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Storia dell'Arte Moderna - Appunti delle lezioni integrati con il libro, Appunti di Storia dell'Arte Moderna

Appunti delle lezioni di Storia dell'Arte Moderna, integrati con le informazioni prese dai libri di "Itinerario nell'Arte, Versione Gialla di Cricco di Teodoro, volume 3 e 4". Anno accademico 2021/2022, professoressa Barbara Ghelfi. Sull'indice sono presenti i power point in relazione alle unità del libro con l'elenco degli artisti trattati in essi.

Tipologia: Appunti

2021/2022
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Desireerusso
Desireerusso 🇮🇹

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Scarica Storia dell'Arte Moderna - Appunti delle lezioni integrati con il libro e più Appunti in PDF di Storia dell'Arte Moderna solo su Docsity! STORIA DELL’ARTE MODERNA Libri “Itinerario nell’arte” + appunti delle lezioni (Le date tra parentesi di fianco al nome degli autori indicano il periodo delle opere tratte nel documento, non il periodo generale di produzione dell’autore) INDICE Power Point 1,2 – Unità 17 Leonardo da Vinci, Michelangelo Buonarroti, Raffaello Sanzio Power Point 3 – Unità 18 Giorgione da Castelfranco, Tiziano Vecellio, Correggio Power Point 4 – Unità 19/20 Rosso Fiorentino, Pontormo, Giulio Romano, Parmigianino, Tintoretto, Veronese, Jacopo Barozzi Power Point 5 – Unità 21 Ludovico Carracci, Annibale Carracci, Caravaggio, Peter Paul Rubens, i seguaci Power Point 6,7 – Unità 21.6 Gian Lorenzo Bernini, Diego Velazquez, Francesco Borromini, Pietro da Cortona, Andrea Sacchi, il Baciccio, Andrea Pozzo Power Point 8 – Unità 22/23 Jean-Honoré Fragonard, Giovanni Battista Tiepolo, Antonio Canaletto, Bernardo Bellotto, Francesco Guardi, Anton Raphael Mengs, Jacques-Louis David, Antonio Canova Desiree Russo – Corso di Laurea in Beni Culturali (Ravenna) UNITA’ 17 – IL RINASCIMENTO. LA STAGIONE DELLE CERTEZZE Il Cinquecento  1550 Giorgio Vasari pubblica “Le vite dei più eccellenti” divisa in tre parti per tre diverse età (XIV, XV, XVI). Ad ogni età corrisponde una diversa maniera ovvero uno stile, per la terza età abbiamo la terza maniera chiamata maniera “moderna” di cui fanno parte Leonardo, Bramante, Michelangelo e Raffaello.  Nel ‘500 l’artista passa dall’essere artigiano ad essere considerato intellettuale. Roma diventa la guida artistica per eccellenza grazie alla figura di Michelangelo. Il collezionismo diventerà un’attività ricercata e diverrà famosa la collezione farnesiana (villa suburbana romana). Sono questi gli anni in cui l’arte italiana si diffonde in tutta l’Europa.  Giorgio Vasari fu pittore e biografo, raccoglieva informazioni da fonti letterarie e direttamente dagli artisti che parlavano sia di sé che degli altri. Non abbiamo sicurezza sulla veridicità delle opere dei biografi. LEONARDO DA VINCI (Opere dal 1473 al 1508)  Nato nel 1452 a Vinci è uno studioso di meccanica, botanica, architettura, anatomia, ecc. Fu il primo a studiare direttamente sui cadaveri e a sperimentare lo studio meticoloso e scientifico della realtà. Porta al compimento di circa una ventina di dipinti, in quanto molto lento nel realizzarli ma soprattutto interessato anche ad altri diversi ambiti. Studia all’interno della Bottega del Verrocchio, la stessa che forma Botticelli.  Leonardo, Salvator Mundi, Cristo benedicente, dipinto su tavola. Descrizione: la mano destra è alzata in segno di benedizione, la mano sinistra sostiene un globo trasparente secondo la critica aggiunto dopo il completamento del dipinto, lo sfondo è nero e lo sguardo è diretto verso di noi. Storia: un borghese si accorse dell’antichità di questo dipinto, acquistandolo ad un asta per 1000$, lo fece poi osservare da Diane Modestini, una delle più importanti critiche d’arte, lo giudicò come appartenente a Leonardo da Vinci, venne poi venduto a due successive aste, la prima per 127 milioni e la seconda per 450 milioni di dollari. La critica è divisa tra chi lo attribuisce a Leonardo e chi no in quanto considerato un quadro troppo noioso per far parte della sua produzione.  Leonardo, L’annunciazione, 1473-1475, Firenze, Galleria degli Uffizi. Descrizione: Tema frequente di un Leonardo giovane non maturo, divisa orizzontalmente dal muretto, la Madonna davanti a un leggio (riprende le decorazioni della tomba di Giovanni e Piero de’ Medici del Verrocchio), con un libro aperto di sopra. L’angelo, a sinistra, è inginocchiato con le ali aperte e con un giglio. Si trova sopra un prato alla fiamminga. Lo sfondo propone la densità dell’aria attraverso la prospettiva aerea tipica del Leonardo scienziato. Dalle radiografie si sono scoperti vari cambiamenti in corso d’opera come la testa e le ali angelo. Il braccio della Madonna è troppo lungo. Lento nella realizzazione, cambia idea e torna spesso sul già fatto. “Omo sanza lettere” no intellettuale si sperimentatore. Utilizza le dita per sfumare il colore, passaggi tra un oggetto e l’altro sempre sfumati, linea di contorno leggera e sfumata. Fisionomie vicine a Verrocchio e Botticelli. Punto di fuga centrale tra i due cipressi. Panneggi naturali delle vesti.  Leonardo, Paesaggio della Val d’Arno, 1473, Firenze, Galleria degli Uffizi. Siamo di fronte al Leonardo disegnatore, attento ai caratteri, alle espressioni e all’adesione alla realtà. Il tratto è spezzato e obliquo, non c’è la linea continua ma un tratto che non chiude, dando solo l’idea di ciò che si vuole rappresentare. No linea continua di tradizione fiorentina.  (Leonardo) Verrocchio, Battesimo di Cristo, 1475ca., Firenze, Galleria degli Uffizi. Descrizione: collaborazione tra Leonardo e Verrocchio e un terzo (da indagini diagnostiche). Non è un capolavoro ma ci dà la conoscenza di collaborazione tra maestro e allievi. Nelle collaborazioni è importante la continuità dell’opera: Leonardo disegna l’angelo di spalle e il paesaggio, lontani dallo stile di Verrocchio ma che si inseriscono perfettamente nell’opera, l’angelo è morbido e preciso e il paesaggio ha la tipica prospettiva aerea. Vasari dice che dopo questo dipinto Verrocchio non volle più dipingere perché si rese conto del genio di Leonardo più bravo di lui.  Leonardo, Madonna che porge un fiore al Bambino, (Madonna Benois), 1478ca., San Pietroburgo, Ermitage. Desiree Russo – Corso di Laurea in Beni Culturali (Ravenna) misterioso. Panneggio, velo e mantello trasparenti leggeri ma forse inizialmente con colori più vividi. Lo studio delle copie è importante per andare contro allo stato di conservazione poco buono, ad esempio il vestito doveva essere meno visibile coperta dal mantello. MICHELANGELO BUONARROTI (Opere dal 1491 al 1545)  Nato nel 1475 a Caprese, ha una ventina d’anni in meno di Leonardo. Nasce in una famiglia benestante e si dedica fin da subito alla scultura nonostante la volontà di suo padre per gli studi di notaio o letterato. Michelangelo si definirà sempre come uno scultore e non come un pittore. Entra nella Bottega del Ghirlandaio a soli 10 anni, uno dei maestri più importanti di quegli anni e proveniente dalla Bottega del Verrocchio. Ghirlandaio, rendendosi conto del genio di Michelangelo, lo porta al giardino di San Marco, una scuola d’arte di pittura e scultura, oltre che museo, della famiglia medici. Si avvicina così alla scultura antica e allo stesso Lorenzo il Magnifico divenendo più avanti un suo pittore di corte. Michelangelo è estremamente interessato allo studio dell’antico e copia la statuaria greca unendo questo studio allo studio della produzione dei pittori locali precedenti come Giotto e Masaccio. Le due basi di Michelangelo sono quindi la statuaria antica e i pittori locali toscani precedenti a lui.  Michelangelo, Centauromachia, 1491-1492, Firenze, Casa Buonarroti. Storia: bassorilievo realizzato all’età di 18 anni circa, ispirandosi ai sarcofagi antichi e alle forme classiche mischiandoci il moderno dinamismo. La sua produzione è fin da subito la rappresentazione del corpo maschile nudo in movimento. Descrizione: l’autore sceglie pose complesse e diverse tra di loro, all’interno di uno spazio caotico lontano dalla tradizione di scultura fiorentina che visualizza uno spazio matematico ordinato (Donatello). Il centauro al centro dell’opera ha un braccio alzato e piegato (anticipazione del Cristo del giudizio universale della Cappella Sistina). La lavorazione del marmo è diversificata, cornice abbozzata, figure lavorate, forse per dare profondità. Spesso lascia opere incomplete.  Michelangelo, Bacco, 1496-1497, Firenze, Museo del Bargello. Storia: Michelangelo si trova a Roma in uno stato di protezione che gli da la possibilità di dare libero sfogo alla sua arte. Descrizione: l’opera rappresenta Bacco ubriaco in posizione poco dritta protesa all’indietro e coppa di vino in mano, con un piccolo satiro che mangia uva e sorride verso di noi. Antico rivisitato in maniera moderna, la statua è realistica e vitale, con un senso di precarietà attraverso un lieve movimento e un’espressività sul volto che manca alla statuaria antica.  Michelangelo, Pietà, 1498-1500, Roma, Basilica di San Pietro. Storia: tra le opere più importanti della prima fase di Michelangelo. Rappresentazione della pietà con soli due personaggi, nella tradizione si rappresentano la deposizione o il compianto con le due figure accompagnate da un gruppo ben definito (Maddalena, Marie, ...). Committente d’oltralpe Jean de Bilhéres che richiede una scena più nordica. Per Vasari è una delle migliori opere di Michelangelo, profonda ammirazione. Descrizione: due figure in uno schema triangolare, Vergine giovanissima per il racconto biblico (purezza dell’anima/ interiore) con volto botticelliano con tratti delicati della scuola fiorentina con tristezza velata, fascia che attraversa il seno con firma dello scultore (attraversa un periodo in cui viene messa in dubbio la sua biografia quindi firma l’opera). Abbondanza dei panneggi per allargare la figura della vergine in modo da dare l’impressione di sostenere il figlio, la sua mano sinistra è volta verso l’alto come simbolo di accettazione. Cristo abbandonato con volto curato e pieno di espressione e labbra dischiuse, con braccio abbandonato, idea di soggetto morto (Bassorilievo della morte di Meleagro su sarcofago come base di rappresentazione del corpo morto). Lavorazione del marmo completa e perfettamente levigato in ogni sua parte.  Aristotele da Sangallo (da Michelangelo), Battaglia di Cascina, 1542, Norfolk, Holkham Hall. Storia: Michelangelo torna a Firenze nel 1501 e nel 1504 gli viene commissionata la Battaglia di Cascina per la parete della sala del Maggior Consiglio di Palazzo Vecchio di Firenze, la battaglia vittoriosa del 1364 contro i pisani. Aristotele da Sangallo studiò il disegno preparatorio copiandolo. Questo disegno ebbe la stessa fine di quello della Battaglia di Anghiari. Desiree Russo – Corso di Laurea in Beni Culturali (Ravenna) Descrizione: raffigurazione dei fiorentini il momento prima della battaglia, si lavano sul fiume Arno e vengono richiamati per via dell’arrivo dell’esercito pisano e perciò si vestono frettolosamente. Non è il momento dello scontro ma quello che lo precede. Filo conduttore del corpo nudo maschile in movimento, con movimenti complessi come torsioni eccessive e innaturali, figure serpentinate che imitano la forma del fuoco per rappresentazione del movimento in esse. Muscolatura eccessiva e dettagliata. Michelangelo e Leonardo lavorano uno di fronte all’altro ma non sono mai andati d’accordo, differenze dei due disegni: Leonardo cerca l’unione fondendo e intrecciando i corpi, Michelangelo mette insieme i corpi mantenendoli separati (segno di scultore), la natura è secondaria per Michelangelo.  Michelangelo, David, 1501-1504, Firenze, Galleria dell’Accademia. Storia: committenza della repubblica fiorentina su un blocco di marmo già parzialmente sbozzato, quindi minore libertà dell’artista, per un’opera che rappresenti la forza e l’astuzia della repubblica. Descrizione: momento che precede lo scontro tra David e Golia, nella mano destra ha il sasso, nella sinistra ha la fionda, guarda concentrato verso il nemico con posizione a “Chiasmo” ovvero braccia tesa con gamba tesa corrispondente e braccio piegato con gamba piegata corrispondente. Capigliatura ampia copre la mente simbolo di intelligenza, il corpo nudo è vestito solo di virtù e forza. Grandissima attenzione anatomica per ogni dettaglio tra cui le vene delle mani.  David di Donatello e David del Verrocchio in bronzo. Azione: in Michelangelo è la fase prima dell’azione qui è la fase successiva all’uccisione di Golia. Età: in Michelangelo è un uomo adulto e virile qui sono adolescenti. Corpo: in Michelangelo è completamente nudo, in Donatello ha i calzari e il cappello e in Verrocchio ha l’armatura e i calzari. L’anatomia di Michelangelo è molto più accurata mentre l’eleganza delle pose legata alla tradizione si trova nelle opere di Donatello e Verrocchio.  Doriforo di Policleto. Statua utilizzata come modello di studio per il David, pose molto simili con forma a “Chiasmo”, ma con Michelangelo abbiamo un personaggio più vero e naturale con un anatomia più realistica.  Michelangelo, Sacra Famiglia con San Giovannino (Tondo Doni), 1504-1506, Firenze, Uffizi. Storia: secondo la critica è l’unico dipinto mobile di Michelangelo, realizzato prima del trasferimento a Roma per il mercante gentiluomo Agnolo Doni forse per nozze o nascita del primo figlio. Descrizione: sacra famiglia con Madonna come figura serpentinata, con posa complessa che riceve da San Giuseppe il bambino. Dietro di loro un parapetto con a destra San Giovannino e dietro figure maschili nude che riempiono lo spazio. San Giovannino annuncerà l’arrivo di Gesù ed è il tramite tra la sacra famiglia, simbolo del cristianesimo e i nudi sullo sfondo simbolo del paganesimo. (Schema piramidale). Rispetto a Leonardo le figure femminili sono più mascoline e massicce in Leonardo sono più esili e femminili, la linea di contorno di Leonardo è netta e le figure non si mischiano, tutto sommato a colori poco realistici e innaturali con cangiantismi (variazioni di colori) che si schiariscono e scuriscono senza rispettare la realtà dell’oggetto. Lo spazio è più compresso.  Agesandro, Atanodoro e Polidoro di Rodi, Laocoonte e i suoi figli, Città del Vaticano, Musei Vaticani. Storia: il nobile Felice de’ Fredis trova questo gruppo scultoreo scavando nei suoi giardini. Il papa Giulio II sapendo la notizia invia Michelangelo e Giuliano da Sangallo (architetto). Michelangelo la identifica fin da subito, avendola studiata in un libro di Plinio. La statua viene così portata al Belvedere (cortile dei palazzi vaticani) e diviene modello fondamentale per lo studio dell’anatomia, dell’espressività, delle posizioni complesse e delle torsioni del corpo.  Michelangelo, Monumento funerario di Giulio II, 1542-1545, Roma, San Pietro in Vincoli. Storia: Giulio II fu un papa dedito all’ambito militare che mira all’autocelebrazione commissionando diverse opere a vari artisti (Basili di San Pietro a Bramante, Raffaello e altri). Una volta ricevuta la commissioni Michelangelo va a Carrara a scegliere i marmi e inizia con un Desiree Russo – Corso di Laurea in Beni Culturali (Ravenna) progetto monumentale visualizzato come una montagna di statue di tre piani, isolata nello spazio con una struttura di 3 metri e una base di 11x7 metri. Successivamente, a causa della morte del papa nel 1513 deve rivedere il progetto per velocizzare il lavoro, riducendolo in vari momenti fino ad arrivare al progetto finale solo nel 1542 (40 anni dopo il progetto iniziale), che vedrà una struttura poggiata a muro con poche statue. (“Tragedia della sua vita” per Michelangelo). Vergine in gloria con il braccio il bambino (figura sopra Mosè  Mose, 1513-1515, Roma, San Pietro in Vincoli. Si tratta della statua centrale del Monumento funerario di Giulio II, Mosè con corpo vigoroso e posa dinamica che sembra alzarsi, con sguardo lontano e lunga barba che si arriccia sul torace, regge le tavole delle leggi. Corpo simile ai nudi della Cappella Sistina (successivi).  