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Tecnologie per educatori socio-pedagogici, Sintesi del corso di Scienze dell'educazione

Riassunto del libro di Maria Ranieri

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 08/04/2021

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Scarica Tecnologie per educatori socio-pedagogici e più Sintesi del corso in PDF di Scienze dell'educazione solo su Docsity! TECNOLOGIE PER EDUCATORI SOCIO-PEDAGOGICI (Maria Ranieri) CAPITOLO 1. TECNOLOGIE PER L’EDUCAZIONE: QUADRO STORICO E TEORICO Questioni preliminari : L’impiego dei media e delle tecnologie in ambito educativo ha una lunga storia il cui sviluppo è stato particolarmente intenso nel XX secolo a causa della rapida diffusione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC). L’ampio uso delle tecnologie educative per l’insegnamento trova un primo riscontro nella nascita del movimento per l'istruzione audiovisuale negli anni ‘20 e nello sviluppo tra gli anni ‘50 e ‘60 di una nuova area di ricerca: Educational Technology (ET, tecnologia dell'educazione) o anche Instructional Technology (IT, tecnologia dell'istruzione). Un equivoco consiste nell’assimilare le tecnologie dell’educazione alle TIC. Esperto informatico ≠ Esperto di tecnologie educative. L'educational technologist non pone al centro la tecnologia, ma il processo di insegnamento - apprendimento. Ulteriori problemi: in inglese, le espressioni ET e IT vengono spesso usate come sinonimi, in realtà i due termini presentano sfumature diverse: l’ET ha un significato più ampio e si riferisce all'utilizzo delle tecnologie in qualsiasi aspetto dell’impresa educativa, mentre l’IT ha un'accezione più ristretta e viene solitamente impiegato per indicare i processi di insegnamento e apprendimento basati sull'uso intenzionale di strategie didattiche e media comunicativi. L’ET è stata influenzata dalle teorie comportamentiste, poi cognitiviste e costruttiviste. L’ET è un campo interdisciplinare. Educazione, media e tecnologie: una prospettiva storica : Nel Novecento vi è stato un rapido e impotente sviluppo delle tecnologie. I primi esempi di uso educativo del cinema risalgono alla fine del XIX secolo e provengono dagli Stati Uniti e dall'Europa, dove alcune scuole hanno iniziato a utilizzare la tecnica del filmstrip (immagini fisse, es. pellicola) come supporto finalizzato al miglioramento dei processi di insegnamento. Fu, tuttavia, l'invenzione e la diffusione di immagini in movimento all'inizio del XX secolo a rappresentare una vera e propria svolta, contribuendo alla crescita della popolarità dell'educazione audiovisuale. L'uso educativo delle immagini in movimento sembrava fornire una risposta adeguata alla necessità di migliorare l'efficienza dell'istruzione, inoltre veniva considerato un simbolo ufficiale dell’insegnamento moderno, in quanto avvicinava l'apprendimento alla vita reale. Oltre all' interesse per l'uso educativo del film e del cinema, tra gli anni ‘20 e ‘30 si cominciò guardare alla radio in chiave formativa. I primi esempi di impiego della radio a scopo istruttivo risalgono agli anni ’20 (1917: prima radio educativa negli Stati Uniti). L'esempio più significativo di uso educativo della radio è stato quello delle Schools of the Air (USA, ’30). Anche in Europa la radio ha attirato l'attenzione di ricercatori ed educatori. In Italia, le prime trasmissioni educative di Ente radio rurale risalgono al 1933; il loro scopo era promuovere l’acculturazione di massa. Il regime fascista distribuì dispositivi radiofonici per l'ascolto collettivo negli spazi pubblici; la finalità era di carattere propagandistico, tuttavia avevano anche lo scopo di insegnare l'italiano agli studenti. La radio inoltre consentiva agli studenti provenienti da aree geografiche diverse di accedere a contenuti educativi di qualità. Sebbene i primi esempi di uso educativo della tv risalgono alla fine degli anni ‘30, l'impiego della tv a scopo didattico si ha negli anni ’50. Dagli anni ‘50 in poi, la televisione educativa è diventata sempre più popolare in tutti i paesi industrializzati, anche in Italia. Inizialmente, i computer sono stati utilizzati nelle università a scopo di ricerca, ma dai primi anni ‘60 hanno iniziato ad essere adottati anche per fini didattici. L’entusiasmo era motivato dal fatto di riuscire a fornire istruzioni flessibili e personalizzate a qualsiasi tipo di utente. Dalla fine degli anni ’60 l’istruzione assistita dal computer (Computer-Assisted Instruction, CAI) è stata offerta in vari formati educativi: istruzione tutoriale e coaching: il computer presenta allo studente input formativi, seguiti da una serie di domande a cui lo studente deve rispondere; drill and practice: il computer aiuta gli studenti a padroneggiare le abilità di base offrendo l’opportunità di fare pratica attraverso la ripetizione di esercizi simili; dialogue