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Storia Romana - Editio Maior (Geraci, Marconi), Dispense di Storia Romana

Riassunto del manuale di storia romana e integrazione delle lezioni del professore. Documento completo

Tipologia: Dispense

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Scarica Storia Romana - Editio Maior (Geraci, Marconi) e più Dispense in PDF di Storia Romana solo su Docsity! STORIA ROMANA LE FONTI FONTI PRIMARIE E FONTI SECONDARIE ◌ Si intende come primaria ogni fonte prodotta nel e/o in prossimità dell’evento o del contesto storico alla quale è relazionata. ◌ S’intende come fonte secondaria ciò che invece è elaborato o rielaborato a posteriori, in un momento cronologicamente lontano dai fatti (ad esempio: la storiografia contemporanea sul mondo antico). ◌ Ricostruzione della storia romana CLASSI DI FONTI PRIMARIE RISPETTIVE DISCIPLINE Fonti letterarie Filologia classica Fonti epigrafiche Epigrafia greca e latina Fonti papiracee Papirologia Fonti numismatiche Numismatica antica Fonti archeologiche Archeologia classica LE FONTI LETTERARIE ◌ Ritenute fino alla fine XIX sec. le uniche fonti basilari per la ricostruzione storica poiché illuminano i temi politici, militari e culturali che erano ritenuti i soli oggetti della Storia. ◌ Con l’allargamento del concetto di Storia le fonti letterarie hanno perso parte delle loro preminenza. ◌ Le opere della letteratura greca e latina sono giunte a noi in genere attraverso la mediazione della tradizione manoscritta medievale. ◌ Fanno eccezione poche opere tramandate direttamente dall’antichità da fortunati ritrovamenti di papiri letterari. IL NAUFRAGIO DELLA STORIOGRAFIA ANTICA: ALCUNI ESEMPI ◌ Storie di Polibio: in origine 40 libri, di cui giunti a noi solo 5. ◌ Ab Urbe condita di Livio: in origine 142 libri, di cui giunti a noi solo 35. ◌ Storiografia di età imperiale pretacitiana: interamente perduta. GLI EFFETTI DELLA TRADIZIONE MANOSCRITTA: CARATTERI ◌ Spesso tra l’originaria redazione di un’opera letteraria e la sua prima edizione a stampa sono trascorsi anche 16 o 17 secoli. ◌ In questo lunghissimo lasso di tempo la trasmissione del testo è stata assicurata solo da copie manoscritte. ◌ Questo processo ha portato inevitabilmente ad una corruzione del testo L’EDIZIONE CRITICA ◌ Il prodotto (e lo strumento) principale della Filologia classica è l’edizione critica ◌ Nell’edizione critica compaiono: 1. Il testo ricostruito dal filologo. 2. L’apparato critico, nel quale il filologo registra le varianti testuali che appaiono nel diversi manoscritti, consentendo al lettore di verificare l’esattezza delle sue scelte. 3. Un’introduzione, incentrata soprattutto sulla tradizione manoscritta dell’opera. 4. Note esplicative di carattere letterario, storico o antiquario. L’USO DELLE FONTI LETTERARIE NELLA RICOSTRUZIONE STORICA: SCOPI ◌ Inserire un autore nel suo contesto culturale e politico, comprenderne i fini e i condizionamenti, individuare il pubblico a cui si rivolgeva. ◌ Utilizzare non solo le opere storiografiche, ma anche altri generi letterari, come per esempio l’oratoria e la commedia, valutando i loro fini specifici, che sono diversi da quelli della storiografia. L’EPIGRAFIA DEFINIZIONI ◌ Il termine che designa la disciplina è calco colto del Rinascimento, che traduce in greco il termine latino inscribere. In epoca romana invece le iscrizioni pubbliche venivano chiamate semplicemente tituli. ◌ Per convenzione, quando ci si riferisce al mondo greco-romano, si parla di epigrafia greca e di epigrafia latina. AMBITO Il dominio dell’epigrafia è vasto e contestualizza diversi ambiti: a. le lapidi (lastre generalmente di pietra poste su un monumento, una base di statua, un sepolcro, o sulla facciata di una costruzione, recanti un testo commemorativo). b. le pitture murali o i graffiti. c. gli oggetti di uso comune iscritti, come i laterizi, le armi, le anfore, il vasellame, i corredi da cucina e altri oggetti antichi (instrumentum). CARATTERISTICHE ◌ Documenti in genere giunti direttamente dall’antichità (tranne che per i testi riportati solo da manoscritti epigrafici). ◌ Documenti scritti in genere per essere pubblici, anche se non destinati ai posteri. L’IMPORTANZA RELATIVA I documenti epigrafici sono fondamentali per la ricostruzione: - della storia sociale delle classi medie e basse, in genere ignorate dalla fonti letterarie. - della storia locale delle comunità del mondo romano, che non trova solitamente spazio nelle opere letterarie. ESEMPI DI CLASSI DELLA DOCUMENTAZIONE EPIGRAFICA  Leggi e decreti.  Iscrizioni funerarie.  Iscrizioni di carattere onorario.  Graffiti e iscrizioni dipinte. PROBLEMI INTERPRETATIVI POSTI DALLA DOCUMENTAZIONE EPIGRAFICA ◌ Inserimento di una testimonianza molto precisa e puntuale in un contesto che spesso è mal noto. ◌ Integrazione dei numerosi testi lacunosi. ◌ Scioglimento delle sigle, assai frequenti nei testi latini. ◌ Inquadramento cronologico di documenti che spesso non riportano alcuna datazione esplicita. L’età Tardorepubblicana: 133 a.C - 31 a.C. Età imperiale L’età Altoimperiale o Principato: 31 a.C. (o 27) - 180 d.C. Metà Medioimperiale (o crisi del III sec.): 180 - 284 d.C. L’età Tardoimperiale o Tardo-antica 284 - 476 d.C. MISURARE IL TEMPO Una cronologia è detta: - assoluta: quando si basa su una datazione certa legata ad un evento preciso e ben conosciuto. - relativa: quando individua relazioni e contemporaneità fra eventi di cui però non è nota esattamente la data in cui sono avvenuti. ESEMPI DI CRONOLOGIA RELATIVA: Una cronologia relativa può modularsi: a. Sul calcolo secondo le generazioni. b. Sulla menzione di un avvenimento particolare (Polibio per esempio data la presa di Roma da parte dei Galli sulla contemporaneità della pace di Antalcida, che è una pace riguardante una guerra in Grecia, avvenuta nel 386/387 a.C.) I LIMITI DELLA CRONOLOGIA RELATIVA Per essere utilizzata, ogni data deve comunque necessariamente rapportarsi al presente dello storiografo che è chiamato, attraverso la numerazione progressiva di una unità scelta come misura temporale, a redigere una vera e propria successione di eventi per se e non rispetto ad altri. LA CRONOLOGIA I MAGISTRATI EPONIMI ◌ In Atene, come a Roma, il metodo più diffuso di cronologia constava nel collegare l’entrata in carica dei magistrati cittadini, eletti di anno in anno, ad un giorno preciso. ◌ Nacque così il concetto di “anno di carica”: i magistrati davano cioè il loro nome all’anno, da cui eponimi: «sotto il consolato di…». ◌ Si tratta del sistema di datazione più diffuso e duratura nel mondo greco-romano. LE ERE LOCALI ◌ Forma di datazione che distinse gli anni attraverso la progressiva numerazione a partire da un preciso momento scelto come principio di un’era. - Era dinastica: la più antica di quella della dinastia dei Seleucidi, che datata al 312 a.C. inizio del regno di Seleuco I nella parte orientale dell’Impero di Alessandro Magno. - Era provinciale: calcolata a partire dalla costituzione di una provincia romana. LE ERE OLIMPICHE ◌ “Secondo il numero delle Olimpiadi”, sistema utilizzato a partire dall’epoca ellenistica. ◌ La datazione per Olimpiade divenne era a partire dal III sec. a.C. ◌ Questa datazione fu diffusa soprattutto nel mondo greco per superare i particolarismi delle diverse liste di magistrati eponimi delle singole città. ◌ La prima Olimpiade è data secondo il nostro computo nel 776 a.C., l’ultima nel 393 d.C. GLI ANNI DEL PRINCIPATO ◌ Il conteggio degli anni di principato di un imperatore si affermò solo in alcune province orientali, in particolare in Egitto. ◌ Un sistema indiretto di datazione è offerto dal conteggio della tribunicia potestas, un potere concesso agli imperatori e rinnovato annualmente: esso è di norma sempre menzionato nelle titolature imperiali AB URBE CONDITA (AUC) ◌ “Dalla fondazione della città” (Ab urbe condita): conteggio d’ambito erudito, in storiografia viene utilizzato solo tardivamente nell’opera di Paolo Orosio (fine IV - V sec. d.C.). ◌ Venne tuttavia utilizzato sin dall’epoca Repubblicana per fissare la cronologia assoluta in modo complementare alla datazione per magistrati eponimi. ◌ L’anno di fondazione di Roma veniva fissato sottraendo un determinato numero di anni dalla data tradizionale della caduta di Troia, fissata da Eratostene di Cirene nel III sec. a.C. al 1184/3 a.C. L’ERA DEI MARTIRI ◌ L’Era dei martiri, la quale contava partendo dall'inizio dell'impero di Diocleziano (284 d.C.). ◌ Fu impiegata soprattutto in Oriente, ma anche in Europa trovò vari seguaci, fra cui Ambrogio e Beda: ancora oggi, a quanto si dice, è usata in alcune cristianità copte dell'Alto Egitto. ◌ La scelta e l'appellativo di questa Era derivava dal fatto che sotto Diocleziano si ebbe la «Grande Persecuzione», l'ultima e delle persecuzioni subite dal cristianesimo. L’INDIZIONE ◌ All’interno di cicli di natura fiscale della durata di 15 anni ciascuno, non numerati progressivamente, ricordato il numero progressivo dell’anno. → Esempio: morto nell’anno III dell’indizione… ◌ Diffusa in Occidente a partire dal V sec. d.C. DALL’INIZIO DEI TEMPI O “ANNO MUNDI” ◌ “Dall’inizio dei tempi” ossia secondo le età convenzionali dei patriarchi biblici, utilizzato in ambito erudito, soprattutto dai cosiddetti padri della chiesa tra il III e il VI sec. d.C. → Ad esempio utilizzato da Eusebio di Cesarea e San Girolamo. ◌ Anno di inizio discordante nelle varie versioni. ◌ Il calendario ebraico moderno e il calendario bizantino utilizzano l'Anno Mundi, ma con un anno iniziale e giorno di capodanno molto diversi. ANNO DOMINI (IL SISTEMA ATTUALE) ◌ “Anni ab incarnatione Domini”, sistema introdotto dal monaco Dionigi il Piccolo (VI sec. d.C.) attraverso la fissazione della data del concepimento di Gesù. ◌ Beda il Venerabile, monaco anglosassone del VIII sec., considerò tuttavia l’anno di nascita di Gesù. ◌ Sistema diffusosi nei documenti pubblici e privati a partire dal VII e VIII secolo. ◌ A tutt’oggi il calcolo è considerato errato in difetto di qualche anno: la nascita di Gesù andrebbe posta tra il 4 e il 7 a.C. ◌ Non esiste l’anno 0. LA DATAZIONE CONSOLARE AB URBE CONDITA CRONOLOGIA CATONIANA ◌ L’anno di fondazione di Roma fu fissato da M. Porcio Catone nel II a.C. nel 754 a.C. e quindi da M. Terenzio Varrone nel I sec. a.C. 753 a.C., che divenne poi quello seguito sino ai giorni nostri. ◌ L’opera si intitolava Origines ed era la prima trattazione storiografica su Roma in lingua latina. Ne possediamo solo qualche frammento. LA CRONOLOGIA VARRONIANA ◌ L’anno di fondazione di Roma fu fissato da M. Terenzio Varrone nel I sec. a.C. al 753 a.C. ◌ La cronologia “varroniana” divenne quella più seguita a partire da Claudio (41-54 d.C.) LA DATAZIONE CONSOLARE O PER CONSOLI EPONIMI ◌ Si tratta del sistema di datazione più in uso durante la Repubblica e durante l’Impero, nei documenti ufficiali così come nella storiografia romana (annalistica). ◌ Il sistema perdurò anche del tardo impero sino alla conclusione della nomina regolare dei consoli avvenuta per volontà dell’imperatore d’Oriente Giustiniano nel 541 d.C. ◌ “Magistrati eponimi”, ossia di norma la coppia di consoli in carica in un determinato anno (in carica dal 15 marzo dal 222 a.C. al 153 a.C. poi dal 1 gennaio). ◌ La formula prevede la citazione dei nomi dei due consoli in caso ablativo seguita dalla menzione della carica: M. Aemilio Lepido, L. Volcatio Tullo consulibus (abbreviato coss.) [Essendo consoli Manio Emilio Lepido e Lucio Volcazio Tullo (anno 66 a.C.)] ◌ Nel corso della Repubblica ogni anni contava di regola due consoli. Tali consoli, che entravano in carica o 15 marzo o il 1 gennaio, erano detti ordinari. ◌ A partire dall’epoca augustea in un anno potevano entrare in carica più coppie consolari. I consoli che entravano in carica durante l’anno, di due, quattro o sei mesi dopo gli ordinari, sostituendoli, erano detti suffecti, cioè sostituti. Ciò portò alla moltiplicazione di consoli eponimi in un anno, per cui una coppia di consoli suffecti datava solo alcuni mesi dell’anno. ◌ Dall’inizio del III sec. d.C. solo i consoli ordinari furono considerati eponimi, dunque dando il nome all’intero anno, mentre cessano di esserlo i suffecti. LA DATAZIONE PER MAGISTRATI EPONIMI: I FASTI CONSOLARI E TRIONFALI ◌ Fasti (in contrapposizione a nefasti) erano i giorni dell’anno in cui la trattazione degli affari non era vietata da impedimenti di carattere religioso. ◌ Per estensione, il termine andò a indicare lo stesso calendario romano e poiché il calendario era di solito accompagnato dalla lista dei magistrati eponimi, si dissero Fasti consulares le liste dei consoli, mentre, per analogia, Fasti triumphales le liste dei magistrati che ebbero concesso dal senato il Trionfo per una vittoria militare (sebbene non riportate nel calendario). I FASTI TRIONFALI ◌ Ritrovati nel Foro in più frammenti, a partire dal 1546-1547. ◌ Le registrazioni comprendono il nome del trionfatore, con l’indicazione del padre e del nonno, l'anno del trionfo, il nome del popolo o dei popoli vinti, il giorno e il mese della celebrazione, così: C. Duilius M. f(ilius) M. n(epos) co(n)s(ul) primus an(no) CDXCIII navalem (triumphum) de Siculi(is) et classe PoenicaegitK (alendis) interkalar(ibus) I FASTI CAPITOLINI: i fasti consolari Ritrovati nel foro romano partire dal 1546/1547 dinanzi al tempio del divo Antonino e Faustina. Redatti all’inizio del Principato. Conservati ai Musei capitolini. ◌ 4 lastre + diversi frammenti. ◌ La lista dei consoli (con alcune lacune) dal 483 a.C. al 13 a.C., benché la lista originaria dovesse iniziare con l’instaurazione della Repubblica (509 a.C.) ed arrivare almeno al 13 d.C. ◌ Ogni dieci anni, a sinistra di ogni tavola, era intercalata la data di fondazione di Roma (secondo Catone). I FASTI CAPITOLINI: dove erano affissi? ◌ Non è chiaro: secondo un’ipotesi su di un arco trionfale decretato dal Senato per Augusto (Arco partico, oggi perduto), secondo un’altra ipotesi un probabile luogo di affissione era la regia, ossia la domus regia, residenza del rex d’epoca monarchica. ◌ Il luogo secondo la tradizione donato dal re Numa Pompilio al pontifex maximus, di cui diverrà per l’intera storia romana la sede ufficiale. IL PONTIFEX MAXIMUS ◌ Pontem facere: costruttore di ponti (rispetto al mondo degli dei) ◌ Non era un semplice sacerdote. Egli indicava ai privati e alla Repubblica gli obblighi da adempiere per salvaguardare la pax deorum. ◌ Aveva il pieno controllo sul culto pubblico e dunque un immenso prestigio, e inizialmente l’unico interprete dell’ordinamento giuridico. ◌ Dati tale premesse, era il redattore del calendario e delle numerosissime festività religiose che caratterizzavano l’anno romano. ◌ protostoria dei popoli d’Italia: mancanza di fonti scritte, si studiano attraverso i resti materiali + fonti letterarie successive ◌ fonti scritte greche suggeriscono: una genealogia mitica dei popoli dell’Italia antica e una suddivisione tra Etruschi, Latini e Italici L’ITALIA DELL’ETÀ DEL BRONZO E DEL FERRO ◌ notevole sviluppo della penisola dal III al I millennio a.C. ◌ Bronzo medio e prima età del Ferro si ha insorgere di gruppi umani di piccole dimensioni + organizzazione protostatale ◌ grande differenza tra 1. Ultima età del Bronzo (1200-900 a.C.) - Italia si contraddistingue per la sua uniformità - incremento demografico e riduzione degli insediamenti, lungo gli appennini = evidenti nella cultura “terramaricola” - insediamenti di capanne sorrette da strutture in legno - circolazione di prodotti e di persone 2. Età del Ferro (secoli IX-VIII a.C.) - quadro diversificato, le culture assumono caratteri distintivi (“Golasecca”, “cultura di Este”, “Villanoviana”) - FOCUS: civiltà villanoviana ha caratteristiche simili a Hallstatt e altre civiltà che si stanno formando contemporaneamente in Europa ◌ Quadro linguistico assai variegato → arrivo nella penisola di diversi gruppi etnici di varia provenienza a. Indoeuropea a. Umbro-sabino (Centro-Nord) b. Osco (Centro-Sud) c. Celtico (pianura padana) b. Non indoeuropea a. Etrusco (Toscana) b. Retico (alta valle dell’Adige) c. Sardo ◌ importanza delle colonie della Magna Grecia (metà dell’VIII secolo a.C.) PRIME FORME DI DIFFERENZIAZIONE ◌ Età del Bronzo in Italia ha poco in comune con la brillantezza da questa conosciuta in Grecia ◌ A essere attratta nell'orbita del Mediterraneo orientale fu soprattutto la Sicilia ⇒ resti di centri commerciali + alla fine dell'età del Bronzo sorsero piccoli regni che avevano una vaga somiglianza con gli stati della Grecia micenea → possibilità di un'utilizzazione delle risorse naturali (Fenici furono probabilmente i primi) ◌ Tarda fase del Bronzo medio: comunità demograficamente più consistenti ⇒ inizia a delinearsi un'integrazione delle attività economiche pur nell'assenza di forme centralizzate di potere politico ◌ Nel corso dell'età del Bronzo, mentre la cultura delle cosiddette terramare segnala un livello di organizzazione relativamente evoluta, più a meridione abbiamo scarsa documentazione di forme insediative e le modalità di sepoltura appaiono anonime ◌ Dopo un lungo periodo di sostanziale stabilità è poco prima del 1000 = novità, compaiono infatti le urne per la cremazione dei cadaveri ⇒ sepolture, caratterizzate da nuovi stili di ceramica e di decorazione e da nuovi tipi di bronzi, sono collegate a quella che si designa come «cultura previllanoviana». I I LAZIO ◌ Dai resti della chiesa di sant'Omobono, ai piedi del Campidoglio, è evidente che non è più possibile far iniziare l'archeologia di Roma nell'età del Bronzo INFATTI il Lazio risulta popolato già in età paleolitica e a Roma c'era un insediamento già nel secondo millennio a.C. CFR Giacomo Boni, all'inizio del secolo scorso, scoperta del cimitero risalente all'età del Ferro nel Foro romano I PRIMI FREQUENTATORI DELL'ITALIA MERIDIONALE ◌ Le fonti letterarie e storiografiche ci forniscono alcune notizie sulle origini dei popoli italici ◌ Notizie, che contengono elementi in larga misura leggendari, si devono soprattutto a storici greci che però iniziano a trattare dell'Italia (meridionale) solo nel V secolo a.C.  CFR storico greco Dionigi di Alicarnasso, che scrive a Roma all'epoca dell'imperatore Augusto (fine I secolo a.C.) dobbiamo questa sintetica presentazione dei più antichi frequentatori dell'Italia meridionale: Gli Arcadi, primi tra gli Elleni, attraversato l'Adriatico si stanziarono in Italia, condotti da Enotro figlio di Licaone, nato 17 generazioni prima della guerra di Troia [ca. 1700 a.C.]. Enotro, portando con sé la maggior parte della spedizione, giunse all'altro mare, quello che bagna le regioni occidentali dell'Italia [il Tirreno]. E trovate colà molte terre adatte sia al pascolo che alle colture agricole, ma per la maggior parte deserte, e poco popolose anche quelle che erano abitate, ne liberò alcune dai barbari, e fondò sulle alture piccoli centri abitati vicini gli uni agli altri, secondo la forma di insediamento consueta tra gli antichi. E la regione occupata, che era vasta (comprendeva tutta l'estremità meridionale della penisola italical] fu chiamata Enotria, e Enotrie tutte le genti su cui lui regnò. RACCONTO DI DIONIGI REALTÀ STORICA racconto di Dionigi è strutturato secondo gli schemi tipici dell'etnografia antica ⇒ momento di svolta importante nello sviluppo di una determinata regione è attribuito all'opera esclusiva di un unico personaggio dai tratti più o meno apertamente mitici MA le ricerche archeologiche dimostrano che il periodo descritto corrisponde a un momento di importante svolta demografica → passaggio tra Bronzo antico e Bronzo medio All'origine di questo riassetto del territorio e del suo popolamento, tuttavia, difficilmente può esserci stato l'arrivo di una popolazione dall'Arcadia, vale a dire dalla Grecia, come suggerisce Dionigi dati archeologici lasciano presupporre una cultura del meridione della penisola italica dai tratti decisamente indigeni → verità storica: per la prima volta inizia la frequentazione commerciale delle coste del meridione italico da parte di genti di provenienza orientale in questo periodo ◌ dopo un'interruzione di quasi quattro secoli, legata alla crisi del mondo miceneo, in cui gli scambi con il Mediterraneo orientale si erano ridotti, questa ripresa delle importazioni preannuncia però una svolta nell'interesse dei Greci per l'Italia meridionale che si tradurrà in una grande impresa di colonizzazione, vale a dire nella conquista ◌ società indigena si era trasformata: gli insediamenti conobbero un processo di selezione che diede origine at comunità più popolose (forse sino a 20.000 abitanti) ⇒ esigenze di questi abitati crearono le condizioni per forme embrionali di mercato che attrassero i Greci LE TRASFORMAZIONI DELL'ITALIA CENTRALE ◌ tra I'VIII e il V secolo a.C. - si assiste a un grande fenomeno espansivo delle popolazioni dell'Appennino centro-meridionale - versante tirrenico, i Sabini che si intromettono nella Roma dei Latini e gli altri gruppi etnici di lingua non latina, come Equi, Ernici e Volsci, che occupano il Lazio interno e meridionale ◌ apice tra il V e il IV secolo a.C. - l'espansionismo dei Sanniti - versante adriatico una civiltà importante, quella picena → affermarsi una cultura simile a quella che già da qualche tempo caratterizzava Etruria e Lazio, con una ristretta élite (in qualche caso si può parlare di veri e propri principi) che si distingue dal resto della società per il lusso che persegue → mediazione etrusca + tramite il mar Adriatico: l'arrivo di prodotti favoriscono nell'artigianato locale e lo sviluppo di nuove forme artistiche → prime testimonianze scritte: organizzazione sociale articolata secondo gruppi etnici con alla testa principi e re IL NOME ITALIA ◌ La storia del nome Italia è legata alla peculiare espansione di un termine geografico riferito originariamente a una regione molto ristretta - tramandato a partire dal V secolo a.C., quando già prevaleva su una varietà di nomi corrispondenti, di varia origine (Espéria, Ausónia, Enótria, ecc.) - nome Italia designava allora la penisola calabrese e la vicina costa ionica sino a Metaponto, ma all'inizio doveva limitarsi a quell'estrema parte della Calabria - Antioco di Siracusa (uno storico greco del V sec. a.C.) fa derivare tale nome da quello di un re Italo che tuttavia è evidentemente un personaggio leggendario - più probabile derivazione dall'osco «viteliu», nel senso che il territorio doveva essere ricco di bovini o che il vitello vi rappresentasse un animale sacro. La forma Italia si spiegherebbe quindi anzitutto con la caduta della «V» iniziale, conseguente alla pronuncia delle genti della Magna Grecia, attraverso le quali essa passò ai Romani *Alla metà del IV secolo a. C. il nome Italia abbraccia il Mezzogiorno continentale a Sud di Paestum, sulla costa tirrenica Verso gli inizi del III secolo esso include la Campania e, dopo la seconda guerra punica (fine III secolo a.C.) comprende quasi l'intera penisola, fino all'Arno e all'Esino, allora limiti del dominio romano* Per quanto riguarda la sua forma colpisce anche se le sue rappresentazioni cartografiche sono sommarie Polibio (II sec. a.C,) la paragona a un triangolo e Strabone (età augustea) a un quadrangolo, altri autori a una foglia di quercia o a una d'edera GLI ETRUSCHI LE FONTI ◌ Non disponiamo di narrazione degli Etruschi da parte del popolo etrusco stesso → per lo più formule onomastiche e religiose ◌ Racconto del popolo etrusco da parte di autori greci (Erodoto e Dionigi di Alicarnasso) e latini ◌ importante tomba di Francois di Vulci, risalente alla metà del IV secolo, contiene due cicli pittorici contrapposti (lotte tra città etrusche e laziali + ciclo di scene della guerra di Troia) ◌ Indicazioni importanti giungono dalle influenze sulla vita pubblica e religiosa romana ORIGINE ED ESPANSIONE DEGLI ETRUSCHI ◌ Etruschi sono la più importante popolazione dell’Italia preromana ◌ Noti ai Greci con il nome “Tirreni” ◌ Punto d’incontro tra due tipi di processi: 1. Evoluzione della struttura interna delle società ed economie locali 2. Rapporti con le colonie greche ◌ Nella fase di massima espansione (VII-VI secolo a.C.) gli Etruschi controllano gran parte dell’Italia centro-occidentale e competono con i Greci e con i Cartaginesi ⇒ non diedero mai a uno Stato unitario ◌ Detti “lucumoni”, città indipendenti governate da sovrani → 12 città principali, per scopi religiosi + società di carattere aristocratico ◌ DECLINO - 530 a.C. battaglia contro i Focei, abili navigatori (anche se non è chiaro chi abbia vinto) - 474 a.C. sconfitta a Cuma da parte dei Greci di Siracusa - III secolo a.C. l’Etruria passa progressivamente in mano romana RELIGIONE E CULTURA ◌ Sviluppo di varie tipologie di riti → ricchezza di culti e di scritti sacri ben codificati ◌ Due concezioni dell’aldilà 1. Prolungamento della vita ultraterrena 2. Destinazione finale ◌ Divinità del pantheon sono in gran parte assimilabili a quelle greche ◌ Divinità: gerarchie, sono distribuite in collegi, che si dividono le competenze nelle sfere di giudizio e nei regni (mortali e inferi) ◌ Importanza dell’arte divinatoria, “aruspicina” ⇒ deriva da una concezione di unità cosmica → vocabolo di etimologia sconosciuta ROMANI ED ETRUSCHI ◌ Romani sono consapevoli di quanto la loro vita sociale e le istituzioni dipendessero dagli Etruschi - Insigna imperii - Trionfo celebrato a cavallo M. PORCIO CATONE, DETTO IL CENSORE Il primo storiografo romano che scrive in latino ◌ M. Porcio Catone 234 - 149 a.C., homo novus, fu console nel 195 a.C., ottenne il trionfo in Spagna e divenne censore, si batté contro l’ellenizzazione della classe dirigente romana, tra cui gli Scipioni ◌ Scrisse un’opera sull’agricoltura (De agri cultura) nella quale si teorizzava la villa rustica con il massiccio utilizzo di schiavi ◌ La sua opera storiografica si intitolava probabile Origines e si componeva di 7 libri dalla fondazione di Roma sino al 150 a.C. Ne rimangono circa 150 frammenti. POLIBIO Il più importante storico greco della romanità repubblicana ◌ Polibio da Megalopoli in Arcadia (Peloponneso in Grecia), 200-118 a.C. circa, figlio del comandante della lega Achea, ne fu a sua volta comandante di cavalleria. Dopo la sconfitta della Macedonia nella battaglia di Pidna (168 a.C.), fu uno dei 1.000 nobile greci portati come ostaggi a Roma. ◌ A Roma fu introdotto nel circolo degli Scipioni. ◌ Scrisse 40 libri di Storie, che andavano dal 264 a.C. (scoppio della prima guerra punica) al 146 a.C. (distruzione di Cartagine): ne rimangono i primi 5, più alcuni stralci dei rimanenti. ◌ Dal momento che Roma ha conquistato il Mediterraneo, per Polibio non è più necessario dedicare per monografiche a singole città o regni: è ora possibile scrivere una storia universale nella quale tutto si intreccia nell’orbita di Roma ◌ Grande utilizzatore di fonti documentarie originali (trattata di pace, atti del senato etc.), come il primo trattato romano-cartaginese ◌ Secondo Polibio, la grandezza di Roma sta nella sua costituzione mista: i due consoli rappresentano il potere monarchico, il Senato quello oligarchico, e le assemblee del popolo quello democratico. É nel loro bilanciamento che risiede il successo del modello romano. LE FONTI LETTERARIE: LE ORIGINI DI ROMA ◌ Le prime opere letterarie a noi giunte che si occuparono della fondazione di Roma, risalgono al I sec a.C., in particolare modo Tito Livio, Diodoro Siculo, Dionigi di Alicarnasso. ◌ Pochi i frammenti sopravvissuti di storiografi precedenti, tra cui Fabio Pittore e Cincio Alimento (III sec. a.C.) e soprattutto Catone. ◌ In essi confluiscono «tradizioni» molto antiche, che già avevano avuto una propria definizione in epoche precedenti TRADIZIONI L’ORIGINE DI ROMA ◌ Le tradizioni sono fondamentali nella formulazione originaria della successione monarchica, fissata nei 7 Re di Roma. ◌ È sicuro che esistevano molte versioni diverse delle origini di Roma, tra le 25 e le 30 in totale. ◌ É probabile che il mito, così come canonizzato da Virgilio nell’Eneide, avesse visto la sintesi tra un mito fondativo di importazione greca (Enea) e uno più schiettamente autoctono (Romolo). ◌ La leggenda greca di Enea in Italia risale almeno al VI/V sec. a.C. e risulta accolta in ambiente romano già all’inizio del IV sec. a.C. Già in questa fase, la leggenda gr99eca dovette fondersi con la tradizione locale (originariamente indipendente) concernente il fondatore Romolo: la versione più antica di questa combinazione (metà IV sec. a.C.) faceva di Romolo un figlio di Enea. TRADIZIONE E STORIA DELLA NASCITA DI ROMA ASPETTI DI CONFRONTO: TRATTI CON FONDO STORICO ◌ L’accoglimento della leggenda di Enea come strumento per rendersi riconoscibili ad occhi greci. Enea come simbolo dell’amicizia tra Romani e Greci ◌ La “chiave troiana” nel processo di autodeterminazione etnica: i Romani né greci né barbari. ◌ Sembra poco credibile che Roma abbia preso nome da un fondatore, Romolo: se mai è più probabile il contrario, cioè che l’esistenza di una città chiamata Roma fece immaginare che fosse stata fondata da Romolo, l’eroe eponimo, come era accaduto per le città della storia greca. Non sappiamo siamo quale sia l’origine del nome «Roma». Tra le possibilità, c’è quella che derivi dalla parola ruma («mammella», nel senso di collina), oppure da Rumon, il termine latino arcaico che designava il fiume Tevere. ◌ Secondo la leggenda, quando Romolo arrivò per fondare la sua città, l’area era sostanzialmente disabitata, in realtà i dati archeologici smentiscono quest’ipotesi. Che la città fosse stata fondata alla metà del VIII sec. a.C. da un re-fondatore, non è un fatto comprovato da dati archeologici certi, nonostante diversi tentativi in tal senso anche recenti. La compresenza di popolazioni diverse, i Latini e i Sabini, all’origine della storia di Roma (ratto delle Sabine). La fase di predominio etrusco nel periodo finale della monarchia. ↓ EPOCA MONARCHICA: CRONOLOGIA E TRADIZIONE il periodo della “monarchia Latino-Sabina” (753-617 a.C. – cioè metà VIII-fine VII sec. a.C.) il periodo della “monarchia Etrusca” (617-509 a.C. – cioè il VI sec. a.C., la così detta “grande Roma dei Tarquini”). ROMA ARCAICA CONDIZIONI AMBIENTALI ◌ Una città nata dall’aggregazione di più villaggi (sinecismo). ◌ Un luogo ben difeso (da colli e paludi) e ben collegato grazie al Tevere al mare così come all’entroterra. ◌ Le saline alle foci del Tevere (l’importante via di comunicazione costituita dalla Via Salaria) IL POMERIO: RITI SACRALI ALL’ORIGINE DELLA CITTÀ Varrone, La lingua latina, V, 143 Nel Lazio molti erano soliti fondare le città attenendosi al rito etrusco: con due buoi aggiogati, un toro e una vacca, tracciavano tutt’intorno un solco con la parte interna dell’aratro (lo facevano per motivi religiosi, in un giorno di auspici favorevoli), per essere protetti da una fossa e da un muro. Chiamavano «fossa» il luogo da dove avevano scavato la terra e «muro» la terra gettata all’interno . Il perimetro che risultava dietro questi due elementi era considerato il principio della città; e poiché esso si trovava dopo il muro [post murum] venne chiamato postmoerium; lì era il limite degli auspici urbani. LA DICOTOMIA TRA URBS E AGER ◌ Il pomerium