Scarica Super società. Ha ancora senso scommettere sulla società e più Dispense in PDF di Sociologia Dei Processi Economici solo su Docsity! Supersocietà. Ha ancora senso scommettere sulla società. Riassunto del libro Cap.I (pag. 17): Individualizzazione e totalizzazione. L’eredità polarizzata della modernità liquida. Bauman chiamò “liquida” la società in cui le relazioni erano diventate instabili e provvisorie. Al centro di quell’ordine sociale c’era la scoperta e la liberazione del desiderio soggettivo e l’ideale della vita individualizzata. Dal lato organizzativo le imprese, con la globalizzazione, si lasciavano alle spalle la produzione standardizzata dell’epoca fordista, adottando i modelli produttivi inspirati alla flessibilità e alla produzione snella: mira a minimizzare gli sprechi fino ad annullarli. L’organizzazione quindi veniva ripensata. Dal lato soggettivo “realizzare se stessi” non era più uno stile di vita riservato ai nobili, ma diventava accessibile a tutti. Ideali di certezza e stabilità lasciavano spazio alla “vita a progetto”, con nuove opportunità e voglia di esplorare (tutto diventa temporaneo), liquido, instabile. Il fondamento indiscutibile e indiscusso non è più Dio o la Patria, ma il godimento individuale. La società dei consumi, cresciuta con la globalizzazione, non è più un fenomeno spontaneo. Fin dai primi del 900’, si capisce la necessità di mettere al lavoro il desiderio soggettivo, per alimentare la crescita economica. La priorità del capitalismo neoliberista, appellandosi alla libertà di scelta individuale, ha sì liberato la pulsione ma ha allo stesso tempo minato la stabilità di ogni legame, senso, dedizione. La società della seconda metà del 900’ ha rafforzato la dipendenza della stimolazione esterna attraverso il ruolo sempre più centrale della comunicazione mediale. L’io pulsionale diventa dipendente della stimolazione del mondo esterno, a cui deve rivolgersi per continuare a “desiderare” e prima ancora a sentire qualcosa. La caduta del muro di Berlino ha reso possibile il grande salto storico della globalizzazione. La globalizzazione si è proposta come una crescita illimitata, in cui ciascuno poteva finalmente scegliere il proprio modo di vita, senza condizionamenti o comandamenti. A un’unica condizione: quella di continuare ad alimentare l’innovazione tecnologica, l’efficienza economica, la liberalizzazione dei mercati, il raggiungimento di standard di efficienza sempre più esigenti, su una capacità di calcolo sempre più spinta. Gli standard da superare sono: la produttività lavorativa, l’eccezionalità delle vacanze, la qualità biologica dei cibi, i followers sui social, i risultati scolastici, l’eccellenza nello sport e nelle arti… l’imperativo è performante. Non c’è più un ambito della vita sociale che sfugga alla logica della prestazione e della calcolabilità. L’inadeguatezza e il fallimento sono causa di vergogna e depressione. Implosione del desiderio Le torri gemelle hanno avuto effetti potenti tanto sulle relazioni internazionali quanto sui sentimenti collettivi. La serie degli attentati che hanno colpito le grandi capitali europee ha reso palpabile un disagio che arriva ormai fin dentro la vita quotidiana di milioni di persone. Altrettanto incisiva è stata la crisi finanziaria del 2008, trascinatasi a lungo con pesanti conseguenze economiche e sociali. La speranza di benessere è sfumata dalla concentrazione di ricchezza. Ciò che era stato il desiderio (la spinta che apre oltre a sé) diventa così domanda di sicurezza (la chiusura su di sé). L’accumularsi di risentimento nei confronti del mondo circostante trova poi nell’altro, nel diverso, il capro espiatorio perfetto su cui scaricare, sotto forma di odio verbale, se non addirittura di violenza fisica, il diffuso disagio esistenziale. La pulsione non è più orientata alla vita (sviluppando interessi e le potenzialità personali), ma alla morte (come rifiuto di un mondo non familiare e ostile. In alternativa, prende la forma di un “disonesto illimitato”, disposto a saccheggiare senza remore il contesto circostante. Di fronte a un mondo esigente si rivendica il diritto all’astensione, al