Scarica Storia Medievale Provero - Vallerani e più Appunti in PDF di Storia Medievale solo su Docsity! CAPITOLO 1 – ETNOGENESI (nascita regni roma-barbar)– COSTANTINO – MONACHESIMO (irlandese anche) CAPITOLO 2: BARBARI E REGNI - LA FINE DELL’IMPERO – TEODORICO - I PRIMI REGNI - LIBER IUDICIORUM CAPITOLO 3: LA SIMBIOSI FRANCA – LEX SALICA – Assemblee – chiese franche CAPITOLO 4 – Giustiniano – CORPUS IURIS CIVILIS - Restauratio Imperii - Guerra Greco-Gotica (PRAMMATICA SANZIONE) REGNO LONGOBARDO – ORIGO GENTIS LONGOBARDUM – EDITTO DI ROTARI – MONOFIS/DIOFISI CAPITOLO 5: NOBILI, CHIESE E RE - TERRE E UOMINI – CURTIS - CAPITULARE DE VILLIS - COMMERCIO CAPITOLO 6: IMPERO CAROLINGIO – Carlo Magno - REX FRANCORUM ET LANGOBARDORUM – RAPPORTI PAPATO – GOVERNO(conti, vassalli...)– BENEFICIUM – IMMUNITÀ – LUDOVICO IL PIO – ORDINATIO IMPERI CAPITOLO 7: ISLAMICI E BIZANTINI - Emiri – IMPERO BIZANTINO – Movimento Iconoclasta –SLAVI CAPITOLO 8 ETÀ POSTCAROLINGIA - CAPITOLARE DI QUERZY – DIPLOMI - PACI DI DIO (TRIPARTIZIONE FUNZIONALE) – SARACENI, UNGARI, NORMANNI – INGHITERRA (GUGLIELMO IL CONQUISTATORE) - ITALIA – GERMANIA (OTTONE I) – RENOVATIO IMPERII ROMANORUM – FRANCIA (CAPETINGI) – MONACHESIMO CLUNY – MONASTERI 10/11 SEC CAPITOLO 9: RIFORMA ECCLESIASTICA - PATERINI (INQUISITIO EX UFFICIO) – DECRETODI GRAZIANO – ERESIA – AD ABOLENDAM - VERGENTIS IN SENIUM – LO SCISMA – LOTTA INVESTITUTRE – CERTOSINI & CISTERCENSI – GUERRE SANTE CAPITOLO 10: IL DOMINIO SIGNORILE - CHIESE (IN CURA D’ANIME) – VASSALLI E CAVALIERI – PRODUZIONE E PRELIEVO - COMUNI RURALI / FRANCHIGIE CAPITOLO 11: I REGNI EUROPEI (11-13sec) - INGHILTERRA – FRANCIA – 1° GUERRA 100 ANNI – SPAGNA – FEDERICO I (DIETA DI RONCAGLIA) – LEGA LOMBARDA – NORMANNI (RUGGERO) – FEDERICO II (COSTITUZIONI DI MELFI) CAPITOLO 12 : CITTÀ E COMUNI - VILLEFRANCHE – ETÀ PODESTARILE – ARTI E POPOLO CAPITOLO 13 LA CRISI DELLA CHIESA - CONCILIARISMO – Decretali (Liber extra) – ORDINI MENDICANTI – INQUISIZIONE – CONFRATERNITE – Conflitto BONIFACIO 8 (unam sanctam) conflitto templari CAPITOLO 14 REGNI EUROPEI – FRANCIA: Guerra 100 anni, Giovanna d’Arco, INGHILTERRA: parlamento – Guerra 2 rose – SPAGNA – GERMANIA - A sburgo REGNI SLAVI – STATO OTTOMANO – Guerra Santa (Fine impero Bizantino) ITALIA – Signorie cittadine – Regni meridionali (vespri siciliani) – Alfonso V – Stati repubblicani (Lega italica) CAPITOLO 15 NUOVI ASSETTI SOCIALI - Organi centrali – Ufficiali Territoriali – Fiscalità pubblica – Assemblee e parlamenti – Peste – Crisi nelle campagne STORIA MEDIEVALE Diverse sono le datazioni possibili per segnare l’inizio del Medioevo: ●Si usa spesso il 476 che rimarca la fine dell’Impero Romano d’Occidente; ●O seguendo una lettura etnico-militare si fa riferimento al 410 anno del saccheggio di Roma da parte dei Visigoti; ●invece, il 324 si accosta di più al fronte istituzionale con la fondazione di Costantinopoli ●e infine in chiave religiosa con l’editto di Milano del 313. È il 1492 con la scoperta dell’America che si pone fine all’età medievale. Vengono considerate tante date in quanto il Medioevo va a descriversi come epoca di sviluppi, che porteranno alla formazione di nuovi quadri politici ed economici che influenzeranno l’Europa e la nascita delle nazioni moderne. CAPITOLO 1: L’IMPERO CRISTIANO L’ormai riconosciuto periodo transitorio del Tardo-Antico, si forma dagli ultimi decenni del II secolo d.C non è più visto come una lunga fase di decadenza dell'Impero, ma come un periodo con suoi propri connotati in un complesso e innovativo equilibrio tra: -la dimensione regionale del mondo romano e le istanze del governo centrale, -la progressiva penetrazione di nuove popolazioni nei territori imperiali -l’inserirsi di nuove forme religiose. Lo studio e la comprensione di questi dati permetteranno di intendere al meglio lo sviluppo dell’Alto Medioevo con le sue principali strutture di potere e di prelievo, insieme al ruolo dell’esercito e della sua componente barbarica, comprendendo anche le trasformazioni religiose del IV secolo. IMPERO TARDO-ROMANO Finita l’espansione militare dell’Impero, si stabilirono delle basi militari nei confini segnati dal limes del Reno e del Danubio, dando inizio al cosiddetto “Impero Tardoantico”. L’Impero comprendeva al suo interno diverse popolazioni, di diverse tradizioni e culture, lingue e religioni con livelli di romanizzazione molto variabili ma comunque coordinate da una forte macchina statale, fiscale e militare. Un apparato che subì una profonda crisi nel III secolo seguita da una serie di lotte per il trono Il potere imperiale fu ripristinato solo da Diocleziano istituì una Diarchia insieme a Massimiano: una condivisione del potere imperiale che portò inevitabilmente ad una doppia polarizzazione tra Occidente e Oriente Da qui prende avvio di allontanarsi dall'ottica di ROMA come unica città importante allargando lo sguardo anche verso: l'Oriente dove Diocleziano aveva la sua fetta di responsabilità La Gallia dove si concentrò molto Massimiano. Nessuno dei due risiedeva a Roma che iniziò a perdere da quel momento la sua funzione di capitale e città importante, ma tuttavia, almeno fino al 285 D.C rimaneva la sede del senato e la città simbolo del vasto impero. La diarchia, dopo poco tempo, divenne Tetrarchia, dove i 2 imperatori (Augusti) nominarono 2 Cesari (successori al trono e assistenti) (in questo caso sono Galerio e Costanzo Cloro.) Nel 324, l’imperatore COSTANTINO (figlio di Costanzo) fondò la città di COSTANTINOPOLI (Istanbul) come nuova residenza imperiale, lasciando il ruolo di capitale a Roma. Costantinopoli riuscì comunque a definirsi come grande punto di riferimento del potere imperiale nel Mediterraneo orientale, inserendo anche la presenza di un Senato parallelo a quello di Roma. Solo nel V secolo Costantinopoli venne considerata come vera e propria capitale dopo la divisione dei due imperi nel 395 con la successione a TEODOSIO il quale decise infatti di separare il territorio con la speranza di contenere le aree di controllo, dandole ai due figli: Arcadio (al quale spettò l’Oriente) e Onorio (invece l’Occidente). Era necessario mantenere vivo un grande afflusso di denaro per sostenere i 3 grandi CAPITOLI DI SPESA: la burocrazia, la capitale e l’esercito. Roma affrontava tutte queste spese con la famosa IMPOSTA DELL’ANNONA (un accorto sistema fiscale): imposta che gravava sulle popolazioni rurali in base all’estensione delle terre e al numero di contadini presenti su di esse . Erano i CURIALES (membri dell’assemblea cittadina) a dover riscuotere l’imposta per poi girarla all’apparato imperiale. Questo MECCANISMO FISCALE costituiva la struttura portante di un sistema di circolazione economica fiscale, fatta di monete e beni di primo consumo. (il grano africano ad esempio) La FINE DELL'ESPANSIONE MILITARE (seconda metà del II secolo d.C.) determinò anche la fine dell'espansione economica poiché non c'erano più bottini e manodopera grazie ai prigionieri di guerra. Ciò portò a non poter comprimere le spese militari ingenti a causa della pressione continua di diversi popoli sul limes questa continua richiesta di MONETA portò gli imperatori nel IV secolo ad effettuare una politica inflazionistica. In questo scenario cambiarono anche i rapporti tra ITALIA E PROVINCE, la prima perdette la propria importanza produttiva iniziando ad importare ogni prodotto provenienti dalle diverse parti dell’impero. POPOLAZIONI BARBARICHE Bisogna ricordare il LIMES: una grande fascia di incontro e scontro, di scambio culturale che influenzò inevitabilmente le popolazioni poste ai confini di esso non quindi una semplice distinzione tra popolazioni romanizzate e non anche perché il fatto di essere all'esterno non significa essere estraneo a ciò che succede all'interno dell'impero. Si identificano i popoli al di là dei territori romani sotto il termine BARBARI: 1. La definizione di barbari nasce per indicare coloro che non parlavano né Greco e né Latino. 2. Altra possibile definizione è quella di Germani termine che nasce da fondamentali affinità di lingua e costumi Questa definizione possiede un difetto ovvero il fatto che questi gruppi armati non pensavano a sé stessi come Germani diversi gruppi barbari come i Goti o Ripuari si sentivano parte di un gruppo specifico ma non di un gruppo ampio chiamato germanico. iniziativa si spiega considerando le funzioni che il Cristianesimo poteva assolvere per l'Impero L’efficacia della religione come collante ideologico del mondo romano dal punto di vista di Costantino era soprattutto importante che dal concilio uscisse una tesi unitaria Alla fine, il concilio sancì la nomina di un'assemblea di vescovi incaricati di discutere di fatti teologici. Si creò quindi una fondamentale BIPARTIZIONE RELIGIOSA - tra un mondo romano a prevalenza cattolico-nicena - un mondo germanico in cui ebbe largo spazio l'Arianesimo Solo con L’EDITTO DI TESSALONICA emanato nel 380 D.C. si ebbe il pieno consolidamento a livello imperiale del Cristianesimo: l’imperatore Teodosio rese il Cristianesimo religione ufficiale dell’Impero e diede il via a repressioni nei confronti delle altre religioni considerate eretiche. VESCOVI E MONACI Non bisogna considerare la Chiesa del IV secolo come un’organizzazione unitaria o universale: la struttura portante era quella della DIOCESI ovvero la comunità cristiana di una città e del suo territorio, raccolta attorno al vescovo. Fu in larga misura la ripresa di un modello organizzativo dell'Impero si passa per molti aspetti attraverso un'articolazione in distretti cittadini come abbiamo visto per le funzioni fiscali delle Curiae municipali sul territorio circostante. L’importanza del VESCOVO nasceva dalla sua funzione religiosa poiché era il principale mediatore verso il sacro e guida dei fedeli verso la salvezza, questa efficacia si arricchì con l'inserimento nella chiesa Cristiana dell'aristocrazia senatoria i cui membri occupavano le sedi vescovili. Al di sopra dei vescovi non esisteva una struttura unitaria a cui poter far riferimento, si andò a definire solo la superiorità per prestigio di alcune città maggiori definite come sedi patriarcali e cioè: Roma (è l'unica città ad avere il patriarcato in Occidente, per alcuni aspetti la più prestigiosa di tutte per il suo richiamo all'impero e perché il vescovo era il successore di Pietro.) Antiochia, Alessandria d’Egitto, Gerusalemme Costantinopoli. Fu responsabilità dei vescovi L’EVANGELIZZAZIONE sia all’interno che all’esterno dei confini imperiali (l’editto di Tessalonica non aveva cancellato i culti pagani), - INTERNO: a partire dalle sedi dei vescovi si avviò il processo di evangelizzazione delle CAMPAGNE con la creazione di una rete di chiese dipendenti dal vescovo, le cosiddette PIEVI, a cui era affidato il compito di curare le anime nei vari settori della diocesi. Innestandosi nelle campagne il culto cristiano assunse connotati in parte nuovi, rielaborando luoghi, forme e oggetti di culti precedenti, dando vita a santi, santuari e reliquie. -ALL’ESTERNO: Un secondo livello di evangelizzazione fu quello che andava OLTRE IL LIMES Abbiamo visto come i germani aderirono all'Arianesimo, ma la conversazione al cristianesimo ebbe forme diverse in zone come le isole britanniche Scozia ed Irlanda non furono mai parte dell'impero l'Inghilterra sì. L’INGHILTERRA fu l’unico territorio toccato dalle conquiste romane ma che defilò il credo cristiano dopo l’arrivo degli Anglosassoni e riacquisì vitalità cristiana solo dopo il 6 secolo grazie a missioni di evangelizzazione da parte dell’Irlanda, in cui il Cristianesimo apparve precocemente. In Irlanda infatti pur non avendo mai fatto parte dell'impero, nel 431 D.C. (V secolo) già erano molti i convertiti. Con il Cristianesimo irlandese vediamo entrare in gioco una diversa forma di religiosità, quella monastica. Il MONACHESIMO è una fuga dal mondo finalizzata alla purificazione dell’anima e all’avvicinamento all’Essere supremo: un’ascesi raggiungibile tramite la rinuncia, che però non necessariamente si univa ad un percorso di penitenza (a differenza del monachesimo cristiano). Il MONACHESIMO CRISTIANO (nel medioevo) valorizzò invece la penitenza come purificazione dal peccato, da una macchia che impediva l’avvicinamento a Dio; la penitenza divenne quindi parte costituente del percorso ascetico. All'interno del monachesimo cristiano possiamo dire che ci sono 2 GRANDI DIFFERENZE: Gli eremiti e i Cenobiti. - Per quanto riguarda gli EREMITI , si tratta di persone che si dedicavano ad una vita di preghiera e di perfezionamento per arrivare a Dio. Presto si creò intorno a loro un alone di santità e questo li permise di poter vivere delle elemosine che gli venivano fatte. Venivano chiamati ''Atleti di Dio'' poiché sceglievano di vivere in luoghi conosciuti ma in solitudine. - Per quanto riguarda i CENOBITI è una forma comunitaria di monachesimo, praticata in monasteri (cenobi), sotto la guida di un'autorità spirituale, secondo una disciplina fissata da una regola. I cenobiti sono monaci cristiani le cui prime comunità risalgono al IV secolo e si differenziano dagli eremiti in quanto praticano una vita comunitaria anziché solitaria. Fondatore del cenobitismo è considerato PACOMIO, monaco egiziano vissuto a cavallo fra III e IV secolo. Organizzare una comunità richiedeva la messa in comune delle proprie ricchezze e la creazione di regole per definire la vita comune. In ogni comunità c'era un ABATE a cui tutti dovevano dare ascolto e che regolava il percorso per arrivare alla perfezione. In Occidente si diffuse per opera sia di San Girolamo, sia di Martino di Tour, sia di Benedetto da Norcia, sia di Colombano di Bobbio. (Monarchia Irlandese) Se il medioevo fu segnato dal monachesimo Benedettino, il tardoantico fu caratterizzato da fenomeni ed esperienze che rappresentarono i principi fondamental iniziali Lo scopo centrale di questa tipologia di vita era quindi un qualcosa di personale, basato sul perfezionamento spirituale del monaco, non troviamo alla base né una volontà di assistenza ai poveri o ai malati, né alla cura delle anime dei laici. BENEDETTO DA NORCIA – LA REGOLA Prevalse nei secoli successivi la REGOLA BENEDETTINA, inizialmente concepita come una delle tante forme di monachesimo nell’Italia del VI secolo. Benedetto è stato un monaco cristiano italiano, che dopo aver studiato a Roma si allontanò per vivere una vita ascetica come eremita e cenobita nel Lazio, arrivando alla fondazione dell'abbazia di Montecassino dove scrisse la sua REGOLA che fu scritta come rielaborazione di un testo chiamato ''la regola del maestro'' è fondata su principi e conoscenza della natura umana e dei suoi limiti che indusse Benedetto a proporre una forma di ascesi moderata in cui la principale attività era la preghiera,mentre il lavoro aveva uno spazio marginale se vogliamo riassumere la regola non lo facciamo con ''prega e lavora'' ma con ''prega e obbedisci all'abate''. Dal punto di vista ORGANIZZATIVO, Benedetto propose una comunità semplice in cui la solidarietà tra i monaci si integrava con l'obbedienza all’abate che doveva controllare e interpretare la regola, adattarla alle specifiche esigenze, il testo non contiene molte norme dettagliate, ma alcuni principi che l'abate doveva adattare alle specifiche condizioni ed esigenze locali. Si presenta come un testo versatile e flessibile, capace di accogliere diverse forme di ascesi e spiega così la sua ampia diffusione nei diversi monasteri dell’Europa occidentale. MONACHESIMO IRLANDESE Altro monastero importante fu quello IRLANDESE la cristianizzazione in Irlanda si era tradotta in una centralità istituzionale effettuata dai monasteri che avevano assunto la cura pastorale della popolazione la particolarità però stava nel fatto che si concentrava molto sulla penitenza e sulla spinta missionaria. Da questi caratteri nasce il movimento di san Colombano che alla fine del 6 secolo fondò una serie di monasteri in Gallia per poi arrivare in Italia all'abbazia di Bobbio. Colombano fu l'esponente del movimento missionario più vasto dei monaci irlandesi, i quali rinnovarono il monachesimo nell'Europa continentale, dando importanza alla penitenza e all'autonomia dei monasteri. Tra il 8 e 9 secolo, questi monasteri confluirono all'interno del modello dominante rappresentato dalla regola benedettina. Per quanto i monasteri fossero luoghi di isolamento dal mondo, ebbero una relazione intensa con la società circostante, in particolar modo con l’aristocrazia locale (tramite le donazioni, infatti, erano in grado di garantirsi le preghiere dei monaci, e così, la salvezza della propria anima). CAPITOLO 2: BARBARI E REGNI (ROMANO-BARBARICI) Le invasioni, la caduta dell’impero, la formazione dei regni romano-barbarici considerati passaggi chiave della transizione tra antichità e medioevo. L’avvento delle popolazioni barbariche fu una delle cause della caduta dell’Impero, che già mostrava però grandi debolezze al mantenimento della propria unità (406-407 D.C) C rollo del limes espressione di uno squilibrio legato: - alle difficoltà di tenere l'esercito sotto controllo - il sistema fiscale romano faticava a far fronte a tutti i costi - i soldati saccheggiavano per i bottini. Alcuni degli SPOSTAMENTI DEGLI ESERCITI GERMANICI, rivelavano maturate realtà militarmente e politicamente coese e definite, che furono in grado di mantenere la propria identità per diverse generazioni fino ad arrivare alla creazione di regni duraturi e dalla chiara fisionomia territoriale. Primo caso furono i VISIGOTI che si ribellarono più volte al potere imperiale a potere di questo popolo c'era il re Alarico che arrivò a saccheggiare Roma nel 410 D.C e poi morì. Ma la morte del re non comportò la fine dell’unità politica e militare dei Visigoti si allontanarono dall'Italia per andare a costituire, tra 414 e 418 D.C., un regno nel sud della Francia, formalmente come federati dell'Impero, ma di fatto con ampia autonomia. Questo regno nel tempo si spostò in Spagna durando 3 secoli, dando vita ad una delle più grandi dominazioni dell'alto medioevo. Altro popolo VANDALI, i quali nel 417 D.C. si insediarono in Spagna. Nel 429 D.C. sotto la guida del re Genserico si spostarono nell'Africa romana, per poi conquistare le province di Tunisia e Algeria, dove crearono un regno nel 439 D.C. durato fino al 534 D.C. I Vandali rappresentano il primo popolo barbaro che trasformò la propria superiorità militare in un potere politico strutturato, con un territorio ben definito, laico dall’impero e autonomo. un nuovo sacco di Roma, condotto nel 455 D.C. dai Vandali provenienti da Cartagine. Altro popolo UNNI, popolo con un potentissimo esercito guidati dal re Attila. Provenienti dall'Asia centrale si erano stanziati ai bordi dell’Impero Romano nel V secolo, furono una costante minaccia per l'impero Momento di svolta fu dato nel 445 D.C. Attila prese il potere ed indirizzò la forza militare unna in una durissima serie di campagne nei territori romani fino alla sconfitta ai CAMPI CATALAUNI nel 451 D.C. determinante la morte di Attila due anni dopo, morte che portò alla rapida dissoluzione del dominio unno. La rapida dissoluzione del dominio unno mostrò come diversamente che per Vandali e Visigoti, la forza militare unna non si fosse tradotta in una struttura politica, e come il potere fosse direttamente e necessariamente collegato alla capacità di guida militare del suo re. Protagonista della battaglia del 451 fu EZIO, il generale che riuscì a battere Attila parliamo di un generale di origini barbare che arrivò ai vertici grazie alle sue capacità militari LA FINE DELL’IMPERO Dopo diversi anni di azioni militari da parte di popolazioni barbariche dal 454 D.C si avviò un nuovo periodo di saccheggi e nuovamente la violazione dell’antica capitale incapacità imperiale. Il potere imperiale continuava ad essere un grande obiettivo politico-militare e qualcosa di cui liberarsi. L’Impero in questo periodo perse l’Africa e anche poi l’intera regione della Gallia. Si trattò di una debolezza che si concretizzò nel corso del V secolo, nel quale si alternarono sul trono degli imperatori fantoccio, scelti e controllati dai generali di origine barbara. Finché, nel 476 D.C. il generale ODOACRE depose quello che sarebbe stato l’ultimo imperatore dell’Impero Romano d’Occidente, Romolo Augustolo, e non ne insediò uno nuovo (inviando addirittura le insegne imperiali a Costantinopoli). DEPOSIZIONE DELL’ULTIMO IMPERATORE Nel 476 D.C. nessuno vide nella deposizione di Romolo Augustolo un avvenimento rilevante, nessuno pensò di aver assistito al la fine di un'epoca. La scelta di Odoacre di inviare le insegne imperiali a Costantinopoli (In Oriente)mirava a ricomporre l'unità imperiale e fu la presa d'atto che un imperatore ad Occidente non era necessario ma sono una complicazione per un mondo romano che si andava polarizzando attorno all'unico imperatore dotato di effettivo potere, quello d’Oriente. andò costituendo una struttura politica frammentata in piccole dominazioni (a cui capo vi erano i cosiddetti reges). Insediamenti: anglosassoni