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Storia dell'arte medievale progredito 2023-2024, Appunti di Storia dell'arte medievale

Appunti dettagliati di tutte le lezioni riguardanti il tema dell'iconografia della morte. Appunti integrati con immagini e testi delle slide

Tipologia: Appunti

2023/2024

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Scarica Storia dell'arte medievale progredito 2023-2024 e più Appunti in PDF di Storia dell'arte medievale solo su Docsity! ICONOGRAFIA DELLA MORTE (XIII-XV SECOLO) 15/04/2024 ALLEGORIA DELLA REDENZIONE Ambrogio Lorenzetti, Allegoria della Redenzione (1338 ca). Influenza di Giotto per la resa precisa delle figure e dello spazio; profondità nella resa del paesaggio, più accurata rispetto a Giotto. Rapporto con il paesaggio degli effetti del buon governo a Siena: impostazione del paesaggio novità assoluta, veduta d’insieme, ripreso in epoca rinascimentale o in ambito fiammingo. Opera molto compromessa nella superficie, probabilmente rifilata ai lati destro e sinistro, lo si capisce perchè sono state tagliate delle figure importanti: Dio padre che ammonisce Caino e San Giovanni. Il tema del dipinto è l’allegoria della redenzione, del percorso della salvezza cristiana. In alto a sinistra, in una sorta di nube, è rappresentata la scena del peccato originale: calato nella realtà del tempo umano angelo che scaccia Adamo ed Eva vestiti, preceduti dall’immagine della morte (fisica e spirituale). La figura della morte è rappresentata come una figura nera demoniaca, attributo frequente quello della falce. Uccisione di Abele per mano di Caino come conseguenza del peccato. Al centro troviamo la Crocifissione, sotto cui vi è un cumulo di morti ben caratterizzati nelle loro classi sociali anche mediante l’abbigliamento (la morte prende tutti); in primo piano due personaggi, forse eremita e usuraio; presenza di cartigli, non c’è, però, traccia di iscrizioni su questi. Infatti la comunicazione tramite cartiglio è un mezzo molto frequente. Sopra la figura di Cristo vi è la figura della morte: salvezza dell’anima attraverso il sacrificio di Cristo, idea della morte in croce prima della resurrezione. Figure sulla destra: due anziani in abbigliamento povero. Tema frequente è anche quello della richiesta della morte da chi sta male mentre altri la fuggono. Estrema destra: personaggio con falcone al braccio tema frequente, caccia prerogativa signorile, cani legati alla caccia. Altri due personaggi che si affrontano. Giudizio universale con Cristo in mandorla circondato da angeli, sotto simboli della passione, ai lati figure della tradizione bizantina intercessori per eccellenza formano figura della deesis, spartizione netta tra beati e dannati. Destinazione: predella della pala che realizza con presentazione al tempio della cattedrale di Siena, fronte di un cassone, bozzetto di opera di maggiori dimensioni. La sua descrizione è presente nell’inventario del 1492 della Compagnia dei Disciplinati, che si riuniva presso l’Ospedale di Santa Maria della Scala. Si trattava di congregazioni a scopo religioso e riunione sociale, riferimento molto importante, conferivano aiuto nella morte. Era collocata sopra l’accesso della sala di riunione. GEOGRAFIA DELL’ALDILA’ Tema del Giudizio Universale è dominante, ma vi è anche un Giudizio individuale: lotta del demonio con l’angelo per contendersi l’anima del defunto, bilancia per pesare peccati e meriti, cartigli come manifestazione del dialogo tra le parti, anima presentata come figurina nuda, ovvero la nimula, tema che si trova nella Divina commedia nell’Inferno con Guido da Montefeltro. La rappresentazione dell’inferno fa capire i peccati maggiormente stigmatizzati nella società in cui il dipinto è prodotto. Non sono molti i passi dei vangeli che danno indicazioni sul Giudizio ma quei pochi sono stati presi come riferimento per l’elaborazione dell’iconografia (vangelo di matteo, apocalisse, marco, corinzi, parabola di lazzaro). Cristo in trono con palmo aperto verso i beati, in basso due angeli che svolgono un lungo cartiglio dove si legge il passo evangelico, parte opposta anche altro testo. Iconografia ambito bizantino: resurrezione dei morti, in basso mostri che stanno rigettando i defunti e li stanno restituendo al mare. Idea delle trombe del giudizio. PREDICAZIONE E TEMI DELLA MORTE I temi della morte aumentano a partire dal Due, Tre, Quattrocento. Legate a ragioni diverse. Nei mondi dell’aldilà c’è un cambiamento, dato dall'invenzione del purgatorio. L’iconografia del Purgatorio si consolida nel corso del Duecento e trova nella divina commedia la sua affermazione. Passaggio dal Purgatorio al Paradiso si può accelerare con l’aiuto dei vivi: rapporto stretto tra vivi e morti. Si affermano gli ordini mendicanti che spingono verso una vita priva di peccato, che abbandoni le cose terrene. Ars moriendi: l'arte di morire. Anche il momento della morte è un momento legato alla tentazione, bisogna essere pronti. Rappresentazione xilografia più essenziale, tratto ben marcato, colorazione ad acquerello. TOMBE Ricordano la vita del defunto e celebrano la famiglia. A Verona abbiamo molte tombe che rappresentano questa idea, legate soprattutto alla famiglia scaligera 16/04/2024 LA GEOGRAFIA DELL’ALDILA’ “L’aldilà è il luogo in cui si realizza la giustizia divina e si rivela la verità sul mondo”. Importanza del concetto dell’aldilà nel Medioevo: idea di aldilà e giustizia inscindibili nel Medioevo, è solo nell’aldilà che ha piena realizzazione il piano divino che Dio ha per ognuno di noi; quindi la vita terrena è solo un’ombra di quella che sarà la vita nell’aldilà. Si parla di giustizia perfetta perchè spesso chi ha un comportamento moralmente corretto in vita non viene ricompensato, mentre i peccatori la passano liscia: giustizia imperfetta nella vita terrena. Aldilà che dà un senso alla vita terrena, in quanto permette di stabilire delle regole di base di condotta morale che i cristiani devono seguire. In questo contesto religioso, la produzione iconografica ha un ruolo fondamentale perchè la Chiesa si serve delle immagini come strumento pastorale per rafforzare - 1274 Concilio di Lione: «le anime di coloro che muoiono in stato di peccato mortale o con il solo peccato originale discendono subito all’Inferno dove subiscono punizioni differenti». Aldilà prima della fine dei tempi. - 1336 bolla Benedictus Deus, papa Benedetto XII: i giusti vanno in Paradiso; i peccatori all’Inferno + idea di un periodo di purificazione per quelli che lo necessitano. - 1439, bolla Laetentur Coeli. «le anime dei veri penitenti, morti nell'amore di Dio prima di aver soddisfatto con degni frutti di penitenza ciò che hanno commesso o omesso, sono purificate dopo la morte con le pene del purgatorio e che riceveranno un sollievo da queste pene, mediante suffragi dei fedeli viventi, come il sacrificio della messa, le preghiere, le elemosine e le altre pratiche di pietà, che i fedeli sono soliti offrire per gli altri fedeli, secondo le disposizioni della chiesa. Quanto alle anime di coloro che, dopo il battesimo, non si sono macchiate di nessuna colpa, e anche riguardo a quelle che, dopo aver commesso il peccato, sono state purificate o in questa vita o dopo la loro morte nel modo sopra descritto, esse vengono subito accolte in cielo (…). Invece, le anime di quelli che muoiono in stato di peccato mortale attuale o con il solo peccato originale, scendono immediatamente all'inferno per essere punite con pene diverse». Ufficializzazione anche del Purgatorio. In nessun testo viene descritto l’aldilà: problema per formulare un’immagine. Elaborazione iconografica tra XI e XIII secolo. L’immagine dell’aldilà si sviluppa tardi rispetto ad altre iconografie (intesa come iconografia standardizzata). Prime immagini che compaiono sono databili tra XVIII e XIX secolo. La tarda affermazione dell’iconografia è da dovuta: - Difficoltà della comprensione dell’aldilà, con sviluppo di testi anche contrastanti tra loro. - Impossibilità, nei primi secoli, di usare fonti apocrife (ricche di descrizioni, ma non abbastanza autorevoli). - Problema legato alla raffigurazione dell’Inferno in un luogo sacro e in relazione con il concetto della Misericordia di Dio. Soluzioni: - Utilizzare le sole fonti canoniche (si raffigura il Giudizio Universale o il primo Giudizio dell’anima). - La composizione è bilanciata tra polo positivo (Paradiso) e polo negativo (Inferno). - Importante la collocazione dell’immagine all’interno della chiesa. Più complicata è la raffigurazione di queste scene all’interno di luoghi sacri, infatti solitamente viene collocata in controfacciata oppure sulla parete d’ingresso del portale: polo opposto dell’altare, ovvero il luogo più sacro; diaframmi tra spazio interno della chiesa, luogo di salvezza, e spazio esterno, luogo di perdizione. Avorio una delle prime testimonianze del Giudizio universale: la scena è dominata da Cristo che ha in mano due cartigli su cui sono scritte le sentenze delle anime. Parte mediana resurrezione dei morti. Parte inferiore regni ultraterreni, rappresentati in maniera sintetica come due città. Testa mostruosa che costituisce l’entrata dell’inferno; avrà evoluzione iconografica. Stabilizzazione dell’iconografia (ambito bizantino) Elementi tipicamente bizantini che vengono ripresi dai testi. - Cristo Giudice con Vergine e Battista + Apostoli e guardia angelica. Affianco vi è anche la Vergine e Giovanni Evangelista: figure di intercessori, quindi sempre presenti nel Giudizio universale. - Resurrezione dei morti dalla terra e dal mare (Apocalisse 20,13) - Giudizio mediato da san Michele - Paradiso ed eletti; Seno d’Abramo - Inferno e dannati; stagno di fuoco (Ap. 19, 20): si genera a partire dalla mandorla di Cristo ad indicare che l’Inferno è creato da una sua volontà e che, operando con giustizia, prevede questa punizione. I dannati vanno verso la figura di Satana, raffigurato con un personaggio in braccio, identificato con l’anticristo, secondo un passaggio dell'Apocalisse. Registri inferiori presentano divisione tra Paradiso e Inferno: figurazione più complessa. - Paradiso: San Pietro apre la porta con le chiavi, oltre la soglia vediamo la Vergine in trono e Adamo con Lazzaro in grembo e affiancato da altre anime, immerso in un giardino paradisiaco. Iconografia ripresa dalla parabola di Lazzaro: “seno d’Abramo”. - Inferno: compartimenti in cui sono disposti i dannati. Rossi: fiamme. Scuri: tenebre. Teste divorate dai vermi. Iconografia ripresa dai Vangeli e dall’Apocalisse. Nessuna indicazione iconografica o iscrizione che ci indica la tipologia di peccato commesso da ciascun gruppo di dannati: i Vangeli non attribuiscono pene particolari, ma parlano in generale. Giudizio Universale della Basilica di Torcello: stessa iconografia della pagina miniata. La figura di Satana non ha ancora gli attributi demoniaci ma presenta una fisionomia umana; tiene Cristo in braccio. Personaggio importante è il ricco del racconto evangelico, riconoscibile perchè si sta portando una mano alla bocca: chiede una stilla d’acqua per essere dissetato, come sollievo dai tormenti infernali. Nel Paradiso presente la figura del buon ladrone. In ambito bizantino non ci sono ulteriori altri sviluppi durante il Medioevo, infatti l’iconografia rimane più o meno sempre la stessa. Le varianti occidentali Si sviluppano importanti evoluzioni. Caso emblematico è quello del Giudizio universale della Chiesa di Sant’Angelo in Formis: modello iconografico diverso rispetto a Torcello, anche se contemporanei. - Cristo Giudice di dimensioni monumentali. Importante è la gestualità di Cristo: con la mano destra palmo sollevato verso l’alto in segno di accoglienza degli eletti; palmo mano sinistra abbassato verso il basso in segno di condanna nei confronti dei dannati. - Resurrezione dei morti dai sarcofagi - Scompaiono il fiume di fuoco e i compartimenti infernali. Inferno sempre ben differenziato dal Paradiso: per sottolineare il fatto che siano stati condannati per la giustizia divina. Cornice frastagliata e Inferno come se fosse dentro una grotta. Non è più diviso in compartimenti, ma è un luogo dominato dal caos, intrecci dei corpi. Cambiamento della figura di Satana: raffigurato con sembianze demoniache e appare incatenato all’Inferno, per sottolineare come non sia sovrano nel suo regno, ma è soggetto anche lui al giudizio. - Progressiva espansione dell’Inferno e differenziazione delle punizioni e delle tipologie di peccatori Giudizio universale della chiesa di St.Foy in Coques: troviamo sempre gli elementi tipici come Cristo in mandorla di dimensioni monumentali con gesto accentuato delle braccia in segno di approvazione-disapprovazione; resurrezione dei morti che si colloca nello spazio di consulta tra i due registri; in alto gli eletti che si avvicinano e i dannati che si allontanano; in basso entrata nei luoghi ultraterreni, con Abramo in Paradiso, testa mostruosa per Inferno. Parte della condanna dei dannati non è ancora un Inferno vero e proprio: i dannati respinti dagli angeli. Chierici che vengono catturati in una rete dai diavoli, falso coniatore di monete, tormentato da un diavolo che gli versa del metallo fuso, iconografia diffusa per raffigurare gli avari; in basso i potenti della terra, ovvero re la cui corona è morsa da un