Scarica tecnologie per l'educazione di Rivoltella e più Appunti in PDF di Didattica Pedagogica solo su Docsity! lOMoAR cPSD|10676130 TECNOLOGIE PER L’EDUCAZIONE PREMESSA Il libro ha per oggetto le tecnologie digitali e ha come obiettivo quello di capire come la loro presenza impatti sulla scuola, sulla formazione e sulla professionalità docente ed è rivolto a studenti, futuri insegnanti della scuola primaria e secondaria, docenti e ricercatori. L’approccio che fa da sfondo è di tipo : - Sociotecnologico →Il problema non è cosa ci fa la tecnologia ma cosa succede tra noi ed essa - Culturalista → il fenomeno è considerato come parte di un vasto tessuto culturale (visione olistica), così bisogna considerare la tecnologia anche quando parliamo di scuola – lettura culturale : tecnologia come spazio di produzione di senso INTRODUZIONE -TECNOLOGIE EDIDATTICANELLA SOCIETA’INFORMAZIONALE UMANO E TECNOLOGIEOGGI 1. La società informazionale ANNI ’80 -- > internet nasce come applicazione di informatica sociale di larga diffusione (dopo la sua creazione nei laboratori dell’ARPA come tecnologia militare negli anni ‘60), la cifra che consente di comprendere il suo significato è lo sganciamento rispetto allo spazio e al tempo(every where any time, possibilità di essere raggiunti dalla comunicazione in qualsiasi luogo e in qualsiasi momento perché non si è più costretti ad essere fisicamente presenti da qualche parte). Internet rappresenta l’esito ultimo di un percorso di evoluzione della tecnologia in Occidente che era iniziato con l’invenzione della scrittura. Prima si poteva comunicare solo condividendo tra emittente e ricevente lo stesso luogo nello stesso tempo. SVANTAGGIO: situazione non inclusiva, limitava le opportunità della comunicazione. VANTAGGIO: situazione in pieno controllo -> feed-back immediato (grazie al quale è possibile prestare attenzione a che non si verificano incomprensioni) e il controllo sull’accesso (Grazie al quale si decide a chi parlare e a chi no). Ad istanza di 30 anni si comincia a comprendere che la raggiungibilità sempre e ovunque era una minaccia più che una promessa. Dal punto di vista antropologico , il dispositivo portato in gioco è la possibilità di una vita sullo schermo che si libera dal peso del corpo. È una vita “potenziata”, perché avviene senza il corpo. MUDs --- > ambienti online (il primo “virtuale”), Second Life, sono tutte esperienze di comunicazione in cui si abbandona il corpo seduto davanti allo schermo e attraverso lo schermo si entra in un mondo parallelo. Lo sviluppo della tecnologia non è stato segnato negli ultimi 20 anni dalla separazione tra i 2 mondi, reale e virtuale, ma un’ibridazione, quanto da una interpretazione delle due dimensioni. Il futuro, oggi, è l’internet delle cose, e non un altro mondo alternativo a quello presente. Non siamo più noi a essere online (o oThine) ma i media a essere ONLIFE (Floridi). La tecnologia digitale cessa di essere uno strumento attraverso cui si entra in un mondo-ambiente digitale separato da quello fisico ed è invece una dimensione naturale della nostra vita. La tecnologia è diventata una dimensione del corpo (Braidotti). Le applicazioni di Realtà aumentata, sistemi di guida assistita dei veicoli, i Google glasses e google lens, la tecnologia aumenta la nostra corporeità e in questo modo lOMoAR cPSD|10676130 ridefinisce il senso stesso del nostro essere uomini Generazione Z (nati dopo il 2000) >la presenza online della tecnologia per loro è la norma. Non è una questione di anagrafica o genetica ma di gap culturale, perché si è passati dalla società dell’informazione ad una società informazionale (Floridi). I sistemi d’istruzione devono confrontarsi e rendere significativo il loro ruolo con questa società, cultura e nuovi soggetti. 2. Un nuovo rapporto tra cultura e natura Il dibattito negli ultimi vent'anni ha avverato la separazione tra mente e corpo, oltre a cultura e natura che aveva caratterizzato approcci precedenti. Anche gli artefatti sono un prodotto della natura e della cultura, sono prodotti dagli uomini combinando molecole e atomi, considerando le leggi naturali (come ad esempio gli androidi). Braidotti sostiene che “il fine della posizione post-umana è ripensare l’ evoluzione in modo non determinista e al contempo post-antropocentrico”. “la tecnologia aumenta la nostra corporeità” La tecnologia potenzia i processi in essere di percezione del mondo come protesizzazione, e apre e attiva nuove prospettive con cui vivere la realtà, con cui agire, in dimensioni che prima non abitavamo. La ricorsività tra natura e cultura apre nuove strade e si parla di trasversalità e non separatezza delle relazioni. Occorre quindi esplorare un nuovo umanesimo digitale , che potrebbe essere visto con le lenti del post-antropocentrismo Il post-antropocentrismo Esiste una contrapposizione tra una visione della tecnologia come mondo separato (prodotto dall’uomo) e una visione sistemica. Inizialmente si pensava alla tecnologia come prodotto culturale e umano. L’approccio post-umano sposta il quadro. Il determinismo delle tecnologie del secolo scorso è superato nelle macchine complesse di oggi. La trasversalità e prodotta dal dialogo tra le componenti materiali, le informazioni e i linguaggi (onlife), tra corpo meccanico (hardware) e contenuto numerico (software) che trasformano l’artefatto da mediatore – tra umano e ambiente – ad altro con cui l’umano dialoga hanno componenti meccaniche ed elettriche che interagiscono con quelle elettroniche, digitali e talvolta quantistiche. lOMoAR cPSD|10676130 teste ben vuote che archiviano la loro intera coscienza nelle memorie estese, senza conservare niente, nemmeno quel poco che consente loro di ricordare dove hanno appoggiato le informazioni. Noi facciamo un eccessivo affidamento sulle memorie estese. La ricaduta per la scuola è : - lo sviluppo di un nuovo tipo di approccio alla conoscenza e alla trasmissione. Quel che conta di più non sono le informazioni, ma il modo in cui le si ricerca, seleziona, gestisce, valuta. Si tratta di competenze che rientrano nell’area dell’Information Literacy, devono entrare nel curricolo trasversale alle diverse discipline. - La necessità di contenuti didattici proposti in una nuova forma e il rapporto che l’insegnante deve avere con essi. I contenuti didattici devono avere forme aperte e dinamiche di organizzazione del sapere, devono essere in grado di essere aggiornate in tempo reale. Si spera in una via diversa dall’editoria scolastica e il self publishing (che comporta problemi di validazione scientifica). Essa fa leva sulle open libraries disponibili in rete. All’Insegnante viene chiesto di cercare in esse materiali e di organizzarli nell’ottica della trasposizione didattica . 5. Didattica digitale Il diluvio informativo e lo sviluppo delle memorie estese determinano nuove finalità educative, sta avvenendo il passaggio da una lettura come decodifica di un segno già presente nel testo, a processi interpretativi creatori di senso che Kress vede basati sull’aggregazione: manipolare oggetti-concetti per costruire nuovi significati. L’informazione oggi è liquida e diffusa (Baumann). Le strutture formali sono non più i soli spazi in cui è depositato il patrimonio culturale. La scuola da dispensatrice di informazioni è diventata luogo in cui le informazioni frammentate vengono elaborate, confrontate, validate e aggregate, il soggetto opera in modo attivo. Il soggetto è attivo nella costruzione di proprie RETI di SENSO che connettono con testi formali e informali. Dal testo che prevedeva un lettore si passa all’ebook e all’app digitale dove il lettore diviene anche scrittore e produttore di nuovi testi, connessioni, reti. Tali trasformazioni sono connesse con la costruzione identitaria sia personale, sia professionale. SCUOLA -->deve focalizzarsi oltre che sugli obiettivi (punto di arrivo) anche sulle competenze (interazione complessa tra i fili). La competenza è la capacità di orchestrare valori, conoscenze, abilità per costruire strategie innovative utili a risolvere problemi non precedentemente risolti. Bisogna lavorare: . sul piano produttivo, la capacità di modificare il mondo e di innovarlo; . sul piano costruttivo, lo sviluppo del sé, della propria consapevolezza, della propria professionalità. Per fare in modo di formare dei cittadini capaci di affrontare sfide sociali e civili future deve lavorare sull’educazione che deve cambiare contenuti e metodi. Le raccomandazioni in ambito educativo proposte dalla comunità europea, da agenzie americane e agenzie asiatiche hanno molti punti in comune. La Raccomandazione 9009/18 emanata dalla comunità europea sulle competenze chiave per l’apprendimento permanente individua 8 competenze essenziali per ciascun individuo in una società della conoscenza. Darling-Hammond, in “The Flat World and Education” identifica alcune abilità che gli studenti dovrebbero sviluppare e la scuola dovrebbe favorire: • L’abilità di collaborare e comunicare efficacemente in molti formati; lOMoAR cPSD|10676130 • L’abilità di identificare e collocare le informazioni, di trasformare le informazioni in nove idee e conoscenza; • L’abilità di identificare problemi e sviluppare nuovi percorsi e soluzioni; • L’abilità operare sulla propria identità professionale per un continuo miglioramento. Il superamento della separazione tra natura-cultura determina nel mondo dell’educazione il superamento della divisione tra cognitivo, emotivo e valoriale: l’approccio olistico trova spazio nella scuola puntando su dispositivi in cui l’aspetto educativo fa sintesi tra conoscenza e azione, tra rapporto con il sapere e rapporto con l’altro da rispettare nella sua diversità e da valorizzare come risorsa. Come cambia l’insegnamento? DOCENTE > con le nuove finalità educative diventa colui che: ✓ accompagna lo studente nel mettere in atto i processi precedenti. ✓ Assume il ruolo di tutor che supporta i processi e la riflessione. Si ha il passaggio da docente che lavora da solo a un docente che opera in una comunità. La formazione dei docenti va esplorata e ripensata. Se prima era basata sul fornire conoscenze e strategie, oggi va fornito il possesso di una professional vision capace di progettare dispositivi sistemici per l’insegnamento. Non è più richiesta la formazione top-down erogata da un esperto, ma viene privilegiato un lavoro continuo di riflessione e confronto sull’azione didattica in una comunità pratica. Le nuove tecnologie aprono nuovi spazi per operare in modo connesso su skill cognitivi, intrapersonali e interpersonali. Grazie ad alcuni di questi skill lo studente diviene creatore, collaboratore e remixer. Sono strumenti per cercare risorse, aggregarle, connettere frammenti. Modalità blended e tool del web 2.0 sono importanti per sviluppare competenze intra e interpersonali e di proporre percorsi in cui la costruzione di conoscenza diviene un percorso attivo. Le modalità operative, spesso supportate dalla tecnologie inducono alla riflessione, la partecipazione e la condivisione. Possono creare contunuità tra tempo d’aula e tempo extra-aula 6. tecnologie ed educazione, oggi La tecnologia quanto conta? migliora le cose? rappresenta un rischio? Riguardo a questo quesito vi sono 3 punti di vista: 1. Ottimismo ingenuo:l’introduzione della tecnologia possa produrre il cambiamento e fare a meno dell’insegnante; (modello della propagazione) 2. Criticismo: la tecnologia è vista con diffidenza si punta a tenerla fuori dalla scuola primo assunto→ presupposto vetero-marxista: salvare la scuola dal mercato e difendere la democrazia e la cultura; secondo assunto → presupposto umanista: la tecnologia rappresenta una minaccia ai valori della cultura occidentale e vi sono due idee: 1) antiscientista: la tecnologia dispone di tutto senza più limiti; 2) neoidealista: la tecnologia nega lo spazio dell’uomo in favore della macchina. La scuola deve tenerla fuori, per salvaguardare la capacità di pensare degli studenti e i valori della cultura alta. 3. Evidence based education: non si può dimostrare che a tecnologia a scuola migliora gli apprendimenti, quindi è meglio non introdurre la tecnologia a scuola. Quindi in risposta alla domanda citata sopra possiamo dire“dipende”. Comunque bisogna riformulare la domanda e ripensare ai modelli educativi, non si tratta solo lOMoAR cPSD|10676130 dell’aggiunta dell’elemento tecnologico, ma di rivedere tutto il sistema. Oltre l’approccio tecno-centrico se ne propone uno socio-tecnologico, che considera le tecnologie come emergenti dalle interazioni tra strutture sociali e organizzative,tra persone e strumenti. Questa diversa posizione produce un cambiamento anche nelle metodologie usate perche considera il sistema come dinamico e propone nuove esigenze formative che richiedono nuovi dispositivi e nuovi modelli Il rapporto tra didattica e tecnologia? 3 fasi: 1) Pedagogia classica (fino agli anni ’70) -> trovare nella tecnologia il suo risvolto pedagogico 2) Media e tecnologie didattiche vengono riconosciuti nella loro specificità (anni 80-90) -> nasce la tecnologia dell’educazione e ha come risultato una radicale separazione tra: didattica che non fa uso di tecnologia e didattica che la prevede 3) E’ difficile pensare a una didattica senza tecnologia, perché essa è parte della nostra vitaOggi non si può pensare a una didattica senza tecnologie, ma nemmeno a un uso della tecnologia emancipato dalla didattica e dalla pedagogia che essa articola.I media sono indistinguibili dalla nostra vita e dalle nostre relazioni con le cose e con le persone. lOMoAR cPSD|10676130 motori nella manipolazione dei pensieri astratti. Quando il compito cognitivo è molto complesso si utilizza il formato corporeo. Molti ricercatori sottolineano il ruolo del corpo a un approccio embodied anche per la formulazione dei pensieri astratti. La prima conseguenza è una visione modale e non a-modale dei concetti. Galles distingue: - rappresentazioni a-modali: tutti quei concetti il cui modo di rappresentazione è tale da consentirci di rappresentare ogni contenuto indipendentemente dalla modalità sensoriale. - Rappresentazioni modali: quando l’agire è multimodale, cioè viene eseguita neurologicamente usando substrati neurali sia per l’azione che la percezione. Il digitale generalizza e diffonde il processo del pensare in formato corporeo e opera in 2 direzioni: 1. Dà corpo ai concetti astratti; 2.Costruisce uno spazio cognitivo, in cui vengono visualizzati i concetti che diventano degli oggetti modificabili nello schermo con processi senso-motori. 1.4 Il frammento, il layout e la didattica FRAMMENTO > Visto da molti autori come un problema, come l’origine di molti limiti come il disorientamento e l’ansia del contesto attuale. Si crede che non possa essere rimosso se non rinunciando al mondo attuale; allora il problema diventa come interagire con esso e in particolare come operare nella relazione tra frammento e layout. Che cosa significa frammentazione in educazione? Nella formazione aziendale vi è molto interesse per il micro-learning. Nella didattica scolastica, universitaria, vari sono i modelli che fanno riferimento al micro-learning: RIVOLTELLA > la necessità di lavorare su segmenti circoscritti di contenuto, organizzando attorno a essi delle attività brevi, possibilmente di produzione e incorniciando il tutto attraverso istruzioni brevi e riflessioni da condurre ex-post Gli elementi chiave oltre la brevità sono il ruolo centrale assegnato alle attività degli studenti e la necessità delle cornici, i layout. Rivoltella ha elaborato il metodo EAS (episodi di apprendimento situato) nel quale il docente, e attraverso lui il sapere sapiente hanno il compito di far emergere e valorizzare i frammenti per poi riorganizzarli nel debriefing finale. Se la conoscenza è liquida e gli studenti arrivano a scuola con un sapere acquisito in contesti non formali (sapere a macchia di leopardo), al docente spetta il compito di fare emergere tale sapere e sistematizzarlo. Le difficoltà del processo derivano dalla pluralità di contenuti, linguaggi, logiche che emergono e la necessità di una padronanza epistemologica della disciplina che al docente serve per ricondurre a sistema i fili presenti. Prima nota: Il problema del disorientamento deriva dall’incapacità di aggregare i frammenti. I metodi di insegnamento attuali spesso propongono schemi rigidi incapaci di produrre aggregazioni situate coerenti con il sapere degli studenti. Seconda nota: Il ruolo del docente cambia, operacome tutor che accompagna lo studente nella costruzione in contesto ditali quadri. Occorre porsi delle domande: 1) Perché oggi è efficace il micro-learning? lOMoAR cPSD|10676130 La complessità dei frammenti richiede l’azione, come operazione semplessa, per attraversarli. Il micro- learning è uno spazio di azione delimitato e sostenibile che funge da contenitore (layout) per portare a sistema la varietà. Con i dispositivi multimodali lo studente opera sulle proprie conoscenze, le confronta con gli altri e costruisce sintesi condivise. Se nella classe linguaggi, testi, culture sono differenti, condivisi sono i layout. Nel passato l’elemento condiviso era il riferimento teorico e culturale, oggi sono le attività e le pratiche la base comune per l’allineamento da cui iniziare il viaggio. Cosa sono layout, frammento, il macro e il micro nell’azione didattica? I frammenti sono connessi a discipline, obiettivi, contenuti; il layout alle attività, competenze, compiti autentici. I frammenti sono anche le Learning Teaching Activity Ulteriori livelli