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Storia diritto moderno e contemporaneo- parte speciale, Appunti di Storia Del Diritto Moderno E Contemporaneo

Appunti completi tutte le lezioni parte speciale (violenza maritale-ius corrigendi…) storia diritto moderno e contemporaneo Hoxha. Voto 30

Tipologia: Appunti

2022/2023

Caricato il 04/04/2023

lamyaahakim
lamyaahakim 🇮🇹

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Scarica Storia diritto moderno e contemporaneo- parte speciale e più Appunti in PDF di Storia Del Diritto Moderno E Contemporaneo solo su Docsity! 1 STORIA DEL DIRITTO MODERNO E CONTEMPORANEO – parte speciale Integrazione 8 CFU Prof. Hoxha 20/03/2022 FAMIGLIA E SOCIETÀ PUBBLICA, PRIMA CELLULA ELEMENTARE DELLA SOCIETÀ Due modelli di famiglia: FAMIGLIA PATRIARCALE: tutela la famiglia come istituzione, nella sua persistenza e deve continuare ad essere come tale. • Struttura gerarchica: asimmetria di poteri, al vertice il più forte per sesso (l’uomo) e il per età (il più anziano). • Struttura organica: con un asimmetria di ruoli (diversi, precisi e identificati a seconda del membro di famiglia). • Struttura giuridica: il diritto la tutela, contiene istituti di supporto per farsi che la famiglia esista per la sua struttura gerarchica e l’asimmetria di ruoli. Istituti come: perpetuità di patrimonio (che ha agevolato la sudditanza economica), perpetuità della patria potestà (per educare i figli) e della potestà maritale. Questo modello di famiglia regge fino all’illuminismo e alla Rivoluzione francese che impone un nuovo modello di famiglia, quella individualista. Il focus di questo modello è l’individuo come tale e non come istituzione di famiglia. FAMIGLIA INDIVIDUALISTA: post Rivoluzione Francese focus sulla somma di singoli come individui, non c’è gerarchia, la struttura è razionale data da un contratto fra soggetti che teoricamente dovrebbero essere alla pari. • Struttura individualistica: famiglia come somma di individui • Struttura razionalistica: metafora contrattuale, è la ragione che determina il ruolo, non la natura • Struttura privatistica-pubblicistica: omologazione, tutela diritto di famiglia nel diritto pubblico, sia nel diritto privato che nel diritto penale. LA CULTURA PATRIARCALE DELLA VIOLENZA DOMESTICA La violenza come elemento costitutivo della famiglia, parte integrante, elemento comunicativo e relazionale dell’uomo in società. È uno dei nuclei della violenza maritale → diritto dell’uomo di correggere la moglie a fini educativi, uno ius corrigendi. Violenza nell’istituto più piccolo della società → la famiglia (societas) dotata di relazioni caratterizzate dalla violenza. Ricostruzione della violenza domestica, che persiste negli anni radicata da lunghi tempi, ideologia di una diseguaglianza radicata nell’ordine naturale. In Europa si riconosceva comunemente: • un marito che poteva esercitare una violenza lecita • una moglie che doveva sviluppare cura e pazienza accettando questa supremazia 2 FONTI GIURIDICHE: • Diritto dotto: romano-canonico • Consuetudini e pratiche sociali • Fonti letterarie • Famiglia oggetto e soggetto di produzione giuridica Abuso delle fonti giuridiche/dotte (che derivano dai giuristi) per la ricostruzione delle relazioni famigliare, ma non solo; anche consuetudini, pratiche sociali. La famiglia diventa oggetto e soggetto di produzione giuridica. Diventa radicata nell’ordine naturale, la natura viene chiamata per argomentare la disuguaglianza di genere come coniuge uomo e donne biologicamente diversi. Diventa dunque violenza lecita fino al ‘800-‘900, si trovano ancora nella nostra cultura e società. VIOLENZA LECITA COME PARTE COSTITUVIA DEL PATRIARCATO Violenza di genere, violenza coniugale, violenza di ascendenza patriarcale; frutto di: • Concezione organica della famiglia: con ruoli, gerarchia, asimmetria di poteri che postulano lo ius corrigendi • Percezione di giustificabilità: lecita perché viene giustificata, per la sopravvivenza della famiglia. → Nuclei di coagulo della violenza coniugale patriarcale; rappresentano i punti della violenza: • Violenza correzionale, che porta al reato di maltrattamenti in famiglia • Adulterio, porta al reato di delitto d’onore • Debito coniugale che porta al reato di stupro coniugale, differenziazione di pena in caso di adulterio maschile o femminile. DINAMICA STORICA COMPLESSIVA DELLA VIOLENZA MARITALE LA FIDUCIA NEL MARITO → I fase, III e XV secolo o Costruzione della cultura della violenza coniugale, caratterizzata da dialoghi e osmosi tra cultura classica (asimmetria) e il cristianesimo (uomo perfetto, donna imperfetta) o Accettazione modello patriarcale e una mitigazione proposta dal cristianesimo del potere correzionale → influisce il diritto dotto (dei giuristi), il diritto comune europeo e la dottrina religiosa ex cathedra. Minore è l’influenza del cristianesimo sulla prassi delle tipologie normative più prossime al Volkgeist, vicine al popolo, le regole vigenti sociali per cercare di mitigare lo ius corrigendi. LA DIFFIDENZA VERSO IL MARITO → II fase, XVI-XVIII secolo Si sviluppa con umanesimo, giusnaturalismo (Da Rotterdam, de Montaigne…). Nascita di un sentimento di diffidenza nei confronti del marito, critica da morale a razionale della potestà maritale e all’idea di tirannia dei mariti. LA CRIMINALIZZAZIONE DELLA VIOLENZA CONIUGALE → III fase, XIX-XX secolo Riforma per: • Via giudiziaria • Via normativa, che porta dei dilemmi della reatizzazione a seguito della creazione dell’articolo 572 cp del maltrattamento, permangono dei relitti come attenuanti d’onore. Questo immaginario dominativo era accompagnato anche dall’uso di oggetti: cintura di castità, museruole, briglie… 5 Il rapporto di sottomissione viene plasmato sul rapporto tra Cristo e Chiesa → “le moglie devono essere sottomessi al marito come la chiesa al signore; voi mariti amate le mogli come Cristo ama la chiesa.” Moglie: ‘vaso imperfetto’ rispetto al quale è da escludersi ogni genere di maltrattamento → il potere correzionale è finalizzato a guidare la donna, sul “cammino della perfezione”, non per umiliarla. Per la donna la vita coniugale doveva essere accolta come una delle prove di Dio che le avrebbe permesso di raggiungere il paradiso più agevolmente del marito tirannico. L’oggetto che simboleggia questa sottomissione e sudditanza è il velo che la donna doveva portare in Chiesa e in preghiera. L’uomo non deve coprirsi il capo perché è immagine e gloria di Dio, la donna invece è gloria dell’uomo. È la donna che deriva dall’uomo e non il contrario e fu creata per lui. Non soltanto le lettere di Paolo ma anche gli atti degli apostoli pongono le fondamenta di questo approccio cristiano medievale e moderno al problema delle relazioni coniugali. L’uomo è superiore e quindi ha il diritto di comandare, ma è operato con moderazione ed è spinto dall’amore verso la donna. È un pensiero di Paolo che sarà portato avanti nella seconda metà del 14 secolo da Giovanni Crisostomo ed è improntato su una generale mitezza che esclude ogni tipo di maltrattamento. • Agostino Sua madre tollerava l’adulterio del marito e la sua violenza, accettando la supremazia e praticando la pazienza. Il patriarcato cristiano offre una nutrita schiera di Sante che proponevano modelli di vita cui le donne potevano e dovevano rifarsi “Mia madre Giunta in età matura per le nozze fu consegnata a un marito, che servì come un padrone Tollerò gli oltraggi al letto coniugale in modo tale, da non avere il minimo litigio per essi col marito Era, del resto, un uomo facile all'ira, e mia madre aveva imparato a non resistergli nei momenti di collera, non dico con atti, ma neppure con parole Coglieva invece il momento adatto, quando lo vedeva ormai rabbonito e calmo, per rendergli conto del proprio comportamento…” “Molte altre signore, pur sposate a uomini più miti del suo, portavano segni di percosse che ne sfiguravano addirittura l'aspetto, e nelle conversazioni tra amiche deploravano il comportamento dei mariti Essa deplorava invece la loro lingua, ammonendole seriamente con quella che sembrava una facezia dal momento, diceva, in cui si erano sentite leggere il contratto matrimoniale, avrebbero dovuto considerarlo come la sanzione della propria servitù…” • Giovanni Crisostomo La donna va corretta ma con mitezza, non deve essere umiliata per evitare maltrattamenti. E cioè un marito che è clemente, infatti dice che “nessun peccato deve essere tanto grande da costringere gli uomini a bastonare la moglie, perché è un “vaso imperfetto”; “il tuo dominio sarà splendido se sarai clemente con quella che domini.” Se la moglie si comporta male il marito deve: pregare Dio e aiutarla con ammonimenti e consigli, per affetto coniugale e armonia “Dico tutto questo senza esortare i mariti ad essere aspri e severi, ma volendo persuadere le mogli a sopportare mariti anche feroci… Anche a voi uomini dico questo nessun peccato sia tanto grande che siate costretti a bastonare la moglie…” 6 “Tu mi dirai che tua moglie è audace e aspra… Ma pensa che lei è donna, un vaso imperfetto, tu invece uomo… Pertanto fa sì che il tuo dominio sia splendido però lo sarà, allorché non coprirai di ignominia colei che domini anche se povera, non glielo rinfacciare anche se stolta, non l’insultare, ma piuttosto moderala infatti è un tuo membro e siete fatti una sola carne Tu mi dirai che è pettegola, ubriacona e iraconda Ma tanto più bisogna dolersene che adirarsi, e pregare Dio, e aiutarla con ammonimenti e consigli, e non lasciare nulla di intentato per toglierle il vizio Se invece la bastoni o la maltratti, non si cura la malattia infatti la ferocia si elimina con la mansuetudine, non con altra ferocia.” Conseguenze: patriarcato cristiano vede armonia, affetto coniugale e pazienza: per la donna la vita coniugale è una prova di dio che le permette di raggiungere i cieli, il paradiso. • Ivo da Chartes (XI SECOLO) Nel Decretum convalida la cristianità e naturalità della superiorità dell’uomo sulla donna. Quindi vuole giustificare la superiorità dell’uomo sulla donna con l’ordine naturale delle cose. Solo soggiogando la moglie si ha la pace in casa. « appare evidente che la legge abbia voluto che le femmine fossero suddite dei maschi e quasi loro serve di casa » « la moglie è soggetta al dominio dell’uomo e non ha autorità alcuna» «è proprio dell’ordine naturale fra gli uomini che le femmine servano i maschi » « l’uomo regge, la donna è retta egli deve comandare, ella deve servire Che cosa c’è di peggio di una casa in cui la moglie ha il comando sul marito? » • Giovanni d’Andrea (XIV SECOLO) La donna è munita di una sua specificità, essa non è sotto alla potestà dell’uomo ma in suo servizio, ma non tutte le donne, le nobildonne non devono perché è disonorevole. La moglie, quindi, è subordinata ma ha una sua specificità: non è sotto la potestà ma ha una serie di compiti. Quindi non è come il servo, che è completamente sottomesso al padrone. C’è anche una distinzione a seconda del ceto di appartenenza, perché la donna nobile: • non ha alcuni doveri, coma lavargli i piedi e preparare il pasto, perché sarebbe stato disonorevole • ma ne ha altri, come i doveri coniugali “oltre alla copula è tenuta a tutti gli ossequi, ad esempio custodire i beni del marito, lavargli piedi e testa, preparargli il pasto e cose simili” • Francesc Eiximenis Gli uomini devono ricorrere alle maniere forti solo in casi estremi, la moglie ha status diverso rispetto alle figlie e alle serve. La coppia si deve basare su un timore amichevole nato dall’amore e dalla reverenza. La natura della donna la rende incline ad essere maltrattata e comandata, lo desidera. Non temono niente se non il bastone. • Cherobino (XV SECOLO) L’uomo è come il medico, ad entrambi si impone saggezza e gradualità. Non vuol dire che non devono ricorrere alla maniere forti, in certi casi può diventare doveroso quando la moglie cercava 7 di sottrarsi all’ordine naturale, ovvero la sottomissione. Dice che svolgono lo stesso mestiere, è richiesta saggezza e gradualità nell’uso dei medicinali, così come il marito deve dispensare le botte con saggezza e gradualità, cioè solo nei casi in cui sia doveroso, perché la moglie diventi un vaso compiuto. In sintesi, nel patriarcato cristiano il marito ha il potere di correggere la moglie, basato sull’ordine naturale delle cose. È un elemento fisiologico. Il marito ne usava il corpo e ne riceveva gli ossequi. Tuttavia il potere correzionale andava usato con moderazione – la violenza viene ammessa in casi estremi. Il rapporto coniugale si deve fondare su un “timore amichevole”, nato non dal terrore ma dall’amore e dalla reverenza. Questo, scrive un teologo, è intrinseco nella natura della donna e infatti sono le donne stesse a desiderarlo. N.B, Tuttavia, il cristianesimo influenza principalmente il diritto dotto: corpus iuris civilis e canonici. Nella prassi la violenza correzionale piena e non moderata era diffusissima. ALTOMEDIOEVO Competenza a giudicare i maltrattamenti domestici autorità pubbliche o religiose? Caso Nortilde-Agemberto: la donna, vittima probabilmente, di rapporti sessuali contro natura si rivolse al Tribunale imperiale chiedendo giustizia. La vertenza fu rimessa alla giurisdizione della autorità ecclesiale i vescovi rinviarono la definizione della controversia al ‘laici coniugati’ affinché «di una vertenza coniugale fossero giudici coloro che ne erano esperti in quanto mariti ». Cosa dicono le autorità religiose sui maltrattamenti: viene definita la dimensione reato e peccato del maltrattamento in famiglia • Nicolò De Tedeschi Benché la moglie non sia nella potestà del marito come quella dei figli; tuttavia, il marito esercita molti diritti sulla persona della moglie, si dice che la moglie è una sorta di serva di casa del marito. • Marsini: (XVI SECOLO) Se il marito la bastona per sottostare un contratto, la volontà della donna è viziata anche tempo dopo il bastonamento. • Martìn de Azpilcueta Individua i peccati all’interno delle relazioni coniugali. È peccato mortale quello della donna che avesse negato al marito gli onori e l’obbedienza che gli doveva ma anche quello del coniuge che “smodatamente e immotivatamente percuotesse e bastonasse.” • Alfonso Maria de’ Liguori Donna suddito è indice di saggezza, per la donna, sapersi adattare ai malumori del marito. “Taci quando il tuo uomo si infuria, fa sì che il vento dell’ira si plachi, e non sarai percossa.” • Piccolomini (1500) De la institutione de tutta la vita dell’homo nato nobile e in città libera Venetia → Il maltrattamento è necessario per la donna. 10 LA GEOMETRIA LAICA DELLA VIOLENZA MARITALE NELLA SOCIETÀ EUROPEA Violenza maritale leggi locali, consuetudini, pratiche sociali ammettevano l’uso della violenza sulla moglie (es la non obbedienza) purché si trattasse di un castigo cum causa finalizzato a correggere istruire ammonire → la correzione (per diritto dotto). XII sec – Glossatori, Questio: la moglie poteva essere fustigata? • Baldo degli Ubaldo È allievo di Bartolo: riprende patriarcato classico ma riconosce quadruplice potestà → Moglie, figli, servi e famigli. Tutti accomunati nella ratio (la scuola del commento andava per rationes), e le sanzioni correzionali derivano da questa posizione di sudditanza. Nello stesso segno della moderazione, continuano anche i civilisti (laici). • Bartolo da Sassoferrato “dalla qualità dell’arnese usato e dal modo delle percosse si poteva presumere se il castigo fosse stato erogato con l’animo di emendare o con quello di delinquere” Se ne frega di ciò che dicono i suoi predecessori (glossatori e altri commentatori) e riprende il diritto romano: il diritto comune, che deriva dal diritto romano, non permette la fustigazione della moglie perché ci sono le costituzioni da Teodosio e Valentiniano. Ad un certo punto si cerca di limitare la potestà correzionale facendo delle distinzioni a seconda del comportamento della moglie > la violenza diventa necessaria se la finalità è quella dell’educazione. • Giovanni da Nevizzano La moglie deve essere picchiata per istruirla ma non per seviziarla, avrebbe diritto di andarsene eventualmente. Il sevizio non c’è in caso di prigione, quando si reclude la donna in casa ma la si nutre. Violenza maritale si trova in leggi locali, consuetudini, pratiche sociali che ammettevano l’uso della violenza sulla moglie purché si trattasse di un castigo cum causa finalizzato a correggere, istruire, ammonire. → nuova visione della violenza, deve essere giustificata; moderazione ius corrigendi. Solo successivamente il diritto popolare iniziare a cercare di rispecchiare il diritto dotto, quindi a chiedere la giustificazione della finalità di “correggere, istruire, ammonire” Il segno più tangibile di questa cultura sono i proverbi “chi batte sua moglie la fa strillare chi la ribatte la fa tacere” “buono o cattivo cavallo vuole lo sperone buona o cattiva moglie vuole il bastone” Il diritto non è solo il diritto dello stato ma tutte le norme di fatto che la società e la famiglia producono per autoconservarsi. Osservazioni sociologiche e distinzione violenza nel contesto sociologico in cui avviene → violenza domestica nei ceti inferiore, amor cortese ai ceti più alti e acculturati. Quindi il diritto dotto cerca di migliorare la situazione, distinguendo: • non solo tra i vari comportamenti femminili. • Ma anche in base all’animo, l’elemento soggettivo del marito che viene desunto dall’arnese utilizzato e dal modo delle percosse. Un conto è usare la cinghia, altro è usare il pugnale. Letteratura italiana → querelle des femmes: • Vincenzo Sigonio 11 16simo secolo, discussione rapporto tra i sessi: la cultura è il miglior antidoto alla crudeltà, gli uomini rozzi e ignoranti sono più disposti alla violenza. Cita per esempio Plutarco, che dice che battere la moglie equivale a dissacrare il simulacro di Dio e quindi chi batte la moglie deve essere perseguitato e maledetto. Stessa cosa sostiene San Paolo. Laonde Roberto teologo, scrisse che il marito deve reggere la moglie mansuetamente, non con tirannica austerità e bastonate ma con le parole e la dolcezza. E prima di lui San Giovanni Grisostomo, dice che battere la moglie è una grande ignominia e il più grande dei peccati. Già è ignominioso battere la serva, figuriamoci la moglie che è una donna libera. Anche se la moglie incita il marito a fare ciò, è pur sempre un vaso debole e perciò il capo deve sopportarne l’imbecillità. Non c’è cosa peggiore di avere la moglie in casa che non vuole bene al marito, perché moglie e marito sono la medesima carne e se la moglie si comporta male bisogna ammonirla e pregare Dio, perché battendola si esaspera solo ogni male. Il Romano Pontefice chiama un certo «tiranno» perché egli crudelmente trattava la moglie. Santo Ambrosio dice all’uomo: «Tu non sei signore della donna ma marito; tu non hai una serva ma una moglie; Dio ha voluto che tu sii suo governatore». Anche la Bibbia dice che l’uomo e la donna sono compagni. Teodosio e Valentiniano nella costituzione avevano stabilito che la donna battuta dal marito lo poteva ripudiare. Prende poi come esempio supremo Socrate, considerato il più saggio tra gli uomini, che sopportava la moglie Santippe nonostante fosse rabbiosa e fastidiosa. Socrate si giustificava dicendo che sopportare la moglie in casa lo allenava e sopportare più facilmente le ingiurie e le molestie altrui fuori. In Europa → violenza coniugale vista