system: il computer comunica con lo studente in modo più complesso; simulazione: il computer simula gli esperimenti, offrendo agli studenti l’opportunità di osservare gli effetti delle loro azioni sullo schermo; uso di banche dati: il computer fornisce informazioni che gli studenti possono usare in modo selettivo; videogiochi educativi: il computer offre agli studenti l’opportunità di immergersi in giochi elettronici su temi educativi. Anche in Europa, in quegli anni, cominciò a diffondersi l'uso del computer. In Italia, una delle prime iniziative relative all'introduzione delle TIC nella scuola risale ai primi anni ’80. Dalla metà degli anni ‘90, la multimedialità e Internet hanno dominato la scena educativa. Tecnologie dell'educazione: teorie e applicazioni : Possiamo definire la tecnologia dell'educazione (ET) come quel campo di indagine volto a esplorare il rapporto tra tecnologie e processi cognitivi al fine di migliorare l'efficacia delle attività di insegnamento e apprendimento. A livello teorico possiamo individuare 4 principali approcci che hanno influenzato gli sviluppi dell’ET: il comportamentismo tra gli anni ‘50 e ‘60, il cognitivismo negli anni ‘70 e ‘80, il costruttivismo a partire dagli anni ‘90 e più recentemente il connettivismo (metà 2000). Comportamentismo e macchine per insegnare: Nel XX secolo l’uso di dispositivi a supporto delle attività istruttive è stato segnato dalle teorie comportamentiste dell’apprendimento. La psicologia comportamentista e, in particolare, il lavoro di Skinner hanno fornito le basi teoriche per lo sviluppo dell’ET. Skinner criticava i metodi di insegnamento tradizionali, che egli riteneva presentassero 3 limiti: l’eccessiva distanza temporale tra la risposta dello studente e il feedback dell’insegnante; la difficoltà per l’insegnante di occuparsi dei singoli studenti e, di conseguenza, il limitato rinforzo positivo conferito dall’insegnante agli studenti rispetto alle loro prestazioni. L’istruzione programmata di Skinner si è sviluppata sulla base di queste premesse e si fonda su questi elementi: suddivisione dei contenuti d’apprendimento in unità più semplici; coinvolgimento degli studenti in compiti attivi; immediatezza dei risultati; rinforzo positivo e individualizzazione. Alla fine degli anni ’50, Skinner dedicò molta attenzione alla progettazione e sviluppo di “macchine per insegnare” (teaching machines), ispirate al modello di Pressey. Basate sul principio del condizionamento operante, queste richiedevano allo studente di completare una frase o rispondere a una domanda, fornendo immediatamente un feedback. Negli anni successivi, l’istruzione programmata di Skinner è stata piano piano abbandonata, anche se i suoi assunti hanno contribuito allo sviluppo della CAI (es. software esercitativi). Cognitivismo e sistemi aperti: A partire dagli anni ’60 e ’70 c’è il cognitivismo che si contrappone al comportamentismo. Se gli studi di Skinner si concentravano sui comportamenti osservabili, la psicologia cognitivista sposta l’enfasi sui processi mentali. Le teorie cognitiviste si propongono di fornire dei modelli in grado di spiegare i processi cognitivi legati all’apprendimento, considerandoli come proprio specifico oggetto di studio. Il cognitivismo ha fornito le basi per lo sviluppo degli Intelligent Tutoring System (ITS), “sistemi di tutoraggio intelligente”. Tali sistemi sono in grado di fornire agli studenti un feedback personalizzato rispetto alle loro azioni secondo un determinato modello di prestazione ideale. In genere, gli ITS sono formati da 4 sottoinsiemi: l’interfaccia, l’esperto, lo studente e il tutor. Quando viene registrata una differenza tra la prestazione dello studente e quella attesa, il tutor fornisce un feedback correttivo, come farebbe un docente ideale. (Il comportamentismo sosteneva che la mente è una scatola nera (black box), mentre il cognitivismo che la mente possa essere assimilabile ad un calcolatore, nella misura in cui la mente apprende e l’essere umano conosce elaborando attivamente informazioni. La mente funziona come un calcolatore; la mente riceve degli input, li elabora e costruisce così i concetti). Costruttivismo e ambienti di apprendimento: Si sono fatti strada nuovi orientamenti teorici, in particolare negli anni ’90. Tali orientamenti vengono indicati sotto l’etichetta “costruttivismo”. Gli approcci costruttivistici descrivono i processi di apprendimento in termini più attivi rispetto al comportamentismo e al cognitivismo: lo studente non è più visto come un soggetto passivo che riceve info dal mondo esterno, ma come un attore in grado di costruire la propria rappresentazione del mondo a partire dall’esperienza personale. Il ruolo dell’insegnante non è più quello di trasmettere conoscenze, ma di supportare le attività dell’allievo. tecniche senza le quali non è possibile comunicare, quindi