che si aggregano nell’agire didattico sono: - il disciplinare - l’intra-soggettivo - l’intersoggettivo si aggregano in lezioni, lezioni che si aggregano in moduli, moduli che si aggregano in curricoli. La relazione macro- micro può essere vista a più livelli producendo strutture frattali. Un tempo in pagella c’erano i voti sulle discipline e i voti sulla condotta. Oggi le singole attività intrecciano queste tre aree: lo studente tratta un contenuto, lavora su di esso con un lavoro di gruppo, riflette su come sta apprendendo e si auto- regola. Il micro-learning non è il micro-teaching della didattica breve. In ques’9ultima il micro riproduce in scala ridotta o frazionaria la logica del macro con una logica non semplessa, ma riduzionista: cosÏ il macro obiettivo del curricolo annuale, ad es., viene parcellizzato in micro obiettivi nella singola lezione. Differente è il micro-learning che possiede una sua autonomia e finitezza che è indipendente dalla logica dei livelli macro 1.5 Il digitale come terzo spazio Nella gestione del micro-learning una difficoltà è visualizzare/agire l’aggregazione. Proprio in questo la presenza di artefatti digitali fornisce un supporto insostituibile. Occorre quindi un terzo spazio in cui sia possibile ibridare processi, concettualizzazioni e attività, in cui connettere concetti come fossero oggetti per produrre emergenze. → il digitale Nella pratica educativa troviamo il digitale nella presenza (es. LIM, applicazioni per specifici compiti) e nella distanza (internet, Wikipedia). Il valore aggiunto è quando produce il Spazio ibrido e blended che connette formale e informale, presenza e distanza. Permette di costruire i fili rossi per recuperare quanto si sta realizzando negli altri 2 spazi e fornisce senso e significato alle produzioni realizzate da entrambe. terzo spazio. lOMoAR cPSD|10676130 Tipologie di attività interpretabili come terzo spazio che il digitale rende possibili: • L’aggregare note e la scrittura collaborativa: alcuni tool digitali aggregano frammenti che provengono da varie sorgenti, stabiliscono relazioni topologiche sia verso l’interno, sia verso l’esterno grazie a link/tag. Inoltre,vi è la possibilità di intervenire in tempi diversi sui testi e operare contemporaneamente con più media. • Stratificazione dinamica di documenti digitali e il tracciamento in itinere delle attività che rivoluzionano il concetto stesso di documentazione. • Progettazione tramite app come DEPIT che consentono di aggregare livelli diversi (attività, sessione, modulo, curricolo) e di ibridare design, documentazione e riflessione. • E-Portfoli che aggregano le evidenze e le riflessioni sulle stesse. In esse sono connesse le esperienze formali e non-formali ed emergono i fili rossi identitari. • Ambienti blended, spazio intermedio tra le pratiche in aula e esperienze esterne (una terza aula). Svolgono la funzione di ponte che non solo connette, ma garantisce la presenza di una propspettiva diversa. Nella terza aula interagiscono pratica e teoria, contesti formali e informali Negli esempi precedenti le tecnologie digitali ibridano conoscenze ed azioni, permettono di accogliere l’esistente, ma anche di organizzalo e aggiungere le emergenze prodotte nel contesto dai singoli o dalla classe. Ciascuna applicazione può essere vista come un layout multimodale che propone attività, raccoglie, aggrega frammenti, crea uno spazio dove si costruiscono reti e si costruiscono emergenze disenso. Il digitale è un terzo spazio quando permette a docenti/studenti di raccogliere materiale differente, recuperato dalla rete, da produzioni di classe, da precedenti lavori, e poi organizzarlo, sistematizzarlo, strutturarlo, costruendo quel sapere situato e condiviso che è il prodotto dell’agire didattico. Il terzo spazio e il digitale visto come terzo spazio sono generativi e producono innovazione. Conclusioni Il digitale è all’origine del frammento e del layout e a volte offre anche un terzo spazio per la gestione. Le tecnologie digitali non possono essere isolate dal contesto sociale e culturale. lOMoAR cPSD|10676130 da parte dell’allievo che devono essere prontamente verificate. Le risposte corrette devono quindi essere confermate e rinforzate (ad esempio mediante un gesto di approvazione o un premio) affinché si stabilizzino, quelle errate o inadeguate smorzate e progressivamente estinte. → l’apprendimento corrisponde alla ripetizione di comportamenti che se idonei vanno rinfrozati. E’ necessario focalizzare bene gli obiettivi, scomporli in sottounità e progettare percorsi graduali a complessità crescente COGNITIVISMO: si afferma dalla fine degli anni ‘60 in risposta all’impossibilità di indagare la mente umana sostenuta dal comportamentismo. Suggerisce modelli per studiare le strutture e i processi di funzionamento della mente umana. La didattica acquisisce nuovi costrutti: memoria di lavoro e a lungo termine, meta-cognizione, schemi cognitivi, anticipatori e nuovi altri, che incoraggiano lo sviluppo di nuovi metodi per sostenere e facilitare l’apprendimento. I computer diventano sempre più potenti, dai monitor monocromatici si passa al colore. Nascono nuove periferiche (microfoni, scanner, stampanti a colori), nuovi software (riconoscimento e sintesi vocale, montaggio audio- video, authoring tools per sviluppare contenuti interattivi), sviluppo dei primi contenuti ipertestuali per l’autoapprendimento (CD-Rom interattivi: enciclopedie, corsi di lingua, storia…), primi prototipi dei programmi istruttivi adattivi (ICAI, ITS). Si fa strada una nuova modalità di intendere l’uso delle tecnologie: quella interessata a sostenere l’apprendimento, aiutando a organizzare idee e favorire concettualizzazioni (mappe concettuali). Nel 1967 Papert inventa il “Logo”, un linguaggio semplificato per diffondere la programmazione nelle scuole sostenendo l’idea che questa rappresenti un importante opportunità “per imparare ragionare”. COSTRUTTIVISMO: fine degli anni ’80, come evoluzione del cognitivismo. Insegnare non è trasferire nozioni, ma creare condizioni affinché si realizzino processi unici e irripetibili di costruzione attiva e significativa delle conoscenze da parte degli allievi. Le tecnologie sono viste come mezzi per imparare autonomamente o in gruppo. Lo studente diventa autore delle proprie visioni delle discipline all’interno di una dinamica negoziale con gli altri. Negli anni ’90 questo si concretizza con l’uso dei computer per costruire ipertesti e applicazioni multimediali da parte degli studenti. In seguito con l’avvento delle reti/internet si insiste sull’importanza della comunicazione tra pari. Le tecnologie diventano veri e propri ambienti(virtuali)per la costruzione attiva delle conoscenze a cui si fa riferimento con l’acronimo CSCL (Computer Supported collaborative learning). Grazie i webforum si promuovono e si sperimentano forme di apprendimento per scoperta (inquiry). Gli studenti entrano a far parte di comunità impegnate nella costruzione della conoscenza (Knowledge building community). Con internet il modello esce dalle classi e diventa globale. All’inizio del XXI secolo diventa sempre più evidente il fatto che le tecnologie stiano trasformando sia le pratiche di insegnamento in aula, sia quelle di studio. Conclusioni La storia e i principi delle tecnologie educative può essere vista come una costante ricerca di equilibrio e di risposte appropriate all’evoluzione dei contesti, delle risorse, delle persone nelle diverse stagioni e situazioni. I principi pedagogici si reificano nel contesto educativo attraverso le tecnologie ricomprendendo e ridefinendo piuttosto che sostituendo quelli precedenti lOMoAR cPSD|10676130 CAPITOLO 3 – LE TECNOLOGIE PER LA PROGETTAZIONE DIDATTICA E LA GESTIONE DELL’AULA 3.1 Introduzione La complessità dell’azione didattica nell’aula attuale richiede una progettazione articolata ed esplicita. La presenza pervasiva delle nuove tecnologie ha spostato l’attenzione da una relazione diretta docente- discente a una triangolare in cui il terzo polo è costituito da ambienti e artefatti digitali. Alcuni arte fatti sono mediatori didattici e supportano il docente nella trasposizione, altri sono aggregatori e reificano la rete dei significati che, in passato, era garantita dal manuale e dall’azione del docente. (automi e aggregati) 3.2 Le tecnologie a supporto della progettazione del docente La necessità di disporre di un supporto esterno alla mente umana dipende dalla complessità della struttura da costruire. Nell’ambito specifico della progettazione didattica le prime realizzazioni di dispositivi autoritari digitali incominciano negli anni ’90 quando era necessario costruire Learning Objects che potessero essere utilizzati in diversi Learning Management System. - ADL (Advanced Distributed Learning) propose SCORM (Shareable Content Object Reference Model), una standard per l’interoperabilità utile a guidare la progettazione di oggetti didattici riutilizzabili. Limite: richiede molte indicazioni tecnologich ed erano scarse quelle di tipo pedagogico didattico - Inizio del 2000 l’IMS Global Learning Consortium definì l’IMS LD (Learning Design): uno standard di interoperabilità che potesse supportare il docente nella realizzazione di percorsi didattici, ma che diversamente dal modello SCORM, lo guidasse anche sul piano pedagogico. Anche tale standard si rivelò, però, praticabile solo per la creazione di percorsi complessi. - Soluzioni successive al problema sono venute da nuove tecnologie quali le API (Application Programming Interface) che permettevamo di far dialogare componenti di diversi applicativi al fine di produrre aggregazioni di materiali e il Web 2.0, in cui i problemi di catalogazione top-down sono stati sostituiti da modelli bottom-up 3.2.1 La seconda fase Dal nuovo millennio è emersa una nuova attenzione alla progettazione didattica supportata da applicazioni digitali, che ha riguardato non più la cerazione di percorsi online, ma la didattica nel suo complesso. Il gruppo di lavoro Learning Design Group ha individuato 4 progetti che hanno alimentato tale ricerca. Essi avevano in comune la visione che il miglioramento dell’insegnamento e dell’apprendimento passasse attraverso lo sviluppo di framework descrittivi dei processi e dell’azione didattica. 1. London Planner/Learning Designer, 2. Phoebe, alcuniprogetti 3. LAMS Activity Planner. Nell’ LD si ha la successione di attività didattiche. Il Learning Design Support Environment di Laurillard è un supporto digitale all’organizzazione delle attività didattiche del docente attraverso una scansione delle azioni (a partire dal modello Conversational Framework) con cui l’autrice propone una strategia interattiva tra docenti e studenti. La possibilità di descrivere il proprio progetto permette al docente in fase di progettazione di distanziarsi e dialogare con il proprio artefatto per attivare quei processi di simulazioni dell'azione, virgola di anticipazione, virgola di previsione con cui testare il processo stesso. lOMoAR cPSD|10676130 3.2.2 Gli aggregatori multimediali Se gli artefatti finora descritti riguardano la fase progettuale di pre-azione, lo sviluppo di spazi web all’interno dei quali organizzare, gestire, condividere materiali didattici ha portato allo sviluppo di ambienti nei quali aggregare materiali per poi condividerli con la classe. Già i LMS avevano tale finalità, ma il loro uso era principalmente diretto alla didattica online e alle attività online connesse a percorsi blended. Ora l’attenzione costruzione di aggregatori utilizzabili anche in classe. Ad esempio, Edmodo o Tes Teach, un tempo Blendspace, la web app che permette al docente di organizzare le risorse multimediali selezionate in rete e di condividerle con gli studenti della classe, virtuale o in presenza. Tale ambiente mette insieme 2 delle condizioni inerenti all’utilizzo di artefatti digitali nella didattica: la facoltà di aggregare media differenti e la possibilità di manipolare e modificare gli artefatti stessi. Un altro esempio è il Graphic Organizer, quali le mappe, che permettono di aggregare contenuti e suggeriscono relazioni tra gli stessi. ARTEFATTO PROGETTUALE > funzione: dovrebbe supportare sia il docente nell’elaborazione del percorso, raccogliendo e organizzando tutto ciò che utilizzerà a lezione e sia gli studenti orientandoli e fornendo loro una visione organica del percorso didattico e i materiali da utilizzare per svolgere le attività. Laurillard →Sottolinea che se le applicazioni nascono fuori dal mondo educativo, si portano dietro logiche che non sono proprie di questo mondo. Quindi rivendica ai docenti il ruolo di progettare, con il supporto di informatici, le applicazioni per la didattica, evitando deleghe pericolose e fuorvianti. (ESEMPIO) - >Il progetto DEPIT ha lo scopo di suppore la progettazione attraverso un dispositivo che permetta la condivisione in classe dell’artefatto progettuale. Tale artefatto è costituito da più mappe tra loro connesse; ogni mappa rappresenta un diverso livello della granularità che caratterizza la didattica – curricolo, modulo e sessione – e permette al docente di riconnettere le dimensioni macro e micro. Ciascun livello è connesso al successivo da link e ciò produce un morphing tra le diverse dimensioni temporali e organizzative, da un lato, ma anche cognitive, dall'altro. 3.2.3 La reificazione dellaprogettazione L’artefatto digitale ha funzione di: • Contenitore flessibile:(non serbatoio) ma può essere utilizzato in classe per organizzare i materiali di studio, dare consegne, raccogliere e gestire le restituzioni, archiviare i prodotti delle diverse attività didattiche e i documenti della valutazione. Quindi è costantemente modificato ed è un organizzatore grafico flessibile: Lo si può implementare e ricostruire inserendo nei singoli nodi non solo i materiali predisposti dai docenti, ma anche i materiali prodotti dagli studenti, documentando l'azione e divenendo un valido riferimento per gli studenti nel percorso didattico di classe. • Ambiente reticolare: espande la progettazione del docente sia verso contenuti esterni, presenti nel contesto sociale di riferimento o in rete, sia in termini di correlazione tra punti di vista diversi. Inoltre, permette di personalizzare i percorsi (dimensione inclusiva). L’artefatto digitale risponde all’esigenza di soddisfare le diverse richieste provenienti dalla classe. L’artefatto permette una visione multi-prospettica e la raccolta di contenuti di ciascuno. La possibilità di condividere i propri prodotti estende la possibilità di incontro e di conoscenza di altre realtà(testi, contesti,modelli, ecc), permettendo il confronto e lo scambio peertopeer (dimensione orizzontale e partecipativa) 3.3 Le tecnologie per supportare l’inclusione lOMoAR cPSD|10676130 - da un lato di interagire con le risorse didattiche → in questo caso si pensa a un uso compensativo della tecnologia (audiolibri, bande braille, calcolatrici, ecc.) - dall'altro di entrare in comunicazione con il contesto circostante → in questo caso si pensa a un uso partecipativo, ossia finalizzato a rendere il contesto scolastico inclusivo, giocando sulla dimensione sociale. In questo caso in particolare l'adattamento del contesto non è solo una questione organizzativo spaziale quanto piuttosto di ripensamento metodologico nell'affrontare le attività didattiche nell'ottica di una più agile partecipazione alla vita scolastica dello studente svantaggiato. - Disabilità cognitive/Disagio psico-sociale: nel caso di studenti con difficoltà di apprendimento con il supporto delle tecnologie è possibile: o Mettere a loro disposizione ambienti di studio personalizzati (software semplificati); o Consentire lo sviluppo di attività che risultino chiare, stimolanti; o Permettere di esercitare specifiche abilità spesso giocando su processi ripetitivi; o Supportare attività finalizzate allo sviluppo del linguaggio; o Giocare su canali mediali differenziati. Se nel caso di disabilità fisico-sensoriali, le problematiche sono facilmente individuabili, qui i problemi tendono ad essere legati alla sfera personale; vanno affrontati sia sul piano della facilitazione d’uso delle risorse tecnologiche e didattiche, sia su quello della personalizzazione degli approcci sulla base del particolare deficit cognitivo, ricorrendo anche al supporto della tecnologia. Ciò può favorisce l’inclusione socioeducativa, a patto che le attività didattiche proposte in aula consentano allo studente in difficoltà di contribuire al lavoro collettivo nei limiti della propria condizione. - Studenti con difficoltà emotive/ o disturbi del comportamento,con l’ausilio delle risorse tecnologiche è possibile: o Facilitare attività in cui gli alunni non si sentono sotto giudizio; o Creare situazioni che facilitino gli studenti nel raggiungimento di risultati; o Offrire l’opportunità al singolo di sentirsi responsabile del proprio apprendimento; o Assegnare agli studenti compiti differenziati (adeguati alle abilità). Anche questo caso la tecnologia può aiutare, ma è la progettualità dell’insegnante, con il supportato di specialisti, creare condizioni favorenti l’inclusione. - Patologie che impediscono la normale frequenza scolastica o ci sono gravi patologie croniche che costringono gli studenti a lunghe assenze, a volte anche permanenti. Il docente per alcune ore alla settimana si reca al domicilio o nel luogo di cura dello studente. o L’Istruzione Domiciliare (ID), però, non prevede il mantenimento del contatto tra classe di provenienza e lo studente costretto a casa (homebound). L’assenza di relazioni sociali può essere fonte di ulteriore malessere psicologico, perché le relazioni con gli altri hanno un ruolo centrale nello sviluppo dellamente e delle abilità sociali, cognitive, metacognitive. Da qui l’ideazione del progetto TRIS (tecnologie di rete e inclusione socio-educativa) nel triennio 2013-16. Finalità del progetto è stata ideare una classe ibrida inclusiva: queste si sviluppano in spazi ibridi, ossia spazi dinamici prodotti dalla costante connessione delle persone alla rete internet attraverso i propri dispositivi. Questo consente di realizzare classi in cui le dimensioni spaziali dell’aula e quelle del domicilio, nonché quelle temporali in cui si sviluppa l’attività didattica vengono sublimate dalla dimensione digitale, estendendosi oltre gli spazi e i tempi canonico. In questi spazi si includono spazi e contesti remoti in quello percepito e vissuto al momento dal punto di vista didattico, gli spazi ibridi, sfruttandola la guida, la liquidità della loro componente digitale, lOMoAR cPSD|10676130 offrono una possibilità di diluire la rigidità dei contesti istituzionali. In un'ottica di apertura di trasversalità, sia spazio temporale, sia concettuale. Obiettivo è quello di permettere allo studente di sentirsi come se stesse in classe e la classe lo percepisca presente, come un qualsiasi compagno. Ciò che caratterizza la classe ibrida inclusiva è l’essere sede di processi di insegnamento-apprendimento centrati su strategie didattiche che favoriscano l’inclusione; tutto ciò cercando di ricreare la situazione di “normalità” di una giornata tipo, con i momenti d’aula e quelli di studio a casa o fuori l’aula. Ma quali tecnologie occorrono per realizzare una classe ibrida inclusiva? Webcam brandeggiabile, ossia orientabile direttamente dallo studente a casa in modo da dargli la possibilità di provvedere in modo autonomo alle inquadrature all’interno dell’aula remota; insieme di servizi in rete per la comunicazione interpersonale (skype, google groups, google mail, telegram), la condivisione di risorse (google drive, dropbox), la co- costruzione, cioè sviluppo collaborativo di artefatti (skype + google drive app, padlet, Mindomo). 