è il confine tra la città (urbs) e il territorio (ager: sede della guerra, della morte, delle relazioni con gli stranieri). ◌ urbs (la città): ciò che è racchiuso da un confine giuridico-sacrale. Al suo interno si possono tenere attività e detenere poteri che all’infuori non si possono tenere e viceversa, tra cui la modulazione dei poteri dei magistrati (così come i loro auspicia sono tra essi). ◌ oppidum (l’abitato): ciò che difeso da mura ◌ non necessariamente esiste corrispondenza tra il pomerium e l’oppidum (l’abitato): ciò che difeso da mura. L’AUSPICAZIONE auspicia (da avis "uccello" e *specio “vedo”) ◌ Annunciatori del volere divino dalla direzione del volo, dal numero, dalla specie e dalla voce degli uccelli, poi anche dalle nubi e dai tuoni. I sacerdoti deputati a tale pratica erano gli auguri. ◌ L'auspicazione non cerca di penetrare il segreto dell'avvenire, ma, controllando la conservazione del patto con gli dei (pax deorum), tende solo a ottenere la sanzione divina ad azioni umane. In origine erano privati e pubblici. ◌ Gli auspici pubblici in epoca monarchica erano certamente afferenza al re: secondo la tradizione fu Romolo a nominare i primi tre auguri. ◌ Gli auspici pubblici in epoca repubblicana appartenevano allo stato, ma erano affidati dallo stato ai singoli magistrati; in origine erano indissolubilmente legati all'imperium, denotando l'imperium la parte umana e gli auspici la parte divina dello stesso potere. ◌ I magistrati ricevevano gli auspici entrando in carica e uscendo li trasmettevano ai loro successori; Tutti i magistrati e promagistrati, e probabilmente anche il pontefice massimo, avevano diritto agli auspici per gli atti di loro competenza (tranne i tribuni della plebe) LA ROMA DELLE ORIGINI COME SISTEMA APERTO SINECISMO E INCLUSIONE IN EPOCA MONARCHICA ◌ Nelle tradizioni leggendarie vengono ricordati in molti aspetti che rimandano all’origine composita della Roma primordiale tra Latini, Sabini ed Etruschi. ◌ In questa prima fase dell’espansione e della creazione della città, la vittoria su altri insediamenti del Latium vetus (l’antico Lazio) comportano la scomparsa degli stessi e l’inclusione nella cittadinanza romana dei suoi abitanti. ◌ L’esempio della mitica Alba Longa, centro federale delle comunità latine, integralmente dissolto e assorbito da Roma, dopo la vittoria conseguita da Tullio Ostilio. La sua popolazione diverrà romana e i suoi maggiorenti (tra cui la gens Iulia) integrati nell’aristocrazia romana. ◌ Ancora in epoca storica, il capo di una grande gens Sabina, Appio Claudio, si sarebbe spostato a Roma da una località semisconosciuta Regillum con tutto il suo gruppo, ottenendo la cittadinanza per se e peri tuti i suoi, dando così origine alla gens Caludia che attraverserà tutta la storia di Roma sino all’impero. LE ORIGINI DI ROMA NEL RACCONTO DELL’IMPERATORE CLAUDIO Tavola di Lione Un tempo i re tennero questa città [Roma], ma non accadde mai che la consegnassero a eredi dello stesso sangue. Si inseriscono nella successione estranei o addirittura stranieri: come nel caso di Numa, successore di Romolo, che pur provenendo dalla vicina Sabina era pur sempre straniero, o nel caso di Tarquinio Prisco, successore di Anco Marcio. Tarquinio, a causa del suo sangue impuro [era nato da un padre di provenienza corinzia, Demarato, e da una madre tarquiniese, nobile ma povera, se aveva dovuto accettare un marito di tale origine], vedeva preclusa a Tarquinia la possibilità di giungere alle cariche pubbliche e per questo, emigrato a Roma, ottenne il regno. Fra lui e il figlio o il nipote – ci sono discrepanze nelle fonti storiche – si inserì Servio Tullio, che i nostri autori latini dicono nato dalla schiava Ocresia e che gli autori etruschi descrivono come compagno di Cele Vibenna e compagno di ogni sua avventura. Dopo alterne vicende, con i resti delle milizie di Celio, lasciò l’Etruria e occupò il colle Celio, al quale egli stesso diede il nome, prendendolo da quello del suo capo; dopo aver mutato, come già dissi, il proprio nome in quello di Servio Tullio, in etrusco si chiamava Mastarna, ottenne il regno con grande beneficio per lo Stato. In seguito, dopo che il comportamento di Tarquinio il Superbo cominciò a essere inviso alla nostra comunità, sia quello di lui, sia quello dei suoi figli, il regime monarchico risultò odioso e il governo dello Stato passò in mano dei consoli, magistrati eletti ogni anno LA TOMBA FRANÇOIS DI VULCI La Roma arcaica tra latini e etruschi ◌ La tomba François, con i suoi affreschi, contrappone la guerra di Troia a temi di storia (eroica) della città di Vulci all'interno di un contesto volutamente antiromano. ◌ Le raffigurazioni parte verosimilmente storiche, riferite alle lotte in corso tra gli Etruschi e i Romani, e alle lotte tra gli stessi popoli etruschi. ◌ Esse riportano per una figura il nome di Mastarna, compagno d’armi del condottiero etrusco tale Celio Vibenna rifugiatisi, al termine di alterne vicende belliche, sul Monte Celio a Roma. Mastarna avrebbe poi ottenuto il regno e cambiato il proprio nome etrusco, assumendo quello latino di Servio Tullio. L’IDEOLOGIA “INDOEUROPEA” NEI RACCONTI SULLE ORIGINI DI ROMA ◌ Dumezìl, storiografo che tenta di individuare nella Roma antica un’eredità indoeuropea - Lo schema del mito del ratto delle Sabine è indoeuropeo e si ritrova nelle mitologie di questo ceppo LA NASCITA DELLA REPUBBLICA LE FONTI ◌ Le fonti narrative che descrivono la nascita della Repubblica si devono agli autori conosciuti come essenziali già per il periodo monarchico a. Dionigi di Alicarnasso → IV libro narra la caduta della monarchia etrusca e V libro tratta l’età repubblicana b. Tito Livio → capitoli finali del libro I, Ab urbe condita ◌ I libri di Dionigi e di Livio sono fondamentali per osservare nel loro agire concreto le istituzioni della Repubblica romana c. Diodoro Siculo → storia universale redatta tra gli ultimi anni dell’età repubblicana e gli inizi del periodo augusteo, Biblioteca Storica d. Plutarco → capitolo della Vita di Publicola, Vite parallele e. Cassio Dione → in lingua greca scrive la Storia romana ◌ Elemento in comune: scritte a una notevole distanza di tempo dagli eventi che narravano; si fondano largamente su opere che oggi sono perdute, in particolare di annalistica a. L. Cassio Emina e L. Calpurnio Pisone Frugi b. Q. Claudio Quadrigario c. Polibio, non tratta del periodo ma fa un excursus sulle istituzione della Roma repubblicana, libro VI ◌ Importanza per lo studio delle istituzioni della Roma repubblicana = letteratura antiquaria i. Plinio il Vecchio e Macrobio ii. Marco Terenzio Varrone iii. Aulo Gellio, Notti attiche iv. Valerio Massimo, Detti e fatti memorabili ◌ Vicende istituzionali di Roma nei primi secoli della Repubblica 1. Plutarco, Questiones 2. Pomponio, sezione sulla storia e l’evoluzione delle magistrature romane 3. Opere politiche di Cicerone, proposta di un modello di uno stato, che non di rado si configura come una versione idealizzata della Repubblica delle origini 4. Fasti consolari e Fasti capitolini = liste dei magistrati eponimi LA TRADIZIONE STORIOGRAFICA DELLA NASCITA DELLA REPUBBLICA ◌ Sesto Tarquinio, figlio dell’ultimo re etrusco di Roma, respinto dall’aristocratica Lucrezia, la violenta. Quest’ultima, prima di suicidarsi, narra il misfatto al padre, Spurio Lucrezio e al marito Lucio Tarquinio Collatino e ai loro amici Lucio Giunio Bruto e Publio Valerio Publicola. ◌ Guidata da questi aristocratici, scoppia una rivolta che porta alla caduta della monarchia, un evento canonicamente datato al 510 a.C. Tarquinio il Superbo, in quel momento impegnato in operazioni militari attorno ad Ardea, non è in grado di rispondere con prontezza. ◌ Nell’anno successivo, il 509 a.C., primo della Repubblica, i poteri del re passano a due magistrati eletti dal popolo, i consoli, uno dei quali è lo stesso Bruto. Il tentativo intrapreso da Porsenna, re della città etrusca di Chiusi, di restaurare il potere di Tarquinio su Roma viene frustrato dall’eroismo della neonata Repubblica. EVENTO TRAUMATICO O PASSAGGIO GRADUALE? ◌ Il ruolo preminente che un ristretto gruppo di aristocratici ebbe nella cacciata dei Tarquini e il dominio che il patriziato sembra aver esercitato sulla prima Repubblica, a livello sia politico che religioso, inducono a pensare che la fine della monarchia sia da attribuire ad una rivolta del patriziato romano. ◌ L’odio che l’aristocrazia romana dimostrò per tutto il corso dell’età repubblicana contro l’istituto monarchico sembra indicare che il mutamento di regime sia stato il risultato di un evento traumatico, di una vera e propria «rivoluzione». ◌ Alcuni elementi lasciano piuttosto pensare che alla cacciata di Tarquinio il Superbo sia succeduto un breve, ma confuso periodo, in cui Roma appare in balìa di re e condottieri, come Porsenna di Chiusi. ◌ La sconfitta inflitta dai Latini e dal loro alleato Aristodemo di Cuma ad Arrunte, figlio di Porsenna, presso la città latina di Aricia (506/507 a.C.), che la tradizione colloca pochi anni dopo la cacciata dei Tarquini da Roma, assestò un duro colpo all’influenza politica degli Etruschi sul Lazio. LA DATA DELLA CREAZIONE DELLA REPUBBLICA 510/509 A.C. MOTIVI CONTRARI - Una curiosa coincidenza cronologica tra la storia di Roma e quella di Atene: il 510 a.C. era anche l’anno in cui il tiranno Ippia, della famiglia dei Pisistratidi, era stato cacciato da Atene. - Da qui il sospetto che la cronologia della caduta di Tarquinio il Superbo sia stata adattata per creare un parallelismo con le vicende della più celebre polis greca. - Diversi studiosi hanno proposto di collocare la nascita della Repubblica qualche decennio più tardi, notando in particolare come intorno al 470-450 a.C. la documentazione archeologica proveniente da Roma dimostri un’interruzione dei contatti culturali con l’Etruria. MOTIVI A FAVORE o Il primo trattato romano-cartaginese Polibio, Storie, III, 22 Ebbene, il primo trattato tra Romani e Cartaginesi è dell’epoca di Lucio Giunio Bruto e Marco Orazio, i primi consoli che furono eletti dopo la fine della monarchia, dai quali fu anche consacrato il santuario di Giove Capitolino. Questi eventi accaddero 28 anni prima del passaggio di Serse in Grecia (480 a.C.). L’abbiamo trascritto dandone l’interpretazione più precisa possibile. La differenza tra la lingua dei Romani di oggi e quella antica è così forte, infatti, che anche i più esperti conoscitori a stento comprendono qualcosa, dopo avervi fissato la loro attenzione. Il trattato è il seguente: «A queste condizioni ci sia amicizia tra i Romani e gli alleati dei Romani e i Cartaginesi e gli alleati dei Cartaginesi….». o L’antica cerimonia dell’affissione del chiodo Livio, Storia di Roma dalla sua fondazione, VII, 3, 5-8 È antica legge, scritta in lettere e parole arcaiche, che il supremo magistrato [praetor maximus] alle idi di settembre conficchi il chiodo; essa venne affissa sul lato destro del tempio di Giove Ottimo Massimo, dalla parte dove si trova il sacello di Minerva. Dicono che questo chiodo, poiché rari erano in quell’epoca gli scritti, fosse il segno indicativo del numero degli anni e che la legge fosse consacrata al sacello di Minerva perché invenzione di Minerva è il numero [...]. Il console Marco Orazio dedicò il tempio di Giove Ottimo Massimo secondo il disposto di quella legge un anno dopo la cacciata del re. Plinio il Vecchio, Storia naturale, XXXIII, 19 Flavio [un edile] fece voto di erigere un tempio alla Concordia, se fosse riuscito a riconciliare gli ordini con il popolo; e poiché non si destinava a questo scopo denaro dai fondi statali, egli fece costruire col ricavato delle ammende inflitte agli usurai una sacello di bronzo nella Grecostasi, che era allora al di sopra del Comizio, e fece incidere su una tavoletta di bronzo che quell’edicola era stata costruita 204 anni dopo la dedica del tempio del Campidoglio. I SUPREMI MAGISTRATI DELLA REPUBBLICA: I CONSOLI I CONSOLI: POTERI ◌ I poteri un tempo propri del re passarono ai due consules (o praetores come, secondo Livio, si sarebbero inizialmente chiamati i massimi magistrati della Repubblica). ◌ Eletti dai comizi centuriati. ◌ Muniti di imperium: ai consoli spettava il comando dell’esercito (imperium militiae), il mantenimento dell’ordine all’interno della città (imperium domi), l’esercizio della giurisdizione civile e criminale, il potere di convocare il senato (ius agendi cum partibus) e le assemblee popolari (ius agendi cum populo). ◌ La funzione eponima. ◌ Il controllo sugli auspici, il potere cioè di interpretare la volontà degli dèi riguardo le decisioni più importanti della vita pubblica. ◌ Come il rex, così i consoli all’entrata della carica doveva prendere gli auspici (inauguratio) I CONSOLI: LIMITI ◌ La durata della loro carica, limitata a un anno (annualità). ◌ Ciascuno dei magistrati aveva eguali poteri e poteva dunque opporsi all’azione del collega qualora la giudicasse dannosa per lo Stato (collegialità). ◌ I consoli erano votati dall’assemblea popolare, dunque in qualche modo erano vincolati al volere di quel populus cui dovevano il loro potere. ◌ Possibilità per ogni cittadino di appellarsi al giudizio dell’assemblea popolare contro le condanne capitali inflitte dal console: si tratta della provocatio ad populum (solo all’interno del pomerium). GLI ALTRI MAGISTRATI ALL’ORIGINE DELLA REPUBBLICA QUESTORI •Al periodo regio o al primo anno della Repubblica risalirebbero i questori: originariamente in numero di due, assistevano i consoli nella sfera delle attività finanziarie. •In un primo tempo è probabile che i questori fossero designati a discrezione dai consoli stessi; in seguito la carica divenne elettiva (annualità). I CENSORI • Secondo la tradizione nel 443 a.C. il compito di tenere il censimento sarebbe stato sottratto alle competenze dei consoli e affidato a due nuovi magistrati, i censori. Compito delicatissimo, quello del censimento, con ricadute che inizialmente furono soprattutto di ordine militare, ma che assunse in seguito un rilievo sempre più politico, man mano che l’assemblea del popolo in armi, i comizi centuriati, diveniva il principale organismo assembleare della Repubblica. • Solo in seguito un plebiscito Ovinio, provvedimento di discussa datazione, ma che va comunque inquadrato tra la fine del IV e gli inizi del III secolo a.C., affidò ai censori anche la redazione delle liste dei membri del senato (lectio senatus). • I censori venivano di regola eletti ogni 5 anni e la loro carica durava, anziché un anno, 18 mesi. Non erano provvisti di imperium. IL DITTATORE • Il dictator era un magistrato. Non veniva eletto da un’assemblea popolare, ma era nominato a propria discrezione da un console, da un pretore o da un interrex, su istruzione del senato. • Il dittatore inoltre non era affiancato da colleghi con eguali poteri, ma assistito da un magister equitum («comandante della cavalleria», mentre il dittatore originariamente era noto col titolo di magister populi, dove con populus si intende il popolo in armi, dunque l’esercito) da lui personalmente scelto e a lui subordinato. • Contro il volere del dictator non valeva l’appello al popolo o l’opposizione del veto da parte dei tribuni della plebe. • Dati i poteri straordinari di questa magistratura, la sua durata venne limitata a un massimo di sei mesi. • L’originario titolo di magister populi, «comandante dell’esercito», e il fatto che in alcuni dei maggiori scontri della prima fase della Repubblica le truppe romane fossero comandate da un dittatore dimostrano come questo magistrato venisse nominato soprattutto per fronteggiare crisi militari, in particolare quando la gravità della situazione consigliava di superare il principio della collegialità per affidarsi a un comando unificato. I SACERDOZI E LA SFERA RELIGIOSA ◌ La medesima persona poteva rivestire contemporaneamente una magistratura e un sacerdozio ⇒ nella mancanza di una casta sacerdotale separata dal potere politico si può ravvisare uno dei tratti più caratteristici della Repubblica romana - eccezioni: Rex sacrorum flamini (che non sono sacerdoti ma rappresentano la divinità stessa, in particolar quelli di Marte, Giove e Quirino) ↓ 12 flamini minori erano addetti al culto di altrettante divinità ai flamini erano collegati una serie di tabù religiosi ◌ I tre più importanti collegi religiosi, i pontefici, gli àuguri e i duoviri sacris faciundis, avevano poteri che superavano ampiamente la sfera culturale e coinvolgevano direttamente quella politica - Pontefici: competenza che si estende su tutte le materie che non competono agli altri collegi; ha il controllo sulla tradizione e sull’interpretazione delle norme giuridiche + calendario - Àuguri: assistere i magistrati nel trarre gli auspici (→ probabilmente provenienti dall’Etruria) - Duoviri sacris faciundis: custodia dei Libri Sibillini, oracoli in greco connessi alla Sibilla cumana ◌ I feziali potevano dichiarare guerra, assicurando il favore degli dei nel conflitto attraverso un complesso cerimoniale IL SENATO ALL’ORIGINE DELLA REPUBBLICA LE ASSEMBLEE DEL POPOLO: LIMITAZIONI ◌ Non potevano autoconvocarsi né assumere alcuna iniziativa autonoma: spettava solo ai magistrati che le presiedevano indire l’adunanza, stabilire l’ordine del giorno e sottoporre al voto le proposte di legge, che l’assemblea poteva accettare o respingere, ma non discutere o modificare. ◌ L’esposizione delle proposte di legge e il dibattito erano riservate a riunioni di natura più informale, cui pure tutta la cittadinanza poteva partecipare, significativamente chiamate non comitia, ma contiones. ◌ Le assemblee potevano essere convocate nel periodo di tempo che doveva trascorrere tra l’annuncio dei comizi formali, che era accompagnato anche dal testo delle proposte di legge che dovevano essere votare, e il loro effettivo svolgimento; tale periodo che doveva comprendere almeno tre giorni di mercato (nundinae), mercato che si svolgeva ogni 8 giorni. ◌ Qualche presagio infausto consentiva ai consoli, su avviso degli àuguri, di interrompere a propria discrezione i lavori dell’assemblea. IL DIBATTITO SULLA NATURA DEL REGIME REPUBBLICANO ◌ Le istituzioni repubblicane si sviluppano frammentariamente in quanto nascono in base alle esigenze della Repubblica gradualmente ◌ Polibio la analizza e la mette in relazione con la struttura spartana, creazione teorica dettata da un unico uomo, Licurgo ◌ Preoccupazione dell’aristocrazia nella prima fase è quella di evitare il monopolio individuale e assicurare una distribuzione equa del potere tra le classi dominanti ◌ Disposizioni contenute nelle leggi delle XII Tavole tentano di limitare la spettacolarizzazione → comunque ci sono esempi di personalità di spicco IL CONFLITTO TRA PATRIZI E PLEBEI LE CAUSE ECONOMICHE ◌ La sconfitta subita dagli Etruschi ad opera di Ierone di Siracusa nella battaglia navale combattuta nelle acque davanti a Cuma, nel 474 a.C. e il tramonto della Campania etrusca, causò un grave danno a Roma, al centro dei traffici nord-sud. ◌ La vendita del sale raccolto nelle saline di Ostia soffrì assai probabilmente per il protrarsi delle ostilità con i Sabini, che controllavano il percorso che sarà noto col nome di via Salaria. ◌ Stato quasi permanente di guerra tra Roma e i suoi vicini provocò poi continue razzie e devastazioni dei campi. ◌ La crisi economica è dimostrata anche da prove archeologiche: in particolare il numero delle ceramiche greche di importazione sembra crollare nel corso della prima metà del V secolo a.C. IL PROBLEMA POLITICO LE STRUTTURE MILITARI ◌ ciascuna centuria doveva fornire il medesimo numero di reclute per l’esercito (in origine, almeno teoricamente, tale numero doveva essere fissato a 100 uomini). ◌ È possibile che l’antichissimo esercito repubblicano si basasse sulla fanteria pesante fornita dalle centurie di iuniores (gli uomini tra i 17 e i 45 anni) delle prime tre classi di censo: queste 60 centurie (40 di iuniores della I classe + 10 di iuniores della II classe + 10 di iuniores della III classe) potevano fornire 6.000 uomini, gli effettivi di due legioni, ciascuna composta da circa 3.000 opliti. ◌ La legione era reclutata su base censitaria, dunque indifferentemente tra aristocratici e gente del popolo, tra patrizi e plebei. Nelle guerre quasi sempre vittoriose del V e del IV secolo a.C. si rinsalda la convinzione che gli uomini decisivi sul campo di battaglia non potessero essere ridotti ad un ruolo di comprimari LA SECESSIONE SULL’AVENTINO ◌ Il conflitto tra i due ordini si apre nel 494 a.C. ◌ La plebe si ritirato sul colle Aventino lasciando città priva della sua forza lavoro e, soprattutto, indifesa contro le aggressioni esterne. ◌ I plebei presero alcune risoluzioni che la tradizione storiografica romana faceva rientrare nella categoria delle cosiddette leges sacratae (chi avesse contravvenuto a queste stesse disposizioni sarebbe stato sacer, consacrato agli dèi, ovvero in pratica, che potesse essere ucciso impunemente.) LA SECESSIONE SULL’AVENTINO LA NASCITA DEI CONCILIA PLEBIS TRIBUTA • Un’assemblea generale delle plebe, che dapprima votava probabilmente per curie, poi, a partire forse dal 471 a.C., per tribù, ed è dunque nota col nome di concilia plebis tributa. • Il meccanismo di voto per tribù, che ben presto si impose definitivamente, assicurava nei concilia plebis la prevalenza dei proprietari terrieri iscritti nelle più numerose circoscrizioni rustiche. • I provvedimenti assunti dell’assemblea erano i plebiscita («decisioni della plebe»); inizialmente non avevano valore vincolante per lo Stato, solo a partire dal 287 a.C. con la lex Hortensia. LA NASCITA DEI TRIBUNI DELLA PLEBE ◌ Furono scelti come rappresentanti ed esecutori della volontà dell’assemblea della plebe (concilium plebis) i tribuni della plebe, inizialmente forse in numero di due, anche se in seguito crebbero fino a raggiungere i dieci. ◌ Il nome dei capi della plebe deriva forse da quello dei tribuni militari che comandavano i reparti militari in cui era suddivisa la legione. Inviolabilità personale (sacrosantitas) dei tribuni della plebe: in conseguenza di ciò, chi avesse osato commettere violenza contro i rappresentanti della plebe dopo un regolare voto del concilium plebis sarebbe divenuto sacer, consacrato alla divinità e poteva essere messo a morte impunemente e le sue proprietà confiscate a favore del tempio di Cerere, Libero e Libera sull’Aventino. I POTERI DEI TRIBUNI DELLA PLEBE • Ius auxili: il diritto di rispondere a richieste di aiuto. • Ius intercessionis: il diritto di veto sulle decisioni dei magistrati. • Ius coercitionis: la possibilità di comminare pene. LA NASCITA DEGLI EDILI PLEBEI ◌ Secondo la tradizione storiografica già nel corso della prima secessione vennero creati anche altri due rappresentanti della plebe, gli edili plebei: è possibile che in questo caso le nostre fonti anticipino la nascita di una magistratura che in realtà è posteriore. ◌ Nella tarda età repubblicana si occupavano dell’organizzazione dei giochi, della sorveglianza sui mercati (e di conseguenza dell’approvvigionamento alimentare della città), del controllo sulle strade, i templi e gli edifici pubblici). ◌ Le loro funzioni originarie rimangono oscure. Dal loro nome di aediles, da aedes «tempio, casa» è probabile fossero i custodi del tempio di Cerere, Libero e Libera nel quale venivano conservate le somme delle multe inflitte a coloro che avevano recato offesa alla plebe, nonché copia dei plebisciti votati dai concilia plebis. IL DECEMVIRATO E LE LEGGI DELLE XII TAVOLE 451/450 A.C. ◌ Nel 451 a.C. venne nominata una commissione composta da dieci uomini (nota perciò col nome di decemvirato), esclusivamente scelti tra il patriziato e incaricati di stendere in forma scritta un codice giuridico. ◌ Il nuovo collegio avrebbe assunto il controllo completo dello Stato: le tradizionali magistrature repubblicane, in particolare il consolato e il tribunato della plebe, vennero sospese, presumibilmente per impedire che, con i loro veti incrociati. ◌ Nel corso del primo anno di attività i decemviri compilarono un complesso di norme che, dopo una regolare ratifica da parte dei comizi centuriati, vennero poi pubblicate su dieci tavole di legno esposte nel Foro. Venne eletta per il 450 a.C. una seconda commissione decemvirale, nella quale, secondo alcune fonti, sarebbe stata rappresentata anche la plebe. ◌ Nel secondo anno i decemviri avrebbero completato la loro opera con altre due tavole di leggi, portando il totale a dodici, il che spiega il nome di leggi delle XII Tavole. ◌ Tra le disposizioni prese nel 450 a.C. vi era anche quella che impediva i matrimoni misti tra patrizi e plebei. ◌ La commissione cercò di prorogare indefinitamente i propri poteri assoluti, rivoluzionando completamente l’assetto costituzionale dello Stato. SECONDA SECESSIONE SULL’AVENTINO ◌ Il consolato è ripristinato nel 449 a.C. ◌ La norma che proibiva i matrimoni tra patrizi e plebei viene abrogata pochi anni dopo, nel 445 a.C., in base a un plebiscito detto Canuleio (a seguito della riproposizione del provvedimento votato dalla plebe nell’assemblea centuriata, o attraverso la ratifica del plebiscito da parte del senato, o ancora per un accordo politico). LE XII TAVOLE IL CONTENUTO ◌ Il testo non ci è pervenuto, solo alcuni frammenti. ◌ Preponderante per quanto concerneva il diritto privato piuttosto che quello pubblico. ◌ La necessità di un testo di leggi scritte proviene dalla città greche dell’Italia meridionale. I TRIBUNI MILITARI CON POTERE CONSOLARE Tribuni militum consulari potestate (444 a.C. - 367 a.C.) ◌ La tradizione afferma che a partire dal 444 a.C., di anno in anno, il senato decide se alla testa dello Stato vi debbano essere due consoli, con il diritto di prendere gli auspici e provenienti esclusivamente dal patriziato, oppure un certo numero di tribuni militari con poteri consolari, inizialmente tre, poi sempre più spesso quattro o sei, che possono anche essere plebei, ma non hanno il potere di trarre gli auspici. LE LEGGI LICINIE-SESTIE LEGES LICINIAE SEXTIAE 367 A.C. ◌ Nel 367 a.C. legge proposta da parte dei tribuni della plebe C. Licinio Stolone e L. Sestio Laterano di proporre un pacchetto di riforme (estinzione dei debiti, distribuzione delle terre pubbliche, accesso al consolato dei plebei). ◌ Si sanciva l’abolizione del tribunato militare con potestà consolare e la completa reintegrazione alla testa dello Stato dei consoli, uno dei quali avrebbe dovuto essere sempre plebeo; in realtà sembra piuttosto che la legge consentisse che uno dei due consoli fosse plebeo, ma non escludesse la possibilità che entrambi i magistrati fossero patrizi. ◌ Solo dal 342 a.C. grazie ad un plebiscito si ammise la possibilità che entrambi i consoli fossero plebei; da allora si nota che uno dei due consoli è plebeo ALTRE RIFORME DI IV SEC. A.C. ◌ Nei decenni successivi i plebei ebbero progressivamente accesso a tutte le altre cariche dello Stato (censura, dittatura, pretura). ◌ Nel 326 a.C. l’abolizione del nexum. ◌ Nel 300 a.C. l’ammissione dei plebei ai grandi collegi sacerdotali (tra cui quello dei pontefici). LA LEX HORTENSIA 287 A.C . dal nome del proponente, dittatore plebeo Quinto Ortensio. ◌ Equiparò completamente i plebiscita alle leggi votate dai comizi centuriati e dai comizi tributi. ◌ I comizi tributi e l’assemblea della plebe, i concilia plebis tributa, di fatto erano accomunati da un uguale sistema di voto per tribù e da uguali poteri. Sostanzialmente identica era anche la loro composizione, sebbene ai comizi tributi prendessero parte anche i patrizi, che ovviamente erano esclusi dai concilia plebis. b. Marco Furio Camillo conquistatore di Veio ◌ presa di Veio segna un’importante svolta per Roma → introduzione dello stipendium, paga per assicurare il sostentamento ai sodati e alle loro famiglie → introduzione di un tributum, per assicurare la paga ai soldati: ogni centuria deve versare la medesima somma ◌ la presa di Veio porta alla conquista di numerosi territori, divisi per la proprietà privata dei coloni e per l’ager publicus L’INVASIONE GALLICA ◌ Poco dopo la conquista di Veio, calata dei Galli sulla città → antichi non concordano sulla data ◌ Invasione accuratamente pianificata, a causa del sovrappopolamento della Gallia ⇒ l’ultima tribù che entra in Gallia sono i Senoni, che conquistano il territorio meridionale noto come ager Gallicus ◌ Si predilige la cronologia alta di Livio rispetto a quella bassa di Polibio ◌ Invasione che avviene in breve tempo, come una razzia, in seguito a un torto subito dai Celti dall’ambasciatore romano M. Fabio Ambusto (non si sa, storiografia fortemente ostile alla gens Fabia) → attacco a Roma, che si difende con un esercito provvisorio: no massacro MA rapida dissoluzione dell’esercito romano ◌ Presenza dei Galli: breve parentesi (alcuni storici romani pensano a una rivincita successiva ma la storiografia greca, che non si preoccupa della gloria di Roma, non ne accenna ≠ Polibio ricorda la resistenza sul Campidoglio, ma forse per questioni di alleanze successive) LA RIPRESA ◌ Costruzione delle mura serviane con i materiali provenienti da Veio → grande impresa a seguito delle invasioni e del saccheggio dei Galli, che poi risulta utile per fermare numerose invasioni come quella di Pirro e di Annibale ◌ Atteggiamento di Roma rimane offensivo, spicca la figura di Camillo ◌ Pochi anni dopo il sacco di Roma vengono consolidati i confini settentrionali, Equi annientati, lotte contro i Volsci, che si alleano con i Latini e gli Ernici, antichi alleati di Roma ◌ Tusculo, città dei Volsci, viene annessa al territorio romano dopo la sconfitta e diventa il primo municipium → termine con cui vengono identificate le comunità preesistenti incorporate nello Stato romano ◌ Viene rinnovato il Foedus cassianum ◌ Nel 354 a.C. cessano le resistenze delle città nemiche di Roma = costrette a una tregua MOTORI DELL’ESPANSIONE ROMANA - Imperialismo difensivo, espansione romana avviene senza alcun piano preordinato, Roma viene portata in varie direzioni necessarie per mantenere protetta la città; - Altra ipotesi: consapevole e mediata volontà espansionistica - Ultima teoria: anarchia interstatale multipolare → si parte dal presupposto che gli antichi siano bellicosi naturalmente; le lotte romane partono da una lotta per il potere attraverso la guerra, alla base di rapporti interstatali rudimentali I SANNITI PRIMO CONFRONTO ◌ posizione di potere raggiunta da Roma nel Lazio meridionale trova espressione nel trattato concluso con i Sanniti nel 354 a.C. nel quale si definisce il confine tra le zone di egemonia delle due potenze, presso il fiume Liri ◌ Area sannitica più vasta di quella romana, prevalentemente montuosa ma che garantisce lo sfruttamento agricolo → MA comparato a quello delle altre regioni di Italia è relativamente povero e incapace di sostenere una forte crescita demografica ◌ Dal punto di vista politico il Sannio era privo di strutture urbane, cantoni che costituiscono varie tribù e si trovano in uno o più villaggi + le quattro tribù costituiscono la Lega sannitica ◌ nel V secolo alcune regioni sannitiche si distaccano per dirigersi verso la Campania, formando la Lega campana → nonostante le affinità etniche vi sono contrasti tra Sanniti e Campani ◌ 343 a.C. i Sanniti attaccano la città di Teano, che chiede aiuto a Capua, che troppo debole chiede ai Romani → deditio in fidem, i capuani disperati si consegnano a Roma, che quindi ha l’obbligo di difenderli come cosa propria 1. PRIMA GUERRA SANNITICA (343-341 a.C.) a. Parziale successo dei Romani, ma non sono in grado di proseguire a causa di rivolte → accetta le condizioni di pace LE NUOVE STRUTTURE PER L’EGEMONIA ROMANA IN ITALIA IV - II I SEC A.C. ◌ A seguito dello scioglimento della lega latina Roma inizia a promuovere tra la fine del IV e il II sec. a.C. una serie di istituti volti a consolidare la sua egemonia, prima nell’Italia centrale, quindi meridionale e infine settentrionale, essi sono: a. i municipi (di cittadini romani) b. le civitates sine suffragio (comunità di cittadini romani senza il diritto di voto a Roma). c. le colonie latine o di diritto latino d. le colonie romane (dette anche colonie marittime) o di cittadini romani e. i socii ossia gli alleati di Roma grazie a dei trattati (foedera) IL MUNICIPIUM ◌ Il territorio di alcune comunità della lega latina viene annesso a quello romano (ager publicus p.R.). ◌ Le comunità in questione sono trasformate in municipium. ◌ Il municipium (munus + capere): le comunità preesistenti divengono comunità di cittadini romani (cives Romani), pur mantenendo un sistema di autogoverno proprio e magistrature proprie. Il primo municipium fu Tusculum nel 381 a.C. ◌ Le comunità incorporate attraverso questo sistema conservavano le loro istituzioni peculiari e ciò consentiva un’integrazione graduale, assai diversa da un’annessione imposta, che inevitabilmente avrebbe suscitato malumori e resistenze. ◌ Tra le comunità divenute municipia alla fine della grande guerra latina si annoverano Lanuvium, Aricia e Nomentum. LE NUOVE COLONIE LATINE ◌ Dal latino colonus, -i (coltivatore), le colonie erano nuove fondazioni che presupponevano l’invio di un contingente di famiglie che sarebbero divenute il nucleo di cittadini della nuova città ◌ Fondate su iniziativa di Roma e composte sia da cittadini romani sia da alleati, numericamente piuttosto consistenti, comprendendo qualche migliaio di capifamiglia. ◌ I nuovi coloni, una volta insediati nella nuova comunità, perdevano la propria precedente cittadinanza, per acquistare quella della nuova colonia, insieme ai diritti che avevano caratterizzato i rapporti fra Roma e le città latine (ius commercii, conubii, migrationis). ◌ Erano legate a Roma da un trattato (foedus) che le obbligava a fornire truppe alla Repubblica Romana. ◌ I cittadini della colonie latine, benché non cittadini romani, potevano anche votare nelle assemblee popolari di Roma, se si fossero trovate in città (la prima volta è attestato nel 212 a.C.) ◌ A differenza dei municipi, comunità preesistenti alla conquista romana, le colonie latine erano create ex novo, per questo seguivano le scelte strategiche di Roma, scelte che variavano da caso a caso. ◌ Erano formalmente autonome, con una propria forma di autogoverno, che solitamente ricalcava quella romana (magistrati eletti annualmente dall’assemblea e un senato locale). ◌ Dopo lo scioglimento della lega latina, lo status di latino perde la sua connotazione etnica e venne semplicemente a designare una condizione giuridica in rapporto con i cittadini romani (rappresentata dai tre diritti fondamentali di conubium, commercium, migratio). Un caso di colonia latina: Ariminum ◌ Fondata nel 268 a.C., al confine settentrionale del territorio confiscato ai Senoni nel 284 a.C. ◌ Area urbana di circa 40 ettari, in grado di ospitare un consistente numero di coloni, tra le 4000 e le 6000 famiglie. ◌ Dal 225 a.C., principale base militare utilizzata per la conquista e il controllo dell’area padana Capo terminale della via Flaminia (220 a.C.) e punto di partenza della via Emilia (187 a.C.) LE COLONIE ROMANE (COLONIAE CIVIUM ROMANORUM) ◌ Ad Anzio venne creata una piccola colonia i cui abitanti conservarono la piena cittadinanza romana. Il primo esempio tuttavia fu Ostia. ◌ Anch’esse create ex novo, cioè fondate, generalmente composte di soli 300 capifamiglia, dunque assai meno popolose rispetto alle colonie latine, e destinate a sorvegliare le coste, anche per questo chiamate colonie marittime. ◌ Inizialmente dipendevano direttamente da Roma, ma in seguito furono dotate di organismi (senato, assemblee, magistrature) autonomi ma che dovevano ricalcare uno schema comune valido per tutte le colonie romane. 