Scarica STORIA E LINGUAGGI DELLA PUBBLICITA' (MODULO 1) APPUNTI COMPLETI INTEGRATI CON LIBRI e più Dispense in PDF di Semiotica della Pubblicità solo su Docsity! STORIA DELLA PUBBLICITÀ Esame: annuale. Possibile dividerlo in 4+4. Scritto, 3 domande aperte se si divide, 6 domande se intero. brand reloading+turismo digitale secondo modulo.
[email protected] VOCABOLARIO I brand dialogano sia col consumatore esterno (es. clienti di un supermercato) sia con quello interno(comunicazione interna). Queste due strategie sono state unificate. Brand—> prodotti—> consumatore esterno Per quanto riguarda il consumatore interno si parla sempre dei prodotti ma con l’attenzione spostata sui dipendenti+logo, che punta a mantenere l’orgoglio del dipendente attuale o potenziale. Carosello: 1957, tappa fondamentale per la storia della pubblicità. Claim: frase sintetica motto dell’azienda, che contraddistingue una campagna di comunicazione e i valori del brand. Format: dimensione di narrazione di scrittura costruite nello stesso modo Formato: dimensione di ingombro, della singola comunicazione. Ogni mezzo ha il suo formato—> es. in televisione gli spot durano tutti circa 30 secondi, anche se il formato più usato è quello da 15 secondi. Talvolta ci sono i 7 secondi o i 60 secondi. Perché così tanti formati diversi? Per mantenere attenzione e contenuto, ma soprattutto per una questione di budget: più il brand ha possibilità economica, più può permettersi determinati tempi e la televisione, che è il mezzo più costoso. Se anziché la televisione scelgo un giornale, anch’esso ha i suoi formati che non si calcolano in tempo ma in dimensioni fisiche, ovvero quanto occupa l’annuncio all’interno della pagina e dov’è posizionato (piedino, mezza pagina, pagina intera…). B2C—> business che va al consumatore B2B—>business che va ad altre aziende (es. Barilla vende i suoi prodotti a supermercati come Esselunga, quindi occorre un tipo di comunicazione business to business). Packshot: immagine in miniatura del prodotto, utilizzato soprattutto per prodotti nuovi appena lanciati. Logica del primo piano e sfondo: mettendo a fuoco sull’immagine vedo cosa che in primo piano mi sembravano nascoste(es. Carrefour, si vede una c bianca). Dinamica percettiva dell’occhio. out of home: tutto il mondo dell’ affissione, che può essere statica (cartelli) o dinamica (autobus, taxi…). Il digitale ha dato vita al DOOH -> digital out of home. Il supporto è statico ma quello che si muove è il contenuto, con obiettivo di fermare le persone(es. schermi Times square). LA MARCA Qualsiasi organizzazione, pubblica o privata, per sussistere sul mercato ha bisogno di un nome che la identifichi. Il nome di un brand è solitamente composto da due elementi: - logotipo: nome dell’organizzazione scritto con particolari caratteri tipografici (scelta del font) e dimensioni(maiuscolo o minuscolo) e scelte grafiche(grassetto, corsivo, normale). - Marchio: elemento grafico che accompagna il logotipo(immagine, disegno, simbolo). Es. Airbnb formula un marchio nominato Belo, che deriva da belonging per indicare il senso di appartenenza. Il marchio è composto da people+place+love+A. Il marchio ha un concetto chiaro e lo rappresenta a livello grafico. LA MARCA COME ENTITÀ DISCORSIVA POLIEDRICA Istanza che produce senso, attraverso un testo(ad esempio pubblicitario) che implica: 1. Decodifica, interpretazione 2. Contratto tra emittente e ricevente: le associazioni sono alla base di esso(es. starbucks è diverso in usa rispetto all’Italia, e nel momento in cui ce ne rendiamo conto ciò indica il punto del contratto) 3. Relazione con dinamiche di contesto(aziendale, socio-culturale, linguistico) Perciò è caratterizzato da complessità, che fa intendere il brand come entità discorsiva poliedrica. LA MARCA E IL CONTESTO 1. Contesto storico—> prevedere le possibili sfumature di significato di una proposizione a seconda delle circostanze temporali, oppure allinearsi ad esse 2. Contesto socio-culturale—> prevedere le possibili sfumature di significato di una proposizione a seconda del contesto culturale. 3. Contesto linguistico—> cogliere l’esatto significato di una data proposizione, giocare con stili linguistici(modi di dire, generi, ironia..) LEGGE DEL PRIMO PIANO/SFONDO→ a seconda di come metto fuoco la vista vedo o il vaso o i due profili . la dimensione grafico visiva fa si che io veda delle cose e altre dopo questo è molto usato in comunicazione (logo carrefour a secondo di come metto a fuoco la vista riesco a vedere la C tra i due disegni rossi e blu). questa tecnica è molto usato a livello internazionale → c’è anche un livello culturale e gli utenti sono abituati a questo tipo di gioco es:campagna della fiat→ vedo la R oppure la ragazza con il palloncino; “non scrivere mentre guidi” → la campagna qui non è per lanciare una vendita ma per dare un messaggio importante : la guida sicura la parte grafica è molto importante perché senza di essa non capisco il messaggio. LA MARCA IN SINTESI: 3 fattori chiave il primo elemento fondamentale è capire chi mi sta parlando. per costruire un messaggio che sia chiaro,interessante deve esserci una componente grafica che mi dica chi sta parlando, chi è il