dobbiamo accertarci che i destinatari dell’intervento possiedano le competenze adeguate per partecipare all’esperienza formativa. (Nella CMC no elementi della comunicazione verbale, ciò può impoverire la comunicazione e creare incomprensioni, per questo si usa le emoticon) Oggi si parla di iperconnettività, di vite onlife. Reti sociali e social networking: Uno dei fenomeni più significativi del recente sviluppo di internet e delle tecnologie digitali è costituito dalla diffusione dei social network. Cos’è un social network? Traducendo alla lettera -> “reti sociali”, ovvero una struttura composta da un qualsiasi gruppo di attori connessi tra loro da diversi legami sociali. Si tratta, quindi, di una rete fisica che può riferirsi a una comunità lavorativa, culturale.. Una rete è formata da una serie di nodi (gli individui) e di legami (le relazioni tra loro), la cui configurazione interna caratterizza la struttura di ogni specifica rete. Questo va distinto dal concetto di “sito di social network(ing)”, che è l’insieme dei servizi web che consentono alle persone di costruire un profilo pubblico o semi-pubblico all’interno di un sistema ben definito, di formare una lista di altri utenti con cui istaurare delle connessioni, di visualizzare tale lista di connessioni. Esempi noti sono Facebook, Twitter, Instagram. Con i social network la teoria di riferimento è il connettivismo, secondo cui i social network incoraggiano il dialogo tra i pari. Una caratteristica delle reti sociali riguarda i diversi tipi di legami. Si distinguono tra legami forti e deboli: i legami forti rimandano ai legami di sangue, alle relazioni amicali o di vicinato; i legami deboli rimandano alle relazioni occasionali o strumentali. Più di recente, si parla anche di legami latenti, ossia connessioni deboli tecnicamente possibili ma non ancora attivate socialmente. Le reti sociali generano e condividono “capitale sociale” che consiste nell’insieme delle risorse attuali o future collegate al possesso di una rete durevole di relazioni di conoscenza o riconoscimento reciproco più o meno istituzionalizzante. Esso riveste un ruolo importante per le comunità, in quanto ne facilita il coordinamento e la cooperazione, favorendo lo scambio di risorse e informazioni utili.. Le diverse tipologie di legami sociali danno luogo a differenti forme di capitale sociale: capitale sociale di tipo bonding: si basa su legami forti e duraturi, assicurando sostegno emotivo, aiuto reciproco. Può dare origine a un effetto di chiusura verso chi non ne è membro; capitale sociale di tipo bridging: si basa su legami deboli e lo scambio di informazioni utili. A queste due forme si può aggiungere anche il capitale sociale di tipo maintained che sta a designare una rete di legami che si conservano nel tempo. Un'ultima distinzione è quella tra siti di social network chiusi e aperti. I primi sono ambienti pensati specificamente per finalità educative, consentendo l’accesso solo agli utenti registrati a quel determinato ambiente (es.Elgg). Vantaggio: assicurare un ambiente protetto. I secondi invece hanno come finalità la socializzazione e consentono a tutti di potersi iscrivere. Realtà aumentata, mista, virtuale: L’espressione “realtà aumentata” (RA) si riferisce a una tecnologia in grado di migliorare, accresce e aumentare la percezione sensoriale del mondo reale. La RA e la RV (realtà virtuale) sono strettamente legate. Mentre la RV sostituisce completamente l’ambiente reale attraverso un ambiente sintetico, la RA introduce informazioni virtuali nel contesto dell’utente. I sistemi RA si caratterizzano per 3 proprietà: combinazione di oggetti reali e virtuali in ambiente reale; allineamento di oggetti reali e virtuali; esecuzione interattiva e in tempo reale. La RA e la RV condividono alcune caratteristiche: l’immersione, la navigazione e l’interazione. L’immersione comprende sia aspetti fisici dell’ambiente sia le condizioni in cui le persone sono assorbite da un’attività. La navigazione implica che le informazioni digitali siano sovrapposte all’ambiente reale dalla prospettiva dell’utente. L’interazione, infine, riguarda l’interattività in tempo reale. La RA supporta l’interazione studente-contenuto. Vantaggi di queste 3 proprietà: miglioramento del grado di soddisfazione degli studenti, supporto e acquisizione di nuove conoscenze. Criticità: alienazione, cinetosi (nausea, vertigini..) Learning Analytics, algoritmi e big data: La digitalizzazione estensiva dei sistemi educativi sta favorendo la produzione di un’enorme massa di dati. Così, si parla oggi di big data anche in ambito educativo. I due settori coinvolti sono quelli dell’Educational Data Mining e del Learning Analytics. L’espressione Learning Analytics si riferisce all’insieme delle tecniche utilizzate per la misurazione, raccolta, analisi, e la presentazione dei dati sugli studenti e sui loro