diversamente: il diritto locale continuava ad essere più forte e crudo rispetto al diritto dotto. o Ardenwurd*: nessun limite alla violenza, mutilazione donna concesso per scaldarsi con il suo sangue o Statuto di Trieste: solo verberatio, vietato omicidio o Statuto Sardo: vietate le percussioni a mani nude, solo con “oggetti” o Statuti del Ferrarese: il giudice valutava la laicità della violenza Tanto è vasta la cultura locale e diverse le tradizioni nella penisola. • C’era chi nel diritto locale nostrano proibiva le percosse solo se provocavano lo scorrere del sangue • C’era chi le ammetteva anche nel caso in cui ci fosse sangue. • C’era chi condannava solo il caso di morte o di mutilazione permanente del corpo. • Gli statuti della Valsàssina riconoscevano il potere di bastonare la moglie senza esagerare • A Trieste era ammesso qualsiasi tipo di castigo in qualunque modo avesse voluto il marito, eccettuato l’omicidio o l’amputazione dell’arto • In Sardegna tradizioni diverse, c’è chi ammetteva il castigo ma non a mani nude, chi diceva che si può bastonare senza sangue. Quasi ovunque, comunque, si ammetteva formalmente o fattualmente il diritto di incarcerare la moglie che avesse tentato di fuggire. Quasi ovunque il potere maritale correzionale rientrava nella più generica categoria della potestà punitiva a fini educativi. Le norme statutarie talvolta erano in sintonia con il diritto dotto: 12 • accomunavano sotto la potestà correzionale del maschio tutti quelli che vivevano nella casa a diverso titolo • statuti del ferrarese 1567 che rimettevano al giudice il compito di valutare la liceità della violenza esaminando: cause e qualità del delitto VIOLENZA CONIUGALE NEL PARONAMA EUROPEO Consuetudini: illustrano meglio le situazioni di violenza • Consuetudini spagnole → Seu d’Urgell, raccolte di consuetudini che fissavano come mero limite l’uso delle armi, per il resto è tutto concesso purché non tramite armi (spada, coltello…) • Consuetudini francesi → simili alle italiane: patriarcato classico Aristoteliano rivisitato leggermente dal cristianesimo, dunque moderazione. L’intero potere correzionale è ammesso al marito, senza limiti alla moderazione. Si può fustigare la donna senza provocarne la morte se questa non rispetta i propri doveri: insulta il marito, non obbedisce, è adultera, non rispetta il dovere di coabitazione. • Philippe de Beaumanoir Raccoglie le consuetudini francesi : «in moltissimi casi i mariti possono essere scusati per le rivalse che compiono contro le loro mogli, né la giustizia deve intromettersi, perché ben compete all’uomo battere la propria donna, senza che segua morte o grave danno, allorché ella si comporti male» Cosa significa comportarsi male: • quando lo insulta o lo contraddice, • non obbedisce ai suoi ordini ragionevoli, • quando si concede a un altro uomo, • quando maledice il marito. > Riconoscimento in capo alla moglie del diritto all’abbandono del tetto coniugale e all’accesso alla pubblica giustizia: nel caso in cui il marito cacciasse la donna di casa senza che questa ne avesse colpa, mantenesse in casa una concubina con conseguente ‘pubblico scandalo’, la minacciasse di morte. Se le donne venivano corrette senza motivo: o prima si consigliava la donna saggia di sopportare o poi se proprio manca la causa gli si riconosce il diritto all’abbandono del tetto coniugale c’è stato anche chi dinanzi alle fustigazioni immotivate diceva che il marito avrebbe perso ogni titolo sulla dote e sugli altri beni di lei. • Choveronius Riconosce in caso di immotivate giustificazioni del marito che spingono la donna alla fuga o adulterio, prevede la perdita dote e sui beni sulla donna; conseguenze patrimoniali. I tribunali devono prevedono un idonea cauzione al marito per far tacere le liti coniugali, e far rientrare la donna in casa. Questa era la possibilità per la donna di accedere alla pubblica giustizia, quando • era allontanata di casa e rimaneva senza casa • il marito manteneva in casa la concubina • veniva minacciata di morte. • Oppure le strappa l’occhio o le spezza il braccio. 15 Ciò porterà poi gli illuministi a individuare nella legge e nel legicentrismo la soluzione. È una visione che prende molto piede in Inghilterra perché diventa anche un modo per rigettare la giurisprudenza romano- canonica in seguito allo strappo anglicano. Quindi è una cultura puritana che entra anche nelle mura domestiche e si formalizza in posizione contraria alla violenza correzionale. • Colonie americane. N.B Prima condanna formale della violenza del marito: Nel 1641 ci sono le prime leggi contro la violenza del marito Body of Law and Liberties che derivano proprio dalla cultura puritana. Ogni donna libera (non schiava) deve essere esente da correzioni corporali, con un’unica eccezione, la legittima difesa. Quindi i tribunali si approfittavano di questa eccezione per dare ragione ai mariti. PRASSI INGHILTERRA: Sentenze fra XIV e XV secolo Non si riesce a farsi un’idea completa delle dinamiche giudiziarie. XIV secolo: Sentenza della Corte > separazione tra Robert e Margareth Giudici operano per la tutela del matrimonio, i due devono continuare a convivere nella pienezza del matrimonio; ma in caso nell’ipotesi di maltrattamento da parte di Robert e in caso di presentazione da parte di Margareth di due testimoni ella avrebbe potuto ottenere la separazione del letto e di mensa. La separazione ebbe buon fine, ma comunque non c’erano garanzie per la donna se non una economica, dietro pagamento di cauzione dal marito al giudice. In caso il maltrattamento continuava; quella cauzione veniva consegnata alla donna. XIV secolo: Sentenza della Corte > Anne Situazione analoga alla precedente ma la donna venne fustigata fino alla morte al rientro in casa. Giudici cominciarono a dubitare l’utilità della Cautio di non offendere. L’intervento dei giudici fungeva da mediazione per la salvaguardia dell’unità coniugale. 1500 – 1600 peggioramento condizione della donna, rigoroso ritorno allo ius corrigendi. Motivazioni → declino dell’influenza del casato, chiusura dei monasteri, rafforzamento del ruolo del capofamiglia > sentenze di singolare durezza patriarcale. CARLO II, metà XVII secolo – potere disciplinare mitigato Critica di matrice morale, razionalistica e religiosa; ritorno alla cortesia nei rapporti coniugali, ritorno ad una previsione di garanzie specifiche contro violenze coniugali nei centri più rozzi e bassi. > questo potere di correzione cominciò ad essere messo in dubbio e una moglie può avere ora assicurazione di pace contro suo marito o, viceversa, il marito contro la moglie. Tuttavia il ceto più basso della popolazione, che fu sempre affezionato all’antico diritto, sostiene ed applica ancora il suo antico privilegio e i tribunali permettono ancora che un marito reprima la libertà della moglie in caso di qualche comportamento gravemente scorretto. CRITICHE TRA RINASCIMENTO E ANTICO REGIME • Rinascimento Critica usi e consuetudini di violenza coniugale non solo su base moralista e religiosa come la chiesa, ma anche una critica razionalistica. 1. Morale 2. Religione 3. Razionalità → si critica ma non si mette in discute il rapporto di subordinazione. 16 XVIII secolo, Cristoforo Cosci – 1773 “De seperatione tori coniugalis” → “tanti vanno in nozze per interesse, altri soltanto per appagare la libidine, altri per procacciarsi una serva senza salario.” Giudice ecclesiastico che critica assetto patriarcale della famiglia. Tardo Medioevo, critica quando l’Europa aveva impostato il rapporto coniugale con la sottomissione della donna e nessuno aveva “obbiettato” ciò. Cosci: “Finché la moglie si comporta con umile sopportazione e il marito con benevolenza la violenza non è lecita, e nemmeno quando mansuetudine ed equilibrio saltano” • André Tiraqueau giurista francese > critica chi si comporta da padrone nei confronti della moglie e non da marito dal momento che è in una posizione diversa dalla serva in quanti legati da una sola carne da Dio. La donna andava governata, educata e guidata con mansuetudine e non arbitri tirannico, con amore e parole e non con timore, ma con dolcezza perché la donna viveva delle luci e ombre del marito → EQUILIBRIO NEI RAPPORTI TRA MOGLIE E MARITO. Il rinascimento insieme all’Umanesimo contribuiscono a creare una cultura fertile e un contesto favorevole alla critica razionale di questo potere riconosciuto al marito. > Critica sulla ragione e sulla natura, portano al giusnaturalismo PRETTECITISTICA CONIUGALE D’ETA’ MODERNA Incontro tra moralismo cristiano (lei unica carne di lui) e riformismo umanismo (moderazione costumi maritali, mite trattamento della moglie) • F. Barbaro esortava i coniugi alla mediocritade, basato sul riformismo umanista e sul moralismo cristiano: ovvero moderazione dei costumi del marito e riconoscimento di una maggiore autonomia alle moglie. Se la moglie doveva comportarsi con umile sopportazione > perché la sua sottomissione aveva carattere giuridico ed era in re ipsa. Il marito doveva comportarsi con benevolenza > che si colloca sul piano religioso e poi anche razionale; le mogli devono essere amate non asservire. “Alle donne un poco più larghe leggi concediamo…possono andare in pubblico come testimonio della bontà e virtù loro” • H. Cornelius Agrippa commiserava un destino di schiavitù delle donne; che subito dopo la pubertà passava da schiavitù paterna a schiavitù maritale. Esortava i mariti a scegliere le mogli per amarle e non per asservirle, dietro insegnamento umaniste che i mariti cattivi portano a cattive mogli, che a loro volte incattivivano l’immagine del marito fuori dalle mura domestiche. • Musa Brasavola scrive un trattato con un dialogo fortemente filo-femminista, tra un vecchio misogino (un farmacista) e un giovane progressista (Brasavola) dove la violenza maritale era il bersaglio di una critica sulla base di argomentazioni razionali. Il vecchio che la prima notte di matrimonio le propose una gara di bastoni per decidere chi comandava, la donna non acconsentì e lui la bastonò, il giovane chiese se avesse portato a risultati e obbedienza, il vecchio risponde negativamente: la donna non obbedì mai e fu sempre ribelle. Il giovane risponde proponendo un modello affettivo con l’idea di famiglia di Erasmo da Rotterdam, 17 in cui lui esaudì i desideri della moglie, amandola, ricevendo in cambio l’amore della donna, senza rimproverarla o picchiarla ma stimandola con dolci parole e non minacce. • T. Tasso limite all’ordine patriarcale, riconosciuto ma prevede dei limiti nell’amore coniugale. La violenza deve scomparire < Rapporto tra TRADIZIONE E RIFORMISMO • Piccolomini ammette la sudditanza femminile e la superiorità maritale, ma precisa che tale superiorità non doveva manifestarsi a danno della donna per mantenere integra la casa e l’immagine della famiglia. Un marito indulgente provoca disprezzo della moglie, deve dimostrare la sua autorevolezza suscitando nella donna rispetto e sudditanza. La supremazia virile deve proporsi come legge di natura sia con dolcezza che con autorevolezza, bisognava escludere la violenza fisica e le offese più pesanti. Anche Alessandro Piccolomini scrive ancora in ottica di mediazione tra: • diritto correzionale previsto dalla tradizione • e una nuova moderazione prevista dalle riforme di stampo: religioso, culturale • e anche giuridico Solo se capitano donne “indomabili” occorre castigarle tenendole chiuse in casa. Se anche così non vengono tenute a bada, allora si possono ripudiare (soluzione estrema). La morfologia delle relazioni coniugali era oggetto anche di dispute tra nobil-uomini. Quindi: a) il patriarcato cristiano esorta a non picchiare le mogli perché è immorale e non coerente con mil disegno di Dio (parallelismo tra il rapporto tra marito e moglie e Gesù e la Chiesa) b) gli umanisti esortano a non picchiare le mogli perché non conviene utilitaristicamente al marito • Baldassar Castiglione, Il Libro del Cortegiano III, 25 “Allora il signor Gasparo ridendo, «Io ancora mi ricordo» disse «aver letto una orazione, nella quale un infelice marito dimanda licenzia al senato di morire ed approva averne giusta cagione, per non poter tollerare il continuo fastidio del cianciare di sua moglie e più presto vol bere quel veleno, che voi dite che si servava pubblicamente per tali effetti, che le parole della moglie». · Rispose il Magnifico Uliano: «Quante meschine donne arìano giusta causa di dimandar licenzia di morir, per non poter tollerare, non dirò le male parole, ma i malissimi fatti dei mariti! Ch'io alcune ne conosco, che in questo mondo patiscono le pene che si dicono esser nell'inferno». «Non credete voi» rispose il signor Gasparo «che molti mariti ancor siano che dalle mogli hanno tal tormento, che ogni ora desiderino la morte?» «E che dispiacere», disse il Magnifico, «possono far le mogli ai mariti, che sia così senza rimedio come son quelli che fanno i mariti alle mogli? Le quali, se non per amore, almen per timor son ossequenti ai mariti». «Certo è» disse il signor Gasparo «che quel poco che talor fanno di bene procede da timore, perché poche ne sono al mondo che nel secreto dell'animo suo non abbiano in odio il marito». «Anzi in contrario» rispose il Magnifico «e se ben vi ricorda quanto avete letto, in tutte le istorie si conosce che quasi sempre le mogli amano i mariti più che essi le mogli”. • Caprara Eccellenza sociale del buon marito, si deve comportare bene con la moglie perché ne dipende il suo potere fuori dalle mura. Quindi la moderazione, la mediocritade è volta non a tutelare la moglie ma la propria immagine. 20 → il rifiuto dell’obbligo sessuale comporta un PECCATO MORTALE in quanto avviene una separazione del letto. Principio dell’imposizione dell’atto sessuale al coniuge riluttante > teologici e canonisti medievali e moderni ma anche i laici (Da Pistoia) erano concordi nel considerare lecita l’imposizione dell’atto sessuale, altrimenti commetti peccato. • De Tedeschi “la moglie può essere posseduta sessualmente anche contro la sua volontà” • Da Pistoia “pieno potere maritale di conseguire dalla moglie il debito coniugale con le buone o con le cattive” Il rifiuto di concedere il proprio corpo > ingiusta ricusazione di un dovere assunto con il matrimonio, si è inadempiente. • Da Budrio ammetteva fra le sevizie, anche quello di imporre l’atto sessuale, ma era favorevole al rivolgersi al giudice in favore della moglie. • THOMAS SANCHEZ 1600 trattato in tema di matrimonio come diritto dell’esclusiva sessuale. Tra 300-400 diritto comune riconosce la violenza sessuale come lecita nei confronti della coniuge, cambio prospettiva durante il rinascimento. Nel rinascimento: • Tiraqueau critiche all’uso della violenza: o l’uso della forza causa era rischioso a risvegliare la natura lussuriosa della donna, ‘notoriamente’ vittima dei propri sensi ben più dell’uomo ” (visione patriarcale) o rifiuto del debito coniugale > fonte /effetto di astio e adulterio o il rifiuto della moglie senza validi motivi legittimava l’uomo a soddisfare altrove le proprie ‘necessità’ Distrugge l’unità della famiglia portando alla rovina del nucleo e all’adulterio (sia da lui che da lei). Anche fuori dai rapporti maritali, la prassi giudiziaria considerava lecita la violenza carnale laddove ci fosse stato un rapporto di conoscenza/amicizia con la donna. La violenza veniva considerata come l’espressione di una relazione comune tra i due sessi. La donna avrebbe dovuto manifestare una sorta di resistenza al desiderio maschile e nessun indizio di voler giacere con lui o la violenza era lecita. Stupro coniugale > processo di formazione del matrimonio Desponsatio : sponsus/sponsa Matrimonium : maritus/uxor Approccio evidente nel processo di formazione del matrimonio: a) c’è prima la desponsatio (sponsus/sponsa), cioè il fidanzamento fase in cui il debito coniugale non poteva essere preteso perché la donna era ancora sotto la potestà del padre, non c’è ancora stata la traslatio (si usa un lessico proprietario). Diceva Tiraqueau che lo sposo che rapisce la sposa riluttante è punito con la morte. 21 b) e poi il matrimonio (maritus/uxor) il cui il debito coniugale poteva iniziare ad essere preteso perché la donna passava sotto la potestà del marito. Il diritto alla soddisfazione del debito coniugale poteva essere preteso solo dalla moglie e non anche dalla ‘sposa’ che non è ancora in potestà dello sposo. La donna per pudore deve mostrarsi riluttante; dunque, deve mostrare sempre un rifiuto, questo non delinea nettamente la differenza tra uno stupro. Tra conoscenti si pretende che una sorta intimità legittimi determinate azioni, tipo all’atto sessuale; tra marito e moglie è più semplice fraintendere quando lei rifiuta per pudore o perché veramente non vuole. La sponsa non è in potestà dello sponsus perché appartiene al padre, e lo sponsus è punito con la morte se rapisce la sponsa per stuprarla, esso non ha potere sulla sponsa. Il maritus invece ha tutto il potere sull’uxor, dopo il matrimonio diritti e doveri sono stabiliti. • Baldo degli Ubaldi Distingue situazioni diverse in base alla conoscenza carnale dei coniugi, se è la obbliga la prima volta, un conto è l’obbligo nelle volte successive. Il marito può rapire la moglie? I giuristi dicono di sì, in quanto essa non ha potestà sul proprio corpo ma il marito; Baldo sostiene che è valido solo se si conoscono già carnalmente. Punizione anche in caso la donna avesse caso di monacarsi. Altra eccezione al diritto comune → codex di Giustiniano condanna il ratto con violenza della donna, i canonisti invece escludevano la rilevanza di questo divieto in caso di matrimonio. Al matrimonio si crea una sola carne e dunque obbligo di comunanza di vita e di rapporti tra i coniugi. • Giovanni da Faenza In caso di conclusione di matrimonio non ricorreva alcun ratto, perché le leggi parlano di ratto delle proprie mogli ma non ne parla il diritto canonico, in quanto per esso non esiste. • Tancredi aggiungeva al pensiero di da Faenza, che il consenso della donna al ratto si desume da alcuni atti e comportamenti (coabitazione della donna con l’uomo, o se ha avuto altri rapporti sessuali). IUS IN CORPUS Diritto che l’uomo aveva nei confronti della moglie e del suo corpo, un diritto che si acquista al momento del matrimonio (maritus/uxor). Diventa pretesa esclusivamente maritale, esercitata solo dal maschio nei confronti della moglie, era un diritto di proprietà, un diritto reale o diritto di credito? O un nuovo diritto a parte con delle sue specificità? • Idea di possesso del corpo della donna • Le parti, marito e moglie, un diritto che uno esige dall’altro La natura di questo diritto va capito per capirne le caratteristiche. POSSEDERE = escludere • Da Reims Sosteneva che la potestà sul corpo della moglie significa l’uso dei genitali dei quali i coniugi non devono abusare usandoli con altri, ma servendosene tra di loro. Servitù matrimoniale condotta alla servitù prediali: la potestas del marito diventa ius, dominium e talvolta anche proprietà (ius dominium potestas). 