4.4 Le situazioni speciali come crogiolo d’innovazione Ma perché tanto interesse sull'uso delle tecnologie a supporto dei processi di inclusione a favore di studenti impossibilitati alla normale frequenza scolastica? Il motivo è semplice: La didattica speciale da sempre ha rappresentato un terreno privilegiato per condurre sperimentazione sull’uso didattico delle tecnologie. Sperimentazioni che spesso hanno portato a modelli didattico-pedagogici e organizzativi efficacemente esportabili anche nella didattica “normale”, benché più restia a introdurre tecnologie nelle proprie prassi educative. La tecnologia viene vista come qualcosa che può risolvere/attenuare un problema o migliorare una situazione, più che creare disturbo e ulteriori complicazioni. Mettiamo a confronto due modi diversi di rapportarsi all'uso didattico delle tecnologie: → L’ultimo punto della tabella è interessante perché spesso sono proprio le situazioni di disagio a fungere come una sorta di<cavallo di Troia= per una più ampia riflesione sull’introduzione delle tecnologie nella didattica. In altre parole, stimolando la ricerca di soluzioni bassate sull’uso di risorse tecnologiche per affrontare il problema dell’inclusione socio-educativa, viene implicitamente favorita una più generale e profonda riflessione su come utilizzare analoghi strumenti e metodi per innovare e migliorare qualitativamente anche la didattica cosiddetta <normale> lOMoAR cPSD|10676130 Conclusione: far di virtù necessità: Provoca sempre una forte perplessità, all'interno di un consiglio di classe, la proposta di una riprogrammazione anche parziale delle attività didattiche in modo da coinvolgere uno studente svantaggiato nella normale frequenza scolastica. Tali ritrosie spesso vengono subite se si riesce a far leggere in positivo ai docenti una situazione che certo positiva non Ë, facendo cioè loro comprendere come la gestione di quella situazione di disagio possa diventare l'occasione per acquisire conoscenza e competenze sull'uso didattico delle tecnologie, da riversare poi su tutta la classe anche per altre finalità in tempi successivi. lOMoAR cPSD|10676130 strategico per l’apprendimento della classe. Fornire un feedback è un’attività che può essere supportata con le tecnologie, aiutando i docenti nelle situazioni in cui la classe è numerosa e i tempi sono ristretti. Esistono infatti applicazioni (Kahoot, Socrative, Plickers, Mentimeter,) che permettono al docente di raccogliere con facilità le opinioni degli studenti, inviate tramite smartphone e visualizzabili attraverso uno schermo condiviso in classe. Così facendo si ha accesso in tempo reale alle domande degli studenti e per il docente rappresenta uno strumento utile per valutare il livello di comprensione dei contenuti trattati. Un’ ulteriore possibilità fornita dalle tecnologie è quella di fornire feedback in formato audio o video, tali feedback favoriscono la comunicazione e la revisione. Produrre e registrate feedback audio è molto veloce rispetto alla scrittura. Molti studenti hanno trovato il feedback audio e video più dettagliato e utile rispetto ai feedback testuali (brevi, poco chiaro, difficile da ricordare). 5.3 La tecnologia per la valutazione tra pari Negli ultimi due decenni hanno visto un'ampia diffusione gli strumenti di comunicazione online, disponibili in rete come singolo tool o all’interno di ambienti di apprendimento. Permettono di condividere materiali, postare commenti e note, commentare i contributi inseriti da altri studenti o dal docente Il Forum è lo spazio online dove può essere effettuata una discussione, che può assomigliare a quel ragionamento collettivo che si ferifica in aula. La permenenza della riflessione che avviene nel forum facilita la revisione e la riflessione Il Blog è stato utilizzato come diario o album fotografico, o come luogo per la discussione e la condivisione di punti dii vista e commenti, come repositary di materiali; le scuole realizzano documentazioni di esperienze didattiche (esperiment, percorsi di esplorazione, gite) Strumenti come Wiki per la scrittura collaborativa consente un’apertura a compiti di stesura di testi collettivi e facilita la costruzione di conoscenze, permettendo la realizzazione di una vera e propria comunicazione multimediale. Le applicazioni citate possono essere utilizzate per strutturare attività di PEER ASSESSMENT, in cui la valutazione non è solo condotta dal docente, ma viene organizzata come un’attività da svolgere dagli studenti nei confronti dei colleghi. Caratteristiche fondamentali: 1. Proporre agli studenti di valutare il proprio lavoro e quello dei colleghi significa metterli in posizione di responsabilità rispetto al proprio lavoro. Lo studente ha un ruolo attivo nel valutare il compito del collega e può esprimere un giudizio e costruire un proprio pensiero sul compito e sulle modalità di svolgimento; 2. Per facilitare il lavoro di valutazione e per renderlo più sostenibile è necessario condividere i criteri di valutazione attraverso strumenti strutturati come le rubrics. Ciò pone l’attenzione sulle finalità e obiettivi dell’attività proposta e si rafforza l’apprendimento da parte degli studenti oltre che la consapevolezza dei propri apprendimenti. (si focalizza l’attenzione dul perché e sul come) 3. Permette di ricevere feedback dai colleghi, che hanno un impatto diverso rispetto ai feedback forniti dal docente. Le indicazioni del docente vengono recepite in modo acritico, mentre quelle dei pari vengono messe in discussione/problematizzate e conducono a un ripensamento più profondo dell’intero elaborato. Nei casi descritti la tecnologia favorisce lo scambio dei lavori e dei feedback di raccogliere i lavori in una cartella condivisa e poi di mostrarli per la valutazione in forma anonima. Utilizzare un ambiente di apprendimento online permette di gestire con facilità‡ queste attività‡, consentendo di valutare i lavori sulla base di un set di criteri condivisi e di ricevere una valutazione che viene calcolata automaticamente dal sistema, ricavata dalla somma delle valutazioni dei colleghi del gruppo. In ogni caso la qualità‡ del processo Ë data dal dispositivo complessivo ovvero dalla relazione lOMoAR cPSD|10676130 tra il compito, la consegna, le modalità operative e le tecnologie utilizzate. 5.4 La tecnologia per la riflessione e l’autovalutazione Da diversi anni per la riflessione e l’autovalutazione si utilizzano strumenti come il portfolio e l’ePortfolio, che supportano studenti e docenti nella valutazione automatica. L’ePortofolio è la versione digitale del portfolio e nasce come strumento per la raccolta di materiali significativi che documentano la crescita e lo sviluppo personale e professionale del soggetto che lo costruisce (Rossi, Giannandrea 2006). Il digitale consente di inserire prove dell’apprendimento costituite da materiali audio e video oltre ai documenti cartacei. Questo rende l’e-Portfolio un luogo dove si può apprezzare non solo la competenza oggetto di attenzione ma anche l’espressione personale della voce dello studente. L’e-Portfoliopuò essere usato in diversi modi: o sulla verifica di come sia stata trattata e compresa una singola disciplina: ▪ può servire per rilevare interesse/motivazione dello studente, ▪ per comprendere come si acquisisce nel tempo la consapevolezza della propria crescita professionale. - È utilizzato nella formazione dei futuri docenti, nei laboratori e tirocinio del Corso di Laurea in Scienze della Formazione Primaria. - Conduce alla responsabilità e consapevolezza del proprio percorso identitario - la valutazione avviene a partire dai materiali scelti dallo studente stesso. Il focus è mettere in luce competenze dello studente e non sottolineare mancanze. - rinforza l’autostima e la percezione di autoefficacia dell’autore che lo compila. Il focus è mettere in luce le competenze dello studente e non sottolinearne le fragilità‡ e le mancanze. - può essere mostrato a un pubblico esterno alla classe e ciò lo rende uno strumento capace di favorire il dialogo tra studente, docente e altri soggetti. 5.5 Valutazione e inclusione Le attività scolastiche più comuni sono quelle che rappresentano delle barriere, perche assegnano al testo letto o scritto un ruolo centrale, e questo costituisce un ostacolo all’apprendimento. Circa il 10% degli studenti presenta un “print impairment”, cioè una difficoltà ad apprendere attraverso il canale testuale. Di questa categoria fanno parte: coloro che hanno un deficit nella visione, soggetti con dislessia, afasia e difficoltà con i meccanismi di lettura. Per tutti questi soggetti l’utilizzo delle tecnologie offre una molteplicità di risorse. Il docente ha la possibilità di valutare ,oltre la produzione scritta, la costruzione di video,di podcast e di mappe concettuali, la produzione di presentazioni, la capacità di collaborare, di prendere decisioni e di organizzare il lavoro. 5.6 Open badge, Blockchain e Blockcer Le tecnologie stanno modificando le modalità con cui raccogliere e condividere la documentazione relativa al proprio percorso grazie agli Open Badge. Un badgeè una sorta di “distintivo virtuale” che precisa chi ha assegnato un riconoscimento, in cosa consiste e i criteri utilizzati per l’assegnazione; il badge può essere collocato in uno spazio pubblico di cui è proprietario il soggetto. Sono definitida uno standard aperto, definitodalla Mozilla Foundation e attualmente gestito da IMS Global. Gli Open Badge possono essere utilizzati per supportare l’apprendimento e la valutazione introducendo caratteristiche che tipicamente non appartengono al contesto scolastico. 1. La prima caratteristica è quella della Gamification. Raccogliere i badge durante il percorso lOMoAR cPSD|10676130 di apprendimento lo rende simile a un gioco a punti e questo può risultare molto motivante per un alunno; 2. la seconda caratteristica è la loro visibilità pubblica: chi guadagna un badge può mostrarlo nel suo profilo social o nel suo curriculum; 3. la terza è di natura più didattica: il badge porta con se i criteri e la descrizione delle attività che hanno condotto al rilascio del badge stesso. In questo senso può facilitare la comprensione del rapporto tra traguardi conseguiti e attività svolte (valutazione alternativa) La tecnologia Blockchain, che sta producendo applicazioni interessanti anche nell’ambito della formazione, è connessa alla logica degli Open Badge. Blockchain può essere definita come un registro digitale che tiene traccia delle transazioni che avvengono tra diversi utenti. Per valorizzare le caratteristiche di Blockchain, il MIT ha proposto uno standard chiamato Blockcerts che permette il controllo e la verifica delle credenziali e l’interoperabilità con altri sistemi. Lo standard Blockcerts consente di verificare l’emissione di un titolo (Diploma o Laurea) senza dover contattare direttamente l’istituzione scolastica o l’università che lo ha emesso, ma sfruttando la prova crittografica della validità del titolo. Un utilizzo diffuso di Blockchain nella formazione favorisce l’individuazione in modo certo dell’istituzione che ha emesso il titolo e del destinatario a cui è stato attribuito e ricomporre in un unico spazio la documentazione di percorsi formativi e lavorativi frammentari e complessi, quasi a ricomporre in una visione ologrammatica la propria identità personale e professionale. CAPITOLO 6 – DUCUMENTARE PER CREARE NUOVI SIGNIFICATI: I MUSEI VIRTUALI 6.1 Patrimoni in ambienti digitali. Contesto di riferimento I musei virtuali diventano strumenti per ricostruire e ricollocare gli oggetti culturali in uno spazio sociale condiviso. Essi giocano un ruolo essenziale nella relazione tra visitatore/comunità, patrimonio/tecnologie. Jenkins (2009) parla di “culture partecipative” che si definiscono nello spazio aperto della rete grazie agli strumenti web e social networking con l’obiettivo di favorire l’espressione artistica, l’impegno civico e il senso di appartenenza. Per quanto riguarda lo sviluppo culturale del digital heritage, le innovazioni, oltre alla possibilità di accedere facilmente ai patrimoni, si riferiscono a ideare ambienti creativi da parte dei visitatori. 6.2 Musei virtuali: linee di sviluppo Un museo virtuale può essere definito come entità digitale per la comunicazione e valorizzazione di beni culturali accessibili al pubblico. Ha lo scopo di ampliare l’esperienza museale tradizionale attraverso forme di interazione, personalizzazione e creazione di contenuti. Elementi caratterizzanti sono: • La multimedialità, che permette a comunicazione con diversi codici espressivi(immagini, testi, suoni); • la multi-modalità, intesa come possibilità di agire, scegliere e strutturare in modo personalizzato una varietà di percorsi; • la connettività, come parte di un sistema di rete che favorisce l’accesso a una o più realtà museali, a diversi artefatti e ad un’ampia community. Il museo virtuale è una trasposizione e/o ampliamento in digitale delle più importanti collezioni del museo reale. si costituisce di riproduzioni digitali di oggetti/opere reali oppure di elaborazioni di artefatti creati ex novo digitalmente. Vi sono 2 tipologie: - i musei reali su digitale lOMoAR cPSD|10676130 Conclusioni: l’elemento centrale è l’interazione tra il vissuto personale e gli oggetti condivisi, culturalmente rilevanti, che svolgono il ruolo di spazi di incontro e confronto , costituendo il presupposto fondamentale per la costruzione di una cittadinanza attiva lOMoAR cPSD|10676130 CAPITOLO 7 – MEDIAMORFOSI DELL’E-LEARNING E-LEARNING > processo di apprendimento che si sviluppa ricorrendo alle tecnologie per sostenere la mediazione del sapere. - Non è possibile dare una definizione univoca al fenomeno - La complessità di questo fenomeno sta nel comprendere come, all’interno de triangolo didattico, sostenuto da Chevallard ( costituito dalle relazioni tra insegnante - allievo - contenuto culturale) si inserisce un ulteriore elemento, un media, che trasforma le relazioni. Per capire come in questo processo si colloca il digitale, occorre ripercorrere lo sviluppo storico e concettuale dell’e-learning analizzando le 3 età dei media e introducendo il processo di media-morfosi. 