contesti, al fine di comprendere e ottimizzare l’apprendimento. Si ritiene che integrando la Social Network Analysis (SNA), l'analisi del contenuto e l'analisi del discorso sia possibile effettuare previsioni algoritmiche sulle prestazioni degli studenti in base ai comportamenti rilevati in passato, poter intervenire in caso di necessità fornendo a loro un feedback orientativo.. Il Learning Analytics può trovare applicazione in svariati campi di interesse educativo, dalle piattaforme come Moodle ai MOOC (Massive Open Online Courses), dai serious game al mobile learning. Criticità: sul piano tecnico, si segnala la difficoltà di integrare dati di tracciamento provenienti da piattaforme diverse; sul piano cognitivo, il problema riguarda l'interpretazione dell'enorme mole di dati raccolti; sul piano etico invece il problema riguarda la tutela della privacy e della proprietà dei dati. L'approccio al dato può essere di tipo bottom- up (modello interpretativo data driven) oppure top-down (modello interpretativo theory driven). La riflessione su big data e tecnologie di tracciamento è agli esordi. CAPITOLO 2. TECNOLOGIE PER FORMARE E CONTESTI SOCIO-EDUCATIVI La scuola. Tecnologie per includere : Le sfide educative: L’inclusione scolastica degli alunni con disabilità è una sfida che può essere analizzata da tre punti di vista: culturale, normativo e didattico. Sul piano culturale, non si può non constatare come la nostra società stenti a riconoscere nell'individuo con disabilità la sua identità di persona, prima che di soggetto con deficit. Nonostante alcuni progressi, ad esempio grazie a una maggiore visibilità nei media delle persone con disabilità, la ricerca sottolinea come i media continuano a fornire rappresentazioni negative della disabilità, che possono essere ricondotte a tre principali modelli: medico, socio-patologico e del “super-storpio”. Attraverso il modello medico la disabilità viene rappresentata come una malattia o disfunzione da curare: le persone con disabilità sono passive e incapaci di decidere per se stesse… Nel modello socio-patologico la persona con disabilità è presentata come svantaggiata, bisognosa dell'aiuto, di assistenza sociale e del supporto delle organizzazioni benefiche e dello Stato. Anche questo stereotipo è diffuso. Il modello del “super-storpio”, invece, fa leva da un lato sull’idea della persona con disabilità come deviante dalla norma, dall'altro sul suo essere incredibilmente abile in qualche attività (per questo super). Ai tre modelli si contrappone il modello sociale della disabilità che propone una visione alternativa secondo cui le persone con disabilità hanno la loro propria identità come tali all'interno della società. Tale modello non associa la disabilità a un deficit della persona, ma alla struttura e natura della società e dell'ambiente nel quale abitiamo. Fondamentali sono: la “Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità” e la direttiva del ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR), “Strumenti di intervento per alunni con Bisogni Educativi Speciali (BES). La Convenzione ONU rappresenta l'espressione più elevata della tutela e della promozione dei diritti delle persone con disabilità e segna l'inizio di un processo di inclusione iniziato nella seconda metà del ‘900. L’OMS sottolinea che i soggetti con menomazioni, deficit..possono versare in condizione di disabilità se l’ambiente in cui vive l’individuo non viene reso accogliente nei riguardi dei BES. La Direttiva BES è stata emanata dal MIUR nel 2012 e riguarda le modalità di intervento da parte degli insegnanti di ogni ordine e grado a sostegno dell’inclusione scolastica degli alunni con disabilità. L'obiettivo per un'educazione inclusiva è quello di individuare e rimuovere le barriere che l'ambiente di apprendimento genera sulla base: del riconoscimento della differenza nell’apprendimento come regola e non eccezione, tutti siamo diversi, e sull’importanza del contesto in cui ha luogo l'apprendimento. A questi assunti si aggiungono 3 macrocategorie che spiegano la variabilità individuale nei processi di apprendimento: 1) differenze nella rappresentazione, ossia nel modo di ricevere le informazioni durante il processo di apprendimento; 2) differenze nelle azioni e nell’espressione. ossia nel modo in cui si interagisce con l’ambiente di apprendimento; 3) differenze nel coinvolgimento, ossia i diversi livelli motivazionali e di capacità di autoregolazione dello sforzo necessario per il raggiungimento dell'obiettivo. Da qui i ricercatori del CAST (Center For Applied Special Technology) hanno elaborato delle linee guida per la progettazione e realizzazione di ambienti di apprendimento in grado di tenere conto di tali differenze: fornire molteplici mezzi di rappresentazione: dal momento che gli studenti percepiscono e decodificano le informazioni in modo diverso, i contenuti di