22 Esistenza di azioni per il recupero di ciò che si considerava venisse privato, azione di spoglio, di rivendica per recuperare una moglie in fuga. Il possesso della moglie è accompagnato da una serie di azioni ricavate dal diritto romano. Matrimonio come abdicazione da parte della moglie del proprio corpo al marito. Viene visto, dunque, come diritto di proprietà e di credito. Il corpo della donna in ambedue i casi è oggetto matrimoniale. Sotto il profilo del diritto di credito poteva essere considerato un credito del marito nei confronti della moglie debitrice. Ci si chiedeva se fosse: • Un diritto • Un potere È rilevante perché conseguono azioni diverse. Dal debito coniugale generalmente deriva un’azione di rivendica (prevista per i diritti reali) per recuperare una moglie in fuga, che veniva vista come “una cosa mobile e semovente” > Beneventano che ha abdicato alla proprietà sul suo corpo. Oltre all’azione di rivendica c’era anche l’azione di spoglio. Nella mente è inculcata l’idea della proprietà perché si parla in termini proprietari. Es. Tiraqueau parla di “traslatio” dalla potestà del padre a quella del marito Alcuni designano il matrimonio come abdicazione della proprietà del proprio corpo. Così il diritto all’esclusività sessuale viene ricondotto all’interno del diritto di proprietà. Per alcuni la servitù matrimoniale viene ricondotta nelle servitù prediali. Il diritto sul corpo del coniuge tornerà anche nel pensiero di Kant, che elabora un diritto personale di natura reale, cioè il diritto dell’uomo di avere, o oltre alla proprietà del proprio corpo, o anche un'altra persona come propria. Nella “metafisica dei costumi” Kant rilevava che se uno dei due sposi fosse fuggito o abbandonato al possesso di un’altra persona l’altro è autorizzato in ogni tempo e incontestabilmente di ricondurlo a suo potere come sua cosa (azione di rivendica). Non siamo lontani dalla cosa mobile e semovente di Beneventano, perché la donna perdeva la sua umanità e degradava a mera cosa, in quanto, con il matrimonio, scatta il possesso. In una visione fortemente patriarcale condivisa sia a livello culturale che sociale sono i canonisti a costruire una precisa azione giudiziaria diretta a costringere il coniuge riottoso al debito coniugale eventualmente sotto pena di scomunica. Nell’esercizio dell’azione diventava imprescindibile la consumazione del matrimonio, quindi diverso è il ruolo svolto dalla consumazione in materia di matrimonio. RUOLO DELLA CONSUMAZIONE DEL MATRIMONIO Per la realizzazione del vincolo di matrimonio bastava il consenso fra le parti; Concluso il vincolo matrimoniale il momento della copula riacquistava la posizione di momento culminante del coniugio, fino ai dettagli «quantitativi» previsti almeno in astratto dai canonisti e dai teologi a seconda di alcuni criteri come l’età, clima ecc. “politica familista” > Intervento dei pubblici poteri sul debito coniugale: • su istanza di parte; • ma anche d’ufficio, soprattutto in caso di pubblico scandalo (es. voci dei vicini). 25 Chiede che la separazione sia ammessa a maggior ragione perché la separazione viene data per l’adulterio, che era un reato e peccato meno grave della sodomia. In questo caso la tolleranza avrebbe determinato pestilenze, carestie, terremoti in città. Ancora a Venezia il consiglio dei 10 (magistratura) si è trovato dinanzi a richieste presentate da donne che chiedevano la separazione adducendo anche questo ma che sono e venivano perennemente rigettate, i mariti assolti, diversamente dalla prassi bolognese, perchè i magistrati veneziani fossero spinti dal sospetto che le donne scaltre la utilizzassero come scusa. Inoltre tali magistrati veneziani pare che usassero in maniera sciolta gli indizi che erano difficili da portare. Nel ‘400 la chiesa attenta al problema della sodomia: • Bernardino da Siena Ordine morale = ordine sociale. Sodomia dispiace più a Dio che un altro peccato, il corpo del sodomito è puzzo che emana un fetore che arriva fino a Dio e ai santi. Elenca in ordine gerarchico i peccati: ““Chi va con la propria moglie contro natura (il rapporto sodomitico) è un peccato maggiore di chi va con la propria madre e va con una meretrice.” Si rivolge poi alla donna e dice di non consentire mai alle richieste di sodomia da parte del marito, in nome di Cristo. “Se ti minaccia, fuggi e fatti aiutare dai tuoi familiari. È meglio addirittura la morte. Se il marito ti uccide per questo andrai in paradiso” Quindi la moglie è un vaso e deve servire a procreare. Il marito deve dare sfogo ai propri impulsi nei modi e nei tempi opportuni o incontrerà la collera di Dio. Questi peccati collocati in ordine gerarchico vengono fatti propri per secoli. Berardino “non aspettate che Dio vi mandi le punizione, sarete sicuramente puniti con fuoco e fiamme e non vi rimarrà nulla, brucerà persino i bambini.” Poi fa l’esempio di una donna che è vittima di questo peccato che è pallida e senza forza vitale. “Non ci vogliono le prove ma occorre il rogo.” 26 RATTO CONIUGALE Il ratto consiste nel rapimento della moglie a capo del marito, considerato un diritto del marito, come lo ius corrigendi e il debito coniugale. Il Codice giustinianeo condannava espressamente il ratto. Diritto canonico > invece canonisti ne escludevano la rilevanza (il matrimonio creava un’unica carne e postulava obbligo alla comunanza di vita). Stupro e ratto erano, se pur non encomiabili, ammissibili in virtù del richiamo al sacramento e ai doveri di coabitazione, copula e ‘privativa sessuale’. Giovanni da Faenza: se le nozze erano già state concluse si deve escludere il ratto (il ‘ratto della propria moglie’ non è contemplato dal diritto canonico). Tancredi: consenso della donna al ratto si desume dalle sue abitudini di vita. Es. ha mostrato la spalla, ha avuto rapporti carnali altre volte. Se n’è occupato anche Baldo degli Ubaldi, giurista a cui Tiraqueau si è riferito. Sostiene il diritto del marito a rapire la moglie distinguendo la prima volta dalle volte successive. • Se la moglie “è già stata conosciuta carnalmente” il marito ha su di lei il possesso • Se il matrimonio non è ancora stato consumato assumono rilevanza gli indizi della sua volontà di farsi monaca, solo in tal caso il marito deve essere punito (perché in tal caso l’offesa sarebbe a Cristo). L’ADULTERIO (nel diritto) Il potere di soppressione dell’adultera L’adulterio è uno dei più gravi delitti carnali, in quanto mina le stesse fondamenta dell’ordine sociale e la cui impostazione risente particolarmente della costruzione maschile della società, perché ci sono ampie differenze di trattamento a seconda del genere. È un reato che inevitabilmente porta al delitto d’onore. Assieme allo stupro ed è un delitto che produce effetti sia civilistici che penalistici (e canonistici), ci occupiamo del versante penalistico. Nella definizione del reato di adulterio si deve considerare: • il diritto dotto, che è uguale in tutta Europa • e il diritto popolare, la prassi di ciò che accadeva nelle case È un reato difficile da definire perché cambia di canonico e civile è anche difficile da provare: delicta difictlis probationis. Con riguardo alla donna troviamo un doppio livello di giustizia patriarcale: • diretta > quella esercitata dal padre, dal marito, eventualmente dagli agnati, dal Consiglio di famiglia • indiretta > quella esercitata da istituzioni pubbliche esterne alla famiglia, che possono essere tribunali civili, fori ecclesiastici, fori privilegiati L’adulterio ha posto tanti problemi giuridici: a) Il primo è proprio la sua definizione, che il diritto dotto ha dato cercando di mediare tra patriarcato romano e cristiano b) Problema di competenza, cioè se fosse competente il tribunale ecclesiastico o civile? Ordinario o speciale? c) Azione prescelta per andare a giudizio: criminaliter o civiliter per separazione 27 L’adulterio consiste nell’unione sessuale di una donna coniugata con una persona diversa dal marito; il termine donna non è causale in quanto è un reato specifico per quel genere. La dottrina civilistica si sofferma su due titoli del Codex e del Digestum: adulterio viene commesso con una donna sposata. La dottrina canonistica, invece, affermava che era adulterio qualsiasi rapporto carnale extra matrimoniale, sia commesso da donna che da uomo. Rientra nell’alveo dei delicta carnis come il più grave, collocato dai giuristi tra i delitti atroci o atrocissimi. Più detestabile dello spergiuro e del furto e inferiore al solo crimine di lesa maestà perché realizza un’ingiuria contro sé stessi prima ancora che contro il coniuge (Egidio Bossi), tanto da evidenziare similitudini con l’omicidio. Già dalle fonti romane la moglie infedele al marito veniva chiamata “venefica” e il veneficio è un reato tipicamente femminile (come l’infanticidio e la stregoneria). In un passo di Ulpiano nel Digesto 50.16.42 l’adulterio viene definito probrum turpe natura (reato contro natura), ma soprattutto se femminile è un vulnus nel corpo della donna che viene corrotta, viene resa difettosa per la propria funzione affidatale dalla società. Ecco perché è un reato gravissimo, perché minaccia le fondamenta dell’intera società. Il rischio era anche quello della commistio sanguinis, la commistione del sangue. Nel diritto romano la donna viene considerata mater culpe, la madre della colpa, Alberico da Rosciate: perché è tentatrice per natura ed è caratterizzata dalla levitas, dall’incostantia. La donna è il vaso dell’adulterio, nasconde questa vocazione inestirpabile per il tradimento. Non si allontana da queste posizioni Giovanni Nevizzano, autore della sylva nutialis, che condanna la sessualità irregolare, quindi tutti quelli che vengono considerati coiti dannati, nell’ottica della pericolosità per l’istituto familiare quindi per la società. (correlazione tra la civitas domestica e la civitas pubblica). Considera l’adulterio femminile più grave di quello maschile per lo spiraglio di vendette che può provocare, che possono arrivare fino alla guerra civile. Confini tra stupro e adulterio sono reati diversi sotto un aspetto tecnico giuridico. Stupro: rapporto carnale illecito commesso con donna non sposata o vedova; con la propria donna si parla di ratto e non è illecito. Adulterio: violazione della donna di altri, coniugata, violazione di proprietà > posizione civilista Tre tipi di violazioni: 1. entrambi coniugati, sia donna che uomo 2. rapporto uomo sposato e donna non sposata 3. rapporto uomo non sposato e donna sposata C’è chi concepisce adulterio solo da donna altrui, i canonisti prescindono da chi commette il reato. In caso di donna non sposata non è adulterio ma stupro, per diritto canonico invece è sempre adulterio. La gravità del reato Richiede dolo specifico, consapevolezza dell’adultera se essa manca il reato non è imputabile. Non costituiscono motivi di esclusione del reato: sevizie del marito o non adempisse al debito coniugale. 30 La donna (moglie) non può agire per adulterio contro il marito adultero, poteva però agire in sede civile e chiedere la separazione del letto o la restituzione della dote. La moglie non può agire con un processo penale contro il marito. I giuristi (civilistici) cercano una strada alternativa per concedere alla donna per poter esercitare l’adulterio contro l’uomo → azione di inuria, non viene impedita l’azione di ingiuria (proposta da Baldo degli Ubaldi per garantire una lieve tutela in sede penale alla donna vittima di adulterio). Concilio di Trento > il giudice può instaurare procedimento ex-ufficio per ipotesi di adulterio e concubinato e disciplina il procedimento nel dettaglio: duplice (tra adulteri e adultere), prima ci sarà un’ammonizione di interrompere l’abitudine, poi la scomunica che dura proporzione al ravvedimento dei peccatori. Concede all’attore la possibilità di adire al tribunale ecclesiastico o secolare. In sede civile → competenza giudice ecclesiastico, rigida la competenza della separazione. In sede penale → sia davanti al giudice ecclesiastico che secolare. Il giudice ecclesiastico è competente sia per irrogare la sanzione penale ma non può infliggere la pena di morte. Gli elementi probatori per raggiungere alla condanna sono flessibili e ridotti, la consumazione della relazione illecita si può provare attraverso presunzioni, indizi o congetture. È sufficiente la cd probatio presuntiva, ci si rimette completamente all’arbitrio del giudice. Non è sufficiente una sola presunzione, in sede penale non sono sufficienti nemmeno due presunzioni se non sorrette da altri indizi. La presunzione inoltre deve essere violenta e certa, ovvero violenta nel dimostrare la consumazione del rapporto illecito. Presunzioni giuridiche: • Presunzioni di fatto e di diritto, quelle di fatto non sono sufficienti per infliggere una pena. • Presunzioni approvate (da una norma) e quelle considerate solo talvolta dal diritto che ammettevano prova contraria Nel ‘600 la dottrina discuteva tra ius civile e diritto canonico, (rimarrà tale la distinzione fino alla criminalizzazione successiva) c’erano diverse sanzioni, reato su doppio binario. Il regime probatorio non era efficacie e meno rigido in quanto in generale era difficile da provare delitto di adulterio, si basa su presunzioni su delle idee di rapporto amoroso calcate sull’idea di seduzione. Esempio di congettura: coabitazione, voci dei vicini, atti di intimità (abbracci)… ADULTERIO (nella prassi) Diritto popolare: se ne frega e prevede comunque l’uccisione della moglie. Le cronache medievale sono piene di massacri di mogli per adulterio. La chiesa promuove le soluzioni proposte prima ma verranno rielaborate solo successivamente. Largo riconoscimento del DIRITTO D’ONORE > giuristi riconoscono al marito il potere di uccidere la donna adultera, spesso anche di alto ceto. Era il diritto locale stesso che continuava a riconoscere il diritto maritale di sopprimere l’adultera in flagranza. L’uccisione della moglie era però largamente diffusa e condonata. L’immaginario comune dell’età post medievale è legato ad una società familista asimmetrica in relazione al genere, e quindi la condanna della moglie passa sempre attraverso la volontà del marito (come giudice, come boia, come pubblico ufficiale). 31 Il diritto dotto ha cercato di mediare tra patriarcato romano e cristiano ma non emergeva il concetto di “onore” come valutazione del ruolo del marito offeso in sede giudiziaria. 1400-1500 “pena dell’autentica” previsto dal diritto romano: chiusura donna in un monastero o prigione. 1500 in Francia come pena accessoria all’entrata in monastero è prevista la frustrata della donna in pubblico Spagna Fuero Real: consuetudini spagnole, cerca di limitare la giustizia privata, fissando delle pene, come la pubblica fustigazione e la reclusione in convento riprendendo il diritto romano con qualche differenza. Si arriva in Spagna ai sovrani cattolici, che cercano di limitare questo potere del marito sottoponendo l’eventuale vendetta a un preventivo vaglio giudiziale. Un certo Ruiz denuncia l’adulterio della moglie e viene sentenziato che la donna dovesse essergli consegnata con i suoi beni perché potesse essere punita come lui meglio credeva, quindi anche uccidendola. Numerose legislazioni non trattavano affatto del diritto di uccidere la moglie adultera, ma era la prassi che la prevedeva, la cultura popolare, che fa godere al marito una totale impunità, perché veniva considerato un diritto naturale patriarcale (patriarcato che produce norme). Il diritto dotto, quindi, trova una via di mezzo tra la prassi brutale e la mitigazione della dottrina: da al marito la possibilità di, dopo aver fatto ricorso a un processo, che gli fosse delegato dal giudice il potere di uccidere la moglie. Il marito passa quindi da giudice a boia. Il marito che uccide viene spesso perdonato: • dai parenti della vittima • per grazia del principe perché il problema era salvaguardare l’onore e l’autonomia della famiglia patriarcale; la pena che potrebbe subire in alcune realtà sono solo sanzioni. È la cultura religiosa a stigmatizzare il delitto d’onore, perché il potere di uccidere la moglie non è conferito da Dio. Francesc Deiximnis (catalano) ammoniva i sovrani a non permettere ai mariti di farsi giustizia da sé. Infatti ciò che sfugge alla pena secolare non sfugge a Dio. Caso in Borgogna che coinvolge anche il Re di Francia si arriva a una presunta pena divina perché il re era troppo benevolo nei confronti dei misfatti dei mariti sanguinari. Al marito sarebbe riconosciuto da Dio solo il diritto di ripudiare la moglie, non di commettere crudeltà. Inoltre dice che moltissimi abusano di questo diritto, cioè: • uccidono la moglie essendo più adulteri di lei • o la uccidono anche se è innocente “Per parlarne francamente, così come ne ho udito dire da un grande personaggio, quale ragione c’è, quale potere ha il marito così grande che debba e possa uccidere sua moglie, visto che non ha ricevuto affatto da Dio, né dalla sua legge, né dal suo santo vangelo, se non il semplice diritto di ripudiarla? Non vi si parla affatto di omicidio, di sangue, di morte, di tormenti, di veleno, di prigioni, né di crudeltà […] Il nostro Creatore ci ha insegnato la fragilità della nostra natura e l’abuso che moltissimi commettono; perché c’è chi fa morire sua moglie essendo più adultero di lei, e altri spessissimo le fanno morire innocenti. E quanti ce n’è così!” 32 C’era anche possibilità di pattuire con la famiglia della donna dietro un pagamento di una somma di denaro. Origini dell’attenuante del delitto d’onore → Altri ancora non riconoscevano valore alla legge laica, perché permette ai mariti di uccidere le mogli adultere; quindi, offre la scusa di maltrattare e calunniare le mogli, soprattutto se non le amano. «che permette ai mariti di uccidere le mogli adultere offre ai mariti l’occasione di calunniare e maltrattare le mogli, soprattutto se non le amano. Pertanto non deve permettersi ai mariti il diritto di uccidere le mogli anche se adultere». Diverso il problema presentato dalla prassi: se fosse peccato ammazzare la moglie adultera consegnata dal giudice dal marito. Va bene perché non è una pena che non deriva da arbitrio, quindi non si tratta di peccato. Il marito assume le vesti del pubblico ufficiale/boia. Arrivavano persino a disconoscere qualsiasi diritto di difesa alla donna, che per legittima difesa ha ucciso il marito che la stava per uccidere, che è sia peccato che reato. Molti giuristi di diritto comune prevedevano una sanzione attenuata nei confronti del marito che avesse ucciso la moglie in flagranza d’adulterio, perché spinto da un impeto di dolore non è riuscito a controllarsi quindi non deve essere punito con la pena capitale. Choveronius scriveva infatti che “Il marito dispone di modi legali per vendicarsi dell’ingiuria d’adulterio: può richiedere la separazione e la privazione della dote. Giustamente le leggi hanno previsto rimedi che escludano uccisioni e nemmeno le agevolino. Se però il marito sorprenderà la moglie in adulterio e l’ucciderà turbato da un giusto dolore, non dovrà essere punito con l’ordinaria pena capitale, in quanto gli è lecito vendicarsi. Soltanto dovrà essere punito l’eccesso nella vendetta (pene infamanti) e quindi con l’esilio o con una pena più mite secondo il ceto della persona. Ad esempio, se sia di bassa condizione, potrà essere condannato ai lavori forzati a vita. Pertanto il marito non sarà scusato del tutto.” Uccidere la moglie per vendetta (non deve esserci eccesso) → diritto maritale personale. Origini attenuante per il delitto d’onore: giuristi concordi che il rango della donna doveva essere salvaguardato (per il casato), cioè evitare di offendere irrimediabilmente il casato. Dal rango della donna dipendente anche la sanzione, salvaguardia del rango cetuale per evitare di offendere il casato. L’ENIGMA DELLA VIOLENZA FEMMINILE XVIII e XIX secolo > La statistica dice che i reati commessi dalle donne sono in numero significativamente minore rispetto a quelli commessi dal marito. La spiegazione ufficiale che si dava è che le donne sono meno evolute “imbecillitas sexus”, la donna è nata per servire, da qui anche una minor propensione alla commissione di reati. Dal XVIII secolo sono rarissimi i reati compiuti dalle donne e la loro propensione al reato rappresentava il volto perverso dello spirito libero maschile. Anche la criminologia femminile prende la struttura che gli è data dal contesto patriarcale. La causa preponderante dei reati commessi dalle donne è la reazione contro gli abusi maschili, in quanto la via giudiziaria, che era formalmente possibile, era tuttavia troppo aleatoria e a favore del marito. Di conseguenza, la donna non aveva altra scelta se non quella di uccidere prima di essere uccisa, quindi per legittima difesa. 