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Tecniche di base di biologia molecolare: nucleasi, Dispense di Biologia Molecolare

Le tecniche di base di biologia molecolare relative alle nucleasi, enzimi che tagliano il DNA. Vengono descritte le endonucleasi ed esonucleasi, con particolare attenzione agli enzimi di restrizione, che riconoscono sequenze specifiche di DNA e tagliano entrambi i filamenti. Viene spiegata la nomenclatura degli enzimi e la loro protezione per modifica. Inoltre, si discute della specificità sito-specifica e della frequenza di taglio degli enzimi di restrizione. utile per gli studenti di biologia molecolare e ingegneria genetica.

Tipologia: Dispense

2021/2022

In vendita dal 02/06/2022

riccardo-vicentini-1
riccardo-vicentini-1 🇮🇹

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Scarica Tecniche di base di biologia molecolare: nucleasi e più Dispense in PDF di Biologia Molecolare solo su Docsity! TECNICHE DI BASE DI BIOLOGIA MOLECOLARE NUCLEASI Tutto ciò che si usa in laboratorio esiste in natura ed è stato preso da un particolare contesto. I metodi copiato quanto avviene in vivo dentro una certa cellula. Poi gli enzimi vengono modificati, ma derivano da enzimi madre prelevati da ceppi batteriche. Endonucleasi ed esonucleasi sono enzimi con compito di tagliare il DNA. Endonucleasi di restrizione (comunemente chiamati enzimi di restrizione) Si legano ad una sequenza specifica di DNA (sito di riconoscimento) e tagliano entrambi i filamenti. I siti di riconoscimento e taglio possono coincidere oppure no. Esistono tre classi di enzimi di restrizione: tipo I, II e III. Enzimi di tipo I e III: • Portano le attività di restrizione e di metilazione nella stessa molecola; • Tagliano lontano dal sito di riconoscimento. Non sono utilizzati in biologia molecolare a causa della loro aspecificità di taglio! Enzimi di tipo II: Unica classe utilizzata in laboratorio • Tagliano all’interno del sito di riconoscimento; • Riconoscono una sequenza palindromica. Riconoscono sequenze di 4, 5, 6, 8 e più basi ed anche sequenze degenerate (es. Hinf I riconosce GANTC  GAATC, GATTC, GACTC e GAGTC. N indica tutte e 4 le basi!!). Tagliano quindi internamente il DNA riconoscendo una sequenza di basi specifica (sequenza palindromica). Una palindrome è una parola che si legge allo stesso modo sia da destra che da sinistra, per es. la parola radar oppure ala. Un sito di riconoscimento palindromico è una sequenza in cui il filamento superiore e inferiore, letti in direzione 5’-3’, sono uguali. Per es. la sequenza: 5’-GAATTC-3’ 3’-CTTAAG-5’ Specificità sito-specifica e frequenza di taglio Il numero di basi riconosciute è di importanza pratica perché determina la frequenza media di taglio e la dimensione media dei frammenti generati. Enzimi che riconoscono sequenza più corte tagliano più frequentemente e quindi producono più frammenti degli enzimi che riconoscono sequenze più lunghe. Un enzima con una sequenza di riconoscimento di 4 basi, come ad es. AluI taglierà, in media una volta ogni 256 bp, mentre un enzima come EcoRI (sequenza di riconoscimento di 6 basi) una volta ogni 4096 bp. In generale la frequenza di taglio è sempre uguale a 1/4n , dove n = al numero di nucleotidi del sito di riconoscimento. Tanto maggiore è il numero di basi della sequenza di riconoscimento, tanto minore sarà la frequenza di taglio. Questa è la teoria, poi in pratica è da valutare caso per caso. L'utilizzo degli enzimi di restrizione é molto semplice. La maggior parte di essi funziona in semplici tamponi tra pH 7 e 8, generalmente a 37°C(anche se quelli utilizzati sono ricombinati, il gene deriva comunque da un organismo originario, che dovrà avere un pH e una T fisiologica). Le condizioni di utilizzo sono comunque sempre specificate dai fornitori. Per definizione una unità di un enzima di restrizione è la quantità di enzima richiesta per digerire completamente 1µg di DNA substrato in un ora. Tutti gli enzimi, in condizioni non ottimali, danno l’"effetto star", che consiste nella capacità dell'enzima di "confondersi" riconoscendo e tagliando sequenze simili, ma non identiche a quella target. Un eccesso di enzima o un utilizzo di condizioni non opportune mi fanno ottenere un prodotto che sarà un mix di frammenti perché l’enzima si confonde. Per evitare l'effetto target é opportuno attenersi alle condizioni specificate dai fornitori, con particolare riferimento al glicerolo e alla quantità di enzima, che non devono essere mai in eccesso. Nomenclatura Per assegnare in modo chiaro ed univoco un codice ad un enzima si è deciso che: • Le prime 3 lettere sono prese dal nome del batterio di origine. La prima lettera dal genere e le altre due dalla specie (es. Eco Escherichia coli); • Tipi differenti dello stesso organismo (soprattutto virus) sono indicati da una quarta lettera minuscola (es. Hind Haemophilus influenzae sierotipo Rd, Hinf Haemophilus influenzae sierotipo Rf); • Segue una lettera maiuscola o numero che identificano un ceppo particolare di batterio (EcoR Escherichia coli ceppo RY13); • Un numero romano indica l’ordine di scoperta qualora dallo stesso batterio vengano isolati enzimi diversi. EcoRI E = genere Escherichia