mittente. devo sempre poter riconoscere la marca, il logotipo nell'annuncio della fiat il marchio era chiaro gli spot devono essere riconoscibili, io devo capire che brand mi sta parlando COME DEVONO ESSERE GLI SPOT ES: conad→ il fiore giallo è il marchio, CONAD è il nome dell’azienda *tutto quello che è disegno è marchio. se metto a confronto con COOP ed ESSELUNGA vedo la differenza tra uno e l’altro → differenza tra logotipo e marchio hanno tutti e tre un sistema d'identità visiva ES: COOP → (cooperativa) la scritta coop incorpora anche il marchio nel suo senso di circolarità (marchio e logotipo fusi insieme) . altro elemento tecnico “persone oltre le cose” =pay off → si sceglie una frase sintetica che sintetizza la promessa del brand. la frase deve essere ragionata e pensata, memorizzabile. (il claim è il pay off della tv, il pay off è su carta stampata). ogni volta che parliamo di marca parliamo di un’identità poliedrica discorsiva perché fin da subito si deve creare un discorso tra due realtà (emittente e ricevente), si deve raccontare qualcosa. ricevente =target, pubblico; il messaggio deve arrivare ad un certo pubblico la logica è quella del contratto. l’esempio di starbucks → offre il wi-fi nel bar cosicché uno può stare per studiare, può lavorare... fattore di contesto → linguistico;socio-culturale,storico spesso ci sono problemi di traduzioni o legati alla dimensione regionale → modi di dire utilizzati prevalentemente in una nicchia. Il contesto sociale in cui si svolge la campagna è molto importante perché se la campagna è offensiva nei confronti di una cultura o non tiene conto di certi fattori può essere fallimentare (campagna pubblicitaria di Dolce & Gabbana). il contesto storico un esempio sono le campagne durante il periodo di lockdown. SPOT DELLA COOP spot con un formato lungo (1.40) campagna di prodotto→ spingo un certo tipo di prodotto PUBBLICITÀ E STAMPA è interessante osservare il rapporto fra componente verbale e la componente visiva che si basa su tre tipologie A. RIPETIZIONE → quello che si legge è esattamente quello che si vede, sto rinforzando il concetto stesso B. COMPLETAMENTO → tod's pubblicità “leave a beautiful impression”facendo riferimento alle suole delle scarpe che sono particolari e distintive di TOD’S . chi non conosce la marca non riesce a comprendere del tutto il messaggio pubblicitario . se non ci fosse lo scritto, l’immagine sarebbe bella ma difficile C. OPPOSIZIONE → si legge o vede qualcosa ma si percepisce tutt’altro. l’immagine e quello che leggo crea straniamento da cui nasce la curiosità per la campagna e sulle tematiche citate SLOW BRAND 1. Slow Adv: Nel momento in cui abbiamo una pubblicità, inserisco un determinato spot con una determinata durata in una determinata fascia oraria. Spesso gli spot hanno un carattere seriale—> il carattere televisivo inizia a venire ‘preso in prestito’ dal linguaggio pubblicitario, portando avanti una storia di settimana in settimana; il linguaggio inizia a diventare simile a quello delle serie tv. 2. Slow Web: Parallelamente, sul web, il contenuto porta qualcosa di più approfondito. Nonostante il web fosse il mondo del fast, alla fine si ottenevano risultati slow -> video di 6-7 minuti, perché se il contenuto è interessante, l’utente in rete tende a perdere più tempo. 3. Slow factories: in azienda, se la comunicazione esterna aveva bisogno di rallentare, anche la comunicazione interna incominciava ad avere questa necessità. 4. Slow food: è un movimento culturale internazionale che opera sotto forma di un’associazione senza scopo di lucro, nata in Italia, a Bra, per opera di Carlo Petrini nel 1986, impegnata a ridare valore al cibo, nel rispetto di chi produce, in armonia con ambiente ed ecosistema. 5. Chiude questo scenario la dimensione del retail, della distribuzione—> nel momento in cui l’azienda produce un prodotto e lo manda in campagna pubblicitaria, l’utente deve riuscire a trovare il prodotto in vendita. Comunicazione, produzione e distribuzione devono lavorare insieme di pari passo. - La filiera più semplice è quella dell’azienda che produce e poi gestisce anche la parte di comunicazione e distribuzione (es. Brand di moda) - Talvolta però manca il passaggio della distribuzione(es. produttori di alimenti), e quindi ci si avvale della grande distribuzione organizzata(supermercati). L’utente però non ha questa consapevolezza e perciò è necessario che trovi il prodotto nella fase di distribuzione. Questa dimensione di ‘lentezza’ porta a fare un’esperienza, e quindi spesso a comprare di più (es. bar nei supermercati o nelle librerie) -> il punto vendita cambia forma, non è più solo un punto di passaggio. All’interno di questa esperienza, uno dei giganti in questo campo è Ikea. Quando inizialmente è arrivato in Italia, c’era una sorta di ‘percorso obbligato’, che obbliga l’utente a passare attraverso anche reparti che apparentemente non gli interessavano -> strategia di marketing che facilita l’acquisto, inserendo anche bar e ristorante, allungando l’esperienza di acquisto. Slow Brand, Patrizia Musso, 2017 Nel mettere a sistema il testo, abbiamo 4 capitoli, uno per ogni grande area tematica: 1. Slow adv 2. Slow place 3. Slow