silenzio, all’indifferenza, se non addirittura alla distruzione del legame sociale. L’intento è quello di passare inosservati, di non apparire perdenti, una sorta di congedo da sé, come risposta alla fatica di essere se stessi. Una “paralisi frenetica” in cui, per accesso di possibilità, si diventa incapaci di accogliere, affezionarsi, aderire, decidere. Popolo ed élite, democrazia e autocrazia L’io pulsionale, impoverito della sua stessa interiorità, si ritrova a vivere sempre più di corsa, dentro un mondo frammentato e accelerato che fatica a capire. Una serie di fattori rendono tutto più difficile: la fine delle grandi ideologie politiche, la secolarizzazione religiosa, una comunicazione sempre più veloce e caotica - tutti ingredienti che tendono a rendere l’esperienza quotidiana obsoleta e inadeguata. Il governo delle società più avanzate vede l’approccio tecnocratico, fondato sull’efficienza dei mezzi in vista di un determinato scopo. Principi ben diversi da quelli democratici, che invece si fondano in base al riferimento a valori e alla capacità di ottenere consenso. Il buon funzionamento del mondo si realizza grazie ai saperi esperti che l’uomo della strada può tranquillamente ignorare, affidandosi con fiducia a chi ne sa di più. L’esperto, capace di controllare con precisone ed efficacia un ambito specifico, prende il posto del sapiente. Individualizzazione e totalizzazione La nostra vita è cambiata: incontri occasionali, veloci e fluidi, estetici, diventa sempre più difficile consolidare valori, impegni e progetti. L’impulso verso l’individualizzazione è solo l’altra faccia della medaglia di una spinta verso la totalizzazione, cioè verso un’organizzazione sociale sempre più integrata, in grado di garantire un aumento di possibilità per la via individuale, ma anche un maggior controllo e disciplinamento. La totalizzazione mal sopporta legami e forme sociali intermedie. Individualizzazione e totalizzazione costruiscono la soluzione polarizzata verso cui tende la modernità liquida, dove l’apparente aumento delle possibilità individuali si rovescia in un nuovo ordine sociale che cerca di insediarsi in ogni ambito dell’esistenza e ogni dimensione di sé. Cap.II: Entropia, antropia, shock Effetti entropici: produzione di quantità di CO2, distruzione materie prime, rifiuti e scarti. Stiegler afferma tre concetti di antropia: A. Effetti molto pesanti per l’ecosistema. B. Piano informativo con aumento della comunicazione, aumenta la capacità di conoscenza ma si crea anche un senso di disorientamento e incertezza. C. Disorganizzazione sociale e disordine psico-sociale che portano a disuguaglianza e squilibri demografico, a livello psichico abbiamo la diffusione di ansia e depressione, ritorno dell’odio etico e razziale, standardizzazione dei comportamenti. L’aumento delle possibilità di vita che lo svapo tecnico-economico ha reso possibile produce una crescita dell’entropia cioè aumento di disordine, frammentazione e riduzione di diversità, e aumento anche di antropia che è l’effetto entropico associato allo sviluppo tecnico-economico. Tutte queste situazioni portano allo sviluppo di diversi shock di tipi ambientale, economico, tecnologico e culturale. Oltre a mettere in crisi il sistema può minacciare anche la stessa sopravvivenza, di fronte a questi shock prolungati il sistema registra una grande instabilità. Da qui si crea una biforcazione ovvero un punto di instabilità in cui possono emergere nuove forme d’ordine o forti fluttuazioni che possono aggravarne l’instabilità, allontanando lo stato di equilibrio. L’idea di libertà 2. Il secondo contro effetto riguarda la dinamica di esclusione a cui sono esposte quote significative di popolazione, l’accelerazione richiesta sul piano delle conoscenze e delle risorse tecniche aggrava le disuguaglianze: interi gruppi sociali e aree territoriali non riescono più a svilupparsi. Generando un senso di estraneità. La sostenibilità chiede di modificare non solo le tecnologie che impieghiamo ma anche gli assetti di potere esistenti, buon parte degli stili di vita, dei nostri modi di produrre. Si arriva al cuore della questione: sostenibilità e digitalizzazione delineano i termini con cui la supersocietà affronterà le tensioni che la attraversano (locale vs globale, responsabilità vs proceduralizzazione, verticalizzazione vs libertà ) con esiti che sono tutt’altro che precostituiti. Cap. IV: L’uomo neuronale L’intelligenza umana non è solo la capacità di classificare, di effettuare calcoli e ragionamento più o meno complessi ma anche di comprendere gli stati mentali dell’altro e di essere sensibile alle situazioni particolari. Grazie ai neuroni a specchio siamo capaci di simpatia cognitiva; le dimensioni cognitiva ed emotiva sono strettamente intrecciate. Il sistema cognitivo elabora le informazioni, quello emotivo: la conoscenza non si riduce al solo aspetto intellettivo ma riflette anche percezioni, emozioni, esperienze e l’intero processo della vita. L’intelligenza umana è completamente diversa da quella delle macchine o “artificiale”. Il cervello si modifica continuamente in base alla propria esperienza con la memoria accumulata: è capace di elaborare e quindi di dare senso, e aprire direzioni di futuro, ecco perché un individuo è unico. L’idea di uomo neuronale si presta a una visione redazionale: le relazioni sono l’essenza del mondo vivente. Spinta gentile Questo pone delle domande e la strategia va verso 4 direzioni: 1. Sensi aumentati che sono miglioranti, perfezionati ed estesi per processare informazioni multisensoriale sempre più sofisticate. 2. L’azione aumentata è conseguenza diretta del cambiamento sensoriale, possiamo migliorare la precisione di determinate azioni come nel caso della chirurgia robotica. 3. La cognizione aumentata cioè interventi farmacologici o tecnologici per migliorare le nostre prestazioni/ abilità cognitive. 4. Ci sono autori che parlano di potenzialmente etico cioè l’idea è che nella società in cui viviamo è incompleta, troppo veloce e non basta l’educazione ma serve un potenziamento globale, con la farmacologia per essere moralmente adeguati alle sfide che questa società ci presenta. Esempio: Alex Zanardi conferma L’affermarsi di un nuovo orientamento culturale, dove il valore della persona sta nella sua capacità di lottare contro il limite con l’ausilio di una tecnologia incorporata. Quale adattamento (pag.103) Il rischio è che l’uomo neuronale sviluppi una coscienza di sé(antropogenesi), come interfaccia, nodo interconnesso di una rete sempre più fitta, costantemente in evoluzione(tecnogenesi). Se così fosse, nella supersocietà, il soggetto neuronale, rischierebbe di venire assorbito completamente dalla logica sistemica, fino al punto di non avere più una definizione di sé. Essere performanti, efficienti, attivi, connessi, “immersi”: sono questi i valori non negoziabili, compatibili con l’idea di interdipendenza. In Occidente l’annuncio di Facebook di voler investire milioni di dollari nel Metaverso. Si vuole adattare l’uomo al nuovo contesto sociotecnico per migliorare la specie. In Oriente, in particolare la Cina, vuole quantificare la reputazione dei propri cittadini in base alla raccolta sistemica di dati riguardanti comportamenti pro e antisociali. Il sogno è quello di costruire una città ideale. - In un primo caso, siamo di fronte ad una concezione passiva dell’adattamento, dove il soggetto è un semplice prodotto dell’evoluzione. - Nel secondo caso, l’obbiettivo non è cambiare l’essere umano, l’ambiente viene adattato in rapporto alle caratteristiche dell’umano, tenuto conto della dimensione tecnologica che lo caratterizza. Cap.V (pag. 109): Verticalizzazione, autoritarismo, democrazia. Oriente e Occidente alla prova della supersocietà A cavallo del nuovo secolo, molte parti del mondo si sono rimesse in moto: in pochissimi anni, Paesi come Taiwan, Hong Kong, Corea del Sud, Cina, Brasile e infine l’India hanno fatto passi da gigante. Quello che era stato il fattore cruciale per il dominio occidentale, la conoscenza tecno-scientifica, si estende al mondo intero. La supersocietà sorge proprio nel momento in cui si cominciano a delineare gli effetti strutturali di questo passaggio. La prova della pandemia Lo stato ha svolto un ruolo indispensabile per