diavolo, soldati che sono catturati da demoni con armi; mercante di tessuti con diavolo che alle sue spalle regge in mano un tessuto. Nell’inferno vero e proprio possiamo riconoscere dei peccati facenti parte del settenario dei peccati capitali: sistemi di classificazioni che servivano a individuare i peccati ai fini della confessione e della penitenza. Cavaliere che cade da cavallo può rappresentare la superbia; coppia di lussuriosi per nudità molto evidente della figura femminile; avaro impiccato con borsa di denaro che gli pende dal collo; invidioso a cui viene strappata la lingua; goloso gettato nel calderone. In assenza di iscrizioni esplicative non abbiamo la certezza che rappresentino questi peccati. Giudizio universale del Battistero di Firenze: temi presenti sono quelli già affrontati. Paradiso: Abramo affiancato da altri due patriarchi. Evoluzione dell’immagine infernale: acquista uno spazio sempre maggiore, sempre rapportato al Paradiso. Satana mostrato in aspetto mostruoso, con protori serpentiformi che fuoriescono dalle orecchie; ruolo: sovrano, prigioniero, principale aguzzino dei dannati. Moltiplicazione delle metodologie con cui i peccatori vengono tormentati. Non possiamo comunque distinguere i peccati nello specifico perchè non sono presenti abbastanza attributi iconografici. Unico personaggio identificabile da un’iscrizione è Giuda. Raffigurare il primo giudizio dell’anima. Modalità figurativa non è molto diversa dal Giudizio universale. Tuttavia, mancano la resurrezione dei morti e la presenza di Cristo giudice. In assenza della sua figura manca anche il centro focale della raffigurazione che permetteva di costruire l’immagine con Cristo al centro e inferno e paradiso ai lati. I due regni possono quindi collocarsi anche in modi differenti: esempio invertite. Lo stesso discorso vale a livello monumentale. - «Dio, tu ci hai messi alla prova; (…) ci hai fatto passare per il fuoco e l'acqua, ma poi ci hai dato sollievo.» (Salmo 66) - «Saggia il mio cuore, scrutalo di notte, provami al fuoco, non troverai malizia.» (Salmo 17) La dottrina del Purgatorio: gli scritti dei teologi - Padri della Chiesa (es. Agostino): anime dei mediocres (non completamente buoni e non completamente malvagi) compiono un percorso di purificazione dopo la morte e, con l’aiuto dei suffragi, possono salvarsi. - Purgatorio come luogo: verso la fine del XII secolo, a Parigi, si afferma l’idea che le anime di coloro che hanno commesso peccati lievi si purificano in Purgatorio prima di accedere al Paradiso (tra i fautori di questo pensiero si può citare Pietro Comestore) Ufficializzazione del Purgatorio: 1439, bolla Laetentur Coeli. «le anime dei veri penitenti, morti nell'amore di Dio prima di aver soddisfatto con degni frutti di penitenza ciò che hanno commesso o omesso, sono purificate dopo la morte con le pene del purgatorio e che riceveranno un sollievo da queste pene, mediante suffragi dei fedeli viventi, come il sacrificio della messa, le preghiere, le elemosine e le altre pratiche di pietà, che i fedeli sono soliti offrire per gli altri fedeli, secondo le disposizioni della chiesa. Quanto alle anime di coloro che, dopo il battesimo, non si sono macchiate di nessuna colpa, e anche riguardo a quelle che, dopo aver commesso il peccato, sono state purificate o in questa vita o dopo la loro morte nel modo sopra descritto, esse vengono subito accolte in cielo (…). Invece, le anime di quelli che muoiono in stato di peccato mortale attuale o con il solo peccato originale, scendono immediatamente all'inferno per essere punite con pene diverse» Purificazione sia attraverso il fuoco che l’acqua: ci si salva attraverso la penitenza ma soprattutto attraverso l’intercessione di Cristo. In una prima fase la raffigurazione del Purgatorio compare in riferimento ai Salmi. A livello miniaturistico in corrispondenza dell’ufficio dei morti: è importante curarsi delle anime dei morti. Nella pittura monumentale l’immagine del Purgatorio compare solo in un periodo avanzato. Purgatorio di San Patrizio. Raffigurazione di una caverna, formata da più settori, in cui si vedono i supplizi che subiscono i penitenti. L’iconografia che era stata ideata per l’Inferno viene trasposta per la raffigurazione del Purgatorio, dove le pene da scontare sono simili; l’unica che evoca il testo di San Patrizio è quella dell’attraversamento del ponte. Una volta uscite dal Purgatorio, le anime vengono vestite in candide vesti: ammesse in Paradiso dalla Vergine. Giudizio universale della chiesa della SS. Annunziata, Sant’Agata dei Goti. Purgatorio inserito per raffigurare il momento del Giudizio universale in cui le anime si ricongiungono al corpo e possono emergere dal Purgatorio. Nel Paradiso unite più iconografie diverse: Gerusalemme celeste, all’interno della quale vi è giardino edenico e tre patriarchi. Purgatorio raffigurato come una sorta di fiume, dove vengono indicati i peccati commessi, da cui le anime vengono prelevate dagli angeli. Rappresentazione delle virtù che schiacciano i vizi. Immagini che assumono valenza didattica. Nell’Inferno abbiamo una raffigurazione meno compartimentata, ma possiamo riconoscere i peccati dalle iscrizioni, che non corrispondono solamente ai peccati capitali, che corrispondono ai mestieri; questi non vengono puniti a prescindere, ma solo se hanno cercato di ingannare il prossimo. Tipologia iconografica che si diffonde anche nel resto d’Italia. Visione dell’Aldilà (Paradiso, Purgatorio, Inferno), cappella di San Fiorenzo, Bastia Mondovì. In quest’area abbiamo un’esplosione di raffigurazioni dell’aldilà, che si legano all’operato della predicazione, in particolare di alcuni predicatori erranti. Rappresentazione dell’aldilà estraniata dall’ottica escatologica del giudizio universale: aldilà prima della fine dei tempi. La visione terrena viene integrata da una serie di scene che hanno valore didattico. Paradiso con incoronazione della Vergine da parte del Padre e del Figlio e circondata da santi e giusto. Gerusalemme celeste, racchiusa da torri e murature. Raffigurazione delle Opere di misericordia che una persona deve fare per assicurarsi la salvezza eterna. Immagine della sepoltura dei morti, fondamentale perchè i vivi devono prendersi cura delle anime dei morti in modo che questi possano accedere al Paradiso. Purgatorio rappresentato come una prigione da cui le anime vengono tirate fuori dagli angeli. Inferno con toni grotteschi perchè fatto a scopo educativo. Peccati capitali resi mediante delle allegorie, ognuno riconosciuto da un’iscrizione. Animali associati a ciascun vizio. Nell’Inferno vero e proprio, dominato dalla figura di Satana, vediamo una serie di peccatori associati sia ai peccati capitali sia ad altri. Tommaso e Matteo Biasacci, Visione dell’Aldilà, Santuario della Madonna delle Grazie, Montegrazie. Composizione monumentale su più registri: raffigurazione completa dell’aldilà anche con il limbo dei bambini. In alto Gerusalemme celeste. Purgatorio. Nei due registri sottostanti raffigurazione dell’Inferno diviso in sette compartimenti. Fonti importanti: Chiesa di San Bernardino ad Albenga, cui lavorano negli stessi anni, con stesso ciclo rappresentato in modo diverso. Predica di Ferrer sull’Inferno dove menziona tutti i peccati nello stesso ordine con cui sono rappresentati e cita anche delle cose più puntuali. Ogni settore è introdotto da un capitano diabolico, dotato di un nome. Alla base del ciclo pittorico vi sono una serie di scene che rappresentano i comportamenti che una persona non deve conseguire se si vuole accedere al Paradiso: Cattiva Confessione, Cattiva Comunione, Cattiva Morte. Scene affiancate dai loro corrispettivi positivi, in uno stato conservativo molto precario. Inferno introdotto da una serie di scene simili. Non solo peccati capitali, ma anche sottocategorie e punizioni diversificate. Purgatorio raffigurato come un luogo infuocato nel quale si vedono i peccatori immersi nelle fiamme, poi prelevati dagli angeli e fatti salire su una scala su cui sono trascritti i comandamenti e accedono al Paradiso. In alcuni casi nei cartigli abbiamo il ricordo delle azioni dei vivi che sono state fondamentali per la purificazione dei purganti. Visione dell’Aldilà (particolare del Limbo dei Bambini), cappella di San Bernardino a Triora. Stessa iconografia di Montegrazie. Raffigurazione dichiarata da un’iscrizione. A differenza di Montegrazie, dove viene raffigurato vicino al Purgatorio ma in posizione defilata, in questo caso il limbo viene raffigurato sotto la Gerusalemme celeste. La dottrina sul limbo dei bambini è praticamente inesistente, perchè la chiesa non ufficializzerà mai la presenza di questo luogo. Era, però, estremamente noto a livello popolare. I casi in cui questo limbo viene raffigurato sono molto rari e vanno sempre contestualizzati. La cosa grave è che i bambini senza battesimo non potevano neanche essere seppelliti in luogo consacrato e quindi seppelliti dove capitava, con conseguente sofferenza dei familiari. Questo impedimento della sepoltura fa si, che verso la fine del Medioevo, nasca una particolare ritualità, condannata dalla Chiesa, ma che in molti casi veniva praticata: i corpi dei bambini venivano portati in luoghi sacri, vi era una ritualità che consentiva il ritorno momentaneo alla vita, che nel momento in cui venivano riportati alla vita, venivano battezzati e così potevano essere seppelliti in luoghi sacri. L’esistenza di questi riti era nota, ma veniva ignorata dalla Chiesa. In alcuni casi i vescovi si opponevano concedendo la possibilità di seppellire i bambini in luogo consacrato, ed è proprio questo il caso. 22/04/2024 IL TEMA ICONOGRAFICO DELL’ANASTASI L’Anastasi Il termine “anastasi” è un termine greco che indica “resurrezione”: fa riferimento alla resurrezione di Cristo ma anche alla resurrezione finale dei morti. Dal IV secolo il termine è collegato anche al luogo del sepolcro di Cristo e poi alla Basilica che gli è stata costruita attorno.-Quando si parla del complesso dell’Anastasi di Gerusalemme ci si riferisce in particolare alla struttura di impianto circolare che contiene la memoria sul sepolcro di Cristo. Da un punto di vista iconografico è un tema di tradizione bizantina che rappresenta la discesa di Cristo agli inferi (tema sulla quale ci soffermiamo). La discesa di Cristo agli inferi Non c’è un testo preciso tra i testi sacri che fa riferimento al tema. Ci sono solo degli accenni che sono stati poi rielaborati e arricchiti nel tempo, come ad esempio alcuni passi tratti dai Discesa nel limbo, scuola di Giotto, Monaco di Baviera. Gli inferi presentano un ambientazione in un colle roccioso popolato di demoni. Cristo, accompagnato dal buon ladrone, prende Adamo di fronte a tutti gli altri. Cristo nel Limbo con il buon ladrone, Maestro della Madonna Strauss, Praga. Il nome del pittore è un nome convenzionale, di formazione senese e attivo nel corso del ‘300. Cristo è affiancato dal buon ladrone che regge la croce. Gli inferi sono rappresentati come una grotta dal quale escono i patriarchi. Sulla destra c’è una sezione dell’inferno dove vi sono i dannati che soffrono tra le fiamme; si distingue la parte del limbo dall’inferno vero e proprio (=influenza della Divina Commedia). Andrea di Bonaiuto, Convento di Santa Maria Novella, Firenze, 1365-1368. Nello specifico ci interessa la sala capitolare, luogo dove i frati domenicani si riunivano per prendere decisioni. Si realizza qui un ciclo pittorico molto complesso. Di fronte all’ingresso c’è una raffigurazione della Crocifissione, in basso ad essa c’è la rappresentazione della discesa di Cristo agli inferi, dove ritroviamo i tipici elementi. Anche qui il limbo è separato dai demoni e dannati. Tommaso da Modena, Trittichetto con Madonna con Bambino, santi e discesa negli inferi, Modena, 1345 ca. Altarolo che si poteva chiudere e spostare con facilità, realizzato da Tommaso da Modena, attivo nella metà del ‘300. Ai lati vi sono 4 santi: San Romualdo, San Giovanni Battista (raffigurato come un ragazzino), Santa Caterina (riconosciamo dalla ruota) e San Girolamo (che toglie la spina dalla zampa del leone). Al centro in alto abbiamo la Madonna col Bambino, accompagnata da una preghiera legata alla richiesta di protezione della Vergine. Al centro in basso invece vi è un Cristo che sembra uscire di corsa con un balzo dal suo sepolcro e scendere direttamente negli inferi per salvare i patriarchi dell’antico testamento. Simone dei Crocifissi, Il sogno della Vergine, 1390-1395. Simone era un pittore bolognese noto per i numerosi crocifissi che dipinse. Tale iconografia è legata ad un componimento poetico che narra del sogno della Vergine, riguardante la passione di Cristo. La Madonna è dormiente e una croce col figlio crocifisso esce dal suo ventre (riferimento dell’albero di Jesse). La croce presenta una serie di ramificazioni dorate, segno di una croce vivente e che porterà buon frutto. L’ambientazione è caratterizzata da un paesaggio roccioso con 4 castelli. La figura che legge sulla dx è l’origine di questo sogno. Da sotto il letto della Vergine fuoriesce una mano che va a salvare Adamo ed Eva dagli infer 23/04/2024 ICONOGRAFIA DEL GIUDIZIO PARTICOLARE Ha fortuna in ambito oltre alpino. Partecipanti comunicano con i cartigli, nimula che esce dal corpo del defunto. Rappresentazione