Schiavo morente, 1513-1514, Parigi, Louvre. Scultura eseguita per il secondo progetto del Monumento, una figura che cerca di liberarsi da dei legacci di tessuto. Siamo di fronte a un non finito, solo la figura del protagonista è completamente levigata.  Michelangelo, Volta della Cappella Sistina, 1508-1512, Città del Vaticano, Palazzi Vaticani. Storia: committente Giulio II nel 1508 copre la volta di stelle del 1475, Vasari descrive come opera “nuova e meravigliosa che lascia senza parole”. Quattro anni per la realizzazione, all’inizio si fa aiutare da compagni della Bottega del Ghirlandaio, aiutato solo nella fase dell’arriccio (base di calce e pozzolana, strato intonaco bagnato, colori sciolti nell’acqua, intonaco si asciuga). Poi caccia i collaboratori perché non lavorano come vuole. Decora una superficie di 1000 metri con 300 figure. Sceglie l’affresco perché per i “veri” pittori. Il restauro tra 1980 e 1990, Gianluigi Colalucci, eliminare strati di colla messi per proteggere, condizioni difficili con impalcatura, problemi di saluta anche a Michelangelo (lettera con disegno veloce), restauro criticato per colori cangianti, commissione segue passo per passo, condizioni di conservazione perfette, solo pulitura. Per trasferire il disegno sul muro usa cartoni di personaggi a scala 1:1 appoggiati sull’intonaco bagnato e utilizzo dello spolvero (più utilizzata) e dell’incisione. Descrizione: Rifiuto progetto iniziale, aiutato da Egidio di Viterbo (teologo), fascia principale di 9 scene della genesi (scene grandi e piccole alternate, nelle piccole ci sono gli ignudi), fasce laterali con profeti e sibille con nomi (coloro che hanno predetto l’arrivo di Cristo), nelle lunette e vele ci sono gli antenati di Cristo e pennacchi laterali le salvazioni del popolo ebraico. Struttura architettonica di cornici, pilastri e finte statue con forte realismo. Filo conduttore della figura maschile nuda in posizioni complesse con muscolatura imponente, dilatate e maestose. Natura in secondo piano. I modelli di Michelangelo diventeranno di riferimento per gli artisti della “Maniera”.  Diluvio Universale. Scena creata in circa 30 giornate (una giornata equivale alla parte dell’affresco realizzata in 6/8 ore, il tempo in cui si asciuga l’intonaco). È la prima scena che crea e la modifica varie volte, si sta abituando al lavoro. Natura presente in maniera essenziale e non protagonista.  Peccato originale. Affresco diviso in due dall’Albero della conoscenza, a sinistra il serpente tentatore parzialmente trasformato in donna convince Eva a prendere il frutto proibito mentre Adamo si accinge a prenderne un altro. A destra paesaggio spoglio con l’angelo che caccia Adamo ed Eva dal Paradiso Terreste. Angelo e diavolo tentatore con gesto complementare e simmetrico.  Creazione di Adamo. A destra Dio padre in volo sorretto da angeli in un manto rosa che richiama il colore del cervello umano (simbolo di sapienza). A sinistra Adamo, disteso che si solleva attratto dalla potenza di Dio, vicini ma non si toccano. Adamo perfetto e leggero mette in mostra il corpo perfetto creato da Dio “a sua immagine”.  Sibille e profeti. Pose serpentinate con corpi che si dilatano in movimenti di torsione con volti in cui non trasparisce nessun tipo di sforzo. Colori cangianti e muscolature massicce (anche nelle figure femminili).  Michelangelo, Giudizio universale, 1536-1541, Cappella Sistina. Desiree Russo – Corso di Laurea in Beni Culturali (Ravenna) filosofi dell’antichità, il tema è verità filosofica, verità ricercata e sapere. Al centro vi sono Platone e Aristotele (punto di fuga tra loro due), Platone indica verso l’alto l’iperuranio con sembianze di Leonardo, Aristotele indica in basso il mondo reale. Intorno ai due protagonisti troviamo altri filosofi, disposti seguendo un andamento semicircolare, che discutono e compiono attività, alcuni sono riconoscibili come Diogene con la tavoletta sui gradini, Euclide chinato a destra con il compasso (fattezze di Bramante) e autoritratto di Raffaello che guarda verso di noi all’estrema destra. Eraclito poggiato al “tavolo” è tipico michelangiolesco e con fattezze di Michelangelo, realizzato probabilmente dopo la visita di Michelangelo alla Cappella Sistina, inserito per onorarlo (non è presente nel progetto originario). Pittura intrisa di una luce chiara che riempie l’opera dinamica. Studio grafico accurato con più di quaranta disegni preparatori (importanza del disegno nella scuola fiorentina a differenza della scuola veneta in cui si da più importanza al colore e non viene creato un disegno di partenza su cartone).  Raffaello, Stanza di Eliodoro, 1511-1513, Città del Vaticano, Palazzi Vaticani. Stanza delle udienze del papa Giulio II.  Cacciata di Eliodoro dal tempio. Eliodoro aggredito da un cavaliere e da altre figure che si avvicinano in volo. Eliodoro è stato inviato da Seleuco per impossessarsi dei beni di Gerusalemme, e le figure che lo fermano sono mandate da Dio. Il tempio, rappresentato alle spalle, è formato da una navata con cornici e rifiniture d’oro, con prospettiva a cannocchiale che crea profondità, interrotta solo dalla figura del sacerdote in preghiera. L’attenzione alla navata è data dalla parte vuota in primo piano riempito a sinistra dal ritratto di papa Giulio II, con tunica bianca e mozzetta e berretta rossa, che osserva attorniato dagli uomini di corte, si trova qui in quanto garante dei beni della chiesa. Non c’è più la luce diffusa ma una forte presenza di chiari scuri e da un profondo lavoro di particolari effetti di luce presenti nella navata e in particolare nelle fiammelle del candelabro, fiammelle sgranate e morbide, tipico della pittura veneta. Le figure sono michelangiolesche ma più aggraziate, il modo di dipingere è più maturo. Anche qui troviamo il Raffaello attento all’architettura.  Liberazione di San Pietro. Episodio in tre scene con finestra centrale in basso che elimina spazio. A sinistra i soldati che si sono appena svegliati senza accorgersi dell’arrivo dell’angelo. Al centro l’angelo, sopra la finestra e dietro una grata (fatta a secco a fine dell’affresco), libera San Pietro mentre i soldati dormono. A destra lo stesso angelo accompagna fuori dalla prigione San Pietro passando tra i soldati addormentati. Allusione alla persecuzione ingiusta agli uomini di chiesa. Si tratta di uno dei pochissimi notturni dell’epoca, su base dell’opera di Piero della Francesca “Sogno di Costantino”. Ci sono diverse fonti di luce: fiaccola del soldato, luce lunare, striature del cielo per l’alba e luce dell’angelo che creano una struttura dal punto di vista luminoso complessa. Presenti anche i riflessi nelle armature (lavora come un pittore nordico). Durante il restauro è stata scoperta una macchia rossa sul volto dell’angelo, probabilmente errore dell’artista, coperto poi da una pittura a secco.  Raffaello, Incendio di Borgo, 1514, Stanza dell’Incendio di Borgo. Storia: terza stanza dell’appartamento papale, stanza dei pranzi di cerimonia. Nel 1513 muore Giulio II e diventa papa Giovanni de Medici con il nome di Leone X. Leone X, figlio di Lorenzo il Magnifico, aveva passato la sua infanzia con Michelangelo ed era appassionato di arte, letteratura, cultura, ecc. Con lui Raffaello farà l’architetto per la fabbrica di San Pietro e si avvicinerà alla statuaria antica mandando poi una lettera la papa, assieme a Baldassar Castiglione, sollecitando l’importanza della tutela dell’antico per la loro grandezza culturale. Descrizione: rappresentazione di un miracolo dell’847 nel quartiere attorno alla Basilica di San Pietro, Borgo. La Basilica è rappresentata nello sfondo, al fianco di essa si trova un edificio cinquecentesco dal quale si affaccia Papa Leone IV che compie il miracolo benedicendo il quartiere, spegnendo così l’incendio. L’incendio si trova in primo piano sulla destra, un edificio in fiamme dal quale esce Enea che porta in salvo il padre Anchise (riferimento all’incendio di Troia). A destra troviamo un gruppo di figure femminili e bambini, tutte figure tipicamente michelangiolesche. Desiree Russo – Corso di Laurea in Beni Culturali (Ravenna) Opera fortemente drammatica e dinamica con interventi di collaboratori (Giulio Romano). Cura per l’architettura nel colonnato, loggia con marmi colorati, basilica e edificio cinquecentesco, con quattro ordini architettonici: ionico, composito, tuscanico e corinzio.  Raffaello, Ritratto di Giulio II, 1511-1512, Londra, National Gallery. Descrizione: anziano malato che morirà pochi anni dopo è il pontefice seduto sulla sedia pontificale di ¾. Olio su tavolo per la chiesa di Santa Maria del Popolo, esposto dopo la morte del papa. Quadro innovativo: come se fossimo di fianco a lui dal vivo, formato e taglio particolare (solitamente figura intera), stato d’animo del papa, sofferenza, malattia e vecchiaia che si leggono nello sguardo e nella mano che stringe la sedia. Giulio II era uomo militare più che di chiesa, autorevole ma difficile, questa rappresentazione è lontana da come il papa si faceva vedere. Quindi ritratto privato, non ufficiale e formale. Lo sfondo è frutto di un rifacimento, inizialmente si pensa ad un altro.  Raffaello, Ritratto di Leone X con cardinali Giulio de Medici e Luigi de Rossi, 1518, Firenze, Uffizi. Storia: Leone X, successore di Giulio II, figlio di Lorenzo il Magnifico, appassionate di arte e cultura. Leone X porterà notevoli progressi in questi ambiti ma numerosi problemi alla dottrina. Descrizione: Leone X al centro seduto davanti a uno scrittoio, affiancato da Giulio de Medici, alla nostra sinistra, colui che diventerà Papa Clemente VII, e da Luigi de Rossi dietro la sedia, collaboratore e segretario. Vasari sottolinea la capacità di rappresentare le stoffe e gli oggetti, realistici, come il libro ricco di miniature, il campanello d’argento estremamente lavorato, palla della seggiola con il riflesso della finestra. Ritratto ufficiale con lo scopo di rendere visibile il pontefice al popolo, sia nella sua figura che negli interessi. Minore interessi nell’analisi psicologica. Architettura oscurata  Raffaello, La Trasfigurazione, 1518-1520, Città del Vaticano, Pinacoteca Vaticana. Storia: ultima opera di Raffaello, pala d’altare con committente Giulio de Medici per l’altare della Cattedrale di Narbon in Francia, non sarà inviata ma verrà messa sul letto di morte di Raffaello, morto improvvisamente nel 1520. (Conclusa dai suoi allievi) Descrizione: in alto la trasfigurazione di Cristo sul monte Tabor, accompagnato in basso dagli apostoli Pietro, Giovanni e Giacomo che di proteggono dalla luce di Cristo, e in alto da Mosè e Elia. Nella parte inferiore vi è il miracolo dell’ossesso/ indemoniato di Gesù, in cui egli guarisce il bambino, accompagnato a destra dalla famiglia e a sinistra gli apostoli. Differenze rispetto alla giovinezza: studia lo stile di Leonardo e di Michelangelo, utilizzandoli come base e creando uno stile proprio, la sua pittura tarda è di chiari scuri che sostituiscono la luce diffusa per punti di luce diversi; le figure sono dinamiche e non più statiche dentro una struttura geometrica; i volti sono espressivi accompagnati da evidente gestualità; colori vicini alla gamma cromatica veneta, tavolozza ricca ma naturale; pittura di tocco con bagliori, effetti di luce e colori, quasi come una pittura moderna. (In quest’opera inserisce l’alba per giocare sui chiaro scuri. UNITA’ 18 – LA SECONDA VIA DEL RINASCIMENTO MATURO: LA PITTURA A VENEZIA GIORGIONE DA CASTELFRANCO (Opere dal 1504 al 1509)  Nato nel 1478 a Castelfranco Veneto si sposta a Venezia per studiare. Da Vasari sappiamo che fu un uomo colto, di belle maniere e molto alto, caratteristiche che lo portano ad attribuire il nome di Giorgione. Non sappiamo molto della sua vita, probabilmente frequentò la Bottega di Giovanni Bellini a Venezia, rimase affascinato dalla pittura di Leonardo, tenera e ricca di chiaroscuri, tanto da imitarla nelle sue opere creando immagini morbide e sfumate con alla base una pittura realista, divenendo un pittore ancora più realistico di Leonardo, riuscendo a dare l’idea della carne viva. Giorgione non utilizzerà disegni preparatori, usa soprattutto i colori che divengono mezzi autonomi svincolati dal disegno. Nelle opere sono presenti delle tracce di base che vengono del tutto coperte dal colore.  Giorgione, Pala di Castelfranco, 1504-1505, Castelfranco Veneto, San Liberale. Desiree Russo – Corso di Laurea in Beni Culturali (Ravenna) Storia: unica pala creata da Giorgione per il duomo della sua città natale, in particolar modo per la cappella della famiglia Costanzo (lo stemma della famiglia è sul basamento del trono). Descrizione: rappresenta una sacra conversazione, tema diffuso in ambito veneto, ovvero la rappresentazione della vergine con i santi. La madonna è isolata in alto su un trono con il bambino poggiato sulla gamba destra, in basso troviamo San Liberale, con l’armatura e lo stendardo (titolare del Duomo), e san Francesco. La scena è ambientata all’esterno, con uno sfondo aperto separato dai personaggi da una balconata, la vergine vestita di rosso (Carità), verde (Speranza) e bianco (Fede) si trova su un trono a sua volta poggiato su due basamenti, la pavimentazione individua un punto di fuga molto alto (riconducibili al di la del grembo della vergine). La scala di sfumature e di colori creano profondità spaziale.  Giovanni Bellini, Pala di San Zaccaria, 1505, Venezia, San Zaccaria. La struttura architettonica è complessa a differenza della struttura semplice di Giorgione che lascia spazio allo sfondo. Le figure di Bellini sono statiche e in pose definite mentre quelle di Giorgione sono in atteggiamenti più naturali. La linea di contorno è molto visibile mentre con Giorgione la stesura tenue e sfumata del colore assottiglia le linee di contorno dando spazio al colore.  Giorgione, Tre filosofi, dopo il 1505, Vienna, Kunsthistorisches. Storia: la datazione delle opere di Giorgione non è quasi mai presente, le fonti scarse e la mancata datazione nelle opere stesse ci da poche possibilità di conoscenza, quest’opera viene datata dopo il 1505. Si trova all’interno della collezione di Taddeo Contarini nel 1525 ricordata come “I tre filosofi nel paese”. Descrizione: il paesaggio ha un ruolo di protagonista infatti le tre figure sono spostate a destra, sono un giovane di profilo seduto a compiere misurazioni, davanti a lui un uomo col turbante e sull’estrema destra un anziano con disegni di luna e pianeti. Si pensa alle allegorie della filosofia, il giovane è la filosofia moderna, l’arabo è la filosofia medievale e l’anziano è la filosofia antica. A sinistra troviamo una grotta in ombra, simbolo di mistero, a destra dietro le figure troviamo alberi e al centro uno scorcio di paesaggio in cui si accentua la profondità con la collina in fondo azzurra. Dai documenti si è scoperto come Giorgione fosse molto legato alla sua committenza assieme alla quale poteva creare delle opere particolari ma di difficile interpretazione senza i documenti presenti. Opera priva di disegno con utilizzo dei contrasti di colori caldi e freddi per dividere i personaggi dallo sfondo.  Giorgione, La tempesta, 1506-1508, Venezia, Gallerie dell’Accademia. Storia: il paesaggio ha un ruolo di primo piano mentre l’identità delle figure è di difficile lettura, secondo i critici potrebbe trattarsi del primo quadro senza soggetto della storia della pittura moderna, in cui il protagonista è il paesaggio e non è quindi necessario indentificare le figure. Dalle radiografie si è scoperto che al posto del soldato doveva esserci una figura femminile nel lago, poi cambiata (poco interesse nella realizzazione dei soggetti). Micheil descrive l’opera nella collezione di Gabriele Vendramin a Venezia come un “paesetto in tela con la tempesta con la zingara e il soldato”. Descrizione: l’artista è attento al naturale riproducendolo in maniera veritiera e realistica. La struttura architettonica dietro al soldato, rappresentata da colonne spezzate è misteriosa proprio come la città, anch’essa non riconoscibile. Tutta l’attenzione è rivolta al fulmine sul cielo che si scaglia verso terra illuminando le mura e le chiome degli alberi più lontani, attenzione al momento. Il tutto con una pennellata morbida, veloce e sgranata rispetto a quella tosco-romana.  