivi e i canonici box di dialogo sono del tutto e eliminati. A differenza della maggior parte degli FPS creati finora, lo scopo dell'incipit è quello di farlo entrare gradualmente in connessione con il mondo di gioco. Half-Life sarà uno dei primi giochi d'azione ad avverarsi di una vera sceneggiatura, complessa e ricca di colpi di scena. È un gioco unico per l'epoca sotto tutti i punti di vista: per la grafica, per l'intelligenza artificiale dei nemici e per l'originalità del setting. Ma il più grande lascito per l'industria dei videogiochi sarà la capacità di Half-Life di raccontare una storia e portare a un livello di maturità narrativa superiore l'intera industria. In un momento in cui videogioco attraversava un periodo di stagnazione creativo, Valve rispose creando personaggi e mondi con volgenti e di spessore. La visuale in soggettiva diventa una modalità espressiva capace di adattarsi a questa tipologia di Gameplay. Il ciclone Play Station e l’avvento del 3D Negli anni 90 inizia una nuova era per la storia del videogioco, nella quale le due dimensioni non bastano più. C'è bisogno della terza, ed è così che avviene l’avvento del 3D. La grafica 3D, basata su figure poligonali più o meno complesse, permette di dare vita a mondi realistici, da esplorare in ogni direzione, compresa la profondità. Il 3D nasce da una querelle tra Nintendo e Sony. La casa di Yamauchi vorrebbe che lo SNES fosse capace di leggere anche il CD, producendo un componente aggiuntivo per supportare questo formato. Il partner perfetto per questa scelta è Sony. Nel 1992 Nintendo annuncia ufficialmente la partnership. Ma la casa di Kyoto si pone un dubbio: se Sony lavora al componente aggiuntivo per cercare di copiare il super Nintendo. Per scongiurare il rischio di spionaggio industriale, Nintendo interrompere la collaborazione con Sony, alleandosi con Philips. Ken Katuragi, A capo del progetto, non intende arrendersi e chiede al suo capo di Sony di poter continuare a lavorare sul progetto. Non si tratta più di un semplice componente aggiuntivo, ma di una macchina indipendente. Nasce così la Playstation. Sony entra in competizione con Nintendo, in un territorio sconosciuto dove la rivale ha un grandissimo vantaggio, ma Sony ha comunque della sua una macchina in grado di generare una grafica tridimensionale sbalorditiva per l'epoca, e un vero asso nella manica, che avrebbe cambiato le carte in tavola: il CD-ROM. Grazie al lettore ottico, la Playstation è in grado di riprodurre video di grande qualità. Un requisito fondamentale in un momento in cui i videogiochi possono essere accompagnati da sequenza animate e filmati live-action in full motion video. La nuova casa giapponese riesce a stravolgere la percezione dell'industria, rispondendo a Nintendo con un immaginario di giochi aggressivi e adulti. L'immagine vincente creata ad arte dal marketing della casa è il motivo principale del successo del suo sistema. Sony decide di portare il videogiocatore fuori dal ghetto per renderlo il centro di un nuovo modo di vivere il videogioco. Il successo di Playstation sarà travolgente grazie all'ingresso di un'eroina che diverrà il nuovo sinonimo di videogioco: Lara Croft. Dopo baffuti idraulici e porcospini blu, è la volta di un'archeologa formosa e attraente. Tomb Raider, prodotto da Core Design, è il gioco che consacrerà il successo del marchio Playstation. Con Tomb Raider, I giocatori possono muoversi in un mondo tridimensionale, attraversando una giungla fitta di misteri ed enigmi. Una trama avvincente, ricca di colpi di scena, unita al gameplay adrenalinico, lancia alla massima potenza la prima Playstation Sony, dando inizio a un fenomeno innovativo anche dal punto di vista culturale e sociale. L'ambientazione tridimensionale e la struttura labirintica regalano all'avventura un realismo senza pari. Molti giocatori scoprono le meraviglie del mondo 3D proprio con l'eroina di Tomb Raider, la figura di Lara in questo titolo si dimostrerà il personaggio perfetto per rappresentare un nuovo modo di giocare e un nuovo concetto di videogioco. Maze War contiene al suo interno tutti gli elementi che saranno poi ripresi nei giochi on-line più recenti. Anche Doom permette ai giocatori di sfidarsi tra loro all'interno dei cosiddetti Death match: la casa Carmack e Romero sarà destinata a diventare la regina di questo nuovo genere. La serie di Quake, permette fin dal suo primo episodio di sfidarsi on-line. Ma, dal terzo capitolo, il single player viene rimosso a favore del multiplayer. Con Quake III Arena, il videogioco si trasforma in qualcosa di molto simile a uno sport. Quake III Arena cala i giocatori all'interno di uno scenario gotico fantascientifico, dove sono chiamati a combattere battaglie a colpi di potenti armi da fuoco. Sarà Quake III Arena a dettare quello che diventerà lo standard per questo tipo di giochi, proponendo diverse modalità: "Free for All" (lotta contro tutti), "Team Deathmatch" (scontro a squadre) e Capture the Flag" (catturare la bandiera dell’avversario, portarla nella propria base e impedire ai nemici di fare lo stesso). Il gioco on-line permette di allenare anche la mente. Un concetto interessante, dove a essere messa alla prova è la materia grigia dei giocatori. Un esempio di questa categoria è StarCraft, prodotto da Blizzard nel 98. StarCraft Mette in scena lo sconto tra tre specie: i Protoss, gli Zerg e i Terran. Scopo del gioco è raccogliere risorse, creare nuove unità e scontrarsi con gli avversari in tempo reale. Il Gameplay offre una grande profondità strategica, che lo rende perfetto per il multiplayer. È grazie al successo di giochi come Quake III Arena e StarCraft che il videogioco si trasforma in un vero e proprio sport, o addirittura uno spettacolo, tanto da organizzare dei tornei dove giocatori professionisti si sfidano tra folle di tifosi e premi milionari in palio. Tattica vincente Nel 1994 con Ufo: Enemy Unknown, noto anche come X-COM: UFO Defenders, la terra è invasa dagli alieni. Perla del genere tattico-strategico