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Storia dell'arte contemporanea, monografico sull'Informale - UNICATT, Francesco Tedeschi, Appunti di Storia dell'arte contemporanea

Il file contiene gli appunti relativi alle lezioni del corso monografico sull'Informale tenuto dal professor Francesco Tedeschi nel secondo semestre dell'anno accademico 2022-2023.

Tipologia: Appunti

2022/2023

In vendita dal 03/06/2023

beatricebaronii
beatricebaronii 🇮🇹

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Scarica Storia dell'arte contemporanea, monografico sull'Informale - UNICATT, Francesco Tedeschi e più Appunti in PDF di Storia dell'arte contemporanea solo su Docsity! 21/02/2023 St. arte contemporanea monografico – I, Introduzione all’Informale Il periodo di riferimento è il secondo dopoguerra, un periodo che ha un inizio ma non ha una fine, o meglio la fine può essere collocata intorno al 1960. In questo periodo le prospettive cambiano: ricordiamo la diffusione di nuovi mezzi di comunicazione. L’Informale è un linguaggio artistico di un periodo di crisi. Per arte informale intendiamo quell’area di realizzazioni artistiche, soprattutto pittoriche, che al di fuori delle contrapposizioni che hanno caratterizzato il conflitto tra figurazione e non figurazione, astrazione e realismo, si pone al di là delle riflessioni sulla forma secondo parametri riconosciuti. La forma è il definirsi di un’immagine, sia essa figurativa o astratta. Si rompe il rapporto tra un’idea di immagine e la sua configurazione visiva tramite: • Action painting • Ruolo della materia • Gestualità Informale è una definizione che si allarga in molteplici direzioni perché diventa un linguaggio universale, raccogliendo manifestazioni in tutte le aree del globo. Parliamo di linguaggio universale, della crisi e di liberazione. La libertà nel creare diventa essenziale e l’aspetto liberatorio provoca anche una pluralità di voci e di esperienze. Il secondo dopoguerra è un’epoca di grande scambio di espressione teorica degli artisti Sacco e Rosso, Dipinto di arte informale di Alberto Burri, 1954 23/02/2023 St. arte contemporanea, monografico – II, Informe ed Informale Lo spettro dell’Informale è ampissimo. Consideriamo gli anni ’40 in Francia - Guardians of the Secret, J. Pollock, 1943 Primo dipinto acquisito da una mostra di Peggy Guggenheim. Informale, pennellate libere -> è un dipinto che però nasce con l’intento di raffigurare un soggetto, difatti ha una struttura: sono presenti figure totemiche laterali, una figura alla base che richiama un animale, figure ascendenti di vario genere. Nell’interpretazione di Pollock stesso, il dipinto è un richiamo ad un monumento sepolcrale antico, riferito al mondo egizio o a quello precolombiano. Il soggetto però emerge dall’inconscio -> ha a che vedere con il Surrealismo, nato con Andre Breton, a cui Pollock si era avvicinato (anche tramite la terapia psicoanalitica junghiana) - Senza titolo (It’s all over), Wols Si fa conoscere dapprima come fotografo nella Parigi degli anni ’40. La volontà è quella di rappresentare l’informe e il deforme. Anche lui tra 46 e 47 si avvicina all’astrazione: i colori sono rappresentativi di una condizione drammatica; il dipinto conquista una sua autonomia di segno fondamentale, oggi qualitativamente considerato importante - Evanescence, Georges Mathieu, 1945 Nel ‘45 Mathieu, da prime esplorazioni pittoriche di tipo figurativo, dà vita a composizioni dettate dal caso. Il colore segue la superficie allargandosi e stringendosi, senza mai staccarsi dalla tela. È contornato da un colore evanescente ed astratto che riempie lo spazio. - Miss Cholera, Jean Dubuffet, 1946 Dubuffet dà vita al cosiddetto Informe, anche se non vorrà mai farne parte in senso formale. Preferisce il termine Art Brut, Arte bruta o brutale, ossia l’arte di coloro che non hanno formazione ma è comunque arte -> tipo i bambini, gli alienati etc -> ricorda comunque che Dubuffet è un artista colto!! Vediamo materie naturali e grezze accostate ad altre raffinate dall’uomo. È un modo di contestare la pittura e di ciò che ancora comunicava, nonostante le ricerche delle avanguardie storiche Il soggetto è abbassato di tono. - Woman I, Willem de Kooning, 1950-52 Siamo in America -> in questi anni si usa il termine Espressionismo Astratto per indicare un espressionismo diverso da quello geometrico e logico degli anni ’30. - L’istintività è carattere essenziale e la forma è il nemico assoluto Nel 1997 al Centre Pompidou, Krauss e Bois realizzano una mostra, accompagnata da un catalogo (Dizionario incompiuto del surrealismo). Nel dizionario la parola centrale è informe. L’informe è il dizionario stesso. Informe non è soltanto aggettivo ma un termine che serve a declassare, esigendo in generale che ogni cosa abbia la sua forma. Il testo è stato elaborato da Bataille. [vedi slide 5 pp 1] Vediamo una rivisitazione in chiave informale dell’Olympia di Manet da parte di Dubuffet. L’informe non è l’informale. Per Bataille una critica radicale si trova al di fuori, che trova maggiore contatto con Asphalt Rundown di Robert Smithson. Si vogliono scardinare i legami con alcune logiche estetiche. Un altro lavoro degli anni Cinquanta di Jean Dubuffet, La vie interne du mineral, è la dimostrazione di come la materia sembra quasi elevarsi a materia di luce. Dirt Painting di Rauschenberg è un lavoro di polvere e muffa dentro una cornice di legno, da porre in continuità rispetto al concetto di informe. Vediamo alcune questioni di fondo dell’Informale [meglio trattate nelle lezioni successive]: - Problema della definizione - Incidenza delle vicende della guerra - Se e come si verifica un ribaltamento dalla rappresentazione di una condizione di abiezione a una elaborazione estetica del modo di operare e dei soggetti della pittura - Rapporto Informale-Surrealismo - Informale come mediazione tra Realismo e Astrattismo o come terza via indipendente - Internazionalismo e connessioni globali - Aspetti di politica culturale all’interno del contesto della guerra fredda - Individualismo e liberismo come premessa e come sito delle posizioni estetiche espresse in quel contesto e in quegli anni - Relazioni con le posizioni filosofiche dell'esistenzialismo e di altri approcci fenomenologici - La crisi dell’informale (intorno al 1957) - Come definire una fisionomia dell’Informale in Italia? 28/02/2023 Storia dell’arte contemporanea, monografico – III, La guerra e il suo rispecchiamento nell’arte degli anni 40 Parliamo delle conseguenze nell’immaginario visivo dell’arte contemporanea e nell’immagine dell’umano. Con la guerra e le altre tragedie che si abbattono sull’Europa, l’immagine dell’uomo cambia completamente: l’essere umano si fa debole ed inerme, schiavo del periodo drammatico affacciatosi sul mondo. - L’Ange du Foyer, Max Ernst, 1937 L’anno dopo in cui viene esposto all’esposizione internazionale del surrealismo come “Il trionfo del surrealismo”. La figura mostruosa avanza su un territorio diverso con un altro strano personaggio, che emerge dalla stessa figura principale e cerca di trattenerlo. È un quadro avvicinabile anche a Bosch, una figura danzante nel vuoto. Il surrealismo è da intendersi come rivelazione delle condizioni nascoste di una certa epoca e contesto. Ernst dice di averlo composto dopo aver visto Guernica esposto a Parigi. Esprime lo stesso clima: il senso di paura, distruzione, e di creatore di mostri. - L’Europa dopo la pioggia, Max Ernst, 1941 La prima versione rappresentava la sagoma geometrica dell’Europa, con colori drammatici rispetto alle cartine politiche con i loro colori squillanti. È un quadro apocalittico. Condizione di rovina, dove la natura ha preso piede sopra le strutture date dall’uomo. dipinto complesso. ➔ Queste due opere mostrano le trasformazioni in atto delle tecniche pittoriche ma soprattutto del soggetto che raffigurano. In queste opere non c’è una denuncia diretta! Ci sono poi gli artisti più realistici. 02/03/2023 St. arte contemporanea, monografico – IV, L’affermarsi delle proposte informali in Francia Jean Fautrier e Jean Dubuffet tra il 1943 e 1947 Tra 1943 e 1947 nascono posizioni antitetiche al realismo e all’astrattismo concreto (appaiono disimpegnate e poco consone al periodo). Questi autori agiscono sul soggetto con un chiaro riferimento ad una trasformazione e deformazione della figura umana, per via degli anni tragici causati dalla guerra. La materia stessa viene rivisitata: la materia pittorica diventa la combinazione di materiali eterogenei. L’uso di materiali diversi, però, è anche un modo per sottolineare il divenire dell’uomo -> l’immagine si relaziona con la sua evoluzione! Per questi autori è importante il processo di realizzazione dell’opera! In una foto di Andrè Ostier, Jean Fautrier è inquadrato assieme a dipinti risalenti alla seconda metà degli anni ’50 -> qui la gestualità c’è e si vede! - La juive, J. Fautrier, 1943, Centre Pompidou Dagli Otages, ‘Ostaggi’, mostra presentata dallo stesso a Place Vendome (Parigi) (piazza dove, sia oggi sia al tempo, risiedevano grandi gallerie prestigiose). La figura è diventata una forma informe -> la striscia rossa sopra richiama alle violenze della 2GM (la juive significa ‘l’ebrea’). Nonostante la figura sia scomparsa, la parte biancastra in gesso, olio e altro determina uno spessore che si avverte -> sono chiamate pates hautes quei soggetti costituiti da più materiali, che lasciano una traccia corposa. - Il cinghiale squartato, J. Fautrier, 1927, C. Pompidou Assomiglia a ‘Il bue squartato’ di Rembrandt, che si trovava – e si trova – al Louvre! Sicuramente F. guarda a loro! Secondo Francis Ponge F. trasforma l’orrore umano attuale in bellezza. - Foresta, J. Fautrier, 1943, Museo d’arte moderna Parigi F. continua a lavorare sui suoi Otages. La tecnica è molto simile all’altra. Anticipando quanto dirà Francesco Arcangeli dieci anni dopo su Morlotti, vediamo che Fautrier sembra già fondere la condizione fisica con quella della terra. - Testa di ostaggio, J. Fautrier, 1944, Coll. Priv. Colonia Riconosciamo un possibile volto per via della sagoma generale, anche se è sottoposta ad un processo di trasformazione. Guardando la scultura Testa di ostaggio vediamo grandi similitudini - Andrè Malraux sostiene che sia la scultura stessa ad aver dato origine alle tavole degli Ostaggi. Ponge nel 1945, a proposito di queste opere, sostiene che Fautrier voglia toccare con mano cruda la realtà, la ferita della morte, senza dare speranza. Fautrier appare spontaneo nella trasformazione di ciò in un atto artistico. È estasi! Egli trasforma