2. SECONDA GUERRA SANNITICA (326-304 a.C.) a. Nuova crisi nei rapporti tra le due potenze → causa reale sono le divisioni interne di Napoli, in cui si fronteggiano le classi popolari (filo sannitiche) con quelle più agiate (filoromane) b. I primi anni del conflitto sono favorevoli ai Romani → Publilio Filone proroga del comando di proconsul: primo caso di proroga dell’imperium c. 321 a.C. gli eserciti romani sono circondati nel passo delle Forche Caudine, resa = dai documenti non è chiaro se sia una pace formale o una resa momentanea i. Intervallo nel quale si compensano le perdite e i Romani rafforzano le proprie posizioni in Campania 1. riforma dell’esercito per affrontare i Sanniti 2. schieramento a falange non è imbattibile sui terreni accidentati, creazione di una nuova tecnica → principes, hastati, triarii e nel corso del tempo le tre linee cambiano posizione 3. maggiore flessibilità delle legioni + cambio equipaggiamento 4. Roma è in grado di affrontare la minaccia dei Sanniti e, da nord, quella della coalizione degli Stati Etruschi ◌ Alla conclusione della seconda guerra sannitica, le annessioni territoriali e i trattati di alleanza rendono Roma lo stato più potente della penisola 3. LA TERZA GUERRA SANNITICA (298-290 a.C.) a. Sanniti attaccano alcune comunità della Lucania → i Romani accorrono in aiuto b. L. Cornelio Scipione Barbato, sottomissione dell’intera Lucania c. Scontro decisivo tra Roma e i coalizzati avviene nel 295 a.C. a Sentino ⇒ maggiore tra le battaglie i. Quinto Fabio Rulliano e Publio Decio Mure (che si sacrifica con la devotio come il padre) → i Romani riescono a prevalere MA vengono massacrati e si vedono obbligati a chiedere la pace nel 290 a.C. ◌ Controffensiva romana → Etruria prima meridionale e poi settentrionale ◌ Tutte le comunità dell’Umbria e dell’Etruria sono nella condizione di socii ad eccezione di Cere, a cui viene concessa la civitas sine suffragio ◌ Conquista della Sabina porta numerosi vantaggi economici a Roma ◌ Templum: struttura sulla quale si costruiva il tempio → ‘integrò il senato per tre volte’: ha un numero sottopotenziato di senatori, ogni 5 anni veniva integrato (come i censori a Roma) DEDUZIONE COLONIARIA: LA COMPAGINE COLONIALE ◌ La compagine coloniale era già divisa prima di giungere sul luogo, secondo classi di censo: i coloni iscritti alla classe di censo più alte, ricevevano in proporzione dei lotti di terra più ampi. ◌ Ciò per riportare immediatamente nella nuova fondazione, la ripartizione censitaria sulla quale erano basate le istituzioni e l'esercito romano, soprattutto nelle colonie latine (ad Aquileia ad esempio tre classi di censo con 140, 100 e 50 iugeri di terra per ciascuno tra i coloni delle tre classi) ◌ Nelle prime colonie romane vigeva maggiore eguaglianza socio-economica tra i coloni. ◌ L'estensione dei lotti di terra venivano assegnati nel rispetto della ripartizione censitaria di ciascuno. LA CENTURIAZIONE L'AGRIMENSORE ◌ La divisione del territorio agricolo era compito di una figura tecnica, l'agrimensore. ◌ Lo strumento dell'agrimensore era la groma. ◌ Era l'agrimensore che individuava il punto iniziale per la suddivisione del territorio (umbilicus agri), il punto in cui si incontravano i due assi portanti della centuriazione, cardo e decumano. ◌ La divisione del territorio agricolo (ager centuriatus) avveniva tramite il tracciamento di due assi principali, cardo maximus (nord-sud) decumanus maximus (est- ovest) ⇒ Quindi venivano tracciati, da una parte e dall'altra degli assi iniziali, i cardini e i decumani secondari. Erano assi stradali posti paralleli ad intervalli di 100 actus (circa 3,5 km). ◌ La rete stradale veniva ulteriormente divisa con altre strade parallele al cardini già tracciati ad una distanza tra loro di 20 actus (710,40 m) o più piccole di 10 actus (305, 20 m). Le superfici quadrate risultanti da questa ulteriore divisione erano le centurie. ◌ Ogni centuria era suddivisa in 10 strisce, sempre grazie a linee parallele al cardini e al decumani, alla distanza tra essi di 2 actus (71,04 m) o di 1 actus (35,52 m) formando 100 superfici quadrate di circa 0,5 ettari chiamate heredia (centum heredia = centuria). CONFLITTO CON TARANTO ◌ Lucani e Bruzi mantengono l’indipendenza, così come Taranto, città greca più ricca e potente d’Italia ⇒ motivo di tensione ◌ Spinta espansionistica delle popolazioni italiche è un grave motivo di tensione ⇒ creazione di un’alleanza tra colonie della Magna Grecia, Lega italiota ◌ Tarantini confidano nell’aiuto della madre patria → si rivolgono a Sparta chiedendo aiuto contro i Lucani, ma gli spartani non hanno grandi successi ◌ Negli anni seguenti alla minaccia degli Italici si aggiunge anche quella di Roma → Taranto richiede nuovamente l’assistenza di Sparta → Cleonimo stringe un trattato di pace con i Lucani → Cleonimo, prima acclamato, ora viene cacciato dai tarantini; quindi, Roma pone una guarnigione nella città vicina e una piccola flotta davanti alle acque di Taranto in segno di sfida → i Tarantini attaccano la flotta romana e marciano su Turi → le richieste di soddisfazione da parte di Roma vengono ignorate, la guerra diventa inevitabile INTERVENTO DI PIRRO ◌ Pirro, re dei Molossi, chiamato in soccorso a Taranto → fama di generale con grandi ambizioni e di eccezionali qualità ◌ Guerra che appare come spedizione in salvezza dei greci che sono minacciati dai barbari romani e cartaginesi = Pirro raduna un esercito grandioso e ha l’appoggio di tutte le potenze ellenistiche nell’impresa ◌ Nel 280 a.C. sbarca in Italia ⇒ Roma è costretta per la prima volta ad arruolare i capite censi, nullatenenti che fino ad allora erano esentati dal servizio militare - Nonostante la superiorità numerica i romani subiscono una sanguinosa sconfitta ad Eraclea = tattica di Pirro, effetto psicologico devastante dovuto alla presenza degli elefanti, i Romani sono colti di sorpresa - Le città greche dell’Italia meridionale si liberano dei presidi romani e si schierano dalla parte dell’epirota - Anche i Sanniti riprendono le armi contro i romani ◌ TUTTAVIA Pirro è incapace di cogliere il suo successo, decide di intavolare trattative di pace → respinte dal senato romano solo dopo l’intervento di Appio Claudio Cieco ◌ Pirro ha vinto due battaglie ma non riesce a vincere la guerra ◌ Siracusa contemporaneamente chiede aiuto a Pirro contro i Cartaginesi, Pirro accetta: 1. Altrimenti fallisce la sua campagna, venduta come missione di salvezza per i greci contro i barbari 2. Sicilia posizione favorevole a. Pirro si reca in Sicilia e lascia una simbolica guarnigione a Taranto ◌ Prospettive assai precarie → nel 279 a.C. Roma e Cartagine stringono un’alleanza difensiva che prevedeva la mutua collaborazione militare contro il comune nemico ◌ In un primo momento Pirro vince le battaglie in Sicilia, MA flotta cartaginese superiore ◌ Rispondendo alle richieste disperate di Sanniti, Lucani e Bruzi, Pirro lascia incompiuta l’impresa siciliana e decidere di andare in loro soccorso ⇒ numerose perdite nella traversata dello stretto di Messina - SCONTRO DECISIVO con le forze romane: console Manio Curio Dentato, avviene nel 275 a.C. nel luogo in cui poco dopo viene fondata la colonia latina di Benevento - Truppe di Pirro sono in grave inferiorità numerica e vengono messe in fuga o in quello stesso anno Taranto si arrende ◌ La nuova potenza egemone si dimostrò meno cauta nei confronti delle popolazioni italiche che avevano appoggiato Pirro, colpite da confische territoriali ◌ Anche sul piano internazionale la guerra tarantina attira l’attenzione degli storici ◌ Tolomeo II Filadelfo, sul piano diplomatico, invia un’ambasceria a Roma per chiederne l’amicizia nel 273 a.C. LA CONQUISTA DEL MEDITERRANEO LE FONTI ◌ Periodo della prima guerra punica, 264 a.C. → Storie, Polibio, coprono dal 264 al 146 a.C. (distruzione di Corinto e Cartagine) ◌ Scoppio della seconda guerra punica, 167 a.C. → seconda decade, perduta, Livio ◌ Accanto alle fonti narrative si collocano quelle di genere biografico 1. Cornelio Nepote, Vite dei condottieri stranieri (importanti Amilcare e Annibale) 2. Plutarco, Vite parallele (importanti Q. Fabio Massimo e M. Claudio Marcello) ◌ Con esclusione di Polibio, che di alcuni fatti fu testimone oculare, gli altri autori scrivono in tempi successivi rispetto agli eventi IL CONTRASTO TRA ROMA E CARTAGINE ◌ Nel 264 a.C. Roma controllava ormai tutta l’Italia peninsulare, fino allo stretto di Messina → in quest’area, strategica per Roma, si hanno i primi scontri con Cartagine, antica alleata → lo scontro viene precipitato dalla QUESTIONE DEI MAMERTINI, mercenari di origine italica che si impadronano di Messina con la forza → i Mamertini avevano già stretto un’alleanza con i Punici durante l’attacco di Pirro, quindi accettano le flotte cartaginesi = si stancano ben presto della tutela cartaginese e fanno appello a Roma, richiamando alla comune origine italica ⇒ A Roma inizia un dibattito serrato: intervento a Messina causerebbe un grave incidente con Siracusa e Cartagine → prima avversaria da non sottovalutare: Cartagine = centro di un vasto impero, regime oligarchico equilibrato, attività commerciali nel Mediterraneo occidentale, grandi eserciti, forniti in parte da popolazioni soggette e in parte da mercenari ≠ Roma, il comando militare è separato da quello politico ed è affidato a generali e ammiragli nominati appositamente ◌ Non si conoscono bene i rapporti tra le due città, possibile che tra le due potenze esistesse effettivamente un qualche accordo per delimitare le zone di interesse ◌ Numerose ragioni per mantenere la pace MA far cadere nel vuoto l’appello dei Mamertini significa lasciare ai Cartaginesi la zona strategica dello Stretto = minaccia per la parte di Italia appena conquistata da Roma → rischio di assistere a un completo assoggettamento della Sicilia ai Punici ⇒ probabilmente domina la MOTIVAZIONE ECONOMICA, l’assemblea popolare quindi è indotta a votare l’invio di un esercito in soccorso dei Mamertini LE OPERAZIONI MILITARI DELLA PRIMA GUERRA PUNICA ◌ Anche se non è ancora avvenuta la dichiarazione di guerra formale da parte di Roma, L’ATTRAVERSAMENTO DELLO STRETTO guidato dal console Appio Claudio Caudice aprì la PRIMA GUERRA PUNICA (264-241 a.C.) → presidio cartaginese di Messina sgombera lo stretto senza nemmeno combattere e i Romani riuscirono a respingere la controffensiva di Cartaginesi e Siracusani → alleanza Siracusa-Cartagine è innaturale e pericolosa ⇒ Siracusa decide di concludere la pace con Roma con termini moderati. Il leale sostegno di Ierone si rivela indispensabile per superare le difficoltà di rifornimento degli eserciti romani → grazie alla netta superiorità navale Cartagine conserva tuttavia un saldo controllo sulle località costiere ⇒ Roma costruisce una grande flotta di quinquiremi, aiuto dei soci navales dell’Italia meridionale = vittoria a Milazzo, 260 a.C. + modesti successi su terra ◌ A Roma si pensa di poter preparare il colpo finale: attacco a Cartagine, richiede molti preparativi, inizia nel 256 a.C → flotta romana distrugge quella cartaginese → prime operazioni sono favorevoli al console Marco Attilio Regolo, che devasta il territorio agricolo cartaginese MA non è capace di sfruttare i successi: impone durissime condizioni di pace, fa fallire le trattative e rafforza la determinazione dei Cartaginesi e non riesce a sfruttare il malcontento che serpeggia contro Cartagine ⇒ viene duramente battuto nel 255 a.C. dal mercenario spartano Santippo (tattiche poi perfezionate da Annibale) ◌ Romani pagano la loro inesperienza sul mare: la flotta navale viene sconfitta nella battaglia di Trapano del 249 a.C., poco dopo la seconda flotta allestita da Roma viene devastata da una tempesta → Roma ormai priva di forze navali ◌ A Cartagine nuovo generale, Amilcare Barca: momento in cui Cartagine è inferiore per i mezzi ma Amilcare riesce ad allentare la pressione romana sulle piazzaforti della Sicilia occidentale → solo dopo qualche anno Roma fu in grado di ricostruire la flotta: prestito dei cittadini facoltosi, restituito in caso di vittoria → isole Egadi, 241 a.C., vittoria di Lutazio Catulo è schiacciante, Amilcare incaricato di chiedere la pace CONDIZIONI DI PACE ⇒ sgombero dell’intera Sicilia e delle isole Lipari ed Egadi, restituzione dei prigionieri di guerra e indennizzo ◌ La conquista della Spagna potrebbe apparire quasi un affare privato della famiglia Barca → Nuova Cartagine (l'attuale Cartagena), che divenne la principale base punica in Spagna ◌ Nel 226 a.C. un'ambasceria del senato concluse con Asdrubale un trattato secondo il quale, nella laconica formulazione di Polibio, gli eserciti cartaginesi non potevano oltrepassare a nord il fiume Ebro ◌ un potenziale elemento di contrasto tra Roma e Cartagine era costituito dal trattato di alleanza, di carattere non meglio precisabile, stretto da Roma con la città iberica di Sagunto LA SECONDA GUERRA PUNICA: I SUCCESSI DI ANNIBALE ◌ La questione di Sagunto venne abilmente sfruttata da Annibale per far esplodere il conflitto nel momento che egli riteneva più favorevole ◌ Alle prime minacce di un attacco cartaginese, i Saguntini chiesero l'aiuto di Roma, ma la risposta del senato non fu pronta. ◌ Roma si preparò concretamente alla guerra solo quando Annibale aveva già espugnato Sagunto e si avviava a realizzare il suo disegno strategico (218 a.C.) ⇒ era dunque necessario colpire il nemico nella base della sua potenza, portando la guerra nella penisola e cercando di staccare da Roma i suoi alleati italici TUTTAVIA a seguito del trattato di pace i Cartaginesi avevano un'assoluta inferiorità nelle forze navali ⇒ invasione dell'Italia poteva avvenire solamente via terra, attraverso le sue frontiere settentrionali, dove Annibale sperava di guadagnare l'appoggio delle tribù galliche da poco sottomesse da Roma e di cogliere impreparate le difese di Roma. - Annibale parti nella primavera del 218 a.C. dalla base di Nuova Cartagine, con un esercito, rafforzato dalle eccellenti truppe spagnole e ben allenato alla disciplina militare dalle dure campagne condotte nella penisola iberica - Valicati i Pirenei, Annibale riuscì a evitare lo scontro con l'esercito romano al comando di Publio Cornelio Scipione, inviato in Spagna per intercettarlo - esercito cartaginese riuscì ad attraversare le Alpi, subendo peraltro gravi perdite soprattutto a causa delle avverse condizioni climatiche (stagione invernale), ma riscuotendo l'immediato sostegno dei Boi e degli Insubri - Sul fiume TICINO le superiori forze di cavalleria cartaginese prevalsero su quelle romane, comandate da Publio Scipione. - Il primo grande scontro si ebbe sul fiume TREBBIA, dove Annibale sconfisse gli eserciti di Scipione e del suo collega nel consolato Tiberio Sempronio Longo - Nell'anno seguente il generale cartaginese riuscì a eludere gli eserciti romani che tentavano di impedirgli il passaggio degli Appennini e a sorprendere le truppe del console Calo Flaminio al lago TRASIMENO o l'esercito romano venne annientato, lo stesso Flaminio fu tra le vittime o A Roma inizio a farsi strada l'idea che fosse impossibile sconfiggere Annibale in campo aperto, secondo quanto sosteneva in particolare l'ex console Quinto Fabio Massimo, che venne in effetti nominato dittatore, ricorrendo a una magistratura straordinaria che era quasi caduta nell'oblio. ◌ Secondo la strategia di Fabio Massimo era necessario evitare le battaglie campali e limitarsi a controllare le mosse di Annibale e a impedire che da Cartagine o dalla Spagna gli giungessero degli aiuti: prima o poi la scarsità di mezzi e di uomini a sua disposizione lo avrebbe costretto ad arrendersi alle superiori forze romane o ad abbandonare l'Italia ⇒ Quinto Fabio Massimo fu detto Cunctator (il temporeggiatore). ◌ La strategia di Fabio Massimo alla lunga avrebbe portato alla vittoria, ma a breve termine significava che Roma e i suoi alleati avrebbero dovuto assistere impotenti alla devastazione dell'Italia da parte dell'esercito cartaginese ⇒ seconda fase della sua dittatura Fabio Massimo si vide affiancato il suo magister equitum Marco Minucio Rufo, propugnatore di un contrasto più energico dell'azione di Annibale, con poteri pari a suoi: un provvedimento senza precedenti nella storia istituzionale di Roma e che, a ben vedere ◌ ma nel 216 aC, il comandante cartaginese riuscì ad annientare gli eserciti congiunti dei consoli Caio Terenzio Varrone e Lucio Emilio Paolo nella PIANA DI CANNE → capolavoro dell'arte militare, il più riuscito esempio di manovra di accerchiamento ⇒ L'enorme impressione destata dalla battaglia di Canne consenti ad Annibale di mettere pienamente in atto la sua strategia di disgregazione del sistema di egemonia romana sull'Italia ◌ RIBELLIONE DI ALCUNE PROVINCE: a. guidata non dall'elemento popolare. ma da dell'aristocrazia che era rimasta fino ad allora esclusa dal desiderava una fazione potere locale e capovolgimento della situazione, che il successo di Annibale avrebbe potuto assicurare. b. strategia «ellenistica» di Annibale, che puntava ad accattivarsi in particolare il favore delle città magnogreche ◌ Dopo Canne numerose comunità alleate dell'Italia meridionale defezionarono ◌ Roma dovette subire due gravi colpi anche nei teatri di guerra extra italici: - 215 aC il vecchio lerone di Siracusa, fedele alleato di Roma, mori: gli successe sul trono l'ambizioso e impulsivo nipote Ieronimo, che decise di schierarsi dalla parte di Cartagine - Nel medesimo anno i Romani vennero a conoscenza di un patto di alleanza tra Annibale e Filippo V di Macedonia, le cui ambizioni nell'Adriatico meridionale LA SECONDA GUERRA PUNICA: LA RIPRESA DI ROMA E LA VITTORIA ◌ La guerra pareva ormai perduta per Roma, che tuttavia seppe resistere e risollevarsi dalla catastrofe con una tenacia ⇒ a questa straordinaria capacità di resistenza e alle risorse che Roma poteva ancora mettere in campo, pur dopo la disfatta di Canne, si deve l'esito della seconda guerra punica ◌ Decisivo per il proseguimento del conflitto il fatto che gli alleati dell'Italia centrale rimanessero sostanzialmente fedeli a Roma, dimostrando che Annibale aveva sottovalutato la saldezza dei vincoli di ordine politico, ma anche sociale ed economico, che li legavano ormai da lungo tempo all'egemone ◌ Il perdurare delle divisioni interne e dell’opportunismo delle classi dirigenti locali nelle comunità dell'Italia meridionale lasciavano sempre aperta la via a un nuovo ribaltamento della situazione, questa volta nel senso desiderato dai Romani ◌ Allo stesso tempo il ritorno alla strategia attendista di Fabio Massimo consenti a Roma di riguadagnare gradualmente le posizioni perdute nel Mezzogiorno → ricorso ad arruolamenti straordinari di schiavi, con la promessa della libertà - Nel 212 a. anche Taranto si schierò dalla parte dei Cartaginesi, ma un piccolo presidio romano, appoggiato dagli aristocratici tarantini filoromani, continuò a occupare la cittadella e a sorvegliare il porto, impedendo ad Annibale di ottenere via mare quei rinforzi di cui aveva disperato bisogno - Nel 211 a.C. Capua venne riconquistata dai Romani. ◌ Nel frattempo anche negli altri teatri di guerra le cose volgevano al meglio per Roma  Nell'Adriatico una flotta di 50 quinqueremi si rivelò sufficiente per impedire ciò che i Romani temevano maggiormente: un'invasione dell'Italia da parte di Filippo V e un suo congiungimento con le forze di Annibale o Le operazioni contro Filippo in questa PRIMA GUERRA MACEDONICA coinvolsero per la verità in misura solo limitata gli eserciti romani. o Roma in effetti riuscì a paralizzare l'azione del re macedone creando una coalizione di Stati greci a lui ostili  La svolta decisiva nella guerra si ebbe però in Spagna o Nel 211 a.C. i due Scipioni si trovarono ad affrontare divisi le superiori forze che i Cartaginesi avevano concentrato nella penisola iberica e vennero sconfitti e uccisi. o I Romani riuscirono a ritirarsi con quanto rimaneva del loro esercito e a difendere la Spagna settentrionale, fino quando venne nominato comandante delle truppe in Spagna il figlio omonimo di Publio Cornelio pione, che sarà noto col cognomen di Africano. Il giovane Scipione non aveva titolo per comandare un esercito (aveva appena ricoperto una carica minore, quella di edile), ma venne scelto appositamente per condurre le operazioni in Spagna dall'assemblea popolare, con un procedimento che non aveva precedenti nella prassi istituzionale romana o Asdrubale cadde in battaglia. Disperando di poter ottenere soccorsi dalla madrepatria, Annibale, ormai praticamente ridotto all'impotenza, si vide costretto a ritirarsi nel Bruzio. o Scipione, nel frattempo, sconfiggeva in modo decisivo gli eserciti cartaginesi di Spagna nella battaglia di Ilipa nel 206 a.C. ◌ Tornato in Italia, Scipione fu eletto console per il 205 a. ed iniziò i preparativi per l'invasione dell'Africa. ◌ In questo ultimo scorcio della seconda guerra punica che venne combattuto in terra africana di importanza fondamentale per Roma doveva rivelarsi l'alleanza con Massinissa, re della tribù numida dei Massili, in rivolta contro Cartagine → lo sbarco in Africa avvenne nel 204 a.C. e nell'anno seguente Scipione e Massinissa colsero un'importante vittoria nella battaglia dei Campi Magni → le trattative di pace allora avviate fallirono, per le dure condizioni dettate da Scipione, il quale mirava a eliminare per sempre la minaccia punica → battaglia che pose fine al conflitto si svolse nel 202 aC. nei pressi della città di Zama: nonostante Annibale avesse dato prova del suo genio tattico anche in quell'occasione, l'accortezza del suo avversario Scipione e soprattutto la cavalleria numida di Massinissa diedero la vittoria al Romani. Il TRATTATO DI PACE, siglato nel 201 a.C., prevedeva la consegna di tutta la flotta cartaginese, tranne 10 navi, e, come di consueto, il pagamento di una fortissima indennità e la consegna di tutti i prigionieri di guerra. Cartagine infine dovette riconoscere ai suoi confini un potente regno di Numidia, unificato e governato da Massinissa Ai Cartaginesi inoltre non era concesso di dichiarare guerra senza il permesso di Roma: questa grave limitazione di autonomia in politica estera, come vedremo, mise Cartagine in seria difficoltà davanti all'aggressività di Massinissa. L'EREDITÀ DI ANNIBALE ◌ l'impresa di Annibale, sebbene sul piano militare si fosse risolta in una sconfitta, provocò comunque una profonda trasformazione della vittoriosa Roma sul piano politico, economico e sociale. ◌ Questo nuovo indirizzo della politica di Roma divenne evidente già nell'ultima fase della guerra annibalica, nei provvedimenti presi contro gli Italici che durante l'invasione cartaginese si erano macchiati di una qualche colpa, più o meno grave, agli occhi della città egemone. ◌ Particolarmente dura fu la punizione inflitta a Capua, la città che aveva sognato di sostituire Roma come capitale d'Italia: la comunità fu privata dei suoi organi di autogoverno e la giustizia venne amministrata da prefetti colonizzazione romana di Copia e Valentia. ◌ Sul piano economico e sociale il dato più importante che è stato rilevato negli anni successivi alla seconda guerra punica è la crisi dei piccoli e medi proprietari terrieri, che costituivano la classe sociale più importante dell'Italia, dal punto di vista quantitativo come da quello qualitativo ⇒ crisi ebbe diverse motivazioni 1. durissime perdite di vite umane nell'esercito dei Romani e degli alleati, nell'ordine delle decine di migliaia di caduti: a questo proposito dobbiamo rammentare che la gran parte delle reclute proveniva appunto del ceto dei piccoli e medi contadini e che almeno parte delle vittime mori prima di avere il tempo di mettere alla luce dei figli; 2. distruzioni materiali + i campi che erano fortunosamente scampati alle devastazioni della guerra, e i cui proprietari altrettanto fortunosamente erano sopravvissuti al conflitto, molto spesso si trovavano in condizioni disastrose, ◌ Gli sviluppi che si ebbero nel II secolo a.C. non fecero che acuire i germi di crisi della piccola e media proprietà contadina, nati in ragione della guerra annibalica ◌ Nelle tenute di proprietà dell'elite lavorava una massa crescente di schiavi, secondo un modello economico che a breve termine poteva risultare redditizio ⇒ si afferma dunque il modello economico della villa, reso paradigmatico dal trattato De agri cultura redatto da Catone LA SECONDA GUERRA MACEDONICA ◌ Pochi anni dopo la conclusione della guerra con Cartagine, Roma si impegnò in un altro conflitto di grandi proporzioni contro Filippo V di Macedonia ◌ Contrastare le ambizioni del re macedone ⇒ coalizione di Stati greci in occasione della prima guerra macedonica D’ALTRA PARTE, aveva creato una rete di relazioni con alcuni Stati greci, tra i quali la Lega etolica, il regno di Pergamo e Atene, che inevitabilmente finì per coinvolgere Roma nel complicato scacchiere politico dell'Oriente ellenistico ◌ Causa immediata della guerra ⇒ l'attivismo di Filippo V nell'area dell'Egeo e delle coste dell'Asia Minore - pace di Fenice del 205 a.C, Filippo dunque giunse ad attaccare alcune città alleate della Lega etolica e soprattutto a scontrarsi con le due maggiori potenze dell'area, il regno di Pergamo e la repubblica di Rodi - le tensioni sfociarono nel 201 a. in guerra aperta, la cui cronologia e i cui esiti non appaiono ben chiari nelle nostre fonti. ◌ i coalizzati compresero che da soli non sarebbero riusciti ad allontanare la minaccia macedone; né essi potevano rivolgersi alle altre due grandi potenze ellenistiche: a. l'Egitto tolemaico era in preda a difficoltà interne dopo l'ascesa al trono del giovane Tolemeo V Epifane + arginare l'ostilità della Macedonia e della Siria b. Antioco III di Siria aveva appunto stabilito una sorta di intesa con Filippo V per la spartizione dei domini extra egiziani della monarchia tolemaica ⇒ Roma, con la quale il re di Pergamo Attalo I, come ricordato, aveva da tempo relazioni di amicizia ◌ Qualche anno dopo la sconfitta di Perseo si ebbe la conferma che la politica estera di Roma era dominata da una sorta di ossessione verso minacce più immaginate che reali + dopo la caduta della Macedonia, ovvero dell'ultimo stato del Mediterraneo che poteva opporre con successo una resistenza, la potenza italica era decisa a esercitare la sua egemonia in forme più scoperte ◌ La terza guerra macedonica ebbe un’altra importante conseguenza → i proventi tratti dal bottino furono tali che dal 167 a.C. venne abolito il tributum, l'imposta sulle proprietà dei cittadini romani che era stata creata secondo la tradizione ai tempi dell'assedio di Velo, nei primi anni del IV sec. a.C. per la retribuzione dei soldati = età tardo repubblicana