ideata dal game designer Julian Gollop, Ufo è destinato a fare la storia del medium interattivo. Nella storia immaginata da Gollop, siamo nel 1998, quando la terra cade vittima di attacchi alieni. Solo un'organizzazione militare potrà impedire questa minaccia: l’X-COM. Enemy Unknown è diviso in due fasi distinte e complementari. La prima, interamente strategico- gestionale, trasforma il giocatore in un comandante incaricato di scegliere il piano d'attacco migliore. Il giocatore può gestire le sue basi sul globo terrestre, o ricevere richieste di aiuto, ha la piena libertà di scegliere quale obiettivo affrontare, decidere se spedire i soldati a investigare i luoghi dove sono atterrati gli alieni, difendere le città o attaccare le basi aliene. Una volta selezionati quali soldati mandare in battaglia, inizia la fase tattica. I livelli sono strutturati in maniera aperta, in modo da rimettere ogni decisione al giocatore. I nemici si possono attaccare frontalmente o alle spalle. Sconfiggendo gli alieni, si possono studiare i loro corpi per ricavarne nuove tecnologie da impiegare in battaglia. Il giocatore può giungere alla vittoria in tanti modi diversi, schierando le unità e sviluppandole a piacimento. Anche un solo errore può costare la vita a un soldato, che verrà perduto per sempre, rendendo lo scontro più complesso e angosciante. Libertà assoluta e Gameplay profondissimo fanno di UFO: Enemy Unknown un classico indimenticabile, un faro destinato a illuminare tutti giochi strategici venuti successivamente. SIMS CONTRO TUTTI (ANNI 2000) La casa delle bambole Playing Gold  creare e organizzare nuovi spazi, popolarli di esseri viventi e gestire interi ecosistemi virtuali. Ed è uno dei meccanismi che si manifesta in The Sims. Si tratta di una sorta di casa delle bambole virtuale che inizia il suo percorso nel 1989, quando Will Wright dà alla luce SIMCITY. Simcity  gioco gestionale in cui il giocatore deve costruire una città da zero, gestendone tutte le attività necessarie alla sopravvivenza. Uscito nel 2000, THE SIMS può essere definito come simulatore di vita quotidiana, che porta il reale nel virtuale e viceversa, in un'interazione capace di stravolgere entrambi i mondi. In the sims, tutto ruota intorno alla creazione e gestione di un avatar digitale, di cui il giocatore ha pieno controllo, dagli aspetti più quotidiani e pratici della vita, alle relazioni sociali, all'attività lavorativa e, in definitiva, al successo o al fallimento della sua vita virtuale. Se il divertimento del titolo è nella micro-gestione degli aspetti quotidiani e fisici dell’esistenza del sim che è stato creato, ulteriore interesse viene garantito da tutte quelle attività che rendono una vita degna di essere vissuta: il giocatore dovrà essere in grado di fare leva sui punti di forza caratteriali del suo sim, per garantirgli un'esistenza piacevole e renderlo felice. Per raggiungere questo scopo, il giocatore deve far ottenere all' omino virtuale un lavoro adatto alle sue capacità, costruirgli intorno un ambiente piacevole e confortante, fargli costruire delle amicizie e rapporti sociali solidi e, magari, fargli trovare l'amore della sua vita, con cui costruire una famiglia felice, con tanto di figli. The Sims ha aperto le porte al casual gaming, ha fatto conoscere i videogiochi al pubblico femminile e conquistato ogni genere di “non giocatore”. The sims ha costituito un'evoluzione nel panorama dei videogiochi della sua epoca, anticipando tendenze che successivamente avrebbero acquisito grande rilevanza culturale, tra cui la centralità delle relazioni umane e lo sviluppo di una forte componente sociale nonché la possibilità da parte degli utenti di creare e aggiungere contenuti del gioco. Il treno dell’hype e l’entrata in scena di Microsoft Con il consolidamento di Nintendo e l'ascesa di SEGA e Sony, il mercato delle console sarebbe di lì a poco cambiato, spostando l'attenzione verso l'occidente e disegnando nuovi equilibri geoludici. Sony continuava per la sua strada, con una nuova Playstation. In questa situazione di calma apparente, il mercato stava per accogliere una nuova realtà pronta a fare il suo ingresso nel business dell'intrattenimento casalingo: Microsoft. Nel 2000, il presidente di Sony Computer Entertainment America, assicura di essere al lavoro su una nuova console che travalicherà i confini del semplice videogioco. Ma nello stesso periodo, un'affermazione molto simile viene rilasciata da Bill Gates, amministratore delegato di Microsoft. Già nel 1998 l'azienda americana aveva considerato la possibilità di entrare nel settore hardware, ed è nel campo della console da casa che vede concretizzarsi questa idea. Grazie alla conoscenza tecnologica e del mercato informatico, l'azienda crea una console molto vicina, in termini qualitativi, a un pc di fascia alta. Chiamata inizialmente DirectX Box, viene infine battezzata con il nome di XBOX. Nel frattempo, SEGA continua a spingere sulla propria linea sportiva, presentando a Los Angeles, nel 2000, in occasione dell'Electronic Entertainment Expo, NFL 2KI, titolo per Dreamcast basato sul campionato nazionale di football, e NBA 2KI, basato sul campionato nazionale di basket. A questi titoli si aggiunge Shenmue, ambiziosa avventura action free roaming dalla straordinaria qualità grafica. Le ambiziose proposte di SEGA nulla possono contro Sony, che svela al pubblico la data di lancio americana della playstation 2. Durante la conferenza, vengono descritte le caratteristiche della nuova console e presentata l'intera line-up. Il 2000 sarà ricordato come l'anno ufficiale del trionfo di Sony. Dopo la sconfitta, SEGA cancella la produzione della Dreamcast, concertandosi sullo sviluppo di software e lasciando il palco alla new entry Microsoft. Nasce così BALDUR'S GATE. Lanciato sul mercato nel 1998, il titolo è ambientato nei Forgotten Realms e si basa sulle stringenti regole del gdr. Rispetto a un titolo come Ultima, Baldur’s Gate amplia l'universo narrativo dell'opera, proponendo un livello