in bellezza l’orrore umano. I volti non sono realistici, non imitano la carta; quello che conta è la pittura. Rispetto a Medardo Rosso, qui l’intenzione è quella di rappresentare la morte, non la vita! Confronto naturale è con Testa di morto di Picasso, che risale agli stessi anni -> Picasso mostra la sintonia con la drammaticità del tempo tramite l’esecuzione di questa testa di morto, un uomo decomposto -> Malraux se ne ispirò per la sua opera ‘Di Picasso’. La copertina del catalogo della mostra è scarno, sempre perché siamo in periodo di guerra, e richiama proprio agli accadimenti del periodo. È in bianco e nero e su carta, e ancora una volta si avvicina alle opere di F.: c’è differenza tra pieno e vuoto, un vuoto permeante; tra assenza e presenza; tra resistenza e fine. La poesia ‘Libertà’ di Paul Eluard è accompagnata da un disegno di Fautrier, che si occupa anche di incisioni; incide a bulino e ad acquaforte: es. Il Timbro di Paulhan - Testa di partigiano, J. F., 1956 Il tema prevarrà anche dopo, anche si sposterà su temi naturalistici. Nonostante siano passati diversi anni, gli Otages continuano a essere presenti nella sua pittura. Grazie a questi, Fautrier nel 1958 vince una sala alla Biennale di Venezia. Dall’altra parte, Jean Dubuffet vive lo stesso clima ma lo interpreta diversamente. Ha corredato le sue opere di testi critici. - Grand Jazz Band (New Orleans), J. Dubuffet, 1944 Un’opera che ricorda il primitivismo apparso agli inizi del 900 -> es. le figure sono colte di lato La musica Jazz esprime al meglio l’intenzionalità dell’Art Brut. Nonostante Dubuffet sia un artista colto, egli tenta di avvinarsi alle forme primordiali dell’arte, essenziali e spontanee. - Mur aux inscriptions, Jean Dubuffet, aprile 1945 Un muro scritto: scritto dai writers, dai vandali, dalla guerra, dall’usura. Il muro è anche simbolo dell’impossibilità di rapportarsi all’altro, di incomunicabilità. Il critico Gingberg sostiene che gli artisti francesi, come E. Guilleve o Dubuffet, sono fin troppo ‘letterati’ per poter arrivare all’essenzialità delle cose. Anche la copertina del manifesto di presentazione per la mostra di Dubuffet ‘Microbolus, Macadam and C.ie hautpates’ dimostra che il legame con la materia è intrinseco a Dubuffet stesso. - Mirobulus bianco, J. Dubuffet, 1945, Solomon Guggenheim Museum Il nome sembra uno di quelli dei pittori e poeti surrealisti. Da qui diventa fondamentale la colla vinavil e smalti. - Archetipi, J. Dubuffet, 1945 Archetipi, quasi come se la volontà fosse quella di tornare all’origine Ricorda: qui, come in molti altri casi il quadro è una avventura, ossia uno spazio in cui navigare e scoprirsi; collabora anche il caso. La pittura degli anni ‘40 vede l’utilizzo degli acquarelli. Vediamo La città, tema prevalente. La poetica può essere associata a Klee. Siamo a cavallo tra figurazione e astrazione. Dal ‘46 al ‘51 diventa un protagonista dell’informale. La sua pittura è astratta, di un’astrazione di colore, gesto e macchia. Grenade bleue mostra una sagoma blu centrale attorniata da un contorno gessoso. Si tratta di un’opera che sembra improvvisa, ma in realtà è pensata. Peinture rimanda al velo della Veronica. Vi sono nuclei, gangli, che sembrano espandersi. Per tutti questi artisti vien a generarsi uno stile riconoscibile. Vediamo Vert striè noir rouge mostra un evoluzione rispetto a quello che abbiamo visto prima, in particolar modo con le opere raffiguranti le città. Si generano come delle linee che si espandono sulla superficie. Wols nella sua pittura. Aile de papillon mostra un legame di Wols con la fotografia. Si tratta di un quadro che ha un carattere magico e alchemico. La farfalla sembra come osservata al telescopio. La Tourquoise del 1949 mostra una quasi figura, per cui la sorta di immagine è attorniata da uno sfondo compatto. Le tourbillon vede il tema della trasformazione e del dinamismo. Il fantasma azzurro si lega all’estetica dei Nucleari italiani questo perché dagli anni ‘50 Wols aveva presenza sul mercato dell’arte. George Mathieu Artista dalla vita molto lunga. La gestualità è il carattere principale, tema che diventerà performance. Alle inaugurazioni si metterà a dipingere davanti agli spettatori e davanti alle fotocamere. Documenta il processo. Opalescence vede il passaggio dal gesto alla scrittura, per cui si crea un legame con l’arte orientale. La scrittura non è presente in maniera esplicita ma è presente una sorta di grafia del segno. Il tempo di esecuzione è limitato. Dynasty mostra come negli anni ‘49/‘50 offre titoli dalla storia francese. C’è ironia sulla storia del proprio paese, soprattutto per la pittura celebrativa. Altro esempio è Hommage a Louis XI. Vi sono pennellate allargate e distese. Un silence de Guibert de Nogent si lega ad un eremita. Si vuole trovare una narrazione: rispetto agli artisti americani, gli artisti francesi sono ancora connessi ad una storia. Hommage heretique mostra la colatura di colore. Les Capétiens partout mostra uno sfondo grigiastro con diverse stesure cromatiche. L’opera è stata realizzata sotto gli occhi delle telecamere all’aperto. Mathieu compie un’azione performativa senza controllo. Hans Hartung È un artista di origine tedesca stabilitosi a Parigi. Durante la guerra ha perso una gamba e dipingeva soprattutto da seduto. La sua maniera ha una peculiarità, cioè partiva da segni di pastello su carta e creava improvvisazioni. Poi riportava queste composizioni sulla tela. Hartung già negli anni ‘30 realizzava opere simili e la radice può essere colta in Kandinskij. Nel secondo dopoguerra Hartung diventa più costruttivo. Le linee sembrano casuali ma hanno una struttura e sono pensate. Non vediamo le geometrie precise dell’ astrattismo geometrico, ma dimostra un’affinità con il tema dell’improvvisazione. Hartung verrà guardato moltissimo in Italia. In Composizione T.50-5 vediamo il tema dello scontro tra due entità che ricorda l’immaginario futurista. Prendiamo in considerazione il rapporto tra informale francese ed espressionismo astratto, che passa tramite: • Esilio dei surrealisti • Disegni automatici • Mostra di Jackson Pollock in Art of This Century Surrealism and Painting è un dipinto di Max Ernst che rimanda all’Angelo del Focolare. Il surrealismo è rappresentato come un personaggio metamorfico abnorme che possiede una mano che rimanda a sculture surrealiste. Viene tracciato un dipinto che sembra essere un fantomatico percorso cosmico di linee simili ad orbite. Si tratta di un dipinto molto libero. Il quadro è stato realizzato negli USA. Il surrealismo era stato apprezzato negli USA già negli anni ‘30 e Peggy Guggenheim aveva fatto incetta di opere surrealiste. Salvador Dalì anche lui ha molto successo negli USA di questi anni. C’è un surrealismo che viene americanizzato. Breton aveva diffuso il surrealismo in Messico, con Rivera. La gestualità è guidata da una sorta di automatismo. Nel 1942, lo stesso anno dell’inaugurazione di Art of This Century, avviene la mostra First Papers of Surrealism. Vengono esposte opere di tutti i protagonisti del movimento e Marcel Duchamp unisce le opere tramite un filo di spago. Lo spazio viene definito come un’enorme ragnatela. Avviene una sorta di negazione del museo. Gli artisti che esposero nel 1925 e che aderiranno al surrealismo facevano cose molto diverse ma l’impressione è che nella creazione di immagini non si potesse creare effettivamente l’automatismo psichico. Quello che avviene negli USA avviene la vera affermazione dell’automatismo delle origini surrealiste. Possiamo dunque riconoscere la nascita dell’informale negli anni surrealisti. Guardiamo le opere di Masson come Le Villageois. Vi sono stratificazioni di segni differenti. Masson faceva disegni automatici, guardiamo Disegno automatico. 16/03/2023 St. arte contemporanea, monografico – VII, Altri protagonisti dell’Informale (USA) - Particolari da uno dei fogli contenenti Leçons d’écriture automatique, 1923 (matita e inchiostro su fogli di arta congiunti, 17,30 x 169 cm; collezione privata), Max Ernst I segni sembrano nascere dal caso, come se da una prima ne nascesse una seconda etc etc. Si tratta di un automatismo e casualità che è mediata o organizzata dalla sapienza e consapevolezza della creazione di immagine e cerca di imitare gli artisti che lavoravano nella rivista di Breton. Anticipa quasi degli sviluppi a livello di idee e di pratica delle forme - Dans l’écurie du Sphinx, 1925 c. (pubblicata nel 1926, all’interno della raccolta Histoire naturelle, da un frottage; The Museum of Modern Art, New york, Max Ernst Rapporto tra procedimento e soggetto: nel clima americano il soggetto torna ad essere importante, soprattutto perché l’opera stessa è soggetto di sé. Allo stesso tempo, il soggetto esplicita un carattere interno dell’artista. Siamo di fronte ad un frottage, dove la mano dell’artista registra i materiali usati. Nell’opera vediamo l’impiego del frottage. Lo spazio è abitato da una creatura ibrida. L’opera faceva parte di una raccolta ossia Histoire naturelle - Baigneuse, 1925 (olio su tela, 72,5 x 92 cm; Musée d’Art Moderne , Centre Pompidou, Parigi), Joan Mirò Mirò, vicino a Masson, è un autore che ha generato popolarità. È complesso, è un provocatore della pittura (=la chiama ‘sfida con la pittura’) perché irrequieto. Nelle opere del 1927-28 sembra rinunciare ad un racconto di facile espressione, all’aneddoto -> qui invece si intravede ancora. È monocromatico, con alcuni segni che determinano il senso del paesaggio - > nonostante cerchi altri punti di sviluppo rispetto ai pittori ‘tradizionali’, anch’egli rimane nel solco della tradizione. - Peinture, 1927 (olio su tela, 129 x 97 cm; Musée d’Art Moderne de Lille Metropole), Joan Mirò In questo caso siamo di fronte ad una tale grezza. Vi è una macchia bianca informe ed una sagoma nera ritagliata. Siamo come di fronte a due procedimenti tecnici differenti. Il rapporto con il surrealismo è un’arma a doppio taglio: per alcuni è la prosecuzione di un clima culturale e di un certo modo di comportarsi, dall’altra è visto come incapacità di superare vecchi retaggi. - Disegno automatico, 1940 ca., Robert Sebastian Matta Artista che a New York, alla fine degli anni ’30, si impone con la sua fantasia creativa che si avvale del surrealismo per promuovere i disegni automatici: riconosciamo ancora un insieme di forme e figure che si sviluppano casualmente sul foglio. Sebastian Matta coinvolge anche Robert Motherwell e Pollock, con i quali realizza anche un viaggio in Messico e con cui, al ritorno, organizza un ‘laboratorio’ di disegno automatico -> si sente quasi prosecutore di Duchamp, anche perché si serve di alcune sue tecniche. - The Earth Is a Man, 1942 (olio su tela, 182,9 x 238,8 cm; The Art Institute of Chicago), R. S. Matta Rispetto a Mirò, c’è un grado di immediatezza e uno di elaborazione -> teoricamente nell’Informale dovrebbe essere il più spontaneo possibile, nonostante l’elaborazione. Egli crea dei mondi fantastici, e sembra ricordare raffigurazioni precolombiane.. Qui interessa la ricerca di pittoricità diversa; sfumature e disegno molto tracciato che compenetrano come se in un solo quadro venisse usato un unico spettro espressivo - Morphologie Psychologique n. 14, 1939, matita e gesso su carta, R. S. Matta È una composizione alla Duchamp. Cerca una quarta dimensione: spazi irrappresentabili, come il bianco del foglio che sembra sostituire un vetro. Morfologia psicologica = prendere forma di un automatismo psichico -> qui la rivediamo nei cerchi concentrici -> sono disegni automatici -> automatismo psichico manuale, che prende forma nei personaggi e che trova la sua definizione nei centri concentrici, in cui si riconosce una forma di gestualità automatica - Automatic Drawing No. 1, 1941 (acquerello su carta), Robert Motherwell Grande figura degli anni ’50 in America. È un disegno automatico che fa da presupposto ad altre ricerche. Sono segni e cerchi che creano figure di diversa entità e profondità in uno spazio realizzato a frammenti che fanno parte di un unicum. La formazione è intellettuale, non accademica! - The Moon Woman, 1942 (olio su tela, 175,2 x 109,3 cm: Peggy Guggenheim Collection, Venezia), J. Pollock Una delle opere esposte alla mostra di P. G. vinta da Pollock, oggi ancora presente nella collezione Veneziana. I segni stenografici sono più assorbiti entro questa raffigurazione carnevalesca del colore L’idea di ‘donna luna’ non è richiamata da Mirò, ma da altre culture - The Moon-Woman Cuts the Circle, 1943 ca. (olio su tela, 109.5 x 104 cm; Musée National d’Art Moderne, Centre Pompidou, Parigi, J. Pollock Sembra una scena dei nativi americani -> ha l’energia cromatica di Hofmann! Il curatore del MOMA presenta l’artista alla mostra a lui dedicata -> indice di come Peggy fosse ben introdotta nell’ambito museale - Pasiphae, 1943 (olio su tela, 142,6 x 243,8 cm; The Metropolitan Museum, New York), J. Pollock Vediamo la vera forza di Pollock: non è più vista come pittura di derivazione europea, ma SOLO americana! -> unico contatto è con Picasso, ma la forza energica è diversissima. La prima ad acquistarlo è Peggy, poi a seguito della mostra del ’43 viene piazzato a Chicago. È imparentato con il dipinto omonimo di Masson del 1943. I personaggi si rifanno alla Pasifae del mito. I gesti sono sempre più liberi - Mural, 1943-1944 (olio su tela, 243,2 x 603,2 cm; The University of Iowa Museum of Art, Iowa City; dono di Peggy Guggenheim), J. Pollock È il dipinto più grande che Pollock abbia mai realizzato, commissionato da Peggy: dopo un periodo molto buio, Pollock riesce a realizzare il dipinto in una notte, quella del capodanno del ’43. Peggy usa già il termine dripping per descriverlo. Ciò che conta è che i gesti si sono trasformati in ritmo, in una composizione molto libera. Per diversi mesi, Pollock rimarrà il favorito di Peggy, a cui poi si aggiungeranno altri protagonisti dell’arte americana. 21/03/2023 St. arte contemporanea, monografico – VIII, Liberazione della forma con il mito La liberazione della forma, attraverso il rapporto con il mito Liberazione della forma è una terminologia che gioca con i termini su cui ci misuriamo. L’informale è una definizione storico-critica e non estetica specifica. Nell’ambito dell’informale vi sono autori che si muovono su piani differenti. Da una parte conta il gesto che è il punto di partenza di molte operazioni artistiche e dall’altra i colori espansi. Dittico di Gottlieb e Rothko, artisti che si separavano dal surrealismo sia per superarsi dal mondo europeo sia per separarsi dall’atmosfera inconscia. The Rape of Persephone (1942) e The Syrian Bull (1943) vengono giudicate come opere legate al surrealismo e ibride. Gli artisti rispondono dicendo in una lettera che non hanno intenzione di difendere i loro lavori, intesi come indipendenti. L’opera non deve essere giudicata nella sua evidenza formale e di soggetto. “Siamo convinti che i nostri dipinti siano una dimostrazione dei principi estetici in cui crediamo; ne elenchiamo alcuni: 1. Per noi l’arte è un’avventura all’interno di un mondo sconosciuto, che può essere esplorato solo da coloro che non hanno paura del rischio. 2. Questo mondo immaginario è disingannato e violentemente opposto al buon senso. 3. È nostro compito, in quanto artisti, fare in modo che lo spettatore osservi il mondo dal nostro punto di vista, e non più dal suo. 4. Siamo per l’espressione semplice di pensieri complessi. Siamo per il grande formato perché ha la potenza dell’inequivocabile. Vogliamo riaffermare la superficie pittorica. Siamo per le forme piatte perché distruggono l’illusione e rivelano la verità. 5. Un’idea comunemente accettata fra gli artisti è che non importa ciò che viene dipinto a condizione che sia ben dipinto. Questa è l’essenza dell’accademismo. Non esiste buona pittura sul nulla. Noi sosteniamo che il soggetto è fondamentale e che l’unico soggetto autentico è quello tragico ed eterno. È per questo motivo che sentiamo un’affinità spirituale con l’arte arcaica e primitiva”. Mythmakers «Noi siamo in un certo senso creatori di miti e come tali non abbiamo pregiudizi a favore o contro la realtà. I nostri dipinti, come tutti i miti, non esitano a combinare frammenti di realtà con ciò che è considerato ‘irreale’ e insistono sulla validità di tale fusione. Se vi sono delle similitudini fra le forme arcaiche e i nostri simboli, non è in ragione di una nostra cosciente derivazione da quelle, quanto piuttosto del fatto che ci interessano simili stati di coscienza e relazioni con il mondo. Con tale obiettivo abbiamo dovuto inevitabilmente entrare in contatto con una condizione parallela per concepire e creare le nostre forme. Se le precedenti forme di astrazione trovavano corrispondenze con le preoccupazioni scientifiche e obiettive dei nostri tempi, le nostre stanno ritrovando un equivalente pittorico per la nuova conoscenza dell’uomo e la sua nuova coscienza del proprio più complesso io interiore» Il rapporto con il mito può essere inteso nella visione del mito come forma di creazione. Il problema del soggetto si pone in questi artisti: la radice della loro arte doveva essere complessa. Rothko alla fine degli anni ‘30 scompone le suggestioni visive creando costruzioni che derivano dal teatro greco, vediamo Antigone. Il riferimento al mito greco è esplicito nel titolo. Vi sono figure con volti-maschere. L’opera è rappresentativa dello smembramento e ricomposizione della forma, anticipazione della rottura nel campo di colore di Rothko. Rothko realizza delle composizioni che chiama Pittogrammi. Vediamo Gli occhi di Edipo. Vediamo una scrittura per immagine. Pittogramma mostra ancora un avvicinamento alla bidimensionalità. Il presagio dell’aquila è un’opera centrale nel percorso di Rothko. Vediamo un fondo verde che ci allontana; parliamo di una funzione arcaizzante. Vediamo anche il Sacrificio di Ifigenia. Vi sono richiami antropologici e zoomorfi. Rothko si libera dalla forma e realizza una rilettura del tragico. Nel 1944, l’anno successivo alla presa di posizione legata al Toro siriano, Rothko realizza dipinti in cui le forme si asciugano ulteriormente. Slow Swirl at the Edge of the Sea è un esempio. Abbiamo una chiara divisione di paesaggio con figure costituite da un crescere verticale, totemico. C’è anche un richiamo al romanticismo tedesco e nordico europeo (guardiamo Tramonto di Friedrich). Rothko sottolinea questo legame in un suo scritto. I quadri vengono concepiti quindi come qualcosa di autonomo, miracoloso e stupefacente. Ci può essere distanza tra parole e immagini; artisti condividono l’essere iniziatori di un mondo nuovo. Still si sente incaricato di una funzione profetica, di una dimensione di ricerca d’assoluto, anche se cerca di relativizzare la possibilità di leggere il quadro da parte di chi lo osserva a suo modo —> elimina i titoli, perché è la pittura che deve parlare da sé. Presentazione di Rothko alla mostra di Still, 1946: «Still si concentra sull’espressione di quel dramma tragico-religioso che è comune a tutti i miti di ogni tempo, a prescindere da dove siano nati. Still sta creando qualcosa di nuovo in grado di sostituire gli antichi ibridi mitologici che, con il trascorrere dei secoli, hanno perduto la loro attualità. [...] Ogni sua forma diviene un’entità organica, aprendosi alla molteplicità di associazioni intrinseche a ogni essere vivente. Nella loro totalità vedo il sorgere di una teogonia della forma più elementare di coscienza, la cui consapevolezza di sé non va oltre la propria volontà di vita. È un’esperienza profonda, emozionante». ➔ Tutti questi artisti vogliono affermare una propria posizione individuale e romantica nel voler considerare l’arte una capacità trasformativa che mette in relazione l’interiorità il mito, il sublime Passaggio fondamentale nel rapporto con l’arte è la galleria Art of this Century - Jamais, 1944 Unica rimasta a Penny Guggenheim. Forma nera che sfida questo sfondo biancastro avendo come contrappunto il giallo. Verticalità riportata a una semplificazione della rappresentazione dell’individuo. Distanza dal surrealismo. Modello pittorico che scaturisce da un quadro all’altro. Espressionismo astratto/scuola di NY sono un insieme di personalità diverse che però condividono la soggettivizzazione dell’opera. Il suo è quello di screziature su superfici che vanno a ampliarsi. - 1944-N-No.2, 1944 Dimensioni impegnative di nero Rosso e giallo presenze cromatiche già trovate, assumono il carattere di forme di pittura per campi di colore in cui lui trova corrispondenze con Rothko e Newman. Spazio ottenuto per coperture e non per incisione, è pittura che deve dimostrare una propria animazione. Campi di colore = definizione data in seguito per indicare la specificità fosse riempire lo spazio con un unico colore -> Grimberg = pittura moderna problema: cos’è il quadro? E la migliore risposta è stata rispondere attraverso la pittura. Per lui il quadro perfetto è quello dove non c’è nulla se non il colore. Idea di forma assoluta di spazio di colore è quello che questi artisti hanno introdotto. Queste campiture Still le intende anche con un lato un po’ drammatico in intersezioni che