Giorgione, Ritratto di vecchia, 1508 ca., Venezia, Gallerie dell’Accademia. Storia: Giorgione fu noto sia come paesaggista ma anche come ritrattista. In questo ritratto la critica parla della possibilità della rappresentazione della madre, anche se non ci sono documenti che attestano tale teoria. Nel 2019 fu restaurato facendo emergere una gamma cromatica molto tenue e delicata, un quadro luminoso a differenza del pre-restauro in cui appariva tutto scuro e con colori più caldi e accesi. Descrizione: il volto della vecchia è espressivo e realistico, tutto è rappresentato in maniera veritiera: le rughe, le labbra dischiuse in atto di parlare, i pochi denti, le mani che porta al petto indicando sé stessa e il ciuffo che scappa alla cuffia contorna un’espressione stanca ma attenta. Lo Desiree Russo – Corso di Laurea in Beni Culturali (Ravenna) Storia: dopo la conclusione del ciclo di Bacco, la via coperta diventa una via mitica, famosa e visitata e quando Ferrara, in assenza di eredi, viene donata allo stato della chiesa al papa Clemente VII (la chiesa aveva donato alla famiglia d’Este la città, sulla quale aveva governato per ben 300 anni, l’ultimo erede fu il Duca Alfonso II, il quale non aveva avuto eredi). Dovendo scappare di fretta, la famiglia si portò con sé moltissime opere lasciando però il ciclo di Tiziano, probabilmente per recuperarlo successivamente. Il nipote del papa Pietro Aldobrandini scrive alla famiglia d’Este, ora a Modena, di poter comprare i quadri, ma non ricevendo risposta, li stacca e li porta a Roma. Si pensa che Cesare d’Este, ora duca di Modena, avesse un debito enorme con Aldobrandini e che per questo motivo gli abbia lasciato le opere di Tiziano. Descrizione: rappresentazione del momento in cui Bacco, accompagnato dal suo corteo di satiri e donne, scende dal carro tirato dalle pantere e si protende verso Arianna, la donna sull’estrema sinistra con veste blu e bianca. La pennellata è sgranata, morbida e tenera nella rappresentazione degli effetti di luce, un quadro creato per essere visto da lontano, tratti di tradizione veneziana. La figura avvolta dai serpenti ricorda la statuaria classica.  Tiziano, Venere di Urbino, 1538, Firenze, Uffizi. Storia: opera commissionata da Guidobaldo II della Rovere, signore di Urbino. Descrizione: giovane donna nuda semidistesa su un letto in primo piano, consapevole di essere ritratta, ci guarda direttamente senza alcuna vergogna e pudore, con dei fiori rossi tenuti con la mano destra e poggiata su dei cuscini, accompagnata da un cagnolino, simbolo di fedeltà. L’ambientazione è al chiuso, all’interno di una ricca casa in cui gli unici accenni alla natura sono dati dall’apertura colonnata che si apre su un paesaggio. Sullo sfondo a destra ci sono due serve che cercano delle vesti all’interno di un baule. La parte sinistra del quadro è occupata da un ambio tendaggio verde che poggia su una parete scura. Troviamo tutte le caratteristiche della pittura veneziana: pittura sgranata e di tocco, con un effetto di aderenza al vero al fine di osservare l’opera da lontano.  Tiziano, Ritratto di Carlo V, 1532-1535, Madrid, Prado. Storia: Tiziano incontra Carlo V quando egli si fa incoronare re da papa Clemente IV nel 1530, a seguito del sacco di Roma. Carlo V nutre molta stima nel confronti dell’artista, tanto da nominarlo conte e da portarlo all’apice della sua attività ritrattistica iniziata negli anni ’20. Descrizione: l’imperatore è rappresentato a figura intera, taglio tipicamente nordico, con i capelli e la barba corta, come un imperatore romano. Indossa un abito ricco da cerimonia, con ampie maniche, bordatura di pelliccia e veste lunga. Al suo fianco si trova il proprio cane, con una mano tiene il pugnale e nel fianco opposto intravediamo la spada. L’espressione è rivolta ad un punto indefinito fuori dal quadro, mantenendo una certa distanza dall’osservatore. Ritratto ufficiale.  Tiziano, Carlo V alla battagli di Muhlberg, 1548, Madrid, Prado. Storia: commissionato dalla sorella dell’imperatore, Maria d’Asburgo regina di Ungheria. Descrizione: ritratto equestre di Carlo V vittorioso dopo la battaglia. Rappresentato in maniera simile a San Giorgio, il re cattolico difensore della cristianità, Carlo V è la sua versione moderna con accessori simili: lancia, armatura, cavallo, ecc. L’armatura è ricca e decorata da inserti dorati, la fascia rossa, che rappresenta il comando, gli attraversa il torace, con una mano tiene la lancia e il cavallo è in posizione di corvetta, ovvero con le due zampe anteriori sollevate. (Guarda alla statuaria antica). La figura è immersa nel paesaggio. Carlo V è reso più bello dell’artista eliminando la malformazione genetica della mandibola. Questo ritratto diventa il modello per tuta la ritrattistica equestre successiva (In particolare Velazquez e Rubens)  Tiziano, Incoronazione di spine, 1542-1544, Parigi, Louvre e Tiziano, Incoronazione di spine, 1572-1576, Monaco, Alte. Descrizione: nell’opera degli anni ’40 il soggetto è Cristo incoronato di spine con dietro di lui un edificio all’antica con un architrave che sostiene un busto marmoreo di Tiberio. Inoltre i soggetti sono muscolosi e vicini alla figura romana post Michelangelo. Nell’opera degli anni ’70 abbiamo lo stesso assetto composito, con dimensioni leggermente più piccole in cui lo sfondo non è più composto dalle caratteristiche classiche ma bensì da pennellate veloci, sgranate e sommarie, con lampadario a sinistra. Probabilmente la versione degli anni ’70 è stata creata per sé stesso e non su Desiree Russo – Corso di Laurea in Beni Culturali (Ravenna) commissioni. Si tratta di un’opera con meno profondità in cui c’è una sorta di coesione tra personaggio e sfondo in un’opera da “vedere da lontano”.  Tiziano, Martirio di San Lorenzo, 1548-1559, Venezia, Chiesa dei Gesuiti. Storia: commissionato da Lorenzo Massolo, si tratta di un pala d’altare per i Gesuiti di Venezia. In questi anni Tiziano ragiona sulle opere di Tintoretto, suo allievo, sulla stesura del colore e le luci. Descrizione: San Lorenzo sopra la graticola si trova in basso al centro della composizione, sullo sfondo troviamo un’architettura classica con un basamento che ricorda l’arte antica (Tiziano studia il repertorio classico). Gli effetti di luce particolari provengono da diverse fonti: il fuoco della graticola, le torce, la luce divina tra le nubi, creando un quadro suggestivo e coinvolgente. La pennellata è già più sgranata rispetto alle opere precedenti (studio su Tintoretto). La figura di San Lorenzo ricorda Giona della Cappella Sistina di Michelangelo.  Tiziano, Punizione di Marsia, 1570, Kromeriz, Museo Nazionale. Descrizione: un dipinto particolare e diverso rispetto alle opere del pittore giovane. Siamo negli ultimi anni della sua vita caratterizzata da una pennellata sfatta, che s sgrana in onore della coesione tra sfondo e personaggi che permette di creare scene più drammatiche e suggestive. Non troviamo una reale profondità ma un gioco di incastri di colori e di brani che non ci danno la possibilità di capire in che paesaggio ci troviamo. La pittura è modellata con pennelli, spatole e dita, al fine di dare spessore ad essa stessa. CORREGGIO, ANTONIO ALLEGRI (Opere dal 1519 al 1532)  Nato nel 1489 a Correggio, una località vicino a Reggio Emilia, è molto legato all’ordine benedettino tanto da seguire un percorso di commissioni che si snoda all’insegna del patrocinio dei benedettini, lavora perciò per lo stesso ordine in località diverse. Rinuncia a trasferirsi nei grandi centri artistici decidendo di restare a Parma, attraverso i suoi lavori notiamo comunque una profonda conoscenza artistica basata su ciò che è al di fuori della propria città. Vasari lo considera di un livello altissimo probabilmente, se entrato a Roma, sarebbe divenuto il migliore fra tutti solo con i suoi studi di periferia.  Correggio, Camera della Badessa, 1519, Parma, Monastero di San Paolo. Storia: la Badessa di San Paolo, Giovanna di Piacenza, una donna nobile e colta, commissiona a Correggio la decorazione della propria stanza, dove egli decora la volta a cupola e la cappa del camino. Descrizione: la volta a cupola è divisa in 16 settori/spicchi decorati attraverso un finto pergolato con elementi vegetali e degli ovali che si aprono in corrispondenza di ogni spicchio, attraverso i quali vediamo dei puttini che giocano con oggetti legati al mondo della caccia (archi, frecce, levriero, ecc.). I motivi ornamentali dell’opera hanno come punto di riferimento l’opera di Andrea Mantegna della “Madonna della Vittoria” del 1496 di Mantova dove troviamo un apside creata a modi pergolato aperto sul cielo con elementi ovali in una decorazione ricca di elementi vegetali e frutta. Correggio inserisce delle finte nicchie a monocromo, chiaro e scuro, alla base della volta in corrispondenza di ogni spicchio, con all’interno delle finte statue (dimostrazione di interesse per l’antico). L’artista vuole sorprenderci con una tridimensionalità visibile nelle statue, negli oggetti e nei drappi. Le figure di Correggio sono più reali di quelle di Mantegna, egli apre “alla maniera moderna” (come dice Vasari) ovvero figure che si atteggiano in modo più naturale. Diana è la figura protagonista di tutta l’opera, rappresentata sulla cappa del camino, il significato dell’opera è riconoscibile solo nei singoli dettagli, non sappiamo quello generale, la critica pensa alla figura di Diana come Vergine autorevole e combattiva, figura nella quale si identificava la Badessa, non ne abbiamo la certezza.  Correggio, Visione di San Giovanni Evangelista, 1520-1522, Parma, San Giovanni Evangelista. Storia: opera per la chiesa nel centro di Parma, si tratta del primo e importante affresco dell’artista. Descrizione: si tratta di un’opera che vuole andare al di là dello spazio, crea un illusione che costruisce una dimensione a sé. In relazione con l’opera di Andrea Mantegna “La camera degli sposi” in cui abbiamo un’apertura verso il cielo data da una balaustra disegnata nel soffitto della stanza, dalla quale si affacciano diversi personaggi, Correggio ne resta affascinato e inserisce Desiree Russo – Corso di Laurea in Beni Culturali (Ravenna) questa illusione in diverse sue opere. Il tema è la visione di San Giovanni Evangelista, rappresentato all’estremità della cupola con un aquila. La sua visione è Cristo che ascende in cielo, contornato da una macchia centrale dorata in uno scorcio molto complesso da realizzare. La base della cupola è contornata da nuvole sulle quali si trovano disposti gli apostoli che dialogano tra di loro. Assistiamo anche ad un influenza michelangiolesca nella rappresentazione dei soggetti, sia nella muscolatura che nelle posizioni, Correggio aveva fatto un recente viaggio a Roma, dove aveva anche visto la Trasfigurazione di Raffaello dalla quale aveva preso spunto per la realizzazione del suo Dio. Lo stile dell’artista diene conto della pittura lombarda e veneta, con uno stile tenero e morbido, con cura delle espressioni (produzione di Leonardo), gamma cromatica intensa con blu e rossi vicini alla pittura veneziana. Mancano gli elementi architettonici, sono le nuvole a creare profondità.  Correggio, Assunzione della Vergine, 1526-1530, Parma, Cupola del Duomo. Storia: il contratto per la realizzazione della decorazione verrà firmato nel 1522 ma, a causa di ritardi, i lavori inizieranno solo nel 1526 per un valore di 1000 ducati. Opera che diverrà base di studio per artisti successivi come Annibale Carracci e Caravaggio. Descrizione: la decorazione tocca dia la volta che i pennacchi, il soggetto è l’assunzione della Vergine. I personaggi sono intrecciati tra di loro, alla base della cupola si trovano gli apostoli, rappresentati con figure molto grandi e che guardano verso l’alto e verso la vergine, con una veste roba con una fascia blu, rappresentata con le braccia aperte ed accompagnata da angeli, che a sua volta guarda verso il centro della cupola, non la tradizionale figura di Dio che accoglie la vergine ma una figura misteriosa. Non abbiamo strutture architettoniche ma una spirale di nuvole e di figure (profeti, sibille, santi, beati, angeli, ecc.) che tende verso l’alto, un vortice che da una forte idea di illusionismo quasi a sfondare idealmente la cupola per andare al di là, i personaggi sembrano muoversi con le nuvole. Si tratta di un’idea innovativa criticata dai responsabili del duomo, i quali inizialmente pensano di rimbiancarla (“guazzetto di rane”), interviene poi Tiziano che, elogiando la pittura come creazione geniale e innovativa, salva l’opera attribuendoli un grandissimo valore.  Correggio, Madonna col Bambino e i santi Maddalena e Girolamo, 1528 ca., Parma, Pinacoteca Nazionale. Storia: commissionata da Briseide Colla per la chiesa di Sant’Antonio Abate a Parma. Descrizione: centralità della Vergine col bambino circondata dai santi e da un angelo. Accanto al bambino si trova Maddalena accompagnata da un angelo o San Giovannino con il vasetto degli unguenti (simbolo di Maddalena), si avvicina al bambino tenendogli la gamba e accostandosela al viso, il bambino gioca con i capelli di lei guardando e indicando la Bibbia sorretta dall’angelo al fianco di San Girolamo, accompagnato dal leone. L’angelo ha modi gentili e un sorrido seducente. I personaggi sono attentamente studiati nelle espressioni, nella naturalezza e negli stati d’animo (modello leonardesco). Lo scorcio di paesaggio suggestivo evita la simmetria dell’immagine inserendo un tendaggio che ripara le figure dal resto della rappresentazione, rompendo così lo schema tradizionale.  Correggio, Adorazione dei Pastori (La notte), 1529-1530, Dresda, Gemaldegalerie. Storia: in origine nell’altare della chiesa di San Prospero a Reggio Emilia, commissionata da Alberto Pratoneri. Nel 600 Francesco d’Este, duca di Modena, decide di trasferire l‘opera nella collezione del palazzo ducale, verrà poi venduta dai duchi d’Este nel 1746 all’elettore di Sassonia, situandola così a Dresda. Descrizione: Correggio rinuncia alla simmetria dell’opera riempiendo la parte sinistra dell’opera con le figure invase da una luce fortissima proveniente dal bambino sorretto dalla madre, luce talmente forte da provocare la smorfia nella donna vestita di verde. Nella parte alta si trovano un gruppo di angeli poggiati su una nuvola e l’unico soggetto della parte sinistra è Giuseppe con l’asino. Si tratta di un notturno sbilanciato con forti chiaro scuri e una forte importanza per le espressioni. Quest’opera diverrà la base dell’opera di Rubens “Adorazione dei pastori”.  Correggio, Danae, 1531-1532, Roma, Galleria Borghese. Desiree Russo – Corso di Laurea in Beni Culturali (Ravenna)  Pontormo, Giuseppe in Egitto, 1517-1518, Londra, National Gallery. Descrizione: il protagonista dell’opera, Giuseppe, appare in quattro momenti diversi all’interno del quadro, lo riconosciamo per le vesti che indossa ovvero una tunica arancio, mantello grigio e berretto rosa. A sinistra si presenta all’imperatore, a destra si trova in fondo alle scale mentre scende dal carro, poi sul centro che sale la curva delle scale insieme ai suoi figli vestiti di verde e infine in alto a destra sulla loggia mentre presenta i suoi figli al padre Giacobbe. La gestione dello spazio è lontana rispetto a quella di Rosso Fiorentino, le molteplici figure affollano lo spazio caratterizzato da un struttura cilindrica con una scala curva e architetture appuntite tipiche dello stile nordico (stampe nordiche nella Bottega). I colori innaturali sono michelangioleschi e i riferimenti alla statuaria classica non mancano.  