di immedesimazione e immersione senza precedenti per il giocatore, ora in grado di vivere in prima persona avventure coinvolgenti. Baldur's Gate mette, sin dalle prime fasi del gioco, il giocatore al centro dell'avventura. Proprio questo elemento, consentendo la costruzione di narrazioni profonde e diversificate a seconda del personaggio, rappresenta quel qualcosa in più che renderà il primo gdr di BioWare uno straordinario successo di critica e pubblico. La struttura dello storytelling sarà centrale nell'esperienza di gioco, e illimitata, poiché affidata al testo: un meccanismo permetterà di proporre un altissimo numero di personaggi e situazioni senza la necessità di creare modelli 3D che ne avrebbero influenzato i costi di produzione. Con una trama in continua evoluzione, dipendente non solo dal tipo di personaggio creato, ma anche soprattutto dalle scelte che compie durante l’evolversi della vicenda, nelle lunghe fasi esplorative il giocatore dovrà interagire con gli altri abitanti dei Forgotten Realms, per ottenere le informazioni utili al completamento della trama principale, talvolta andando a influire direttamente sui dialoghi attraverso la selezione di una risposta tra quelle proposte dal gioco. L'interazione ha un ruolo fondamentale all'interno del gioco; grazie a essa, è possibile reclutare nuovi personaggi da aggiungere al gruppo, necessari per portare a compimento la missione. Baldur's Gate darà nuovo vigore al genere del gioco di ruolo, aprendo la strada alle successive produzioni alla compagnia. NEVERWINTER NIGHTS (2002) non farà che consolidare la posizione di BioWare quale sviluppatore di punta di giochi di ruolo; L'opportunità per un nuovo grande salto in avanti, tuttavia, si materializza più avanti, sotto forma di un'inaspettata telefonata da parte di LucasArts. La storica casa di videogiochi fondata da George Lucas, sull'onda del successo della nuova trilogia di Star Wars, ritiene giunto il momento di sviluppare un gdr virtuale basato sulla leggendaria saga. Per LucasArts non ci sono dubbi: BioWare è il team sul quale puntare. Per la seconda volta, BioWare si trova tra le mani un brand storico, con occhi di mezzo mondo puntati addosso. La sfida principale della giovane software house è proprio quella di definire la linea delle meccaniche di gioco, incatenandola alla trama incentrata sull'eterna lotta tra Jedi e Sith, bene e male. Dopo tre anni di sviluppo, tra l'uscita del secondo film e quella del terzo, nel 2003 viene finalmente lanciato sul mercato STAR WARS: KNIGHTS OF THE OLD REPUBLIC. Ambientato 4.000 anni prima degli avvenimenti raccontati del primo star wars, il titolo mostra il ruolo fondamentale dei Sith, guidati dal perfido Darth Malak, nel distruggere il consiglio Jedi e rovesciare la Repubblica. Nuovi scenari, e soprattutto nuove tematiche, che ampliano non solamente l'universo Star Wars, ma anche il livello di intensità e maturità narrativa della serie. Il giocatore può scegliere la specie e il sesso del giovane Jedi che interpreta e di cui seguirà le avventure; inoltre, anche in Knigth of the old Republic i dialoghi ricoprono un ruolo centrale, dal momento che influiscono sulle interazioni con i personaggi. Il sistema di allineamento morale del gioco tiene conto di tutte le azioni e di tutte le scelte di dialogo selezionate dal giocatore, e proprio dalla linea di condotta decisa dipenderà il destino del protagonista. Il giocatore potrebbe infatti cadere facilmente preda dal fascino del lato oscuro della forza, finendo col diventare un Sith. A ogni azione o dialogo corrispondono quindi diverse conseguenze e, per poter scoprire ogni singolo risvolto della narrazione, il giocatore deve necessariamente percorrerla più volte. Un intreccio avvincente e ricco di colpi di scena, dunque, che riflette il grande sforzo di BioWare di osservare le caratteristiche peculiari della serie, come l'uso di spade laser o la gestione dei poteri dati dalla forza, e reinterpretarli secondo le meccaniche già viste in baldur's gate e neverwinter nights. A quel punto, la software house sembra pronta per creare e raccontare una storia tutta sua, e nel 2007, quattro anni dopo Knigth of the Republic, la compagnia dà vita alla propria space opera, sviluppando un racconto originale, moderno e notevole nella narrazione, negli intrecci e nelle meccaniche di gioco. La svolta spaziale è quella di Mass Effect, titolo con cui l'azienda canadese concepisce una nuova modalità narrativa, sconvolgendo per sempre il mondo dell'interactive storytelling. Ambientata nella nostra galassia ne 2183, la trama vede come protagonista il comandante Shepard, soldato arruolato nella nave spaziale Normandy, alle prese con la scoperta di numerosissime specie aliene e con la fondazione di una colonia umana nell'ambiente interstellare. Ancora una volta, il personaggio principale viene plasmato dalla volontà del giocatore, che delinea, attraverso le proprie decisioni, la stessa struttura della trama. Già introdotto in Knight of the Republic, in Mass Effect è ancora più importante, grazie a un meccanismo noto come ruota dei dialoghi, grazie al quale il protagonista può decidere in che tono rispondere a certe frasi, o in che modo reagire in determinati contesti attraverso le proprie azioni. In un meccanismo di azione e reazione, ogni decisione può provocare effetti a lungo o a breve termine, alterando il corso della narrazione. La grande forza di Mass Effect è proprio la capacità di spingere alla riflessione, causando dubbi interiori nel giocatore, che sino alla fine non conoscerà l'esito del proprio comportamento. Mass Effect si afferma per questo motivo come una space opera originalissima. Realizzato da BioWare con un taglio volutamente adulto, il titolo tratta temi maturi e delicati come la bioetica e la politica, il rapporto di coppia e l'omosessualità, raramente affrontati in altre produzioni videoludiche. Sheppard può liberamente esplorare la sua astronave, la Normandy, e dialogare con i suoi compagni di avventura. A seconda