apprendimento vanno rappresentati in modi diversi; fornire molteplici mezzi di azione e di espressione: dal momento che vi sono diverse modalità in cui gli studenti agiscono e si esprimono all'interno dell'ambiente educativo, occorre prevedere una molteplicità di metodi didattici e valutativi per consentire a tutti di formarsi nelle migliori condizioni; fornire molteplici mezzi di coinvolgimento: occorre predisporre una molteplicità di opzioni per coinvolgere gli allievi: non esiste un unico modo per motivarli. Il ruolo delle tecnologie: Che cos’è una tecnologia assistiva? È un qualsiasi prodotto appositamente creato o disponibile per prevenire, compensare, monitorare, ridurre o neutralizzare le menomazioni, le limitazioni alle attività o alla partecipazione. Le prime applicazioni delle TA risalgono agli anni ‘80 con la diffusione della Computer-Assisted Instruction (CAI), evidenziando subito una maggiore autonomia e controllo sulla propria vita, una maggiore partecipazione e contributo alle attività nei vari contesti dalla casa alla scuola, dal lavoro al tempo libero e una maggiore interazione con soggetti senza disabilità. Le TA possono essere di alta e di bassa tecnologia. Qui ci soffermiamo su quelle di alta. (es di bisogni specifici da pag. 61 a 64). Le TA possono offrire un aiuto, ma la scelta va fatta tenendo conto del fatto che l'uso del computer per alcuni soggetti può diventare un ostacolo. Pertanto, nella selezione delle TA, è importante prestare attenzione: al coinvolgimento dello studente e della famiglia nella scelta del dispositivo; personalizzare il dispositivo in base alle esigenze del singolo studente e degli ambienti in cui è solito stare; l'uso di dispositivi semplici e simili a quelli già in uso; certezza che la TA sia durevole; garanzia che il prodotto sia esteticamente piacevole, adatto all’età e culturalmente accessibile. La strada. Tecnologie per l’empowerment : Le sfide educative: Data la varietà di situazioni e sfide che la strada pone, le forme che il lavoro educativo può assumere sono diversificate e, secondo Del Gottardo, possiamo ricondurle: riduzione del danno: questo tipo di interventi è finalizzato alla protezione dei soggetti marginali con l'obiettivo di prevenire, ridurre o evitare il rischio di danni gravi e permanenti in situazioni devianti; educativa di strada: si rivolge in particolare alle aggregazioni informali di adolescenti a rischio di marginalità sociale, proponendo percorsi educativi orientati a soddisfare i bisogni di crescita, autonomia e relazione dei giovani; mediazione sociale: si tratta di interventi che mirano a promuovere la nascita di legami, rapporti, relazioni in territori scarsamente integrati, facendo leva sul territorio come luogo privilegiato per la risoluzione del conflitto; sviluppo di comunità: il disagio non riguarda solo il singolo individuo, ma l'intera comunità. Questo tipo di intervento cerca di favorire lo sviluppo della comunità attraverso l'aumento del senso di appartenenza, l'integrazione dei bisogni, l’empowerment.. Noto anche come welfare community, esso si basa sul coinvolgimento della comunità locale nella prevenzione del disagio, nella promozione dell’integrazione sociale.. Si possono distinguere almeno due livelli di analisi e intervento: il primo di carattere individuale, orientato all’empowerment del soggetto, il secondo di carattere sociale, finalizzato al coinvolgimento delle risorse del territorio, parte essenziale dell’intervento. I due piani sono collegati. Il concetto di empowerment nasce in ambito psicologico, per essere poi declinato secondo diverse accezioni. Don Milani e Freire costituiscono un paradigma pedagogico fondamentale per la formazione dell’educatore in strada. Nella loro visione, il processo educativo non è fine a se stesso, ma mira alla liberazione del soggetto dall'oppressione e dall’esclusione sociale. Il metodo freiriano muove dalle “parole generatrici”, ossia dai termini più usati del linguaggio popolare, e dai “quadri-situazione”, ossia immagini che rappresentano situazioni della vita della comunità locale. Tutto ciò porta alla maturazione e consapevolezza sulla propria vita e sui contesti sociali. L’educomunicacao o educomunicazione è una pratica pedagogica nata e sperimenta a partire dagli anni ‘90 in America Latina, si fonda sui principi pedagogici freiriani, in particolare sui fini dell'educazione associati ai processi di cambiamento sociale e sul valore della relazione dialogica tra educatore ed educando. Al suo interno confluiscono: l'educazione alla comunicazione; la mediazione tecnologica nei processi educativi e formativi; la valorizzazione delle opportunità offerte dai media ecc. introdusse la visione secondo cui la devianza avesse un’eziologia clinica. Su questa base, le tipologie di criminali furono classificate distinguendo tra delinquenti folli, costituzionali, occasionali. La