il tributum fu reintrodotto solo in circostanze eccezionali LA QUARTA GUERRA MACEDONICA E LA GUERRA ACAICA ◌ I governi filoromani spesso avevano esercitato il loro potere in forme tiranniche ed avevano suscitato, oltre che un'opposizione politica, anche tensioni sociali → tesi i rapporti con la Lega achea, deportazione di 1.000 Achei a Roma → morte di Callicrate, fedele strumento della politica di Roma → tentativi di secessione di Sparta dalla Lega coincisero con una rivolta in Macedonia → Andrisco, facendosi passare per figlio di Perseo e prendendo il nome dinastico di Filippo, riuscì a raccogliere forze in Tracia e a prevalere sulle deboli milizie repubblicane, riunendo per un'ultima volta, forze macedoni sotto la bandiera monarchica ⇒ eliminato nel 148 a. dalle forze del pretore Quinto Cecilio Metello ◌ A Roma si convenne che ormai un impegno diretto nell'area greca era inevitabile ⇒ Macedonia venne ridotta a provincia romana  governatore poteva intervenire per regolare le questioni della Grecia  tutte le leghe vennero sciolte o ridotte all'impotenza  imposti regimi aristocratici di provata fedeltà LA TERZA GUERRA PUNICA ◌ Nel medesimo anno in cui Corinto era data alle fiamme, veniva distrutta anche un'altra città simbolo del mondo antico, Cartagine. Per comprendere come ciò sia potuto avvenire è necessario un passo indietro ◌ Dopo la rovinosa sconfitta nella seconda guerra punica, Cartagine si era ripresa con sorprendente rapidità = saldare, con largo anticipo sui termini previsti, il pagamento della fortissima indennità di guerra ◌ 196 a.C., quando Annibale fu eletto a uno dei due posti di massimo magistrato → intraprese una strada di riforme democratiche, con l'appoggio dei ceti popolari di Cartagine, intesa anche a limitare lo strapotere politico ed economico dell'aristocrazia dirigente; → oppositori politici lo denunciarono a Roma, accusandolo di macchinare un'alleanza con Antioco III → Annibale, abbandonato da tutti, prese la via della fuga in oriente, fuga che si concluse proprio alla corte di Antioco (il che avvalorò agli occhi dei Romani le accuse che gli erano state mosse) ◌ mentre il nuovo governo cartaginese si profuse in assicurazioni di lealtà nei confronti di Roma ◌ Il re numida Massinissa, approfittando del fatto che i limiti del suo Stato non erano stati fissati con precisione, o fingendo che non lo fossero, nel corso della prima metà del II secolo a.C. avanzò pretese sempre più ambiziose su territori appartenenti al vicino. MA Cartagine → non aveva il potere dichiarare guerra senza il consenso di Roma, si rivolse alla potenza egemone per avere soddisfazione, rimanendo peraltro il più delle volte delusa → nel 151 a.C. Cartagine prevalse il partito della guerra: i non pochi sostenitori di una politica di accordo col re numida vennero banditi e un esercito al comando del leader 'nazionalista' Asdrubale fu inviato contro. Massinissa. ⇒ l'esercito cartaginese, privo di addestramento, venne fatto a pezzi ⇒ violazione della clausola del 201 a.C. diede voce a coloro che già da tempo a Roma premevano per la distruzione di Cartagine, tra i quali si distingueva per prestigio e accanimento il vecchio Catone ◌ Nel 149 a.C. un imponente esercito sbarcò in Africa, potendo contare anche sulla base di Utica: la città, la più importante dello stato cartaginese dopo la capitale, si era infatti spontaneamente consegnata ai Romani → tentativo di evitare una guerra perduta in partenza i Cartaginesi, acconsentirono a cedere una notevole quantità di armamenti → i consoli romani chiesero loro di abbandonare la città e di trasferirsi a una distanza di almeno 10 miglia dalla costa ⇒ resistere a oltranza → Asdrubale vide revocata la sua condanna e affidato il comando dell'esercito cittadino e dispose la città ad affrontare l'attacco del Romani → lungo e difficile assedio, soprattutto in ragione delle forti linee difensive che proteggevano Cartagine, ma anche di una certa insipienza dei comandanti romani → si sbloccò solamente nel 146 a.C. sotto il comando di Publio Cornelio Scipione Emiliano, figlio del vincitore di Pidna, Lucio Emilio Paolo, ma entrato per adozione nella famiglia degli Scipioni → presa, la città fu saccheggiata e rasa al suolo, il suo territorio viene trasformato nella nuova provincia d'Africa, con capitale Utica ◌ Nella riflessione della storiografia romana posteriore, in particolare nell'opera di Sallustio, che scrisse alla metà del I sec. a.C., la distruzione di Cartagine segnò la fine del metus hostilis («la paura del nemico») LA SPAGNA ◌ Roma non era riuscita a venire a capo della situazione in Spagna → seconda guerra punica, i Romani si erano saldamente stabiliti in due distinte zone della penisola iberica a. Spagna Citeriore a nord b. Spagna Ulteriore a sud a. governate da due nuovi pretori appositamente eletti b. pagare un tributo, detto stipendium, e fornire truppe ausiliarie ⇒ importanza economica del nuovo dominio ◌ Inizialmente le due province comprendevano solamente le regioni costiere della Spagna meridionale e del Levante → penetrazione verso l'interno si rivelò lenta e difficile: sottomissione della penisola iberica venne completata solo con Augusto → conflitto a bassa intensità e gli eserciti romani quasi mai riuscirono a impegnare il nemico in uno dei quegli scontri campali in cui le legioni si erano rivelate imbattibili: ◌ Catone, il grande avversario degli Scipioni, venne inviato nella Spagna Citeriore nel 195 a.C., in qualità di console ⇒ sistematica sottomissione delle tribù della valle dell'Ebro ◌ sostanzialmente differente la politica di Ti. Sempronio Gracco, padre dell'omonimo tribuno della plebe → atteggiamento conciliante cercò di rimuovere le ragioni dell'ostilità verso Roma → strategia fu coronata dalla conclusione di trattati di pace con alcune tribù celtibere che assicurarono a Roma almeno qualche anno di respiro. ◌ I conflitti si riaccesero ⇒ 137 a.C. sotto le mura di Numanzia si consumò un episodio emblematico delle difficoltà di Roma nella penisola iberica → console Caio Ostilio Mancino, sconfitto, per evitare la distruzione del suo esercito, fu addirittura costretto dai Numantini a firmare una pace umiliante per Roma → Scipione, stretta d'assedio Numanzia con forze preponderanti, la conquistò e la distrusse nel-133 aC., come aveva fatto tredici anni prima con Cartagine DAI GRACCHI ALLA GUERRA SOCIALE MURAMENTO DEGLI EQUILIBRI SOCIALI ◌ L’Italia è colpita da profondi danni economici in seguito alla guerra annibalica → Romani non coltivano la terra per combattere → afflusso delle ricchezze delle conquiste nelle mani di pochi ◌ Ricchezze usate per opere pubbliche ◌ Diffusione a Roma dell’ellenismo, proveniente dall’Oriente ⇒ nutrici e precettori di cultura greca (prigionieri di guerra) CRISI DELLA PICCOLA PROPRIETÀ FONDIARIA E INURBAMENTO ◌ Sviluppo degli scambi commerciali modifica progressivamente a fisionomia dell’architettura italica → massiccio ricorso della manodopera servile → piccoli proprietari impoveriti devono vendere le proprietà → tendenza a un’agricoltura per la commercializzazione più che per l’autoconsumo → problemi di sussistenza iniziano a ingrandirsi RIVOLTE SERVILI ◌ Moltiplicazione delle tenute a personale schiavile ⇒ intensificarsi delle rivolte servili, soprattutto dove la pratica era più in uso → Sicilia: 140-132 e 104-100 a.C,; adozione di forme di banditismo e guerriglia, fenomeno sottovalutato dal governo romano a. rivolta di Enna, prima, si estende poi per tutta l’isola b. Agrigento, guida dello schiavo Cleone a. Publio Rupilio riesce a domare l’insurrezione, 132 a.C. ⇒ formulazione della lex Rupilia, riorganizzazione della provincia LE DUE FAZIONI DELL'ARISTOCRAZIA: OPTIMATES E POPULARES Per la prima volta nasce una netta divisione, che le fonti antiche descrivono con due termini: ◌ Gli optimates si richiamavano alla tradizione degli avi (mos maiorum), si autodefinivano boni, sostenitori dell'autorità e della centralità del Senato all’interno della triarchia che costituiva la repubblica romana. → cfr Catone, Silla, Cicerone ◌ I populares, ugualmente scaturiti dall'aristocrazia, si consideravano difensori dei diritti del popolo, miravano alla necessità di ampie riforme in campo politico e sociale. ◌ Fazioni che caratterizzano l’ultimo secolo della repubblica, tutti i personaggi importanti della politica romana appartengono all’una o all’altra LA QUESTIONE DELL'AGER PUBLICUS ◌ Le guerre di conquista avevano fatto crescere a dismisura l'ager publicus, il terreno demaniale del popolo romano. ◌ Parti di esso erano abitualmente concesse in uso a privati (non solo cittadini, ma anche federati latini e italici) a titolo di occupatio: la proprietà restava sempre dello Stato, che si riservava la facoltà di revocare il possesso. L'utilizzo era garantito ai detentori dietro pagamento di un canone irrisorio (vectigal). ◌ Crisi progressiva della piccola proprietà fondiaria tendeva a favorire la concentrazione della maggior parte dell’agro pubblico nelle mani dei proprietari terrieri più ricchi ⇒ necessità di norme che restringano la possibilità di possedimenti troppo estesi → Caio Lelio → progetto che ha l’opposizione dei senatori, viene ritirato IL TRIBUNATO DI TIBERIO GRACCO (133 A.C.) ◌ Membro della nobilitas ◌ Propose ai comizi tributi nel 133 a.C. di fissare all'occupazione di ager publicus un limite di 500 iugeri, con l'aggiunta di 250 iugeri per ogni figlio fino a forse un massimo di 1.000 iugeri per famiglia. ◌ Lo scopo della riforma dei Gracchi: i lotti recuperati sarebbero stati distribuiti ai cittadini più poveri, sino a 30 iugeri, grazie ad una commissione triumvirale, tre senatori che si sarebbero occupati di recuperare l’ager occupato indebitamente e ridistribuirlo. ◌ I fondi per la riforma sarebbero stati reperiti dal tesoro di Attalo III, che aveva lasciato in eredità il suo regno a Roma, poi divenuto la provincia d'Asia. ◌ Scopo della legge: ricostruire e conservare un ceto di piccoli proprietari terrieri → netta opposizione conservatrice, Tiberio resiste ma viene ucciso in una congiura insieme ad alcuni suoi sostenitori DA TIBERIO A CAIO GRACCO LA COMMISSIONE AGRARIA, SCIPIONE EMILIANO E GLI ALLEATI LATINI E ITALICI ◌ Morte di Tiberio non pone fine all’attività della commissione triumvirale ◌ Malcontento serpeggia tra l’aristocrazia degli alleati latini e italici → portavoce Scipione Emiliano, marito di Sempronia, sorella dei Gracchi, ma loro avversario politico ◌ Scipione Emiliano muore in circostanze misteriose ⇒ Fulvio Flacco, membro del triumvirato agrario propone la cittadinanza romana a tutti gli alleati che ne avessero fatto richiesta o comunque il diritto di ribellarsi alle ingiustizie eventuali dei magistrati In Anatolia, Roma dovette affrontare il problema della pirateria. Nella Cilicia Tracheia si accompagnava l’attività piratica sulla costa, favorita dal succedersi di baie profonde e nascoste in cui era facile trovare riparo rapidamente. Essa minacciava l’asse marittimo che dall’Egeo conduceva a Cipro e alla Siria Fenicia. Mentre Roma concludeva le guerre Cimbriche, l’azione dei Pirati si fece più intensa e pericolosa per gli affari dei romani e dei negotiatores romani nei mari greci e nell’Egeo Orientale. 102, il pretore Marco Antonio fu inviato contro le basi anatoliche dei pirati. L’azione riscosse successo e portò alla fondazione della provincia costiera di Cilicia, che doveva proteggere il commercio marittimo d’Asia. La Lex de provinciis praetoriis, il cui testo è conservato a Delfi e Cnido, dimostra l’incombenza del pericolo dei pirati. Il gravoso impegno delle guerre cimbriche spinse Mario a richiedere altri soldati agli alleati italici e quelli d’oltremare. Tra essi Nicomede III di Bitinia non accettò, lamentando di essere stato privato di uomini e risorse dai pirati o ingiustamente venduti in schiavitù per debiti dai prestatori di denaro. Roma, in merito ciò, ordinò che fossero effettuate inchieste su tali rivelazioni, decretando che nessun alleato di condizione libera potesse essere ridotto in schiavitù e ordinando che ci si attivasse per restituire libertà a quanti l’avessero persa in tal modo, Tuttavia l’opposizione dei detentori di schiavi impedì l’applicazione di tale norma. Donde numero rivolte servili > ribellione degli schiavi delle miniere del Laurion in Attica, 103. Sommovimento che svolse la Sicilia per molti anni, 104-100. Quest’ultimo fu guidato da Trifone e Atenione dopo di lui. 96, cospicua parte del territorio Tolemaico viene lasciata in eredità a Roma, parliamo della Cirenaica. Roma si concentrò su questo territorio cosi lontano dalla sua zona diretta di dominio solo nel 75-74, quando contingenze varie indussero a dedurvi una provincia. MARCO LIVIO DRUSO E LA CONCESSIONE DELLA CITTADINANZA AGLI ITALICI Decennio successivo al 100 si aprì tra tensioni e conflitti politici, sociali. Si nota un contrasto tra senatori e cavalieri per impadronirsi dei tribunali permanenti per i processi di concussione. 92, una giuria condanna Publio Rutilio Rufo, come legato in Asia, che tentò di arginare lo strapotere e gli abusi dei pubblicani. Rufo se ne andò in esilio a Smirne. 95, la Legge Licinia Mucia istituì una commissione per verificare le richieste di cittadinanza romana che venivano avanzate e per espellere da Roma ogni residente italico e latino che fosse risultato illegalmente inserito nelle liste del censo. In tale atmosfera fu eletto tra i tribuni della plebe Marco Livio Druso, figlio dell’omonimo Livio Druso oppostosi a Gracco. Druso si distinse per una politica di compensazione tra i vari schieramenti. Propose la concessione della cittadinanza romana agli alleati italici. Opposizione fu vasta e fu trovato il modo di dichiarare nulle tutte le sue leggi. Collera e sentimento di ribellione degli italici non scemò nemmeno quando Druso fu assassinato. LA GUERRA DEGLI ALLEATI: IL BELLUM SOCIALE Verso l'integrazione politica dell'Italia romana ◌ I soci non avevano parte alcuna nelle decisioni politiche, economiche, militari, che pur vedevano largamente coinvolti anche loro interessi. Aveva contribuito in gran misura alle conquiste di Roma nel III e II sec. a.C. ◌ La condizione di cittadino romano era divenuta sempre più vantaggiosa: distribuzione di terre in Italia; distribuzione a prezzo calmierato del frumento a Roma; immunitas tributaria: non pagavano il tributum. → tributum: il lungo assedio a Veio (396 a.C.) aveva tenuto per molti anni i soldati romani lontani dai loro campi. Per questo motivo era stata introdotta una paga, detta stipendium, per far fronte alle accresciute spese militari venne introdotta una tassa straordinaria chiamata tributum, che gravava in misura proporzionale sulle diverse classi dell'ordinamento censitari ◌ Con la vittoria nella terza guerra Macedonica (168 a.C.) e la conquista del tesoro dei re Macedoni, non fu richiesto più il pagamento del tributum da parte dei cittadini Romani residenti in Italia. ◌ Tra le proposte del tribuno M. Livio Druso nel 91 a.C. v'era la concessione della cittadinanza romana agli alleati italici. ⇒ L'assassinio di Druso fu per gli alleati italici il segnale che non vi era altra possibilità di difendere le proprie rivendicazioni ◌ Il segnale delle ostilità parti da Ascoli, nel Piceno, dove un pretore e tutti i Romani residenti nella città vennero massacrati (90 a.C.). ◌ Si estese sul versante adriatico presso Piceni, Vestini, Marrucini, Frentani, presso Marsi e Peligni, nell'Appennino centrale, e Sanniti, Irpini e Lucani, nell'Appennino meridionale. ◌ Gli insorti si erano dati nel frattempo istituzioni federali comuni, una capitale, Corfinium, nel Sannio, subito ribattezzata Italica. Per la prima volta il termine Italia, con il quale si individuano le popolazioni che non avevano la cittadinanza romana ma abitanavo la penisola italica ◌ La forza dei soci, che avevano combattuto nelle principali guerre romani e condividono un percorso per qualto riguarda gli aspetti militari, si inasprisce in quanto nessuna parte prevale nettamente sull’altra ◌ A questo punto il Senato romano vota delle leggi per cercare di accontentare alcune richieste dei romani 90 a.C.: lex lulia de civitate: su proposta del console L. Giulio Cesare, una legge che concedeva la cittadinanza romana agli alleati rimasti fedeli (tra cui le colonie latine) e alle comunità che avessero deposto o deponessero rapidamente le armi. 89 a.C.: lex Plautia Papiria, promossa dai tribuni Caio Papirio Carbone e Marco Plauzio Silvano, che estendeva la cittadinanza a quanti degli Italici si fossero registrati presso il pretore di Roma entro sessanta giorni. 89 a.C.: lex Pompeia su proposta del console Cn. Pompeo Strabone, faceva attribuire il diritto latino agli abitanti dei centri urbani a nord del Po, popolazioni che non si sono ribellate (Transpadana). → non concede la piena cittadinanza al contrario delle altre due leggi ◌ Con la concessione della cittadinanza romana, le comunità dei soci si trasformano in municipi di cittadini romani, così come le colonie latine, adeguandosi ad uno schema istituzionale uniforme. ◌ Inizia così a scemare la differenziazione tra municipi e colonie, oramai tutte abitate da cittadini romani (tranne a nord del Po). ◌ Le aristocrazie italiche fondano i presupposti per un loro accesso alle magistrature e un successivo ingresso in senato. Velleio Patercolo narra di essere nipote di uno dei comandati Sanniti che avevano preso le armi contro i romani (dimostrazione della completa integrazione dell’aristocrazia italica nel senato di Roma, e quindi della cittadinanza) I PRIMI GRANDI SCONTRI TRA FAZIONI Dalla prima guerra mitridatica alla morte di Silla (88-78 a.C.). Fonti principali di questo periodo sono Appiano (guerre mitridatiche), e le vicende interne di Roma dall’88 al 78 a.C. Le opere dello storico greco Memnone. MITRIDATE VI EPURATORE In Oriente, dalle coste meridionali del Mar Nero, le acque si increspano. Ancora più a est mutarono molti scenari. I Parti, della dinastia degli Arsacidi, privarono il regno seleucide di molti possedimenti. Nella penisola Anatolica era in atto un forte frazionamento politico e Roma, istituendo la provincia D’Asia recuperando l’eredità degli attalidi, favorì coesistenza di piccoli stati dinastici. Tuttavia, ne 112, Mitridate VI Epuratore divenne re e stipulò patti con la Bitinia per dividersi zone limitrofe, Paflagonia, Galazia, Bosforo Cimmerio. Mitridate sosteneva di essere stato immotivatamente depredato da Roma, perche essa, morto suo padre, gli tolse le donazioni territoriali che aveva fatto a quest’ultimo come ricompensa dell’aiuto da lui arrecato durante la guerra contro Aristonico. Persino Mario si recò da Mitridate quando egli ebbe annesso la Paflagonia e la Cappadocia. Approfittando della guerra sociale, Mitridate riprese politica espansionistica. Fece invadere la Cappadocia dal re di Armenia, suo genero, e spodestando dalla Bitinia Nicomede IV. Cosi Roma invia, verso fine del 90, una legazione in Oriente, capeggiata da Manio Aquilio, col fine di rimettere sui troni i loro legittimi sovrani di Bitinia e Cappadocia. Nicomede IV compì anche scorrerie, cosa che fece infuriare Mitridate, sentendosi quest’ultimo vessato e legittimato a dichiarare guerra a Roma. Mitridate condì la sua iniziativa con retorica e propaganda rivolta al mondo greco, presso il quale si presentò come un sovrano filelleno e evergete. Mitridate dilagò in Cappadocia, travolse le forze romane, occupò tutta l’Asia. Manio Aquilio dovette rifuggiarsi a Pergamo, dai cui abitanti fu consegnato a Mitridate. La guerra assumeva le sembianze di una sollevazione del mondo greco contro Roma. A fine dell’88, un esercito pontico fece breccia in Tracia, dilagando in Macedonia e Tessaglia, entrò nella Grecia Centrale. Roma reagì, affidando il comando della guerra a Lucio Cornelio Silla, uno dei consoli dell’88 che si trova impegnato nell’assedio di Nola. IL TRIBUNATO DI PUBLIO SULPICIO RUFO E IL RITORNO DI MARIO; SILLA MARCIA SU ROMA Mentre Silla orchestrava operazioni contro Mitridate, a Roma il tribuno della plebe Publio Sulpicio Rufo tentava di privarlo del comando della guerra e riprendeva il problema dell’inserimento dei nuovi cittadini italici nelle tribù romane. Trasformando larghe masse di alleati in cittadini romani, il governo nobiliare cercò di evitare che essi potessero sconvolgere i preesistenti equilibri politici. Nessun problema pareva suscitare la loro immissione nei comizi centuriati, perché la Gerarchia sociale italica riproduceva quella delle classi censitarie romane. Il fatto che essi, al pari di tutti gli altri cittadini, dovessero venir iscritti nelle tribù poteva produrre mutamenti radicali. Il loro numero era tale che se si fossero recati a votare in massa a Roma, avrebbero avuto la maggioranza, nella possibilità che fossero ripartiti tra tutte e 35 le tribù. Quindi li immisero in un numero limitato di tribù. Cosi facendo, i neocittadini avrebbero influito solo sul voto di poche tribù, mentre i vecchi cittadini avrebbero mantenuto la prevalenza nell’organismo. La guerra sociale e le azioni di Mitridate provocarono un impoverimento dello stato romano e dei singoli. Molti debitori erano in stato di insolvenza, senza possibilità di risarcire i propri creditori. Per far fronte a tali problemi, Sulpicio Rufo propose vari provvedimenti: il richiamo dall’esilio di quanti erano stati perseguiti per collusioni con gli alleati italici; inserimento dei neocittadini in tutte le 35 tribù; limite massimo di indebitamento, superato il quale sarebbe stata decretata l’espulsione dal senato. Fece approvare infine il trasferimento del comando della guerra contro Mitridate da Silla a Mario. Silla non esitò a marciare su Roma, appresa la notizia della sostituzione. La truppa si sentiva legata al proprio comandante (effetti riforma mariana) Presa Roma, Silla fece dichiarare i suoi avversari nemici pubblici; Sulpicio fu eliminato. Mario fuggì in Africa. Silla fece approvare alcune norme, anticipatrici dell’opera riformatrice degli anni 81-79: ogni proposta di legge avrebbe dovuto essere approvata dal senato prima di essere sottoposta a voto popolare; comizi centuriati dovevano diventare la sola assemblea legislativa legittima. Ottenuto ciò parti verso l’Oriente. 87 a.C., furono eletti consoli a lui non favorevoli. SILLA E LA PRIMA FASE DELLA PRIMA GUERRA MITRIDATICA 87, Silla attraversò la Beozia e assediò Atene. Direttosi verso la Grecia centrale sconfisse le truppe pontiche a Cheronea e Orcomeno, in Beozia. Cosi pose fine al dominio di Mitridate in Grecia, minando anche il suo consenso in Asia Minore. LUCIO CORNELIO CINNA E L’ULTIMO CONSOLATO DI MARIO 87, Cinna, fautore di Mario, fugge in Campania dove fu raggiunto da Mario. Nuova marcia su Roma, che fu presa e Silla dichiarato nemico pubblico. Mario fu eletto console con Cinna, 86. Morì poco dopo essere entrato in carica. Cinna fu rieletto console di anno in anno fino all’84 a.C., dando inizio a un breve periodo di dominio > dominatio cinniana. Durante il quale promosse un’ampia opera legislativa. Fu risolta la questione della cittadinanza con immissione dei cittadini nuovi in tutte le 35 tribù. Fu risolto problema dei debiti. Fu fissato nuovo rapporto tra la moneta di bronzo e quella d’argento. Fine 84 a.C., Cinna cercò di anticipare Silla, che puntava Roma, ammassando le forza ad Ancona, ma fu ucciso da una rivolta dei suoi stessi soldati. CONCLUSIONE PRIMA GUERRA MITRIDATICA Due armate romane, 86, di opposte fazioni poiché una era capeggiata da Silla, l’altra da Lucio Valerio Flacco. Esse non si scontrarono mai, ma ricacciarono Mitridate in Asia. Flacco riprese Macedonia e la Tracia fino al Bosforo. Poi passò in Asia, dove i suoi soldati lo assassinarono, sostituendogli al comando il legato Caio Fimbria. Costui ricacciò Mitridate battendo la costa Egea dell’Asia minore. Gli eventi volgevano a favore dei romani, per di più Mitridate perdeva consensi. Si giunse a trattative di pace, stipulata a Dardano, nella Troade, 85 a.C. A condizioni miti. Mitridate conservava il suo regno ma doveva evacuare il resto dell’Asia. Silla, risolta questione in Oriente, sbarcò a Brindisi nell’83. La pace di Dardano non pose fine alle ostilità in Anatolia, dove Lucio Licinio Murena, governatore d’Asia lasciato da Silla a capo dell’esercito nel settore, non cessò di effettuare incursioni nel ponto, accusando Mitridate di prepararsi a riprendere le armi. Mitridate reagì all’ennesima provocazione attaccando e sconfiggendo Murena, dilagando di nuovo in Cappadocia, finchè Silla non risolse la situazione > Seconda guerra mitridatica, 83-81. LE PROSCRIZIONI; SILLA DITTATORE PER LA RIFORMA DELLO STATO A Brindisi, Silla fu raggiunto da Cneo Pompeo e altri sodali. In due anni, Silla trionfò sui suoi avversari (79). Restava da eliminare la sacca di resistenza dei sostenitori di Mario rifugiatisi in Africa e Sicilia. In queste operazioni si distinse Cneo Pompeo, che Silla gratificò con l’epiteto di Magnus. Per rafforzare la vittoria, Silla introdusse liste di proscrizione. Obiettivi principali degli iscritti nelle liste erano senatori e cavalieri più importanti. Ciò ebbe conseguenze importanti, perché modificò la composizione dell’aristocrazia romana. I beneficiari di questo passaggio di fortune, dovuto alla morte dei proscritti, ascesero nelle gerarchie. Proscrizioni continuarono fino all’81. Poiché entrambi i consoli morirono nell’82, il senato nominò un interrex, il princeps senatus Lucio Valerio Flacco, il quale presentò ai comizi una proposta (lex Valeria) che nominava Silla dittatore con incarico di redigere leggi e organizzare lo stato. Tale dittatura costituente era a tempo illimitato, e non era compatibile col consolato. Il vecchio ordinamento non pareva più reggere di fronte ai mutamenti che si erano succeduti: allargamento corpo civico e sua estensione a tutta Italia, trasformazione delle comunità latine e italiche in municipia dello stato romano, aumento del numero delle province, professionalizzazione dell’esercito, radicalizzazione della lotta politica e uso spregiudicato delle istituzioni tradizionali. Anticipazione dell’opera riformatrice di Silla si ebbe nell’88, quando dispose che ogni proposta di legge avrebbe dovuto ottenere il consenso del senato prima di essere sottoposta al voto popolare; i comizi centuriati dovevano divenire la sola assemblea legislativa legittima. Il senato, falcidiato da approvata una Lex Iulia de Repetundis, per i procedimenti di concussione, che ampliava e migliorava la precedente legislazione sillana in materia. Altro provvedimento prescriveva la pubblicazione dei verbali delle sedute senatorie e assemblee popolari. Sul finire del consolato, il tribuno della plebe Publio Vatinio fece votare un provvedimento che attribuiva a Cesare per 5 anni il proconsolato della Gallia Cisalpina e dell’Illirico e della Gallia Narbonense. IL TRIBUNATO DI PUBLIO CLODIO PULCRO Cesare, Pompeo e Crasso appoggiarono la candidatura al tribunato della plebe di Publio Clodio Pulcro, ex patrizio. Coinvolto in un clamoroso scandalo, fu adottato a una famiglia plebea, in modo tale di potersi presentare al tribunato della plebe, da cui i patrizi erano esclusi. Clodio fece approvare varie leggi. Potere dei censori di espellere membri dal senato fu limitato dal divieto di procedere nei confronti di chiunque senza un giudizio formale che consentisse agli interessati di difendersi e senza che si fosse raggiunta una concorde sentenza di condanna da parte di entrambi i censori. Nessun magistrato avrebbe potuto interrompere le assemblee pubbliche adducendo osservazione di auspici sfavorevoli. Furono legalizzati i collegia, associazioni private con fini religiosi e di mutuo soccorso. Clodio sfruttò le funzioni di queste associazioni disseminate per tutta la città, per farne prima dei gruppi di pressione, poi delle bande al suo servizio. Esse divennero un’arma efficace al servizio degli agitatori. Distribuzioni frumentarie dovevano diventare gratuite; ciò comportò un aumento di beneficiari, moltiplicati dalle immigrazioni verso la città e dall’incremento delle liberazioni di schiavi. Fu emanato un provvedimento che comminava l’esilio a chi avesse condannato a morte un cittadino romano senza concedergli di appellarsi al popolo. Cicerone fu bersaglio evidente di tale provvedimento. Catone fu fatto allontanare da Roma con incarico di rivendicare il possesso dell’isola di Cipro dal Tolemeo che vi regnava. Tolemeo di Cipro si suicidò. CESARE IN GALLIA Cesare sconfisse subito gli Elvezi, una volta giunto nella Gallia Narbonese. Roma poi intervenne contro gli Svevi, a fianco degli Edui. Ad Ariovisto fu riconosciuto titolo di Re amico di Roma. Ripresero poi migrazioni verso l’Alsazia. Cesare riprese spedizioni verso i Sequani e sconfisse Ariovisto costringendolo a ripassare il Reno, 58 a.C. Conclusa questa campagna, Cesare tornò in Cisalpina, lasciando le sue truppe accampate nei quartieri invernali presso Vesonzio. La presenza Romana nella Gallia Centrale suscitò a nord le reazioni delle tribù dei Belgi, allarmate dalla vicinanza delle legioni. Nonostante l’ampiezza delle forze messe in campo, Cesare riuscì a impadronirsi delle loro piazzeforti, costringendo alla resa prima i cantoni più meridionali poi le tribù settentrionali, capeggiate dai Nevii, 57 a.C. Nel frattempo un legato di Cesare, Publio Licinio Crasso, si spingeva verso la Normandia. Fine 57 la Gallia fu pacificata. GLI ACCORDI DI LUCCA E LA PROSECUZIONE DELLA CONQUISTA DELLA GALLIA Clodio, tornato privato cittadino, mantenne il controllo sulle sue bande. I suoi avversari imposero il ritorno di Cicerone e si intesero con un tribuno della plebe, Tito Annio Milone, che non si faceva scrupolo di fronteggiarlo con i suoi stessi metodi. Uno dei bersagli di Clodio divenne Pompeo, il quale auspicava ora un ritorno di Cicerone ed appoggiava i fautori del suo richiamo, essendo anche preoccupato dei successi di Cesare in Gallia. Pompeo si trovò in una situazione di stallo politico. Cosi accettò l’incarico di 5 anni che gli conferiva poteri straordinari per provvedere all’approvvigionamento della città (cura annonae): tale mandato era reso necessario dal fatto che la popolazione di Roma era raddoppiata e le distribuzioni frumentarie di Clodio contribuirono ad aumentare le esigenze di vettovagliamento. Pompeo svolse tale mansione procurandosi molta popolarità. Contro Cesare veniva chiesta la revoca della legge sull’agro campano, e uno dei candidati alle elezioni consiliari per il 55, Lucio Domizio Enobarbo, lasciò intendere che se eletto, avrebbe proposto revoca del proconsolato di Cesare in Gallia. Cesare, dopo aver incontrato Crasso a Ravenna, si riunì con lui e Pompeo a Lucca, dove i tre stabilirono, di comune accordo, che il comando di Cesare in Gallia sarebbe stato prorogato per altri 5 anni; i tre si sarebbero impegnati a far eleggere Pompeo e Crasso consoli per il 55. Dopo il consolato i due avrebbero ricevuto le due Spagne (Pompeo) e la Siria, Crasso. Tutto avvenne secondo i piani. Tornato in Gallia, Cesare trovò la Bretagna in aperta rivolta. Cesare fece costruire una flotta che ebbe la meglio, guidta da Bruto Albino. Cosi volse la sua attenzione verso il Reno, dove annientò Usipeti e Tencteri. 