co = specie coli G/AATTC R = ceppo RY13 CTTAA/G I = prima endonucleasi isolata BamHI B = genere Bacillus am = specie amylolique faciens G/GATCC H = ceppo HCCTAG/G I = prima endonucleasi isolata Come fa un organismo che produce una endonucleasi a proteggersi dall’azione dell’enzima prodotto? PROTEZIONE PER MODIFICAZIONE Un organismo che produce endonucleasi di restrizione produce anche dei sistemi per evitare l’autofagocitosi. La metilazione della A non altera la normale struttura del DNA, ma inibisce il taglio. Il taglio con gli enzimi di restrizione può generare DIVERSI TIPI di estremità: appiccicose/coesive e piatte/nette Alcuni enzimi generano estremità piatte (“Sticky”) come HaeIII o AluI e altri che creano estremità appiccicose (sfalsate, si genera una sorta di scalino: “Blunt”) come MboI o HhaI. Sebbene esistano enzimi di restrizione con siti di riconoscimento degenerati (per es. BsiEI riconosce la sequenza 5'-CGPuPyCG-3' dove Pu ePy rappresentano " qualunque purina" e "qualunque pirimidina" , la maggior parte degli enzimi di restrizione utilizzati nell'ingegneria genetica riconoscono sequenze specifiche che tagliano in tre modi diversi: Nel 5’protuding (prima freccetta al 5’)la parte più lunga rimane attaccata al 5’, nel caso del 3’protuding (prima freccetta al 3’) la parte più lunga rimane attaccata al 3’. Reazione a catena della Polimerasi (Polymerase Chain Reaction , PCR) Kary Mullis, 1993 Nobel Prize in Chemistry. “Mullis KB, Faloona FA Specific synthesis of DNA in vitro via a polymerase-catalyzed chain reaction. Methods Enzymol. 1987;155:335-50.” Reazione polimerasica a catena, ci permette di avere una quantità esponenziale di un dato templato (DNA stampo). Serve per ottenere una grande quantità di una specifica (frammento) sequenza di DNA in vitro. Può amplificare un tratto di DNA per più di 1 milione di volte: da una sola molecola di DNA che codifica per un gene, ottengo un milione di geni tutti uguali, ma non si parte mai da una sola molecola. Mullis KB; Erlich HA; Arnheim N; Horn GT; Saiky RK; Scharf SJ (1987) Process for amplifying, detecting, and/or-cloning nucleic acid sequences Patent US 4683195(A) IL PROCESSO DI PCR PREVEDE UN CERTO NUMERO DI CICLI (ripetituti 30- 35) ed OGNI CICLO CONSISTE DI 3 PASSAGGI: 1. DENATURAZIONE: TEMP. 95°C. IL DNA STAMPO VIENE DENATURATO (tramite calore 94-95°C), I DUE FILAMENTI SI SEPARANO; 2. APPAIAMENTO: 55°C CIRCA. I PRIMERS (danno i confini) SI APPAIANO CON IL DNA STAMPO (fase critica della PCR); 3. SINTESI: TEMP.72°C E’ OTTIMALE PER IL FUNZIONAMENTO DELLA Taq (Thermus aquaticus) POLIMERASI o altre. La DNA Pol utilizzata è particolare. Mullis aveva la DNA Pol di E.coli (che lavora bene a temperatura di 37°C), che però con le fasi successiva di denaturazione e appaiamento di oggi non potrebbe funzionare. Ad ogni ciclo doveva aggiungere DNA Pol affinché esplicasse la sua funzione nella 3° fase. Si andò a prendere DNA Pol da batteri termofili, i cui enzimi funzionano benissimo ad alte temperatureTaq Polimerasi, anch’essa dopo un po’ di cicli (30-35) si denatura, ma una trentina di cicli li sopporta. Il termociclatore scalda e raffredda (con resistenze). Nella cellula abbiamo un sistema molto più complicato con moltissimi enzimi, ma comunque avviene una separazione delle due eliche, un appaiamento (con DNA primasi che dà il supporto x agganciarsi), sintesi ad opera della DNA Pol. ELEMENTI NECESSARI ALLA REAZIONE (reagenti): 1) DUE OLIGONUCLEOTIDI (primers che delimitano la regione da amplificare esponenzialmente e creano l’aggancio per l’enzima) COMPLEMENTARI A DUE REGIONI CHE SI TROVANO SU FILAMENTI OPPOSTI DEL DNA STAMPO AI LATI DELLA REGIONE CHE SI VUOLE AMPLIFICARE (primer F e primer R); 2) DNA STAMPO CHE CONTENGA LA REGIONE DA AMPLIFICARE; 3) POLIMERASI TERMOSTABILE (NON VIENE DENATURATA SE PORTATA A 95°C, ne esistono tantissime in commercio e la ditta la fornisce con il tampone ottimale per il funzionamento); 4) I 4 DESOSSINUCLEOTIDI TRIFOSFATI (substrato della polimerasi). Ad ogni ciclo raddoppia: Amplificazione = N x 2n N = numero molecole DNA nel campione (nella tabella a fianco N=1) n = numero di cicli Dopo un certo numero di cicli la reazione si ferma a causa dell’emivita dei reagenti, della Taq polimerasi,… Si raggiunge la saturazione. Vado ad analizzare la fine della PCR (PCR quantitativa). Programmare un reazione di PCR Una PCR si programma facendo un ciclo a 94-95°C per 3-5min, quindi le 3 fasi che si ripetono 30-35 volte (denaturazione 30sec-1m, appaiamento 30sec-1min e estensione con durata variabile a seconda della dimensione del frammento da amplificare: in media polimerizza 1Kb al minuto), poi si tiene 10min a 72°C per poi mantenerlo a 4°C per il tempo che voglio. Termociclatore (Thermal Cycler) Esistono attualmente in commercio un gran numero di DNA polimerasi termostabili con caratteristiche diverse: • La Taq polimerasi è PRIVA di attività esonucleasi 3’ →5’ (correzione bozze) ed incorpora nucleotidi sbagliati con la frequenza piuttosto alta di 1 ogni circa 10 Kb (se devo amplificare un frammento di 500basi posso benissimo usare la Taq, poi quando effettuo il controllo attraverso il sequenziamento, me ne accordo se la Taq ha fatto degli