35 • Una moglie infatti era andata a chiedere un rimedio perché il marito la maltrattava e lei da un uovo e l’erba costa cavallina, dicendo che dandole all’uomo si sarebbe infatuato per qualche giorno. Questo avviene e il marito si infuria per 3 giorni. • Istigata da spirito diabolico, una sposa chiamata Catarina, dice che il marito la maltratta e la strega fornisce un rimedio, fa un’immagine di cera, la avvolge e dice di metterla sotto il letto del marito dicendo alcune parole. Un’altra donna, Maddalena la Greca fu accusata di stregoneria per aver dato a una certa donna moglie di Lorenzo un prodotto da mettere nella pietanza del marito, che però ha sentito un sapore diverso e si è insospettito, così la donna fu giudicata e condannata. Nel 1659 le streghe furono protagoniste di una vera e propria “strage dei mariti” Il 5 luglio a Roma, in campo dei fiori vennero impiccate 5 donne accusate di stregoneria e di aver usato avvelenamenti. L’accusa porta una serie di prove e testimonianze e le donne finiscono per confessare di aver smerciato un veleno a base di acqua tofana, fatto di arsenico ammonio e piombo che girava molto nel 600, dicendo di averlo usato per “carità del prossimo” ma soprattutto in difesa delle donne, al fine di emanciparle dalla tirannia di insoffribili mariti. E questo “senza inimicizia tra le famiglie e senza macchia della reputazione”, perché era una pratica difficile da provare e quindi non possono esserci strascichi di vendette. Inoltre le imputate si confessa in base ai principi della carità cristiana e il merito della loro pozione consisteva in una lunga infermità provocata prima della morte, per permettere al futuro morituro quello di chiedere perdono e pentirsi e quindi accedere al paradiso. Una parte dell’opinione pubblica popolare fu a loro favore. L’avvelenamento si manifestava con vomito, malessere, debolezza, sintomi che potevano associarsi anche a una mera intossicazione ma che conduceva alla morte in 15 giorni; tempo necessario per garantire salvezza eterna ai mariti. Processo che terrorizzò l’opinione pubblica romana e che diventò oggetto di un’operetta pubblicata a Napoli nel 1699 in cui tra il vero e la fantasia venivano rappresentate le donne volte a spettegolare e lamentarsi delle nefandezze dei mariti e attorno a loro, come corvi, le streghe che producevano il veleno ed erano pronte ad offrire i loro servigi. L’autore del poemetto, rimasto anonimo, dichiarava che per tutte le vie di Roma non c’erano tracce di vedovi, sole di vedove allegre “ammazzamariti”. Ancora a Palermo, nel tardo 700, operava Giovanna Bonano, nota come “la vecchia dell’aceto” che se prima aveva scelto l’aceto da vendere come prodotto per eliminare i pidocchi inizia a diffondere la notizia di possedere una pozione magica fatta sempre di aceto che ammazzava senza suscitare sospetti di avvelenamento. Le clienti erano quasi esclusivamente donne con problemi coniugali e pare che abbia facilitato la morte di molti uomini. Fu oggetto di un lungo processo e impiccata nel luglio del 1789 e si legge nella sentenza che le donne sceglievano i veleni per restare con libertà nelle braccia dei loro amanti. Il marito vittima e la moglie bisbetica La donna bisbetica è un celebre topos che nell’immaginario collettivo indica la donna che non accettava l’autorità del marito e metteva in discussione i ruoli tradizionali. Venivano anche chiamate cd “aspiranti virago” (mascolinizzate), che volevano una posizione di dominazione all’interno dei rapporti coniugali (capofamiglia) disconoscendo la potestà maritale. La bisbetica ossessiona il marito con atteggiamenti vessatori e l’esito è quello della donna bisbetica quasi sempre domata, perché rimane come sempre la chiave di lettura patriarcale. Si tratta sempre di opere che si chiudono quindi con un lieto fine, cioè la tutela dell’istituto matrimoniale e si ripristina l’ordine naturale delle cose. Lo status di bisbetica è una malattia, quindi può essere curata con la pedagogia patriarcale (marito come medico). 36 L’uomo come vittima è rimasto marginale, nell’ombra, anche perché nella società patriarcale per l’uomo essere vittima era innaturale e motivo di vergogna. Per svelare il marito come vittima è necessario farsi aiutare dalle fonti letterarie. Dalla letteratura emergeva infatti anche il contrario della tirannide maritale, cioè la moglie bisbetica che aveva il controllo della famiglia. Allora, i precettisti di età moderna insegnavano ai futuri mariti di tener conto di una serie di criteri nella scelta della futura sposa, per evitare lo strapotere della donna. • Donna più giovane > più inesperta • Donna più povera > più incline e riconoscere l’autorità dell’uomo • Donna di ceto inferiore > più malleabili e disponibili. Perché altrimenti i danni superavano i vantaggi. Attorno al 1537 Giovanni della Casa scrive una quaestio sul fatto se si debba prendere moglie o meno e deplorava tutti coloro che avessero scelto una moglie di ceto più elevato, perché tali donne avrebbero trattato con arroganza e superiorità il marito impedendo l’esercizio della potestà maritale che è stato assegnato da Dio all’uomo, quindi di fatto da un danno a sé stesso ma anche a Dio. Ancora nel 1700 Francesco Dalmazzo Vasco, uno degli illuministi italiani del trentino scrive “è raro il caso che una moglie doviziosa viva sommessa al marito, perché pretende di signoreggiare, i quanto le ricchezze le permettono di soddisfare i propri capricci senza dipendere dal marito. Comunemente chi ha moglie doviziosa vive infelice” > quindi i danni superano i vantaggi. Le vedove benestanti sono le poche donne che godevano di più diritti rispetto alle altre, ad esempio potevano scegliere il secondo marito. Queste donne dovevano quindi evitare di sposarsi con mariti di fama violenta; quindi, prima si informavano della loro fama. Anche la fama della violenza maritale (come quella delle donne) è costruita su indizi, congetture, presunzioni. Esempio > Caterina Donat si oppose di sposare un uomo perché aveva ucciso la moglie adulterina. Un parere di Ancarano, in un caso, a favore delle vedove, scrive “bisogna vedere come l’uomo si comporta anche con le altre donne della sua famiglia” (es sorella o madre). La figura della donna bisbetica compare anche nelle opere di Shakespeare. Nella “Bisbetica Domata” troviamo Kate, che è il prototipo di questo tipo di donna, classica bisbetica, che non voleva sottostare all’uomo. Tuttavia Petruccio, il marito, con le sue manipolazioni e vessazioni riesce a domarla, ripristinando l’ordine naturale delle cose > “lieto fine”. Tutta la novellistica basso-medievale europea (riporta quella spagnola) propone 3 modelli femminili: • Moglie ideale - affidabile fiduciosa e sottomessa alla volontà del marito • Moglie disobbediente - che disconosce la supremazia del marito ma che può essere domata. La correzione prevede anche un climax nell’uso della violenza. • La moglie eversiva, ribelle e incorreggibile - non riconosce la superiorità maschile ed è impermeabile a qualsiasi tipo di correzione, anche violenta. L’unica soluzione, per salvaguardare l’uomo, è la soppressione. Addirittura l’imperatore Federico cerca di liberarsi della moglie riottosa chiedendo invano il divorzio al papa, che è restio e si convince che solo la morte potrebbe toglierla di mezzo. 37 TRIBUNALI E VIOLENZA CONIUGALE Il principio da salvaguardare nei tribunali era l’autonomia della famiglia; quindi, la giustizia tendeva a non intromettersi. Il marito è padrone in casa sua. Emblematico è il proverbio: “tra moglie e marito non mettere il dito” Nel 1600 c’è una tendenza crescente di violenza domestica nell’Europa moderna che inizia a diminuire nel corso del 1700 con la crisi del diritto comune duplicità di giurisdizioni > le sevizie qualificate (provate) potevano essere o causa di denuncia per lesioni (criminale) o giustificato motivo di separazione davanti al tribunale. Ambedue i sessi potevano fare denuncia. Tuttavia, anche a causa dei costi, raramente le denunce davano luogo a un compiuto processo inquisitorio. Inoltre, nella stragrande maggioranza dei casi, infatti, finivano con qualche forma di riappacificazione o di rinuncia: • Riappacificazione > tra le parti venivano redatti degli accordi per iscritto spesso davanti al notaio e delle carte di assicurazione (rinvio a cautio de non offendendo) che il marito dava al fine di garantire la moglie dal susseguirsi dei maltrattamenti. In Spagna si chiamano “seguramientos”, ma è una prassi europea. Principio fondamentale: conservazione dell’istituto del matrimonio. • Rinuncia: Altre volte era il marito stesso che per rinsaldare la coppia e far tacere la malafama sull’onestà della sposa certificava con atto notarile di aver indagato sulla condotta di lei, di averla trovata ancora onesta e prometteva, dietro una cauzione di non offendere, di non farle più male. Altre volte ancora (più spesso) era la donna, che su minaccia del marito, ritirava la querela, dicendo che era stato fatto per fini correzionali. Il giudice si trovava quindi facilitato a pronunciare l’assoluzione. Per quanto riguarda la strategia difensiva dei mariti, essi nelle loro difese si appellavano alla propria naturale potestà; quindi, al primo diritto che ne derivava, il diritto di correzione. Quindi nella prassi non c’è la negazione della realtà dei fatti, ma la giustificazione del potere correzionale. La giustizia medievale e moderna si presenta molto mite nei confronti dei mariti maneschi, anche se il grado di mitezza varia a seconda dei luoghi e dei tempi (Venezia, Bologna, Francia diverse risoluzioni). Mitezza che ruota attorno al principio della totale assoluzione dei mariti violenti. È una mitezza che viene via via restringendosi con il declino dell’antico regime. I confini della liceità della violenza maritale diventano sempre più angusti. Francesco Eximenis dice che i mariti violenti venivano continuamente assolti dai giudici oppure perdonati dalla grazia del Re. Le possibili conclusioni dei processi di maltrattamenti infatti sono 5: • Riappacificazione privata • Assoluzione • Assoluzione pura • Assoluzione con Carte Regie di perdono • Assoluzione sub condictio, cioè con cautio. Quindi quasi mai questi processi terminavano con una condanna. Francesco fa il caso, per arrivare alla Carta Regia del perdono di abitante di Saragozza che aveva ucciso la moglie. Imprigionato, aveva chiesto grazia al Re Giovanni I. Non sosteneva di non aver commesso il fatto, ma di non avere intenzione di uccidere la moglie, ma solo di esercitare il suo diritto correzionale perché la moglie aveva fatto “cattivi servizi”, cioè, mentre versava del vino al marito e ai suoi compagni aveva sistemato male la lucerna e una parte 40 I Tribunali statali arrivano a decidere in via esclusiva con la statualizzazione del diritto e la separazione tra diritto e morale. Altre volte invece sono i tribunali laici a occuparsi solo esclusivamente dei profili patrimoniali, lasciando gli altri profili alla Chiesa. Nel 1500 le sevizie rappresentavano, sebbene oggetto di discussione, autonomo motivo di separazione. Ancora nel fine 500 inizio 600 Pietro Barbosa non le considerava come autonomo vizio. Secondo lui non erano sufficienti. Infatti la trattatistica vede una distinzione tra l’Europa cattolica e protestante: o Europa cattolica: sevizie rappresentano una giusta causa di separazione di letto e mensa – divortium quoad thorum et mensam (concetto di odio capitale). o Europa protestante: i maltrattamenti non furono ricompresi fra le cause di divorzio a meno che non comportassero rischi per la vita. Il quadro per il diritto canonico ci viene dato: • Decretum di Graziano, in particolare in una glossa ordinaria (prima raccolta di diritto canonico). • Liber Extra 1234 due raccolte confluite nel corpus iuris canonici quando furono mise assieme. Decretum: La glossa si sofferma sulle caratteristiche dell’eventuale cauzione di non offendere a carico del marito brutale. “Non essendo indicato qui quale cauzione debba essere prestata dal marito, sembra che sia sufficiente una cauzione nuda (cautio de non offendendo) poiché tale cauzione è comunque solidissima […] infatti il termine ‘cauzione’ posto di per sé significa ‘nuda promessa’. Se peraltro la moglie sostenga che egli è sospetto, bisogna che sia prestata una idonea cauzione (cioè garantita) cioè fideiussori (qualcuno che garantisca) o pegni o anche giuramento, nel caso in cui l’uomo tema forse di più questo (il suo onore).” – Decretum Gratiani una cum glossis. Liber Extra: pone la riflessione sul concetto di “odio capitale”, cioè tutti quei casi in cui la cauzione non poteva considerarsi sufficiente neppure in pendenza di causa perché tanto era l’odio tra i coniugi, che la situazione era irreversibile ed ormai definitiva. “Se le sevizie del marito siano tali che non possa essere provveduto alla moglie terrorizzata con una sufficiente cauzione, non soltanto la donna non gli deve essere restituita, ma piuttosto gli deve essere sottratta. Altrimenti, una volta prevista (se è possibile farlo) una sufficiente cauzione, di certo la moglie deve essere restituita al marito prima della cognizione della causa […] Fate in modo che gli sia restituita, dopo aver tuttavia ricevuto una idonea cauzione che non le debba essere fatto alcun male.” Se il marito perseguita la donna con odio capitale, la moglie, fino alla decisione della causa, deve essere assegnata a un’onesta matrona in un luogo dove il marito o i di lui parenti non possano farle alcuna violenza. I giuristi distinguono la violenza del marito sulla moglie dalla violenza dei parenti sulla moglie. Quindi: • Il decretum pone l’attenzione sulla cauzione di non offendere, se deve essere nuda o garantita. • Il liber extra va oltre, Gregorio il Papa fa una riflessione sulle sevizie che sono irrecuperabili. L’unica opzione che in questo caso è ammissibile rimane: la cauzione maritale di non offendere garantita e la separazione personale; altrimenti la donna deve essere sottratta al marito. 41 Antico Regime: rifugio alla moglie ‘in grave pericolo’ ovvero ‘in attesa di sentenza’ De Luca, in “il dottor volgare”, scriveva che se c’è dubbio sull’onestà della donna deve essere rinchiusa in un monastero e vedere se privata della libertà si indice a tornare con il marito e rinunciare alle liti. Se invece si tratta di una donna sicuramente onesta o il monastero le possa causare danno alla salute la si deve consegnare a un’onesta matrona. Tuttavia il rimedio del caso specifico deve essere rimesso al prudente arbitrio del giudice. La coabitazione però poteva venir meno solo in base ad un provvedimento giudiziario • sentenza • provvedimento emesso in casi di “necessità e di urgenza”, interlocutorio Abbandono del tetto coniugale in assenza di un provvedimento giudiziale era possibile solo in casi eccezionali: • d’incombente pericolo • di grave difficoltà nell’adire la via giudiziaria. “Fuga” della moglie era punita a livello normativo con la perdita: o della dote (perché violava l’obbligo della coabitazione) e dell’antefatto (diritto maritale di scegliere la residenza). Prima causa di maltrattamenti era il vestiario delle donne, a decidere del quale erano i mariti. Gli Statuti, a proposito delle donne in fuga: Statuti bassomedievali di Genova > punizione della moglie in fuga a meno che il marito non fosse soggetto demente o furioso e che la vicinanza con quest’ultimo potesse compromettere l’integrità fisica della donna (a meno che il marito non prestasse idonea cauzione, valida soltanto se i maltrattamenti fossero stati posti in essere dal marito in prima persona e non dai suoi parenti coabitanti). La previsione dello Statuto dei Genova distingue quindi la violenza posta dal marito in prima persona rispetto a quella posta dai parenti coabitanti. La moglie maltrattata poteva rientrare nell’abitazione paterna. Il formulario 600esco è stato predisposto dal giurista Viceti per facilitare la prassi dei tribunali. Sanchez: quando il marito reclama la moglie lei risponde, “paga la necessaria cauzione, affinché io possa coabitare con te in sicurezza, altrimenti non voglio ritornare.” Formula che compare nelle carte processuali. Cristoforo Cosci ci dice che la giurisprudenza rotale non restituisce la moglie al marito in caso di violenza subita dai parenti di lui, salvo il caso in cui il marito intenda separarsi dai parenti. In questo caso il marito non da cauzione per la tutela della moglie, è un altro tipo di cauzione per sevizie. Caso Francesco/Cecilia > Cecilia abbandona marito e figli e rimane lontana da casa per molti anni e come condizione per il ritorno chiede la garanzia della securitas, che non le fosse fatto alcun male. Responso di Baldo degli Ubaldi: La fondatezza della richiesta doveva essere rimessa alla prudente valutazione del giudice. Da primo, deve interrogare la moglie e avrebbe potuto rendersi conto se il suo terrore dipendesse dal fatto che il marito fosse solo geloso o più gravemente se era costume del marito battere la moglie, cioè se fu solito maltrattarla, cosa attestata per fama dei vicini. In questo caso è difficile da correggere il costume perché si è formata l’abitudine. Ma in questo caso concreto la moglie aveva dichiarato di essere stata picchiata solo qualche volta dal marito in una relazione di oltre dieci anni 42 → esclude il reato di sevizie, perché manca la “reiterazione” che la qualifica come abitudine, una consuetudine e quindi rende difficile estirparla. In questo caso rientra nel pieno potere correzionale’ del marito. In generale: • Il giudice, quando il marito era una persona “di buoni costumi” cioè d’onore e di ceto elevato poteva imporre una cauzione su semplice giuramento, considerandolo sufficiente per l’incolumità della moglie, senza nemmeno l’obbligo di fideiussioni. Se lo disattendeva si prevedeva una pena. • In altri responsi > nemmeno questo giuramento o impegno è sempre sufficiente e cioè quando ricorra l’odio capitale del marito, quindi un tipo di crudeltà non reversibile. Infatti solitamente «il ritorno sarebbe più luttuoso della partenza, se l’infelice moglie fosse assegnata a un uomo servo della crudeltà e prodigo di libidini e sevizie, non per essere governata, ma per essere lacerata […] è cosa stoltissima porsi alla mercé di un nemico capitale» La dottrina e la prassi modulano le tipologie di cauzione. Nella prima metà del 600 il teologo Scanaroli enumerava assieme a degli esempi, 4 tipologie di cauzione che poteva dare il marito: 1) Cauzione con cui si impone al marito di non recare offesa alla moglie al di là della lecita correzione maritale. 