nelle aree orientali una maggiore presenza celtica in quelle occidentali La conquista anglosassone ridusse il peso della chiesa cristiana, pur senza cancellarla, la religione cristiana subì un regresso tanto che la Britannia fu il terreno di un nuovo processo di evangelizzazione a partire dal VI secolo. L'INTERA ISOLA (sia le aree celtiche sia quelle anglosassoni) tradizione romana debole, quasi del tutto cancellata all'inizio del V secolo con la fine del dominio imperiale fu una rottura profonda, evidente sul piano economico e politico dato che le strutture altomedievali di governo dell'isola non si costruirono sulla base di una rielaborazione delle strutture romane, come avvenne sul continente. Per L’IRLANDA invece, bisogna ricordare come sia sempre stata al di fuori del dominio imperiale e di come non subì le invasioni da parte dei sassoni, ma comunque caratterizzata da una frammentazione politica divisa in decine di regni, i cui re avevano un potere militare e politico, ma probabilmente non legislativo: ovvero, il re era incaricato di guidare la popolazione, ma agiva sulla base di norme che non aveva il potere di modificare. Sul PIANO RELIGIOSO, il Cristianesimo si sviluppò lentamente, senza la presenza di un regnante superiore agli altri in grado di condurre un’azione unificatrice sotto un unico credo. Assunsero grande importanza i monasteri e gli abati, equivalenti alle figure sociali delle diocesi e dei vescovi che invece ritroviamo nel continente. Qui si svilupperanno le figure degli overkings: re più potenti degli altri, che imporranno un controllo militare sui regni minori. VANDALI Le province di Tunisia e Algeria erano una terra ricca dal punto di vista agrario, aree di grande produzione di olio e grano, tali da rifornire la città di Roma L'importanza economica di questa zona derivava anche dalla sua relativa sicurezza tale da non rendere necessari grandi e costosi contingenti militari. I Vandali si erano stanziati nella penisola iberica nel 417 D.C, ma nel 429, sotto la guida di Genserico si insediarono nelle poco militarizzate zone africane: si trattò del primo popolo barbarico a costituire un regno totalmente autonomo all’interno dei territori imperiali. Sul PIANO RELIGIOSO vi fu grande intolleranza nei confronti degli africani di tradizione romana di fede cattolica: i Vandali portarono avanti ampie persecuzioni ai danni delle chiese, per motivi religiosi ma anche per acquisire le ricchezze da esse conservate. L’Africa vandala si rivelò comunque stabile dal PUNTO DI VISTA ECONOMICO E FISCALE si continuò infatti a prelevare tasse secondo il modello romano, e le somme raccolte non uscivano dai confini del regno. Questa situazione non giovava all’Impero, che cambiò il rapporto di scambio puramente fiscale con i territori africani con uno di tipo commerciale, comportando così un calo della domanda e un aumento della produzione interna. I Vandali però non potevano vantare una buona solidità politico-militare, causata forse dalla mancata integrazione dei diversi popoli presenti sul territorio. Talmente deboli che, nel momento in cui l’Impero progettò di espandersi verso il Mediterraneo, travolse immediatamente il regno vandalo. VISIGOTI Il processo di insediamento dei Visigoti si divide in 3 fasi: -Lungo il V secolo si stanziarono tra Francia e Spagna -Nella prima metà del VI secolo videro ridursi il proprio dominio a favore dei Franchi. -Nella seconda metà del secolo consolidarono la propria presenza nella penisola iberica ed elaborarono nuove forme di governo. -Nel 418, i Visigoti si posero al servizio dell’esercito romano all’interno della penisola iberica , dove poi si svolse la loro graduale espansione, completata verso il 480 (per quanto alcune aree sulla costa mediterranea rimasero sotto il potere imperiale). Anche qui vi fu una rielaborazione del sistema romano, definendo delle leggi territoriali, destinate quindi a tutti i sudditi del re visigoto a prescindere dalla loro etnia . -Quando nel 507, il re FRANCO CLODOVEO nella battaglia di Vouillè sconfisse il re Alarico II, i territori del dominio visigoto a nord dei Pirenei si ridussero di molto, denotando così i primi segni di instabilità del regno. -Una fase di trasformazione complessiva è rappresentata dalla seconda metà del 6 secolo a partire dal REGNO DI LEOVIGILDO nel 569 che segnò un consolidamento territoriale e politico grazie ad una serie di conquiste nei confronti del regno svevo e del dominio bizantino. È da questo momento che l’intera penisola iberica si trova sotto un controllo regio, con capitale definita a Toledo. NELL’OTTICA RELIGIOSAi Visigoti erano di religione ariana e la prima convivenza con i romani cattolici provocò elementi di separazione. Solo con il re Reccaredo [586-601] si promosse la conversione dell’intero regno al Cattolicesimo ovviamente anche a livello politico: Toledo divenne la sede di una serie di concili che assunsero nel corso dei secoli le funzioni di sedi di deliberazione per le questioni propriamente religiose e di organi di governo del regno. I concili di Toledo, quindi, fungevano da accordo strutturale tra regno e vescovi, trasformando così la Spagna visigota in una delle dominazioni più efficaci di Europa. Nel 654 venne avviata una redazione di leggi sotto il nome di LIBER IUDICIORUM, completata da re Recesvinto, dove le influenze del diritto romano vengono integrate alle tradizioni germaniche, richiamando un sistema pressoché imperiale . Solo la conquista da parte delle armate islamiche della penisola iberica all’inizio dell’8 secolo pose bruscamente fine alla storia visigota. CAPITOLO 3: LA SIMBIOSI FRANCA • I FRANCHI Tra i diversi regni romano-germanici quello dei Franchi ha lasciato il segno, per due motivi: 1. Il primo è dato dal fatto che i franchi furono coloro che svilupparono l'incontro con le popolazioni di tradizione romana realizzando una simbiosi, in grado di integrare e sviluppare diverse culture politiche. 2. Il secondo invece è dato dal fatto che i Franchi in due secoli si affermarono come regno più potente d’Europa, ponendo le basi per l’espansione carolingia alla fine del 7sec. CHILDERICO E CLODOVEO Nel Tardoantico i Franchi non erano un popolo compatto ma piuttosto una confederazione di tribù che seguirono processi diversi di avvicinamento alla romanità, non solo sul piano politico-sociale ma anche su quello della fede. In Gallia prese il potere il popolo dei Franchi nel V secolo. Prima figura di riferimento fu CHILDERICO I attivo nei decenni centrali del V secolo, la sua vicenda ci mostra la transazione dei franchi che da soldati diventano attori politici. Childerico combatte contro i Visigoti, il re si battè anche in nome della religione e questo lo portò a godere anche delle simpatie dei vescovi occidentali. Fu però il figlio, CLODOVEOche gli successe nel 481, attuò una POLITICA MILITARE efficace che lo portò a controllare gran parte della Gallia dove il definitivo declinio dell’impero d’occidente e la lontananza di quello d’oriente, avevano lasciato spazio a molteplici dominazioni in Gallia Burgundi e Visigoti. Clodovoeo effettuò delle guerre che lo portarono a sconfiggere i Burgundi e limitare i poteri dei Visigoti, soprattutto nella battaglia di Vouillè del 507 e segnando la piena affermazione della nuova dinastia dei Merovingi. [ To be continued… ] Importante sarà anche la CONVERSIONE di Clodoveo e del suo popolo al cristianesimo cattolico. L'impatto della conversione possiamo coglierlo nella narrazione di Gregorio di Tours, il più importante vescovo della storia franca. Questo episodio comportò l’avvicinamento dei vescovi al potere regio accomunando gli obiettivi delle due parti: la pace sotociale e la salvezza del popolo Cristiano. (I papi chiederanno aiuto ai franchi contro I Longobardi) ● UNA NUOVA ARISTOCRAZIA L’integrazione tra Franchi e Gallo-romani continuò con l’unione delle due aristocrazie: quella senatoria di stampo romano caratterizzata dall’attenzione per il LATIFONDO e il radicamento nelle città, occupando cariche ecclesiastiche. mentre quella franca si basava sulla vicinanza al re e sulle proprie capacità militari. Nacque da qui una sorta di ARISTOCRAZIA MISTA, che raccoglieva in sé tutti i termini prima descritti. CLODOVEO riprese alcune forme di governo della tradizione romana e che tradusse tutto nella LEX SALICA una redazione scritta delle leggi franche dove i protagonisti sono il popolo e gli aristocratici la ricerca della pace e della giustizia viene affidata alla saggezza di quattro uomini, il quale ruolo non viene specificato; mentre al centro del SISTEMA POLITICO si trova L’ASSEMBLEA DEGLI UOMINI LIBERI (mallus), definito come luogo delle scelte politiche, dell’elaborazione legislativa e delle decisioni giudiziarie. È importante notare che i franchi organizzarono una forma di controllo sul territorio attraverso la divisione in distretti affidati ad un CONTE il quale era responsabile della giustizia, esercito e prelievo delle tasse. Ovviamente possiamo intendere che ci fu una copia dell'organizzazione romana tuttavia a differenza dei romani, con tale divisione non riuscirono mai a coprire l'intero regno. Il POTERE REGIO si fondava sul coordinamento dell’aristocraziacon una rete di rapporti di tipo clientelare, fondata sulla capacità di organizzare e guidare il proprio seguito armato. Il re chiaramente affidava delle funzioni a persone di cui si fidava, ovvero ai suoi fedeli(TRUSTIS) Il passaggio dall'Impero ai regni fu segnato da un mutamento nelle forme della CIRCOLAZIONE ECONOMICA in particolare negli strumenti usati per ricompensare l'esercito. Nell'età tardoimperiale l'esercito era fatto da professionisti e stipendiato, nello stesso periodo, nei regni germanici i soldati erano ricompensati con delle terre. Il regno franco seguì quest'ultimo modello con l’abbandono delle imposte, ritenuta ormai pratica superflua in quanto non vi era necessità di stipendiare l’esercito o sostenere una costosa capitale. I re franchi quindi risulteranno relativamente poveri e non in grado di ridistribuire ricchezze al proprio popolo, avvalendosi così maggiormente del potere degli aristocratici. A causa di questo, verranno anche ridefinite le RIUNIONI POPOLARI in assemblee degli aristocratici, in particolare verranno riconosciute: 1la grande ASSEMBLEA DELL’ESERCITO per discutere dei problemi di natura politica ed eventuale avvio di spedizioni; 2 ASSEMBLEE REGIONALI dove venivano fatte deliberazioni politiche e giudiziarie attorno al conte. Le assemblee perderanno il potere di eleggere i successori al trono in quanto si deciderà il carattere dinastico della monarchia, e il regno e la corona verranno considerati parte del patrimonio del re, che andranno a suddividersi poi tra i suoi figli. Tutta la storia franca dal 6 al 7 è continuamente piena di fratture e ricomposizioni. Nel tempo si andarono a creare diversi regni, ovvero: regni di - Austrasia, - Neustria, - Burgundia - Aquitania. Che riuscì comunque ad avere potere indiretto sui ducati di Turingia e Baviera e anche sulla futura Italia longobarda. 1. 2. 3. • Le CHIESE FRANCHE, la DIFFUSIONE DEL MONACHESIMO in occidente, le FUNZIONI DEI VESCOVI La rapida conversione dei Franchi al cattolicesimo e il voler ricoprire cariche vescovili da parte dell'aristocrazia senatoria portarono l'affermazione di un modello di VESCOVO ARISTOCRATICO, ricco e potente, e quindi l'assommarsi nelle mani dei vescovi un insieme di risorse e funzioni. Il vescovo era ai vertici della diocesi, il centro della vita religiosa, la città attorno a lui doveva fare da riferimento perchè esso rappresentava il curatore delle anime, portando alla salvezza dopo la morte. Nello stesso tempo, i vescovi erano portatori di cultura: letteratura, politica e diritto x cui la memoria delle chiese è sempre una memoria a lunga durata in grado di trasmettere modelli di funzionamenti ecclesiastici ma anche politici. I vescovi erano sia ricchi di beni ma anche le loro sedi erano ricche, accumulando beni donati da chi cercava benevolenza, protezione e preghiere per la salvezza dell'anima. come eretici contro i quali dovevano coalizzarsi le forze cattoliche della penisola. (Franchi) Nel contesto di una dominazione longobarda già consolidata, la società romana dovette prendere atto di quanto fosse inutile ormai conservare funzioni e simboli del governo imperiale, vedendo la centralità di Roma già pienamente decaduta rispetto all’importanza assunta da Costantinopoli. Ciò permise però di trasformare le ambizioni della sede papale in obiettivi politici , quasi a sostituire il potere imperiale e contrastare regno longobardo. 7 SECOLO L’EDITTO DI ROTARI, emanato dall’omonimo re Longobardo nel 643, pone al centro dello scritto sé stesso, e suo scopo è integrare nuove norme ed eliminare quelle superflue: pone drasticamente l’inviolabilità del re e trova nella volontà regia l’unico potere in grado di distinguere la violenza lecita da quella illecita. Rotari affermò così la centralità del potere del re, esteso a tutti sudditi, avviando così finalmente il processo di integrazione tra Romani e Longobardi. Rotari avviò un’espansione verso i territori di dominazione imperiale conquistando la Liguria e il Veneto, per poi arrivare con il re Grimoaldo anche in Puglia, lasciando sulla penisola italica il regno longobardo e il papato in aperto conflitto. 8 SECOLO Sotto il regno di LIUTPRANDO [712-744], vennero sottomessi al potere regio i ducati di Spoleto e di Benevento insieme a Ravenna. Roma venne solo minacciata ai confini, non riuscendo mai ad essere conquistata da parte dei Longobardi. È con questo re che vediamo una prima conversione al Cattolicesimo, senza però costruire un rapporto stabile con i vescovi, scelta che privò il regno di sostegno economico, politico e culturale. Con le leggi emanate invece da RE ASTOLFO nel 750, si descrivevano gli obblighi militari in base alle proprie ricchezze senza far riferimento ad alcuna distinzione etnica, definendo così una piena integrazione tra i due popoli. LA CADUTA DEL REGNO LONGOBARDO si avviò con la decisione dei papi di affiancarsi al regno franco, riconoscendo in esso validi difensori della Chiesa romana sostituendo in questo modo l’Impero, non più capace di intervenire sul suolo italico a favore di Roma. L’alleanza con i re carolingi comportò Pipino il Breve la presa di Ravenna da parte di Pipino il Breve (Re Franco) nel 754 e nel 774 suo figlio CARLO MAGNO sconfisse definitivamente l’ultimo re longobardo, Desiderio, annettendo l’Italia centro-settentrionale al dominio franco, lasciando solo il ducato di Benevento come dominazione autonoma. DIBATTITI TEOLOGICI Nel 5 e 6 secolo la distinzione tra cattolici e ariani il dibattito teologico si era spostato dal piano delle trinità su quello CRISTOLOGICO la questione non era più le diverse persone della trinità, ma la figura di Cristo come natura umana e divina. In questa fase il dibattito aveva un grande rilievo nei processi di chiarificazione della religione Cristiana Cristo dev'essere Dio per garantire l'efficacia salvifica dell'incarnazione, ma allo stesso tempo dev'essere uomo perchè solo cosi conosce la sofferenza della carne. In questo conflitto si elaborano formulazioni teologiche Una delle prime formulazioni fu quella di NESTORIO, sacerdote formato ad Antiochia (Siria) che divenne vescovo di Costantinopoli nel 428 quest'ultimo sosteneva la presenza di Cristo in due persone distinte (umana e divina) e di conseguenza al rifiuto di Maria come madre di Dio, sostituendo quest'ultima con madre di Cristo. Questa visione fu condannata al CONCILIO DI EFESO nel 431 su iniziativa di Teodosio II xkè se le due persone erano distinte, la morte dell'uomo non aveva coinvolto la parte divina e ciò non garantiva l'efficacia salvifica dell'incarnazione. Venne suggerito dalla sede patriarcale d’Alessandria il MONOFISISMO in questa interpretazione la natura umana di Gesù era assorbita da quella divina e dunque in lui era presente solo la natura divina. questa posizione subì una condanna nel 451 nel C ONCILIO DI CALCEDONIA , Il concilio di Calcedonia propose un compromesso il cosiddetto DIOFISISMO che sostenne la presenza di due nature distinte e unite in modo indissolubile nella sola figura di Cristo Tale DIBATTITO però non era solo una questione teologica, ma anche politica. - La posizione diofisita, infatti, venne promossa da Roma, Antiochia e Costantinopoli, rendendo quest’ultima sede patriarcale e confermando la rapida ascesa della città divenendo con gli anni nuova capitale dell’Impero. -Pur di non riconoscere tale prestigio, nel Mediterraneo orientale e meridionale si mantenne la posizione monofisita, mentre il diofisismo veniva considerato come una ripresa delle tesi nestoriane. Si deve precisare come il primo compito dell’imperatore fosse la difesa delle chiese, e i precetti religiosi impartiti avevano valore uguale per tutti i propri sudditi: obbedire o meno ai decreti conciliari significava aderire o no al sistema imperiale ed era quindi urgente per l’imperatore ricondurre il popolo sotto un’unità teologica ed ecclesiastica. È per questo motivo che Giustiniano condannerà I TRE CAPITOLI dei testi diofisiti le cui formulazioni più spinte portarono all’accusa di Nestorianesimo. Con tale gesto, l’imperatore cercava di avvicinare i monofisiti alessandrini ma il progetto fallì e nel CONCILIO DI COSTANTINOPOLI del 553 Roma si adeguò all’orientamento diofisita imperiale. Anche il tentativo di riconciliazione dell’imperatore Eraclio fallì, il quale propose la soluzione del MONOTELISMO (l’idea che in Cristo fossero presenti due nature unite da un’unica attività e volontà) ma venne condannato nel Concilio di Costantinopoli del 681, mentre le regioni sudorientali erano passate in mani islamiche. La questione cristiologica aveva perso la sua importanza politica,il Diofisimo era dominante nell'impero,le posizioni diverse erano in regioni sfuggite all'impero. CAPITOLO 5: NOBILI, CHIESE E RE Tra 6 e 8 secolo la geografia politica dell'Europa occidentale appare molto più stabile che nei due secoli precedenti: con l'eccezione della conquista longobarda dell'Italia, la mobilità dei popoli germanici rallenta. Possiamo quindi ragionare sui funzionamenti di regni maturi, che hanno superato la fase generativa e l'incontro romano-germanico che avevano caratterizzato i primi decenni. I REGNI ALTOMEDIEVALI sono in costante equilibrio tra la capacità regia di coordinamento e l’azione politica dell’aristocrazia. Le famiglie nobili , tendevano sempre a conservare uno stretto legame con la corte: era per loro fondamentale partecipare al circuito di redistribuzione del re, partecipare a queste redistribuzioni significava stare intorno al re ed automaticamente avere accesso a cariche economiche e politiche di un certo livello. Nodo di questo circuito di redistribuzione era il CARATTERE MILITARE del potere regio: se infatti i re erano i garanti della pace e della giustizia, la loro principale funzione restò sempre quella di capi militari, e così l'esercito ebbe sempre una doppia connotazione risultava essere sia a disposizione del popolo sia fedele seguito del re. Parlando di regni quello VISIGOTO, all’inizio del 7 secolo quest'ultimo era molto consolidato. Dal punto di vista territoriale si completò la conquista della Spagna nel 625, la conversione al cattolicesimo da loro attuata aveva cancellato rapidamente l'Arianesimo. Ci fu una forte centralizzazione del potere, espressione di un ideale regio, che si richiamava alla tradizione imperiale. IL MODELLO efficace in questo periodo restava quello dell'Impero cristiano fondato sulla cooperazione tra vescovi e sovrano. I Visigoti sappiamo che furono loro a ideare il CONCILIO DI TOLEDO: assemblee ecclesiastiche ma anche organi di governi Questi due caratteri non potevano essere separati, i vescovi costruirono un rapporto di simbiosi con il potere regio, e il fatto di raccogliersi attorno al re e cooperare al suo potere era profondamente radicato nella natura stessa della loro funzione. La centralizzazione del potere non portò ad un controllo sull'aristocrazia sono numerosi i conflitti e COLPI DI STATO, i tentativi per impadronirsi del regno dimostrano che gli aristocratici volevano il potere regio piuttosto che una loro autonomia locale. Il regno visigoto alla fine del 7 secolo era la struttura politica più forte in Occidente, questo consolidamento del potere regio non voleva dire un perfetto controllo militare sul territorio infatti furono eliminati velocemente dagli islamici. Per quanto riguarda I regni presenti in BRITANNIA sappiamo che esistevano di diverse dimensioni, - Esistevano diversi regni ed avevano dei livelli di importanza diversi - Alcuni regni come la Mercia erano più definiti e tra il 7 e 8 secolo affermò la sua egemonia sulla parte Meridionale della Britannia con il loro sovrano ''Offa''. La frammentazione politica dell'Inghilterra è quindi un dato di lungo periodo, corretto solo parzialmente e in modo discontinuo dalla crescita del regno di Mercia e solo nel 9 secolo potremo constatare l’esistenza di un regno