55, incursione esplorativa in Britannia. 54, campagna militare sempre in Britannia; Cesare raggiunse il Tamigi. 53, represse rivolte. 52, grande crisi nella Gallia centro-occidentale sotto la guida di Vercingetorige, re degli Arverni. La sollevazione iniziò a Orlenas e si estese tra la Loira e la Garonna. Cesare si precipitò in Arvernia dove pose l’assedio al grande centro di Gergovia. Fu respinto. Gli Eduzi defezionarono. Cesare si spostò a nord per riunirsi alle forze del suo legato, Tito Labieno e inseguirono Vercingetorige il quale si chiuse nella piazzaforte di Alesia. Gli assalitori furono respinti e gli assediati annientati. Nel 46, Vercingetorige fu fatto sfilare in trionfo davanti a Cesare e decapitato ai piedi del Campidoglio. Nel 51 Cesare spazzò via gli ultimi centri di resistenza e organizzò, autonomamente la nuova provincia, Gallia Comata. CRASSO E I PARTI In Siria, Crasso cercò di inserirsi nella contesa dinastia in atto nel regno dei Parti, 54. Morto il re Fraate III era sorta una lotta per il trono dei Parti tra i due figli, Orode e Mitridate. Divenuto re orode II, Crasso aveva deciso di appoggiarne il fratello rivale e si spinse in Mesopotamia. Nel 53, assieme ala figlio Publio, marciò nelle steppe della Mesopotamia. Venuto in contatto coi Parti, guidati da Surena, furono travolti e massacrati. Lo stesso figlio di Crasso cadde. Le aquile di sette legioni furono catturate. Crasso, in rotta, fu preso e ucciso. POMPEO CONSOLE UNICO; GUERRA CIVILE TRA CESARE E POMPEO. 54-53, vengono meno i vincoli politici e familiari che univano Pompeo a Cesare: 54 muore di parto Giulia. Pompeo si risposò con Cornelia Metella, avvicinandosi cosi alla fazione ottimate anti cesariana. Intanto Violenza e caos politico dilagavano a Roma. 53, fu nominato Pompeo dittatore. 52, anarchia dilaga. Milone e Clodio si affrontarono. Clodio rimase ucciso. Per evitare disgregazione dell’ordine, Pompeo fu dichiarato Console senza collega. Fece votare leggi repressive in materia di violenza e di broglio elettorale, che consentirono la condanna di Milone. Approfittando dell’occasione, i nemici di Cesare alzarono la testa. Egli puntavano a metterlo sotto accusa quando il suo mandato di proconsole sarebbe scaduto. Cesare quindi doveva prorogare la carica, presentando al candidatura lontano da Roma. Tale privilegio gli fu garantito ad personam grazie a una legge che i dieci tribuni della plebe avevano fatto votare nel 52. 52, Pompeo propose un provvedimento che prescriveva che dovesse trascorrere un intervallo di 5 anni tra una magistratura e promagistratura, tale norma tentava di scoraggiare arrivisti e corruzione, ma costituiva una minaccia anche per Cesare. Attorno al 51 infatti, iniziarono discussioni riguardo il termine dei suoi poteri. Cesare tentò di estendere il suo comando fino a tutto il 49, per potersi candidare al consolato del 48, in assenza. Con le nuove norme i nemici di Cesare avrebbero potuto affidare la sua provincia a uno fra le molte persone che occupavano una magistratura da 5 o più anni; con le vecchie norme, la provincia di Cesare sarebbe stata dichiarata consolare preventivamente. Nel frattempo Cesare avrebbe conservato per proroga il suo posto. Nel 50, un tribuno della plebe, Caio Scribonio urione, propose che per superare l’impasse e disordini, bisognava abolire simultaneamente i poteri di Cesare e Pompeo. Nello stesso anno il senato dispose che ambedue i consoli deponessero i loro poteri. Fa da sfondo a tale provvedimento l’impianto concettuale di Cicerone, condensato nelle opere come De Republica e De Legibus, in cui sosteneva necessità di intesa civica tra tutte le componenti dello stato, equilibrio tra diritti e doveri garantito da un moderatore super partes. 49, Cesare, fa sapere che era disposto a cedere comando anche se Pompeo non lo avesse fatto. Tuttavia i suoi avversari ottennero che gli fosse ingiunto di deporre la carica, unilateralmente. Minacciato dal veto di due tribuni, Marco Antonio e Quinto Cassio Longino, dopo averli cacciati, il senato votò il senatus consultum, affidando ai consoli e a Pompeo il compito di difendere lo stato. Vennero nominati successori di Cesare nelle sue province. Appreso ciò, Cesare varca il Rubicone > inizio guerra civile. Pompeo, con entrambi i consoli si diresse a Brindisi per andare verso la Grecia e l’Oriente. Cesare percorse rapidamente l’Italia ma non riuscì a fermare il piano di Pompeo. Cesare, lasciati Marco Antonio a presidio dell’Italia e Marco Emilio Lepido dell’Urbe, iniziò ad affrontare la minaccia occidentale, rivolgendosi contro le forze di Pompeo di stanza in Spagna. A Ilerda, Cesare trionfò. Tornato a Roma, ricoprì la carica di dittatore per convocare i comizi elettorali. I comizi lo elessero console per il successivo anno 48. Pompeo nel frattempo pose il suo quartier generale a Tessalonica e le sue navi scandagliavano l’Adriatico. Cesare però riuscì a porre l’assedio a Durazzo, ma fu respinto. Avanzò poi verso la Tessaglia, sempre inseguito da Pompeo, che evitava lo scontro finchè non fu obbligato dai suoi sostenitori. Scontro decisivo avvenne in Tessaglia, nella piana di Paleofarsalo e si tradusse nella disfatta pompeiana. Pompeo fuggì in Egitto ma fu ucciso seguito di una crisi dinastica. Anche Cesare arrivò in Egitto sbarcando ad Alessandria e vi si trattenne per oltre un anno, 48-47, allo scopo di dirimere la lotta tra Tolemeo XIII Cleopatra VII e di assicurarsi l’appoggio del regno. Fu assediato da contingenti di Tolemeo e attese rinforzi di Pergamo e Antipatro. Sconfisse allora Tolemeo. Cleopatra VII fu confermata regina d’Egitto insieme al fratello minore Tolemeo XIV e, partito Cesare, diede un figlio di lui, che chiamò Tolemeo Cesare. Nel frattempo Marco Antonio fece rotta verso l’Italia con incarico di occuparsi degli affari interni. Dovette qui affrontare nuovo problema, suscitato da un altro fedele Cesariano, Publio Cornelio Dolabella. Egli propugnava programma di totale remissione dei debiti e innescava continue sommosse. Antonio lo fronteggiò. Dolabella fu risparmiato e la reggenza di Antonio subì danno esiziale. Nel frattempo Farnace, 47, figlio di Mitridate, tentò di approfittare per recuperare territori paterni. Cesare marciò contro di lui sconfiggendolo a Zela. Dopo breve sosta a Roma, Cesare parti verso l’Africa dove erano asserragliati Catone e i pompeiani vinti, che si erano assicurati l’appoggio di Giuba, re di Numidia, ostile a Cesare e Curione, il quale fu sconfitto da Giuba. Superate difficoltà iniziali, Cesare subì una sconfitta a Tpaso, 46. Catone morì suicida a Utica. Morto Giuba, il suo regno divenne provincia romana col nome di Nova Africa. Stabilito tale successo, Cesare fu richiamato in Spagna, dove Tito Labieno e i figli di Pompeo, Cneo e Sesto, infiammarono di nuovo la guerra. A Munda, l’esercito nemico fu completamente distrutto: solo Sesto Pompeo si salvò. Cesare fece rotta per Roma. CESARE DITTATORE PERPETUO Nel 46 a Cesare fu conferita la dittatura per dieci anni. 44, dittatore a vita. Dal 49 mise mano a numerose riforme. Fu concesso perdono e furono richiamati in patria tutti gli esuli e condannati politici. Diritto di cittadinanza romana fu esteso alla Transpadana, fino alle Alpi. Tra il 46 e 44, il senato fu portato da 600 a 900 membri, con immissione di molti seguaci di Cesare, ricchi cavalieri e elementi provenienti d borghesie, colonie e regioni dell’impero. Fu aumentato da 20 a 40 il numero dei questori, venivano cosi garantite maggiori possibilità di carriera ai suoi sostenitori. Furono abbassate le qualifiche censitarie necessarie per l’ammissione a ordine equestre. Le giurie dei tribunali permanenti furono di nuovo ripartite equamente tra senatori e cavalieri. Furono sciolti i collegia, le associazioni popolari. Furono confermate le distribuzioni gratuite di grano. LE IDI DI MARZO L’assetto disposto da Cesare finì per scontentare cavalieri e senatori, che si sommarono ai sostenitori di Pompeo. Nei primi mesi del 44, Cesare, che aveva come collega Marco Antonio e come suo magister equitum Marco Emilio Lepido, preparò una grande campagna militare contro i Parti con intenzione di ristabilire l’egemonia romana in Asia. A Roma si propagò voce, proveniente da un oracolo, secondo il quale il regno dei Pari poteva essere sconfitto solo da un re, e ciò mise ancora di più in luce le aspirazioni monarchiche di Cesare. Fu ordita allora una congiura (guidata da Bruto, Caio Cassio Longino e Decimo Giunio Bruto Albino) con l’intento di abbatterlo prima della sua partenza per l’impresa partica, programmata per la seconda metà di marzo. Alle idi di marzo, Cesare fu ucciso dai suoi nemici. AGONIA DELLA REPUBBLICA L’EREDITÀ DI CESARE; LA GUERRA DI MODENA Abbattuto Cesare, i cesaricidi risparmiarono i suoi principali collaboratori, Marco Emilio Lepido e Marco Antonio. Dopo un primo sbandamento questi ultimi si riorganizzarono intorno a Antonio e Lepido e altri cesariani eminenti. I Congiurati non riscossero ampi consensi. Lepido voleva assaltarli mentre erano riuniti sul Campidoglio. Prevalse la linea possibilista di Antonio che non intendeva cedere a Lepido un ruolo cosi rilevante nella vicenda, e mirava a ottenere che fosse riconosciuta la legittimità degli ultimi provvedimenti di Cesare. Fu raggiunta una politica di accomodamento: amnistia congiurati; convalida atti del defunto dittatore e consenso ai suoi funerali di stato. Dolabella e Antonio sarebbero stati Consoli. Fu stabilito che dopo il consolato, ad Antonio sarebbe toccata la Macedonia, dove si stavano concentrando le truppe per l’impresa partica, e a Dolabella la Siria. Antonio gesti testamento e carte private di Cesare. Fu autentico interprete della politica di Cesare. L’erede designato da Cesare fu Caio Ottavio. Reclamò l’eredità e ne entrò in possesso, nonostante ostruzionismo di Antonio. Il senato infatti individuò in Caio Ottavio uno strumento per arginare il potere di Antonio. Questi, per controllare meglio l’Italia, si fece assegnare dai comizi al posto della Macedonia le due province della Gallia Cisalpina e Gallia Comata. Antonio mosse verso la Gallia Cisalpina ma il governatore di stanza li, Bruto Albino, si rifiutò di cedergliela, cosi si rinchiuse a Modena > II guerra di Modena,43. Il senato ordinò ai consoli Caio Vibio Pansa Centroniano e Aulo Irzio, di muovere in soccorso di Bruto Albino. Ad essi fu associato anche Ottavio. Antonio fu battuto vicino Modena e si ritirò nella Narbonese. Irzio e Pansa morirono. IL TRIUMVIRATO COSTITUENTE (SECONDO TRIUMVIRATO); PROSCRIZIONI; FILIPPI Ottavio chiese al senato il consolato per sé. Marciò su Roma al rifiuto. 43, fu eletto console insieme al cugino Quinto Pedio. In Gallia, Antonio si era congiunto con Lepido, attirando governatori di Gallia e Spagna. Decimo Giunio Bruto Albino fu ucciso. Annullato il provvedimento senatorio che dichiarava Antonio nemico Pubblico, nell’ottobre del 43, Ottaviano, Antonio e Lepido si incontrarono nei pressi di Bologna, dove stipularono accordo, sancito da Lex Titia. Essa istituiva un Triumvirato per la riorganizzazione dello stato, per la durata di 5 anni, fino la fine del 38. Antonio avrebbe mantenuto governatorato della Gallia Cisalpina e Comata. Lepido la Narbonese e le due Spagne. Ottaviano l’Africa, Sicilia, Sardegna e Corsica. Oriente a Bruto e Cassio. Sicilia e Sardegna erano minacciate da Sesto Pompeo, a cui il senato concesse la gestione delle forze navali in Spagna. I suoi eserciti erano ingestibili, formati da genere, in quanto è l’unica magistratura romana che viene abolita). Augusto seguirà un'altra strada. 6. Con il secondo triumvirato, a differenza del primo che era un patto privato, si crea tram una legge del popolo una nuova magistratura a capo dello stato romano: il triumviri rei publicae constituendae con il potere di consoli ma al di sopra di essi. 7. Si ha un crescente destrutturarsi della Repubblica romana L’IMPERO DA AUGUSTO ALLA CRISI DEL III SECOLO IMPERO ROMANO E IMPERO DEI CESARI AZIO E LA CESURA TRA STORIA REPUBBLICANA E STORIA DEL PRINCIPATO 31 a.C., inizia il Principato, incentrato sulla figura di un princeps. Storia dell’Impero romano e storia dell’età imperiale non sono espressioni da ritenere sinonimi. Storia dell’impero romano è cronologicamente più ampia e comporta l’intero studio dell’espansione del dominio dell’Urbe E’ bene considerare fino a che punto l’ampliarsi dell’impero e i problemi a ciò connessi, abbiano influito sull’affermazione del Principato. Ottaviano, dopo Azio, si ritrova padrone assoluto dello stato romano. Tuttavia riemersero divisioni e problemi; l’opposizione che si scagliò prima contro Antonio e Cleopatra, permeata da sentimento anti monarchico, era la stessa. Ottaviano, già nel 32, dovette affrontare varie difficoltà. I due consoli e altri 300 senatori si trasferirono nella fazione di Antonio. Le truppe erano pletoriche; tra i soldati serpeggiava malumore. Mecenate represse un movimento sovversivo guidato da Marco Emilio Lepido, che pagò con la vita la sua opposizione. Ottaviano si indebitò e fece indebitare i suoi sostenitori per accelerare la distribuzione delle terre promesse. Inoltre egli non nutriva fiducia verso i senatori e i cavalieri di prestigio. I senatori gli erano ostili. La conclusione delle guerre civili lasciava aperta la difficile questione della veste legale da dare al potere personale del vincitore. Ottaviano adottò soluzioni che provocarono una cesura. Le forme comparse dopo la presenza del primo imperatore sulla scena politica sono frutto di continui ripensamenti e rimaneggiamenti connessi a una logica di fondo. I risultati ottenuti da Ottaviano vanno pesati alla luce dell’arco cronologico in cui si sono sviluppati. L’impero si è definito e consolidato per tappe successive. Vi trovò compimento il processo di personalizzazione che aveva visto, come effetto della crisi sociale e della spinta espansionistica, l’emergere, nella tara Repubblica, di figure di politici e generali che avevano affermato il proprio potere individuale, grazie alla disponibilità di eserciti fedeli, alle guerre di espansione e sfruttamento economico di province e terre. Anche il problema di una nuova sistemazione dei rapporti tra Roma, l’Italia e il Mediterraneo aveva segnato ultimo secolo della Repubblica e l’amministrazione dei territori conquistati aveva costituito la principale fonte di risorse per finanziare la carriera politica dei magistrati del ceto dirigente e le compagnie di appaltatori. La razionalizzazione dell’amministrazione attuata da Augusto e dai suoi successori, la graduale integrazione nel senato delle elite delle diverse regioni dell’Impero e il ruolo politico e sociale degli eserciti dislocati nelle province, fanno si che la storia romana, a partire da Augusto, sia divenuta sempre più storia dell’Impero, intesa come storia del rapporto e interazione di territori e popolazioni rispetto al centro del potere. IL TRIENNIO 30-27 A.C. 30-27, anni determinanti per la definizione del progetto ottavianeo di ritorno alla normalità senza rinunciare all’acquisita posizione di preminenza. Primo atto di Ottaviano, 30, fu innovativo e tradizionale a un tempo. Di consuetudine, spettava al generale che l’aveva conquistato predisporre le linee dell’assetto di un nuovo territorio romano. L’Egitto fu retto da un governatore di rango equestre, Caio Cornelio Gallo, col titolo di prefetto. Per affermare un controllo più serrato sul paese, ai senatori e cavalieri di più alto rango venne interdetto l’ingresso nella regione senza esplicita autorizzazione del princeps. Questa misura non era priva di analogie. 29, ai senatori fu proibito di uscire dall’Italia senza permesso. L’esercito rimaneva motivo di imbarazzo. Ormai constava di 70 legioni, un numero pletorico per l’impero. Ottaviano lo ridusse a 26. Dal 31 al 23, Ottaviano Augusto fu eletto Console, detenendo il consolato per l’intero anno, in posizione di preminenza fino al 28. Il consolato era la più alta carica dello stato quanto a completezza di imperium. Presto si verificarono primi problemi di convivenza istituzionale. Marco Licinio Crasso, collega di Ottaviano nel consolato del 30, si distinse come proconsole di Macedonia nel 29 e 28, vincendo le popolazioni che minacciavano i confini nord-orientali della provincia. Per tale campagna egli rivendicava non solo il trionfo ma la spolia opima. Il vigore militare di Ottaviano ne sarebbe uscito ridimensionato. Si sollevarono obiezioni in Senato, in seguito alle quali non fu concesso a Crasso che il trionfo, 27. Nel 29 a.C., mentre era assente dall’Italia, Ottaviano fu eletto console per la V volta con Sesto Apuleio. Le donazioni antoniane furono estinte. Maggior parte dei titoli detenuti dagli altri maggiori principi vassalli vennero confermati. Quattro re ebbero cosi il controllo di ampi reami che contribuivano a presidiare le frontiere orientali. Province romane in Asia rimasero tre: Bitinia- Ponto, Siria, Asia. Ottaviano, negli anni 28-27, condivise il consolato con il fedele Agrippa, con una identica ripartizione tra loro dei fasci consolari. 28, i due consoli effettuano la lectio senatus, che fu epurato da membri indegni, e indissero un censimento. Ottaviano divenne princeps senatus. Molti senatori furono indotti a dimettersi. IL RAPPORTO TRA ORGANISMI REPUBBLICANI E POTERE DEL PRINCIPE: LA TRANSLATIO DELLO STATO AL VOLERE DECISIONALE DEL SENATO E DEL POPOLO ROMANO NEL 27 A.C. AUGUSTO E LA NASCITA DEL PRINCIPATO ◌ Nel 23 a.C. Augusto rinuncia al consolato che sino ad allora aveva ricoperto ininterrottamente. ◌ II 26 giugno del 23 a.C. Augusto riceve per compensazione, tramite un decreto del senato e una legge del popolo, la tribunicia potestas. ◌ Non si tratta di una magistratura, ma dei poteri dei tribuni della plebe (tribunicia potestas = potere tribunizio). ◌ Gli imperatori NON sono tribuni della plebe ma hanno gli stessi poteri del pontefice massimo I POTERI ATTRIBUITI DALLA TRIBUNICIA POTESTAS • lus intercessionis: il diritto di veto sulle decisioni di alcuni magistrati. • lus agendi cum senatu: il diritto di convocare e presiedere il senato. • lus agendi cum plebe: il diritto di convocare e presiedere i comizi tributi. • lus coercitionis: la possibilità di comminare pene. • lus auxili ferendi populo: il diritto di rispondere a richieste di aiuto. → la tribunicia potestas di un imperatore, che viene rinnovata una volta all’anno, diventa un potere fondamentale per tutti gli imperatori successivi. Vista l’annualità e il rinnovo della carica, viene usata per un periodo per il calendario ◌ Attraverso la tribunicia potestas Augusto può sopperire ai poteri che aveva perso rinunciando al consolato. ◌ La tribunicia potestas venne contata in anni, benché formalmente a vita. Essa comparirà nella titolatura di Augusto (e dei principi dopo di lui) in ablativo e solitamente abbreviata in trib(unicia) pot(estate), a cui segue il numerale (II, III, IV, etc.). ◌ Con la dismissione del consolato, Augusto governa le proprie province come proconsole. ◌ Gli è concesso di mantenere il suo imperium (pro)consulare anche dentro il pomerium a Roma e in Italia. Imperium proconsulare = hanno indiscriminatamente, nelle proprie province sia dentro il pomerium, il potere di un console, pur non assumendo tale carica ⇒ Augusto conservò pertanto il diritto di sedersi sulla sella curulis (sedile dei magistrati che la tradizione reputa di origine etrusca) e di essere accompagnato a Roma dai 12 littori muniti di fasces. LE ALTRE CARICHE E TITOLI ASSUNTI DA AUGUSTO ◌ Nel 12 a.C., alla morte dell'ex triumviro M. Emilio Lepido, pontefice massimo in carica, Augusto ottiene la carica sacerdotale di pontifex maximus; nella titolata degli imperatori, essa comparirà sempre in prima posizione tra le cariche. → compare sempre in prima posizione tra i poteri dell’imperatore, carica importante (nome dell’imperatore affiancato da ‘pontifex maximus’ ⇒ importante per la preminenza in campo religioso, e quindi morale, connessa alla formulazione dei calendari e all’interpretazione degli auspici ◌ Nel 2 a.C. otterrà dal Senato, il titolo di pater patriae, padre della Patria. IL NUOVO ORDO SENATORIUS → con l’affermazione del principato è necessario riordinare le classi sociali e le cariche (politiche e militari) ◌ Sin dalla prima Repubblica, tutti i membri alla più elevata classe di censo, detta degli equites, erano raggruppati nella stessa classe, fossero essi senatori o meno. Negli ultimi anni della Repubblica, il limite di censo era di 400.000 HS (sesterzi). ◌ Tra il 18 a.C. e il 13 a.C. il limite patrimoniale minimo per l'appartenenza al Senato fu elevato a 1.000.000 HS ◌ Ciò distinse per la prima volta il censo senatorio da quello da quello degli equites, tra i quali sino ad allora erano confluiti gli stessi senatori, determinando in questo modo la nascita di un ordo senator definito non solo da un punto di vista socio-politico (l'essere discendenti da una famiglia di magistrati), ma anche da un punto di vista censitario. ◌ Il Senato ridotto 600 membri (dopo che era arrivato sino a 1.000 nel corso delle guerre civili), ◌ L'accesso alle magistrature venne riservato in linea di principio ai soli figli dei senatori e a coloro i quali, per espressa concessione del principe, fu permesso di accedere all'ordo senatorius. ◌ L'entrata in senato avveniva ricoprendo la questura. Durante l'ultima Repubblica l'età minima per la questura (annus legitimus) era di 30 anni, Augusto la abbassò a 25. ◌ Molti senatori furono immessi da Ottaviano/Augusto e provenivano da regioni come Umbria, Sannio o Etruria, regioni ammesse alle piena cittadinanza solo in occasione della guerra sociale del 90 a.C. Molte antiche famiglie potevano invece rimanere in Senato solo grazie al sostegno finanziario di Augusto ◌ Distintiva per i membri dell'ordine senatorio era la toga laticlavia (laticlavus), una toga con una larga striscia di porpora che correva in un bordo della toga (→ violacee, tratte da una conchiglia) LE MAGISTRATURE TRADIZIONALI ◌ Con la nascita del principato, le magistrature tradizionali continuarono ad essere elette annualmente sebbene depotenziate da un punto di vista di condotta politica dello stato, soprattutto il consolato, che comunque mantenne la funzione eponima ◌ In epoca tiberiana, le assemblee elettive iniziarono a non essere più convocate. ◌ Il cursus honorum rimase quello tradizionale dalla carica più bassa a quella più alta: questura, edilità, pretura, consolato ordinario o suffetto L'ORDO EQUESTER, L'ORDINE EQUESTRE ◌ Con Augusto il ceto equestre cessa di essere una classe di censo e diviene un ordine con un proprio censo di 400.000 HS. ◌ L'ordine possiede dei simboli propri: l'anello d'oro, la toga angusticlava (una toga con una striscia stretta di porpora), il cavallo pubblico. ◌ Per essere ammessi all'ordine era indispensabile possedere i medesimi valori morali che contraddistinguevano l'accesso al Senato, per cui solo una parte di coloro i quali possedevano il censo equestre era ammessa all'ordine equestre. ◌ L'ammissione era di competenza del principe e stando alle fonti era piuttosto severa. ◌ Augusto assegno alcuni importanti incarichi a membri dell'ordine equestre a Roma e in provincia. ◌ Gli equites, col titolo di praefectus o di procurator, sono agenti del principe, nominati da quest'ultimo, senza vincoli di mandato. Non sono perciò magistrati anche se occupano ruoli di pubblico interesse. ◌ Provengono per la maggior parte della classe dirigente delle città d'Italia e poi in misura crescente dalle colonie e dai municipi delle province. IL NUOVO ASSETTO DELLE PROVINCE ◌ Con l'assegnazione di alcune province ad Augusto gennaio del 27 a.C., nascono due categorie di province che caratterizzeranno l'orizzonte provinciale sino a Diocleziano: a. Le province imperiali, il cui governo è affidato a governatori il cui imperium (il potere civile e militare) è delegato dal principe. Questi sono i legati ◌ Ne parla solo Plinio il Vecchio che ne attribuisce la creazione ad Augusto. ◌ Inizialmente numerate da I a XI. Solo in un secondo tempo intervengono i nomi. - Nessuna funzione istituzionale. - Probabile una funzione censitaria (per agevolare il censimento) LA TERRA ITALIA DA AUGUSTO ALLA FINE DEL III SEC. D.C ◌ Libera ac immunis non era sottomessa ad alcun governatore (come le province), ma era considerata legata direttamente a Roma. I cittadini Romani residenti in Italia non pagavano il tributum (tasse sulla proprietà) per cui erano detti immunes. ◌ Inermis: non vi erano eserciti né legioni (tranne le coorti pretorie e urbane a Roma e le flotte di Miseno e Ravenna). ◌ Non facendo parte del territorio provinciale, non era soggetta al controllo diretto del principe e, almeno in teoria, continuava a rimanere ambito di competenza dei magistrati urbani di Roma e del Senato. ◌ Il suo territorio era diviso in oltre 400 comunità cittadine autonome (colonie e municipi) abitate da cittadini romani e amministrate da magistrati eletti localmente (II viri o IV viri). ROMA E I TERRITORI EXTRA-ITALICI Nascita delle prime province romane ◌ Le condizioni di pace tra Roma e Cartagine alla fine della prima guerra punica (241 a.C.) prevedevano: e. abbandono della Sicilia e delle isole tra questa e l'Italia. f. indipendenza di Siracusa e trattato di alleanza con Roma (fino al 211 a.C.). g. cessione della Sardegna e della Corsica (237 a.C.) h. fino al 228 a.C. la Sicilia viene amministrata attraverso un controllo diretto da un questore inviato annualmente da Roma. IL CONCETTO DI PROVINCIA Nelle istituzioni romane ◌ Il termine provincia indica inizialmente la sfera di competenze e la sfera azione di un magistrato fornito di imperium ed era originariamente riferito tanto a un ambito, quanto ad un qualsiasi territorio, in Italia o fuori, nel quale l'autorità di Roma fosse esercitata dal magistrato. ◌ Con le istituzioni delle province di Sicilia e Sardegna si andò affermando sempre più la connotazione di territorio definito, circoscrizione amministrativa governata da un magistrato romano all'infuori dell'Italia, che si distingueva dall’Italia in quanto gli abitanti erano tributari LA CONDIZIONE DI PROVINCIA Una svolta nella storia istituzionale di Roma ◌ A differenza che in Italia, alle comunità un tempo soggette a Cartagine venne imposto il pagamento di un tributo annuale, consistente in una parte del raccolto di cereali, di cui la Sicilia era grande produttrice. ◌ Sappiamo che nel I sec. a.C. esso constava in un decima della produzione cerealicola dell'isola (la decima), sistema probabilmente ereditato da Siracusa. L'AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE Nella Sicilia d'epoca repubblicana, poi ripetute nelle prov. successive ◌ Città libere e immuni (liberae ac immunes): indipendenti e non soggette ad obblighi né tributari né militari. ◌ Città federate (foederatae): alleate e non soggette al tributo. ◌ Città stipendiarie (stipendiariae): tenute a versare una decima sui raccolti. ◌ Agri censorii: territorio confiscati da Roma e dati in affitto dai censori; la riscossione dei canoni era appaltata a società di publicani. ◌ Queste condizioni erano stabilite nella formula provinciae, che parte della lex provinciae. ◌ La lex provinciae contenevano in particolare prescrizioni sulle imposte e le forme della loro riscossione e i principi sui quali si sarebbe fondata l'attività giurisdizionale del governatore. ◌ La lex provinciae poteva essere dettata dallo stesso conquistatore della regione e dalla commissione senatoriale che lo assisteva, ma in qualche caso poteva essere molto posteriore all'assoggettamento dell'area (l'amministrazione della provincia di Sicilia era per esempio regolata da una legge proposta da un console del 132 a.C.). LA SICILIA E LA CONDIZIONE DI PROVINCIA Una svolta nella storia istituzionale di Roma ◌ L'esazione del tributo, l'amministrazione della giustizia, il mantenimento dell'ordine interno e la difesa dalle aggressioni esterne nei nuovi possedimenti siciliani vennero affidati a un magistrato romano inviato annualmente nell'isola. ◌ Nei primi anni uno dei quattro questori della flotta (quaestores classici), che erano stati creati per la prima volta nel 267 a.C. ◌ Dal 227 a.C. vennero eletti due nuovi pretori, che andarono ad affiancarsi al pretore urbano e al pretore peregrino: uno dei due nuovi magistrati venne inviato in Sicilia, l'altro in Sardegna. L'AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE IN EPOCA REPUBBLICANA ◌ Le province più antiche appositamente. erano rette da magistrati eletti ◌ Per quelle successive si ricorse al sistema della prorogatio: governate da magistrati cui si prorogava l'imperium: essi portavano il titolo di proconsul, propraetor. ◌ Il senato decideva annualmente quali dovevano essere i consoli e i pretori che alla conclusione del loro incarico sarebbero andati ad amministrare province, e queste venivano poi assegnate a sorte. L'ORGANIGRAMMA DEL POTERE ROMANO ◌ Il governatore provinciale era assistito da un personale piuttosto limitato nel numero. ◌ Un questore, che assisteva il governatore in materia di finanze. ◌ Vi erano dei legati, delegati dal governatore per assisterlo nell'amministrazione della giustizia o nel comando dell'esercito. ◌ L'amministrazione della giustizia solo i reati di maggior rilievo erano giudicati dal governatore provinciale, assistito dai suoi legati, in assise che si tenevano periodicamente nelle maggiori città della provincia: il tour giudiziario del governatore era detto conventus. ◌Dal punto di vista etimologico Conventus ha un'evoluzione simile a quello di provincia: se inizialmente significava semplicemente «sessione giudiziaria>>, assume poi una connotazione territoriale, individuando una «circoscrizione giudiziaria» interna alla provincia, circoscrizione che faceva capo a una delle principali città della provincia stessa. ◌ La debolezza dell'apparato burocratico provinciale costrinse la Roma repubblicana ad affidarsi ampiamente, per quanto concerne l'esazione delle tasse, a compagnie di privati cittadini che prendevano in appalto tale servizio. ◌ Tali erano dette compagnie di publicani (societates publicanorum) come erano noti coloro che appaltavano servizi di natura, appunto, pubblica. ◌ La Repubblica Romana pretendeva anticipatamente una determinata somma dai publicani, i quali di conseguenza tendevano a spremere oltre il lecito i contribuenti per ricavare il massimo guadagno. ◌ La distanza da Roma: le difficoltà di mantenere con le province una rapida comunicazione concedeva di fatto ai governatori provinciali un’ampia autonomia di azione ◌ Per altri versi, il fatto che il periodo di governo fosse piuttosto limitato nel tempo (in genere un anno o poco più) e l'obbligo dei governatori provinciali di sottoporre al senato un accurato rendiconto della propria amministrazione, insieme alla forme di controllo sulle malversazioni di cui si essi potevano macchiare, impedirono sostanzialmente che le province potessero trasformarsi in una sorta di feudo di un potere personale Nella cartina: Impero romano era un impero continentale inizialmente → mappa delle province repubblicane e mediterranee, in gran parte nell’Oriente ellenistico che diventerà provincia solo con Augusto LE LEGGI AUGUSTEE Anni 19-18 a.C. Nel quadro dei poteri censori a lui conferiti e avvalendosi della tribunicia potestas, Augusto fece votare una serie di nuove leggi che, a suo dire, miravano a dare vigore a molte consuetudini degli antenati. Il retaggio che Augusto si imputò di aver trasmesso era contenuto nelle Leges Iuliae, sulla famiglia, matrimonio, celibato; le leggi Suntuarie, con le quali si ponevano limiti alla sontuosità dei banchetti e si introducevano differenze tra quanto era lecito spendere nei giorni feriali e in quelli festivi; leggi per un corretto funzionamento degli organi pubblici; lex maiestatis. Ciò avvenne in correlazione con un’ulteriore revisione delle liste senatorie e con la proclamazione dei ludi saeculares del 17 a.C., quasi a segnare una rigenerazione morale del mondo e dello stato. Lex Iulia de maritandis ordinibus, 18 a.C., integrata e rafforzata dalla Lex Papia Poppaea, 9d.C. presentata da Marco Papio Mutilo e Quinto Poppeo Secondo, mirava a incentivare le unioni matrimoniali. Lex iulia de adulteriis coercendis = 17-16 a.C. Trasformava in crimini pubblici e perseguiti davanti una apposita quaestio de adulteriis, i reati sessuali, inizialmente considerati afferenti alla sola sfera privata. Con la lex iulia de adulteriis coercendis invece erano perseguiti davanti una apposita quaestio de adulteriis. Si perseguiva ogni rapporto sessuale fuori dal matrimonio e concubinato, tranne quelli con le prostitute, in particolare l’adulterium e lo stuprum. Lex iulia iudiciorum publicorum, 17 a.C., riordinò il sistema delle quaestiones perpetuae; la lex iulia de ambitu, 18 a.C., mitigò le pene per i reati di corruzione. Si aggiunsero leggi de annona, che colpiva incetta e speculazione di grano. De Vi, che distingueva vis publica, sanzionata con esilio, da vis privata, per la quale era prevista la confisca di un terzo del patrimonio. La lex iulia maiestatis rappresentava una questione a parte; riordinò la materia concernente il crimens maiestatis, comminando a quanti avessero attentato alla maiestas dello stato romano la confisca dell’intero patrimonio. Da tale legge derivò l’impulso a far rientrare nell’ambito di questo crimine tutte le offese o gli attentati in qualunque modo indirizzati contro magistrati o figure pubbliche di rilievo. PROVE DINASTICHE E STRATEGIE DI SUCCESSIONE. L’OPPOSIZIONE L’insieme dei poteri che Augusto accumulò in diverse circostanze e che mano a mano andarono a comporre l’auctoritas, non costituivano una vera e propria carica nella quale qualcuno potesse subentrare dopo la sua scomparsa, né tali poteri potevano essere trasmessi ad altri senza ledere le prerogative dell’ordinamento dello stato. Augusto doveva poter trasmettere il suo ruolo ad altri, senza tuttavia compiere una svolta monarchica. Augusto integrò la propria famiglia nel nuovo sistema politico e nella propaganda ideologica, celebrandone l’ascendenza divina e riprendendo in forma estrema la consuetudine di nobilitazione degli antenati. Egli ampliò la propria gens, sottolineandone il carattere tradizionale, con matrimoni della figlia Giulia e le adozioni, allargando l’area del suo prestigio. Ruolo di primo piano assunto dalla domus principis gli consentiva di trasferire al proprio erede anche le clientele e il prestigio che secondo la tradizione romana appartenevano al patrimonio di una famiglia della nobiltà gentilizia. La posizione del princeps nello stato veniva rafforzata dai meriti e dalle distinzioni acquisiti dai suoi figli adottivi e dalle persone della sua cerchia, come Agrippa. L’erede scelto all’interno della famiglia avrebbe ottenuto non solo il patrimonio privato ma, grazie alla particolare posizione, anche una sorta di prestigio che gli garantiva accesso privilegiato alla carriera politico- militare e un ruolo singolare nella res publica. Egli sarebbe stato considerato consegnatario delle funzioni pubbliche proprie del princeps. 