errori). Nello stesso tempo però, è sufficientemente processiva per amplificare senza problemi DNA stampo lunghi 3-5 Kb. Caratteristiche Taq polimerasi: • DNA polimerasi 5’ → 3’; • Esonucleasi 5’ → 3’; • Terminal transferasi (debole*): alla fine della sintesi aggiunge sempre una adenina. • Viceversa, gli enzimi con attività esonucleasi 3’→5’ come Pwo e Pfu sono molto più fedeli (1-3 errori ogni 1000 Kb) e NON presentano attività terminal transferasi, ma hanno una bassa processività. In commercio vendono anche miscele di enzimi che mi permettono di ridurre la probabilità di errori, con un costo più esiguo di prendere delle polimerasi pure. “Disegnare” le coppie di primers La probabilità associata indica, per una data lunghezza di un primer, la probabilità di riscontrare casualmente nel campione di DNA una sequenza identica: P.A. = 4n 4 = numero dei diversi nucleotidi del DNA (A, G, C, T) n = lunghezza oligonucleotide Ad esempio, per un oligo di 16 basi, la probabilità di trovare una identica sequenza nel campione di DNA è inferiore a 1 su 4 miliardi, un numero più grande del numero di basi che compone l’intero genoma umano. Prendo sequenze piccole rischio di trovarmi nel risultato bande che non mi interessano, per questo si prendono sequenze di 18-20bp. “Golden Rules” per disegnare delle buone coppie di primers 1) La lunghezza del primer dovrebbe essere compresa tra 18 e 22 paia di basi; 2) Se possibile, il primer dovrebbe avere una sequenza che contenga una percentuale di GC vicina al 50-60%; 3) La temperatura di annealing (appaiamento) dovrebbe essere compresa tra 50°C e 65°C e comunque non dovrebbe mai essere troppo bassa per evitare problemi di specificità (normalmente si raggiunge con primer di 18-20nt); 4) Il primer non dovrebbe contenere lunghi tratti di nucleotidi ripetuti (es. GGGGGGNell’appaiamento è più facile andare incontro ad errori); 5) La Temperatura di annealing teorica (Ta) del Primer Forward deve essere la stessa di quella del Primer Reverse o, almeno, molto simile (sono i due primer utilizzati). 6) Si devono evitare i tratti che potrebbero dare "self-annealing”(dimeri di primer). Calcolare la Temperatura di “annealing” (temperatura della PCR alla quale avviene l’appaiamento) di un oligonucleotide Per oligonucleotidi corti (<=20 bp) vale la regola empirica (Tmelting temperatura alla quale il 50% dei filamenti appaiati): Ta = 2(A+T) + 4(G+C) Le due temperature sono uguali (per frammenti corti). Il calore è energia, per formare il legame chimico occorre energia, quindi la temperatura che fornisco al sistema (T di anneaning) è quella energia necessaria per formare il ponte idrogeno. Fornisco, in modo empirico, 2°C per ogni adenina (2ponti H), piuttosto che 3°C per guanine e citosine (3ponti H). Si disegna il primer, si applica questa regola empirica e dalla somma di questo valore si ottiene la temperatura di Tmelting, che per primer inferiori o uguali a 20 coincide con quella di annealing. La Tmelting (temperatura di associazione/fusione), per definizione, è la temperatura alla quale il 50% dei due filamenti risulta essere associato o dissociato. La T di annealing è invece la temperatura della PCR, alla quale il primer si appaia al suo templato. In primer con più di 20 nt si considera la T di annealing 5°C più bassa rispetto alla Tmelting. Esistono diversi software per la scelta dei primer: - Software (da installare); - Tools on line (es. Primer 3). Prendo i reagenti, li mescolo, li metto dentro al termociclatore, aspetto che finisca i cicli, prendo la provettina e la carico su un gel di agarosio, li separo (sparazione elettroforetica) ottenendo il classico risultato: con il ladder o marker (con PM noti) e frammenti che amplifico. Una buona PCR mi dà una banda netta e singola (come in 2). In 5 la PCR non è andata molto bene (causato magari da una Tmelting non corretta, oppure alla quantità di magnesio)!! La PCR trova moltissime applicazioni!!  Svantaggi:bisogna avere qualche informazione sulla sequenza del pezzo di DNA che si vuole amplificare per sintetizzare primer specifici appropriati su entrambe le estremità. Ma veniamo al dunque, voglio amplificare la sequenza: atggagactaccaatggaacggagacctggtatgagagcctgcatgccg PRIMER FORWARD tgctgaaggctctaaatgccactcttcacagcaatttgctctgccggcc con la stessa sequenza. agggccagggctggggccagacaaccagactgaagagaggcgggccagc ctacctggccgtgatgacaactcctacatgtacattctctttgtcatgt ttctatttgctgtaactgtgggcagcctcatcctgggatacacccgctc ccgcaaagtggacaagcgtagtgacccctatcatgtgtatatcaagaac PRIMER REVERSE è il complementare (perché deve appaiarsi al cgtgtgtctatgatctaa …..come faccio? secondo filamento). complementare alla sequenza bersaglio da amplificare. La sonda è disegnata in modo da ibridarsi all’interno del frammento amplificato nella reazione di PCR. Presenta all’estremità 5’ un fluoroforo ad alta energia che emette fluorescenza “Reporter” ed all’estremità 3’ una molecola a bassa energia che spegne la fluorescenza del reporter “Quencher” Chimica TaqMan: quando sono entrambi legati il sistema non emette fluorescenza, quando, invece, si distanziano, allora il reporter non è più inibito dal quencher e inizia ad emettere fluorescenza che viene rilevata dal sistema. Si usano i due primer