7.2 Agli inizi era laFAD La prima età dell’e-learning: coincide con la formazione a distanza (FAD) dove le ICT (Information and Communications Technology) servono a supportare il processo informativo e comunicativo. I media servono per ridurre le distanze spazio-temporali che per alcune persone sono un reale impedimento all’attivazione del processo di apprendimento. Siamo in un periodo storico in cui la domanda d’ istruzione da parte di un segmento adulto subisce una profonda crescita. Tra i fattori di stampo storico-sociale che spingono i FAD troviamo: La necessità di rivedere continuamente i contenuti scolastici a causa dei cambiamenti che deve affrontare la società industriale; • L’incremento dell’obbligo scolastico,in una società dove l’istruzione è diritto e necessità; • Le nuove forme di analfabetismo (informatico); • La richiesta di competenze professionali nuove; • La necessità di comprendere il cambiamento culturale in corso. Il sistema formativo a distanza risponde alla necessità di specializzare e diversificare l’offerta per tenere in considerazione utenti con esigenze e situazioni diversificate dello studente standard. la FAD così acquista una sua specificità ponendosi contro la creazione di un sistema di serie B rispetto al sistema presenziale. In questa fase diventa necessario distinguerla dall’apprendimento aperto, dall’educazione per corrispondenza, dallo studio a domicilio, dall’insegnamento a distanza: modalità spesso qualificate come FAD. Ci sono 3 generazioni di FAD: - Storicamente si tende a far coincidere la FAD di prima generazione con corsi per corrispondenza (1830-1960); - La seconda generazione si ha quando nasce la Open University (1969) (università a distanza) con lo scopo di offrire opportunità educative a adulti che intendono o possono studiare solo costruendosi spazi e tempi di appropriazione di contenuti. La FAD si propone come un’alternativa che riesce a trasformare una situazione di “svantaggio didattico” in un sistema in grado di promuovere innovazione metodologica. - La terza generazione, a metà degli anni ’80, mediante l’uso di collegamenti via cavo e satellite,si ristabilisce il contatto “face to face” tra insegnante e allievo. Unici 2 svantaggi: o alto costo dei sistemi di videoconferenza o difficoltà nel monitorare i progressi degli allievi. lOMoAR cPSD|10676130 Questi però non indeboliscono l’utilità complessiva di un sistema che consente velocità di aggiornamento, velocità di distribuzione, scarsa necessità di supporto tecnico, internazionalizzazione dei percorsi e contenuti, multimedialità e molteplicità di servizi. Infatti, è proprio in questi anni che si assiste al ruolo chiave della FAD. Si scopre che qualsiasi corso può essere trasformato in un sistema a distanza, ma non tutti sono corsi FAD perché: • Occorre un preciso e coerente disegno didattico alla base del corso (disegno pedagogico); • Non si deve identificare la FAD con la soluzione tecnica impiegata per ridurre la distanza (si rischia di rivestire la tecnologia un processo di autoapprendimento). Si possono trovare alcuni elementi comuni ai diversi modelli pedagogico-didattici: 1. Processi che garantiscono una comunicazione a due (interattiva) tra docenti e studenti; 2. Un’organizzazione che supporti lo studio; 3. La possibilità di uno scaffolding durante l’apprendimento che ancora avviene in modo individuale, indipendente, autonomo; 4. Strumenti rigorosi di auto ed etero-valutazione; 5. La specializzazione dei docenti. Sono gli anni in cui il comportamentismo sviluppa i programmi CAI, il cognitivismo si concentra sul design degli ambienti multimediali, creazione di software educativi ICAI, linguaggio LOGO. 7.3 Poi vennero le piattaforme Seconda età dell’e-learning - > I rapidi cambiamenti tecnologici degli anni ’90 hanno amplificato la velocità del processo didattico e cambiato i sistemi a esso connessi. In particolare, hanno avviato 3 rivoluzioni: - l’interattività - la rivoluzione cognitiva - la gestione dei sistemi educativi. L’interattività consente di parlare di “apprendimento elettronico”. La novità non sta nel tipo di supporto, ma nelle funzioni diverse e spazi virtuali che possono essere esplorati a partire dalle decisioni personali del fruitore. Grazie ai vantaggi che la multimedialità apporta si registra una maggiore motivazione, etusiasmo e attivazione dei soggetti di apprendimento. La novità non sta solo ne supporto ma in funzioni diverse e spazi virtuali diversi. Si parla di educazione multimediale Il grado di individuazione del percorso è garantito da una gestione di spazio e di tempo, non stabilita a priori dall’organizzazione formativa ma strutturata in base alle esigenze personali (progettazione centrata sui bisogni dello studente). C’è la necessità di realizzare collegamenti tra le diverse istituzioni educative in una prospettiva europea in cui . Individualizzazione e reticolarità sono sostenute dai processi di CMC (Computer Mediated Communication) sia nelle sue forme sincrone (chat, videoconferenza, ecc), sia asincrone (mail, forum, ecc). Emergono nuovi fenomeni comunicativi come il lurking, il fading, il flaming che richiedono lo sviluppo di strategie di moderazione. Siamo nella fase dell’e-learning vero e proprio. l’e-learning rappresenta il sistema integrato di azioni formative lOMoAR cPSD|10676130 CAPITOLO 8 – AMBIENTI DI APPRENDIMENTO 8.1 Introduzione Per capire cosa sia un ambiente in didattica bisogna innanzitutto distinguerlo da quello di spazio SPAZIO: identifica un’entità nella quale sono situati i corpi e i cui vincoli ne determinano le possibilità di movimento. AMBIENTE: riguarda il complesso delle condizioni esterne, materiali, sociali, culturali, nell’ambito delle quali si sviluppa, vive e opera un essere umano. Il concetto di ambiente è più adeguato a descrivere l’ambito pedagogico in quanto richiama le condizioni sociali e culturali che contraddistinguono i contesti in cui avvengono le azioni didattiche. Quado si apprende operando in uno spazio logico (e dinamico) online generato da un sistema digitale , si parla di AMBIENTE PER L’APPRENDIMENTO IN RETE: inteso come “spazio definito dal sistema di relazioni e strumenti che prende corpo in rete con lo scopo di sostenere un apprendimento attraverso un processo didattico, nel quale è possibile riconoscere una dimensione culturale e sociale”. Molti concetti relativi all’ambiente si possono utilizzare per gli ambienti online. Anche nel cyberspazio esistono luoghi e non luoghi. Un non luogo è un centro commerciale , uguale ovunque differente dai luoghi antropologici. Gli spazi della rete più vicini al concetto di luogo presentano un’ “identità” specfica che permette di risalire a una storia degli spazi. (es. forum presenti da decenni con membri che dichiarano il loro senso di appartenenza) . Una piattaforma e-learning invece può essere un non luogo in quanto son presenti “learning objects” molto simili 8.2 La coerenza tra ambiente e processo didattico Uno dei temi più interessanti riguardo la progettazione degli ambienti riguarda il legame tra processo didattico e caratteristiche dell’ambiente. Un concetto importante legato al legame tra processo didattico e caratteristiche dell’ambiente è l’Isomorfismo ISOMORFISMO: Un ambiente è isomorfo a un processo didattico quando presenta caratteristiche e strumenti compatibili con esso, ovvero quando non solo rende possibile le azioni didattiche, ma le suggerisce. In altri termini è strutturante. I processi di rendere possibili e d i suggerire non sono meccanici, ma dipendono dalla soggettività delle persone. isomorfismo mancato tra la didattica e l’ambiente può generare difficoltà nel raggiungere i livelli di efficacia desiderati. Hanno importanza: • Dimensione affettiva: riguarda il consolidamento dei significati che ciascun elemento dell’ambiente genera nei singoli partecipanti. Ogni ambiente ha le sue caratteristiche legate a funzioni e strumenti presenti che vengono conosciute e perfezionate nell’uso. Ogni ambiente ha una metafora implicita: la rete, la stanza, il libro, la scrivania, il calendario, la scuola. azioni sperimentate e ripetute in un ambiente o metafore conosciute determinano i processi di previsione quando si accede ad un nuovo ambiente e portano i soggetti a ricercare funzioni simili, ovvero costruire una isomorfia. Tener conto della dimensione affettiva, ogni volta che si allestisce un nuovo ambiente, richiede non lOMoAR cPSD|10676130 solo di analizzare le funzioni da prevedere, ma anche di indagare le abitudini dei soggetti e i cambiamenti che dovranno avviare. Richiede di esplicitare la logica dello spazio in modo che diventi un ambiente affettivo. È necessario porre attenzione a un pericolo sotteso, ogni nuova tecnologia suggerisce nuove modalità operative, mentre gli utenti si avvicineranno alle nuove tecnologie recuperando i significati precedentemente acquisiti e limitando in tal modo le potenzialità dell'innovazione. • Dimensione emotiva: in parte connessa con la precedente, prende in considerazione i contributi della cosiddetta “affective neuroscienze”. Il giudizio è influenzato da elementi soggettivi connessi alle potenzialità motorie e a caratteristiche corporee quali la frequenza cardiaca, la pressione arteriosa, la risosta ormonale allo stress. Infatti, un ambiente, che dal punto di vista emotivo genera eccessivo stress e a cui il soggetto ha una lunga esposizione, può incidere criticamente sull’apprendimento e sulla memoria. Un’altra causa di stress può essere un ambiente che richiede un’eccessiva focalizzazione dell’attenzione di studenti e docenti sul funzionamento del dispositivo, cioè quando le tecnologie sono poco trasparenti è l'interfaccia determinata più ed esigenze di scrittura dell'algoritmo informatico che dalle finalità didattiche. Le emozioni si intrecciano con l’isomorfismo e la dimensione affettiva, generando una sinergia tra i 3 livelli che influenza l’apprendimento. La maggior parte degli strumenti online per la formazione derivano da strumenti nati in ambiti non prettamente formativi e hanno subito un processo di adattamento. (Ad es. i fogli elettronici sono nati per il management industriale). Il principio di adattamento comporta il vantaggio di riproporre processi consolidati, ma anche logiche che non sempre sono coerenti con le finalità didattiche. Anche in questo caso va costruito un ponte tra contesto di origine e contesto educativo, individuando i significati da riprendere, da rigenerare, da superare. Negli ultimi anni l’investimento in campo educativo e il ruolo sempre più importante dei docenti nella progettazione di dispositivi, stanno determinando lo sviluppo applicazioni nate per la formazione, come DEPIT (app per sintetizzare percorsi) o Pear Deck che permette di creare presentazioni tramite interazioni con gli studenti. 8.3 Il Setting SETTING - > In didattica identifica tutto ciò che riguarda il contesto dell'azione educativa, comprese lo spazio e il tempo dell’evento didattico. • in contesti presenziali il setting è temporalmente definito e univoco per tutti i soggetti che devono essere compresenti nello stesso spazio; • nell’online:Il tempio si dilata ed è piegato alle esigenze personali. Ardizzone e Rivoltella(2003)lo definiscono come una situazione stabilita da un repertorio di attanti che nello specifico sono attori, strumenti e contesti. ❖ Da uno studio specifico sugli ambienti on line si delineano i gradi di libertà di un ambiente per l'apprendimento come insieme di possibilità che l’ambiente concede al soggetto in relazione al suo stato. ❖ Per gli spazi online i gradi di libertà corrispondono al numero delle possibili azioni(click)che ciascun partecipante in un determinato tempo e in relazione al proprio ruolo può compiere. (Ad esempio, il docente può lOMoAR cPSD|10676130 decidere di mantenere non visibili alcuni contenuti del percorso finché non si arrivi il momento; in altre situazioni si preferisce dare libertà di azione al soggetto fin dall’inizio del percorso.) 8.3.1 l setting in presenza integrato da tecnologie: le “digital classroom” Quando si parla di spazi in presenza integrati da tecnologie spesso si fa riferimento alle aule dotate di strumenti digitali i quali intervengono sulle modalità operative degli attori e sui canali comunicativi tra docenti e studenti e tra pari. Ci sono diverse tipologie di setting di aule digitali (Ferrari e Garavaglia): • one to one computing: aula con banchi frontali e sostituendo il materiale classico (libro) con un notebook per studente; • small group seating: si privilegia il lavoro di coppia con un solo pc, attivando forme di collaborazione e apprendimento tra pari; • subject areas: classi organizzate in aree specifiche dove singole tecnologie vengono utilizzate per scopi didattici specifici(es.l’utilizzo di sen sori per fare esperimenti di fisica); • media areas: In questo caso la variante non è più la disciplina ma la tipologia di tecnologia; • multi-screen classroom: variante delle precedenti con la presenza di 2 opiù schemi che permettono agli studenti di lavorare a geometrie variabili: piccolo, medio, grande gruppo. Diversi studi hanno messo in evidenza alcune difficoltà nello sfruttare le aule digitali e alcune carenze metodologiche nell’usare strumenti molto sofisticati. Le implementazioni classiche delle Aule digitali consistenti in soluzione -to one computering- per gli studenti nell'uso di LIM e per gli insegnanti, mantenevano formati tradizionali delle lezioni. Vi è la necessità di controllare più variabili e le loro interazioni per poter comprendere l’effettiva incidenza degli ambienti sulla qualità didattica e sull’uso di strumenti tecnologici, altrimenti la focalizzazione sull’unica variabile che identifica “l’introduzione della tecnologia” nel setting non permette di tenere conto di altre variabilispessofondamentaliperspiegarel’efficaciadidatticadeidiversiinterventianalizzati. Le trasformazioni in atto hanno prodotto e producono movimenti dai contorni sfumati, tra cui didattica 2.0, classi 2.0, classi 3.0, o education 3.0. Non è ben chiaro quali caratteristiche determinino il passaggio da 2.0 a 3.0 (se il web semantico, l’uso di tecnologie immersive, l’uso di formati didattici articolati). Le diverse promozioni di aule 3.0 risultano difficili da distinguere. L’approccio socio-tecnologico richiede di non separare l’analisi della struttura dello spazio e delle tecnologie in esso presenti dai dispositivi didattici, dal metodo didattico e dalle strategie e relazioni educative attivati. 8.3.2 Il setting online Il contesto attuale offre diverse soluzioni: • Sistemi molto struttati, come i LMS (Learning Management System), che costituiscono gli ambienti per l’e-learning “tradizionale”, composto da aree dedicate alle diverse funzioni utili per costruire online un sistema organizzato di classi con docenti, discenti e diverse figure che possono interagire secondo un piano didattico predisposto. • Metodologie e situazioni didattiche più specifiche e limitate si trovano sotto la forma di web application o applicativi per device mobile, spesso aggregati ad altri dispositivi coi quali scambiano dati. Il setting online presenta 6 forme-tipo: 1. Setting dedicati alla trasmissione della conoscenza per l’erogazione di materiali multimediali (es. video, materiali testuali…); lOMoAR cPSD|10676130 PARTE SECONDA – LA MEDIA EDUCATION CAPITOLO CAPITOLO 9 – MEDIA EDUCATION (ME) 9.1 Comunicazione ed educazione: una storia lunga La storia della comunicazione umana risponde a 2 principali logiche: 1. LOGICA BUROCRATICA. Burocrazia intesa come possibilità di mettere ordine, come istanza organizzativa (weber) . La scrittura come sistema di comunicazione serve all’economia agricola e ai commercianti: aiuta l’uomo nella gestione delle sue occupazioni,nasce nell’antichità nel tentativo di sostenere la memoria 2. LOGICA È EDUCATIVA. Scrivere come tracciare segni su una superficie.Attraverso lo scrivere le informazioni vengono fissate in modo da essere rese disponibili in futuro e trasmettere da una generazione all’altra quello che si ritiene qualificante. Ecco le2 istanze che stanno alla base dell’educazione –socializzazione e trasmissione culturale e che spiegano isnieme alla burocratizzazione lo sviluppo della comunicazione umana Prima dell’introduzione dei sistemi di scrittura, la trasmissione culturale avveniva per modellamento e dopo attraverso la comunicazione orale. Il contenuto di questa trasmissione era quello che i greci chiamavano l'ethos e il nomos del popolo: comportamenti, usanze, forme della cultura materiale (Ethos ); regole, codici, leggi (nomos) . Quando questo insieme di elementi divenne troppo ampio viene introdotta la scrittura, con l’intento di costruire la tradizione. La comunicazione è strutturalmente ed essenzialmente educazione. La Media Education nasce con la comunicazione stessa. Il Fedro platonico è il primo saggio di Media Education della storia. Platone dà voce più o meno alle stesse preoccupazioni che ancora oggi caratterizzano la riflessione educativa sui media: i la paura che i nuovi media comportino una qualche forma di decadimento cognitivo(La scrittura favorisce il ricordo, ma inibisce la memoria), la loro superficialità (es. scrittura su whatsaap), il rischio che chi ne fa uso non abbia le competenze per farlo in maniera autonoma e consapevole., il rischio del fraintendimento e dell'incomunicabilità. In buona sostanza, se la comunicazione è strutturalmente educativa fin dalle sue origini, è logico pensare che allo stesso tempo si generi nell'uomo. Che vi fa ricorso, l'attenzione a chi educhi veramente: il problema dell'uso dei media e dei loro possibili effetti sul destinatario nasce con la comunicazione. 9.2 La questione dello sguardo 900’ - > Scatto sia nella questione della comunicazione che nella riflessione sui risvolti educativi. Si ha con la diffusione di alcuni mezzi di comunicazione: radio, cinema, televisione, i quali non hanno bisogno che il destinatario abbia particolari competenze, come saper leggere o scrivere. 1) Questa caratteristica spiega l’interesse dei totalitarismi del ‘900 (Mussolini definisce la radio “strumento fascistissimo”) e la relativa preoccupazione per la manipolazione e strumentalizzazione che ne poteva derivare. Radio e cinema sono i primi media a diventare di massa 2) Questi media di massa producono una nuova centralità dello sguardo: orientamento visivo della cultura occidentale. Guardare significa conoscere. La vista diventa il più nobile di tutti i sensi perché costituisce l'accesso privilegiato, la parte più propria dell'uomo, ovvero la sua componente razionale. L'occhio è lo specchio dell'anima. Così, quando il cinema la televisione sollecitano lo sguardo, la percezione di una potenziale pericolosità educativa delle loro immagini e quasi automatica. Modellano, sollecitano, chiamano in causa i valori ridefinendone. 