inglese unitario. ●TERRE E UOMINI Le gerarchie sociali altomedievali erano costruite in larga parte sulla base della ricchezza fondiaria: essere ricco significava avere molte terre, che servivano: per ricompensare i propri fedeli, beneficiare le chiese a cui si chiedevano preghiere per la propria anima, fornire ricche doti alle figlie per stipulare utili alleanze matrimoniali. La forma più diffusa di insediamento era il Villaggio , ed era un nucleo di case contadine attorno a cui si comprendevano le principali risorse agrarie, attorno al villaggio si estendevano poi i campi coltivati a cereali e i pascoli. La divisione tra campi e pascoli non era la separazione tra due spazi totalmente distinti, ma piuttosto un’alternanza d’uso delle stesse terre attraverso un sistema di rotazione biennale. In tutte le regioni d'Europa convivevano grandi e piccole proprietà, con equilibri e rapporti molto diversi da zona a zona: - L'aristocrazia e le chiese a Parigi erano dotate di ampie proprietà - I Longobardi in Italia era l'opposto aventi piccole proprietà Queste differenze avevano un impatto importante sul PIANO SOCIALE: dove la grande proprietà era dominante, re, aristocratici e chiese disponevano di una maggior capacità di condizionamento della società circostante, perché un maggiore numero di contadini era costretto, per sopravvivere, a coltivare le terre dei potenti, e quindi a dipendere dalle loro concessioni e dalla loro benevolenza Tra il 7 e 8 secolo si andò elaborando una nuova forma di gestione delle grandi proprietà fondiarie: la CURTIS che consisteva in un insieme di territori anche ampiamente dispersi tra di loro che garantivano al proprietario una serie di produzioni diversificate e il controllo di questo in più zone. Dal punto di vista gestionale dobbiamo guardare alla principale articolazione della curtis in ''dominicum e massaricium''. ●DOMINICUM la parte di terreni gestita direttamente dal proprietario, (su cui lavoravano I servi) ● MASSARICIUM: la parte data in concessione ai contadini liberi , i quali ottenevano un MANSO ovvero un insieme di terre o prati sufficienti a mantenere la propria famiglia in cambio di ciò i contadini avevano degli obblighi verso il padrone, dare denaro, una quota dei prodotti e una serie di CORVÈES, ovvero giornate di lavoro gratuite per il massaro. Il lavoro dei massari è ciò che distingueva le curtes altomedievali da altre forme di gestione fondiarie, questa divisione tra le parti avevano una precisa logica: le corveès garantivano l'afflusso di una manodopera abbondante negli specifici momenti dell'anno in cui era necessaria (aratura, mietitura, vendemmia ...), lasciando invece alla più ridotta manodopera servi la gestione delle terre nei periodi meno intensi. In altri periodi storici questo sarebbe avvenuto con l'assunzione di manodopera stagionale ma questo non era possibile in secoli come quelli altomedievali a causa della scarsa circolazione monetaria. Il sistema aveva ovviamente dei LIMITI: - Il lavoro dei massari non si adatta agli andamenti dei raccolti le annate non erano tutte uguali, in certi anni l'abbondanza del raccolto avrebbe richiesto più manodopera, in anni difficili invece la manodopera garantita dalle corvées era sovrabbondante Desiderio. La legge franca, non prevedeva ancora il maggiorascato, bensì la suddivisione delle proprietà fra i figli maschi tutto fu diviso in due. Tuttavia Con la morte di Carlomanno 771, Carlo ruppe tali rapporti mirando ALL’ESPANSIONE del proprio regno, inizio ad una campagna militare che gli valse il nome di “CARLO MAGNO”. 1.Riuscì a conquistare larga parte dell’Europa Occidentale e soprattutto il REGNO LONGOBARDO : Dal punto di vista militare la conquista non fu difficile dopo un lungo assedio posero fine al regno di Desiderio deportato in Francia: La conquista carolingia non comprese tutta l'Italia rimasero estranee al dominio Franco le terre bizantine e papali, il Ducato di Benevento, che rimase autonomo Ci troviamo in una frammentazione politica, abbimo Dominazioni: franche, bizantine, papali e longombarde. I longobardi non furono mai eliminati del tutto Carlo Magno ci tenne a farsi incoronare come re dei franchi e dei longobardi “REX FRANCORUM ET LANGOBARDORUM”, conservando Pavia come capitale assimilando nel suo governo l'aristocrazia longobarda 2. Mirò anche alla PENISOLA IBERICA, successo Formando nell’813 la “MARCA HISPANICA” la fascia territoriale al sud dei Pirenei, 3. Sottomettere e assimilare la POPOLAZIONE DEI SASSONI: Si mosse verso la Germania settentrionale: poichè erano pagani nel 772 Carlo distrusse loro ''L'IRMINSUL'' un idolo importante per la religiosità sassone. Fondò una serie di diocesi destinate a funzionare su un piano non solo religioso ma di vero e proprio controllo sulla popolazione. Costituì la “MARCA ORIENTALE” che doveva tenere sotto controllo le popolazioni esterne al dominio carolingio. (gli slavi). Contro i sassoni fu una guerra lunga e violenta che durò dal 772 all'803. 4. AREA AUSTRIACA Carlo sconfisse gli avari stanziati nella valle del Danubio e impose agli Slavi una forma di egemonia pacifica. 5. Anche ai CONFINI DANESI venne fatto costruire un'opera di fortificazione nota come DANEWIRKE. La cui efficacia creò un quadro di sicurezza in cui poterono crescere gli scambi. I RAPPORTI CON IL PAPATO vedono loro apice dall'attribuzione a Carlo del titolo di imperatore da parte del papa Leone III [800], con quest’ultimo che ottenne in cambio la protezione da parte di un regno stabile e forte per L’Italia (Longobarda) quest'ultimo lo aiutò a ritornare a Roma, dopo che fu minacciato di essere ucciso dai Longobardi. L'incoronazione affermò il potere di Carlo Magno su ogni altro sovrano d'Europa. Con il termine “imperatore” non ci si riferisce più alla dimensione territoriale bensì alla funzione di questo ruolo, che si esprimeva nel controllo del regno d’Italia e nella concreta capacità di proteggere Roma e i suoi vescovi. Quando Leone incoronò Carlo Magno sappiamo che un imperatore c'era già ciò comportò delle TENSIONI IDEOLOGICHE con Bisanzio, accentuata dalla convocazione di concili ecclesiastici da parte del re franco e la costruzione di una nuova capitale ad Aquisgrana. (In quel momento l’impero romano d’oriente era governato dalla reggente Irene un impero indebolito e con problemi interni a causa del movimento iconoclasta.) IL GOVERNO DELL’IMPERO Il re non poteva dare vita a una forma di governo diretto Era necessario un sistema di deleghe che garantisse il controllo dei sudditi da parte di rappresentanti regi, sia il controllo regio su quest’ultimi L’efficacia del regno carolingio si fondava sul coordinamento dell’aristocrazia laica e delle chiese, nel LIMITARE IL LORO POTERE e definire una superiorità regia. 1- VASSALLO : uomo che giurava fedeltà militare ad un potente, impegnandosi a servirlo e combattere per lui, ottenendo in cambio protezione e sostegno economico (si parla di beneficium se si tratta della concessione di una terra). Una delle prime attestazioni rapporto tra il duca Tassilone e Pipino narrato negli annali Tassilone si presentò alla corte di Pipino giurando fedeltà a lui e ai suoi figli, con il giuramento IMMIXTIO MANUM il momento in cui il vassallo, poneva le sue mani tra quelle del signore, a esprimere la scelta di porsi sotto la su protezione. I vassalli regi furono l'ambito di normale reclutamento dei conti e marchesi. __________ 2- CONTI : funzionari incaricati di governare a nome del re un territorio (comitato), a cui spettavano tutte le funzioni spettanti al re: 1. la guida militare, 2. mantenimento della giustizia e 3. il prelievo fiscale. Venivano scelti tra i vassalli del re, dati i rapporti di fedeltà instaurati. 3- MARCHESI : funzionari a cui venivano affidate circoscrizioni di territori poste ai confini (marche), con poteri simili a quelli dei conti. La potenza di questi aristocratici non derivava dalle loro ricchezze ma dalla delega ricevuta dal re, in quanto si tratta di cariche temporanee fino al 9 secolo, quando queste si trasformarono in concessioni vitalizie ereditarie. ___________ 4- MISSI REGI: inviati del re, con il compito di garantire i legami tra l’imperatore e le realtà locali a volte avevano un ambito territoriale specifico e in alcuni casi si sovrapponevano all'ordinamento comitale, in altri sembra fossero gli unici rappresentanti dell'imperatore. Il re rivendicò inoltre la propria capacità di conservare un rapporto diretto con i PAUPERES gli uomini liberi che spesso si presentavano davanti alla giustizia del signore locale per chiedere di essere difeso da un “potente” (in genere una chiesa) che tentava di sottometterli. Questi contadini sono sempre sconfitti, ma questo è dovuto a due elementi: Da un lato, la solidarietà che univa i potenti tra loro, dall'altro poichè la chiesa conservava i documenti che provavano i loro diritti e le sentenze a loro favorevoli. Importante anche la CULTURA DELLA CORTE dove ad Aquisgrana convergevano uomini e idee provenienti da gran parte dell’Europa, tra aristocratici, uomini di chiesa e intellettuali che soggiornavano alla corte carolingia. Si operava su ambiti diversi le leggi, atti di governo, la storia dei Carolingi, e tutto in lingua latina, attraversando così tutti i territori dell’Impero. - LE CHIESE CAROLINGE Dall'800 in poi si definì un INTIMO RAPPORTO tra franchi e papato, che entrò in crisi solamente nell'11 secolo nel contesto della riforma ecclesiastica. I chierici non potevano combattere quindi il legame tra il re e i vescovi non poté mai assumere le forme del vassallaggio e mai vennero nominati conti. Spesso però vediamo vescovi in qualità di missi regi risultano essere FEDELI COLLABORATORI del re come tratto connaturato alla propria funzione imperatori e vescovi convergevano verso lo stesso fine con l’obiettivo di garantire giustizia e salvezza a governo della società (ecclesia carolingia). I MONASTERI, inoltre, erano grandi punti di concentrazione di ricchezze e che potevano quindi fornire un aiuto importante al potere regio Ampie, infatti, erano le donazioni e concessioni regie, da intendere come un vero e proprio trasferimento di ricchezze dal patrimonio regio ( fisco ) alle chiese che faceva sempre capo all'imperatore una funzione di riserva patrimoniale sicura per sé e i propri discendenti, poteva essere un ente a cui affidare quote importanti delle proprie ricchezze, nella sicurezza che il monastero non avrebbe potuto alienarle (le chiese non potevano vendere o donare i propri beni), e soprattutto la famiglia del fondatore ne poteva avere sempre disponibilità dato che loro stesso nominavano l'abate. un monastero diventava un punto di riferimento se era privato permetteva il signore fondatore di porsi al centro della società, passando per la protezione e la salvezza spirituale. Venivano inoltre concessi alle chiese dei diplomi di IMMUNITÀ, le quali evitavano di pagare tasse e veniva limitato il potere degli altri funzionari regi nei territori ecclesiastici vietavano a qualunque funzionario regio di entrare negli edifici uno spazio inviolabile. • DALL’IMPERO AI REGNI Da Pipino Il Breve assicurato la presenza di un solo re dal 751 all'840 ma senza cancellare la trasmissione ereditaria a tutti i figli maschi Durante Carlo si sviluppò una la tensione tra una concezione unitaria dell'Impero e le aspirazioni dei diversi membri della famiglia regia. Il problema si pose prima di tutto a Carlo di fronte alla prospettiva di una divisione tra i suoi tre figli Carlo ereditò la parte centrale del dominio, Ludovico Aquitania, e la parte sudoccidente della Francia, Pipino l’Italia, di cui era stato già incoronato re nel 781. Nell’806 (9 SECOLO) Carlo Magno attraverso la DIVISIO REGNI creò diversi regni, all’interno del dominio carolingio. Regni che però appartengono ad un “TOTUM CORPUS REGNI” La morte precoce di due figli, fece sì che alla morte di Carlo, nell'814, l’unico erede fosse LUDOVICO IL PIO. Ma questo non evitò tensioni interne al gruppo familiare il gestire le ambizioni di Bernardo, re di Italia, figlio di Pipino. Nell’817 affermò con la ORDINATIO IMPERII affermando con forza l'idea di unità dell'Impero rompendo la tradizione della spartizione nominando il suo primogenito Lotario unico erede, mentre a suoi altri figli affidò l’Aquitania (Pipino) e la Baviera (Ludovico il Germanico). l re d’Italia BERNARDO si vide escluso dall’eredità territoriale. Bernardo riuscì a raccogliere attorno a sé l’aristocrazia italica, avviando una ribellione ma non ottenendo alcun successo. SQUILIBRI: 1. Ciò comportò comunque la formazione di una rete clientelare italica che si contrappose al potere imperiale, e così un primo segno d’indebolimento della dinastia carolingia. 2. Altro punto di squilibrio fu la nascita di Carlo il Calvo [823], figlio di Ludovico il Pio e della sua seconda moglie la quale cercò di far affidare al proprio erede un territorio dell’Impero. Nell’833 Ludovico il Pio venne sconfitto dai figli del primo matrimonio a Colmar i quali deposero il padre grazie anche all’intervento dei vescovi che definirono il re come incompetente sovrano. Le discordie tra i suoi figli però permisero il ritorno di Ludovico sul trono appena un anno dopo ma alla sua morte [840] la tensione tra i FRATELLI scoppiò in CONFLITTO APERTO: Pipino muore nell’838 lasciando Lotario, Ludovico il Germanico e Carlo il Calvo combattere nella BATTAGLIA DI FONTENOY dell’841. Lotario venne sconfitto e nell’842 i GIURAMENTI DI STRASBURGO sancirono l’alleanza tra Ludovico e Carlo per poi porre definitivamente fine al conflitto nell’843 con la PACE DI VERDUN. Venne quindi diviso l’Impero: a Carlo andò il regno dei Franchi occidentali, a Ludovico il Germanico quello dei Franchi orientali a Lotario il territorio che andava dall’Alsazia fino all’Italia, mantenendo simbolicamente il titolo di imperatore. In questo modo si rinunciò esplicitamente all’idea di Impero come una struttura unitaria e si costituirono invece forme di organizzazione politica a livello regionale, grazie al coordinamento tra gli aristocratici e i diversi re. Nell’888 Carlo il Grosso, (figlio di Ludovico il Germanico) dopo aver riunito formalmente il dominio carolingio, segnò con la sua morte l’esclusione della famiglia carolingia al potere regio come dinastia dominante. Possiamo individuare 4 fasi della storia carolingia: ●Dal 7 secolo al 751 (8 secolo) furono una grande aristocrazia Austrasiana insediandosi tra i merovingi ●Dal 751 (8 secolo) all'840 (9 secolo), con Pipino II, Carlo Magno e Ludovico il Pio, un singolo re carolìngio controllò -il popolo franco. ●Dall'840 (morte di Ludovico il Pio) all'888(la morte di Carlo il Grosso) [9 secolo] perdita dell'unità territoriale con tanti regni distinti e separati,senza una vera unità territoriale. ●Dall'888 all'897(morte senza eredi di Ludovico V, re di Francia) [9 secolo] i carolingi si contendevano il potere in una fase particolarmente conflittuale. CAPITOLO 7: MEDITERRANEO ISLAMICO E BI ZANTINO La penisola araba nel tardoantico era strutturata attorno alla convivenza di due grandi gruppi: 1. le popolazioni urbane (della Mecca e Yathrib attive sul piano commerciale) 2. le tribù nomadi di pastori, che rifiutavano la vita urbana e le forme di coordinamento politico. riducendo l'impero ad una potenza prettamente regionale, - l'affermarsi in Europa dei carolingi si pose in concorrenza sul piano ideologico nel momento in cui Carlo Magno fu dichiarato imperatore e protettore della chiesa Romana È da questa fase che si può propriamente parlare di “IMPERO BIZANTINO”, dato che i mutamenti del 7 e 8 secolo tolsero all’impero una la prospettiva universale al titolo imperiale trasformandolo in un potere a dimensione regionale. Il progetto di restaurazione di Giustiniano nel 6 secolo portò a dei risultati effimeri, In quanto ritornarono le pressioni sui confini riconquistati Il lungo impegno militare aveva svuotato le casse imperiali portando disordini nell'esercito, In aggiunta continue tensioni religiose sia con la cristianità occidentale che con le regioni orientali, le quali avevano conservato un allineamento monofisita. Sul piano militare l’impero, riuscì a dare una svolta significativa con il regno di ERACLIO (610-641) che si affermò sull'impero persiano, fino ad eliminarne la minaccia per Bisanzio permettendo così però l’affermazione dell’Islam I successi militari di Eraclio ebbero vita breve: sotto il suo regno si avviò una lunga riforma sia sul piano militare che civile, introducendo, con la riduzione dei territori, ORDINAMENTO TEMATICO, ovvero concentrare in aree specifiche un forte agglomerato di truppe e attribuire pieni poteri amministrativi ai comandanti militari, il quale compenso si traduceva nella concessione di terre e nel non dover pagare alcun tipo di tassa. L'impero bizantino aveva conservato alcune scelte dell'età Romana, la separazione tra potere amministrativo e potere militare e un esercito stipendiato grazie alle tasse prelevate delle grandi province. Tuttavia la nuova situazione portò a cambiare questo tipo di amministrazione Si abbandò il sistema provinciale di Costantino in favore di un'organizzazione per temi. LA ROTTURA CON ROMA Altro punto di rottura nella storia bizantina si ebbe con la nascita del MOVIMENTO ICONOCLASTA, L'iconoclasmo un orientamento religioso che riteneva necessaria, per un culto più puro la distruzione delle immagini religiose, Le immagini sacre e il loro culto potevano indurre potenziali fonti di idolatria e quasi politeismo. Un orientamento seguito anche da alcuni imperatori, Nel 730 l'imperatore Leone III (Oriente) vietò la venerazione delle immagini ciò portò gravi conflitti all'interno dell'impero perchè il culto delle immagini era molto diffuso tra monaci e laici e si contrappose a lui anche la chiesa di Roma. Fu un gesto che: non solo ricercava un tipo di religiosità più austera, ma furono anche esigenze politiche voleva rivendicare il ruolo dell’imperatore come centro assoluto della società bizantina e quindi principale mediatore tra il popolo e Dio. Nel CONCILIO DI HIEREA del 754, l’imperatore Costantino V riuscì a condannare formalmente il culto delle immagini decisione che non fu però accolta dalle altre chiese dell’Impero. I fedeli si rifugiarono nei monasteri a contemplare le varie immagini detenute dai MONACI divennero promotori della resistenza all'iconoclasmo venendo perseguitati e condannati, in questo frangente furono molti i monaci che scapparono in Occidente. Con l'imperatore LEONE 4 Il CONCILIO DI NICEA del 787 riaffermò la libera pratica del culto delle immagini per poi nell’815 essere riaffermato nuovamente l’iconoclasmo nel CONCILIO DI COSTANTINOPOLI. Nei decenni successivi però con il potere dei monaci ormai ridotto, si riaffermerà la centralità del potere imperiale di derivazione divina e il movimento iconoclasta andò indebolendosi fino alla sua condanna nel CONCILIO DI COSTANTINOPOLI dell’843. -CHIESA DI ROMA VS CHIESA DI COSTANTINOPOLI- L’orientamento iconoclasta di Bisanzio fu un elemento di allontanamento tra le due chiese (Roma), e alla fine del 9 secolo venne riconosciuta una superiorità formale proprio a Roma, senza alcuna implicazione giurisdizionale. Queste tensioni tra il patriarcato di Roma e Costantinopoli in tema di culto delle immagini furono uno dei fattori che indussero i vescovi di Roma a individuare nel regno franco i nuovi protettori. Questa scelta papale aveva alle spalle un fondamento politico ovvero la marginalizzazione dell'impero bizantino rispetto al territorio italiano. Questo fu evidente nel 751 quando i longobardi conquistarono Ravenna senza nessuna reazione bizantina in questo contesto il papa si rivolse per la prima volta ai Pipinidi. In più una questione chiave fu quella della ''FILIOQUE'' riguardo il credo elaborato Nicea nel 325 aveva subito un’operazione con cui si inseriscono in un testo precedente parole o passi non autentici, IL CREDO: nella sua versione latina affermava che lo spirito santo procede dal padre e dal figlio, il clero orientale affermava che lo spirito santo procede solo dal padre Una questione teologica fondamentale la questione dei filioque, divide tutt’ora cattolici e ortodossi.