factory 4. Slow web LA PUBBLICITÀ IN TV: I PRIMORDI Quello che contraddistingue l'inizio del linguaggio pubblicitario televisivo è carosello, che diventa una modalità di costruire messaggi pubblicitari. Il 3 febbraio 1957 nasce carosello, con un solo canale Rai di servizio pubblico che nasce con finalità prettamente educativa. Ci si accorge che le aziende potevano essere un bacino economico, ma andava unito alla variabile educativa—> nasce carosello, uno spazio serale la cui prima regola era la necessità di non infastidire le persone: la pubblicità deve essere vista con piacere. Solo la parte finale poteva essere dedicata alla promozione del prodotto. Per essere valido doveva essere 1.45 min di storia, con 30 secondi di promozione del prodotto. L’orario in cui terminava definiva la fine della tv per bambini e l’inizio di quella per adulti. La SACIS controllava la produzione di carosello in quel periodo. Per capire quando iniziava Carosello, all’epoca c’era una vera e propria sigla, ora invece si alza l’audio. Ci furono 20 secoli di Carosello, ne fecero 7.261, successivamente finì perché: - dovevano essere sempre storie nuove, che dovevano essere coerenti - L’investimento era elevatissimo - La concorrenza inizia a farsi sentire: nasce Mediaset Per far sì che queste storie fossero piacevoli, venivano raccontate da volti noti (es. Mina con la pasta Barilla). LA PUBBLICITÀ IN TV: GLI ANNI OTTANTA - Nel ‘77 quello che rimane di carosello è il formato dei 30 secondi. - Il linguaggio pubblicitario si modifica, in Italia si usano tantissimo i testimonial, spesso volti noti. - Non basta parlare del prodotto in generale, perché c’è troppa concorrenza e bisogna entrare nello specifico, per questo si accentua il significato simbolico del prodotto (es. Nike- Just do it) LA PUBBLICITÀ IN TV: GLI ANNI 90 - i prodotti sembrano essere sempre più immateriali, quindi sempre meno beni e sempre più servizi, soprattutto con l’esplosione del mondo della telefonia - Si impiega un tono di voce umoristico, ricorrendo anche più spesso a comici(ispirazione da carosello) - Nascono nuove strategie comunicative come l’impiego di formati seriali - Lo spot diventa un ‘testo’, un progetto di comunicazione da studiare nei dettagli (come un mini-film cinematografico) LA PUBBLICITÀ SERIALE-LE ORIGINI - Nel 1993 la SIP(attuale TELECOM) lancia la campagna: ‘telefonare allunga la vita’. Al tempo telefonare costava molto. Viene scelto massimo lopez, un comico, che grazie al telefono, ogni volta, riesce ad allontanare il momento della sua inspiegabile fucilazione. - Solenghi fa invece la pubblicità della Lavazza, che continua la pubblicità di Lopez, cadendo dal paradiso nel fortino in cui Lopez era rinchiuso. Questo perchè l’agenzia pubblicitaria era la stessa e perciò decide di creare questa attesa quasi come se fosse una fiction, in cui l’utente deve avere presente entrambe le storie per creare un collegamento FICTION PUBBLICITARIA SERIALE POST 2010: IL CASO MULINO BIANCO E MUGNAIO(BANDERAS) Nel 2012 la fiction pubblicitaria raggiunge un altro livello di slow advertising con la storia del Mulino Bianco e di ‘Rosita’. Banderas non recitava nei panni di se stesso, ma faceva il mugnaio ed ha interpretato questo ruolo per ben 5 anni. Questo differisce per esempio dalla pubblicità di Nespresso, in cui George Clooney interpreta sé stesso nella propria quotidianità. L'approccio slow declinato dai vari brand, risponde ad esigenze socio culturali. Lo spettatore non vuole più farsi consigliare da vip, ma da persone comuni. DAL 2013: SLOW SPOT IN ITALIA Trasformazione del linguaggio pubblicitario teso a rallentare i ritmi frenetici dei suoi spot con l’introduzione di ‘elementi di lentezza’ (durata maggiore; contenuti al centro vs. Visibilità del solo prodotto). - approccio narrativo tipico della fiction pubblicitaria seriale (spot breve vissuto non piç in modo isolato ma intreccio narrativo che lega uno spot all’altro in un’unica storia televisiva a puntate)—> il nostro schermo `sempre piç abitato da slow spot capaci di attirare l’attenzione dello spettatore per mesi (stessi autori, stessa location o comunque piccole variazioni) Oggi l’intrattenimento viene inserito direttamente all’interno dello spot pubblicitario, mentre in Carosello i due momenti erano ben distinti, abbiamo quindi tre tipi di pubblicità distinti negli anni: 1. Carosello—> necessità di creare qualcosa di nuovo e diverso 2. Fiction pubblicitaria—> advert-ainment, spot che ingaggia ed intrattiene 3. Slow spot odierno CONTENUTI VS. PRODOTTO: ANTECEDENTI. Il caso Dove Nel 2006 Dove lancia lo spot ‘Real Beauty’. La campagna fa il giro del mondo perché è la prima volta che si svela l’esistenza di Photoshop. ● Trasparenza ● Responsabilità sociale—> come brand si prende la responsabilità di far capire che quello che vuole fare è utilizzare donne comuni e non modelle ● Nuovo ‘contratto’ con il consumatore—>azienda che propone contenuti veri e di qualità, inserendo uno snodo importante. Da un lato, da lì in avanti, Dove inizia a cambiare il suo linguaggio pubblicitario scegliendo nel lungo periodo di non prendere modelle -> dal 2006 ad oggi la campagna Dove funziona ancora così, simbolo di Slow