possono ricordare le fratture delle rocce. - 1945-H, 1945 Spazi in orizzontale, in profondità. Grimberg = nuovo modo di fare pittura, che rifiuta la prospettiva e rompe col cubismo, non cerca di costruire uno spazio con frammenti, ma con le stesure di colore che tendono a una loro unitarietà. (Parlando della crisi della pittura di cavalletto e della nascita della pittura di stile americano, 1948) Perché interessa l’informale? = in Europa qualcosa che parte dal processo, dalla materia, dal processo di far emergere il senso dell’agire. Questi artisti americani rompendo gli schemi introducono qualcosa di nuovo. - 1946-H Quadro maturo. Dirada i colori. Chiazze che si intersecano, con il rosso emerge dal nero. Processo che viene fermato, stabilizzato Arshile Gorky (1904-1948) Ultimi anni apice della sua pittura, traspone in essa la drammaticità della vita che gli riserva grandi dolori. Morirà suicida senza gambe a causa della malattia. Origine armena. - The Liver Is the Cock’s Comb,1944 Quadro più rappresentativo in assoluto. Colore e segno si dissociano. Le macchie di colore che definiscono il racconto sono accompagnati da segni che derivano da una precedente ideazione. Il fegato è la cresta del gallo = il titolo non l’ha inventato lui, ma attribuito da Breton (capo surrealismo) ha voluto leggerci rimandi organici, che in chiave surrealista non sono descrittivi. La liberazione del colore dal segno porta a questa pittura di solo colore che ha rimandi di tipo naturalistico. - Waterfall, 1943 Titolo che ci porta a vedere un paesaggio tutto un po’ in un movimento cataclismatico. Attenzione a Kandiskij —> Improvvisazione n.27, libertà di composizione che può essere tra i punti di partenza; Mirò —> Costellazione. Stella del mattino. Mantiene un rapporto con l’arte Europa, libero e disinibito, senza un’idea di adesione - Senza titolo, 1944 Di Peggy Guggenheim Corrispondenze tecniche con l’evoluzione in senso informale : colatura colore, macchie rosse e gialle, rapporto marcato tra le linee che definiscono il tessuto dell’immagine e la libertà del colore - Agony, 1947 Corrispondenza con Matta, es Le vertige d’Eros, 1944, per i segni nelle spirali e nei vortici. Personaggi e oggetti trasfigurati in macchie - The Last Painting, 1948 Drammaticità col nero buttato, quasi senza essere compiuto Quadro non finito Eroe che risponde all’immagine dell’artista maledetto —> individualismo che però da risultati fortemente espressivi e romantici, addirittura decadenti Barnett Newman (1905-1970) Figura intellettuale d’artista. Inizialmente fu più noto per i suoi scritti —> riflette sul carattere di un’estetica nella pittura USA. Carattere del mito che può essere ricostruito nella cultura e nel mondo americano. Le forme di astrazione hanno per lui e per gli altri artisti americani, come per le popolazioni arcaizzanti, un valore significante, comunicativo di idee e non solo di forme - Pagan Void, 1946 Volontà di dare un significato forte all’immagine, emotivo. Rappresentazione di una cosmologia - Death of Euclid, 1947 Pittura che vuole staccarsi dall’astrazione geometrica : due linee gialle sembrano rigorosamente costruite secondo un principio geometrizzante. Forse suggestione del fungo atomico La parete della galleria di Parsons viene sostituita dalla pittura poiché Pollock realizza quadri che riempiono gli spazi. Crea uno spazio onnipervasivo. In Italia il primo a ricreare un ambiente è Fontana, con un’idea simile ma allo stesso tempo differente rispetto all’idea di Pollock. La sua azione trova la sua applicazione compiuta. Pollock, dopo aver iniziato il dripping, toglie i titoli mettendo i numeri, poiché la sua opera non doveva essere contaminata da referenti oggettivi, similitudini e tentazioni di significato (come diceva anche Clyfford Still) -> Number 31, 1950 -> toglie i titoli e inserisce i numeri —> no contaminazione da referenti oggettivi, da similitudini + capacità espansiva del gesto - Multiform di Mark Rothko Rappresentazione di classicità. Percorso molto diverso Spazi di colore Toglie qualsiasi elemento soggettivo e lascia al colore costruire - Untitled (multiform) 1948 Il colore assume il valore compositivo e espressivo cercando una soluzione oltre il problema della profondità e della superficie. Tasselli e zone, qui marcatamente distinte. Colori usati devono essere acidi, si devono contrapporre (comunque in sintonia). Il colore spinge verso l’esterno - No.17, 1949 Luci e corpi cromatici Egli toglie ogni elemento soggettivo e lascia al colore la possibilità di costruire. Il colore di Rothko assume il valore compositivo ed espressivo cercando una soluzione che va oltre il problema della superficie e della profondità. Crea delle zone/tasselli molto distinte, si vede una sorta di struttura violacea rispetto al rosso e all’arancione. Il colore deve avere la capacità di contrapporsi. Il colore sembra spingere verso l’esterno. - N.8, 1948 Sintesi estreme. Chiazze dilatate di luce e colore. Tasselli giallo e rosso sembrano ritagliati. - Untitled, 1949 Corposi campi di colore —> Still screpolature e intrecci, lui invece accumula il colore Imprecisione, indefinito —> gusto dell’informale, non sono forme delineate, non c’è segno, solo colore e colore su colore che definisce la spinta Il multiforms sono alla base delle luci interiori, corpi cromatici che giungono a sintesi estreme nel 1948-49 nelle grandi chiazze dilatate di luce e colore. Untitled, 1949. Egli, rispetto a Clyfford Still, accumula il colore: sotto al nero c’è qualcosa che definisce il verde, arancione e vipla che arriva poi al nero. I suoi quadri hanno la qualità di apertura al paesaggio che diventa riflesso interiore. Non c’è più il segno, ma solo colore che definisce la spinta. Il suo rapporto con la classicità e la storia dell’arte che ha coltivato è stato sentito sempre di più -> vale anche per Number 22, 1949 - White Center, 1950 Le tre righe bianche sembrano creare un orizzonte di paesaggio. 28/03/2023 St. arte contemporanea – X, Motherwell, Newman e De Kooning Le Elegie per la Repubblica Spagnola di Robert Motherwell e le loro varianti Vediamo il rapporto tra forme che giocano in alternanza, già nei primi collage. Vediamo un accostamento tra maschile e femminile, tra lineare e tondeggiante. Motherwell arriva alla sua sintesi, di bianco e nero e suggestioni di barre. - Elegy to the Spanish Repubblic Semplifica gli spunti provienti da Guernica, per il bianco e nero e per la partecipazione alla dimensione tragica. Troviamo ovali e linee nere a costituire l’immagine. Motherwell tende all’orizzontalità. Troviamo l’applicazione dello stesso principio dell’elegia in altre opere (vedi slide). C’è un riferimento a Picasso e alla guerra civile spagnola di qualche anno prima, intesa come emblematica per parlare del proprio tempo. Nella guerra civile c’è il tragico della seconda guerra mondiale e di quello vissuto in quegli anni. Vi sono altre elaborazioni in cui la semplificazione e l’uso del nero come colore. The Voyage è un’opera successiva del 1949. Vediamo anche Mural Fragment come esempio di una pittura autonoma rispetto all’informale francese. Nel suo essere indipendente dal rapporto figurazione e astrazione e assume una visione lirica di quel momento. La Danse è un riferimento a Matisse e fa parte delle opere più matissiane di Motherwell. Vediamo figure morbide su fondale rosso unico. La Zip Painting di Barnett Newman Newman identifica per intuizione il suo principio fondamentale ossia onement, intraducibile. Intendiamo il concetto di uno, unità. Vediamo una linea tracciata dritta grazie alla presenza di un nastro adesivo. Newman decide di lasciare il nastro adesivo sulla tela. A quel punto non è un quadro di struttura definita, ma imperfetto. L’imperfezione è parte della ricerca di un bello ideale. Newman ha raggiunto una bidimensionalità assoluta, diversa da quella 30/03/2023 St. arte contemporanea, mono – XI, De Kooning, Kline, Smith e Informale in Italia De Kooning, di origine olandese, vive la propria fase migliore tra la fine degli anni ’40 e inizio ’50. La sua pittura si mantiene sempre lontana dalla figurazione. - Woman, 1950-52 La donna è interpretata con vivacità d’azione, con gestualità rapida ed esecuzione primitiveggiante. - Woman, 1949, De Kooning VS Studio per Innocenzo VIII, Francis Bacon Un confronto diverso con queste opere della serie Woman, diverse tra loro ma coerenti, è quello con Francis Bacon. L’artista inglese Bacon è interprete di una certa raffigurazione dell’uomo, secondo tratti drammatici e quasi spiritati; il suo è anche un modo per rappresentare il senso della morte. In più, Bacon si serve di fotografie di riproduzioni anatomiche, animali e non solo! Nello Studio per Innocenzo VIII Bacon parte dall’immagine per riprodurre, quasi anticipando Warhol. I due artisti sono assimilati dall’agire sul corpo umano a livello di gestualità. Bacon aggiunge il senso del vuoto attorno alla figura, mentre De Kooning la combinazione di colori e pennellate veloci che si fondono tra loro. In alcune raffigurazioni della serie prevale il colore dell’incarnato, quindi della caratteristica del nudo e di un certo senso ‘naturalistico’ -> si muove quasi nella direzione impressionistica, più che espressionistica. Tra le diverse versioni di Woman c’è coerenza. Il colore di Kooning è tendenzialmente sporco, aderendo alla tipologia americana per cui tutto è fatto velocemente, senza lasciar asciugare. L’esistenzialismo di Bacon, non solo artistico ma anche filosofico, vale perché è europeo e in particolare francese; De Kooning in America ne è più dissociato, ed interpreta la figura in modo più vitale. La serie è stata esposta nel ’53 a Sidney Janis; nel 2010 è stata poi parzialmente ricostruita al MOMA, poi alla Royal Academy di Londra nel 2018. Negli anni ’50 da De Kooning nascono composizioni più astratte (Composition, 1955), in quel periodo in cui si impone la Scuola di New York, generazione di artisti che costituisce un nuovo club di affini. Franz Kline Per ‘violenza’ pittorica si associa Kline a D. K., conosciuto soprattutto per la sua relazione con il bianco e nero negli anni ’40. In parte è dovuto all’uso di diapositive. Vince il premio della Biennale a Venezia negli anni ’60. - Nijinsky, 1940 Qui percepiamo la sua formazione realista. - Nijinsky, 1950 Il bianco è coprente, sotto il quale c’è un lavorio pittorico importante. Rispetto al nero, il bianco sedimenta; il nero è struttura ed è a pennellate libere. Qui, rispetto alla figura del ’40, notiamo che è mantenuta la linea diagonale e il bianco e nero Altre opere realiste sono