(…) Le Dominazioni Slave Oggetto delle pressione dei due imperi furono gli Slavi un insieme di popolazioni con caratteri culturali e linguistici comuni, in alcune fasi trovarono forme di coordinamento politico, sono due i grandi gruppi slavi: Bulgari La Grande Moravia. BULGARI: I Bulgari esercitarono una pressione militare contro l'impero per tutto l'8 secolo subire poi un processo di assimilazione nella seconda metà del IX secolo sotto Khan Boris, per poi ricominciare nuovamente un’azione contro di esso minacciando direttamente la capitale (X secolo) ottenendo così un TRATTATO DI PACE che univa in matrimonio il figlio del KHAN Simeone e la figlia dell’imperatore Costantino 7. Questo patto però verrà rotto quando sarà nominato nuovo imperatore ROMANO LECAPENO e il potere dei Bulgari andò da qui sfumandosi. GRANDE MORAVIA: dal 9 secolo andò affermandosi tale dominio esteso tra i territori attuali della Germania, Boemia e Ungheria, che arrivò a coordinare molte popolazioni slave per poi dissolversi nel corso del X secolo. Queste dominazioni si orientarono verso il Cristianesimo, che offriva non solo un modello religioso forte ma anche un esempio di organizzazione e gerarchizzazione della società, con legittimazione del potere regio (sia per la derivazione divina attribuita al ruolo, sia per l’appoggio da parte dei vescovi). I principi slavi cercarono la conversione temendone le conseguenze politiche, ovvero che la coversione, implicasse una sottomissione a uno dei due imperi cristiani. Grazie all’azione dei due fratelli missionari esperti della lingua slava Costantino (poi chiamato Cirillo) e Metodio, i quali riuscirono a creare una grafia apposita per la lingua slava e a tradurre i principali testi sacri, l’Impero riuscì a sottomettere tali popolazioni che rientrarono nell’influenza di Bisanzio. PRESSIONE BIZANTINA IN ITALIA Ebbe caratteri diversi la rinnovata pressione bizantina verso l'Italia, area in cui nel 9 secolo da un lato l'impero neo carolingio che attirava a se molti territori bizantini del centro-nord, dall'altro la conquista islamica della Sicilia, che privò l’impero della sua base fiscale. Nell’867 salì al trono BASILIO I, e la dinastia dei Basilidi riuscì a mantenere a lungo il potere (fino al 1025) e a rafforzare Bisanzio ampliando l’Impero, creando legami politici e spirituali con le dominazioni confinanti Sul suolo italico, Basilio I reagì ma non potè intervenire da solo contro la Sicilia islamica, nè contro i sovrani carolingi decise di coordinarsi dunque con i carolingi stessi per cancellare le basi islamiche, consolidando il proprio controllo tra la Puglia e la Calabria. Ma ancora gran parte dei territori italici era sotto dominio carolingio, insieme a realtà autonome come Venezia, Ravenna, Roma, il principato di Benevento infine la Sicilia rimasta nelle mani del dominio islamico CAPITOLO 8: ETÀ POSTCAROLINGIA La fine DELL'IMPERO CAROLINGIO fu segnata da diversi mutamenti - le nuove forme dell'azione locale, - un'intensa mobilità militare, - la formazione di nuovi regni A partire dalla metà del 9 secolo le divisioni tra i diversi esponenti della dinastia carolingia indussero una profonda trasformazione nei rapporti tra i re e la grande aristocrazia. Poichè le espansioni di Carlo Magno erano terminate da tempo, e automaticamente le ricchezze si esaurirono tutto ciò di cui aveva disposto ai suoi seguaci per consolidare la fedeltà. I suoi eredi avevano un continuo bisogno dell'appoggio militare aristocratico gli equilibri si spostarono a favore dell'aristocrazia, che aveva la pretesa di poter disporre di qualsiasi richiesta i signori locali erano molto più potenti IL POTERE DEI CONTI Riguardo la questione dei TITOLI dei conti per legge sappiamo che spetterebbe al re nominare I propri conti e marchesi. Tuttavia i conti con l’intento di mantenere il proprio titolo all’interno della famiglia discendevano il titolo ai figli, senza lasciare spazio di decisione ultima al re divenne abitudine. In questo quadro va inserito Il CAPITOLARE DI QUERZÌ dell’877, una legge emanata da Carlo il Calvo, definisce una procedura per gestire i comitati (I territori soggetti ai conti) sancì l’ereditarietà dei feudi più grandi il re per iscritto permetteva che i feudi fossero ereditari (purchè rimanessero fedeli al re.) stabiliva che in caso di morte di un conte, se il figlio sta al seguito dell'imperatore fuori dal territorio di dominazione familiare, il parente più prossimo del conte avrebbe potuto succedergli provvisoriamente nel titolo, almeno fino al ritorno del sovrano. È importante sottolineare questa idea di provvisorietà, perchè connessa alla rivendicazione da parte dell'imperatore del suo diritto di scegliere chiunque egli volesse come nuovo titolare del comitato cercando di riacquisire parte del potere decisionale togliendolo dalle mani del conte. Calvo intendeva assicurare la continuità del titolo beneficiario ai signori che avessero preso parte alla spedizione dei franchi contro i saraceni: capitolare emanato spedizione militare Capitolare caso raro xkè non si sono trovati altre leggi che attestassero questo diritto del re di dover avere voce in capitolo sulla questione. Questo rese possibile un secondo processo ovvero la concentrazione del patrimonio del conte all'interno delle aree da lui governate. Nell'età di Carlo Magno i conti erano potenti e ricchi di terre, ma andavano a svolgere funzioni di governo in regioni lontane da quelle del proprio patrimonio. potenza dinastica e potere funzionariale restavano due elementi distinti Fine 9 secolo/inizio 10 secolo vediamo che la trasmissione ereditaria delle cariche mutarono le politiche di queste dinastie, favorendo il loro RADICAMENTO nelle regioni governate. Nel corso degli anni e delle generazioni, la famiglia comitale acquisiva terre e stringeva legami matrimoniali cosi la funzione comitale e dinastica si fusero. A lungo andare, questi gesti portarono alla formazione di POTERI LOCALI, in quanto rispetto ad altre dinastie, la famiglia comitale spiccava per rilevanza, legittimità e ampiezza del patrimonio. Si denota quindi un indebolimento del controllo del re sul territorio e sui funzionari, come anche una discontinuità dei territori del conte e quindi del proprio potere tramonta così anche la capacità di difesa da parte del re e del suo apparato. IL POTERE DEI RE La crisi postcarolingia segnò una profonda ridefinizione della funzione politica dei POTERI REGI, fondata su alcuni caratteri comuni a tutti i regni: - quadri territoriali più piccoli, - un potere basato sui rapporti con l’aristocrazia - una ridotta capacità di condizionare le dinastie e le chiese. I re intervenivano nella vita politica con azioni diverse con i DIPLOMI concessioni accordate ai poteri locali, favorendo quei signori già fedeli al re. I re dovettero rinunciar a regolare la vita politica del regno tramite nuove leggi ma conservarono una centralità politica grazie alla loro capacità redistributiva sia in termini di risorse (terre e castelli) che d i A u t o r e s c o n o s ci u t o è c o n c e s s o i n li c e n z a d a - il duca di Wessex Harold Godwinson, - il re di Norvegia Harald, - ma fu il duca di Normandia Guglielmo il Conquistatore a vincere nella BATTAGLIA DI HASTINGS ed essere poi nominato re. Un momento di svolta Si affermò così l’aristocrazia normanna sul territorio inglese, con intensa ridefinizione delle gerarchie sociali e con una nuova ed efficace centralità del potere regio. I REGNI IN OCCIDENTE In Occidente, vediamo l’Impero carolingio articolarsi in quattro regni: Italia, Germania, Borgogna e Francia. Presentavano una fluidità di confini costante e un intreccio profondissimo tra le aristocrazie dei diversi regni. 1. ITALIA Per l'Italia una data chiave fu l'888 morte di Carlo il Grosso, l’ultimo carolingio che riunì l'intero impero. Dall’888 l’Italia seguì una vicenda del tutto svincolata dagli altri territori carolingi. La fine della dinastia carolingia, lasciò spazio a una serie di contendenti nessuno dei quali poteva vantare una diretta ascendenza carolingia che si contendevano il trono: BERENGARIO DEL FRIULI fu incoronato re nell'888 ma sconfitto da GUIDO DI SPOLETO nell’881, per poi essere nominato re nell’889 e imperatore nell’891. Berengario non scomparve ma si rifugiò nelle regioni italiane a nord est e riottenne il trono dopo la morte di Guido nell’894, continuando con la nomina ad imperatore nel 915. Il suo regno venne attaccato dal figlio di Guido, LAMBERTO, e da LUDOVICO DI PROVENZA che vennero entrambi sconfitti nell'898 e 905. (Si tratta di un’opposizione tra le maggiori famiglie dell'aristocrazia italica le grandi dinastie che cercavano di controllare la corona direttamente) Dopo la morte di Lamberto e la sconfitta di Ludovico i settori della grande aristocrazia italica offrirono la corona a RODOLFO DI BORGOGNA. Berengario venne ucciso nel 924 e Rodolfo (re nel 924) dovette poi scontrarsi con UGO DI PROVENZA, che prese il potere nel 926, vincendo. Ugo tenne la corona fino al 946 decidendo di ritornare nei suoi territori oltre le Alpi e lasciando il regno a suo figlio LOTARIO: alla sua morte [950], la corona passò nelle mani del nipote di Berengario, IL MARCHESE D’IVREA BERENGARIO. 2. GERMANIA L’ultimo re carolingio a controllare il regno dei Franchi orientali (La germania) fu LUDOVICO IL FANCIULLO fino al 911., lasciando spazio per nuovi re, che non ereditarono la corona dai propri antenati. Nel quadro del regno tedesco s’impose poi un PRINCIPIO ELETTIVO: il nuovo re veniva scelto dall’insieme dei duchi, contrastato comunque da alcune tendenze dinastiche. (La storia di questo regno dal X secolo letta come la convivenza tra principio elettivo e dinastico il re era in grado di imporre il proprio figlio come successore, ma nei momenti di debolezza regia o crisi dinastica tornava il principio elettivo.) Venne eletto come re il duca di Franconia CORRADO, ed ebbe come avversario ENRICO di Sassonia: giunsero ad un accordo nel quale si giuravano reciproca fedeltà e il re promise di non intromettersi nei territori del duca Nel 919, alla morte di Corrado, l’aristocrazia tedesca scelse Enrico come nuovo re e da questo momento per più di un secolo la corona rimase tra i ranghi della dinastia sassone. Il dominio dei re sassoni fu ricco di conquiste: - Nel 925 ENRICO I sottomise il regno di Lotaringia. - e suo figlio, OTTONE I, nel 951 riuscì a conquistare il regno d’Italia sposò la regina Adelaide, vedova del precedente re Lotario e affermò la propria superiorità nei confronti di Berengario II, Il figlio di Ottone LIUTDOLFO, voleva essere re d’italia cercò di riunire a sé i grandi del regno a suo seguito, e portò suo padre ad allontanarsi dall’Italia riconoscendo temporaneamente Berengario II e suo figlio Adalberto come re sottoposti. Solo nel 954 Ottone sconfisse Liutdolfo attraverso un atto di sottomissione e accrebbe il proprio potere sull’aristocrazia tedesca, comportando la già citata vittoria a Lechfeld contro gli Ungari [955]. d i A u t o r e s c o n o s ci u t o è c o n c e s s o i n li c e n z a d a di Autore sconosciuto è concesso in licenza da Con queste premesse, nel 961 Ottone scese nuovamente in Italia per prendere diretto possesso del regno e ottenne l’anno successivo a Roma la CORONA IMPERIALE (sconfiggendo definitivamente Berengario II nel 964) che lo sanciva come: - detentore del regno d’Italia - e protettore della chiesa di Roma DINASTIA. Da questo momento si definì un quadro che si mantenne stabile per il resto del medioevo con l'Impero costituito dall'unione dei regni di Germania e Italia , per poi aggiungersi nel 1034, il regno di Borgogna. A partire da Ottone si affermò una dinastia regia Ottone I Ottone II Ottone III la continuità familiare. La successione al trono avveniva all'interno della dinastia ma sempre con il consenso dell'aristocrazia ducale attraverso elezione successione a vantaggio del primogenito.(Differenza con Carolingi) Ciò che permise il mantenimento della dinastia sul trono tedesco fu la convergenza dell’aristocrazia attorno alla famiglia degli Ottoni dovuta alla sistematica occupazione delle diverse sedi ducali da parte dei membri della famiglia reale. OTTONE III promosse la cosiddetta RENOVATIO IMPERII ROMANORUM arricchendo il linguaggio e il cerimoniale imperiale di elementi tratti dalla tradizione occidentale e bizantina, con il fine di esprimere un’idea imperiale alta che si modellasse anche all’età romana oltre che quella carolingia. Alla morte del papa Giovanni 15 [996], nascono delle diatribe per capire chi prendere il soglio potificio Ottone III impose come nuovo pontefice un proprio cugino, BRUNO DI WORMS, che divenne poi papa GREGORIO V e che incoronò personalmente pochi mesi dopo Ottone III come imperatore Si trattò del primo papa di origine tedesca: fu una decisione che comportò pesanti ribellioni dall’aristocrazia romana, che Ottone seppe reprimere militarmente nel 998 ed elesse come papa l’anno successivo, alla morte di Gregorio V, uno dei più grandi intellettuali del tempo: GERBERT D’AURILLAC, che assunse poi il nome di papa Silvestro II (con chiaro riferimento al papa che aveva battezzato Costantino). OTTONE III & ROMA Roma assunse così una nuova centralità tanto che lo stesso imperatore si fece costruire nell’Urbe un palazzo, quasi in concorrenza con quello papale del Laterano. Nel 1002 la morte precoce di Ottone III aprì una breve crisi dinastica, risolta all’interno dello stesso gruppo parentale scegliendo il cugino ENRICO II come successore al trono. In Italia, un gruppo di aristocratici nominò come proprio re ARDUINO, marchese d’Ivrea, che fu però prontamente sconfitto da Enrico II nel 1004, ritornando il regno al re sassone, il quale allontanamento dalla penisola permise ad Arduino di riattaccare, ma nuovamente Enrico pose fine alla vicenda nel 1014: il marchese si ritirò in monastero per morire pochi anni dopo. L'elezione di Arduino rese visibile una tensione ovvero la volontà dell'aristocrazia italiana di decidere il proprio re (come accadde per i carolingi con Ludovico il Pio) […continua poi ] 3. Borgogna Fu la struttura politica di minor durata, che si affermò alla fine del 9 secolo come territorio autonomo controllato dai RODOLFINGI. Nel 993 il dominio si allargò fino alla Provenza ma fu una crisi dinastica a permettere l’intromissione dei re di Germania: nel 1034 per mano di CORRADO II di Franconia la Borgogna entrò a far parte del controllo tedesco. 4. FRANCIA La morte di Carlo il Grosso nell'888 lasciò spazio al primo re estraneo al gruppo parentale carolingio il conte ODDONE di Parigi, anche se alcuni settori dell’aristocrazia continuarono ad appoggiare la dinastia carolingia, scegliendo come proprio re CARLO IL SEMPLICE, contrapponendosi ad Oddone la cui morte nel 898 rese Carlo unico re di Francia grazie a un accordo con gli eredi di Oddone. Si rivelò un re debole, che per frenare le incursioni normanne cedette al capo normanno Rollone un ampio settore del regno(ducato di normandia), tanto che i nobili franchi scelsero di deporlo nel 922. Il cambiamento più profondo della realtà franca fu la suddivisione in PRINCIPATI REGIONALI largamente autonomi: le diverse regioni si organizzarono attorno ad altre dinastie, detentrici di domini territoriali non così diversi da quello regio. Negli anni successivi l’aristocrazia francese scelse i re all’interno della famiglia di Oddone, andandosi così ad affermare la futura dinastia dei ROBERTINI. Nel 936 però, il figlio di Oddone UGO IL GRANDE, rifiutò la carica, passando l’incarico all’erede di Carlo il Semplice, LUDOVICO IV, facendo ritornare così sul trono i carolingi. Fu una scelta astuta, in quanto così non impose la superiorità della propria famiglia agli aristocratici, evitando così la loro eventuale ostilità. Con la morte di Ludovico V, che lasciò il trono senza eredi nel 987 gli successe il nipote di Ugo il Grande, UGO CAPETO, segnando in questo modo l’ascesa della nuova dinastia dei CAPETINGI, destinata a regnare fino al 1328. NUOVE CHIESE Tra 10 e 11 secolo, per iniziativa dei nobili, vennero edificati numerosi monasteri, i quali vennero dotati di ricchi patrimoni fondiari, consegnando il tutto ad abbati di fiducia. Tali progetti implicavano un patronato della famiglia del fondatore ovvero una complessiva opera di tutela e controllo sulla struttura e il diritto di nominare i successivi abbati. Particolare fu il caso del duca GUGLIELMO D’AQUITANIA, il quale nel 909 edificò L’ABBAZIA DI CLUNY per poi rinunciare a qualsiasi forma di controllo su di essa. Guglielmo I mise il monastero sotto la diretta autorità del papa, sottraendolo quindi al potere del vescovo locale di Mâcon, diocesi in cui era stata costruita. Il MONACHESIMO DI CLUNY propose un’interpretazione della regola benedettina che dava ancora più importanza alla preghiera, con un’accresciuta solennità dei momenti liturgici. Particolare attenzione diedero anche alle preghiere rivolte ai defunti: sembravano così garantire un prezioso beneficio spirituale alla società circostante, la quale fornì all’abbazia sostegno materiale che andò costituendo col tempo un ricco PATRIMONIO FONDIARIO. Si ritrovò così ad essere una potente abbazia alleata di principi e aristocratici. Il suo secondo abbate, ODDONE DI CLUNY, fu incaricato di riformare la vita monastica in abbazie in declino dal punto di vista spirituale e disciplinare: tali interventi incontrarono spesso delle resistenze nelle diverse comunità monastiche che volevano difendere la propria autonomia, che seppur riformate decisero di non mantenere legami con Cluny. In questa capacità di Cluny di rinnovare la vita religiosa di altri monasteri possiamo cogliere l'inizio di una costituzione di una congregazione di monasteri […] coordinati in gran parte dell’Europa, all’abbazia sottoforma di PRIORATI, in quanto l’unico abbate di riferimento era quello di Cluny e i priori erano a capo degli enti monastici ad egli sottoposti. Emblematica fu nel 1088 l’elezione al soglio pontificio del priore di Cluny Oddone, assumendo il nome di URBANO II (il papa che proclamò nel 1095 la prima crociata). 5. Altri esempi di monachesimo In parallelo con la crescita di Cluny e altre analoghe congregazioni, l’11 fu segnato da altre spinte monastiche che si davano al completo isolamento in cui la volontà eremitica si risolveva in una dimensione comunitaria, operando scelte radicali anche di povertà e penitenza. Esempi sono quelli di ROMUALDO, che fondò il monastero di Camaldoli sugli Appennini toscani, GIOVANNI GUALBERTO monaco benedettino che fondò il monastero di Vallombrosa. La comunità era isolata dal mondo in un eremitismo collettivo non erano forme individuali di eremitismo ma esperienze in cui la volontà si risolveva in una dimensione comunitaria, in gruppi che si separavano in modo netto dal mondo il cenobitismo tradizionale veniva percepito troppo legato al mondo. Entrambi avviano un primo cambiamento nella coscienza religiosa, che si distanzia dalla ricchezza dei monasteri altomedievali per avvicinarsi invece ad un IDEALE DI POVERTÀ, priva di potere, lontana dal mondo. CAPITOLO 9: RIFORMA ECCLESIASTICA (10-11 SEC) quanto riconosceva i principi del bene e del male come coesistenti in conflitto tra di loro, la vita terrena vista come forma di purificazione dalla materialità del corpo fino ad arrivare all’autoconsunzione e al suicidio assistito. La diffusione del credo cataro sembra sia stata particolarmente intensa nei ceti urbani, tra artigiani e lavoratori che contestavano apertamente la Chiesa cattolica Le fonti inquisitoriali parlano di migliaia di fedeli in italia e Francia. La REPRESSIONE fu violenta e colpì veramente migliaia di persone classificate come eretiche, tanto da portare il PAPA LUCIO III a promulgare la decretale AD ABOLENDAM preparata nel 1184 con l’imperatore Federico Barbarossa, con l’intenzione di colpire tutti i gruppi considerati eretici, qualunque nome avessero assunto, Il solo sospetto era sufficiente per agire contro gli accusati. Compito affidato ai vescovi che indagavano nelle parrocchie un paio di volte l’anno. Erano però le autorità laiche incaricate dell’esecuzione materiale degli eretici individuati sotto richiesta dei vescovi. Nel 1199, pochi anni dopo una bolla papale VERGENTIS IN SENIUM definì l'eresia un reato di LESA MAESTÀ che, nel diritto imperiale romano era severamente punito con Ia morte. Portava alla scomunica , isolato , privato di ogni bene e la morte oltre a non poter fare testamento e all'espropriazione di tutti i loro beni. Si legittimava così una violenza “giusta”, con lo scopo di disciplinare i fedeli e gli uomini armati sotto il volere e controllo della Chiesa. • LO SCISMA La questione DELL'UNITÀ DELLA CHIESA si pose intorno al 1053 in occasione di una nuova diatriba che si era aperta con il patriarca di Costantinopoli. Da secoli le due chiese, quella di Roma e Costantinopoli, seguivano riti e credenze diverse. (+ posizione monofisita) Una testimonianza sta nel patriarca Cerulario il quale criticava e condannava alcuni riti della chiesa cattolica come la comunione con il pane non lievitato Il documento suscitò una polemica violentissima con il papa di Roma, Leone 9. Il papa rispose prima con due lettere, e poi un'ambasciata di due cardinali. In questi scritti la Chiesa di roma si autodefinì guida della cristianità come una monarchia e istituita da Pietro. Invece, Bisanzio ammetteva come unico capo solo Gesù. Per il papa le altre chiese erano ridotte a «serve» di Roma, così l'ambasciata finì con la SCOMUNICA che formalizzò la ROTTURA CON LA CHIESA DI ROMA. LO SCISMA fornì argomenti a favore della tesi dell’unicità della Chiesa di Roma e del papa, in quanto depositario dell’eredità di Pietro, e da questo momento si misero in discussione le funzioni e i rapporti istituzionali che comportava questo ruolo. *Scelse lui la nomina del papa nel contesto imperiale Qualche anno dopo lo scisma si aprì la questione DELL'ELEZIONE DEL PAPA. I papi «tedeschi» erano