9.3 Insegnare il pensiero critico e la partecipazione lOMoAR cPSD|10676130 MEDIA EDUCATION >nasce ufficialmente negli anni ’70 e le istituzioni che anno da mentore sono 2: l’UNESCO e il Consiglio d’Europa. Si delinea una doppia iscrizione della Media Education: • L’UNESCO, che ha a che fare con la promozione dei diritti umani. Educare ai media significa sviluppare la capacità di conoscere i suoi linguaggi e recepirne i messaggi. Si tratta di una dimensione molto importante in contesti come quelli in via di sviluppo. Uno dei pilastri dei Media Education è pensare criticamente significa non esporsi al rischio di essere manipolati e riscatta dalla massificazione. • Consiglio d’Europa, ha a che fare con la costruzione della cittadinanza. Già nella Dichiarazione di Grunwald, la vera e propria Magna Charta della Media Education, il tema della cittadinanza viene associato al lavoro media educativo. Significa comprendere che i diritti e doveri sono legati alla produzione e al consumo dei media e che tutti i temi dell’educazione civica trovano nella Media Edcation uno spazio di attualizzazione: il rapporto tra controllo e libertà, il diritto di accesso, la proprietà intellettuale, il rispetto dell’altro, dialettica tra spazio pubblico e privato. • Altro padre della Media Education è Celestine Freinet con la sua intuizione della tipografia scolastica, la pratica della scrittura collaborativa, la stampa del giornale scolastico, la corrispondenza fra scuole.A scuola non si apprende, si lavora si impara il senso della partecipazione, si scambiano esperienze. La scuola è uno spazio politico. Media Education, politica e promozione dell’uomo sono un trinomio difficilmente dissolubile. 9.4 Movimento e ricerca MEDIA EDUCATION > ambito delle scienze dell’educazione e della comunicazione e del lavoro educativo che considera i media come risorsa integrale per l’intervento formativo (DEF.) • è un campo interdisciplinare, che si colloca tra Scienze dell’Educazione e della Comunicazione. • è ambito di lavoro educativo. La componente movimentistica è importantissima. Educare CON, AI e PER i MEDIA • è vissuta dal lavoro degli insegnanti, delle associazioni professionali, delle comunità autorganizzate dal basso. • considera i media una risorsa integrale per l’intervento formativo. Educare con i media è servirsi di prodotti educational, usare documentari a supporto della didattica: espressione di una prospettiva strumentale, questa dimensione della Media Education è quella più classica e si sovrappone alla “didattica mediale”; Educazione ai media, quando vogliamo promuovere pensiero critico sui contenuti mediali: espressione di una prospettiva testuale: è quella dimensione della Media Education che supporta il lavoro dell’insegnante sui linguaggi e le forme mediali. Oggi questa dimensione si estende agli usi corretti e responsabili dei media digitali e sociali; educazione attraverso i media,è rendere i media trasversali alle discipline del curricolo(es.fare storia con il cinema del ‘900, fare geografia con Google Earth); Educazione per i media, quando si sviluppano competenze di scrittura mediale, si educa l’espressività, creare le condizioni per un uso linguisticamente corretto dei media (media making), serve per formare i futuri professionisti della comunicazione. lOMoAR cPSD|10676130 9.5 Tra scuola e extra-scuola Tradizionalmente la Media Education viene pensata come attività da svolgere all’interno della scuola per due motivi: • Anche i media hanno bisogno di un processo di alfabetizzazione (come per la letto- scrittura). È quindi necessario promuovere negli studenti le competenze per leggere e scrivere i media (Media Literacy). Questo compito rientra tra quelli della scuola. anche i media hanno le loro grammatiche e sintassi; • I ragazzi vanno supportati affinché possano sviluppare u n pensiero critico e responsabile rispetto ai media (Media Awarness). La Media Education serve a far crescere futuri adulti responsabili. Quindi se pensiamo alla scuola come un preparatore per la vita adulta lo stesso dobbiamo pensarlo sui media. Visto che occorre immaginare uno spazio per la Media Education nella scuola, occorre capire quale spazio e come ricavarlo: • Il curricolo disciplinare pensa alla Media Education come una disciplina con il suo insegnante e le sue ore. Viene insegnata da docenti preparati. Si tratta però di una soluzione che rischia di produrre meccanismi di delega dal resto del collegio docenti. • Il curricolo trasversale (cross-curricolari), in questo caso non esiste una disciplina dedicata, ma ogni disciplina si prende in carico alcuni temi e problemi. Le Indicazioni Nazionali per il Curricolo del Primo individuano in alcune discipline (italiano, linguaggi, tecnologia) i luoghi più adatti a collocare questo curricolo. Dal punto di vista educativo e didattico questa prospettiva è più debole da difendere e difficile da sostenere. I futuri sviluppi del Piano Nazionale Digitale e il lavoro degli animatori digitali nelle singole scuole potrebbero rappresentare un ottimo strumento per lavorare in questa direzione. La diffusione sociale del digitale e i suoi usi scorretti (crimini informatici, cyberbullismo) sta ponendo attenzione ai temi media educativi facendo gioco a un’estensione della Media Education fuori dei confini della scuola, ciò apre nuovi spazi di ricerca e di lavoro educativo in almeno 3 direzioni: 1. prima direzione è costituito dall’infanzia, dallo 0-6. Tradizionalmente questa età viene considerata troppo precoce per i media. Ma va cercata una zona media free in cui il bambino abbia la possibilità di manipolare, fare esperienza, giocare con oggetti materici. 2. seconda direzione è rappresentata dall’incontro dei Media Education con la Peer Education nel lavoro di prevenzione. Ciò consiste nell’usufruire dell’efficacia dei pari ad es. nel campo di prevenzione dell’uso di sostanze o dei comportamenti sessuali a rischio; → nuovo approccio Peer&Media Education in cui: - Peer e media stabiliscono obiettivo comune nello sviluppo di pensiero critico - Peer education trova nell’analisi o produzione di video un’occasione di intervento preventivo - Peer education diviene un metodo efficace per affrontare temi mediaeducativi in età evolutiva 3. Terza direzione è costituita dagli anziani. Qui la Media Education favorisce l’alfabetizzazione tecnologica, uno sviluppo del pensiero critico per difenderlo dalle truffe online. Conclusioni: Si può comprendere come la comunicazione umana evolve sulla base di due stanze, un'istanza burocratica. È un'istanza educativa, per questo motivo l'attenzione a che le regole della comunicazione siano correttamente utilizzate e antichissima. La media Education nasce con la comunicazione stessa, come la critica della scrittura del Fedro platonico lOMoAR cPSD|10676130 10.3 Oggetti e metodi Individuare gli oggetti e i metodi di questa analisi. Essi sono strettamente connessi. Ogni metodo costruisce il fenomeno del consumo interpretandolo in un modo particolare. Ehi, ogni metodo costruisce il fenomeno del consumo interpretandolo in un modo particolare, nel metodo si attiva non solo una determinata precomprensione dell'oggetto, ma anche una proposta di relazione. Il soggetto che analizza e oggetto analizzato, un determinato sguardo su di esso. Ehi, nel presentare diversi metodi. Si partirà dagli approcci più quantitativi oggettivante volte la misurazione dei fenomeni di consumo mediale, intesi come acquisto o fruizioni. Individuale di un determinato prodotto comunicativo, per giungere a quelle a carattere qualitativo e narrativo, focalizzati sui soggetti consumatori, sulle pratiche sociali che innervano la fruizione mediale, sui significati soggettivi attribuiti sia alle pratiche che ai prodotti comunicativi. 10.3.1 Rilevazione statistica Uno degli strumenti più diffusi di analisi dei consumi dei media è la rilevazione statistica, strumento finalizzato a misurare un determinato fenomeno in un certo lasso di tempo, Spesso in modo longitudinale, cioè sulla base di rilevazioni periodiche in grado di restituirne l'andamento. Le fonti del dato possono essere diverse, ma generalmente hanno natura istituzionale, sono difficilmente replicabili da soggetti non istituzionali. Esempio: le statistiche culturali messe a disposizione dall’ISTAT, che fotografano l’andamento dei consumi di intrattenimento e cultura nel nostro Paese. Le statistiche relative ai consumi mediali e culturali interpretano il consumo stesso come una serie di comportamenti individuali, sconnessi tra di loro, riconducibili ad alcuni indicatori oggettivi misurabili (numero biglietti venduti, numero di ore passate davanti l’apparecchio…). 10.3.2 Rilevazione audiometriche Le rilevazioni audiometriche si caratterizzano per misurare l’ascolto secondo un approccio positivista, Spirato, cioè il modello teorico per il quale la realtà è osservabile, descrivibile e quantificabile in maniera neutra e oggettiva Ad es. il sistema di rilevazione del pubblico televisivo italiano (Auditel) nato a metà degli anni ’80. Successivamente si ebbe Audioradio, Audiopress e Audioweb. Il dispositivo di rilevazione è il people- meter, un’apparecchiatura elettronica che rileva automaticamente il canale sintonizzato sul televisore, registra i dati relativi ai membri del nucleo familiare all’ascolto e li trasmette alle banca dati centrale. I dati raccolti consentono di fotografare il consumo televisivo e di tradurlo in una serie di parametri: • il numero di contatti di contatti netti (individui che hanno guardato almeno un minuto di un determinato canale TV); • l’audience media (il numero di telespettatori di un programma); • lo share (il rapporto percentuale tra gli ascoltatori di una certa emittente e il totale degli ascoltatori che stanno guardando qualunque altro programma sulle diverse reti). Tali parametri sono stati pensati per attribuire un valore economico agli spazi pubblicitari inseriti nei diversi programmi TV e costituiscono il mercato televisivo più che un indicatore del successo di un programma o dei gusti del pubblico duepunti una caratteristica da non lOMoAR cPSD|10676130 dimenticare quando si utilizzano dati audiometrici nel contesto di un progetto di media Education. 10.3.3 Survey SURVEY > sono indagini a carattere quantitativo che usano lo strumento del questionario somministrato a un campione rappresentativo della popolazione. • Fondata sulla somministrazione di domande corredate dalle possibil irisposte predefinite. La somministrazione può avvenire in presenza o a distanza. • Il principale vantaggio delle survey applicate alla ricerca sui consumi mediali è che esse non si limitano a rilevare le dichiarazioni degli utenti circa i propri consumi e a incrociare questi ultimi con una serie di variabili sociodemografiche come fanno le rilevazioni audiometriche (chi consuma, cosa, in che misura); il questionario costituisce un insieme ordinato di domande esplicitamente formulate, ciascuna delle quali genera una o più variabili della ricerca, e grazie a queste variabili consente di verificare diverse ipotesi interpretative riguardo ai fenomeni di consumo. il questionario si basa sulla procedura standardizzata domanda-risposta 10.3.4 Intervista INTERVISTA > uno strumento di indagine a carattere qualitativo; • assume un taglio più narrativo e un andamento più discorsivo. Le sue caratteristiche principali sono le sue finalità, le fonti informative che utilizza, la rappresentatività del campione e la focalizzazione. • La fonte principale è la parola dei soggetti che raccontano, descrivono la propria esperienza. • Il focus è sui soggetti stessi (informatori) e sulla loro interpretazione della situazione. In questa prospettiva l’intervista condivide con gli altri strumenti qualitativi(il focus group e l’etnografia) sia l’approccio teorico che vede il ricercatore interpretare le interpretazioni altrui, sia l’output di ricerca, che assume una descrizione densa del vissuto degli informatori. • Questa metodologia è stata utilizzata soprattutto nella tradizione dei Cultural Studies. lOMoAR cPSD|10676130 10.3.5 Focus group FOCUS GROUP > consente con l’intervista l’approccio qualitativo e discorsivo, ma lo interpreta in un frame più ampio rispetto alla relazione tra intervistatore e informatore; • a rispondere alle sollecitazioni del conduttore è qui un piccolo gruppo compreso tra 4 e 8 individui. Il focus group permette, nel caso della ricerca sui media, di porre attenzione non solo ai contenuti della discussione, bensì anche alle intenzioni dei membri del gruppo, rilevando, le parole, gli atteggiamenti, i comportamenti tra di essi. • Nata come uno strumento di marketing, già negli anni ’40, è una metodologia che h a acquisito un posto di rilievo nella ricerca sull’audience. • tende a riprodurre in una situazione controllata le dinamiche di discussione che accompagnano le pratiche di consumo mediale. ESEMPIO: i bambini danno senso al proprio consumo di televisione attraverso l’analisi dell’interazione discorsiva con i coetanei e con i familiari. 10.3.6 Etnografia (e auto-etnografia) ETNOGRAFIA > consiste nell’intuizione che i processi attivi di consumo e di interpretazione dei media avvengono nei contesti naturali della vita quotidiana dei loro fruitori; e che dunque sia necessario osservare da vicino tali processi, con un approccio mutuato dall’antropologia e dall’etnologia. (svolta etnografica) • La metodologia più compiuta e significativa in tale prospettiva è l’etnografia del consumo e la cosiddetta “osservazione partecipante”. forma di immersione del ricercatore nel proprio campo di indagine. La naturalizzazione del ricercatore è dunque il passaggio più delicato di questa metodologia e, dal momento che essa si basa sull’istaurazione di un rapporto di fiducia tra osservante e il gruppo dei soggetti osservati. Ehi, i vantaggi sono legati alla possibilità per i ricercatori di accedere direttamente alla scena sociale in cui si giocano i processi, che intende studiare senza riprodurli in modo artificiale, Ma osservandolo in prima persona, mentre si realizzano sotto i suoi occhi. • La diffusione dei media digitali in diversi contesti e la svolta del web 2.0 hanno reso possibili forme di etnografia diffusa e di netnography (etnografia della rete). In una prospettiva media-educativa prendere in considerazione anche la forma dell’auto- etnografia, cioè nel caso in cui il ricercatore osserva le pratiche mediali in cui è egli stesso immerso. Conclusioni Non tutti i media sono utilizzabili nel corso della quotidiana pratica didattica: quelli a carattere quantitativo (rilevazione statica, audiometrica, survey) fornisco dati in genere accessibili, utili per descrivere e misurare i fenomeni di consumo, quelli a carattere qualitativo (intervista, focus group, etnografia) possono, dopo una breve fase di esercitazione, supportare attività di ricerca che vedano gli studenti coinvolti in prima persona. lOMoAR cPSD|10676130 per saper arginare i rischi legati a una gestione insicura delle tecnologie. Un percorso educativo-didattico orientato a sviluppare competenze necessarie a gestire la propria presenza online e le interazioni sociali tiene conto delle seguenti dimensioni: • Le identità e le forme di narrazione digitale con cui ci si presenta; • Il contesto informale in cui si crea la relazione (social network, forum, blog); • Rischi dell’anonimato e fenomeni di cyberbullismo. Uno studio recente sulla costruzione delle identità online e sulle aspettative dei giovani (Koh- Helrong, Brown) mette in luce diverse prospettive con i quali i ragazzi in età scolare si confronto con la propria identità online. I dati della ricerca fanno emergere comportamenti che includono attitudini molto diverse: 1) l’intenzione di porsi in continuità sull’asse realtà fisica-realtà digitale; 2) il desiderio di mostrare tratti fisici o caratteriali valutati positivamente o che si vorrebbero avere; 3) la volontà del soggetto di rappresentarsi nel modo in cui si desidera di essere percepiti dagli altri; 4) Voler creare una rottura tra l’asse della realtà fisica e quella digitale per costruire un’identità falsa e ingannevole. La consapevolezza da parte del docente delle diverse aspettative può costituire un aiuto per la progettazione di attività didattiche di guida all’analisi dei comportamenti online, sia in forma di video, foto, o narrazioni con codice linguistico. Attività di analisi si possono accompagnare a simulazioni e discussioni. Selezionare una discussione online( tratto da un forum, una chat o un social network)può consentire un'analisi a più livelli: individuare atteggiamenti aggressivi (come si esplicitano a livello lessicale? quali modalità si usano per veicolare emozioni come collera e rabbia?), rintracciare posture empatiche (come si esplicitano a livello lessicale? Quali modalità vengono usate per esprimere cura dell’altro e comprensione?), evidenziare tentativi di mediazione, strategia di risoluzione dei conflitti. Tale analisi può portare alla riflessione sui contesti informali di interazione, in cui intenti comunicativi sono associati a un determinato emoticon, Emoji, all'uso della punteggiatura, formattazione del testo, eccetera. Attività di simulazione possono responsabilizzare l’allievo nell’osservare con attenzione il profilo di un utente online, ad es. analizzare una lista di ipotetici candidati per un lavoro il cui profilo sui social network è pubblico. L'attività consentirà al docente di dirigere l'attenzione su quali e quanti input possiamo rintracciare online su una persona e come questi possono condizionare la valutazione di chi osserva dall'esterno.L’attenzione è sul tema della credibilità e dell’affidabilità in relazione all’identità online. Il tema della sicurezza e del wellbeing risultano centrali per la scuola e per tutte le agenzie educative ad essa integrate. Azioni sinergiche tra le diverse Istituzioni al coinvolgimento dei pari in un processo di responsabilizzazione, possono contrastare i rischi legati a comportamenti disfunzionali in rete. La facilità con cui è possibile creare identità nascoste, disseminare informazioni false. È uno dei limiti del web sociale di cui la scuola ha chiamata a prendere consapevolezza. 