possibilità di un programma educativo volto al recupero del minore si reggeva sull’idea secondo cui i soggetti in età evolutiva potessero essere ancora corretti. Per quanto riguarda gli adulti, fu negli anni ’50 che si fece strada l’idea di attuare iniziative di trattamento rieducativo. È solo grazie alla riforma del sistema penitenziario italiano del 1975 che viene introdotta in via ufficiale la figura dell’educatore penitenziario. Recentemente ridenominata funzionario pedagogico-giuridico. Pena: non conta tanto l’intensità della pena, ma la sua estensione. Nell’800, Lambruschini argomentò che il castigo era legittimo solo al fine di migliorare moralmente l’educando, mentre Dewey abbandonò l’idea della punizione. Altri autori del ‘900 (Gentile, Makarenko) legittimarono l’idea del valore educativo della punizione, per quanto essa non dovesse essere oppressiva e lesiva. Il reo va corretto, eventualmente avvalendosi di premi (ripreso comportamentismo di Skinner, rinforzo positivo). Due documenti sono importanti sul tema dell’educazione in carcere: Education in Prison e European Prison Rules. In entrambi, i detenuti devono essere considerati cittadini a tutti gli effetti. In Education in Prison tutti i detenuti devono avere accesso a un ampio spettro di opportunità educative. L'essenza dell'educazione degli adulti è che facilità, supporta e contribuisce allo sviluppo globale del soggetto. 3 sono le tipologie di programmi istruttivi e formativi che vengono solitamente erogati ai detenuti: alfabetizzazione e scolarizzazione di base; formazione professionale e tecnica; educazione socio- culturale e allo sviluppo personale. (è in aumento la domanda di e-learning in formato blended, ossia basato sulla combinazione di attività in presenza e online). - Istruzione: riguarda l’istruzione di base e include sia i corsi della scuola dell’obbligo sia quelli orientati all’addestramento professionale. - Lavoro: negli istituti penitenziari deve essere favorita la destinazione sia dei detenuti che degli internati ad attività lavorative e di formazione professionale. Il lavoro svolto in carcere deve essere di natura non afflittiva e deve essere remunerato. - Religione e pratiche di culto: ai detenuti è riconosciuta la libertà di professare la propria fede religiosa, di praticarne il culto. - Attività culturali, ricreative e sportive: organizzare attività culturali, ricreative e sportive, che sono funzionali allo sviluppo armonico della personalità e delle capacità dei detenuti. - Contatti col mondo esterno: vanno favoriti i rapporti con la famiglia e le figure affettive di riferimento, inoltre, sono importanti gli incontri e scambi con gli operatori di volontariato.. Il ruolo delle tecnologie: Tutto ciò che può essere importante per la formazione deve essere disponibile all'interno del sistema carcerario, che però è limitato. Gli istituti penitenziari non sono in grado di rimanere aggiornati. L’e-learning non è la soluzione in grado di risolvere le difficoltà e i problemi, ma consente di arricchire e ampliare l'offerta formativa dei programmi tradizionali erogati nei singoli istituti, integrandoli con conoscenze più aggiornate in linea con le esigenze del mercato del lavoro. Inoltre, permette di coinvolgere un numero maggiore di detenuti, facilitare l’autoregolazione dei percorsi d’apprendimento.. Infine, attraverso la partecipazione a corsi online, migliorano anche le competenze digitali dei detenuti. Ovviamente inserire l’e-learning in carcere non è un’operazione priva di ostacoli, soprattutto per quanto riguarda la sicurezza. Sul piano metodologico, le soluzioni didattiche per l’e-learning spaziano dalla tipologia erogativa a quelle attiva e collaborativa. Soluzione erogativa: tipologia più diffusa ed economica e si basa sull’erogazione di contenuti (materiali stampati o pagine web) e sul supporto minimale di un tutor (email). Soluzione attiva: combinazione di risorse Internet, attività e discussione online. Si lascia maggiore spazio e libertà allo studente, il contenuto è meno strutturato. Il tutor ha il ruolo di facilitatore. Soluzione collaborativa: si basa su attività collaborative in piccoli gruppi; i contenuti del corso sono fluidi e dinamici. Il tutor diventa moderatore. La soluzione più compatibile con i vincoli del contesto carcerario è la soluzione erogativa. Accanto all’e-learning, altri usi delle tecnologie digitali per la formazione in ambito carcerario possono essere: utilizzo di programmi di presentazione (PowerPoint), programmi di editing sonoro, utilizzo di animazioni digitali o grafiche. CAPITOLO 3. TECNOLOGIE EDUCATIVE E FORMATIVE NEL CICLO DI VITA L’infanzia. I bambini, le bambine e il touch screen : Dal nuovo millennio in poi dominano le tecnologie touch screen. La crescente diffusione delle tecnologie digitali tra i bambini ha portato alcuni autori a parlare di “nativi