protetti dalla forza di Enrico III,* ma il papato, come istituzione, non era ancora stabile. In assenza di procedure certe, ogni elezione poteva essere contestata, ogni papa accusato di simonia e di usurpazione. Ne fu un esempio il breve pontificato di Benedetto 10 un nobile romano imposto dalla famiglia dei Tuscolani, in un momento di debolezza dell'Impero. Il pontificato di Benedetto fu breve e ininfluente, ma ebbe la funzione importante di far emergere tra gli intellettuali riformatori la problematica contestando le modalità irregolari della sua elezione. Solo nel 1059 venne ridefinita l’elezione del pontefice grazie all’intervento del PAPA NICCOLÒ II (imposto dall’arcidiacono e amministratore della Chiesa romana Ildebrando di Soana): presentò nel concilio di Roma del 1059 un SISTEMA DI ELEZIONE PAPALE che limitava il diritto di voto solo ai cardinali-vescovi lasciando poco spazio all'impero dotando così la Chiesa di una guida riconosciuta da un collegio qualificato di prelati. LOTTA PER LE INVESTITURE Nel 1074 venne eletto papa per acclamazione proprio Ildebrando Di Soana, che prese il nome di GREGORIO 7 (stato a lungo servizio della curia romana) si era posto come obiettivo quello di inquadrare la società, insieme ai poteri laici ed ecclesiastici, in una GERARCHIA con al vertice il pontefice di Roma. Influenzò la nuova rappresentazione della Chiesa incentrata sulla superiorità del papa, proseguendo attivamente con l’azione di riforma del clero. In Germania le reazioni furono alquanto aggressive: l’arcivescovo di Brema rifiutò di obbedire ai legati gregoriani, e il clero locale accusò addirittura il papa di eresia. Durante il concilio di Roma del 1075, Gregorio 7 colpì i vescovi disobbedienti, condannando anche l’intervento dei laici nell’investitura di benefici verso apparati ecclesiastici menzionando nello specifico l’intromissione imperiale. Egli rivendicò per la Chiesa di Roma un'onnipotenza senza rivali, una centralità riconosciuta da tutti. Lo mostra bene un documento ''DICTATUS PAPAE'', una lista di 27 tesi che elencavano i poteri riservati solo al papa. In questo testo il Papa può: - deporre o riconciliare un vescovo, - dividere o unire episcopati - spostare i vescovi - scomunicare e deporre gli imperatori Nessuno poteva giudicare il papa o modificare le sue decisioni, le controversie tra ecclesiastici potevano essere risolte solamente dalla chiesa di Roma, chi non apparteneva alla chiesa romana non era cattolico, Il papa voleva creare un'unica unità con LUI STESSO A CAPO DI TUTTO. Il papato risultava così “esente da imperfezioni”, alla guida della Christianitas. Questo trattato è stato a lungo studiato perchè il papato di Roma non aveva mai definito così chiaramente la propria superiorità politica nei confronti degli altri poteri laici ed ecclesiastici del tempo. Dei vari canoni che compongono il 'Dictatus Papae uno in particolare sembra essere stato inserito proprio da Gregorio: il potere di DEPORRE L'IMPERATORE. Si sapeva che il papa poteva scomunicare un potere laico, ma la deposizione era qualcosa di diverso da una sanzione spirituale scioglieva i sudditi dal dovere di fedeltà al re. Dopo la deposizione del vescovo di Milano Goffredo Gregorio, il papa nominò Attone Ma l’imperatore tedesco Enrico 4 presentò il suddiacono Tedaldo, Aprendo così il conflitto con Roma. dando inizio alla lotta per le investiture. NEL CONCILIO DI WORMS [1076], Gregorio 7 fu deposto dai vescovi riuniti sotto l’Impero. L’imperatore si opposse a Gregorio che rischiava, con il suo decreto contro le investiture, di dividere la Chiesa provocando uno scisma La risposta del papa un mese dopo il papa scomunicò e depose l’imperatore. La risposta di Enrico fu audace: Il re dipendeva dalla volontà di Dio che gli aveva conferito il compito di difendere la chiesa su questa base l'imperatore doveva liberare la chiesa dal tiranno. Oltre questi poteri aveva l'appoggio di gran parte dell'episcopato, fu così che nominò concili che portarono alla nomina di un nuovo papa, il vescovo di Ravenna Giuberto L’ANTIPAPA per roma, che governò per 10 anni. Nel 1077, grazie alla mediazione di Matilde di Canossa, l’imperatore chiese perdono al papa Il conflitto s’inasprì nuovamente nel 1080 quando Gregorio depose ancora una volta Enrico, sciogliendo i sudditi dal vincolo di fedeltà al sovrano. L’imperatore, quindi, scese a Roma per investire (di nuovo) della carica Guiberto e da egli farsi incoronare nel 1081. Il papa, assediato, fu salvato dai Normanni ma fu costretto all’esilio a Salerno, dove morì. I successivi papi continuarono a sostenere la visione rigorista di Gregorio 7, vietando alle chiese di accettare qualsiasi tipo di investitura laica, fosse questa di livello spirituale o temporale: Papa Pasquale II raggiunse prima un accordo con i re di Francia e Inghilterra che comportasse la loro rinuncia all’elezione vescovile con anello e pastorale, potendo quindi solo confermare un eventuale decisione papale. Nel 1111 il papa cercò un accordo con l’imperatore tedesco Enrico V, pretendendo la rinuncia dei vescovi del regno dei loro poteri temporali. Furono gli stessi vescovi a protestare e l’imperatore sconfessò il suo patto con il papa: Pasquale II quindi sospese l’incoronazione di Enrico V e venne così imprigionato, gesto che lo costrinse a riconoscere i poteri elettivi del re. Tale capitolazione fece però sollevare la curia romana, e ancora una volta il papa annullò tale privilegio. Durante il CONCILIO DI WORMS del 1122 Enrico V e il nuovo papa Callisto II trovarono un accordo: AL PAPA spettava l’investitura “spirituale” con anello e pastorale; AL RE l’investitura “temporale” tramite lo scettro, solo per I vescovi-conti rinunciando ad ogni intervento nell’elezione del pontefice e dell’investitura dei vescovi con l’anello e il bastone pastorale, simboli del loro potere spirituale, riconoscendo solo al Pontefice tale funzione. In Germania, la consacrazione temporale doveva precedere quella religiosa, per rafforzare il potere imperiale sui signori laici In Italia l'investitura temporale doveva essere successiva a quella ecclesiastica, per non sminuire il potere del papa. Si ottiene così la COESISTENZA delle due sfere in cui erano inseriti i vescovi, una di natura sacrale e l’altra di profonda implicazione politica. • NUOVI TERMINI DELLA RIFORMA Durante gli ultimi anni del 12 secolo si modificò la titolatura del papa sotto volere di Innocenzo III: da “vicario di San Pietro”, a “vicario di Cristo”. Altra aggiunta all’ideologia papale era quella dell’infallibilità del pontefice, in quanto si ritenesse impossibile che Dio scegliesse come suo rappresentante la persona sbagliata. Intorno al papa si formò un SACRO COLLEGIO formato dai cardinali, mentre gli affari di governo venivano gestiti dalla curia Alla Camera apostolica spettava invece il controllo delle finanze della Chiesa di Roma. Inoltre, tutte le decime (tributi pagati alla chiesa) delle diocesi confluivano a Roma, rendendola ampiamente ricca e potente sul piano finanziario in tutto l’Occidente medievale. Nelle città episcopali si cercò di ristabilire una disciplina della vita del clero: i CANONISTI (chierici adibiti al servizio della cattedrale, il clero che assisteva il vescovo) furono nuovamente chiamati a condurre una vita di penitenze, rinunce e castità, in piena comunità con i propri compagni. Si andarono così a costruire nuovi edifici collettivi per ospitare il clero cittadino, chiamato CANONICHE, Nel corso dell'11 secolo le canoniche adottarono la REGOLA DI SANT'AGOSTINO per organizzare la loro vita religiosa ed economica e attorno ad esse I CAPITOLI assemblee di religiosi, dotate di personalità giuridica e di autorità normativa, formati dai canonici del vescovo e membri delle maggiori famiglie aristocratiche della città. Canoniche enti che riuscirono ad acquisire ben presto autonomia e si ponevano come guida della comunità, costituirono un centro importante di concentrazione del potere politico: erano articolati in uffici diversi, fortemente gerarchizzati al loro interno (Cantore, arcidiacono, cancelliere), avevano un proprio tribunale e si ponevano, a volte contro il vescovo, alla guida della vita religiosa cittadina. L'organizzazione in capitoli non coinvolse solo i canonici del vescovo, ma i sacerdoti di tutte le chiese importanti (non cattedrali); sorsero così i CAPITOLI DI COLLEGIATE (chiesa collegiata, ovvero di un ordine cavalleresco). Fra 11 e il 12 secolo, nacquero nuovi movimenti di ispirazione monastica, che accentuavano il proprio carattere ascetico e pauperistico: • CISTERCENSI: (con la prima congregazione nata a Cîteaux) Il monastero dei circensi era stato fondato da Roberto, abate di Molesme, formato sulla regola benedettina. Roberto predicava un ritorno alla «vita delle origini» seguivano una vita di preghiera e duro lavoro manuale, i luoghi in scelti erano sempre in qualche modo isolati per facilitare la concentrazione su sé stessi. Nel 1108 divenne abate Harding, in pochi anni sorsero in Francia quattro abbazie, nel 1119 Harding scrisse la CARTA DI CARITÀ, una regola necessaria per stabilire un ordine che regolasse la vita interna,I legami fra le quattro abbazie andavano ordinati e disposti in una scala di dipendenze. secolo i quali univano preghiera e difesa armata della fede. che doveva garantire, almeno inizialmente, l’assistenza ai pellegrini, la cura dei malati nei luoghi sacri e lungo Ie vie di pellegrinaggio. Si stabilì., così, un nesso fra espansione del Cristianesimo e penetrazione di «eserciti cristiani», in particolare nella Spagna musulmana e nei paesi baltici slavi, dove fu ripreso con maggior successo il modulo della crociata. I PRIMI furono gli ospedalieri di San Giovanni che assistevano i pellegrini del santo sepolcro furono riconosciuti dal papa nel 1112 come ordine religioso. Nell'Europa dell'11 e 12 secolo la chiesa aveva integrato l'attività bellica nelle forme di penitenza e salvezza, aveva sacralizzato la guerra condotta sotto la croce aveva creato una milizia al servizio di Cristo I TEMPLARI Nel 1119, otto cavalieri giurarono davanti al patriarca di Gerusalemme di difendere i cammini per la Terrasanta e di osservare il voto di castità, povertà e obbedienza continuando però ad esercitare l’arte della guerra. I cosiddetti CAVALIERI DEL TEMPIO vennero approvati nel CONCILIO DI TROYES, reclutati dal mondo aristocratico, e fondarono nei decenni successivi numerose piazzeforti e castelli in Terrasanta. Il loro successo accrebbe anche perché si incaricarono di gestire le decime per le crociate indette. Con i templari si avviò un nuovo modello di milizia di tipo spirituale, che si contrapponeva a quella laica: I templari infatti, combattevano per la fede, legittimati da un’azione considerata addirittura salvifica e che gli assicurava vita eterna come cavaliere. CAPITOLO 10: IL DOMINIO SIGNORILE Furono i signori a rappresentare la novità di questa fase storica, (con questa parola ci riferiamo sia alle ●dinastie, sia alle ●chiese) e per quanto seguirono percorsi diversi, gli elementi in comune erano: il possedimento di terre; i castelli e il mantenimento di una forte rete clientelare. POTERI AUTONOMI ● Nell'alto medioevo essere ricchi equivaleva a POSSEDERE TERRE (la circolazione monetaria era precaria.) La terra serviva a mantenere uno stile di vita aristocratico e serviva per legare a sé una clientela di fedeli. Si attuò una vera e propria polarizzazione della società locale attorno ai grandi possessori, con i contadini che cercavano di ottenere da loro: dei vantaggi economici (terra da coltivare), protezione La terra assunse un'ulteriore rilevanza sul piano sociale quando il coordinamento regio venne meno, quando chiese e dinastie poterono tradurre la propria eminenza economica in POTERE SIGNORILE. La giustizia regia era lontana i conti non intervenivano più all’interno di tutti i villaggi: I contadini, quindi cercare protezione nell'unico potente con cui erano in rapporto, ovvero iI proprietario della terra che coltivavano. Quando tali proprietari acquisirono anche la capacità di agire autonomamente sul piano militare, costituirono una dominazione più ampia emulando le prerogative e i compiti del potere regio (giustizia, protezione, fisco) in questo modo, i contadini divennero veri e propri sudditi dei signori. …(a differenza…) I CASTELLI si rivelarono un grande meccanismo politico raccolse attorno a se clientele armate: fu questa forza militare il passaggio da una dominazione del grande proprietario sui contadini che coltivavano la sua terra, e quella di un signore sui suoi vicini una DOMINAZIONE più ampia, a carattere pienamente politico che riconosceva chi fosse in grado di offrire protezione al popolo nel momento in cui il re non era in grado di gestire tale compito. Costruzione dei castelli conseguenza della debolezza militare del re. (Non furono la causa le incursioni dei saraceni/ungari), MA: - la presa d'atto regia della propria incapacità di proteggere tutto il territorio; - il riconoscimento di una legittima iniziativa militare di altri attori politici; (I signori) - la presenza di una violenza diffusa, esterna e interna (aristocrazia stessa) Ciò portò rapporto di scambio tra protezione signorile e servizi dei propri sudditi, con la promessa del signore di mantenere la pace sui propri territori. la protezione garantita dal castello si poteva estendere a gruppi via via più ampi, persone legate in vario modo al signore: - La sua familia e i suoi famuli (i servi di casa); - i vassalli che affiancavano il signore nelle sue azioni armate; - i contadini che coltivavano le sue terre - i vicini che non avevano alcun rapporto formale con il signore, ma avevano bisogno della sua protezione. Per quanto riguarda I CONTI E I MARCHESI non furono i difensori dell'ordinamento regio, furono pienamente parte del mutamento. In Italia ci furono le dinastie di TRADIZIONE FUNZIONARIALE che svilupparono gli stessi poteri delle famiglie signorili; (invece, in altre zone si svilupparono principati territoriali (Francia, Germania e Borgogna) Conti e marchesi (tradizione funzionariale) costituirono poteri signorili sulla base delle proprie terre, castelli e clientele (quindi come le famiglie signorili). Chi si faceva riconoscere come conte o marchese era ormai solo per titolo acquisito in eredità senza alcun’altra funzione faceva capire che apparteneva ad un potere antico. L'aristocrazia funzionariale e i grandi possessori (le famiglie signorili) si assimilarono l'uno con l'altro giungendo a creare dominazioni patrimonializzate, fondate sul controllo di terre e persone organizzate attorno alle fortificazioni. Tutto questo derivò da una forma di imitazione: i grandi possessori imitarono i poteri pubblici, in origine detenuti dai conti, e si impossessarono quindi - del potere di giudicare, - delle imposte pubbliche, - del controllo militare del territorio; i conti imitarono invece - la capacità signorile di agire direttamente sulla società locale, - la capacità di fondare il potere su basi materiali come le terre e i castelli. L'esito fu una società rurale organizzata intorno a moltissimi signori che avevano poteri di diversa matrice: - ai tradizionali rapporti di dipendenza economica e personale (e quindi i censi, Ie corvées…), - si erano aggiunte sia le concrete protezioni armate imposte dal signore (e quindi i pagamenti connessi a questa protezione, i servizi prestati al castello…), - sia giurisdizioni e imposte di tradizione pubblica (come iI fodro, I'imposta dovuta per il mantenimento dell'esercito) All’interno dei singoli villaggi vediamo dunque poteri e prelievi spartiti tra i diversi signori, Ciò diede vita a CONFLITTI TRA SIGNORI tra chi controllava un castello e chi aveva un patrimonio fondiario nei pressi di quel castello. Andando a formare anche il cosiddetto fenomeno della SIGNORIA TERRITORIALE: una signoria organizzata attorno ad un castello e proiettata sul territorio circostante, e nella quale convivevano signorie minori costruite sul patrimonio fondiario dei signori e sul controllo dei contadini che lo coltivavano, definite come SIGNORIE FONDIARIE. I contadini, dunque, si trovarono a dover pagare più tasse per i diversi poteri locali. [… continua giù ] ● Anche le CHIESE sfruttavano i propri privilegi per costruire poteri e affermare il proprio dominio locale; Dobbiamo ricordare come le chiese fossero punto di addensamento fondiario : i laici donavano le proprie terre alle chiese per garantirsi le preghiere ma lo facevano anche ogni volta che un loro congiunto diveniva monaco o chierico, portando alla propria chiesa una dotazione di beni adeguata alla propria condizione sociale, dando così alla chiesa un FLUSSO DI BENI che si cumulava. Le chiese facevano Ie stesse cose delle dinastie usando LE TERRE per legare a sé i contadini e i cavalieri, MA lo facevano con mezzi maggiori, avevano più terre da redistribuire e quindi da usare in senso Politico. Altro elemento IMMUNITÀ ovvero l'esenzione fiscale e una tutela dei beni della chiesa l'immunità era un suggerimento importante, introduceva l'idea che gli edifici e le terre delle chiese non fossero spazi come gli altri dove il potere regio non poteva intervenire. Le chiese, tuttavia, non erano solo protagoniste dello sviluppo signorile, ma anche strumenti di questo sviluppo: erano infatti molte le cosiddette <<CHIESE PRIVATE>>, enti religiosi fondati e controllati da una dinastia o da un'altra chiesa. I signori avviavano la costruzione di “CHIESE IN CURA D’ANIME” rivolte ai propri sudditi comprende tutti quegli enti religiosi Ia cui finalità era quella di officiare i culti destinati ai laici. 1. dalle cattedrali cittadine 2. fino alle piccole chiese di villaggio. 1. Il sistema dominante era quello delle PIEVI articolazioni della diocesi, chiese create dai vescovi e destinate a guidare Ia cura delle anime si occupavano di circoscrizioni molto ampie, con villaggi distanti anche decine di chilometri, e non potevano quindi rappresentare il luogo del contatto quotidiano o settimanale con il culto, e disponevano del fonte battesimale lì si compiva il rito che segnava I’ingresso nella comunità cristiana. 2. CHIESE MINORI, non erano dotate di diritti battesimali ma rappresentavano il luogo di normale frequentazione dei riti religiosi, i luoghi in cui la società locale si riuniva regolarmente. Queste chiese nascevano spesso dall'azione dei signori gesto che mirava ad impadronirsi di uno dei centri simbolici della società locale garantendo ai contadini un accesso al sacro, un luogo di preghiera vicino in cui potersi riunire. VASSALLI E CAVALIERI Duchi e conti cercavano di tenere legati a sé vassalli e cavalieri per stabilizzare un dominio regionale sempre minacciato da competizioni interne ed esterne. Nella realtà turbolenta dell'Europa del 11 e 12 secolo furono essenziali due vie per inquadrare il ceto militare in un ordine politico stabile: 1. Il coordinamento fra la disciplina dell'attività armata e le fedeltà vassallatiche. 2. imponendo un modello di comportamento basato sull'autolimitazione dell'azione violenta in base a un'etica propria del cavaliere, Si creò un'immagine letteraria del cavaliere <<ideale», diffusa nei romanzi e nei trattati cavallereschi. LA FEDELTÀ MILITARE relativa. DIPENDEVA DA: 1Specialmente in Francia la fedeltà poteva essere concessa a più signori contemporaneamente. Non erano rari i casi di vassalli fedeli a più signori. (Federico Barbarossa lo vieterà) 2A complicare il quadro delle relazioni, intervenivano anche le «riserve» di fedeltà, ovvero Ie eccezioni all'aiuto militare da prestare al signore: il vassallo non avrebbe combattuto contro alcuni personaggi con cui aveva precedenti legami di fedeltà. 