contrastare la diffusione del virus. Chiusura dei confini, quarantene e limitazione della mobilità, nel 2021 la massiccia campagna vaccinale e molto altro. Dopo decenni in cui non si è parlato d’altro che di liberalizzazioni, lo stato si è così preso una clamorosa rivincita dimostrando che, in un mondo come quello in cui viviamo, è difficile affrontare la complessità e operare efficacemente senza il suo contributo. Nessuno oggi può realisticamente pensare di poter fare a meno della politica e della pubblica amministrazione per governare l’intreccio dei rapporti tra i diversi sistemi di interesse. Il covid ha confermato il fatto che il mondo contemporaneo non può fare a meno del sistema tecno- scientifico. Nei mesi del lockdown, abbiamo continuato a lavorare grazie ai computer, a consumare grazie all’e-commerce. La soluzione alla pandemia è venuta grazie alla tecno-scienza, che ha trovato l’antidoto efficace al virus. A causa della complessità che la caratterizza la supersocietà si trova a gestire problemi sempre più intricati ed emergenze sempre più frequenti. La pandemia ha messo in discussione il rapporto tra governo e libertà individuale. Sul tema dei vaccini obbligatori poi, si è svolto un ampio dibattito pubblico. Non possiamo dare più per scontato che la democrazia liberare costituisca ancora il modello di governo di riferimento nell’età della supersocietà. A differenza delle proteste in Occidente, da parte di chi ha vissuto le limitazioni della libertà individuale come costrizioni ingiustificate, nei Paesi orientali il consenso nei confronti dei governi è aumento. Gli spiriti del capitalismo Oggi la Cina è un Paese a reddito medio-alto. Ma il reddito medio rimane notevolmente inferiore rispetto a quello degli altri Paesi avanzati. Non mancano le difficoltà, dovute principalmente al fatto che la velocità della crescita economica ha superato quella dello sviluppo istituzionale. la Cina non punta solo ad accrescere la propria influenza sulla scala globale, ma anche ad acquisire il controllo di risorse strategiche per la crescita e interna e mondiale. Capitalismo confuciano Nella Cina contemporanea c’è ben poco spazio per la democrazia e la libertà. L’individuo non ha la forza né la motivazione per contrapporsi al gruppo, in nome di un aldilà, religioso, politico che non esiste. La cultura confuciana, non ama il conflitto, preferisce un approccio consensuale, adattivo, relazionale. In assenza del principio del male e senza l’idea di verità, essa non pone l’accento sul soggetto, quanto sulla situazione; non sull’individuo ma sulla relazione. Ora ci troviamo a una nuova formazione storico-sociale in cui la tecno-economia ha cominciato a radicarsi anche in uno spirito collettivistico (confuciano) e non più solo individualistico (cristiano-illuministico). Democrazia e autocrazia nella supersocietà Dopo l’11 settembre, con l’invasione dell’Ucraina, Putin ha ulteriormente sconvolto il quadro: una guerra centrata sulla territorialità, arriva fino alla minaccia nucleare. La supersocietà trasforma anche la guerra, diventando “ibrida”, permanente e diffusa, senza spazi e tempi precisi, su piani e con strumenti diversi. Azioni terroristiche, pulizie etniche, persecuzioni. La comunicazione oltre alla classica propaganda, si combatte sui social, con le fake news, con gli attacchi informatici. Rimane aperto il compito di ripensare un nuovo ordine globale, capace di riconoscere le diverse culture, attraverso il “dialogo dialogico”: un soggetto capace di cambiare se stesso e, insieme, la realtà circostante. Intermezzo. Essere un codice Si è cominciato con la carta d’identità per certificare la cittadinanza statale, poi con il cartellino da timbrare entrate e uscite dall’ufficio. Oggi, l’identificazione formale è necessaria per comprare su internet, o per accedere alla sanità, per svolgere un esame all’università... Siamo dei codici, perché per muoverci nel mondo digitalizzato delle prelazioni economiche e istituzionale dove nessuno ci conosce, abbiamo bisogno di un marcatore alfanumerico per garantire chi siamo e tracciare cosa facciamo. L’individuo diventa “dividuo”, scomposto e ricomposto