di iconografia di Bolzano. Luoghi di doppia periferia: Avignone e Bolzano laboratori molto interessanti per l’incrocio della cultura del nord e la cultura italiana. Presenza di un gotico lineare con la cultura giottesca. Creazione di linguaggi ibridi, anche dal punto di vista tecnico. Questi temi iconografici sono quelli che testimoniano maggiormente il passaggio dei motivi. San Vigilio al Virgolo: fondazione privata. Decorazione risalente al tardo Trecento-inizio Quattrocento. In facciata abbiamo una raffigurazione molto rovinata, dove vi è la presenza degli stemmi delle famiglie. Nella parte alta è raffigurato Dio padre in mandorla; nella parte inferiore un letto su cui giace il defunto, ai lati i santi. Il defunto è raffigurato diversamente rispetto alle altre iconografie. infatti, non sembra morto e nella panca vicino al letto è seduto un diavolo che sta parlando al defunto. Per i piedi segnati dalle piaghe individuiamo la figura di Cristo. Dalla parte opposta riconosciamo la Madonna e il santo vescovo Vigilio cui è dedicata la chiesa. Iconografia particolare con tre figure: Sant’Anna metterza. Personaggi che dibattono tra loro e discutono della sorte del defunto. Non si riesce a leggere niente dei cartigli. Miniatura di area francese e tedesca: defunto mostrato con la nimula che esce dalla sua bocca. Presenza del demonio, ma anche degli intercessori per eccellenza ovvero la Madonna e San Giovanni evangelista; Dio padre e angelo. Testimonianza più antica di manoscritto con cartigli ben leggibili. Figura orante, tanti personaggi vicino al letto, tanti demoni, presenze della figura di Cristo, dio padre, crocefisso e madonna. Oltre a questo caso non abbiamo testimonianza dell’iconografia in Italia, il resto è nordico. Sepolcro del vescovo Antonio d’Orso di Tino di Camaino: non sta nella collocazione originale. Figura del defunto seduto in trono, immagine del defunto secondo tradizione pratica di portare il vescovo seduto in seggio in occasione del funerale, variante rara del giacente sul sarcofago. Sulla fronte del sarcofago vediamo una scena ibrida tra un giudizio particolare anche se non c’è la figura demoniaca. Al centro vediamo il cristo in trono rivolto verso il defunto, spalle di cristo quattro santi giovanni battista, pietro e paolo. Defunto, madonna, tre sante e angeli. Cartiglio che il vescovo ha in mano richiama il libro della vita che serviva per valutare peccati e meriti e definire il destino del defunto. Momento di giudizio legato alla morte. Unica testimonianza dove può esserci questa iconografia in Italia. In basso raffigurazione della morte: iconografia singolare legata al suggerimento da parte di Francesco da Barberino. COMMENDATIO ANIMAE Immagine più usuale sui sepolcri. Origini molto antiche: tema di lunga durata ma che a partire dal tardo Duecento acquista grande fortuna nelle sepolture. Riguarda la richiesta di intercessione dell’anima a vari intercessori, di solito la madonna oppure ci sono dei protettori che presentano il defunto. L’anima viene presentata come se fosse un corpo vivo. Tema araldico è molto importante e forte: uno dei modi che l’uomo medievale ha per garantirsi una continuità nel tempo. LUOGHI DI VITA E DI MORTE: LA CAMERA DA LETTO. Il momento della morte è rappresentato quasi sempre nella camera da letto: raffigurazioni che ci dicono qualcosa delle camere nelle case del medioevo; più informazioni delle classi nobili. Si tratta di un luogo importante: non era solo luogo per dormire, ma anche luogo riscaldato della casa e spesso luogo di riunione. Centralità nodale all’interno della casa, luogo sociale e non privato se non in certi momenti. L’Annunciazione solitamente è ambientata nella camera da letto, come ci mostra Gentile da Fabriano: letto spesso sistemato in alcova a parte separata da tenda per uso non strettamente privato, presenza in prossimità del letto di una panca o di un cassone legato al trasferimento delle doti. Pisanello a San Fermo: grande attenzione all’arredamento, Vicino alla Madonna letto in fondo all’alcova, intorno tappezzerie; cassone coperto da un tessuto ricamato con soggetto di ambito cortese, molto presenti sui tessuti, tappeto dai motivi orientali. Museo opera del duomo di Udine, serie di opere del patriarca. Edificio che si apre in sezione e mostra la camera da letto: alcova, letto separato da tenda, cassone. Presenza dell’immagine di devozione perchè la camera da letto era anche il luogo della devozione privata: presenza di trittici e immagini devozionali. Crocifissione e santi - Villa della torre: incasso di nicchia nel muro con immagine di crocifissione. Santi collocati negli sguanci laterali. Possiamo pensare che fosse una camera da letto: pitture che ci danno indicazioni sugli spazi delle case. Cappella degli Scrovegni: stesso edificio rappresentato due volte, tra cui nella Nascita della Vergine per evocare come la camera da letto sia anche il luogo della nascita, richiama l’aspetto sociale. Struttura metallica per sostenere le tende che permettevano di isolare il letto, aspetto funzionale anche per lo scalare dei piani. Nascita di Maria di Pietro Lorenzetti: fa parte del ciclo delle storie della Vergine nel Duomo di Siena. Riconosciamo che si tratta di un pittore senese perchè capace di calare, più di Giotto, l’ambientazione in una realtà conosciuta, quella contemporanea: caratterizzazione dell’ambiente molto fedele. Novità: trittico a tavolato unico, che ci permette di vedere la stanza da letto e anche la stanza vicina. Presenza della tenda, cassone, uso sociale in occasione della nascita. Luogo della vita coniugale. Nella bibbia istoriata padovana, 860 immagini, anche scene di sesso. Luogo del sogno e delle visioni e apparizioni, presenza ricorrente. Carlo Magno che sogna di liberare Pamplona. Oppure anche incubi. Tema della camera da letto come luogo di morte, luogo del testamento, come storie di Isacco. Bibbia di Corradino che è stata a Verona da Barnaba da Morano. Dipinto sontuoso opera di una maestranza di cultura allargata a livello mediterraneo per circolazione che si crea a causa della quarta crociata; grande qualità. Sette giorni raccontati in dettaglio. Dio padre nell’aspetto di cristo impegnato nella creazione. Alla base si hanno due raffigurazioni della salvezza cristiana: peccato originale e crocifissione. Giudizio universale: sancisce la fine del tempo umano. Dentro questo lungo tempo c’è il tempo umano ovvero il tempo della storia umana, che sant’Agostino organizza in sei tempi pensati in parallelo alla storia individuale, che ha un inizio e una fine. Salterio (libro che raccoglie i salmi: libro dei salmi della bibbia; salmi legati ai tempi della preghiera quotidiana. Predecessore del libro d’ore) inglese: schema a ruota con tondi con altre raffigurazioni. In ambito scolastico religioso si hanno degli schemi di questo tipo, che si reputano utili per la memoria. Essi hanno lo scopo di rappresentare vita dell’uomo nelle sue fasi. Ai quattro angoli vi sono delle figure che, con andamento orario, rappresentano le stagioni della vita umana, rappresentate con maggiore dettaglio nei tondi. Si trovano dei termini che Agostino usa per definire il tempo umano: infantia, iuventus, senectus, decrepitus. Al centro figura di cristo e scritta attorno. Percorso di salvezza governato e non casuale, incentrato su dio. Percorso di tondi che parte dalla nascita e procede per chiudersi con la tomba. Ogni figurazione è accompagnata da un'iscrizione. Quattro figure angolari danno tempi delle stagioni della natura umana. La persona giovane non pensa alla malattia e al tempo che passa. Le ultime due sono delle celebrazioni funebre. Percorso che ricorda la vanità delle cose terrene e il limite della vita umana. In declinazione diversa, lo stesso tema è affrontato nella ruota della fortuna della facciata di San Zeno, che richiama la fragilità delle sorti umane. Possiamo quindi dire che si tratta di un tema che ha avuto fortuna nel Medioevo. Libro d’ore: Officiolo di Francesco da Barberino. Personaggio importante, contemporaneo di Dante, notaio fiorentino ma anche letterato. Scrive molto e racconta quello che fa, in uno dei suoi testi dice di avere inventato dei temi iconografici, quindi indirizza artisti e committenti. Fa per se stesso un libro di preghiere: uno dei primi libri d’ore di ambito italiano. Fatto a Padova tra 1304-1309. Questo lo colloca in un momento importante per Giotto. Nell’illustrazione la conoscenza della Cappella degli Scrovegni è presente. E’ anche il momento in cui è presente in area veneta Dante. Abbiamo qui la prima raffigurazione del limbo. La rappresentazione dell’ inferno trova delle corrispondenze con Dante che stava ancora scrivendo: possibile scambio tra i due. Sequenza di rappresentazioni delle fasi della vita dell’uomo, quelle definite da Sant’Agostino. Esse sono scandite secondo le ore della preghiera giornaliera. Inserita in un’immagine cosmologica. Si riteneva perduto, ritrovato nel 2004 in asta. Figura di riferimento è una donna, forse libro pensato anche per la moglie. Ora prima-infanzia: giovane donna sulla terra come isola al centro dell’universo, con cielo che vede opposti il sole, la luna e le stelle; il sole illumina direttamente la figura. Ora terza-fanciullezza: giovane donna in zona di luce. Ora sesta-adolescenza: figura seduta sulla terra con sole sopra di lei. Viene qui sottolineata l’importanza che gli astri avevano per l’uomo medievale, si credeva, infatti, che questi avessero diretta influenza sulla vita umana. In quello stesso periodo Giotto stava dipingendo il ciclo astrologico. Ora nona-prima maturità: donna con bambino. Vespro-seconda maturità: sole che tramonta; sguardo rivolto verso il buio. Compieta-vecchiaia: sbilanciamento verso il buio. Tema molto sviluppato anche a Padova nella Chiesa degli Eremitani. Abside interamente decorata con pittura murale. Bombardamento Seconda Guerra Mondiale l'ha in parte distrutta: viene persa anche la decorazione di Mantegna. Storie dei santi Filippo e Agostino, storie sacre legate all’ordine della Chiesa. Parte bassa basamento a monocromo marmoreo dove sono rappresentati pianeti e stagioni della vita umana. Il modello di riferimento è la Cappella degli Scrovegni. Qui ogni pianeta corrisponde a una fase della vita. Grande attenzione è data alla resa dell’abbigliamento contemporaneo: moda che distingue la figura femminile da quella maschile. Tradizione ripresa dai testi sacri ma anche da altre tradizioni e leggende, come la leggenda di Barlaam e Josaphat di origine buddista, anche se ha grande diffusione anche in ambito occidentale. Tema di grande fortuna anche in contesto laico. Decorazione a finti marmi con tondi: ai lati morti di sovrani per mostrare la sfortuna che colpisce anche personaggi illustri. Al centro storia della leggenda. Verona: lastra tombale nel Museo di Castelvecchio, in origine della Chiesa di Santa Maria Consolatrice. Si trovava in prossimità dell’altare maggiore: posizione significativa. Si tratta della lastra tombale di un canonico, raffigurato su di essa. Motivo decorativo a grappoli e foglie di vite; cornice con iscrizione; riquadro centrale con croce scalpellata. Lastra rotta probabilmente nel momento in cui la chiesa viene demaniata nel periodo napoleonico. Centro personaggio nel tondo, mani incrociate sul petto, copricapo. Riscontro nella Chiesa dei canonici della cattedrale di Verona, diffuso gusto di rappresentare il busto del canonico all’interno del tondo. In basso stemma della famiglia Spinelli-Carbonesi di origine bolognese che si trasferisce a Verona: due fiori, cartiglio con note dell’Ave Maria. Lo stesso stemma possiamo trovarlo all’esterno della Chiesa di Santa Maria Consolatrice, come resto di una tomba. Nella stessa troviamo due iscrizioni: una in volgare e una in latino. Una in volgare sul cartiglio, l’altra latina gira tutto attorno alla cornice. Usando entrambe le lingue ci si rivolge ad un pubblico diversificato. Tutti muoiono e lasciano il mondo con tutto quello che c’è; chi ha offeso dio deve temere. MEMORIA E LUOGHI DI SEPOLTURA La tomba diventa sempre più il luogo chiave per il ricordo del defunto: scambio dei valori tra vita e morte. Tema costante della memoria di sé. I viventi potevano aiutare i penitenti che si stanno purificando in Purgatorio, in questo senso diventa fondamentale mantenere la memoria del defunto. Si prendono provvedimenti: stesura del testamento nel momento della morte, per distribuire i beni e finanziare i suffragi necessari per la salvezza della propria anima. Si faceva testamento non solo nel caso di malattia ma anche in previsione di eventi particolarmente pericolosi, come viaggi o pellegrinaggi. Il nobile Cortesia da Serego, testando nel 1429, stabilì la propria sepoltura presso la chiesa di Santa Maria dell’Arcarotta dei frati osservanti di San Francesco, fuori dalle mura cittadine. Deve avere avuto delle critiche. Parte religiosa inserita in un secondo momento, la scultura iniziale non ha niente di sacro. Critiche per opera ambiziosa e oltraggiosa per scultura di laico in luogo sacro. A seguito di ciò vuole farsi seppellire in una chiesa fuori dalle mura. La sua tomba viene collocata vicino l’ingresso, lastra terragna promemoria per tutti coloro che passando di lì la vedano e possano pregare per la sua anima. Importanza della