Brand. All’epoca ci si aspettava una reazione dalle aziende, ma in realtà nessuna azienda si è mossa. Nello studio del 2013, Dove lancia un’altra campagna (della durata di 3 minuti) di nome ‘real beauty sketches): - Non utilizza modelle - Lo spot è lungo - Non c’è un prodotto, è solo uno storytelling. Viene quindi mantenuta la promessa portata avanti nel 2006. Un artista forense disegna le donne in base a come esse si descrivono, dopodichè crea un altro disegno della persona in base a come altri la descrivono: si nota che la donna descrive sé stessa sempre peggio rispetto a come è in realtà, invitando le donne a guardarsi con occhi diversi. Diventa un esempio di un Carosello contemporaneo—> Carosello Reloaded Si possono distinguere 5 categorie per usare il web il modo slow: 1. Serialità transmediale—> la serialità era già nata negli anni 90 sviluppandosi col tempo; questa serialità, già presente in tv, viene traghettata anche online. Es. Miss Dior 2015: campagna televisiva per lanciare un profumo, la versione online è più lunga e con dettagli in più, viene spiegata meglio la storia. Mentre in tv lo spot lo subisco, nel digitale tendo ad andare a cercare qualcosa di più. Es. Amadori: serie a puntate, nel digitale troviamo più puntate rispetto alla televisione. 2. Slow spot digitale—> esempi di spot che venivano veicolati solo online senza un pregresso televisivo. Sono della specie di piccoli film. Es. Prada ‘a therapy’: dura 3 minuti e mezzo, con protagonisti due grandi attori e un famoso regista, è come se fosse un film ma veicolato solo online. Si cerca di raccontare Prada in modo non commerciale (si nota nelle scarpe, negli occhiali, nella pelliccia…) 3. Documentari web: es. cartier con ‘the odyssey of cartier’, in cui viene realizzata una sintesi delle tappe fondamentali del brand in cui si vedono differenti luoghi quali Russia, India, Cina, Francia… ovvero tutti i mercati in cui opera il brand. Vengono inserite tutte le realizzazioni di gioielleria rappresentative del brand, come gli animali e anche l’orologio da polso. A volte succede che questi documentari nati per il web, vengano tagliati e portati anche in televisione. Sono collegati alla storia del brando o a quella di uno specifico prodotto. 4. Social content -> prodotti digitali che hanno una ricaduta sociale o che sono nati grazie ad una condivisione sociale. Es. The beauty inside 2013, che mette in collaborazione Toshiba e Intel; fa un esperimento sociale: inventa una storia dove un bizzarro personaggio ogni giorno si sveglia in un corpo diverso, trasla sul significato simbolico il processore intel che è inserito nel computer Toshiba. In questo caso per la pubblicità e per trovare questi ‘corpi’ viene fatto un casting online; il brand ingaggia le persone nella costruzione della campagna pubblicitaria. 5. Time squared: per la prima volta non è slow solo per la durata, ma mette anche a tema il problema del tempo —> tempo al quadrato, che è anche l’oggetto del discorso. Es. Ikea 2016, spot ‘let’s relax’, in cui si lancia un messaggio di mangiare in cucina, in un momento di condivisione e senza utilizzare il cellulare. Es. Kinder “posso aiutarti mamma”, in cui vengono filmate le mamme che leggono le lettere dei propri figli; tendenzialmente le mamme sono il target che acquista Kinder. Es. Zacapa “the art of slow”, che sceglie un artista che realizza bozzetti a mano per tutta la campagna(si parla di slow anche nel crafting). Ci sono diversi riferimenti al tempo, come un uccellino che porta un orologio oppure una clessidra. C’è la necessità di un’osservazione attenta, non sono campagne immediate ma sicuramente innovative per quanto riguarda il concetto di tempo. SLOW SPACES: La centralità degli spazi Grazie alla loro capacità comunicativa anche i luoghi ed i negozi diventano un territorio privilegiato per la comunicazione di marca. Nel momento in cui entrò in un punto vendita, se inserisco altri elementi di comunicazione, esperienza, inserimento o meno di musica… cambia la situazione, facendo percepire dei pezzetti del brand. - marca come interfaccia tra azienda e consumatore - Necessità di rispondere al desiderio in un mercato sempre più saturo - Necessità di sfruttare le leve dell’emozionalità, dell’ interattività e della multisensorialità. Un cambio di prospettiva: IL CONCETTO DI NEGOZIO I punti vendita diventano sempre più slow. Si interpreta il luogo di vendita quasi come un museo, che porta attrazione ma anche laboratorio e sperimentazione (personalizzazione del prodotto). Il retailing in crisi I brand sono inseriti in un contesto in continuo cambiamento. Nel 2013 con la spinta del digitale inizia lo showrooming: provo una scarpa che costa molto in negozio per poi comprarla online a basso prezzo. Già prima del lockdown, la maggior parte dei brand attiva un approccio cross channel: gestisce il digitale in maniera strategica—> l’ integrazione tra reale e virtuale è un punto chiave (app con sconti, hybrid shop in cui posso ordinare online con ritiro in negozio). es. Walmart, che parte da un’osservazione del comportamento tipico del consumatore moderno, ovvero portare sempre con sè il proprio cellulare: inizia a creare delle applicazioni da far usare agli