classici della PCR che mi delimitano il gene da amplificare e il prob, marcato con i due fluorofori si annila dentro alla sequenza da amplificare. Si sfrutta l’attività esonucleasica 5’-3’ della DNA Pol: mentre la Pol sintetizza (polimerizzazione) incontra lungo il suo cammino il prob, che si era appaiato e se lo mangia, generando l’allontanamento del reporter rispetto al quencher: l’effetto inibitorio viene meno e il reporter inizia ad emettere, la fluorescenza viene rilevata e misurata. La misura avviene quindi nella fase di extention, in seguito al clivaggio (digestione) da parte della DNA Pol di questa sonda. Sonde FRET (Fluorescence Resonance Energy Transfer) Hybridation probes Simili alle sonde TaqMan perché si legano al DNA bersaglio e vengono idrolizzate, ci sono però due sonde ognuna marcata con un solo fluoroforo (accettore e donatore). Ci sono sequenze separate, ma sempre complementari alla regione da amplificare, che normalmente quando sono separate non emettono, ma quando si appaiano alla regione (annealing e extention), venendo vicine iniziano a fluorescere. Nell’annealing le sonde ibridizzano. Quando le sonde non sono legate alle sequenze target il segnale fluorescente proveniente dall'accettore non è rilevato. Durante lo step di annealing PCR, entrambe le sonde FRET ibridizzano alle sequenze target: ciò avvicina il fluoroforo donatore all'accettore permettendo il trasferimento di energia tra i due fluorofori e la produzione di un segnale fluorescente da parte dell'accettore che viene rilevato. Molecular Beacons I "molecular beacons" contengono un fluoroforo e un quencher non fluorescente alle estremità opposte di un oligonucleotide, che sono disegnate in modo da essere complementari tra loro formando una struttura stem-loop. Il loop è complementare ad una sequenza all'interno del prodotto amplificato. Durante lo step di annealing PCR, la sonda ibridizza alla sua sequenza target: ciò separa il colorante fluorescente dal reporter, producendo un segnale fluorescente La quantità di fluorescenza prodotta ad ogni ciclo, o dopo la PCR, dipende dalla quantità di prodotto specifico in quel dato momento. Riassumendo: Metodi di rilevamento della fluorescenza Real-Time PCR: la reazione COMPONENTI DELLA REAZIONE: 1) DNA target (stampo); 2) DNA polimerasi; 3) Due oligonucleotidi; 4) dNTPs; 5) Probe fluorescent. Curve di amplificazione: viene misurata la fluorescenza nel tempo, ottenendo tante curve di amplificazione e il software misura il CT (ciclo soglia), che è inversamente proporzionale alla quantità di templato Plot di amplificazione iniziale. Il valore di CT è inversamente proporzionale alla quantità di templato iniziale, perché se gli do un valore soglia, tanto maggiore è il templato, tanto prima raggiungerò quel valore di molecole che mi permette di raggiungere quella determinata fluorescenza e quindi il valore di CT. Se il campione è diluito, per arrivare a quella stessa fluorescenza ci metterò dei cicli in più. Nella forma logaritmica↓ Analisi tramite software QUANTIFICAZIONE 1. Quantificazione ASSOLUTA Uso di DNA a concentrazione nota (utilizzo di una curva standardVedi dopo). Es. STANDARD COMMERCIALI; 2. Quantificazione RELATIVA Necessita di controlli endogeni (geni HOUSEKEEPING o reference interni). Non si utilizza una standard curve; la quantificazione viene effettuata paragonando i CT. I geni HOUSEKEEPING sono comunemente: • Ubiquitari; • Espressi in maniera costitutiva; = LINEA SOGLIA, che deve stare nella fase esponenziale della reazione. • Non risentono dei trattamenti sperimentali; • Mantengono la loro espressione costante nei diversi tipi cellulari. Quantificazione ASSOLUTA: Utilizzo di una standard curve È necessario produrre almeno 5 diluizioni dello stesso standard allo scopo di costruire una curva standard I campioni da determinare vengono affiancati agli standard ed ai controlli NEGATIVI (in cui metto solo H₂O) È necessario produrre 3 repliche sia per ogni campione sia per gli standard per aumentare l’affidabilità del risultato. Ogni pozzetto ha una sua locazione, si attribuisce ad ogni pozzetto il nome del campione (in modo tale da sapere chi è quel particolare pozzetto). Si fa una curva standard e nella linea 12 vengono messe le diverse diluizione di standard, definisco io la linea soglia (0.1291) e il sistema mi misura il CT per le diverse diluizione di standard. Avrò poi anche il CT che mi misura per il campione. CURVA STANDARD La retta di regressione deve avere un coefficiente correlazione il più possibile vicino a 1 e un valore di pendenza il più possibile vicino a 3,322. La pendenza della retta è indice dell’efficienza di reazione. Essendo una diluizione per raggiungere la stessa fluorescenza devo aspettare valori di CT maggiori. Poi si fa una retta di regressione, con la quale posso risalire alla quantità del campione incognito. Conoscendo la quantità di campione di standard che ho usato e la CT (misurata dal software), facendo l’intercetta sulla retta posso risalire alla quantità di DNA del campione incognito, quantificandolo (riferimento ad una curva standard). METODO DELLA CURVA STANDARD So la quantità di standard che ci ho messo! La quantità di DNA dei campioni deve essere