Pontormo, Deposizione, 1525-1528, Firenze, Santa Felicita, Cappella Capponi. Storia: commissionata da Ludovico Capponi per la Cappella Capponi all’interno della chiesa di Santa Felicita (Chiesa che fa parte del percorso del corridoio vasariano che collegava Palazzo Pitti al Palazzo Vecchio). Descrizione: Pontormo si basa sul “Trasporto di Cristo” di Raffaello e la rappresentazione del corpo morto sulla base del sarcofago di Meleagro. Gli sguardi sono turbati e inquietanti, rivolti verso lo spettatore. Mentre con Raffaello abbiamo una collocazione nello spazio qui manca, le figure sono collocate ad altezze diverse a modi girotondo, intrecciate e collegate tra loro. Lo sfondo è assente. La linea è meno dura, più morbida e vicino alla tradizione fiorentina rispetto alla linea di Rosso Fiorentino, di simile a lui troviamo le espressioni inquietanti. I colori sono lontanissimi dai colori reali e le ombre sono quasi inesistenti (sperimentazione). GIULIO ROMANO (Opere dal 1524 al 1535)  Nato nel 1499 a Roma è allievo, collaboratore e continuatore di Raffaello oltre che pittore, decoratore e architetto. Vasari ci parla di un artista molto stimato, per lui fu il migliore dopo Michelangelo, in quanto riesce a percepire tutte le caratteristiche della pittura di Raffaello e di Michelangelo inserendole in uno stile proprio. Uomo capriccioso, vario, abbondante, fondato, tutte caratteristiche positive per un artista.  Giulio Romano, Battaglia di ponte Milvio, 1520-1524, Città del Vaticano, Palazzi Vaticani, Sala di Costantino. Descrizione: Giulio Romano prende la responsabilità del cantiere di Raffaello dopo la sua morte. L’opera rappresenta la battaglia tra Massenzio e Costantino, e quest’ultimo è rappresentato al centro del riquadro a cavallo affiancato da altri cavalieri. Rispetto alle opere di Raffaello siamo di fronte a un maggior dinamismo e collegamento delle figure quasi leonardesco. La quantità delle figure è elevata e lontana dalle poche figure di Raffaello, le pose sono complesse tipiche della statuaria classica e di Michelangelo. I dettagli degli oggetti, dell’anatomia, delle armature sono studiati nei particolari.  Giulio Romano, Palazzo Te, Mantova. Progetto di Giulio Romano, si tratta di una villa suburbana fuori dal centro della città, creata sulla base della villa antica classica, al fine di essere un luogo di divertimento, svago, ozio e banchetti. Villa dedicata dal marito Federico Gonzaga all’amante Isabella Boschetti, legati ma mai sposati. Si tratta di un unico piano, ampia nella planimetria e con elementi del vocabolario classico come lesene, colonnati, aperture ad arco e uso del bugnato (rivestimento rustico di pietra), la cornice sotto il tetto è decorata con metope e triglifi inseriti con una studiata casualità e idea di imminente rovina, così da suggerire un senso di divertimento e di distacco dall’antico classico, inoltre le superfici non sono del tutto levigate sempre con il fine di interrompere la noia all’insegna del divertimento. Giulio romano è l’organizzatore non solo dell’opera esterna ma anche dell’impresa decorativa interna producendo diverse opere:  Sala di Amore e Psiche. Giulio Romano progetta la decorazione interna intervenendo qualche volta nell’affresco affidandosi soprattutto agli allievi, idea episodi e scene allo scopo di far rivivere l’antico attraverso riferimenti alla statuaria classica e alle architetture, ma attraverso una maniera vitale ricca di dettagli. Desiree Russo – Corso di Laurea in Beni Culturali (Ravenna)  Caduta dei Giganti, 1532-1534 e Giove che fulmina i Giganti, 1531-1535, sono opere che adornano la Sala dei Giganti del palazzo. La caduta dei Giganti è rappresentata nelle pareti della sala mentre Giove che fulmina i Giganti è rappresentata nella volta. Giove punisce i Giganti per essersi ribellati più volte al suo potere, fulminandoli e facendoli precipitare nelle viscere dell’Etna. Si fa riferimento all’utilizzo delle nuvole su disposizione centrica di Correggio per la produzione di quest’opera di Giulio Romano, la struttura delle nuvole della volta è simile a quella di Correggio con maggiore struttura e scultura nella rappresentazione delle figure. Da Mantegna riprende l’oculo al centro della rappresentazione che crea profondità. Federico Gonzaga commissiona a Giulio Romano quest’opera per essere in onore dell’imperatore Carlo V, il trionfo degli dei sui giganti fa riferimento al trionfo dell’imperatore sui nemici. I soggetti sono giganteschi al fine di stupide l’osservatore, l’espressività è maggiore rispetto a quella utilizzata da Raffaello e il modo di coinvolgere sempre anticipare lo stile barocco. PARMIGIANINO (Opere dal 1524 al 1539)  Nato nel 1503 a Parma, Francesco Mazzola, detto Parmigianino, si formò nella Bottega degli zii paterni lavorando anche nella realizzazione del duomo di Parma, si trasferì poi a Roma fino a quando, a causa del Sacco di Roma, fu costretto ad andare passando da Bologna e tornando poi nuovamente a Parma. È ricordato per l’uso di colori freddi, pennellata svelta e coincisa e figure snelle con grazia irreale.  Parmigianino, Autoritratto allo specchio, 1524 ca., Vienna, Kunsthistorisches Museum. Descrizione: Vasari descrive il volto di Parmigianino come quello di un giovane affascinante e talentuoso molto simile al fascino di un angelo più che di un uomo. L’immagine è distorta, con la mano allungata in primo piano, l’abbigliamento è tipico benestante con una pelliccia molto impegnativa e una camicia bianca. Anche lo sfondo dietro di lui è deformato a causa della convessità dello specchio. L’intenzione del pittore è quella di dimostrare le sue abilità.  Parmigianino, Visione di San Girolamo, 1525-1527, Londra, National Gallery. Storia: pala d’altare realizzata per la cappella privata di Maria Bufalini, la Cappella di San Salvatore in Lauro a Roma. Descrizione: quadro sofisticato con forte verticalismo. Nella parte superiore abbiamo la figura della vergine e del bambino in cui lei è seduta su delle nuvole che la circondano, mentre il bambino è in posizione scomposta e giocosa. La Madonna ricorda, secondo i critici, la statua della Madonna di Bruges di Michelangelo. Nella parte inferiore troviamo San Giovanni Battista inginocchiato e rivolto verso di noi compiendo una torsione per indicare il bambino (ricorda l’opera di Leonardo “San Giovanni Battista”. Infine in secondo piano sulla destra troviamo San Girolamo addormentato, in uno scorcio complesso, è soggetto della rappresentazione e colui che ha tale visione. La vegetazione rende il tutto più misterioso e le figure si incastrano in essa perfettamente. Vasari ci racconta come durante la creazione di quest’opera fossero giunti i soldati Lanzichenecchi (Sacco di Roma) e vedendo tale meraviglia decisero di lasciar lavorare Parmigianino senza distruggere la sua opera o recare del danno a lui stesso.  Parmigianino, Madonna dal collo lungo, 1534-1539, Firenze, Uffizi. Storia: opera commissionata da Elena Tagliaferri, una signora di Parma, per la sua cappella nella chiesa di Santa Maria del Serbi a Parma. Doveva essere terminato in 5 mesi ma alla morte dell’artista nel 1540 non era ancora terminato. Viene comunque collocato nell’altare per poi essere successivamente acquistato dai Medici nel ‘600. Descrizione: la Vergine è rappresentata come una figura femminile distorta, allungata sia nel collo che nelle dita delle mani che nella forma fisica generale, tutto appare eccessivamente allungato, seduta con il piede sinistro poggiato su due cuscini, mentre tiene tra le braccia il bambino, anch’esso molto grande che non somiglia ad un neonato (come da tradizione), guardandolo con tenerezza. Accanto a lei si trovano degli angeli (non ci sono le ali) che guardano sia la Madonna sia noi con sguardi inquietanti e vuoti. Le acconciature sono estremamente dettagliate sia nei ricci sia nei gioielli, con una pittura elegante in stile con lo Stile Clementino. L’opera ricorda la pietà di Desiree Russo – Corso di Laurea in Beni Culturali (Ravenna) Michelangelo sia per la posizione del braccio del bambino sia per la mano e la fascia della madonna. I panneggi sono ricchi di pieghe e leggeri in riferimento all’antico, sempre con stesso riferimento troviamo San Girolamo sullo sfondo affiancato da un piede isolato, probabilmente appartenente a San Francesco. Lo sfondo del quadro è coperto da questa tinta bruna omogenea preparatoria, sopra il quale doveva esserci lo sfondo definitivo. La prospettiva dall’alto verso il basso conferisce maggiore monumentalità all’opera. TINTORETTO (Opere dal 1548 al 1594)  Nato nel 1518 a Venezia, Jacopo Robusti, chiamato Tintoretto in quanto figlio di un modesto tintore, frequenta la Bottega di Tiziano studiando però anche la scuola di disegno fiorentino- romana.  Tintoretto, Miracolo di San Marco, 1548, Venezia, Galleria dell’Accademia. Storia: nel 1548 il miglior allievo di Tiziano, Tintoretto, crea una tela che influenzerà moltissimo Tiziano, il quale si renderà conto delle sue grandi doti e capacità. Opera creata per una confraternita veneziana per una sala della Scuola Grande di San Marco. Descrizione: l’opera rappresenta il miracolo di San Marco per la salvezza dello schiavo, il quale fu trovato a venerare le reliquie del santo dal padron che aveva comandato la sua uccisione. San Marco è la figura in alto che sta scendendo protesa sulla folla in uno scorcio complicato, mentre lo schiavo è la figura nuda sdraiata per terra, anche lui in uno scorcio complesso. San Marco, con il suo miracolo, sta facendo rompere tutte le armi della folla, salvando così lo schiavo. L’autore pensa a una struttura della scena e a una disposizione dei personaggi a modi palcoscenico, il fondale è composto da un edificio all’antica che riempie lo sfondo, sulla sinistra vi è un alto podio con colonne e allo stesso modo anche a destra troviamo un podio sul quale è seduta una figura, infine la parte superiore è riempita di elementi vegetali. Tintoretto lavora creando modellini che costruiva lui stesso con cera e creta in modo tale da potervi studiare le luci e le ombre, predilige infatti l’utilizzo dei modellini rispetto ai modelli umani, cosa che gli permette di mettere le figure in modo complesso gestendo perfettamente i chiari scuri. La luce è infatti un elemento importantissimo, le fonti sono diverse: dal fondo, da San Marco, da destra, provengono luci gestite in maniera funzionale e virtuosa al fine di ottenere scene drammatiche e dinamiche, che coinvolgono emotivamente (novità rispetto a Tiziano lontano dalla concezione di emotività). Sono presenti i complessi serpentinati di Michelangelo. Il colore è forte nei primi piani e tenue nello sfondo così da dare forza e credibilità.  Tintoretto, Crocifissione, 1565, Venezia, Scuola Grande di San Rocco. Storia: tela di 5,30x12,20 metri, collocata nella scuola grande di San Rocco, un’altra confraternita veneziana. Nel 1564 aveva partecipato ad un concorso indetto dalla confraternita che prevedeva la creazione di un bozzetto di un San Rocco in Gloria che sarebbe poi dovuto essere collocato, l’opera compiuta, sul soffitto della confraternita. Tutti creano un bozzetto (opera pittorica olio su tela/carta, preparatoria al dipinto, creata per presentare le proprie idee sulla composizione) ma Tintoretto creò l’intera opera in brevissimo tempo così da divenire l’incaricato delle decorazione di tutta la confraternita. Descrizione: il tema è la crocifissione di Cristo, vi è un’unità dell’insieme nonostante la presenza di diversi gruppi di figure. Il fulcro è Cristo crocifisso, al centro della tela, al quale, due personaggi sotto la croce, stanno per dare la spugna intrisa d’aceto per bere. Sotto la croce vi è il solito compianto con le Marie, Maddalena, San Giovanni Evangelista, ecc. Ci sono poi diversi gruppi di figure: soldati che si contendono le vesti di Cristo, uomini a cavallo descritti nelle fisionomie e nei volti (probabilmente ritratti di uomini della confraternita, Tintoretto è un gran ritrattista che crea ritratti perfettamente caratterizzati). Al fianco della croce di Cristo si trovano le altre due una per terra e una che sta venendo sollevata, con uno scorcio del ladrone molto complesso. Il paesaggio si affianca alle figure perfettamente inserite, ma definite dalla luce, in maniera geometrica seguendo forme piramidali e triangolari. I colori sono di tinte pastello che ricordano le tinte di maniera poco naturali. Grande cura verso i sentimenti e all’emotività espressiva dei soggetti.  Tintoretto, Ultima cena, 1594, Venezia, San Giorgio Maggiore. Desiree Russo – Corso di Laurea in Beni Culturali (Ravenna) vera e propria scuola di insegnamento del modello in carne ed ossa, uno studio dal vero, con corsi aggiuntivi di lettura, architettura, anatomia, prospettiva, scienza, ecc. al fine di creare un artista a tutto tondo.  Nel 1934 lo studioso Roberto Longhi scriverà un volume intitolato “Momenti della pittura bolognese”, una sorta di introduzione al corso degli Incamminati, con lo scopo di rivalutare la loro attività in quanto stroncati in età romantica per via della considerazione troppo accademica della loro arte. L’autore riscatta la loro pittura sostenendo che il loro rifiuto verso il manierismo era stato voluto per comunicare in maniera diretta con la natura e la realtà, aprendo perciò le finestre al posto dei libri. LUDOVICO CARRACCI (Opere dal 1584 al 1591)  Nato nel 1555 a Bologna, il suo contributo all’interno dell’accademia è soprattutto di carattere tecnico-pratico, a differenza del cugino Agostino molto più teorico e colto rispetto agli altri due.  Ludovico Caracci, Annunciazione, 1584, Pinacoteca Nazione, Bologna. Storia: in origine in una stanza di catechismo per bambini, ha le caratteristiche designate dal Concilio di Trento. Descrizione: il tema è l’annunciazione, la vergine si trova inginocchiata davanti a un leggio con un libro di preghiere all’interno della sua stanza semplice e modesta, con alle spalle un letto e accanto a lei un cestino da lavoro. Davanti alla vergine si trova l’angelo annunciante, appena arrivato con i penneggi in movimento e le ali aperte, le porge il giglio, simbolo della purezza. A concludere l’opera si trova la colomba dello spirito santo che entra dalla finestra. I volti sono semplici, pure, proprio come l’ambiente con un punto di fuga centrale, gli atteggiamenti sono naturali, con un chiaro scuro abbastanza pronunciati crea effetti di luce ed ombre dovuti dalle due fonti di luce ovvero la finestra e da sinistra. L’immagine rappresenta una religiosità autentica vissuta nel quotidiano. Per attualizzare la scena sacra l’artista inserisce nello sfondo degli edifici di Bologna, in modo tale che colore che osservano la scena si sentano vicini ai protagonisti. Lo studio del vero è affiancato da una pittura morbida e delicata con un attenzione verso i sentimenti, caratteristiche presi dai pittori veneziani e dai pittori del rinascimento maturo (non dai manieristi, da essi si discosta).  Ludovico Carracci, Madonna col Bambino e i santi Francesco, Domenico, Chiara, Maddalena (Pala Bargellini), 1588, Bologna, Pinacoteca Nazionale. Storia: tra le opere più importanti dell’artista, realizzata per la chiesa delle suore convertite di Bologna, con committenza Cecilia Bargellini, da qui il nome Pala Bargellini. Descrizione: l’opera rappresenta la Madonna col bambino e i santi, la committente è rappresentata di profilo in atteggiamento di preghiera nelle vesti di Santa Chiara, dietro di lei si trovano San Francesco e San Domenico, quest’ultimo guarda verso di noi e allarga le braccia indicando la vergine (I due santi hanno il volto dei fratelli di Cecilia), sulla destra, di fronte a Santa Chiara si trova la Maddalena che regge il vasetto degli unguenti. Nella parte superiore si trovano degli angioletti e una coppia di essi sta per incoronare la vergine, seduta al trono, in posizione più alta delle altre figure, sotto un portico di Bologna. Sullo sfondo troviamo una veduta di Bologna, riconoscibile dalle due torri ben in evidenza. Lo schema composito è ispirato alla Pala Pesaro di Tiziano: la madonna e il bambino rialzati, le colonne, gli angeli nella parte alta. Di diverso rispetto all’opera di Tiziano è la raffigurazione della vergine, senza caratteri specifici ma semplicemente come una mamma qualunque che stringe il proprio bambino, un po’ imbronciato, che guarda verso i santi. DI importante vi sono i sentimenti e lo stato d’animo (su base delle opere di Correggio), qui si parla di dolcezza e tenerezza. In generale i personaggi sono molto più simili a noi, e non sono quindi distaccati nella raffigurazione come quelli di Tiziano, inoltre la gamma cromatica è sempre naturale, allontanandosi dai colori vivaci di Tiziano. La presenza del secchiello con l’aspersorio si riferisce alla purificazione e salvezza della Maddalena come ex prostituta in riferimento a sua volta alle monache della chiesa, convertite da prostitute.  