il Caseggiato di New York, Line – natura morta etc - -, 1953 Opera dove i colori hanno forza espressiva, cromatica e soprattutto costruttiva - Chief, 1950 Ormai quindi questo modello è descritto come il suo -> viene percepito in Italia già negli anni ’60, anni in cui si comincia a parlare di Kline - White forms, 1955 La semplificazione è estrema David Smith: rapporto con la scultura Già nel 1947-48 Greenberg lo considera come la scultura in America stia facendo un salto verso un rinnovamento autonomo e audace. Il suo assemblaggio scultoreo sfrutta il ferro e le combinazioni di materiali, come se creasse un collage scultoreo (come avviene attorno agli anni ’60 a Spoleto) - Hudson River Landscape, 1951 L’opera, secondo David Smith, nacque in maniera casuale perché per andare ad insegnare si spostava due volte al giorno sull’Hudson. Aveva lasciato dell’inchiostro diluito su un foglio che poi ha ispirato la forma della scultura -> da un automatismo si è venuta a formare l’idea della scultura - Tantokem I, 1951 Già prima della New Dada etc, Smith combina materiali diversi formando figure nuove. Tanktotem = totem dei barili La verticalità dell’opera sembra essere parallela a Newman etc - Australia, 1951 È il ritorno della gestualità nello spazio del segno, fatto di pezzi di ferro dipinto. Verranno poi utilizzati i colori in una fase successiva, anche se Greenberg non apprezzerà. L’informale in Italia L’Informale è introdotto in Italia nel corso degli anni ’50, per quanto i criteri si fossero già cominciati a diffondere tra 1947 e 1948. Tapies in Italia viene accolto positivamente, dopo aver frequentato l’ambiente romano e torinese. La dimensione informale tocca sia artisti già conosciuti, sia artisti in formazione (pensa a Piero Manzoni). Qual è il loro contributo nei confronti del contesto internazionale? Alcune figure individuali hanno inventato qualcosa che in quel clima dà un’immagine relativa al contesto, tipo Fontana o Burri. Il clima italiano è caratterizzato da istanze espressionistico-realistiche, probabilmente per: 1. Contesto di fine fascismo 2. Contesto post bellico 3. Ritorno alla dimensione del valore dell’uomo, delle sue relazioni e della sua interiorità La rivista ‘Corrente’ in particolare, nata nel contesto del Littorio e poi critica nei confronti del fascismo stesso, è una delle riviste più importanti da cui nascono figure come De Brada o De Micheli. La volontà è quella di avvicinarsi al Realismo, con Guttuso ad esempio 18/04/2023 St. arte contemporanea - XII, Informale in Italia: Fontana e Burri Informale in Italia Questione presa in esame negli anni ‘50. L’arte italiana del secondo dopoguerra vede distinzioni locali / regionali. I due poli da considerare come predominanti sono Milano e Roma ed esprimono forze differenti. A Milano vediamo la figura di Fontana e lo spazialismo, ma anche una certa parte delle ricerche figurative e figurazione-astrazione (Morlotti ad esempio). A Roma invece troviamo l’importanza di alcune figure isolate che importano un tipo di pittura astratto-segnica, pensiamo a Capogrossi, Cagli e Burri. Capogrossi e Burri fecero parte del gruppo Origine, che durò solo una sera. Burri non si coglie più come un isolato, ma come un artista che ebbe relazioni internazionali di grande peso. Scialoja e Afro sono da legare con la figura di Burri. Roma aveva i contatti con l’America (ricordiamo la Fondazione Roma-New York). Milano era invece legata alla Germania e alla Francia. Terzo polo è Venezia, dove Peggy Guggenheim trasferisce la sua attività e dove si realizza costantemente la Biennale di Venezia. Virgilio Guidi, Emilio Vedova, Tancredi e De Luigi fanno parte di uno spazialismo che potremmo definire come pittorico. Ricordiamo l’associazione di Otto Pittori Italiani che si presentano nella Biennale del 1952 con la presentazione di Lionello Venturi. La loro posizione è intermedia: Afro, Birolli, Corpora, Turcato, Moreni, Morlotti, Santomaso e Vedova. O astrattismo lirico o dimensione più gestuale, energica. Lucio Fontana Lucio Fontana, Conchiglie (Mare): vediamo l’impiego di un materiale refrattario e un legame con il concetto di informale. La lezione di Medardo Rosso è presente. L’Ambiente spaziale del 1949 si lega al concetto di informale non tanto sotto il profilo esistenziale di Dubuffet/Fautrier, ma per il bisogno di superare la distinzione delle tecniche. La dimensione formale dunque viene superata. Si vuole ricercare una forma primigenia. La luce poteva portarci in un’altra dimensione ed in questo dobbiamo porre la positività degli anni. La luce doveva avvicinare anche all’origine dei tempi. Fontana arriverà a rappresentare lo spazio come se fosse l’universo. Fontana ricordiamo essere uno scultore in origine: da qui bisogna partire. Il buco è un concetto non formale. C’è un legame ad un movimento fisico-atomico universale. Vediamo buchi che determinano uno stato di sospensione del movimento. Fontana non disdegna a volte un contatto fisico con la pittura. Vediamo tracce di buchi e tracce nere della mano sulla superficie. L’impronta è un atto apotropaico, primordiale. Anche Fontana inserisce una dimensione narrativa: Fontana scrive dietro le tele e racconta alcune cose, come gli incontri avvenuti nella giornata o cose viste in TV. Alberto Burri, la materia e la forma La peculiarità di Burri è da subito la materia. Parliamo di pittura di materia: e dunque il catrame viene sostituito all’olio. SZ 1 mostra l’elevazione del sacco di tela di juta. Si tratta di un sacco dagli USA per le derrate alimentari del Piano Marshall che ha avuto delle conseguenze enormi. Burri è stato prigioniero politico in America tra il ‘44 - ‘45. Gobbo fa parte di una serie di tele estroflesse. Muffa si può avvicinare a Pollock ma in realtà le ragioni sono differenti. La muffa, la trasformazione materica, ha a che fare con il modo in cui Dubuffet valorizzava il concetto di materia. Burri crea una sua iconografia data da un tipo di forme che sembrano svilupparsi autonomamente. Nel 1952 Fontana ha 54 anni ed è tra gli artisti che giudicano le opere che si presentano alla Biennale di Venezia. Burri invia lo Studio per lo Strappo. Fontana lo acquisì sostenendo l’importanza di esporre Burri. Lo strappo anticipa la cucitura della tela: non è il caso che guida Burri ma una sapienza, una consapevolezza. 20/04/2023 St. arte contemporanea, mono – XIII, Vedova, Fontana, Crippa, Dova Emilio Vedova, la liberazione del gesto Emilio Vedova è stato tra i protagonisti del Fronte Nuovo delle Arti. Vedova è stato attivo nell’ambito della resistenza. L’artista si rapporta al concetto di informale tra il 1948 e il 1953. Uragano è un’opera esposta alla Biennale di Venezia nella sala del Fronte Nuovo delle Arti. Viene praticata una forma di cubofuturismo. C’è il tema del conflitto interno nella costruzione dell’immagine. Il futurismo per Vedova vuol dire rompere l’immagine e creare tensioni interne. Vedova non è in sintonia con certe posizioni del realismo anche se è manifestazione della partecipazione emotiva ed estetica alla realtà circostante. Vedova risente positivamente della fine del Fronte Nuovo delle Arti. Va precisando una forma di meccanomorfismo. Guardiamo Europa 50. Vedova ha attenzione per certi elementi del futurismo e li traduce in forme astratto-meccaniche. Nel contrasto di bianco, nero e grigio assume tratti esemplari. I titoli delle opere sono sintomo dell’esigenza di dare un contenuto forte. Si tratta di un’Europa in rinascita e in conflitto. Il quadro è importante all’interno dello sviluppo dell’artista Vedova. Vedova è il primo artista che Peggy Guggenheim conosce in Italia. In Campo di concentramento vediamo un richiamo alle esperienze della SGM. La composizione rivela uno dei modi in cui Vedova parte dal recupero del cubofuturismo e lo fa proprio. L’opera era nella collezione Cavellini. Cavellini è stato il più appassionato dal Gruppo degli Otto. Tra ‘51 e ‘53 le forme si fanno più autonome e i colori si sporcano tra di loro. Permane la predominanza del nero. Notiamo una sorta di meccanismo dettato da un movimento interno. Vedova crea delle serie, come Immagine del tempo ‘51. trasforma, gli dà l'indirizzo che riceve dal mondo e che l'individuo di volta in volta (...) Passati vari millenni del suo sviluppo artistico analitico, arriva il momento della sintesi (...) Concepiamo la sintesi con una somma di elementi fisici: colore, suono, movimento, spazio, integranti un'unità ideale e materiale. Colore, l'elemento dello spazio, suono, l'elemento del tempo ed il movimento che si sviluppa nel tempo e nello spazio. Son le forme fondamentali dell'arte nuova che contiene le quattro dimensioni dell'esistenza. Questi sarebbero i concetti teorici dell'arte spaziale, brevemente esporrò la base tecnica e la sua possibilità di sviluppo, che contiene le quattro dimensioni dell'esistenza. L'architettura è volume, base, altezza, profondità, contenute nello spazio, la 4a dimensione ideale dell'architettura è l'arte. La scultura è volume, base, altezza, profondità. La pittura è descrizione (...). Arte spaziale, per ora, neon, luce di wood, televisione, la 4a dimensione ideale dell'architettura (...) Si parla in arte di 4° dimensione, di spazio, di arte spaziale; di tutto questo si hanno concetti vaghi o errati. Un sasso bucato, un elemento verso il cielo, una spirale, sono la conquista illusoria dello spazio, sono forme contenute nello spazio nelle loro dimensioni, meno una (...). La vera conquista dello spazio fatta dall'uomo, è il distacco dalla terra, dalla linea d'orizzonte, che per millenni fu la base della sua estetica e proporzione. Nasce così la 4° dimensione, il volume è ora veramente contenuto nello spazio in tutte le sue dimensioni (...) Col dominio dello spazio, l'uomo costruisce la prima architettura dell'Era Spaziale: l'aeroplano. A queste architetture spaziali in movimento trasmetteranno le nuove fantasie dell'arte. Si va formando una nuova estetica, forme luminose attraverso gli spazi. Movimento, colore, tempo e spazio i concetti della nuova arte. Nel subcosciente dell'uomo della strada una nuova concezione della vita; i creatori iniziano lentamente ma inesorabilmente la conquista dell'uomo della strada. L'opera d'arte non è eterna, nel tempo esiste l'uomo e la sua creazione, finito l'uomo continua l'infinito. Struttura spaziale al neon, ricostruita al Museo del Novecento, viene studiata da Fontana con un segno giallo. Il segno giallo è la luce ambiente. Luciano Baldessari realizza un padiglione per Breda. Fontana all’interno realizza un soffitto con buchi che riprende l’esperimento