11.4 Immersione e apprendimento lOMoAR cPSD|10676130 Gli ambienti immersivi 3D, quali mondi virtuali sociali, costituiscono un ottimo esempio del potere di azione dell’utente nella sua interazione con la comunità e con l’ambiente stesso. Cosa sono gli ambienti immersivi 3D e come sono utilizzati a scuola? • “Mondi virtuali” (MUVEs); • “giochi di ruolo” (MMORPGs); • “Sand box game”(Minecraft). Essi condividono l’aspetto sociale legato a un processo d’immersione attraverso l’embodiment dell’utente in forma di avatar. Ma l’avatar non è una rappresentazione in 3D, ma un “corpo intenzionale” che agisce e percepisce. L’utente-avatar si muove in uno spazio geometrico, mappabile, percorribile in modi diversi (camminando, correndo, volando…), crea oggetti e interagisce con altri utenti utilizzando diversi canali di comunicazione, tra cui il corpo. Le caratteristiche che fanno dei mondi virtuali degli ambienti produttivi, anche dal punto di vista didattico, sono legate proprio ai piani dell'azione, della percezione. Quando tali ambienti, che non a caso si chiamano mondi, offrono esplorazioni, interazioni aperte da parte dell'utente- avatar, le opportunità per il contesto educativo possono essere molteplici. Ci si soffermerà sulle 2 tipologie fi mondi ampiamente impiegati nel contesto scolastico: • Minecraft • edMondo si rivolgono a bambini e ragazzi in età scolare e la progettazione open-ended, ci si trova immersi in un ambiente da abitare e da costruire, e in tale processo, il docente può creare percorsi disciplinari basati su approcci hands- on,problem-based o roleplayng. Essi usano la creatività percepita come dimensione ludica. La creatività è la spinta motivazionale alla base della progettazione di tali mondi. Percepiti spesso come giochi dagli studenti e sfruttati da docenti come strumenti didattici flessibili. Il processo di insegnamento apprendimento riesce a coniugare l'esigenza di una progettazione didattica con specifici obiettivi, con l'aspetto di dinamico e gratificante del gioco. lOMoAR cPSD|10676130 • Minecraft: è un cosiddetto sandbox game (2009) che ha avuto un enorme successo fra i più piccoli grazie alla grafica a blocchi simile ai LEGO. L’ampiezza della risposta da parte dei bambini in età scolare ha favorito lo sviluppo di una versione Education, nel 2016, che permette al docente di disporre di una piattaforma per la comunità degli educatori e di gestire l’ambiente in base alle esigenze dei propri alunni (età) e obiettivi didattici. • Studenti e docenti esplorano il knowledge base e rintracciano risorse d’interesse. La rete di supporto è un anello importante: gli utenti costruiscono tutorial e registrano le sessioni di gioco (che poi possono condividere online su YouTube) facendo riferimento sul supporto dei pari in un’ottica di integrazione tra il gioco e gli spazi di interazione della comunità di interesse (affinity spaces), una dimensione che favorisce l'acquisizione della competenza di Information Literacy. • Uno dei punti forza di Minecraft è la versatilità; accanto alla versione per pc, si dispone della versione per dispositivi mobili (Poket edition). Il prezzo contenuto e l’opportunità di poter utilizzare il gioco con il tablet ha favorito la sua introduzione in ambito didattico. • La caratteristica che sembra attrarre maggiormente i giocatori è la possibilità di agire nel mondo, di costruire oggetti, anche dinamici e attraverso il sistema Code Builder si consente allo studente di esercitarsi con il coding usando strumenti come Code.org e Scratch. Ehi, tale integrazione si rivela interessante in quanto lo studente può rendere automatica alcune azioni nel gioco (normalmente noiose perché ripetitive) e trovare una spinta motivazionale all'apprendimento del Coding in compiti di realtà ( tagliare accatastare legna). • Edmondo: nasce in Italia per iniziativa di INDIRE (Istituto Nazionale di Documentazione per l’Innovazione e la Ricerca Educativa). • È un mondo virtuale in3D costruito su piattaforma OpenSim. • Elemento caratteristico è la specificità dell’utenza a cui è indirizzato, ossia docenti e studenti, e la sicurezza di un ambiente controllato. • L’ambiente è gratuito e permette al docente di gestire gli account per gli studenti,i quali possono essere coinvolti attivamente i n progetti. • Particolarmente accattivanti sono le attività di simulazione attraverso roleplaying, grazie alla possibilità di manipolazione dell’ambiente e dell’avatar (travestimenti), ma anche nelle scienze, con la progettazione di percorsi con approccio inquiry based learning in cui, grazie alle simulazioni di fenomeni fisici o chimici, lo studente è coinvolto nella scoperta, attraverso l'interazione con l'ambiente e con altri utenti avatar. La dimensione della socializzazione è quella della condivisione, hanno contribuito in maniera rilevante la diffusione dei mondi virtuali descritti, la loro spendibilità in ambito educativo. lOMoAR cPSD|10676130 * • I media strutturano e incidono sul rapporto fra studenti e saperi che intersecano le varie discipline. La competenza più vicina alla Media Education non è tanto quella digitale, ma quella del senso di iniziativa e imprenditorialità, che aiuta gli individui nella vita quotidiana che nel posto di lavoro. È necessario distinguere le declinazioni delle azioni che caratterizzano la tecnologia dell’istruzione: • le tecnologie dell’istruzione sono maggiormente orientate al ruolo che gli strumenti tecnologi hanno nei processi di apprendimento e nella loro organizzazione (es. coding, app per valutare, registro elettronico, risorse informative digitali). La media education invece si concentra maggiormente agli aspetti culturali, sociali e di cittadinanza. Il suo focus è centrato sui linguaggi, sulle conseguenze economico-sociali dei media, sull’idea di società, sulle culture e le percezioni. Il documento istituzionale di riferimento per la Media Education in Italia è il sillabo per l’Educazione Civica Digitale emanato dal MIUR (2018). Ha 5 aree di intervento: • Internet e il cambiamento in corso; • Educazione ai media; • Educazione all’informazione; • Quantificazione e computazione: dati e intelligenza artificiali; • Cultura e creatività artificiali. In ognuno di questi ambiti, sono individuabili riflessioni e azioni che possono essere sviluppate in ambiti educativi formali e informali. Inoltre, ci sono risorse e informazioni utili per i docenti, genitori, bambini e ragazzi rispetto alle potenzialità del digitale e alle distopie della rete. Es. L'insegnante di storia utilizza numerosi articoli digitali, contenuti indifferenti quotidiani per affrontare questioni attuali che hanno molteplici riferimenti ad avvenimenti storici. Se l'insegnante imposta la sua azione in funzione dell'identificazione delle informazioni rilevanti e di come collegarle fra loro virgola, in questo caso l'approccio assimilabile a quello delle tecnologie dell'istruzione, in quanto gli strumenti sono finalizzati al supporto degli apprendimenti.Se Invece l'insegnante si sofferma sulla struttura degli articoli,la forma in cui vengono presentati, come vengono divulgati e chiede agli alunni di riflettere sulle diverse forme comunicative ed espressive,questo approccio è maggiormente orientato alla media education. Un'altro esempio, l'insegnante di Scienze intende organizzare una flipped classroom, per tale motivo costruisce un breve video che gli alunni devono visionare a casa per presentare gli argomenti che intende affrontare. Anche in questo caso il video rappresenta uno strumento, sicuramente potente, per supportare l'apprendimento e di conseguenza può essere assimilato alle tecnologie dell'istruzione. Il medesimo insegnante ,in un'altro momento dell'anno, propone di analizzare le modalità di divulgazione scientifica attraverso 5 diversi media: carta stampata, libri, televisione, radio, rete. Propone gli alunni inizialmente di delineare le caratteristiche, similarità e specificità; in seguito, lOMoAR cPSD|10676130 diversi gruppi in classe devono produrre un artefatto mediale\ digitale centrato sul medesimo argomento che però viene veicolato da uno dei 5 media. Gli alunni devono scegliere il linguaggio, il ritmo, la scansione, la durata dell'artefatto in funzione del Media di riferimento. Questo approccio risulta maggiormente aderente alla media education. Ovviamente i due approcci sono contigui. Entrambi, posseggono e supportano diversi aspetti prettamente cognitivi e\ o culturali. * Basta osservare il continuum fra le tecnologie dell'istruzione e la media education ( Vedi figura precedente). La disposizione dei diversi aspetti sul continuum non è né rigida, ne assume un valore gerarchico, nel senso che un aspetto prevale o è maggiormente importante rispetto ad altri. Tutti questi aspetti concorrono a formare le competenze digitali (digital literacies) nei cittadini di oggi e di domani. Nel corso di un’azione didattica che prevede l’utilizzo di dispositivi e media digitali, l’insegnante deve essere consapevole che la sua azione incide su tutti questi aspetti. 12.2.1 Progettare percorsi di Media Education: fra insegnante e educatore Chi progetta i percorsi di Media Education? Quale stile deve utilizzare? Il media educator è una figura ibrida tra insegnante e educatore. L'azione didattica viene condotta con uno stile che è contemporaneamente, tipico delle insegnanti e delle azioni condotte in un contesto specifico come l'Aula ed è, anche, peculiare dell'educatore delle azioni condotte in contesti destrutturati come il territorio. È opportuno sviluppare una mentalità da networked educators in quanto l’attività di Media Education si snoda in contesti fluidi, apparentemente indifferenziati perché tendono ad apparire come quotidiani. Il ruolo del conduttore diventa quello di fa emergere le peculiarità dei contesti e conduce i partecipanti a leggere profondamente e costruire consapevolmente il mondo dei media. 12.2. 2 Progettare percorsi di Media Education: fra discipline e trasversalità Come si progetta un percorso di Media Education? La ME si snoda e si sviluppa in contesti diversificati. Abbraccia sia gli aspetti disciplinari che trasversali all’educazione. Negli anni ’80 e ’90 i progetti di ME venivano concentrati su attività rivolte all’educazione alla salute, l’educazione alimentare, l’educazione alla cittadinanza e alla socialità. I progetti erano molto belli ma erano considerati accessori. Oggi invece è importante che i progetti di ME entrano nei campi specifici: la matematica, geografia, greto, filosofia, diritto ecc. E contemporaneamente facciano emergere le competenze digitali, il pensiero critico, promuovendo la crescita di un cittadino consapevole. Le linee guida per la progettazione dei percorsi di ME si fondano su architetture didattiche denominate esplorative, collaborative, a scoperta guidata. I modelli di progettazione più adatti sono mappe concettuali o percorsi di ricerca azione (EAS Episodi di Apprendimento Situato). I fattori che determinano la riuscita di un percorso di ME sono molteplici. Molto importante è quello relativo ai tempi: tempi distesi e vincoli temporali e spaziali. È necessario bilanciare l’ideale svolgimento di un percorso di ME con la sua fattibilità, definendone i passaggi e le outcomes principali, in modo da aggiungere alla produzione di un artefatto. È evidente che rappresenti la portata educativa e formativa del percorso. 12.2.3 Progettare percorsi di Media Education: fra conoscenze e competenze Cosa contiene un progetto di ME? Gli oggetti di un percorso di ME sono infiniti. Ci sono aspetti specifici, legati direttamente ai media e alle loro varatteristiche → ad es. l’utilizzo dello spazio sullo schermo per la disposizione degli oggetti lOMoAR cPSD|10676130 grafici contenuti in esso e un altro es. può essere rappresentato dall’individuazione del ritmo e del linguaggio musicale. Questi aspetti possono essere considerati come settoriali, adatti solo ad alcune discipline scolastiche. È importante fare in modo che gli aspetti specifici della ME non sovrabbondino e non oscurino le discipline stesse, ma fare emergere i punti fondamentali e critici delle discipline stesse. 12.2. 4 Progettare percorsi di Media Education: fra scuola e territorio Dove si progetta un percorso di ME? Un percorso di ME non ha un luogo specifico,ma si sviluppa in ambienti ibridi. L’aula è un luogo comune dove può partire un percorso scolastico di ME, ma bisogna confrontarsi con altri contesti educativi o sociali e culturali. Un ambiente ibrido denominato “third space” (terzo spazio) è composto di spazi, azioni e momenti dove studenti e insegnanti possono sperimentare svariati modi per creareapprendimento: in presenza, online, in cloud, in maniera mista. Un ambiente di apprendimento ibrido incoraggia e supporta praticche educative innovative e apprendimenti significativi. Per Bhabha ill terzo spazio viene sviluppato, è considerato come un modo per definire la comunicazione intesa sia come una produzione di significato e sia come un complesso atto di prestazione culturale. Il terzo spazio dove avviene e si realizza la media Education è un luogo di literacy events che possono essere tradotti come luoghi per azionare e mettere in moto la competenza; nei quali i significati cognitivi, culturali e sociali sono condivisi. Il terzo spazio dove avviene la ME è un luogo per azionare/mettere in moto la competenza. Ecco perché un percorso di ME non rimane mai in classe anche se fisicamente si svolge in classe. La scuola vive in una comunità sociale e culturale, si rapporta con molteplici realtà sociali e culturali. La media Education traduce in realtà tale rapporto, snodandosi in diversi contesti e definendo “l'apprendimento civico informale” →l'apprendimento disciplinare, trasversale che connette la scuola, il territorio. 12.2. 5 Progettare percorsi di Media Education: fra uso e consumo/fra fare e riflettere Perché si progetta un percorso di ME? La questione tradizionale della ME centrata sulla capacità di leggere e interpretare i media e i messaggi mediali,si integra con la capacità di produrre media e messaggi mediali. Leggere e produrre sono oggi due azioni che trovano la loro piena esplicitazione nella consapevolezza dell’agire mediale. Conclusioni: profonda per realizzare attività di media Education è rappresentata dallo sviluppo delle Dynamic litteracies, intese appunto come competenze plurali e dinamiche, punto gli apprendimenti diventano estesi in quanto si ripercuotono in contesti molteplici, indifferenti modalità e consentono di sviluppare riflessioni e meta riflessioni sui propri apprendimenti. Progettare una situazione mediale significa proiettare la scuola agli alunni in dimensioni variabili e sfidanti, dove gli apprendimenti sono sempre al plurale e mai al singolare. Non imparo solo quella cosa, ma imparo più cose in modi diversi. L'uomo è un essere biologicamente carente, egli è incapaci di sopravvivere in un qualsiasi ambiente naturale ed è quindi costretto ad agire al fine di costruirsi il proprio posto nel mondo,avvalendosi della tecnica. L'uomo, attraverso la media education, dialoga e costruisce il mondo, le sue rappresentazioni. lOMoAR cPSD|10676130 Ad es. ciò che il videogioco racconta non è una narrazione identica del fumetto. Esso aggiunge una sfumatura in più che rende più significativa la storia disseminata su piattaforme e raccontata attraverso linguaggi diversi, ma integrati. Educazione transmediale promuove la conoscenza di più linguaggi per padroneggiare i diversi formati e per interpretare e scrivere testi tipici dell’attuale cultura →ogni medium racconta una parte della storia e le competenze richieste sono molteplici sia per comprendere il singolo linguaggio sia per realizzare una lettura interpretativa (aggregare in reti di significato) – tanti punti di entrata per immergersi nella narrazione Non dobbiamo confondere la tras-mediabilità con la multimedialità e la multi-modalità. • La multimedialità RIVOLTELLA > definisce le dimensioni della multimedialità: • dimensione tecnologica • dimensione testuale • dimensione culturale. La dimensione tecnologica indica l'integrazione digitale delle possibilità rappresentative e caratteristiche dei diversi media, dando luogo a un testo evidentemente ricco ( dimensione testuale) che unisce lOMoAR cPSD|10676130 audiovisivo, testo scritto e forme grafiche e interattività e che interpella l'orizzonte culturale ( dimensione culturale) in virtù della prospettiva immersiva, interattiva e di scambio che essa invita a comporre. Da qui l'intuizione di una complementarietà ergonomica della multimedialità rispetto al nostro profilo cognitivo. ➔ La multi-modalità fa riferimento a diversi modi di “fare significato”: • modi diversi che lavorano su diversi canali percettivi. La multimodalità funziona anche in chiave di comprensione dello stesso messaggio attraverso modi diversi. Con la sola scrittura il messaggio sarebbe troppo complesso. Invece, l'uso combinato di tre modi: la scrittura, l'immagine e anche il colore porta grandi vantaggi. Ogni modo svolge una funzione specifica, l'immagine mostra ciò che richiede troppo tempo per essere letto; la scrittura denomina ciò che sarebbe troppo difficile da mostrare; il colore evidenzia aspetti specifici del messaggio. Senza questa divisione del lavoro semiotico, il segnale semplicemente non funzionerebbe. Lo scritto denomina, l'immagine mostra, mentre il colore inquadra ed evidenzia, ciascuno ha massimo beneficio ed efficace del tutto. Multimodalità: Ipertestualizzazione, anche nei manuali scolastici: scrivere ma anche effettuare operazioni topologiche, senso-motorie: connettere, spostare riquadri, inserire linee e frecce, produrre mappe e tabelle Kress (2009) dalla lettura come decostruzione (decodifica di un senso già presente nel testo) alla lettura come aggregazione →un processo che caratterizza l’analisi dei testi multimodali - Non più solo multimedialità (presenza di pi˘ linguaggi) ma multimodalità che fa riferimento a diversi modi (che si riferiscono a canali percettivi diversi) di fare significato → l’interazione di multipli processi -i modi -ovvero l’interazione di multiple tipologie di azioni - Diventa centrale il modo della comunicazione ovvero un set di risorse culturalmente e socialmente formate e utilizzate per produrre senso. Toccare diversi linguaggi e ragionare in maniera integrata è una delle implicazioni più importanti quando portiamo la ME in classe. 