23 a.C., attraverso il matrimonio di Giulia con il nipote Marcello, figlio di sua sorella Ottavia, Augusto cercò di inserire un discendente maschio nella famiglia, dotandolo di prerogative quali l’ammissione al senato e il consolato prima dell’età prevista. Marcello morì nello stesso 23. Seconda persona cui Augusto fece attribuire poteri analoghi ai suoi fu Agrippa. Nel 23 Agrippa ricevette un Imperium proconsolare di 5 anni, per potersi recare in Oriente a risolvere problemi di quella parte dell’impero, mentre Augusto si trovava a Roma. Tornato a Roma, Agrippa sposò Giulia, vedova di Marcello. Nacquero 5 figli. Agrippa rimase a Roma fino al 20 a.C., quando venne inviato nelle Gallie e in Spagna. Nel 18 a.C. l’Imperium di Agrippa fu confermato per un altro quinquennio e gli venne attribuita la tribunicia potestas. Morì nel 12 a.C. 17 a.C. Augusto adotta i due figli di Giulia e Agrippa, Caio e Lucio Cesari; la strategia di Augusto però si concentrò sui figli della terza moglie Livia, nati dal primo matrimonio di questa con Tiberio Claudio Nerone: Tiberio e Druso. Tiberio divorziò da Vipsania Agrippa e sposò Giulia. Tiberio ricoprì due volte il consolato e gli fu conferito l’Imperium proconsolare per 5 anni; celebrò un trionfo per le sue campagne germaniche. Nel 6 ricevette la conferma dell’Imperium proconsolare a cui fu aggiunta la potestà tribunizia per 5 anni, ma poi si ritirò a vita privata. In parallelo, Druso ottenne nel 10 a.C. l’Imperium proconsolare da esercitare in Germania. In tale veste aveva condotto le due brillanti campagne nel 10 e 9, anno in cui morì. Seiano si adoperò per stringere i legami con l’imperatore e per eliminare il maggior numero di coloro su cui avrebbe potuto fondare le proprie speranze Tiberio, da un’ipotetica successione. Seiano fece leva anche sui cattivi rapporti che intercorrevano tra lui e Agrippina maggiore. Riuscì a occupare una posizione di rilievo nella vita politica di Roma. Aspirò anche ad entrare nella famiglia del principe. 26 d.C. Tiberio si ritira a Capri, estromettendosi di fatto dalla vita politica di Roma, consentendo cosi a Seiano di monopolizzare i contatti con lui, fungendo da filtro delle notizie e influenzandone cosi le decisioni. Dopo la morte di Livia, 29 d.C., si scatenò la repressione contro Agrippina maggiore, i suoi due figli maggiori, Nerone e Druso III, e i loro fautori. 31 d.C. Seiano ricoprì il consolato insieme a Tiberio, il quale si dimise dalla carica a maggio, facendo entrare in carica i consoli suffetti, idem fece Seiano. Contemporaneamente Tiberio si premurò di far venire a Capri Caio che, dopo l’esilio della madre Agrippina, si trovava affidato alle cure della nonna Antonia minore. Fu forse Antonia che mise in guardia contro Seiano Tiberio, che preparò con calma la sua reazione 18 ottobre del 31 d.C., Seiano fu arrestato da Quinto Nevio Cordo Sutorio Macrone, nuovo prefetto del pretorio. Seiano fu processato e giustiziato. Ultimi anni del principato di Tiberio non furono felici: scoppiò grave crisi finanziaria e conflitti col senato. Si aprì periodo di terrore, segnato da suicidi, processi e condanne per lesa maestà a carico di numerosi senatori, di sostenitori di Seiano, ma anche di oppositori del regime. Come possibili successori rimanevano Tiberio Gemello, figlio di Druso minore e Caio, detto Caligola, che nel 33 raggiunse la carica di questore. Nel testamento Tiberio li nominò entrambi eredi congiunti. Tiberio si impegnò per prevenire il degenerare della crisi creditizia del 33 d.C. Tiberio morì nel 37 d.C. Caligola fu riconosciuto come unico successore. CALIGOLA (37-41 D.C.) Impero di Caio, detto Caligola, è relativamente breve. Egli si appoggiò subito al consenso dei pretoriani e della popolazione di Roma, inaugurando una politica di donativi, grandi spettacoli e ambiziosi piani edilizi che portarono a un esaurimento delle riserve finanziarie lasciate da Tiberio. Il senato aveva un atteggiamento freddo. Tolta la storiografia a lui ostile, in quella attuale si sottolinea il recupero della tradizione familiare gentilizia dell’imperatore, che avrebbe ereditato la linea di Antonio e Germanico facendo propri elementi di una concezione del potere orientale, pervasa di venature e impronte monarchiche. Morto Tiberio, il prefetto del pretorio Macrone, fece giurare i pretoriani a favore di Caligola. Il senato non riconobbe il testamento di Tiberio e ritenne Caligola l’unico erede. Egli non ebbe né l’imperium proconsolare né la tribunicia potestas. Adottò Tiberio Gemelllo e dichiarò nulli i processi per maiestas degli ultimi anni di Tiberio. Nel 37 cadde ammalato. A questa malattia le fonti attribuiscono il carattere assunto nella restante parte del suo principato. A fine anno Tiberio Gemello fu eliminato. Anche Marco Giunio Silano fu soppresso, suocero dell’imperatore e personaggio di spicco dell’aristocrazia tiberiana. 38 d.C., Macrone cadde in disgrazia e fu costretto al suicidio. Il comando della guardia pretoriana fu sdoppiato per evitare che diventasse trampolino di lancio per ascese personali. Nello stesso anno morì la sorella Drusilla, moglie di Marco Emilio Lepido, ritenuto un possibile successore del principe. Caligola ne fu profondamente scosso. La ripresa dei processi per maiestas è indice delle crescenti difficoltà interne e dello sforzo di eliminare un’opposizione che stava risorgendo. Non mancarono tuttavia progetti costruttivi. In Oriente Caligola cercò di creare stati cuscinetto affidandoli a principi con cui strinse relazioni personali di amicizia. Dopo brevi sortite in Germania, motivate anche da un’ipotetica congiura ordita da Getulico, un legato, che fu poi sostituito da Servio Sulpicio Galba, la Britannia divenne vero teatro delle operazioni romane. Tale impresa fu continuata anche dal successore Claudio. Caligola, tornato a Roma, mise a morte il re di Mauretania, Tolemeo, ultimo discendente di Antonio e Cleopatra, forse coinvolto nella congiura di Getulico. Episodio diede vita a una guerra che si concluse sotto Claudio, con l’annessione definitiva. Il conflitto con gli Ebrei è quello meglio documentato dell’età di Caligola. Egli, per imporre la propria divinità, impose la propria statua nel Tempio di Gerusalemme, suscitando le proteste della popolazione. La richiesta di Caligola risvegliò vecchie tensioni tra Ebrei e Greci nella Giudea e in Oriente. Il Legato di Siria, Petronio, ritardò con ogni mezzo l’erezione della statua, tanto che Caligola gli ordinò di uccidersi, cosa che non avvenne per sopraggiunta morte dello stesso imperatore. Egli cadde, nel 41 d.C., vittima di una congiura. Il principato di Caligola fu premonitore dei rischi a cui era esposto, malgrado la prudente organizzazione augustea, di involuzioni autocratiche e colpi di mano con appoggio militare. CLAUDIO (41-54 D.C.) Claudio, zio di Caligola, viene ritratto dalle fonti antiche in malo modo. Egli, tuttavia, fu autore di importanti realizzazioni in politica interna ed estera. Egli coltivò interesse per la storia e il passato di Roma; produsse opere e scritti, come la storia sulle guerre civili, la quale gli procurò preparazione, competenza e capacità di valutazione e visione politica. Egli era fratello di Germanico, tenuto in disparte. Non fu mai adottato dai Giulii. Fu acclamato imperatore dai pretoriani, ma determinante fu il lavoro svolto da Giulio Agrippa I. Il senato fu indotto ad accettare la scelta. Claudio ripristinò buoni rapporti col senato, rivitalizzandone efficienza e credibilità. Profuse i suoi sforzi in un’opera di riforma e razionalizzazione dell’Impero. Data la frammentarietà d’azione, su piano burocratico, in cui le pratiche erano svolte solo dai magistrati, fu vivo il bisogno di riformare l’amministrazione burocratica. Claudio applicò in questo campo gli schemi del personale di servizio nell’amministrazione delle grandi domus private, fondato su liberti di grande competenza e professionalità specifiche. Si passava da un assetto privato a uno pubblico Col tempo tale processo di statalizzazione sarebbe transitato verso la costituzione di un apparato di funzionari appositi che si venivano formando all’interno dell’ordine equestre. Amministrazione centrale fu divisa in quattro grandi uffici, un segretariato generale e altri tre rispettivamente per le finanze (a rationibus), per suppliche e corrispondenza istituzionale (ab epistulis) e istruzione dei procedimenti da tenersi davanti a imperatore (a libellis). Importante fu anche l’A studiis, per organizzazione e studio di pratiche di diverso tipo. In campo giudiziario si assiste a un crescente ruolo diretto dell’imperatore. Risolse problemi di approvvigionamento granario e idrico; costruì il porto di Ostia. Mostrò interesse per le province > discorso per sostenere l’accesso al senato da parte dei notabili della Gallia Comata. Nella prima parte del suo principato Claudio dovette risolvere le questioni lasciate aperte da Caligola. Claudio inoltre si impegnò per risolvere questioni lasciate aperte da Caligola. Affrontò guerra in Mauretania, a cui pose fine nel 42 d.C. Nel 47 d.C. il legato Cneo Domizio Corbulone si impegnò in Germania, combattendo contro i Frisii e i Cauci. Modificò inoltre i regni orientali istituiti da Caligola. I privilegi delle comunità ebraiche nelle città orientali furono ristabiliti, tutelando allo stesso tempo istituzioni delle Poleis greche, in modo da evitare conflitti tra i due gruppi. La preoccupazione di prevenire disordini e tumulti fu all’origine del provvedimento di espulsione degli Ebrei da Roma, adottato nel 49 d.C. Impresa militare più importante di Claudio fu la conquista della Britannia meridionale, nel 43 d.C., che fu ridotta a provincia. 4 legioni furono impiegate sotto il comando di Aulo Plauzio, che aveva ai suoi ordini anche il futuro imperatore Tito Flavio Vespasiano. La lotta interna a senato e famiglie dell’antica e nuova nobiltà sarà una costante durante tutto il principato di Claudio. Grande influenza vi assunsero i liberti e le mogli di Claudio. Egli ebbe da Messalina due figli, Ottavia e Tiberio Claudio Cesare, conosciuto come Britannico. Messalina fu condannata per essersi legata al console Caio Silio. Morta Messalina si accese una vera e propria gara per affiancare una moglie a Claudio. Egli sposò nel 49 d.C. la nipote Agrippina minore, madre di Lucio Domizio Enobarbo. Ella fece adottare da Claudio il figlio, il che avvenne nel 50 d.C. Domizio divenne Nerone Claudio Cesare Druso Germanico. Claudio morì misteriosamente nel 54 d.C., forse avvelenato da Agrippina, la quale voleva assicurare la successione al figlio minore. LA SOCIETÀ IMPERIALE L'ONOMASTICA DI AUGUSTO ◌ Nascita Gaius Octavius ◌ Nel 44 a.C., a seguito all'adozione testamentaria da parte di Cesare, diviene Gaius lulius C. f. Caesar (Octavianus non verrà mai usato da Augusto) ◌ A gennaio del 42 a.C., dopo la deificazione ufficiale di Cesare, aggiunge la filiazione Divi filius, diventando Galus lulius Divi filius Caesar ◌ tra il 40 a. C. e il 38 a.C. sostituisce il proprio praenomen con Imperator, mentre Caesar da cognomen diviene nomen: Imp. Caesar Divi filius → strategia comunicativa ◌ Nel 27 a. C., con l'attribuzione del titolo di Augustus, quest'ultimo diverrà il suo cognomen: Imp. Caesar Divi filius Augustus ⇒ regole che saranno degli imperatori successivi, Augustus diventa il cognomen di tutti gli imperatori successivi LA TITOLATURA IMPERIALE ◌ L'imperatore viene denominato con un insieme di elementi onomastici, magistrature, sacerdozi e titoli, convenzionalmente definiti titolatura imperiale ◌ Imperator (IMP) II termine, che designa il comandante capo dell'esercito, diviene il prenome ufficiale dell'imperatore; a partire da Augusto, che lo sostituisce al suo prenome Galus, sottolineando il carattere militare del principato. Tiberio, Caligola e Claudio non lo adottano, n mentre da Nerone in poi l'uso diviene generalizzato, mentre, a partire dai Flavi, compare nuovamente il prenome personale. ◌ Caesar (CAES) Cognome caratteristico della gens lulla, occupa il posto del gentilizio, subito dopo il prenome, con lo scopo evidente di segnalare la continuità dinastica. - Il primo ad utilizzarlo senza essere membro della gens lulia, fu Claudio. - Dalla metà del II secolo d.C. appartiene solo al principe e a coloro che sono designati a succedergli e, sempre da questo periodo, può essere impiegato come cognome. - Da esso derivano i termini Kaiser (in tedesco) e Czar (in russo) col significato di imperatore. ◌ Divi/f(ilius) Il patronimico dell'imperatore è quasi sempre formato col nome del padre adottivo (non il prenome, ma l'elemento più caratterizzante) preceduto, se quest'ultimo ha avuto la ovvero la divinizzazione, dall'appellativo divus. - Spesso alla menzione del padre si aggiungono quelle del nonno e del bisnonno, arrivando in alcuni casi fino alla quinta generazione antecedente, servendosi dei termini nepos (NEP), pronepos (PRON, PRONEP), abnepos (ABN, ABNEP), adnepos (ADN, ADNEP), a sottolineare la continuità dinastica, vera, presunta o fittizia, con gli imperatori precedenti. - Può essere l'originario nome personale, oppure quello adottivo, oppure può essere, sempre per motivi di continuità dinastica, quello di alcuni degli imperatori precedenti. ◌ Augustus (AVG) Titolo onorifico, pregno di valenza sacrale, decretato a Ottaviano nel 27 a.C., che viene assunto da tutti gli imperatori come cognomen. A partire da Commodo può essere preceduto da alcuni aggettivi con funzione di titolo, come pius, felix ◌ Cognomina ex virtute Ricordano le campagne militari felicemente condotte dall'imperatore o dai suoi generali e sono derivati dall'etnico del popolo vinto, come Germanicus, Dacicus, Parthicus - Da Marco Aurelio in poi possono essere seguito dall'aggettivo Maximus. Un cognomen ex virtute può essere considerato anche l'epiteto Optimus, conferito ufficialmente a Traiano nel 114 d.C., come riconoscimento delle sue virtù civili. ◌ Pontifex maximus (PONT MAX) in prima posizione tra le cariche. Seguendo l'esempio di Cesare prima e di Augusto poi, tutti gli imperatori, anche quelli cristiani, almeno fino a Graziano nel 376 d.C., rivestivano questo sacerdozio, che conferiva loro la presidenza del collegio dei pontefici e garantiva, di fatto, il controllo della religione ufficiale. ◌ Consul (COS) L'imperatore poteva essere nominato console, magistratura che assumeva il 1° gennaio dell'anno seguente, anche se, di solito, rimaneva in carica solo per una parte dell'anno, per cedere il posto a uno dei consules suffecti (vedi più alto nel corso) - A partire dal secondo consolato rivestito la sigla COS era seguita da una cifra, da sciogliersi con un avverbio numerale (II, III etc.) ◌ Tribunicia potestas (TRIB POT) Compare in caso ablativo e, a partire dalla seconda tribunicia potestas (→vedi più alto nel corso) rivestita, è seguita da un numerale ordinale (II, III, etc.). Conferiva i poteri del tribuno della plebe - Attribuita ad Augusto dal senato nel 23 a.C., fu accordata anche a tutti i suoi successori di solito al momento dell'ascesa al trono e riconfermata ogni anno, cosicché il suo numero dovrebbe corrispondere anche agli anni di principato. ◌ Imperator (IMP) Collocato una seconda volta tra gli onori, di solito dopo la menzione della tribunicia potestas, e seguito da un numero, da sciogliersi con un avverbio numerale (II, III, etc.), indica le acclamazioni riconosciute a un imperatore, quando egli stesso o, più frequentemente, uno dei suoi legati concludeva vittoriosamente una campagna militare. ◌ In ambito urbano, venivano impiegati in ambito domestico, nell'ambito dell'erudizione, dello spettacolo o per attività artigianali. Questi schiavi godevano di condizioni di vita migliori e il loro lavoro era più qualificato. Essi erano inquadrati nella cosiddetta familia urbana. ◌ Si trattava della tipologia di schiavi che solitamente venivano liberati divenendo liberti. Ciò dipendeva dal rapporto instaurato con il dominus nella vita domestica e quotidiana ovvero dall'alto livello di specializzazione in un determinato ambito, che faceva del ex schiavo un valido collaboratore in ambiti nei quali potevano operare solamente liberi. Ad esempio, alcuni senatori aggiravano il divieto di partecipare a commerci proprio con l'aiuto dei loro liberti ◌ In ambito rurale, i membri della cosiddetta familia rustica, gli schiavi erano i braccianti, i contadini, gli allevatori che lavoravano nelle villae. Questi schiavi godevano di condizioni di vita infime. Il loro lavoro era molto faticoso e poco qualificato. ◌ Si trattava della tipologia di schiavo che meno frequentemente venivano liberata. L'ONOMASTICA ◌ In origine lo schiavo non aveva nome proprio. Quando divennero numerosi all'interno delle famiglie di medio-alta censo sorse la necessità di distinguerli, dando loro un nome, di solito scelto dal padrone. ◌ Secondo una moda piuttosto diffusa, si preferivano nomi di origine greca. ◌ In epigrafia gli schiavi sono indicati con il loro nome associato a quello del padrone in genitivo (di...) o più spesso con l'indicazione servus (schiavo di...) LO STRANIERO ◌ Lo straniero (peregrinus) abbraccia tutti coloro che non godono della cittadinanza romana, compresi i latini ◌ Quest'ultimo può godere di particolari rapporti con i cittadini Romani se gode del diritto latino o se la sua comunità di provenienza ha stretto un particolare foedus con Roma. ◌ Egli può divenire cittadino romano assieme all'intera sua comunità come in occasione delle leggi seguenti al bellum sociale oppure ad personam, per particolari servigi, tra cui spicca la militanza nelle truppe ausiliarie, truppe dell'esercito romano composte da stranieri, oppure per concessione diretta dell'imperatore. → imperatore si rende protagonista della concessione della cittadinanza romana alle comunità o ai singoli (spesso coloro che sono vicini all’imperatore) L'ONOMASTICA ◌ Gli stranieri (peregrini) di condizione libera portavano solo il nome personale, spesso seguito dal patronimico. ◌ Nel caso ottenessero la cittadinanza romana dall'imperatore, assumevano i tria nomina prendendo prenomen e nomen dell'imperatore che l'aveva loro concessa, conservando il patronimico e trasformando il nome personale in cognome, sovente latinizzandolo. . NERONE (54-68 D.C.) Il principato che andò nelle mani di Nerone, all’epoca sedicenne, non era più quello augusteo, ma giaceva su premesse diverse: consolidamento poteri del princeps e istituzionalizzazione della sua figura avevano mostrato la debolezza dei residui della tradizione repubblicana nel governo dello stato. Tiberio, Caligola e Claudio, seppur in modo diverso, mostrarono gli elementi di arbitrio e autocrazia insiti nel potere imperiale. Già nel De Clementia (55 d.C.), opera di Seneca, precettore di Nerone, è chiaro il mutamento della concezione del potere del princeps. L’opera fu un programma di governo per Nerone. Sembra superata l’ideologia augustea, che sottolineava il permanere della responsabilità di governo a popolo e senato. Secondo Seneca, da Augusto in poi, la res publica è nelle mani di una sola personalità; ricchezza e potere sono assoluti e dono agli dei: essi implicano per il principe la responsabilità di porre virtus e clementia alla base delle proprie azioni. Nerone, inizialmente inserito in un rapporto di collaborazione con Seneca e il prefetto del pretorio Afranio Burro, presto svoltò verso una deriva teocratica e assoluta del potere imperiale. Tale comportamento provocò l’ira dei senatori tradizionalisti, verso cui conversero molte antiche famiglie repubblicane, la nuova nobiltà e le armate provinciali. La giovane età di Nerone lasciò la regia di governo nelle mani di Seneca e Burro e in quelle della madre Agrippina. Ella approfittò di tale situazione di potere per eliminare gran parte dei propri avversari. 55 d.C. Britannico fu ucciso. Presto l’ambiente di corte divenne incandescente, Nerone era in conflitto con la Madre. Situazione precipita quando Nerone volle sposare Poppea Sabina, moglie di Marco Salvio Otone, Agrippina ostacolò l’unione, opponendosi alla volontà di Nerone di divorziare da Ottavia, figlia di Claudio, in quanto avrebbe suscitato forte opposizione. Nerone decise di sbarazzarsi della madre. L’amministrazione, sotto Nerone, fu lungimirante e efficiente. 56 d.C., riforma nella gestione dell’aerarium, che portò alla sostituzione dei tradizionali questori con due praefecti aerarii Saturni, scelti dal principe. In tal modo l’imperatore si intrometteva nel controllo del tesoro pubblico la cui conduzione spettava nominalmente al senato. Nel frattempo si delineava l’interesse di Nerone per la cultura e gli spettacoli e le arti. Nel 59 d.C., aboliti i combattimenti fra gladiatori fino la morte, organizzò gli Iuvenalia, e l’anno dopo i Neronia. Tra il 59 e 62 Burro e Seneca sostennero la politica di Nerone. Nel 62 d.C. muore Burro; ne derivò una svolta: i due astri di corte emergenti divennero prefetti del pretorio, Fenio Rufo e Caio Ofonio Tigellino. Seneca iniziò a defilarsi dalla scena pubblica. 62 d.C., Nerone sposa Poppea ripudiando Ottavia, ed ebbero una figlia, Claudia, morta a pochi mesi. 64, d.C. incendio di Roma, divampato a luglio a sud del Palatino presso Circo Massimo. Nerone addossò la colpa dell’incendio ai cristiani, che furono perseguitati. Nerone dovette affrontare una dura ricostruzione, che si rivelò dispendiosa ed esasperò i rapporti con la plebe e il senato, erodendogli molto consenso. Nerone si impegnò poi in una riforma monetale. 64 d.C., la moneta d’oro fu ridotta di peso e di fino. Tale svalutazione ebbe come effetto un immediato aumento dei prezzi, che esacerbò il risentimento. Per rimpinguare le casse, Nerone ricorse ai processi e alle confische, attirando su di sé ancora più antipatia da parte della nobiltà senatoria > 65 d.C. Congiura dei Pisoni, ispirata da Caio Calpurnio Pisone; il complotto coinvolse vari strati dell’elite dirigente. Smascherato il piano, iniziarono epurazioni L’opposizione però persisteva. Si verificò un’ulteriore congiura, detta viniciana dal nome del suo ispiratore, Annio Viniciano. Fu scoperta e stroncata a Benevento nel 66 d.C. In politica estera il regno del Ponto Orientale, nel 64 d.C., fu tolto al re Polemone II e annesso alla provincia di Galazia. Principali teatri di intervento furono tre: Armenia, Britannia e Giudea. In Armenia il re dei Parti Vologese impose sul trono il fratello Tiridate. Cneo Domizio Corbulone fu inviato in oriente. 66 d.C. marciò contro Tiridate. A esso fu intimato il riconoscimento di una sovranità nominale di Roma su di esso e l’accettazione che il suo potere derivasse da un’investitura dell’imperatore romano. Al rifiuto del re, Corbulone marciò contro la capitale Artaxata e la prese e fu rasa al suolo. 59 d.C. cadde anche la seconda capitale dell’Armenia. Dopo ennesimo scontro tra Corbulone e Tiridate, essi pervennero a un patto con il quale a Tiridate veniva riconosciuto il regno di Armenia, e qesti avrebbe dovuto recarsi a Roma per ricevere il diadema dalle mani di Nerone. L’incoronazione ebbe luogo nell’Urbe nel 66 d.C. Britannia = 59 d.C. il governatore Caio Svetonio Paolino decise di attaccare l’isola di Mona, centro di culto druidico, roccaforte anti romana. Nel 60 d.C., più a sud, scoppia nell’Anglia orientale una grave ribellione delle popolazioni locali. 