delle risposte date, il rapporto con i diversi personaggi prenderà una piega diversa e, dando determinate risposte, sarà possibile stringere legami sentimentali, anche con specie aliene o personaggi dello stesso sesso. In sostanza, non esiste più soltanto una trama principale e tante quest secondarie. Da simili premesse nasce anche la saga dark fantasy Dragon Age, evoluzione narrativa di baldur’s gate, dall'ispirazione fantasy realistica, riconducibile a saghe letterarie del fantasy moderno quali ad esempio le opere di George R. R. Martin. La trama presenta intrighi e questioni politici, e vede il protagonista e la sua squadra impegnati ad affrontare l'invasione del regno di Ferelden da parte di un'orda di creature minacciose. Mettendo al centro la tematica politica, Dragon Age permette di scegliere tra sei personaggi, e decidere per ciascuno l’origine e l'appartenenza a un ceto nobiliare o meno, aspetti che determineranno in parte gli eventi della trama e i dialoghi e le scelte successive. Pur mantenendo il sistema delle scelte, a differenza di Mass Effect, Dragon Age non fa uso di un sistema di valutazione dell'allineamento morale, mettendo piuttosto al centro le dinamiche sociali dell’interazione. Le interazioni con i personaggi arruolati nel gruppo non si limitano all'esecuzione di comandi, dunque: costoro, come accadrebbe in un contesto sociale, rispondono in maniera positiva o negativa alle decisioni del giocatore in base alla solidarietà delle relazioni che egli avrà costruito con loro attraverso dialoghi e scelte. La natura politica emerge in ogni momento narrativo; la specie e il ceto sociale del protagonista provocano reazioni differenti da parte degli altri personaggi del gioco. E così si giunge a toccare temi delicati e attuali come quelli del razzismo o dell'ingiustizia sociale. Il punto di rottura con il classico genere fantasy diventa ancora più evidente nel secondo episodio, DRAGON AGE II, che sceglie di mettere da parte l’avventura in un mondo fantastico per offrire una narrazione più concentrata, in netto contrasto con l'epica del fantasy tolkieniano. Massa critica Grazie alla Rete, è diventato possibile creare veri e propri universi, e non più semplici giochi. Garriott, in arte Lord British, lo comprende prima di chiunque altro. Con la sua storica serie di Ultima, questo geniale demiurgo aveva dato vita a giochi di ruolo trainanti e complessi, entro un'impalcatura narrativa raffinata, costruita nel corso di 18 anni di lavoro. Nel 1997, quei mondi e quelle atmosfere diventano un’esperienza condivisa collettivamente, nella forma di ULTIMA ONLINE. Viene così sancito il concetto di mondo persistente, una costruzione virtuale che non vive in funzione del momento in cui il giocatore accende il computer o la console di gioco, ma che, grazie alle potenzialità di Internet, pulsa di vita propria e ospita una sua popolazione virtuale fatta di persone reali, con una sua relativa e complessa organizzazione sociale ed economica. In gergo, questo tipo di gioco viene chiamato MMORPG, che sta per MASSIVELY MULTIPLAYER ROLE PLAYING GAME, gioco di ruolo multiplayer di massa online. Ultima Online concede un respiro senza precedenti al giocatore, che è libero di esplorare il territorio online, costruire il tipo di personaggio che desidera e uccidere e saccheggiare chiunque gli ostacoli il cammino. A condurre quest'operazione è Blizzard. Blizzard  fin dalle sue origini, può essere considerata una delle maggiori potenze del genere strategico, uno studio con un controllo della qualità che ha sempre rasentato il maniacale, e che non si può permettere di lanciare un 'opera che si considerata un capolavoro. Del resto, è stata questa filosofia a permetterle di realizzare serie che sono entrate a far parte della storia del videogioco, come lo strategico fantasy Warcraft: Orcs & Umans, uscito nel 1994, oppure il gioco di ruolo Action Diablo (1996) e Starcraft, altro gioco strategico a tema fantascientifico uscito nel 1998. Warcraft  diventa il punto di partenza di un nuovo mondo persistente, dalle proporzioni mai esplorate prima. Il progetto di Blizzard è ambizioso, tanto da iniziare nel 1999 e uscire solo 5 anni più tardi, quando, con il titolo World of Warcraft, apre i suoi cancelli ai giocatori. L'impresa di Blizzard consiste nel prendere un genere popolare ma ancora di nicchia, il mmorpg, e renderlo accessibile a un pubblico molto più ampio. Il modello ideato da Blizzard, tuttavia, prevede una gestione autoriale molto più invasiva, che va a rimpiazzare la tradizionale anarchia tipica di Ultima Online. Il giocatore non è più invitato a costruire la sua storia personale senza vincoli, ma, a seconda della fazione di appartenenza, viene condotto a intraprendere una serie di missioni con lo scopo finale di guadagnare punti esperienza. Il controllo di Bilzzard sul mondo che ha creato è valso a WoW la definizione dispregiativa di theme park, ossia parco a tema. Questo perché, come una Disneyland digitale, offre una serie di attrazioni divertenti, quelle sulle quali però il giocatore finisce per avere uno scarso controllo. Il focus del gioco viene quindi spostato dal mondo persistente in sé alla cosiddetta instance, un livello non persistente che può essere affrontato quante volte si vuole. Le instance sono ambientazioni spettacolari nell'aspetto, dove si può combattere contro mostri in compagnia di altri giocatori e ricevere in ricompensa armi e tesori. Il successo di WoW è stato tale che la struttura di gioco proposta da Blizzard è diventata in seguito lo standard con cui confrontarsi. La maggior parte dei mmorpg lanciati successivamente non fa infatti che copiare questa struttura di base, mentre la critica ha continuato a chiedersi chi sarebbe stato il cosiddetto WoW-Killer, il gioco in grado di offuscare il successo apparentemente incontrastato del figlio prediletto di Blizzard. Nel suo picco di massima popolarità, il gioco raggiunge gli 11.5 milioni di utenti e non c'è mmorpg che riesca a eguagliare i risultati di