13.3 La dimensione metodologica Si possono insegnare i media? Si ma non solo a parole Entrare in classe con una postura capace di mettere insieme i fili del fare (la tecnica) e del pensare (la riflessione), avendo in mente un obiettivo da raggiungere e uno scopo che fa da cornice. Mentre faccio lezione devo dotarmi di strumenti interattivi. ESEMPIO: Un percorso finalizzato a discutere di bullismo, dal punto di vista della media Education non può affrontare il tema attraverso un incontro frontale, che svolge una prima funzione di infarinatura concettuale. Per farlo devo dotarmi di strumenti di intervento attivi, basati sul coinvolgimento e sulla partecipazione, diventando supervisore regista, più che conduttore in solitaria della barca. Ad esempio, posso gestire una sessione di brainstorming, condurre un'analisi dei consumi attraverso un gioco o una lezione dialogata, creare storyboard e ideare sceneggiature che faranno da canovaccio per la produzione di un video. lOMoAR cPSD|10676130 Quest’ultima si configura come azione di gruppo che prevede di: • Organizzare la classe in sottogruppi; • Affidare compiti sulla base di un criterio predefinito; • Gestire i processi per realizzare un prodotto in tempi stabiliti; • Analizzare il risultato e ritornare sul prodotto (come formato che comunica), sul contenuto (veicolato dal video) e sullo stato d’animo della classe, in un’azione di debriefing che tocca sia il versante concettuale(cosa ho imparato) sia quello emotivo(come mi sono sentito/a nel corso del lavoro). Questa complessità necessita di vivere questi contenuti, fare esperienza, immergersi nelle storie, fare in modo che i ragazzi vivano questi concetti. E’ utile riprendere le 3 attenzioni che Masterman proponeva come peculiarità della ME: • l’accento posto sulla comprensione del sistema dei media e i suoi processi piuttosto che sull’accumulo di dati; • l’incoraggiamento dato alle attività pratiche come “strumento di esplorazione e rafforzamento della comprensione concettuale”; • la promozione del pensiero autonomo piuttosto che la riproduzione di idee. Le attività pratiche sono funzionali alle restanti attenzioni: funzionano bene per capire il senso del processo e del sistema nel suo complesso e facilitano la libertà. Il pensiero divergente che nella lezione frontale rischiano di essere inibiti. Il sostegno teorico a questo scenario è dato da 2 riferimenti: • L’opera di Freinet: pone le basi per una riscoperta del valore della prassi, non solo per apprendere concetti, ma anche modi di essere e modi di stare con gli altri; Oggi come negli anni 20 e 30 dello scorso secolo, rimane indiscusso il senso del fare come mezzo per apprendere non solo concetti, ma modi di essere. Stare con gli altri. • Apprendimento per scoperta: si pone in antitesi all’apprendimento per ricezione. La classe diventa officina di pensiero, non più contenitore da riempire di nozioni, E si realizza attraverso il dispositivo della comunicazione come scambio incontro. Produrre e lavorare insieme ai compagni, guidati dall’insegnante, implica la revisione del concetto spazio. Esso svolge un ruolo decisivo nella relazione educativa e didattica. Lo spazio è un terzo educatore, svolge infatti un ruolo decisivo nella relazione educativa e didattica. Non si tratta solo di spostare banchi e arredi, ma di pensare alla riorganizzazione dell’aula in funzione delle attività didattiche e dei processi che si vogliono sostenere. Occorre rimodulare lo spazio Quando la ME entra in classe, la classe diventa laboratorio e si organizza in maniera funzionale al momento del lavoro proposto: • in forma classica (quando l’insegnante fornisce le coordinate di lavoro); • in forma circolare (nel caso del brain storming); • isole(nel lavoro di piccolo gruppo o per guardare un video su cui fare analisi insieme); • a “palcoscenico” (per valutare i prodotti dei compagni, che vengono visionati in plenaria). L'arredamento leggero e mobile rende molto più agevole questa funzione, insieme all'allenamento lOMoAR cPSD|10676130 strumenti vengono usati anche in famiglia: il rapporto CISF 2017 (centro internazionale studi famiglie) sulle Relazioni familiari nell’era delle reti digital, ha evidenziato che i social media vengono utilizzati anche per mantenere i legami familiari (es. gruppo whatsapp presente nell’80% delle famiglie). A fronte di una percentuale così alta di utilizzatori, solo nel 53% delle famiglie le tecnologie diventano argomento di conversazione tra genitori-figli in cui vengono date a quest’ultimi regole sul consumo di ICT;nel56% non ci sono protocolli familiari condivisi al riguardo; un 27% di genitori non parla mai del consumo di media in casa e un 37% non si preoccupa di ciò che i figli pubblicano online. INSEGNANTI: da un lato è in aumento l’uso delle tecnologie in ambito scolastico nella comunicazione con le famiglie, grazie all’introduzione obbligatoria del registro elettronico, dall’altro questa comunicazione si limita si limita a contesti digitali ufficiali (formali) nei quali gli insegnanti si sentono più a proprio agio e possono monitorare i contenuti. Invece nei contesti digitali non ufficiali i docenti evitano la comunicazione con le famiglie per mancanza di controllo (es. chat utilizzate dai genitori in modo non appropriato). Anche gli insegnanti hanno scarsa consapevolezza delle opportunità date dei social media rispetto alla comunicazione con le famiglie/ alunni, ma anche delle potenzialità di partecipazione attiva e del coinvolgimento reciproco negli ambienti digitali formali e non formali. 14.3.1 Comunicare, collaborare, condividere Acquisire competenze digitali è possibile a patto di esercitarsi e sperimentare la cittadinanza digitale nelle sue varie espressioni, sentendosi parte di una comunità. “Ciò che distingue le comunità collaborative dalla gran parte delle comunità è il desiderio di costruire nuovi significati del mondo attraverso l’interazione con altri. La comunità collaborativa diventa un mezzo sia per conoscere se stessi sia per esprimere se stessi” (Schrage). Nel DIGCOMP 2.1 l’area della Comunicazione e collaborazione integra l’integrazione, comunicazione e collaborazione attraverso le tecnologie digitali con la consapevolezza della diversità culturale e generazionale. Le competenze da sviluppare sono 6: • L’interazione attraverso le tecnologie digitali (usandone diverse e comprendendo quali sono i mezzi più efficaci in base al contesto); • La condivisione attraverso le tecnologie digitali; • L’impegno nella cittadinanza attraverso le tecnologie digitali (partecipazione attiva ed empowerment personale); • La collaborazione attraverso le tecnologie digitali (per la co-costruzione e co-creazione di nuove conoscenze ); • La netiquette (capacità di comportarsi correttamente negli ambiti digitali); • La gestione dell’identità digitale (dati sensibili e reputazione). Il diffondersi della comunicazione digitale ha cambiato le modalità di comunicazione e di relazione tra soggetti. La comunicazione interdigitale rende ogni individuo in grado di comunicare con tutti. L’influenza della Rete si è manifestata nel linguaggio, nella lettura e nella scrittura. La comunicazione mediata dalle tecnologie assume significati diversi per gli individui ed è influenzata non solo dagli strumenti, ma anche dalle esperienze personali, dai contesti, dai diversi codici. La comunicazione digitale diventa una comunicazione aumentata rispetto a quella tradizionale: e parte di quel valore risiede nei contenuti, servizi, utenti, protagonisti della rete... lOMoAR cPSD|10676130 Comunicare in un contesto digitale significa essere consapevoli che la rete è un ambiente che ci consente di rielaborare, produrre e diffondere contenuti, trovare e organizzare informazioni, entrare in relazione con altri. La tecnologia non è uno strumento, ma un vero e proprio ambiente per la costruzione attiva e significativa delle conoscenze. Un ambiente In cui è possibile lavorare insieme, di collaborazione: collaborare vuol dire lavorare insieme, condividere compiti, creare qualcosa di nuovo insieme. Vediamo le diverse tipologie di comunità collaborative che si sviluppano grazie alle tecnologie: 14.4 Le comunità collaborative virtuali I social network consentono di definire, organizzare e ampliare le proprie reti sociali, di confrontarsi e analizzare le identità degli altri, di comunicare ed esprimere se stessi. I social network consentono di creare una rete sociale online e un equo ambiente collaborativo in cui diventa possibile superare quei limiti che spesso i comportamenti sociali possono generare (lingua, stato sociale, spazio, tempo, genere) e personalizzare il sistema stesso per meglio raggiungere gli scopi che la comunità si prefigge. Possiamo individuare diverse caratteristiche nelle comunità online che determinano la scelta di strumenti digitali più idonei: • interazione sincrona (tramite chat) o asincrona (email, post); • flessibilità d’impiego alta (forum) o bassa (mailing list); • livello di coesione tra i membri alto (con possibilità di incontri fisici reali e orientata a un compito preciso, es. gruppo WhatsApp) o basso (utilizzata con fini informativo-consultativi, es. gruppo facebook); • organizzazione top-down (in ambiente formale es. quello istituzionale e lavorativo, generalmente obbligatorio) o bottom-up (ambiente informale, spontaneo); • conoscenza dei membri. Altri fattori: - il numero di membri attivi nella comunità, - tener traccia delle interazioni, - la reciprocità, - la qualità del feedback che è possibile dare. Le comunità collaborative virtuali utilizzano contemporaneamente diversi tool. lOMoAR cPSD|10676130 14.4.1 Gruppo dilavoro GRUPPO DI LAVORO > caratterizzato da un’adesione formale dei suoi membri alla comunità stessa, orientato al compito e caratterizzato dall’alternanza di incontri in presenza e di comunicazioni/lavori a distanza. - i membri del gruppo si conoscono tra loro. - Generalmente i gruppi di lavoro usano tecnologie per comunicare o condividere documenti comunicare o condividere documenti. - Gruppo mamme della classe: In questi tipi di comunità spesso si perde di vista l’oggetto primario della chat, sommergendo i partecipanti di messaggi inutili, facendo perdere di vista quelli importanti. 14.4.2 Comunità di pratica COMUNITÀ PRATICHE > luoghi reali o virtuali in cui la crescita professionale non è data da un percorso formativo tracciato, ma è data da una continua condivisione di esperienze, idee, consigli, percorsi che si vengono a creare. I partecipanti sono legati dalla voglia di apprendere e condividere esperienze. - Tipicamente molte comunità di pratica sono un’evoluzione di comunità di apprendimento, quindi di un gruppo di individui che rimane in contatto dopo aver frequentato un corso di formazione/aggiornamento. - I membri in larga parte si conoscono e hanno avuto modo di collaborare insieme, condividendo obiettivi. - Uno strumento molto utilizzato è il gruppo chiuso su Facebook o su Edmodo che consente una partecipazione di tutti i membri,la condivisione di contenuti multimediali e di materiali digitali.Ma vi sono anche piattaforme LCMS (progetto eTwinning) che permettono una migliore documentazione, collaborazione e condivisione, oltre che blog informativi. - Anche in questo caso sono spesso previsti incontri in presenza, di tipo tematico, ma anche ricreativo. lOMoAR cPSD|10676130 sono valori non dichiarati che sono più forti di quelli espressi; ci sono procedure che resistono alle circolari perché “si è sempre fatto così”. Cosa fare? Scrivere ed esplicitare, anche le criticità. • Sfasamento dei documenti rispetto alle pratiche: i documenti non rispettano sempre la realtà,come i POF disatteso.È il caso della stesura di documenti troppo burocratici e non sempre rispettati alla lettura o delle circolari d’istituto che dovrebbero “tradurre” e sono talvolta più oscure di quelle ufficiali. È il caso di documenti centrali per la vita della scuola che si ignorano e vanno per proprio conto a seconda del PC da cui si originano: la contrattazione integrativa, il programma annuale, il POF, il regolamento d’istituto, ecc). Essi però non possono essere ridotti a modulistica. • Dispersione e frantumazione delle risorse: la filosofia d’impiego delle risorse umane, strumentali, finanziarie è centrale. Anche più della ricerca di nuove. • Pensare il curricolo: si dà per scontato che il curricolo non sia altro che l’adattamento delle indicazioni ministeriali.. È pregnante invece l’azione di pensiero sul curricolo, che caratterizzi le scelte di scuola (digitale, inclusiva, interculturale?) che sia perno dell’idea di scuola. • Apertura e ruolo degli esterni: una tendenza diffusa è il ricorso a esperti esterni nella scuola dell’obbligo, spesso messi adisposizioni dagli enti locali o pagati dai genitori. Un esempio attuale è quello delle scuole aperte. Aprire la scuola al territorio non può solo voler dire aprire ad altre agenzie, ma perseguono pur sempre loro finalità e idee di educazione. Dovrebbe essere la scuola, centro di cultura e saperi, che dialoga con il territorio accogliendo percorsi e attività coerenti con la sua idea di scuola. 15.3 Il cervello: dalla smart school alla smart organization Si tratta di assumere una visione organica, sistemica, dell’istituzione scolastica, superando la separazione organizzazione/didattica. L’intervento e l’influenza del dirigente può collocarsi in questo ambito, risiedendo nei pesi da dare agli ambiti, definendo così quel che è importante, il modello, appunto l’idea di scuola che c’è dietro una separazione o una integrazione organizzazione/didattica. Se l’organizzazione non ha una sua ramificazione e diffusione, le risorse si dividono nei mille rivoli delle singole attività. All’opposto per un’organizzazione che supporta gli apprendimenti è una scuola aperta: lavorare in classi aperte, insistere sulla verticalità, utilizzare spazi comuni, metodologie comuni, strumenti comuni, in modo da confrontarsi continuamente sugli obiettivi comuni della scuola, non solo intorno a documenti, ma a pratiche didattiche da costruire. Siamo nei territori dell’organizzazione che apprende, della co-generazione di conoscenza, della curiosità collaborativa tra soggetti, della comunità di pratica. Darsi un’idea di scuola (a partire dal PTOF) è il punto di partenza di un approccio sistemico, per evitare i due fattori di rischio più ricorrenti per le scuole che abbiamo un’idea molto forte di se stesse, l’autoreferenzialità e il velleitarismo. Ora l’accountability (= rendicontazione sociale) richiede una trasformazione di prassi e riferimenti teorici sui quali avviare percorsi pluriennali che molte scuole stanno avviando. Più in piccolo, raccontare la scuola, avere un’idea sostenibile, reale, centrata sullo studente è un buon punto di partenza. Un riferimento di pensiero che si fonda su questa prospettiva esiste ed è la “valutazione formativa”: introdurre elementi di trasparenza, costruire percorsi coerenti, la capacità di applicazione reale degli lOMoAR cPSD|10676130 apprendimenti, l’attenzione agli esiti, ma anche ai processi, ai dati ma pure al clima. In sintesi: “la capacità di generalizzare, di trasferire e di utilizzare la conoscenza acquisita a contesti reali”. 