Ludovico Carracci, Sacra famiglia con San Francesco e donatori, 1591, Cento, Pinacoteca, Civica. Storia: quest’opera diviene un modello di riferimento per Guercino (Pittore del 1891 molto apprezzato, si forma a Bologna seguendo da vicino la produzione di Ludovico, chiamerà Desiree Russo – Corso di Laurea in Beni Culturali (Ravenna) quest’opera “Caro Seno/Caraccina” in riferimento al primo quadro con cui nutre i suoi insegnamenti). Opera commissionata dai coniugi Piombini. Descrizione: quest’opera sintetizza tutte le caratteristiche della pittura dei Carracci: attenzione della realtà (circostanze metereologiche: cielo tempestoso sul fondo), scambio di sguardi e di gesti, presenza dei sentimenti che legano le figure, chiaroscuro forte con luci che creano ombre profonde. La vergine e il figlio si stringono mentre guardano San Francesco che ricambia gli sguardi mentre indica i committenti dell’opera. Di fronte a San Francesco si trova San Giuseppe che guarda in adorazione la propria famiglia (ricorda il Mosè di Michelangelo), alle sue spalle ci sono due angeli che conversano mentre sullo sfondo troviamo un colonnato all’antica che riempie il lato sinistro e un cielo in tempesta sul lato alto. ANNIBALE CARRACCI (Opere dal 1583 al 1604)  Nato nel 1560 a Bologna, è il più importante dei Carracci a causa della sua forte personalità e delle sue grandi capacità pittoriche che lo collocano subito al vertice dell’Accademia. La sua tecnica pittorica è colta e raffinata, basata sullo studio dei grandi modelli del Rinascimento fiorentino- romano, sommata al colore tipico veneto e alla grazia tipica di Correggio.  Annibale Carracci, Il mangiafagioli, 1583, Roma, Galleria Colonna. Storia: Annibale Carracci, dopo aver lavorato all’interno dell’Accademia, si trasferirà a Roma portando, prima del suo trasferimento, alla nascita di quest’opera di genere. Per opera di genere si intende una rappresentazione di scene tratte dalla quotidianità di tutti i giorni, con personaggi umili, in luoghi modesti. Descrizione: l’opera rappresenta la figura di un contadino, vestito in maniera umile con un cappello di paglia con pennacchio e vesti modeste. È seduto alla tavola di un osteria, o della sua abitazione, in ogni caso è un luogo modesto, sottolineato dalla finestra rotta sulla sinistra. Sta mangiando una zuppa di fagioli, guardando l’osservatore in maniera diffidente, tenendo stretto il pane con la mano sinistra, quasi ad indicare che sia di sua proprietà. Sul tavolo ci sono poi una brocca e bicchiere di vino, un piatto con dei funghi, del pane e dei porri, tutti cibi destinati ad una tavola povera. La critica sottolinea la realizzazione estremamente realistica della figura con un aspetto affamato e diffidente. L’idea è rappresentare il carattere, ma non in maniera parodica, ma bensì in maniera veritiera. I colori sono spenti e terrosi.  Annibale Carracci, La bottega del macellaio, 1585, Oxford, Christ Church. Storia: un quadro molto grande delle dimensioni di un quadro sacro. Si ipotizza collocato in origine nella compagnia dei Beccai ovvero la compagnia dei macellai, oppure in una famiglia di macellai bolognesi famosa, i Canovi. Descrizione: l’opera celebra la dignità del lavoro e la sua importanza mettendola al pari di una scena sacra, non minimizza ne ridicolizza il lavoro di questi uomini. Ci troviamo all’interno di una bottega di un macellaio, i macellai sono all’opera, pesano, spostano e puliscono la carne. Sulla sinistra si trova poi un soldato, probabilmente un cliente, nell’atto di tirare fuori dei soldi.  La rappresentazione del paesaggio moderno e il periodo a Roma. Annibale viene ricordato per aver messo a punto la rappresentazione del paesaggio moderno. Nel 1584 l’artista accetta l’invito a Roma del cardinale Odoardo Farnese, al fine di eseguire una serie di decorazioni all’interno del Palazzo Farnese in campo dei fiori (edificio importante realizzato da Michelangelo), più nello specifico si parla della decorazione della galleria della volta di Palazzo Farnese, dove sarebbero poi state collocate le statue della collezione del cardinale. (Statue importanti per lo studio degli artisti che si trovavano a Roma agli inizi del 1600). Annibale lavora come un qualunque modesto collaboratore, motivo di dispiacere per l’artista, che comunque si adatta ugualmente, lavorando fino alla sua morte agli inizi del Seicento, si pensa a problemi neurologici legati alla depressione causata dal lavoro in queste condizioni.  Annibale Carracci, Fuga in Egitto, 1603-1604, Roma, Galleria Doria Pamphili. Storia: opera realizzata in collaborazione con Francesco Albani, commissionata dal cardinale Pietro Aldobrandini (nipote del papa Clemente VIII, colui che portò a Roma i Baccanali di Tiziano), richiede una serie di sei lunette per onrare una delle stanze del suo palazzo. Tali lunette dovevano Desiree Russo – Corso di Laurea in Beni Culturali (Ravenna) apparire come delle vere e proprie finestre, aperture oltre le quali poter ammirare dei paesaggi. La fuga in Egitto rappresenta il paesaggio più ammirato della serie, è considerato il primo paesaggio moderno in cui esso stesso è il protagonista dell’opera e le figure, la vergine con il bambino, l’asino e San Giuseppe che fuggono dall’Egitto, si trovano in una piccola porzione di tutto lo spazio a disposizione. Il paesaggio è costruito e inventato, con equilibrio tra le parti con gli elementi disposti in maniera studiata per dare a pieno la visione paesaggistica. Con quest’opera Annibale inaugura due generi distinti: la scena di genere e il paesaggio classico.  Annibale Carracci, Volta della Galleria di Palazzo Farnese, 1594-1600, Roma. Storia: si tratta di un ambiente molto lungo e illuminato da finestre nella parte inferiore, luogo di allestimento delle collezioni di oggetti d’arte. L’occasione per la realizzazione sono le nozze tra Ranuccio Farnese e Margherita Aldobrandini, per il quale viene decorato ad affresco tradizionale l’intero ambiente con episodi tratti dalla metamorfosi di Ovidio, una raccolta di racconti sull’amore degli dei. Secondo Tommaso Montanari questa galleria è il simbolo della nascita del Barocco, affiancato dalla realizzazione della Cappella Cottarelli di Caravaggio, portando così il Barocco ad essere periodizzato come nato nel 1600. Descrizione: La volta della galleria è costruita attraverso un intelaiatura architettonica dipinta chiamata quadratura, dove le scene sono inserite all’interno di cornici dipinte, pensate come quadri che vengono applicati sulla volta della galleria. Si parla solo di pittura, non c’è alcun rilievo.  Il Trionfo di Bacco e Arianna. L’episodio centrale della volta, con Bacco e Arianna sulla sinistra, sopra due carri trainati da animali, circondati da satiri e menadi che danzano. Opera che fa riferimento ai baccanali di Tiziano, è il primo artista che rende omaggio al pittore in maniera chiara. I danzatori ricordano gli stessi di “Bacco e Arianna”, la donna sdraiata sulla destra richiama la figura del “Baccanale degli Andrii”. Inoltre è presente anche un influenza di Michelangelo e di Raffaello nei corpi robusti e mascolini. Il ragazzo al fianco di Arianna ricorda poi nei tratti del volto le fisionomie dei personaggi di Correggio.  Diana ed Endimione. L’episodio ricorda le scene degli ignudi seduti nella Cappella Sistina, sono perciò chiari riferimenti a Michelangelo, rivisitati alla luce di Correggio e alla naturalezza dei Carracci, rendendo la figura più morbida. La dimensione quotidiana che permette allo spettatore di venir coinvolto è accentuata dalla presenta del cane disteso che dorme assieme ad Endimione e dalla presenza di due amorini, probabilmente ripresi dall’opera Danae di Correggio. Secondo la critica il colore ricorda molto Tiziano.  Paride e Mercurio. La figura di mercurio che scende dall’altro ricorda le figure con scorci complessi di Tintoretto (ad esempio nel Miracolo dello Schiavo). Annibale cita sia lui che Tiziano. Il paesaggio ha un ruolo molto importante, inquadra la scena rendendo, attraverso l’inserimento del cane, il tutto meno formale.  Annibale Carracci, Santa Margherita, 1599, Roma, Santa Caterina dei Funari. Storia: opera eseguita per la Chiesa di Santa Caterina dei Funari, viene ricordato dai biografi di Caravaggio, in particolare da Giovan Pietro Bellori (scrive dopo l’artista), come un quadro di grande novità, che nel momento della sua conclusione viene visto da molti pittori incuriositi, tra cui Caravaggio stesso, il quale vedendolo si rallegrò scoprendo che esisteva qualcun altro, oltre a lui, in grado di essere un pittore, un pittore che, come lui, dipinge nella buona maniera naturale. Caravaggio stima Annibale nella sua volontà di comunicare sia con la natura sia con lo spettatore. Descrizione: Santa Margherita è appoggiata in maniera disinvolta sopra un altare, rivolta verso di noi e indicando il cielo. Opera in linea con le caratteristiche del Concilio di Trento. L’opera vuole comunicare e coinvolgere lo spettatore, attraverso una rappresentazione semplice sia delle figure che dei paesaggi, tutto è all’insegna del naturalismo e della semplicità. Questa volontà di comunicazione manca nella tarda maniera, caratterizzata da essere più complessa e fredda.  Cappella Cerasi, Roma, Santa Maria del Popolo. Tiberio Cerasi, ministro delle finanze del papa Clemente VIII, fu un uomo ricco e potente he acquistò la chiesa di Santa Maria del Popolo con il fine di ristrutturarla. Si tratta di una Cappella di forma semicircolare, ristrutturata dall’architetto Carlo Maderno in una cappella con vano cubico. Durante la ristrutturazione Tiberio commissiona le opere per adornarle ad Annibale Caracci e a Caravaggio. Caracci aveva appena concluso la volta della cappella farnese mentre Caravaggio si Desiree Russo – Corso di Laurea in Beni Culturali (Ravenna) Storia: nel 1599, grazie alla mediazione del cardinale Francesco Maria del Monte (protettore di Caravaggio), Caravaggio viene chiamato per eseguire due tele destinate alla cappella di Matteo Contarelli nella chiesa di San Luigi dei Francesi. Queste due tele sono la “Vocazione di San Matteo” e il “Martirio di San Matteo”. La prima opera realizzata è quella del martirio. Il committente era già morto da diversi anni ed era stato il ministro delle finanze di papa Gregorio XIII, uomo ricco che aveva dato disposizioni ai suoi eredi, i quali, grazie alla mediazione di Del Monte, chiamarono Caravaggio. Simo di fronte alla prima commissione pubblica di Caravaggio, prima di allora solo opere per collezioni private. Descrizione: l’opera è composta da una serie di figure sedute a un tavolo all’interno di uno stanzone spoglio, probabilmente l’ufficio della Gabella dove venivano versate le tasse (Mattero era un gabelliere). Matteo è l’uomo con la barba a e il cappello nero che indica verso sé stesso, posto verso il centro della rappresentazione, egli sta chiedendo a Gesù e a Pietro se si stanno rivolgendo a lui. Cristo e Pietro sono appena entrati nella stanza da una porta posta in alto non rappresentata, ma da cui entra un forte fascio di luce. Cristo ha il gesto di Dio nella Creazione di Adamo di Michelangelo in riferimento allo studio dell’autore dei grandi artisti. Al tavolo con Matteo si trovano altre figure che contano monete, forse il giovane sta versando le tasse. La potenza e la forza della luce creano contrasti chiaroscurali, affiancati da un forte realismo nella resa delle espressioni e degli atteggiamenti. Anche l’abbigliamento delle figure e i dettagli sono molto curati. I vestiti sono contemporanei per contestualizzare una scena sacra come un evento dei tempi dell’artista.  Caravaggio, Martirio di San Matteo, Roma, San Luigi dei Francesi, Cappella Contarelli. Storia: da delle radiografie si è notato che si tratta di una seconda stesura su una prima iniziale. Ricordiamo che è la sua prima opera pubblica quindi l’indecisione è normale. Nella prima rappresentazione le figure sono più piccole e ammassate nella parte destra e lo sfondo è composto da una struttura architettonica. La critica pensa che sia stata coperta perché si accorge che le figure sono troppo piccole, non gestisce bene gli spazi. Non ci sono incisioni, nella seconda stesura sì. Descrizione: Matteo è la figura riversa a terra che viene aggredita da un giovane con una spada (ispirato alla statuaria classica), rappresentato nell’atto di colpirlo nuovamente con lo scopo di ucciderlo, mentre sta dicendo messa all’interno di un edifico religioso, in particolare poco prima di battezzare dei giovani, seminudi e che riempiono la composizione, uno di essi è l’assassino. Longhi descrive questo momento come un “fattaccio di cronaca nera”. Sullo sfondo vi è l’altare della chiesa. In alto si vede l’angelo che dona a Matteo la palma simbolo del martirio. Tutte le figure scappano dal centro della figura, muovendosi come una “folla grigia e vigliacca”, alcuni sono in abiti contemporanei (motivo di contestualizzazione). Caravaggio si autoritrae quasi sullo sfondo, mentre guarda da lontano con una smorfia. Il Martirio è più dinamico della vocazione. Apertura al pubblico: quando la cappella viene aperta al pubblico, Baglioni ci parla di come il pittore tardo manierista tra i più famosi a Roma dell’epoca, Federico Zuccari, vedendo le opere, le giudicò come un imitazione di Giorgione, in maniera negativa, nel tentativo di imitare la pittura naturalista. La critica visualizza Caravaggio come continuatore di Giorgione.  Caravaggio, San Matteo e l’angelo, Prima versione, San Luigi dei Franceschi, Cappella Contarelli. (Distrutta) Storia e descrizione: prima opera posta sull’altare della cappella, distrutta durante il secondo conflitto mondiale dai bombardamenti mentre si trovava a Berlino. Dipinto rifiutato perché non rappresenta il santo in maniera positiva, San Matteo sembra un uomo del popolo, analfabeta, che si fa aiutare dall’angelo che lo sta guidando fisicamente nella scrittura del Vangelo, i piedi sono sporchi e rivolti verso di noi. Luigi Spezzaferro fa una diversa ipotesi, pena che si tratti di una versione temporanea, realizzata di fretta per essere messa sull’altare a sostituire una statua di San Matteo, rifiutata. A sostegno vi sono le dimensioni minori del quadro, che non lo rendono quadro per altare.  Caravaggio, San Matteo e l’angelo, Seconda versione, San Luigi dei Franceschi, Cappella Contarelli. Storia: seconda versione dell’opera per l’altare della cappella (varie ipotesi elencate sopra), tra la vocazione e il martirio di San Matteo. Dipinto realizzato dopo gli altri due, questo perché all’inizio Desiree Russo – Corso di Laurea in Beni Culturali (Ravenna) era stata commissionata la realizzazione di una statua di San Matteo che però non piace alla committenza. Descrizione: l’angelo scende dall’alto, circondato da drappeggi in movimento, mentre enumera i concetti che Matteo deve riportare nel vangelo. Matteo è una figura elegante, con un abito all’antica con tonalità calde del rosso e arancio. Si trova in una posizione poco stabile, sta per iniziare a scrivere il vangelo, sopra uno sgabello che sporge dal pavimento/balaustra, con l’idea di venire verso di noi (coinvolgimento). Matteo si rivolge all’angelo ascoltandolo.  Caravaggio, Conversione di San Paolo, Crocifissione di San Pietro, 1603-1605, Roma, Cappella Cerasi. Descrizione: (storia della cappella nell’Assunzione della Vergine di Annibale Carracci). Siamo sempre nel racconto di Montanari che immagina Rubens all’interno della Cappella il quale le descrive come opere silenziose, immobili e buie, seguendo le parole di Giovan Pietro Bellori “storie affatto senza azione”. Montanari nota come Caravaggio e Annibale dialogano tra loro nel tentativo di far uscire le proprie figure dalla scena, figure imminenti, che si avvicinano a noi. In entrambi la luce è diretta e intensa. Crocifissione: gli Aguzzini sembrano ingranaggi muti che sollevano Pietro inchiodato alla croce a testa in giù. Il corpo del santo è molto realistico in uno scorcio ben studiato. Gli uomini hanno abiti contemporanei (contestualizzazione), umili, da lavoro, con piedi sporchi. Presente poi una natura morta con vanga, martello e sassi. Conversione: Paolo è caduto a terra dal cavallo e ci appare sdraiato quasi a fuoriuscire dal quadro stesso. Dio padre è rappresentato dalla luce che inonda la scena, manca il paesaggio e il dato naturale. Tutto all’insegna della sintesi.  