di Fontana fatto in televisione. Concetto spaziale realizzato con olio e vetro denota un gusto materico. La casualità fa parte di questa produzione informale. , Lo spazialismo si espande, soprattutto per la Galleria del Naviglio di Milano e la Galleria del Cavallino. Si vuole trovare una connessione tra diversi autori che ricercano una terza via (oltre realismo ed astrazione). Roberto Crippa Interessante e presente presso le aste. Si diffonde il fascino della cultura americana. Guardiamo l’opera New York: già il titolo è sintomatico. La composizione vede tre bollini, ossia i tre colori primari. Vi è un ricordo di Mondrian, all’interno di un movimento scompositivo. Spirali vede ancora l’inserimento di due gangli, uno rosso e uno giallo, posti su un campo blu. Spirali del 1951 invece vede l’uso del bianco e del nero. I segni ricordano le evoluzioni degli aerei in volo. Spirali del 1952 vede una sorta di figura centrale totemica che ritorna in Totem. Gianni Dova Accanto a Crippa si trova un altro sperimentatore, Gianni Dova. Adotta lo smalto e lo utilizza a macchie, soffiando poi e spostando il colore. Gli esperimenti e la cultura della macchia va a sostituire la pittura. La macchia viene vista come una traccia. Dova inventa questo tipo di pittura e invita gli altri a farlo. Negli anni precedenti realizza opere astratto-geometriche. Pittura spaziale n. 8 vede ancora l’impiego della macchia. Spazialismo e Movimento Nucleare hanno elementi di differenza e somiglianza. Appropriarsi di parole come atomico e nucleare appariva come qualcosa di più aggiornato all’attualità del momento. Prima ancora di riconoscersi nell’Informale, cosa che avverrà solo negli anni ’50, gli artisti di questi movimenti si erano riconosciuti negli internazionali surrealisti e astrattisti. Come erano conosciuti? Tramite mostre e riviste che circolavano in Italia -> ad esempio Jackson Pollock è tra i primi ad essere conosciuto, proprio perché una delle prime mostre di Pollock in Italia si svolge alla Galleria Carrer a Venezia, e una parte viene poi spostata sulla Galleria del Naviglio a Milano; viene conosciuto Wols tramite una mostra condotta alla Galleria del Milione, sempre a Milano. Oltre a questi, si distinguono i surrealisti Matta ed Enrico Donati, ricondotti più facilmente al surrealismo. Le opere di Pollock, come La donna Luna, sono italiane. Rispetto al Pollock ’42-’43 è molto diverso; stessa cosa vale per Eyes in the heat, realizzata sul limite del dripping, infatti vi si avvicina molto ma non è la stessa cosa. Robert Sebastian Matta mette in mostra alla Galleria dell’Obelisco, in vista a Roma per via della presenza di molti collezionisti americani. Fosforescente, Il cubo aperto è una modalità per rappresentare la quarta dimensione e oltre. Enrico Donati, nel ’47, è tra i promotori di una mostra in prospettiva sul Surrealismo. In St. Elmo’s fire vediamo che Donati è in sintonia con il surrealismo visionario, americano degli anni ’40 (ci vive). Il surrealismo, ricordiamo, è aperto a tutte le possibilità che esplorino l’inconscio. La Galleria dell’Obelisco invita Donati, come è stato per tanti giovani artisti usciti dalla guerra, a fare una mostra, la cui presentazione è di Andre Breton. Quasi come De Chirico il surrealismo si trasforma con la guerra. Da Magma Bianco vediamo come Donati si sia avvicinato allo spazialismo italiano, mantenendo una vena irrazionale: è il punto di congiunzione di una composizione fatta di gesto spaziale e automatismo psichico surrealista. Nell’autunno 1951 a Milano si realizza una curiosa convergenza, nella Galleria Numero di Firenze. In questa occasione si genera il gruppo nucleare, di Baj e Dangelo, che anticipa di diversi mesi il vero e proprio Movimento. Dova e Bertini però avevano già realizzato opere nucleari. Per il primo, Dova, Nucleare e Spaziale sono termini affini, coincidenti. L’altro è un artista pisano, quasi trentenne, Gianni Bertini, che aveva affrontato tutti i fronti dell’avanguardia: da Picabia al concretismo etc. Dopo aver visto a Milano Gianni Dova, decide anche lui di sperimentare questo genere. Nel 1951 espone alla Galleria Numero di Firenze. Le forme di cui parla sono forme diluite, quasi in dripping. Si dedica anche ai rapporti tra arte e matematica (si è laureato in matematica) Le nuove opere che hanno a che fare con il nucleare sembrano proprio conflagrazioni ed eruzioni vulcaniche, nucleari 02/05/2023 St. arte contemporanea, monografico – XV, Spazialismo e nucleare L’intesa fra Baj e Dangelo è molto forte negli anni della mostra, come dimostrano le lettere tra i due. Dangelo riesce ad organizzare una mostra a Bruxelles nel marzo 1952. Presentano un manifesto della pittura nucleare. I due lavoravano insieme in una mansarda in Via Teuilié a Milano. Esplosione del 1951 è un’opera di Enrico Baj. Il quadro risulta un po’ pasticciato, non particolarmente riuscito. Vediamo immaturità nell’aderire ad un linguaggio ed il grado di sperimentazione è ancora poco condotto ad un risultato efficace. Sembra un tentativo mal riuscito ad avvicinarsi a modelli pittorici. Vedeteci quel che vi pare mostra un risultato più in linea con il linguaggio di quegli anni di Enrico Baj. Il bisogno di colore è stato assorbito e vediamo l’impiego di macchie. La distribuzione casuale dell’inchiostro assume in realtà un tono più omogeneo. Vediamo come gli artisti vadano verso una rappresentazione più raffinata. Sergio Dangelo da parte sua mostra un suo percorso. Canneto del 1951 fa pensare ad una soluzione figurativa e naturalistica. Notiamo una sfera, un bollino rosso. Ricorda un astro: notiamo un’affinità con i quadri di Max Ernst. Forma del 1951 mostra pennellate colorate su un fondo che può essere una prima stesura e poi anche un modo per riempire lo spazio. Il tutto per ottenere una specie di squarcio sul colore scuro. Vi sono moti interni di colore. Il quadro appartiene stilisticamente al linguaggio dell’informale. Ritmi della città del 1951 è un quadro di Sergio Dangelo differente da quelli precedenti, come se fosse un’opera di artisti differenti. Notiamo una delle peculiarità stilistiche, ossia le minuziose disposizioni di segni nello spazio per cui troviamo un fondo pittorico dato dalle strisce di colore semicancellate e sopra una specie di scrittura di segni bianchi. Si parla di pittura di segno. Dangelo con questo universo cellulare di forme richiama il ritmo della città, ossia il senso di movimento, di animazione. Viva è la memoria del futurismo: ritroviamo una sorta di futurismo di sinistra, ossia futurismo di avanguardia, antagonista alla pittura figurativa sironiana. Nel corso del 1952 il movimento nucleare si fa conoscere. A Milano gli artisti si fanno conoscere. Ricordiamo che nell’aprile 1952 dobbiamo collocare il Premio Gianni a Gianni Dova. Deflagrationd’herbe è un’opera del 1953 che mostra ancora legami con l’informale, anche se il titolo ricorda il naturalismo. I colori sono determinati e definiscono la deflagrazione. Guardiamo Senza titolo di Wols del 1946-7: i legami sono forti. Figura atomica di Baj del 1951 vediamo l’emergere automatico della forma dal colore buttato sulla tela, però poi l’artista attribuisce alla macchia la dimensione figurativa. Quamisado II mostra un gioco di parole: c’è un richiamo al Quasimodo di Hugo. Vi è un personaggio deforme con la testa molto grande. C’è affinità con i personaggi deformi e informi del surrealismo. C’è anche un legame con la patafisica, il mondo delle cose inutili inventato da Alfred Jarry. In Baj c’è la dimensione del fantastico per cui c’è un richiamo alla patafisica. Due figure atomizzate mostra una disgregazione dell’immagine: tema questo, della disintegrazione/distruzione, da legare al mondo atomico. Lo scoppio viene da destra mostra ancora un legame con il senso di rottura che il linguaggio atomico vuole proporre. Si vuole fare qualcosa di dirompentemente nuovo. Concezione immacolata vuole essere provocante già dal titolo. La figura sembra osservata al microscopio. Troviamo un legame con Bosch o Arcimboldo, quindi ad un immaginario paradossale. Piccolo bambino con i suoi giochi: attraverso un procedimento preso in prestito da un insieme di artisti che si muovono nell’area di informale, Baj trae uno spunto della modalità creativa, mostrando però anche una necessità, cioè il recupero del soggetto. Tutto questo però mostra ancora continuità con l’informale. 04/05/2023 St. arte contemporanea, monografico – XVI, Roma 1950 - 1957 Roma 1950-1957: Pittura di segno e le tangenze con la stagione dell’informale Parliamo ora dell’ambiente romano negli altri ‘50 e oltre. Per pittura di segno intendiamo qualcosa che sta a metà tra pittura e scrittura. Cagli, Capogrossi, Accardi e Sanfilippo hanno operato attraverso il segno con delle tangenze con l’area informale. Corrado Cagli Cagli è poco presente nei musei e la sua presenza è rimasta progressivamente secondaria, anche se è stato uno dei protagonisti dell’arte a Roma nella seconda metà del Novecento. Negli anni Trenta è stato uno dei protagonisti dell’arte, sostenendo la pittura murale con Sironi. Cagli ha eseguito murali alla Triennale del 1933. Gli è stato affidato l’incarico di rappresentare con le immagini il mito di Roma all’EXPO di Parigi del 1937. Nel 1938 è stato promotore della Galleria della Cometa di Roma. Va negli USA in quanto ebreo: qui frequenta intellettuali, scienziati ed artisti. Ritorna in Europa arruolato nell'esercito americano ed è stato l’artista che ha rappresentato il dramma dei campi di concentramento disegnando. A Roma partecipa ad una direzione opposta, tendenzialmente astratta. L’astrazione scorge comunque da suggestioni visive. Ne Il malgoverno troviamo un richiamo alla metafisica di De Chirico. Troviamo una sostituzione delle figure con sagome/parvenza di maschere. Troviamo il tema del magico quasi alchemico. Troviamo una certa radice moderno-classica perseguita con la necessità di costruire lo spazio. Notiamo l’impiego di linee nere. Il malgoverno si riferisce ad Ambrogio Lorenzetti con le sue allegorie politiche. Cagli era molto eclettico, infatti cambia molto in fretta la sua pittura. La ruota della fortuna mostra uno spazio labirintico, prismatico. I colori e i segni corrispondono al tema dell'allargamento a diverse dimensioni. Ritorna un legame con Matta. Vi sono fonti comuni: notiamo un disegno di Cagli che riprende un modello di Donchian, docente con cui Cagli ha avuto contatti negli USA. Graficamente Cagli porta avanti soluzioni che Cagli vede come soluzioni pittoriche possibili. Cagli è un artista anche fortemente intellettuale: la