15.4 Gambe e braccia: gli strumenti operativi e la strada Lo smossi tra i vari livelli e il coinvolgimento della comunità scolastica, oggi ha un nuovo alleato indiscusso, le tecnologie. Il lavoro di staff, dei gruppi, non può prescindere dall'adottare tecnologie semplici, elementari, alla portata di tutti come uso, immediate per la formazione e l'uso in un contesto didattico, in maniera che tra l'uso e l'attivazione della compensazione ci passi un tasto, un click, un touch. L’introduzione di hardware e software, secondo una gradualità che corrisponde a una conoscenza delle risorse e delle competenze diffuse nell’istituto. Per una scuola che ha acquisito le Google Apps personalizzate,già avere indirizzi personali e spingere qualcuno a sperimentarne le valenze didattiche è un bel salto; per i gruppi istituzionali. Il valore aggiunto è per esempio la creazione di questionari personalizzati; analogamente bisogna iniziare a lavorare nei termini di condivisione delle informazioni e dei dati. Lo stesso per la dematerializzazione. Creare l'ha habitus, al ragionare nei termini di documento digitale da far circolare, può essere un punto di partenza. Idem nelle classi per la didattica, usare applicativi online alla stregua di Dropbox, semplici immediati, utili anche per condividere documenti degli organi collegiali e dei lavori di gruppo o i dati raccolti. L’innovazione a scuola può avvenire da singoli che si prodigano e da piccole azioni. La scuola oggi è essa stessa complessità circondata da complessità. Si tende a raccogliere dati, informazioni, a rispondere a tutte le esigenze, ma in maniera frazionata. L’idea di scuola che si vuole realizzare è quella con un piede nella sua tradizione, ma a dimensione di futuro. Gli aspetti su cui costruire un’idea di scuola sono: 1) Congruità scientifica, organizzativa, strutturale dell’idea di scuola: l’adozione di nuovi modelli per tutti è un percorso culturale per cui l’innovazione è intesa come scelta progettuale che determina sia il livello di legami forti (la classe, l’aula, la disciplina, l’orario) che quello dei legami deboli (autodeterminazione dei singoli e delle didattiche). 2) Leadership educativa: l’idea di scuola determina la trasformazione dei rapporti e delle relazioni, dei ruoli di dirigente, staff, collegio docenti, genitori, studenti. La riorganizzazione per competenze vale a dire valorizzare le competenze organizzative dei singoli, passare dall’idea di commissione (docenti delegati che rappresentano istanze) a quella di gruppo di lavoro (docenti esperti che sviluppano progettualità). 3) Riorganizzazione degli ambienti fisici dell’istituto scolastico: trasformare degli ambienti di apprendimento e realizzare spazi alternativi all’aula e al laboratorio. Svincolare l’aula dalla classe significa permettere la realizzazione di aule disciplinari i cui docenti possano personalizzare lo spazio di insegnamento, ma anche trasformare le aule normali in laboratorio scientifico, musicale, informatico, umanistico, linguistico in cui il dato reale possa essere rielaborato in digitale. Cambia l’idea di laboratorio che è lo spazio (fisico o virtuale,immersivo o aumentato) dove si creano cose,parole,immagini e suoni.È il luogo dell’incontro dei talenti di studenti e docenti. 4) Riorganizzazione del tempo scuola: creare un’organizzazione dei tempi di insegnamento/apprendimento coerente con l’idea di scuola. Molte le esperienze di compattazione oraria (discipline compattate in determinati tempi dell’anno scolastico), dell’uso flessibile del tempo scuola (diverse organizzazioni del tempo scuola in base ai giorni della settimana e ai rientri pomeridiani), delle aule laboratorio (strutturazione della giornata scolastica in base alla rotazione degli studenti nelle aule). lOMoAR cPSD|10676130 5) Innovazione didattico-metodologica: esercitata nei confini delle singole classi, per una scuola che decide di accostarsi a un’idea attiva, laboratoriale dell’apprendimento, tutta la comunità professionale dovrebbe avvicinarsi ai modelli di collaborazione, costruzione, didattica attiva, laboratoriale che permettano l’autonomia e la personalizzazione dei percorsi degli studenti. Oggi è necessario l’integrazione equilibrata del ritorno al “mettere le mani in pasta”, ciò è favorito dal digitale che per sua natura unisce sempre pensiero e azione. 6) Innovazione curricolare: una delle vie più agevoli per il cambiamento passa attraverso la costruzione di percorsi curricolari di potenziamento, rinforzo e modellamento delle competenze; in coerenza con le tecnologie digitali adottate va integrata la realizzazione di un curricolo digitale, in cui a ogni età corrisponda l’applicazione o il dispositivo adatto. L’obiettivo è sperimentare quotidianamente una didattica laboratoriale che possa essere anche il prolungamento o l’integrazione in aula dei percorsi già attivati nei laboratori specifici. 7) Utilizzo di contenuti didattici digitali: nell’idea di scuola, nell’epoca del digitale, bisogna riflettere sul passaggio dal sapere ai saperi, dal formato-libro ai formati-libro-digitale, in chiave di integrazione delle risorse, autoproduzione, selezione dei contenuti. Un primo passo può essere costituito proprio dal pensare alle policy per permettere l’accesso quotidiano ai contenuti digitali adottati, ma anche per creare contenuti integrativi sia come prodotti, che come processi didattici. 8) Tipologia o caratteristiche generali degli strumenti: per la realizzazione della progettualità assume poi un ruolo centrale ruolo la scelta della tipologia di adozione dei dispositivi tecnologici; scelta dei sistemi operativi, applicativi, apertura, interoperabilità; architettura di sistema per gestire i flussi dei dati, le informazioni, i contenuti digitali; scelte di connessione, con filo o senza, mappa degli accessi alla rete, registro elettronico,ecc. 9) Strumenti di valutazione della qualità della didattica e dei suoi risultati e strumenti di analisi dei processi e di rendicontazione sociale: l’idea di scuola va sottoposta a un ciclo performativo che va dal PTOF, al Rapporto di Autovalutazione, risultati Invalsi, eventuali prove parallele, Piano di Miglioramento e programma annuale. L’idea di scuola porta un’impostazione organizzativa che anticipa la creazione di un modello di autovalutazione della qualità dell’istruzione che contempli le scelte didattiche e tecnologiche. Una volta individuata l’idea, vanno allineati i documenti negli obiettivi, nei processi e nelle azioni. Spesso questi adempimenti sono slegati tra loro e non resi autentici. 10) Strumenti e modalità di comunicazione scuola-famiglia: è l’idea di scuola che riverbera in un ruolo diverso dell’adozione del sito e del registro elettronico. Non più solo come strumenti di vetrina o pubblicazione dei voti, ma aggregatori di risorse e opportunità. In un’epoca in cui l’uso dei social è nella vita quotidiana dei genitori non deve meravigliare se si eliminano le circolari cartacee a favore di clic su bacheche digitali. 11) Iniziative di formazione per il personale della scuola:l’idea di scuolapuò sostanziarsi solo con una formazione continua del personale; le scuole devono prevedere un Piano annuale delle attività che contemplino momenti di formazione metodologico didattici nella direzione della riflessione di senso, della laboratorialità e in risposta ai bisogni emergenti; va prevista una formazione anche per studenti e genitori, non solo nelle tematiche più abusate (orientamento, sicurezz a nel web) ma anche in ambiti specifici dell’idea che ognuno coltiva. 12) Modalità di raccordo con i servizi di Rete presenti sul territorio: un’idea di scuola che guarda al presente e al futuro è un’idea di scuola aperta e al centro del proprio territorio. La scuola gioca un ruolo di aggregazione molto forte, in un periodo storico in cui l’aggregazione giovanile è in trasformazione; questa progettualità si costruisce in collaborazione con gli attori del territorio, quelli istituzionali, ma in generale quelli che condividono l’idea di scuola. Dai temi, alle aperture lOMoAR cPSD|10676130 Appare chiaro da questi standard come anche il modo di intendere l’IL si è fatto via via più complesso. 16.2. 3 Media Literacy Un ulteriore riferimento alla MEDIA LITERACY (ML), nata negli anni 60, che però ebbe popolarità dagli anni ‘80. Ci si riferisce alle conoscenze e capacità necessarie per poter usare e interpretare i media, in particolare quelli audiovisivi(cinema,televisione). BUCKINGHAM vede la ML in due ottiche diversi: Ottica funzionale: dotare gli individui di una cassetta degli attrezzi costituita da un pacchetto di conoscenze e abilità che rendano le persone capaci di comprendere e utilizzare i media. Ottica critica: l’accento è posto sulle capacità di analisi, valutazione e riflessione critica. Quest’ultima indica lo sviluppo di un metalinguaggio, ossia un linguaggio in grado di descrivere i linguaggi dei media, le forme e le strutture delle diverse modalità di comunicazione, e comporta la comprensione dei contesti sociali, economici e istituzionali della comunicazione. Tutti aspetti che possono essere sviluppati con percorsi di Media Education. Oggi l’attenzione della ML è sempre più rivolta alle nuove forme di comunicazione mediale generate dallo sviluppo dei media digitali. A questo riguardo Livingstone ha proposto di definire la ML come “l’abilità di accedere, analizzare, valutare e creare messaggi in una varietà di contesti”, definendo tali abilità: • Accesso: riguarda la disponibilità di media/tecnologie e la capacità degli individui di aggiornare costantemente le dotazioni hardware e software di cui si avvalgono. • Analisi: la comprensione della stampa e dei media audiovisivi dipende da un ampio spettro di capacità di tipo analitico, tra cui la comprensione delle categorie, delle tecnologie, dei linguaggi, delle rappresentazioni, compreso l’uso di internet per cogliere opportunità offerte dalla rete. • Valutazione: solleva quesiti sulla finalità della valutazione: la ML promuovere un approccio democratico e plurale alle rappresentazioni online oppure deve operare una distinzione tra buona e cattiva informazione? • Creazione del contenuto. non tutte le definizioni di ML comprendono la produzione dei media, gli individui conseguono una maggiore comprensione dei media, se hanno esperienza diretta di produzione di contenuti. 16.3 Le competenze digitali: modelli e definizioni L’espressione digital literacy o digital competence è più recente rispetto alle literacy. Si sono susseguite numerose definizioni. Tra queste abbiamo quella di Calvani, Ranieri, Fini (2010): “la competenza digitale consiste nel saper esplorare e affrontare in modo flessibile situazioni tecnologiche nuove, nel saper analizzare, selezionare e valutare criticamente dati e informazioni, nel sapersi avvalere del potenziale delle tecnologie per la rappresentazione e soluzione di problemi e per la costruzione condivisa e collaborativa della conoscenza, mantenendo la consapevolezza delle responsabilità personali, del confine tra sé e gli altri e del rispetto dei diritti e doveri reciproci”. In questa definizione sono presenti 3 dimensioni: Dimensione tecnologica: include abilità e conoscenze di base di natura strumentale per garantire l’uso delle tecnologie; Dimensione cognitiva: comprendere la capacità di leggere, selezionare, interpretare e valutare dati; valutare informazioni considerando la loro pertinenza, l’affidabilità e i contesti di produzione e uso della conoscenza; lOMoAR cPSD|10676130 Dimensione etica: riguarda la capacità di tutelare se stessi e la propria privacy, di comportarsi in modo adeguato e nel rispetto degli altri. Lo Joint Research Centre for Prospective Technological Studies (JRC-IPTS) ha sviluppato il DIGCOMP, un quadro di riferimento per la competenza digitale che recupera e approfondisce le indicazioni delle Raccomandazioni, integrandole con vari contributi offerti da vari studiosi del settore. Il DIGCOMP individua 21 competenze riconducibili a 5 aree principali: Area di competenza 1 – Information literacy. Riguarda tutte le conoscenze e abilità relative alla ricerca, selezione, valutazione, memorizzazione e recupero delle informazioni. Area di competenza 2 - Comunicazione e collaborazione. Riguarda la capacità di interagire in modo responsabile con le tecnologie, di condividere i contenuti e di collaborare con gli altri; Area di competenza 3 - Creazione di contenuto digitale. Riguarda la capacità di creare, modificare, ricombinare contenuti digitali in modo creativo e nel rispetto dei diritti d’autore; Area di competenza 4 – Sicurezza. Riguarda tutte le conoscenze e abilità necessarie per mettere in sicurezza i dispositivi, proteggere i propri dati personali, tutelare il benessere fisico e psicologico, proteggere l’ambiente; Area di competenza 5 - Problem solving. Riguarda la capacità di affrontare problemi tecnologici, individuare soluzioni innovative con le tecnologie, aggiornare le proprie competenze digitali. 16.4 Competenze digitali, formazione, cittadinanza La competenza digitale non si sviluppa spontaneamente. Jenkins e colleghi indicano 3 gap che le istituzioni educative devono colmare attuando pratiche e politiche mirate: • il gap partecipativo, l’accesso iniquo alle opportunità, esperienze, competenze e conoscenze necessarie per preparare i giovani alla piena partecipazione alla società del futuro; • il problema della trasparenza, le sfide che i giovani devono affrontare per acquisire chiara consapevolezza del modo in cui i media influenzano le loro percezioni del mondo; • le sfide etiche, legate all’esigenza di preparare i giovani ai nuovi standard etici che dovrebbero configurare le loro pratiche come produttori di media all’interno di comunità online. Sul piano educativo, occorre direzionare l’attenzione dei giovani su pratiche digitali più avanzate dalpunto di vista critico e cognitivo e su aspetti di natura etica e sociale, mettendo al centro temi quali: la valutazione dell’affidabilità dell’informazione, i problemi legati alla privacy e alla gestione dei dati personali, la capacità di avvalersi delle tecnologie per costruire conoscenza. Anche le nuove generazioni di insegnanti sono impreparate a formare le competenze digitali dei propri alunni La ME, attraverso i processi classici di alfabetizzazione ed empowerment, si propone di realizzare la progressiva emancipazione dei soggetti per la piena cittadinanza. CAPITOLO 17 – DALL’EDUTAINMENT ALLA GAMIFICATION 17.1 Pervasività del gioco Il gioco accompagna da sempre le attività umane. La riflessione sul gioco si incentra su 2 aspetti: 1)è legato alla comprensione di che cosa sia effettivamente il gioco lOMoAR cPSD|10676130 2) riguarda il rapporto tra gioco e ciò che gioco non è , solo il gioco in sé stesso, ma le sue relazioni con altri ambiti umani, con particolare attenzione agli usi del gioco. HUIZINGA >la sua definizione di gioco costituisce un punto di partenza per delineare lo sviluppo di entrambi gli aspetti: “Il gioco è un’azione, o un’occupazione volontaria, compiuta entro certi limiti definiti di tempo e spazio, secondo una regola volontariamente assunta, e che tuttavia impegna in maniera assoluta, che ha fine in se stessa; accompagnata da un senso di tensione e di gioia e dalla coscienza di essere diversi dalla vita ordinaria”. Il gioco e le attività a esso legate sono caratterizzate dall’essere frutto di una scelta libera. Vengono poi individuati una serie di ulteriori tratti caratteristici del gioco: il travestimento, il caso, la vertigine. viene considerato da huizinga una forma inferiore, in quanto inaccessibile all'analisi. Ehi, concepire il gioco come processo mediale implica prendere atto che esso ha una specifica realtà in quanto rappresentazione: Il giocatore avverte il gioco come una realtà che lo trascende. E così il gioco appare come una rappresentazione per uno spettatore. secondo aspetto, la riflessione porta paradossalmente a una conferma o una smentita della tesi di housing. La riflessione sul gioco comporta una conferma e una smentita sulla tesi di HUIZINGA: • lo sviluppo della civiltà e della società sia legato alla dimensione ludica, • distingue tra vita ordinaria e lavoro e mondo del gioco. Una netta contrapposizione tra gioco e non gioco non più sostenibile. La nascita di termini come playbor (play e labour), cioè gioco e lavoro è indicativa. La dimensione ludica, che non necessariamente legata al divertimento, sta prendendo piede, anche se spesso in modo non immediatamente evidente. Il gioco si sta facendo stile diffuso in modo di affrontare l'esistenza nel suo insieme. La dimensione ludica diventa sempre diffusa. Non si tratta semplicemente della diffusione dei videogiochi,un dato pure empiricamente rilevante, ma di una crescente centralità delle informazioni gestite da tecnologie digitali. Dove approcci ludici sono sempre più presenti. Più che occasione di svago, il saper giocare costituisce una modalità che permette di gestire cambiamenti in corso. È stata sottolineata l'importanza di quelle che sono ormai chiamate competenze ludiche da intendere come modalità innovativa e transdisciplinare, per affrontare i problemi emergenti. In questo contesto è stata sottolineata l’importanza delle competenze ludiche (gaming literacy) da 17.2 Gioco, apprendimento, insegnamento Il gioco di per sé implica apprendimento: Nelle time frangibile gioco, crescita e apprendimento procedono appaiati, ma anche in altre fasce di età il gioco è legato a modalità di apprendimento prevalentemente informali. Il gioco permette di sperimentare ruoli, di cogliere i tratti costitutivi della cultura in cui ciascuno vive, di manipolare i materiali e strumenti, esplorando i contesti quotidiani. La dimensione digitale (videogiochi o aspetti ludici come la gestione del proprio profilo facebook) non fa altro che accentuare una tale prospettiva,offrendo nuovi spazi e risorse. I videogiochi aprono nuove prospettive di apprendimento e costruzione d’identità. GEE --- > nell’usare un videogioco il giocatore si rapporta, oltre alla sua identità reale e a quella virtuale a un’identità proiettiva che media tra le prime due permettendo una riflessione dinamica su desideri e intendere come modalità innovativa per affrontare i problemi emergenti.