WoW, riuscendo al massimo a ritagliarsi una propria nicchia di utenti e popolarità. Lo strapotere di WoW, che richiede di pagare un abbonamento mensile, costringe gli altri mondi online a trovare delle strategie di sopravvivenza, come tentare nuovi modelli di business. Nasce così il fenomeno free to play, titoli che possono essere provati gratuitamente, ma che richiedono di acquistare oggetti all'interno del gioco tramite un sistema di cosiddette microtransazioni. Con WoW, Blizzard è riuscita a centrare il suo obbiettivo di sdoganare definitivamente l’mmorpg, sacrificando tuttavia la sua originaria componente ruolistica sull'altare di tale finalità. Del resto, WoW, con tutte le sue successive espansioni, è diventato sinonimo del genere, e neanche Lord British è riuscito a scalfire tale primato. L'ambizioso Tabula Rasa, mmorpg fantascientifico creato successivamente da Garriott, ha chiuso i battenti nel 2009, dopo nemmeno 2 anni di attività. Alta definizione e un raggio blu Con la prima Xbox, Microsoft riesce in un risultato fondamentale per la sua storia, ossia debuttare nell'industria dei videogiochi. Nel frattempo, il predominio dell'industria spetta ancora a Sony, con la Playstation 2. La situazione, tuttavia, si ribalta completamente con l'avvento della successiva generazione. Questa volta, Microsoft non perde tempo e non si lascia sorpassare dall'avversaria: è la casa di Redmond a inaugurare la nuova generazione, portando sul mercato prima di Sony l'erede della sua originaria console. Xbox 360, questo il nome del nuovo sistema, viene lanciata nel novembre del 2005 e introduce i videogiocatori al concetto di grafica ad alta definizione. Ma il gioco non vive solo di tecnologia, Xbox 360 modifica del tutto le abitudini dei giocatori, grazie a un nuovo format di connettività online. Già la prima Xbox era in grado di accedere a Internet e offriva funzionalità di gioco Multiplayer in Rete. La sua erede espande ulteriormente questo concetto, andando a proporre un'intera infrastruttura online. Grazie alle nuove funzionalità di xbox live, è possibile utilizzarla per vedere film e ascoltare musica. Il servizio Live Arcade, direttamente integrato nel menù d'avvio, permette di scaricare giochi direttamente sulla console. La copia fisica di un titolo diventa in questo modo soltanto la base di partenza di un'esperienza che si arricchisce e si modifica nel tempo, grazie ai cosiddetti DLC (downloadable contents, contenuti scaricabili). In questa generazione di console, gli sviluppatori iniziano a distribuire porzioni aggiuntive del gioco dopo la sua uscita, rendendole scaricabili previo acquisto online. Porzioni di gioco che normalmente sarebbero state incluse nell'esperienza principale, finiscono per diventare fruibili soltanto attraverso l'acquisto successivo dei dlc. Le avventure lunghe e complesse delle generazioni precedenti vengono ora frazionate, per adattarsi a un nuovo tipo di business. Microsoft continua a introdurre novità con i cosiddetti obbiettivi, sfide ulteriori che si sovrappongono a quelle già proposte dal gioco. Il modello di Microsoft si rivela così ben congegnato da essere ripreso da Sony in maniera praticamente pedissequa con il suo Playstation Network diventando uno standard per le console casalinghe. Con la Playstation 3, uscita nel novembre del 2006, un anno esatto dopo la concorrente, per la prima volta il colosso tecnologico giapponese si trova in difficoltà. La console è la figlia del genio visionario di Ken Kutaragi, già inventore della prima e della seconda Playstation. Le idee di Kutaragi sono come sempre potentemente innovative: il processore Cell, il cuore che batte all'interno della macchina, è il frutto di una visione avanguardista e ardita. Kutaragi vuole infatti scatenare una nuova rivoluzione destinata a sconvolgere non soltanto il mondo dei videogiochi, ma tutta l'informatica. Il margine di vantaggio ottenuto da Xbox, inoltre, fa sì che la macchina non riesca inizialmente a bissare i successi di vendita delle sue progenitrici, e solo dopo molto tempo riesce ad affiancarsi a Xbox 360. Playstation 3 si afferma comunque un hardware ambizioso, anche per via dei dischi che supporta. La macchina ricopre infatti un ruolo decisivo in quella che si rivela una vera e propria guerra tra i due nuovi formati successivi al dvd, l'hd-dvd e il Blu-ray Disc. Se già a partire dal nome emerge l'anima sociale e multiplayer della console, la novità più rivelante è data dal sistema di controllo atipico, mai impiegato prima di allora in una console. Dotata di un hardware economico, e di un controller chiamato WiiMote, basato su sensori di movimento, la nuova macchina Nintendo semplifica notevolmente la fruizione del videogioco. Con un controller che richiama alla mente uno strumento familiare e diffuso come il telecomando della tv, la casa modifica radicalmente il joypad, restituendo un sistema user friendly, e spingendo così anche le persone non abituate al videogioco a provare la nuova esperienza del divertimento interattivo. Nintendo corona la strategia pubblicando una folta schiera di titoli nati per il party roaming, modellata sulla nuova console. Il concept della killer application della Wii, immediato e di facile comprensione, risulta ben diverso dalle line-up ad alta definizioni proposte da Sony e Microsoft. La macchina Nintendo è infatti accompagnata da Wii sports, una compilation di semplici simulazioni sportive, dove i giocatori possono cimentarsi, su un campo da gioco virtuale, in discipline come il tennis, baseball, bowling, boxe e il golf. Wii sports, grazie alla sua meccanica intuitiva, attrae e conquista nuovi giocatori, riportando allo stesso tempo i cultori del videogioco delle origini ai tempi di Pong. C’è anche Wii Fit, che propone dei mini giochi basati sull’attività fisica, che registrano allenamenti e punteggi. In questo modo, non è più un solo strumento di intrattenimento e svago, ma anche un modo per avvicinarsi alla forma fisica desiderata. Il titolo mostra poi perfettamente