2) Cauzione in cui si impone al marito di non recare offesa alla moglie sotto minaccia di pena capitale. 3) Cauzione in cui si impone al marito di non recare offesa alla moglie, specificando anche qualche ulteriore profilo di interesse della moglie. 4) Cauzione in cui si impone di non recare offesa ad entrambi i coniugi (reciprocamente). Nella scelta dei giudici prevaleva la cautio piuttosto che la separazione, nell’ottica del favor matrimonii. Dilemma tra due confronti: • Tutela della famiglia > cauzione maritale • Riconoscimento dei diritti del coniuge più debole > separazione personale. Da un processo avvenuto a Siena nel 1605 emerge un principio generale: non accordare eccessiva rilevanza ai diverbi perché dissapori di coppia sono “fisiologici” : quando «i mariti percuotono le mogli loro non per questo si può dire che non gli vogliano bene, se tutti quelli che percuotono si dovessero separare si separerebbero tutti gli uomini del mondo. Proverbio: “l’amore non è bello se non litigarello” Timore dei canonisti fra Cinque e Seicento: l’eccessiva repressione giuridica e religiosa della violenza dei mariti potesse compromettere l’istituzione matrimoniale, concetto fatto proprio anche da Sanchez “sono rari i coniugi tra i quali non nascano dissapori” Se non si può concedere la separazione per qualsiasi tipo di discordia, quindi diventa rilevante la definizione e valutazione giudiziaria dei ‘maltrattamenti rilevanti’ > ambito della cd. Correzione maritale > parametri restrittivi dei Tribunali rotali, che hanno una marcata posizione filopatriarcale, che è evidente nella pretesa di prove capillari che siano volte a giustificare le sevizie. Sulla prova si gioca tutto il processo, perché è un reato occulto. 45 Quindi le percosse del marito non sono causa di divorzio. Queste percosse inoltre erano per farle paura e non per farle male. (ecco perché le percosse lievi non erano motivo di divorzio). Se bastassero le percosse moderate i tribunali avrebbero un mare di cause. Il marito è il capo e il mastro della comunità e se la moglie vuole essere la maestra contravviene alle leggi divine e umane” Cosci > Parliamo di una società cetuale, quindi le sevizie devono essere contestualizzate (oltre all’elemento della reiterazione o meno) all’appartenenza al ceto. o Per una moglie nobile o di buon ceto anche una lieve battitura poteva essere considerata sevizia atrocissima, ma non per la moglie ma per il casato. o Se la moglie invece era popolana era “abituata” ad essere battuta, di conseguenza era abituata a questa rozzezza di modi e di linguaggio che la rendevano più insensibile alle ingiurie e ai comportamenti brutali. Alfonso de Liguori diceva che bisogna stare attenti perché «maltrattamenti che rispetto a una donna nobile sarebbero gravi, apparirebbero lievi in relazione ad una di umile condizione.» Fournel circoscriveva la correzione maritale del tardo 700 alle sole mogli di bassa condizione. La prassi dei tribunali: il problema probatorio e i testimoni Separazione > onere della prova a carico della malmaritata adeguate e convincenti delle sevizie subite. Anche dopo l’allargamento del concetto di sevizie il problema principale rimane quello probatorio, cioè quello di produrre prove convincenti che giustificassero le sevizie subite, in quanto il reato di maltrattamenti è un reato occulto, di difficile probazione. Le diverse impostazioni teoriche rispondevano a diverse strategie giudiziarie e politiche e ciò incideva molto sull’esito della causa. Sanchez ci dice le cause per separazione prendevano avvio tra 5 e 600 esclusivamente dalla escussione dei testimoni. Quattro tipologie di testimonianza si avevano nella prassi: a) de visu - chi aveva visto le sevizie b) de auditu - chi aveva udito gridare, piangere o chiedere aiuto c) de proprio sensu - chi aveva sentito rumori (calci, schiaffi) d) de publica voce et fama - chi aveva udito raccontare delle sevizie In relazione al problema probatorio nasce poi l’antropologia dei testimoni, cioè ci si interroga su chi siano i testimoni attendibili. Per considerare un testimone attendibile occorreva superare le preclusioni del diritto comune relativamente: • Ai parenti, vicini di casa • Alle persone vili, servi (di bassa estrazione sociale). → Per i quali c’era un divieto di testimonianza. Gli avvocati dei mariti, quindi, inizialmente dedicavano la gran parte delle arringhe al problema probatorio. Una volta allargato il concetto di sevizia, viene spuntata quest’arma difensiva e si passa all’attendibilità dei testimoni. Cosci: gli avvocati mirano a concentrare l’intera strategia giudiziaria sul problema dei testimoni sulle sevizie, che devono essere al di sopra di ogni sospetto. Quindi non vanno bene i servi, le donnette/pettegole cd “muliercule”, termine dispregiativo usato per togliere credito alle loro testimonianze. Cosci sostiene invece che queste disposizioni erano assolutamente indispensabili al fine di ricostruire le dinamiche familiari, altrimenti imperscrutabili. (orientamento che si consolida nel 1700). 46 La loro esclusione come testimoni avrebbe permesso al marito di maltrattare pressoché impunemente la moglie, perché non era sufficiente la testimonianza dei medici, delle ostetriche, delle matrone (come nello stupro) in cui potevano fare una perizia. Cosci: “Come ho spesso verificato nella prassi, posso attestare che le ‘donnette’ sono curiose e desiderose di vedere e conoscere i fatti altrui e soprattutto dei vicini, ben più che gli uomini o le altre donne colte, sicché nessuno meglio di loro è in grado di renderne certa testimonianza.” Questo orientamento si consolida nel 1700. Cosci poi aggiunge anche la posizione dei figli. Sul punto della prova si confrontavano nei processi due orientamenti diversi, che esprimevano due politiche giudiziarie diverse in materia di matrimonio: a) le Rote, talvolta, adottarono degli atteggiamenti rigoristi, quindi escludendo le testimonianze delle viles personae come inattendibili > ratio: favor matrimonii ed evitare la separazione. b) le Rote stesse nel fine 1600 e 700 altre volte accettavano queste testimonianze Tappe: • escussione dei testimoni > se il giudice considera le prove adeguate ordina con un primo provvedimento interlocutorio la collocazione della donna in un luogo sicuro Impone al marito gli alimenti e la cautio di non offendere. • Con sentenza finale si poteva imporre: - la restituzione della moglie al marito se sono emerse testimonianze diverse. In questo caso ci poteva essere un problema di incolumità della moglie per le potenziali rivalse del marito. Pothier ricorda una prassi giudiziaria diffusa di lasciare decorrere un lasso di tempo (es sei mesi) nel reintegro per far sbollire gli umori del marito. - oppure la separazione di letto e di mensa se le testimonianze hanno confermato quella precedenti. La separazione era “a termine” cioè poteva essere messa di nuovo in discussione quando il timore delle sevizie fosse svanito, sulla base dell’allegazione di nuove prove. A monte c’è l’idea che il fondamento divino del matrimonio avesse reso la separazione gravissima, con tutte le conseguenze che ne derivano. I giudici erano restii a concedere la separazione, quindi erano propensi ad abusare della cauzione maritale. L’impostazione della coabitazione + cauzione viene poi messa in discussione. Già del 600 De Luca affermava che molte volte non conviene fidarsi di queste sicurezze (cauzione). Cosci dice la stessa cosa: “Io, per dire quel che penso veramente, ritengo che una volta che sia stata provata l’abitudine del marito alle sevizie, nulla più può essere fatto senza che ne consegua un maggior danno pratico. Anzitutto si consideri che la moglie sta coabitando con un nemico, il cui odio e la cui inimicizia emergono in modo chiarissimo dal fatto che è solito percuoterla senza motivo. La cauzione non muta né l’odio né l’animo cattivo.” Poi fa vari esempi dicendo in cosa consista questo animo cattivo: a) marito che percuote la moglie tutte le volte che non trova il pranzo b) marito dedito al gioco che quando perde denaro si sfoga picchiando la moglie c) marito che tutti i giorni torna ubriaco, grida e picchia la moglie d) marito che abbia una relazione con un’altra donna non gli importa più della moglie e quindi cerca pretesti per percuoterla E conclude dicendo che in questi casi la cauzione e la coabitazione non conducono a nulla se non all’odio. 47 A Cosci, uno dei più autorevoli giudici ecclesiastici, l’unica soluzione appariva la concessione della separazione per maltrattamenti per evitare: • non solo ai coniugi sofferenze • ma anche i danni che derivavano ai figli per il pessimo esempio offerto dalla brutalità paterna > ulteriore ratio della tutela dei figli che è preminente ancora oggi, infatti si parla si “superiore interesse del minore” “Se i figli amano la madre, così come si deve credere che la amino per natura, finiscono per odiare il padre a causa delle ingiuste battiture inferte a lei. Ovvero per l’esempio paterno imparano ad andare in escandescenze, a bestemmiare, ad adirarsi, a seviziare e a disprezzare la carità. Ricevono cioè una pessima educazione […]. Tutto ciò è di cattivo esempio, infatti i figli o, deplorando la mala sorte della madre, odiano il padre non come marito della moglie, ma come tiranno; oppure, vedendo la madre trattata dal padre non come compagna ma come vilissima serva, non la considerano più con la riverenza, obbedienza e ossequio che le devono” - C. Coscius, De separatione tori coniugalis Concludeva poi dicendo ironicamente che se tanti giudici e giuristi fossero state donne avrebbero sicuramente pensato diversamente. Prevale una tendenza critica nella corrente impostazione delle relazioni coniugali che diventerà lampante nell’illuminismo e post Rivoluzione francese. Cristoforo Cosci è un autorevole giudice ecclesiastico della Sacra Rota di Roma e che ha un ruolo molto rilevante nell’allargamento del concetto di sevizie, includendo anche le sevizie psicologiche: Nel 1773 scrive l’opera “de separatione tori coniugalis” che si occupa appunto di separazione. Cosci: a) redige un catalogo delle sevizie rilevanti, ma allo stesso tempo riconoscendo il grande ruolo conferito al prudente apprezzamento del giudice b) individua nella reiterazione il confine tra la cauzione e la separazione c) è contrario all’abuso dello strumento della cauzione, in quanto finché ci sarà la coabitazione non sarà una garanzia sufficiente d) tiene in considerazione anche l’interesse del minore, anticipando le tendenze del secolo seguente Nei processi per sevizie sono poi stati introdotti dei cd “parametri di riferimento” La sentenza della Rota di Genova 1632, che permette di dedurre gli snodi processuali tipici nei processi di separazione per sevizie. Si propongono 8 fasi ben precise: L’analisi del carattere del marito: se era genericamente aggressivo > se batteva anche i servi, i figli e la propria nutrice; a) L’analisi del carattere del marito: se era genericamente aggressivo > se batteva anche i servi, i figli e la propria nutrice; b) l’analisi dell’elemento temporale > la ‘continuità’ dei maltrattamenti; nel processo in esame una delle più gravi aggressioni era avvenuta 20 anni prima e poi si sono ripetute. c) l’analisi del grado di atrocità, tramite perizie: - una visita fisica (corporis visitatio) sul corpo della moglie: se nobile redatta da una commissione di 3 matrone, quindi solo donne; se non erano nobile era una commissione di ostetriche e medici (anche uomini). - le altre perizie mediche che attestavano ulcere, lividi oltre che eventuali rischi per la vita d) l’analisi della intenzionalità: se il marito, quando progettava di battere la moglie, mandava via dolosamente i servi con le scuse più varie, in modo da non avere testimoni; e) analisi della condizione cetuale della moglie, in quanto le stesse battiture potevano essere considerate atroci per una nobile e tollerabili per una popolana 50 Punto di rottura: Nel 1700 il punto di rottura è l’avvento dell’illuminismo, caratterizzato da: • Individualismo: che si contrappone al cetualismo e ai numerosi corpi intermedi In particolare la famiglia individualista mette indirettamente in discussione il patriarcato. • Legicentrismo: che criminalizza i maltrattamenti in famiglia. • Paternalismo: infantilizzazione delle masse e quindi atteggiamento più blando nei confronti della famiglia (per esempio nei processi di separazione) soprattutto nell’incrocio con qualche sovrano assoluto, tipo Maria Teresa In Italia: sempre nel 1789, a Genova, ha luogo la causa tra Benedetta Novellino e Agostino Centurieri, caso emblematico di come in materia di violenza maritale la prassi dei tribunali fosse andata avanti, soprattutto in alcune aree dell’Italia: Benedetta Novellino fece causa • al marito • e al suocero Domenico, il quale era detentore della patria potestà sul figlio: il marito di Benedetta non era emancipato in quanto subiva la patria potestà del padre (famiglia allargata). Che vivevano tutti nella stessa casa. Fa causa perché per tutto il tempo della quaresima era stata costretta a nutrirsi di cibi magri e grossolani e bevande indigeste malgrado i dolori di stomaco e il vomito. A fine pranzo il marito era solito suscitare l’ira della moglie, che le provocava delle convulsioni. Benedetta pare scegliesse varie volte di andare a coricarsi per allontanarsi da questo clima accesso di alterchi e chiese aiuto al proprio padre. L’intervento del padre venne negato su esplicita richiesta del marito Agostino. Il marito tra i propri doveri aveva quello di far vedere i parenti alla moglie. Marito che lesinava le medicine alla moglie e che si rifiutava di accompagnarla all’esterno. Il marito con la complicità del padre (suocero) vietava a Benedetta l’uso dell’olio per la lanterna (la lasciava nel buio). Gli avvocati di Benedetta, Paolo Pisani e Giuseppe Cambiasso, scrissero due lunghissime arringhe a favore della cliente: non misero in discussione la supremazia del marito come dettata dallo stato di natura e del suocero nei confronti della donna, ma sostenevano che l’autorità di costoro avrebbe dovuta essere intesa in termini ristretti sul piano della coazione, ossia nell’esercizio lecito della violenza correzionale. Il marito non può essere padrone e despota di una compagna che gli è stata concessa dal cielo per conforto. “la schiavitù è stata abolita come totalmente contraria alla società coniugale” Paolo e Giuseppe scrivevano che il matrimonio è un contratto e che la valenza contrattuale, anche se secondaria rispetto a quella sacramentale, fa derivare diritti e obblighi per entrambi i coniugi. C’è quindi una laicizzazione moderata dell’istituto matrimoniale: il matrimonio non è solo sacramento, ma anche contratto. La Rota di Genova ammise la separazione tra Benedetta e il marito Giuseppe. Giuseppe aveva violato diritti della moglie disattendendo ai propri doveri maritali; si tratta di violazioni che vennero fatte rientrare dai giudici, per la risoluzione del caso, nel catalogo mobile del concetto di sevizia. Nel processo tra Benedetta e Giuseppe non emergevano profili di flagellazione e maltrattamenti fisici nei confronti di lei: il concetto di sevizia in questo caso andava a ricomprendere anche la negazione, da parte del marito, di cibo, vestiti e medicine a Benedetta. Non si è optato per la cautio de non offendendo per il fatto che il matrimonio tra Benedetta e Giuseppe fosse ormai irrecuperabile, citando anche la dottrina: • Odio capitale nei confronti del marito • Pericolo per la vita di Benedetta • Reiterazione delle sevizie 51 Tre concetti che già nel 1300 i giuristi avevano elaborato (glossa ordinaria e liber extra) Quindi gli avvocati di Benedetta pretendevano che si optasse per la separazione e non per la cauzione. Gli avvocati del marito, tuttavia, sostenevano che la cauzione sarebbe stata la soluzione migliore: c’era speranza per il matrimonio tra Benedetta e Giuseppe. Infatti Benedetta, in alcuni momenti di lucidità, aveva scritto delle lettere del marito in cui vi manifestava grande amore coniugale. Tuttavia gli avvocati di Benedetta deridevano l’impostazione dei difensori di Giuseppe poiché dai suoi atti frequenti si capiva che quest’ultimo mai sarebbe tornato ad amare la moglie, avendola trattata peggio di una schiava. Gli avvocati del marito volevano far credere che Giuseppe sarebbe stato capace di un’istantanea metamorfosi da lupo crudele a mansueto agnellino (altro topos letterario). Da questa sentenza del 1789 comprendiamo come nel concetto di sevizia si abbandonano i soli contorni della violenza meramente fisica e ricomprende altre situazioni come, per esempio, l’incompatibilità caratteriale e la violenza psicologica (se di buon ceto). L’incompatibilità caratteriale infatti sarà causa di divorzio con l’avvento della legge francese del 1792. Nel processo di Benedetta e Giuseppe rileva anche l’importantissimo profilo dell’intreccio tra dottrina e giurisprudenza. Gli avvocati della moglie infatti avevano più volte citato, nelle proprie orazioni, Cristoforo Cosci, giudice della Sacra Rota di Roma e maestro indiscusso in materia di separazione per sevizie, che ne allarga il concetto. Sono interessanti le osservazioni che propone Michele Belli (professore e avvocato di Roma) in materia di violenza psicologica come causa di sevizia. (era stata nominato perito/consulente di parte per il processo). Da un contenuto alla violenza psicologica, dicendo che: “è vero che in questo caso non ci sono flagellazioni, minacce, veleni, ma non si può negare che la tenacità del marito e il suocero giunsero a privarla negli alimenti, vitto e vestito, medico e medicine nella più pericolose malattie. Inoltre l’umore di lei, la sua depressione, consisteva di continue agitazioni e inquietudini e il continuo darle dispiaceri equivaleva a toglierle la vita. Non c’è differenza tra la violenza fisica e questo stillicidio di violenze psicologiche che l’hanno indotta in uno stato depressivo grave. Un martirio è tanto più terribile quanto è più lento e durevole.” In Francia: ha luogo la Rivoluzione francese, • che amplia molto i diritti anche delle donne in generale (come l’abolizione dell’autorizzazione maritale) • ma non prende posizione in materia di violenza correzionale (anche se tutti se lo aspettavano). Tuttavia, pur non pronunciandosi sullo ius corrigendi, l’individualismo mette indirettamente in discussione il patriarcato stesso. Con la Rivoluzione francese: • alla famiglia organicista, patriarcale e gerarchica • si contrappone il modello di famiglia individualista, nella quale si superano i ruoli di genere, perché i membri vengono tutelati in quanto individui e non c’è supremazia del marito sulla moglie. Ne consegue che ci sono diritti e doveri per entrambe le parti, c’è l’elemento contrattualista. Invece nella famiglia organicista c’era una gerarchia basata sull’ordine naturale. 