collocazione delle tombe. Molto spesso queste erano destinate alle chiese: almeno fino al decreto napoleonico, erano, infatti, completamente piene di sepolture. Gerarchia nella scelta del luogo di sepoltura: luoghi vicino all’altare oppure di grande visibilità erano riservati agli esponenti delle classi alte. A San Zeno troviamo la tomba di Giuseppe della Scala, in prossimità della porta che conduceva i monaci dal monastero al coro. Monumento funebre di Guglielmo da Castelbarco all’ingresso del convento. Si tratta di una struttura ad edicola sotto cui vi è sarcofago. Doppia raffigurazione: come defunto, parte bassa commendatio animae per salvezza dell’anima. Ritratto riconoscibile. Guglielmo fu un importante personaggio e in particolare benefattore della costruzione di Sant'Anastasia stessa e del restauro di San Zeno. Guglielmo fece una scelta funeraria importante, collocando la sua tomba subito sopra la porta del convento domenicano di Sant’Anastasia, ben in vista in posto di passaggio. Il monumento è caratterizzato da un'edicola al di sotto della quale vi è il sarcofago del defunto. Nel coperchio vi è raffigurato il corpo del defunto che giace in un letto; il ritratto del personaggio è molto attento nei dettagli. Nella parte bassa del sarcofago è rappresenta la Commendatio animae (=anima vestita elegantemente, inginocchiata di fronte alla Vergine col bambino e chiede l’intercessione, salvezza della propria anima) La tomba fu realizzata dai frati francescani durante la ricostruzione della chiesa romanica nel secondo decennio del ‘300, grazie al contributo di Guglielmo di Castelbarco. Il sepolcro si inserisce nel settore inferiore di sinistra della facciata della chiesa. Si tratta della tomba di Aventino Fracastoro, un medico, impegnato anche in attività imprenditoriali, coinvolto in particolare nel commercio della seta. Faceva parte di una famiglia in via di affermazione sociale, e fu grazie alla sua duplice attività che pose le basi alla fortuna della famiglia. Anche qui la scelta di un luogo visibile non è casuale ma ha l'obiettivo di conservare il ricordo del defunto e di celebrare il prestigio della famiglia signorile. Il monumento si compone di: - Sarcofago pensile sormontato da un arcosolio e sorretto da 4 lesene - Sul coperchio del sarcofago è raffigurato il defunto giacente sul letto di morte in vesti da medico qual era - Sul fronte del sarcofago ci sono insegne della famiglia e una rappresentazione di Commendatio animae, dove si vede la Madonna col Bambino e in basso la piccola figura di Aventino inginocchiato e orante ai piedi della Madonna mentre chiede l’intercessione - In origine era un sepolcro policromo (ci sono ancora tracce di colori) - All’interno dell’arcosolio vi era una lunetta figurata che mostra un’immagine del paradiso con l’Incoronazione della Vergine (oggi visibile al museo di Castelvecchio). Si pensa che l’affresco sia ad opera di Altichiero, uno dei più importanti pittori veronesi attivi nel corso del ‘300. Negli anni ‘50 del ‘900, durante lo stacco dell’affresco, sono state rivelate delle sinopie eseguite sulle diverse stesure di intonaco. Si pensa che il pittore fece prima delle prove da mostrare ai committenti, che ha modificato a seconda delle richieste. Pietro Nanin, incisione acquarellata delle Pitture del monumento funebre di Aventino Fracastoro, 1864 Pietro Nanin fu un pittore, un restauratore, a volte anche falsario, attivo nella seconda metà dell’Ottocento. In questo caso è importante citarlo per il fatto che dipinse dei disegni, delle incisioni acquarellate riguardanti le pitture murali esterne di Verona, fotografando in questo modo una situazione che oggi non è più visibile. Tra le sue rappresentazioni abbiamo anche le pitture nella tomba di Aventino, eseguite attorno al 1835. Confrontando le fotografie alle rappresentazioni di Nanin, riconosciamo Maria in paradiso con le figure di Dio padre e Cristo, ma si individua anche una figura orante vestita di rosso che corrisponderebbe ad Aventino Fracastoro. Quindi abbiamo una triplice raffigurazione del defunto (il defunto orante in paradiso nella lunetta, il defunto giacente nel letto nel coperchio del sarcofago e il defunto nella Commendatio animae nel fronte del sarcofago. Testamento di Paolo Filippo Fracastoro, figlio di Aventino Nel testamento Paolo Filippo Fracastoro diede anche indicazioni sul suo funerale, precisando di voler essere portato dalla casa di famiglia nella vicina contrada di Sant’Andrea alla chiesa di San Fermo “con un corteo comprendente cinque cavalli, due bardati a lutto, due recanti le bandiere con le insegne della famiglia e il quinto con il cimiero e la spada sguainata". Ciò è segno che questa zona di cimiteri aveva una sorta di monopolio della famiglia Fracastoro. LE CAPPELLE FUNEBRI Un'altra scelta nel corso del ‘300 era quella di chiedere ai titolari della Chiesa di avere una cappella o un altare, all’interno della chiesa stessa, da dedicare esclusivamente alla sepoltura e al ricordo della propria famiglia. I Necrologi e Libri di memorie, insieme a quelli delle entrate e delle uscite, evidenziano la centralità delle tombe e dei riti funerari nell'economia e nella vita liturgica di chiese,monasteri e conventi. Vi si considerano non tanto le tombe in sé quanto i beni lasciati alla comunità religiosa, la loro gestione e gli obblighi che questi implicavano per la commemorazione dei defunti in termini di messe, preghiere e anniversari. Abbondante era il numero di messe giornaliere richieste nei testamenti da celebrare per la salvezza dell'anima dei testanti e dei componenti delle loro famiglie, ovviamente con il vincolo di un esborso economico e con la definizione di una rendita per garantire la lunga durata e l'effettiva continuità dei suffragi. La richiesta di messe pro anima era spesso accompagnata dalla precisazione del tipo di messa, di chi avrebbe dovuto essere l'ideale beneficiario di quella celebrazione e, magari, dalla indicazione di chi dovesse officiare, se un religioso specifico, per il quale veniva costituito un beneficio, o se più d'uno (alcuni testanti donano un calice, un messale e paramenti per la celebrazione, spesso contrassegnati con le loro insegne). Lunetta del monumento funebre, Altichiero, Incoronazione della vergine e santi, Cappella Dotto nella Chiesa degli Eremitani, Padova, 1380 La famiglia Dotto decise di far realizzare la propria sepoltura nella Cappella Angelorum nella Chiesa degli Eremitani a Padova. La tomba era accompagnata da: - il tema dell’Incoronazione della Vergine in paradiso a cui assistono i 2 defunti (Antonio e Francesco Dotto) - un'iscrizione che formalizzava l’accordo stipulato tra la famiglia e gli Eremitani per il patronato della cappella nel 1380. La famiglia aveva fatto una dote per la cappella, quindi donava dei soldi periodicamente, a condizione che fosse stata celebrata una messa al giorno, per garantire la salvezza delle anime e che la cappella fosse dedicata solo ai membri della famiglia Dotto. Altichiero, Riquadro votivo della famiglia Cavalli, in Cappella Cavalli in Sant’Anastasia, Verona, 1375 Un documento del 1375 ci attesta che alcuni dei componenti della famiglia Cavalli fecero una dote, stipulando un accordo tra la famiglia e i frati domenicani. La Cappella Cavalli è caratterizzata dalle tombe legate alla famiglia Cavalli, dalle insegne della famiglia esibite sotto l’arco di accesso e da pareti affrescate. In fondo al transetto vi è il dipinto di Altichiero, che rappresenta la Vergine in trono adorata dai membri della famiglia. Nell’impostazione si tiene conto della visione di lato e scorciata, per questo motivo la Madonna non sta al centro ma è posizionata sul lato sinistro della composizione. Inginocchiati alla Vergine ci sono i tre fratelli Nicola, Pietro e Giacomo Cavalli, vestiti in armi, da militari (anche se quello in mezzo, Pietro, era il canonico della cattedrale viene comunque rappresentato come gli altri fratelli in armi). C’è uno spazio vuoto che corrisponderebbe ad uno spazio stato lasciato per aggiungere altri personaggi della famiglia o inserire un sepolcro. Antonio da Mestre, Monumento funebre di Federico Cavalli, Verona, Sant'Anastasia Anche qui il defunto viene rappresentato 3 volte: - nella Commendatio animae nel fronte del sarcofago - giacente nel letto in vesti militari sul coperchio del sarcofago - nella lunetta dove il defunto è inginocchiato di fronte alla Madonna dell’umiltà. L’ICONOGRAFIA DELLE ESEQUIE Un altro tema iconografico che spesso troviamo raffigurato nelle tombe e nei sarcofagi è quello delle esequie, ossia il momento della celebrazione funebre attorno al letto del defunto. E’ una raffigurazione che spesso si trova nelle miniature dei Libri d’ore ma anche in alcune tombe che mostrano il momento del funerale, ricordando i suffragi necessari. Si tratta di una tradizione che deriva dai modelli francesi del XII secolo, dove spesso si rappresentano le esequie quindi i funerali e i dolenti. Meno diffuso è in Italia ma troviamo comunque qualche esemplificazione. Arnolfo di Cambio, allievo di Nicola Pisano, Sepolcro di Riccardo Annibaldi, Roma, San Giovanni in Laterano, 1289 Le tombe, col fatto che ci riferiscono spesso la data di morte del defunto, ci offrono utili riferimenti cronologici per la ricostruzione dell’attività anche dell’artista che ha operato. Oggi ci resta: - l’epigrafe - il defunto giacente nel letto - il fronte con un corteo di diaconi che procedono per le esequie, prestando attenzione a chi porta il sale, le incensiere, il cestello dell’acqua santa per la benedizione. Si tratta di una soluzione nuova, una conseguenza di figure quasi a tutto tondo che scorrono su un fondo a mosaico secondo la caratteristica decorativa della cultura artistica romana tra ‘200 e ‘300. Monumento funebre di Ottone Visconti (arcivescovo e signore di Milano) 1295 La tomba sta all’interno del Duomo di Milano, ma originariamente si trovava in una cappella dedicata a Sant'Agnese, dietro l’altare. Ottone Visconti morì nel 1295 e la tomba che lo accoglie è una cassa molto semplice, in marmo rosso veronese, con acroteri occupati da simboli degli Evangelisti. A capo del letto funebre sono raffigurati 2 personaggi che stanno sistemando il letto funebre, uno il cuscino, l’altro la coperta Sarcofago del vescovo Berardo Maggi, Brescia, 1308 murato nella zona absidale della chiesa. Raffigura il culto di Fedra. Usanza consolidata a Pisa circa il riutilizzo dei sarcofagi romani; Nicola Pisano lo cita. Quello del Campo dei Miracoli è un cimitero molto disordinato. Considerata la grande quantità di tombe presenti intorno all’area della Cattedrale, si decide di riorganizzarla. Vediamo allora la realizzazione di basamento e di un vero e proprio edificio a scopo cimiteriale. La struttura è del tipo a chiostro, accompagnata da una chiesa che affaccia sul cortile a loggiato. Aspetto molto austero e semplice, decorato con lastre di marmo. Ha solo due ingressi. Già nel 1260 l’operaio del Duomo Guido di Giovanni, nel prendere possesso della carica, giura di procedere all’edificazione «sepultuarii sive mortuarii costruendi» e così i suoi immediati successori 1277: il vescovo di Pisa cede il suo orto per migliorare e ingrandire il cimitero L’iscrizione a sinistra del portale est fa riferimento alle circostanze della fondazione: “nell’anno 1278, al tempo del signor Federico (Visconti), arcivescovo di Pisa, del signor Terlato, podestà, mentre era operaio Orlando Sardella, a cura di maestro Giovanni si edificò”. Un’ epigrafe fa riferimento a un maestro Giovanni che edificò il camposanto, si tratta di Giovanni di Simone: Architetto e forse scultore attivo a Pisa nella seconda metà del Duecento. Non si conosce la sua data di nascita, né se egli fosse nato a Pisa oppure divenuto solo in seguito civis della città. La sua figura fu totalmente ignorata per secoli dalla critica e dalla storiografia artistica proprio per colpa del suo nome che lo fece confondere, da Vasari in poi, con Giovanni Pisano, finché, nel 1918, Peleo Bacci, grazie ad una accurata ricostruzione documentaria, riuscì a ridefinire la sua figura. Il primo documento che lo ricorda è del luglio 1245, dove è citato come "servitor et fidelis" dell'Opera del Duomo. Nel 1260 in documento relativo allo stesso ente è detto magister murorum. Vi è documentato come capomastro a partire dal 1266 e certamente fino al 1286. Così è citato nell’ atto di vendita, redatto nel marzo 1266, di un terreno nelle immediate vicinanze del duomo, comprato per la costruzione del Camposanto. A testimoniare il suo ruolo vi è una delibera del Comune del maggio 1270, ripetuta negli anni seguenti, in cui lo si esenta dal pagamento di qualunque tassa, fatta salva quella sui suoi estimi. Intorno al 1275 ripresero i lavori del campanile, interrotti ormai da quasi novant'anni per il noto inclinamento della costruzione. I lavori furono affidati a lui, che condusse a termine i tre ordini superiori e la copertura senza il coronamento. L’epigrafe celebrativa in marmo, posta ancora a sinistra del portale est del camposanto documenta il suo ruolo anche in questa costruzione: il disegno complessivo del monumento fu suo, anche se il completamento avvenne in una fase successiva dei lavori, ma nel rispetto del progetto originario. Alla sua direzione spettano le prime venti arcate