Caravaggio, Conversione di San Paolo, 1600-1601, Collezione privata Odescalchi. (Prima versione) Storia: esiste una prima versione sia della conversione di San Paolo, sia della crocifissione di San Pietro, entrambi su tavola. La crocifissione non è ancora stata identificata, ma sappiamo della sua esistenza. Baglione ci racconta come entrambe le opere fossero state rifiutate perché non piacevano al committente, vengono poi messe sul mercato e acquistate, entrambe, dalla famiglia di collezionisti Sannesi. Probabilmente rifiutate, non perché non piaciute, ma perché non adatte alla cappella, la quale viene trasformata da semicircolare a cubica, Caravaggio le pensa per uno spazio più grande e diverso. Descrizione: la conversione è un’opera ricca di figure e intrecci, si è provato a inserire l’opera al posto di quella che oggi si trova nella Cappella Cerasi e i è notato che il quadro non funziona, è troppo grande per uno spazio così piccolo, non c’è la distanza giusta per leggerlo e apprezzarlo. L’opera vede molteplici figure tra cui quella di Dio che viene trattenuto dall’angelo, tutto in maniera dinamica e con molti dettagli, è presente anche un paesaggio e quindi un dato naturale.  Caravaggio, Deposizione, 1602-1604, Città del Vaticano, Pinacoteca Vaticana. Storia: commissionata dalla famiglia Vettrice per l’altare della famiglia nella Chiesa Nuova retta dagli oratoriani di San Filippo Neri, viene giudicato tra i capolavori di Caravaggio, se non il primo fra tutti. Descrizione: Nicodemo, il personaggio in primo piano vestito di arancione, è l’unico che si rivolge a noi, al suo fianco, mentre lo aiuta a sorreggere Cristo, si trova Giovanni Evangelista. Dietro di loro ci sono la Vergine, una donna piangente ovvero la Maddalena e una donna con le braccia al cielo ovvero Maria di Cleofa, la quale si rivolge a Dio sia con lo sguardo che con i gesti. L’unico che guarda verso di noi è Nicodemo, ma nonostante ciò ci sentiamo comunque coinvolti nella scena, questo per via dell’angolo della lastra che quasi rompe il dipinto, Nicodemo e Giovanni stanno poggiando Cristo nell’altare sottostante, altare presente realmente nella sala in cui è collocata, vi è quindi un collegamento tra figure, Cristo e spettatore. Il braccio abbandonato di Cristo riprende il braccio di Meleagro ma da un punto di vista differente, in uno scorcio laterale. Lo sfondo è scuro e la luce teatrale vuole far risaltare le figure.  Caravaggio, Giuditta e Oloferne, 1602, Roma, Galleria Nazionale di Arte Antica. Storia: opera realizzata negli anni in cui lavora più intensamente, viene commissionata da Ottaviano Costa. Desiree Russo – Corso di Laurea in Beni Culturali (Ravenna) Descrizione: Giuditta, per salvare il suo popolo, fa ubriacare il generale assiro Oloferne, finge di sedurlo e infine lo uccide nel suo letto. Giuditta taglia la testa con un gesto che crea drammaticità, con il sangue che schizza dalla ferita, una scena cruenta, un quadro dell’orrore definito da Montanari. Al suo fianco si trova la serva, una vecchia descritta di profilo in maniera perfetta e precisa (ricorda l’esperienza di Leonardo), con un sacco in mano nel quale verrà messa la testa di Oloferne. Second le fonti Giuditta dovrebbe essere una delle prostituite di Caravaggio, Filide Melandroni. Nella mostra “Dentro Caravaggio”  numerose incisioni ancora visibili con uno strumento appuntito che impostano la composizione, soprattutto nella figura di Giuditta e Oloferne, pennellate di abbozzo chiaro ben visibili nella riflettografia IR, utilizzate per identificare le parti di luce, la testa di Oloferne viene spostata per dare più spazio alla ferita e alla spada, l’elsa della spada viene utilizzata per il dito di Giuditta.  Caravaggio, Morte della Vergine, 1605-1606, Parigi, Louvre. Storia: tra i capolavori di Caravaggio, apprezzato molto da Rubens. Quadro realizzato dopo l’uccisione del collega Ranuccio Tomassoni, viene commissionato da Laerte Cherubini per la Cappella Cherubini nella Chiesa di Santa Maria della Scala retta di Carmelitani Scalzi. Quadro rifiutato, secondo alcuni si tratta dell’unico vero rifiuto di Caravaggio, rifiutato sia dal committente sia dai Carmelitani Scalzi (i religiosi), viene poi messa in vendita e acquista da Rubens per conto del duca di Mantova, dopo aver avuto la sua approvazione, viene trasferita a Mantova solo più avanti, in quanto molti volevano vederla, così Rubens creò, per modo di dire, la “prima mostra” su Caravaggio. Descrizione: la Vergine appare gonfia e con le caviglie scoperte, come se fosse annegata, si crede che la vergine sia sulla base della stessa figura della vergine nel “Riposo durante la fuga” e quindi la prostituta Anna Bianchini, morta annegata nel Tevere, probabilmente l’artista la prese dal Tevere e la usò per la rappresentazione. La vergine, rappresentata come una donna qualunque, viene pianta dai suoi affetti, circondata dagli apostoli e con al fianco la maddalena disperata. Opera rifiutata perché non rappresenta questa morte come un passaggio, cosa che in realtà è, della Vergine dal mondo terreno a quello di Dio. Nella tradizione bisognava rappresentarla sul letto di morte con la sua anima che saliva al cielo per essere accolta da Gesù. In quest’opera abbiamo la rappresentazione di una morte qualunque e quindi una fine, non un passaggio. Il quadro non è completo iconograficamente parlando. L’ambiente è spoglio, solo un pesante drappo rosso, tipico della pittura veneta. La luce proviene da dietro, probabilmente da una finestra, illuminando la vergine ma lasciando gli altri personaggi nell’ombra  Caravaggio, Madonna dei Pellegrini, 1604-1605, Roma, Basilica di San’Agostino. Storia: commissionata da Ermete Cavalletti, che si fa rappresentare nelle vesti di pellegrino nel signore di schiena con i piedi sporchi rivolti verso di noi. Ermete era devoto alla Madonna di Loreto o Madonna dei Pellegrini, si recava regolarmente nella basilica di Loreto per il pellegrinaggio e decide di celebrare la sua devozione con questo quadro. Descrizione: la Vergine è rappresentata sull’uscio della porta mentre sostiene il figlio, il suo volto ricorda quello della prostituta Lena Tognetti, ed è rivolta verso i due pellegrini, uno di loro è Ermete, inginocchiati di fronte a lei. Baglione scrive che nel momento in cui il quadro venne mostrato al popolo vi fu un grande schiamazzo, le ipotesi sono due: o ci si scandalizza per le sembianze di Lena Tognetti, prostituta molto nota, oppure ci si impressione per la bellezza e naturalezza del quadro. Nella mostra “Dentro Caravaggio”  presenza di incisioni e utilizzo della preparazione scura a vista, utilizzata per le ombre.  Caravaggio, Decollazione di San Giovanni Battista, 1608, Oratorio di San Giovanni battista, Malta, La Valletta. Storia: nel 1606 Caravaggio fugge per non essere incarcerato per il suo omicidio e trova ospitalità nella famiglia Colonna, si sposta poi a Napoli e infine a Malta, sotto la protezione di Alod de Wignacourt, maestro dell’ordine dei cavalieri di Malta. Caravaggio ha l’ambizione di diventare cavaliere e riesce a farsi nominare tale. Descrizione: quadro di 5,20x3,21 metri, diverso rispetto ai suoi soliti quadri, non si trova più nel suo studio con i suoi strumenti e i suoi colori: la luce non è più diretta e forte ma illumina il quadro e si frammenta; la firma di Caravaggio è fatta con il sangue che esce dal collo reciso di San Desiree Russo – Corso di Laurea in Beni Culturali (Ravenna) maestose e ricche nell’anatomia, in riferimento agli studi sulla statuaria classica. L’idea compositiva è la stessa ma le differenze sono molteplici. UNITA’ 21.6 – IL SEICENTO. I PROTAGONISTI DELLA ROMA BAROCCA GIAN LORENZO BERNINI (Opere dal 1621 al 1661)  Nato nel 1598 a Napoli, è di origine toscane e nasce in un momento di passaggio della famiglia per Napoli. Il padre, Pietro Bernini, è uno scultore tardomanierista e farà trasferire la sua intera famiglia a Roma nei primi anni del 1600, lavorando per la famiglia Borghese. La formazione di Gian Lorenzo avviene principalmente a Roma e la sua carriera artistica sarà all’interno della corte papale di Urbano VIII Barberini. Con lui abbiamo la massima fioritura del linguaggio barocco, sarà scultore, architetto, pittore, commediografo e scenografo.  Gian Lorenzo Bernini, Autoritratto, 1635 ca., Uffizi, Firenze. Storia: Bernini fu un abile scultore e architetto, ma anche un pittore. Realizza circa 200 quadri, quasi tutti per sé stesso e non per commissioni o vendita, alla sua morte gran parte delle sue opere si trovano in casa sua. Descrizione: l’artista si rappresenta senza gli attributi dell’artista (pennelli, tavolozza, ecc.), in un attimo qualunque, non è in posa ma semplicemente ci guarda con la bocca dischiusa, come se stesse per dire qualcosa o l’avesse appena detta. I colori sono pochi e la pennellata è veloce. Filippo Baldinucci, biografo degli artisti del 1600 e di Bernini, ci spiega che per non dare l’impressione che il soggetto sia in posa è necessario inserire le labbra dischiuse nell’atto di parlare, infatti, anche i busti sono fuori posa, con labbra dischiuse, pose contorte o particolari fuori posto (es. bottoni slacciati).  Gian Lorenzo Bernini, Ratto di Proserpina, 1621-1622, Roma, Galleria Borghese. Storia: commissionato da Scipione Borghese, appassionato d’arte e amico di Caravaggio, sarà negli ultimi anni della sua vita, morirà nel 1632, molto legato a Bernini, offrendogli, per primo, l’occasione di realizzare gruppi scultorei in marmo. L’opera è pensata per essere vista solo dal davanti, ha un unico punto di vista, in origine era infatti posizionata contro la parte e non al centro della stanza, perciò pensata per non girarci intorno. Descrizione: Proserpina viene rapita da Plutone, il quale è appena comparso, la prende e la aggredisce così da portarla negli inferi. Proserpina (personificazione della fertilità primaverile) piange, le sue lacrime e la sua espressione ricordano quelle di Caravaggio e di Rubens, si tratta di una scultura molto più realista rispetto alle sculture dell’epoca. L’opera utilizzata come riferimento da Bernini fu il “Ratto delle Sabine” di Giambologna del 1574-1580 (oggi a Firenze). Gli studiosi sottolineano la difficoltà e lo spreco di marmo nella realizzazione di un braccio così distaccato dal corpo, che comporta quindi l’utilizzo di un blocco molto grande. Montanari considera Bernini uno scultore con l’anima da pittore, in quanto riesce a conferire alle sue opere un grande realismo nei valori tattili e materici, si tratta di una profonda attenzione per il vero che lo portano a somigliare molto più a un pittore che a uno scultore, l’artista difatti non prende come riferimento scultori ma bensì due pittori: Rubens, da cui prende il dinamismo e l’espressività, e Caravaggio da cui prende il naturalismo.  Gian Lorenzo Bernini, David, 1623-1624, Roma, Galleria Borghese. Storia: opera creata per essere appoggiata al muro, proprio come il “Ratto di Proserpina”, realizzata anch’essa su commissione di Scipione Borghese. Durante la realizzazione di quest’opera l’artista avrà al suo fianco il cardinale Maffeo Barberini, amico di Scipione Borghese e futuro papa Urbano VIII. Maffeo, appassionato di arte e di letteratura, sosterrà lo specchio a Bernini durante la realizzazione del volto di David (autoritratto), inoltre, una volta divenuto papa, diverrà il suo più grande committente. (la datazione delle opere commissionate da Scipione sono tutte accertare da documenti emessi dall’amministrazione) Descrizione: Bernini prende spunto dai David di Michelangelo, Donatello e Verrocchio, ma rispetto ad esse troviamo delle notevoli differenze. L’opera è più dinamica, il momento Desiree Russo – Corso di Laurea in Beni Culturali (Ravenna) rappresenta l’azione, ne prima ne dopo essa, ma l’azione in sé, ovvero David in atto di scagliare il sasso che colpirà Golia, posizionato idealmente nel nostro spazio. Abbiamo quindi un rapporto tra lo spettatore e la scultura, attraverso una figura teatrale e con gestualità enfatiche.  Gian Lorenzo Bernini, Apollo e Dafne, 1622-1625, Roma, Galleria Borghese. Storia: si tratta dell’ultimo gruppo scultoreo realizzato da Bernini. Gruppo scultoreo criticato dalla cerchia ristretta di Scipione Borghese, perché rappresenta un’immagine troppo libera, vera e sensuale per essere all’interno della collezione di un cardinale. In merito a ciò Maffeo Barberini propone a Scipione di inserire sulla base di appoggio della statue un distico di versi che possa offrire una lettura diversa dell’opera, trasformandola da opera sensuale a opera che consiglia di non comportarsi come Apollo, che vuole per sé una donna che per sfuggirgli diventa tutt’altro lasciandolo senza nulla. Descrizione: vicenda tratta dalle Metamorfosi di Ovidio (molto utilizzate dagli artisti), narra della storia del Dio Apollo, che, innamorato della ninfa Dafne, la rincorre per poterla fare propria, ma Dafne, per salvarsi, chiede al padre di poter essere trasformata in una pianta di alloro (in greco Daphne), mentre grida disperata in quanto non vuole divenire tale ma è l’unico modo per fuggire ad Apollo. La figura di Dafne ricorda molto la posa del fanciullo che fugge nel “Martirio di San Matteo” nella cappella Contarelli di Caravaggio, da egli riprende non solo la posa ma anche la drammaticità e il senso del dolore. Bernini è convinto che vi siano molte più novità interessanti nella pittura che nella scultura. Bernini riesce a trasformare il marmo in qualcosa che non è, ovvero da la sensazione di carne, di tenero, la consistenza delle foglie, dei capelli, tutto è estremamente fedele alla realtà e all’impressione tattile. In secondo luogo troviamo l’importanza della dinamicità, del movimento (nella statuaria classica è tutto rivolto allo statico). Viene aiutato da Cosimo Fancelli. Alcune parti non rifinite perché creata per visione frontale, poggiata davanti a un muro.  Gian Lorenzo Bernini, Baldacchino di San Pietro, 1624-1633, Città del Vaticano, Basilica di San Pietro. Storia: Maffeo Barberini diviene papa nel 1623 (fino al 1644) con il nome di Urbano VIII dando inizio all’età d’oro del Barocco. Durante i 20 anni del suo pontificato Bernini è il suo artista di fiducia, il sogno del papa era trasformare Bernini in un artista completo, su modello di Michelangelo, quindi eccellente pittore, scultore e architetto, per sua sfortuna, Bernini fu un abilissimo scultore e architetto ma mantenne la pittura solo a un livello personale, quasi mai creandone su commissione o per vendita. Filippo Baldinucci ci racconta che una delle prime cose che Maffeo Barberini fa non appena divenuto papa è chiamare Bernini a corte e sottolinea come Bernini fu fortunato ad essere chiamato dal papa ma anche come il papa fu fortunato ad avere un artista come lui. Urbano VIII vuole trasformare la città di Roma in una città magnifica e moderna e si sofferma soprattutto sulla basilica di San Pietro, (nel 1500 viene inaugurato il cantiere su progetto a pianta circolare di Michelangelo, a fine 1500 ci si accorge di come sia piccola e viene così ingrandita), ancora non conclusa all’interno, si prende la responsabilità di ornarla e commissiona il Baldacchino di San Pietro a Bernini. Descrizione: si tratta di una struttura architettonico scultorea che viene collocata sopra la tomba di Pietro e sotto la cupola di Michelangelo. La struttura imita i baldacchini processionali, ovvero quelli che venivano portati in processione, si tratta quindi di un finto baldacchino di 30 metri di altezza. Il materiale è il bronzo del Panteon, le quattro colonne tortiti di circa 11 metri (con api e piccoli soli, simboli araldici dei Barberini, come firmata da Urbano VIII) si ispirano alle colonne del tempio di Salomone a Gerusalemme, sostengono una piattaforma culla quale sono collocati quattro angeli in corrispondenza delle colonne con al centro, a coronamento della struttura, quattro volute a dorso di delfino che si raccordano al centro con una croce centrale che si innalza. Si tratta di una soluzione nuovissima e inedita, secondo le fonti l’idea delle volute fu di Francesco Borromini. Nella parte superiore al posto del marmo viene utilizzato legno e ottone a causa della loro leggerezza, in modo tale da rendere più stabile la struttura, ma adornandola con tocchi dorati prende l’aspetto del marmo sottostante. Il colore scuro del bronzo snellisce la struttura.  