di continuo sotto forma di profilo. Perfettamente soli anche quando siamo in mezzo alla gente, o proviamo a parlare con qualcuno. Come quando, usando il nostro codice identificativo, telefoniamo a qualche servizio telefonico e ci ritroviamo a interagire con un software che simula la conversazione umana. Nello scambio di informazioni non c’è comunicazione, non c’è significato. Solo interlocuzioni standard, rigide. A crescere è lo smarrimento, che alimenta la rabbia. Cap.VI: Complessità e intelligenza vivente nella supersocietà. Ha ancora senso scommettere sulla libertà? La libertà ha sempre un tratto indisciplinato e controverso, tanto più in un’epoca entropica come quella in cui siamo entrati. Essa, è sempre sotto la minaccia di venire consegnata nelle mani di un gruppo sociale che pretende di disporne: famiglia, chiesa, partito, impresa.. per questo le vicende di libertà sono tormentate. Nel 2001 l’emergenza è stata la sicurezza, con l’inasprimento delle procedure di controllo sulla mobilità delle persone. Nel 2008 la crisi finanziaria ha portato a dei vincoli più stringenti sull’attività creditizia. Con l’emergenza sanitaria, gli interventi hanno toccato direttamente la vita quotidiana: lockdown, mascherine, distanziamento, vaccinazioni… Ora di fronte alla concreta minaccia di un conflitto globale, c’è da aspettarci un nuovo inasprimento di misure regolative. Per affrontare i problemi che non possiamo più ignorare, serve intensificare e migliorare problemi che non possiamo più ignorare (riscaldamento globale), serve intensificare e migliorare la nostra capacità di raccolta e trattamento dell’informazione, accelerare l’innovazione, modificare i comportamenti disfunzionali di individui e imprese. Il tutto nell’ipotesi che sia possibile diventare sostenibili, anche grazie alla digitalizzazione. Il rischio è che sostenibilità e digitalizzazione aumentino il dosaggio del farmaco che già ci intossica, potenziando il controllo e restringendo ancora di più la ragione a mero calcolo. Nella supersocietà, nessuno è più responsabile perché si pensa che siano i sistemi esperti i soli in grado di prendere le decisioni più opportune. Procedere per questa via è molto pericoloso per due ragioni: 1. La supersocietà soffre di un grave difetto cognitivo. La cultura contemporanea è impreparata ad affrontare gli effetti collaterali che produce. (pensiamo alla pandemia) 2. Un modello normativo sempre più esistente tende ad aumentare il numero di quelli che non ce la fanno. In un mondo che è già attraversato da grandi disuguaglianze, cresce il senso di inadeguatezza e impotenza, rendendo la vitta sociale barbara: denudata di ogni spirito. La supersocietà presenta problematiche inedite, problemi sempre più complessi, abbiamo bisogno di una tecnica per risolverli, questo spinge ad una verticalizzazione che oltre a porre problemi di democrazia, rischia di aggravare disuguaglianze ed esclusione. Il nodo del dualismo (pag.141) L’ordine sociale implica sempre un’episteme, cioè un insieme di presupposti e logiche implicite che orientano la conoscenza e le danno forma. L’episteme che ha dominato in Occidente e che, a partire dalla modernità, ha sostenuto quell’idea di sovranità-politica, economica e individuale, è basata sulla separazione soggetto/oggetto: una visione strumentale della ragione (definita in base alla capacità di democrazia e dal punto di visita sociale perché ciò che accade dal lato della produzione è incomprensibile se si trascura ciò che verifica e alla sfera della riproduzione. Marx sostiene che i rapporti di potere si attribuivano unicamente alla struttura economico ma si formavano anche al di fuori della fabbrica con processi educativi, istituzionali e comunicativi. Dewey afferma che non esistere l’essere umano indipendentemente dal suo contesto sociale; il nucleo vitale che anima la vita sociale è la ricchezza delle persone che le abitano, questa ricchezza si coltiva nei processi di educazione- formazione, anello su cui si costruisce il legame tra le generazioni, essenziali per ogni forma di vita sociale. Apparentemente l’individuo è più autonomo e può scegliere in modo libero, ma