della parte orientale. Fu impegnato, inoltre, anche nel cantiere della chiesa di San Francesco e, forse, dell’ospedale di Alessandro IV (1257-1262). La sua morte dovette avvenire entro il 1298, dal momento che in un documento di quell'anno egli risulta già morto. Campagna costruttiva tra la fine XIII il primo decennio del XIV secolo, ad opera del nuovo operaio Borgogno Tadi sotto la supervisione di Giovanni Pisano, capomastro dell’Opera del Duomo. Si ha in questo momento un ulteriore completamento del camposanto con un riempimento delle arcate con quadrifore trilobate. Sculture-teste presenti sia all’interno che all’esterno, dove si ha tabernacolo che sormonta l’ingresso principale. All’interno collocati molti sepolcri che si trovavano all’esterno della cattedrale; diventa un punto di riferimento per le sepolture dei personaggi di spicco, sepolture che potevano avvenire nel campo centrale o in sarcofagi nell’area dell’ambulacro. Lungo le pareti del loggiato sono inseriti i cicli pittorici che proseguono anche nel quattro-cinquecento. I cicli pittorici sono molti, alcuni di essi sono oggi perduti. Nel 1806 il pittore e incisore Carlo Lasinio, visitando il Camposanto di Pisa rimase impressionato dallo stato di abbandono e degrado in cui versava il monumento. Gli venne proposto di ritrarre gli affreschi che ornavano le pareti del Camposanto per farne una pubblicazione. Il lavoro fu portato a termine in sette anni. Nel dicembre del 1812 uscì la prima edizione e nel 1828 la seconda, con il titolo “Pitture a fresco del Campo Santo di Pisa”; si compone di quaranta tavole, che traducono in termini ormai preraffaelliti la sua riscoperta dei "primitivi». Nel giugno 1807 venne nominato conservatore del Camposanto di Pisa ed emerito dell'Accademia di belle arti di Firenze. La nomina a conservatore del Camposanto, carica che mantenne sino alla morte (1838), segnò l'inizio di un profondo mutamento nell'assetto delle collezioni dell'Opera primaziale della città. Lasinio fu un precursore della tutela delle opere d'arte, anche in rapporto ai decreti napoleonici sugli enti ecclesiastici soppressi (Burresi - Caleca, p. 43). Lasinio lavorò al riordino del Camposanto, nel quale vennero raccolte tutte le opere d'arte e il materiale delle chiese e dei monasteri soppressi, con particolare attenzione ai sarcofagi, alternando tali mansioni allo svolgimento del lavoro riferito alle incisioni. Il suo obiettivo era la conversione in museo del monumento e la raccolta degli oggetti d'arte sparsi in città, come era già stato prospettato dagli eruditi pisani nella seconda metà del Settecento. Questa operazione rientra nel gusto della riscoperta della pittura medievale. Immagini che circolano facilmente grazie alla modalità della stampa e rafforzano la fama del camposanto, facendolo diventare una tappa importante. Abbiamo anche degli schizzi di importanti personaggi che vengono a visitarlo, confronto con le figure antiche. Viollet-le-duc: «Quello che mi sembra più bello come architettura è il Camposanto; questo monumento non ha nulla della barbarie da cui gli altri sono ancora caratterizzati, perché veramente il gotico italiano e il bizantino sono d’una esecuzione pietosa e che non ha niente in comune con l’esecuzione dei nostri monumenti gotici. Il Battistero, per esempio, è, bisogna dirlo, un orribile paté pesante, e che non ha niente di notevole che la sua enorme massa priva d’eleganza. Ma il Camposanto! I suoi affreschi inimitabili, la sua gravità selvatica! Noi abbiamo trascorso là dei giorni felici e che non mi usciranno mai dalla memoria. Léon, Adolphe ed io lavoriamo in queste belle Gallerie, Elisa passeggia dall’una all’atra e, animata da un bell’entusiasmo per le sculture che riempiono le pareti delle muraglie, vuole fare anche lei il suo disegno. Io vorrei poter vivere nel Camposanto, e finire per venirvi sepolto; uno sarebbe là davvero tranquillo, e visitato da gente come si deve (…). Negli affreschi ci sono brani della più grande bellezza, come tu sai bene, ma quello che più mi ha divertito è il ritrovarvi la fonte dei dipinti che eseguono oggi Hesse, Lehmann, Boulanger (…); questi signori imitano perfino il colorito di questi affreschi e questa ingenuità è così bella quando è il risultato della buona fede, ma diventa insopportabile quando è il prodotto d’una affettazione ridicola e che è estranea ai nostri costumi e alle nostre arti» Comincia, ad un certo punto, a perdere importanza. Durante la Guerra si incendia la copertura lignea, danneggiando pitture e sculture. Inizio di un recupero, l'intervento è stato quello di staccare gli affreschi, che ha consentito di recuperare le sinopie, adesso esposte nel museo. Pitture che sono state restaurate e si è cominciata una ricollocazione nella loro collocazione originaria. 06/05/2024 Documentazione dei cicli pittorici grazie alle incisioni e alla fotografia. Per il recupero delle pitture si interviene abbastanza presto; a proposito Sanpaolesi: «Già fin dal settembre del 1944, quaranta giorni dopo l'incendio, erano stati presi immediati provvedimenti per evitare le cadute incombenti. Si erano fatti consolidamenti parziali e tessute reti di filo d'acciaio sottile a trattenere gli spanciamenti: i bordi delle rotture erano stati sostenuti con 'ponticelli’ costituiti da pezzi di tegolo tagliati a mensola e murati a gesso. Con questi mezzi fu impedito l'accrescersi del danno e si lavorò a questo primo intervento dal settembre del 1944 a tutta la primavera del 1945. Nel 1945 la Direzione Generale delle Belle Arti autorizzò la Soprintendenza a procedere agli esperimenti di restauro. Si compirono quindi sia prove di consolidamento sul muro, sia esperimenti di strappo. (…) Dopo un anno dal compimento di tali esperimenti di consolidamento su muro, si cominciò a notare qualche nuova disintegrazione del grassello. Alla decisione di strappare gli affreschi danneggiati, presa dalla Direzione Generale delle Belle Arti su parere di una commissione di critici e studiosi d'arte radunatasi nell'ottobre del 1947 e composta dei professori C. R. Morey e F. R. Hartt per il Comitato americano e dai professori C. Brandi, D. Levi, R. Longhi, P. Toesca, dobbiamo se, pur con dispendiose operazioni, la maggior parte degli affreschi del Camposanto di Pisa si pu ò ora considerare salva. Le operazioni di strappo furono finanziate dall' American Committee for Restoration of Italian Monuments con la somma di dol1ari 15.000…». Per la conservazione e la salvaguardia delle pitture, si è proceduto con lo stacco degli affreschi, i quali hanno rivelato le sinopie sottostanti. Da questo entusiasmo nasce il Museo delle sinopie di Pisa. Successivamente l’attività di strappo fu usata con grande diffusione anche senza la presenza di casi di effettiva necessità. Sull’esempio di Pisa, a Verona nasce il Museo degli affreschi. Adesso questa metodologia è utilizzata solo in casi di estrema necessità. Le pitture murali sono esposte negli spazi tra camposanto e le mura; solo in tempi recenti si è intervenuti per la ricollocazione dei dipinti nella loro collocazione originale: accorgimenti per giusta conservazione. Uno dei problemi è causato dal salvataggio parziale delle cornici, le quali, in passato, non venivano considerate importanti e perciò non prese in considerazione nel processo di conservazione. Solo negli ultimi decenni si è compresa la vera importanza delle cornici, perchè esse consentono di ricostruire al meglio il contesto originale. Prima negli interventi di strappo venivano, forse, conservate alla fine. recepisce le novità di Giotto anche se non in maniera approfondita. Teste che scalano in profondità: Giotto; non riprodotto dal maestro del trionfo. Senso di movimento per i dannati. Ascensione di Cristo gusto, modo, a livello compositivo, di riportare una logica bidimensionale, ma singole figure che hanno espressività e plasticità. Vivacità descrittiva e oggettualità di alcuni brani: caratterizzazione dell’abbigliamento, caratterizzazione dei personaggi nella loro espressività. Ricezione dei modelli giotteschi per l’attenzione all’espressività ma accentuata. Eremiti: personaggi rappresentati nelle varie attività, con osservazione vivida della realtà. Fantasia vivace: Bellosi ipotizza un riferimento alla Divina Commedia nella scena della lotta tra angeli e demoni per accaparrarsi le anime dei defunti. Bellosi osserva come gli eremiti, che sono il modello da seguire per la salvezza, sono rappresentati come personaggi caricati, portati al limite del grottesco. Aspetti dei personaggi presentati meglio sono i giovani: bello grasso propria del medioevo, elegantemente vestiti nell’atto di stupirsi. Divario molto accentuato. Presente anche nei beati del Giudizio universale. In posizione di raccordo si ha un gruppo di malati e di anziani che insegue la morte; motivo ripreso dall’Orcagna a Firenze in un dipinto frammentario di Santa Croce, analogo anche il testo. Schema iconografico ripreso. Personaggi rappresentati con crudezza. Resa realistica portata all’eccesso. Elementi gotici: senso del movimento dei drappi. Stilemi figurativi: resa delle figure massicce con testa evidente e corpi massicci, caratterizzazione molto riconoscibile nella resa di alcuni volti: modo particolare di piegare i capelli dietro le orecchie che forma una curva. Modo di rendere il volto di tre quarti: mascelle molto vistose. Sottolineare gli occhi con occhiaie scure. Stesura pittorica: lavorazione a punta di pennello rapida che definisce i capelli e la barba. Si ipotizzava di trovare gli stessi aspetti possiamo ritrovarli a Francesco Traini, ma smentisce perchè mostra una cultura legata a Simone Martini. 07/05/2024 Dibattito circa l’attribuzione e la datazione del ciclo sull'aldilà. E’ stata accertata la presenza di un cartone da ripetere; capacità esecutiva rapida e accurata. BUONAMICO BUFFALMACCO AD AREZZO 1341: gli operai della cattedrale di Arezzo danno incarico ai pittori Andrea e Balduccio di decorare certi archi «sicut facti sunt arcus capelle episcopatus aretini per Bonamicum pictorem» Vasari, nella vita di Buffalmacco, scrive che il pittore dipinse nel duomo di Arezzo. Proposta di attribuzione a Buffalmacco da parte di Pier Paolo Donati (1967). Ha grande fama in ambito letterario. A causa della mancanza di documenti e di opere firmate, si tratta di una difficile per attribuzione. Proposta di attribuzione alla Madonna con Bambino di Arezzo facendo un confronto con il ciclo di Pisa. Viene individuata una modalità simile nell’uso della linea scura per delineare i contorni, in modo da mettere in evidenza la figura. Il volto della Madonna, insieme al volto del santo, sono attribuiti al Maestro del Trionfo della morte; questo ragionamento si può estendere anche ad altre figure. Infatti, sono stati individuati degli aspetti comuni: mento pronunciato e allungato, occhi con occhiaie pronunciate, linea della bocca e del naso, linea dritta della guancia, resa del volto con giro di rughe ad arco attorno alla bocca. Sicuramente, possiamo vedere delle diversità in termini cronologici. Probabile uso di patroni. Soluzioni analoghe in particolare della mascella delineata e dei tocchi a punta di pennello per definire la barba. Ultimo confronto: testa della figura nascosta dall'altare, quasi sovrapponibilità della testa dell'angelo del giudizio universale ad Arezzo, anche con la particolarità della ciocca che gira dietro l'orecchio. Definisce il campo di applicazione della lamina metallica. Quindi si ipotizza che questo pittore lavori anche ad Arezzo. Vanno chiamate in causa tutte le altre informazioni che possiamo ricavare. Nelle “Vite” Vasari pubblica una vita di Buonamico Buffalmacco. Riporta la tradizione che lega il pittore a Boccaccio e a Franco Sacchetti: «Buonamico di Cristofano detto Buffalmac[c]o pittore fiorentino, il qual fu discepolo d'Andrea Tafi, e come uomo burlevole celebrato da messer Giovanni Boccaccio nel suo Decamerone, fu, come si sa, carissimo compagno di Bruno e di Calandrino, pittori ancor essi faceti e piacevoli e, come si può vedere nell'opere sue sparse per tutta Toscana, di assai buon giudizio nell'arte sua del dipignere. Racconta Franco Sacchetti nelle sue Trecento Novelle, per cominciarmi dalle cose che costui fece essendo ancor giovinetto, che stando Buffalmacco mentre era garzone con Andrea, che aveva per costume il detto suo maestro, quando erano le notti grandi, levarsi inanzi giorno a lavorare e chiamare i garzoni alla veg[g]hia; la qual cosa rincrescendo a Buonamico, che era fatto levar in sul buon del dormire, andò pensando di trovar modo che Andrea si rimanesse di levarsi….». Episodi che raccontano di attività in ambito toscano ma anche in altre regioni, come a Bologna. Lorenzo Ghiberti, nei Commentari: Buffalmacco «fece in Pisa moltissimi lavorij. Dipinse in Campo santo a Pisa moltissime istorie»; Buffalmacco dipinse anche «a sancto Pagolo a ripa d’Arno istorie del testamento vecchio e molte istorie di vergini». Bellosi valorizza molto il contributo di Lorenzo Ghiberti: verifica sull'attendibilità e si mostra un autore molto attendibile perchè più vicino cronologicamente. Verifica i dipinti citati; in San Paolo in ripa d'Arno rimangono solo due figure di santi. Informazioni relative alle novelle di Boccaccio e di Sacchetti: nelle prime non è promotore delle burle a Calandrino; nel