digitali” (già a 24 mesi sanno fare uno “swipe”). Il minore va protetto e salvaguardato in quanto in rete circolano contenuti di dubbia qualità e si possono fare cattivi incontri. Gli adulti devono monitorare costantemente le pratiche digitali dei bambini, anche attraverso l'uso di software in grado di controllare l'accesso a internet. L’adulto deve scegliere, direzionare e accompagnare passo dopo passo le mosse del bambino. Saper scegliere il media adeguato diventa fondamentale. Le web app per bambini sono state classificate in diversi modi: Cohen -> app per giocare, app per creare, e-book. Goodwin e Highfield suddividono in: app istruttive, app manipolative, che si basano sulla scoperta guidata e l'esplorazione, app costruttive, caratterizzate da ambienti aperti all'interno dei quali il bambino può creare i propri contenuti. Bruschi e Carbotti suggeriscono alcuni criteri utili per la progettazione e valutazione di app destinate ai bambini: i personaggi: le app per bambini devono prevedere uno o più personaggi principali in grado di comunicare amicizia e divertimento; interattività, timer e feedback: i contenuti devono essere introdotti da un narratore amichevole che saluti l'utente, presentando l'obiettivo dell'app e le relative attività. Il narratore assolve anche la funzione di coinvolgere l'utente, quando smette di interagire con lo schermo. Il personaggio guida deve fornire anche dei feedback per tutte le azioni svolte, sia quelle corrette che scorrette; attenzione e percezione: poiché l’attenzione è una risorsa limitata, le interfacce devono essere facilmente “apprendibili” in modo che l'utente possa orientare la propria attenzione verso i contenuti rilevanti; help contestuale: è importante l'introduzione di un help contestuale che li supporti nella comprensione del tipo di azioni e interazioni consentite; gestures: sono tutte le azioni che l’utente compie sullo schermo del dispositivo. I gesti devono essere funzionali a rafforzare il legame tra contenuto e interazione, e a permettere ai più piccoli una manipolazione diretta degli elementi sullo schermo; obiettivi dell’app: l'obiettivo e le attività devono essere chiari; elementi interattivi: bottoni, oggetti di gioco.. devono essere ben distinti dal resto e raggruppati in una zona specifica dello schermo; aree interattive (hotspot): devono essere grandi e adeguatamente isolati l’uno dall'altro; colori: la percezione di colori diversi genera sensazioni diverse sul piano psicologico. Si ricorre all'uso di colori complementari; icone: dal momento che i bambini in età prescolare non sanno leggere, immagini e audio hanno grande importanza. Le icone vanno utilizzate in modo chiaro e devono essere coerenti con l’azione che svolgono. Il ricorso all’icone consente di ridurre l'errore; testi: 0-6 -> occorre evitare l'uso di etichette testuali di testi. Laddove si utilizza singole parole è opportuno un supporto audio; navigazione: il menù di navigazione deve essere ben visibile e facilmente raggiungibile; metafore: sono essenziali per i bambini piccoli e forniscono un quadro interpretativo utile per comprendere l'obiettivo e il funzionamento dell’app; effetti sonori: i suoni sono parte integrante di una app, stabilendo il clima e animando l'azione. L’effetto sonoro deve trasmette coerenza e rafforzare il significato di ciò che si vuole comunicare; microfono e registrazione: la presenza del microfono e la possibilità di registrazione consente a bambini e genitori una fruizione più attiva dei contenuti; musica e background: la colonna sonora deve essere coerente con la situazione in corso; speakeraggio: dare voce ai personaggi e impartire istruzioni in alternativa ai testi. Sono da privilegiare quelle app che stimolano la mente e quelle che offrono uno scaffolding adeguato all'età, incoraggiando autonomia e indipendenza. Si tratta delle cosiddette app aperte: promuovono il gioco e l'esplorazione, consentono di sperimentare e sperimentarsi, favoriscono il pensiero critico ecc.. Marsh e colleghi hanno formulato i seguenti suggerimenti in rapporto all'età: 0-12 mesi: le app dovrebbero privilegiare l’ascolto e la vocalizzazione, il gioco sensoriale e la riflessione sulle relazioni casuali, denominare gli oggetti. 12-24 mesi: le app dovrebbero contenere riferimenti ad aspetti della vita quotidiana dei bambini, favorire lo sviluppo linguistico, includere anche filastrocche, canzoni popolari e attività funzionali allo sviluppo delle prime competenze digitali. 