Scarica Tacito - Autore e contesto storico e più Appunti in PDF di Latino solo su Docsity! TACITO Opere Citato con Petronio per la questione petroniana e con Plinio il Vecchio per la famosa lettera in cui Tacito chiede a Plinio il giovane di raccontargli le vicende dell’esplosione del Vesuvio. I suoi capolavori si chiamano Annales e Historiae, ma sono preceduti da altre opere, tra cui l’opera minore Dialogus de oratoribus importante perché sono espressi dei concetti utili per capire le idee di questo storico e che hanno a che vedere anche con la situazione politica del tempo. Data e luogo di nascita Non abbiamo notizie sicure né sulla data né sul luogo di nascita. L’incertezza della data (oscilla tra il 55 e il 58) dipende dal fatto che Plinio il giovane, in una sua lettera, definisce Tacito grossomodo suo coetaneo e, siccome conosciamo la data di nascita sicura di Plinio, possiamo assimilare quella di Tacito alla sua. Si ha incertezza anche sul luogo perché un imperatore romano di nome Tacito, di un’epoca posteriore (3-4 sec d.C.), si vanterà di avere come suo antenato il grande storico Tacito, e questo imperatore è nato sicuramente a Terni (attualmente in Umbria); quindi i biografi antichi hanno pensato che anche lo storico Tacito fosse nato a Terni, ma i biografi moderni parlano addirittura di una nascita in Gallia. Il matrimonio Nel 77-78 sposa la figlia di Giulio Agricola. Giulio Agricola era un personaggio molto in vista all’epoca soprattutto durante la tirannide di Domiziano (epoca di dinastia Flavia); era un senatore a cui poi viene affidato, dopo il ruolo politico, anche un importante ruolo militare, cioè quello di condurre una campagna militare in Britannia. Tacito dedica anche un’opera monografica a questo personaggio, intitolata proprio Agricola. Cursus onorum Tacito in questi anni inizia anche il suo cursus onorum, cioè la sua carriera politica, molto prima di diventare storico, negli anni sotto Domiziano e poi anche sotto Traiano. Nell’88 viene nominato pretore e assume la carica di quindecemvir, cioè fa parte di un gruppo di 15 magistrati. Negli anni 89-93 ha un incarico politico che lo porta a muoversi tra la Gallia e la Germania, molto più probabilmente la Germania (altra incertezza) perché scrive un’opera proprio dal titolo Germania, in cui si dimostra esperto e competente di quelle zone, quindi forse ci ha vissuto. Nel 97 viene nominato console e scrive l’opera Agricola, dedicata al suocero. Il 98 è l’anno politico in cui diventa imperatore Traiano e si inaugura l’epoca della scelta dell’imperatore per adozione e non più per dinastia; pubblica anche Germania. Nel 112 viene nominato proconsole in Asia, incarico di prestigio che chiude la sua carriera politica, perché muore tra il 117 e il 120 (incertezza anche sulla data di morte). Negli ultimi anni della sua vita, dopo questo incarico, si dedica alla carriera di letterato; aveva scritto già delle opere, ma i suoi capolavori nascono proprio quando smette di fare il politico. Il suo percorso, prima di politico e poi di storiografo, ricorda un po’ quello di Sallustio, che smise di fare politica perché venne coinvolto in un grande scandalo, per cui Cesare gli consigliò di farsi da parte e da quel momento si occupò di politica sottoforma di storia e scrisse le sue monografie (Congiura di Catilina, Guerra di Giugurta, ecc). Storiografia romana Per capire l’opera di Tacito bisogna un po’ ripercorrere tutte le tappe della storiografia romana, perché nel 2° sec. d.C. è come se Tacito stesse sintetizzando un po’ le caratteristiche di tutta la storiografia precedente. Tacito è l’ultimo storico della letteratura latina che concentra tutti gli elementi della storiografia romana. 