secondo caso è lui il protagonista delle storie. Nelle novelle di Boccaccio si è verificato che si tratta di personaggi reali: Calandrino muore nel 1318, dato interessate perchè ci dice che si tratta di pittori che vivono all'inizio del Trecento, mentre il Decameron è stato scritto qualche decennio dopo. Inoltre, nel Decameron Buffalmacco è ricordato «come un uomo del passato», ricordando che il testo di Boccaccio è ambientato durante la peste del 1348 e scritto non oltre il 1351. Dato stilistico che viene dalla tradizione critica. Riscontro documentario degli archivi: 1320: Bonamichus magistri Martini è iscritto nella matricola dei Medici e Speziali di Firenze 1341: gli operai della cattedrale di Arezzo danno incarico ai pittori Andrea e Balduccio di decorare certi archi «sicut facti sunt arcus capelle episcopatus aretini per Bonamicum pictorem». Sappiamo che avvia un'attività a Firenze. Lavora per il monastero delle donne di Faenza. Attività precoce, poi attività fuori Firenze. PROBLEMI DI DATAZIONE Il Ciclo del Trionfo della morte si data sempre più avanti nel secolo, invece la vita del pittore ci porta entro la prima metà del secolo. Confronto con un dipinto frammentario di Prato, il cui schema iconografico corrisponde perfettamente al giudizio universale di Pisa. Replica molto fedele. Un documento ci dice che il pittore di Prato era attivo nel 1345. Abbiamo quindi un ante quem. Confronto di modelli iconografici e non stilistici. Bellosi dice che si può trattare di un ante quem ma non è risolutivo. LA MODA NELLA PITTURA DEL TRECENTO La moda viene usata come riferimento per la datazione. Il ciclo del camposanto ha un’abbondanza di figure vestite alla moda contemporanea, soprattutto per il significato che assumono nella narrazione: caratterizzazione delle classi sociali. Ciò è possibile perchè, a partire dal Duecento, diventa sempre più frequente l'attualizzazione delle storie sacre. Questo aspetto è favorito soprattutto nel caso in cui si rappresentavano santi novelli come San Francesco. Pratica che si diffonde in modo capillare: Cappella degli Scrovegni abbigliamenti più caratterizzati come quello della Vergine. In alcuni casi evidenza maggiore: nozze con sposa contemporanea, abito rosso e cuffia. Vediamo l’utilizzo di espediente anche in un contesto laico come nel caso di Simone Martini. Moda con vestiti lunghi e larghi. Siena chiesa di San Francesco dipinto nella casa capitolare poi in chiesa. Il dipinto di Ambrogio Lorenzetti rappresenta la professione pubblica di san Ludovico di Tolosa, canonizzato nel 1317; figlio di Carlo d'Angiò, diventa frate minore, morì alla fine del Duecento. Scena rappresentata con grande abilità di resa spaziale. Unico non religioso è il re. Dietro altri personaggi, tra cui uno che indica se stesso e si fa ipotesi che sia Roberto d'Angiò che diventa re al posto di Ludovico. Personaggi resi con grande varietà e resa dell'abbigliamento, che ha un ruolo fondamentale nella caratterizzazione del personaggio e del suo ruolo sociale. Simone Martini con Pala del Beato Agostino Novello: necessità di calare i suoi miracoli nella realtà senese. Tra la prima e seconda metà del Trecento vi è una differenza della moda abbastanza marcata. Nella prima metà del secolo non c'è forte distinzione della predella, le quali sono più espressive. Anche in questo caso si pensa a un pittore della bottega identificato come Dalmasio, che si fa influenzare dalla pittura bolognese. A fronte di questa realtà ci sono pittori che mostrano uno spiccato linguaggio bolognese espressivo disinteressato agli aspetti spaziali, espressività aggrottata. Polittico di Pseudo Jacopino, così chiamato perchè si è cercato di agganciare le opere a dei documenti, sono rimasti nomi che indicano rapporto con i documenti. Pietà al centro, nucleo centrale e santi laterali, due registri, struttura a guglie, sproporzione, disinteresse nel richiamare l'attenzione su alcune parti. San Michele arcangelo ha ruolo di garantire il passaggio dell'anima nel momento della morte, spesso figura importante perchè colui che combatte per avere l'anima. San Gerolamo nello studio, ci fa vedere come venivano tenuti i libri. Madonna che abbraccia il figlio, dove si sottolinea il dramma. Modo di dipingere con chiaroscuro con passaggi lenti e morbidi che rende efficace la rappresentazione naturalistica. Vitale da Bologna: pittore più importante negli anni 40, ma già attestato ai tempi di Buffalmacco. Mette insieme lettere del nome sul fianco del cavallo: firma. Movimento dei capelli e del cavallo. Cogli il momento di massima azione della lotta con il drago. Da un punto di vista spaziale non c'è credibilità. Probabilmente si trattava di una tavola d'uso, quindi non ha il fondo oro. Espressività aggressiva. Affinità con Pseudo Jacopino per gesti violenti e caricati e per la posizione della figura. Passaggio che ha portato a completare la sua formazione con realtà resa con libertà e crudezza. Legame con modo particolare di rappresentare gli angeli a quattro ali: angeli arpie. Collegato alla conoscenza della tradizione antica. Angeli particolari sono presenti nella miniatura bolognese degli anni 30 del Trecento, sembra che quindi l'abbia vista. CULTURA DELLA PENITENZA Legame delle scelte iconografiche con questa cultura promossa dagli ordini mendicanti, in particolare quello domenicano legato alla chiesa di Santa Caterina. Convento che si radica nella realtà pisana e diventa un centro culturale, con contatti anche con altre sedi. Si tratta di una cultura religiosa attenta alla comunicazione con i laici attraverso i testi e le prediche in volgare. Duplice vocazione: vita eremitica e propensione verso gli altri. L’importanza attribuita alla vita eremitica spiega l'importanza della rappresentazione della Tebaide. Prediche come modo di comunicazione di indirizzo, che si integrano alle pitture. La chiesa è un tramite necessario di salvezza. Attraverso il ruolo che troviamo nelle immagini: eremiti che spiegano quello che c'è davanti. 13/05/2024 L’immagine è quindi considerata uno spunto memoriale. Presenza di una grande scena della Tebaide si propone come alternativa alla vita sacra, lontano dalla vita mondana, eremitaggio spirituale. Grande spazio riservato a questa scena. Tebaide rappresentato anche su tavola e fa riferimento alle prime esperienze monastiche ed eremitiche. Nome storico di una regione dell’antico Egitto dove si è sviluppata una vita eremitica. Altra tebaide che fa riferimento al testo di stazio che fa riferimento alla città di Tebe. Esemplificazione della vita eremitica in paesaggio roccioso, con personaggi diversamente impegnati e identificati da iscrizioni. Maddalena vestita dei suoi capelli; riceve un altro eremita; presenza della tentazione del demonio che tenta gli eremiti. Abbiamo figure che sembrano per bene ma sono ingannevoli, presenza di alcuni elementi che ci fanno capire il vero significato demoniaco. Grande quantità di iscrizioni presenti che identificano i personaggi. A sottolineare questo aspetto c’era la combinazione tra ciclo della tebaide e la tomba di un eremita contemporaneo: Giovanni Soldato, vita militare abbandonata per vita eremitica, fondatore della fondazione degli uomini di penitenza. Sarcofago strigilato, affiancato da uomini di penitenza, integrato nel 500 con angeli. Tomba che coincideva con questo ciclo. Nel ciclo vi è fitta rete di iscrizioni: cartigli che portano scritte. Diffuse soprattutto per la scena del Trionfo, nelle altre scene le cornici si sono conservate meglio. Le foto precedenti alla distruzione mostrano tanti compassi che mostrano angeli con cartigli al cui interno vi sono iscrizioni che si rivolgono all’osservatore. Molti dei testi sono andati perduti o sono diminuiti ma sono facilmente ricostruibili grazie ad un'edizione che riporta tutti i testi quanto possibile, di fine 800. Vi è, comunque, una stretta relazione tra testo e immagini, in modo che anche gli analfabeti potessero capire il significato delle figurazioni. Iscrizioni fortemente sentite nella cultura medievale: testi e immagini vanno letti strettamente anche perchè si completano. Vasari dedica una vita piuttosto lunga a Buffalmacco e si lega alla sua fama letteraria: riferimento alle iscrizioni, giudicate in modo molto negativo. IL VISIBILE PARLARE Il fenomeno del visibile parlare fa riferimento alla presenza di iscrizioni all’interno dei dipinti medievali. L’origine del termine, ormai largamente diffuso, fa riferimento all’opera di Dante, o forse acquisito da un precedente di Sant’Agostino. Miniatura a lato vuole ricostruire il contesto in cui è inserita la terzina: Dante incontra il miniaturista bolognese. I Penitenti passano attraverso costolone istoriato che presenta tre esempi di penitenza e umiltà: descritti come se fossero parlanti, si fa riferimento al fatto che siano opera divina, nuovo agli umani perchè non si vede in terra. Il raccontare per immagine è molto efficace da sembrare comunicare direttamente il messaggio riportato. Si è fatto riferimento a quello che poteva essere il punto di partenza di Dante, cioè l’arte figurativa e la scultura del gotico italiano. Ciao Ire (Coffee, 30/05) In sede critica diventa diverso: in questo senso la scrittura si integra con la pittura. Trittico dell’annunciazione di Martini: una delle quattro pale d’altare che stavano attorno all’altare centrale. Dipinto che ha una data e una firma conservate nella parte superstite della cornice originaria. Gli autori che si firmano sono due, infatti troviamo anche Filippo Menni. Problema di partenza riguardante l’attribuzione: opera di grande prestigio per i senesi. Facendo un confronto con le sue opere, è probabile che il ruolo preminente fosse di Martini .La cornice che vediamo adesso non è quella originaria, ma risale alla fine dell’800; sono, invece, originarie le tavole e i tondi che sono stati inseriti nella cornice. Annunciazione che fa riferimento alle novità giottesche per la resa della profondità dello spazio. Possiamo, tuttavia, trovare allo stesso tempo una componente gotica, per la presenza di un senso di ritmo che definisce la linea. In generale si tratta di un’opera preziosa dove Martini mostra grande capacità di lavorare con l’oro: parte sinistra dipinta direttamente su fondo oro, anche graffito. Nella tavola è stato utilizzato l’espediente del visibile parlare, visibile nell’angelo ritratto con la bocca aperta, da cui fuoriesce una scritta che diventa un visibile parlare. La scritta è stata realizzata a pastiglia rilevata coperta in lamina d’oro e riporta il testo dell’annunciazione, reso spaziato in direzione di Maria. Qua è concreto, ma è in realtà un concetto che si estende a tutta la tavola, con riferimento al testo di Luca, i passi presenti nel dipinto e fanno sì che tutta l’immagine sia un visibile parlare. L’angelo regge un ramo d’ulivo, ha la veste lavorata in lapis sull’oro ricavato a graffito, mantello scozzese, bande che ricordano le fasce dell’abbigliamento liturgico, sul cui bordo è visibile la scritta che identifica il personaggio. Sul petto altro passo che dice che Maria ha trovato grazia presso il signore. Lavoro di granitura sulla lamina metallica. Passaggio che racconta come avverrà l’incontro. Altri rimandi si hanno nella presenza dei profeti, di coloro che secondo i testi sacri hanno previsto l’incarnazione del messia: in sequenza Geremia, testi che non corrispondono strettamente; Isaia, uno dei riferimenti più frequenti; Daniele. Sala del mappamondo del palazzo pubblico di Siena. Uso politico del visibile parlare, anche se l’immagine è sacra. Maestà di Martini: omaggio alla Vergine considerata la patrona della città. Madonna in trono circondata dalla corte celeste a cui rendono omaggio i quattro patroni della città, tutto attorno profeti e padri della chiesa con libri e iscrizioni che danno anche un significato politico all’immagine, si ripetono degli emblemi pubblici: leone rampante e balzana. Opera firmata e datata nella parte bassa. Il restauro degli anni 90 ha mostrato come è stato eseguito in tre momenti distinti, con cesura molto netta a circa metà dell’opera che si intuisce anche a occhio nudo. Parte bassa introduce aspetti di novità e interesse. Successivo intervento compiuto da Martini ricavato da documenti: modifiche parziali che riguardano i volti dei personaggi. Si tratta di un aggiornamento che ha ragioni politiche e lo spiegano le iscrizioni. Rappresentazione della vecchia e della nuova legge. Aureola dove ci sono indicazioni della virtù. Presenza delle tavole della legge, portate da Mosè; la nuova legge sono, infatti, i sacramenti. Riferimenti della religione. Profeti identificati da scritte e ci mostrano il cambiamento di stile. Dal punto di vista stilistico, risente della spazialità di Giotto, ma ha ancora delle influenze gotiche molto marcate come si vede nella resa della linea e nella resa del trono dove sta la madonna con il bambino che regge un cartiglio, realizzato con inserto di vera pergamena, che ci dà la chiave politica. Riportati un passo che viene dal libro della sapienza dove si invitano i governanti a seguire la giustizia: monito a chi governa, ribadito nei testi delle iscrizioni in basso, forte impronta legata ai modelli danteschi; vi doveva anche essere una risposta della vergine alle parole, oggi perdute, dei santi. Iscrizione