la realtà delle cose è ben più complicata: l’io si trova a orientarsi in un mondo che lo sovrasta: troppo grande, in continua accelerazione, impossibile da decifrare. Il processo educativo tende a una riduzione funzionale: una forma di addestramento centrato sull’acquisizione delle competenze che servono per far funzionare il sistema tecno-economico. Non c’è possibilità di sviluppo senza un investimento proporzionato nel fattore umano. Il passaggio intergenerazionale attraverso l’educazione è fondamentale per contrastare entropia e antropia: attraverso i legami intergenerazionali. La digitalizzazione sta interferendo con i processi di attenzione, di apprendimento, di disidentificazione e critica, favorisce una perdita di “saper pensare”. Nella società digitalizzata il cervello è costantemente stimolato; la disponibilità di un accesso immediato alla memoria esterna apre opportunità straordinarie anche se ci sono effetti collaterali sulla memoria e l’attenzione. La memoria si sbriciola visto che il supporto digitale la rende sempre meno essenziale; porta al venir meno di un senso di essere parte di una storia, di un mondo. La questione relativa alla perdita di attenzione è evidente, la capacità di concentrarsi su un singolo oggetto per tempo sufficientemente lungo di approfondire gli stimoli collaterali si riduce vistosamente. L’iper-attenzione domina, col passaggio rapido tra compiti diversi e flussi informativi caratterizzati da un alto livello di stimolazione; iper-attenzione introduce una censura nel passaggio tra le generazioni, desertificazione il terreno culturale della supersocietà. Non c’è nessuna possibilità di procedere sensatamente nella direzione indicata dal nuovo ambiente tecnologico (digitalizzazione) e dalla nuova consapevolezza planetaria (sostenibilità) senza una revisione profonda dei processi decisionali e formativi. Nella supersocietà, più che le abilità necessarie per far funzionare un dato macchinario o per svolgere una determinata mansione, servono la capacità di comprendere il contesto, di trovare soluzioni alternative, di sviluppare e applicare creativamente soluzioni alternative, di sviluppare e applicar creativamente nuove combinazioni tecniche. Viene delineato un nuovo quadrante della conoscenza, che può servire da riferimento per ripensare i processi formativi. Il primo lato del quadrante riguarda il nesso tra conoscenza ed esperienza, non basta la teoria e solo praticando una determinata tecnica che acquistiamo la capacità di criticarla e trasformarla. Il secondo lato del quadrante è la coscienziosità cioè il gusto e l’abitudine a fare le cose bene, attitudini strettamente legata ai temi dell’attenzione e della cura. La terza dimensione è quella dell’estroversione, ha a che fare con la curiosità, l’apertura al nuovo, il sogno. L’ultima generazione è quella emotiva/ affettiva, tocca il versante personale sia quello sociale. La ricomposizione tra i piani che abbiano finora tenuti separati, quello cognitivo ed emotivo, può fare la differenza nei percorsi formativi. L’educazione serve per ricostruire un nuovo punto di incontro tra domanda di realizzazione e personale ed esigenze sociali. Altro sono le competenze, altro è il sapere; le competenze sono strumentali al buon funzionamento di un sistema che è sempre più entropico. Per contrastare le potenti spinte entropiche che attraversano il mondo contemporaneo abbiamo bisogno di una nuova forma di educazione, che chiamiamo “Epimeletica”. È l’etimologia della parola melete “cura”. Epimeleia è un termine che riconnette desiderio e ragione, emozione e volontà, interesse azione, privato e pubblico. Le sue tre dimensioni sono: l’attenzione, la sollecitudine e la volontà. Educare non è conformare ma trasformare: Stiegler afferma che non trasmette un sapere stabilito ma trasmette un non-sapere metastabilizzato. Non si tratta di introdurre qualche piccolo aggiustamento, aumentando di qualche decimale la spesa per la scuola si tratta di ridisegnare per intero il percorso e la fisionomia del percorso formativo, procedendo su tre assi. Il primo luogo va completato il segmento mancante nei primi anni di