3 Anche il modo di intendere il bene materiale concesso in cambio della fedeltà era cambiato. Nonostante i riti di investitura si fossero arricchiti, il beneficio era sentito come un bene proprio che poteva essere trasmesso ai figli in eredità con o senza assenso del signore. Vassalli Nel 1037, l’imperatore Corrado II, emanò un editto (per sedare la ribellione dei vassalli a Milano): in cui stabiliva il divieto di sequestrare i benefici dei vassalli senza giusta colpa; 3permise di TRASFERIRE IL BENEFICIUM conferito ai vassalli in eredità per via maschile, sancendo per iscritto questa già avviata abitudine. (come il capitolare) Si stava già infatti diffondendo anche la pratica di vendere i propri benefici(alienare), portando alla rottura del rapporto del legame di fiducia e di dipendenza tra vassallo e signore. Per contrastare la dispersione delle fedeltà e l'ereditarietà dei benefici furono inventate alcune regole di protezione dei diritti del signore o COMMISE : il sequestro del feudo in caso di disobbedienza, provocando conflitti armati, ricorrere a questo mezzo richiedeva la capacità militare in grado di piegare le resistenze del vassallo ed era un’azione applicabile solo se il vassallo veniva riconosciuto come infedele; o FEUDO LIGIO : una fedeltà privilegiata che si doveva a un signore in particolare. Che si trattasse di un tentativo di gerarchizzare le fedeltà non vi è dubbio, e in alcuni casi funzionò, come collante di una schiera più prossima di vassalli con clausola giurata dal vassallo di non combattere contro il proprio signore è probabile che il signore concedesse dei beneficium per ottenere in cambio una fedeltà militare da parte del vassallo, anche se nei fatti non esistevano regole rigide al riguardo. Cavalieri Inerente ai castelli è importante parlare anche di CAVALIERI nell'11 secolo si affermò la centralità della ruolo generale dei poteri locali, nelle carte concesse ai borghi, i signori garantivano di mantenere salvi i residenti e di non eccedere con le impostazioni fiscali, e di punire secondo procedure condivise. I legami di dipendenza degli abitanti con i signori furono ancora forti. ○ SVILUPPO DEI CENTRI URBANI: Altro elemento da tenere presente i rapporti fra centri urbani e poteri signorili delle regioni. In alcuni casi questi rapporti furono di collaborazione e di promozione di diverse città (come i duchi normanni che sostennero la fondazione di nuovi centri cittadini) In queste città gli abitanti ottennero la proprietà dei suoli abitativi diventando così INDIPENDENTI dagli oneri signorili. Le città divennero elementi vitali del corpo politico dei regni una volta che questi riuscirono a stabilizzare la loro presenza al centro del gioco politico europeo usavano al meglio le città. RESISTENZE E REPRESSIONI ALLA NASCITA DEI COMUNI Non sempre le cose andarono nel migliore dei modi i signori osteggiavano la nascita di un’autonoma rappresentanza della città, chiamata COMUNE (la popolazione di un villaggio si organizzava e agiva collettivamente sul piano politico, dandosi una piccola struttura istituzionale) si trovavano scontri frequenti nelle città antiche di dominio ecclesiastico che avevano più da perdere nel concedere autonomia ai cittadini. Sia in caso di collaborazione che opposizione, è indubbio che le città presero una forma istituzionale dopo aver ottenuto il riconoscimento dall’autorità superiore. il potere signorile non era assoluto ma poteva venire invece contrastato dall’azione dei sudditi: tramite le FRANCHIGIE (carte di libertà) atti in cui signori e sudditi mettevano per iscritto diritti e doveri andando a ridefinire il potere signorile. In alcuni casi l'atto nasceva dalla debolezza del signore che doveva alleggerire i propri controlli. Clausola LE GARANZIE le penalità imposte a chi violerà gli accordi. Si tratta quindi di un ACCORDO, fondato sulla reciprocità degli obblighi. (Ovviamente la reciprocità non significa parità.) Le ricorrenti forme di resistenza contadina non puntavano mai ad un’irrealistica cancellazione del dominio signorile ma più che altro ottenere: - il rispetto delle norme fondamentali; - garantiti i possessi delle terre; - imposizioni fiscali tollerabili - giustizia efficace. STRUTTURA Le città europee due apparati istituzionali: 1da un lato gli UFFICIALI SIGNORILI, balivi o siniscalchi che gestivano il controllo militare. 2dall’altro gli scabini (giudici città) e i consoli, ovvero la fascia di popolazione ammessa in politica. All'interno di un quadro politico incentrato sulle signorie: I RESIDENTI nelle città chiedevano la difesa dei propri interessi, la possiblità di espandere le attività produttive e le relazioni commerciali assicurando un flusso di scambio con il territorio, allo stesso tempo, si riconoscevano fedeli al signore non minacciando il suo dominio. I SIGNORI dovevano garantire queste sfere di autonoma organizzazione dei cittadini, limitare le loro pretese fiscali e premiare con privilegi che assicurassero questa fedeltà politica. CITTÀ UNITE E NUOVE MURA Dalla metà del 12 secolo in avanti il fenomeno urbano si assestò. Le città, borghi, castello, chiese furono riunite in un'unica realtà territoriale urbana. La costruzione di NUOVE MURA rese visibile questo processo Tra il 12 e 13 secolo, tutte le città furono circondate da mura in pietra intervallate da torri di guardia e porte per la difesa. Le mura divennero il simbolo delle città e tutti i cittadini devono contribuire a finanziare la costruzione della nuova cinta secondo i diversi livelli di ricchezza abitare e appartenere alla città indicava una condizione giuridica e sociale diversa attribuita alle persone residenti. Cap.12 CAPITOLO 11: I REGNI EUROPEI TRA 11 E 13 SECOLO All’affacciarsi del 12 secolo i poteri di tipo monarchico che si erano affermati dopo la dissoluzione del regno carolingio mostravano delle debolezze che si tradussero in limitazioni del potere regio. Le dinastie si fondavano ancora sul terreno delle alleanze matrimoniali Si poteva diventare re di una regione sposando l'erede di quel principato unendo eredità o imponendo un discendente sul trono vacante. Si aggiungeva anche la difficoltà tecnica di coordinare sul piano feudale le diverse signorie, oltre all’assenza di un vero apparato di funzionari pubblici. INGHILTERRA Il regno d’Inghilterra, prima della conquista normanna, era diviso in circoscrizioni di origine militare e fiscale chiamate shires, assegnate ad ufficiali pubblici chiamati earls. Al di sotto degli shires vi erano altre circoscrizioni minori chiamate le centene (hundreds) formate a loro volta da gruppi di dieci famiglie (tithing). Queste unità godevano di ampia autonomia organizzativa e avevano come fine principale l’amministrazione della giustizia, reso possibile dalle assemblee, dove nei processi si applicava il folkright, diritto della gente. La pace del regno era compito che spettava al re, e anche Guglielmo il Conquistatore non mancò a tale incarico. Guglielmo si impegnava a mantenere i diritti delle chiese e governare il popolo attraverso le leggi. Complicazioni: - da un lato c'erano i baroni normanni (che avevano guidato Guglielmo in Inghilterra) che esigevano non solo l'assegnazione delle terre dei nobili inglesi ma anche un'autonomia politica nei rispettivi possessi e un ruolo di controllo delle azioni del re, - dall'altra parte il re se voleva sopravvivere doveva conservare la libertà dei possessori ed avere l'appoggio dei vescovi e abati. Era evidente la TENSIONE INTERNA, l'appoggio dei baroni era necessario ma si intaccava con la presenza regia che rischiava di indebolirsi. Guglielmo nominò un suo rappresentante in Inghilterra un vicerè dotato di pieni poteri in assenza del sovrano. Eliminò anche i conti e pose come nuove figure a capo del mantenimento della giustizia e della finanza, gli sceriffi. Cercò di conservare il diritto dei liberi uomini a mantenere le proprie cose contro le prepotenze dei baroni e i potenti, I liberi vennero così dichiarati come sudditi del re e tutta la terra data in concessione ai baroni fu sottoposta a concreti obblighi di fedeltà militare nei suoi confronti, anche se rimaneva ben presente il possesso per eredità. Chi otteneva la TERRA però era tenuto in quanto feudatario, a partecipare all’esercito o fornire un equivalente in denaro, e ciò spinse il sovrano a ordinare una grande inchiesta in tutte le contee inglesi sullo stato di queste prima e dopo la conquista e i dati vennero raccolti nel DOMESDAY BOOK → ''libro del giorno del Giudizio'', il più completo censimento medievale di uomini terre e del potenziale economico dei beni. Il re voleva sapere quante erano le terre tenute dai baroni e quali erano gli obblighi dei possessori che le avevano ricevute dal re. Questo libro è organizzato per contee per scendere ai feudi alle centene alle ville e ai manor (l'unità base dei contadini.) - Enrico I , figlio e secondo successore di Guglielmo, emanò una CARTA DELLE LIBERTÀ o statuto delle libertà→ il documento trattava di certi abusi esercitati dalla supremazia reale del suo predecessore, suo fratello Guglielmo II Rufus: specificatamente la sovratassazione di duchi e conti, specialmente al momento di ereditare; e l'abuso nei confronti delle sedi vescovili l'abuso dei benefici ecclesiastici e la pratica della simonia. -Con la sua carta Enrico si ergeva difensore di queste oppressioni limitando il campo d'azione dei baroni attraverso un controllo sulla trasmissione ereditaria e la punizione dei loro reati secondo la legge E rafforzò la giustizia regia comprendendo che era necessario insistere sulla natura feudale delle terre per costringere i baroni a contrattare con il re le quote di potere locale. di Autore sconosciuto è concesso in licenza da Precario alla morte di Enrico fu incoronato il nipote Stefano di Blois che si scontrò con la figlia del defunto, Matilde. In questa guerra di successione i baroni presero il sopravvento ricoprendo le cariche più importanti del regno cercando di renderle ereditarie L'azione del successore Enrico II, nipote di Enrico I intese porre rimedio a questo stato di violenza. il re Enrico II, salì al trono nel 1154 fino al 1189 il suo regno fu importante sia perché si sposò con Eleonora di Aquitania unendo Normandia, Inghilterra e Aquitania (Francia) in un unica potenza . Sviluppò inoltre DUE SISTEMI ISTITUZIONALI: Il primo sistema fisso era incentrato: - sul vicerè - la curia regia composta da laici ed ecclesiastici composti dai ''grandi del regno'', i quali dovevano dare il loro consenso nelle scelte del re. - Figura dello Scacchiere il responsabile delle finanze e con potere di controllo su tutti gli ufficiali; Il secondo sistema mobile e prevedeva: - un collegio di giudici itineranti amministravano l’alta giustizia per conto del re nelle singole contee. - Un sistema delle giurie dei “dodici uomini saggi” nelle comunità incaricati di giudicare i colpevoli e tenerli in custodia fino all’arrivo dei giudici regi - Per quelli che non potevano attendere l'arrivo di questi giudici, Il re potenziò le funzioni giudiziarie della corte centrale a Londra, che divenne col tempo un tribunale aperto per tutti i sudditi del regno, arrivando a formare una nuova corte di giustizia a Westminster il Bench. - Enrico estese inoltre la protezione regia ai vassalli dei feudi maggiori, assicurando loro la successione ereditaria dei feudi minori. - Per rendere stabile l'esercito si preoccupò di inquadrare i sudditi in una dipendenza diretta con il re chiamandoli ad unirsi all’esercito, procurandosi i propri armamenti in base al proprio reddito. Con l’arrivo delle GUERRE ESTERNE Enrico fu costretto ad aumentare le tasse sul regno inglese e nei domini francesi portando ad una grave crisi che culminò con la lotta dinastica tra i figli: Riccardo Cuor di Leone [re dal 1189 fino al 1199] e Giovanni Senzaterra [1199-1216]. 1Con la perdita dei possedimenti in Normandia da parte di Filippo Augusto nel 1204 2 i rapporti deteriorati con la Chiesa e i baroni 3sconfitta subita a Bouvines nuovamente da parte del re francese [1214], Furono le premesse dopo le quali Giovanni venne contestato e costretto dai grandi del regno a firmare la MAGNA CHARTA→ che si configurò come un grande patto di limitazione delle prerogative regie, in particolare riguardo alla tenuta e alla trasmissibilità del feudo: -Sul primo punto il re non poteva imporre tasse senza il consenso dei baroni e doveva convocare l'assemblea mediante lettere rivolte alle persone più importanti del regno. - Il secondo punto era il ritorno alle consuetudini per diminuire gli obblighi fiscali che Giovanni aveva imposto sul passaggio dai feudi agli eredi l'erede doveva pagare una cifra fissa per riscattare il feudo paterno, se era minorenne poteva ottenere il bene senza riscatto, inoltre gli ufficiali regi non potevano sequestrare i beni immobili in caso di debito o prendere prodotti della terra senza il consenso del proprietario. FRANCIA Protagonista del regno di Francia fu Luigi 6 [1108-1137] che si concentrò soprattutto sul - disciplinare i castellani ribelli all’interno del suo dominio, - all’esterno frenare l'espansione del sovrano inglese Enrico II che era anche duca di Normandia ○ 1. Il fronte interno prevedeva il sostegno di alcuni vescovi insieme all’aiuto dell’abbate e consigliere Sugerio di Saint Denis, promuovendo una serie di battaglie punitive contro i potenti locali, sfruttando l’ideologia che il re non aveva altri superiori mentre i principi potevano essere presentati come dipendenti dal sovrano. Luigi intervenne contro i castellani anche per proteggere l’integrità delle chiese azione approvata da un concilio provinciale di vescovi: una “PACE DEL RE” che sostituiva quella di Dio. comunque un potere più ridotto Così fece per la Baviera tolta a Enrico il leone, e per la Sassonia sdoppiata pochi anni dopo. 4cercò di rafforzare il patrimonio con nuovi ducati in Austria e Stiria affidandoli ai suoi alleati, 5di rafforzare la sua base patrimoniale in Franconia attraverso un'intensa opera di passaggi di feudi. 6Alla fine del suo impero le potenze laiche ed ecclesiastiche erano tutte legate a lui. SCONTRO CON LE CITTÀ ITALIANE Durante una riunione tenutasi a Costanza nel 1153, fecero visita all’imperatore due ambasciatori di Lodi vestiti di stracci, con una pesante croce di legno sulle spalle simbolo dei «dolori» che i milanesi avevano inflitto alla cittadina lombarda, implorando l'aiuto dell'imperatore contro Milano la quale aveva distrutto Lodi. Federico I si impose sui milanesi poichè solo lui aveva il diritto di distruggere una città, pretendendo che riparassero l'offesa contro l'autorità imperiale. Milano allo stesso tempo si era illusa di una certa autonomia poichè il re non interveniva mai nelle questioni italiane, i consoli di Milano offrirono del denaro all'imperatore per continuare ad avere controllo su Lodi e Como, quest'ultimo rifiutò e li mise al bando, dando il via allo SCONTRO ARMATO. Nel 1155 l'imperatore conquistò Asti e distrusse Tortona. Tornato in Italia nel 1158 attaccò Brescia e saccheggiò la stessa Milano (1158). Si annunciava una guerra lunga e crudele (voleva tutta italia)un confronto per quasi un trentennio tra Federico Barbarossa con il mondo comunale italiano Per i comuni si trattò di uno scontro traumatico, che minacciava la sopravvivenza stessa del sistema comunale in Italia. Federico aveva infatti un'idea precisa dei suoi poteri di imperatore e li specificò nella DIETA DI RONCAGLIA→ del 1158, dove furono elencati i diritti regi, (si ispirò al diritto romano). 1- Una di queste leggi prevedeva che ogni potere pubblico proveniva dal re, così facendo consentirono a Federico di ordinare la restituzione di tutti i poteri e diritti di natura regia, che l'imperatore avrebbe poi ridistribuito in un riconoscimento della loro qualità pubblica. 2- Confermò i poteri che riguardano l'investitura di un vassallo 3- rinnovó il divieto di alienare i feudi, di venderli o dividerli, di giurare fedeltà più signori, indurendo le punizioni contro i vassalli infedeli. Il Barbarossa cercava di imporre il proprio potere al vertice di una gerarchia feudale, ordinando anche di giurare fedeltà al sovrano. Dopo la distruzione di Milano del 1158 Federico impose alle città ribelli dei rettori chiamati ''podestà imperiali'' quest'ultimi erano violenti ed avari, si distinsero per la rapacità con cui raccoglievano le tasse. Il tema fiscale divenne un campo di scontro perchè erano alte e quando nel 1162 Federico I attaccò di nuovo Milano radendola al suolo con l’aiuto dei lodigiani portò nel 1168 la formazione della LEGA LOMBARDA→ formata da comuni alleati contro l’imperatore impegnati a prestarsi aiuto in caso di attacco . La lega aveva un tribunale per risolvere le controversie tra comuni e coordinava sul piano militare le azioni delle città spostando i vari eserciti. la lega diffuse tra tutti i comuni un modello unico di città comunale governata da consoli eletti. A rafforzare l’ideologia della lega fu l’alleanza con papa Alessandro III, che divenne il simbolo della libertà contro la tirannia imperiale. Solo In un momento di stanchezza, e dopo un decennio di battaglie cruenti, nel 1176 ci fu lo scontro a Legnano dove i comuni lombardi VINSERO SULL’IMPERATORE, in questa vittoria furono aiutati anche dalla chiesa di Roma. Infatti nel 1177 il papa strappò una tregua (PACE DI VENEZIA) di 5 anni all'imperatore e allo scadere del termine si raggiunse una pace tra impero e città. Nel 1183 fu firmata la PACE DI COSTANZA→un documento dove Federico intendeva dare una grazia imperiale, con cui consentiva alle città di continuare a godere dei diritti pubblici: dava concessioni ai Comuni che la componevano in ambito amministrativo, politico e giudiziario, regalie comprese. Riconoscendo i consoli nominati dai cittadini (rinunciando ai rettori), i quali, tuttavia, dovevano fare giuramento di fedeltà all'imperatore e ricevere da lui l'investitura. Le città ebbero la loro CARTA COSTITUZIONALE una sorta di riconoscimento delle istituzioni consolari come forma di autogoverno delle città da allora le istituzioni comunali non furono più messe in discussione. Federico, dopo il 1183 pose fine alle guerre d'Italia. L'imperatore si dedicò a imprese guerresche più gloriose: - la crociata e la liberazione di Gerusalemme (riconquistata dal Saladino nel 1187) ENRICO 6 Alla morte di Federico I sale al potere Enrico 6 il quale cercò di imporre il diritto di successione dinastica all’Impero abbandonando il criterio elettivo, proponendo in cambio ai principi tedeschi la quasi completa libertà di lasciare in eredità i propri feudi ma rifiutarono. Enrico 6 riuscì a guadagnare una posizione di forza solo grazie al matrimonio con Costanza d'Altavilla erede del re normanno, dalla quale ebbe un figlio che diverrà poi Federico II. Nonostante le ribellioni in Sicilia e l'elezione di Tancredi come anti-re Enrico riuscì a entrare a Palermo nel 1194 e farsi eleggere re di Sicilia. Il figlio Federico II si trovò a ereditare appunto il regno di Sicilia e il titolo imperiale. Normanni I CAVALIERI NORMANNI sbarcarono nell’Italia meridionale tra il 1013 e il 1016 in un primo momento si misero al servizio dei principi longobardi come mercenari, riuscendo a stabilirsi ad Aversa solo nel 1030 impadronendosi del principato di Capua nel 1058. Acquisirono poi in seguito anche le zone della Campania, della Calabria e della Puglia. Il controllo esercitato dai cavalieri normanni era alquanto violento i quali imponevano obblighi maggiori alle popolazioni contadine e alle chiese e con il tempo divennero tutti signori di castello attraverso matrimoni e alleanze. Solo intorno al 1070 si impose la FAMIGLIA ALTAVILLA come punto di riferimento tra i diversi territori conquistati: I vari discendenti cercarono di legittimarsi da entrambi i poteri del papato e dell’imperatore: Drogone il fratello di Guglielmo (grande esponente degli Altavilla) divenne così duca di Puglia, e anche da Enrico III fu eletto duca di Puglia, Ma alla sua morte il titolo fu ottenuto da Roberto detto Guiscardo, il quale giuro fedeltà al papa nel 1059. I fratelli ROBERTO IL GUISCARDO e RUGGERO I 1 occuparono l’ultimo avamposto bizantino a Bari nel 1071 2in Sicilia portarono avanti una campagna contro l’invasione musulmana conquistando Palermo nel 1072. Conseguito l’appoggio papale, nel 1098 venne conferito a Ruggero I un potere simile a quello di un legato apostolico in Sicilia: - poteva eleggere vescovi, - controllare le finanze della chiesa - dirimere le controversie fra ecclesiastici, ottenendo così un controllo ecclesiastico nell'isola. RUGGERO II Ruggero II (figlio di Ruggero I) 1 proclamò nel 1129 una pace del regno ponendo il divieto delle guerre private. 2Impostò inoltre un disegno monarchico che abbracciasse tutti i territori dell’Italia meridionale azione aiutata dal titolo di re assegnatogli dall’antipapa Anacleto II nel 1130 e in seguito anche dal papa Innocenzo II. 3Desiderio del re era quello di affermare la propria superiorità rispetto ai baroni soprattutto sul piano fiscale e giudiziario la dinastia degli Altavilla rivendicò un potere esclusivo verso i sudditi latini, musulmani e greci 4stabilì una dipendenza dei baroni al re, giungendo così ad una relativa egemonia politica in tutte le regioni del regno. IL REGNO NORMANNO NON ERA FEUDALE: - c'erano da un lato le terre acquisite dai cavalieri durante le conquista meridionali ed erano sentite come proprietà - dall'altro si conservava un legame di fedeltà con il condottiero di riferimento riconoscendo a loro un diritto sulle terre per averle conquistate. Venne inoltre redatto nel 1142 il CATALOGO DEI BARONI, un censimento di tutti i cavalieri normanni del regno e del loro potenziale militare-fiscale, adesso i cavalieri erano tenuti a prestare servizio militare secondo le cifre stabilite dal catalogo. il re cercò sempre di affermare la propria superiorità regia e il controllo sui baroni: - attraverso una rete di giustizieri regi che controllavano le cause maggiori ovvero i matrimoni per impedire eccessive concentrazioni di patrimoni - inoltre le comunità o i singoli si potevano lamentare del trattamento dei propri signori ai tribunali regi. Si avviò poi lo sfruttamento delle TERRE DEMANIALI di proprità regia che venivano affidate ai cittadini per essere coltivate: - Si crearono nuovi ufficiali pubblici nelle città del demanio; - - si praticò un controllo diretto del lavoro contadino e a prelevarne il surplus disponibile. FEDERICO II Il figlio di Enrico 6, Federico II, ereditò il regno di Sicilia grazie alla madre Costanza ma per il titolo imperiale le cose erano complicate si ritrovò a scontrarsi con Filippo di Svevia e Ottone di Sassonia l'arbitro della disputa fu il papa Innocenzio III il quale cambiò idea più volte tra l’uno e l'altro. Il papa era però anche tutore di Federico II il quale poteva essere una minaccia per il papato e gli eventi portarono nel 1211 Innocenzio III ad appoggiare Federico, ottenne la corona imperiale e anche il regno d’Italia. Federico operò subito 1 per un rafforzamento dei suoi domini nelle regioni meridionali Sottomise i feudatari normanni togliendo loro i privilegi di cui si erano impadroniti 2nel recupero dei beni della sua casata e del regno 3Incrementò poi le forme di governo diretto con ufficiali pubblici e promosse le città del ducato. 