le potenzialità del WiiMote. Partendo da una filosofia intuitiva come i giochi del passato, mostra la naturale evoluzione del medium interattivo, ormai pronto per conquistare davvero tutti, trasformandosi in un prodotto mainstream come la televisione o il cinema. Un cambiamento rilevante per la concezione di videogioco, che verrà ripreso più in avanti anche da Microsoft con Kinect e da Sony con Playstation Move, sono i sistemi di controllo basati sul movimento, entrambi usciti nel 2010. In ogni caso, se in territorio casalingo Nintendo deve riconquistare lo scettro, nel campo del gaming portatile la compagnia non ha mai smesso la sua posizione di supremazia. Non si limita infatti a basarsi sul successo del Game Boy, ed è con il Nintendo ds, infatti, che la casa giapponese introduce una nuova dimensione di gioco, sia fisica che concettuale. Nel novembre del 2003, Iwata, annuncia la pubblicazione di una nuova console, basata su un concetto completamente diverso dagli altri dispositivi di gioco esistenti e realizzata per l'unico scopo di fornire ai giocatori un'esperienza di intrattenimento unica. Anche se, in questo caso, il cambiamento parte da un nuovo sistema di controllo, estremamente originale rispetto a tutto quello che era stato realizzato fino a quel momento. Composta da due schermi, di cui quello inferiore presenta un dispositivo touch, la macchina duplica l'esperienza di gioco. Apre ai game designer nuove possibilità di sperimentazione meccanica e artistica. Il Nintendo ds è quella console di rottura, che rifiuta il tradizionale approccio basato su sistemi di controllo complessi. Giocare diventa semplice e intuitivo: basta il tocco delle dita su uno schermo. I titoli più di successo realizzati per la console presentano infatti un designer originale, basato proprio sulle potenzialità del touch screen, che permette di creare nuovi modelli di Gameplay. La passione di Miyamoto per gli animali domestici lo porta a realizzare Nintendogs, un gioco in cui bisogna prendersi cura di cuccioli di cani di razza diversa. Grazie allo schermo tattile, i giocatori sono in grado di accarezzare e accudire un cane virtuale, idea che viene successivamente ripresa da innumerevoli cloni e che determina il successo della macchina presso il pubblico dei giovanissimi, ma anche delle donne. Nasce così tutta una serie di prodotti diversificati per concept e meccaniche, appositamente pensati per un pubblico eterogeneo. In questa filosofia rientra anche Brain Training: che età ha il tuo cervello, un software educativo dotato di una serie di esercizi logico-matematici per tenere allenata la mente. Nintendo riesce a fratturare ulteriormente la definizione di videogioco, trasformandolo in un perfetto compagno della via quotidiana, in grado di renderla si più divertente, ma anche di arricchirla. 6 VERSO IL DOMANI Crisi e consolidamento dell’industria 2007  lo spettro della crisi economica si aggira in Occidente. Migliaia di aziende in tutto il mondo sono costrette a chiudere i battenti o a ridurre drasticamente il numero dei propri dipendenti. L'unico settore a non essere toccato dalla peste finanziaria è quello del videogioco, giovane, dinamico e in continua evoluzione. La diminuzione delle vendite rappresenta però soltanto un dato superficiale della crisi; i videogiochi, sempre più costosi da produrre, richiedendo tempi di sviluppo elevati e team di professionisti in costante crescita, che faticano a reggere la transizione economica negativa. Numerosi studi di sviluppo sono costretti a chiudere: tra questi, lo storico Studio di Liverpool di Sony, che aveva contribuito a portare la prima Playstation sul tetto del mondo anche grazie alla realizzazione del gioco di corse futuristiche WipeOut. A partire dal 2012, il mercato del videogioco diventa un territorio estremamente instabile: un esempio ne è il caso di Radical Entertainment, creatore di Prototype, gioco action free roaming del 2009 con oltre due milioni di copie vendute in tutto il mondo. Il capitolo seguente, uscito nel 2012, non riesce a raggiungere neanche 1 milione di copie, e le vendite, del tutto insufficienti per coprire gli investimenti, non lasciano dubbi ad Activision, publisher del gioco: Radical Entertainment viene chiusa, da un giorno all'altro. Nei primi dieci anni del 2000, l'equilibrio si sposta completamente a favore delle grandi produzioni, capaci di coprire elevati costi di sviluppo con vendite straordinarie, arrivando, come nel caso della serie di CALL OF DUTY a superare persino le vendite di saghe cinematografiche come quella di Harry Potter. Il mercato vede così il ritorno costante degli stessi titoli, pubblicati negli anni in numerosi episodi spesso quasi indistinguibili gli uni dagli altri per narrazione e meccaniche di gioco. La crisi economica diviene ben presto una crisi creativa: per uscire da questa situazione, c'è bisogno di rompere gli schemi e tornare alle origini. La scena indie Il videogioco, ormai un colosso mondiale dell'intrattenimento, è una macchina da guerra che combatte con le potenti armi delle serie più famose alla costante ricerca della spettacolarità tecnologica, spesso a discapito della stessa natura del medium, strumento espressivo e interattivo basato su fantasia e creatività. Dalla fine degli anni ottanta, un gruppo ristretto sembra voler dichiara guerra alle grandi corporation. Si tratta della scena indipendente (in gergo, indie), creato da programmatori e artisti che vogliono sfidare le regole del mercato e del profitto per esprimere la loro visione. Il movimento indie riprende la filosofia della scena demo, un fenomeno culturale nato a cavallo tra gli anni ottanta e novanta con l'avvento dei computer a 8 bit. Protagonisti incontrastati, al tempo, erano l’Apple II, il Commodore 64 e lo zx Spectrum, macchine programmate da abili appassionati mossi dal desiderio di mostrare le proprie abilità informatiche attraverso la realizzazione di demo originali. Lo sviluppo di videogiochi indie nasce sui personal computer nei primi anni