sua abilità scrittoria ha influito sull’eclettismo e sulla sua pittura di difficile comprensione. [Leggiamo il testo che Cagli scrisse per presentarsi alla Galleria del Secolo di Roma nel 1949]. Memoria della metafisica e del cubismo è visibile in Laterna. Questi quadri non sono né figurativi né astratti e ricordano anche il tema del cloisonne. Olson è un poeta che condivideva le attenzioni per la pittura americana ed ebbe rapporti con Cagli. Olson presentava la mostra precedente personale del 1947 nella Galleria Knoedler di New York. Nel 1949/50 Cagli, attraverso le basi americane, stabilisce un linguaggio di moduli cellulari, che ricordano spazi matematico-scientifici. Notiamo una sensibilità geometrica e forme segno che si ripetono lungo la superficie del quadro. Si genera un equilibrio tra pieno e vuoto. Estri modulari di Cagli mostra un passaggio a operazioni più sperimentali. La cellula modulo si ripercuote sulla superficie. La forma di astrazione è meno solida. Il legame con Paul Klee è presente in quanto notiamo la mano di Klee anche se le sue opere sono molto diverse. Cagli è stata una figura molto influente in un ambiente di cambiamenti e trasformazione. Le opere di Cagli conducono verso possibili sviluppi informali perdendo la geometria. Operando per sottrazione del colore. La composizione è resa opaca. La pittura è più vicina a pennellate di carattere informale. In Impronte notiamo un semicerchio blu attraversato da una barra che può essere un nuovo segno alfabetico che Cagli propone. Notiamo come delle impronte. Realizzerà poi monotipi. Arriviamo ad opere informali come Bosco nel Lemery. L’arcaizzazione lo spingerà verso una pittura sottomarina che evoca dei fossili. Guardiamo I sepolcri, opera del 1950. Notiamo un legame con la produzione di Mirko Basaldella, il quale realizzò anche la decorazione per le Fosse Ardeatine. 09/05/2023 St. art contemporanea, mono. – XVII, Afro e altri protagonisti dell’Informale italiano Afro, un protagonista del dialogo fra Italia e Stati Uniti negli anni Cinquanta; dall’astratto-concreto di Venturi all’astrazione lirico-informale Afro è il nome con cui firma ed è riconosciuto questo artista, nato nel 1912 a Udine. Afro ha due fratelli Mirko e Dino, tutti artisti. Mirko e Dino sono scultori. Mirko si trasferisce a Roma negli anni Trenta con Afro. Dino è rimasto ad Udine. Guardiamo Autoritratto di Afro. La pittura è fatta di solo colore e ricorda la pittura tonale di cui Cagli è protagonista insieme a Capogrossi. Cagli negli anni Trenta si trova a condividere con Guttuso elementi di realismo. Notiamo relazioni anche con l’espressionismo europeo, prima della ventata di relazioni di Picasso del secondo dopoguerra. Nel 1949-50 negli USA manifesta interesse per l’arte italiana. La mostra viene realizzata a seguito di visite in Italia da Barr e Sobey. Cresce l’interesse per l’arte italiana nella Galleria di Catherine Viviano. Apre la sua galleria a New York dopo che fu in Italia. Decide di fare una mostra con Afro, Cagli, Guttuso, Morlotti e Pizzinato. Afro è la voce nuova ed originale. Afro è l’unico che andrà a NY. Questa fu la grande fortuna di Afro e qui conquista attenzione e diventa il referente per la Galleria di Viviano. Afro si presenta con un postcubismo metafisico. Il colore è opaco e filtrato. Guardiamo El Messedon I. La casa del pescatore di Pizzinato vede un realismo influenzato dal cubismo. Guttuso con sonorità del colore e sgrammaticature di costruzione dell’immagine genera immagini come la Lavandaia. Morlotti è vicino a Pizzinato. Afro è l’artista che appare più disinvolto. Nel 1950 Afro ha l’opportunità di effettuare la sua prima personale nella Catherine Viviano Gallery. La costruzione è ancora statica. Guardiamo San Martino: la costruzione è come musiva e ricorda l’arte veneziana del passato. La sua dunque è un’arte radicata in una tradizione, in una chiave aperta alla modernità. Afro è stato, dopo la sua morte, recuperato da una dimensione italiana, ma da quindici anni c’è anche un’attenzione per il successo di Afro in America. Afro in quel momento si trovava sulla linea critica sposata da Lionello Venturi che aveva elaborato una posizione pittorica alternativa all’astrazione, tramite richiami alla natura. Nel contatto con l’America, derivano delle note più dinamiche. Guardiamo Negro della Louisiana e Negro che taglia l’erba. Troviamo una distinzione tra forma cromatica e figura in New Testament del 1951. L’ombra diventa protagonista e accompagna l’immagine. La macchia è un indice di come Afro assorbe e sviluppa questo bisogno di superare la rappresentazione. In A Franz Kafka vediamo una volontà letteraria associata a questa liberazione dal racconto. In uno dei testi più importanti dedicati ad Afro da Cesare Brandi egli afferma che la luce della pittura di Afro sembra provenire da dietro la tela, come se fosse proiettata la sua pittura. Afro risulta toccato dall’incontro con l’arte americana. Cronaca nera è un quadro che rappresenta figure sdraiate che hanno rimandi picassiani che unisce metafisica, cubismo ed espressionismo astratto. La paura del buio vede come dei geroglifici indipendenti rispetto alle figure. Notiamo una specie di pittura a velo, libera nel gesto. Per Afro è stata fondamentale la scoperta della pittura di Gorky. I rimandi a Picasso sono forti. Afro mostra un segno distaccato dalle forme che rimanda a Gorky. La sua è una riflessione sull’opera di un artista scomparso qualche anno prima. Interessante è trovare dunque una sintonia di poetica. Giardino d’infanzia è un’opera a cui possiamo guardare. ➔ Afro filtra attraverso Gorky la sua conoscenza dell’arte americana. Libro giallo mostra un soggetto affine a cronaca nera. Nel 1952 si svolse la sua seconda mostra personale. In Rodeo vediamo colori molto accessi. Cow-boy come Rodeo mostra un legame con la tradizione americana. Vediamo un ragazzo con un tacchino nel Ricordo d’infanzia: parliamo di traduzione di immagine di memoria. Per memoria non parliamo di inconscio, ma il terreno intermedio in cui Afro dice e sente di operare con la sua pittura. Una pittura di «memoria»: «Una forma pittorica può avere anche valore di apparizione? L’organismo rigorosamente formale di una pittura può contenere la leggerezza, il respiro di una evocazione, l’improvviso soprassalto della memoria? È questo per me il problema; in questo consiste la irrequietezza continua che mi spinge a dipingere. Il quadro deve essere un modo chiuso; il «dramma» non po’ che svolgersi là dentro. Soltanto su questa scacchiera si perde o si vince interamente. Eppure ancora ieri un amico mi diceva che le forme della mia pittura paiono oscillare, muoversi, come se fossero ancora imbevute dal rimpianto o dall’attesa di un’altra atmosfera; quella che traversarono per concretarsi. Non so se questa impressione, di animazione, di un vento segreto che investa le mie immagini sia esatta; ma spesso anch’io sento che la sostanza del mio colore, lo sviluppo delle mie linee creano uno spazio che non è altro che lo spessore della memoria…» Afro, da Indicazioni sulla mia pittura, per The New Decade, Museum of Modern Art, New York, 1955 Il testo viene elaborato per The New decade, una mostra ripartita tra il Whitney Museum e il MoMA. Sono presenti Afro, Capogrossi, Burri, Ninguzzi e Mirko. Viene esposto il Ragazzo con il tacchino. Guarda Calendule: la massa delle calendule è ripresa quasi come una fotografia macro, che si concentra su una porzione del fiore e non sul tutto -> è una vera e propria immersione nel soggetto. Per certi versi è vicino a Cezanne, per la resa 1:1 del paesaggio. Paesaggio ad Imbersago: zona frequentata da Morlotti come rifugio durante la 2GM. La tavolozza di colori è sempre concentrata sui toni del verde, dell’azzurro e del marrone (come l’ultimo Cezanne); qui il colore crea rilievi e rientranze, anche grazie al movimento dell’impugnatura del pennello sulla tela = senso di movimento, importante per l’Informale. In America in questi anni si parla di impressionismo astratto e del suo avvicinarsi alla dimensione naturalistica: se ne parla in alcuni articoli di De Kooning o del giornalista Finkelstein (anni ’55-’60) -> questa dimensione appare davvero in sintonia con il naturalismo informale italiano -> non a caso in questi anni in America l’interesse viene nuovamente appuntato su Monet e sulle sue ninfee! Mattia Moreni Pittura naturalistica ancor più Informale. Immagine: il bianco e il nero si sporcano vicendevolmente, sono frutto di un gesto deciso. Moreni si caratterizza sempre per il disegno di forme centrali che si staccano dal fondo con dinamismo e velocità -> successivamente le forme saranno anche prese dal mondo vegetale e risulteranno anche volgari. Giulio Turcato È stato protagonista del Fronte Nuovo delle Arti ma anche del gruppo Forma. Nella seconda metà degli anni ’50 il colore si divide tra segni di diverso genere e maculosità -> ripensa al tema del segno nella pittura romana! -> negli anni ’60 sarà più dadaista. La bava: fa entrare materie diverse nelle sue opere. Qui la sabbia è intrisa e sovrapposta a una superficie unitaria con un collante che, trasbordando, lascia un effetto liquido. È quasi un Informale manieristico perché cerca di esagerare gli effetti dell’Informale stesso -> le superfici diverranno via via più monocrome, fino a sostituire la pittura con il poliuretano espanso, tranquillanti, monete. Ricorda: è importante il mondo in cui la forma si libera progressivamente dallo spazio tramite modalità e materiali diversi. Giuseppe Santomaso Aderente alla poetica dell’astratto-concreto. È un artista sospeso tra il raccontare, descrivere e sognare, attraverso linee, colori e forme. Di certo i colori sono quelli della laguna veneta di cui Santomaso è originario (ha anche insegnato all’Accademia di Venezia per tanti anni). Ricordo verde: qui i colori e le loro tonalità sono in equilibrio un po’ come in Birolli, ma meno contrapposte -> i segni neri comunque servono da struttura. È da segnalare che negli anni ’60 Santomaso si volta verso un Informale di macchia. Emilio Vedova Nel gruppo è quello più orientato alla gestualità. Come nelle altre opere, è sempre orientato verso il bianco e il nero -> come in Immagine del tempo, si vede che la gestualità è vigorosa e soprattutto vicina all’idea di Informale dei primi anni ’50. Come riemerge il naturalismo in alcuni autori? Giuseppe Emilio Scanavino L’artista ha operato tra la Liguria e Milano, vicino a Sestri Levante. Aveva uno studio a Calice dove operava anche con ceramica e terracotta. La sua visione Informale è drammatica, richiama