4Il re formò un consiglio di giuristi incaricato di elencare tutte le possessioni del re e un inventario dei beni sottratti alla corona 5annullò le autonomie cittadine e nel 1220 nell’ASSISE DI CAPUA (complesso normativo) ordinò una severa politica di recupero dei beni demaniali in mano ai baroni, condannando coloro che non mostrassero documenti validi dei privilegi rivendicati. L’imperatore risiedette poco in territorio tedesco e cercò di mantenere la pace attraverso compromessi continui con i potentati regionali: concesse ai principi ecclesiastici di Germania autonomie giurisdizionali rafforzando il loro potere, rendendo il dominio regio molto indebolito Quest'atto fu pericoloso perchè scatenò altre rivolte. Fin dal 1220 poi, Federico aveva accettato di combattere contro l’eresia al fianco della Chiesa fino a quando non ruppe il rapporto con il papato ottenendo durante il CONCILIO DI LIONE del 1254 la scomunica da parte del pontefice, accusato di eresia e nominato come massimo nemico della Chiesa . Ebbe ben DUE SCOMUNICHE dal papa Gregorio 9, che arrivò a vedere in lui l'anticristo, inneggiando ad una crociata contro di lui. Federico II era stato scomunicato dal papa per la più volte ritardata partenza alla crociata (il Papa voleva mettere in difficoltà lo scomodo imperatore, il quale non aveva nessun interesse ad attaccare i musulmani, così vicini alla Sicilia dove aveva la corte di fatti quella della scomunica fu una decisione mantenuta anche dopo la riconquista della città di Gerusalemme, poiché riottenuta in maniera diplomatica e non violenta. Di ritorno da Gerusalemme, nel 1231 Federico emanò a melfi il ''Liber Augustalis'' le COSTITUZIONI DI MELFI→ nelle quali esponeva i principi secondo cui intendeva governare. Erano principi molto innovativi per l’epoca perché prevedevano tra l’altro - l’abolizione della vendetta privata - l’obbligo per ogni ceto sociale di seguire la legge senza eccezioni, sovrano incluso. Inoltre Federico II sosteneva che il suo potere derivava non più dal papa ma direttamente da Dio. Era composta da una serie di leggi con lo scopo di regolamentare lo stato del Regno di Sicilia, mentre il regno d’Italia continuava a sfuggirgli, ormai diviso in distretti cittadini autonomi sotto il governo collettivo dei comuni. Il progetto di Federico II di Svevia portò a contrasti con i comuni che si videro negare tutte le concessioni ottenute da Federico Barbarossa. o CITTÀ EMILIANE: Piacenza, Parma, Reggio, Modena, e Bologna, giovate della ripresa dei commerci attivi lungo il Po e la via Emilia, soprattutto Bologna che divenne sede della prima università italiana; o TOSCANA: c'erano i comuni di Siena, Arezzo, Firenze o UMBRIA E MARCHE: città dipendenti da un’economia agraria, abitati da una popolazione mista di contadini. Si andava contestando il ristretto potere consolare e i cittadini non nobili si organizzarono in nuovi raggruppamenti politici, le SOCIETATES: → In un secondo momento si aggiunsero le società di mestiere più complesse nella loro composizione mista artigianale e mercantile. 1. Le società cercavano di immettersi nell’apparato politico della città, limitando il potere e i privilegi dei nobili: proposero come nuovo magistrato il PODESTÀ → un forestiero (che dava maggiori garanzie di imparzialità rispetto alle lotte interne, non creava poteri personali) eletto per un anno e investito dei maggiori poteri di governo della città ovvero la gestione dell'economia, esercito e della politica. Furono scritti anche dei manuali specifici libri del governo della città, per istruire questi podestà nel modo di parlare. Si rafforzò il CONSIGLIO COMUNALE esteso a centinaia di cittadini con il compito di eleggere il podestà e approvare le sue decisioni e le scelte principali per la vita politica del comune. - Il podestà proponeva gli argomenti da discutere, - i membri del consiglio discutevano e decidevano se approvarla o respingerla, - i voti erano espressi con delle palle messe in dei sacchi, o delle fave, di colore bianco e nero, mentre il conteggio era affidato spesso a due frati eremiti e due anziani. 2. IL GOVERNO DELLE CORPORAZIONI Per quanto riguarda il ceto artigianale emerse sia sul piano economico che politico le CORPORAZIONI contavano migliaia di membri, che raggruppavano lavoratori dello stesso ramo. Iscriversi alle corporazioni delle arti era una preorgativa normale e importante per un motivo economico poichè le corporazioni: - regolavano il lavoro - controllavano i prezzi, Quindi per poter aprire un'attività bisogna essere iscritto all'arte, con lo scopo di fondare una comunità sul 1. lavoro e i commerci, 2. su una giusta divisione di spese pubbliche e 3. sulla pace sociale. I consoli delle arti erano uniti in un consiglio di nome ''POPOLO'' che prendeva decisioni per tutta la città, inoltre si affiancò al podestà e al consiglio del comune un proprio magistrato chiamato CAPITANO DEL POPOLO →che venne messo a capo del CONSIGLIO DEL POPOLO. Un governo formato dal podestà, dal capitano, dai due consigli del comune e del Popolo, coordinati dai rappresentanti delle Arti. Una volta giunto il popolo al potere si formarono gruppi che influenzarono l'indirizzo di fondo della politica comunale nelle singole città. In tutte le città furono create liste generali di appartenenza “qualificata” alla città si censirono i residenti e i contribuenti con una valutazione reale della ricchezza individuale. Grazie a quest’azione si pagavano le tasse in base alla propria ricchezza reale andando ad intaccare quindi i patrimoni più ricchi. Si elaborarono anche gli ESTIMI→ delle liste di appartenenti ai consigli e alle società territoriali con lo scopo di controllare le condizioni individuali dei cittadini. La GIUSTIZIA divenne più severa concedendo ai giudici poteri speciali per scoprire e punire le infrazioni contro l’ordine pubblico e attuando provvedimenti contro le speculazioni economiche dei grandi proprietari. Anche le pretese sul territorio rurale si modificarono dividendo il territorio per zone amministrative al cui interno vennero a loro volta suddivise in aree minori e affidate ad un vicario o podestà responsabile della condotta dei cittadini. I castelli vennero controllati da contingenti militari di provenienza urbana. Dopo le guerre con Federico Barbarossa e suo nipote Federico II, le famiglie e le città si contrapposero in guelfi (alleati del papa) e ghibellini (alleati dell’imperatore), scelta fatta in base ai propri interessi. In molte città le Parti, guelfa o ghibellina divennero un’istituzione con propri consigli e podestà, influenzando la vita politica dei centri urbani, mentre il Popolo cercava di combattere la violenza tra le due fazioni, facendo della pace l'ideale politico della città. L'ideale della pace era visto come un atto di forza che andava imposta contro le angherie dei potenti. A fine Duecento vennero emanate anche delle LEGGI ANTIMAGNATIZIE→ appunto contro i “magnati” ovvero i potenti e i ricchi che si opponevano al comune e ai quali fu vietato di assumere cariche politiche e condannati a più gravi pene per reati violenti e nei casi estremi banditi dalla città. Il bene comune faticò a essere raggiunto senza repressione, in molte città l'esperimento del Popolo finì presto, poichè i conflitti provocarono una reazione di rigetti delle istituzioni comunali e il potere fu assunto da un SIGNORE→ che si impose con forza sui cittadini sostituendosi al comune nella guida della vita politica. Signorie territoriali CAPITOLO 13: LA CRISI DELLA CHIESA (BASSO MEDIOEVO) (13 SEC) Il CONCILIO LATERANENSE 4 (1213) riassumeva un'intensa stagione di riforme che riguardavano il governo della Chiesa. Sotto la guida autoritaria di Innocenzo III: - fu approvata e resa ordinaria la procedura inquisitoria contro i chierici, sottomettendo tutta la gerarchia ecclesiastica al papa - fu poi stabilito l’obbligo di scrittura degli atti giudiziari - e il divieto di intervento dei chierici alle ordalie (le violente prove del fuoco o dell’acqua usate per affermare una verità). - I fedeli inoltre erano chiamati a confessarsi almeno una volta all’anno come anche ricevere l’eucarestia a Pasqua chi si rifiutava non poteva entrare nella chiesa e nemmeno essere sepolto. - Anche il matrimonio doveva essere celebrato in chiesa ed erano vietati gli sposalizi fatti in segreto. - Tutte le posizioni eterodosse, giudicate errate da un tribunale ecclesiastico furono condannate con una <<morte civile>> (scomunica, espulsione dalla comunità, il sequestro dei beni ecc…) IL CONCILIO fu guidato da Innocenzio III redatto la maggior parte dei canoni l’assemblea dei vescovi si era limitata a ratificare i documenti senza intervenire, questo era un riconoscimento del GRANDE POTERE che aveva assunto il pontefice di Roma. Nel 200, le correnti di pensiero si concentrarono sul suo potere formalizzando PODESTÀ ASSOLUTA DEL PAPA, il quale da vicario di San Pietro diventa vicario di Cristo sottolineava l'origine divina delle prerogative papali, che non potevano essere messe in discussione. (Cap 9) I canonisti della metà del 200 distinsero: - un potere ordinario del papa che era in accordo con leggi - un potere assoluto sciolto dalle leggi e superiore alle leggi stesse (che il papa poteva esercitare in caso di necessità e per il bene della Chiesa.) il papa non poteva sbagliare, era INFALLIBILE. Nel Duecento TENSIONI: i pontefici cercarono di mettere sotto controllo l'elezione dei vescovi si riservarono il potere di trasferire i vescovi da una sede all'altra. pretesa avanzata da Clemente 4 nel 1265 di decidere l'assegnazione dei beni delle chiese <<Vacanti>>, non ancora assegnati a nessuno. Le tensioni generate dai contrasti tra il papa e i vescovi diede vita alla corrente politica del CONCILIARISMO, che affermava la superiorità del concilio sul papa. Le posizioni erano ambigue, i giuristi si divisero: - alcuni sostennero che il papa non poteva decretare cose contrarie ai concili generali; - altri pensavano invece che le decisioni dei concili valevano solo se approvate dall'autorità del papa. Il diritto della Chiesa fu poi profondamente rinnovato, ponendo come base le DECRETALi (lettere pontificie) che furono raccolte nelle Cinque compilazioni che divennero punti di riferimento per regolare la vita delle chiese. Venne poi redatto il LIBER EXTRA un codice unico che riordinò le compilazioni precedenti voluto da Gregorio 9 che risultò essere una serie di regole che disciplinavano tutte le materie del diritto canonico secondo le decisioni dei diversi pontefici. Il governo del papato si muoveva ormai in uno spazio d'azione di ambito europeo in due settori: - quello finanziario, con l'afflusso delle decime da tutto il mondo cristiano - e quello giudiziario, con un numero crescente di cause che giungevano a Roma per essere risolte dal papa. Il “DIRITTO D'APPELLO”, stabilito da Alessandro III, aveva favorito la formazione di una gerarchia di giurisdizione piramidale che culminava con il papa. I cappellani del papa furono sostituiti da una nuova magistratura, gli adiutori delle cause; che si spartivano i processi con i cardinali romani. La CURIA ROMANA divenne così la più importante SEDE GIUDIZIARIA dell'Occidente medievale. (Curia romana il complesso di organi e autorità che costituiscono l'apparato amministrativo della Santa Sede, che coordina e fornisce l'organizzazione necessaria per il corretto funzionamento della Chiesa cattolica e il raggiungimento dei suoi obiettivi.) Vennero perfezionati due strumenti di governo: - i peccati riservati al papa vale a dire i peccati dai quali solo il pontefice poteva assolvere; - il potere di concedere una dispensa l’esonero da una legge particolare del diritto canonico. Fu istituito anche l’ufficio della PENITENZIARIA, nella quale si raccoglievano le cause provenienti da tutte le diocesi europee e spesso affidata ad un esponente degli ordini mendicanti. (un ruolo centrale nella chiesa bassomedievale) - GLI ORDINI MENDICANTI Una moltiplicazione di esperienze che sperimentavano forme diverse di vivere il messaggio cristiano. la chiesa guardava con sospetto ed interesse: la chiesa voleva controllare questi movimenti ma c'era anche la voglia di integrarli nel loro sistema. Presero forma due movimenti religiosi: - 1. i predicatori fondati da Domenico di Caleruega - 2. i minori fondati da Francesco d'Assisi (1183-1226) Chiamati ORDINI MENDICANTI. Proponevano un modello di vita: vicino alla povertà del vangelo, mirando alla rinuncia dei beni, al lavoro e alla carità. sul lavoro come sostentamento Questa rinuncia ai segni del potere tipici del monachesimo tradizionale (i mendicanti non erano monaci, ma frati) li rese più credibili come pastori e come guide spirituali. 1. L'origine dei frati predicatori (DOMENICANI) è legata alla lotta antiereticale che fu condotta in Francia agli inizi del Duecento nella Francia meridionale <<infestate» dai catari Domenico da Caleruega, decise di prestare la sua opera missionaria per contrastare l'eresia. Il catarismo si basava sulla contestazione dei poteri della chiesa. Domenico volle unire una predicazione esemplare con una dottrina in grado di rispondere alla teoria degli eretici. ESEMPLARE si intendeva che il predicatore doveva essere di esempio dunque fare propri quegli ideali di povertà e di semplicità che la popolazione sembrava apprezzare come segno di coerenza di vita e di fede. Domenico scelse così di presentarsi vestito umilmente e a piedi confrontandosi con tutti cercando di persuaderli. Sostenuto dalla chiesa Domenico organizzò un primo gruppo che poi aumentò in maniera notevole nel 1237 si contavano 4000 frati. Il nuovo ordine fu approvato da Onorio III nel 1216, nel 1221 ne furono redatte le COSTITUZIONI che definirono le forme di vita in comune: - Povertà individuale e dell'elemosina come sostentamento, - Intensa attività di predicazione in accordo con i vescovi locali, - Vita in comune nei conventi, - Formazione di un maestro generale dell'ordine. Caratteristica principale fu la FORMAZIONE CULTURALE richiesta ai nuovi frati necessaria per contrastare con argomenti teologici corretti le teorie degli eretici. Nei conventi insegnante di teologia per i giovani monaci e lo studio era parte integrante della vita religioso laicale dipendente dai minori chiamato ''TERZ'ORDINE FRANCESCANO'' I penitenti potevano essere assimilati ai francescani. L'USO POLITICO DELL'ERESIA La lotta all'eresia aveva creato un nuovo ambito di potere molto ricercata anche dai poteri laici la difesa della fede contribuì alla costruzione del potere sovrano in occidente Fin dal 1220 Federico aveva accettato di combattere gli eretici a fianco della Chiesa e aveva introdotto Io strumento dell'eresia nella sfera politica contro i ribelli del regno non aveva esitato infatti a usare l’accusa di eresia, equiparandola al reato di LESA MAESTÀ. Quando Federico ruppe i rapporti con il papa fu scomunicato nel 1245 trovandosi additato come eretico. Ci fu una LOTTA DEL PAPATO CONTRO L'IMPERATORE una crociata per la difesa della fede, che proseguì anche con gli eredi di Federico II. C'erano anche altri oppositori della chiesa: Il capo ghibellino Ezzelino da Romano instaurò un dominio di estrema violenza, offrendo alla Chiesa un simbolo di “tiranno eretico”: Ezzelino, infatti, si poneva come nemico della Chiesa e protettore degli eretici e venne indetta contro di lui una crociata. L’eresia era diventata ormai un reato politico, permettendo così anche l’intromissione dei re cristiani europei. L'eresia diventando un reato politico era chiaro che il papa non poteva essere l'unico a usare l'ideologico religioso intorno all'eresia. (ESEMPIO: Filippo augusto contro il conte di Tolosa) (Francia) Due episodi sono emblematici e sono legati alla figura del re di Francia Filippo 4 di questa nuova via di affermazione del potere regio: 1. Il conflitto con Bonifacio 8 2. il processo contro i templari. 1. IL CONFLITTO CON BONIFACIO VIII Il conflitto tra papa Bonifacio 8 e il re Filippo 4 il Bello verteva su la difesa dell'immunità della chiesa dal fisco e dalla giustizia dei re. Re Filippo 4 il Bello: impose al clero francese una tassa in occasione della guerra mise sotto processo un vescovo. Il papa minacciò il re di scomunica e riaffermò nella bolla UNAM SANCTAM il potere assoluto del papa su tutti i principi laici subordinazione del potere temporale a quello spirituale. Questo scontro verteva sulla capacità di esercitare un potere reale su un territorio. Filippo accusò Bonifacio di essere stato eletto illegalmente dopo che il suo predecessore Celestino V presentò le dimissioni Bonifacio era sospettato di averlo costretto. Lui era un papa potente però aveva diversi punti deboli, come: cardinali di mezza Europa come nemici, aveva iniziato una guerra contro la famiglia Colonna che culminò nella scomunica di quest'ultimi per eresia con il conseguente sequestro di tutti i beni. Aiutato da un gruppo di giuristi Filippo inviò in Italia il suo cancelliere Guglielmo di Nogaret che fece prigioniero Bonifacio ad Anagni costringendolo a non pubblicare la bolla di scomunica contro il re, poi Bonifacio morì nel 1303. Si aprì un processo contro di lui, con accuse da parte di Filippo di qualsiasi perversione, che mirava a denigrare la curia pontificia. PROCESSO CONTRO I TEMPLARI. Filippo si scagliò anche contro i templari, i quali si rifiutarono di concedere al sovrano di prendere soldi dal tesoro regio da loro custodito e controllato: il re decise di distruggere l’ordine per appropriarsi del denaro. Questo spinse il re (e i suoi giuristi) a preparare un'offensiva giudiziaria senza precedenti contro un ordine religioso Filippo fece ARRESTARE i generali dell'ordine e tutti i templari del regno. I capi d'imputazione erano numerosi e giravano intorno al nesso tra eresia, culto demoniaco e condotte sessuali illecite. Entrambi i processi portarono alla CATTIVITÀ AVIGNONESE, che vide lo spostamento della curia papale ad di Autore sconosciuto è concesso in licenza da Avignone (Francia) dal 1309 fino 1377. Il ritorno del papa a Roma nel 1378 vide l’elezione del nuovo papa URBANO 6 che fu però contestata dai cardinali francesi, i quali scelsero come proprio papa Clemente 7 insediato ad Avignone. Ciò provocò una spaccatura in Europa, tra chi sosteneva il papa romano e chi quello francese, mettendo in discussione l’intero apparato pontificio. Nel CONCILIO DI BASILEA [1431] per riequilibrare il potere in un tentativo di ridarlo in mano ai vescovi (che un tempo si sentivano più forti del papa) si riunivano periodicamente per legiferare su alcune questioni papali riprendersi un po’ di quel potere Ma quando si ristabilisce la sede pontificia a Roma, papa Martino V riaffermò la supremazia papale di Roma. CAPITOLO 14: LO SPAZIO POLITICO DEI REGNI EUROPEI Nel 13 secolo diffusa tensione contro LA MONARCHIA, la quale è attaccata su tutti i fronti: - sui criteri di successione, - sui poteri da esercitare - sulla legittimità delle richieste rivolte ai suoi sudditi. l’esistenza monarchie è stata messa in discussione e ridefinita secondo le necessità del momento. Tuttavia le monarchie sopravvissero capacità di assorbire le pressioni più violente senza spezzarsi del tutto. Idearono NUOVI MODELLI (NEL 14SIMO SECOLO) - si poteva affidare il regno a un reggente, - accettare l'elezione da parte dei grandi; - prendere un altro re come proprio, unendo corone di paesi diversi; - si poteva anche non avere alcun re e affidare il governo a un consiglio di grandi, ecc… FRANCIA La Francia bassomedievale giovò dell'eredità di due grandi sovrani: Luigi 9 (1226 al 1270) Filippo 4 il bello (1285-1315). 1 Sotto Luigi 9, il regno di Francia si era esteso fino a comprendere le regioni meridionali della Linguadoca, rivendicando anche il potere legislativo del re. 2Con Filippo 4: 1. furono rinnovate le finanze aumentando molto il carico fiscale sui sudditi. 2. la giustizia rimase nelle mani del re che estese le sue pretese anche su persone / beni della Chiesa. 3. il re si lanciò in ardite speculazioni finanziarie cambiando più volte valore alla moneta ufficiale. 