che è stata rifatta e che corrisponde al luogo dove stavano le parole dei patroni. Personaggi che sono modificati per farli parlare: inserisce nelle loro mani dei cartigli. Modifica anche i volti e in parte la posizione delle loro mani. Da tutti questi corrispondenza nel sepolcro soprastante; quello ancora vestito ha veste da dottore quindi richiamo di umiltà. Scritte che commentavano i vari passaggi. Datazione 1410-11 Camposanto di Pisa. Il tema si inserisce nel grande riquadro del Trionfo della morte. Corteo che incontra i tre morti, che esce da una gola di rocce, paesaggio roccioso che serve a definire lo spazio in profondità. Secondo e terzo piano dove si vedono le bocche dell’inferno; eremiti che vivono appartati, impegnati nelle diverse attività. Strada al cui imbocco c’è eremita che parla con i giovani del corteo. Resa del paesaggio e dello spazio. In questo caso si tratta di un gruppo di persone. Si discute dell’origine di questa storia: forse riportata da alcuni testi; forse di tradizione orientale, si pensa possa addirittura essere la storia dell’incontro di Buddha con un morto per la purificazione. Tema che riguarda tutti quindi non è difficile trovare dei legami tra culture e religioni diverse. Novità è trasformare l’incontro in un gruppo molto esteso. Giovani all'evidenza ricchi e belli, indagine sulla moda perchè riccamente vestiti, caratterizzati nei gesti e nelle reazioni. Presenza dell’eremita: religioso che si fa mediatore morale, tipico della tradizione italiana. Meditazione religiosa per spingere verso la vita moralmente corretta che porta alla salvezza dell’anima. Un’altra novità riguarda la presenza delle donne, anche loro riccamente vestite. Importanza di quello che dicono i cartigli o i testi. Parlano: eremita con cartiglio con richiamo morale. Cartiglio che stava nella cornice sorretto da angeli: morti che si rivolgono ai vivi. Sottolineare che si tratta di persone ricche, e lo fa non solo con abbigliamento ma anche con attributi: scelta di rappresentare simboli della caccia, prerogativa di ricchi, attraverso la presenza di falconi; presenza costante per segnalare contesto aristocratico (trattato sui falconi di Federico II). Riferimento riscontrabile anche nella Cappella degli Scrovegni. Al centro rappresentazione della Giustizia: unici due che hanno predella sotto dove si mostrano le conseguenze di mondo giusto e ingiusto; si vedono fanciulle che danzano, mercanti che portano merci, anche personaggi che vanno a caccia: segno di società equilibrata e bene amministrata, come riporta anche l’iscrizione presente. Sintonia tra la rappresentazione di Giotto e quella di Lorenzetti de Gli effetti del buon governo, dove si vedono anche cavalieri che vanno a caccia. Buffalmacco descrive con vivacità i personaggi del seguito che aiutano nella caccia. Gruppo numeroso che reagisce in vario modo, come reagiscono anche gli stessi animali. Gestualità che drammatizza la situazione. Gesti che hanno convenzionalità e rendono la situazione. Anche in questo caso i morti sono rappresentati in tre diverse fasi di decomposizione. Dettaglio del personaggio vestito come un dottore, mantellina e cappello di pelliccia. Quello al centro ha la corona. Caratterizzazione necessaria per mostrare la presenza di condizioni sociali diverse, come a segnalare che la morte colpisce tutti. Questo è un tema molto diffuso in particolare dal 200 fino a inizio 500. Un caso precoce è quello che si trova nella Cattedrale di Atri. Un'indagine di restauro ha indicato una serie di variazioni e pentimenti legati a una iconografia che non si era ancora assestata. La scena si pone tra due pareti ortogonali e si integra con altra decorazione che risulta troncata perchè era stato inserito un altare. Proposta cronologica su ragioni stilistiche collocata intorno al 1240-50, ovvero corrispondente al periodo federiciano. Cultura aggiornata sul gotico per il modo di rappresentazione. Nella scena sono raffigurati due scheletri in piedi, secondo il modello francese. Nel completamento della pittura vi era un sarcofago dove si trovava l’altro scheletro. Questa sta su una figurazione analoga. Prima raffigurazione fosse distesi e solo in secondo tempo si trova soluzione diversa, anche per una questione di spazio. Sequenza che mostra incertezze da parte del pittore. Ad esempio è presente una testa di profilo, è dunque probabile che la prima idea fosse quella di rappresentare i vivi a cavallo. Salterio inglese usato per la preghiera individuale, di inizio 300. Tre vivi rappresentati da tre sovrani con lo scettro e il falcone, i quali si trovano davanti a tre scheletri in piedi che mostrano diverse fasi di decomposizione; fondo a fiori stilizzati. Pittura contemporanea a Giotto, più attento alla componente lineare, stilizzazione. Altro piccolo Salterio. Incontro raffigurato su due pagine: in questo caso i vivi sono cavalieri a caccia, come nel caso di Pisa, e i morti sono in piedi. La scena è collocata all’interno di una decorazione tipicamente francese con foglie e animali che incorniciano la scena e la presenza di stemmi araldici. Immagine di Libro d’ore, già inizio 500, l’incontro mantiene comunque le stesse caratteristiche: tre cavalieri che incontrano i tre morti in piedi, c’è una componente più aggressiva, incontro meno pacifico, predella con teschi. Cripta di Santa Margherita a Melfi. Tre personaggi abbigliati riccamente sembrano rappresentare tre età della vità; uno di essi tiene un falcone in mano, come richiamo alla caccia. Di fronte si trovano gli scheletri in piedi. Questa è una zona che anche dopo la fine dell’impero di Federico II rimane legata a modelli francesi: ciò spiega la presenza di questa iconografia. Poggio Mirteto. Opere di qualità bassa di difficile datazione perchè non si sa se sono così perchè antiche o per lo stile semplice del pittore. Cronologia collocata tra fine 200 e inizio 300. Si vede un solo vivo, un soldato a cavallo; sotto di esso è presente un’iscrizione in volgare. Presenza dei tre morti distesi che rappresentano momenti diversi. Abbazia di Santa Maria di Vezzolano. Chiostro in corrispondenza di sepolture, due rappresentazioni. Quella di inizio 200 ci mostra i vivi che vanno a caccia. Del morto, a causa del cattivo stato di conservazione, vediamo solo un pezzo: era disteso sul punto di alzarsi, sempre secondo un modello francese. All’inizio dell’800 si è trascritto il testo presente, il quale non corrisponde del tutto perchè parte del cartiglio è andato perso: invito a lasciare la superbia. Va considerato il contesto: immagine che conviveva con crocifissione: morte salvifica di Cristo. Il secondo dipinto è collocato nella campata: Cristo tra evangelisti, adorazione dei Magi dove si inserisce la commendatio animae, scena dei tre vivi e dei tre morti, figura di defunto che ci ricorda del contesto funerario. Tre vivi elegantemente vestiti con elementi della caccia, gesti molto caricati di orrore; tre morti che escono da unico sepolcro e si accenna alla composizione. Presenza che poi diventa costante è quella dell’eremita che fa da tramite morale. Subiaco. Sfrutta continuità. Tre vivi con falconi, selva nel fondo, eremita che presenta ai vivi i tre defunti in decomposizione diversa e segnalazione dello stato sociale con abiti. Presente anche il tema del Trionfo della morte, dove i personaggi inseguiti sono ricchi. Bosa Contrapposizione evidente. Vivi con falconi e sovrani con la corona, morti con le stesse caratteristiche: segno che si stabilizza l’iconografia. Abbazia di Sesto Al Reghena. Luogo della stretta diffusione della cultura giottesca. Influenza giottesca per la presenza del paesaggio roccioso, forma dell’albero e uso in secondo piano per suggerire profondità, volumetria delle figure, incastro di piani diversi, cornice a motivo cosmatesco cioè a motivo a intarsio marmoreo. 20/05/2024 IL TRIONFO DELLA MORTE Quella sviluppata nel Ciclo di Buffalmacco a Pisa è una variante particolare dell’iconografia . Parte destra ai piedi dello sperone roccioso dove c'è la bocca inferno. Nella scena vediamo il passaggio della morte in volo sopra i morti; i giovani inconsapevoli della morte; lotta demoni-angeli per la conquista delle anime. Un’iconografia simile la ritroviamo anche in Lorenzetti, in questo caso si inserisce vediamo l’uso di una pittura a calce con colori molto vivaci: tocchi a calce per rendere le parti emergenti dei volti. Testimonianza di caratteri ibridi. Nella parete contigua al coro della chiesa sono rappresentate storie di San Giovanni e San Nicola. Da un lato vediamo la lotta tra gli angeli e i demoni alla porta del Paradiso per la contesa delle anime, mentre un demonio conduce le anime. Trionfo con anziani che inseguono la morte, mentre questa è rappresentata in forma demoniaca e scheletrica a cavallo che, passando sopra un cumulo di morti, insegue i giovani a cavallo, di cui alcuni già morti, i quali cercano di ripararsi nel castello. Morte a cavallo: suggestione dei cavalieri dell'apocalisse. Modo di comunicazione quasi popolaresco. Commissione avvenuta nel 1330, fase precedente al Camposanto di Pisa. Tra l’altro la cappella in questione si trova in una collocazione particolare: vicino la porta che metteva in comunicazione il convento con il coro, si trattava quindi di un passaggio obbligato per i monaci e per questo anche un posto ambito dove fare costruire il proprio sepolcro. Alla luce di questa considerazione potremmo affermare che il Trionfo sia stato pensato anche come spunto di meditazione per i frati. In ambito bolzanino questo esempio lascia il segno, tanto è vero che viene ripreso nella Cappella del castello di Augenstein. Esempio dello stile lineare in voga a Bolzano quando arriva la bottega di cultura giottesca: colori stesi a secco particolarmente brillanti per l’utilizzo della tecnica a secco, quindi facendo riferimento alla cultura nordica. Altra citazione, in data più tarda, Santa Maria del conforto a Merano: raffigurazione di santi e crocifissione e sotto Trionfo della morte, dove si intuisce la morte a cavallo che colpisce le persone. Altro esempio a Lucignano in val di Chiana nella chiesa di San Francesco, dove ritroviamo lo stesso schema. Presenza di Cristo, morte a cavallo forse ispirata dal camposanto perchè donna anziana. Tutti parlano in volgare: visibile parlare, anche perchè sembrano avere la bocca aperta. Piccolo dettaglio dei due topi che stanno alla base dell'albero, rimando alla storia dei Barlaam e Josaphat. Sacro Sepolcro a Subiaco: incontro dei tre vivi e dei tre morti e anche trionfo della morte: morte ormai trasmutata in scheletro, inseguita da anziani e malati mentre insegue i giovani. Giro di iscrizioni dove parla la morte, uso del volgare; unica iscrizione in latino sulla falce dove dice che la morte non è evitabile. Iconografia ritrovabile anche in manoscritti. PALAZZO SCLAFANI A PALERMO (palazzo Abatellis) Affresco realizzato in un contesto ospedaliero metà del 400. Fatta per l'ospedale, per accompagnare i malati. Non è un caso isolato, come ad esempio si trova anche a Siena. Opera problematica dal punto di vista storico-artistico, ipotesi diverse per l'autore: Pisanello, Antonello da Messina, adesso si è stabili nel pensare che sia stato eseguito da un maestro anonimo di cultura esterna forse catalano o francese. Tornano tutti gli elementi che abbiamo già considerato. Cielo con nuvole di derivazione miniature, verziere con giardino in cui domina la morte scheletro che cavalca un cavallo scheletro, il quale impone il suo dominio. Intorno si trovano tanti personaggi, di cui alcuni già morti. Importante è sottolineare lo stato sociale, per cui i personaggi sono ben caratterizzati. Immagine della morte particolarmente efficace; essa, dal 400 in poi, si impone come scheletro. Arco e faretra delle frecce per colpire. Dettagli che fanno capire come la cultura del pittore sia diversa rispetto a quella già analizzata fino ad adesso. Attenzione anche alla moda e alla ricchezza: riferimento a Pisanello, ma solo assonanza, caratteri completamente diversi. Immagine che ha colpito anche Picasso: Guernica riferimento alla figura del cavallo. Anche riferimenti recenti, anche in ambito cinematografico. 