1. Il primo esempio di storiografia romana è costituito dagli annales, chiamati così perché i pontefici compilavano elenchi anno per anno in base alle cariche elettive romane, perché quasi tutte duravano un anno. Gli Annales sono importanti per la storiografia di Tacito, perché il suo capolavoro si chiama proprio Annales, riallacciandosi alla tradizione annalistica e applicando lo stesso metodo antico degli antichi pontefici, alternando vicende interne a vicende estere anno per anno. 2. La seconda tappa della storiografia si ha con Catone il censore, il primo vero e proprio storico romano che scrisse l’opera storiografica in prosa Origines. In quest’opera voleva sottolineare soprattutto i mores, le qualità etiche, dicendo che i romani dovevano tornare alle origines, perché lì c’erano i veri valori morali che stavano dimenticando (perché stavano diventando simili ai greci). Tacito riprende la storiografia catoniana perché anche lui pone attenzione alla dimensione etica. 3. Poi ci sono i due contemporanei, colleghi, amici e prosatori, Sallustio e Cesare. Come Catone, anche Sallustio è attento agli aspetti etici, ma Tacito riprende da lui anche la caratteristica della tradizione monografica (nell’Agricola e nella Germania). Anche le opere di Cesare (De bello gallico e De bello civili) sono monografie, ma Cesare viene ripreso da Tacito perché è un politico e nelle sue opere c’è la fusione di elementi storici e politici; Tacito fa proprio un’operazione molto simile. 4. Infine, l’ultimo storico in piena età augustea è Tito Livio, che scrisse Ab urbe condita, in cui metteva in risalto gli aspetti etici, ma uno degli obbiettivi principali della storiografia di Livio era il fatto che voleva fare una profonda riflessione sulla crisi di Roma, crisi irreversibile, e diceva che, grazie al suo contributo, quello di uno storico, non la si poteva bloccare ma almeno rallentare; la crisi irreversibile si ha con il passaggio dalla res publica all’impero (“tu sei un pompeiano”, diceva Augusto per prenderlo in giro, cioè sostenitore della res publica). Con Tacito la crisi all’orizzonte è molto più netta: ci sono pressioni militari sui confini da parte dei barbari, che fanno capire che Roma non ha molto tempo, mentre all’interno l’elemento che fa corrodere Roma sono i cristiani, che rappresentano un pericolo politico, poiché l’obbedienza a dio potrebbe spingere i romani a non obbedire più all’imperatore. Aspetti etici L’attenzione agli aspetti morali esiste da sempre nella storiografia latina, il che vuol dire che non esiste storiografia latina senza una particolare attenzione agli aspetti etici; cosa non accettabile dagli storici di oggi perché la descrizione così non è oggettiva, ma per gli storici romani era un fatto normale. DIALOGUS DE ORATORIBUS La data e lo stile Si tratta di un dialogo importante come testo ideologico più che letterario, in cui apparentemente non viene seguita la linea cronologica (perché viene preso in esame prima, mentre il resto delle opere seguirà l’ordine cronologico). La data di composizione di quest’opera è molto incerta (forse 102), al punto che, soprattutto nella critica antica, non veniva neppure attribuita a Tacito: infatti, se si confronta lo stile e la lingua di quest’opera con le altre opere di Tacito, ci si rende conto che è molto diversa e che addirittura rispecchia uno stile quasi di impronta ciceroniana, con una sintassi di tipo ipotattico, una complessità paragonabile a quella tipicamente di Cicerone, un modo di periodare simile a Quintiliano (non ci meraviglia perché Quintiliano era stato il suo maestro). Prima ipotesi Oggi, ci sono due argomentazioni a favore dell’attribuzione a Tacito di questo dialogo. La prima ipotesi è che questo dialogo appartenesse alle opere giovanili e quindi diverso da tutto il resto della sua produzione