24-36 mesi: le app dovrebbero consentire ai genitori di monitorare e controllare l'attività dei figli quando sono online. Dovrebbero sostenere la cooperazione. Di segno diverso sono le indicazioni dello psicologo francese Tisseron, che nel suo libro “3-6-9-12”, spiega come i bambini nella fascia 0-3 andrebbero tenuti lontani dagli schermi digitali, in quanto interferiscono negativamente sul corretto rapporto del bambino con lo spazio e il tempo. (Rivoltella sostiene che isolare i piccoli dai dispositivi digitali potrebbe rivelarsi un’impresa impossibile). Passando ai bambini più grandi, secondo Tisseron, prima dei 9 anni essi non dovrebbero mai essere lasciati soli nell’uso di internet. Insegnanti, educatori e genitori dovrebbero sempre accompagnare l'esperienza di navigazione online, spiegando tre concetti base: qualsiasi cosa venga pubblicata sul web diventa accessibile a tutti; qualsiasi cosa venga pubblicata sul web vi rimane senza che poi possa essere rimossa; non tutto ciò che è disponibile sul web è vero e affidabile. Dai 12 anni in poi, i bambini possono anche accedere a Internet da soli, ma devono essere condivise regole di comportamento online con insegnanti, genitori ed educatori per garantire una navigazione sicura. Queste indicazioni di Tisseron appaiono globalmente condivisibili. L’adolescenza. I media digitali tra rischi e opportunità : Parallelamente all’aumento di accesso e uso, crescono i rischi ai quali gli adolescenti si espongono, rischi che possono essere declinati secondo diverse prospettive. Il progetto di ricerca EU Kids Online costituisce un riferimento importante per l’analisi delle insidie e delle opportunità della rete. Esse possono essere formulate in relazione ai 3 ruoli che il soggetto può svolgere online: adolescente come fruitore di contenuti positivi o negativi; adolescente come partecipante a relazioni più o meno costruttive; adolescente come attore di comportamenti desiderabili o indesiderabili. Oltre ai materiali offensivi, violenti, razzisti o di matrice sessuale, rientrano tra i contenuti insidiosi anche quelli falsi, parzialmente o del tutto. Le cosiddette fake news. Racconti falsi creati per influenzare l’opinione pubblica. Diverse sono le tipologie di fake news: propaganda, clickbait, contenuti sponsorizzati, satira e bufale, veri e propri errori, partito preso (partisan), teorie della cospirazione (conspiracy theories), pseudoscienza, disinformazione e contenuti completamente falsi distribuiti con l'obiettivo di ingannare il pubblico per incrementare i profitti. Una caratteristica che le accomuna è il loro intento persuasivo con implicazioni sul piano cognitivo, emotivo e sociale. Sul versante relazionale, i rischi derivano dalla possibilità di incorrere in contatti non desiderabili. L’anonimato reso possibile dalla comunicazione online può favorire la deresponsabilizzazione (cyberbullismo..) Tra i rischi rientrano anche quei pericoli legati a una scarsa conoscenza delle questioni relative alla privacy. Sul piano della condotta, i rischi sono legati all’invio di informazioni scorrette, al download illegale.. I media e le tecnologie digitali permettono, inoltre, la facile creazione, manipolazione, pubblicazione, condivisione dei contenuti online. Attività come il “taglia e incolla” (cut and paste) sono molto diffuse tra i giovani. Tali pratiche generano una serie di effetti collaterali come il rischio che entità commerciali si approprino di contenuti generati dagli utenti. Rispetto al tema della partecipazione, per alcuni autori il rischio è che i media immersivi possono allontanare le persone dalla partecipazione alla vita politica nel mondo reale. Le opportunità sono altrettanto articolate e analizzabili rispetto a contenuti, contatti e condotta. In termini di contenuti, la maggior parte dei benefici si lega alla maggiore facilità attraverso cui oggi è possibile accedere e/o produrre risorse digitali con implicazioni interessanti sul piano formativo e professionale. Per quanto riguarda i benefici derivanti dai contatti, 2 sono le principali opportunità: la possibilità di raccontare/rsi in condizioni di anonimato (o semi), e quindi di poter esplorare la propria identità ecc.; la seconda opportunità è connessa alla partecipazione a comunità pubbliche online, che possono essere viste come “spazi di affinità”. Infine ulteriori opportunità sono individuate sul versante della condotta, con riferimento alla partecipazione ai gruppi di apprendimento collaborativo.. Il termine per inquadrare queste opportunità è “partecipazione”. Sul piano educativo bisogna cercare di bilanciare i rischi e le opportunità. Suggerimenti utili per gli educatori provengono dalla media education. Il dialogo e l’empowerment nella media education si realizzano attraverso azioni educative volte a promuove le capacità di comprensione critica dei media. Esempi di attività che si possono proporre: diario degli usi: chiedere ai ragazzi di tenere un diario delle proprie pratiche quotidiane di uso di internet, dei social network e dello smartphone per mantenere traccia delle proprie scelte e riflettere sulle decisioni prese; esplorazioni semiguidate: proporre ai ragazzi di esplorare il funzionamento delle tecnologie digitali che utilizzano, accompagnando l’esplorazione con