52 In essa l’esercizio della violenza è fisiologico, in quanto presuppone: • In capo al marito la potestà maritale • In capo alla moglie la subordinazione, la docile sopportazione Quindi, nella famiglia individualista salta anche la legittimazione della violenza maritale, emblema e manifestazione della gerarchizzazione dei ruoli familiari. All’avvento della famiglia individualista, come antidoto alla grezza cultura patriarcale si affiancano i primi movimenti femministi (querelle de femme) che nascono a cavallo tra XIX e XX secolo, che si pongono in contrasto con la violenza coniugale, che viene vista come la massima esplicazione della gerarchizzazione familiare. Con la Rivoluzione francese si viene ad affermare una cultura di stampo liberale, che si nutre anche della cultura femminista. Sempre in Francia, l’emblema dell’800 è il legicentrismo, il quale reatizza la violenza coniugale: il “maltrattamento in famiglia” diventa reato all’interno della branca del diritto penale. Il modello liberale e la cultura femminista vedono la violenza domestica come la massima espressione della diseguaglianza sessuale, quindi la prima da colpire. Quindi, con la criminalizzazione: • la famiglia non è più corpo intermedio • e il patriarcato non è più, almeno formalmente, produttore di norme e non è più in grado di autoregolarsi (rimane solo prodotto di norme). La Rivoluzione francese è figlia di una cultura che vede le proprie radici, sicuramente nell’illuminismo, ma anche nel giusnaturalismo, le cui coordinate principali sono state riprese e rielaborate dall’illuminismo. Sono diversi i giuristi che hanno messo in discussione la supremazia maritale. In particolare, qualcuno l’ha fatto in maniera indiretta, come il caso di Puffendorf, di Rousseau, di Fichte. Qualcun altro invece l’ha fatto in maniera diretta, come Locke (vedi dopo) e Condorcet. Quindi In Italia e in Francia si assiste a due scenari differenti. In Italia si discute della violenza correzionale e continua ad allargarsi il concetto di sevizia, fino a ricomprendere l’incompatibilità caratteriale e le violenze psicologiche, ma senza proporre una cancellazione del modello patriarcale. In Francia invece non si parla di violenza coniugale, ma si mette in discussione la gerarchia familiare tramite l’avvento della famiglia individualista e i movimenti femministi. 55 Olympe de Gouges (1748-1793) fu autrice della Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina. Olympe de Gouges, contemporanea a Carolina Lattanzi (in Italia), lottò per un equo riconoscimento di diritti e doveri tra i due sessi. Olympe, insieme a Simone, era protagonista di un’Accademia ‘Amici della verità’ a cui partecipavano numerosi illuministi girondini. Questa accademia iniziò a esporsi in maniera sempre più preponderante a favore del riconoscimento dei diritti delle donne quando Etta Palm d’Aelders (1743-1799), presiedendo lo stesso circolo, iniziò a propugnare il principio secondo cui marito e moglie dovevano essere uguali, cioè avere diritti uguali e autonomi, creando una democrazia familiare che potesse poi rispecchiarsi a livello pubblico. “i pregiudizi di cui il nostro sesso è stato circondato, leggi ingiuste che ci rapportano a un’esistenza secondaria hanno cambiato quello che era il più dolce dei doveri, di mogli e di madre, in una terribile schiavitù”. Quindi alla fine del 1700 si arriva alla reatizzazione di fatto. In Italia, negli stessi anni, a mettere in discussione l’autorità pubblica e l’autorità maritale fu Carolina Lattanzi (1771-1818), moglie di un personaggio importante nella liberazione dai francesi. Carolina Lattanzi tenne un’orazione intitolata ‘Schiavitù delle donne’ dinnanzi all’Accademia di pubblica istruzione di Mantova nel 1797. La critica che solleva è una critica contro: • l’autorità paterna, • l’autorità maritale come emblema della tirannia dei despoti. Diventa quindi anche occasione per pronunciarsi sulla tirannia dello Stato. Sono i despoti che con le loro leggi attribuiscono i diritti e il potere paterno e maritale. La condizione delle mogli è conseguenza della tirannia pubblica e delle leggi dei despoti. La moglie diventa un profilo della generale schiavitù delle donne in una società retta da un’aristocrazia degli uomini. Come disse Simone De Beauvoir “la Rivoluzione fu fatta dagli uomini, per gli uomini”. Tre sono i profili che mette in luce: 1. Critica agli abituali metodi di educazione delle fanciulle, uno dei problemi più importanti 2. Denuncia quelli che sono i vincoli assurdi delle donne sui diritti patrimoniali 3. Rivendicazione delle donne a partecipare agli uffici pubblici, gli officia virilia 4. Prima a porsi in difesa del divorzio. “non è forse tirannia condannare una donna a convivere con un marito che la tratta come una schiava?” “Se gli uomini non vogliono essere schiavi di un tiranno noi non vogliamo esserlo di mille” Condorcet voleva eliminare dal diritto civile ogni profilo di potestà maritale: i maltrattamenti devono rilevare in materia penalistica. In Italia, Francesco Dalmazzo Vasco (illuminista di frontiera) sostiene che la soluzione ai maltrattamenti in famiglia è un più facile accesso alle separazioni: sosteneva che sarebbe stato meglio concedere la separazione anche seppur temporanea perché “tra marito e moglie è un’utopia avere sempre pace, in quanto sono connaturati dai dissidi, dovendo lungamente convivere. Questo già succede tra amici che non convivono, quindi ancora più facilmente succedono tra coniugati a causa della convivenza, che alimenta i conflitti e rende più difficile la conciliazione. Se le leggi attorno alla separazione fossero meno rigide molti coniugati, dopo una breve separazione, si riunirebbero con rinnovato affetto” 56 La violenza coniugale, in Francia, diventa esclusiva materia di diritto penale, ma solo in caso di sevizie e ingiurie gravi e la gravità resta lasciata all’arbitrio del giudice. Quindi, oltre all’aspetto criminale, non cambia nulla rispetto all’antico regime. Il codice civile del 1804 dedica, al patriarcato, solo due articoli: - Art. 212: i coniugi hanno il dovere di reciproca fedeltà , soccorso e assistenza ; - Art. 213: il marito ha il dovere di proteggere sua moglie e questa deve obbedirgli . “sa femme” concezione proprietaria. Quindi non tocca direttamente la violenza coniugale. Inoltre nel Code civil del 1804 viene disciplinato anche il divorzio (art. 231), ammesso: • per eccessi, • sevizie o ingiurie gravi Sulla gravità delle sevizie si gioca la dimensione: • criminaliter (reato) in caso di sevizie gravissime • e il civiliter (solo causa di separazione) in caso di sevizie gravi e quindi cambia l’azione processuale. Ovviamente la gravità è sempre rimessa all’arbitrio del giudice, che dispone quindi di grande elasticità. Come disse il magistrato tedesco Knottenbelt nel 1833 “all’interno dei processi per sevizie e ingiurie gravi il giudice deve operare nel modo più prudente e cauto possibile, tenendo conto del tempo, luogo, condizione morale e fisica delle persone, ceto, contesto e a molte altre cose che possono presentarsi in giudizio” Quindi, i codici tra l’800 e il 900 rendono illecita la violenza coniugale, tuttavia continuano a riconoscere la supremazia del marito sulla moglie e il dovere si essa di obbedirgli. Nonostante la reatizzazione, c’era comunque una tendenza al favor matrimonii, quindi a includere le sole sevizie gravissime tra i motivi di divorzio, così se sevizie lievi non possono più servire da pretesto. Quello che accadeva pre-rivoluzione, non è cambiato nulla. Questa operazione di definizione del contenuto delle sevizie viene lasciata alla giurisprudenza e alla dottrina, perché si era compresa l’incompiutezza del codice, il quale: • ha compiuto un grande passo in avanti rendendo la violenza illecita • ma è insufficiente, in quanto non è in grado di articolare cataloghi esaustivi di sevizie e ricomprendere tutte le situazioni che si manifestano nella prassi L’800 porta avanti delle istanze venute fuori già con l’industrializzazione e soprattutto con il nuovo ordine sociale di attenzione nei confronti anche dei figli. Il 1800 diventa infatti il secolo del bambino. Knottenbelt scrive “tristissima la condizione dei figli in una famiglia tanto dilaniata: essi sono gli infelici testimoni di risse e alterchi perpetui fra i loro genitori, pertanto perdono facilmente ogni osservanza e ogni riverenza per la sacra persona dei genitori; non si provvede alla loro educazione; godono di un’immodica libertà; non imparano nulla di utile con cui si possano poi sostentare; e assumono abitudini perverse” (1833) In Italia non tutti gli stati e staterelli post restaurazione adottano codici penali e non tutti i codici si occupano del problema della violenza coniugale. Formalmente la reatizzazione della violenza coniugale da un colpo al patriarcato, che però ha una reazione opposta, cioè ravviva delle recrudescenze della prassi e ciò diventa un problema sociale. Dopo la caduta di Napoleone lo ius corrigendi diventa quindi più violento. 57 Dinanzi a una situazione di instabilità domestica legislatori e giudici reagiscono tentando di fortificare il potere politico per paura che si potesse ripercuotere su di esso, diversamente da quanto era avvenuto con la Rivoluzione. Come reagiscono legislatori e giudici alla recrudescenza: Cinque furono i punta in cui i legislatori e magistrati lavorarono per limitare la recrudescenza della violenza all’indomani della reatizzazione: a) Superamento delle differenze di genere in materia penale (no pene diverse nella commissione dello stesso reato). Es. adulterio b) L’individuazione degli strumenti alternativi qualora lo strumento penale risultasse insufficiente. c) Individuazione di pene specifiche per i maltrattamenti domestici d) Facilitazione dell’accesso alla querela, perché sono reati a querela di parte e) Superamento della soggezione economica della moglie dal marito, uno degli elementi che condizionano la mancata querela. Guarnieri Ventimiglia, un penalista nostrano, a tal proposito accentuava la necessità che in materia familiare ci fosse un intervento pubblico di sostegno per superare la violenza domestica. Non bisognava lasciarla solo alle dinamiche private, perché la società domestica incide sulla società politica. La legge ha un triplice compito: 1. Abolizione completa dei diritti di uno sopra gli altri in famiglia: parità e creazione del dovere sociale di ognuno di essi, potestà di agire di ciascun componente 2. Libertà di unione, separazione e scioglimento coniugale 3. Abolizione dell’elemento patrimoniale Quello proposto da Guarnieri è un nuovo aggregato domestico dove non c’è supremazia e il principio che regola l’intero nucleo familiare è il benessere della famiglia, a presc indere dai ruoli stabiliti nell’antico regime. I ruoli vanno assegnati in base all’indole e all’attitudine, non al sesso. La prevalenza è determinata dalla maggiore energia psichica che si è in grado di impiegare. Altra reazione alla recrudescenza: nuovo reato specifico, maltrattamento in famiglia. Tutti quei comportamenti che in antico regime erano stati valutati come elemento al massimo di separazione personale adesso sono oggetto di un reato specifico, che è il maltrattamento. Il maltrattamento domestico per tutto l’8 e il 900 è un reato su querela di parte • Nel codice del Canton Ticino 1816 > l’art 326 prevede che “i maltrattamenti di un coniuge verso l’altro quando siano gravi e frequenti sono puniti con pubblica reprensione con detenzione fino al secondo grado. Non si procede se non per istanza di parte lesa, salvo il caso del delitto più grave.” • Nel codice piemontese 1839 > art. 561. “I cattivi trattamenti fra coniugi quando siano gravi o frequenti saranno puniti con l’ammonizione, con comminatoria degli arresti in caso di recidiva. Per questi fatti avrà soltanto luogo l’azione privata, salvi sempre i casi di reati più gravi”. Il codice Zanardelli prevede un inasprimento della repressione (pene più gravi) ma continua a richiedere la querela di parte. Quindi si manteneva la famiglia come un microcosmo da non toccare. Sarà il codice Rocco del 1930 in un’ottica tipica del Regime, di tutela della famiglia fascista, a rendere la violenza fra coniugi un reato pubblico, quindi perseguibile d’ufficio. 60 La Cassazione ha quindi stabilito che è la reiterazione che comporta il reato, della quale il Codice Rocco non fa menzione. Tuttavia l’articolo utilizza il sostantivo plurale “maltrattamenti”, al quale i giudici si appigliano per giustificare l’abitualità e dire che non è lesione personale. Si tratta di argomentazioni che non si allontanano da quelle di antico regime. Tutti gli episodi di violenza sporadici e occasionali non sono un’abituale azione vessatoria e non reintegrano questo reato. La concreta valutazione del maltrattamento è rimessa nelle mani dei magistrati. Soprattutto non ci si dimentica di tenere conto dell’estrazione sociale della vittima. Lo scrive Manzini nel commento al codice “i maltrattamenti sono spesso reciproci e si possono lasciare funzionare, alcune donne plebee considerano manifestazione d’amore percosse che per le donne nobili sono massime offese. Quindi è meglio che sia perseguibile d’ufficio perché si toglie alle donne la possibilità di valutazione di ciò che hanno subito”. È inoltre rilevante la collocazione dell’articolo, perché a seconda di dove si mette cambia anche l’interesse tutelato. Il reato è collocato nei delitti contro l’assistenza familiare; una parte della dottrina sosteneva invece che andasse collocato nei delitti contro la persona. Nel 1930 si è pensato di dare questa collocazione speciale per il disvalore sociale che questo reato ha rispetto agli altri maltrattamenti. Nei lavori preparatori del codice si è dibattuto: • sulla natura del reato > cioè se di azione o omissione, la dottrina ha sostenuto posizioni diverse • sul dolo generico o specifico > Si è arrivati all’accettazione del dolo generico: atteggiamento abituale del colpevole mosso da ingiustificato malanimo e risolventesi in una condotta tale da rendere penosa e tormentata l’esistenza del soggetto passivo. Manzini: «un regime di vita, un rapporto personale più o meno continuativo, caratterizzato dalla sopraffazione di un soggetto ad offesa dell’altro» (trattato di diritto penale italiano) Non sono mancati neanche casi di violenza perpetrata a danni degli uomini. C’è una pronuncia della Cassazione del 1938 che fa da apripista. Fatto: la moglie seviziava il marito e la Cassazione non cita l’art 572 ma dice che si applica il reato di lesioni personali, ribadendo il potere e la supremazia del marito nei confronti della moglie. Quindi l’art 572, che utilizzava una terminologia neutra, in realtà ha una connotazione di genere. Quindi tutti i codici tra 8 e 900 escludono qualsiasi esercizio di violenza del marito sulla moglie ma di fatto restava incompiuta la scelta di mettere in discussione la potestà maritale, cioè la moglie deve obbedire al marito, che rimane indiscusso capofamiglia, ma viene privato degli strumenti di coartazione nei confronti della moglie. Poi dipende dalla sensibilità di giudice capire se è crimine o meno. L’evoluzione del concetto di violenza coniugale segue due linee diverse: • Quella cattolica > allargamento del concetto di sevizia sconosciuto invece all’Inghilterra • E quella inglese protestante > bisogna attendere per vedere un allargamento del concetto di sevizia. Le cause di separazione si sono basate per lungo tempo sul pericolo di vita, come abbiamo visto sulla scia della glossa ordinaria e del liber extra. 61 Esperienza inglese: In Inghilterra per lungo tempo, diversamente dall’Europa cattolica, non si è parlato di allargamento del concetto di sevizia. Le sevizie erano cause di separazione solo quando determinavano pericolo di vita, perché prevaleva la necessità di tutelare il matrimonio. Prima c’era stato un allargamento alle malattie veneree (considerate sevizie) e nel 1700 Alif, un professore di Oxford, esplicitava chiaramente la necessità di tutelare l’istituto del matrimonio, a prescindere dal contenuto delle sevizie. Tuttavia l’Inghilterra arriva in ritardo ma corre più veloce perché il suo isolamento l’ha resa: • Sia immune alle influenze del cattolicesimo • Ma al tempo stesso un importante laboratorio giuridico Il concetto di “cruelty”, quindi sevizia è entrato nella cultura inglese a partire dal 1790 con la sentenza Evans vs Evans, che riguardava maltrattamenti di un marito nei confronti di una moglie di buon ceto che accedeva quindi alla divorce court e che chiedeva la separazione. Il giudice Stowell respinge la richiesta perché i maltrattamenti non sono provati. Quindi non c’è nessuna novità rispetto alla consuetudine di non intromettersi. Tuttavia si aggiunge qualcosa sul concetto di sevizia: il concetto di cruelty viene approfondito e viene un po’ allargato rispetto al mero pericolo di vita, ma si esclude la violenza psicologica. “Le cause devono essere gravi e importanti, e tali da mostrare l’assoluta impossibilità che i debiti della vita matrimoniale possano essere adempiuti. In uno stato di pericolo personale nessun dovere può essere realizzato, poiché il dovere di autoconservazione deve avere la precedenza sui doveri matrimoniali, che gli sono inferiori a un tempo nell’inizio e nell’obbligo; ma quel che si intende per ‘dovere di auto-conservazione’ deve essere ammesso con grande attenzione […]. Quel che ferisce soltanto i sentimenti mentali deve essere ammesso in pochi casi, quando essi non siano accompagnati da un’ingiuria corporale, sia essa attuale o minacciata. Mera austerità di temperamento, irritabilità di maniere, grossolanità di linguaggio, una mancanza di civile attenzione e compiacenza, anche improvvise esplosioni passionali, se non minacciano un danno corporeo: indubitabilmente sono alte offese morali nello stato matrimoniale, certamente non innocenti in alcuno stato di vita, ma non sono ancora quella crudeltà contro la quale la legge può essere d’ausilio. Sotto un simile cattivo comportamento d’entrambe le parti, poiché può aver luogo da un lato come dall’altro, la parte sofferente deve sopportare in qualche grado le conseguenze di un rapporto sconsiderato; deve soggiogarsi a una decente resistenza o a una prudente riconciliazione; e se questo non può farsi, entrambi devono soffrire in silenzio.” Da noi invece con Cosci la violenza psicologica era già stata ammessa; quindi, l’Italia (grazie al cattolicesimo) era molto più avanti. Si tratta di un giudice che ammette la separazione per crudeltà solo: • per cause gravi e importanti • in caso di danno fisico reale o minacciato È un concetto che sarà esteso nel 1794 con la sent Aguilar vs Aguilar dove lo stesso giudice fece rientrare nel concetto di cruelty anche le parole di minaccia manifestanti l’intenzione di procurare un danno fisico o mettere in pericolo la sicurezza della vita dell’altro. La cruelty rimase l’unico motivo di separazione quando, fino al 1937, quando venne adottato il matrimonial causes act (ispirato dall’opera di Francis Cobbe) per diventare da quel momento motivo di divorzio. Di fatto supera la semplice separazione e introduce il divorzio. Nel 1800 c’è una ridefinizione del concetto di maltrattamento da parte del patriarcato inglese, da parte della politica giudiziaria, che si svolgeva attorno a due posizioni: 62 • Da un lato la necessità di tutelare la sovranità del marito con conseguente sopportazione e sottomissione della moglie. • Dall’altro lato il divieto di maltrattamenti I giudici continuavano la loro benevolenza nei confronti dei mariti violenti nella sempre auspicata tutela del favor matrimonii. Casi celebri della ridefinizione e ampliamento del concetto di cruelty: Paterson v. Paterson del 1850, inclusione di condotte non ‘strettamente violente’ nel novero delle crudeltà. La house of lords è chiamata a giudicare il caso di una moglie che si lamentava del fatto che il marito non la curava, non la considerava (atteggiamenti omissivi) ed era solito dire che non aveva più voglia di convivere e coabitare con lei. La House of Lords fa questo ragionamento: a) La separazione per motivo di crudeltà deve essere enucleata dalle sentenze, perché la legge non la regola. b) Le corti hanno sempre reputato necessari il pericolo di vita o la violenza fisica attuale o minacciata e il pregiudizio per la salute della donna, che sono motivi sufficienti per la separazione di letto e di mensa. c) Non è vero, come ha stabilito il tribunale inferiore, che il concetto si ferma a questi concetti d) “Benché non sia stata presentata una violenza attuale e non sia stata espressa alcuna minaccia di violenza, la moglie può ancora ottenere un divorzio dal letto e dalla mensa del marito, se egli, mettendo a rischio con tale condotta la vita o anche soltanto la salute di lei, le renderà impossibile andare d’accordo in sicurezza con lui per tutto il tempo che restino sposati.” (J. M. Biggs, The Concept of Matrimonial Cruelty). L’azione è posta sugli effetti della condotta del marito sulla moglie, a prescindere dal contenuto di quei comportamenti. Questo si vede anche in altre sentenze nel corso dell’800. 