perché appartenente alle opere giovanili; per cui viene scritto molto prima del 102 e del 98 (data della pubblicazione dell’Agricola) e si faceva influenzare dallo stile ciceroniano del suo maestro, Quintiliano. Seconda ipotesi In base ad alcune altre testimonianze l’opera è stata postdatata (dalla fase giovanile al 102) e siamo di fronte a un Tacito già maturo. La seconda ipotesi afferma, quindi, che l’opera viene scritta nel 102, quando Tacito è già maturo e ha già scritto l’Agricola; quindi aveva dimostrato di avere già un suo stile, nuovo, molto diverso da quello di Quintiliano e Cicerone. Nel 102 avrebbe allora usato uno stile ciceroniano per il tema trattato e per la forma di quest’opera. Dialogo ciceroniano È un dialogo di tipo ciceroniano, cioè aristotelico-platonico, con un’ambientazione di luogo e di tempo e con personaggi che fanno direttamente parlare degli interlocutori e affrontano la tematica trattata con botta e risposta diretti. Cicerone nei suoi dialoghi assegnava una parte a ogni personaggio, faceva affermare varie tesi e veniva fuori il portavoce di Cicerone che faceva la sintesi, l’eclettismo, e sceglieva la sua tesi preferita: Tacito fa la stessa cosa. Tacito decide di trattare il tema dell’oratoria, o meglio la crisi dell’oratoria, tema molto trattato nell’epoca imperiale e di cui Tacito è l’unico quello che in realtà è il deserto, si riaggancia all’Eneide di Virgilio, colui che aveva affermato che i romani avevano avuto da dio il compito di portare la civiltà a tutti i popoli. Tacito mostra di comprendere le ragioni dei nemici, si pone nei panni dei britanni e suggerisce al lettore l’idea che i romani non sono sempre visti come coloro che potano pace, benessere, cultura e civiltà, ma sono visti anche come avidi, aggressori. Ciò non significa che è totalmente d’accordo con i britanni, ma mostra di comprendere le loro ragioni. La crisi di Roma Nel 98 è già cominciata quella riflessione sulla famosa crisi dell’impero romano e sulle risposte che i romani hanno dai popoli invasi. La crisi di Roma è irreversibile ed è dovuto anche a un fatto militare, perché sui confini romani premono i barbari e i germani. Tacito afferma che se nei confronti dei popoli conquistati i romani fanno come dice Calgaco, cioè fanno gli invasori violenti e avidi e fingono di essere portatori di pace e civiltà, rischiano di ricevere ancora più pressione sui confini e non fanno altro che accelerare la fine dell’impero. Quest’opera, quindi, non è un semplice elogio funebre, ma qualcosa di più complesso, perché ci sono anche delle componenti ideologiche che Tacito esprime sulla situazione dell’imperialismo romano. Critica al suicidio Critica rivolta a un’abitudine dei suoi tempi: possiamo citare gli esempi dei suicidi illustri. L’abitudine di grandi uomini che si tolgono la vita, per protestare o per esprimere la loro intolleranza nei confronti del tiranno, continua anche dopo Nerone. Tacito si pone in maniera molto critica e indica, invece, l’esempio di Agricola, che, anche quando è consapevole delle proprie qualità e gli fanno capire di essere superiore a Domiziano, quando Domiziano gli dà l’ordine di partire per la Britannia (e qualcuno pensa l’abbia fatto di proposito per allontanarlo da Roma) accetta lo stesso l’incarico; e quando Agricola prende possesso della sua carica in Britannia, le sue capacità faranno sì che sarà ancora più meritevole agli occhi dei romani. L’esempio positivo che vuole sottolineare è che non fece nessun gesto eclatante, di protesta, accettò con umiltà il suo incarico e, proprio facendo ciò, fece notare ancora di più le proprie qualità. Agricola, agli occhi di Tacito, diventa un esempio ancora più valido, più alternativo anche a tutti quelli che avevano voluto dimostrare, col