compresa all’interno della curva degli standard per un calcolo affidabile. • Che il sito di clonaggio sia FIANCHEGGIATO da ELEMENTI DI CONTROLLO che consentano la trascrizione dell’inserto di DNA in RNA (VETTORI DI TRASCRIZIONE) o la sua espressione in cellule di procarioti o di eucarioti (VETTORI DI ESPRESSIONE ha in più del vettore di clonaggio le informazioni che permettono al gene di essere espresso: elementi regolativi (promotore, terminatore, SD,…)). PLASMIDI In particolare i plasmidi sono i vettori più piccoli. I plasmidi sono degli elementi genetici EXTRACROMOSOMALI che si REPLICANO AUTONOMAMENTE e che SEGREGANO AUTONOMAMENTE rispetto al DNA cromosomale batterico. Variano da 1 a 200 Kb (plasmidi naturali) e sono molto diffusi tra i procarioti. Esempi di plasmidi batterici naturali sono i plasmidi pcolE1 di E.coli (colina), i plasmidi F di E.coli (coniugazione), i plasmidi Ti o Ri di Agrobacterium (galla del colletto nelle dicotiledoni). I plasmidi possono essere LINEARI o INTEGRATI nel cromosoma batterico ma, nella maggior parte dei casi, sono molecole di DNA CIRCOLARI. Nell'ospite batterico i plasmidi si presentano come molecole CIRCOLARI SUPERAVVOLTE, che, durante le MANIPOLAZIONI SPERIMENTALI, possono RILASSARSI o LINEARIZZARSI in seguito a ROTTURE a singolo o a doppio filamento (con endonucleasi di restrizione). REPLICAZIONE PLASMIDICA La caratteristica più importante dei plasmidi, quella di essere dei “REPLICONI”, cioè molecole capaci di replicazione autonoma. Un replicone è costituito da un ORIGINE DI REPLICAZIONE, chiamata ori e da elementi di controllo. Si conoscono circa 30 repliconi, ma la MAGGIOR PARTE dei plasmidi di clonaggio possiede il replicone di pMB1 (un plasmide naturale) che è identico al replicone di pcolE1. I plasmidi si replicano per replicazione θ (uni o bi-direzionale) o per circolo rotante. Richiedono proteine plasmidiche e/o dell’ospite batterico. Oltre ad essere essenziale per la replicazione, l’origine di replicazione controlla: • Il NUMERO di copie del plasmide; • La SPECIFICITÀ d’ospite. MARCATORI DI SELEZIONE (viene indicato la sigla dell’antibiotico che viene degradato dai geni del marcatore). I PLASMIDI NATURALI a volte CODIFICANO per funzioni NON ESSENZIALI, conferiscono un VANTAGGIO SELETTIVO in alcune situazioni. Per esempio possono codificare per la tossine batteriche o per geni di resistenza agli antibiotici. In alcuni casi, tuttavia, nessun vantaggio competitivo sembra essere associato alla presenza di geni di resistenza. Tutti i vettori di clonaggio includono ALMENO un marcatore di selezione. Lo scopo essenziale è di DISTINGUERE e di SELEZIONARE le molecole ricombinanti. I marcatori di selezione PIÙ UTILIZZATI nei batteri sono i GENI DI RESISTENZA AGLI ANTIBIOTICI. Per esempio il gene per la β-lattamasi codifica per un enzima capace di idrolizzare l'anello lattamico degli antibiotici di tipo penicillinico (es. l'ampicillina). I batteri che contengono un plasmide con questo gene quindi (simboleggiato con Amp o Ap) possono crescere in terreni di coltura che contengono l‘antibiotico ampicillina. Resistenza agli antibiotici: Solo i batteri che hanno integrato un plasmide codificante il gene per la resistenza possono crescere su agar nutritivo in presenza di antibiotico. SITI DI RESTRIZIONE UNICI Per effettuare un clonaggio molecolare è necessario avere sempre ALMENO UN SITO di riconoscimento per una ENDONUCLEASI di RESTRIZIONE. Il sito di riconoscimento per una endonucleasi di restrizione deve essere presente nel vettore UNA VOLTA SOLA per non distruggere l'integrità fisica del plasmide e NON DEVE essere presente in REGIONI cis ESSENZIALI (es. ori o promotori) o in geni che codificano per FUNZIONI ESSENZIALI (es. geni di resistenza). Un classico esempio di plasmide di clonaggio: PBR322 E’ un VETTORE PRIMITIVO con un numero limitato di siti di restrizione unici (20) distribuiti su tutta la molecola di DNA. E’ di piccole dimensioni 4363 bp. Contiene DUE GENI per la RESISTENZA agli antibiotici, Amp e Tet (insieme di geni che codificano per enzimi detossificanti la tetraciclina), al cui INTERNO sono presenti siti di restrizione unici utilizzabili per il clonaggio. Concentrare i siti unici in un’unica regione.Per es. la clonazione in PstI inattiva il gene Amp, mentre la clonazione in BamHI inattiva il gene Tet. Clonando un dato frammento e devo per forza utilizzare BamHI o PstI, devo andare a selezionare i batteri che hanno acquisito il frammento utilizzando l’antibiotico ampicillina o tetraciclina. (4363 bp). Un vettore plasmidico più evoluto: pUC19 Tutti i siti di restrizione unici sono stati concentrati nella regione POLYLINKER REGION (sito di clonaggio unico). Presenta un SITO DI CLONAGGIO introdotto con la tecnica delle clonazione di oligonucleotidi sintetici. E’ una SERIE PLASMIDICA che differisce per la LUNGHEZZA e l’ORIENTAMENTO del polylinker. Il SITO DI POLICLONAGGIO è inserito nel gene lacZ (che codifica per la beta-galattosidasi) in modo da tenere la cornice di lettura della proteina; questo permette di INDIVIDUARE i cloni ricombinanti con un saggio enzimatico (α- complementazione) e di ESPRIMERE la proteina corrispondente se l’inserto è inserito in