1857: Sentenza Suggate v. Suggate > è ‘crudele’ la violenza inferta ai figli in presenza della moglie, quindi giustifica la separazione. 1861: Sentenza Milner v. Milner > i modi triviali del marito tali da indurre il vicinato a considerare la donna una prostituta sono causa di separazione. Quindi il concetto di sevizia si allarga più che in Italia. Nel 1870, con la sentenza Kelly vs Kelly viene meno addirittura la necessità di provare la crudeltà. Caso di un vicario anglicano che esercitava violenza psicologica sulla moglie con una serie di atteggiamenti vessatori, non la lasciava uscire, le imponeva si scrivergli lettere continuamente ecc La donna fa appello ai suoi diritti e il vicario alla potestà maritale, cioè ritiene che tale violenza rientrasse nello ius corrigendi. Il giudice dice che ai fini della separazione non è necessaria la prova delle sevizie e viene tratteggiata quella che è la violenza psicologica. La Corte: a) Riconosce la ragionevole supremazia dell’uomo, perché fondata sulla natura b) Ma l’uomo deve guadagnarsi la solo sottomissione che abbia un valore, cioè quella resa volontariamente e gioiosamente > qua io ci vedo anche l’idea contrattualista di Locke c) Altrimenti si pone a repentaglio la salute della moglie e si tradiscono gli obblighi matrimoniali e le finalità del matrimonio Quindi in questa fase bastava denunciare per separarsi. Quindi l’Inghilterra, in un solo secolo, riesce ad arrivare molto più avanti dell’Italia. 65 Vernz dice sottolineava come la potestà maritale e paterna erano fondate sul diritto di natura e di conseguenza non saranno le leggi umane e le convenzioni private a poterla limitare arbitrariamente. La società era così intrisa di questa cultura che Trabucchi scriveva che: “Il matrimonio monogamico, se deve essere istituzione giuridica, non può prescindere dal rispetto della fedeltà. Ammettere la liceità dell’adulterio è come negare la giuridicità del vincolo. Tra l’altro, la legittimità dei figli è tutta basata sopra quella che espressivamente, anche se forse poco rispettosamente, dobbiamo anche noi chiamare la ‘riserva’ del marito” (Alberto Trabucchi) Quindi l’adulterio è la violazione di un diritto di proprietà. Sul testo legislativo questo dovere era reciproco ma di fatto era “riserva del marito”. Ecco perché il matrimonio non può che essere monogamico, ed è logicamente reato l’adulterio. 1917 Gasparri dice che il debito coniugale è il fondamento del matrimonio, che costituisce ed esaurisce il vincolo matrimoniale. Quindi non aggiunge nulla di nuovo a Trabucchi “il matrimonio è fondato sulla riserva del marito”. Il diritto all’esclusiva è il fondamento del matrimonio anche per i nostri giuristi. Carnelutti: Il diritto all’esclusiva non è assoluto «la esclusione dal godimento delle cose altrui non è così assoluta che un certo godimento gli altri non possano lecitamente averne: in prima line il godimento estetico […] Né lo ius in corpore di un marito si potrebbe spingere al punto di impedire che gli altri godano nell’ammirare la bellezza di sua moglie» Quindi l’esclusiva è solo sessuale, perché dovrebbe avere come finalità la procreazione. Vuol dire che tutti i rapporti sessuali contro natura, cioè non finalizzati alla procreazione sono considerati illeciti. Negli anni 30 e 40 italiani la costrizione del marito può quindi sfociare il due delitti: violenza carnale o il maltrattamento in famiglia. a) Se la costrizione del marito è ad un rapporto secondo natura > Normalmente non c’è alcun reato. Es. anni 30: il marito può abusare della moglie anche quando dorme. È reato di maltrattamenti in famiglia soltanto nel caso in cui il marito «insultasse e percuotesse la moglie quando questa, per le sue cagionevoli condizioni di salute, si rifiutasse di prestarsi alle troppo frequenti ed eccessive voglie libidinose di lui» (Francesco Finocchiaro). Quindi la giustificazione è l’ammissibilità della violenza sessuale se accompagnata dalla finalità procreativa e l’assenza della violenza fisica. b) Contro natura > è sempre violenza carnale o maltrattamento in famiglia Il codex iuris canonici dedica il canone 1081 al debito coniugale, enucleandone il contenuto, diversamente dal legislatore laico. “Il consenso matrimoniale è l’atto della volontà con il quale entrambe le parti accettano e trasferiscono il diritto sul corpo, perpetuo ed esclusivo, in ordine agli atti idonei di per sé alla generazione della prole.” Tre punti da sottolineare: • La finalità, cioè la generazione della prole > che era infatti il limite allo ius in corpus • Che il diritto è perpetuo ed esclusivo > Quindi è in tutto e per tutto un diritto di proprietà ma con la finalità della procreazione. “pieno ed esclusivo” sono infatti i termini utilizzati in vari codici per descrivere il diritto di proprietà. • Trasferimento del diritto sul corpo > quindi il diritto sul proprio corpo veniva considerato disponibile, per mezzo del contratto di matrimonio 66 Questa definizione è importante perché a seconda della natura del rapporto sessuale varia il reato (secondo natura e contro natura). È un diritto all’esclusiva che non è solo proprio della concezione religiosa ma anche laica. Trabucchi scriveva che il matrimonio monogamico non può prescindere dalla fedeltà. Carnelutti: non è un diritto assoluto, ma solo sessuale. 1917-18: il primo a mettere in discussione lo ius in corpore è Camillo Viglino “offese al pudore tra i coniugi” che scrive: «la violenza non è mai legittima, è sempre delittuosa. • Se è diretta a costringere altri a ciò a cui non si ha diritto è violenza privata • Se diretta a costringere a ciò cui si ha diritto è esercizio arbitrario delle proprie ragioni». Quindi c’è una concezione personalistica, della dignità che si contrappone alla finalità di procreazione al di sopra di tutto. Quindi prova a distinguere un'altra fattispecie di reato, l’esercizio arbitrario delle proprie ragioni. «l’unione sessuale non è mero accostamento di corpi, ma di corpi pervasi dalle rispettive persone […] possedere la donna per forza, contro la sua volontà, malgrado la sua più viva ripugnanza e resistenza, sia pure ch’ella abbia concesso il diritto all’unione consentendo al matrimonio, è un paradosso» (> esercizio arbitrario delle proprie ragioni). La Cassazione nel 1951 riteneva che il rifiuto ingiustificato della copula costituisse ingiuria, essendo la procreazione una delle particolari finalità del matrimonio; quindi, violazione di uno dei doveri derivanti dal matrimonio. Sul contenuto del debito coniugale ci sono posizioni diverse tra la legislazione laica e religiosa a) Le leggi statali non definiscono il contenuto del debito coniugale ma si limitano a delineare obblighi di assistenza, convivenza, coabitazione ecc Si diceva in dottrina che il legislatore civile avesse fatto così per rimettersi alla morale, al costume e quindi era in re ipsa l’illiceità anche della violenza carnale tra coniugi. b) Le leggi religiose invece lo fanno (canone 1081). “Il consenso matrimoniale è l’atto della volontà con il quale entrambe le parti accettano e trasferiscono il diritto sul corpo, perpetuo ed esclusivo, in ordine agli atti idonei di per sé alla generazione della prole.” Questo diritto non doveva tuttavia offendere principi di ordine pubblico, morale pubblica, senza che procurasse danno alla salute e alla procreazione. La soluzione giudiziaria più diffusa della prima metà del 900 in Europa (1900-1950) era quella di chi disconosceva la violenza carnale nel matrimonio nel caso di rapporti secondo natura, perché esercizio del proprio diritto. (ammessa solo nel caso di ‘rapporti contro natura’). Sia la dottrina che la giurisprudenza fanno proprie le posizioni di Manzini, nel suo trattato di diritto penale, che scrive che non può essere un esercizio arbitrario delle proprie ragioni perché il marito non può ricorrere al giudice per far valere il suo diritto. Il Manzini, volutamente, prende in considerazione l’ipotesi di Viglino che già era stato criticato duramente per questa sua posizione più favorevole a una tutela del coniuge che subisce la violenza. Manzini, quindi, vuole appositamente andare contro la posizione di Viglino. Nel caso in cui un coniuge non intendesse ottemperare il debito coniugale l’altro non poteva andare a denunciarlo ma aveva fondato motivo di chiedere la separazione personale. Nel codice penale Rocco, questi reati sono all’interno del titolo dei delitti contro la moralità pubblica e il buon costume. Significa che oggetto tutelato: buon costume sociale secondo il quale la donna non era libera di disporre di alcune libertà nel campo sessuale. 67 Capo I – dei delitti contro la libertà sessuale Art 519 - della violenza carnale “Chiunque, con violenza o minaccia, costringe taluno a congiunzione carnale è punito con la reclusione da tre a dieci anni. Alla stessa pena soggiace chi si congiunge carnalmente con persona, la quale al momento del fatto: 1) non ha compiuto gli anni quattordici; 2) non ha compiuto gli anni sedici, quando il colpevole ne è l'ascendente o il tutore, ovvero è un'altra persona a cui il minore è affidato per ragioni di cura, di educazione, d'istruzione, di vigilanza o di custodia; 3) è malata di mente, ovvero non è in grado di resistergli a cagione delle proprie condizioni d'inferiorità psichica o fisica, anche se questa è indipendente dal fatto del colpevole; 4) è stata tratta in inganno, per essersi il colpevole sostituito ad altra persona.” Art 520 - congiunzione carnale commessa con abuso della qualità di pubblico ufficiale Art 521 - atti di libidine violenti Si tratta di atti di libidine diversi dalla congiunzione carnale, con pene ridotte di un terzo Tutta la dottrina e giurisprudenza si è dibattuta a lungo sulla distinzione tra congiunzione carnale e atti di libidine diversi, con rilevanti conseguenze sanzionatorie. La Cassazione stessa definiva anche il centimetro di quanto era profonda la penetrazione per declinare un reato piuttosto che l’altro. Capo II – delle offese al pudore e all’onore sessuale Art 528 - seduzione con promessa di matrimonio da persona coniugata Altro reato contro la morale era il ratto . Il legislatore distingueva il ratto a seconda del fine del rapitore: • e puniva meno gravemente chi rapiva a scopo di matrimonio (art 522) > reclusione da uno a 3 anni collegato con l’art sul matrimonio riparatore che viene abrogato nell’81. • Veniva punito più gravemente chi rapiva a fini di libidine (art 523) > reclusione da 3 a 5 anni Perché l’istituto del matrimonio è sempre finalizzato alla procreazione. Questi due articoli sono stati abrogati con la legge 66 del 1996. Legge importante anche perché viene previsto il reato di “violenza sessuale” all’art 609 bis e cambia collocazione, viene messo nel titolo dei reati contro la persona, quindi cambia il bene giuridico tutelato, la dignità della singola persona. Art 609 bis violenza sessuale. Chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità costringe taluno a compiere o subire atti sessuali è punito con la reclusione da sei a dodici anni. Alla stessa pena soggiace chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali: 1. abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto; 2. traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona. L’art 609 bis non definisce le caratteristiche della vittima, l’unico presupposto che richiede è la mancanza di consenso. Questa legge inserisce anche l’art 609 quinquies sulla corruzione di minorenne Chiunque compie atti sessuali in presenza di persona minore di anni quattordici, al fine di farla assistere, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni". Art 609 septies; prevede che tali delitti (art 609 bis, ter e quater) sono punibili a querela della persona offesa 70 La legge del ’75 di stampo civilistico configura anche il profilo di debito coniugale e stupro coniugale intaccando queste tematiche tradizionalistiche, ma importante anche: Sentenza n. 12.855 del 16 febbraio 1976 della terza sezione penale della cassazione: “il consenso che i coniugi si scambiano con l'atto di matrimonio non si deve intendere come prestazione che unilateralmente brutalmente ed impietosamente si possa imporre all'altro senza il suo piacimento ma quella in cui si rifletta una comunione esistenziale fondata sull'accordo dei sentimenti e volontà e perciò di comune intendimento. Il coniuge non si priva incondizionatamente nei confronti dell'altro coniuge del potere di disporre del proprio corpo, ne perde la naturale libertà di negare la prestazione sessuale. In caso di dissenso ingiustificato o di senso reiterato il coniuge respinto ha la possibilità di ricorrere al giudice di chiedere che sia pronunciata una separazione giudiziale con addebito in capo all'altro ma non può imporgli in nessun modo con violenza fisica o psicologica rapporti sessuali non desiderati.” Infine > Legge del 96 riguarda la violenza sessuale in generale, in particolare con il debito coniugale dà la possibilità alla cassazione con delle pronunce che quando bisogna accertare se sussiste costrizione non ci devono essere criteri di giudizio diversi se si tratta di coniugi o estranei. Il mutamento di questo sentire sociale ha costretto il legislatore ad adeguare il codice penale nel 1996 con la legge n. 66 > ha dislocato i reati a stampo sessuale inseriti prima nel titolo IX (delitti della moralità pubblica e buon costume) tra i reati commessi contro la libertà personale, muta il bene violato diventa infatti la libertà personale. RICAPITOLANDO: Quindi il passo da debito coniugale a violenza sessuale: - Riforma del ‘75 - Sentenza del 76 - Legge n. 66 del 1996 (passo finale e decisivo) La Corte di cassazione nel 2004 aggiunge non ci devono essere nessun tipo di violenza sessuale tollerabile tra coniugi. Se è punito per violenza sessuale il coniuge che porta a termine un rapporto carnale nono stante l’opposizione della moglie > siamo dinanzi a violenza sessuale anche quando la moglie ribella ma si trova a cedere per evitare successivamente altre violenze. Sentenza del 2007 che si pone il problema della convivenza, reato integrato in caso di violenze. La cassazione nel 2008 > invita i giudici a leggere il “consenso all’amplesso” all’interno del clima famigliare: Caso di una donna che si era resa conto che sottrarsi al dovere coniugale provocava le furie del marito che era stato più volte autore di gesti di aggressività. Aggravante ad oggi: reato commesso da separato/divorziato nei confronti dell’ex coniuge. Criticità: due celebri penalisti hanno chiamato la parte speciale del codice Rocco come “pubblicizzazione dell’oggetto della tutela” perché si diceva che per i reati previsti dal codice fossero richiesti tre elementi: • violenza/minaccia come modalità di condotta • distinzione tra violenza carnale e atti di libidine • presunzione assoluta di dissenso della vittima maggiorenne/inferma Si ribalta l’impostazione che sussisteva prima del codice rocco, dove la donna per ricevere tutela doveva dimostrare di essere costretta con violenza, minaccia; ora invece basta il mero dissenso (non più espresso). 71 Nel XVIII secolo si richiedeva per il reo la pena massima quando lo stupro era violento e commesso nei confronti di una persona inferma, vedova onesta, vergine ecc… non si tutelava la vittima ma il controllo sociale, il patrimonio famigliare, la commistio sanguinis. La Leopoldina > raccolta 1976 distingueva tre rapporti di stupri non violenti (quindi con pene lievi/sanzioni pecuniarie/obbligo di sposare la vittima): o stupro semplice o stupro con seduzione o stupro da promessa di matrimonio Lo stupro con violenza invece era punito con la condanna ai pubblici lavori a tempo/vita o con l’ultimo supplizio (lavori forzati a vita). Il primo codice penale introdotto della restaurazione > Codice Regno Due Sicilie che disciplinava lo stupro e adulterio nel titolo VII “dei reati che attaccano l’ordine delle famiglie” cap. 2 “la pace e ordine delle famiglie” → solo stupro violento veniva condannato. I codici penali sardi e quello toscano qualificavano lo stupro come un reato che colpiva l’ordine delle famiglie. Quello toscano nella “violenza carnale” puniva duramente la violenza esercitata sul maschio rispetto a quella sulla donna. Tutti codici che dedicano i delitti di matrice sessuale nella sfera della morale e dell’onore. Il codice del ’65 è un codice che conserva l’impianto di questi codici (siciliani, toscani, sardi, Zanardelli) mantiene un’ istanza privata per i reati di stupro, adulterio nel concetto di “pudore”: “antico istituto di non aprirsi adito all'azione penale per siffatti reati se non dietro istanza privata di punizione vuole essere conservato una protezione dovuta ai segreti vedete delle mura domestiche” Francesco Carrara > il dibattito fra la scuola classica e la scuola positiva, in materia di stupro propone una soluzione innovativa perché nel secondo volume del suo programma nel 1868: dichiarava di considerare un’aberrazione la configurazione dei delicta carnis come oltraggio al pudore. Serve un criterio obiettivo, varia in base al diritto, i reati sessuali hanno tutte essenze diverse perché possono violare determinate sfere e altre no; esempio: non viola la sfera famigliare se la vittima non ha famiglia. Bisogna guardare l’individuo e il suo diritto. Carrara è il primo che li vede come delitti contro la persona. È stato membro della commissione per il codice Zanardelli ma non ha influenzato sufficientemente per far cambiare la classificazione del reato da delitti contro l’onore a delitti contro la persona. La disciplinava al titolo XVIII “reati di incontinenza”, capo 1 insieme ai “reati di corruzione di minori e oltraggio al pudore”. Art 331 > chiunque con violenza o minaccia costringe una persona dell'uno o dell'altro sesso a congiunzione carnale è punito con la reclusione da 3 a 10 anni. Elementi costituivi del reato: violenza e il congiungimento fisico. La pena da 3 a 10 anni anche per violenza presunta; ma violenza diretta non alla congiunzione carnale ma per sfogare in altro modo qualunque libidine (atto di libidine violenta) puniti invece con reclusione da 1 a 7 anni → querela di parte con prescrizione