vita visto che le facoltà cognitive- relazionali vengono fortemente condizionate dalle esperienze dei primissimi anni di vita, anche le differenze familiari giocano un ruolo fondamentale nel determinare i percorsi esistenziali. In secondo luogo, diventa urgente rivedere l’impostazione del percorso scolastico secondo gli elementi del nuovo quadrilatero della conoscenza sopra tratteggiati. La scuola costituisce un patrimonio straordinario delle nostre società, l’organizzazione è molto burocratizzata, la didattica routinaria. Infine, c’è il grande tema della formazione permanente, solo gruppi professionali ristetti hanno oggi la possibilità di formazione e aggiornamento permanenti. Per molti il lavoro istituisce ancora un contesto meramente esecutivo dove si ripetono all’infinito pratiche rigide e meccaniche, dove l’apprendimento è bassissimo. Situazione che si deve combattere per il bene di tutti, dell’economia e della società. Si deve superare l’idea che esita un primo periodo della vita dedicato alla formazione e poi un secondo dedicato all’attività lavorativa, dove la formazione viene messa tra parentesi. J. Benjamin ha mostrato che ciò che ci rende felici non è tanto ottenere la sottomissione dell’altro quanto piuttosto la possibilità di costruire un gioco relazionale con un altro essere libero, in vista di una meta comune. Nella supersocietà il tema dell’innovazione è e rimarrà centrale, ma il problema è come evitare di venire imprigionati nella spirale di una tecnicizzazione che finirebbe per causare verticalizzazione ed esclusione. Cap.VIII: organizzazioni come laboratori di conoscenza Le organizzazioni sono un tratto caratteristico delle società contemporanee e gran parte della vita sociale si svolge all’interno delle organizzazioni. Le organizzazioni rappresentano il continuo sforzo di trovare un punto di composizione tra interessi diversi in rapporto alla varietà dei propri scopi e delle relazioni con l’ambiente circostante. Alcuni sostengo che le organizzazioni sono le eredi moderne dei conventi benedettini, primi esempi di un gruppo di persone raccolti in modo stabile dentro i confini. La seconda matrice dell'organizzazione moderna è la tradizione burocratica dello Stato visto che si basano sul principio formale dell'ufficio, le burocrazie sono protagoniste di queste razionalizzazioni. La rivoluzione industriale ha portato la nascita dell'impresa capitalistica, con il primo sistema tecnico integrato, la fabbrica. i risultati in termini di produttività sono straordinari invece il lavoro alienato porta un'espropriazione della propria competenza e creatività. Le grandi organizzazioni contemporanee sono forme sociali e straordinarie: efficienti, dinamiche, adattive ma hanno anche degli squilibri come l'accelerazione esasperata, schiacciamento del brevissimo termine, flessibilizzazione dei rapporti di lavoro. Si è sviluppato il neo-management in cui si è continuato a pensare che la persona costituisce una variabile da normalizzare, Il dipendente ha una quota crescente di responsabilità, anche se molte organizzazioni continuano a essere diffidenti verso il contributo personale e preferiscono il controllo. La pandemia ha accelerato la visione in cui l'impresa non può essere vista come un oggetto del tutto slegato da ciò che le sta attorno, l'impresa deve definire la relazione più attenta con l’ambiente. Vengono introdotti criteri manageriali più capaci di valutare l’impatto dell’organizzazione sulla comunità e sull’ambiente, al di là del rendimento azionario. Si devono tenere in considerazione anche le organizzazioni digitali, oltre che alle organizzazioni sostenibili; le tecnologie digitali attenuano l’alienazione e lo sfruttamento solo in presenza di specifiche condizioni: adeguata formazione del personale e stabilità del contratto di lavoro. Se non ci sono queste condizioni, il digitale ha effetti opposti come la riduzione degli spazi di autonomia. Bisognerà vedere quale sarà l’impatto generale della digitalizzazione sulle organizzazioni rimane tema di discussione. I giovani laureati oggi non sono tanto alla ricerca di un posto fisso o di un buon stipendio, ma sono alla