infatti Bacon o gli artisti della fascia realistica- espressionista. Il muro: muro come ostacolo, superficie impenetrabile (=si trova spesso nell’Informale). È un dipinto monocromatico, appena interrotto da graffi. Come fuoco nella cenere è uno dei tanti dipinti dove la superficie è monocromatica e grigiastra, e dove le figure (quasi fossero insetti) scandiscono lo spazio. Le bruciature nere hanno a che fare con Burri -> si vede che in questi anni la sensibilità verso materiali diversi è più profonda. Alfredo Chighine Pittore lombardo, sulla linea di Morlotti ma più astratto. Il confronto e scontro è con materie oggettuali, che lasciano spazio anche a colori diversi (spesso non naturalistici). Ne La città è evidente il gesto più aggressivo -> probabilmente il tema della città è caldo perché nella seconda metà degli anni ’50 si verifica una immigrazione fortissima a Milano da zone rurali di altri paesi -> è ciò che si racconta anche nei libri di questi anni. Senza titolo: sembrano placche sovrapposte. Lo sguardo è verso la scuola di Parigi -> sembra quasi che, come nel Medioevo, si torni a comporre colori e creare delle soluzioni dove rientrano anche altri materiali (vedi Scanavino). Altri artisti: - Pompilio Mandelli: artista emiliano, più modesto. - Sergio Vacchi: artista ‘carnale’ - Vasco Bandini: si avvicina alla arte performativa a poi all’arte povera; ritornerà alla pittura negli anni ’57-’58. Nelle sue opere si nota una forza gestuale drammatica, quasi esistenziale, di scontro verso tutto e tutti. In Immagine vediamo una parte centrale emergere come una sindone. - Giuseppe (=Pinot) Galizio: pittore piemontese. La sua è una pittura espressionista, derivante anche dal confronto e dal dialogo con il gruppo Cobra -> di questo gruppo fa parte Constant con cui Galizio collabora attivamente, dipingendo e partecipando insieme all’Internazionale Situazionista. In uno dei loro lavori i due artisti, ispirandosi all’Internazionale, immaginano una architettura mobile per nomadi, pensata soprattutto per la comunità zingara di alba -> è sicuramente anche il recupero di una Art Brut. Inventa in questo senso anche la pittura fatta con i rotoli industriali -> produceva degli interventi (quasi in senso dadaista) al buio, creando opere con i rotoli senza nessun preavviso: usava delle lenzuola che disponeva a terra e su cui lasciava cadere il colore -> tutto questo è fatto al buio per non avere nessun controllo del colore. Diventa quasi una decorazione tessile! - Piero Ruggieri: artista torinese. Ha subito molto il fascino dell’arte povera. Il suo periodo di fortuna si colloca tra il ’57 e il ’62. La pittura di riferimento è quella di Rembrandt e Caravaggio: tagli e luce di questi artisti sono la base per poi intervenire con ghirigori rossi, fatti di smalti. Nell’ultimo periodo della sua attività, tra gli anni ’80 e ’90, realizza quadri monocromi per sovrapposizione di segni. - Pierluigi Lavagnino: amante dell’arte impressionista francese -> lo vediamo nella modalità di pittura, densa e piena, che caratterizza anche Notturno, un dipinto fatto di materia verde e marrone (come per gli impressionisti che per le ombre non usavano il nero ma i colori della natura!). 16/05/2023 St. arte cont. mono – XIX, Crisi e fine dell’Informale Crisi e fine dell’informale, attraverso e oltre la pittura Fine è sempre un termine che può essere dubitato. La crisi dell’informale si verifica nella seconda metà degli anni Cinquanta e può essere preso in considerazione con alcune personalità, documenti ed eventi. Partiamo da un manifesto che viene presentato a Milano da un gruppo ampio di artisti, nel quale convergono gli artisti dell’area del nucleare che si definiscono come tali in una dimensione allargata. Il manifesto poi vede alcune personalità significative, tra cui Piero Manzoni, Pierre Restany (critico francese attivo dal 1953-4), Arman e Yves Klein. Nel febbraio 1952 il primo manifesto nucleare affermava la nostra volontà di voler combattere ogni concessione a qualunque sorta di accademismo. Così si esprimeva la nostra rivolta contro il dominio dell’angolo retto, dell’ingranaggio, della macchina, contro l’astrazione fredda e geometrica. Da allora abbiamo proseguito nella sperimentazione di ogni possibile risorsa tecnica, dall’automatismo «tachiste» o oggettivo a quello soggettivo, al grafismo, alla «action painting», al gesto, al calligrafismo, alle emulsioni, frottages, polimaterismo, sino alle acque pesanti di Baj e Bertini (1957). Alle sperimentazioni tecniche si accompagnarono, per vicendevoli suggestioni, nuovi linguaggi: dagli spazi immaginari (cfr. Pierre Restany), e «stati della materia» del 1951 (Baj e Dangelo), alle «prefigurazioni» del 1953 (Baj, Dangelo, Colombo e Mariani) alle «Nuove flore» (Dangelo) e «personaggi, animali e favole» (Baj e Jorn) del 1956, sino alle «situazioni atomizzate» del 1957 (Baj e Pomodoro). Ma ogni invenzione rischia ora di divenire oggetto di ripetizioni stereotipe a puro carattere mercantile: è quindi urgente intraprendere una vigorosa azione anti-stilistica per un’arte che sia sempre «autre» (cfr. Michel Tapiè). «De Stijl» è morto e sepolto ed è al suo contrario l’antistile–che spetta ora di abbattere le ultime barriere della convenzione e del luogo comune, le ultime che la stupidità ufficiale possa ancora opporre alla definitiva liberazione dell’arte. Già l’impressionismo liberò la pittura dai soggetti convenzionali; cubismo e futurismo a loro volta tolsero l’imperativo dell’imitazione oggettiva e venne poi l’astrazione per dissipare ogni residua ombra di illusoria necessità di rappresentazione. L’ultimo anello di questa catena sta per essere oggi distrutto: noi nucleari denunciamo oggi l’ultima delle convenzioni –lo stile. Noi ammettiamo come ultime possibili forme di stilizzazione le «proposizioni monocrome» di Yves Klein (1956-1957): dopo di ciò non resta che la «tabula rasa» o i rotoli di tappezzeria di Capogrossi. Tappezzieri o pittori: bisogna scegliere. Pittori di una visione sempre nuova e irripetibile, per i quali la tela è ogni volta la scena mutevole di una imprevedibile “commedia dell’arte”. Noi affermiamo l’irripetibilità dell’opera d’arte: e che l’essenza della stessa si ponga come «presenza modificante» in un mondo che non necessita più di rappresentazioni celebrative ma di presenze. Firmatari: Arman, Enrico Baj, Bemporad, Gianni Bertini, Jacques Colonne, Stanley Chapmans, Mario Colucci, Dangelo, Enrico De Miceli, Reinhout D’Haese, WoutHoeboer, Hundertwasser, Yves Klein, Theodore Koenig, Piero Manzoni, Nando, Joseph Noiret, Arnaldo Pomodoro, Giò Pomodoro, Pierre Restany, Saura, Ettore Sordini, Serge Vandercam, Angelo Verga. Manifesto Contro lo stile, Milano settembre 1957 L’arte non è più un oggetto, un'immagine, ma deve essere un coinvolgimento diretto (apertura verso l’happening/le performance). Guardiamo Milano et mitologiaa di Piero Manzoni del 1956. Piero Manzoni, nei primi anni Cinquanta, si avvicina gradualmente alla pittura dell’arte nucleare, dopo aver realizzato una pittura scolastica di paesaggio. Realizza dentro uno sfondo di colore infernale dei calchi di tenaglie, pinze, chiodi, materiali d’uso, facendoli diventare qualcosa d’altro. Parla di una nuova mitologia, non della modernità, ma un modo di riscoprire gli archetipi attraverso le forme. La parola viene inserita nel quadro e lo fa in maniera impersonale, attraverso gli stencil. C’è un legame con la pittura neodadaista americana (Jasper Johns). Nel 1956 possiamo leggere: L’annullamento della pittura è dato dalla monocromia. La diversificazione interna viene ridotta. Guardiamo Achrome del 1958 c. L’Achrome è figlio di una pittura effervescente che ha bisogno di trovare uno spazio di silenzio. Nel gennaio del 1957 si era visto Yves Klein a Milano nella Galleria Apollinaire. Klein sceglie Milano prima di Parigi per esporre queste opere. Non si tratta di “dipingere” blu nel blu o bianco su bianco (sia nel senso di comporre sia nel senso di esprimersi); esattamente il contrario: la questione per me è dare una superficie integralmente bianca (anzi integralmente incolore, neutra) al di fuori di ogni fenomeno pittorico, di ogni intervento estraneo al valore di superficie; un bianco che non è un paesaggio polare, una materia evocatrice o una bella materia, una sensazione o un simbolo od altro ancora; una superficie bianca che è una superficie bianca e basta (una superficie incolore che è una superficie incolore) anzi, meglio ancora, che è e basta: essere (e essere totale è puro divenire). Da Piero Manzoni, Libera dimensione, «Azimuth», n. 2, gennaio 1960 Negli Achrome vediamo l’uso del caolino. Il gesso è inteso come materia fissante che crea un senso di permanenza al gesto. Ci si distacca sulla pittura. Alfabeto presenta l’impiego della lettera che viene usata per creare un segnale, non tanto un messaggio. Le Linee sono un gesto, un modo per lasciare una traccia, e un modo per misurare uno spazio. Il dato fondamentale è il giorno di esecuzione e la lunghezza della linea. Manzoni compie un salto nella dimensione performativa. Al bar Giamaica Manzoni si avvicina ad Enrico Castellani ed è influenzato da un tipo di pittura informale. Arriva poi a operare sulla superficie, togliendo il colore. La superficie è animata. Oltre ad operare attorno alla riduzione della pittura, la tela stessa viene messa in crisi. Altro esponente interessante è un italo-americano, Salvatore Scarpitta, che espone da Castelli. Notiamo una tensione tra costruzione e decostruzione della superficie. Fontana in questo contesto matura il passaggio alla monocromia e alla rottura della tela. Altri aspetti della crisi dell’informale. Presenze alla Biennale 1958 e 1960 e crisi della pittura Uno dei protagonisti è Jean Fautrier, che vede alla distanza di 15 anni dalle sue haute pate, un riconoscimento di arte piacevole per la presenza del colore. Anche Mark Tobey ottiene successo. Presente è anche Lucio Fontana, che dopo il lavoro sulle pietre e sui barocchi, assorbe il colore con le aniline e il pastello. Si arriva ad una sorta di monocromia e vediamo anche Concetto spaziale del 1957. Le linee dei buchi seguono l’andamento di una specie di tela osmotica che sembra creare uno spazio avvolgente. Altro artista che riceve una sala è Mark Rothko. La sua pittura ha raggiunto una dimensione classica con forma di colore respiranti. Rothko e Fontana sono fuori dall’informale ma sono in dialogo con la pittura. Le posizioni sono sfumate ma si sta formando la cesura tra i più giovani che rompono le regole e chi segue ancora uno stile consolidato.