acquirenti in modo ufficiale all’interno del proprio store, grazie a un sistema di geolocalizzazione. altro esempio è Pinko, che gioca sull’integrazione tra reale e virtuale per offrire alla clientela un catalogo di scelta più ampio, aggiornato in tempo reale e, allo stesso tempo, migliorare il business attraverso il linguaggio digitale. SLOW SPACE: tre declinazioni Ci sono re aree in cui l’approccio slow `risultato interessante: FOOD Es. - Carrefour, che da qualche anno ha tentato la strada dell’apertura 24h/24. La variabile tempo in questo caso è proprio sull’orario di apertura. Il primo target pensato sono stati i giovani, successivamente coloro che lavorano con i turni notturni. - Questa dimensione viene presa in considerazione anche in Australia intorno al 2012, con la macelleria ‘Victor Churchill’, qui si gioca sulla dimensione visiva, si gioca su una tipologia che normalmente non associeremmo ad una macelleria (sembra più una gioielleria); è studiata per essere costruita come un luogo accogliente che verte sull’esperienza, con addirittura un’area didattico-museale in cui vengono svolti anche corsi di cucina. Inoltre c’è la possibilità di mangiare sul posto, aumentando il concetto di ‘slow’. Nel loro sito viene inoltre mostrato un video di lunga durata per presentare il brand, che accentua la dimensione slow anche dal modo in cui viene incartato il prodotto. - Corea e Inghilterra—> la catena di supermercati Tesco realizza che molti utenti non avevano il tempo materiale di andare a fare la spesa; per primi studiano dove potrebbero essere queste persone invece di fare la spesa, e quindi sulle banchine delle metro inseriscono dei ‘cartelloni digitali’, con un qr code grazie al quale era possibile fare la spesa online mentre si attendeva la metropolitana, per ricevere successivamente la spesa a casa. Si sfrutta il waiting time, trasformandolo in shopping time. Vista l’efficacia in Corea, queste affissioni vengono poste anche in aeroporto a Gatwick, dando la sensazione di immediatezza e facilità di utilizzo. Per rinforzare questi concetti, in entrambi i video è ricorrente il format di mostrare persone reali che utilizzavano il servizio (logica di ambassador). In tutti e due i casi alla fine si aggiungono i numeri, l’aumento percentuale delle persone che usufruiscono del servizio per verificare l’efficacia del progetto. LUSSO—> sono emerse tre particolarità: 1. Crescita dei flagship stores in chiave slow, negozi monomarca bandiera che non sono più luoghi di vendita ma sono quasi dei musei. Es. - a partire dal 2008 Gucci a milano realizza un negozio con superficie elevata e per la prima volta inserisce dei grossi totem per visionare in diretta le sfilate. Artisan corner ->Idea del portare all’interno del negozio alcuni artigiani affinché finiscano sul posto una borsa, una scarpa…. - Louis Vuitton: a Singapore apre un flagship store che non è un semplice store ma sembra un museo, con arredi studiati e molto particolari, oltre ad aree costruite proprio con l’obiettivo di sostare. Vuitton nasce grazie alle valige e quindi al tema del viaggio, e quindi ricostruisce una struttura che sembra quasi una nave riportando alle radici storiche del brand. 2. Luxury museums: crescita di musei legami alla moda e al lusso - Es. Salvatore Ferragamo, Firenze 1995→ nasce il suo museo, in cui mette insieme la sua storia con una serie di spazi dedicati anche. A Marylin Monroe. Ha provato a fare anche una mostra temporanea in Cina, entrando nel mercato non attraverso il negozio, ma attraverso uno spazio espositivo. BENESSERE IN 3D:i brand di moda si spostano in altri settori, come per esempio quello alberghiero Es. Le cheval Blanc apre un albergo in montagna, adibito ad un concetto di permanenza ampio, di relax. Questo all’epoca aveva aperto due problematiche: 1. Tensioni culturali—> grande varietà di culture (es. hotel Hilton in Cina, che ha dovuto rivedere parti delle sue policy come il rito del tè, niente prodotti alcolici, personale formato ad hoc…) 2. Tensione socio-economica—> giovani e donne tra i top spender (es. big spender in Brasile sono donne: cosmetici, gioielli…; Four Seasons alle Maldive che cambiando la tipologia del target che prima era più maschile, deve iniziare ad utilizzare i social media per raggiungere il target dei giovani) Territori di frontiera—>hanno dato il via a riflessione su come applicare l’approccio slow al di là del food e del lusso. Tre brand isolati di settori diversi: 1. Enel—> realizza il punto Enel nello Slow Brand Festival 2019. Apre un negozio in cui non si possono vendere prodotti dato che offre un servizio, ma si usufruisce della consulenza. Ha uno spazio anche adibito ad eventi 2. Swarovski —> capisce l’importanza di lavorare in un’ottica museale. Realizza un giardino ‘artistico’, caratterizzato da degli spazi molto particolari 3. Ikea—>anche quest brand sviluppa un museo in Svezia, aperto dal 2016. Racconta la storia del brand e l’evoluzione dell’arredo anche e soprattutto a livello locale e territoriale. Cercano anche di creare uno spazio ludico che ingaggia l’utente anche all’interno dell’area museale. SLOW FACTORY Un’azienda può essere slow anche con i suoi dipendenti? A partire dal 2007 