fase. Resistenza all’Amp. E’ un plasmide di ESPRESSIONE. Se il vettore entra la beta galattosidasi non funziona più. Mettendo un substrato su cui agisce lacZ, che se viene tagliato si colora di blu: le colonie non colorate sono quelle che hanno acquisito il vettore. EVOLUZIONE DEI VETTORI DI CLONAGGIO Da questi due vettori di clonaggio sono derivati decine di nuovi altri vettori. La tendenza è quella di creare vettori PIÙ PICCOLI e sempre più FUNZIONALI. Ci sono numerosi VANTAGGI, infatti, a RIDURRE LA DIMENSIONE di un plasmide: 1) è più maneggevole (più difficile da rompere). Per esempio è più difficile danneggiarlo o introdurvi interruzioni a singola elica durante le manipolazioni sperimentali; 2) è più facile estrarlo. I principali metodi di separazione dei plasmidi dal cromosoma batterico si basano sulla DENATURAZIONE degli acidi nucleici (per es. mediante calore o basi diluite) e sulla loro successiva rinaturazione. Mentre i plasmidi, di piccole dimensioni, rinaturano rapidamente, il grosso cromosoma batterico non riesce a rinaturare velocemente e viene selettivamente eliminato. La velocità di rinaturazione plasmidica è INVERSAMENTE PROPORZIONALE alla dimensione. Quanto più piccoli sono, quindi, tanto più facile è il loro isolamento; 3) è più facile introdurlo dentro un batterio. I metodi di ‘trasformazione’ sono essenziali nella tecnologia del DNA ricombinante. Esistono varie tecniche, come la trasformazione con CaCl2 o l'elettroporazione, ma in tutti i casi l'EFFICIENZA di trasformazione è INVERSAMENTE PROPORZIONALE alla DIMENSIONE PLASMIDICA. 4) Un'ulteriore tendenza è quella di SOSTITUIRE i siti di restrizione unici con ‘Multi Cloning Sites’ (siti di clonaggio unici) sempre più completi. Questa caratteristica (in genere) facilita il lavoro di clonaggio permettendo di utilizzare l'enzima di restrizione più conveniente. Questo problema é particolarmente sentito quando si devono clonare inserti di grosse dimensioni in cui possono essere presenti numerosi siti di restrizione. Numerosi altri vettori più o meno "specializzati" sono reperibili per gli utilizzi più disparati: ‘trascrizione in vitro’, inserzioni di trasposoni, selezione di mutazioni, clonaggio di frammenti amplificati con PCR, vettori"shuttle" che contengono più origini di replicazione ecc. Il sito ci clonaggio unici si trova nel gene lacZ, ha Amp, è un’evoluzione di pUC19. Ci sono primers universali (T3 primer, M13 reverse primer,….) utilizzabili per la replicazione del vettore. Plasmide di espressione che contiene tutti i geni per l’espressione del vettore inserito preventivamente rimosse. Generalmente si usano 2 volumi di etanolo a (15’ a -20°C) o 0,7 volumi di isopranolo (5’ a temperatura ambiente). Dopo la precipitazione, che avviene in presenza di cationi monovalenti (Na+, con funzione di carrier, la soluzione viene centrifugata, seccata e risospesa in adeguati tamponi alla concentrazione desiderata. L’alcool etilico determina modificazioni strutturali degli acidi nucleici che ne inducono l’aggregazione e quindi la precipitazione. Gli acidi nucleici possono essere completamente ed efficacemente separati anche mediante centrifugazioni differenziali. La purificazione del DNA su gradiente isopicnico di saccarosio in bromuro di etidio è stata molti anni il metodo di purificazione più usato. Nonostante questo metodo fornisca DNA di grande purezza, a causa della sua laboriosità e potenziale tossicità, è stato in gran parte soppiantato da metodi basati su resine a scambio ionico. Kit di purificazione In alternativa ai classici metodi di purificazione degli acidi nucleici esistono in commercio numerosi kit di isolamento e purificazione degli acidi nucleici che rappresentano una alternativa sempre più utilizzata. Questi kit utilizzano la cromatografia. Sono colonne cromatografiche che contengono resine, matrici, gel diversi. Esistono molti prodotti commerciali che garantiscono facilità d’uso riproducibilità ed elevato livello di purificazione. Si basano essenzialmente sull’utilizzo di: • Resine a scambio ionico (scambiatori anionici come la DEAE cellulosa); • Matrici silicee*; • Gel filtration; • Ultrafiltrazione. *Matrici silicee: Il principio sul quale si basa la purificazione di acidi nucleici con matrice silicea è semplice. Gli acidi nucleici si legano alle particelle della matrice (colonna cromatografica) in presenza di sali caotropici. Dopo avere lavato la matrice silicea, gli acidi nucleici vengono eluiti in tamponi a basso contenuto di sali e sono pronti per le successive reazioni (clonaggio, digestione con enzimi di restrizione, blotting, sequenziamento manuale ed automatico, amplificazione, trascrizione inversa ecc.). Tutte le cromatografie vedono: 1. LISI; 2. LEGAME (passaggio nella colonnina cromatografica, legandosi alla resina); 3. LAVAGGIO (eliminazione di tutto ciò che nella colonnina non si è legato alla resina); 4. ELUIZIONE (a basso valore di sali). Separazione del DNA plasmidico da quello genomico Per separare il DNA plasmidico da quello cromosomale si sfruttano le differenze chimico-fisiche tra questi due tipi di macromolecole; in particolare si utilizza la capacità che hanno i plasmidi, specie quelli di piccole dimensioni, di riassumere