22/05/2024 Palazzo pubblico Como. Il tema dell’incontro dei tre vivi e dei tre morti a volte assume i caratteri di un incontro individuale. In questo caso non si conosce la committenza o la datazione precisa. Vediamo la rappresentazione di uno scheletro in piedi a fronte di un giovane elegante, veste lunga e larga, con in mano un arco, richiamo alla caccia. La morte-scheletro ha in mano un cartiglio scritto in latino che ha funzione di memento mori. Napoli bassorilievo museo di San Martino. L’iscrizione presente ci dice che si tratta di un ex voto, dove il personaggio raffigurato, probabilmente il committente, ringrazia di essersi salvato due volte da un naufragio. Influenza del mondo nordico, in rapporto al regno angioino. Abbiamo la presenza sia di un cartiglio che del vivo parlare, perchè i personaggi sono raffigurati con la bocca semiaperta e vediamo l’incisione in rilievo di parole che escono dalla loro bocca; tutto il discorso è scritto in volgare. Vediamo per la prima volta un tema che diventerà frequente: tentativo di pensare che con i soldi si possa scappare dalla morte. Il discorso della morte è rivolto allo spettatore. Giotto, Santi francescani e profeti, Padova, Convento di Sant’Antonio, sala capitolare (inizi del XIV secolo). Santi francescani, in particolare Antonio e Francesco. Caso più antico: sala capitolare sant’antonio a padova. Decorazione fatta da Giotto e bottega. Decorazione attualmente non in buono stato conservativo ma di bella qualità; discussione sulla cronologia. In questo caso possiamo prendere come riferimento la Cappella degli Scrovegni. Tuttavia, prevale una cronologia anticipata rispetto a quest’ultima, con l’idea che sia stato chiamato per primo dal convento. Quindi parliamo di inizio 1300 o addirittura allo scorcio del 200. Studi di Luca Baggio tema iconografico. Due profeti; Antonio rappresentato con la morte. Nella parte opposta troviamo i Santi Chiara e Francesco; profeti sotto arcate, con gusto della basilica di Assisi, quindi con volontà di creare legame tra spazio reale e spazio dipinto. Scena del martirio dei francescani in Marocco con sant’Antonio che sceglie di diventare frate. Il tema della morte è già presente, ma idea vivificante. Antonio e raffigurazione di corpo morto in piedi, lui indica verso la morte e tiene in mano un cartiglio. L’immagine è un monito ai frati sul tema della morte ma anche voler richiamare come vi sia anche un’altra morte. Tenere conto della morte terrena come passaggio. Cronologicamente l’esempio di Assisi viene dopo, ma ci riporta al testo del Cantico delle creature di Francesco, in cui fa riferimento anche alla morte. Francesco che mostra le stimmate e affianca una morte-scheletro. Scena collocata nella basilica inferiore in uno dei passaggi che consentivano ai frati di salire dalla chiesa al chiostro. Immagine di Giuda impiccato: immagine di morte negativa. Tema della morte costante nei manoscritti, messali e libri d’ore, dove sono presenti gli uffici dei morti: celebrazioni liturgiche legate alla morte. Questi temi non hanno ancora una componente macabra, la quale è comunque accentuata in ambito nordico e quasi mai presente in Italia. In ambito francese, ad esempio, mostrano un’accentuazione in senso macabro. Morte regina seduta su una tomba come se fosse in trono, regge teschio e lancia e porta la corona. Contesto paesaggistico di ampio respiro. In un altro libro d’ore vediamo una doppia rappresentazione della morte: una pronta a colpire, mentre l’altra è rappresentata sotto la tomba con corpo disteso che ricorda la realtà del corpo morto, monito alla morte corporale. Altro tema che si diffonde a partire dal 400 è la raffigurazione del Trionfo della morte legato all’illustrazione dei trionfi di Petrarca. Idea di trionfo che proviene dalla tradizione antica: carro tirato da due bufali neri che calpestano una serie di corpi, su cui svetta la morte-scheletro. Rappresentazione che si diffonde anche in altri testi, come sacre rappresentazioni che riproducevano questi temi o tavole dipinte. Giovanni di ser Giovanni detto Scheggia, Trionfo della Morte, Siena, Pinacoteca (1465-1470). Doveva far parte di una serie di tavolette di trionfi che dovevano decorare un cassone. Tema che ha grande fortuna e passa anche alle xilografie. Inoltre, nel corso del 400 prende piede il tema della morte come meditazione. TRIONFO DELLA MORTE E DANZA MACABRA A CLUSONE Facciata dell’oratorio della Chiesa dedicata a San Bernardino da Siena, nota anche come chiesa dei Disciplini. Impostazione iconografica diversa. Bernardino da Siena: volto scavato, testa pelata, in mano monogramma di cristo. Santo legato all’ambito francescano, in particolare alla volontà di rinnovamento della regola. Attività di predicazione che si diffonde in molti luoghi in Italia. Canonizzato molto presto, e ciò porta a una fioritura di chiese e raffigurazioni a lui dedicate. Ad esempio. la Parco dei tarocchi. Temi che hanno ispirato nel tempo. Presente statua della morte che segue iconografia già vista. Tema presente anche nelle figurazione dei tarocchi nati tra 300-400 in ambito lombardo. 23/05/2024 SANTA ANASTASIA Si trova alla fine del decumano romano, dove era presente il ponte che attraversava l’Adige. Chiesa con convento domenicano fino al 1805, adesso scuola e conservatorio. Prima domenicani fuori da mura, mentre intorno al 1260 ricevono due chiese, nel giro di pochi decenni avviano l'importante fabbrica di Santa Anastasia. Viene inizialmente definito in alzato il perimetro della chiesa, che arriva solo a un certo punto. Resto della struttura rimane più bassa, di fine 200. La Chiesa precedente viene demolita e nuova fabbrica questa. Importante contributo di Guglielmo di Castelbarco, che si fa costruire una tomba sopra l'entrata della chiesa; tomba ben visibile, realizzata da lui in vita. Presenza di indizi che ci fanno intuire la presenza di un cimitero che corrispondeva al convento. Infatti, il primo chiostro addossato alla chiesa era pieno di sepolture, di cui rimangono ancora delle pitture come testimonianza. Tuttavia, viene completamente smantellato quando diventa liceo. Addossata al complesso c'è la chiesa di San Giorgetto, in realtà San Pietro martire. Viene data ai cavalieri teutonici che lo avevano aiutato a sconfiggere Fregnano della Scala, dà loro anche palazzo di fronte. Nella chiesa ci sono pitture che corrispondono alle sepolture dei cavalieri. Tipologia di sepoltura diffusa tra 200 e 300. Tombe pensili ad arcosolio. Con iscrizioni e insegne della famiglia, decorazione scolpita e rappresentazione defunto della commendatio animae. Tomba probabilmente risalente agli anni 30. Adesso chiesa chiusa per problemi statici. La Chiesa di Santa Anastasia è stata costruita alla fine del 200; questa è la prima fabbrica che va avanti fino agli anni 20 del 300. Ci fu un’altra importante campagna costruttiva nella prima metà del 400, perché Verona era sotto Venezia e ha una classe dirigente molto ricca che si preoccupa di celebrare le memorie della famiglia e di trovare a livello civico luoghi di comunità. A questo proposito viene istituito un nuovo patrono ovvero San Pietro martire, insieme a San Zeno. Questa diventa la chiesa di riferimento per la classe dirigente cittadina che ambisce ad avere qui le loro sepolture. É in questo momento che si porta a completamento la fabbrica, si rialzano le navate e si costruiscono le volte a crociera. Arco centrale con colonna addossata fa riferimento alla prima fase, fatto dal Maestro di santa Anastasia, autore anche dell'arca di Guglielmo. Storie di cristo sul portale in scultura. Al centro sui tre lati raffigurati i primi tre santi domenicani, ci danno un riferimento per stabilire la cronologia, soprattutto per la presenza di San Tommaso d'Aquino. Ai piedi un abate, comunità della chiesa che fa riferimento a questo nuovo santo. Grande portale attorno a quello originario risalente alla seconda fase. All'interno pitture con natività, ai lati due schiere di santi. A sinistra san Pietro, dalla destra San Zeno. Citazione del portale di San Zeno con lui che dà vessilli al popolo. Progetto di nuova facciata che non si realizza, nelle intenzioni doveva prevedere sui lati storie di san Pietro martire, ne sono state realizzate due. Giocato in verticale senza senso di profondità: cultura tardo-gotica. Cornice stilisticamente diverse, rinascimentale. Progetto che prosegue anche dopo, anche inserendo iscrizioni con quello che doveva essere rappresentato. Lavoro che non prosegue. Inserimento nelle mura cittadine e completamento dei lavori di costruzioni, quando diventa chiesa del santo patrono. Parte più antica arriva fino alle volte, rimaneva infatti più bassa, sotto le volte cuspide di chiusura. Pilastri e volte risalgono alla seconda fase. Terminazione come le chiese mendicanti del tempo. Slancio gotico, scarto rispetto alla tradizione romanica. Abside, cappelle laterali, transetto, aula a tre navate. Sostenitori dalla costruzione: insegne della scala, lasciti testamentari, quattro pilastri leone rampante di Guglielmo. Si completa la costruzione con contributi privati e pubblici. Seconda campata volta iscrizione con scritta. Decorazione: chiesa separata dal tramezzo. Muro di separazione eliminato nel 1590, quando era già stato costruito il pavimento. Decorazione volta: tiene conto di questa presenza. Nella parte sacra vi è una decorazione aniconica di inizio 300. Nella parte dei fedeli vi è una decorazione iconica, dove si celebra San Pietro martire e i domenicani. San Pietro martire con coltello in testa. presente anche la Madonna della misericordia. Uomini e donne religiosi. Personaggio in nero con sacco sulle spalle che sarebbe Verona. Si celebra il nuovo patrono. Assetto della chiesa. Cappella del Rosario. La sua costruzione causa l’eliminazione del tramezzo. Nasce dalla nuova devozione della Madonna del rosario. Tela al centro dell’altare: Madonna dell'Umiltà con San Domenico e San Pietro con committenti, sicuramente scaligeri. Stava su uno degli altari sotto il tramezzo. Opera attribuita a Lorenzo Veneziano, probabilmente autore del grande crocifisso a san fermo sopra fonte battesimale, che forse viene da questa chiesa. Madonna rappresentata attorniata da angeli in fondo rosso. Cornice scultore e dipinta nella seconda fase. Pitture 300 legate alle sepolture, in parte perse per il pavimento. Monumento funebre di Cortesia da Seregno fatto costruire dal figlio omonimo. Capitano delle truppe scaligere dell'ultimo signore della Scala, muore sulla via del ritorno a Verona, dice di voler essere sepolto nella chiesa.. Monumento costruito dal figlio postumo. Forse polemiche. Diventa tomba della famiglia, questo cenotafio luogo di memoria. Polemiche forse legate al fatto che si tratta di un monumento completamente laico: statua equestre, in un secondo momento viene eseguita la decorazione di contorno che copre la parete, del pittore veneziano Michele Giambono. Richiama il monumento Brenzoni. Cornice parte centrale in uno stemma, per dare riferimento alle pitture. Santi domenicani, sopra angeli, in alto scena di Annunciazione con edifici scorciati, leggibile angelo annunciante. Mandorla piena di oro con Dio Padre che manda colomba verso la Madonna. Tanti riferimenti araldici, soprattutto in basso, come tendaggio con fiori, con quattro personaggi: dame che reggono lo stemma, personaggi che reggono il motto memoriale della famiglia. Policromia ricca, anche se è stato utilizzato un legante oleoso su parete quindi conservazione compromessa. Stesura pittorica materica. Tecnica usata e diffusa nel 400. Cappella Pellegrini che la allestiscono nel 1439. Cappella in assetto 300 dove si mantengono le tombe. Decorazione completa delle pareti in terracotta. Per decorare l’arco d'accesso chiamano Pisanello che realizza la scena della partenza di san Giorgio e a destra lo stemma della famiglia Pellegrini, stemma parlante. Erano decorati anche i pilastri con san Giorgio e Sant’Eustachio. Pitture staccate per ragioni conservative tra 800 e 900. Ricollocazione nella loro collocazione originaria. Cura maniacale nel dettaglio. Si discute sulla cronologia. Vismara documento 1438, testimone contratto di nozze della famiglia pellegrini. Cappella Pellegrini dedicata agli apostoli e data in dotazione alla famiglia alla fine del 300, Tommaso Pellegrini. Tomba integrazione pittura e scultura, Antonio da Mestre e Martino da Verona come a San Fermo. Madonna con bambino affiancata da due san Giovanni, commendatio animae. Presenza degli stemmi ai lati dell'edicola. Di fronte altra tomba elaborata secondo lo stesso principio; due stemmi: uno dei Pellegrini e uno Bevilacqua. Legame con la tradizione giottesca in senso gotico e naturalistico. Anni 20 del 400 Andrea Pellegrini che vuole essere sepolto qua ma con la realizzazione nella Chiesa dei servi una cappella in onore della Madonna con lui inginocchiato. Muore assassinato. La madre porta alla realizzazione del lascito ma nell'allestimento della cappella di famiglia. Mantenere legame con la storia della famiglia. Andrea rappresentato in terracotta inginocchiato a mani giunte davanti alla madonna che non c'è più; prima era, infatti, presente un trittico in terracotta con Madonna col bambino. Scelta innovativa e sontuosa. Chiamata di artisti esterni. Chiamato Michele da Firenze, allievo di Donatello da cui impara la tecnica della terracotta. Decorazione delle storie della vita di cristo intercalata da edicole con storie di santi. In origine erano policrome. Nel corso del tempo viene apportata una modifica significativa: viene, infatti, ricoperto di vernice bianca per simulare l’effetto della pietra. Restauri fatti nel corso dell’Ottocento intervengono con l'acido, arrivando a togliere tutti gli strati fino alla terracotta. Michele da Firenze lavora qua nel 1435-1436. Le decorazioni in terracotta sono state eseguite direttamente su parete. Tralcio con tronco e grandi rosoni, citazione del monumento Serego. Aspetti iconografici come la deposizione di cristo che richiama un'altra opera. Emulazione da parte della committenza, artisti che si ispirano reciprocamente. Vetrate più tarde. Stratificazione della decorazione delle navate. Decorazione molto semplice con fiori. Quando si costruisce si dà una prima imbiancatura e decorazione semplice che poteva poi essere coperta. Motivi ricorrenti a girandola, usate anche nel palazzo di Cangrande della Scala. Imbiancature in
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