è emerso che in Italia nasce il concetto di Internal Branding —> valorizzazione di concetti e comunicazione rivolta all’interno. C’era la tendenza a realizzare contenuti apposta per i dipendenti. C’è attenzione non solo al cliente finale ma anche al dipendente (fattore fondamentale per l’azienda, soprattutto se utilizzato per vendere prodotti e servizi). Emerge attenzione verso: - Mondo degli audiovisivi—> fiction aziendale costa crociere, short movie di BPB, tg aziendale Sia - Luoghi fisici -> location eventi aziendali: Molteni&c. , inail Lombardia, nuovo centro direzionale Franke Italia+nuove sedi Corriere della Sera e Sole 24h. Mi sento in linea con l'azienda a partire da com’è costruito il suo spazio fisico - New media—> Gruppo Ogilvy Italia, Monster.it, Gruppo DDB Communication Italia. IL LAVOR-ATTORE: un nuovo concetto 1. Dimensione attiva -> lavoratore come protagonista che può fare qualcosa. Al pari dei clienti può portare delle sue idee e avere uno spazio in cui può dire la sua, essere un protagonista nell’ambiente aziendale. 2. Diventa un attore vero e proprio all’interno degli spot pubblicitari o all’interno delle ricerche di lavoro. È una figura che racconta i nuovi prodotti e le iniziative dell’azienda. BRAND RENAISSANCE, GIUGNO 2020 Qui si utilizzerà un’ottica di employer branding(recruiting) ed internal branding(retention). Si andranno ad analizzare: - definizione ed ambiti strategici di EB ed IB - Stili di leadership - Luoghi di lavoro (sedi fisiche e Smart working/Covid) - GenZ e Millenials: strategie e tecniche di comunicazione digitali a servizio delle organizzazioni EMPLOYEE VALUE PROPOSITION Le aziende devono fare delle campagne per valorizzarli come luogo di lavoro attraverso le logiche dell’advertising. - Compenso—> oltre al salario, l’azienda può offrire bonus… c’è una relazione economica tra persona e azienda. Es. Uno stage deve essere non retribuito per legge, ma potrebbe succede che un’azienda, a differenza di altre, offre dei buoni pasto agli stagisti = benefit anche se zero compensi - Benefici—> vantaggi aggiunti nel lavorare in una determinata azienda. Possono essere ad esempio tempo libero, Smart working, sanità… - Carriera—> alcune aziende hanno dei piani di carriera. Questi includono eventuali promozioni, coaching, formazione - Cultura—> i valori, i principi dell'azienda. Molte aziende hanno dei veri e propri manifesti. In questo rientra anche il clima lavorativo e il team working. - Work Environment→ luogo e clima di lavoro; es. l’età media dei lavoratori è di 30 anni, c’è lo smart working, ci sono open space certa cultura Sono dinamiche che offrono motivi ad un lavoratore potenziale di scegliere un’azienda piuttosto che un’altra, ad esempio nel momento in cui offrono la stessa paga. Si tratta di fattori che, come in una ruota, si rimandano a vicenda. I tre pilastri su cui si fonda l’EVP sono: 1. Stimulating people: incoraggiare le idee, stimolare la creatività dei collaboratori 2. Empowering people: ottenere i migliori risultati aziendali attraverso il lavoro di squadra 3. Inspiring people: sviluppare nuove competenze Es. Arval: campagna di Internal Branding con manifesti che vuole spiegare perché sia bello lavorare con loro. È basata sul mezzo della stampa (headline, bodycopy…). L’azienda cerca di spiegare che il contributo dei dipendenti è importante attraverso delle immagini di dipendenti veri (= qui siete ascoltati, il successo dell’azienda passa per il successo individuale). L’ambiente dovrebbe essere stimolante perché le idee dei collaboratori vengono ascoltati (ci sono le lampadine come simbolo) e quindi l’ambiente sarà creativo. L’azienda si occupa di noleggiare automobili e la campagna gioca su car-care (tecnica del linguaggio pubblicitario) “we care about you” = il dipendente è al centro. C’è anche il concetto di empowering dinamicità. Alla fine, arrivano a un’unica frase riassuntiva “Arval: a place for people in action” = persone dinamiche, disposte a collaborare a lavorare con ritmi incalzanti. Se questa strategia funziona, i curriculum che arrivano sono in linea con quello che stanno cercando (risparmio tempo da entrambe le parti). Non si tratta di una promozione dei servizi che l’azienda offre, ma dell’azienda come luogo di lavoro. Le analisi del clima organizzativo servono poi per provare che quello che viene dichiarato corrisponde alla realtà può essere sfruttato per attirare nuovi dipendenti (come se il dipendente fosse un ambassador pubblicitario). EMPLOYEE CENTRICITY Un’altra etichetta è quella dell’ employee centricity= dare peso ai dipendenti e metterli al centro dell’organizzazione. Più il dipendente è ingaggiato, più la sua relazione con il consumatore finale funziona. Se noi come consumatori continuiamo a sentirci al centro del mondo organizzativo, vogliamo sentirci ugualmente al centro nel momento in cui entriamo in un ambito lavorativo. In primo luogo, gli stakeholder interni possono essere un tassello del macrosistema articolato che contraddistingue le dinamiche di business di un’organizzazione rivolta al cliente finale (es. dipendenti che lavorano a stretto contatto con il pubblico, nella vendita di prodotti e servizi del brand). Se il commesso