66 d.C., Nerone va in Grecia. Contemporaneamente, in Giudea, esplode una violenta ribellione contro i Romani a causa delle requisizione del tesoro di Gerusalemme a opera del procuratore Gessio Floro. Di fronte al dilagare della rivolta, Nerone inviò Vespasiano e Caio Licinio Muciano. Mentre Vespasiano riusciva a riportare la situazione sotto controllo in Palestina, a inizio del 68 d.C., Elio, il capo dei liberti imperiali, convinse Nerone a ritornare a Roma, poiché la sua lunga assenza iniziava a sollevare malumori. Giunse subito notizia della sollevazione di Caio Giulio Vindice nella Gallia Lugdunense, tale sollevazione fu presto sedata dal legato della Germania Superiore Lucio Virginio Rufo. Rufo si vide acclamato imperatore dai suoi soldati, ma rifiutò. Iniziarono a catena varie sollevazioni > quella del legato Tarraconense Servio Sulpicio Galba, di quello d’Africa Lucio Clodio Macro, delle truppe del Reno. I pretoriani abbandonarono Nerone. Il senato lo dichiarò nemico pubblico, riconoscendo Galba come nuovo imperatore. Nerone si suicidò. La sua fine segnò anche quella della dinastia Giulio Claudia. ANNO DEI 4 IMPERATORI E I FLAVI L’ANNO DEI QUATTRO IMPERATORI: IL 68/69 D.C. Si crearono condizioni per una nuova guerra civile, che vide contrapposti senatori, truppe urbane, governatori di provincia o comandanti militari che, forti del sostegno dei loro eserciti, assunsero titolo di imperatore. Tacito definisce questo anno come il longus et unus annus che svelò un arcanum imperii, ovvero un principio fondamentale del potere, cioè che la proclamazione di un imperatore poteva avvenire anche fuori di Roma ed essere prerogativa dell’esercito. Il principato continuò a rimanere prerogativa degli italici. Solo con estinzione della dinastia Flavia fu assegnato anche ai provinciali emersi dagli alti ranghi delle armate. Ormai nella scelta dell’imperatore erano coinvolti centro e periferia: senato, corte e pretoriani, da un lato e legioni dall’altro. L’elezione di Vespasiano dimostrò come tale carica potesse essere ricoperta anche da uomini di modeste origini e di rango inferiore a quello della nobiltà giulio- claudia. Storiografia antica riduce le vicende della dinastia giulio-claudia a un dramma di corte, ponendo in secondo piano quegli sviluppi che portarono l’esercito e le province ad assumere un ruolo sempre più rilevante. La crisi del 69 d.C. con i quattro imperatori, Galba, Otone, Vitellio e Vespasiano che uscì vincitore, che si combatterono l’un l’altro, mostra come l’asse dell’impero si fosse spostato lontano da Roma e come le legioni delle province avessero la capacità di imporre il loro volere. Galba, sulla falsariga del tradizionalismo senatorio, per rispondere al problema della successione, adottò Lucio Calpurnio Pisone, ma tale scelta si rivelò inutile. GALBA, GIUGNO 68-GENNAIO 69 Egli accettò la nomina di imperatore conferitagli da un gruppo di senatori. Tuttavia non fu unanime l’accettazione. Le legioni della Germania Superiore fecero un secondo infruttuoso tentativo di persuadere Virginio Rufo ad accettare l’impero e impiegarono qualche tempo a prestare giuramento di fedeltà a Galba. Anche il governatore della Germania inferiore, Fonteio Capitone, fu accusato di complottare contro l’imperatore e fu eliminato da due suoi ufficiali. In Africa, Lucio Clodio Macro non riconosceva l’imperatore. Galba tuttavia non riuscì a guadagnarsi piena fiducia delle forze armate. Non rispettò la promessa del donativo di 30mila sesterzi ai pretoriani. Si rese impopolare alla plebe e ai soldati per i tagli alle spese. Si accanì nell’epurazione dei suoi veri o presunti nemici. A inizio del 69, in occasione del rinnovamento del giuramento annuale di fedeltà a imperatore, due delle tre legioni di stanza nella Germania Superiore non lo rinnovarono e si ribellarono. La Germania Inferiore seguì loro esempio, insieme agli altri eserciti delle Germanie. I pretoriani proclamarono Otone nuovo imperatore, massacrando Galba e i suoi seguaci. OTONE, 15 GENNAIO-14 APRILE 69 Popolare tra pretoriani e l’ordine equestre. Ottenne riconoscimento dal senato dopo uccisione di Galba. Fu proclamato Imperatore il 15 gennaio del 69 d.C. Il suo principato durò in tutto tre mesi. Ben presto le regioni della Belgica, Lugdunense e la Rezia si coalizzarono intorno Vitellio; successivamente si unirono loro l’Aquitania e le province spagnole e la Gallia Narbonese. L’avanzata delle armate germaniche verso l’Italia era iniziata nel segno della ribellione a Galba; ma non si fermò alla notizia della morte dell’Imperatore e della successione di Otone. VITELLIO, APRILE-DICEMBRE 69 Fu un senatore che rivesti incarichi importanti sotto tutti i Giulio Claudi. I suoi legati arrivarono in Italia da due diversi itinerari, attraversando le Alpi prima della fine dell’Inverno, e sconfissero le truppe di Otone il 14 aprile 69 d.C. Nella battaglia di Bedriaco, presso Cremona, prima che le legioni danubiane potessero arrivare in sostegno del principe, il quale si suicidò il giorno dopo la battaglia. Vitellio arrivò a Roma a giugno in qualità di Imperatore. I soldati di Otone arrivati in ritardo dalle province danubiane non lo riconobbero e si opposero. Fu scelto cosi Vespasiano. ASCESA DI VESPASIANO E LA FINE DI VITELLIO Appartenente a una famiglia italica di Rieti, suo padre era un pubblicano. Fu inviato in Giudea per sedare una rivolta. Il primo luglio 69 d.C. il prefetto d’Egitto Tiberio Giulio Alessandro lo proclamò imperatore. Gli eserciti di giudea lo acclamarono come imperatore. Mentre Vespasiano si dirigeva verso l’Egitto, dalla Pannonia marciò verso l’Italia Antonio Primo con le legioni danubiane, seguite da quelle siriane. Antonio Primo decise di attaccare le truppe inviate da Vitellio e le sconfisse in una battaglia svoltasi, di nuovo, presso Bedriaco, 69. Lotta tra Vitellio e Vespasiano non era finita e perdurò anche a Roma. Sabino e Tito Flavio Domiziano si asserragliarono nel Campidoglio che fu preso dai Vitelliani e dato alle fiamme. Mentre era ancora in Alessandria d’Egitto, Vespasiano fu riconosciuto imperatore dal senato, grazie a intervento di Muciano che governò Roma insieme a Domiziano. Vespasiano e Tito furono eletti consoli in assenza. LA DINASTIA FLAVIA 69-96 D.C. Vespasiano da inizio alla dinastia dei Flavi, che comprende il periodo di Impero di Vespasiano stesso e dei suoi due figli Tito e Domiziano > ripresa dell’ideale della Aeternitas imperii. Dinastia durò fino al 96 d.C., quando la politica di Domiziano suscitò opposizione, sia nel senato sia nella sua stessa corte, da portare alla sua uccisione e proclamazione di un nuovo princeps, esponente del senato, che sapesse riconciliare il principato con il rispetto della libertas senatoria. Reduci da tante lotte sanguinose, morto Domiziano, l’esercito lasciò che fosse il senato a decidere il successore. Nel 193 d.C. la morte di un imperatore costituirà di nuovo causa di guerra civile. IL PRINCIPATO DI VESPASIANO Vespasiano rimase in Alessandria d’Egitto fino al 70 d.C. I suoi generali nel frattempo posero fine a due principali problemi militari: La guerra in Giudea e la rivolta guidata dal capo Batavo Giulio Civile. I Batavi erano un popolo stanziato presso le foci del Reno, a lungo alleato di Roma e che prese parte alle campagne di Germanico a est del fiume. Ai tempi della creazione della Germania Superiore e Inferiore, i batavi fecero parte della Gallia Belgica. Già sotto Caligola la guardia del corpo personale del principe era composta in gran parte da Batavi. Essa fu soppressa da Galba, generando parte più conservatrice del senato si modificarono in relazione alla crescente accentuazione del carattere autocratico dell’imperatore. L’opposizione senatoria, alimentata da filosofi interpreti di un astratto ideale repubblicano, iniziò a essere colpita con processi nei quali riprese vigore l’opera dei delatori e adulatori. Uno dei primi a essere colpito fu lo stesso cugino del principe. Il contrasto si acuì con l’accentuarsi dell’autocelebrazione e delle manifestazioni di assolutismo da parte dell’imperatore. Fu cacciata da tutta Italia la cosiddetta opposizione filosofica. 18 novembre 96 d.C., Domiziano cadde vittima di una congiura, di cui facevano parte alcuni senatori, nuovi prefetti del pretorio, funzionari di palazzo e la moglie, Domizia Longina. Il giorno della sua morte, Il senato proclamò imperatore Marco Cocceio Nerva e decretò a Domiziano la dmnatio memoriae. IL SORGERE DEL CRISTIANESIMO L’autorità romana imperiale aveva affrontato la questione giudaica senza distinguere tra i vari movimenti, considerandola un problema di nazionalità piuttosto che di religione. Augusto consenti a tutte le comunità ebraiche dell’impero la possibilità di conservare i propri costumi ancestrali, di praticare il culto e mantenere legami con il centro di riferimento costituito dal Tempio di Gerusalemme. In tal modo le comunità giudaiche nelle città dell’Impero, a partire da Roma, non erano assimilate al resto della cittadinanza, ma avevano un profilo ben distinto. In diverse occasioni le comunità ebraiche furono avvertite come elemento estraneo. Sotto Tiberio gli ebrei furono espulsi da Roma con i seguaci dei culti egizi, perché la diffusione dei culti stranieri veniva vista in contrasto con il mos maiorum. Caligola, affermando il culto dell’imperatore vivente, provocò una grave crisi nei rapporti con i giudei e tra questi e la popolazione delle città greche. Claudio ristabilì privilegi e tolleranza inaugurata da Augusto, ma anche lui nel 49 d.C. espulse gli Ebrei da Roma. In quell’occasione, a detta di Svetonio, la causa furono disordini scatenati da un certo Chrestus. Si tratta del primo provvedimento in cui ebrei e cristiani furono accomunati, in cui li ebrei vennero colpiti a causa del proselitismo cristiano. Con Nerone divenne evidente il contrasto tra autorità imperiale e la nuova religione cristiana. Quest’ultima venne considerata sovversiva e pericolosa, in quanto non poteva integrarsi con la religione tradizionale e il culto imperiale. Nel 64 d.C. Nerone addossò ai cristiani la colpa dell’incendio di Roma, scatenando contro loro una violenta persecuzione in cui trovarono la morte gli apostoli Pietro e Paolo. Ultimi anni di Nerone furono animati dalla rivolta degli ebrei in Palestina, sobillata dagli zeloti. Dopo che Vespasiano e Tito placarono la rivolta e distrussero il Tempio di Gerusalemme non furono poste limitazioni al culto. Ebrei e cristiani subirono ostilità di Domiziano IL II SECOLO L'ETÀ DEGLI IMPERATORI ADOTTIVI 96 - 180 D.C. 1. Nerva (96 - 98 d.C.) → nominato dal senato dopo l’uccisione di Domiziano (senato ha ancora un potere importante per la nomina degli imperatori dopo un momento di crisi: fatto che diminuisce sempre di più nel III secolo d.C.) 2. Traiano (98-117 d.C.) → legato di una delle due province della Germania, piccoli distretti militari lungo il Reno, pesantemente armati (Traiano era il governatore con più legioni più prossimo all’Italia a. Con Traiano si ha un ulteriore passaggio verso l’integrazione dell’impero ai vertici dello Stato: primo imperatore provinciale = non fa parte della nobilitas romana né di gentes italiche → proviene da una colonia romana al sud della Spagna 3. Adriano (117 - 138 d.C.) → primo degli ‘imperatori barbuti’, richiamo ai filosofi greci, tali poi saranno tutti i suoi successori, aspetto di costume che si diffonde in tutto l’impero a. Sceglie di contenere l’impero e non di espanderlo → CFR vallo di adriano in Britannia b. rimane poco in Italia, numerosi viaggi di ispezione 4. Antonino Pio (138 - 160 d.C.) → figura diametralmente opposta ad Adriano a. Mantiene la politica adrianea di non-espansione dell’impero, nessuna campagna di conquista 5. Lucio Vero (160 - 169 d.C.) e Marco Aurelio (160 - 180 d.C.) a. Popolazioni barbariche (germaniche) giungono a minacciare l’Italia → Marco Aurelio passa la maggior parte della sua vita lungo il Danubio b. Incursioni barbariche del III secolo sono compiute da popolazioni di etnia germanica (≠ celtica) ◌ Italia continua ad essere an centro dell’attenzione degli imperatori ◌ Tabula alimentaria di Veleia: istituto alimentario → prestiti da parte dello Stato ai contadini italici a. Favorire l’agricoltura italica b. Aiutare i giovani indigenti ◌ Istituto con una valenza solo per l’Italia, al centro degli interessi dei principi dell’epoca ◌ Adriano per primo tenta una sorta di provincializzazione dell’Italia, nomina di legati con il compito di pretori Marco Aurelio interrompe l’epoca degli imperatori adottivi → sceglie Commodo, figlio Con la morte di commodo nel 192 scoppia una guerra civile, che vede protagonisti Clodio Albinio e Settimio Severo NERVA, 96-98 D.C. II secolo, considerato l’età più prospera dell’impero romano, che arroccatosi nei confini, andò incontro a prosperità economica e culturale. Si è molto insistito sulla funzione avuta in tal senso dal sistema successorio instaurato da Nerva, ritenendo che esso abbia contribuito all’ordinata amministrazione dell’Impero. A tale soluzione si pervenne attraverso varie peripezie. Nerva adottò Traiano in uno stato di necessità, quando i pretoriani, ribadendo fedeltà alla memoria di Domiziano, fece paventare uno scenario da guerra civile. L’aristocrazia, tuttavia, accolse con favore l’adozione di Traiano. Criterio di scelta dell’imperatore divenne, per intero periodo, quello della “scelta del migliore”, espressione contenuta nel panegirico di Traiano scritto da Plinio il Givoane. Sicuramente il principio dinastico, maturato nella dinastia dei Flavi, fu prevalente nelle successioni del II secolo d.C. Lo fu di meno quando 4 imperatori non ebbero eredi diretti. Tutte le adozioni si spiegano meglio con motivi o di famiglia o interesse personale o occasionali, piuttosto che per la volontà di voler porre al vertice dello stato l’uomo migliore. Il principato di Nerva durò solo due anni. Si pacificarono i rapporti tra imperatore e senato. Fu scelto come imperatore perché era il profilo ideale per creare un principato di transizione, in quanto Nerva era di età avanzata, non aveva legami e popolarità verso ambienti militari ed era estraneo ai gruppi di potere. Subito Nerva dovette controllare le reazioni all’uccisione di Domiziano e scongiurare pericolo di anarchia. Nell’Urbe il popolo era rimasto abbastanza indifferente all’assassinio. I pretoriani però dovettero essere frenati. Nerva avallò la damnatio memoriae. Sospese l’accusa di lesa maestà. Garantito ordine interno, Nerva si volse a opera costruttiva di politica finanziaria e sociale a favore di Roma e dell’Italia: fu votata una legge agraria per assegnare lotti di terreno a cittadini nullatenenti e fu abbozzata la creazione delle istituzioni alimentari. Esse consistevano in prestiti concessi dallo stato agli agricoltori, che ne beneficiavano accettando di ipotecare i propri terreni. Gli interessi delle ipoteche erano dirottati per sovvenzionare i giovani indigenti. Inoltre trasferì alla cassa imperiale il costo del cursus publicus, cioè del mantenimento delle strade e delle stazioni di cambio. Nel 97 d.C. si affacciarono minacce alla stabilità del principato. Erano problemi di natura economica e politico militare. Sul piano politico i pretoriani, aizzati dal prefetto del pretorio Casperio Eliano, chiesero punizione degli assassini di Domiziano. Nerva fu messo a tacere e i responsabili della congiura furono messi a morte. In tal modo venivano puniti coloro che lo avevano portato al potere. Per evitare la disgregazione dell’impero e una nuova guerra civile, occorreva designare un successore popolare e forte militarmente. Nerva adottò il senatore Marco Ulpio Traiano, allora governatore della Germania Superiore. 98, Traiano gli succedette. IL GOVERNO DELL’IMPERO AFFIDATO AL MIGLIORE: TRAIANO, 98-117 D.C. Nato nel municipio spagnolo di Italica da una famiglia di remote origini italiane. Rivesti la pretura e fu inviato con le sue legioni sul Reno, nell’89 d.C., per fronteggiare la rivolta di Saturnino. 91, console ordinario; 96-97 divenne legato della Germania Superiore. Li ricevette notizia della sua adozione da parte di Nerva. 98 iniziò consolato insieme a Nerva risiedendo in Germania. Ebbe notizia della morte dell’imperatore e, dopo aver consolidato confine renano, si recò a Roma solo nel 99 d.C. Traiano aveva a cuore i reparti difensivi del settore renano Danubiano, tanto è vero che lasciò al comando della Germania Superiore e inferiore, rispettivamente, Lucio Giulio Urso Serviano e Lucio Licinio Sura, uomini di primo piano nell’aristocrazia. Principato di Traiano segna un cambiamento importante nella politica estera della Roma imperiale, soprattutto nel settore orientale: la riduzione a statuto di provincia di territori situati al di là del Danubio e Eufrate, cioè regioni che non erano mai state governate da re soci e amici del popolo romano. L’espansione ebbe un posto di rilievo tra i suoi programmi. 101-102 / 105-106, espansione contro i Daci, contro Parti e in Arabia; Decebalo costituiva continuamente una minaccia per il confine danubiano, le ragioni strategiche ebbero grande peso nella scelta di espandere li il dominio provinciale romano. Fu cosi che, nel periodo intercorso da quando Domiziano aveva dovuto porre fine alle ostilità in Dacia (89), prima per la rivolta di Saturnino, poi perché richiamato da impegni bellici, Decebalo si rafforzò continuamente, coagulando attorno a sé le popolazioni daciche. Si profilò subito una grave minaccia per la Mesia. Si rese necessario difendere il settore. Nella primavera del 101 d.C. Traiano concentrò un forte esercito in Mesia Superiore, attraversò il Danubio e avanzò verso Tibiscum. Prima cruenta battaglia si ebbe a Tapae, che apr’ la strada ai romani verso la capitale del regno Dacico. L’operazione, pur volgendo a favore di Traiano, comportò un abbassamento delle difese delle zone del basso Danubio e i Daci, con i loro alleati, sferrarono un attacco violento contro la Mesia Inferiore a fine del 101 D.C. L’imperatore dovette accorrere. I Romani riuscirono a raggiungere l’area minacciata anche grazie alle opere infrastrutturali precedenti. Traiano fondò due città nei luoghi dei trionfi. Nel 102 riprese offensiva contro la capitale dei Daci. Decebalo fu costretto a chiedere la pace accettando dure condizioni. Gli fu lasciato il suo regno a sotto osservanza romana. 105, ripresero ostilità. Traiano distrusse Sarmizegetusa. Decebalo si uccise. La Dacia fu annessa e ridotta provincia romana. Molto oro e varie ricchezze furono raccolte a seguito della sconfitta dei Daci. 106-107, la Pannonia fu divisa in due province, Pannonia Superiore e Inferiore. Fine operazioni daciche seguì l’annessione del territorio dei Nabatei. Morto il Re Rabbel II il suo regno fu soppresso, ciò determinò l’istituzione della provincia di Arabia. Con tale provincia, Roma completava il suo impianto di presidio del Medio Oriente e otteneva controllo della via commerciale per l’India. 107-113 furono separate Cappadocia e Galazia. Traiano poi cercò soluzione alternativa anche per il problema dell’Armenia. Fino ad allora aveva retto il compromesso Neroniano, in vigore dal 66 d.C., che la nomina del Re d’Armenia dovesse essere fatta da Roma. Sul trono partico si succedettero Vologese, Pacoro e Osroe. 110 subentra, come re d’Armenia, Axidares, il figlio di Pacoro, con assenso di Roma. Osroe lo depose e insediò il fratello minore di lui, Partamasiris. Aximares chiese aiuto ai Romani e Traiano ne approfittò. Egli giunse ad Antiochia nel 113 d.C. Declinò la richiesta di riconoscimento romano del re Partamasiris e iniziò la guerra. 114, Traiano fece imprigionare ed esiliare Partamasiris, che fu ucciso durante il viaggio. Il regno fu annesso ma la guerra coi parti continuò. Traiano occupò la Mesopotamia nel 115 > costituzione provincia di Mesopotamia. Ciò rientrava nella più ampia strategia di miglioramento della frontiera orientale. 115-116, Traiano lancia offensiva verso l’Adiabene e la Bassa Mesopotamia. Le truppe si congiunsero sotto Ctesifonte. Presa la città, Traiano marciò verso sud raggiungendo il Golfo Persico. Osroe fuggì. Lo stato partico ebbe un nuovo guizzo di resistenza e sferrò un attacco a nord. L’Adiabene fu conquistata dai Parti. Traiano riprese subito il nord del paese; sotto gli attacchi del suo generale, Lusio Quieto, caddero Nisibi ed Edessa. Mesopotamia e Armenia furono mantenute, ma a sud Traiano rinunciò alla Bassa Mesopotamia. Fu ripristinato un regno partico sotto un nuovo principe, Paramaspate; nessuna delle conquiste, tranne la Dacia, ebbe lunga fortuna. Contemporaneamente divampò una rivolta ebraica (allargatasi a Cirene, Egitto, Cipro, Mesopotamia) che indusse Traiano ad abbandonare il teatro delle operazioni. 8 agosto 117 Traiano morì in Cilicia. Le truppe acclamarono imperatore Publio Elio Adriano, cugino dell’imperatore, al comando del fronte partico dove la situazione stava deteriorandosi. Principato Traianeo fu caratterizzato anche da un marcato interesse per i bisogni dell’impero e della stessa Italia, da una cura per l’amministrazione e le infrastrutture. Traiano attuò la completa attuazione dei sussidi alimentari ideato già da Nerva. Migliorò inoltre la logistica del rifornimento granario e delle comunicazioni marittime dall’Italia. Ampliò il porto di Ostia. Istituì la funzione di procurator portus utriusque, responsabile delle strutture portuali di Ostia e di Pozzuoli. Già dall’inizio del principato si può riscontrare l’attività del Consilium Principis, composto da più stretti collaboratori dell’imperatore, dinanzi al quale vennero portate alcune questioni di rilevanza penale. Fu rafforzata poi la guardia imperiale. Ulteriore potenziamento riscontrò la classe degli equites quali funzionari dell’intera amministrazione statale e vennero strutturalmente articolate le loro carriere, distribuite in classi di stipendio. Furono introdotti dei curatores rei publicae o civitatis, con il compito di curare i rapporti tra comunità cittadine e potere centrale. ADRIANO (117-138 D.C.) La famiglia di Adriano da parte del padre discendeva da italici di origini picene emigrati in Spagna. Si affermò nell’aristocrazia di Italica, città della Betica. La madre, era di Cadice. I tutori di Adriano, orfano da piccola età, furono Traiano e Publio Acilio Attiano. Intraprese carriera senatoriale a Roma. Traiano lo volle come questore nella prima guerra dacica; Governò la provincia di Siria. Alla morte di Traiano la posizione di Adriano era molto forte, fu acclamato imperatore dalle truppe senza problemi. Appena promosso imperatore, Adriano rimase in Oriente, in cui la situazione era diventata difficile; gli impegni in Oriente avevano provocato falle difensive in altri luoghi. Adriano abbandonò la politica di controllo diretto nelle nuove province orientali create da Traiano. La frontiera si consolidò sull’Eufrate e iniziò processo di consolidamento ponendo fine alle guerre di espansione volute dal predecessore. MARCO AURELIO (161-180) E LUCIO VERO (161-169), MARCO AURELIO E COMMODO (177-180). Marco Aurelio succedette ad Antonino Pio, egli fu il figlio preferito di quest’ultimo. Marco convolò a nozze con la figlia di Antonino, Faustina minore. Marco, una volta insediatosi come imperatore, riprese le volontà di Adriano; pretese che anche il fratello adottivo Lucio Vero fosse riconosciuto come tale e condivise con lui il principato. Da quel momento Lucio Elio Aurelio Commodo prese il nome di Lucio Aurelio Vero. Fu il primo caso di doppio principato, coreggenza piena. A inizio del principato vi furono agitazioni sulle frontiere della Britannia, Germania e Rezia. 161, si riapre il problema partico. Il re Vogese IV, morto Antonino Pio, decide di invadere l’Armenia. I Parti, sconfitto il contingente romano proveniente dalla Cappadocia, dilagarono in Osroene e invasero la Siria. Iniziò un lungo conflitto (161-166), articolato in tre fasi, segnate da operazioni successive: armeniaca (163), partica (163-165), medica (165-166). Fu inviato in Oriente Lucio Vero, che lasciò Roma nella primavera del 162 e giunse ad Antiochia, dalla quale gesti le operazioni belliche. 163, Marco Stazio Prisco penetrò in Armenia. 164, le legioni guidate da Avidio Cassio diedero inizio a offensiva contro la Partia. La campagna fu continuata al di là dell’Eufrate. 166, romani penetrano in Media; simultaneamente furono organizzate spedizioni contro gli Arabi, probabilmente alleatisi con i Parti. 166 fu stretta la pace. Il quadrante orientale era minacciato dalle incursioni di popolazioni a nord dei Balcani e Caucaso. L’esercito tornato dalla guerra partica recò con sé una pestilenza che causò morte e devastazione con gravi conseguenze demografiche ed economiche. Sguarnimento delle frontiere settentrionali tra Alto Reno e Alto Danubio creò condizioni per un riaccendersi dell’animosità dei popoli posti al nord est dei confini, soprattutto Marcomanni e Quadi. Al di là dei popoli che vivevano oltre il Limes ve ne erano altri che premevano su di essi, i Longobardi, Vandali, Burgundi, tutti di ceppo germanico. 162, Caio Aufidio Vittorino fu inviato nella Germania Superiore, contro i Catti. Dal 160 si registrarono numerose avanzate di popolazioni nomadi germaniche a ridosso del confine settentrionale, tra Reno e Danubio. Estate 166, Quadi e Marcomanni, superato il Danubio, si riversarono nelle zone mal difese della Rezia, Norico, Pannonia, Mesia e giunsero a minacciare l’Italia, assediando Aquileia. 168, Marco Aurelio e Lucio Vero mossero verso Aquileia per fronteggiare la minaccia. Qui crearono la praetentura italiae et Alpium, linea difensiva. 169, Lucio Vero muore e Marco Aurelio rimase solo nel guidare l’impero. Marco Aurelio individuò nuovo collaboratore in Tiberio Claudio Pompeiano, con cui fece sposare la figlia Lucilla. Successivi 11 anni furono impegnati in guerre su frontiere danubiane: nel 170-174 contro Marcomanni e Quadi, nel 174 contro Iazigi; 178 di nuovo Marcomanni e Quadi. 170, imperatore era di nuovo a Sirmio, nella Pannonia Inferiore, per passare poi nella Pannonia Superiore. Offensiva ebbe scarso successo e scaturirono rovesci importanti, che vennero arginati da Claudio Pompeiano e Publio Elvio Pertinace, i quali respinsero gli incursori. Tuttavia i Romani patirono l’avanzata dei Costoboci. 171-172, inizia controffensiva lungo il Limes, contornata da altri disordini ai quali Roma dovette mettere mano. I Mauri dilagarono nella Betica, in Spagna. 172, truppe romane operarono nei territori nemici, non più sul proprio confine. Tra il 172 e 173 caddero Marcomanni e Quadi. 174 fu la volta degli Iazigi. Campagna nelle zone sarmatiche si arrestò quando sopraggiunse notizia che Avidio Cassio si era fatto acclamare imperatore, forse ingannato da falsa notizia di morte di Marco Aurelio, ed era stato riconosciuto tale dalla maggior parte delle province orientali. Non ci fu conflitto armato tra Marco Aurelio, Commodo e Avidio Cassio poiché quest’ultimo fu ucciso dalle sue stesse truppe. 177, celebrato trionfo su sarmati e germani, Marco Aurelio assunse come coreggente il figlio Commodo, che prese il nome di Lucio Elio Aurelio Commodo. 178, Marcomanni e Quadi si ribellano a causa delle dure condizioni. 180, a vigilia dell’attacco decisivo verso Sarmazia e Iazigi, Marco Aurelio morì. In politica interna si mantenne nella linea dei suoi predecessori e spesso la sviluppò. Sotto il suo principato comparve il primo incarico a compenso. Marco ebbe alto senso dell’onore verso il suo ruolo e prestò attenzione massima all’impegno della gestione dell’impero. 177, Martiri di Lione. COMMODO (180-192) Divenuto imperatore a meno di 19 anni, col nome di Marco Aurelio Commodo Antonino. Fonte pervenuteci sono tutte a suo sfavore. Diventato imperatore in giovane età, Commodo fu coadiuvato da uno stato maggiore che era stato fedele al padre. La direzione dei pubblici affari, col passare del tempo, fu totalmente abbandonata da Commodo ai suoi collaboratori. Di fatto il principe fu sempre alla ricerca di chi potesse supplire alla sua incapacità di risolvere problemi in materia di amministrazione e affari pubblici. Commodo, al contrario al parere di coloro che volevano continuare la guerra fino alla completa soggezione dei popoli ribelli, interruppe le ostilità. Seguirono trattati che produssero rete di clientele subordinate a condizioni assai più dure di quelle poste in passato dal padre. Oltre all’ausilio cercato ed ottenuto dagli storici compagni del padre, Tiberio Claudio Pompeiano e Caio Aufidio Vittorino, Commodo si pose sotto la guida del cubicolario Elio Saotero, a partire dal 180 fino al 182. In questo ultimo anno ci fu la prima congiura, coagulatasi intorno la sorella Lucilla, che mal sopportava la sposa di Commodo. Lucilla trovò sostegno, nell’attuare la congiura, nel cugino Marco Ummidio Quadrato e nel giovane Tiberio Claudio Pompeiano Quinziano. Complotto fallì. La congiura determinò la rottura di Commodo con i parenti, dando la stura a una serie di condanne ed epurazioni. 184, popolazioni stanziate al di la del Vallo, in Britannia, lo superarono e dilagarono in Scozia meridionale, nel territorio controllato dai Romani. Fu inviato di nuovo Ulpio Marcello che ripristinò la situazione. Successivamente, nel 185, le truppe britanniche si ribellarono acclamando imperatore un loro legato. Situazione fu ripristinata da Pertinace. Nello stesso anno cadde anche il prefetto del pretorio Perenne. A lui subentrò Cleandro, il quale rappresentò un nuovo potere di palazzo rispetto allo Stato e approfittò del disinteresse di Commodo per le istituzioni e l’arbitrio con cui poteva esercitare il potere; fu accusato di vendere i titoli di console e altre magistrature, e di alimentare una rete di clientelismo utilitaristico e affaristico. La carestia del 190 affamò Roma, e presentò l’occasione a Commodo di dare Cleandro in pasto al ludibrio della folla. 188, un disertore, Materno, creato un fronte di ribelli in Gallia e Spagna, invase l’Italia e attentò alla vita di Commodo durante la processione della Magna Mater, 27 marzo 188. Tentativo fallì. Pertinace, l’anno dopo, domò focolai di ribellione in Africa. Morto Cleandro, trasparirono subito le stravaganze e le tendenze dispotiche dell’imperatore > rottura col senato. Tra il 190 e il 192, anno della morte, Commodo abbandonò il potere, ponendolo nelle mani di Eclecto, un cortigiano, alla sua concubina, Marcia e al prefetto del pretorio Quinto Emilio Leto. Due africani compatrioti di Leto, Lucio Settimio Severo e Decimo Clodio Albino, ricevettero rispettivamente i comandi della Pannonia Superiore e della Britannia, mentre un altro dei suoi amici, Caio Pescennio Nigro, fu promosso al governatorato di Siria. 31 Dicembre 192, Eclecto, Leto e Marcia ordirono la congiura che lo uccise. Pur non dando molta importanza alle province, sotto il principato di Commodo vi fu un fenomeno di integrazione della cultura provinciale, con accoglimento di molte divinità straniere. La figura di Commodo, consegnata alla storia come il peggior tiranno, fu riabilitata da Lucio Settimio Severo, quando egli, a sua volta divenuto imperatore, volle riallacciarsi alla dinastia degli Antonini nel 195 d.C. CRISI E RINNOVAMENTO (III-IV SECOLO D.C.) TENDENZE ASSOLUTISTICHE Il nuovo ruolo dell’esercito fu causa della trasformazione del potere imperiale verso forme più assolutistiche. Cambia anche il rapporto tra imperatore e senato. Ora l’imperatore, che secondo ideologia del principato augusteo era un princeps rispettoso dell’aristocrazia senatoria di cui cercava la collaborazione, riconosceva al senato, anche se questo continuava a godere di prestigio, solo la funzione di organismo burocratico soggetto alla sua autorità assoluta, che dipendeva sempre più dall’appoggio dell’esercito come fondamento decisivo del potere. Gli imperatori militari di origine illirica, arrivati al potere attraverso una serie di proclamazioni dei loro eserciti, cercarono di far fronte alla gravità della situazione, ma risultarono estranei alla tradizione del regime senatorio. Nonostante si parli, convenzionalmente, di crisi per l’arco temporale che va dal 235-284, ci sono tuttavia fenomeni di sviluppo economico-politico in alcune regioni, come l’Africa Settentrionale. LA CRISI DEL 192-193 Commodo fu ucciso il 31/12/192. Pertinace gli successe ma fu assassinato nel 193. Si alternarono, in una piccola forbice di tempo, Flavio Sulpiciano e Didio Giuliano. La parola passà agli eserciti provinciali. SETTIMIO SEVERO Settimio Severo, a fianco di Clodio Albino, rivendicò l’elezione di Pertinace e fece uccidere i suoi assassini. Consolidò poi il proprio rapporto col senato. Severo affrontò campagne militari. Due di queste furono causate dalle guerre civili. La prima fu condotta contro Pescennio Nigro, tra il 193-194 in Oriente, conclusasi con la battaglia di Isso nel 194. Successo contro Nigro portò Severo a rompere con Albino e nominò suo figlio Bassiano (Caracalla) come successore a impero. Successo che ebbe su Albino a Lione nel 197 consolidò suo impero. Caracalla fu successore universalmente riconosciuto. Dal 208 e per tre anni si svolse la campagna Britannica, risolta in un nulla di fatto. l regno di severo fu connotato da crisi di palazzo. Caracalla fece uccidere il fraterno amico di Severo, e poi capo dei pretoriani, Plauziano. Morto Severo, che auspicava un governo a due tra Caracalla e Geta, i suoi due figli, il primo fece uccidere il secondo, 211. Severo lasciava un impero pieno di contraddizioni: unito territorialmente ma vessato a interno da crisi e intrighi. Le innovazioni introdotte nell’esercito pesarono successivamente su finanze imperiali > fu elevato il soldo. Fu un impero da forti tinte assolutistiche. I costi esorbitanti di mantenimento dell’esercito e il suo aumentato peso politico, saranno alla base dei dissidi futuri che coinvolgeranno l’impero. CARACALLA 5 anni di regno caratterizzati da una serie di atti di crudeltà, da abusi di vario genere e da dissesto finanziario. Egli dapprima eliminò tutti i sostenitori di Geta. Il nome Caracalla, è legato a un atto legislativo, noto come Constitutio Antoniniana, le cui origini non sono del tutto chiare. Probabilmente si trattava della concessione della cittadinanza a tutti gli abitanti dell’impero, nel 212, ad eccezione dei dediticii. Il passo più importante dell’editto è mutilo. Probabilmente alla base della decisione di Caracalla ci fu l’aumento del numero di contribuenti e di conseguenza una maggior quantità di finanze. La politica di forti concessioni ai legionari e pretoriani, inaugurata da Settimio Severo, fu continuata da Caracalla e di conseguenza richiedeva molte risorse. > coniazione dell’antoniniano per far fronte a inflazione. Dal 213 Caracalla fu impegnato in una serie di campagne militari. 213 in Germania; 215-216 Egitto. Nel 218 fu ucciso da un pretoriano. MACRINO E I REGNI DI ELAGABLO E SEVERO ALESSANDRO Macrino approfittò del vuoto di potere generatosi con la morte di Caracalla. Presto, Macrino, perse controllo della situazione. Morto Geta, la sorella di Giulia Domna, Giulia Mesa, tornò a Emesa con le sue due figlie, Giulia Soemia e Giulia Mamea, entrambe madri di due figli, Vario Avito (futuro Elagabalo) e Bassiano. Iniziò a serpeggiare la voce che Elagabalo e il cugino fossero figli naturali di Caracalla. Tale voce trovò accoglienza favorevole presso i soldati, i quali temevano l’iniziativa, attribuita a Macrino, di voler avviare politiche di austerità economica. 