una conformazione covalentemente chiusa, in seguito a una moderata denaturazione. In condizioni normali i plasmidi si trovano prevalentemente in forma circolare superavvolta (supercoiled) e, in misura minore, in forma circolare rilassata, caratteristica delle molecole che hanno perduto il superavvolgimento a causa di un interruzione in uno dei due filamenti (nick), o in forma lineare (linearizzazione indotta da enzimi di restrizione), caratteristica delle molecole con una interruzione in entrambi i filamenti. Purificazione DNA plasmidico Sottoponendo la soluzione contenente gli acidi nucleici a condizioni moderatamente denaturanti (per esempio in condizioni alcaline intorno a pH 12), il DNA cromosomale si frammenta in lunghi frammenti lineari, denaturandosi irreversibilmente, mentre i plasmidi, pur ridotti in condizioni denaturate, manterranno i due filamenti fisicamente concatenati (rimane un concatamero, DENATURAZIONE ALCALINA, che richiede 5 minuti esatti, necessari per permettere al DNA plasmidico di rinaturare!! Dopo i 5 minuti anche il DNA plasmidico denaturerà). Dopo aver riportato la soluzione in condizioni normali (pH neutro) neutralizzando con acido, mentre i frammenti cromosomali rimarranno prevalentemente denaturati (si aggregano in un reticolo, i plasmidi saranno in grado di rinaturarsi velocemente riassumendo una forma circolare covalentemente chiusa). Per facilitare la separazione tra DNA plasmidico e cromosomale, si usano spesso tamponi contenenti SDS e ioni K+, che legandosi alle proteine cromosomali, contribuiscono a creare un reticolo insolubile formato da un complesso di nucleo-proteico cromosomale inglobato in micelle di SDS-K, che precipita (legame, lavaggio ed eluizione). Ibridazione degli acidi nucleici Una tecnica in cui avviene ibridazione che abbiamo già incontrato avviene nella PCR (appaiamento o annealing non è altro che un’ibridazione). In ambiente a T di 70-95°C o a pH 12, la struttura della doppia elica può venire meno. Facendo scendere la temperatura in modo graduale l’appaiamento avviene in maniera corretta, ma il passaggio deve essere molto lento. Nel passaggio da pH 12 a pH neutro del DNA cromo somale non avviene rinaturazione perché il passaggio non è graduale! Nell’ibridazione si usano piccole molecole. ……. Orientarsi fra le tecniche d’ibridazione SOUTHERN BLOTTING ….si ottiene la replica su membrana delle bande ottenute mediante separazione elettroforetica su gel 1. trazione del DNA genomico e taglio con enzimi di restrizione; 2. Elettroforesi su gel di agaroso (i gel sono molto delicati, quindi si ha un trasferimento del DNA su una membrana più facilmente maneggiabile); 3. Denaturazione e trasferimento su membrana di nylon o nitrocellulosa (per capillarità o per via elettroforetica); 4. Il film viene messo ad incubare con la sonda, marcata, che permette successivamente di individuare le zone in cui è avvenuta l’ibridazione. La marcatura della sonda di DNA può avvenire tramite metodi radioattivi e non (spesso si compra già marcata); 5. Ibridazione con sonda marcata; 6. Lavaggi con stringenze (vedi dopo) differenti; 7. Sviluppo in autoradiografia o chemiluminescenza, a seconda della marcatura della sonda (se è marcata con metodo radioattivo si dovrà sviluppare in autoradiografia). Otterrò dalle 100 ipotetiche bande presenti con l’elettroforesi, solo una mi genererà il segnale! Quindi poi si terrà la matrice da cui si potrà recuperare la banda corrispondente. SOUTHERN BLOTTING NORTHERN BLOTTING Le condizioni d’ibridazione La stringenza (percentuale di appaiamenti) determina la selettività dell’ibridazione e dipende da: • Temperatura • Concentrazione salina Tm= 4 (G + C) + 2 (A + T) Con una < stringenza si identificano molecole non uguali (complementari) al campione, non completamente identiche alla mia sonda. (Anticorpo) La reazione è recettore- ligando Nitrocellulosa o Nylon Dimensioni ottimali di librerie genomiche in funzione dei vettori utilizzati Per fare la libreria batterica si usa il fago lambda, mentre per un mammifero si passa ai cromosomi artificiali. Si prende il DNA genomico, lo si frammenta con gli enzimi di restrizione, si clonano i frammenti, ogni singolo plasmide entra nella cellula che si divide ottenendo la colonia, detta clone, che potrebbe essere uguale ad un altro a causa della ridondanza per poter tirare su anche i geni meno rappresentati. Costruzione di una libreria genomica Il DNA genomico viene frammentato in pezzi di dimensioni clonabili mediante: • DIGESTIONE PARZIALE (non si dà tempo all’enzima di restrizione di tagliare tutti i siti, senza considerare l’effetto star genera frammenti sovrapposti); • DIGESTIONE TOTALE (tutte le sequenze sono riconosciute dall’enzima di restrizione, quindi non genera frammenti sovrapposti); • ROTTURA MECCANICA (meglio evitarla). I frammenti vengono clonati nel vettore Il prodotto della ligazione viene utilizzato per la trasformazione di batteri o lieviti (a seconda del vettore utilizzato). Si determina la QUALITÀ della libreria valutando la % dei cloni che contengono l’inserto e la dimensione degli stessi. Screening. Digestione parziale per produrre una collezione di frammenti sovrapposti Costruzione di una libreria di cDNA Una BUONA libreria di cDNA deve POSSEDERE tutti gli mRNA presenti nel tessuto di partenza, compresi quelli più rari. Viene prelevato l’intero RNA, poi, sfruttando la coda poliA, vado ad isolare solo l’mRNA. Per raggiungere questo scopo, è necessario partire da almeno 1-5 µg di poly(A)+-RNA (non sono pochi perché l’mRNA rappresenta il 3-5% del totale RNA). VANTAGGI della libreria di cDNA: • Vengono valutati SOLO le PORZIONI CODIFICANTI del genoma; • Nella sequenza genica NON vi sono gli INTRONI (eucarioti). 