fosse impreparato mi farei una cattiva idea del brand e questo non mi spingerebbe nemmeno a candidarmi a quella posizione. L’employee centricity diventa fondamentale per i brand contemporanei, andando a introdurre una innovativa comunione di intenti tra le dinamiche di Employer Branding e di Internal Branding che vivono sempre più interconnesse tra loro. Andres Ortega individua 6 step strategici fondamentali: 1. Organizzare esperienze positive per il dipendente: il dipendente deve necessariamente essere coinvolto in attività e momenti di socializzazione, che lascino un ricordo positivo e duraturo nella sua mente 2. Mettere in atto processi che considerano le esigenze del dipendente: spetta al management identificare e comprendere le esigenze dei propri dipendenti, siano esse reali bisogni, aspettative o preoccupazioni 3. Scegliere un modello di leadership focalizzato sul dipendente: il dipendente deve sentirsi libero di prendere parte al dialogo con il proprio manager. 4. Arricchire l’esperienza del dipendente attraverso il feedback: chiedere un feedback implica dar voce al dipendente, conferire credibilità al suo parere e trattarlo da adulto, ovvero da persona in grado di farsi un’opinione sulla base dell’esperienza vissuta in azienda. 5. Misurare e condividere risultati individuali e collettivi: ogni dipendente deve essere messo al corrente del raggiungimento o meno degli obiettivi; solo rendendosi pienamente conto di come l’individuo e la collettività contribuiscono a dare forma al business, egli potrà diventare epicentro della employee centricity 6. Incoraggiare la partecipazione del dipendente: coinvolgere attivamente il dipendente all’interno della struttura organizzativa e della dimensione della cultura aziendale In secondo luogo, le logiche di ingaggio usate dal marketing e della comunicazione esterna possono diventare potenti leve strategiche anche in ottica di: - Employer branding (reclutare nuovi talenti); processo di costruzione di un’identità del datore di lavoro che deve essere il più possibile chiara, identificabile, unica e attraente agli occhi dei potenziali dipendenti. - Internal branding (consolidare la retention, condividendo valori, visioni…) Es. Leonardo del Vecchio, di Luxottica, è stato tra i primi a dare benefit ai propri dipendenti, tra cui la spesa, la tata, gli studi ai figli dei dipendenti. EMPLOYER BRANDING È il 1996 quando gli studiosi Tim Ambler e Simon Barrow usano per la prima volta in un loro articolo il termine ‘employer brand’ come sinonimo di datore di lavoro visto come l’insieme dei possibili vantaggi funzionali, economici e psicologici forniti ai dipendenti. La finalità dell’ employer branding è quella di mettere in evidenza internamente ed esternamente la qualità del proprio brand come luogo di lavoro per ottenere vantaggi competitivi sia per le attività proprie delle risorse umane sia per quelle strettamente commerciali. - Employer Brand: sta a indicare ciò che esalta gli aspetti unici e distintivi dell’ambiente di lavoro e della sua offerta, differenziando il brand dai suoi competitors Nel 2002, nell’articolo ‘ branding from the inside out’ comparso nel business review weekly, si parla di EB come la somma degli sforzi di un’azienda di comunicare al personale esistente e potenziale quanto quell’azienda è desiderabile come posto di lavoro. Nel 2004, come strategia per gestire la notorietà e la percezione che gli impiegati hanno sul’azienda si fanno analisi di clima organizzativo tramite sondaggi. Nel 2008 in letteratura si inizia a a leggere che c’è un rapporto tra EB, marketing e comunicazione—> è giusto usare tecniche metriche dell’advertising per le organizzazioni(cercare di trattenere i dipendenti). È necessario avere un mindset da marketing—> coerenza: il luogo di lavoro deve riflettere quello che l’azienda millanta di essere. L’importanza dell’EB ritorna anche se si fa un search delle parole piu cercate su Google dal 96 ad oggi—> è aumentato esponenzialmente il numero di articoli e letterature che parlano di employer branding, per cui nascono anche nuove figure professionali (employer branding Specialist). Se tutto questo funziona è perché a capo dell’azienda c’è un certo tipo di leader: - Leader Inclusivo: persona che, già in partenza, costituisce il dialogo e la comunicazione con le sue persone in un modo inclusivo (dare la parola a tutti in sede di riunione). Al giorno d’oggi, specialmente, si considerano tutti i livelli di inclusività possibili (orientamento sessuale, cultura, genere, età) - UnBoss: ideato da due imprenditori danesi, basato sul non avere un capo. Inizialmente sembrava un paradosso, ma hanno provato a verificarne la funzionalità prima in un brand svizzero: una piccola azienda di 200 persone che sono tutte alla pari e in grado di organizzarsi il lavoro in modo autonomo. Non c’è una figura apicale, ma dei facilitatori. Tutti contribuiscono al benessere della società e si fa leva sui valori aziendali e personali. Il modello è stato poi rivisto e perfezionato dal Ceo di Novartis, multinazionale farmaceutica per cui lavorano molte più persone: per sentirsi sé stessi, il primo elemento è il dress code, in questo caso assente. Non ci sono linee guida, il