novanta, con il modello distributivo shareware. Se, in seguito all'introduzione del 3D, l'attenzione degli sviluppatori indipendenti si è orientata in parte sulla creazione di modifiche di videogiochi già esistenti, quello molto più pratico e socialmente accettabile rispetto a una console portatile esclusivamente dedicata al gioco. Per i primi anni del nuovo millennio, tuttavia, il mercato del mobile gaming rimarrà in secondo piano rispetto a quello Handheld (console portatili). Il fenomeno del gaming su cellulare, tuttavia, comincia a guadagnare, con il passare degli anni, una crescente popolarità, soprattutto in Giappone, aiutato dall'esistenza di modelli di telefoni avanzati. Nel 2003 Nokia tenta nuovamente di coniugare il videogioco con i cellulari, anticipando i tempi. Il risultato è lo sfortunato NGage, un telefono a forma di una console portatile; un ibrido che ha uno schermo centrale e una croce direzionale alla sua sinistra, come quella del game boy. L'N-Gage è costruito in modo tale che, per parlare al telefono, è necessario girarlo di lato; una stranezza che viene battezzata su Internet con il termine satirico side talking (parlare di lato). L'errore di Nokia dimostra che per far decollare il gaming su cellulare, il videogioco deve adattarsi in modo naturale a questa piattaforma, non costringerla a cambiare in suo nome. Nel 2007, è Steve Jobs a dare il via alla rivoluzione mobile, presentando per la prima volta al mondo il suo iPhone, in una conferenza che passa alla storia. Questa ventata di cambiamento investe ovviamente in pieno anche il mercato dei videogiochi, creando un nuovo territorio ricco di sfide e opportunità; Jobs, che proprio con il videogioco aveva iniziato la sua carriera, molti anni dopo darà vita indirettamente a una completa metamorfosi di questo settore. La principale caratteristica che rende l’IPhone un marchio totalmente innovativo sin dalle sue origini è la presenza del sistema di controllo touch. Rispetto ai vecchi cellulari, iPhone è facile e divertente da usare, e risulta perfetto per controllare videogiochi semplici. L'intuizione di Apple riguarda non solo la piattaforma in sé, ma anche il metodo di distribuzione dei software per essa realizzati: nel 2008, Apple lancia infatti App store, un negozio online accessibile esclusivamente ai device prodotti dalla compagnia. Per la prima volta, è la compagnia produttrice dell'hardware a regolamentare il software compatibile con la propria piattaforma, andando così ad abbattere anche il tradizionale ostacolo del publisher. Rovio, sbarcata dalla Finlandia sulla piattaforma Apple, rappresenta un esempio eclatante di questo fenomeno. Il piccolo sviluppatore indipendente aveva dovuto realizzare 51 esperimenti, prima di arrivare alla svolta della propria vita, ma la prova numero 52 sarà una hit in grado di travolgere il mondo. Con un concept semplice, divertente e accattivante, ANGRY BIRDS, prende spunto da una idea originale, per non dire folle: quella di uccelli privi di ali. Scopo del gioco è lanciare questi volatili con una fionda, trascinandoli con il dito e calibrando l'intensità e la direzione del colpo, per centrare dei maiali verdi appollaiati su strutture distruttibili: il giocatore vince quando riesce a eliminarli tutti. Pubblicato nel dicembre del 2009, Angry birds conquista il mondo per il suo stile grafico cartoon, coloratissimo e divertente, ma soprattutto per il suo Gameplay immediato e comprensibile a chiunque, perfetto per una partita mordi e fuggi, ma capace di tenere il giocatore incollato per ore di fronte allo schermo. Gli utenti possono scaricare gratuitamente una versione demo, limitata ma completamente funzionante, e spendere solamente 0,89 cent. per la versione completa. Due anni dopo l'annuncio di iPhone, Apple lancia del mercato l’IPad, non il primo del suo genere tecnologico, ma sicuramente il più venduto e popolare. Gioiello di tecnologia, il nuovo dispositivo di Apple trova applicazione sia nel lavoro che nel campo del gaming, diventando immediatamente un nuovo pericoloso concorrente delle piattaforme del videogioco tradizionale, e generando una serie di cloni che invadono rapidamente il mercato. Grazie al loro schermo ampio e luminoso, i tablet si rivelano perfetti per giocare e, sempre grazie ad App store, o all'equivalente di Google, Play store, presente nei dispositivi caratterizzati dal sistema operativo Android, permettono di costruirsi una libreria infinita di giochi. Con ovvia moltiplicazione dei dispositivi, si amplia di conseguenza anche il numero di titoli ludici disponibili, passando da semplici giochi bidimensionali a titoli in 3D complessi, caratterizzati da una grafica tanto definita e dettagliata quanto quella presente nelle console casalinghe. Nel frattempo, verso la fine degli dei primi anni del 2000, si profila all'orizzonte una nuova piattaforma popolata di milioni di utenti, che non nasce originariamente per il gioco ma risulta perfetta per ospitarlo: FACEBOOK. Nata per la comunicazione online, Facebook investe completamente nel settore dell'informatica domestica, dando vita a una nuova modalità di gioco: quella del social gaming. Il social network creato da Zuckerberg permette infatti, attraverso il browser Internet, di prendere parte ai giochi semplici, simili per meccaniche e stile a quelli per il mobile gaming. Tra le più fortunate c'è sicuramente Zynga, che con FarmVille detta lo standard per molti dei titoli presenti sulla piattaforma. Il gioco è ambientato in una fattoria virtuale, e la sua struttura ricorda in parte quella di uno strategico, con una visuale isometrica dall'alto e un livello di difficoltà semplificato, per risultare accessibile a un grande pubblico di utenti. Se lo scopo del gioco è costruire e gestire la propria fattoria, acquistando tramite la valuta interna del gioco ortaggi, edifici, animali e numerosi accessori, per ingrandire il proprio terreno virtuale, l'unico scopo finale è dato dalla soddisfazione personale di condividere il proprio successo con gli