gesto eclatante del suicidio, la propria ribellione. È più utile essere umili servitori dello Stato, come Agricola. ORA SI INCOMINCIA A RESPIRARE - VERSIONE Note È il terzo dei capitoli che costituiscono il proemio dell’Agricola. La frase iniziale “nunc demum redit animus” è diventata famosa in Tacito e in tutta la letteratura latina antica: finalmente ritorna il respiro perché è terminata l’epoca di dittatura di Domiziano. C’è poi una lunga concessiva e sono presenti anche dei punti e virgola nel testo, che all’epoca non esistevano (perché la punteggiatura è stata introdotta nel 1400), però sono stati aggiunti in seguito per rispettare le regole della nostra punteggiatura: si intuisce che lo stile di Tacito è sintatticamente molto complesso. Con l’espressione “Nerva Caesar” si riferisce al titolo di imperatore di Nerva, però dopo definisce Traiano come “Nerva Traianus” e sta a indicare il fatto che Traiano fu adottato da Nerva per il nuovo metodo dinastico. Il principato e la libertà prima non erano conciliabili all’epoca della dittatura di Domiziano. “Felicitatem temporum” è un’espressione famosa in Tacito: è l’idea che ha dell’età di Traiano. Il “tamen”, dopo le tre concessive, indica l’inizio della reggente e ridimensiona il precedente quadro tutto positivo. “Oppresseris” è una seconda persona singolare di interlocutore fittizio, perché in realtà non ha un altro interlocutore con cui parlare, quindi ha valenza di verbo impersonale “ si potrebbe opprimere”. Con “invisa primo desidia postremo amatur”, Tacito vuole dire che a un certo punto c’è anche un certo gusto per l’ozio, che prima era odiato: un po’ si riferisce anche agli intellettuali che odiavano essere inattivi, ma che si sono poi adagiati. “Promptissimus”: parla dei cittadini di grande valore morti per la crudeltà dell’imperatore, tra cui anche Agricola, perché secondo Tacito non era morto per cause naturali. Modo tacitiano di dire che sono come dei morti viventi. “Per silentium” è la tipica imposizione delle dittature: dice che sono stati strappati 15 anni della loro vita, sono sopravvissuti al costo di stare in silenzio, e quelli che erano giovani sono arrivati alla vecchiaia, mentre i vecchi sono arrivati alla fine della loro vita. “Vel incondita ac rudi voce” è un’affermazione importante sul suo modo di scrivere: definisce il suo stile nell’Agricola rozzo e disadorno. Traduzione Adesso finalmente ritorna il respiro; e benché subito al primo sorgere del felicissimo secolo (che stiamo vivendo) l’imperatore Nerva abbia conciliato realtà un tempo non conciliabili, il principato e la libertà, e benché Nerva Traiano ogni giorno accresca la prosperità dei tempi, e benché la pubblica sicurezza abbia ottenuto non solo la speranza e il desiderio ma la fiducia e la forza dello stesso desiderio, tuttavia per natura della debolezza umana i rimedi sono più lenti dei mali; e come i nostri corpi lentamente crescono (ma velocemente si estinguono), così più facilmente potresti opprimere (si potrebbe opprimere) gli ingegni e i desideri piuttosto che rianimarli: perché subentra anche la dolcezza della stessa inerzia e l’inattività, prima odiata, alla fine è amata. E cosa dire se per 15 anni, grande durata del tempo mortale, molti caddero per circostanze casuali, ciascuno dei più pronti per la crudeltà dell'imperatore, e in pochi, per così dire, siamo superstiti non solo tra gli altri ma anche tra noi, essendoci stati tolti tanti anni nella pienezza della nostra vita, durante i quali noi se eravamo giovani siamo giunti alla vecchiaia, se vecchi siamo giunti attraverso il silenzio quasi agli stessi (momenti finali) della vita (età vissuta). Tuttavia, non mi rincrescerà, pur con espressione rozza e disadorna, ricostruire la memoria della precedente