Gian Lorenzo Bernini, Monumento funebre a Urbano VIII, 1628-1647, Città del Vaticano, Basilica di San Pietro. Desiree Russo – Corso di Laurea in Beni Culturali (Ravenna) Storia: tomba eseguita per volere di Urbano VIII, si trova già all’interno della Basilica negli anni ’30. Si tratta di un monumento funebre innovativo, sulla base della tomba di Giuliano de Medici nella Sacrestia Nuova a Firenze di Michelangelo. Descrizione: di simile all’opera di Michelangelo abbiamo l’idea di porre il protagonista in alto all’interno di una nicchia, e un sarcofago in basso affiancato da due allegorie, in Giuliano il giorno e la notte, in Urbano VIII la carità a sinistra e la giustizia con la spada a destra. Bernini trasforma il modello iniziale inserendo il papa in un podio in alto con un gesto benedicente se non quasi da imperatore romano, a voler sottolineare la sua forza e la sua autorevolezza. Il tutto è ricco di panneggi e in bronzo, bronzo ripreso nel sarcofago con al di sopra uno scheletro, raffigurazione della morte, che sta scrivendo a lettere d’oro il nome di Urbano VIII, anche lui in bronzo. Tutto ciò che ha a che fare con la morte del papa è creato in bronzo, diversamente le due allegorie, il basamento e la nicchia sono in marmi policromi. Bernini ricerca il colore al contrario di Michelangelo. Le allegorie sono realizzate con grande cura e dettaglio, sembrano donne in carne e ossa, in particolare la carità stringe tra le braccia uno dei bambini, grande e in carne (ricorda il bambino della Madonna dei Pellegrini di Caravaggio) e il bambino sulla sinistra piange richiedendo attenzione, si tratta di un immagine vera, una mamma con i propri figli, quasi a voler raccontare una storia con il realismo e la volontà tipica di Rubens.  Gian Lorenzo Bernini, Estasi di Santa Teresa, 1647-1653, Cappella Cornaro, Chiesa di Santa Maria della Vittoria, Roma. Storia: quando papa Urbano VIII muore nel 1644, Bernini viene allontanato dalla corte papale a causa del nuovo papa, Innocenzo X della famiglia Panfili (filo spagnolo, per niente collegati alla famiglia Barberini), che predilige l’artista Francesco Borromini, nemico di Bernini. Viene ricordato come un papa tirannico e molto brutto, commissionerà a Bernini solo la Fontana dei Fiumi. L’estasi di Santa Teresa è commissionata dal cardinale Federico Cornaro per la sua cappella nella chiesa di Santa Maria della Vittoria a Roma. Descrizione: opera realizzata con 17 tipi di marmo diverso con lo scopo di dare colore, progetta una nicchia con due colonne binate per lato che sostengono un frontone mistilineo. All’interno colloca (frutto di un unico blocco di marmo di Carrara) l’immagine di Santa Teresa (sensuale) durante la visione dell’angelo con un dardo infuocato nelle mani, è semi distesa su una nuvola che la porta verso l’alto mentre l’angelo sta spostando la sua veste per trafiggerla, momento chiamato transverberazione (lo inaugura Bernini): l’angelo le procura un dolore fisico ma anche un grande benessere. Dietro le figure vi è poi una cascata diseguale di raggi dorati, alludendo alla presenza divina. La veste è ricca di panneggi, la luce proviene da una parte alta della nicchia attraverso una finestra e scende verso i protagonisti, quindi luce diretta, non diffusa. Scena teatrale con due palchi, che sembrano da teatro, dal quale si affacciano i membri della famiglia Cornaro, rappresentati come fossero a teatro, con una struttura architettonica sullo sfondo, mentre conversano e osservano la scena. Nella parte superiore della cappella troviamo l’arco a volta di botte con un affresco che rappresenta il paradiso degli angeli, i quali tengono un iscrizione “se non avessi creato il paradiso lo creerei solo per te”, in riferimento a Dio che si rivolge a Teresa. Il modello di riferimento è la beata Margherita di Cortona di Lanfranco. L’idea è coinvolgere emotivamente lo spettatore con uno studio attento delle emozioni dei personaggi.  Gian Lorenzo Bernini, Fontana dei Fiumi, 1648-1651, Roma, Piazza Navona. Storia: fontana al centro della Piazza Navona di Roma, unica opera commissionata a Bernini da parte di Innocenzo X. Descrizione: fontana realizzata con un basamento che colloca sopra una vasca larga e bassa. Troviamo le personificazioni dei quattro fiumi: Nilo, Gange, Danubio e Rio de la Plata, ovvero le parti del mondo controllate dalla chiesa di Roma. Il basamento è aperto con al di sopra un obelisco, dimostra un grande studio della statica della struttura. Le statue dei fiumi sono realizzate dai collaboratori di Bernini, il quale le progetta. Troviamo poi animali esotici e piante tropicali che alludono ai diversi continenti. Il messaggio è il dominio del mondo della famiglia Panfili. La volontà di Bernini è quella di coinvolgere lo spettatore tramite la vista di un’opera a 360° e il suono dell’acqua che scorre. È considerata la fontana barocca più famosa.  Gian Lorenzo Bernini, Piazza San Pietro, dal 1656, Città del Vaticano. Desiree Russo – Corso di Laurea in Beni Culturali (Ravenna) Descrizione: si tratta dell’affresco barocco più famoso al mondo, Pietro da Cortona rinuncia all’idea del quadro riportato sperimentato da Annibale Carracci nella volta della Cappella Farnese (intelaiatura architettonica con quadri all’interno), in favore di una grande loggia dipinta e decorata con finte statue, ghirlande e finti basso rilievi di bronzo, una struttura aperta verso il cielo, sostenuta da colonne e pilastri agli angoli. Il tutto è caratterizzato da una ricchezza decorativa e da un grande turbinio di figure in uno spazio non preciso rendendo il tutto dinamico. Nei settori laterali vengono realizzati episodi mitologici che hanno a che fare con il buon governo del papa con il fine di dimostrare l grande uomo politico che egli era. Nella parte centrale sulla destra troviamo la divina provvidenza vestita d’oro sopra delle nuvole e con un manto dorano, fa un gesto con la mano in direzione della figura poco sopra di lei che rappresenta l’immortalità. La Provvidenza sta chiedendo all’Immortalità di rendere immortale la famiglia Barberini, rappresentata dallo stemma della famiglia composto da una ghirlanda con all’interno tre api, sostenuto da tre figure femminili, le tre virtù teologali ovvero fede, speranza e carità. Sopra di esse si trovano altre due figure femminili allegorie della religione, tiene le chiavi simbolo di San Pietro, e di Roma, con la tiara papale. Da ricordare l’illusione di una profondità prospettica che crea, anche grazie allo sfondo chiaro, uno spazio in cui finzione e realtà si inseguono creando incredulità e meraviglia. La luminosità diffusa è data dall’utilizzo di una pennellata frammentaria. ANDREA SACCHI  Nato nel 1599 a Roma, lavora negli stessi anni di Pietro da Cortona ed è anch’egli riconosciuto come un’importante decoratore. I due lavorano in maniera molto diversa, la critica visualizza Sacchi come uno dei principali esponenti della corrente del Barocco che prende il nome di Classicismo del Barocco. Una corrente più idealista, verso la creazione di opere più pacate e ordinate, con meno figure. Sacchi sarà allievo del pittore bolognese Francesco Albani (molto vicino ad Annibale Caracci), con il quale lavorerà muovendosi tra Roma e Bologna, studierà inoltre le opere di Raffaello e creerà delle opere equilibrate ed armoniche.  Andrea Sacchi, La Divina Sapienza, 1629-1631, Sala del Mappamondo, Palazzo Barberini, Roma. Storia: fino a quel momento non era mai stata raffigurata la Divina Sapienza, non sappiamo chi abbia suggerito questa composizione, chi sia stato l’ideatore, ma siamo certi che non si tratti di Sacchi. Descrizione: opera nel soffitto della sala del Mappamondo del Palazzo del Papa. La protagonista è la Divina Sapienza, rappresentata al centro sopra un trono con uno scettro e uno specchio, dietro di lei si trova il sole, simbolo dei Barberini. Intorno alla divina sapienza di trovano poi undici figure femminili che alludono alle virtù del Papa e della famiglia Barberini, tutte distese o sedute sulle nuvole. Sotto di loro una grande rappresentazione della terra e sopra di loro, ai lati, altre figure allegoriche che rappresentano Amore a sinistra mentre cavalca un leone e Timore sulla destra con una lepre, due figure che devono essere tenute sotto il controllo dell’individuo. Opera con poche figure descritte con grande attenzione sia nei gesti che negli atteggiamenti, una scena essenziale e semplice con una stesura pittorica chiara, raffinata e sottile, quasi settecentesca.  Discussione sul quadro storico tra i due artisti: la letteratura artistica ci racconta di un episodio che vede coinvolti Pietro da Cortona e Andrea Sacchi, una discussione che avvenne tra i due all’interno dell’accademia romani di Pittura di San Luca. Non sappiamo se si tratti di un episodio realmente accaduto ma è comunque importante per capire la differenza sostanziale delle due vedute, di approccio nei confronti della pittura. Andrea Sacchi sostiene che un quadro di storia necessita di poche figure ben descritte, individuabili e leggibili, in un buon ordine esecutivo in modo tale da far passare con chiarezza il messaggio che si vuole trasmettere. Bisogna visualizzare l’opera come uno sorta di tragedia con unità di azione, tempo e spazio. Pietro da Cortona sostiene che in un quadro di storia sia necessario inserire molte figure all’interno di una tessitura che possa indirizzare il dipinto verso il poema epico, con molti episodi e tematiche che coesistono in maniera dinamica. Secondo la storia tra i due all’avere la meglio fu Sacchi ma la Pittura di Pietro da Cortona diverrà quella più imitata e quella di riferimento per l’arte tardo barocca. Desiree Russo – Corso di Laurea in Beni Culturali (Ravenna) IL BACICCIO  Giovan Battista Gaulli detto Il Baciccio, Trionfo del nome di Gesù, 1672-1682, Roma, Chiesa del Gesù. Storia: pittore genovese e allievo di Bernini, realizza la decorazione della Chiesa del Gesù (Modello di edificio per la controriforma). Le chiese di Bernini e Borromini non avevano grandi spazi che permettessero di realizzare dei cicli decorativi così importanti, questo edificio, composto da una volta principale a copertura dell’intera chiesa, da la possibilità di creare una decorazione maestosa. Commissionata dal padre generale dei Gesuiti, Giovan Paolo Oliva, anch’esso genovese. Descrizione: opera polimaterica, con diversi materiali (come Bernini con la pittura al posto del marmo): affresco al centro della volta, la pittura che fuoriesce dalla cornice centrale è realizzata su supporti lignei che debordano, gli angeli bianchi intorno alla composizione sono di stucco. Il modello di riferimento è Pietro da Cortona, le figure sono dinamiche, illuminate da fasci di luce che provengono dal centro in alto, dove si trova il monogramma che allude al nome di Cristo “IHS”, la luce colpisce molteplici figure, rendendoli quasi trasparenti nella parte più vicina al centro e poi ricchi di contrasti nelle parti più lontane da esso. Le figure in basso sulle nuvole sono gli eretici, quelle intorno alla cornicee sono invece santi e figure della famiglia Barberini. Le luci e i colori sono tipici genovesi, con l’idea di coinvolgere l’osservatore (guarda a Rubens e al suo allievo Antoon Van Dyck). ANDREA POZZO  Andrea Pozzo, Gloria di Sant’Ignazio, 1689-1694, Sant’Ignazio, Roma. Storia: siamo nella Chiesa di Sant’Ignazio, una chiesa composta da una navata principale e due più piccole laterali. La decorazione della navata principale fu realizzata da Andrea Pozzo, un padre gesuita specializzato nella realizzazione di architetture dipinte. Descrizione: opera caratterizzata da una costruzione architettonica dipinta in forte scorcio, che si apre altissima con l’idea di sfondare la navata aprendosi verso il cielo. In questo caso l’architettura ha un ruolo di primo piano rispetto alle altre opere. Pozzo scrive un trattato su come realizzare le architetture dipinte e quest’opera è la conferma del suo esserne uno specialista. Se ci mettiamo al centro della figura tutto ci appare perfettamente leggibile, se invece ci spostiamo di qualche metro l’architettura inizia ad essere poco convincente. Inserisce poi dei gruppi di figure, la figura principale, quella si Sant’Ignazio è appoggiata su una nuvola, vestito di azzurro, e si rivolge a Cristo rappresentato più in alto con la Croce, i due sono uniti da un fascio di luce. Fasci di luce uniscono i vari personaggi della rappresentazione, un esempio è quello che si riflette nello scudo dell’angelo sotto alla figura di Sant’Ignazio arrivando al braciere sotto di lui. La pittura è leggera e libera, e molto più luminosa di quella di Pietro da Cortona, con colori pastello e chiari. Pozzo vuole darci il messaggio di una chiesa che vince contro le eresie, chiesa che porta il cattolicesimo in tutto il mondo. In riferimento a questo ultimo punto Pozzo inserisce le allegorie dei continenti: l’America, vestita di blu e rosso con un cappello piumato, combatte con la lancia due uomini sotto di lei che rappresentano gli eretici; l’Africa, una donna di colore seduta su un coccodrillo con un elemento a conchiglia e un fanciullo biondo, colpisce con un fulmine l’eretico sotto di lui. Il messaggio è lo stesso: la parola di Dio si trasmette lottando. Alla fine della navata troviamo uno spazio concavo molto basso nel quale Pozzo dipinge una finta cupola, che da un certo punto di vista sembra alta e profonda ma, spostandoci di qualche metro, si capisce la finzione pittorica. UNITA’ 22 – IL SETTECENTO. MONUMENTALITA’ E FANTASIA UNITA’ 23 – IL SETTECENTO. VERSO IL SECOLO DEI LUMI Roccocò  Il Settecento è il secolo del Roccocò e del Neoclassicismo, due correnti artistiche molto diverse tra di loro. Il Roccocò nasce in Francia e il suo nome deriva dal termine francese “Rocaille”, un particolare tipo di decorazione composta da pietre, conchiglie e altri materiali decorativi destinati Desiree Russo – Corso di Laurea in Beni Culturali (Ravenna) ad abbellire le grotte e i giardini del Settecento. Si sviluppa nella prima metà del Settecento lasciando poi spazio al Neoclassicismo nella seconda metà del secolo. Il Roccocò si afferma in Italia nella città di Venezia, con artista di riferimento Giovanni Battista Tiepolo, a Roma sarà meno presente.  