amici online. FarmVille è basato su un larghissimo utilizzo di componenti social: ogni utente, in grado di vedere punteggi e le fattorie virtuali dei propri amici, può aggiungerli liberamente come vicini della propria fattoria. Sfruttando l'intera gamma di funzionalità social di Facebook, FarmVille riesce a creare dal nulla la formula del gioco sui social media, attraverso la quale ogni milione di utenti si divertono a curare la propria fattoria virtuale, scambiando oggetti con degli amici. FarmVille consacra così il terreno del social gaming: una modalità mirata a connettere gli utenti per farli giocare insieme. La grande fortuna di FarmVille è quella di poter fare affidamento su un mercato già enorme, ma non ancora colonizzato dal videogioco. Lanciato nel 2009, il semplice ma geniale titolo di Zynga raggiunge in sole sei settimane i dieci milioni di utenti attivi, dando il via alla febbre dei social gaming. Cloud: ultima generazione e frontiera virtuale Siamo nel 2012: una nuova generazione è pronta ad affiancarsi sul mercato. Se Nintendo nella precedente console war ha giocato sulla strategia dell'attesa, sondando le mosse della concorrenza e preparando il grande attacco del Wii, questa volta decide di giocare per prima la sua carta. Reduce dallo straordinario successo del Wii, Nintendo prepara il lancio del suo successore, il Wii U. Decisa a ricalcare il successo della console, a partire dal collegamento immediato al nome, e allo stesso tempo ad introdurre elementi di novità, la casa di Kyoto si rivolge alle nuove frontiere del mobile gaming. La principale innovazione di questa macchina è infatti l'introduzione di una sorta di tablet chiamato gamepad, che permette di giocare anche a schermo spento. Si tratta di una nuova interpretazione del joypad, che contiene al suo interno anche un sensore di movimento. Pur in linea con i tempi, il gampad si rivela tuttavia un dispositivo debole rispetto al geniale controller del suo predecessore, e l'intera console viene percepita dai consumatori come una semplice variazione del Wii. L'hardware della macchina appartiene inoltre alla stessa generazione di Playstation 3 e Xbox 60. Pensando di giocare in anticipo per la generazione successiva, che avrebbe visto l'arrivo della Playstation 4 e dell'Xbox One nel 2013, Nintendo sembra aver calcolato male i tempi. Lo stesso vale per l’introduzione del gamepad: con la grandissima diffusione dei tablet, i consumatori sono ormai abituati a giocare con dispositivi molto più performanti e belli da vedere, come l’iPad di Apple. Nintendo, un tempo regina dell'innovazione tecnologica, si ritrova a essere nuovamente il Devono passare diversi anni prima che il virtuale possa diventare reale, grazie alla creazione di un giovanissimo e geniale imprenditore statunitense: il suo nome è Palmer Luckey. Appassionato di realtà virtuale, tanto da spendere in obsoleti visori, reliquie di un'idea ritenuta impossibile, tutti i risparmi faticosamente guadagnati con lavoretti che, ancora adolescente, svolge per i suoi vicini, Luckey accumula una notevole conoscenza dei vecchi hardware di realtà virtuale e infine, a soli dieci anni, decide di crearsi da solo il suo primo visore. Fonda così, pochi anni dopo, Oculus vr, compagnia attraverso il quale realizza il proprio sogno. Ad affiancare il giovane Luckey, appena ventunenne, nella sua importante missione, saranno numerosi sviluppatori, affascinati dalle potenzialità espressive della realtà virtuale. tra questi, lo stesso John Carmack, creatore del leggendario sparatutto DOOM. Il primo annuncio avverrà proprio in rete, su una community online di appassionati: sta nascendo Oculus Rift, con il termine “Oculus” che sta a indicare il meccanismo della visione, e “Rift” a evocare la spaccatura tra reale e virtuale. Ed è lo stesso Carmack, in occasione dell'E3 di Los Angeles, nel giugno del 2012, a mostrare ai giornalisti il nuovo visore. Grazie all'appoggio del pubblico di veterani dell'industria, come lo stesso Gabe Newell di Valve, il progetto di Luckey raccoglie un milione di dollari in 36 ore, totalizzando i 2.4 milioni necessari a far partire la produzione; a questi si aggiungeranno poi i 75 milioni ottenuti a dicembre 2013 dalla compagnia di venture capistalist Andreessen Horowitz. Se il prototipo di Oculus Rift riprende l'idea di base dei vecchi visori per la realtà virtuale, la sua grande innovazione è data dalle dimensioni ridotte e dalla praticità del design. Indossabile come una maschera da sci, Oculus Rift è leggero e non affatica la vista: due lenti all'interno creano un effetto di stereoscopia 3D, mentre un sensore, rivelando i movimenti della testa, fa si che la telecamera si muova assieme ai movimenti del giocatore. Il risultato, mai raggiunto prima, è rappresentato dall'illusione di essere completamente trasportati all'interno del mondo artificiale. Oculus Rift ha così dato il via a una sorta di Rinascimento dell'industria videoludica, aprendo un'era di nuove sfide e frontiere da raggiungere. Homo Ludens Nobilis: il percorso di legittimazione del videogioco Divisione tra casual gamers e hardcore gamers  limitante, nata nelle business schools, utile ai reparti di marketing delle aziende per capire come vendere prodotti diversi a diversi acquirenti. Giocatore  non va analizzato solo in base al suo potere di acquisto, ma anche alle sue caratteristiche culturali (approccio al medium, rapporto con informazione, atteggiamento verso altri giocatori). Nasce l’esigenza culturale di definire una nuova tipologia di fruitori del videogioco, un gruppo di persone che desidera godere a pieno del medium video ludico, senza preclusioni e barriere, aperto all’idea di trasmettere questa passione ad altri con spirito di condivisione. Questo tipo di videogiocatori, definito conscious gamers (videogiocatori consapevoli), sono in realtà degli homo ludens nobilis. Sono utenti semplici, che un giorno potremo limitarci a chiamare “appassionato di videogiochi”
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