schiavitù e la testimonianza dei beni presenti. Intanto questo libro destinato a onorare mio suocero Agricola sarà lodato o giustificato come testimonianza di affetto. Stile È come se volesse precisare il suo nuovo stile di scrittura. Tacito ancora deve scrivere il Dialogus de oratoribus del 102, in cui scrive in modo del tutto ciceroniano, quindi probabilmente aveva già consapevolezza della particolarità del suo stile di storico, che è sicuramente in contrasto con lo stile ciceroniano (che suona armonico, simmetrico, sintatticamente più ordinato); e quindi sta dicendo al lettore che il suo è uno stile che non punta alla bellezza della forma, non però come Catone che la trascurava del tutto a vantaggio del contenuto. Tacito usa volutamente una forma rozza e disadorna perché ritiene che questa “rozzezza” della forma esprima meglio la drammaticità e talvolta la tragicità degli eventi storici che sono l’oggetto della sua riflessione. Il tipico stile tacitiano spezzato, nervoso, sallustiano, però si avrà nella sua pienezza solo con i due capolavori. GERMANIA De bello gallico La Germania è la seconda monografia di Tacito. È un testo che ricorda anche alcune sezioni del De bello gallico di Cesare, a cui Tacito in qualche modo si ispira: Cesare, nella sua monografia, ogni tanto interrompeva la narrazione della campagna militare e si soffermava sulla descrizione etnogeografica, cioè di usi e costumi dei Galli, oltre che di situazioni geografiche, e lo faceva perché rientrava nel suo progetto politico: sosteneva che i romani avrebbero dovuto conoscere i loro futuri concittadini (che allora venivano chiamati barbari), che non dovevano essere quindi solo considerati come popolo da conquistare, ma come civiltà che li avrebbe poi affiancati. Alcune di queste dinamiche sono importanti per capire quello che avviene nell’epoca di Tacito. Prima ipotesi Tacito decide di scrivere un’opera sulla Germania perché, nella sua carriera politica e in parte militare, gli viene affidato un incarico che lo porta probabilmente o in Gallia o in Germania, quindi forse ha vissuto in queste realtà e, seguendo gli esempi di Cesare e Plinio il Vecchio (per l’opera non pervenuta Bella Germaniae, in cui aveva preso testi di storia precedenti e aveva messo insieme molte testimonianze), ha voluto testimoniare direttamente questa realtà germanica. Seconda ipotesi Altra ipotesi che si aggiunge riguarda la successione al trono imperiale dopo Nerva: nel 98 Traiano non riesce a prendere subito possesso del trono, ma passa qualche mese, perché, impegnato in Germania in un’importante campagna militare, non se la sente di andare subito a Roma e quindi dà disposizioni perché ci sia un reggente al suo posto. Quindi molti studiosi dicono che Tacito avrebbe avuto l’idea, forse sollecitato dallo stesso Traiano con cui era in stretti rapporti, di scrivere un’opera che spiegasse le ragioni di questo ritardo nella presa del potere. In questo modo, Tacito da una parte asseconda le sue passioni letterarie, storiografiche, e dall’altra giustifica il “ritardo” di Traiano, che non poteva tornare a Roma con una situazione delicata in Germania. Indirizzo cesariano La monografia segue un po’ l’indirizzo cesariano perché Tacito sviluppa, fino alla completezza assoluta, quello che era stato il progetto di Cesare, cioè far conoscere al pubblico romano tutto quello che era possibile e immaginabile sui germani. E quindi viene fuori un’opera descrittiva, analitica, molto più ampia del De bello gallico, in cui fa emergere aspetti positivi e negativi. Gli aspetti positivi I germani sono un popolo che, nel loro essere barbarico, in questa loro arretratezza, hanno un punto di forza, perché non sono ancora arrivati al grado di corruzione dei romani. La tesi che