dopo un anno. Violenza sessuale ≠ Atti di libidine violenti Impallomeni > magistrato, violenza carnale contro la libertà personale concorda con Carrara ma va oltre, è una violenza contro la libertà della donna a disporre del proprio corpo. La violenza 72 sessuale sull’uomo è diversa da quella della donna perché lede onore della famiglia, buoncostume è contro natura. Mussolini supera il codice Zanardelli promulgando il codice Rocco ma mantiene alcuni aspetti: o mantenuta distinzione tra violenza carnale e atti di libidine violenta o equiparazione tra rapporto sessuale imposto coattivamente e ipotesi di violenza presunta o confermata la querela di parte (con novità che una volta presentata diventava irrevocabile per evitare il colpevole potesse minacciare la vittima) Invece gli aspetti differenti: - introduzione una nuova figura criminosa: congiunzione carnale con abuso di qualità di P.U. - recupera alcuni stupri semplici, prevedendo condanne lievi per l’uomo coniugato che seduce minorenne promettendole di sposarla - colloca reati nella sfera dei delitti contro la libertà sessuale (libera disposizione del proprio corpo) - Inizialmente: TITOLO IX- delitti contro la moralità pubblica e buon costume CAPO 1 - DELITTI CONTRO LIBERTA’ SESSUALE CAPO 2 – DELITTI OFFESA DEL PUDORE E ONORE SESSUALE CAPO 3 – DELITTI CONTRO LA FAMIGLIA - Successivamente (codice Rocco) la famiglia inserita in un titolo esclusivo: TITOLO XI – delitti contro la famiglia CAPO 1 - DELITTI CONTRO IL MATRIMONIO CAPO 2 - DELITTI CONTRO MORALE FAMIGLIARE CAPO 3 – DELITTI CONTRO LO STATO DI FAMIGLIA CAPO 4 – DELITTI ASSISTENZA FAMIGLIARE Tutela penale, dunque, convertita verso un bene superiore che è la moralità pubblica e buon costume come beni giuridici fondamentali per la valenza pubblicistica. Vincenzo Manzini > commissione dei “108”; codice penale del nuovo codice penale. Spiegava che nei reati contro la libertà sessuale oggetto della tutela penale era l’interesse dello Stato era l’assicurare i beni giuridici della moralità pubblica e del buon costume. Utilizzo di termini come “taluno, chiunque” come estensione della tutela ad entrambi i sessi, senza utilizzo di genere specifico. ITALIA REPUBBLICANA – volontà generale di rinnovamento nel periodo costituzionale e democratico. Francesco Antolisei > manuale di diritto penale conforme al Manzini ma dissentiva nel considerare la libertà sessuale come sottospecie della moralità pubblica come avveniva nel codice Rocco. I reati del capo I titolo IX dovevano avere un carattere individuale, cercava di evidenziare le antinomie per invitare il legislatore a trasferire tutti i diritti contro la libertà sessuale nella categoria dei reati contro la persona (come reati contro la libertà) e non nella categoria della pubblica moralità. Spicco Neo-femminismo > anno ’76 75 Questo delitto crea un grande problema non solo per il suo significato ma anche per la grande frequenza nella prassi. Quindi in più regioni d’Europa, tra 8 e 900 si cerca di limitare legalmente, quello che è il “giusto dolore”. Nel 1820, quindi nella Restaurazione, il giusto dolore è sempre un’attenuante, ma si riconosce per entrambi i coniugi. Quindi formalmente si inizia a utilizzare una formula neutra. (Codice penale per gli stati di Parma e Piacenza). Art 351: Per qualunque omicidio non premeditato la pena è attenuata quando si verifica una delle circostanze seguenti: se è stato commesso dall’altro coniuge in flagranza di adulterio. In tutte queste circostanze l’omicidio è punito con la reclusione. Art 352: è attenuante anche per altri reati, quindi violenze, lesioni ecc. Codice penale degli stati Uniti delle isole Ionie 1841: Codice penale italiano prevede l’attenuante solo per il marito in presenza di alcuni presupposti: • infedeltà fisica, rapporto sessuale concreto • scoperta in flagranza o comunque altri mezzi inequivocabili • il nesso di causalità psicologica • immediatezza tra scoperta e reazione La scusa contemplata nell’art precedente non ha luogo a favore di mariti o genitori che abbiano eccitato, favorito o facilitato la prostituzione della loro moglie o figlia. L’attenuante godeva di fatto di una notevole condivisione sociale, quindi veniva applicata con liberalità nella prassi. Fino agli inizi del 900 quindi non c’erano critiche, salvo la voce isolata di Gambarotta. In Piemonte: nel Codice penale del 1859 vi era l’attenuante del motivo d’onore in caso di omicidio e di altre violenze senza distinguere tra marito e moglie. La pena è quindi attenuata quando l’omicidio: 1. È stato commesso dal coniuge 2. In flagranza di adulterio 3. Attenuante anche per i genitori che sorprendono la figlia e il complice in adulterio Un articolo del Codice penale spagnolo del 1875 prescriveva che il marito che sorprendendo la moglie e l’adultero: • Causa lesioni minori > nessuna pena • Causa lesioni gravi > è punito con l’esilio • Li uccide > prevista anche pena di morte Il Codice Zanardelli del 1889 prevedeva l’art 377. “per i delitti previsti nei capi precedenti, se l’omicidio è commesso dal coniuge, ascendente, fratello o sorella sopra la persona del coniuge, della discendente, della sorella, del correo o di entrambi, nell’atto in cui li sorprenda in flagrante adulterio o in illegittimo concubinato la pena è ridotta a meno di un sesto, sostituita la reclusione e alla detenzione e all’ergastolo è sostituita la detenzione da 1 a 5 anni” È un reato proprio, che può essere commesso solo da persone che hanno una relazione qualificata con la vittima; dal coniuge, ascendente, fratello o sorella. Segue formalmente il pensiero dei codici del 1820, ma sostanzialmente no, in quanto con riferimento alle vittime si parla di “la discendente, la sorella, il correo”, quindi è ovvio che il soggetto attivo è l’uomo. È quindi anche qui prevista l’attenuante in caso di flagranza di adulterio. 76 La seconda metà dell’800 (dopo Zanardelli) vede questo particolare ruolo del marito come giudice e carnefice plasmato sull’archetipo napoleonico. Ad alzare la voce per primo è un giurista autore di un saggio “inchiesta sulla donna” Guglielmo Gambarotta. Scrive nel 1898 “adulterio e la teorica dei diritti necessari” Dice che sistematicamente le Corti d’Assise assolvono gli imputati di uxoricidio. Gli avvocati invocano la forza irresistibile dell’uomo che difende l’onore suo perduto. L’uomo si abbassa all’ufficio di carnefice della propria moglie. Nel codice penale francese all’art 324 si legge che l’assassinio del marito della moglie e del complice è scusabile. È una scuola che scusa ogni debolezza dell’individuo, ammettendo circostanze di irresponsabilità, di forza irresistibile, tempesta d’ira, che attenuano o annullano la colpa nel delitto. Quindi praticamente si ammette alla donna la pena di morte mentre al marito un’ammenda di poche centinaia di franchi è una barbaria assoluta, che non può esistere in una civiltà moderna. Il Belgio è superiore alla Francia nel riconoscere l’omicidio commesso sul coniuge in flagranza per entrambi i congiunti. Nel Codice Rocco del 1930 il delitto d’onore è previsto all’art 587: “Chiunque cagiona la morte del coniuge, della figlia o della sorella, nell'atto in cui ne scopre la illegittima relazione carnale e nello stato d'ira determinato dall'offesa recata all'onor suo o della famiglia, è punito con la reclusione da tre a sette anni. Alla stessa pena soggiace chi, nelle dette circostanze, cagiona la morte della persona, che sia in illegittima relazione carnale col coniuge, con la figlia o con la sorella. Se il colpevole cagiona, nelle stesse circostanze, alle dette persone, una lesione personale, le pene stabilite negli articoli 582 e 583 sono ridotte a un terzo; se dalla lesione personale deriva la morte, la pena è della reclusione da due a cinque anni. Non è punibile chi, nelle stesse circostanze, commette contro le dette persone il fatto preveduto dall'articolo.” “Per i delitti preveduti dal capo primo e dall'articolo 530, il matrimonio, che l'autore del reato contragga con la persona offesa, estingue il reato, anche riguardo a coloro che sono concorsi nel reato medesimo; e, se vi è stata condanna, ne cessano l'esecuzione e gli effetti penali.” Era un reato proprio, poteva essere commesso solo da chi aveva un legame particolare con la vittima. Formalmente si usa l’espressione “chiunque”, ma sostanzialmente al reato viene data una connotazione di genere, perché si usano le espressioni “coniuge, figlia o sorella” e diventa esplicita la prerogativa maschilista. Inoltre, perchè potesse scattare il delitto d’onore la norma richiedeva varie condizioni, • sussistenza di un’illegittima relazione carnale. • colti in flagranza di reato • e dalla scoperta scaturisse uno stato d’ira implacabile che veniva usato per motivo di giustificazione Era un punto lasciato ampiamente alla discrezionalità dei giudici. Pena: reclusione da 3 a 7 anni. Alla stessa pena soggiace chi, sempre con gli stessi presupposti, uccide il correo. Al delitto d’onore spesso seguiva la richiesta di matrimonio riparatore con l’autore del reato. 77 A sollecitare la richiesta erano soprattutto i familiari della vittima, che non vedendo altra strada per ripristinare l’onore perduto. Questo: • sia per non alimentare il vociare del popolo • ma soprattutto perché temevano che la donna, non essendo più illibata, avrebbe avuto difficoltà a trovare marito. A perdere l’onore veniva considerata la sola vittima, non il criminale che l’aveva violentata. Ecco perché il delitto d’onore è da collegare strettamente con il reato di adulterio e di stupro contro la moralità pubblica e il buon costume. Inizia a ravvisarsi un mutamento di prospettiva quando la Cassazione inizia a pronunciarsi sulla gelosia in termini neutri, non è più un’attenuante ma neanche un’aggravante. 18187 del 2009: non è attenuante perché consiste in un malinteso senso dall’orgoglio maschile e male valutato dalla coscienza etica, perché sentimento riprovevole e mascherato di superiorità maschile quindi la causa d’onore non può essere attenuante generale. La gelosia nemmeno può essere aggravante perché motivo abietto e futile. Appare decisivo il richiamo alla coscienza collettiva che oggi non percepisce nella gelosia un surplus di violenza delinquenziale da separatamente sanzionare. Negli anni 60 del 900 inizia ad emergere un’attenzione sulla parificazione sostanziale anche in tema di diritto penale tra marito e moglie. Movimento che nel 68-69 ha dato vita a una presa di coscienza delle donne che hanno iniziato a pretendere di essere valutate autonomamente e non come proprietà del marito. Il 6 febbraio nel 1968 arriva alla Camera un disegno di legge presentato dall’onorevole Oronzo Reale con il quale veniva proposta per la prima volta la volontà di abrogare lo speciale trattamento per lesioni e omicidi commessi e giustificati dall’onore. Quindi è dal 68 all’81 che si dibatte in parlamento sul tema. Sono le due sentenze del 68 e 69, che hanno dichiarato l’incostituzionalità dell’adulterio e del diverso trattamento di pena in caso di adulterio femminile, che sono intervenute ad equiparare le azioni dell’uomo e della donna e delle relative pene. Introduzione del divorzio con la legge 898 del 1970. Il divorzio è stato uno spartiacque per le donne italiane, per molti il risultato è stato una sorpresa perché avevano ignorato che era mutato profondamente anche il modo di pensarsi delle donne, movimento di autocoscienza, movimenti femministi. Nel 75 la riforma del diritto di famiglia, che prendeva atto della legge sul divorzio cancellava la figura del capofamiglia ponendo i coniugi allo stesso livello. Nel settembre del 75 ha luogo il massacro del circeo in cui 3 ragazzi di buona famiglia abusarono di due ragazze di 19 e 17 anni e una rimase uccisa. Viene presentata la legge sulla violenza sessuale anche su sollecito delle forti reazioni che ha provocato nel 79 un docu film chiamato “processo per stupro”, che infrangeva per la prima volta il malcostume culturale secondo cui lo stupro era in parte o del tutto colpa della vittima. La colpa della vittima è un altro tratto radicato in antico regime. Con le elezioni del 76 entrano in parlamento due giovani donne reduci da un divorzio. 80 Una volta abrogato il delitto d’onore continuava a vivere nelle aule dei tribunali, si voleva far ricomprendere per aver agito per cause di particolare valore sociale condivisi dalla collettività. Sentenze Il mutamento dell’ordinamento passa anche dalla giurisprudenza Come la giurisprudenza arriva all’81: La prima è una sent del 1901, riguardante l’infanticidio. La fattispecie è della moglie adultera che rimane incinta dell’amante e si fa aiutare da lui per sopprimere il neonato. Alla donna viene riconosciuto l’infanticidio, perché questo reato ha una declinazione di genere. Si discute dell’opportunità di condannare l’amante di omicidio o infanticidio. All’amante viene riconosciuto l’omicidio. L’onore appartiene infatti solo alla sfera sessuale della donna e solo lei più beneficiare di questa attenuante. All’art 369 viene disposto che, se l’omicidio: • riguarda un infante • viene commesso per salvare l’onore proprio e di persone tassativamente indicate. si applica l’attenuante, che non deve giovare a persone estranee all’”onore”, che appartiene alla sfera sessuale della donna. L’amante, quindi, deve rispondere di omicidio. Nel 1931 la Corte d’Assise di Lucca, si occupa di omicidio e lesioni personali in flagranza di relazione carnale. Cerca di definire cosa voglia dire “atto della sorpresa in flagrante” perché il Codice penale non lo definisce. La giurisprudenza afferma che sussiste anche quando si assiste agli atti immediatamente successivi all’amplesso, che fanno presupporre che ci sia stato. Quindi c’è un’estensione del concetto. Tuttavia l’opinione del colpevole, per essere rilevante, deve essere di certezza. Quindi esclusione assoluta di semplici dubbi e sospetti. Poi fa degli esempi di situazioni in cui la scusante dell’onore non opera, perché manca l’atto di cogliere in flagranza. Quindi l’uccisione può avvenire anche 3 mesi dopo, se ci siano elementi inequivocabili che facciano presumere la relazione carnale. Esempio rilevante: anche all’esaltazione del “giusto dolore” nel caso che il marito quando uccide l’adultero che esce dalla casa (ragazzo della figlia). Tuttavia non c’erano indizi certi dell’adulterio e non viene concesso. Sentenza del 1933 il problema è la coesistenza tra più attenuanti (se l’onore possa coesistere) Viene stabilito innanzitutto che per l’attenuante è necessario un rapporto di immediatezza tra la scoperta dell’illegittima relazione carnale e il reato. Fattispecie: una donna aveva ucciso l’amante del marito perché aveva un cattivo trattamento nei confronti dei figli. Viene stabilito che l’offesa del sentimento della maternità (per cattivo trattamento ai figli) può costituire un’attenuante di reato di omicidio che rientra nella provocazione ex art 62, anche se non è espressamente previsto Tuttavia non viene applicata l’attenuante per causa d’onore perché la donna era separata e conduceva una vita sregolata, quindi non aveva più senso d’onore. Si riconosce anche un vizio di parziale infermità di mente. Anche la Cassazione dà ragione alla Corte d’Assise. Tuttavia la Cassazione afferma che tale sentimento materno, concorre alla determinazione del reato e quindi concorre con l’attenuante della provocazione, non vi rientra. 81 1935 due sentenze: Prima: richiede l’immediatezza tra la scoperta dell’adulterio, l’emozione suscitata e il delitto per aversi la speciale figura del reato di omicidio e lesione personale per causa d’onore. Quindi non può essere decorso un lasso di tempo che abbia dato luogo alla riflessione. Seconda: si stabilisce che l’immediatezza va determinata tenuto conto di tutte le circostanze nel complesso. non si richiede che il reato sia commesso nell’istante in cui si ha la cognizione della tresca né che di questa si abbia la sorpresa in flagranza, perché il nuovo codice ha inteso comprendere anche quelle situazioni in cui la cognizione o la conferma della relazione sia avvenuta in circostanze da inacerbire l’offesa nell’onore, come avviene nel caso della cognizione della continuazione della tresca dopo il perdono o un fatto che confermi la persistenza della relazione. Leggere bene: Sentenza Franca Viola ‘68, caso che cambia la storia del delitto d’onore in Italia e dei diritti delle donne in generale. Fatto: Franca Viola nel dicembre 1965, all’età di 17 anni, viene rapita da Filippo Melodia, suo ex fidanzato. Viene tenuta segregata per otto giorni e nel frattempo viene violentata, malmenata e lasciata senza cibo. Melodia dice alla famiglia che avrebbero rivisto la figlia solo se lei fosse rimasta con lui. Siccome il suo onore era stato violato sarebbe stata costretta, in virtù dell’art 544, a contrarre un matrimonio riparatore con il suo stupratore Melodia. Di fronte alla proposta di matrimonio di Melodia i genitori di Franca - contadini - reagiscono in maniera inaspettata rifiutando la proposta e denunciando lo stupratore. Con il caso di Francia Viola i giudici riescono a non giustificare più la commissione di tale delitto sulla base dell’onore. Melodia viene imputato di: a) ratto a fine di matrimonio > che era al tempo meno grave del ratto a fini di libidine b) violenza carnale > non rileva che ci fossero stati o meno rapporti precedenti, perché non si tutela l’integrità sessuale ma l’inviolabilità del proprio corpo c) c) concorso di reati: o lesioni personali o danneggiamento di cose o violenza privata ai danni del padre di Franca o sequestro del fratellino d) vengono escluse tutte le attenuanti generiche “Le gravità ed il numero notevole di reati consumati, il motivo a delinquere, il disprezzo più assoluto delle leggi, la insensibilità alle lacrime di un ragazzo e di una fragile donna, poco più che ragazzina, la mobilitazione di un apparato delinquenziale tanto imponente, l'annullamento totale della personalità, di Franca Viola sconsigliano la clemenza.” La sentenza esamina anche la posizione di tutti i complici di Melodia, responsabili di reati diversi. Nel 68 viene presentato il disegno di legge Reale alla camera con il quale si proponeva per la prima volta l’abrogazione di questa speciale attenuante per motivo d’onore. Tra il 68 e l’81 passano tanti anni. • Da un punto di vista individuale sono state importanti le donne che sono arrivate in Parlamento, 82 • da un punto di vista giuridico è stata importantissima questa pronuncia della Cassazione che ha iniziato a smuovere le acque. 1971: altra sentenza in cui la giurisprudenza arriva prima della cultura. In questo caso viene detto che non costituisce giusta causa di licenziamento il fatto di aver avuto rapporti con la moglie del titolare, con la giustificazione dell’onore sociale. Quindi in questo caso le sentenze vengono utilizzate per produrre e consolidare mutamenti sociali In Italia esistono delle sacche di arretratezza culturale che la giurisprudenza si propone di eliminare. Mutamento giurisprudenziale: non è applicabile l’attenuante dell’onore all’uccisione del coniuge che sia venuto meno ai doveri di fedeltà (adulterio) perché non ricostituisce l’ordine turbato ma è residuo di una mentalità superata. L’onore rientra però nel caso dell’infanticidio, perché è più grave. Nell’81 l’infanticidio per causa d’onore viene sostituito con “infanticidio in stato di abbandono morale e materiale.”