1. ESTRAZIONE dell’mRNA 2. SINTESI DEL cDNA (retrotrascrizione) a partire da mRNA. 3. SINTESI del SECONDO FRAMMENTO di DNA. Ottengo una molecola a doppio filamento. 4. I frammenti vengono CLONATI nel vettore (plasmide o fago). 5. Il prodotto della ligazione viene utilizzato per la TRASFORMAZIONE di batteri. 6. Si determina la QUALITÀ della libreria valutando la % dei cloni che contengono l’inserto e la dimensione degli stessi. 7. Screening Lo SCREENING delle librerie Ci sono TRE possibili METODI PER IDENTIFICARE un clone di DNA genomico e di cDNA: 1. Ibridazione con acidi nucleici; 2. Reattività immunologica di specifici antigeni (deve essere un vettore con le informazioni per far esprimere il gene dalla proteina); 3. Produzione di molecole biologicamente attive (quando esistono saggi funzionali per la proteina di interesse o il substrato su cui agisce). Le Sonde (devono avere dei marcatori che mi rendano visibile dove avviene la reazione) • SONDE CHE RICONOSCONO IL DNA - Acidi nucleici (DNA o RNA a singolo filamento) - Oligonucleotididi sintesi (se è nota la sequenza del prodotto di espressione). Le sonde sono MARCATE con un isotopo radioattivo (P32, P33, H3 e S35) o CONIUGATE con un enzima che permette un saggio colorimetrico. • SONDE CHE RICONOSCONO LE PROTEINE (solo per librerie di cDNA costruite in vettori di espressione). - Anticorpi (monoclonali, riconosce un solo epitepo del mio antigene, o policlonali, riconoscono più epitepi). Per identificare i cloni cui si è legato l’anticorpo specifico (primario, specifico per una determinata proteina) si può usare: - Un anticorpo secondario marcato con radioattivo (es. I125, che riconosce la coda di immunoglobulina dell’anticorpo primaria prodotto dallo stesso organismo); - La proteina A marcata con radioattivo. (La proteina A purificata da Staphylococcusaureusha elevata affinità per le catene pesanti delle immunoglobulinericonosce sempre l’anticorpo primario); - Un anticorpo secondario coniugato con un enzima che permette un saggio colorimetrico (es. fosfatasi o perossidasi). Abbiamo ottenuto placche o colonie quindi: Screening di una genoteca cDNA 1. La genoteca è divisa in 20-30 piastre di grande diametro, ciascuna con diverse centinaia di cloni da analizzare (devo ottenere cloni con bordi ben definiti). 2. Si fanno crescere i batteri finché le colonie/placche sono di dimensioni accettabili. 3. Si applica un filtro su ogni piastra (proteine filtro nitrocellulosa; acidi nucleici filtro di nylon carico positivamente). 4. Il filtro è rimosso ed i batteri sono lisati. Le proteine o gli acidi nucleici restano legati al filtro. 5. Ogni filtro è incubato con una sonda specifica per il cDNA di interesse. 6. La sonda non legata è allontanata mediante lavaggi. 7. La sonda legata in modo specifico ai cloni di cDNA viene rivelata con opportune tecniche (es. autoradiografia). Lo screening di una genoteca mediante sonda a DNA radioattivo Lo screening di una genoteca di espressione mediante anticorpi IL SEQUENZIAMENTO DEL DNA Tecnica che consente di determinare in modo preciso l’ordine dei nucleotidi in un tratto di DNA. Sono state messe a punto due metodiche, entrambe valide, che sono nate circa negli stessi anni. 1) FRAMMENTAZIONE CHIMICA: metodo Maxam e Gilbert 2) SINTESI ENZIMATICA o terminazione della catena: metodo di SangerHa reso possibile l’automazione ed è quella che ha preso piede. Aspetti comuni: • Generazione di set di filamenti singoli marcati di tutte le possibili lunghezze da 1 a n nucleotidi; • Il set completo di frammenti viene suddiviso in 4 collezioni separate; • Ciascuna collezione viene caricata su un grosso gel di poliacrilammide, ciascuna contiene i frammenti che iniziano da una estremità della catena fino ad una specifica delle 4 basi; • I frammenti vengono separati per elettroforesi, correndo le 4 collezioni in corsie parallele; • Visualizzazione per autoradiografia (è stato usato un isotopo radioattivo). - Metodo di Maxame Gilbert Basato sulla degradazione chimica di frammenti di DNA. Poco utilizzato perché impiega composti chimici dannosi alla salute e perché non adattabile al sequenziamento automatico. In questo caso, una molecola di DNA viene marcata con 32P ad una estremità. Sulla molecola marcata, si eseguono poi quattro reazioni separate, che portano alla rottura del DNA in corrispondenza di una base specifica modificata (reagenti chimici) o in corrispondenza di gruppi di basi modificate. Le reazioni vengono condotte in difetto del reagente, in modo che ogni molecola di DNA venga tagliata in media una volta sola. Il reagente chimico viene messo in difetto così che proporzionalmente ogni molecola venga tagliata una sola volta.