Tacito porta avanti nasce da un discorso comparativo, per cui vuole dimostrare che i germani sono moralmente ed eticamente superiori ai romani. Altro aspetto delicato è il valore militare, perché questa superiorità morale si traduce anche in forza militare: i germani hanno un senso della patria, della famiglia, dello Stato, molto più forte dei romani, che ormai hanno smarrito. Gli aspetti negativi Quando analizza tutto il sistema delle leggi, invece, dice che i romani non hanno da invidiare niente, perché addirittura i germani non hanno leggi e sono legati ancora alle vecchie abitudini (facevano delle prove per dimostrare la colpevolezza o l’innocenza, non facevano processi); c’è arretratezza sul piano giuridico, per cui i romani sono superiori da questo punto di vista. Terza ipotesi Tacito non si limita mai a descrivere solo la situazione germanica, ma lo fa sempre in rapporto a quella romana. Da ciò si può individuare un’ulteriore ipotesi circa il motivo per cui Tacito ha deciso di scrivere quest’opera: c’è anche un discorso ideologico, culturale, storiografico, di Tacito che vuole che i lettori riflettano sul rapporto tra mondo romano e barbarico. Tacito è uno storico che, come Tito Livio, riflette sulla crisi di Roma, crisi che dipende da una serie di cause interne (come i cristiani) ed esterne (come i barbari, che col tempo premeranno sui confini sempre con maggiore efficacia). È convinto che la crisi sia irreversibile, ma se i romani si rendono conto di questa differenza con i germani, questa consapevolezza può aiutare a ritardare la crisi. Lingua e stile Dal punto di vista stilistico, per le scelte sintattiche e lessicali, Tacito si riallaccia molto allo stile di Sallustio, non solo per la scelta monografica. Lo stile di Tacito è anti-ciceroniano, quindi non regolare, sintatticamente simmetrico, però con delle caratteristiche diverse da quello di Seneca. Ha uno stile molto personale e difficile, drammatico, nervoso. PROGETTO STORIOGRAFICO I capolavori Le Historiae, se le date indicate dagli storici corrispondono a verità, sono composte negli anni tra il 100 e il 110, appena due anni dopo la composizione delle due monografie. Dal 112 fino al 117 (anno di morte), Tacito si dedica poi al vero capolavoro, gli Annales, che rappresenta la sintesi al più alto livello di tutte le capacità storiografiche, sia di contenuto che di forma, di Tacito. Il progetto Molto probabilmente, le due opere dovevano far parte di un progetto storiografico comune, perché pongono dei problemi anche filologici, non ci sono arrivati completi: delle Historiae possediamo appena 4 libri e mezzo su 14 e degli Annales 10 libri su 16. Questo pone dei problemi di interpretazione, però, a giudicare dal progetto tacitiano, siamo certi che Tacito volesse scrivere esattamente 14 libri delle Historiae e 16 libri degli Annales, e quindi aveva in mente di creare un’unica enciclopedia storiografica (un po’ come l’Ab urbe condita di Tito Livio) con un complesso di 30 libri, che nell’idea iniziale di Tacito dovevano partire dall’anno dei 4-5 imperatori, nel 68-69 (in cui a Nerone si succedettero Galba, Otone, Vitellio e Vespasiano), anni cruciali non solo per gli avvenimenti ma anche per tutte le dinamiche politiche su cui Tacito rifletterà (ad esempio riflette molto sul cambiamento di metodo dinastico). Cambio di progetto Già nel 98 poi Tacito aveva in mente di trattare, dopo l’epoca dei flavi e quella della dittatura di Domiziano, l’epoca della cosiddetta felicitas temporum, cioè l’età di Nerva e Traiano. E quindi, secondo il progetto, ci si aspettava che nelle Historiae Tacito trattasse tutto il periodo della dinastia Flavia (dal 69 al 96), e poi avrebbe dovuto occuparsi negli Annales dell’età di Nerva e Traiano. Ed effettivamente,