L’autore Pinelli, parlando di Roccocò e di Neoclassicismo, sottolinea come si tratti di definizioni di comodo che servono a noi per classificare gli stili ma che non sono in grado di comunicarci tutte le loro caratteristiche. ROCCOCO’ JEAN-HONORE’ FRAGONARD  Jean-Honoré Fragonard, L’altalena (I fortunati casi dell’altalena), 1769, Londra, Wallace Collection. Storia: commissionato dal barone St. Julian. Opera che racchiude tutte le caratteristiche dello stile del Roccocò. Descrizione: Il committente viene ritratto assieme alla sua amante, semidisteso nella parte sinistra del quadro, mentre tende il braccio verso la giovane signora, la sua amante, che si sta dondolando sull’altalena. Si tratta di uno dei quadri più celebri di Fragonard, descritto nel libro di Pinelli come un quadro frivolo e maliziosamente licenzioso, il vero titolo dell’opera è infatti “I fortunati casi dell’altalena” in riferimento alle gradevoli prospettive che si aprono per un attimo alla vista del barone/il cicisbeo, mentre il marito, dalla parte opposta, spinge la moglie sull’altalena. Abbiamo un riferimento all’amore con la statua di cupido posta su un basamento a sinistra. La composizione è organizzata seguendo la diagonale del quadro, dall’angolo destro in alto all’angolo sinistro in basso. L’ambientazione è in un parco, in cui gli effetti di luce e ombre sono creati dai raggi del sole che entrano dalle fronde degli alberi. Il tema è quello dell’amore e dell’evasione, dello svago, della passione e del disimpegno, tutti temi tipici del Roccocò. Inoltre la pennellata è leggera, con colori fluidi/liquidi e con una stesura morbida di colori sui toni pastello, chiari e delicati. I personaggi sono strettamente legati all’elemento naturale che li circonda, il quale ha un ruolo principale, un’altra peculiarità che caratterizza il dipinto è la sensazione di una sorta di velo di cipria, di nebbiolina, che ricopre interamente il quadro. La composizione segue linee diagonali e zigzaganti. GIOVANNI BATTISTA TIPIELO (Opere dal 1726 al 1753)  Nato nel 1696 a Venezia, Giovanni Battista Tiepolo viene considerato l’artista di riferimento per il Roccocò italiano. Egli fu un importate decoratore e grazie ai suoi viaggi, non solo in Italia, ma anche all’estero, portò la grande decorazione italiana in varie parti d’Europa. Anche le figure di Luca Giordano, pittore napoletano che si trasferisce in Spagna per 10 anni e Bernardo Bellotto, nipote di Canaletto si muove in varie corti europee, favorirono la diffusione della decorazione italiana.  Giovanni Battista Tiepolo, Labano incontra Rachele e Giacobbe, 1726-1729, Palazzo Patriarcale, Udine. Storia: opera commissionata dal patriarca di Udine Dionigi Dolfin, fa parte di un ciclo di affreschi. La velocità di realizzazione dell’artista gli permetterà di essere molto richiesto dai nobili per le loro commissioni, Descrizione: rappresenta l’incontro tra Labano e la figlia Rachele. Labano è rappresentato come un anziano in maniera fedele e realistica soprattutto nel volto, non si sa se si tratta di un ritratto dal vero ma ha comunque una grandissima precisione. Rachele è rappresentata in vesti da gentildonna settecentesca azzurre e rosse, seduta al fianco di un bambino, con un acconciatura anch’essa dell’epoca contemporanea (volontà di contestualizzare la storia al periodo contemporaneo all’artista), il volto di Rachele è il ritratto della moglie dell’artista, Cecilia Guardi, dalla quale ebbe ben 9 figli, no dei quali è rappresentato nel bambino al fianco di Rachele, Gian Domenico Tiepolo. La storia è tratta dall’Antico Testamento, Labano chiede a Rachele dove si trovino gli idoli adorati dalla tribù, e Rachele finge di non saperlo per favorire la conversione del padre, in realtà è stata lei a nasconderli. Dietro Labano troviamo poi Giacobbe, il marito di Rachele, autoritratto del pittore. Desiree Russo – Corso di Laurea in Beni Culturali (Ravenna) l’incontro tra eruditi e artisti per il dialogo e lo studio (sacrario del culto antico, secondo Pinelli). Winckelmann diviene quindi il librario di Albani, permettendogli così di ampliare i suoi studi. Nella cerchia di Albani vi era anche il pittore Mensg, un artista boemo chiamato Anton Rafael in omaggio a Raffaello e Correggio. Mengs e Winckelmann passarono molto tempo assieme istruendosi l’un l’altro su pittura e arte antica. Sono entrambi considerati i massimi esponenti del neoclassicismo italiano, che nasce ufficialmente nel 1760 e finisce introno al 1815.  Gli artisti del Neoclassicismo si propongono come oppositori del barocco e del roccocò, in onore di un pensiero illuminista in contrapposizione con gli eccessi e la spettacolarità dell’arte precedente, vista come priva di valori. L’obbiettivo del neoclassicismo è creare opere che abbiamo contenuti morali ed etici. In riferimento al volume di Winckelmann l’arte moderna deve essere caratterizzata da ordine, equilibrio, quiete e grandezza, distillando/prendendo le parti migliori dell’idea del bello, ricomponendole e creando qualcosa di migliore di ciò che si può trovare nella realtà in onore di una bellezza ideale. Per fare ciò è necessario studiare a fondo l’antico in modo da essere poi in grado di produrre delle opere che possano essere alla pari di esse. ANTON RAPHAEL MENGS  Anton Raphael Mengs, Autoritratto, 1744, Dresda  Anton Raphael Mengs, Parnaso, 1760-1761, Villa Albani, Roma Storia: affresco considerato il manifesto del neoclassicismo, con l’unione del disegno rinascimentale di Raffaello e una linea chiara e definita. Descrizione: opera con disegno ispirato a Raffaello, ovvero preciso, con figure scultoree descritte in maniera astratta e una stesura del colore levigata e compatta, con tinte verso il chiaro. Rappresenta il Parnaso con al centro la figura di apollo (ispirata all’Apollo del Belvedere e con le fattezze del cardinale Albani), circondato da muse in atteggiamenti equilibrati e composti. Le due danzatrici a sinistra ricordano le riscoperte avvenute pochi anni prima ad Ercolani. Le figure sono disposte più o meno sulla stessa linea, sempre orizzontali e verticali, in contrapposizione al barocco che vede una ricerca della profondità e dell’illusione con linee diagonali. JACQUES-LOUIS DAVID (Opere dal 1784 al 1812)  Nato nel 1748 a Parigi, frequenta l’Accademia delle Belle Arti parigina, partecipando più volte al concorso per il premio di pittura che dava la possibilità ai vincitori di risiedere per un lungo periodo a Roma, a contatto con l’antichità. Arriva in Italia nel 1775, quando ha ormai 30 anni, e trascorre 5 anni a Roma, fondamentali per i suoi studi e la sua carriera.  Jacques-Louis David, Il giuramento degli Orazi, 1784-1785, Parigi, Louvre Storia: quadro commissionato dal Re di Francia, in coppia con l’opera “I Littori”, che rappresentato quest’ultimi che portano a Bruto i corpi dei suoi figli. Il giuramento degli Orazi narra una vicenda tratta dagli Orazi narrate da Tito Livio, ovvero lo scontro tra Orazi e Curiazi, con la vittoria di uno solo dei fratelli Orazi, che arriverà ad uccidere la sorella Camilla, dispiaciuta per aver perso il suo amato (dei Curiazi), condannato a morte e poi graziato. Descrizione: I tre Orazi stanno giurando davanti al padre che tiene le loro spade innalzate. Sulla destra troviamo la madre e le sorelle, quest’ultime innamorate dei Curiazi, sono tristi per i proprio fratelli che stanno andando in guerra contro i propri amati, sono toccate da una luce morbida e diffusa che schiarisce i volti rassegnati e dolorosi, in ombra la madre copre con il velo i due figli più piccoli. La scena si svolge nell’atrio di un palazzo, un’ambiente spoglio ed essenziale. La divisione dei gruppi è rappresentata da i 3 archi sullo sfondo con due colonne doriche lisce. Pinelli ci dice che la luce è un elemento portante, simbolo del fato che illumina la scena da sinistra (rimando ai fasci di luce essenziali di Caravaggio), luce che crea contrasti netti, contrasti sottolineati anche dal mondo virile e l’universo femminile, dove il primo è sottolineato dal vigore e dall’energia, mentre il secondo da pose con linee morbide e l’impressione di fragilità e passività. L’opera rappresenta le virtù civiche e l’amore per la gloria, il punto di fuga è individuato Desiree Russo – Corso di Laurea in Beni Culturali (Ravenna) nell’incrocio delle spade in corrispondenza della mano e il mantello rosso del padre lo visualizza come l’elemento chiave della vicenda, con le labbra dischiuse che ha appena finito di parlare.  Jacques-Louis David, I Littori riportano a Bruto i corpi dei suoi figli, 1789, Parigi, Louvre Storia: secondo quadro, segue storicamente il “Giuramento degli Orazi”, tratto dalla storia della Roma Repubblicana che vede come protagonista Lucio Bruto (figura maschile seduta in ombra) divenuto console della repubblica che, mostrandosi inflessibile nella difesa di essa, condanna a morte i suoi due figli, accusati di aver cospirato contro la repubblica romana. Descrizione: l’attenzione di Bruto, in ombra sulla sinistra del quadro, è attratta dalle urla delle donne sulla destra, che vedendo i corpi morti portati dai littori non riescono a trattenersi. Una di loro è svenuta e viene sorretta da un’altra con gesto che indica i copri, sottolineando la grande sofferenza dell’accaduto. La scena è molto complessa, la luce viene manovrata come faro di scena, mentre nel giuramento degli Orazi le donne hanno ruolo passivo e gli uomini l’azione virile, in questo caso sono le donne che reagiscono, mentre Bruto è fermo immobile, con il pensiero distratto da queste urla, l’eroismo virile è rappresentato dalla sospensione della scena, dalla stasi. Si tratta quindi di due quadri abbinati e complementari. La scena dell’antico non viene solo immaginata, ma ricreata in Atelier.  Jacques-Louis David, Morte di Marat (Marat assassinato), 1793, Bruxelles, Museo delle Belle Arti Descrizione: definito come una pietà laica, rappresenta Marat, amico caro di David, assassinato nella vasca da bagno da Charlotte Corday, rappresentato morto mentre sorregge una lettera con il nome dell’assassina, con al fianco un tavolino con dedica di David (tipo lapide). Si tratta di un martire della rivoluzione, David gli rende omaggio proponendo uno stile molto caravaggesco dato sia dalla luce prepotente, sia dal fondo scuro ma anche dalla rappresentazione cruda delle ferite e del sangue dipinte con realismo. La posizione di Marat ricorda non solo il braccio della morte di Meleagro ma anche il braccio di cristo nella “Deposizione” di Caravaggio. L’ambiente spoglio sottolinea la povertà del soggetto, repubblicano incorruttibile, ucciso a tradimento. Il punto di fuga corrisponde a un punto superiore della tela, creando una visione dall’alto verso il basso  Jacques-Louis David, Bonaparte valica il Gran San Bernardo, 1801, Museo Nazionale, Rueil Storia: David ha un rapporto molto stretto con Napoleone, ancora prima che egli diventi imperatore, divenendo poi il suo pittore di fiducia. Descrizione: David visualizza Napoleone come un eroe, un uomo politico che riesce a consolidare le conquiste della rivoluzione francese riuscendo a portarla all’estero in paesi come l’Italia. Lo rappresenta a cavallo, come un grande condottiero, paragonandolo a Augusto o a un nuovo Carlo Magno, mentre passa il valico del Gran San Bernardo, con una cavallo fiero con le zampe alzate mentre incita le truppe a seguirlo. Una figura che suscita entusiasmo e trascina non solo i soldati ma tutti i francesi. In basso a sinistra sulle pietre si leggono i nomi di Bonaparte, Annibale e Carlo Magno, in paragone ad egli come uomo forte e vincitore. Il cielo è tempestoso e la luce caravaggesca.  Jacques-Louis David, Consacrazione dell’imperatore Napoleone I e incoronazione dell’imperatrice Josephine, 1805-07, Louvre, Parigi Storia: David funge da cronista delle vicende di Napoleone commissionate da egli stesso, in particolare rappresenta in una grandissima tela di 6,29x9,79 metri, l’incoronazione di Napoleone dell’imperatrice, nonché moglie, Josephine, alla cattedrale di Notre Dame nel dicembre del 1804. Napoleone invita papa Pio VII a presenziare a questa cerimonia di auto-incoronazione. Questo quadro resterà nella bottega di David, in quanto il pagamento non arrivò mai. Per la rappresentazione David studia prima il copro nudo per poi occuparsi dei vestiti. Descrizione: il papa Pio VII, rappresentato seduto alle spalle di Napoleone, è accompagnato da una serie di personaggi, membri della famiglia di Napoleone, dignitari di corte, ma anche ritratti di persone realmente esistite. Napoleone sta incoronando imperatrice la moglie Josephine mentre il papa benedice l’azione. David è molto attento alla rappresentazione dei dettagli e degli accessori che vengono fedelmente rappresentati nello sfarzo reale. Lo stile di David, rispetto alle opere precedenti è differente, la sobrietà dell’ambientazione e la drammaticità della scena cede il passo a delle rappresentazioni lussuose e ricche di sfarzo, di respiro internazionale.  Jacques-Louis David, Napoleone nel suo studio, 1812, Washington, Galleria Nazionale dell’arte Desiree Russo – Corso di Laurea in Beni Culturali (Ravenna) Storia: opera commissionata da Alexander Douglas, ammiratore di Napoleone e collezionista scozzese. Descrizione: David scrive una lettera in cui descrive il quadro, uno dei pochi esempi dove l’artista parla in maniera articolata di un proprio quadro. Rappresenta Napoleone nel modo che gli è più congeniale, ovvero quando è a lavoro, a sottolineare la famigliarità che egli ha con l’imperatore. La figura è contraddistinta dall’aria di bontà, sangue freddo e penetrazione psicologica. Rappresentato appena sveglio all’alba dopo aver scritto il suo codice napoleonico, poco prima di uscire per portare in rassegna le truppe. Tutto è dettagliato quasi in uno stile fiammingo, ogni elemento rappresentato è reale. ANTONIO CANOVA (Opere dal 1783 al 1816)  Nato nel 1757 a Possagno, fece il suo apprendistato a Venezia per poi trasferirsi a Roma. Segue corsi di nudo e osserva dal vivo i marmi greci. Fu lo scultore più ammirato dell’età neoclassica. Prima della realizzazione delle opere vere e proprie è solito preparare dei disegni, schizzi e statue chiamate bozzetti di terracotta, poi dai bozzetti passa alla realizzazione dei gessi in scala 1:1, sui quali vengono applicati dei punti neri metallici che servivano per prendere le misure attraverso l’utilizzo di strumenti di precisione come compassi. Queste misure venivano poi riportate sul marmo. Per tutte queste operazioni Canova si avvaleva di Collaboratori, mente lui interveniva per dare la forma definitiva al marmo e per la patinatura di esso con cera di color rosa tenero, per dare l’idea dell’incarnato. (Autoritratto, 1790, Firenze, Uffizi)  Antonio Canova, Monumento funerario di Clemente XIV, 1783-1787, Roma, Basilica dei Santi Apostoli Descrizione: monumento creato sulla base del Monumento funebre a Urbano VII di Bernini. Il trono su cui si trova il papa è di un marmo rosato mentre tutto il resto è in marmo bianco. Il papa è nella solita posizione di benedizione, ma anche vista come posizione di un imperatore romano, sotto di lui si trova il sarcofago affiancato dalle due allegorie, la temperanza sulla sinistra e la mansuetudine sulla desta in atteggiamento sconsolato. Entrambe danno l’idea di tristezza e sofferenza.  Antonio Canova, Amore e Psiche, 1787-1793, Parigi, Louvre Storia: commissionato da un colonnello inglese, l’artista ritrae il momento successivo in cui Amore rianima Psiche che, andando contro agli ordini stabiliti, aveva aperto un vaso ricevuto negli inferi da Proserpina e destinato a Venere. Descrizione: momento in cui amore sta abbracciando psiche, i due si guardano, lei cinge il capo di lui toccando i capelli con le mani mentre lui la sorregge. L’intreccio delle figure è equilibrato e armonioso, nell’istante che precede il bacio, un attimo sospeso in cui i due si sfiorano senza stringersi. I volti non sono veri ritratti ma sono idealizzato. Si trovano appoggiati su una roccia intorno alla quale ci si può muovere per vedere l’opera dai diversi punti di vista.  Antonio Canova, Le tre Grazie, 1812-1816, San Pietroburgo, Hermitage Storia: commissionata dalla moglie di Napoleone, Josephine. Descrizione: rappresenta le tre grazie ovvero le divinità della gioia, splendore e prosperità. La donna centrale è più alta rispetto alle altre due, per via del basamento più rialzato dal suo lato. Le tre fanciulle sono unite tra di loro in modo dolce e delicato, si guardano e si abbracciano. I volti perfetti e ideali sono quasi identici, le capigliature seguono la moda del tempo neoclassica e sono collegate da un panno che copre le loro parti intime. Sono tutte frutto di un unico grande blocco di marmo. La luce e i chiaroscuri a contatto con la superficie liscia del marmo crea un morbido effetto sfumato quasi pittorico.  Antonio Canova, Monumento funebre a Maria Cristina d’Austria, 1798-1805, Vienna, Chiesa degli Agostiniani Descrizione: monumento funebre su schema piramidale, come fosse un allusione alle campagne d’Egitto che Napoleone conduceva negli stessi anni della realizzazione dell’opera. Nella parte superiore troviamo il ritratto di profilo di Cristina, dentro un ovale circondato da un serpente che si morde la coda (simbolo di immortalità, sostenuto dalla felicità in volo. Nella parte inferiore Desiree Russo – Corso di Laurea in Beni Culturali (Ravenna)