Ceo non si veste in giacca e cravatta come ci si aspetterebbe. Viene smontato lo stereotipo di rappresentazione del capo, lui stesso deve essere coerente con questo punto di vista e deve mettere in pratica quello che racconta. È importante anche che lui stesso sia appassionato di ciò di cui parla, c’è una dimensione emotiva, il lavoro diventa una passione ed è coinvolgente. Non dipende dal numero di persone, perché anche in una realtà più piccola si possono applicare delle dinamiche UnBOSS. Punti di contatto con l’approccio Slow Boss: o Mettere lo scopo prima del conflitto o Attivare un rapporto non solo commerciale con i propri clienti ma più partenariato o Pensare a come contribuire al benessere della società a 360° o Fondamentale far leva sui lavori (aziendali e personali) - Leader inclusivo: autenticità, fiducia, coraggio, ascolto e condivisione sono alcuni dei fattori emergenti da questo quadro. Secondo delle ricerche di Harvard, esistono collegamenti evidenti tra questi fattori di leadership e l’aumento di performance dei gruppi di lavoro. - Leadership aperta: nelle altre dinamiche non era abbastanza stressata la leva della comunicazione, attraverso iniziative come meeting informali che permettono di confrontarsi anche senza fissare una riunione formale; brainstorming; gite fuori dall’azienda; iniziative bottom-up in cui si chiede ai dipendenti di lanciare delle idee. Dati di scenario: Ricerca di Patrizia Musso e Biondo, 2019 “Il prototipo del manager emerso dalla ricerca è quello di una persona competente (aspetto ritenuto fondamentale dal 79% del campione) e con attenzione all’aspetto umano (valore top pari al 29% e nella top 3 per il 66% del campione). Determinazione, capacità di agire in base a ideale e adesione ai valori del brand rappresentano dei plus valori (non prioritari in senso assoluto) ma ricercati fra le tre caratteristiche fondamentali di un manager”. Se la figura apicale non convince, la tendenza, nel momento in cui ce lo si può permettere, è quello di lasciare il posto di lavoro. I boss contemporanei, quelli che da tempo vengono chiamati Slow Boss, devono essere: - Grandi stimolatori di creatività - Forti motivatori del personale (più che solo controllori e aggregatori di potere) = soft skills > hard skills Tutto questo richiede del tempo. Secondo la Society for human resources management, associazione internazionale di professionisti delle risorse umane, si possono identificare 6 elementi chiave del processo di talent acquisition: 1. pianificare le risorse 2. costruire la propria reputazione come datore di lavoro 3. unire ricerca esterna e ricerca interna 4. stare al passo con i tempi in relazione proprio al tool di ricerca 5. analizzare i dati 6. prevedere un piano specifico di onboarding della risorsa selezionata EMPLOYEE VALUE PROPOSITION L’azienda ha sempre più il compito di prendersi cura dei propri dipendenti e dell’esperienza che questi vivono; i collaboratori devono essere in grado di sentirsi attivamente coinvolti nel cambiamento e fonte di ispirazione dello stesso, consapevoli che solo grazie al loro impegno e alla condivisione di valori comuni, la cultura aziendale può concretamente evolvere e trasformarsi. Ci sono una serie di realtà che fanno delle vere e proprie classifiche sull’ambiente che si respira all’interno del luogo di lavoro. più l’informazione è gestita dall’azienda, più è facile che la notizia sia veritiera. es. ‘Great Place to Work’ è una società di ricerca e consulenza HR, che analizza gli ambienti di lavoro misurando le opinioni dei collaboratori e le employee experience. Sono le aziende stesse che chiamano questa società per fare analisi sulla popolazione aziendale, garantendo la maggiore trasparenza possibile. Anche questa società racconta di quanto sia importante mettere la persona al centro, costruendo delle tecniche finalizzate a far star bene i dipendenti. C’è anche il Top Employer institute, altra società di consulenza che svolge questo tipo di indagini. Oggi, per un’azienda è fondamentale mostrarsi, anche online, al meglio delle proprie possibilità, così da risultare un top employer. Oggi sono di cruciale importanza le attività raggruppabili sotto l’etichetta di social media marketing; è proprio attraverso queste azioni che l’azienda riesce a comunicare con una community molto ampia, guadagnando clienti, seguaci e incrementando così l’awareness del proprio brand→ i recruiter dovrebbero cominciare a emulare i colleghi marketing specialist, prendendone in prestito gli strumenti. EVP: gli effetti concreti un dipendente coinvolto, pienamente integrato e allineato all’interno della sua realtà lavorativa, sarà in grado di trasmettere il valore che caratterizza< il marchio, riuscendo a farlo percepire empaticamente e valorizzarlo agli occhi (e al cuore) dell’utente/cliente finale. Se un brand ha a cuore il cliente, deve avere a cuore anche il dipendente. EVP E LE NUOVE TECNOLOGIE Ci sono delle possibilità che potrebbero essere utilizzate in un’ottica lavorativa nel momento di assumere il candidato: - Intelligenza artificiale→ analisi dei curriculum per scremarli e sottoporli poi alle human resources - Self tape→ presentazione video del candidato stesso