218, figlio di Giulia Soemia fu acclamato col nome di Antonino. Macrino consolidò propria posizione elevando il figlio Diadumeniano al rango di Augusto. Nella battaglia combattuta nei pressi di Antiochia contro l’esercito che sosteneva Elagabalo, Macrino fu sconfitto. Fu giustiziato dopo che ebbe varcato l’Ellesponto. Regno di Elagabalo, quattordicenne, segna uno dei periodi più oscuri dell’impero. Egli fu ricordato soprattutto per il suo misticismo e per il tentativo di imporre come religione di stato un culto esotico, stravagante, quello del Dio sole venerato a Emesa, in Siria. Giulia Emesa, per smussare le stranezze del nipote, gli impose di associare al potere il cugino Bassiano. Questa soluzione di compromesso non evitò la formazione di una congiura. 222 d.C. Elagabalo fu ucciso dai pretoriani, che proclamarono imperatore Bassiano, che gli successe col nome di Severo Alessandro. Il suo regno ebbe successo, nonostante la sua giovane età, dalla tutela operata da Ulpiano, prefetto del pretorio. Fu grazie a lui, ucciso dai pretoriani presto, se le relazioni tra senato e imperatore tornarono a svolgersi sotto una luce di collaborazione. LA MINACCIA PERSIANA Seconda parte del regno di Severo Alessandro fu condizionata dai cambiamenti che interessano il rivale tradizionale di Roma in Oriente, la Persia. Avvicendamento, nel regno partico, tra la danistia degli Arsacidi e quella dei Sasanidi, i secondi presero il potere. Ardashir I, incoronato Re dei Re a Persepoli, iniziò una campagna di riconquista dei territori occupati da Roma. Severo Alessandro mosse contro il nemico nel 232 ma non riscosse successo. 234, dovette fronteggiare invasione in Germania. Mancanza di fiducia dell’esercito gli fu fatale. 235, soldato di modeste origini, Massimino il Trace, fu proclamato imperatore. Severo Alessandro fu ucciso con la madre. MASSIMINO IL TRACE E L’ANARCHIA MILITARE Minaccia persiana richiese presenza costante dell’imperatore su frontiera orientale, determinando poco controllo su quella renana, a sua volta gravemente minacciata. Tutto ciò determinava attitudine dei soldati di tentare colpi di mano. > periodo di Anarchia militare, che comprende i 50 ◌ II principio che veniva così introdotto era quello della «Cooptazione»> al collegio stesso: i due Augusti cooptavano i due Cesari e così era previsto che facessero a loro volta questi ultimi una volta divenuti Augusti. ◌ Ogni Augusto e ogni Cesare aveva un territorio ben definito su cui governare. a. Diocleziano dalla sua residenza di Nicomedia governava le province orientali, b. Massimiano, da Milano, reggeva l'Italia, l'Africa e la Spagna c. Galerio, da Tessalonica, esercitava la sua autorità sulla penisola balcanica e sull'area danubiana d. Costanzo Cloro da Treviri sulla Gallia e la Britannia PROVINCE ◌ Le province furono ridotte di dimensioni per rendere più efficace il governo. ◌ Nell'insieme furono istituite un centinaio di province affidate a governatori di rango diverso provenienti per lo più dal ceto equestre. Le competenze dei governatori erano fondamentalmente di natura civile. Nelle province di frontiera essi erano affiancati da comandanti militari. ◌ L'Italia perse il suo status e divenne provincializzata a sua volta. Perde quindi tutti i benefici che gli erano stati garantiti nell’antichità da questa condizione → iscrizione dedicatoria delle terme di Diocleziano → terre dedicate “ai loro romani”: Roma non è la città che ha costruito l’impero, ma diventa una delle altre → scissione: i romani non sono più tutto il populus romanus ma solo coloro che abitano a Roma ⇒ de potenziamento di Roma, non più sede del potere ma neanche progenitrice dell’impero → rimane metropoli d’Occidente ma perde il titolo di Urbe LE DIOCESI ◌ Le province furono a loro volta raggruppate in dodici ampi distretti amministrativi, detti «diocesi», retti da un «vicario», cioè un rappresentante diretto del prefetto del pretorio che operava a stretto contatto con l'imperatore. ◌ Le diocesi furono a loro raggruppate in quattro grandi aree, corrispondenti grosso modo a Oriente, Illirico e Grecia, Italia e Africa, Gallia, Britannia e Spagna affidate direttamente a uno dei prefetti del pretorio, assurti a un ruolo fondamentale di governo nella nuova organizzazione imperiale. L'AMBITO FINANZIARIO/TRIBUTARIO ◌ L'imposta fondamentale era quella che gravava sul reddito agricolo. Il sistema di calcolo si fondava su di una particolare base imponibile che teneva conto del rapporto tra terra coltivabile (lo iugum) e numero di coltivatori (caput). ◌ Edictum de pretiis: Diocleziano tentò la via di imporre, nel 301 d.C., un calmiere con il quale si indicava, voce per voce, il prezzo massimo che non era consentito superare. → affisso in greco e in latino in tutte le parti dell’impero ◌ Pesante inflazione ⇒ modifica del sistema monetario di Costantino LA PERSECUZIONI DI DIOCLEZIANO Lo spirito «conservatore» di Diocleziano. ◌ Nel febbraio del 303 un primo editto dispose la distruzione delle chiese cristiane, la consegna e il rogo dei libri sacri e il divieto delle assemblee liturgiche. → da qui deriva il termine traditore, ovvero colui che consegnava i libri sacri (tradere) ◌ Un secondo e terzo editto decretarono di arrestare i sacerdoti, di costringerli a sacrificare e di punire con la morte coloro che avessero rifiutato di adempiere all'ordine. ◌ Nel 304 un quarto editto ordinò il sacrificio per tutti scatenando una persecuzione generalizzata contro i cristiani. ◌ La persecuzione fu condotta con durezza soprattutto in Oriente. → Diocleziano: unico imperatore che abdica LA FINE DELLA TETRARCHIA 306 D.C. ◌ Come previsto dal sistema tetrarchico, il 1° maggio del 305 d.C. Diocleziano e Massimiano abdicarono e al loro posto subentrarono i due Cesari, Costanzo Cloro per I'Occidente e Galerio per l'Oriente. ◌ Alla morte di Costanzo Cloro a York, l'esercito proclamò imperatore il figlio Costantino. → ritorno alla moda che aveva caratterizzato il III secolo ◌ Fallimento della tetrarchia come struttura ≠ dalle riforme provinciali di Deocleziano, che sopravvivono DA COSTANTINO A TEODOSIO MAGNO: LA TARDA ANTICHITÀ E LA CRISTIANIZZAZIONE DELL’IMPERO Periodo che inizia con Costantino e arriva fino a Giustiniano merita un posto a sé stante nella periodizzazione storica. Lo definiamo come Tarda Antichità, e non per forza connotato da decadenza. L’ombra delle due concezioni, Dominato e Stato coercitivo, che si allunga su tutto il periodo, non fa altro che relegare il ragionamento in un tragitto ristretto che sfocia obbligatoriamente in una concezione negativa di questa età di transizione; a partire dal termine Dominato, riferito all’imperatore rispetto al sistema, e a Stato Coercitivo, con riferimento a una società in cui la divisione tra poche categorie privilegiate, Honestiores e Humiliores, è sempre più netta. Oggi il pregiudizio sulla tarda antichità può considerarsi superato. Al suo interno distinguiamo una fase particolarmente importante, che inizia col regno di Costantino e arriva fino la morte di Teodosio I, 395. Essa coincide col IV secolo e col definitivo affermarsi del Cristianesimo come religione ufficiale dell’impero. L’impero uscito dalle riforme di Diocleziano e di Costantino è diverso dal passato. Esigenze di mantenimento dello stato e dell’esercito comportano una più forte pressione sulla società. Irrigidimento che ne scaturisce investi ogni settore, a cominciare dalla corte, che si organizzò secondo un preciso cerimoniale ruotante attorno la figura dell’imperatore. Le più alte cariche civili e militari gestiscono il potere. Il fatto che l’imperatore non risiedeva più a Roma determinò il distacco dell’aristocrazia senatoria dagli organismi di potere. Scomparve l’ordine cavalleresco, assorbito da quello senatorio. L’aristocrazia si concentrò a difendere i propri interessi di ceto, concentratisi nell’Italia Meridionale. Il senato non ha più un potere reale. Vi si accede dopo che si è rivestita la questura. Nella tarda antichità il rapporto con la plebe di Roma è delicato. La carica chiave è la prefettura urbana, appannaggio dell’aristocrazia senatoria. La legislazione è una testimonianza importante della lotta sostenuta da impero per garantire la propria sopravvivenza. La situazione economica è ancora legata alle sue articolazioni fondamentali. Ci sono rilevanti differenziazioni regionali. Pressione fiscale è da collegare all’affermarsi del colonato come forma di immobilizzazione della forza lavoro agricola: la risposta si ha nel patrocinium, il patronato rurale dei grandi proprietari sui lavoratori alle loro dipendenze. La società che si venne a fermare non era immobile. La necessità dello stato era trampolino per cambiamento posizione sociale. Cultura e scuola furono componenti caratteristiche di questo tempo, IV secolo. CHE COSA SI INTENDE PER TARDA ANTICHITÀ Tarda antichità, termine coniato da storico dell’arte a Vienna, Alois Riegl, 100 anni fa. Termine ebbe successo e fu usato a inizio 900. Età ardo antica si conclude con invasione longobarda per l’Occidente, 568 d.C. e fine del regno di Giustiniano per l’Oriente, 565 d.C. Controverso era l’inizio. Come momenti incipienti vengono considerati la tetrarchia, il regno di Costantino o l’età Severiana. UNA SOCIETÀ AUTORITARIA Tarda antichità, età di forti contraddizioni. Essa presenta caratteri autoritari e repressivi, nonostante cristianizzazione della legislazione e della società. Ci fu un miglioramento nella condizione di donne, schiavi, mogli. Tale miglioramento è probabilmente da ascrivere all’evoluzione dei rapporti sociali che presupponevano nuovi sistemi di trasmissione ereditaria e che ponevano lo schiavo in un diverso rapporto di dipendenza alla luce anche della sicurezza del padrone. Inasprimento pene dovuto a vari motivi: componente di natura politica. Va notato il parallelismo tra i progressi delle tendenze assolutistiche nel governo e il connesso sviluppo del culto imperiale. L’ECONOMIA II-III secolo, l’evidente trasformazione nei sistemi di gestione delle aziende agrarie cui si assiste può essere a sua volta considerata manifestazione di una crisi in atto. Villa schiavistica esaurì il suo ciclo. La produzione tendeva ad essere decentrata su varie unità minori. Inevitabilmente si tratta di un processo che con il tempo porta a un mercato più limitato, che si indirizza verso una dimensione regionale. Incursioni barbariche che colpirono l’Italia come gran parte dell’Impero romano determinarono, con la rottura del Limes, delle frontiere, la chiusura di circuiti commerciali mediterranei, a loro volta tendenti a circoscriversi progressivamente in aree più ristrette, rispetto a quelli dell’Europa settentrionale. Poco si sa, dalle fonti, quanto incise la crisi sull’economia nel corso del III secolo. Ne emerse comunque uno stato caratterizzato da una maggiore pressione coercitiva sulla società, da un irrigidimento a tutti i livelli dell’articolazione sociale > Accresciuto fiscalismo. Nelle campagne compare una figura nuova, su piano giuridico, di un coltivatore (colono), di stato libero ma di fatto vincolato alla sede cui lavora, assimilabile per molti aspetti a uno schiavo. La riforma dello stato romano come risposta alla crisi che aveva travagliato l’impero per buona parte del III secolo si situa a livelli diversi. Innovazioni introdotte da Diocleziano sono importanti: tra queste c’è la perdita da parte dell’Italia del suo posto di preminenza da punto di vista fiscale e la sua equiparazione alle altre province. Alle aree strategicamente più importanti veniva corrisposto maggior quantitativo di risorse e materie prime > Spostamento capitale da Roma a Milano ad opera di Massimiano è emblema di tale fenomeno. Ciò determinò anche la nascita di nuove classi sociali, magistrati e funzionari statali, i quali assicuravano una circolazione limitata di beni. Frammentazione politica seguita alle invasioni barbariche provocò nel V secolo la definitiva rottura delle relazioni commerciali all’interno del Mediterraneo, che determinarono un rapido abbassamento delle condizioni di vita e un netto declino demografico. COSTANTINO Anni seguenti morte di Costanzo Cloro videro fallimento della tetrarchia. Furono proclamati a soglio imperiale il figlio Costantino e il figlio di Massimiano, Massenzio. Costantino, nel 310, strappò col retaggio della tetrarchia, dimostrando tendenza ad abbracciare una religione di tipo solare, monoteistica. 311, Galerio muore dopo aver intimato di cessare le persecuzioni contro i cristiani. Costantino, a fine ottobre del 312, ebbe la meglio su Massenzio presso Ponte Milvio. Tale battaglia ebbe importanza religiosa, in quanto l’imperatore asseriva di agire sotto le insegne di Cristo. 313, Licinio, militare cooptato da Galerio come Augusto per l’Occidente, e Costantino si incontrarono a Milano dove si accordarono su questioni fondamentali di politica religiosa > Editto di Milano. Tensioni nacquero presto tra Costantino e Licinio > 324, ad Adrianopoli, Costantino elimina Licinio divenendo unico imperatore. 314, Costantino convocò ad Arles un sinodo di 33 vescovi, nel tentativo di sanare il contrasto che si aprì in Africa tra i rigoristi, detti “donatisti” dal nome del vescovo di Cartagine, Donato, e i moderati a proposito dell’atteggiamento da tenere nei confronti di coloro che avevano abiurato nel corso delle persecuzioni dioclezianee. Costantino si inserì subito nelle questioni interne alla Chiesa; aveva a cuore la sua unità. 325, Concilio di Nicea, dissidio tra Alessandro e Ario. LE RIFORME COSTANTINIANE Costantino riorganizzò in 4 prefetture (Gallie, Italia, Africa, Illirico e Oriente) le diocesi create da Diocleziano. Furono compresi due vicari all’interno di un’unica diocesi > vicarius italiae residente a Milano e vicarius urbis con sede a Roma. Erano vicari del prefetto al pretorio. Il vicarius urbis istituito e insediato a Roma da Costantino attorno al 320 è un’innovazione rispetto al vicarius italiae unico creato da Diocleziano. IV secolo, si registra una relativa stabilità interna. Fino a morte di Teodosio I, nel 395. Unità dell’impero fu preservata. La proclamazione di Giuliano non diede vita a scontri a causa della morte di Costanzo II l’anno dopo. Anche i barbari furono tenuti a bada. Ascesa di Valentiniano a carica imperiale si deve alla crisi politica determinata dalla morte di Giuliano in Persia e agli eventi successivi. L’elezione del cristiano Gioviano alla morte di Giuliano fu all’origine di un’urgente ricerca di nuovi equilibri di potere. La scelta di Gioviano, figlio di un collaboratore di Giuliano fu propiziata da accordo di esponenti filocostanziani e filogiulianei, tra cui spicca Saturnino Saluzio. Per forzare la mano fu agitato lo spauracchio di un’imminente usurpazione del potere da parte di Procopio, parente di Giuliano. Gioviano iniziò in difficili condizioni la ritirata dalla Persia nel 363 e inviò spedizioni in Illirico e Gallia per diffondere notizia della morte di Giuliano e trasmettere nuove direttive. Di tali spedizioni faceva parte anche Valentiniano. Questi riceverà una carica che lo inserirà nell’entourage dell’imperatore; Gioviano muore nel 364 e Valentiniano fu eletto da esercito. Saturnino Saluzio giocò ruolo importante nella sua accessione al potere. Valentiniano scelse come suo collega nel potere il fratello Valente, che prese titolo di Augusto. Valentiniano gesti l’Occidente, spostando il baricentro del potere imperiale in questa area. Scelse Milano come residenza. In Gallia concentrò le proprie energie. Si impegnò nella riorganizzazione militare della regione e nella difesa della frontiera renana. Proclamò il figlio, Graziano, Augusto ad Amines, 367. Egli era un bambino all’epoca. Contestuale all’elevazione di Graziano si ebbe il definitivo trasferimento a Treviri. 368, Valentiniano organizzò grande spedizione transrenana. Ultima spedizione in cui un esercito romano trionfò oltre il Reno. Valentiniano morì nel 375 a Brigezio. Giorni dopo, a insaputa di Valente e Graziano, fu elevato dai soldati ad Aquincum anche il secondo figlio Valentiniano II, di 4 anni. Tale iniziativa fu presa dai familiari con il capo dell’esercito gallico Merobaude. L’elevazione di Valentiniano II fu ideata per rafforzare la dinastia e la stabilità politica. Equilibrio di governo resse anche dopo la disfatta di Adrianopoli, e venne meno con l’usurpazione, nel 383, in Britannia di Massimo e la soppressione di Graziano in agosto. In tale circostanza l’esercito gallico passò dalla parte dell’usurpatore. Massimo ottenne temporaneo riconoscimento da parte di Teodosio e Valentiniano. LA SCONFITTA DI ADRIANOPOLI. TEODOSIO I Valente dovette affrontare un situazione molto difficile. Gli Unni pressavano i Goti. Questi ultimi si riversarono sulla frontiera danubiana. Quando fallirono i tentativi di integrarli nei territori imperiali, Valente li affrontò in Tracia nella battaglia campale di Adrianopoli, 378, nella quale fu sconfitto. Valente stesso morì in quello che ancora oggi è considerato uno degli episodi forieri della fine dell’Impero di Occidente. Fu sotto gli occhi di tutti, dopo una simile disfatta, il pessimo stato in cui versava l’esercito, ormai pregno di barbari invisi agli ambienti più conservatori. Dopo Adrianopoli la convivenza con i barbari diventa tema centrale di dibattito, soprattutto in Oriente, in ragione della politica di collaborazione promossa da Teodosio. Graziano, inesperto, rimasto al potere con Valentiniano II, un bambino ancora, si affidò alla supervisione del generale Teodosio, il quale condivise con lui l’impero. Suo compito era far fronte alla situazione creatasi in Oriente. Teodosio, consapevole dell’impossibilità di ricacciare i Goti al di la del Danubio, concluse nel 382 un accordo con il loro capo Fritigerno. Particolarità di questo trattato, il primo del genere mai stipulato dai Romani, risiede nel fatto che i Goti ricevevano delle terre all’interno dell’Impero come popolazione autonoma: essi erano detti foederati e mantenevano i loro capi e loro leggi, pur essendo tenuti a fornire dei soldati in caso di necessità. In Occidente le cose si complicavano. 383, usurpazione da parte di un generale spagnolo, Magno Massimo, in Britannia. Quando questi invase la Gallia, Graziano si tolse la vita dopo che l’esercito lo abbandonò. Massimo regnò sulla Gallia. Invase l’Italia, governata dalla mamma di Valentiniano II; ciò determinò l’intervento di Teodosio che sconfisse Massimo nel 388. Il generale franco Arbogaste fece assassinare Valentiniano II, nel 392, che era stato affidato alla sua tutela. Arbogaste fece nominare imperatore un retore, Eugenio. Teodosio intervenne di persona in Italia nel 394 e sonfisse Eugenio presso il fiume Frigido, in Carnia. Teodosio fu sensibile al problema religioso. 380, Editto con cui la religione cristiana veniva elevato a rango di religione ufficiale dell’Impero. 381, concilio ecumenico a Costantinopoli, che ribadì il credo niceno e promulgò una legislazione sempre più severa nei confronti dei seguaci del paganesimo e tentativo di reazione da parte del senato di Roma. Si distingue la persona del vescovo di Milano, Ambrogio, negli ultimi decenni del IV secolo. Fu vescovo di Milano a partire dal 374. FONDAMENTI IDEOLOGICI DELL’IMPERO TARDO ANTICO Per i sovrani, dopo il III secolo, bisognava trovare una sorgente di legittimità alternativa al senato cui ci si potesse appellare per scongiurare colpi di mano militari. Venuta a mancare la necessità di preservare il rapporto con l’elite senatoria, gli imperatori si rivolsero altrove. Il popolo poteva fornire un sostegno diretto con acclamazioni e manifestazioni di consenso di vario tipo. Era necessario trovare uno strumento che fissasse in termini chiari e stabili origine e finalità di chi deteneva il potere. Il cerimoniale quindi acquisì il ruolo delicato di riassumere in un codice di comportamento quello che il popolo si attendeva dal sovrano. Con il nuovo regime la tradizionale attività legislativa delle varie assemblee era venuta meno. Secondo le teorie ellenistiche il sovrano, immagine dell’ordine divino sulla terra, governava come legge vivente, quale incarnazione della perfetta giustizia. Il re è colui che si conforma in massimo grado alle leggi ed è il più giusto. Secondo Diotogene, nel suo trattato sulla regalità, c’è un legame special che vincola a Dio il re giusto, distinguendo da quello falso. Compito specifico del buon sovrano consiste nell’incrementare il sentimento morale dei suoi sudditi. Per questo s ideve presentare loro come una sorta di icona della divinità. In tale apparato concettuale il monarca diventa intermediario per arrivare al cielo. > sacralizzazione figura imperatore. Imperatore tardo antico è tale per grazia divina. Diocleziano usa questo fondamento teologico del potere monarchico per ridare vigore a impero romano vacillante per anarchia interna. La fisiognomica è una delle realtà più vive del tardo impero, essa contiene una costituzione non scritta. Secondo i giuristi romani, l’autorità legislativa dell’imperatore traeva legittimità da una delega del popolo, che gli trasferiva le sue prerogative. Costantino non si distaccò da questa idea della funzione del sovrano. Giuliano si profilò come anti costantino. Non acccettava la disumanizzazione della figura del sovrano che il nuovo apparato comportava. Egli esprime in se stesso un segno di contraddizione. LA VITTORIA DEL CRISTIANESIMO E LA VITTORIA PAGANA IV secolo, svolta costantiniana a favore del cristianesimo corroborata da legislazione anti pagana degli imperatori successivi e che culmina con Teodosio. Cristianesimo porta novità fondamentali nella politica e nella società: vescovo, uomo sano e donna diventano protagonisti di un mondo profondamente rinnovato. Risposta pagana si articola su piano culturale: a Roma si coagula intorno l’aristocrazia senatoria. Dibattito tra pagani e cristiani ha il suo momento intellettualmente più alto nella controversia che nel 384 oppose il prefetto di Roma, Simmaco, ad Ambrogio di Milano. Questione era il ripristino dell’altare della vittoria in senato. Simmaco chiedeva tolleranza, Ambrogio la rifiuta. LA FINE DELL’IMPERO ROMANO D’OCCIDENTE E BISANZIO L’IMPERO ROMANO E I BARBARI Attorno alla metà del IV secolo i Goti sono la forza predominante a nord del Mar Nero, suddivisi nei due gruppi principali dei Greutungi e dei Tervingi. Per buona parte del secolo le relazioni tra Roma e queste popolazioni barbariche sono condizionate dal trattato di pace di Costantino del 332 che faceva dei Goti tervingi uno stato cliente dei romani. Tale trattato puniva le condizioni per l'Impiego di barbari Goti come sulla te al servizio di Roma, un importante elemento di novità. La situazione degenera rapidamente quando i vari regni gotici entrano a loro volta in crisi per la pressione esercitata su di loro dagli Unni. L'accordo stipulato tra i romani e Goti rappresenta una svolta rilevante nella politica Romana perché non scaturisce da un successo militare: solitamente la condizione preliminare per ogni forma di immissione di popolazioni straniere entro i confini Romani era sempre stata subordinata ad una sottomissione preliminare e quindi uno stretto controllo. Il trattato del 382, in seguito al disastro di Adrianopoli, finisce per consentire definitivamente l'insediamento di Goti in Tracia, all'interno dunque delle frontiere dell'impero romano. In realtà, il processo in virtù del quale le tribù barbariche erano state insediate a vario titolo sul territorio imperiale romano era iniziato con Marco Aurelio, e dalla fine del II secolo in poi gli imperatori romani si appoggiano sempre più spesso ai contingenti germanici e ai loro capi. L’influsso dei Germani sulla politica interna romana si basa dunque quasi esclusivamente sulla loro posizione guadagnata all'interno della gerarchia militare, e anzi, nonostante l’Italia conosca nel corso del IV secolo una serie di accantonamenti di barbari soprattutto nel nord, solo eccezionalmente viene concessa a questa categoria di barbari la cittadinanza romana, a dimostrazione della chiara volontà degli imperatori di perseguire due finalità distinte: reclutare barbari per la terra e l’esercito e mantenere la reciproca estraneità fra loro e i Romani I GOTI SUL DANUBIO Sebbene i Goti fossero arrivati sul Danubio divisi in due gruppi distinti, i Greutungi e i Tervingi, a partire dal regno di Alarico tale differenziazione scompare, fenomeno al quale contribuisce anche la rivolta del 395. A fronte dell’indisponibilità romana a stipulare un nuovo trattato, Alarico lancia una grande offensiva che investe l’area balcanica: i Goti si spingono fino ad Atene e risalgono quindi l’Adriatico fino all’Epiro. A questo punto Eutropio, che a Costantinopoli regge di fatto l'impero per conto di Arcadio, nel 397 accorda ad Alarico lo status di generale romano e concede ai suoi Goti di stanziarsi in Dacia e Macedonia. Ma già due anni dopo Eutropio viene abbattuto da una manovra di corte e la situazione diventa più confusa. Alarico preferisce trasferire il suo popolo verso l'Italia allo scopo di ottenere quello che voleva da parte di Stilicone, che reggeva le sorti dell'Occidente. A questo periodo risalgono le prime due incursioni tentate nella penisola italiana fra il 402 e 403. CRISTIANESIMO E MONDO BARBARICO Per quanto riguarda la risposta della chiesa alla questione barbarica, già dalla fine del Iv secolo risulta che i matrimoni misti sono sconsigliati, per quanto non considerati illegittimi. Le delibere conciliari più in generale, poi, non si interessano dei barbari in quanto tali, ma solo indirettamente quando si occupano di eresie ed eretici. LA DIVISIONE DELL’IMPERO. STILICONE E ALARICO La morte di Teodosio nel 395 segna un momento di svolta decisivo per le sorti dell'impero romano, che per la prima volta viene diviso territorialmente di fatto in due parti tra i figli di Teodosio: Arcadio per l'oriente, e Onorio per l'occidente. Il principio unitario era teoricamente mantenuto vivo dal generale Stilicone, cui Teodosio affida in tutela i due figli, ma il suo compito si rivela impossibile da realizzare, a causa del costante aggravarsi della situazione militare. Nel 398 Stilicone riesce a reprimere una rivolta suscitata in Africa da un principe mauro, ma all'inizio del quinto secolo una serie di invasioni barbariche scuote l'impero in maniera decisiva. Se nel 402 e nel 406 anche l'Italia stessa viene invasa dai Goti, ma Stilicone riesce a fermare la loro avanzata, alla fine dello stesso 406, la frontiera renana viene travolta da numerose popolazioni germaniche, mentre la Britannia si stacca definitivamente dall'impero, e altre popolazioni barbariche valicano i Pirenei stabilendosi in Spagna. L'ascesa al potere di Stilicone è da ricondursi alla riorganizzazione dell'esercito tardoimperiale, dove personaggi abili potevano percorrere rapidamente la carriera gerarchica sino ad acquisire posizione di potere. Stilicone aveva fatto carriera a Costantinopoli alla corte di Teodosio, e viene elevato al rango di comandante in Capo delle forze armate dell'Occidente, posizione in cui si trova quando Teodosio muore improvvisamente a Milano nel gennaio del 395. Malgrado i pericoli che venivano da nord, Stilicone decide di contrapporsi a Costantinopoli rivendicando per sé il controllo della Dacia e della Macedonia. A questo scopo cerca di stipulare un'alleanza con Alarico, che da tempo puntava a un patto militare con Roma in cambio di terre. L'accordo prevedeva che i Goti nell'attacco contro Costantinopoli sarebbero stati affiancati da forze romane, ma il progetto non ha modo di essere messo in pratica a causa dell'invasione barbarica della Gallia del 407. Nel frattempo un usurpatore, Costantino III, aveva riunito sotto il suo controllo gran parte dell'Italia, e Stilicone dunque non è in grado di soddisfare il patto con Alarico. Morto poi all'inizio di maggio l'imperatore d’oriente Arcadio, Stilicone si scontra anche con Onorio, che avrebbe voluto andare di persona Costantinopoli per assumere direttamente il controllo sull'oriente. In questa situazione è inevitabile che Stilicone cerchi una soluzione di compromesso almeno con i Goti che minacciavano direttamente l'Italia. Il suo piano suscita però la violenta reazione di una parte della corte imperiale, e lo stesso Onorio si schiera contro Stilicone, accusato di intesa con i barbari. A Pavia, in agosto, Stilicone viene catturato e decapitato. A questo punto, Alarico nell'autunno del 408 scende in Italia con un esercito di Goti, a novembre Roma è sotto assedio e Alarico ottiene dal senato il versamento di un ingente tributo. L'occidente senza Stilicone è privo di una guida adeguata. Un tentativo di accordo viene promosso dal prefetto del pretorio che prevede che, oltre la concessione ai Goti di stanziarsi nelle Venezie, nel Norico e nella Dalmazia, ad Alarico venga concesso il titolo di generale dell'esercito romano. Onorio non accetta però quest'ultima richiesta e Alarico si muove allora verso Ravenna per incontrarsi con lui e verificare per l’ultima volta la possibilità di un accordo. Un attacco proditorio di cui è vittima nei pressi della città lo induce infine a muovere con decisione contro Roma. IL SACCO DI ROMA Alarico è tutt'altro che un selvaggio che reagisce violentemente alle offese, si tratta bensì di un personaggio consapevole del suo ruolo di capo e dell'importanza, per la sua stessa posizione, dell'amministrazione romana. Attorno al 395 doveva detenere già una chiara preminenza sui Goti insediati tra la Mesia Inferiore e la traccia a seguito del trattato del 382. È l'irruzione drammatica in Gallia di un’ondata di popolazioni barbariche all'inizio del 407 che impone un cambiamento di strategia. La morte di Arcadio l'anno successivo induce Stilicone a concepire il disegno di approfittare della situazione per una riorganizzazione militare dell'impero sotto la sua tutela. A questo scopo è però necessario utilizzare Alarico per riprendere il controllo della Gallia in mano all’usurpatore Costantino III. La montante reazione antibarbarica vanifica rapidamente questo progetto, i suoi avversari gli attribuiscono i piani più sinistri, tra cui quello di puntare alla tirannide. Stilicone, isolato, perde rapidamente i suoi sostenitori e l'appoggio dello stesso imperatore. La sua morte provoca un ulteriore aggravamento della situazione in Italia ed è all'origine della crisi finale. Alarico aumenta le proprie pretese, trattando direttamente con il senato e ponendo Roma sotto un durissimo assedio già nell'inverno del 408. A lui in realtà preme costringere Onorio alla trattativa, ma questi mostra un'improvvisa intransigenza e dichiara che non avrebbe mai nominato Alarico magister militum. Questi, a fronte dell’intransigenza dell' imperatore, torna ad assediare Roma, e l'attacco che gli viene mosso da un suo antico Rivale, Saro, che forse agisce per ordine di Onorio, mentre si reca a Ravenna per rinegoziare la pace, lo esacerba al punto da decidere di muovere contro la capitale. Il Sacco di Roma dunque arriva a conclusione del terzo assedio posto dai Goti alla