ricerca di un ambiente stimolante e accogliente nel quale potersi sentire ingaggiati in una sfera che riguarda il futuro. Il successo organizzativo dipende in maniera decisiva dalla qualità delle persone e delle relazioni che le costituiscono. Stark sostiene che attraverso il decentramento dell’autorità e la pluralizzazione dei centri decisionali e di valutazione che le organizzazioni noetiche sono in condizioni di trarre vantaggio dall’incertezza, alimentando una continua capacità trasformativa. L’ostacolo principale alla via noetica va caricato nelle posizioni di potere dentro e fuori le organizzazioni. Crozier suggeriva tre principi organizzativi: semplicità, autonomia, condivisone. Queste caratteristiche sembrano essere d’estate scritte proprio per le organizzazioni che vivono nella supersocietà. In un mondo entropico e antropico l’organizzazione noetica è quella che sviluppa la propria intelligenza organizzativa a partire da una relazione aperta e cooperativa con l’ambiente circostante. Si possono definire le tre dimensioni che cercano di tenere in relazione: A. Le organizzazioni noetiche coltivano la capacità dei propri membri, autorizzandoli a esprimersi, a contribuire, a partecipare, e considerano ciò come parte degli stessi obiettivi organizzativi. B. Si opta per il superamento di una logica meramente strumentale tramite scelte strategiche di lungo periodo che includono la valutazione dell’impatto sui contesti sociali e ambientali. C. Le organizzazioni son propense a mediare tra strumentalità e senso, rapporta la capacità delle organizzazioni di rimane aperta e in dialogo con i propri o collaboratori e L’ ambiente. Cap.IX: territori di apprendimento contributivo E come le organizzazioni anche i luoghi sono importanti nella tessitura della vita sociale, i processi di urbanizzazione contemporanei sono parte integrante del problema entropico e antropico dei nostri tempi. La pandemia con le due direttrici della sostenibilità e della digitalizzazione, sta creando una nuova traiettoria ai processi di ristrutturazione spazio-temporale. L’economia circolare costituisce un’occasione per il formarsi sistemi locali di interessi convergenti nel confronto dell’entropia. Da un lato abbiamo la smart city cioè La città tecnologica tutta digitale e veloce invece dall’altro c’è la città conviviale, della socialità e della mobilità corta. La strada che si prenderà dipenderà dalle scelte degli attori della loro capacità di dar forma ad alleanza tornano a nuove idee di territorio. Si sono create culture popolari locali che producono pesanti effetti in termini antropici: abituati a vivere nell’incuria, i gruppi meno dotati di risorse si ritrovano sospesi senza più alcun radicamento culturale. In un mondo dove va tutto veloce sia nel tempo sia nello spazio c’è un profondo bisogno di risignificare il luogo. Essendo concreto il territorio consecutivo in grado di rielaborare significati nuovi In grado di alimentare Prassi istituenti e organizzazioni economiche sociali rinnovate capaci di rendere i cittadini protagonisti di un percorso reale e originale di sviluppo sostenibile su base locale. Insieme dei territori contributivi si intreccia poi con l’educazione epimeletica e le organizzazioni noetiche. Nella sua società il welfare costituisce un’infrastruttura strategica che ha una funzione non solo ridistributiva ma di abilitazione, connessione e sicurezza, quale elemento cardine per la generazione di sostenibilità e valore condiviso. Si può pensare di riorganizzare su base nazionale al sistema di servizi, Il primo passo è la costruzione di una piattaforma digitale pubblica e aperta. I benefici di tali piattaforme sono molteplici come integrazione capacità di analisi avanzata e dei dati disponibili. Per raggiungere tali obiettivi la piattaforma dovrebbe avere natura, funzione governance multilivello e multi stakeholder. EPILOGO: ESSERE UN NOME. Il nome ci radica in una storia, in un luogo, in una rete di legami. In una conoscenza del mondo e che si associa ciò a cui dedichiamo la vita. E lo spazio del concreto vivente, in cui ciascuno ha un nome che dà la misura e il ritmo dell’esistenza.