3. I limiti delle pretese regie furono evidenti sotto il successore; Luigi 10. Nel 1315 ci fu una rivolta dei baroni i quali ottennero ampia autonomia dopo che vennero messe sotto accusa dai vari principati regionali le funzioni pubbliche basilari della monarchia: il controllo della giustizia e la fiscalità. 4. Nel 1328, con la fine della dinastia capetingia, la corona passo in mano ad un ramo collaterale della famiglia e cioè i VALOIS (con Filippo 6, figlio di Carlo di Valois, fratello di Filippo 4 il Bello) ciò riaccese per pretese dinastiche il conflitto con l’Inghilterra, in quanto il re Edoardo III rivendicava il proprio legame con la famiglia capetingia. Prese nome così la GUERRA DEI CENT’ANNI […] nel 1337, che mise in risalto le debolezze francesi fino alla sconfitta ad Azincourt nel 1415. - un esercito pesante e lento, basato ancora sui cavalieri; - una scarsa capacità di mobilitazione della popolazione; - un sistema fiscale incapace di finanziare una guerra prolungata nel tempo; - una fortissima frammentazione territoriale. Ma non vi era solo la presenza degli inglesi a minacciare il regno ma una spaccatura interna all'alta aristocrazia francese scoppiò nel mentre anche una GUERRA CIVILE nel 1392: lo scontro fu tra due membri della corte di Carlo 6, il duca di Borgogna Giovanni senza Paura e il fratello del re, Luigi I duca d’Orleans. Quest’ultimo, alla morte del re e con il consenso della reggente, impose una nuova tassa contestata da tutti i restanti principi. Si formarono due fazioni, Armagnacchi fedeli a Luigi Borgognoni di Giovanni, i quali riuscirono a prendere il controllo di Parigi e della Francia settentrionale: nel 1418 abolirono tutte le tasse della città e crearono un regno itinerante nelle regioni centrali chiamato BOURGES. La complicazione divenne massima quando nel 1420 venne stipulata la PACE DI TROYES tra Francia e Inghilterra e in più il re inglese Enrico 5 sposò la figlia di Carlo 6 Non solo Carlo VI aveva esautorato l'erede legittimo, Carlo 7, ma aveva eletto come suo «figlio» e successore il re inglese. Alla morte di entrambi i re l’erede inglese Enrico 6 pretese il trono francese sostenuto dai Borgognoni, gli Armagnacchi sostenevano come legittimo successore il figlio di Carlo VI, Carlo 7. Fu in questo contesto che si sviluppa la parabola di <3 GIOVANNA D’ARCO <3, donna condottiera ispirata da voci divine che designavano come vero re francese proprio Carlo VII, il quale la guidò in battaglia contro gli inglesi, riconquistando diverse città occupate. Giovanna venne però accusata e condannata a morte per stregoneria nel 1431 da parte dei Borgognoni. Tra il 1449 e il 1453 Carlo VII, approfittando di conflitti interni alla dinastia inglese, riconquistò diversi territori e ponendo così fine alla guerra con la VITTORIA DELLA FRANCIA. 5. Le vicende di LUIGI 11 mostrano le contraddizioni dello Stato francese alla fine del 400. Divenuto re volle riaffermare la sua sovranità su tutti i principati. Si contrappose contro di lui il fratello Carlo, il duca di Borgogna e vari signori delle regioni francesi. Luigi XI decise di reprimerli giuridicamente accusandoli di lesa maestà, trattandoli come sudditi infedeli e non come vassalli. Cercò di trasformare la natura dei rapporti con la nobiltà regionale conferendo alla sovranità regia un potere superiore. 6. Tra il 1460 e il 1490 inoltre, le regioni più distanti ed autonome della Francia vennero annesse al regno: il Delfinato, l’Angiò, il ducato di Borgogna, la Provenza e infine la Bretagna. INGHILTERRA (Inghilterra del primo Trecento) Dopo il lungo regno di Edoardo I i successori misero in evidenza la debolezza strutturale della monarchia: - un regno incapace di finanziarsi, anzi impoverito - un ruolo spropositato dei baroni che per decenni attaccarono i detentori della Corona in una competizione apertissima e senza regole; - un Parlamento - l'assemblea di nobili, ecclesiastici·e rappresentanti dei comuni - molto forte nell'imporre un controllo stretto intorno al re e alla gestione delle finanze regie, ma non altrettanto forte nel proporsi come garante di un assetto istituzionale stabile. La monarchia inglese nel corso del 14 secolo fu segnata da una rapida successione di re deposti, dimessi o uccisi fino al 400 dove il vuoto di potere creò lunghi periodi di assenza. Davanti a questo VUOTO DI POTERE due erano le forze che potevano aspirare a trovare un ordine: Il parlamento l'assemblea dei Grandi la nobiltà militare. IL PARLAMENTO INGLESE assunse nel 300 un ruolo di controllo, - nel 1310 cercò di proporre un rimedio al problema delle finanze - nel 1318 propose di istituire un consiglio composto da baroni - nel 1351 cercò di porre rimedio agli aumenti salari Le decisioni del parlamento (statuti) non potevano essere modificate dal potere regio, ma solo ed esclusivamente da altri interventi parlamentari. Nonostante ciò, i problemi della stabilità non furono risolti L'assenza dei re, la guerra con la Francia e la competizione per il trono favorirono I BARONI agivano da potenti signori locali con al loro seguito centinaia di cavalieri legati ad un nuovo contratto semifeudale. Si aprì uno SCONTRO TRA BARONI per la conquista del trono inglese nel 1453 tra la casata dei Lancaster e Fortissima fu la spinta verso la guerra di conquista una GUERRA SANTA fu forte la capacità di inglobare popoli diversi sotto la stessa struttura politica. L'ESPANSIONE OTTOMANA fu inarrestabile, - si stanziarono vicino la capitale Bisanzio, - si spinsero fino alla Macedonia, - poi Bulgaria e Albania, - fino ad appropriarsi di una porzione del regno d’Ungheria. Il sultano Maometto II riuscì a sottomettere Bisanzio nel 1453 portando a compimento l’unificazione religiosa e politica dell’intera regione FINE IMPERO ROMANO D’ORIENTE (cessò definitivamente di esistere) La dominazione ottomana rappresentò un nemico per i regni cristiani occidentali, dando inizio ad una serie di “crociate” fallimentari. ITALIA Nei primi anni del 300 le regioni italiane furono soggette a ricomposizione e divisione. Vi fu la riunificazione di realtà cittadine e comunali in alcuni <<Stati territoriali>> ma questa pluralità di dominazioni regionali non aveva alcun coordinamento centrale visto che né l'imperatore né il papa riuscirono a presentarsi come poteri forti, capaci di unificare. In questa frammentazione possiamo distinguere tre aree politico- territoriali principali: o STATI REGIONALI PRINCIPESCHI : • il ducato dei Savoia, • lo Stato dei Visconti, • lo Stato estense, • lo Stato della Chiesa, o REGIMI REPUBBLICANI : • la repubblica di Venezia • la repubblica di Firenze, • la repubblica di Genova. o REGNI MERIDIONALI : • Sicilia e Napoli (poi uniti sotto la corona aragonese). Oltre questi rimanevano ancora numerosi piccoli stati incentrati in singole città piccoli STATI AUTONOMI che univano più cittadine portando alla prima generazione di “SIGNORIE” CITTADINE in quanto dominazioni personali, che dovevano però essere legittimate dall’esterno. dalle assemblee cittadine. Definì spesso i signori come tiranni, che costringevano i membri del consiglio a sostenere la propria ascesa politica. Si prospettò per le diverse dominazioni territoriali la costruzione di STATI REGIONALI propri: processo che comportò l’acquisizione di città e territori che patteggiarono col signore modi e forme dell’entrata nel dominio. Venne messa in atto la costruzione di una BUROCRAZIA CENTRALE, il tutto promosso da azioni di stampo culturale sostenendo università di prestigio. Nascevano nuovi organismi come 1. la cancelleria principesca, 2. i segretari, 3. camera dei conti per la gestione delle finanze. Per la prima volta la fiscalità ed il diritto furono molto chiare. Il gesto fondamentale per preservare un GOVERNO STABILE fu assicurare un rapporto diretto tra il centro e le singole comunità del dominio grazie alla presenza di magistrati scelti da affiancare ai collegi cittadini o ai consigli comunali. Ci furono comunque dei casi in cui diverse comunità chiedevano autonomia rispetto al dominio centrale, mentre si preoccuparono di sottomettere i signori locali allo Stato tramite una formale investitura feudale, che rendeva palese la nuova gerarchia dei poteri pur lasciando intatto il prestigio dei signori. REGNI MERIDIONALI 1. Nel 1282 in Sicilia vi fu una rivolta da parte della popolazione di Palermo, evento che verrà ricordato come VESPRI SICILIANI, i quali si opponevano al governo degli angioini. Il re d’Aragona approfittò dell’occasione per appropriarsi del territorio, nel quale promosse una politica di valorizzazione delle realtà locali, baroni e città Li investì di privilegi, di compiti di autogoverno, ne fece i protagonisti della vita politica dell'isola. Le diverse concessioni di poteri ai baroni però intaccarono nel Trecento la politica regiaindebolendola, il re in una fase di crisi dinastica e politica, portò ad un governo condiviso tra QUATTRO VICARI. Ciò favorì la nascita di centri di potere autonomi che non riconoscevano il re. 2. Una crisi simile Nel regno di Napoli. Dopo la morte della regina Giovanna I d’Angiò, nel 1381 la corona fu contesa da due rami della prolifica famiglia: - gli Angiò di Provenza - gli Angiò di Durazzo. Cominciò una GUERRA DINASTICA che vide la fine con la vittoria del re aragonese ALFONSO V IL MAGNANIMO nel 1442 il quale unì il regno sotto il suo dominio, ottenendo il controllo dell’intero bacino mediterraneo (Barcellona, le Baleari, Sardegna, Sicilia e Napoli). - Il re promosse una fiscalità diretta, con la redazione di CATASTI per censire le proprietà dei sudditi e tassarli in proporzione ai propri beni, - oltre ad aumentare le entrate indirette - formare un esercito permanente. Vennero compresi nell’amministrazione del regno i BARONI e la NOBILTÀ URBANA. Alfonso confermò poi a molti feudatari del regno diversi privilegi giuridici e fiscali e fu così che il PRINCIPE ORSINI DI TARANTO riuscì a costruire un esteso dominio regionale che comprendeva gran parte della Puglia e della Basilicata, puntando ad una piena autonomia. Ottenne nel 1462 dal re Ferrante d’Aragona il privilegio di non prestare omaggio feudale al sovrano ma, alla morte del principe l’anno successivo, il re invase e distrusse il dominio tarantino. STATI REPUBBLICANI Anche gli stati repubblicani furono attraversati da lunghe fasi di instabilità dovute alle incertezze dei sistemi istituzionali. 1 FIRENZE, oltre le diverse congiure e i cambi di regime, riuscì a rimanere repubblica fino al 15 secolo, quando l’élite rivendicò una forma di governo oligarchica escludendo dalla vita politica il resto del popolo. Venne istituito il MONTE DELLE PRESTANZE, atto a stabilizzare il debito pubblico del comune tramite prestiti volontari richiesti ai cittadini ma il comune decise di non restituire più il capitale offerto, solo gli interessi in rate annuali. I cittadini accettarono il patto e iniziarono a comprare delle CEDOLE DEL DEBITO PUBBLICO davano denaro in prestito e ricevevano nel tempo gli interessi. Il comune permise di vendere le cedole e renderle trasferibili come denaro cartaceo. Il metodo ebbe un enorme successo La repubblica ottenne enormi quantità di denaro per finanziare lo Stato e la sua espansione in Toscana. 2 I sistemi istituzionali di VENEZIA, dopo la costruzione di vasti domini coloniali commerciali, riconobbero la necessità di stabilizzare il governo con un capo supremo e venne eletto a vita il DOGE, contornato da consigli che bilanciassero i poteri all’interno dell’aristocrazia urbana. Dal 1297, il Maggior Consiglio inserì in elenchi fissi le famiglie nobili che potevano avere accesso al governo, dando origine ad un’oligarchia chiusa. Violente competizioni si accesero tra il ducato MILANESE dei VISCONTI e Firenze, Venezia e lo Stato della Chiesa si raggiunse la quiete con la PACE DI LODI nel 1454 tra Milano e Venezia, garantita dalla LEGA ITALICA formata dai maggiori Stati italiani. Fu da questo momento che la dimensione della penisola italiana interessò i grandi regni europei, con l’invasione dei re francesi fino al 1499 e l’inserimento del ducato milanese degli Sforza nel regno di Francia e poi in quello di Spagna. CAPITOLO 15: NUOVI ASSETTI SOCIALI DEL BASSO MEDIOEVO (14esimo secolo) Il regno ormai è da intendere come una forma di governo contenitore dei diversi gruppi sociali e istituzionali Associata all’immagine metaforica del corpo a cui “capo” vi è appunto il re e con i suoi “organi” collegati e controllati. Nacque un concetto più astratto del regno che vedeva l’istituzione come un elemento separato dal sovrano come persona Emerse così la nozione di CORONA, una personificazione del regno investita di beni e diritti pubblici inalienabili. La guerra dei cento anni e il pericolo di avere un re straniero portarono ad intendere il regno come una comunità alla quale si apparteneva per nascita, la natio (nascita) veniva vista come legame naturale come allo stesso modo il governo del re sul dominio che poi avrebbe trasferito ai propri eredi. Le pretese di re stranieri venivano viste come usurpazioni contro natura le quali venivano prontamente attaccate. Se questo potere era di origine divina era evidente che i re non erano solo fedeli ma persone sacre, predilette dal signore si diffusero anche immagini a sfondo sacro del sovrano, misericordioso e amorevole nei confronti dei propri sudditi L’AMMINISTRAZIONE DEL REGNO: CORTI, UFFICIALI, FISCALITÀ La consapevolezza della monarchia di essere a capo di un corpo il quale è articolato in funzioni diverse, si tradusse nella costruzione di un sistema burocratico a più livelli. Si ebbe un rafforzamento dell'amministrazione centrale, articolata in organismi sempre più complessi, una rete di ufficiali pubblici nei territori. 1. Organi centrali, 2. Uffici territoriali 3. Sistema fiscale Sono elementi che troviamo in tutte le monarchie europee, segno che i modi di governo seguivano ormai meccanismi simili. 1. Lo sviluppo degli ORGANI CENTRALI era dipendente dalla formazione di una corte intorno al potere regio, in genere le funzioni della corte erano 3: 1- Fornire al re un consiglio, 2- assistere il re 3- amministrare le finanze. La corte francese presenta un modello ricco di questa struttura burocratica, il ''consiglio del re'' un organo consultivo radunato dal re e la sua composizione era variabile a seconda delle necessità e dei momenti: - il re poteva convocare i principi di sangue dove c'erano princìpi, feudatari e vassalli fidati del re. - Le funzioni della corte invece furono affidate all'Hotel del re che comprendeva tutti gli ufficiali tra cui troviamo il cancelliere, personaggio esperto nella scrittura e nella legittimazione degli atti. - La registrazione dell'attività contabile fu svolta da una ''camera dei conti'' retta da 2 presidenti, un chierico e un laico con 8 maestri quest'ultima aveva come primo compito quello di controllare 2 volte all'anno i conti ed aveva anche poteri giudiziari. - Una parte importante era composta anche dal parlamento, il quale in Francia era un organo giudiziario, In Inghilterra invece assunsero importanza i tribunali regi e lo schacchiere che controllava la contabilità. 2. Una parte importante delle funzioni degli organi centrali era assorbita dal controllo dell'attività di governo degli UFFICIALI TERRITORIALI. Nei regni come Francia e Inghilterra, una rete di ufficiali pubblici esisteva già nel 200 l'evoluzione riguardò la loro diffusione nei territori e la trasformazione dei loro compiti. In Francia si rafforzò la gerarchia fra balivi e prevosti: I balivi erano responsabili di una grandissima circoscrizione che comprendeva prevosti a capo di circoscrizioni minori, che spesso si trovavano nelle città stessa. Nella Francia meridionale c'erano i ''siniscalchi'' i quali erano simili ai balivi. Questi grandi ufficiali rappresentavano il re nei territori: amministrando la giustizia, raccogliendo le tasse e nominavano l'esercito. brevità dei termini di concessione, si passò a contratti di durata decennale fino a triennali, favorendo una maggiore mobilità di contadini sulla terra ma anche una più presente precarietà dei rapporti di lavoro. In Italia in particolare, si formò la MEZZADRIA→ un contratto d’ affitto a breve termine che consisteva nella equa divisione dei prodotti tra proprietario e contadino: la famiglia diventava l’unità produttiva della terra ed era obbligatorio risiedere nella casa interna al podere. Tuttavia 1. abuso padronale nella vita familiare del mezzadro 2. lavori per aumentare la produttività del fondo a carico del contadino e non divisibile a metà 3. indebitamento dei contadini poveri ricorrere all'aiuto finanziario del proprietario, da qui una serie di legami che facevano ricadere il contadino in una dipendenza personale Nell’Europa occidentale vi fu comunque un abbandono della conduzione diretta della terra a favore di contratti parziari, e i signori vivevano così delle rendite di alcuni contadini sotto contratto. 3.IL LAVORO Venire in città comportava implicava possibilità di lavoro e un diverso stile di vita. Vennero a formarsi due tipi di lavoratori: - gli APPRENDISTI, futuri maestri di bottega; - i SALARIATI, giovani inservienti non specializzati e che si ponevano a servizio di qualcun altro. I lavoratori prestavano il loro servizio a tempo pagati in base alla quantità di lavoro svolto senza instaurare alcun tipo di rapporto fisso. Nei tribunali, i salariati apparivano come persone corruttibili e non affidabili ai fini di un processo, oltre ad essere considerati come non degni di entrare a far parte delle istituzioni cittadine. Era necessario avere un reddito minimo di 50 lire per diventare membro del consiglio cittadino. Dopo la peste del 1348, il numero di salariati si ridusse ma il loro lavoro più richiesto, accompagnato da un pagamento migliore: ciò migliorò la condizione dei lavoratori promossi interventi legislativi come limitare l’aumento dei pagamenti e il costringerli ad accettare qualsiasi richiesta di lavoro gli venisse offerta seguendo il metodo di pagamento degli anni precedenti. RIVOLTE NELLE CAMPAGNE E REPRESSIONI Diverse furono le rivolte da parte degli artigiani e dei contadini tra il 1340 e 1400, che portarono addirittura all’instaurazione di governi provvisori: - a Parigi nel 14 secolo avvennero delle rivolte frequenti contro i re di Francia durante la guerra dei 100 anni. Tra queste l'episodio più noto fu il MOVIMENTO DELLE JACQUERIE → scoppiato nelle campagne francesi e che coinvolgeva i contadini contro i loro signori, attaccandoli, distruggendogli le proprietà e bruciando i castelli. Accusati di non difendere il paese e di aumentare il carico fiscale, ma la rivolta venne sedata dai nobili e il loro capo, Etienne Marcel, ucciso nel 1358. - In Inghilterra, la RIVOLTA INGLESE del 1381→ indotta dai contadini, nasce in seguito al carico fiscale imposto dalla Polltax, una tassa da pagare in base al numero delle persone, naturalmente per i redditi bassi il peso era molto maggiore. I rivoltosi arrivarono a Londra per attaccare i palazzi dei nobili supportati dal resto del popolo e dal basso clero e il re fu costretto a trattare, concedendo l’abolizione della servitù, ma la rivolta venne comunque repressa e la loro guida Wat Tyler fu impiccato insieme ad altri. - in Italia, la RIVOLTA DEI CIOMPI →che coinvolse i lavoratori salariati del settore tessile e che pretese il proprio inserimento all’interno delle Arti e di conseguenza, la loro rappresentanza all’interno del governo di Firenze. I ciompi riuscirono a formare un governo nel 1378. Nonostante la diversità alcuni punti in comune tornarono in queste rivolte: - i meccanismi ingiusti del sistema fiscale che scaricano sui lavoratori e contadini la maggior parte del peso fiscale. POVERTÀ E ASSISTENZA Per fronteggiare la povertà, le società urbane bassomedievali elaborarono un sistema di aiuti caritatevoli e di assistenza organizzata come gli ospedali, confraternite, chiese, ecc. che si impegnarono nella redistribuzione di denaro ai poveri della città. Tali donazioni però venivano offerte a coloro che avrebbero poi risollevato autonomamente la propria situazione economica, i POVERI MERITEVOLI i POVERI OZIOSI non venivano considerati, ovvero coloro che spendevano le elemosine. I poveri potevano essere aiutati ma non restare inattivi Vennero fornire delle DOTI (denaro) alle DONNE per salvarle dalla decadenza e dalla prostituzione, garantendo così un quadro decoroso della società. Veniva condannato dagli ecclesiastici anche l’accumulo di ricchezze, che riduceva gli uomini ai peccati di avidità e vanagloria: i beni andavano messi in comune e fatti circolare in un sistema di scambi fondato sulla carità controllato dagli uomini di Chiesa. Furono istituiti a questo scopo MONTI DELLE DOTI (15 secolo) con lo scopo di fornire una dote alle donne nubili o povere; MONTI DI PIETÀ che offrivano prestiti di bassa entità a persone povere dietro consegna di un pegno anche di poco valore. L’élite economica divenne anche un’élite politica e di governo, che controllava di fatto la città e la redistribuzione delle ricchezze urbane. Si crearono infatti istituti esterni improntati a gestire le finanze pubbliche in maniera speculativa, LE BANCHE.